The Guardian

di Mavis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Selection ***
Capitolo 2: *** Misunderstanding ***
Capitolo 3: *** Presentable ***



Capitolo 1
*** The Selection ***


Premessa:

Questa storia è ambientata dopo la sconfitta di Dartz e il viaggio nel passato, ma prima del duello cerimoniale. Quindi avremo i nostri cari amici alle prese con un Atem spirito e totalmente consapevole della sua vita passata, tuttavia ancora legato al puzzle e a Yugi. Inoltre, a fine serie i personaggio hanno 19 anni, quindi sarà questa l’età da me considerata.

Si tratta di una fic che avevo già scritto diversi anni fa e pubblicato con il nome di Bodyguard (forse qualcuno potrebbe ricordarla) e che in seguito ho cancellato, insieme al mio vecchio profilo su EPF. Ho deciso di provare a riscriverla, dato che non ero mai giunta al finale e vorrei di nuovo mettermi alla prova, visto che è passato qualche anno e la mia prospettiva è leggermente cambiata da allora.


The selection


Il sole stava calando velocemente, dando modo alle ombre della sera di chiudere quella giornata autunnale insolitamente fredda. Il vento sferzava la città, trasportando con ferocia le foglie secche lungo le strade trafficate di Domino. La maggior parte delle persone aveva preferito starsene rintanata all’interno delle proprie abitazioni, godendosi il tepore domestico, mentre solo poche anime solitarie si attardavano ancora negli uffici.

Tra queste, si trovava anche quella del giovane impresario a capo della Kaiba Corporation, fatto non insolito, soprattutto, dato che il natale era alle porte. Ignorando l’incredibile paesaggio che si stendeva al di là delle vetrate del moderno ufficio, il ragazzo, non che presidente dell’omonima azienda, stava controllando per l’ennesima volta la programmazione del nuovo gioco che stava per essere lanciato sul mercato. Come per ogni nuovo progetto, voleva accertarsi personalmente che ogni dettaglio fosse curato alla perfezione e che i suoi dipendenti avessero svolto un lavoro impeccabile.

In quel momento, qualcuno bussò con delicatezza alla porta dello studio, distogliendo il suo sguardo dallo schermo.

-Signora Maeda?- domandò il giovane sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Non che ne avesse bisogno, ma suo fratello aveva insistito che li indossasse per non affaticare troppo la vista.

-Sono io signor Kaiba- ripose una voce femminile, mentre una testa canuta faceva capolino da dietro l’uscio. -Le ho inviato la lista aggiornata dei suoi appuntamenti di domani. Il signor Crawford ha spostato il suo volo alle 11:00, quindi ho organizzato il vostro incontro presso il vostro ristorante preferito- lo informò in tono pacato. A quelle parole l’impresario digrignò i denti irritato, quell’uomo trovava sempre il modo di infastidirlo. -C’era da aspettarselo, per lo meno la location compenserà la pessima compagnia- ringhiò prima di riportare lo sguardo allo schermo del proprio portatile. La donna sorrise bonariamente, -Sono sicura che saprà farsi perdonare. Le auguro una buona serata signor Kaiba. Si ricordi che tra pochi minuti arriverà il signorino Mokuba a prenderla- continuò con gentilezza.

Gli occhi del presidente scivolarono rapidamente all’orologio che portava al polso, per poi soffermarsi sul grande schermo fissato accanto alla porta dell’ufficio, dove le immagini avevano continuato a scorrere durante tutto il pomeriggio. Non aveva idea che si fosse fatto così tardi.

-Certo, a domani Signora Maeda- la congedò con un gesto secco della mano, mentre gli occhi di ghiaccio seguivano lo scontro in atto sullo schermo.

Con un leggero inchino la donna si ritirò, chiudendo con delicatezza la porta. Non appena il rumore dei suoi passi si spense nel corridoio il presidente si lasciò scappare uno sbuffo. Più che una segretaria, la signora Maeda sembrava ormai essersi auto-nominata sua tata personale. Oltre a svolgere le sue normali mansioni, si premurava che consumasse pasti decenti ad orari accettabili, non rientrasse troppo tardi a casa, dormisse abbastanza, non passasse i week-end chiuso nel suo ufficio da solo e molto altro ancora. Ricordava quasi con imbarazzo il giorno in cui aveva insistito affinché le facesse sistemare il nodo della sua cravatta prima di una riunione con degli sponsor. Per fortuna nessuno ne era stato testimone. Nonostante avesse superato da tempo i cinquantanni e gli arrivasse a malapena al gomito, quella donna riusciva senza problemi a mantenere i ritmi del suo lavoro e a gestire lo stress che la sua posizione comportava, cosa che, invece, non erano lontanamente riuscite e fare le oche che l’avevano preceduta. Ormai lavorava come sua segretaria personale da tre anni e gli venivano i brividi al pensiero di eseguire un’altra selezione come quella per trovare una valida sostituta.

Quei foschi pensieri lo costrinsero ad osservare con più attenzione i due uomini che si stavano affrontando sullo schermo. Il motivo, e la causa, per cui aveva dovuto sopportare quella noiosa agonia, risaliva a sei mesi prima, quando Isono era rimasto ferito in seguito ad un attacco destinato alla sua persona. Nonostante la corsa in ospedale e l’intervento tempestivo dei medici, il proiettile che lo aveva colpito alla gamba gli aveva lesionato in modo molto grave i legamenti e diverse fasce muscolari, costringendolo ad un lungo percorso di riabilitazione. Sebbene abbia tentato di riprendere il lavoro quanto prima, anche solo a livello organizzativo, la sua assenza è stata un vero e proprio incubo per il presidente.

Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, era giunta un pomeriggio di qualche settimana prima, quando si era ritrovato Mokuba nel suo ufficio, bagnato dalla testa ai piedi, perché la sua sicurezza si era dimenticata di prelevarlo da scuola. E invece che chiamarlo, quello sciocco aveva pensato bene di percorrere tutto il tragitto a piedi, facendosi sorprendere da un acquazzone. Dopo aver licenziato i due incompetenti uomini della sicurezza, aver strigliato a dovere suo fratello per la sua leggerezza e bevuto una tisana alla melissa gentilmente preparata dalla Signora Maeda, era giunto alla conclusione che quella situazione doveva cambiare e, soprattutto, non ripetersi mai più. Lasciare nelle mani di una sola persona l’intera sicurezza della Kaiba Corporation e di loro due, si era rivelata una mossa vincente fino a quel momento, ma non poteva certo escludere che in futuro il suo collaboratore potesse assentarsi nuovamente per un periodo di tempo altrettanto lungo. Perciò, aveva deciso di assumere una nuova guardia del corpo, che avrebbe affiancato Isono nella gestione di questo lato sensibile dell’azienda. Un professionista, discreto e flessibile, in grado di gestire le situazioni critiche con prontezza e sangue freddo.

Ovviamente, non appena avevano esposto l’annuncio in rete, erano stati letteralmente sommersi di curricola. Per cui il presidente era stato costretto, almeno in parte, a delegare il compito di selezione ad Isono e suo fratello. Sperava solamente che l’impresa non si rivelasse ardua e spinosa come lo era stato per la sua segretaria personale. Avevano studiato un intero iter che comprendesse colloqui, prove pratiche, teoriche e simulazioni. Il tutto coronato da un torneo finale di incontri, che si sarebbe concluso proprio quella sera. Non che fosse uno step fondamentale, la decisione in realtà era già stata ristretta a tre candidati e lui sapeva benissimo chi preferiva.

-Nii-sama!-.

La voce squillante di suo fratello lo raggiunse ancor prima che varcasse la porta del suo ufficio. Con un gesto veloce si tolse gli occhiali e mise in stand by il computer, iniziando a radunare i documenti che voleva controllare prima di andare a dormire quella sera.

-Sei pronto? Non vedo l’ora di arrivare alla palestra, ci stanno aspettando per l’incontro finale!- esclamò il più giovane irrompendo nella stanza come un ciclone in miniatura.

Il presidente inarcò un sopracciglio perplesso, -Da quando ti interessano così tanto le arti marziali?- domandò, mentre riponeva un corposo plico di fogli all’interno della ventiquattrore.

-A tutti piacciono le arti marziali, soprattutto se praticate ad alti livelli- sbuffò Mokuba prima di rendersi conto di cosa stava trasmettendo il grande televisore affisso alla parete, -E a quanto vedo tu hai passato il pomeriggio a vederti gli incontri. Così non vale!-

-Se fossi in te non sarei così invidioso, una buona fetta dei partecipanti sembra uscita direttamente da un circo- borbottò facendo scattare le cerniere della valigetta e spegnendo il video incriminato.

-Sempre il solito guastafeste- grugnì Mokuba ugualmente contrariato. A lui in compenso era toccato un intero pomeriggio relegato in camera a studiare. Era solo al primo anno di liceo e già non ne poteva più di tutti quei compiti inutili. Avrebbe tanto voluto passare le giornate in azienda con suo fratello, lì sì che si sarebbe divertito.

Il moro alzò gli occhi al cielo, -Avanti, andiamo, prima finisce il torneo, prima potremmo tornarcene a casa- gli fece notare finendo di sistemare il lungo cappotto scuro che aveva scelto quel giorno.

Mokuba annuì col capo, precedendolo nel corridoio ed entrando nello spazioso ascensore d’acciaio e vetro. -Credi che il candidato che sceglieremo si rivelerà un tipo simpatico? Insomma, dopo tutto Isono è troppo preoccupato a non farti arrabbiare per sciogliersi un po’- disse il più piccolo, mentre la cabina iniziava a scendere.

-L’importante è che svolga bene il proprio lavoro- rispose il presidente con un sospiro mentre estraeva il proprio cellulare dalla tasca interna del cappotto. -Tu hai seguito tutti i colloqui, dovresti aver capito meglio di me che genere di carattere hanno i tre favoriti- fece poi presente, scorrendo con aria annoiata i messaggi presenti nel gruppo in cui Yugi si era ostinato ad inserirlo. Proprio non lo capiva quel nanerottolo, faceva di tutto per rifiutarli, eppure lui persisteva a coinvolgerlo nelle loro stupidaggini. Figurarsi poi se avrebbe accettato di partecipare alla festa a sorpresa in onore di quel pulcioso di Jonouchi.

-Se devo essere sincero, Noah mi ha dato delle sensazioni migliori rispetto agli altri due ed ha anche totalizzato il punteggio più elevato- sospirò Mokuba alzando il colletto del proprio cappotto per proteggersi dal vento che sferzava il piazzale davanti alla Kaiba Corporation. La loro limousine li aspettava appena oltre le due grandi statue dei draghi occhi blu. -Dubois, invece, è quasi più deferente di Isono, cosa che inizia ad essere irritante dopo una decina di minuti. Non voglio essere servito e riverito come una divinità. Senza contare che la somma dei suoi punteggi lo piazza in quarta posizione- disse sgattaiolando all’interno della vettura riscaldata con sollievo.

-E di Campbell che mi dici?- indagò il presidente sedendosi accanto a lui e facendo segno all’autista di partire. Si fidava molto del giudizio di suo fratello, era molto più empatico rispetto a lui. Era incredibile come le persone si sciogliessero davanti al suo sorriso. Per questo molte volte lo mandava in avanscoperta per sondare il terreno in caso di nuovi clienti.

Il giovane sembrò soppesare la risposta, -Campbell si trova in terza posizione. È tipo simpatico, ma ha la lingua un po’ troppo lunga per i miei gusti. Insomma, è arrivato perfino a parlare del curry di sua nonna e della sua ultima fiamma, durante il nostro colloquio!- esclamò arrossendo leggermente al ricordo degli aneddoti piccanti che l’americano si era fatto sfuggire. A quelle parole Kaiba si sentì rabbrividire interiormente. Doveva già sopportare le chiacchiere di Yugi e la sua combriccola, accollarsi un collaboratore altrettanto molesto non era decisamente nei suoi piani.

-Cerca di non spaventarli, ok?- ribatté il più piccolo notando la sua espressione e guardandolo in tralice.

-Stai insinuando che il problema sarei io?- sbuffò il fratello accavallando le lunghe gambe fasciate dal completo blu scuro che aveva indossato quella mattina, -Secondo me stai iniziando a passare troppo tempo insieme a quell’ebete di Jonouchi. Pretendere che i propri dipendenti svolgano al meglio il proprio lavoro non è un reato- fece notare.

-Sarà… ma se non ricordo male la segretaria che ha preceduto la Signora Maeda è scappata in lacrime dal tuo ufficio- gli ricordò Mokuba guadagnandosi un’occhiataccia.


Arrivarono alla palestra nel giro di una decina di minuti e oltre la soglia trovarono Isono ad attenderli. -Ben arrivato Signor Kaiba, buona sera Signorino Mokuba- li accolse con un inchino impacciato, dovuto alla stampella e alla cartellina piena di fogli che teneva nella mano libera.

