Suggestions di Kim WinterNight (/viewuser.php?uid=96904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La luna siamo noi ***
Capitolo 2: *** Il tasto rotto ***
Capitolo 3: *** Cumulo di dinosauri ***
Capitolo 4: *** Cioccolata calda ***
Capitolo 5: *** Tu sei vivo ***
Capitolo 6: *** Esperimento al buio ***
Capitolo 7: *** Dolci e languidi ***
Capitolo 8: *** Non fa figo ***
Capitolo 9: *** Debole, fragile, perso ***
Capitolo 10: *** Delirio sul lungomare ***
Capitolo 11: *** Discrete prestazioni ***
Capitolo 12: *** Noi non abbiamo paura ***
Capitolo 1 *** La luna siamo noi ***
Forse è il caso di
mettere da parte le cazzate e l’ego personale e fare tutti
assieme quello che
nessuno di noi può fare da solo. Forse, dico forse, un
miracolo di Natale può
accadere.
[John
Dolmayan,
Instagram, dicembre 2019]
L’atmosfera
all’interno del jazz bar era pesante e le mie
palpebre si abbassavano sempre più spesso. La musica
risultava davvero
soporifera, volevo fuggire e non avrei dovuto farmi trascinare
lì da mio
cognato.
Serj ascoltava la band
con attenzione e profondo interesse.
In genere il jazz non
mi dispiaceva, ma quella sera mi stava
uccidendo.
«Esco un
attimo» biascicai.
Mi alzai e mi avviai
in fretta fuori dal minuscolo locale,
trovando ad accogliermi uno spettacolo magico e inaspettato: stava
nevicando e
le raffiche di vento erano talmente intense da penetrarmi sotto il
pesante
giaccone.
Infilai le mani in
tasca e sospirai, inspirando l’aria che
sapeva di neve, camini accesi e umidità.
Mi ritrovai a
riflettere: Il fatto che le nostre mogli
fossero sorelle aveva avvicinato moltissimo me e Serj, nonostante le
sorti
della nostra band fossero ancora incerte.
Desideravo con tutto
me stesso che i System potessero
rimettersi in piedi, prendere il coraggio a quattro mani e far capire
al mondo
che erano pronti per spaccare tutto con nuova musica.
Più il
tempo passava, più la situazione degenerava, facendomi
perdere gradualmente le speranze.
Mi sentii sfiorare sul
braccio e notai che Serj mi aveva
raggiunto, stringendosi nella sua giacca a vento.
«Spero che
riusciremo a tornare a casa» mormorò.
«Casa mia
non è molto distante. Stanotte potete stare da
noi» lo rassicurai.
Serj
ridacchiò. «Abbiamo prenotato un albergo per
niente.»
D’improvviso
cercai il suo sguardo. «Pensi che con i System combineremo
qualcosa in futuro?»
Lui mi
scrutò attentamente e si strinse nelle spalle.
«Perché ci pensi proprio ora? Il jazz ti ha messo
di malumore?»
«Ci penso
sempre, Serj» replicai con amarezza.
Una folata di vento ci
sferzò, scompigliandoci i capelli e
facendoci tremare più forte.
Mio cognato si
grattò il mento e sospirò. «Non lo so,
John.»
Sapevo che non era il
momento di parlarne, ma non riuscivo a
farmene una ragione. Sentivo Shavo e Daron lontani, mi mancavano loro e
la
nostra musica.
Mi accovacciai sul
marciapiede e affondai le mani guantate
nel manto soffice, sorridendo appena; dopo aver creato una piccola
palla di
neve, mi sollevai e la lanciai addosso a Serj, colpendolo sul petto.
Sgranò gli
occhi e scoppiò a ridere. «Questa sarebbe una
sfida?»
Feci spallucce e mi
chinai nuovamente.
Poco dopo,
però, fui colpito sulla spalla da un proiettile
gelido.
«Bastardo!»
risi.
«L’hai
voluto tu, cognatino!» mi schernì Serj.
Continuammo a
sghignazzare e lanciarci palle di neve sempre
più grandi, sembravamo due bambini in preda
all’ilarità.
Era bellissimo e io
già stavo meglio.
Sentivo che con i
System avremmo potuto sistemare tutto,
perché tra noi c’era un legame fortissimo a
prescindere dalle divergenze e dalle
incomprensioni.
Dopo un po’,
seduti sul marciapiede innevato, tentavamo di
riprendere fiato.
Sollevai gli occhi al
cielo. «Il
tetto si è bruciato: ora
posso vedere la luna»
recitai.
«Eh?»
«È
una poesia giapponese, l’ho letta su un fumetto»
spiegai.
«È
bella.»
«La luna
siamo noi. I System. Rinasceremo, lo sento.»
Sorrise tristemente e
non replicò.
Io ci spero ancora.
♥
♣
♦ ♠
Carissimi
lettori, ecco a voi la mia nuova raccolta nel
fandom dei System *_*
Ammetto
che mi mancava scrivere di questi ragazzi, ecco
perché ho deciso di partecipare alla sfida di Soul
“12x12” con qualcosa su di
loro!
Volevo
tornare a popolare questo fandom, anche se poi loro
non mancano mai nelle mie creazioni!
Per
chi non conoscesse i ragazzi dei System, vi lascio qui
delle foto per darvi un’idea visiva dei nostri fantastici
quattro XD
Serj
Tankian (voce)
Daron
Malakian (chitarra, voce)
Shavo
Odadjian (basso)
John
Dolmayan (batteria)
Il
banner a inizio capitolo l’ho creato perché ho
deciso di
inserirne uno in ogni storia della raccolta; l’idea
è nata perché ho
casualmente trovato questa foto su Google e mi è piaciuta un
casino! *-*
(Da
notarsi la scritta “this could be you” riferita
alla
sagoma che c’è tra John e Serj, mi ha fatto ridere
e in effetti ognuno di noi
potrebbe esserlo! XD)
Passando
ad altro…
Il
primo prompt della sfida, suggerito da Soul, è
“tempesta
di neve”. Così sono riuscita ad abbinare la storia
al seguente prompt de “Il
contest degli Haiku” di Juriaka:
7-
Il
tetto si è bruciato:
ora
posso
vedere la luna.
Tematica
generale: rinascita
Luogo:
negozio di dischi / concerto / jazz bar
Prompt:
pupazzo di neve / palle di neve
Stagione:
inverno
Ho
deciso di trattare un tema che non è nuovo per i fan dei
System, ovvero il fatto che la band non fa un album insieme dal 2005,
mentre
continua a suonare live le vecchie canzoni. Tuttavia, non ho voluto
incentrare
il racconto solo su questo e, anzi, volevo dargli un’impronta
positiva e
speranzosa.
La
citazione iniziale l’ho presa da un articolo su
metalitalia.com e riguarda una dichiarazione fatta da John di recente,
riguardante appunto le sorti della band. Da qui sono partita e mi sono
lasciata
ispirare, visto che lui è parso un po’ speranzoso
a riguardo!
La
poesia giapponese citata da John è appunto l’haiku
di
riferimento del pacchetto che ho scelto; non era necessario inserirlo,
ma ci
sono riuscita e mi piaceva l’idea, spero sia piaciuta anche a
voi ^^
Ho
deciso che John conoscesse quell’haiku perché lui
è un
grande appassionato di fumetti e ha anche aperto la sua fumetteria a
Las Vegas,
chiamata Torpedo Comics; so che addirittura ha aperto
un’altra sede della
stessa a Orange County, in California.
Ultima
cosa prima di lasciarvi: è assolutamente vero che le
mogli di Serj e John sono sorelle! Infatti, Serj sta da una vita con
Angela
Madatyan, mentre John ha sposato Diana qualche anno fa!
Bene,
mi pare di aver detto tutto, attendo i vostri commenti
e ringrazio Soul per aver lanciato la sfida e tutti gli altri
partecipanti! :3
Alla
prossima ♥
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Capitolo 2 *** Il tasto rotto ***
Il flat notturno
«Hayko,
vieni qui!» strillò Shavo, mentre Sonia spiegava a
Shavo Dylan che non poteva avere un altro sacchetto di caramelle
gommose.
La famiglia Odadjian
si trovava in giro per uno dei
mercatini più belli di Los Angeles; i genitori avevano
deciso di portare fuori
i loro tre bambini durante quella tiepida domenica di aprile, nel
tentativo di
svagarsi e di scollare i due figli maggiori dai videogames.
