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di Kim WinterNight
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Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La luna siamo noi ***
Capitolo 2: *** Il tasto rotto ***
Capitolo 3: *** Cumulo di dinosauri ***
Capitolo 4: *** Cioccolata calda ***
Capitolo 5: *** Tu sei vivo ***
Capitolo 6: *** Esperimento al buio ***
Capitolo 7: *** Dolci e languidi ***
Capitolo 8: *** Non fa figo ***
Capitolo 9: *** Debole, fragile, perso ***
Capitolo 10: *** Delirio sul lungomare ***
Capitolo 11: *** Discrete prestazioni ***
Capitolo 12: *** Noi non abbiamo paura ***



Capitolo 1
*** La luna siamo noi ***


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Forse è il caso di mettere da parte le cazzate e l’ego personale e fare tutti assieme quello che nessuno di noi può fare da solo. Forse, dico forse, un miracolo di Natale può accadere.
[John Dolmayan, Instagram, dicembre 2019]
 
 
 
 
L’atmosfera all’interno del jazz bar era pesante e le mie palpebre si abbassavano sempre più spesso. La musica risultava davvero soporifera, volevo fuggire e non avrei dovuto farmi trascinare lì da mio cognato.
Serj ascoltava la band con attenzione e profondo interesse.
In genere il jazz non mi dispiaceva, ma quella sera mi stava uccidendo.
«Esco un attimo» biascicai.
Mi alzai e mi avviai in fretta fuori dal minuscolo locale, trovando ad accogliermi uno spettacolo magico e inaspettato: stava nevicando e le raffiche di vento erano talmente intense da penetrarmi sotto il pesante giaccone.
Infilai le mani in tasca e sospirai, inspirando l’aria che sapeva di neve, camini accesi e umidità.
Mi ritrovai a riflettere: Il fatto che le nostre mogli fossero sorelle aveva avvicinato moltissimo me e Serj, nonostante le sorti della nostra band fossero ancora incerte.
Desideravo con tutto me stesso che i System potessero rimettersi in piedi, prendere il coraggio a quattro mani e far capire al mondo che erano pronti per spaccare tutto con nuova musica.
Più il tempo passava, più la situazione degenerava, facendomi perdere gradualmente le speranze.
Mi sentii sfiorare sul braccio e notai che Serj mi aveva raggiunto, stringendosi nella sua giacca a vento.
«Spero che riusciremo a tornare a casa» mormorò.
«Casa mia non è molto distante. Stanotte potete stare da noi» lo rassicurai.
Serj ridacchiò. «Abbiamo prenotato un albergo per niente.»
D’improvviso cercai il suo sguardo. «Pensi che con i System combineremo qualcosa in futuro?»
Lui mi scrutò attentamente e si strinse nelle spalle. «Perché ci pensi proprio ora? Il jazz ti ha messo di malumore?»
«Ci penso sempre, Serj» replicai con amarezza.
Una folata di vento ci sferzò, scompigliandoci i capelli e facendoci tremare più forte.
Mio cognato si grattò il mento e sospirò. «Non lo so, John.»
Sapevo che non era il momento di parlarne, ma non riuscivo a farmene una ragione. Sentivo Shavo e Daron lontani, mi mancavano loro e la nostra musica.
Mi accovacciai sul marciapiede e affondai le mani guantate nel manto soffice, sorridendo appena; dopo aver creato una piccola palla di neve, mi sollevai e la lanciai addosso a Serj, colpendolo sul petto.
Sgranò gli occhi e scoppiò a ridere. «Questa sarebbe una sfida?»
Feci spallucce e mi chinai nuovamente.
Poco dopo, però, fui colpito sulla spalla da un proiettile gelido.
«Bastardo!» risi.
«L’hai voluto tu, cognatino!» mi schernì Serj.
Continuammo a sghignazzare e lanciarci palle di neve sempre più grandi, sembravamo due bambini in preda all’ilarità.
Era bellissimo e io già stavo meglio.
Sentivo che con i System avremmo potuto sistemare tutto, perché tra noi c’era un legame fortissimo a prescindere dalle divergenze e dalle incomprensioni.
Dopo un po’, seduti sul marciapiede innevato, tentavamo di riprendere fiato.
Sollevai gli occhi al cielo. «Il tetto si è bruciato: ora posso vedere la luna» recitai.
«Eh?»
«È una poesia giapponese, l’ho letta su un fumetto» spiegai.
«È bella.»
«La luna siamo noi. I System. Rinasceremo, lo sento.»
Sorrise tristemente e non replicò.
Io ci spero ancora.
 
 
 
 
 
 

 
Carissimi lettori, ecco a voi la mia nuova raccolta nel fandom dei System *_*
Ammetto che mi mancava scrivere di questi ragazzi, ecco perché ho deciso di partecipare alla sfida di Soul “12x12” con qualcosa su di loro!
Volevo tornare a popolare questo fandom, anche se poi loro non mancano mai nelle mie creazioni!
Per chi non conoscesse i ragazzi dei System, vi lascio qui delle foto per darvi un’idea visiva dei nostri fantastici quattro XD
 
Serj Tankian (voce)
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Daron Malakian (chitarra, voce)
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Shavo Odadjian (basso)
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John Dolmayan (batteria)
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Il banner a inizio capitolo l’ho creato perché ho deciso di inserirne uno in ogni storia della raccolta; l’idea è nata perché ho casualmente trovato questa foto su Google e mi è piaciuta un casino! *-*
(Da notarsi la scritta “this could be you” riferita alla sagoma che c’è tra John e Serj, mi ha fatto ridere e in effetti ognuno di noi potrebbe esserlo! XD)
Passando ad altro…
Il primo prompt della sfida, suggerito da Soul, è “tempesta di neve”. Così sono riuscita ad abbinare la storia al seguente prompt de “Il contest degli Haiku” di Juriaka:
 
7-
Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.
Tematica generale: rinascita
Luogo: negozio di dischi / concerto / jazz bar
Prompt: pupazzo di neve / palle di neve
Stagione: inverno
 
Ho deciso di trattare un tema che non è nuovo per i fan dei System, ovvero il fatto che la band non fa un album insieme dal 2005, mentre continua a suonare live le vecchie canzoni. Tuttavia, non ho voluto incentrare il racconto solo su questo e, anzi, volevo dargli un’impronta positiva e speranzosa.
La citazione iniziale l’ho presa da un articolo su metalitalia.com e riguarda una dichiarazione fatta da John di recente, riguardante appunto le sorti della band. Da qui sono partita e mi sono lasciata ispirare, visto che lui è parso un po’ speranzoso a riguardo!
La poesia giapponese citata da John è appunto l’haiku di riferimento del pacchetto che ho scelto; non era necessario inserirlo, ma ci sono riuscita e mi piaceva l’idea, spero sia piaciuta anche a voi ^^
Ho deciso che John conoscesse quell’haiku perché lui è un grande appassionato di fumetti e ha anche aperto la sua fumetteria a Las Vegas, chiamata Torpedo Comics; so che addirittura ha aperto un’altra sede della stessa a Orange County, in California.
Ultima cosa prima di lasciarvi: è assolutamente vero che le mogli di Serj e John sono sorelle! Infatti, Serj sta da una vita con Angela Madatyan, mentre John ha sposato Diana qualche anno fa!
Bene, mi pare di aver detto tutto, attendo i vostri commenti e ringrazio Soul per aver lanciato la sfida e tutti gli altri partecipanti! :3
Alla prossima ♥

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Capitolo 2
*** Il tasto rotto ***


Il flat notturno
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«Hayko, vieni qui!» strillò Shavo, mentre Sonia spiegava a Shavo Dylan che non poteva avere un altro sacchetto di caramelle gommose.
La famiglia Odadjian si trovava in giro per uno dei mercatini più belli di Los Angeles; i genitori avevano deciso di portare fuori i loro tre bambini durante quella tiepida domenica di aprile, nel tentativo di svagarsi e di scollare i due figli maggiori dai videogames.
Lia Rose se ne stava tranquilla al fianco della madre, mentre gli altri due correvano da una parte all’altra senza sosta.
Shavo sospirò. «Dylan, non toccare!» esclamò, notando che il figlio maggiore frugava tra le cianfrusaglie di una bancarella di antiquariato.
«E quella cos’è?» strillò d’improvviso Hayk, il mezzano, indicando un enorme oggetto.
Il padre gli si avvicinò e ne approfittò per prendergli la mano e impedirgli di scappare ancora. «Quella è una macchina da scrivere» spiegò.
Era una vecchia Underwood perfettamente conservata, ripulita e tirata a lucido. Il bassista si chinò per esaminarla meglio e si accorse che il tasto della lettera s era rotto.
«Che peccato» mormorò tra sé.
Un ricordo che credeva dimenticato riaffiorò alla sua mente e lo riportò indietro a quando anche lui era un bambino.
 