L’impresario gli rispose con un brusco cenno del capo, mentre il ragazzo più piccolo gli trotterellò accanto per sfilargli i documenti dall’unica mano libera, -Buona sera Isono, come sono stati gli incontri? Ci sono state delle sorprese?- domandò affiancando la guardia del corpo che aveva iniziato a fare loro strada all’interno della grande struttura.

-Tutti i candidati si sono comportati egregiamente e no, niente sorprese. Le prove intermedie avevano già messo in luce pregi e difetti di tutti i partecipanti. Il torneo è stato più un divertimento per loro in fin dei conti- lo aggiornò l’uomo appoggiandosi pesantemente alla stampella per aiutarsi a salire i gradini che conducevano agli spalti. Nonostante tutto l’impegno che metteva nella fisioterapia non era ancora riuscito a recuperare completamente l’uso dell’arto.

Una volta giunti alla fine della scalinata, sbucarono sulle ampie gradinate della palestra e a quel punto Seto potè finalmente vedere con i propri occhi la pedana degli scontri. Sopra al paquette lucido della struttura era stato delimitato un ring quadrato di materassini azzurri largo abbastanza da consentire a due persone di affrontarsi senza sentirsi oppressi dallo spazio.

-Chi sono i finalisti?- domandò Mokuba prendendo posto sugli scomodi sedili in plastica rossa che arredavano gli spalti, imitato dagli altri due.

Isono sorrise appena, sistemando con cura la stampella al suo fianco. -Yoshida e Noah, come avevate previsto voi Signorino-.

Gli occhi del più giovane si illuminarono. -Davvero? Ma è fantastico!- esclamò agitandosi con impazienza sul seggiolino.

-Non che faccia molta differenza. La decisione è stata praticamente già presa- borbottò Seto osservando annoiato i candidati che occupavano il restante spazio libero all’interno della palestra. C’erano persone di tutte le età e nazionalità, oltre a un ben nutrito numero di donne. Non che fosse sessista, ma quello era un dato che non aveva preso in considerazione.

Al suo fianco Mokuba sbuffò, -Quanto entusiasmo Nii-sama. Considera questo come un buon segno, uno dei candidati favoriti è arrivato in finale- fece notare, mentre due persone salivano sul ring andandosi a posizionare ai lati estremi della pedana.

-Noah, certo. Un nome, una garanzia- ringhiò Kaiba a voce talmente bassa che gli altri due non lo sentirono. Si era sempre considerato una persona razionale, ma i ricordi legati alla loro avventura virtuale erano ancora ben stampati nella sua mente e tutte le volte che sentiva il nome di quel poveraccio gli veniva un principio di orticaria.

-Yoshida fa ancora più paura visto dal vivo, non credi Nii-sama?- domandò il ragazzino storcendo il naso davanti all’energumeno posizionato alla loro destra e strappando il fratello dalle sue fosche elucubrazioni. -Senza dubbio la sua presenza non passa inosservata, ma non è per questo che è stato considerato inadeguato- rispose il presidente squadrando da capo a piedi il candidato. L’uomo sembrava una colossale montagna di muscoli, il fisico allenato, oltre alle spalle larghe e i quasi due metri d’altezza, lo rendevano un elemento cupo e minaccioso. La canottiera bianca che indossava sembrava trattenere appena i pettorali pompati dalle ore passate in palestra e le braccia erano interamente ricoperte da tatuaggi tribali, mentre le gambe oltremodo muscolose erano fasciate da pantaloni tecnici blu elettrico. In confronto al corpo, la testa sembrava ridicolmente piccola, cosa che, a parere di Seto, giustificava il punteggio ridicolmente basso raggiunto nella prova scritta. Eppure, nonostante tutto, era riuscito a classificarsi secondo all’interno della graduatoria. Il motivo per cui non lo avevano realmente considerato tra i candidati era basato sul suo temperamento impulsivo e tendente alla violenza. Per non parlare del feedback negativo che aveva ricevuto da Mokuba, oltre alle pessime referenze che avevano ricevuto dal suo ex datore di lavoro. Se le parole di quell’uomo erano vere, il caro Signor Yoshida aveva rotto un braccio ad un collega in seguito ad una discussione sul lavoro. Meglio tenersi alla larga da certi elementi. Di sicuro non avrebbe mai permesso a Mokuba di stare con lui nella stessa stanza, figurarsi affidargli la sua incolumità.

Un movimento improvviso catturò il suo sguardo spostandolo dalla figura mastodontica di Yoshida. Dall’altra parte del ring Noah aveva iniziato a saltellare sul posto per mantenere i muscoli caldi. A differenza dell’avversario, il giovane possedeva una corporatura minuta e poco imponente. Per il torneo aveva scelto di indossare una tuta interamente nera, che cadeva morbida, quasi abbondante, sul suo fisico asciutto. I corti capelli neri spuntavano dispettosi da sotto un cappellino da baseball, ma la maggior parte del viso, quel giorno, era coperto da un’ingombrante mascherina bianca. A quella vista il presidente inarcò un sopracciglio.

-Perchè Noah tiene quell’affare sul viso?- chiese in tono tagliente.

-È solo un raffreddore. I medici hanno detto che può gareggiare tranquillamente- si affrettò a spiegare Isono finendo di sistemare un auricolare all’orecchio destro. -Possiamo dare il via all’incontro Signor Kaiba?- chiese poi in tono formale.

Il presidente annuì con un secco cenno del capo. -Procedi pure- confermò, mentre al suo fianco Mokuba sembrava essere sul punto di schizzare via dal seggiolino per l’agitazione.

La guardia del corpo prese a confabulare con qualcuno attraverso l’auricolare e pochi istanti dopo, l’arbitro designato per il torneo si avvicinò alla pedana dando il segnale di inizio.

I due contendenti presero a camminare in circolo per studiarsi meglio, mentre gli altri candidati, che si erano organizzati in diversi gruppi, facevano il tifo a gran voce. Ovviamente, Noah si era aggiudicato la fetta maggiore.

Senza alcun preavviso, Yoshida si avvicinò all’avversario, coprendo la distanza che li divideva a velocità sorprendente e cercando di travolgere con la sua immensa mole il piccolo sfidante. Senza farsi prendere dal panico, Noah riuscì a sfuggire alle sue grinfie, scivolando sul ring con l’agilità di un felino. Ma l’energumeno non aveva esaurito le sue carte e con una rapidità sorprendente, data la sua stazza, iniziò a tempestare di colpi l’avversario.

-Come scritto nel suo curriculum, il Signor Yoshida è specializzato nell’arte marziale del Muay thai. Nello specifico ha raggiunto il livello di mongkon argento, uno dei più alti all’interno della disciplina- spiegò Isono a Mokuba che stava seguendo la scena rapito. Seto osservava lo scontro con la solita espressione di indifferenza dipinta sul viso, ma dovette convenire con se stesso che Yoshida ci sapeva decisamente fare. Noah non riusciva a fare altro che arretrare e schivare i colpi dell’avversario, mentre il bordo del ring si faceva sempre più vicino. Probabilmente una singola ginocchiata da parte del colosso, o un pugno ben assestato, sarebbero stati in grado di metterlo al tappeto o provocargli comunque seri danni. Ai bordi del campo di battaglia il tifo si stava facendo sempre più infuocato. Ora oltre alle urla di incitamento si potevano sentire distintamente anche una lunga lista di imprecazioni che avrebbero fatto rabbrividire anche il più rozzo dei camionisti. A pochi passi dalla linea che delimitava la fine dei tappetini Noah sembrava ormai totalmente in preda al panico, i suoi movimenti si erano fatti sempre più indecisi e sconnessi, fino a quando Yoshida non riuscì a raggiungerlo con un pugno feroce alla spalla destra. Il piccolo candidato si lasciò sfuggire un guaito di dolore, barcollando leggermente, ma non poté permettersi distrazioni, perché il colpo successivo era destinato proprio contro la sua faccia. Mokuba trattenne bruscamente il fiato, mentre, per puro miracolo, Noah schivava il calcio che gli avrebbe senza dubbio frantumato il setto nasale. L’attacco, invece, si limitò a fargli volare via il cappello, che rotolò fuori dal ring, in mezzo alla polvere. Seto si immaginava che di lì a poco il giovane avrebbe fatto esattamente la stessa fine, di sua spontanea volontà, o sbalzato fuori da Yoshida. La forza dell’energumeno era troppo soverchiate, era il candidato più forte tra quelli che avevano fatto domanda per quel posto di lavoro e nessuno, in quella palestra, era stato in grado di tenergli minimamente testa. Ma il destino aveva ben altri piani per Noah, infatti, a causa del dolore, o dello spavento, finì per inciampare nei propri piedi, cadendo rovinosamente a terra e venendo sovrastato da Yoshida. Un lampo di odio e soddisfazione baluginò negli occhi dell’uomo e, prima ancora di rendersi conto di quello che faceva, Seto afferrò il fratello e gli coprì gli occhi con una mano. Tuttavia, in quel momento accadde l’incredibile. Nel momento un cui Yoshida si abbatté con tutta la sua furia sopra il rivale, Noah riprese in mano le redini della situazione. Con un movimento fluido schivò il pugno diretto al suo viso e afferrò saldamente l’energumeno per il braccio, sbilanciandolo verso di sé. Andò a colpire con i piedi lo stomaco dell’uomo, che rimase senza fiato per la sorpresa e concluse l’azione con un feroce colpo di reni, che proiettò l’avversario oltre se stesso ed il limitare del ring. Accadde tutto così velocemente che il presidente ne rimase spiazzato e Mokuba riuscì a sfuggire alla sua presa.

-Nii-sama!- esclamò scandalizzato, -Mi hai fatto perdere il momento decisivo dell’incontro!- s’indignò il più piccolo mettendosi le mani nei capelli.

-Però… giocato da uno dei trucchi più vecchi del mondo- rise Isono iniziando ad applaudire educatamente mentre la palestra esplodeva in un boato assordante.

-Uffa, mi toccherà guardare la registrazione- si lamentò ancora Mokuba accasciandosi con poca grazia sul seggiolino ascoltando l’arbitro mentre attribuiva la vittoria a Noah con un gesto solenne. Kaiba quasi non lo sentì, troppo occupato ad osservare quella sottile figura che stava letteralmente saltellando di gioia, elettrizzata per il successo ottenuto.

Gli altri candidati erano sul punto di lanciarsi sul ring dello scontro per congratularsi con il vincitore, quando una serie di schiamazzi proruppe dal margine destro della folla.

La figura livida di Yoshida si erse sul mare di contendenti per poi scagliarsi con rabbia verso Noah, che in quel momento gli dava le spalle. Gli altri contendenti caddero come birilli, travolti dalla sua forza mostruosa. Era la rabbia a muoverlo e non si sarebbe fermato fino a quando non avesse fatto a pezzi il suo avversario.

-Attenzione!- gridò Mokuba allarmato, scattando in piedi come una molla ed aggrappandosi al parapetto che li divideva dal resto della palestra.

Kaiba scoccò un’occhiata di fuoco ad Isono, ma la guardia del corpo stava già trafficando con il proprio auricolare e ai margini del suo campo visivo il presidente vedeva già accorrere gli addetti alla sicurezza. Non poteva credere che un simile scempio si stesse per consumare davanti ai propri occhi e, soprattutto, a quelli di Mokuba.

In quel momento, però, fu Yoshida colui che compì il più grave errore di valutazione. Senza nemmeno volgersi Noah afferrò l’energumeno per un braccio e con una velocità e una potenza incredibili, date le sue dimensioni, lo catapultò sul pavimento davanti a sé. Il tonfo fu talmente violento che giunse distintamente anche alle orecchie dei tre spettatori sugli spalti.

-Wow… - sussurrò Mokuba senza credere ai propri occhi, osservando Noah inginocchiarsi accanto al capo del suo assalitore, svenuto a causa del contatto non troppo delicato con il fondo del ring.

-Per carità Isono, fai togliere quel pezzente dalla mia vista- sibilò Seto prendendosi tra l’indice e il pollice la radice del naso.

-Subito Signor Kaiba, non si preoccupi- rispose Isono continuando a dare direttive all’interno dell’auricolare.

Il presidente vide gli addetti alla sicurezza farsi strada tra i candidati insieme a un paio di medici chiamati appositamente per il torneo. Dopo pochi brevi attimi di accertamento, riuscirono a trasferire il corpo inerme di Yoshida su una brandina ridicolmente piccola e a trasportarlo fuori dal loro campo visivo, mentre Noah si godeva, finalmente, il proprio bagno di folla.

Il presidente non poté fare a meno di notare come tutte le donne presenti se lo stessero coccolando, mentre gli uomini si limitavano a dargli poderose pacche sulle spalle. Eppure dalla fotografia non gli era parso un tipo particolarmente attraente, anzi, i lineamenti morbidi e i grandi occhi blu lo facevano assomigliare più ad una fanciulla che a un valoroso guerriero.