Lia Rose se ne stava
tranquilla al fianco della madre,
mentre gli altri due correvano da una parte all’altra senza
sosta.
Shavo
sospirò. «Dylan, non toccare!»
esclamò, notando che il
figlio maggiore frugava tra le cianfrusaglie di una bancarella di
antiquariato.
«E quella
cos’è?» strillò
d’improvviso Hayk, il mezzano, indicando
un enorme oggetto.
Il padre gli si
avvicinò e ne approfittò per prendergli la
mano e impedirgli di scappare ancora. «Quella è
una macchina da scrivere» spiegò.
Era una vecchia
Underwood perfettamente conservata, ripulita
e tirata a lucido. Il bassista si chinò per esaminarla
meglio e si accorse che il
tasto della lettera s era rotto.
«Che
peccato» mormorò tra sé.
Un ricordo che credeva
dimenticato riaffiorò alla sua mente
e lo riportò indietro a quando anche lui era un bambino.
«Nonna
Odadjian, dove siamo?» chiese il piccolo Shavo.
La donna sorrise e,
tenendolo per mano, lo guidò lungo un
corridoio formato da due scaffali stracolmi di oggetti. «In
un negozio di
antiquariato.»
«Cosa
significa?»
«Qui si vendono
le cose antiche che sono appartenute a
delle persone molto importanti che ormai non ci sono
più.»
«Non sono
nuove?» domandò dubbioso il bambino.
«Esatto.»
«Io non ci sono
mai stato, in Armenia non ci sono questi
negozi!»
Continuarono a camminare,
finché non si fermarono di
fronte a una grande scrivania su cui troneggiava un’enorme e
imponente reliquia.
«Hai mai visto
una macchina da scrivere?» chiese la nonna
dolcemente.
Shavo si
avvicinò timoroso all’oggetto e lo
scrutò per
bene, allungando timidamente la manina per accarezzarlo. «No,
in Armenia non ci
sono neanche queste cose! Nonna Odadjian, qui a Los Angeles
è pieno di cose
bellissime!»
La donna rise.
«Vuoi sapere come si usa?»
«Sì!
Ti prego!» esultò Shavo.
«Vedi questi
tasti? Ognuno ha una lettera o un simbolo
disegnato sopra. Con questi si può scrivere senza usare la
penna.»
Il bimbo la
scrutò un po’ confuso e un po’
affascinato.
«Davvero? E possiamo usarla?»
Nonna Odadjian sorrise e
scosse il capo, afferrando di
nuovo il nipote per la mano. «Questa no.»
«Nonna,
c’è un problema!»
«Ovvero?»
Shavo indicò
uno dei tasti. «È rotto, vedi? Non si
può
scrivere!»
«Ecco
perché non possiamo comprarla, capisci?»
Il bimbo annuì
e seguì la nonna, felice della sua prima
volta in un negozio così bello.
«Papà!»
strillò Shavo Dylan, riportando il bassista alla
realtà.
«Si
può sapere cos’hai da gridare ancora?»
«Voglio le
caramelle!»
I genitori si
scambiarono un’occhiata, poi il padre cedette
e annuì.
«Evvai!»
«Shavo!»
esclamò Sonia, battendosi una mano sulla fronte.
La giornata era ancora
lunga e lei già non vedeva l’ora di
tornare a casa.
♥
♣
♦ ♠
Ed eccomi qui,
carissimi lettori!
Questa flash, oltre a
seguire il corso della “12x12” con il
prompt “Mercatino” suggerito da alessandroago_94,
partecipa anche a “Il contest
delle prime volte” indetto da Inzaghina.EFP sul forum. Il
prompt è segreto,
perciò per il momento non lo specificherò!
Ho voluto raccontare
la prima volta che i figli di Shavo e
Sonia vedono una macchina da scrivere, e poi ho voluto partire da
lì per fare
un flashback nel passato del padre che, a sua volta, aveva visto per la
prima
volta una macchina da scrivere, mentre era – sempre per la
prima volta – in un
negozio di antiquariato.
Vi devo alcune
spiegazioni importanti: Shavo, il bassista
dei System, è davvero sposato con Sonia, e i due hanno
realmente tre figli:
Shavo Dylan (il maggiore), Hayk Victor (il mezzano) e Lia Rose (la
piccolina di
casa). A proposito, so che la foto per il banner (tratta dalla pagina
facebook di
Shavo) non è di gran qualità, ma mi piaceva
troppo l’idea di inserire uno scatto
della famiglia Odadjian al completo :3
Ho deciso di far
comparire la nonna di Shavo nel flashback
perché lui era veramente molto legato a sua nonna,
perciò ho voluto immaginare
che lei lo portasse a scoprire delle belle cose in quel di Los Angeles.
Quando il bambino
parla dell’Armenia, lo fa perché è
veramente nato lì, per poi trasferirsi in seguito a L.A.
Tutti i componenti dei
System hanno origini armene, nonostante Shavo sia l’unico a
essere nato laggiù.
Infatti, Serj e John
sono nati in Libano, mentre Daron è
nato a Hollywood ^^
Per quanto riguarda la
macchina da scrivere che ho citato,
ho preso spunto per la marca Underwood dalla macchina da scrivere
presente nel
romanzo Il
gioco dell’angelo di Carlos Ruiz
Zafón, sia da delle piccole
ricerche che ho fatto io stessa. Metto subito le mani avanti: non sono
affatto
un’esperta di macchine da scrivere e ne ho visto una solo una
volta, quindi
abbiate pietà se per caso ho scritto stupidaggini XD
Ringrazio Ale per il
prompt, tutti gli altri partecipanti
alla sfida e la giudice del contest :3
Ci sentiamo al
prossimo aggiornamento ♥
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Capitolo 3 *** Cumulo di dinosauri ***
Durante un giorno di
pausa tra una data e l’altra, i System
avevano deciso di gironzolare per Amsterdam.
Erano finiti dentro un
punto vendita Tiger
e non
facevano che ridere per ogni singolo oggetto che si trovavano davanti.
«Guarda, non
assomiglia a Daron?» sghignazzò John, prendendo
in mano l’ennesima cretinata.
Shavo
osservò divertito un piccolo dinosauro di gomma
morbida, dall’aria feroce ma poco spaventosa.
Scoppiò a
ridere e a quel punto anche il chitarrista si
avvicinò, gonfiando il petto. «Ah-ah, divertente,
Dolmayan. Non è che ti sei
confuso con te stesso?» brontolò.
«Un vero
brontosauro direi, sentilo come si lagna» scherzò
Serj, comparendo alle spalle di John ed esaminando a sua volta
l’oggetto.
«Fottetevi»
grugnì ancora il più giovane, sistemandosi
meglio il cappello sulla testa.
Gli altri tre
continuarono a ridacchiare divertiti,
proseguendo il giro.
«Non ci
credo, dobbiamo assolutamente andarci!»
esclamò Shavo, fermandosi davanti a una locandina
stropicciata.
Gli altri lo
imitarono, lanciandogli occhiate interrogative.
Erano appena usciti
dal negozio e avevano deciso di cercare
un posto dove pranzare.
Il bassista
picchiettò sulla carta sgualcita, appesa fuori
da un locale che probabilmente avrebbe aperto soltanto di sera.
«Avete visto
come si chiama questa band?»
Daron
sbuffò e agitò il suo sacchetto di Tiger. «Ci
mancava solo questa… dopo avermi gentilmente regalato la miniatura di
quel fottuto dinosuaro, volete anche obbligarmi a sentire una band che
si
chiama Dinosaur Pile-Up?» protestò.
«Continui a
dimostrare di essere un rettile giurassico, lo
vedi? Fai tutto da solo!» chiosò John, dandogli di
gomito.
Serj ghignò
divertito e batté sulla spalla di Shavo. «Fai la
foto alla locandina, così stasera ci torniamo. Sono
curioso.»
«Io me ne
sto in albergo!» affermò il chitarrista, mettendo
il broncio e incrociando le braccia sul petto.
John
sospirò. «Ricordatemi perché stamattina
ci siamo
impegnati per buttarlo giù dal letto.»
Shavo
scattò la foto alla locandina e cominciò ad
armeggiare
con il cellulare, per poi scoppiare a ridere. «Ho fatto una
storia su
Instagram» ammise soddisfatto.
«Devo
preoccuparmi?» esalò Daron allarmato.
«Macché…»
Alla fine Daron aveva
deciso di seguirli al concerto e non
se n’era pentito. La band era forte, quei ragazzi spaccavano
davvero.