«Nonna Odadjian, dove siamo?» chiese il piccolo Shavo.
La donna sorrise e, tenendolo per mano, lo guidò lungo un corridoio formato da due scaffali stracolmi di oggetti. «In un negozio di antiquariato.»
«Cosa significa?»
«Qui si vendono le cose antiche che sono appartenute a delle persone molto importanti che ormai non ci sono più.»
«Non sono nuove?» domandò dubbioso il bambino.
«Esatto.»
«Io non ci sono mai stato, in Armenia non ci sono questi negozi!»
Continuarono a camminare, finché non si fermarono di fronte a una grande scrivania su cui troneggiava un’enorme e imponente reliquia.
«Hai mai visto una macchina da scrivere?» chiese la nonna dolcemente.
Shavo si avvicinò timoroso all’oggetto e lo scrutò per bene, allungando timidamente la manina per accarezzarlo. «No, in Armenia non ci sono neanche queste cose! Nonna Odadjian, qui a Los Angeles è pieno di cose bellissime!»
La donna rise. «Vuoi sapere come si usa?»
«Sì! Ti prego!» esultò Shavo.
«Vedi questi tasti? Ognuno ha una lettera o un simbolo disegnato sopra. Con questi si può scrivere senza usare la penna.»
Il bimbo la scrutò un po’ confuso e un po’ affascinato. «Davvero? E possiamo usarla?»
Nonna Odadjian sorrise e scosse il capo, afferrando di nuovo il nipote per la mano. «Questa no.»
«Nonna, c’è un problema!»
«Ovvero?»
Shavo indicò uno dei tasti. «È rotto, vedi? Non si può scrivere!»
«Ecco perché non possiamo comprarla, capisci?»
Il bimbo annuì e seguì la nonna, felice della sua prima volta in un negozio così bello.
 
«Papà!» strillò Shavo Dylan, riportando il bassista alla realtà.
«Si può sapere cos’hai da gridare ancora?»
«Voglio le caramelle!»
I genitori si scambiarono un’occhiata, poi il padre cedette e annuì.
«Evvai!»
«Shavo!» esclamò Sonia, battendosi una mano sulla fronte.
La giornata era ancora lunga e lei già non vedeva l’ora di tornare a casa.
 
 
 
 
 
 

 
Ed eccomi qui, carissimi lettori!
Questa flash, oltre a seguire il corso della “12x12” con il prompt “Mercatino” suggerito da alessandroago_94, partecipa anche a “Il contest delle prime volte” indetto da Inzaghina.EFP sul forum. Il prompt è segreto, perciò per il momento non lo specificherò!
Ho voluto raccontare la prima volta che i figli di Shavo e Sonia vedono una macchina da scrivere, e poi ho voluto partire da lì per fare un flashback nel passato del padre che, a sua volta, aveva visto per la prima volta una macchina da scrivere, mentre era – sempre per la prima volta – in un negozio di antiquariato.
Vi devo alcune spiegazioni importanti: Shavo, il bassista dei System, è davvero sposato con Sonia, e i due hanno realmente tre figli: Shavo Dylan (il maggiore), Hayk Victor (il mezzano) e Lia Rose (la piccolina di casa). A proposito, so che la foto per il banner (tratta dalla pagina facebook di Shavo) non è di gran qualità, ma mi piaceva troppo l’idea di inserire uno scatto della famiglia Odadjian al completo :3
Ho deciso di far comparire la nonna di Shavo nel flashback perché lui era veramente molto legato a sua nonna, perciò ho voluto immaginare che lei lo portasse a scoprire delle belle cose in quel di Los Angeles.
Quando il bambino parla dell’Armenia, lo fa perché è veramente nato lì, per poi trasferirsi in seguito a L.A. Tutti i componenti dei System hanno origini armene, nonostante Shavo sia l’unico a essere nato laggiù.
Infatti, Serj e John sono nati in Libano, mentre Daron è nato a Hollywood ^^
Per quanto riguarda la macchina da scrivere che ho citato, ho preso spunto per la marca Underwood dalla macchina da scrivere presente nel romanzo Il gioco dell’angelo di Carlos Ruiz Zafón, sia da delle piccole ricerche che ho fatto io stessa. Metto subito le mani avanti: non sono affatto un’esperta di macchine da scrivere e ne ho visto una solo una volta, quindi abbiate pietà se per caso ho scritto stupidaggini XD
Ringrazio Ale per il prompt, tutti gli altri partecipanti alla sfida e la giudice del contest :3
Ci sentiamo al prossimo aggiornamento ♥

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Capitolo 3
*** Cumulo di dinosauri ***


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Durante un giorno di pausa tra una data e l’altra, i System avevano deciso di gironzolare per Amsterdam.
Erano finiti dentro un punto vendita Tiger e non facevano che ridere per ogni singolo oggetto che si trovavano davanti.
«Guarda, non assomiglia a Daron?» sghignazzò John, prendendo in mano l’ennesima cretinata.
Shavo osservò divertito un piccolo dinosauro di gomma morbida, dall’aria feroce ma poco spaventosa.
Scoppiò a ridere e a quel punto anche il chitarrista si avvicinò, gonfiando il petto. «Ah-ah, divertente, Dolmayan. Non è che ti sei confuso con te stesso?» brontolò.
«Un vero brontosauro direi, sentilo come si lagna» scherzò Serj, comparendo alle spalle di John ed esaminando a sua volta l’oggetto.
«Fottetevi» grugnì ancora il più giovane, sistemandosi meglio il cappello sulla testa.
Gli altri tre continuarono a ridacchiare divertiti, proseguendo il giro.
 
 
«Non ci credo, dobbiamo assolutamente andarci!» esclamò Shavo, fermandosi davanti a una locandina stropicciata.
Gli altri lo imitarono, lanciandogli occhiate interrogative.
Erano appena usciti dal negozio e avevano deciso di cercare un posto dove pranzare.
Il bassista picchiettò sulla carta sgualcita, appesa fuori da un locale che probabilmente avrebbe aperto soltanto di sera. «Avete visto come si chiama questa band?»
Daron sbuffò e agitò il suo sacchetto di Tiger. «Ci mancava solo questa… dopo avermi gentilmente regalato la miniatura di quel fottuto dinosuaro, volete anche obbligarmi a sentire una band che si chiama Dinosaur Pile-Up?» protestò.
«Continui a dimostrare di essere un rettile giurassico, lo vedi? Fai tutto da solo!» chiosò John, dandogli di gomito.
Serj ghignò divertito e batté sulla spalla di Shavo. «Fai la foto alla locandina, così stasera ci torniamo. Sono curioso.»
«Io me ne sto in albergo!» affermò il chitarrista, mettendo il broncio e incrociando le braccia sul petto.
John sospirò. «Ricordatemi perché stamattina ci siamo impegnati per buttarlo giù dal letto.»
Shavo scattò la foto alla locandina e cominciò ad armeggiare con il cellulare, per poi scoppiare a ridere. «Ho fatto una storia su Instagram» ammise soddisfatto.
«Devo preoccuparmi?» esalò Daron allarmato.
«Macché…»
 
 
Alla fine Daron aveva deciso di seguirli al concerto e non se n’era pentito. La band era forte, quei ragazzi spaccavano davvero.
Solo che non gli andava che i suoi colleghi continuassero a scherzare su quella faccenda del dinosauro.
«Oggi è un giorno meraviglioso, ho appena scoperto una cosa sensazionale!» strillò Shavo, di ritorno nel locale dopo aver fumato.
«Sentiamo» borbottò Daron, alzando gli occhi al cielo.
«Qui vicino c’è un cinema, rimane aperto fino a tardi. Danno Jurassic Park! Dobbiamo assolutamente andarci!»
John e Serj scoppiarono a ridere, e il cantante rischiò di sputare la birra che stava sorseggiando.
Daron li trucidò con lo sguardo. «Avete rotto il cazzo» sbottò.
«Mi sa che è davvero incazzato» osservò Shavo.
John fece spallucce. «Io ci sto» decise.
«Anch’io» disse Serj.
«Andate al diavolo!» gridò il chitarrista, sempre più infuriato.
«Che Jurassic Park sia!» decise Shavo, ignorando Daron e la sua rabbia.
Il più giovane sospirò e si prese la testa tra le mani. «E va bene…» si arrese.
 