-Hai visto Nii-sama? Noah è strabiliante, ha messo Yoshida al tappeto senza nemmeno guardarlo!- esclamò Mokuba strappando il più grande dai propri pensieri.

Il presidente non poté fare a meno di convenire con il fratello, tra tutti i candidati che avevano analizzato, era senza dubbio quello più promettente. -In foto e sullo schermo sembrava decisamente più imponente- si limitò a rispondere, invece, in tono ruvido.

-Mai giudicare il libro dalla copertina. Anche Yugi sembra innocuo all’apparenza- gli ricordò l’altro con un sorriso birichino.

-Mi perdoni Signor Kaiba, come potrà confermarle anche il Signorino Mokuba, Noah ha raggiunto risultati ottimi in tutte le prove. Su novantacinque candidati considerati, ha totalizzato il punteggio più alto. Si destreggia bene sia con le armi bianche, che con quelle da sparo, pratica diversi tipi di arti marziali e conosce ben quattro lingue- si intromise Isono, che, a quanto pareva, aveva terminato di organizzare la veloce sparizione di Yoshida.

-Grazie Isono, ho letto anch’io il suo curriculum- ribatté freddamente il presidente, mentre Mokuba alzava gli occhi al cielo.

-Ah, certo, mi scusi Signor Kaiba-.

-Quello che Isono cerca di dirti, è che secondo noi Noah è la scelta migliore- sospirò suo fratello minore, che, finalmente, aveva capito cosa stava accadendo. Nell’ultimo periodo Seto aveva iniziato a metterlo sotto pressione, ma non in senso negativo. Più che altro, si limitava a spingerlo a prendere posizione riguardo ad un certo argomento, pungolandolo e spremendolo, affinché difendesse la sua scelta e contrastasse le sue argomentazioni.

Anche se non ce n’era assolutamente bisogno, suo fratello si stava accertando che fosse in grado di gestire le situazioni problematiche, in vista di un suo inserimento più stabile ed influente all’interno della Kaiba Corporation. Come se non prendesse già attivamente parte alle riunioni e alla stipula dei contratti… in quei momenti Mokuba lo trovava quasi tenero.

Come volevasi dimostrare, infatti, Seto tornò alla carica, -Ma è arrivato solo terzo nella prova scritta- fece notare in tono annoiato, -Non abbiamo bisogno di una scimmia senza cervello-.

-Però negli altri test ha sempre primeggiato e stiamo pur sempre parlando di un terzo posto, è più che dignitoso!- ribatté il più giovane scandalizzato, si stava parlando di una graduatoria in cui erano presenti quasi cento persone!

-Non ha mai duellato ed ha una conoscenza del tutto inesistente nei confronti della tecnologia olografica- sbuffò Kaiba osservando Noah con un cipiglio di sufficienza.

-La maggior parte dei partecipanti sa a malapena cosa sia il M&W, Nii-sama, e per quanto riguarda la tecnologia, imparerà senza problemi quello che c’è da sapere durante il periodo di formazione- rispose Mokuba con una scrollata di spalle.

-Anche Campbell e Dubois hanno raggiunto buoni risultati. Senza contare che la loro presenza incute molto più timore di quella di Noah. In fondo non raggiunge nemmeno i 170cm- fece notare Seto cominciando ad esporre dubbi più consistenti -In cosa sarebbe migliore rispetto a questi due?- chiese assottigliando lo sguardo.

Questa volta Mokuba soppesò la domanda diversi istanti prima di rispondere,-So che può sembrare una cosa strana da dire, ma Noah è, come dire, impalpabile- tentò di spiegare grattandosi distrattamente il mento.

Il presidente inarcò un sopracciglio, perplesso, -Spiegati meglio-.

-È vero, la presenza di Campbell e Dubois risulta molto più minacciosa paragonata a quella di Noah, ma, d’altra parte, grazie alla corporatura minuta, ha l’incredibile capacità di non farsi notare. Sembra quasi sparire nell’ambiente, come un predatore che si mimetizza durante la caccia- sospirò il più giovane catturando lo sguardo del fratello per capire se il suo ragionamento aveva un senso anche per lui. A quanto pare lo aveva, perché scorse una scintilla elettrizzata in fondo agli affilati occhi blu e questo lo incoraggiò a continuare, -Ritengo che questa qualità possa essere molto utile. Soprattutto nel tuo caso Nii-sama- aggiunse, guadagnandosi questa volta un’occhiata sinceramente perplessa. -Molte volte, soprattutto in pubblico, preferisci rinunciare alle guardie del corpo, perché danno troppo nell’occhio, o rischiano di inviare un messaggio sbagliato ai nostri interlocutori. Invece Noah potrebbe stare sempre al tuo fianco senza ledere alla tua immagine e senza dover rinunciare a una presenza forte e veloce che possa proteggerti- gli fece presente in tono candido.

Kaiba soppesò con interesse le sue ultime affermazioni, senza dubbio quel punto di vista elevava Noah ben al di sopra degli altri contendenti. Per quanto lo riguardava, avrebbe sfruttato la corporatura del nuovo sottoposto in ben altri modi. Come operazioni di spionaggio o infiltrazione. C’erano sempre una marea di seccatori che volevano ficcare il naso negli affari della Kaiba Corporation e lui non sopportava i parassiti.

-È comunque molto giovane, ha solo ventun anni. Credi che riuscirà a sostenere i ritmi dell’azienda?- domandò il presidente testando nuovamente il fratello.

Il più piccolo quasi scoppiò a ridere, -Assolutamente. Ha dimostrato un’ottima reazione alle situazioni di stress e anche tu sei molto giovane nel tuo campo, se vogliamo proprio essere pignoli. Ogni ambito ha i suoi elementi eccezionali immagino-.

-Lo ritieni addirittura eccezionale?-.

Mokuba si strinse nelle spalle, -Sì, il modo in cui Noah ragiona, e le sue reazioni, sono del tutto imprevedibili quanto efficaci. Ha un modo del tutto personale di affrontare i problemi, senza contare che Isono veglierà durante tutto il periodo di introduzione- dichiarò limpidamente.

Seto lo squadrò per un lungo momento, ma nei suoi occhi lesse solo totale serenità e convinzione. -Perfetto, allora non c’è molto altro da aggiungere- dichiarò in tono monocorde prima di rivolgersi ad Isono, che fino a quel momento era rimasto discretamente in ascolto. -Comunica pure a Noah che da domani lavorerà per la Kaiba Corporation. Lo attendiamo alle 7 in punto, per la fase di “accoglienza”- decretò assaporando quell’ultima parola quasi divertito. Da quando avevano avuto quel brutto problema di infiltrazione anni addietro con Crawford, aveva rafforzato ogni misura di sicurezza, arrivando ad pretendere anche cose fuori dall’ordinario. Suo fratello lo definiva maniacale, ma Seto non voleva in nessun modo ripassare attraverso quel purgatorio. La visione di suo fratello incatenato alla parete di una cella sotterranea continuava a perseguitarlo a distanza di anni.

-C’era davvero bisogno di tutta questa farsa Nii-sama? Avevi comunque già deciso che il posto sarebbe stato di Noah- sospirò Mokuba al suo fianco osservando distrattamente la figura zoppicante di Isono che si allontanava.

-Questo non sarà un collaboratore come tanti altri. Si occuperà della tua sicurezza e, nel caso dovesse servire, userà il proprio corpo per farti da scudo contro le pallottole- rispose il maggiore sentendo la figura al suo fianco irrigidirsi. -Non che sia una circostanza abituale, ma data la nostra influenza sia a livello privato, che pubblico è comprensibile che possano crearsi situazioni spiacevoli- si affrettò ad aggiungere in tono pacato, mentre controllava alcune mail dal suo palmare.

Mokuba borbottò qualcosa di incomprensibile, ma Seto non se ne curò, voleva che fosse ben chiaro cosa si aspettava dal nuovo dipendente. La sicurezza di suo fratello, ovviamente, era in cima alla lista delle priorità.

Sistemandosi il cappotto sulle spalle si alzò in piedi, lasciando finalmente quel seggiolino tanto scomodo, -Andiamo, tu hai bisogno di cenare e io devo finire di controllare dei contratti in vista della riunione di domani mattina- disse recuperando la propria ventiquattrore. A quel punto la loro presenza non era più necessaria, si sarebbe occupato Isono di tutta la parte burocratica della faccenda.

La prospettiva parve illuminare Mokuba, -Se vuoi posso farlo io. Così hai modo di prepararti psicologicamente al pranzo con Crawford- propose in tono brioso guadagnandosi un’occhiata basita da parte dell’altro, -Sai che mi piace analizzare quelle scartoffie e l’ultima volta che sei tornato da un incontro con Pegasus avevi i nervi a fior di pelle, dovresti davvero cercare di rilassarti un po’-.

Kaiba alzò gli occhi al cielo, -Tu e la Signora Maeda iniziate ad intendervi un po’ troppo per i miei gusti- disse mentre insieme si lasciavano alle spalle la grande struttura della palestra.


Continua...

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Capitolo 2
*** Misunderstanding ***


Misunderstanding

La mattina seguente, Mokuba raggiunse il fratello nella grande sala da pranzo per la colazione, trovandolo già con la faccia seppellita in una delle tante testate che era solito consultare. Borbottando un buongiorno assonnato, si allungò sul tavolo per trascinare verso di sé la scodella traboccante di biscotti al cioccolato, mentre una cameriera silenziosa si premurava di servirgli il tè. Fu in quel momento che l’occhio gli cadde sul grande articolo presente sulla prima pagina del quotidiano. “ENNESIMO CORPO RITROVATO IN STATO DI COMA NEI VICOLI DELLA CITTÀ – SI TRATTA DI UN NUOVO VIRUS O DI UNO SPIETATO SERIAL KILLER? LE AUTORITÀ BRANCOLANO NEL BUIO”.

Guadagnando un barlume di lucidità, si avvicinò al fratello per cercare di leggere qualcosa di più. Domino era una città talmente noiosa che quell’articolo sembrava fuori posto su quella pagina. Non fece in tempo a finire il primo paragrafo che Seto chiuse il giornale con malagrazia accartocciandolo sul tavolo.

-Abbiamo un problema- proclamò lanciandogli uno sguardo di fuoco.

Subito Mokuba prese a scandagliare mentalmente cosa aveva fatto nelle ultime settimane. Non gli pareva di essersi comportato male. Che suo fratello avesse scoperto che avrebbe partecipato alla festa a sorpresa per Katsuya, trascinandoci anche lui con l’inganno? A quel pensiero si sentì sbiancare.

-Avanti Nii-sama, non devi prendertela per una sciocchezza- pigolò iniziando a sudare freddo.

-Nessuno aveva mai fatto una cosa simile- ringhiò il presidente versandosi un secondo caffè. Pessimo segno.

Mokuba tentò di esibire un sorriso stiracchiato. L’ultima volta che l’aveva visto in quelle condizioni si era beccato una punizione di un mese. -Non essere così drammatico, hanno pur sempre organizzato una cosa minuscola-.

-Sarà anche minuscola, ma è il primo prodotto che si avvicina lontanamente alla nostra tecnologia olografica- ringhiò il moro afferrando con rabbia la tazzina di caffè.

A Mokuba si bloccarono in gola le parole di scusa. -Come?- biascicò esibendo quella che non dovette essere un’espressione troppo intelligente.  Difatti Seto grugnì irritato, passandogli il giornale ed indicando la foto stampata al centro di un articolo.

L’immagine mostrava un apparecchio cilindrico alto un paio di spanne al cui interno era visibile un piccolo avatar. Mokuba strizzò gli occhi incredulo, avrebbe saputo riconoscere un ologramma a chilometri di distanza. Disorientato cercò il logo dell’azienda sul prodotto, trovandolo ben inciso nella placca metallica superiore, ME.

-La Moore Enterprise? Ma la loro tecnologia è nettamente inferiore alla nostra! Non hanno né le capacità, né le competenze, per costruire una cosa del genere!- si infuriò il più giovane cercando lo sguardo del fratello. Il presidente doveva essere della stessa opinione perché la sua espressione era livida. -Evidentemente abbiamo tra le nostre fila uno sporco traditore che sta vendendo loro delle informazioni- ringhiò, mentre qualcuno bussava cortesemente alle porte della sala.

Il viso di Isono fece capolino da dietro l’uscio.

-Siamo pronti per l’accoglienza Signor Kaiba. Noah è qui- annunciò la guardia del corpo ringraziando il cielo per gli occhiali scuri che gli coprivano gli occhi.

Lo sguardo di fuoco che gli stava rivolgendo il suo responsabile probabilmente lo avrebbe incenerito altrimenti.

-Perfetto, una buona notizia finalmente- disse Seto alzandosi dalla lunga tavolata subito imitato dal fratello.