Solo che non gli
andava che i suoi colleghi continuassero a
scherzare su quella faccenda del dinosauro.
«Oggi
è un giorno meraviglioso, ho appena scoperto una cosa
sensazionale!» strillò Shavo, di ritorno nel
locale dopo aver fumato.
«Sentiamo»
borbottò Daron, alzando gli occhi al cielo.
«Qui vicino
c’è un cinema, rimane aperto fino a tardi. Danno
Jurassic Park! Dobbiamo assolutamente andarci!»
John e Serj
scoppiarono a ridere, e il cantante rischiò di
sputare la birra che stava sorseggiando.
Daron li
trucidò con lo sguardo. «Avete rotto il
cazzo»
sbottò.
«Mi sa che
è davvero incazzato» osservò Shavo.
John fece spallucce.
«Io ci sto» decise.
«Anch’io»
disse Serj.
«Andate al
diavolo!» gridò il chitarrista, sempre
più
infuriato.
«Che
Jurassic Park sia!» decise Shavo, ignorando Daron e la
sua rabbia.
Il più
giovane sospirò e si prese la testa tra le mani.
«E
va bene…» si arrese.
♥
♣
♦
♠
Eccomi,
eccomi!
Potevo
non scrivere qualcosa con il prompt che io stessa ho suggerito?
So
che la maggior parte dei partecipanti alla “12x12”
mi ha
odiato profondamente e probabilmente qualcuno mi odia
ancora… però, vedete, i
dinosauri sono tra noi, bisogna solo saperli trovare! XD
E
ovviamente chi poteva somigliare a un dinosauro, se non
Daron? :D
Allora…
il titolo della storia è tratto direttamente dalla
traduzione in italiano della band Dinosaur Pile-Up! Ebbene
sì, questi qui
esistono davvero, non me li sono inventati io: sono inglesi, si sono
formati
nel 2007, ma io li ho scoperti soltanto da poco grazie a un brano che
girava in
alta rotazione su Radio Freccia. Siete curiosi di sentire questo
“cumulo di
dinosauri”? Ecco a voi Back
Foot, il brano
con cui li ho scoperti ;)
Il
negozio citato, Tiger, ovviamente esiste davvero, ma
credo che tutti lo conosciate. Si tratta di una catena di negozi sparsi
per lo
più in Europa, dove si possono trovare degli oggetti davvero
divertenti e
trash, ma anche cosette utili a poco prezzo! Mi piaceva troppo
l’idea di
mandarci i miei ragazzi, dato che io stessa ho ricevuto in regalo un
dinosaurino antistress preso direttamente da lì :P lo adoro,
non potevano farmi
regalo migliore direi! XD
Su
Jurassic Park non credo ci sia molto da dire, ahahahah,
il film adatto per concludere una giornata dinosaurica come quella che
ho fatto
vivere ai System!
Spero
di avervi strappato un sorriso e ringrazio tutti voi
per esserci ancora!
Non
vedo l’ora di scoprire il prossimo prompt e di
scrivere/leggervi ancora ♥
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Capitolo 4 *** Cioccolata calda ***
Occhi scuri, quelli del suo bassista.
Daron lo osservava e voleva che quelle iridi così grandi e
dolci non si spostassero mai dalle proprie.
Era incredibile quanto potesse sentirsi vittima di un solo
sguardo, vinto da semplici occhiate ricevute quasi per caso.
Seduto in un angolo della sala prove, le gambe incrociate e
le dita strette sul bordo della felpa che indossava, il chitarrista non
faceva
che guardare Shavo.
Seguiva i suoi movimenti a volte maldestri, le sue mani che
piano accordavano il basso o che sistemavano nervosamente il cappellino
da
baseball sulla testa.
Shavo ogni tanto gli sorrideva, sembrava un poco a disagio.
I loro compagni di band non erano ancora arrivati e loro due erano
soli, forse
il bassista si sentiva in soggezione a essere scrutato con tanta
insistenza.
Tuttavia Daron non poteva fare a meno di cercare il suo
sguardo così dolce e rassicurante, quello che avrebbe
riconosciuto tra tanti e
che lo avrebbe salvato dai suoi demoni interiori.
«Ehi, Shavo?» lo chiamò.
Il suo amico smise di prestare attenzione al basso e
finalmente lo guardò in viso, regalandogli un sorriso per
invitarlo a
proseguire.
«Vieni qui» sussurrò Daron.
L’altro parve sorpreso, tuttavia decise di lasciare lo
sgabello su cui era seduto fino a poco prima, abbandonare il basso sul
supporto
e raggiungerlo in poche falcate.
Si fermò in piedi di fronte a lui e lo osservò
dall’alto,
gli occhi scuri e grandi fissi nei suoi.
Daron allungò la mano destra e afferrò la sua
sinistra,
strattonandolo appena verso il basso.
Shavo si accucciò davanti a lui e i due rimasero in
silenzio, a guardarsi per un lungo istante.
«Che succede?» sussurrò il bassista,
sembrava agitato e
spaesato.
«Volevo solo guardarti meglio» ammse il
chitarrista,
inclinando appena la testa di lato. Con il pollice sinistro
sfiorò appena il
sopracciglio dell’altro, per poi scivolare lungo la sua
guancia e fermarsi al
suo labbro inferiore.
Pian piano gli occhi scuri di Shavo divennero due tazze di
cioccolata calda, sciogliendosi dentro quelli del collega.
«Non c’è niente di bello da guardare, in
me…» si schernì il
bassista, facendo per ritrarsi.
Daron scosse la testa e gli prese il viso tra le mani. «Hai
degli occhi stupendi, sono la mia ancora di salvezza quando mi sento
perso. Mi
basta incrociare il tuo sguardo per sentirmi meglio»
spiegò con un velo
d’imbarazzo nella voce.
Il bassista sorrise, mettendo in mostra le lievi e dolci
fossette. «Addirittura?»
Daron annuì.
«Perché proprio io?» chiese Shavo
stranito.
«Perché sei speciale» soffiò
il chitarrista a pochi millimetri
dalle sue labbra.
Le voci di John e Serj provenienti dal corridoio
interruppero bruscamente quel momento.
Shavo sussultò e impallidì, rimettendosi
frettolosamente in
piedi.
Daron incrociò per un istante gli occhi del suo bassista e
comprese
che anche lui avrebbe voluto che accadesse.
Anche Shavo desiderava quel bacio.
Sorrise tra sé e sé, ignorando il saluto dei
colleghi appena
giunti.
Anche lui, forse, era speciale per qualcuno.
♥
♣
♦
♠
Cari
lettori, devo ringraziare la dolce Juriaka per il
prompt di questo quarto round, ovvero “occhi”.
Grazie,
cara, perché mi hai permesso di scrivere nuovamente
qualcosa sulla mia prima ship slash del cuore in questo fandom, ovvero
la
Sharon!
Chi
mi conosce e mi segue, sa che questa è stata una delle
coppie protagoniste della mia long sovrannaturale “The
Hypnotics” e che è stata
la prima su cui ho scritto in campo slash!
Ci
sarà spazio anche per la Jarohn, non temete! Il mio amato
John non potrà mai essere messo da parte :3
Mi
è venuta in mente questa piccola flash perché una
cosa
che amo tantissimo di Shavo sono i suoi bellissimi e grandissimi occhi
scuri!
Non è certamente il più attraente della band, ma
trovo che innanzitutto abbia
un faccino dolcissimo, e poi è il mio tesoro dolcioso *-*
Okay,
mi calmo XD sorry!
E
niente, spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto battere il
cuore almeno un po’ più del solito ;)
Almeno
stavolta Daron non ha fatto il dinosauro XD
Grazie
a voi che ancora mi seguite e complimenti a tutti i
partecipanti alla sfida, siete MITICI!!
Alla
prossima ♥
|
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Capitolo 5 *** Tu sei vivo ***
«John, vuoi dirmi cosa è successo ieri?»
Il batterista sospirò e si passò una mano tra i
capelli,
lanciando un’occhiata allo psicologo che sedeva di fronte a
lui. «Dottore, per
me è difficile stare qui a raccontare… a raccontarmi.»
«Lo capisco e credimi, è normale. Ma ti
farà bene.»
John poggiò i palmi delle mani sulla scrivania in legno
lucido ed espirò bruscamente. «La sparatoria mi
ha… mi ha ricordato un evento
della mia infanzia, quando ancora ero in Libano con i miei
genitori.»