 
 
 
 
 

 
Eccomi, eccomi!
Potevo non scrivere qualcosa con il prompt che io stessa ho suggerito?
So che la maggior parte dei partecipanti alla “12x12” mi ha odiato profondamente e probabilmente qualcuno mi odia ancora… però, vedete, i dinosauri sono tra noi, bisogna solo saperli trovare! XD
E ovviamente chi poteva somigliare a un dinosauro, se non Daron? :D
Allora… il titolo della storia è tratto direttamente dalla traduzione in italiano della band Dinosaur Pile-Up! Ebbene sì, questi qui esistono davvero, non me li sono inventati io: sono inglesi, si sono formati nel 2007, ma io li ho scoperti soltanto da poco grazie a un brano che girava in alta rotazione su Radio Freccia. Siete curiosi di sentire questo “cumulo di dinosauri”? Ecco a voi Back Foot, il brano con cui li ho scoperti ;)
Il negozio citato, Tiger, ovviamente esiste davvero, ma credo che tutti lo conosciate. Si tratta di una catena di negozi sparsi per lo più in Europa, dove si possono trovare degli oggetti davvero divertenti e trash, ma anche cosette utili a poco prezzo! Mi piaceva troppo l’idea di mandarci i miei ragazzi, dato che io stessa ho ricevuto in regalo un dinosaurino antistress preso direttamente da lì :P lo adoro, non potevano farmi regalo migliore direi! XD
Su Jurassic Park non credo ci sia molto da dire, ahahahah, il film adatto per concludere una giornata dinosaurica come quella che ho fatto vivere ai System!
Spero di avervi strappato un sorriso e ringrazio tutti voi per esserci ancora!
Non vedo l’ora di scoprire il prossimo prompt e di scrivere/leggervi ancora ♥

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Capitolo 4
*** Cioccolata calda ***


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Occhi scuri, quelli del suo bassista.
Daron lo osservava e voleva che quelle iridi così grandi e dolci non si spostassero mai dalle proprie.
Era incredibile quanto potesse sentirsi vittima di un solo sguardo, vinto da semplici occhiate ricevute quasi per caso.
Seduto in un angolo della sala prove, le gambe incrociate e le dita strette sul bordo della felpa che indossava, il chitarrista non faceva che guardare Shavo.
Seguiva i suoi movimenti a volte maldestri, le sue mani che piano accordavano il basso o che sistemavano nervosamente il cappellino da baseball sulla testa.
Shavo ogni tanto gli sorrideva, sembrava un poco a disagio. I loro compagni di band non erano ancora arrivati e loro due erano soli, forse il bassista si sentiva in soggezione a essere scrutato con tanta insistenza.
Tuttavia Daron non poteva fare a meno di cercare il suo sguardo così dolce e rassicurante, quello che avrebbe riconosciuto tra tanti e che lo avrebbe salvato dai suoi demoni interiori.
«Ehi, Shavo?» lo chiamò.
Il suo amico smise di prestare attenzione al basso e finalmente lo guardò in viso, regalandogli un sorriso per invitarlo a proseguire.
«Vieni qui» sussurrò Daron.
L’altro parve sorpreso, tuttavia decise di lasciare lo sgabello su cui era seduto fino a poco prima, abbandonare il basso sul supporto e raggiungerlo in poche falcate.
Si fermò in piedi di fronte a lui e lo osservò dall’alto, gli occhi scuri e grandi fissi nei suoi.
Daron allungò la mano destra e afferrò la sua sinistra, strattonandolo appena verso il basso.
Shavo si accucciò davanti a lui e i due rimasero in silenzio, a guardarsi per un lungo istante.
«Che succede?» sussurrò il bassista, sembrava agitato e spaesato.
«Volevo solo guardarti meglio» ammse il chitarrista, inclinando appena la testa di lato. Con il pollice sinistro sfiorò appena il sopracciglio dell’altro, per poi scivolare lungo la sua guancia e fermarsi al suo labbro inferiore.
Pian piano gli occhi scuri di Shavo divennero due tazze di cioccolata calda, sciogliendosi dentro quelli del collega.
«Non c’è niente di bello da guardare, in me…» si schernì il bassista, facendo per ritrarsi.
Daron scosse la testa e gli prese il viso tra le mani. «Hai degli occhi stupendi, sono la mia ancora di salvezza quando mi sento perso. Mi basta incrociare il tuo sguardo per sentirmi meglio» spiegò con un velo d’imbarazzo nella voce.
Il bassista sorrise, mettendo in mostra le lievi e dolci fossette. «Addirittura?»
Daron annuì.
«Perché proprio io?» chiese Shavo stranito.
«Perché sei speciale» soffiò il chitarrista a pochi millimetri dalle sue labbra.
Le voci di John e Serj provenienti dal corridoio interruppero bruscamente quel momento.
Shavo sussultò e impallidì, rimettendosi frettolosamente in piedi.
Daron incrociò per un istante gli occhi del suo bassista e comprese che anche lui avrebbe voluto che accadesse.
Anche Shavo desiderava quel bacio.
Sorrise tra sé e sé, ignorando il saluto dei colleghi appena giunti.
Anche lui, forse, era speciale per qualcuno.
 
 
 
 
 
 

 
Cari lettori, devo ringraziare la dolce Juriaka per il prompt di questo quarto round, ovvero “occhi”.
Grazie, cara, perché mi hai permesso di scrivere nuovamente qualcosa sulla mia prima ship slash del cuore in questo fandom, ovvero la Sharon!
Chi mi conosce e mi segue, sa che questa è stata una delle coppie protagoniste della mia long sovrannaturale “The Hypnotics” e che è stata la prima su cui ho scritto in campo slash!
Ci sarà spazio anche per la Jarohn, non temete! Il mio amato John non potrà mai essere messo da parte :3
Mi è venuta in mente questa piccola flash perché una cosa che amo tantissimo di Shavo sono i suoi bellissimi e grandissimi occhi scuri! Non è certamente il più attraente della band, ma trovo che innanzitutto abbia un faccino dolcissimo, e poi è il mio tesoro dolcioso *-*
Okay, mi calmo XD sorry!
E niente, spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto battere il cuore almeno un po’ più del solito ;)
Almeno stavolta Daron non ha fatto il dinosauro XD
Grazie a voi che ancora mi seguite e complimenti a tutti i partecipanti alla sfida, siete MITICI!!
Alla prossima ♥

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Capitolo 5
*** Tu sei vivo ***


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«John, vuoi dirmi cosa è successo ieri?»
Il batterista sospirò e si passò una mano tra i capelli, lanciando un’occhiata allo psicologo che sedeva di fronte a lui. «Dottore, per me è difficile stare qui a raccontare… a raccontarmi
«Lo capisco e credimi, è normale. Ma ti farà bene.»
John poggiò i palmi delle mani sulla scrivania in legno lucido ed espirò bruscamente. «La sparatoria mi ha… mi ha ricordato un evento della mia infanzia, quando ancora ero in Libano con i miei genitori.»
Lo psicologo continuò a osservarlo, invitandolo con un cenno a proseguire.
«Se non mi fossi alzato dal letto quella notte, se non fossi corso dai miei genitori per via dell’insonnia, adesso non sarei qui a parlare con lei.»
«Perché?»
John si fissò le mani, sentendosi profondamente a disagio. Voleva liberarsi di quel peso, era per questo che si era rivolto al dottor Reid.
Sospirò per l’ennesima volta e lasciò che i ricordi fluissero all’esterno.
 
