Apollyon

di inharryvsarms_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mi guardo attorno, scrutando tra gli immensi scaffali della biblioteca, alla ricerca di non so neanch'io precisamente cosa. Passo le dita tra i vari volumi, ammirandone la diversità nelle dimensioni, nei colori, nello spessore di ciascuno di essi. Lascio che la mia mano destra sfiori quella varietà di accostamenti, sentendo come se, così facendo, da tali volumi trapelassero tutte le storie che essi celano, come se avessero la possibilità di raccontarmele. Chissà perché ciascuno dei libri che osservo ha visto la luce, chissà quale sia il motivo per cui, ogni autore, con la propria storia alle spalle, abbia deciso un giorno di creare questa magica unione di carta e inchiostro. Tali ragioni sono ben custodite, protette dal meraviglioso patto che si stipula tra un libro e uno scrittore, di cui solo le due parti conoscono i retroscena. Ebbene, tali ragioni le posseggo anch'io, seduta a raccontare, forse più a me stessa che a voi, la mia storia.

 

Le parole della professoressa mi risuonano in testa da circa mezz'ora e su di esse cerco di focalizzare la mia attenzione, cosa che in questo arco di tempo non ho certamente fatto, gironzolando senza una vera meta. Cerco di captare un qualche tomo che faccia al caso mio, tenendo tra il braccio sinistro e il petto già due prescelti che torneranno a casa con me, due romanzi che con tutto hanno a che fare eccetto la ricerca scolastica che mi ha portato a varcare la soglia della biblioteca. Non saprei descrivere l'aria di casa che questo posto mi trasmette, un'aria così calorosa che ho percepito da ben prima che tale luogo diventasse, col tempo, il mio rifugio. 

Gli immensi scaffali di legno, il soffitto così alto che ti fa dimenticare di essere in un luogo chiuso e che pare essere di tale dimensioni solo perché, altrimenti, non riuscirebbe a contenere tutte le storie che questo posto conserva.

Al centro di questa meravigliosa struttura ci sono tanti tavolini di legno sparsi, il cui perimetro è circondato da sedie del medesimo materiale, per chiunque cerchi un luogo sicuro in cui studiare, leggere, o semplicemente staccare la spina, come faccio io molto spesso.

La pace che si prova ad essere circondati da libri e nient'altro, è indescrivibile, è come essere in un universo parallelo, immedesimando te stessa in un'avventuriera alla ricerca della storia che prossimamente entrerà a far parte del proprio bagaglio. 

E' questo uno dei tanti motivi che mi spinge a svolgere ricerche sempre cartacee, anche solo per una qualche curiosità, preferisco perdermi nei meandri di questo luogo magico, piuttosto che risolvere i miei dubbi con un semplice click. Sono ben consapevole che al giorno d'oggi esistano piattaforme digitali che permettono di svolgere ricerche nel giro di pochi minuti, ma sono altrettanto consapevole dell'evanescenza di tali informazioni. Copia-incolla-stampa, e qualche momento dopo quel che si è letto velocemente facendo scorrere il mouse su e giù per la pagina, scompare. Niente rimane impresso. 

Finalmente trovo qualcosa che fa al caso mio, afferro "I miserabili" cercando di non far cadere i libri tra i quali è incastrato nello scaffale, con non poca difficoltà lo aggiungo ai due che già trasporto, salvando per il rotto della cuffia un libro che stavo facendo cadere nell'intento di sfilare l'oggetto a me interessato. Mentre lo rimetto a posto, mi rendo conto di quanto sia bella la sua copertina: è ruvida e nera, attraversata da venature come il tronco di un albero. "Apollyon"  si legge inciso su di essa, di un bianco così puro che pare fare a pugni con il nero che lo circonda. Sono così affascinata che non posso esitare ad aprirlo per scoprirne il contenuto, ma, a mio rammarico, le pagine sono tutte vuote. 

Deduco sia un'agenda, un diario o qualcosa di simile, la copertina una semplice decorazione paragonabile a un qualsiasi gattino o mazzo di fiori che si trova sulla copertina di una qualsiasi agenda comune. Certo, molto più lugubre, ma magari qualche punk non vedrà l'ora di farne la propria agenda del cuore, o il proprio sketchbook. 

Sorrido al pensiero e lo ripongo nello scaffale, per quanto affascinata da quell'oggetto con me sarebbe sprecato. Nella mia vita avrò comprato un centinaio di agende, pensando di essere davvero in grado di farne buon uso. Ogni anno la stessa storia: finivano sempre in qualche cassetto dopo il primo mese passato a far finta mi venisse naturale stilare una lista di cose da fare giornaliera, o disegnarci su. Non sono per niente brava a disegnare, tantomeno a scrivere in un quaderno bianco privo di linee guida: è come se le parole che nascono dall'inchiostro della mia penna salissero sulle montagne russe, prova evidente della mancanza del dono di scrivere in maniera perfettamente lineare su un foglio spoglio.