Lo psicologo continuò a osservarlo, invitandolo con un cenno
a proseguire.
«Se non mi fossi alzato dal letto quella notte, se non fossi
corso dai miei genitori per via dell’insonnia, adesso non
sarei qui a parlare
con lei.»
«Perché?»
John si fissò le mani, sentendosi profondamente a disagio.
Voleva liberarsi di quel peso, era per questo che si era rivolto al
dottor
Reid.
Sospirò per l’ennesima volta e lasciò
che i ricordi
fluissero all’esterno.
Il piccolo John non riusciva a dormire, aveva paura,
anche se non sapeva di cosa.
Si rigirava tra le lenzuola e fissava il soffitto e le
pareti scrostate della sua cameretta rischiarate dalla luce piena della
luna.
Si ripeteva che ormai era un ometto, che a sei anni i
bambini non andavano più a rifugiarsi nel lettone con i
propri genitori.
Più il tempo passava, più lui si sentiva
spaventato e
l’insonnia sembrava non volerlo lasciare.
Infine si arrese e si alzò, muovendosi in punta di
piedi
verso la camera matrimoniale. Si infilò in fretta e furia
sotto le calde
coperte e si strinse al corpo della madre, facendo aderire la schiena
al petto
del padre.
Tremava, sentiva i suoi genitori svegliarsi e mugolare
appena, ma ancora una volta non lo mandarono via.
Loro gli volevano bene, loro capivano.
Perché come lui avevano paura di qualcosa, anche se
John
non ne era certo.
Quando udì il vetro infrangersi, il colpo sordo,
l’odore
di polvere da sparo, sussultò ma non si sorprese
più di tanto.
Sapeva che c’era qualcosa che non andava in quella
notte
troppo luminosa.
«Qualcuno sparò dentro casa nostra, dottore, nel
mio
letto. Le mie paure infantili mi hanno salvato.»
John si coprì il viso con
le mani, tremando appena per l’agitazione.
«La sparatoria di ieri ti ha riportato indietro nel tempo,
è
comprensibile. Però, John, tu sei vivo. Sei vivo
perché a sei anni ti sei
salvato per un’intuizione, sei ancora vivo perché
ieri sei andato via prima che
tutto accadesse. Non so se hai fede in Dio, non importa, ma non
è arrivato il
tuo momento. E devi capirlo, esserne consapevole e vederla come una
cosa
positiva.»
John annuì, ma non poté impedire alle lacrime di
bagnargli
le guance. «Ha ragione, dottor Reid. La ringrazio per avermi
ascoltato.»
«È il mio lavoro.»
Il batterista sorrise tra i singhiozzi. «Per lei questo non
è solo un lavoro, è tutta la sua vita.»
«Come la musica per te. Questo è un brutto
momento, ma non
arrenderti.»
Non lo farò mai.
♥
♣
♦
♠
Carissimi
lettori, arrivo un po’ in ritardo ma ovviamente
non potevo perdermi questo giro, non con un prompt come
“terapia” suggerito
dalla cara LadyPalma! Ti ringrazio, mi hai permesso di scrivere
qualcosa a
proposito di questo episodio riguardante l’infanzia di John!
Ebbene
sì, ciò che il batterista dei System ha
raccontato in
questa piccola flash gli successe veramente quando ancora si trovava in
Libano
con i genitori; come detto in una precedente flash, tutti i membri dei
System
sono di origine armena, ma solo Shavo nacque in Armenia. John e Serj
invece in
Libano, mentre Daron è l’unico a essere nato in
America.
Questo
tragico episodio convinse i genitori di John a trasferirsi
in un luogo dove non dilagasse la guerra, così si spostarono
in Canada, per poi
finire in pianta stabile a Los Angeles.
Ora,
io non sono esperta di storia e non so precisamente
quale fosse la situazione in Libano negli anni Settanta,
perciò abbiate pietà
di me se ho dato qualche informazione sbagliata e non esitate a
correggermi e
farmelo notare!
Qui
ho voluto immaginare che una sparatoria a cui John, da
grande, scampa per un pelo riporti alla sua memoria questo avvenimento
e lo
convinca a parlarne con uno specialista. Forse ho interpretato il
prompt
davvero in maniera classica, ma l’ispirazione mi ha guidato,
spero di non aver
deluso voi lettori e la cara Palma ^^
Grazie
a tutti voi per esserci ancora, a presto con la
prossima parola ♥
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Capitolo 6 *** Esperimento al buio ***
Non sapeva che
odore emanasse, anche se i suoi amici asserivano che sapesse di
marijuana,
tabacco e qualcos’altro di dolce e fruttato.
Daron scuoteva
sempre il capo, ma quel giorno ci stava seriamente pensando. Forse
aveva fumato
troppo, forse era entrato in una fase strana, paranoica, non sapeva
spiegarsi
perché la sua mente ci stesse ricamando su.
Chiuse gli occhi e,
con la chitarra tra le braccia, si concentrò.
Qualcuno si lasciò
cadere accanto a lui sul divanetto e Daron registrò che si
trattava di Shavo.
In effetti, era proprio il suo profumo ad averlo smascherato: dolce,
con una
nota vanigliata e l’inconfondibile aroma di marijuana che
entrambi amavano
fumare.
«Che cazzo fai con
gli occhi chiusi? Stai meditando?» chiese il bassista,
mollandogli una
gomitata.
Daron imprecò e
sollevò le palpebre. «Sto facendo un
esperimento.»
«Tipo?»
«Riconoscervi
dall’odore.»
Shavo scoppiò a
ridere, poi schioccò le dita. «Serj, mi presti la
tua sciarpa?»
Daron alla fine
aveva ceduto e si era lasciato bendare, pronto ad affrontare
quell’esperimento.
Certe volte si domandava perché finisse sempre in situazioni
tanto bizzarre,
anche se in fondo se le andava a cercare.
Seduto sul divano e
immerso nell’oscurità, già cominciava
ad agitarsi e desiderò di strapparsi
immediatamente la sciarpa di Serj dagli occhi.
«Ora uno a caso di
noi verrà a sedersi vicino a te e starà in
silenzio. Vediamo se indovini chi è»
proclamò Shavo; sembrava addirittura più
entusiasta di lui all’idea di fare
quella sorta di gioco.
Daron sospirò e
attese in silenzio.
Avvertì un corpo affiancarsi
a lui sul divano e si concentrò. Caffè, un
leggero sentore di sudore che però
virava in una nota dolciastra e affatto sgradevole.
Ridacchiò.
«John?»
tentò, per poi allungare cautamente la mano destra.
Quella forte e
grande del batterista si strinse alla sua, mentre rideva piano.
«Indovinato.
Che odore ho?»
«Cazzo, che
portento! Dobbiamo iscriverlo a qualche talent!»
strillò Shavo divertito.
«Vacci tu ai
talent, Odadjian… comunque, sai di caffè e sudore
acido» chiosò il chitarrista.
John ritrasse la
mano e gli mollò uno scappellotto. Poi si alzò e
disse: «Avanti il prossimo.
Non farti illusioni, potrei anche tornare io per imbrogliarti».
«Che
simpatico…»
Trascorse qualche secondo, poi un altro dei
suoi colleghi si
sedette alla sua destra. Le narici di Daron captarono un odore e subito
comprese che non era quello di John.
Muschiato, pungente e mascolino,
sicuramente apparteneva a Serj.
Era incredibile quanto potessero realmente essere diversi tra loro
anche da
quel punto di vista.
«Serj»
affermò Daron.
«Esatto! Come hai
fatto?» domandò il cantante, battendogli appena
sulla schiena.
Daron si strinse nelle spalle.
«Okay, piantiamola. Direi che
possiamo cominciare le prove» li
riportò all’ordine John.
Daron sospirò di sollievo e si
slegò in fretta la benda
improvvisata, lanciandola via con fare sprezzante. «E luce
fu!» esclamò.
«Ehi!»
protestò Serj, recuperando la sua sciarpa.
Daron ghignò e
imbracciò la chitarra, sorridendo sornione.
«Pronti, colleghi dai mille profumi?»
Ognuno si sistemò al suo posto
e, dopo qualche altra battuta e infinite
risate, le prove ebbero inizio.
♥
♣ ♦
♠
Carissimi
lettori, eccomi qui a presentarvi la flash con il prompt
“profumo”, suggerito dalla carissima Sabriel_Little
Storm!
Spero
di aver colto l’essenza di questo tuo suggerimento, sono
veramente felice che tu abbia portato fuori questo spunto
interessantissimo!