Il piccolo John non riusciva a dormire, aveva paura, anche se non sapeva di cosa.
Si rigirava tra le lenzuola e fissava il soffitto e le pareti scrostate della sua cameretta rischiarate dalla luce piena della luna.
Si ripeteva che ormai era un ometto, che a sei anni i bambini non andavano più a rifugiarsi nel lettone con i propri genitori.
Più il tempo passava, più lui si sentiva spaventato e l’insonnia sembrava non volerlo lasciare.
Infine si arrese e si alzò, muovendosi in punta di piedi verso la camera matrimoniale. Si infilò in fretta e furia sotto le calde coperte e si strinse al corpo della madre, facendo aderire la schiena al petto del padre.
Tremava, sentiva i suoi genitori svegliarsi e mugolare appena, ma ancora una volta non lo mandarono via.
Loro gli volevano bene, loro capivano.
Perché come lui avevano paura di qualcosa, anche se John non ne era certo.
Quando udì il vetro infrangersi, il colpo sordo, l’odore di polvere da sparo, sussultò ma non si sorprese più di tanto.
Sapeva che c’era qualcosa che non andava in quella notte troppo luminosa.
 
«Qualcuno sparò dentro casa nostra, dottore, nel mio letto. Le mie paure infantili mi hanno salvato.» John si coprì il viso con le mani, tremando appena per l’agitazione.
«La sparatoria di ieri ti ha riportato indietro nel tempo, è comprensibile. Però, John, tu sei vivo. Sei vivo perché a sei anni ti sei salvato per un’intuizione, sei ancora vivo perché ieri sei andato via prima che tutto accadesse. Non so se hai fede in Dio, non importa, ma non è arrivato il tuo momento. E devi capirlo, esserne consapevole e vederla come una cosa positiva.»
John annuì, ma non poté impedire alle lacrime di bagnargli le guance. «Ha ragione, dottor Reid. La ringrazio per avermi ascoltato.»
«È il mio lavoro.»
Il batterista sorrise tra i singhiozzi. «Per lei questo non è solo un lavoro, è tutta la sua vita.»
«Come la musica per te. Questo è un brutto momento, ma non arrenderti.»
Non lo farò mai.
 
 
 
 
 
 

 
Carissimi lettori, arrivo un po’ in ritardo ma ovviamente non potevo perdermi questo giro, non con un prompt come “terapia” suggerito dalla cara LadyPalma! Ti ringrazio, mi hai permesso di scrivere qualcosa a proposito di questo episodio riguardante l’infanzia di John!
Ebbene sì, ciò che il batterista dei System ha raccontato in questa piccola flash gli successe veramente quando ancora si trovava in Libano con i genitori; come detto in una precedente flash, tutti i membri dei System sono di origine armena, ma solo Shavo nacque in Armenia. John e Serj invece in Libano, mentre Daron è l’unico a essere nato in America.
Questo tragico episodio convinse i genitori di John a trasferirsi in un luogo dove non dilagasse la guerra, così si spostarono in Canada, per poi finire in pianta stabile a Los Angeles.
Ora, io non sono esperta di storia e non so precisamente quale fosse la situazione in Libano negli anni Settanta, perciò abbiate pietà di me se ho dato qualche informazione sbagliata e non esitate a correggermi e farmelo notare!
Qui ho voluto immaginare che una sparatoria a cui John, da grande, scampa per un pelo riporti alla sua memoria questo avvenimento e lo convinca a parlarne con uno specialista. Forse ho interpretato il prompt davvero in maniera classica, ma l’ispirazione mi ha guidato, spero di non aver deluso voi lettori e la cara Palma ^^
Grazie a tutti voi per esserci ancora, a presto con la prossima parola ♥

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Capitolo 6
*** Esperimento al buio ***


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Non sapeva che odore emanasse, anche se i suoi amici asserivano che sapesse di marijuana, tabacco e qualcos’altro di dolce e fruttato.
Daron scuoteva sempre il capo, ma quel giorno ci stava seriamente pensando. Forse aveva fumato troppo, forse era entrato in una fase strana, paranoica, non sapeva spiegarsi perché la sua mente ci stesse ricamando su.
Chiuse gli occhi e, con la chitarra tra le braccia, si concentrò.
Qualcuno si lasciò cadere accanto a lui sul divanetto e Daron registrò che si trattava di Shavo. In effetti, era proprio il suo profumo ad averlo smascherato: dolce, con una nota vanigliata e l’inconfondibile aroma di marijuana che entrambi amavano fumare.
«Che cazzo fai con gli occhi chiusi? Stai meditando?» chiese il bassista, mollandogli una gomitata.
Daron imprecò e sollevò le palpebre. «Sto facendo un esperimento.»
«Tipo?»
«Riconoscervi dall’odore.»
Shavo scoppiò a ridere, poi schioccò le dita. «Serj, mi presti la tua sciarpa?»
 
Daron alla fine aveva ceduto e si era lasciato bendare, pronto ad affrontare quell’esperimento. Certe volte si domandava perché finisse sempre in situazioni tanto bizzarre, anche se in fondo se le andava a cercare.
Seduto sul divano e immerso nell’oscurità, già cominciava ad agitarsi e desiderò di strapparsi immediatamente la sciarpa di Serj dagli occhi.
«Ora uno a caso di noi verrà a sedersi vicino a te e starà in silenzio. Vediamo se indovini chi è» proclamò Shavo; sembrava addirittura più entusiasta di lui all’idea di fare quella sorta di gioco.
Daron sospirò e attese in silenzio.
Avvertì un corpo affiancarsi a lui sul divano e si concentrò. Caffè, un leggero sentore di sudore che però virava in una nota dolciastra e affatto sgradevole.
Ridacchiò. «John?» tentò, per poi allungare cautamente la mano destra.
Quella forte e grande del batterista si strinse alla sua, mentre rideva piano. «Indovinato. Che odore ho?»
«Cazzo, che portento! Dobbiamo iscriverlo a qualche talent!» strillò Shavo divertito.
«Vacci tu ai talent, Odadjian… comunque, sai di caffè e sudore acido» chiosò il chitarrista.
John ritrasse la mano e gli mollò uno scappellotto. Poi si alzò e disse: «Avanti il prossimo. Non farti illusioni, potrei anche tornare io per imbrogliarti».
«Che simpatico…»
Trascorse qualche secondo, poi un altro dei suoi colleghi si sedette alla sua destra. Le narici di Daron captarono un odore e subito comprese che non era quello di John.
Muschiato, pungente e mascolino, sicuramente apparteneva a Serj. Era incredibile quanto potessero realmente essere diversi tra loro anche da quel punto di vista.
«Serj» affermò Daron.
«Esatto! Come hai fatto?» domandò il cantante, battendogli appena sulla schiena.
Daron si strinse nelle spalle.
«Okay, piantiamola. Direi che possiamo cominciare le prove» li riportò all’ordine John.
Daron sospirò di sollievo e si slegò in fretta la benda improvvisata, lanciandola via con fare sprezzante. «E luce fu!» esclamò.
«Ehi!» protestò Serj, recuperando la sua sciarpa.
Daron ghignò e imbracciò la chitarra, sorridendo sornione. «Pronti, colleghi dai mille profumi?»
Ognuno si sistemò al suo posto e, dopo qualche altra battuta e infinite risate, le prove ebbero inizio.
 