Trascorso un po' di tempo e dopo qualche altro giro, sorrido soddisfatta del materiale che ho accumulato, impaziente di svolgere una ricerca soddisfacente, suona un po' da secchiona lo so, effettivamente un po' lo sono. 

Odio ammetterlo, ha da sempre giocato un ruolo a mio sfavore il mio amore per la cultura, per lo studio. Avere ottimi voti non è compatibile con l'avere un'ottima popolarità, a quanto pare, le due cose non possono coesistere. Ma sinceramente, poco mi importa. Nel corso degli anni essere alla base della piramide che rappresenta la gerarchia di ogni scuola, mi ha resa insofferente a qualsiasi tipo di emarginazione, e così, chiudendomi come un riccio, ho tirato avanti fino al quarto anno di liceo. 

Guardo l'orario sul mio orologio, e realizzo di essere qui dentro da circa 3 ore. Fuori il sole starà tramontando e l'ultima cosa che voglio è tornare a casa senza la luce naturale a farmi compagnia. Non che disti molto da qui, ma, sarò anche una frignona, odio camminare da sola e con solo le luci dei lampioni a fungermi da faro, nonostante io viva in un paesino abbastanza tranquillo. Realizzo, dunque, che sia giunto il momento di recarmi alla cassa e tornare alla vita reale, prospettiva per niente appetibile ai miei occhi. 

Attraverso gli scaffali e qualcosa cattura la mia attenzione: un libro sporge all'altezza del mio naso e non posso fare a meno di stupirmi quando noto che è il diario/agenda che ho riposto, poc'anzi, dall'altra parte della biblioteca. Lo sfilo mantenendo la mia espressione confusa, e il mio cipiglio non fa che rendersi più profondo quando, aprendo il diario, noto sulla prima pagina una scritta che prima non c'era.

 

"Prendimi con te" 

 

recita. Mi guardo intorno, come se mi aspettassi sbucare qualcuno da un momento all'altro e confessarmi di essere vittima di uno stupido scherzo. La mia espressione da corrucciata diventa incupita, un misto tra confusione, ansia, e un po' di paura, mi invade il corpo. Sono sicura che questa dannata scritta prima non ci fosse, ho sfogliato questo diario per almeno 10 volte accertandomi che non contenesse assolutamente niente. E ora compare così, dal nulla? Si materializza questo libro da una parte all'altra della biblioteca e in più contiene una scritta inquietante? Okay, calma e sangue freddo, ragioniamo, ci sarà sicuramente una spiegazione logica: essendo un diario, ci sono più copie di questo, ovviamente, perché non ci ho pensato prima? Saranno diverse copie, tutto qui, e una stupida frase messa lì per marketing, per invogliare a prendere il diario. 

Rilasso la mia espressione corrucciata, soddisfatta della risposta che mi sono appena data e sentendomi anche un po' stupida per la reazione di poco prima. Ma cosa diavolo pensavo? Che i libri si smaterializzassero e si scrivessero da soli? Ridacchio leggermente per la mia ingenuità, dandomi un leggero schiaffetto sulla fronte, a volte sembro ancora una bambina che crede nelle fate e cose del genere. Decido, in ogni caso, di portare questo diario con me, troverò cosa farci, ma la mia curiosità si fa largo tra tutto il resto. Alla fine, mi ha chiamata lui.

Lo aggiungo al resto e mi avvio verso la cassa, sorridendo cordialmente quando intravedo Ben dietro ad essa. 

"Mi sembrava strano non vederti da un po' di giorni." sorride, i suoi occhi azzurri sembrano davvero felici di vedermi, mentre gli porgo i libri da catalogare.

"Dio solo sa quanto ho dovuto studiare ultimamente." sbuffo, appoggiandomi al bancone, mentre ripenso alla settimana colma di verifiche che mi sono appena lasciata alle spalle. 

"Mi duole ammetterlo, ma la mancanza delle tue pile infinite di libri si percepiva." indica quelli che sto per portare a casa.

"Dai..non sono poi così tanti.” sorrido mentre mi rendo conto di stare bloccando la fila, mi scuso imbarazzata e mi rivolgo nuovamente al mio interlocutore "Meglio che io vada, ci vediamo Ben." mi sorride e mi augura una buona serata, mentre mi avvio verso l'uscita.