Mi
piaceva troppo immaginare i ragazzi alle prese con un esperimento
al limite tra il demenziale e il realistico; in effetti, ultimamente
stavo
riflettendo proprio sul fatto che ognuno di noi ha un suo odore, quello
che gli
altri di solito sentono su di lui ma che in prima persona non riesce a
percepire.
Così
ho voluto far fare ai ragazzi questa sorta di gioco, spero di
avervi strappato un sorriso e di aver creato qualcosa di piacevole da
leggere
:3
Grazie
ancora a tutti voi che mi seguite e che partecipate alla
sfida, questo esperimento si sta rivelando sempre più
intrigante e stimolante
anche grazie al sostegno che tutti noi ci stiamo dando a vicenda!
È
davvero bellissimo ♥
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Capitolo 7 *** Dolci e languidi ***
Era un aroma dolce,
talmente tanto da risultare quasi
nauseante.
A John ricordava i
pomeriggi autunnali trascorsi a mangiare
pane e miele con i suoi cugini.
Quel pensiero si fece
sfocato non appena le mani di Daron
scivolarono sulla sua schiena tesa. Le aveva generosamente cosparse di
crema,
cominciando a massaggiarlo lentamente mentre il suo respiro si
infrangeva sulla
sua pelle sensibile.
Con la guancia contro
il cuscino e i muscoli che pian piano
si rilassavano, John se ne stava sdraiato prono a godersi le premure
del suo
uomo.
Chiuse gli occhi e
avvertì chiaramente le dita affusolate e
callose dell’altro sciogliersi sulle sue scapole, tracciare
il profilo della
schiena – vertebra per vertebra, lentamente – e
giocherellare con la leggera peluria
che campeggiava nella zona lombare.
Sentiva Daron a
cavalcioni su di lui, era caldo il corpo del
chitarrista contro il suo.
Fremette quando le
mani risalirono lungo i suoi fianchi e
presero a massaggiargli il collo, per poi spostarsi sul braccio destro.
Daron
si chinò a lasciare una scia di baci bollenti alla base del
suo orecchio,
scivolando poi lungo la spalla.
John venne investito
da un’infinità di brividi e si lasciò
sfuggire un piccolo sospiro.
Le dita di Daron si
mossero nuovamente verso il basso,
indugiando sui glutei e sulle cosce del batterista.
John trattenne appena
il respiro, ma un altro sospiro lo
tradì senza che potesse fermarlo.
Grugnì
frustrato quando le mani di Daron si allontanarono
dal suo corpo; qualche istante dopo le sentì nuovamente su
di sé, pronte a
massaggiarlo con una nuova, generosa, fresca dose di crema al miele.
Erano dolci e languidi
i piccoli gemiti che abbandonavano le
labbra schiuse di John.
Era maliziosa la
risata di Daron mentre si chinava per
mordicchiare appena la natica sinistra del compagno.
«Sei uno
spettacolo» soffiò il chitarrista nel suo orecchio.
E John avrebbe davvero
voluto esserlo, farsi ancora più
bello, dolce e irresistibile per lui.
Gemette piano, ancora,
e si abbandonò nuovamente alle mani
di Daron, ai suoi baci, ai suoi sussurri e al profumo denso, dolce e
sensuale
del miele che plasmava la sua pelle infuocata.
♥
♣
♦
♠
Carissimi
lettori, eccomi qui con la Jarohn che Soul aspettava
tanto! Tutta tua, mia cara :D
Oddio,
devo dire che Gella con il suo prompt “miele” mi ha
spinto
verso lande desolate, il mio cervello si è disintegrato ed
ecco cosa ho portato
fuori! ^^”
A
parte tutto, questi due insieme ispirano sempre di queste
cose… anche perché immaginare Daron che massaggia
John, che ha quel ben di dio
a sua completa disposizione è semplicemente invidiabile,
quindi ecco ù.ù
L’immagine
che trovate in cima l’ho trovata per caso su
Google e non l’avevo mai vista, mi è piaciuta
TROPPO e ho pensato di farci un
bel bannerino *-*
Grazie
a tutti voi per continuare a seguirmi, spero che
questa cosuccia, anche se un po’ più breve delle
altre, vi sia piaciuta!
Non
vedo già l’ora di scrivere con il prossimo prompt
♥
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Capitolo 8 *** Non fa figo ***
«Oggi prepariamo la pasta!»
Zepur sorrise dolcemente a suo figlio e lui
ricambiò; il
piccolo Daron saltellò intorno al tavolo e si arrampicò su
una sedia,
appoggiando i gomiti sul piano in formica.
«Usiamo le formine?» esultò il
bambino.
«Certo. Quali scegli?»
«Questa! La moto! Io voglio guidare la moto da
grande!»
«Va bene, faremo la pasta a forma di moto»
acconsentì
Zepur, versando della farina in una terrina.
Daron sfrecciava per le strade del quartiere a bordo della
sua Yamaha rossa, sentendo il vento sferzargli il viso e
l’adrenalina
scorrergli nelle vene.
La motocicletta era di quarta o quinta mano, ma non
importava. Faceva comunque il suo effetto, e lui era sempre
elettrizzato
all’idea di guidarla e mostarla in giro.
Little Armenia ormai era un luogo frequentato anche da
ragazzi che non discendevano da famiglie mediorientali come la sua,
perciò faceva
figo possedere un gioiellino come quello, per dimostrare a tutti che
anche gli
immigrati potevano farsi valere.
Inoltre Daron aveva messo gli occhi addosso a una ragazza e
ci teneva a far colpo su di lei. Ormai aveva quasi diciotto anni e non
ne
poteva più di essere single.
Raggiunse il parchetto in cui si ritrovavano i giovani del
quartiere, posteggiò la moto e adocchiò subito
Hasmik; con movimenti studiati,
si sfilò il casco nero e scosse il capo per conferire ai
propri capelli un
aspetto selvaggio e accattivante.
Tenendo l’oggetto in mano, sorrise in direzione della
ragazza, la quale chiacchierava e rideva con le sue amiche.
Daron diede una veloce occhiata al proprio outfit e annuì
soddisfatto: giacca in pelle sdrucita stile biker, jeans strappati,
anfibi
borchiati. Poteva farcela, doveva solo camminare con andatura sicura
verso Hasmik
e parlarle senza esitazione.
Scambiò qualche cenno di saluto con alcuni amici presenti,
poi avanzò in direzione della sua preda e
continuò a sorridere, senza toglierle
gli occhi di dosso.
«Ehi, Hasmik!» esclamò, giocherellando
con la cinghietta del
casco.
Lei gli rivolse un sorriso gentile e i suoi grandi occhi
scuri si socchiusero appena. «Ciao»
salutò educatamente.
Le sue amiche ridacchiarono e si scambiarono gomitate.
«Ti va di fare un giro in moto con me?» propose
Daron.
Hasmik scosse il capo. «Mi dispiace, credo che Adam non
sarebbe d’accordo» replicò, per poi
voltarsi a lanciare un bacio in direzione
di un ragazzo che sedeva a diversi metri di distanza con un gruppo di
amici.
Daron chinò il capo e desiderò di sprofondare nel
cemento del
parchetto.
«Sono a casa» bofonchiò Daron,
raggiungendo Zepur in cucina.
«Tesoro! Ehi, perché quella faccia?»
Il ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile, ma
evitò di
raccontarle l’accaduto.
Zepur gli si accostò e sorrise comprensiva, poi
indicò il
tavolo. «Pensavo di fare la pasta, ti va di… farla
con me? So che ora mi dirai
che ormai sei grande e che non fa figo,
però…»
Daron sollevò lo sguardo velato di delusione e la
guardò per
un istante, poi disse: «Solo se usiamo le formine».
Zepur allargò il sorriso. «A forma di
moto?»
«Tutte quelle che abbiamo.»
♥
♣
♦
♠
Cari
lettori, eccomi qui con una flashina interamente
dedicata a Daron! Ho pensato immediatamente a lui quando Harriet
Strimell ha suggerito
il prompt “giro in moto”, anche se pure John in
veste di motociclista fa un
certo effetto… ma John fa sempre un certo effetto XD
Cavolate
a parte, non so se lui abbia mai guidato una due
ruote e se ne sia appassionato, ma mi piaceva unire
quest’idea con quella della
pasta a forma di moto; sì, perché da poco mia
madre ha portato a casa un pacco
di pasta che aveva la forma di vari mezzi di trasporto, tra cui appunto
le
motociclette, ed era carinissima – oltre che buonissima,
ahahahahah XD
E
questo mi ha fatto partorire questa cosetta!