 
 
 
 
 

 
Carissimi lettori, eccomi qui a presentarvi la flash con il prompt “profumo”, suggerito dalla carissima Sabriel_Little Storm!
Spero di aver colto l’essenza di questo tuo suggerimento, sono veramente felice che tu abbia portato fuori questo spunto interessantissimo!
Mi piaceva troppo immaginare i ragazzi alle prese con un esperimento al limite tra il demenziale e il realistico; in effetti, ultimamente stavo riflettendo proprio sul fatto che ognuno di noi ha un suo odore, quello che gli altri di solito sentono su di lui ma che in prima persona non riesce a percepire.
Così ho voluto far fare ai ragazzi questa sorta di gioco, spero di avervi strappato un sorriso e di aver creato qualcosa di piacevole da leggere :3
Grazie ancora a tutti voi che mi seguite e che partecipate alla sfida, questo esperimento si sta rivelando sempre più intrigante e stimolante anche grazie al sostegno che tutti noi ci stiamo dando a vicenda!
È davvero bellissimo ♥

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Capitolo 7
*** Dolci e languidi ***


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Era un aroma dolce, talmente tanto da risultare quasi nauseante.
A John ricordava i pomeriggi autunnali trascorsi a mangiare pane e miele con i suoi cugini.
Quel pensiero si fece sfocato non appena le mani di Daron scivolarono sulla sua schiena tesa. Le aveva generosamente cosparse di crema, cominciando a massaggiarlo lentamente mentre il suo respiro si infrangeva sulla sua pelle sensibile.
Con la guancia contro il cuscino e i muscoli che pian piano si rilassavano, John se ne stava sdraiato prono a godersi le premure del suo uomo.
Chiuse gli occhi e avvertì chiaramente le dita affusolate e callose dell’altro sciogliersi sulle sue scapole, tracciare il profilo della schiena – vertebra per vertebra, lentamente – e giocherellare con la leggera peluria che campeggiava nella zona lombare.
Sentiva Daron a cavalcioni su di lui, era caldo il corpo del chitarrista contro il suo.
Fremette quando le mani risalirono lungo i suoi fianchi e presero a massaggiargli il collo, per poi spostarsi sul braccio destro. Daron si chinò a lasciare una scia di baci bollenti alla base del suo orecchio, scivolando poi lungo la spalla.
John venne investito da un’infinità di brividi e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro.
Le dita di Daron si mossero nuovamente verso il basso, indugiando sui glutei e sulle cosce del batterista.
John trattenne appena il respiro, ma un altro sospiro lo tradì senza che potesse fermarlo.
Grugnì frustrato quando le mani di Daron si allontanarono dal suo corpo; qualche istante dopo le sentì nuovamente su di sé, pronte a massaggiarlo con una nuova, generosa, fresca dose di crema al miele.
Erano dolci e languidi i piccoli gemiti che abbandonavano le labbra schiuse di John.
Era maliziosa la risata di Daron mentre si chinava per mordicchiare appena la natica sinistra del compagno.
«Sei uno spettacolo» soffiò il chitarrista nel suo orecchio.
E John avrebbe davvero voluto esserlo, farsi ancora più bello, dolce e irresistibile per lui.
Gemette piano, ancora, e si abbandonò nuovamente alle mani di Daron, ai suoi baci, ai suoi sussurri e al profumo denso, dolce e sensuale del miele che plasmava la sua pelle infuocata.








Carissimi lettori, eccomi qui con la Jarohn che Soul aspettava tanto! Tutta tua, mia cara :D
Oddio, devo dire che Gella con il suo prompt “miele” mi ha spinto verso lande desolate, il mio cervello si è disintegrato ed ecco cosa ho portato fuori! ^^”
A parte tutto, questi due insieme ispirano sempre di queste cose… anche perché immaginare Daron che massaggia John, che ha quel ben di dio a sua completa disposizione è semplicemente invidiabile, quindi ecco ù.ù
L’immagine che trovate in cima l’ho trovata per caso su Google e non l’avevo mai vista, mi è piaciuta TROPPO e ho pensato di farci un bel bannerino *-*
Grazie a tutti voi per continuare a seguirmi, spero che questa cosuccia, anche se un po’ più breve delle altre, vi sia piaciuta!
Non vedo già l’ora di scrivere con il prossimo prompt ♥

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Capitolo 8
*** Non fa figo ***


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«Oggi prepariamo la pasta!»
Zepur sorrise dolcemente a suo figlio e lui ricambiò; il piccolo Daron saltellò intorno al tavolo e si arrampicò su una sedia, appoggiando i gomiti sul piano in formica.
«Usiamo le formine?» esultò il bambino.
«Certo. Quali scegli?»
«Questa! La moto! Io voglio guidare la moto da grande!»
«Va bene, faremo la pasta a forma di moto» acconsentì Zepur, versando della farina in una terrina.
 
 
Daron sfrecciava per le strade del quartiere a bordo della sua Yamaha rossa, sentendo il vento sferzargli il viso e l’adrenalina scorrergli nelle vene.
La motocicletta era di quarta o quinta mano, ma non importava. Faceva comunque il suo effetto, e lui era sempre elettrizzato all’idea di guidarla e mostarla in giro.
Little Armenia ormai era un luogo frequentato anche da ragazzi che non discendevano da famiglie mediorientali come la sua, perciò faceva figo possedere un gioiellino come quello, per dimostrare a tutti che anche gli immigrati potevano farsi valere.
Inoltre Daron aveva messo gli occhi addosso a una ragazza e ci teneva a far colpo su di lei. Ormai aveva quasi diciotto anni e non ne poteva più di essere single.
Raggiunse il parchetto in cui si ritrovavano i giovani del quartiere, posteggiò la moto e adocchiò subito Hasmik; con movimenti studiati, si sfilò il casco nero e scosse il capo per conferire ai propri capelli un aspetto selvaggio e accattivante.
Tenendo l’oggetto in mano, sorrise in direzione della ragazza, la quale chiacchierava e rideva con le sue amiche.
Daron diede una veloce occhiata al proprio outfit e annuì soddisfatto: giacca in pelle sdrucita stile biker, jeans strappati, anfibi borchiati. Poteva farcela, doveva solo camminare con andatura sicura verso Hasmik e parlarle senza esitazione.
Scambiò qualche cenno di saluto con alcuni amici presenti, poi avanzò in direzione della sua preda e continuò a sorridere, senza toglierle gli occhi di dosso.
«Ehi, Hasmik!» esclamò, giocherellando con la cinghietta del casco.
Lei gli rivolse un sorriso gentile e i suoi grandi occhi scuri si socchiusero appena. «Ciao» salutò educatamente.
Le sue amiche ridacchiarono e si scambiarono gomitate.
«Ti va di fare un giro in moto con me?» propose Daron.
Hasmik scosse il capo. «Mi dispiace, credo che Adam non sarebbe d’accordo» replicò, per poi voltarsi a lanciare un bacio in direzione di un ragazzo che sedeva a diversi metri di distanza con un gruppo di amici.
Daron chinò il capo e desiderò di sprofondare nel cemento del parchetto.
 
«Sono a casa» bofonchiò Daron, raggiungendo Zepur in cucina.
«Tesoro! Ehi, perché quella faccia?»
Il ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile, ma evitò di raccontarle l’accaduto.
Zepur gli si accostò e sorrise comprensiva, poi indicò il tavolo. «Pensavo di fare la pasta, ti va di… farla con me? So che ora mi dirai che ormai sei grande e che non fa figo, però…»
Daron sollevò lo sguardo velato di delusione e la guardò per un istante, poi disse: «Solo se usiamo le formine».
Zepur allargò il sorriso. «A forma di moto?»
«Tutte quelle che abbiamo.»
 