Benjamin è un ragazzo di qualche anno più grande di me, lavora part-time in biblioteca, quindi nel corso del tempo abbiamo fatto amicizia.  

Ammiro chi riesca a lavorare e studiare contemporaneamente, sono consapevole che non proverò mai tale fatica venendo da una famiglia agiata. Altro motivo per cui mi impegno nello studio: non voglio assolutamente che la posizione dei miei genitori influisca anche in minima parte sulla mia carriera futura. Provenendo da una famiglia abbastanza influente, cerco sempre di dare il massimo in tutto ciò che faccio, per dimostrare, se non agli altri, a me stessa, che tutto ciò che conquisto sia solo per merito, e non per via del mio cognome.

"Ciao mamma." la saluto quando entro in cucina, dirigendomi verso le scale che condurranno alla mia camera.

"Com'è andata oggi?" mi chiede, lo sguardo dolce e apprensivo che ha sempre con me, a volte un po' troppo apprensivo. È indaffarata mentre prepara la cena, i capelli corvini come i miei raccolti in una crocchia disordinata. A volte ci somigliamo più di quanto io voglia ammettere. 

"Il solito." faccio spallucce "Giselle?" chiedo, riferendoci alla nostra domestica.

"Serata libera." risponde. .

Mi dirigo verso la mia camera e mi butto sul letto a mo di stella marina. Mi copro gli occhi con il braccio, cercando un po' di riposo per le mie palpebre pesanti, ma troppo pigra per alzarmi e spegnere momentaneamente le luci. 

A svegliarmi è la voce di mia madre che annuncia essere pronta la cena.

"Arrivo! Solo un attimo." tiro fuori i libri dalla borsa e inizio a sistemarli, in modo da non trovarmeli fra i piedi dopo cena e andarmene direttamente a letto. Arrivo al diario e passo le dita affusolate tra le venature della copertina, che sollevo, come tentata di rileggere quella scritta che tanto mi ha incuriosito quanto spaventato qualche ora prima.

 

Ma la scritta non c'è più.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mi stringo nel cappotto e cerco di proteggermi dal vento pungente che si infrange contro la mia figura come una frusta, mentre cammino a passo svelto verso la biblioteca. Stanotte non ho chiuso occhio. Dopo aver constatato la scomparsa di quella scritta, la cosa mi ha sconvolto a tal punto da farmi letteralmente passare l'appetito, cosa veramente insolita per me. Ho mangiato due patatine solo per non sentire le lamentele di mia madre sull'importanza dei pasti, e mi sono chiusa in camera. 

La notte è stata un susseguirsi di aprire-sfogliare-chiudere il diario per circa 253 volte, e altrettante mi sono interrogata sulla mia sanità mentale. I miei pensieri erano come un fiume in piena, e ogni goccia d'acqua un numero infinito di domande, tali che, e ne sono alquanto certa, ho percepito le sinapsi del mio cervello fondere lentamente. Dal momento che, per ovvie ragioni, a nessuno di tali quesiti fossi in grado di rispondere da sola, presi la decisione di recarmi l'indomani mattina nell'unico posto dove potevo sperare di ottenere qualche risposta, sperando di ottenerne, perlomeno.

Il cielo è plumbeo su Belvès in questa mattina di sabato, il che non fa altro che peggiorare il mio umore già abbastanza compromesso. A volte ho la percezione di essere un po' troppo meteoropatica, ma stavolta sono ben consapevole che il mio malessere sia causato dall'oggetto che trasporto nello zaino. O almeno spero ancora sia nello zaino. Dopo ciò che è accaduto nelle ultime ore non mi sorprenderebbe affatto se, aprendo la zip, non trovassi niente al suo interno. 

Cerco ancora di auto convincermi che una logica dietro tutto questo ci debba essere per forza, non sono in un film e neanche nell'obiettivo di qualche candid camera, quindi deve essere tutto perfettamente spiegabile.

È mattina presto, le strade sono semi deserte e mai nella mia vita ho desiderato con maggior fervore di non essere lasciata al silenzio, in balia dei miei pensieri sconnessi, lungo il breve tragitto che ero ansiosa di percorrere. Le nuvole sopra di me creano una barriera che riesce ad essere attraversata solo da alcuni deboli raggi che timidamente si fanno largo tra esse, creando una luce biancastra. 

Sospiro sollevata quando vedo Ben dietro la cassa, mi infonde tranquillità vedere un volto amico in un momento come questo. 