Nell’ampio ingresso, come promesso da Isono, trovarono la sottile figura di Noah in attesa. Il raffreddore non doveva ancora essere passato, perché anche quel giorno portava sul viso un’ingombrante mascherina bianca. Ai suoi lati erano posati due enormi valige ed un baule in pelle dall’aria vissuta, i suoi unici bagagli. Infatti, da quel momento in avanti, avrebbe abitato in un’ala della grande villa, insieme alla stretta cerchia di personale che si occupava della loro dimora.

-Ben arrivato, spero che Isono ti abbia accennato alle nostre procedure di sicurezza, mentre ti faceva firmare il contratto di assunzione- lo accolse il presidente avvicinandosi ad un tavolo che era stato lì per l’occasione. Mokuba rivolse un sorriso smagliante al nuovo venuto, accennando un saluto con la mano.

La guardia del corpo gli rispose con trasporto da dietro la mascherina, prima di stringere la mano a Seto. Il presidente rimase sorpreso dalla presa salda di quelle dita ruvide e coperte di calli. Quelle mani lasciavano trasparire l’impegno e la dedizione che Noah riversava nel suo lavoro.

-Certo, ritengo che questa sia una misura di sicurezza piuttosto stramba, ma appropriata dati i vostri precedenti. Senza contare che io non ho nulla da nascondere- rispose con voce roca per poi prendere una delle grandi valige e depositandola sul tavolo.

-In realtà è una precauzione che abbiamo adottato solo per i dipendenti che vengono ad abitare qui. Apra pure- invitò il moro con un secco gesto della mano. L’idea di controllare personalmente i bagagli del proprio personale poteva risultare un po’ inquietante, ma con il passare degli anni aveva imparato che per conoscere bene una persona la si doveva studiare da vicino, facendo in modo che mostrasse senza timore i propri interessi ed oggetti personali.

Facendo correre le dita lunghe e veloci Noah spalancò la valigia senza esitazioni e i due fratelli Kaiba iniziarono a scandagliare con lo sguardo il suo contenuto.

La prima cosa che Seto notò era che fosse tutto perfettamente e rigorosamente ordinato. Il che fu un grande sollievo, apprezzava molto la pulizia ed il rigore. La seconda, era che il nero fosse il colore predominante del suo guardaroba, o almeno, quello invernale, dato che nel bagaglio erano stipati per lo più abiti pesanti. L’unica macchia di colore, era rappresentato da un fagottino rosa che spuntava a malapena da sotto un pesante maglione di lana.

-Posso?- domandò allungando la mano verso l’oggetto dei propri interessi.

Noah si strinse nelle spalle con indifferenza, -Certo, come ho detto non ho niente da nascondere- acconsentì.

Senza farselo ripetere il presidente si sporse sulla grande valigia e prese tra le mani quello che si rivelò essere un tenero coniglietto di peluche. -Non riesco a dormire senza Mr. Bunny- si limitò a spiegare la nuova guardia del corpo allo sguardo stranito che Mokuba si lasciò sfuggire.

Senza lasciar trasparire alcuna emozione Seto si limitò a risistemare l’animaletto da dove lo aveva prelevato e con un cenno del capo fece segno di passare al prossimo bagaglio.

Questa volta Noah depose sul tavolo l’ingombrante baule di pelle e fece scattare le grosse cerniere d’acciaio per permettere ai suoi nuovi datori di lavoro di sbirciare all’interno.

Gli occhi di Mokuba scintillarono estasiati, mentre Seto vagliava il contenuto con interesse. Custodite con cura e attenzione faceva mostra di sé un nutrito arsenale di armi bianche.

-È una collezione notevole, non hai avuto problemi alla dogana? In fondo arrivi dalla Russia- chiese il presidente prendendo tra le mani una katana dal fodero blu scuro.

-Possiedo tutta la documentazione e le certificazioni per portare con me la mia collezione. Mi capita spesso di viaggiare- lo rassicurò Noah in tono lusingato.

Mokuba non riusciva a credere ai propri occhi. Non che fosse un esperto di armi bianche, ma lì dentro riconosceva, oltre a tre katane di scuole differenti, due paia di sai, un nunchaku, un’ascia bipenne, diversi pugnali, un arco e, per la miseria, degli shuriken veri.

-Le sai maneggiare tutte?- si lasciò sfuggire il più piccolo, senza avere il coraggio di infilare le mani in quel tesoro. In compenso suo fratello stava sfacciatamente frugando tutto il baule, come in cerca di qualcosa. -Sì, anche se alcune sono in grado di utilizzarle solo in modo molto rudimentale. Molte di queste sono regali dei miei papà- ammise Noah.

-È incredibile. Ora che ci penso, tu sei stata adottata da una coppia di uomini, me lo avevi accennato durante uno dei colloqui. Uno dei due è il tuo padre biologico?- domandò Mokuba mosso da genuina curiosità. Non voleva essere invadente, ma solo capire fino a che punto fosse simile il loro passato.

-No, mi hanno adottata quando avevo sedici anni- disse Noah senza mostrare turbamento per la domanda personale.

-Come mai niente armi da fuoco?- si intromise bruscamente Seto allontanando finalmente le mani dal contenuto del bagaglio. Mokuba si ritrovò a tirare un sospiro sollevato, suo fratello ogni tanto scordava il significato della parola privacy. Aveva letteralmente messo le mani su ogni cosa in quel dannato baule. -Per via del mio lavoro, le so utilizzare, ma non le ho mai amate particolarmente. Trovo molto più affascinante la storia e i riti legati alle armi bianche- rispose Noah soffocando un colpo di tosse. Seto annuì distrattamente e con rispetto chiuse il coperchio del baule in attesa dell’ultimo bagaglio.

Per quanto lo riguardava le armi da fuoco potevano anche sparire dalla faccia della terra. Sapeva che erano indispensabili per la sua sicurezza e per quella del fratello, ma ogni volta che ne vedeva una gli tornava alla mente Gozaburo e il nauseante odore dei suoi sigari. Per questo aveva ordinato alla sua sicurezza di portarle con discrezione, in modo che non fossero visibili. Era un sollievo quindi che quell’individuo non avesse deciso di trasferire un piccolo arsenale sotto il suo tetto.

Quando l’ultima valigia fu aperta si trovarono di fronte ad un altro mare di vestiti, tutti rigorosamente neri. -Se non altro abbiamo scoperto qual’è il tuo colore preferito- rise Mokuba. Gli occhi di Noah scintillarono divertiti, -Veramente il mio colore preferito è il blu, però il nero è molto più pratico per il mio lavoro- ribatté la guardia del corpo sistemandosi una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

-Queste a cosa servono?- li interruppe Seto indicando una serie di flaconi di prodotti per capelli.

Per la prima volta da quando avevano iniziato quella stramba procedura i due videro la guardia del corpo a disagio.

-Sono tinte per capelli, molte persone trovano il colore naturale dei miei capelli fastidioso, o troppo esuberante, perciò ho preso l’abitudine di tingerli- spiegò loro Noah, mentre le sue orecchie e quello che era visibile delle sue guance assumeva una colorazione scarlatta.

Mokuba sentì il fratello sbuffare seccato al suo fianco, -Per quanto mi riguarda, puoi anche avere i capelli dei colori dell’arcobaleno, basta che tu svolga bene il tuo lavoro. Se lo desideri puoi anche evitare di usare questa robaccia fin tanto che lavorerai per noi-.

Il più piccolo si trovò d’accordo con le sue parole. Dopo aver conosciuto Yugi, d’altronde, non ci sarebbe più stata chioma che avrebbe potuto sorprenderli.

Le parole dovettero commuovere particolarmente Noah, perché il colorito delle sue orecchie si fece ancora più intenso. -Vi ringrazio- borbottò inchinandosi.

Mokuba ridacchiò imbarazzato facendo un vago gesto con la mano. -Figurati, quando vedrai il Re dei Giochi in carica capirai perché non ci spaventa nulla, vero Nii-sama?- esclamò volgendosi verso il fratello maggiore, trovandolo innaturalmente immobile.

-Che succede Nii-sama?- chiese leggermente perplesso cercando di seguire il suo sguardo perso all’interno del bagaglio.

-Quelle sono mutande da donna?- replicò il presidente della Kaiba Corporation indicando un paio di slip neri adagiati su una pila ordinatissima.

Il più giovane si ritrovò a boccheggiare, -Direi di sì Nii-sama, che ti aspettavi?- ridacchiò.

Il presidente scosse la testa, -Nulla, ovviamente ognuno è libero di gestirsi come più desidera- considerò prima di soffermarsi su una scatola che si trovava proprio accanto alle pile di intimo.

-Più che altro vorrei capire cosa te ne fai di questi- continuò prendendo in mano l’incriminato pacco di assorbenti.

Il viso di Mokuba assunse una tinta violacea, -Nii-sama, cosa-diavolo-strai-combinando- sibilò lanciando al contempo uno sguardo di scuse a Noah.

La guardia del corpo però non si scompose. -Una volta al mese ritengo sia inevitabile che li usi, Signor Kaiba-

Il moro gli rispose con un cipiglio seccato, -Certo, per una donna- disse in tono allusivo. Poteva anche accettare scelte particolari di intimo, ma quello iniziava ad essere un po’ inquietante.

-Nii-sama, Noah È una donna e quindi ha bisogno di quei cosi. Di grazia metti a posto quella scatola!- esclamò Mokuba con l’aria di uno che avrebbe preferito seppellirsi vivo che assistere a quella scena.

-Come?- domandò Seto senza alcuna inflessione particolare. A quel punto Noah cominciò a manifestare del disappunto inarcando un sopracciglio ed incrociando le braccia al petto. Fu in quel momento che il presidente notò per la prima volta una curva morbida comparire tra gli abbondanti strati di tessuto della guardia del corpo. Questo gli fece nascere un dubbio.

-Metti la scatola a posto e chiudiamo la faccenda. Stai diventando imbarazzante- sbottò Mokuba in tono innaturalmente acuto schiaffandosi una mano sul viso in fiamme.

-No, cosa hai detto prima-.

-Che Noah è una donna, quindi ha bisogno degli assorbenti. Ora, spero non debba anche spiegarti il perché!- ruggì il più piccolo non sapendo più come giustificare quella situazione imbarazzante. Non credeva di dover essere lui a dover spiegare a Nii-sama la storia dell’ape e del fiore, semmai aveva sempre pensato il contrario.

-Noah… una donna- sussurrò il presidente spostando gli occhi da suo fratello per posarli sulla figura di Isono. L’uomo, d’altra parte, rimpianse di non essere stato incenerito pochi minuti prima, perché quello sguardo significava qualcosa di molto, ma molto, peggio. Se c’era qualcosa che aveva iniziato a temere più di un Seto Kaiba arrabbiato, era un Seto Kaiba sorpreso e quella situazione era appena degenerata in modo mostruoso.

In quel momento la nuova guardia del corpo realizzò quale fosse il nocciolo del malinteso e si mise a ridere. -Caspita, mi dispiace, ogni tanto la storia dell’acronimo crea confusione. Avrei dovuto prevederlo. Le persone tendono a scordarsi questo dettaglio e la voce che mi ritrovo a causa di questo maledetto raffreddore di certo non aiuta-.

Vedendo che la nuova arrivata non si era offesa a morte, Mokuba si rilassò appena, anche se suo fratello insisteva a tenere in bella vista quella dannata scatola di assorbenti ultra-sottili.

-La forma estesa è Nojiko Ofelia Arabella Hinata, abbiamo abbreviato il nome durante la selezione per facilitare la compilazione delle carte- spiegò sentendo defluire il rossore dalle sue guance.

-È come dice il Signorino Mokuba. Dato che non ci sono le virgole tra i diversi nomi devono essere riportati tutti in caso di documentazione ufficiale. Era il metodo più veloce- confermò Isono cercando di non tremare sotto lo sguardo affilato del suo datore di lavoro. Non aveva mai capito come un ragazzo della sua età riuscisse ad emanare una tale aura imponente.

Con estrema calma il presidente depose di nuovo la scatola dove l’aveva trovata, permettendo a Noah di richiudere anche quella valigia.

-Mokuba, mostrale la sua stanza. Isono, dobbiamo parlare. ORA- furono le sue uniche parole prima di avviarsi nel suo ufficio ai piani superiori.

 

- nel frattempo, dall’altra parte della città -

 

-Non ci posso credere!- esclamò un ragazzo biondo gettando con irruenza quello che restava di un quotidiano sul tavolo della cucina Mouto. Il titolo di quella maledetta prima pagina bruciava come fuoco dietro alle sue palpebre.

-Jono calmati- provò a tranquillizzarlo la mora seduta al suo fianco mettendogli una mano sulla spalla con gentilezza.