 
 
 
 
 

 
Cari lettori, eccomi qui con una flashina interamente dedicata a Daron! Ho pensato immediatamente a lui quando Harriet Strimell ha suggerito il prompt “giro in moto”, anche se pure John in veste di motociclista fa un certo effetto… ma John fa sempre un certo effetto XD
Cavolate a parte, non so se lui abbia mai guidato una due ruote e se ne sia appassionato, ma mi piaceva unire quest’idea con quella della pasta a forma di moto; sì, perché da poco mia madre ha portato a casa un pacco di pasta che aveva la forma di vari mezzi di trasporto, tra cui appunto le motociclette, ed era carinissima – oltre che buonissima, ahahahahah XD
E questo mi ha fatto partorire questa cosetta!
Alcune spiegazioni doverose: Zepur è il nome della madre di Daron e mi piace sempre pensare che adori il figlio e che sia una donna comprensiva e dolce. A volte capita anche che commenti dei post dei System (cose che anche la madre di Shavo a volte fa XD) e quindi da qui deduco che abbia un buon rapporto con il nostro caro chitarrista.
Little Armenia è un quartiere di Los Angeles che esiste veramente, dove i membri dei System hanno frequentato la scuola e – immagino – hanno vissuto per un certo periodo!
Il nome della ragazza che piace a Daron è armeno e l’ho preso da una lista di nomi armeni femminili!
E niente, spero che tutto ciò vi sia piaciuto ^^
Grazie a Harriet per il bellissimo prompt e a tutti voi che ancora partecipate e leggete la mia raccolta!
Alla prossima parola ♥

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Capitolo 9
*** Debole, fragile, perso ***


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Serj la guardava dormire e si ripeteva di non meritare la compagnia e l’amore di quella mortale.
Anche se sapeva che Angela era la sua Predestinata e che non poteva fare a meno di lui, gli sembrava incredibile averla finalmente accanto.
Lui era un angelo che ricopriva un ruolo importante nella gerarchia del suo mondo, eppure di fronte a sentimenti tanto umani si sentiva profondamente inadeguato.
Debole, fragile, perso.
Angela si mosse appena nel sonno e schiuse le palpebre, puntando le iridi color cioccolato nelle sue.
Serj si scostò una ciocca di capelli ricci dal viso e rimase a osservarla, seduto sulla sedia accanto al letto.
«Che fai ancora qui?» biascicò lei, portando fuori un braccio da sotto le coperte per stropicciarsi gli occhi.
Serj sospirò e si alzò. «Scusa, forse è meglio che vada.»
Angela si puntellò sui gomiti e lo fissò confusa. «Che sucede?»
Serj non si sentiva abbastanza per lei. Ripensò a tutto quello che era successo nei mesi precedenti, al modo in cui il loro destino si era intrecciato inesorabilmente, senza che Angela potesse scegliere se amarlo.
Era come se l’avesse obbligata a stare con lui, anche se era tutto merito della sua natura da angelo. Non era stata una sua decisione, la sua vita – quell’eternità di plastica – lo aveva portato tra le braccia di Angela.
«Serj, dove vai?» si sentì richiamare.
Si accostò alla finestra e fece per aprirla, ma si sentì stringere da dietro. Il corpo caldo e tremante di lei si premette contro il suo e le braccia della sua donna lo circondarono con forza.
«Angie, io… forse questa sorta di ipnosi tra noi è sbagliata.»
«Sbagliata? No! Io e te ci stiamo conoscendo, stiamo imparando ad accettarci, ma quello che proviamo è reale. È l’unica certezza che ho.»
Serj si rigirò nel suo abbraccio e lo ricambiò, accarezzandole piano la schiena. «Non devi sentirti obbligata a stare con me» mormorò.
Angela sollevò il viso e si sporse per sfiorargli appena le labbra con un bacio, poi lo strattonò verso il letto e insieme vi caddero, stretti l’uno all’altra. Serj la sovrastava, percorreva con gli occhi i suoi linementi dolci e con i polpastrelli la sua pelle soffice e nivea.
«Non mi sento obbligata a stare con te.»
«Ma io sono terribilmente debole quando ti sto così vicino… sono una frana. È così che dicono i mortali?»
Angela inarcò le labbra in un tenero sorriso e gli prese il viso tra le mani. «Vedo che stai imparando.» Continuò a scrutarlo per un po’, intensamente. «Serj, io ti amo. E sono fiera di essere la tua Predestinata.»
Lui sorrise mestamente. «Anche se sono un disastro?»
«Non sei un disastro. Ho creduto che dopo Morgan non avrei mai più amato qualcuno. Poi sei arrivato tu e…»
«Ho stravolto tutto» la interruppe Serj, carezzandole una guancia.
Lei intrecciò le dita tra i suoi ricci scuri. «Mi hai salvato la vita.»
Si scambiarono un bacio lento e intenso, un bacio che Serj non avrebbe mai potuto dimenticare.
 
 
 
 
 
 

 
Carissimi lettori, eccomi qui – anche se in ritardo – con la flash sul prompt “frana”, suggerito dalla mia cara amica Sakkaku *-*
Ammetto che ho avuto parecchia difficoltà a trovare un’idea decente per questo round, ma alla fine mi sono buttata nel mio personalissimo AU! Ebbene sì, ecco a voi un piccolo spin-off estratto direttamente dalla mia long sovrannaturale sul fandom dei System, ovvero The Hypnotics!
Tra i lettori che seguono questa raccolta, sono davvero pochi coloro che hanno letto la long in questione, quindi vi darò un paio di spiegazioni giusto per comprendere questa flash: Serj è un angelo molto potente, che ha ricoperto il ruolo di Supervisore sulle missioni compiute dagli altri angeli. Questo ruolo gli ha dato il diritto di unirsi con una mortale, ovvero di trovare sulla Terra la sua Predestinata. Angela, appunto, è una comune mortale che si è ritrovata ad avere una sorta di colpo di fulmine per Serj.
Tutte queste vicende sono ambientate in un liceo chiamato Bradley High School, e i ragazzi dei System – così come tutti coloro che li circondano – avevano appunto l’età di classici liceali.
Anche nella realtà Serj sta con Angela, sono sempre stata convinta che fossero anime gemelle e quindi non ho potuto non inserirli in questo mio vaneggio (XD), anche se sono una coppia canon :D
Spero che la foto che ho inserito in cima vi piaccia e che non vi abbia confuso con tutte queste spiegazioni sovrannaturali da pazza furiosa X’D
Spero anche di non aver deluso la cara Sakkaku: scusa, cara, non ho saputo fare di meglio! ç___ç
Bene, vi ringrazio tantissimo per avermi sopportato anche stavolta, alla prossima parola ♥

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Capitolo 10
*** Delirio sul lungomare ***


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I ragazzi non facevano che ridere mentre, tra una birra e un drink, trotterellavano per il lungomare di Rimini.
«In Italia sanno come divertirsi, eh?» osservò Shavo, continuando a scattare foto a oltranza e barcollando accanto ai suoi colleghi.
«Forse ha bevuto troppo» commentò John, sostenendo il bassista.
Intanto proseguivano la loro passeggiata notturna tra pedoni, passanti in bicicletta e musica a volume alto sparata dai numerosi chioschi e stabilimenti balneari.
«Guardate, una bancarella di dischi!» strillò Daron, afferrando Serj per la maglietta e trascinandolo con sé.
«Aspettateci!» gridò Shavo, seguendoli e scoppiando a ridere senza motivo.
Intanto, chitarrista e cantante si erano già chinati sul banchetto stracolmo di CD in super offerta, sotto la supervisione del negoziante annoiato che sedeva su una sedia di plastica a qualche metro da loro.
«Seriamente vendono ancora le raccolte dei più grandi successi degli anni Cinquanta?» commentò Serj, rigirandosi una custodia in plastica tra le mani.
«Guarda questo!» strepitò Daron, sventolando un disco dalla copertina colorata e allegra.
John sbirciò oltre la spalla del cantante e aggrottò le sopracciglia.
«Maracaibo?» borbottò Serj. «Mi dice qualcosa, ma…»
«Ehi! Di là stanno facendo il karaoke, andiamo!» gridò Shavo, abbracciando di slancio i suoi colleghi con fare scherzoso.
I quattro membri della band si allontanarono dal banchetto, lasciando i CD in disordine. Le sopracciglia del negoziante si sollevarono, ma subito tornò a osservare con indifferenza le miriadi di persone che facevano avanti e indietro sul lungomare.
 