Alcune
spiegazioni doverose: Zepur è il nome della madre di
Daron e mi piace sempre pensare che adori il figlio e che sia una donna
comprensiva e dolce. A volte capita anche che commenti dei post dei
System
(cose che anche la madre di Shavo a volte fa XD) e quindi da qui deduco
che
abbia un buon rapporto con il nostro caro chitarrista.
Little
Armenia è un quartiere di Los Angeles che esiste
veramente, dove i membri dei System hanno frequentato la scuola e
– immagino –
hanno vissuto per un certo periodo!
Il
nome della ragazza che piace a Daron è armeno e
l’ho
preso da una lista di nomi armeni femminili!
E
niente, spero che tutto ciò vi sia piaciuto ^^
Grazie
a Harriet per il bellissimo prompt e a tutti voi che
ancora partecipate e leggete la mia raccolta!
Alla
prossima parola ♥
|
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Capitolo 9 *** Debole, fragile, perso ***
Serj la guardava
dormire e si ripeteva di non meritare la
compagnia e l’amore di quella mortale.
Anche se sapeva che
Angela era la sua Predestinata e che non
poteva fare a meno di lui, gli sembrava incredibile averla finalmente
accanto.
Lui era un angelo che
ricopriva un ruolo importante nella
gerarchia del suo mondo, eppure di fronte a sentimenti tanto umani si
sentiva
profondamente inadeguato.
Debole, fragile, perso.
Angela si mosse appena
nel sonno e schiuse le palpebre,
puntando le iridi color cioccolato nelle sue.
Serj si
scostò una ciocca di capelli ricci dal viso e rimase
a osservarla, seduto sulla sedia accanto al letto.
«Che fai
ancora qui?» biascicò lei, portando fuori un
braccio da sotto le coperte per stropicciarsi gli occhi.
Serj
sospirò e si alzò. «Scusa, forse
è meglio che vada.»
Angela si
puntellò sui gomiti e lo fissò confusa.
«Che
sucede?»
Serj non si sentiva
abbastanza per lei. Ripensò a tutto
quello che era successo nei mesi precedenti, al modo in cui il loro
destino si
era intrecciato inesorabilmente, senza che Angela potesse scegliere se
amarlo.
Era come se
l’avesse obbligata a stare con lui, anche se era
tutto merito della sua natura da angelo. Non era stata una sua
decisione, la sua
vita – quell’eternità
di plastica
– lo aveva portato tra le braccia di
Angela.
«Serj, dove
vai?» si sentì richiamare.
Si accostò
alla finestra e fece per aprirla, ma si sentì
stringere da dietro. Il corpo caldo e tremante di lei si premette
contro il suo
e le braccia della sua donna lo circondarono con forza.
«Angie,
io… forse questa sorta di ipnosi tra noi è
sbagliata.»
«Sbagliata?
No! Io e te ci stiamo conoscendo, stiamo
imparando ad accettarci, ma quello che proviamo è reale.
È l’unica certezza che
ho.»
Serj si
rigirò nel suo abbraccio e lo ricambiò,
accarezzandole piano la schiena. «Non devi sentirti obbligata
a stare con me»
mormorò.
Angela
sollevò il viso e si sporse per sfiorargli appena le
labbra con un bacio, poi lo strattonò verso il letto e
insieme vi caddero,
stretti l’uno all’altra. Serj la sovrastava,
percorreva con gli occhi i suoi linementi
dolci e con i polpastrelli la sua pelle soffice e nivea.
«Non mi
sento obbligata a stare con te.»
«Ma io sono
terribilmente debole quando ti sto così vicino…
sono una frana. È così che dicono i
mortali?»
Angela
inarcò le labbra in un tenero sorriso e gli prese il
viso tra le mani. «Vedo che stai imparando.»
Continuò a scrutarlo per un po’,
intensamente. «Serj, io ti amo. E sono fiera di essere la tua
Predestinata.»
Lui sorrise
mestamente. «Anche se sono un disastro?»
«Non sei un
disastro. Ho creduto che dopo Morgan non avrei
mai più amato qualcuno. Poi sei arrivato tu
e…»
«Ho
stravolto tutto» la interruppe Serj, carezzandole una
guancia.
Lei
intrecciò le dita tra i suoi ricci scuri. «Mi hai
salvato
la vita.»
Si scambiarono un
bacio lento e intenso, un bacio che Serj
non avrebbe mai potuto dimenticare.
♥
♣
♦
♠
Carissimi
lettori, eccomi qui – anche se in ritardo – con la
flash sul prompt “frana”, suggerito dalla mia cara
amica Sakkaku *-*
Ammetto
che ho avuto parecchia difficoltà a trovare
un’idea
decente per questo round, ma alla fine mi sono buttata nel mio
personalissimo
AU! Ebbene sì, ecco a voi un piccolo spin-off estratto
direttamente dalla mia
long sovrannaturale sul fandom dei System, ovvero The
Hypnotics!
Tra
i lettori che seguono questa raccolta, sono davvero
pochi coloro che hanno letto la long in questione, quindi vi
darò un paio di
spiegazioni giusto per comprendere questa flash: Serj è un
angelo molto
potente, che ha ricoperto il ruolo di Supervisore sulle missioni
compiute dagli
altri angeli. Questo ruolo gli ha dato il diritto di unirsi con una
mortale,
ovvero di trovare sulla Terra la sua Predestinata. Angela, appunto,
è una
comune mortale che si è ritrovata ad avere una sorta di
colpo di fulmine per
Serj.
Tutte
queste vicende sono ambientate in un liceo chiamato
Bradley High School, e i ragazzi dei System – così
come tutti coloro che li
circondano – avevano appunto l’età di
classici liceali.
Anche
nella realtà Serj sta con Angela, sono sempre stata
convinta che fossero anime gemelle e quindi non ho potuto non inserirli
in
questo mio vaneggio (XD), anche se sono una coppia canon :D
Spero
che la foto che ho inserito in cima vi piaccia e che
non vi abbia confuso con tutte queste spiegazioni sovrannaturali da
pazza
furiosa X’D
Spero
anche di non aver deluso la cara Sakkaku: scusa, cara,
non ho saputo fare di meglio! ç___ç
Bene,
vi ringrazio tantissimo per avermi sopportato anche
stavolta, alla prossima parola ♥
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Capitolo 10 *** Delirio sul lungomare ***
I ragazzi non facevano
che ridere mentre, tra una birra e un
drink, trotterellavano per il lungomare di Rimini.
«In Italia
sanno come divertirsi, eh?» osservò Shavo,
continuando a scattare foto a oltranza e barcollando accanto ai suoi
colleghi.
«Forse ha
bevuto troppo» commentò John, sostenendo il
bassista.
Intanto proseguivano
la loro passeggiata notturna tra
pedoni, passanti in bicicletta e musica a volume alto sparata dai
numerosi
chioschi e stabilimenti balneari.
«Guardate,
una bancarella di dischi!» strillò Daron,
afferrando Serj per la maglietta e trascinandolo con sé.
«Aspettateci!»
gridò Shavo, seguendoli e scoppiando a ridere
senza motivo.
Intanto, chitarrista e
cantante si erano già chinati sul
banchetto stracolmo di CD in super offerta, sotto la supervisione del
negoziante annoiato che sedeva su una sedia di plastica a qualche metro
da
loro.
«Seriamente
vendono ancora le raccolte dei più grandi
successi degli anni Cinquanta?» commentò Serj,
rigirandosi una custodia in
plastica tra le mani.
«Guarda
questo!» strepitò Daron, sventolando un disco
dalla
copertina colorata e allegra.
John
sbirciò oltre la spalla del cantante e aggrottò
le
sopracciglia.
«Maracaibo?»
borbottò Serj. «Mi dice qualcosa,
ma…»
«Ehi! Di
là stanno facendo il karaoke, andiamo!»
gridò
Shavo, abbracciando di slancio i suoi colleghi con fare scherzoso.
I quattro membri della
band si allontanarono dal banchetto,
lasciando i CD in disordine. Le sopracciglia del negoziante si
sollevarono, ma
subito tornò a osservare con indifferenza le miriadi di
persone che facevano
avanti e indietro sul lungomare.
«È
stonatissima, dai!» commentò Daron, fissando una
signora
di mezz’età che storpiava un grande successo di
Mina.