"Ciao Ben." gli sorrido, varcando la porta e piazzandomi davanti al bancone. I suoi occhi passano immediatamente dal computer su cui stava lavorando a me, e riesco a riconoscere un po' di preoccupazione nelle sue iridi azzurre. 

So cosa sta pensando: ho un aspetto terribile. La mia carnagione pallida non fa altro che accentuare le profonde occhiaie intorno ai miei occhi nocciola, dandomi un aspetto spettrale. A non aiutare il quadretto ci sono i miei capelli, raccolti in una delle code più disordinate che si siano mai viste, facendomi sembrare appena uscita dal set di The walking dead. 

"Ciao Camille, come posso aiutarti? Va tutto bene?" mi rivolge la sua più totale attenzione, facendomi chiaramente capire che è a mia completa disposizione. Gli sorrido debolmente, mentre apro il mio zaino e spero internamente che il libro non si sia smaterializzato, ma quando le mie dita avvertono quella sensazione ruvida che ormai conosco fin troppo bene, capisco che è ancora lì, dove l'avevo lasciato. 

"Sì, sto bene, più o meno - sospiro- dovresti aiutarmi con una cosa." poggio il diario sul bancone e lo lascio alla supervisione del biondo davanti a me. 

"Ieri ho preso questo diario...agenda...qualsiasi cosa sia, e diciamo ha suscitato in me un po' di curiosità la sua provenienza, la sua storia. Sai come sono fatta." lo guardo, sperando di non sembrare una psicopatica. Non gli racconterei mai gli avvenimenti legati a questo diario: in primis perché non mi crederebbe (e come biasimarlo, non mi credo neanche io) e, inoltre, finirei per sembrare davvero folle. 

"Si...questo...mh- lo osserva-dammi solo un attimo." la sua attenzione torna a essere rivolta al computer dal quale l'avevo precedentemente distratto. Dopo aver digitato qualcosa, fa cenno di avvicinarmi. 

"Non mi ricordavo proprio di questo diario, a dirla tutta, credo sia qui da un bel po', dove l'hai trovato?" mi guarda, con un'espressione forse più confusa della mia.

"Ieri l'ho trovato per caso e dato che mi sembrava alquanto particolare ho deciso di prenderlo, era abbastanza nascosto a dirla tutta e non l'avrei notato se non l'avessi fatto quasi cadere a terra." ridacchio, cercando di non far notare il disagio dietro le mie parole.

"Trovato niente?" dico, affiancandolo dietro la cassa.

"Ho digitato il nome del libro nell'archivio, ma non lo trovo da nessuna parte. A quanto pare le mie supposizioni erano giuste -mi guarda- penso fosse lì da un bel po' di tempo e che sia sfuggito nella catalogazione dei libri, a volte può succedere." 

Le sue parole non mi confortano affatto, non sono le parole che speravo lasciassero le sue labbra. La delusione si fa largo dentro di me, sento lo stomaco aggrovigliarsi, la testa esplodere. L'unico luogo dove speravo di ottenere delle risposte, non me ne può dare alcuna, tale constatazione getta il mio animo nello sconforto totale. 

"Ehi." credo che Ben si sia accorto del mio repentino cambio d'umore "Fammi vedere una cosa, tranquilla, non te ne andrai da qui a bocca asciutta. So quanto tu ci tenga a questo genere di cose." mi sorride e poggia una mano sulla mia spalla a mo di conforto, prima di servire una signora dall'altra parte del bancone. 

A questo punto starà pensando che io sia una pazza a prendere così a cuore un qualcosa, all'apparenza, così trascurabile. Eppure non mi importa, sono abbastanza determinata a scoprire cosa si cela dietro tutto questo. La testardaggine è da sempre un mio grande difetto, e in situazioni come questa non fa altro che spingere la mia curiosità ad un livello estremo, non permettendomi di fermarmi al primo ostacolo che incontro lungo il cammino.

"Okay, scusami, ci sono. Ora digito il nome del libro su internet e vediamo quanto riusciamo a scoprire."

Dopo qualche ricerca legge quanto scritto sulla pagina appena aperta: 

 

"Apollyon, è l'equivalente greco di Abaddon utilizzato nella Bibbia ebraica per indicare la distruzione o un luogo di rovina e distruzione. I due nomi associati, indicano il nome di un angelo nel Libro dell'Apocalisse. Apollyon è il Cavaliere della Pestilenza dalla testa di un Montone ed è uno dei più potenti Arcidaemon di Abaddon. 

Talvolta indicato come il "Principe delle Locuste", Apollyon diffonde piaghe e malattie attraverso i Piani allo scopo di accrescere il potere presso i suoi fedeli." 