-Non posso Anzu, credevo che i nostri sforzi stessero finalmente dando i loro frutti. Eppure altra gente è stata attaccata ed è finita in coma- ringhiò Katsuya di rimando liberandosi dalla sua presa e prendendo a misurare il piccolo ambiente a grandi falcate. Sembrava un animale in gabbia.

Gli occhi azzurri della compagna si fecero tristi, -Lo so, ma state facendo il possibile- sospirò affranta.

-Non è sufficiente!- ruggì l’interessato digrignando i denti. Dopo tutto non era lei ad aver visto quel povero ragazzino accasciarsi a terra come senza vita. Non riusciva a credere che se la fossero presa con lui, aveva solo undici anni.

-Jono ha ragione, dobbiamo cambiare strategia Aibo- convenne Atem apparendo accanto all’amico appoggiato stancamente al bancone della cucina. Il più piccolo, l’unico a poterlo vedere ed ascoltare, annuì con decisione prima di prendere parola.

-Ormai è evidente che stiamo affrontando il problema nel modo sbagliato. Dobbiamo individuare la fonte di questa follia ed eliminarla- esclamò Yugi attirando l’attenzione su di .

Jono storse il naso, -Ma non sappiamo nemmeno da che parte iniziare! Ogni benedetto seguace che abbiamo catturato è stato ingoiato dalle ombre, come se fosse uno stuzzichino da aperitivo!- protestò gesticolando vivacemente.

-Per questo dovremmo parlarne con Kaiba- disse in tono pacato il ragazzino dagli occhi violacei, come se fosse una cosa scontata.

-Oh certo, perché mi mancava un sacco farmi insultare da quel riccone senza cuore- ribatté il biondo superato un primo momento di stupore -Non ci prenderà mai sul serio- continuò scuotendo la testa.

-Non possiamo arrenderci senza avere nemmeno provato. Grazie alla sua società possiede molte più risorse di quelle che potremmo mai avere noi. Per non parlare del fatto che il legittimo proprietario della Barra del Millennio è lui- fece notare il giovane tamburellando le dita sul piano in legno.

Jonouchi scoppiò a ridere senza ritegno, -Secondo me se provi a consegnargli quell’affare tenterebbe di fonderlo per ricavarci dei lingotti-.

Il più basso si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore. Purtroppo l’amico aveva ragione, Seto odiava qualsiasi riferimento al passato e c’era il serio rischio che cercasse di disfarsi del proprio oggetto millenario pur di non doverlo avere tra i piedi.

-Yugi ha ragione, dobbiamo tentare. Non è possibile andare avanti così, l’unico motivo per cui siamo in grado di andare in giro tutta la notte, è perché non sono ancora iniziati i corsi dell’università. Ci serve aiuto e subito- fece presente Honda strofinandosi gli occhi cerchiati da due evidenti ombre bluastre.

-Dannazione, se solo Ishizu fosse in grado di capire qual’è il problema, non ci troveremmo in questa situazione- sbuffò Jono irritato riprendendo a consumare imperterrito il pavimento in ceramica.

Un’improvvisa risatina proveniente dalle loro spalle li fece sobbalzare dalla paura. Per lo spavento Honda quasi cadde dalla sedia, mentre Anzu si fece sfuggire uno squittio isterico.

-Forse io potrei darvi una mano- esclamò una ragazzina bionda facendo capolino da dietro la porta della cucina.

Yugi si staccò dal bancone per andarle incontro, -Rebecca! Ma quando sei arrivata? Il nonno non ci aveva avvertiti di una tua visita- disse sorridendo con calore alla nuova arrivata, mentre anche gli altri si affrettavano a darle il benvenuto.

-Questo perché è successo tutto talmente in fretta che non ho avuto il tempo di avvisare nessuno. Non appena sono venuta a conoscenza della terribile situazione, abbiamo preso il primo volo e ci siamo precipitate qui- spiegò la giovane posando a terra un grosso borsone da viaggio.

-Ci siamo? Vuoi dire che non sei sola?- domandò Yugi circospetto.

Sul viso di Rebecca si disegnò un ampio sorriso. -Tenetevi pronti, questa cosa è così pazzesca che stento ancora a crederci- disse prima di voltarsi oltre l’uscio e tendere una mano. -Non avere paura, sarà felice di rivederti-.

Al suo richiamo delle dita abbronzate si posarono titubanti sul suo palmo candido. Con dolcezza l’americana invitò nella stanza una ragazza minuta dai capelli scuri e i profondi occhi verdi.

Per diversi attimi nessuno proferì parola. Yugi si sentì mozzare il fiato in gola, le emozioni del faraone lo stavano investendo come una tempesta. Ricordi passati e futuri si mischiavano all’interno della sua mente offuscando la realtà.

-Mana?- si sentì dire prima ancora che potesse lasciare il proprio corpo al suo Mou Hitori No Boku.

Gli occhi della giovane si illuminarono -Atem! Oh Atem! Sono così felice di rivederti- esclamò riconoscendo il faraone in quelle iridi vermiglie e lanciandosi tra le sue braccia. Incredulo Atem la strinse con forza sentendo distintamente il calore del suo corpo oltre i vestiti.

-Ma non può essere. Voglio dire… tu sei vissuta 5.000 anni fa, hai rinchiuso il tuo Ka in una tavola di pietra davanti ai miei occhi- disse staccandosi da lei e prendendola per le spalle.

-La conosci Atem?- si intromise Anzu con un sorriso stiracchiato.

Solo in quel momento il faraone parve ricordarsi del luogo in cui si trovavano. -Sì, lei è Mana, la strega apprendista che studiava presso il mio palazzo. Anche se sembra impossibile- rispose l’ex sovrano continuando a fissare la mora stupito.

-Atem, tu sei vissuto 5.000 anni fa. Dovrebbe come minimo essere mummificata- osservò Jono tentando di far ragionare l’amico usando tutto il tatto possibile, -Senza offesa chiaramente, porti benissimo la tua età, secolo più, secolo meno- aggiunse poi in direzione della nuova arrivata, che non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

-È qui che ti sbagli my dear Jonouchi- si inserì Rebecca mettendosi le mani sui fianchi e fissandolo con condiscendenza.

-Non cambia mai- ridacchiò Yugi in forma di spirito, scuotendo benevolmente la testa.

Il biondo sbuffò divertito, -Non credo proprio zuccherino. L’ultima volta che ho controllato, l’età media di una donna giapponese si aggirava sugli 87 anni e lei ne dimostra a stento diciassette- chiarì prima di lasciarsi cadere scompostamente su una delle sedie rimaste libere.

-Ovviamente non parlavo di una situazione nella norma e, per la precisione, Mana è egiziana, ma forse è meglio che vi spieghi quello ho scoperto a partire dall’inizio- ribatté Rebecca in tono altezzoso. -Si dà il caso che Domino non sia l’unica città ad avere problemi con strani casi di coma… e di ombre-.

Jono spalancò la bocca in modo poco elegante, mentre Honda si infilava le mani nei capelli.

-Stai scherzando, non è vero?- sussurrò Anzu con gli occhi velati di paura. Yugi, d’altro canto, rimase pietrificato dall’orrore. Nella sola città di Domino, nonostante il loro intervento, erano già finite in coma dieci persone nel giro di un paio di settimane. Non riusciva ad immaginarsi quanto quel numero sarebbe potuto salire senza la loro presenza.

-Purtroppo no. Sta succedendo la stessa cosa anche a Londra, New York, Capo Verde, San Paolo e Berlino, la lista si allunga ogni giorno di più- confermò la bionda in tono tetro.

-Come puoi dire che si tratta dello stesso problema?- domandò Honda, che non riusciva a farsene una ragione.

-La gente, di solito, non ha l’abitudine di entrare in coma dopo una passeggiatina notturna- grugnì Rebecca incrociando le braccia al petto. -E poi ho visto le ombre con i miei occhi- rivelò senza riuscire a nascondere la paura che si celava in fondo ai suoi occhi chiari.

-Stai scherzando, vero?-

-Purtroppo no, mi trovavo al Metropolitan Museum of Art con mio nonno in quel momento. Stavamo studiando i resti di una vecchia stele, quando abbiamo sentito una delle guardie gridare. Le ombre sono emerse dal pavimento e l’hanno inghiottito-.

-Dannazione, questo non fa altro che rendere la situazione ancora più agghiacciante. Non possiamo starcene con le mani in mano- sbraitò Jono mettendosi le mani sugli occhi.

-Per questo dobbiamo chiedere aiuto- ribatté Rebecca determinata. Le sue iridi azzurre, accese di un fuoco inestinguibile, parlavano chiaro. Capiva bene i sentimenti dell’amico, ma non era il tempo per loro di darsi allo sconforto, dovevano prepararsi a combattere.

-E a chi?- sbuffò Honda sperando che l’americana arrivasse finalmente al nocciolo della questione.

-Da coloro che sono tornati dal passato- si affrettò a rispondere la bionda facendo correre lo sguardo verso l’ex Maga Nera. -Ci sono altre due persone come Mana in circolazione e avremo bisogno del loro aiuto per risolvere la situazione- spiegò con serietà.

Gli occhi ametista dell’antico sovrano si allargarono per l’emozione, -Chi sarebbero?-Come faremo a trovarli?- domandò con impeto. Stentava a trattenere la commozione, erano anni che la sua anima non provava un simile senso di speranza.

-Se siamo fortunati saranno loro a trovare noi. Il destino sta già tirando i fili di questa vicenda e noi sappiamo benissimo che nulla è mai lasciato al caso. Il Puzzle del Millennio ne è una prova evidente: quando è giunto il momento, è approdato tra le mani di Yugi, che guarda caso è l’unica persona su questa terra in grado di risolvere il suo enigma- li istruì Rebecca con la massima serietà.

Un senso inaspettato di sollievo riempì i polmoni di Jono. Finalmente non erano più soli in quella battaglia. -Quindi cosa dovremmo aspettarci? Chi dovremmo attendere? – si affrettò a chiedere.

Rebecca si aggiustò gli occhiali sul naso con un gesto meccanico, rivelando due pesanti ombre scure sotto agli occhi. Yugi, ancora in forma di spirito accanto ad Atem, sospirò sconsolato. Quella ragazza era una vera macchina da guerra. Nonostante avesse recuperato una ragazza proveniente dal passato, attraversato mezzo mondo per portarla da loro e avesse un debito di sonno tremendo, non aveva intenzione di riposare nemmeno un minuto.

-Se il mio ragionamento è corretto e voi non mi avete nascosto nulla sul vostro viaggio nel passato, dovrebbero presto unirsi a noi Mahad, Karim e Kisara… mi stupisce che Shadi non sia già nei paraggi- rispose l’americana contandoli sulle dita.

-Aspetta un secondo- la interruppe bruscamente -Stai parlando di Mahad il Mago Nero?-

-Ovviamente mio caro-

-Non ci posso credere… ma perché hanno deciso di rivelarsi solo ora? Qual è il loro legame con le ombre?-

-Il motivo è molto semplice quanto crudele. Nonostante abbiate sconfitto Zork, il male è rimasto vivo e palpitante dietro lo squarcio che si è creato a Kul Elna durante il rito che ha portato alla creazione degli oggetti del Millennio. E adesso c’è in circolazione qualcuno che non vede l’ora di farlo uscire- li informò Rebecca senza nascondere il suo disgusto.

Atem si ritrovò a mordersi l’interno della guancia in preda al rimorso e alla collera. Era stato il fratello di suo padre a compiere quell’azione deplorevole. Sterminare un intero villaggio solo per ottenere potere. Un potere così grande, da soverchiare un intero esercito nemico e molto di più. Ad essere sincero non considerava senza colpa neppure suo padre. Anche se inizialmente non aveva avuto la minima idea dei metodi utilizzati da Aknadin, doveva prevedere che una tale forza non poteva essere stata ottenuta senza un sacrificio terribile. Quando ripensava a quella parte della sua storia, il peso del Puzzle attorno al suo collo si faceva pesante come un macigno. Non si trattava che di un sudicio pezzo di metallo imbrattato di sangue innocente. Non aveva fatto altro che portare morte, sofferenza e distruzione. Non si sarebbe stupito se un giorno il suo Aibo avesse deciso di scaraventarlo sul fondo dell’oceano.

-Mou hotori no boku- sussurrò Yugi posandogli una mano sulla spalla. -Smettila di pensarci, ne abbiamo già parlato. Nonostante la tua storia abbia un inizio oscuro, non significa che debba definire ciò che sei. E' ciò che tu fai, chi tu scegli di essere. Il Puzzle è e rimarrà il mio tesoro più grande- lo rassicurò senza staccare gli occhi da quelli del compagno. Atem non rispose, ma Yugi sentì distintamente le sue emozioni distendersi e placarsi.

Insieme ce l’avrebbero fatta. Insieme avrebbero combattuto e vinto anche questa volta.

Con rinnovata fiducia i due riportarono l’attenzione sull’americana, finalmente uno spiraglio di luce avrebbe illuminato il loro sentiero.  