«Da che
pulpito viene la predica» lo canzonò John,
dandogli
di gomito.
Serj li raggiunse poco
dopo, seguito da Shavo che era sempre
più brillo ed entusiasta. I due consegnarono le birre ai
colleghi e si misero
in ascolto del karaoke in corso.
«Voglio
cantare Maracaibo!»
strillò una ragazza al microfono,
spingendo via la signora prima che finisse di esibirsi.
«Serj,
è il tuo momento!» strillò Daron,
scambiando
un’occhiata con Shavo.
«Siete
pazzi?! Non ci penso neanche!»
John rise.
«Dai, buttati!» lo esortò, aiutando i
colleghi a spingerlo
verso la zona karaoke.
In pochi istanti Serj
si ritrovò accanto alla ragazza mora e
ubriaca che cantava a squarciagola. La tipa gli circondò le
spalle con un
braccio e gli crollò addosso, ridendo come una pazza.
Serj notò
che Shavo stava già riprendendo tutto con il suo
iPhone. Sospirò e posò lo sguardo sullo schermo
dallo sfondo celeste e le
scritte bianche.
«Amico,
cantiamo!» strillò la ragazza, per poi cominciare
a
urlare il testo senza seguire il tempo né
l’intonazione.
Serj non
riuscì a trattenersi e le andò dietro, anche se
non
sapeva esattamente come pronunciare le parole.
Maracaibo
Balla al
Barracuda
Sì
ma balla nuda
Za za
Ormai il delirio era
cominciato e Serj non riuscì più a
tirarsene fuori, complici anche le incitazioni dei suoi colleghi.
«È
stato divertente, no?» biascicò Serj, sostenendosi
a
Shavo mentre passeggiavano ancora sul lungomare.
«Sicuro!»
esclamò il bassista.
Daron
sbadigliò e rise, mentre John sghignazzava.
Per una volta erano stati
soltanto dei ragazzi come tanti
altri.
♥
♣
♦
♠
Carissimi
lettori, inizialmente il prompt “Maracaibo”
suggerito da Harryet mi ha mandato nel pallone, ma poi – puff
–
l’illuminazione!
Potevo
certo evitare di mandare i System a folleggiare sul
lungomare di Rimini? XD
Prima
trovano la bancarella di dischi, poi trovano il
karaoke dove Serj viene coinvolto del tutto a caso… non so,
non è neanche la
prima volta che ficco Serj in un karaoke in Italia, secondo me
è un mio
headcanon XD mi piace troppo come idea!
Così
come amo vedere Shavo ubriaco che scatta foto,
abbraccia tutti e filma i momenti più esilaranti! :P
Ah,
una cosa: dal conteggio parole della flash è ovviamente
escluso quel pezzetto di testo che ho voluto inserire per farvi sentire
ancora
più “immersi” nel delirio XD
Spero
veramente di avervi strappato un sorriso e di avervi
fatto sentire l’atmosfera estiva e festaiola di un lungomare
dove chiunque può
confondersi e trovare divertimento, anche delle persone famose come
loro ^^
Alla
prossima parola e grazie ancora a tutti voi ♥
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Capitolo 11 *** Discrete prestazioni ***
«Che figata!» esclamò Shavo, mentre
teneva in mano un
volantino zeppo di immagini e prezzi scritti a caratteri cubitali.
John gli lanciò un’occhiata interrogativa,
distogliendo l’attenzione
dal fumetto che stava leggendo.
«Il primo smartphone con una pentacamera da 108 megapixel al
mondo!» Il bassista gli mostrò
l’immagine di un cellulare pubblicizzato sulla
prima pagina del volantino.
John aggrottò la frojnte. «Costa anche
poco» commentò.
«In confronto agli iPhone sì, ma sicuramente le
prestazioni
non saranno le stesse. Io non potrei mai passare a questo catorcio,
ormai sono
abituato ai prodotti Apple» blaterò Shavo.
John si strinse nelle spalle. «Io non ne capisco molto, mi
trovo bene col mio Samsung.»
«Sei pazzo? È la marca peggiore! Almeno la Xiaomi
ha delle
discrete prestazioni, considerato il sistema operativo
giurassico» si infervorò
ancora il bassista, gesticolando con la mano sinistra mentre lasciava
cadere il
volantino sulle ginocchia.
«Giurassico?»
«Ma sì, l’Android è
terribile!» affermò Shavo.
«Ah.»
«John, non mi capisci! Cosa devo fare con te?»
Il batterista sospirò e picchiettò con un dito
sulla
copertina del fumetto. «Lasciarmi leggere in pace,
magari.»
Shavo alzò gli occhi al cielo e borbottò tra
sé e sé.
John aveva come l’impressione che quella questione non
sarebbe stata chiusa tanto facilmente.
Conosceva troppo bene il suo amico.
«Mi spieghi cosa ci facciamo qui? Mi sto congelando il culo
e muoio di sonno!»
«Non fare tante storie, amico!»
«Shavo Odadjian, se non mi dici immediatamente
perché cazzo
mi hai buttato giù dal letto alle sei del mattino, giuro che
ti ammazzo e
nessuno si ricorderà più della tua
esistenza!»
«Dolmayan, non ti facevo così violento!»
sghignazzò il
bassista.
Su di loro imperversava la tempesta e stava cominciando a
piovere, eppure Shavo non voleva saperne di tornare in macchina.
Erano in fila di fronte al grande ingresso di un famoso
negozio di elettronica e attendevano che si facessero le nove per poter
entrare.
«Shavo…» bofonchiò John,
battendo forte i denti.
«E va bene! Oggi iniziano le offerte, devo assolutamente
comprare una cosa!»
John lo fulminò con un’occhiata, ma non fece in
tempo a
parlare perché l’altro lo afferrò per
il polso.
«Hanno aperto, corriamo!» strillò il
bassista, cominciando a
muoversi e rischiando di calpestare una ventina di persone che
spingevano a
loro volta per farsi largo all’interno.
John ebbe voglia di prenderlo a testate sui denti; tuttavia
continuò a seguirlo, beccandosi imprecazioni e insulti dagli
altri clienti.
Si persero tra corridoi ed espositori, finché non
raggiunsero la vetrina stracolma di cellulari.
Shavo, con il fiatone, fece per balbettare qualcosa.
Il commesso tuttavia glielo impedì, sollevò la
mano e
affermò: «Se siete qui per lo Xiaomi Mi Note 10,
spiacente: sono finiti».
«Finiti? Finiti?!» sbraitò Shavo
indignato.
John lo afferrò per il braccio e sibilò:
«Andiamocene.
Adesso».
Shavo deglutì mentre seguiva a testa bassa il batterista
verso l’uscita. «Volevo solo farti un
regalo» farfugliò.
John si fermò di botto e lo fissò, poi sorrise
appena e gli
batté un’affettuosa pacca sulla spalla.
«Grazie» mormorò.
«Posso almeno offrirti la colazione?»
«D’accordo!»
♥
♣
♦
♠
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!
Scusate,
lettori, ma mi sono caduti i neuroni mentre
scrivevo questa flash, ci credete?
Intanto
ADORO la bromance Shavo/John, giuro che questi due
sono la mia fine :D
Shavo
ha bisogno di qualcuno di intelligente e responsabile
che lo rimetta in riga, non credete?
E
poi non potevo perdere l’ennesima occasione per mettere in
luce la fissazione patologica di Shavo per la tecnologia, non potevo!
Quindi
grazie a Carmaux e alla parola “pixel” che ha
suggerito per questo penultimo
round, avevo decisamente bisogno di scrivere un’altra robetta
demenziale su questi
giovini :P
Mi
sono troppo divertita, credetemi!
Per
quanto riguarda John che leggeva un fumetto, ho inserito
questo dettaglio vista la sua passione per i fumetti; il batterista ha
addirittura aperto delle sue fumetterie, chiamate Torpedo Comics; la
prima è
sorta a Las Vegas, mentre la seconda a Orange County ^^
E
nulla, spero vi sia piaciuta e che anche voi abbiate riso
come ho riso io mentre scrivevo :P
Alla
prossima (e ultima ç___ç) parola ♥
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Capitolo 12 *** Noi non abbiamo paura ***
Shavo
sollevò lo sguardo verso il cielo stellato.
Era il ventidue
aprile, eppure lui aveva trascinato i suoi
amici sulla spiaggia per festeggiare il suo compleanno.