 

Un silenzio incombe su noi due quando Ben finisce di leggere, un brivido mi attraversa la spina dorsale. Tutto ciò che riguarda questo libro mi inquieta, dalla copertina, al nome, alle paranormali vicende che lo riguardano.

"Non lo voglio più, voglio restituirlo." rompo il silenzio, Ben mi guarda stranito.

"Lo capisco -dice- è inquietante. Però alla fine è un qualcosa che non esiste, non lasciare che queste leggende abbiano la meglio sulla tua parte razionale." 

Se solo sapesse la verità completa in ogni suo dettaglio, non penso direbbe lo stesso. 

"Lo so, sono solo fandonie, ma diciamo che l'idea di avere il Cavaliere della Pestilenza formato diario non mi entusiasma particolarmente." ironizzo, per stemperare un po' l'aria. Ben ridacchia e credo se la sia bevuta. 

"D'accordo piccola dolce Cami impaurita, ridammi il libro e porta la tua testa rossa a fare una dormita. Hai delle occhiaie che farebbero spavento anche al tuo amico della pestilenza." dice, indicando il libro che giace sul bancone. Chissà che fine farà, mi chiedo. 

"Ai suoi ordini, capo." sorrido, mettendomi lo zaino in spalla, leggero come una piuma, in totale contrasto con il peso che sento io addosso. 

"A breve stacco, ti va se pranziamo insieme?" propone. Dal suo tono intuisco che questa richiesta avrebbe voluto porgermela da un bel po', ma che solo ora abbia trovato il coraggio per farlo. Sorrido, imbarazzata e dispiaciuta allo stesso tempo.

"Scusa Ben, ma oggi torna mio padre e mia madre mi ha specificatamente chiesto di non prendere impegni per pranzo, vuole fare una specie di pranzo di rimpatriata o qualcosa di simile. Un'altra volta, okay?" lo guardo, sperando non si sia offeso. Preferirei essere in qualunque luogo fuorché casa mia durante questi pasti al completo, ma purtroppo da alcune cose non puoi scappare.

"Certo, nessun problema. Ci vediamo." prende il diario dal bancone e lo saluto, prima di allontanarmi e avviarmi verso casa, pronta per un pisolino ristoratore che mi faccia dimenticare queste ultime ore. Nonostante tutte le mie domande sul libro non abbiano trovato alcuna spiegazione logica, cerco di non martoriarmi troppo il cervello, ha subito abbastanza abusi da parte mia per il momento. 

Apro la porta di casa e salgo le scale, una strana sensazione mi invade il corpo. E poi eccolo lì, il dannato diario, al centro del mio letto. Sono sicura che se avesse un volto, la sua espressione ora sarebbe un ghigno malefico.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Guardo dalla finestra la pioggia battere incessante, inspirando a pieni polmoni l'odore acre di terra bagnata che giunge dall'esterno. Un lampo squarcia il cielo, seguito da un tuono che mi fa leggermente sobbalzare, nonostante fossi già consapevole del suo arrivo. È da un po' che sono rannicchiata sulla panca imbottita proprio sotto la finestra della mia camera, a osservare la bellezza di questo fenomeno atmosferico, abbandonando i miei muscoli alla tranquillità che mi ispira il rumore costante della pioggia sulle superfici. Le nuvole di ieri mattina preannunciavano l'ira di Zeus, che sembra combaciare perfettamente con il mio stato d'animo attuale, indefinito a causa del turbine di emozioni degli ultimi giorni. 

Ieri, dopo una doccia fredda ed un'attenta analisi della situazione, ho deciso di riporre il diario nel cassetto della scrivania di fronte al mio letto e non prenderlo mai più. Ho capito di dover controllare le mie emozioni, porre un freno alla mia curiosità, perché questa cosa va ben oltre ed io non voglio averci niente a che fare. Inutile tentare anche solo di spiegare come mi sono sentita a ritrovare quel diario sul mio letto, avevo quasi paura di toccarlo, come se fosse fatto di carbone ardente. Mi ci sono seduta accanto, l'ho fissato per un po' e ho attentamente passato in rassegna la mia camera, accertandomi che fosse tutto esattamente come l'avevo lasciato. Ebbene, ogni cosa era al proprio posto, dagli scaffali contenenti alcuni dei miei libri preferiti alla foto di me e Belle sul mio comodino. Un sorriso si è dipinto sul mio volto vedendola: io e la mia migliore amica sorridiamo all'obiettivo l'una stretta all'altra, felici e leggermente brille ad una delle tante feste della scorsa estate. I suoi capelli neri le ricadono disordinatamente sulle spalle, la pelle più ambrata del solito a causa del sole d'agosto e gli occhi azzurri sorridenti. Uno scatto perfetto di un momento perfetto, un istante reso eterno, sciolto da qualunque legame con tempo e spazio. 