 

 

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Capitolo 3
*** Presentable ***


- Presentable -

 

-Mi dispiace averle creato problemi. Ero sicura che la situazione fosse chiara-.

Le labbra di Isono si distesero in un sorriso genuino. Era la quinta volta che si scusava con lui da quando avevano lasciato l’atrio.

Per fortuna la situazione si era risolta tanto velocemente, che era riuscito ad incrociare Mokuba e Nojiko a metà tragitto. Così aveva potuto lasciare libero il signorino di prepararsi per la scuola.

-Non preoccuparti, il Signor Kaiba voleva solo dei chiarimenti- la tranquillizzò imboccando l’ennesimo corridoio e fermandosi davanti ad una delle tante anonime porte.

-Questa sarà la tua stanza e il posto dove vivrai d’ora in avanti. Ci troviamo in un’ala secondaria della villa. Abbastanza distanti da lasciare la dovuta privacy, ma altrettanto vicini nel caso dovessimo intervenire tempestivamente- spiegò Isono mentre apriva la porta invitandola ad entrare. Nojiko non se lo fece ripetere una seconda volta e, contorcendosi in modo ridicolo, riuscì a far passare sé stessa e le sue valige oltre l’uscio.

-Wow- si lasciò sfuggire posando gli ingombranti bagagli sul pavimento chiaro.

-Ogni alloggio è composto da tre stanze, un soggiorno, dove ci troviamo ora, una camera da letto ed un bagno- spiegò Isono affiancandola ed indicando i vari spazi a sua disposizione.

Nojiko emise un fischio di apprezzamento, -Tutto questo spazio solo per me?-.

-Certamente, il Signor Kaiba crede che un lavoratore felice sia un ottimo lavoratore. Perciò, fin tanto che le tue prestazioni rispetteranno i suoi standard, non ti mancherà nulla- confermò l’uomo dando un’occhiata preoccupata all’orologio che aveva al polso.

-Il ragionamento fila- commentò la ragazza facendo scorrere lo sguardo sull’arredamento semplice e moderno. Non vedeva l’ora di disfare i bagagli e rendere quel posto un po’ più suo. Probabilmente avrebbe scritto a papà di inviarle un po’ di foto.

-Le mie stanze si trovano a poca distanza da qui. Insieme a quelle degli altri stretti dipendenti. Invece, in fondo al corridoio, potrai trovare una piccola palestra comune e la nostra piscina. Nelle dispense che ti ho lasciato, ci sono tutti gli approfondimenti che possono servirti, quindi perdonami se al momento non sono molto dettagliato. Siamo già terribilmente in ritardo- snocciolò l’uomo facendo segno di seguirlo fuori. Prontamente la giovane si lasciò le spalle la sua nuova “casa” e si mise all’inseguimento del suo superiore. Cosa non troppo impegnativa, a causa della gamba ferita.

-La tua giornata di oggi sarà incentrata sull’inserimento, quindi ti recherai alla sede della Kaiba Corporation insieme al presidente. La limousine dovrebbe arrivare tra poco. Per ingannare il tempo, durante il tragitto, potrai dare uno sguardo alle dispense a cui ti ho accennato prima, mi sono preso la libertà di caricare tutte le informazioni su un tablet- la istruì mentre si facevano strada tra le viscere dell’enorme villa.

Nojiko non si stupì della maniacale organizzazione dell’uomo, in fondo lavorava per il signor Kaiba da anni e doveva esserci un motivo se non era stato ancora rimpiazzato.

-Ad attenderti ci sarà Lidiya, la nostra responsabile della sicurezza informatica. Io mi occuperò di scortare il Signorino Mokuba a scuola e in seguito dovrò sottopormi alla mia seduta di fisioterapia giornaliera- disse ancora la guardia del corpo, mentre procedevano alla massima velocità consentitagli dalle sue gambe malferme.

A quel punto Nojiko decise che fosse il momento di prendere attivamente parte alla conversazione, sapeva bene quanto poteva essere difficile inserirsi in un meccanismo già ben oliato e non voleva commettere inutili passi falsi.

-Quali sono i programmi della giornata del Signor Kaiba? Ci saranno appuntamenti fuori dalla sede? Per il pranzo invece come è solito organizzarsi? – chiese in tono pacato, adattando senza problemi il proprio passo a quello del compagno.

In risposta alla sua domanda Isono prese a frugare all’interno della sua giacca fino a far apparire un cellulare di ultima generazione -Troverai la tabella aggiornata degli appuntamenti nel calendario. Per quanto riguarda la giornata di oggi, ci sarà una riunione interna con i tecnici del dipartimento olografico e in seguito un pranzo con uno dei più stretti soci dell’azienda. Niente di speciale dunque- rispose consegnandole l’apparecchio.

-Molto bene, è uno dei ristoranti dove vi recate solitamente? - domandò la ragazza iniziando a tamburellare sulla superficie lucida del cellulare.

Isono annuì, -Predisporranno una postazione da dove potrai monitorare la situazione senza problemi. Cerca di essere il più discreta possibile, il Signor Kaiba odia essere osservato e non sopporta quando i suoi clienti, o collaboratori, si sentono a disagio a causa della sicurezza- la istruì mentre mettevano piede nell’atrio d’ingresso.

-Nessun problema, mimetizzarsi tra la tappezzeria dei ristoranti è più divertente di quanto si creda- ridacchiò la giovane.

 Accanto alla porta Mokuba era già in attesa, con lo zaino mollemente abbandonato su una spalla e l’aria più che annoiata.

-Non vedo l’ora che finisca tutta questa pagliacciata- sbottò il ragazzino alzando gli occhi al cielo in modo plateale.

Isono faticò a nascondere un sorriso dinanzi a quella scena, che ormai si ripeteva tutte le mattine, puntuale come un orologio svizzero.

-Avanti signorino, le basta portare pazienza ancora per un poco- disse accomodante indicando la porta con un cenno della mano.

Mokuba gli scoccò un’occhiata obliqua, senza muovere un muscolo, -La fai facile tu. Hai lasciato questo purgatorio centinaia di anni fa- sospirò affranto.

-Lo studio è una cosa seria. Hai bisogno di una formazione completa per poter assumere il ruolo che ti spetta alla Kaiba Corporation- rispose l’adulto zoppicando fino all’uscio e posando una mano sulla grossa maniglia in ottone.

Il più piccolo scrollò le spalle indispettito, -Sai benissimo che potrei cavarmela senza problemi in azienda. Sono il migliore del mio anno e probabilmente di molti dei miei sempai- borbottò osservando con indifferenza la guardia del corpo schiudeva la porta.

-Non lo metto in dubbio Signorino, siete brillante quanto vostro fratello, ma è importante ottenere un titolo di studio. Un foglio di carta che attesta le vostre competenze è qualcosa di impagabile e che non può essere messo in discussione-.

Il più giovane roteò gli occhi annoiato, -Uff… tu che ne pensi Noha? Anzi, Nojiko, meglio evitare altri fraintendimenti- bofonchiò mentre le sue guance si velavano di rosso in ricordo della figuraccia di cui suo fratello si era reso protagonista.

La nuova guardia del corpo sorrise dietro la mascherina, -Effettivamente Nojiko mi piace molto di più. Io ho avuto una formazione privata per cui posso dire di invidiarti un pochino- disse intrecciando le mani dietro la schiena, -Non ho mai avuto dei compagni di classe- spiegò poi davanti all’espressione perplessa di Mokuba.

-E’ stato a causa della tua professione? - domandò il ragazzino interessato.

-In parte, ma ho dovuto anche recuperare diversi anni scolastici, a causa di gravi problemi di salute. Per cui la mia carriera come studentessa è stata piuttosto travagliata- ridacchiò la ragazza imbarazzata.

In quel momento il presidente della Kaiba Corporation piombò su di loro come un predatore, -Cosa ci fate ancora qui, siete in ritardo!- ringhiò, passandoli uno ad uno con il suo sguardo affilato, fino a soffermarsi irritato sul fratello minore.

-Non ho intenzione di firmare l’ennesima giustifica immotivata- sibilò nella sua direzione.

-Stavamo giusto uscendo Nii-sama, non arrabbiarti. Siamo in perfetto orario- disse Mokuba cercando di mostrare una certa nonchalance, anche se aveva appena raddrizzato la schiena e sistemato lo zaino in maniera decente sulle spalle.

-Questo lo vedremo- sbuffò il maggiore prima di ripescare il proprio palmare dalla tasca interna del cappotto ed incamminarsi a grandi falcate verso la porta.

-Non venire in azienda dopo la scuola, temo che l’incontro con Crawford si protrarrà più del previsto- lo informò mentre oltrepassavano l’uscio a passo spedito.

-Davvero? Come mai?- domandò Mokuba affiancandolo e cercando invano di spiare lo schermo luminoso del palmare.

-Porterà un ospite con sé. Un egiziano che vorrebbe allacciare i contatti con l’azienda- spiegò il moro continuando a picchiettare a tutta velocità sulla superficie in vetro. Pochi passi avanti a loro l’autista si affrettò ad aprire la porta della limousine bianca.

Mokuba si trattenne a stento dallo sbuffare. Odiava quando doveva cavare a forza le informazioni dal fratello.

-Riguardo a cosa?- chiese quindi a denti stretti, sperando di ottenere una risposta prima che il più grande si infilasse nella vettura.

-Non è stato molto dettagliato. Sai com’è fatto quell’uomo, il 90% delle volte punta solo a farmi imbestialire, per cui ho deciso di affrontare direttamente la questione quando si presenterà- replicò Seto in tono sbrigativo prima di voltarsi in direzione di Nojiko,

-Andiamo- disse semplicemente alla ragazza invitandola ad entrare.

A quel punto a Mokuba non restò che alzare bandiera bianca, -A presto Nojiko, fai attenzione a non dare troppa confidenza a Lidiya, tende a diventare molto… fisica- avvisò la guardia del corpo accennando un saluto con la mano.

-Nella rubrica del cellulare ho salvato i contatti essenziali, tra cui il mio, se dovessero esserci problemi, o imprevisti, non esitare a chiamarmi- si affrettò ad aggiungere Isono prima che l’autista chiudesse la porta con un gesto secco, quasi brutale. A quanto pareva la tabella di marcia del Signor Kaiba era implacabile quanto una calamità naturale.

 

Nojiko prese posto nella fila di sedili trasversale, dove era depositato il tablet di cui le aveva parlato Isono, mentre Seto colonizzò letteralmente i sedili posteriori. L’auto non fece in tempo a mettersi in moto che il cellulare del presidente iniziò a squillare. La suoneria asettica e ripetitiva fece venire i brividi a Nojiko che si affrettò a concentrarsi sulle dispense ascoltando Kaiba iniziare un’animata discussione in spagnolo.

Fu assalita dallo sconforto nel constatare che solo l’indice occupava tre pagine dell’intera dispensa, che per altro aveva pochissime immagini. Non le sarebbe bastata una settimana per leggere tutta quella roba. Automaticamente si portò una mano ai corti capelli neri, intrecciando le dita tra le ciocche lisce.

Con sguardo critico constatò che la tinta stava già svanendo. Per fortuna il signor Kaiba era stato chiaro a riguardo e d’ora in avanti non avrebbe più dovuto sottoporsi a quell’inutile tortura. Nonostante il traffico, non ci misero molto ad attraversare la città e Nojiko riuscì a farsi un quadro generale della situazione, cullata dalla cadenza regolare della lingua spagnola.

Quando la ragazza scese dall’auto, dovette imporsi di non rimane a bocca aperta, ma, dallo sguardo divertito che le scoccò l’autista, intuì di non essere riuscita per niente a nascondere lo stupore. Prima di aderire alla domanda di assunzione e partecipare al concorso per ottenere il posto, la ragazza si era documentata parecchio sull’azienda e sul giovane presidente, tuttavia, vedere una foto dell’ingresso era una cosa, essere ai piedi della scalinata con due statue enormi e irte di denti era tutto un altro paio di maniche.

Senza riuscire a staccare lo sguardo dagli occhi enormi e aggressivi dei draghi, seguì il presidente nella sua avanzata decisa. Ai margini del suo campo visivo vide che tutte le persone sul loro cammino si fermarono, o si affrettarono a togliersi dalla loro traiettoria. Non seppe dire se per timore, rispetto o paura, ma se non altro, questo le rese ben chiaro che la presenza del giovane presidente non passava inosservata. Sul piazzale davanti all’ingresso trovarono la terza statua, leggermente più piccola e, agli occhi di Nojiko, più mansueta. Lo sguardo altero aveva una nota calda, quasi amorevole, come a voler dare il ben tornato al suo padrone.

Al sicuro oltre le porte in vetro trovarono ad attenderli una ragazzina minuta dai lunghi capelli biondi e gli occhi luccicanti per l’emozione.