La luna piena e
scintillante accarezzava i loro volti giovani
e spensierati: si infrangeva sugli orribili capelli rosa di Daron,
sulle
ciocche ricce e ribelli di Serj, sulla chioma di John domata in una
morbida
coda, sul cappellino da baseball che Shavo indossava sulla testa pelata.
Shavo pensava che quel
disco iridescente vegliasse su di
lui, sui suoi amici e sui suoi ventitré anni appena compiuti.
«Fratelli,
vedete come ci guarda? Vuole dirci qualcosa…»
biascicò.
Daron rise.
«Sei ubriaco, amico!»
«No, dico
sul serio: ci sono le nostre facce sulla
superficie…»
«La luna
siamo noi, eh?» se ne uscì Serj, seduto con le
gambe incrociate e una bottiglia di birra in mano.
«Già!
John, che ne pensi?»
John fece spallucce,
sdraiandosi accanto al festeggiato.
«Non c’è niente da pensare. È
solo una luna come un’altra» replicò
senza
scomporsi.
«Ehi, almeno
tu potresti darmi ragione!» protestò Shavo.
Rimasero in silenzio
per un po’, nell’aria soltanto l’eco
delle risate che si erano lasciati sfuggire.
Shavo si
strofinò gli occhi. «Sapete una cosa? Ho molta
fiducia in noi. I nuovi pezzi sono una bomba e abbiamo già
delle date per la
prossima estate!»
«Io comunque
preferisco il sole, è più rassicurante»
commentò Serj pensieroso.
«Hai paura
della luna?» indagò Daron.
«Non dire
stronzate, Malakian.»
«Sentite
questa: esorcizziamo le nostre paure, così saremo
liberi di goderci il futuro che ci aspetta!»
strepitò Shavo, mettendosi a
sedere.
Gli altri lo
guardarono storto.
«Che hai in
mente?» chiese John scettico.
«Ammettiamo
la nostra paura più grande, poi prendiamo della
sabbia e la lanciamo alle nostre spalle.»
«Alle tue
spalle ci sono io, genio» gracchiò Daron.
«Spostati, genio» fece John
sarcastico.
Si sedettero in
cerchio e immersero le mani nella sabbia.
«Sono
terrorizzato dalla solitudine» ammise Shavo.
«Chi non lo
è?»
«Malakian,
non fare lo spiritoso e dicci la tua!» replicò
piccato il bassista.
Daron
sbuffò. «Ho paura di perdere i capelli»
borbottò.
I suoi amici
scoppiarono a ridere.
«Piantatela!
Serj?»
«Di mangiare
un animale» disse subito il cantante,
rabbrividendo disgustato.
«Ma che
paure sono? Siete degli idioti!» protestò Shavo.
«Tocca a me:
sono terrorizzato dai tuoni» mormorò John.
Gli altri tre lo
fissarono, facendosi seri.
Poi Shavo
proclamò: «Fratelli, prendiamo le nostre paure e
buttiamocele
alle spalle! Pensiamo al nostro futuro: sarà roseo e
prosperoso! Ripetete con
me: noi non abbiamo paura!»
I quattro sollevarono
le mani piene di sabbia e la
lanciarono all’indietro, sfidando la luna con
un’occhiata fiera.
Erano giovani,
spensierati e fiduciosi.
Avevano tutta la vita
davanti.
Noi non abbiamo paura, pensò Shavo.
Quello era uno dei
migliori compleanni che avesse mai
vissuto.
Anche se lui e i suoi
amici erano ubriachi e stavano dando
vita a una battaglia di sabbia all’ultimo sangue.
Anche se forse non
avevano preso sul serio il suo rituale.
Noi non abbiamo paura,
fratelli.
Lui ci credeva
davvero, sapeva che avrebbero trionfato.
♥
♣
♦
♠
Ed
eccoci giunti all’ultima flash di questa raccolta.
Ci
tenevo a pubblicarla oggi perché è il compleanno
del
dolce e caro Shavo, che ha compiuto la bellezza di quarantasei anni!
Forse
questa flash non è granché, avrei davvero voluto
fare
di più, ma è andata così e spero vi
sia comunque piaciuta. E soprattutto che
Shavo possa perdonarmi ^^”
Ringrazio
la mia fantastica sorella di scrittura Evelyn per
aver suggerito il prompt “luna piena”,
perché mi ha permesso di scrivere
qualcosa su loro quattro tutti insieme, agli esordi della loro
carriera;
infatti, la flash è ambientata nel 1997, quando i nostri
eroi non avevano
ancora inciso un disco e non avevano ancora raggiunto il successo che
poi hanno
avuto negli anni a venire.
Spero
davvero di non essere stata banale, è stato tutto
ciò
che sono riuscita a creare stavolta.
Vi
devo qualche piccola spiegazione: ho nominato degli
orribili capelli rosa di Daron perché è vero che
il chitarrista, quando era
molto più giovane e selvaggio (?), si tingeva i capelli di
colori assurdi, tra
cui il rosa :D
Ho
pensato bene alle paure, non credete? Serj è vegetariano,
perciò ha il terrore di mangiare animali XD Shavo
è un tipo molto espansivo e
social, mi sono detta che non potrebbe mai sopportare di rimanere solo!
Daron –
viste anche le numerose tinte che si è fatto in passato XD
– l’ho immaginato
come uno che non potrebbe sopportare di perdere i capelli…
non a caso si mette
sempre cappelli vari negli ultimi anni, non lo si vede mai senza
^^”””
E
John e la sua paura dei tuoni? È un mio headcanon che
esiste da quando esisto io in questo fandom, ahahahahahah! Infatti, la
prima
storia che scrissi sui System vedeva il povero John in preda al panico
per via
di un tremendo temporale, mentre tutti cercavano di distrarlo! E questo
è
rimasto in ogni storia in cui c’è lui come
protagonista, ormai fa parte della
mia personalissima caratterizzazione di lui :D
Poi:
chi ha seguito tutta la raccolta avrà certamente notato
che ho fatto pronunciare a Serj la frase “la luna siamo
noi”, ovvero il titolo
della prima flash; volevo che ci fosse una sorta di circolo, qualcosa
che
inizia e poi si conclude nello stesso punto. Non so se sono riuscita a
spiegarmi, ma mentre in quella flash abbiamo trovato una band
praticamente
distrutta e con poche speranze, con i membri già adulti e
disillusi – anche se
non del tutto –, qui i ragazzi erano giovani e ancora
credevano davvero in loro
stessi!
Ho
voluto che ci fosse speranza sul finale, ma che
rimandasse anche a quella che i ragazzi secondo me non perderanno mai,
anche se
ancora non riescono a buttare fuori del nuovo materiale per noi poveri
fan
ç___ç
Ovviamente
il banner in cima è stupidissimo e, beh, loro non
hanno paura, ma fanno paura a noi con quelle facce e quel trucco da
folli XD ho
scelto questa immagine perché rappresenta come si conciavano
agli inizi della
loro carriera, che ve ne pare? :P
E
niente, queste note stanno diventando lunghissime,
scusatemi!
Ma
veniamo ai ringraziamenti!
Un
grandissimo abbraccio a tutte le persone che hanno partecipato
insieme a me a questa meravigliosa sfida, ma soprattutto a Soul per
l’idea
stupenda che ha avuto!
In
questi quattro mesi mi avete tenuto compagnia con le
vostre storie e recensioni, sono veramente commossa e felicissima di
aver preso
parte a un’iniziativa come questa *-*
Grazie
davvero a TUTTI per il sostegno, a chi è passato a
recensire e chi ha scelto di condividere con me
quest’esperienza formidabile!
Grazie
a tutti per i prompt che hanno dato una forma a
questa raccolta, anche quelli che mi hanno messo in
difficoltà come “frana” di
Sakkaku :D
Un
ringraziamento speciale va anche a Selene e Carmensita
che da anni mi fanno compagnia nella categoria dei System e che non si
perdono
una mia storia :3
Sono
felice di come è andata questa sfida e di avervi
intrattenuto – spero piacevolmente – con le mie
fesserie!
E
niente, se vi siete affezionati a questi ragazzi, sappiate
che ho già qualcos’altro in mente su di loro,
perché scriverne è terapeutico e
mi fa bene al cuore e all’anima *-*
Grazie
a loro, quindi, perché esistono e mi fanno bene!
Ancora
tantissimi auguri al carissimo Shavo e GRAZIE infinite
a tutti voi per essere giunti fin qui!!!!
Alla
prossima avventura ♥
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