Belle ed io siamo amiche da tutta la vita, ci siamo conosciute in prima elementare e da lì non ci siamo separate mai più. Crescere insieme ci ha reso come sorelle, per quanto i nostri caratteri siano agli antipodi, ma forse è proprio questo che ci fa completare come pezzi di un puzzle. Mi rendo conto di quanto io sia fortunata ad averla al mio fianco, crescere mi ha insegnato quanto sia raro costruire un'amicizia così vera e non tutti godono di tale privilegio. Lei mi conosce più di quanto io conosca me stessa, e lo stesso vale per me, anche se quando l'ho chiamata ieri sera, per cercare un po' di tranquillità e distrarmi temporaneamente, non ho pensato neanche per un secondo di parlarle del diario. Alcune cose è meglio tenerle per sé. Inoltre, non mi avrebbe aiutato in alcun modo parlarne, dal momento che tutto ciò che intendo fare è sotterrare la questione e dimenticarla.

Il pranzo con i miei genitori è stato come lo immaginavo: una vera noia. Continuavano ad insistere affinché io organizzassi una festa per il mio 18esimo compleanno che sarà tra un paio di giorni, nonostante sia da un anno che specifico molto chiaramente di non volere nessuna festa, al massimo una torta a casa con Belle e (forse) Benjamin, ma niente di più. Odio le feste in mio onore, tralasciando il disagio che provo ad essere al centro dell'attenzione, ma poi perché dovrei circondarmi di persone che per i restanti 364 giorni dell'anno ignorano completamente la mia esistenza? La trovo una cosa totalmente superficiale ed inutile, che renderebbe il mio compleanno tutt'altro che piacevole. Sono ben consapevole dell'importanza di compiere 18 anni, ma sono altrettanto consapevole di come ormai sia obbligatorio dare una grande festa per l'occasione, ignorando il fatto che non a tutti faccia piacere festeggiare in quel modo. Dopo aver cercato di spiegare per l'ennesima volta il mio punto di vista ai miei genitori credo di averli convinti, o almeno spero per loro sia così, sarebbe davvero triste se dessero una festa per me e io non mi presentassi. Triste per loro, intendiamoci, per me sarebbe esilarante.

Il weekend è volato via tra tempeste e ore trascorse a studiare, ho completato la ricerca di inglese su Daniel Defoe riuscendo a distrarmi dal diario. Ammetto che l'idea di prenderlo dal cassetto sia veramente allettante, ma sorprendentemente sono riuscita a non cedere, almeno per ora. 

 

 

"Pronta per domani?" la voce squillante di Belle mi distoglie dalla meticolosa analisi dell'insalata della mensa scolastica che sto per mangiare, mentre elimino i pomodorini mettendoli al lato del piatto. 

"Yay non vedo l'ora!" dico fintamente entusiasta, guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua.

"Non fare la solita guastafeste Cami, compi 18 anni! Anche se non approvo minimamente la tua scelta di non festeggiare con una super festa, ci divertiremo TANTISSIMO lo sai!" 

"Lo so bene B, i nostri pigiama party sono i migliori, tu sei la migliore. Sarà un compleanno bellissimo come ogni anno." e lo penso davvero. "Però niente film strappalacrime." la avverto, puntandole un dito contro.

"D'accordo, niente film strappalacrime." dice, facendomi la linguaccia. "Il film lo decide la festeggiat- OH DIO." strabuzza gli occhi guardando dietro di me. Intuisco subito il motivo, non serve neanche che io mi volti per averne la conferma. 

"Quando ti deciderai a parlarci e smetterla di comportarti come una 12enne?" le dico, sorseggiando la mia Coca- Cola.

"Tu sei f u o r i se pensi davvero che io riesca a parlare con Liam Payne, non ne avrei mai il coraggio."

"Belle, solo perché è popolare non significa assolutamente niente. Sei bellissima, non ti manca niente, se dovesse rifiutare al massimo ci perderebbe lui. Ti piace dalle medie, ma cosa diavolo ci trovi? A me sembra solo un pallone gonfiato." 

"Non capisci niente." sbuffa e lascia cadere l'argomento quando lo vede uscire dalla mensa. Chi diavolo se ne importa se gioca a football? Se è popolare? Potrebbe anche avere il sangue blu e non capirei comunque il perché tutta questa esclusività. 