-Lidiya lei è Nojiko, mostrale l’azienda e occupati di tutto il necessario. Quando hai finito portala alla signora Maeda- presentò in modo stringato il signor Kaiba senza placare la sua avanzata.

-Agli ordini Seto-kun!- trillò la giovane in direzione della schiena del presidente, prima di prendere la nuova guardia del corpo sotto braccio e trascinarla via con sé.

Nojiko ne rimase così spiazzata che non trovò la forza, né la volontà, di opporsi a quel concentrato di energia e tenerezza. Quasi saltellando, la condusse all’interno di uno degli ascensori in vetro e selezionò il ventesimo piano. I due uomini che erano già all’interno fecero loro spazio, mentre l’unica donna, strizzata in un rigido tailleur grigio, alzò gli occhi al cielo alla vista della sua accompagnatrice.

Effettivamente, per essere una dipendente di un certo grado all’interno dell’azienda, si presentava con un abbigliamento eccentrico. Nonostante fossero in pieno inverno, portava una cortissima minigonna in pelle, abbinata ad un giacchino del medesimo colore che le arrivava a stento all’ombelico. Al di sotto portava una maglia attillata rosa fluo che faceva risaltare il suo fisico snello e la vita stretta, mentre ai piedi portava degli stivali bianchi che le arrivavano sopra al ginocchio, con delle zeppe di almeno dieci centimetri.

-Sono così felice di conoscerti finalmente! Il mio nome è Lidiya e mi occupo della sicurezza informatica dell’azienda. In sostanza sono occhi e orecchie del Signor Seto, non succede niente in questa società di cui io non sia a conoscenza- esclamò la bionda facendo ondeggiare i codini che contenevano i suoi lunghi capelli ricci. A quelle parole Nojiko drizzò le orecchie, non era comune per un giapponese chiamare qualcuno con il nome proprio, soprattutto se si trattava di un superiore. Un sorriso furbetto si disegnò sulle labbra dell’informatica, -Io e il Signor Seto abbiamo un rapporto speciale, è da anni che cerca di conquistarmi con regali e lusinghe, ma ahimè… non sono per nulla interessata a lui… poveretto- sospirò scuotendo il capo in modo sconsolato.

Nojiko cercò di immaginare il presidente dannarsi per cercare di attirare l’attenzione di quella ragazza, ma a giudicare dagli sguardi obliqui e dalle risate trattenute degli altri occupanti della cabina, quella relazione esisteva solo nella testa della bionda.

-Da quanto tempo ti occupi della sicurezza qui alla Kaiba Corporation?- chiese la guardia del corpo cercando di riportare la conversazione su un terreno sicuro.

-Circa quattro anni e ti posso assicurare che prima qui era un totale disastro- sospirò affranta e spalmandosi mollemente lungo il suo fianco.

Con la coda dell’occhio Nojiko vide la donna in tailleur stringere le labbra fino a farle diventare una linea sottile. -Anche un bambino sarebbe stato in grado di entrare nei loro archivi- rincarò poi la dose la giovane, incurante delle reazioni ostili che stava suscitando intorno a sé. A quanto pareva l’informatica non era molto amata all’interno dell’azienda.

-E da quanto tempo vivi in Giappone?- domandò quindi, forse prima del ventesimo piano sarebbe riuscita a trovare un argomento neutro da affrontare.

La compagna la guardò perplessa, -Come scusa?-

-Il tuo nome è russo, pravo*?- suggerì Nojiko facendole l’occhiolino.

Improvvisamente vide la bionda spalancare gli occhi e animarsi di nuova energia, -Esatto, scusa, mi ero scordata che tu sapessi il russo!- esclamò in tono vivace passando automaticamente alla sua lingua madre. -Comunque vivo qui da allora. È stato difficile ambientarmi, nonostante la gentilezza ben radicata nella loro cultura, i giapponesi non sono molto ben disposti verso gli stranieri-

Uno scampanellio allegro le avvisò che erano arrivate al piano.

Senza perdere tempo uscirono dalla cabina e si ritrovarono su un pianerottolo con un’unica porta chiusa. Con un movimento fluido Lidiya fece passare una delle tessere magnetiche che aveva al collo e Nojiko sentì distintamente la serratura scattare.

-In alcune circostanze sento ancora risuonare la parola gaijin dietro le loro faccette sorridenti- proseguì la bionda aprendo l’uscio ed invitandola ad entrare. Con un paio di passi la guardia del corpo oltrepassò la soglia e fece capolino in quel nuovo ambiente.

-Credevo che all’interno di un’azienda multinazionale come la KC certi luoghi comuni fossero superati- rispose Nojiko senza perdere il filo del discorso, mentre studiava l’ambiente circostante. La prima cosa che notò, fu il leggero aroma di caffè che sembrava permeare l’aria, in secondo luogo, che il numero di schermi lì dentro superava di gran lunga quello degli esseri umani.

-Certo, ma devi tenere conto che la madre dell’ignoranza è sempre incinta- disse Lidiya abbracciandola da dietro, come a volerla confortare. D’altra parte anche lei non era giapponese Doc.

-Non temere comunque, alla maggior parte delle persone non interessa minimamente quali siano le tue origini. Per non parlare del fatto che i giovani vanno letteralmente in visibilio per le donne orientali. Non so se mi spiego- terminò con una risatina frivola.

-Credo di aver afferrato, ma fare la guardia del corpo è già abbastanza sfibrante, senza aggiungere altre seccature- sbuffò Nojiko divertita sentendo le guance sotto la mascherina scaldarsi per l’imbarazzo.

-Comunque, benvenuta all’interno del dipartimento informatico, il ventesimo piano è dedicato interamente al controllo e alla sicurezza dell’azienda. Monitoriamo tutti i dati che entrano ed escono, ci occupiamo dei server, dell’archivio e delle autorizzazioni interne. Teniamo anche sott’occhio i video delle telecamere, ma la sorveglianza vera e propria, nonché fisica, è ruolo della Sicurezza Aziendale, piano uno- spiegò l’informatica riprendendola a braccetto ed iniziando a guidarla all’interno di quel dedalo di cavi e computer. Nojiko valutò che in quella zona dovevano esserci non più di dieci persone e a giudicare dai bicchieroni stipati sulle scrivanie, lì nessuno dormiva molto, né amava eccessivamente la luce del sole.

-Per prima cosa dobbiamo preparare il tuo badge personale. Sarà il tuo passaporto all’interno di qualsiasi struttura dell’azienda e, a seconda del tuo ruolo, ti verrà consentito o negato l’accesso alle diverse aree- annunciò Lidiya una volta giunte davanti alla porta del suo ufficio. Rispetto alle altre postazioni, si trovava in una zona leggermente soprelevata ed era isolata dal resto dell’ufficio da spesse pareti di vetro. -Ad esempio, il Signor Seto e Mokuba hanno accesso a qualsiasi struttura in qualunque momento, mentre un comune impiegato potrebbe avere delle restrizioni per quanto riguarda gli archivi o i livelli di ricerca e sviluppo. È una gran seccatura avere a che fare con così tante realtà tutte in una volta- continuò la ragazza sbloccando l’ingresso posando l’indice destro su un lettore di impronte. A quanto pareva, la sicurezza non era mai troppa.

-Quindi ci sono alcuni luoghi in cui la sicurezza non potrà raggiungere il Signor Kaiba?- domandò osservando la ragazza togliersi la giacca di pelle e lanciarla sulla sedia ergonomica semi-nascosta dai grandi monitor. In quel modo poté leggere per la prima volta la grossa stampa sulle sue spalle: “Girls with class go everywhere”. Decisamente appropriata al personaggio.

-Esattamente zuccherino, ma non preoccuparti, Seto-sama ha ben più di un asso nella manica- le rivelò facendole l’occhiolino. Nojiko rimase leggermente perplessa, ma decise di tenere per sé i suoi dubbi riguardo le abilità del presidente.

-Ora levati quell’orribile mascherina, dobbiamo scattare una foto a quel bel visino- disse Lidiya estraendo da chissà dove un’enorme macchina fotografica professionale.

La guardia del corpo inarcò un sopracciglio divertita, osservando con che cura e amore la bionda stava sistemando cavalletto ed obiettivo.

-Non ne avete una di repertorio? Sono sicura che il Signor Kaiba abbia fatto svolgere ricerche approfondite su ognuno dei candidati- ribatté candidamente.

L’informatica ridacchiò, mentre ignorava le sue proteste e le faceva segno di prendere posto su una sedia posizionata davanti ad uno sfondo bianco. -Ci piace mantenere un profilo omogeneo, tutti i dipendenti sono passati per il mio obiettivo-.

-E per le tue mani oserei dire. Dovresti frugare meglio nella tasca interna a sinistra. Hai mancato il portafoglio- ghignò Nojiko sedendosi con deliberata lentezza.

-Ma i quattro pugnali non mi sono sfuggiti- rilanciò Lidiya con un sorriso angelico ad illuminarle il volto.

-Cinque zuccherino e non sei riuscita a portarmene via nemmeno uno- disse la guardia del corpo levandosi la mascherina in modo trionfale.

-Ti adoro. Credo proprio che andremo d’accordo noi due. Ora fammi un bel sorriso, abbiamo ancora una montagna di cose da fare- trillò la bionda prima di abbagliarla con il flash della macchina fotografica.

 

--- § ---

 

Nojiko si sentiva come se fosse stata passata in un frullatore. Nel giro di quattro ore avevano completato la fase di registrazione e visitato l’azienda da cima a fondo. O per lo meno, le aree a cui lei avrebbe avuto accesso, che non erano poche, considerando lo stretto contatto che avrebbe avuto con il Signor Kaiba.

Lidiya non aveva fatto altro che parlare per tutto il tempo, presentandole persone e mostrandole tutte le parti sensibili dei vari dipartimenti.

Alla fine, ovviamente, era riuscita a mettere le mani anche sul suo portafoglio.

-Carina questa foto, dove l’avete scattata?- le chiese mettendole sotto il naso una delle fotografie che custodiva nelle tasche in pelle.

-Giant’s Causeway, è una spiaggia dell’Irlanda del Nord. Dovresti andare è molto suggestiva- descrisse Nojiko soffermandosi con affetto sui volti dei genitori. Quella sera avrebbe cercato di chiamarli, era da un paio di giorni che non li sentiva e papà Yulian stava sicuramente iniziando ad andare in escandescenza.

-Questa invece?- la incalzò Lidiya impaziente mostrandole un’altra immagine di loro tre abbracciati.

-Rainbow Mountain, Perù- rispose la guardia del corpo riconoscendo le meravigliose strisce di colore che si susseguivano lungo la catena montuosa che si trovava nel Sud-America.

-Sei stata in un sacco di posti pazzeschi- esclamò la bionda estatica e con una punta di invidia.

Nojiko sorrise bonaria, nonostante la mascherina fosse tornata a nascondere gran parte del suo viso. -Il lavoro dei miei genitori non conosce confini, vanno dove c’è bisogno di loro- spiegò semplicemente.

-Come ti senti quando ti dicono che, in fondo, sono solo sporchi mercenari?- domandò Lidiya nel suo solito tono candido.

A quella osservazione Nojiko non se la prese, ormai aveva iniziato a capire come funzionava la testolina della bionda. Non era cattiva, solo molto curiosa e, semplicemente, diceva tutto quello che le passava per la testa. Senza filtri.

Forse era proprio quello uno dei motivi per cui il Signor Kaiba aveva deciso di tenerla con sé e farla lavorare per l’azienda. Oltre ad essere mostruosamente brava nel suo campo, non aveva segreti e diceva apertamente quello che pensava.

-È l’altra faccia della medaglia. Ci sono un sacco di persone che pensano che tutte le aziende di Sicurezza Privata siano solo un mucchio di farabutti legalizzati che vendono la propria anima per denaro. Questo perché un sacco di agenzie fanno proprio questo, ma non sempre è così- rispose Nojiko in tono pacato, -Tu dovresti saperlo bene, non tutti gli informatici sono hacker, o sbaglio?-.

-Corretto mia cara. Colpita e affondata- ammise Lidiya alzando le mani in segno di resa.

-In quanto Sicurezza Privata, siamo spesso richiesti per proteggere persone di influenza politica ed economica, o per cercare individui scomparsi. Ma la maggior parte degli ingaggi riguardano le attività di supporto in caso di catastrofi naturali, come terremoti, alluvioni, valanghe… siamo una squadra perfettamente organizzata per affrontare gli imprevisti. È quello il nostro punto di forza- proseguì la guardia del corpo mentre l’ascensore le portava sempre più in alto.

-Parli con molta passione del tuo lavoro, mi chiedo come mai tu abbia voluto cambiare la tua posizione- si interessò la bionda, -Insomma, avevi un sacco di libertà, viaggiavi moltissimo e stavi con la tua famiglia, perché hai scelto di venire a lavorare qui alla KC?-.