 
«È stonatissima, dai!» commentò Daron, fissando una signora di mezz’età che storpiava un grande successo di Mina.
«Da che pulpito viene la predica» lo canzonò John, dandogli di gomito.
Serj li raggiunse poco dopo, seguito da Shavo che era sempre più brillo ed entusiasta. I due consegnarono le birre ai colleghi e si misero in ascolto del karaoke in corso.
«Voglio cantare Maracaibo!» strillò una ragazza al microfono, spingendo via la signora prima che finisse di esibirsi.
«Serj, è il tuo momento!» strillò Daron, scambiando un’occhiata con Shavo.
«Siete pazzi?! Non ci penso neanche!»
John rise. «Dai, buttati!» lo esortò, aiutando i colleghi a spingerlo verso la zona karaoke.
In pochi istanti Serj si ritrovò accanto alla ragazza mora e ubriaca che cantava a squarciagola. La tipa gli circondò le spalle con un braccio e gli crollò addosso, ridendo come una pazza.
Serj notò che Shavo stava già riprendendo tutto con il suo iPhone. Sospirò e posò lo sguardo sullo schermo dallo sfondo celeste e le scritte bianche.
«Amico, cantiamo!» strillò la ragazza, per poi cominciare a urlare il testo senza seguire il tempo né l’intonazione.
Serj non riuscì a trattenersi e le andò dietro, anche se non sapeva esattamente come pronunciare le parole.
 
Maracaibo
Balla al Barracuda
Sì ma balla nuda
Za za
 
Ormai il delirio era cominciato e Serj non riuscì più a tirarsene fuori, complici anche le incitazioni dei suoi colleghi.
 
 
«È stato divertente, no?» biascicò Serj, sostenendosi a Shavo mentre passeggiavano ancora sul lungomare.
«Sicuro!» esclamò il bassista.
Daron sbadigliò e rise, mentre John sghignazzava.
Per una volta erano stati soltanto dei ragazzi come tanti altri.
 
 
 
 
 
 

 
Carissimi lettori, inizialmente il prompt “Maracaibo” suggerito da Harryet mi ha mandato nel pallone, ma poi – puff – l’illuminazione!
Potevo certo evitare di mandare i System a folleggiare sul lungomare di Rimini? XD
Prima trovano la bancarella di dischi, poi trovano il karaoke dove Serj viene coinvolto del tutto a caso… non so, non è neanche la prima volta che ficco Serj in un karaoke in Italia, secondo me è un mio headcanon XD mi piace troppo come idea!
Così come amo vedere Shavo ubriaco che scatta foto, abbraccia tutti e filma i momenti più esilaranti! :P
Ah, una cosa: dal conteggio parole della flash è ovviamente escluso quel pezzetto di testo che ho voluto inserire per farvi sentire ancora più “immersi” nel delirio XD
Spero veramente di avervi strappato un sorriso e di avervi fatto sentire l’atmosfera estiva e festaiola di un lungomare dove chiunque può confondersi e trovare divertimento, anche delle persone famose come loro ^^
Alla prossima parola e grazie ancora a tutti voi ♥

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Capitolo 11
*** Discrete prestazioni ***


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«Che figata!» esclamò Shavo, mentre teneva in mano un volantino zeppo di immagini e prezzi scritti a caratteri cubitali.
John gli lanciò un’occhiata interrogativa, distogliendo l’attenzione dal fumetto che stava leggendo.
«Il primo smartphone con una pentacamera da 108 megapixel al mondo!» Il bassista gli mostrò l’immagine di un cellulare pubblicizzato sulla prima pagina del volantino.
John aggrottò la frojnte. «Costa anche poco» commentò.
«In confronto agli iPhone sì, ma sicuramente le prestazioni non saranno le stesse. Io non potrei mai passare a questo catorcio, ormai sono abituato ai prodotti Apple» blaterò Shavo.
John si strinse nelle spalle. «Io non ne capisco molto, mi trovo bene col mio Samsung.»
«Sei pazzo? È la marca peggiore! Almeno la Xiaomi ha delle discrete prestazioni, considerato il sistema operativo giurassico» si infervorò ancora il bassista, gesticolando con la mano sinistra mentre lasciava cadere il volantino sulle ginocchia.
«Giurassico?»
«Ma sì, l’Android è terribile!» affermò Shavo.
«Ah.»
«John, non mi capisci! Cosa devo fare con te?»
Il batterista sospirò e picchiettò con un dito sulla copertina del fumetto. «Lasciarmi leggere in pace, magari.»
Shavo alzò gli occhi al cielo e borbottò tra sé e sé.
John aveva come l’impressione che quella questione non sarebbe stata chiusa tanto facilmente.
Conosceva troppo bene il suo amico.
 
 
«Mi spieghi cosa ci facciamo qui? Mi sto congelando il culo e muoio di sonno!»
«Non fare tante storie, amico!»
«Shavo Odadjian, se non mi dici immediatamente perché cazzo mi hai buttato giù dal letto alle sei del mattino, giuro che ti ammazzo e nessuno si ricorderà più della tua esistenza!»
«Dolmayan, non ti facevo così violento!» sghignazzò il bassista.
Su di loro imperversava la tempesta e stava cominciando a piovere, eppure Shavo non voleva saperne di tornare in macchina.
Erano in fila di fronte al grande ingresso di un famoso negozio di elettronica e attendevano che si facessero le nove per poter entrare.
«Shavo…» bofonchiò John, battendo forte i denti.
«E va bene! Oggi iniziano le offerte, devo assolutamente comprare una cosa!»
John lo fulminò con un’occhiata, ma non fece in tempo a parlare perché l’altro lo afferrò per il polso.
«Hanno aperto, corriamo!» strillò il bassista, cominciando a muoversi e rischiando di calpestare una ventina di persone che spingevano a loro volta per farsi largo all’interno.
John ebbe voglia di prenderlo a testate sui denti; tuttavia continuò a seguirlo, beccandosi imprecazioni e insulti dagli altri clienti.
Si persero tra corridoi ed espositori, finché non raggiunsero la vetrina stracolma di cellulari.
Shavo, con il fiatone, fece per balbettare qualcosa.
Il commesso tuttavia glielo impedì, sollevò la mano e affermò: «Se siete qui per lo Xiaomi Mi Note 10, spiacente: sono finiti».
«Finiti? Finiti?!» sbraitò Shavo indignato.
John lo afferrò per il braccio e sibilò: «Andiamocene. Adesso».
Shavo deglutì mentre seguiva a testa bassa il batterista verso l’uscita. «Volevo solo farti un regalo» farfugliò.
John si fermò di botto e lo fissò, poi sorrise appena e gli batté un’affettuosa pacca sulla spalla. «Grazie» mormorò.
«Posso almeno offrirti la colazione?»
«D’accordo!»
 
 
 
 
 
 

 
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!
Scusate, lettori, ma mi sono caduti i neuroni mentre scrivevo questa flash, ci credete?
Intanto ADORO la bromance Shavo/John, giuro che questi due sono la mia fine :D
Shavo ha bisogno di qualcuno di intelligente e responsabile che lo rimetta in riga, non credete?
E poi non potevo perdere l’ennesima occasione per mettere in luce la fissazione patologica di Shavo per la tecnologia, non potevo! Quindi grazie a Carmaux e alla parola “pixel” che ha suggerito per questo penultimo round, avevo decisamente bisogno di scrivere un’altra robetta demenziale su questi giovini :P
Mi sono troppo divertita, credetemi!
Per quanto riguarda John che leggeva un fumetto, ho inserito questo dettaglio vista la sua passione per i fumetti; il batterista ha addirittura aperto delle sue fumetterie, chiamate Torpedo Comics; la prima è sorta a Las Vegas, mentre la seconda a Orange County ^^
E nulla, spero vi sia piaciuta e che anche voi abbiate riso come ho riso io mentre scrivevo :P
Alla prossima (e ultima ç___ç) parola ♥

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Capitolo 12
*** Noi non abbiamo paura ***