Il resto della giornata trascorre in fretta e mentre lavo i denti prima di andare a dormire guardo l'orologio: 00:01. Sono maggiorenne. Sorrido, quando vedo in entrata la videochiamata di Belle che come ogni anno è la prima a farmi gli auguri. 

"BUON COMPLEANNO VECCHIACCIA!" strilla, "Come ci si sente ad essere maggiorenne?" 

"Meravigliosamente, d'ora in poi niente più carta d'identità falsa alle feste o nei bar, quasi non ci credo." dico sorridente uscendo dal bagno e sistemandomi a letto. 

Restiamo a chiacchierare per un altro po' finché una strana luce proveniente dalla scrivania cattura la mia attenzione. Eppure non ricordo di averci messo niente di luminoso. Chiudo la chiamata ringraziando la mia interlocutrice e augurandole la buonanotte, rispondo a qualche messaggio di auguri prima di realizzare che la luce proviene dal cassetto nel quale ho riposto il diario. 

Confusa mi alzo e mi avvio verso la scrivania, sempre più curiosa di capire cosa stia succedendo. Afferro il pomello e molto lentamente apro il cassetto, venendo quasi accecata dalla luce che emana, ora posso vederlo, il diario. È come se fosse una palla di luce: da ogni venatura, da ogni lettera del titolo, proviene un fascio luminoso di un bianco candido come neve. Mi siedo sul letto con il diario tra le mani tremanti e quando cerco di capire il perché di quello strano fenomeno all'improvviso succede l'inaspettato.

Sollevo la copertina e in un attimo mi ritrovo in una specie di spirale, risucchiata da un vortice proveniente dal diario stesso di una tale potenza che un tornado a confronto è una brezza marina. Non riesco ad emettere neanche un suono, paralizzata, i fogli che erano appoggiati sulla scrivania volano da ogni parte, tutto ciò che entra nel raggio d'azione della spirale vorticosa cade o si rompe. Poi, il buio.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Inizio a riacquisire conoscenza, con le palpebre talmente pesanti che credo seriamente qualcuno vi abbia messo dei pesi sopra. Non riesco a muovere un muscolo, sento un brusio generale intorno a me che non fa altro che peggiorare il mio mal di testa lancinante. Le orecchie fischiano in maniera inaudita, le sento tappate come se avessi appena scalato l'Everest tutto d'un colpo. Resto immobile per un po', attendendo che i miei sensi riprendano la loro normale funzionalità prima di aprire gli occhi e iniziare a guardarmi intorno. Sono distesa su un letto, sbatto le palpebre ripetutamente per mettere meglio a fuoco la stanza in cui mi trovo e le persone che ho davanti.

"Ma io vorrei sapere, Harry, come ti sia sembrata una buona idea portarla qui. Lo sai che ci sospendono se veniamo scoperti?" dal brusio generale riesco a distinguere queste parole, le mie condizioni si sono stabilizzate e decido di mettermi a sedere contro la testiera del letto sulla morbida pila di cuscini che mi reggono il capo. Quando le persone di fronte a me si rendono conto dei miei movimenti ammutoliscono, iniziando a fissarmi. 

Mi guardo intorno, la mia vista non è più doppia e riesco a distinguere perfettamente ogni sagoma che i miei occhi passano velocemente in rassegna. 

Mi blocco quando realizzo che tutto intorno a me è di un bianco candido, letteralmente ogni cosa in questa stanza non ha uno sprazzo di colore, dalle lenzuola, al tappeto, al comodino sulla mia destra e agli oggetti che vi sono poggiati. Coloro che erano causa del brusio sono di fronte al letto su cui sono seduta e non hanno ancora ripreso a parlare, credo non sappiano cosa dire tanto quanto me. Sono 3 ragazzi e una ragazza, i loro capi d'abbigliamento sono diversi ma tutti del medesimo colore: bianco, il che mi mette in una soggezione indescrivibile. Cos'è questo posto? E chi sono questi ragazzi che mi fissano senza dire una parola? 

"S-sono morta?" rompo il silenzio dicendo la prima cosa che mi passa per la testa, le mie corde vocali stridono come se qualcuno le avesse strappate e la mia gola è secca come la Death Valley.

"Esattamente." mi risponde uno dei ragazzi, ha i capelli castani e gli occhi azzurri, sta sorridendo sotto i baffi e non ne capisco il motivo. Dalla voce riconosco che sia stato lui a dire ad un certo Harry che verranno sospesi se qualcuno mi trova. 

Sono davvero morta? Come ho fatto a morire? Non ricordo nulla se non la videochiamata con Belle e poi... la luce, il diario... lo sapevo che era una cosa pericolosa, cavolo, mi ha uccisa. Ma come ha fatto ad uccidermi? 