Nojiko scrollò le spalle con noncuranza davanti a quella domanda più che lecita, -Beh, come ho spiegato anche durante i colloqui, vorrei fare un po’ di esperienza da sola, senza i miei genitori che mi guardano le spalle. Vedere più realtà e acquistare più indipendenza e ti assicuro che non è facile, soprattutto quando hai due papà apprensivi- ripeté guardando distrattamente la città di Domino farsi sempre più piccola oltre i vetri dell’ascensore.

-Sono loro, vero?- chiese Lidiya mostrandole l’ultima fotografia, la più vecchia e stropicciata.

-Sì, Kaii e Yulian, qui siamo nel Deserto del Gobi. Si era persa una spedizione di turisti facoltosi e le mogliettine, in preda all’ansia, hanno chiamato noi per andarli a recuperare- sorrise Nojiko.

-Scommetto che i mariti volevano solo liberarsi di loro per un po’ di tempo- insinuò la bionda.

-Dici bene mia cara- ripose la guardia del corpo, mentre il sorriso sul suo volto si allargava.

Il viso della compagna tuttavia restò neutro, quasi pensieroso, -Comunque, in questa foto non dimostri sedici anni, sembri molto più piccola… e magra- notò avvicinando maggiormente la fotografia al naso.

-Infatti in questa foto ne ho quattordici. Ho avuto molti problemi di salute da piccola, per questo ho un aspetto così orrendo- spiegò Nojiko facendo scivolare le mani sotto le maniche della felpa che indossava. Odiava parlare del suo passato, ogni volta i palmi iniziavano a sudarle senza sosta e non poteva fare a meno di provare un’irrefrenabile paura.

-Ma sul tuo curriculum c’è scritto che sei stata adottata a sedici anni- intervenne Lidiya senza accorgersi dei sentimenti che stava scatenando nella compagna.

Le sue parole tuttavia parvero riscuotere la guardia del corpo, che riacquistò la sua solita compostezza, -Prima ho passato un lungo periodo in affido… sai, non è stato facile per i miei genitori. Le coppie omosessuali difficilmente riescono ad adottare un bambino e la strada non è stata semplice- rivelò in tono neutro.

-Mi dispiace- disse la bionda sinceramente triste.

Automaticamente Nojiko portò una mano sulla schiena dell’informatica per confortarla, -Ora siamo felici ed è questa la cosa importante. Dove mi stai portando ora?- domandò cercando di sviare l’argomento verso lidi più spensierati.

-Dalla Signora Maeda, la segretaria di Seto-sama. Anche lei ha delle istruzioni da darti- rispose la bionda rimettendo a posto le fotografie e restituendo la refurtiva.

-So che può sembrare tutto molto caotico e che le informazioni sono tante, ma ti assicuro che con il passare dei giorni diventerà tutto più semplice. Tieni il tablet con le dispense sempre con te e andrà tutto bene- continuò osservando la guardia del corpo riporre con cura il portafoglio nella tasca interna della felpa.

-Tranquilla sono abituata a gestire grosse quantità di informazioni. Per lo meno qui non mi stanno ancora sparando addosso- ridacchiò Nojiko sistemando la zip.

-Già, quasi mi scordavo questo lato del tuo lavoro. A proposito, hai impostato una password a quell’affare? Non vorrei fare tutta questa fatica ogni giorno, per poi servire l’azienda a dei criminali su un piatto d’argento- borbottò Lidiya incrociando le braccia al petto in una posizione di finto rimprovero.

-È stata la prima cosa che ho fatto. Credimi, non sai quante volte queste diavolerie elettroniche hanno messo a repentaglio le nostre missioni. Ogni tanto vorrei solo raccogliere tutti gli smartphone dei clienti e farci un grande falò- esclamò Nojiko esibendo il tablet bloccato come uno scudo. Era tutta la mattina che se lo trascinava dietro come un peso morto e onestamente non vedeva l’ora di liberarsene.

-Non preoccuparti, con me non avrai questi problemi. Sei in mani sicure- assicurò la bionda mentre l’ascensore giungeva finalmente a destinazione. Giunte sul pianerottolo, dovettero passare la consueta carta magnetica e le porte in vetro si spalancarono senza un rumore.

-Sembra una seccatura dover dipendere dai badge, ma ti assicuro che è il metodo più comodo e sicuro per gestire tutta la marmaglia che entra ed esce da qui. Non sai quante volte, prima che arrivassi io, si sono ritrovati con stupidi giornalisti a ficcare il naso dove non dovevano- sbuffò l’informatica guidandola attraverso un breve corridoio dalle pareti di vetro.

Il Signor Kaiba doveva proprio amare le altezze.

-Finalmente Lidiya-chan, iniziavo a disperare- li sorprese una voce dolce poco più avanti.

Le due sbucarono in un’ampia sala circolare, con diverse piante a ravvivare l’ambiente e una scrivania solitaria a sorvegliare due porte candide.

-La visita ha richiesto più del previsto Signora Maeda- si scusò la bionda avvicinandosi al tavolo stracolmo di carte.

-Non importa cara. Ti trovo sgargiante come sempre- disse l’anziana andandole incontro.

-Amo presentarmi al meglio- rispose l’informatica lasciando che la donna le lisciasse la gonna e le allacciasse la giacchetta fino alla gola.

La signora Maeda annuì comprensiva, -Certo mia cara, prendi pure una caramella- concesse, indicando con un gesto della mano un vaso di vetro stracolmo di dolciumi. Non del tutto convinta Lidiya scrutò tra le carte colorate e alla fine scelse un dolcetto gommoso a forma di orsetto.

Soddisfatta l’anziana focalizzò finalmente l’attenzione sulla nuova guardia del corpo. -Tu devi essere Nojiko, dico bene?-

-Sì signora, piacere di conoscerla- rispose Nojiko esibendosi in un inchino da manuale.

-Lasciami dire, che sono un po’ sorpresa di ritrovarmi davanti uno scricciolo come te, eravamo convinte che ci saremmo trovate per le mani un bel giovanotto- ammise la donna apprezzando il gesto della giovane. Non erano molti i ragazzi che si ricordavano ancora delle tradizioni e delle buone maniere.

-Un bel paio di pettorali sodi non avrebbero di certo guastato. Ormai sono circondata da uomini flaccidi e mollicci- sospirò Lidiya affranta abbandonandosi su un angolo libero della scrivania e guadagnandosi un’occhiata di ammonimento da parte della segretaria.

-Non è la prima a rimanere stupita signora, ma le posso assicurare che valgo ogni grammo del mio peso- la rassicurò Nojiko.

L’anziana annuì con pazienza, -Ne sono certa mia cara, tuttavia, mi chiedo se anche la sua lealtà è ben riposta- disse guardandola intensamente da sopra gli occhiali dalla montatura sottile.

Nonostante lo sguardo penetrante, la guardia del corpo non vacillò, -Potrebbero sembrare parole vuote, ma mi permetto di dire che in tutta la mia vita ho mancato alla parola data solo una volta e tutt’ora lo rimpiango- ammise in tono grave.

-Sincera dunque, molto bene- proseguì la donna in tono serio, -Il Signorino Mokuba e il Signor Kaiba hanno bisogno di persone forti e giuste al loro fianco. Non ti mentirò dicendo che questo sarà un lavoro semplice. Sia per le insidie provenienti dall’esterno, sia per i caratteri frizzanti dei nostri giovani datori di lavoro- la avvisò.

-Farò del mio meglio- replicò la giovane senza timore. In fondo quello era il suo posto e si era battuta con ferocia per ottenerlo. Non si sarebbe arresa per nulla al mondo, aveva degli obiettivi ben precisi da raggiungere.

Davanti al suo sguardo duro e deciso, il viso della Signora Maeda si sciolse in un sorriso sincero.

-Scusa se sono stata severa. Benvenuta nella nostra piccola famiglia, Nojiko-chan. Come ti avranno già anticipato, io sono la segretaria personale del Signor Kaiba, mi occupo della gestione della sua giornata, dei suoi spostamenti e dei clienti. Isono ti ha già fornito lo smarphone con la sua tabella di marcia?-.

La guardia del corpo annuì con vigore, facendo apparire tra le mani il telefono di ultima generazione.

-Molto bene, allora vieni con me. Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare- anticipò la Signora Maeda invitandola ad avvicinarsi alla scrivania.

Intuendo che il suo lavoro era terminato Lidiya accennò un saluto e si diresse verso l’ascensore ancheggiando, dopo averle promesso che quella sera avrebbero festeggiato alla villa il suo arrivo.

 

--- § ---

 

Il tempo con la Signora Maeda trascorse veloce e senza accorgersene Nojiko si ritrovò con le braccia cariche di nuove scartoffie.

-Forse è meglio se ti procuriamo uno zainetto, dubito che riuscirai a svolgere bene il tuo lavoro con tutta quella roba per le mani- ammise la donna con un sospiro preoccupato.

-Faccia portare tutto alla villa da qualcuno della Sicurezza. Adesso dobbiamo andare- esclamò il Signor Kaiba irrompendo nella sala e dirigendosi a passo spedito alla porta alla loro sinistra, quella che portava al suo ufficio.

-Ma siete in anticipo Signore, c’è stato per caso qualche problema?- domandò l’anziana scattando sull’attenti e affacciandosi sulla soglia

-Assolutamente Signora Maeda, ma preferisco arrivare prima di quel ciarlatano- sbottò il presidente alzando il viso e soppesando le due donne che lo osservavano. Il suo sguardo di ghiaccio si soffermò su Nojiko con disappunto.

-Falla cambiare. Sarà un pugno nell’occhio con quei vestiti e non voglio più vedere quella mascherina. Se infetta Crawford tanto meglio- ringhiò cominciando a raccogliere una serie di carte per riporle nella ventiquattrore.

La ragazza si indignò, non era affatto vestita male, aveva solo tentato di essere più anonima e discreta possibile. In fondo il suo ruolo era di difendere e prevenire, non certo di spiccare in una sfilata di moda!

Portava una morbida felpa nera e dei pantaloni scuri, trattenuti in vita da una spessa cintura del medesimo colore, mentre ai piedi facevano mostra di sé due stivali che le arrivavano a metà polpaccio. Le calzature avevano una suola spessa e robusta e nascondevano due dei cinque pugnali che era solita portarsi appresso. L’unico vezzo che si concedeva, era la catenina d’argento che le avevano regalato i suoi genitori.

-Vieni cara, ho già preparato tutto- la distrasse la Signora Maeda portandola verso l’altra porta presente. Si trattava di una piccola stanza piena di scaffali che partivano dal pavimento ed arrivavano al soffitto. Ognuno di essi era stracolmo di scatoloni e porta documenti, divisi per anno e ordine alfabetico. Una sola occhiata a quel posto, fece venire alla nuova guardia del corpo un fastidioso senso di claustrofobia, e arricciò il naso infastidita.

-Quando mi hanno confermato la tua assunzione mi sono preparata il meglio possibile, ma in un prossimo futuro dovrai farti prendere le misure per il set di divise che ti spetta- la informò la segretaria indicandole due custodie per abiti appese con cura sullo scaffale davanti a loro.

-A te la scelta cara, ti aspetterò qui fuori. Cerca di non metterci troppo tempo, quando si parla di Crawford il Signor Kaiba diventa più nervoso del solito- disse la donna prima di chiuderla dentro quel postaccio.

Rimasta sola, Nojiko inspirò lentamente, odiava gli spazi chiusi, angusti e senza finestre, la facevano sentire in trappola.

Preferiva di gran lunga stare all’aria aperta, dove il sole è in grado di scaldarti la pelle e il vento soffiarti sul viso. Pensò ai campi di grano che una volta aveva visto in Italia, nell’isola chiamata Sicilia, alla sensazione delle spighe sotto le mani e alla terra brulla che scricchiolava sotto i suoi piedi, ed espirò.

Poi, con un unico gesto fluido, aprì la prima custodia e trovò una giacca nera, abbinata ad una gonna aderente dello stesso colore, il tutto completato una camicetta bianca con inquietanti trasparenze. Storse il naso ancor prima di vedere gli stiletti che completavano l’out-fit. Se il Signor Kaiba intendeva morire giovane, quella sicuramente era una buona strada.

Angosciata aprì la seconda zip e guardò dentro aspettandosi di peggio, ma dovette ricredersi. Un paio di pantaloni a palazzo blu zaffiro con giacca abbinata non erano così male, dopo tutto.

Senza perdere tempo si cambiò d’abito e si catapultò fuori dallo stanzino giusto in tempo per vedere il Signor Kaiba varcare la soglia del proprio ufficio.

Automaticamente il suo corpo assunse una posa marziale, in attesa di un giudizio, che non tardò ad arrivare.

-D’accordo, sei presentabile- sentenziò il presidente degnandola appena di un’occhiata prima di fare cenno di seguirlo.

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