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Shavo sollevò lo sguardo verso il cielo stellato.
Era il ventidue aprile, eppure lui aveva trascinato i suoi amici sulla spiaggia per festeggiare il suo compleanno.
La luna piena e scintillante accarezzava i loro volti giovani e spensierati: si infrangeva sugli orribili capelli rosa di Daron, sulle ciocche ricce e ribelli di Serj, sulla chioma di John domata in una morbida coda, sul cappellino da baseball che Shavo indossava sulla testa pelata.
Shavo pensava che quel disco iridescente vegliasse su di lui, sui suoi amici e sui suoi ventitré anni appena compiuti.
«Fratelli, vedete come ci guarda? Vuole dirci qualcosa…» biascicò.
Daron rise. «Sei ubriaco, amico!»
«No, dico sul serio: ci sono le nostre facce sulla superficie…»
«La luna siamo noi, eh?» se ne uscì Serj, seduto con le gambe incrociate e una bottiglia di birra in mano.
«Già! John, che ne pensi?»
John fece spallucce, sdraiandosi accanto al festeggiato. «Non c’è niente da pensare. È solo una luna come un’altra» replicò senza scomporsi.
«Ehi, almeno tu potresti darmi ragione!» protestò Shavo.
Rimasero in silenzio per un po’, nell’aria soltanto l’eco delle risate che si erano lasciati sfuggire.
Shavo si strofinò gli occhi. «Sapete una cosa? Ho molta fiducia in noi. I nuovi pezzi sono una bomba e abbiamo già delle date per la prossima estate!»
«Io comunque preferisco il sole, è più rassicurante» commentò Serj pensieroso.
«Hai paura della luna?» indagò Daron.
«Non dire stronzate, Malakian.»
«Sentite questa: esorcizziamo le nostre paure, così saremo liberi di goderci il futuro che ci aspetta!» strepitò Shavo, mettendosi a sedere.
Gli altri lo guardarono storto.
«Che hai in mente?» chiese John scettico.
«Ammettiamo la nostra paura più grande, poi prendiamo della sabbia e la lanciamo alle nostre spalle.»
«Alle tue spalle ci sono io, genio» gracchiò Daron.
«Spostati, genio» fece John sarcastico.
Si sedettero in cerchio e immersero le mani nella sabbia.
«Sono terrorizzato dalla solitudine» ammise Shavo.
«Chi non lo è?»
«Malakian, non fare lo spiritoso e dicci la tua!» replicò piccato il bassista.
Daron sbuffò. «Ho paura di perdere i capelli» borbottò.
I suoi amici scoppiarono a ridere.
«Piantatela! Serj?»
«Di mangiare un animale» disse subito il cantante, rabbrividendo disgustato.
«Ma che paure sono? Siete degli idioti!» protestò Shavo.
«Tocca a me: sono terrorizzato dai tuoni» mormorò John.
Gli altri tre lo fissarono, facendosi seri.
Poi Shavo proclamò: «Fratelli, prendiamo le nostre paure e buttiamocele alle spalle! Pensiamo al nostro futuro: sarà roseo e prosperoso! Ripetete con me: noi non abbiamo paura!»
I quattro sollevarono le mani piene di sabbia e la lanciarono all’indietro, sfidando la luna con un’occhiata fiera.
Erano giovani, spensierati e fiduciosi.
Avevano tutta la vita davanti.
Noi non abbiamo paura, pensò Shavo.
Quello era uno dei migliori compleanni che avesse mai vissuto.
Anche se lui e i suoi amici erano ubriachi e stavano dando vita a una battaglia di sabbia all’ultimo sangue.
Anche se forse non avevano preso sul serio il suo rituale.
Noi non abbiamo paura, fratelli.
Lui ci credeva davvero, sapeva che avrebbero trionfato.
 
 
 
 
 
 

 
Ed eccoci giunti all’ultima flash di questa raccolta.
Ci tenevo a pubblicarla oggi perché è il compleanno del dolce e caro Shavo, che ha compiuto la bellezza di quarantasei anni!
Forse questa flash non è granché, avrei davvero voluto fare di più, ma è andata così e spero vi sia comunque piaciuta. E soprattutto che Shavo possa perdonarmi ^^”
Ringrazio la mia fantastica sorella di scrittura Evelyn per aver suggerito il prompt “luna piena”, perché mi ha permesso di scrivere qualcosa su loro quattro tutti insieme, agli esordi della loro carriera; infatti, la flash è ambientata nel 1997, quando i nostri eroi non avevano ancora inciso un disco e non avevano ancora raggiunto il successo che poi hanno avuto negli anni a venire.
Spero davvero di non essere stata banale, è stato tutto ciò che sono riuscita a creare stavolta.
Vi devo qualche piccola spiegazione: ho nominato degli orribili capelli rosa di Daron perché è vero che il chitarrista, quando era molto più giovane e selvaggio (?), si tingeva i capelli di colori assurdi, tra cui il rosa :D
Ho pensato bene alle paure, non credete? Serj è vegetariano, perciò ha il terrore di mangiare animali XD Shavo è un tipo molto espansivo e social, mi sono detta che non potrebbe mai sopportare di rimanere solo! Daron – viste anche le numerose tinte che si è fatto in passato XD – l’ho immaginato come uno che non potrebbe sopportare di perdere i capelli… non a caso si mette sempre cappelli vari negli ultimi anni, non lo si vede mai senza ^^”””
E John e la sua paura dei tuoni? È un mio headcanon che esiste da quando esisto io in questo fandom, ahahahahahah! Infatti, la prima storia che scrissi sui System vedeva il povero John in preda al panico per via di un tremendo temporale, mentre tutti cercavano di distrarlo! E questo è rimasto in ogni storia in cui c’è lui come protagonista, ormai fa parte della mia personalissima caratterizzazione di lui :D
Poi: chi ha seguito tutta la raccolta avrà certamente notato che ho fatto pronunciare a Serj la frase “la luna siamo noi”, ovvero il titolo della prima flash; volevo che ci fosse una sorta di circolo, qualcosa che inizia e poi si conclude nello stesso punto. Non so se sono riuscita a spiegarmi, ma mentre in quella flash abbiamo trovato una band praticamente distrutta e con poche speranze, con i membri già adulti e disillusi – anche se non del tutto –, qui i ragazzi erano giovani e ancora credevano davvero in loro stessi!
Ho voluto che ci fosse speranza sul finale, ma che rimandasse anche a quella che i ragazzi secondo me non perderanno mai, anche se ancora non riescono a buttare fuori del nuovo materiale per noi poveri fan ç___ç
Ovviamente il banner in cima è stupidissimo e, beh, loro non hanno paura, ma fanno paura a noi con quelle facce e quel trucco da folli XD ho scelto questa immagine perché rappresenta come si conciavano agli inizi della loro carriera, che ve ne pare? :P
E niente, queste note stanno diventando lunghissime, scusatemi!
 
Ma veniamo ai ringraziamenti!
Un grandissimo abbraccio a tutte le persone che hanno partecipato insieme a me a questa meravigliosa sfida, ma soprattutto a Soul per l’idea stupenda che ha avuto!
In questi quattro mesi mi avete tenuto compagnia con le vostre storie e recensioni, sono veramente commossa e felicissima di aver preso parte a un’iniziativa come questa *-*
Grazie davvero a TUTTI per il sostegno, a chi è passato a recensire e chi ha scelto di condividere con me quest’esperienza formidabile!
Grazie a tutti per i prompt che hanno dato una forma a questa raccolta, anche quelli che mi hanno messo in difficoltà come “frana” di Sakkaku :D
Un ringraziamento speciale va anche a Selene e Carmensita che da anni mi fanno compagnia nella categoria dei System e che non si perdono una mia storia :3
Sono felice di come è andata questa sfida e di avervi intrattenuto – spero piacevolmente – con le mie fesserie!
E niente, se vi siete affezionati a questi ragazzi, sappiate che ho già qualcos’altro in mente su di loro, perché scriverne è terapeutico e mi fa bene al cuore e all’anima *-*
Grazie a loro, quindi, perché esistono e mi fanno bene!
Ancora tantissimi auguri al carissimo Shavo e GRAZIE infinite a tutti voi per essere giunti fin qui!!!!
Alla prossima avventura ♥

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