"Oh D-Dio." inizio ad agitarmi sul letto, entrando nella più totale paranoia. Cerco di scendere quando la ragazza si avvicina e mi ferma, sorridendomi debolmente.

"Non sei morta, puoi stare tranquilla, è solo Louis che fa il solito Louis e si diverte a fare scherzi idioti." lo fulmina con lo sguardo.

"Ma cosa è successo ? Chi siete? Cos'è questo posto?" dico, rimettendomi a sedere. 

"Non ricordi proprio nulla?" sospira la ragazza che ora si è seduta sul bordo del letto. Ha i capelli di un biondo quasi platino che cadono dolcemente in tanti boccoli, è snella e ha gli occhi di un grigio cristallino. È a dir poco bellissima.

"Ricordo di aver aperto un libro e di essere stata come risucchiata, non lo so, come ci sono finita qui?"  alle mie parole tutti i presenti si scambiano occhiatine preoccupate, quando uno di loro si fa avanti porgendomi il libro in questione. Ha gli occhi più belli che io abbia mai visto, di un verde che farebbe invidia alle gemme di smeraldo più pregiato. I capelli ricci incorniciano il suo viso dai lineamenti perfetti, le labbra rosee sono piegate in una linea sottile che enfatizza la sua espressione corrucciata. Afferro titubante il diario soffermandomi sul braccio tatuato del ragazzo, tatuaggi neri che creano un contrasto bellissimo con tutto il bianco che lo circonda.

"Io sono Cloe." a parlare è di nuovo la ragazza, che si alza e inizia a presentarmi tutti i presenti: "Loro sono Louis, Harry e Niall (un biondino che non ha smesso di sorridermi dall'inizio)." resto inebetita per un po' non sapendo cosa dire, quando il ragazzo dagli occhi verdi, che ho appena scoperto si chiami Harry, sbuffa dicendo: "Ma lo sai che è buona educazione presentarsi in queste situazioni?" avvampo dall'imbarazzo, non ha tutti i torti. 

"Scusate, sono un po' scossa. Io sono Camille." sorrido cercando di nascondere l'imbarazzo.

"Non ti preoccupare, lo capiamo, Harry è scontroso con tutte le persone che non conosce, non è colpa tua. Comunque sia, ora cercheremo di rispondere alle tue domande, così forse ricostruiremo le ultime dinamiche. Cosa vuoi sapere per primo?"

"Come ci sono finita in questa stanza?" 

"A questa domanda dovrebbe risponderti Harry." Cloe si rivolge al riccio verso il quale tutti noi spostiamo l'attenzione, che si passa una mano in mezzo ai capelli castani chiaramente infastidito dal fatto di dovermi rispondere e prende parola in maniera molto riluttante.

"Sei piovuta dal cielo e ti ho salvato." dice, come se questo fosse perfettamente normale. Lo guardo interdetta, ma che razza di sbruffone antipatico.

"Ti diverti a prendermi in giro?" incrocio le braccia al petto.

"Guarda che è andata così, voi umani avete la superbia di credere di sapere tutto, ma non sapete un bel niente. La prima cosa che hai chiesto ovviamente riguardava te stessa, invece domandare perché questo posto ti sembri così diverso dal tuo mondo, chiara testimonianza di quanto tu sia narcisista." Noi umani? Il suo tono sprezzante non fa altro che confermare l'idea che mi ero già fatta: sbruffone antipatico. È poggiato contro il muro, con le braccia incrociate al petto e uno sguardo che se potesse mi incenerirebbe sul colpo. Un sorriso beffardo gli dipinge il volto mettendo in rilievo le sue fossette, che sono come la ciliegina sulla torta ad uno dei ragazzi più attraenti che abbia mai visto, per quanto mi duole ammetterlo.

"Harry, smettila di parlarle così. Non vedi che è già abbastanza confusa?! È ovvio che non concepisca come le tue parole possano essere vere se ti limiti a dire una frase senza capo né coda!" lo rimprovera Cloe, inizia a starmi davvero simpatica questa ragazza. 

"Hai mai sentito parlare degli angeli, Camille?" a prendere la parola è Niall, mettendo a tacere gli altri due. La sua espressione dolce mi tranquillizza un po'.

"Certo." rispondo, non capendo dove voglia arrivare.

"Benvenuta ad Akero, il Regno degli angeli." mi sorride spalancando le braccia, notando il mio sguardo confuso continua: "Quello che ha detto Harry è vero, sei piovuta dal cielo e ti ha salvato da un bell'impatto con l'asfalto. So che sei confusa, lo siamo anche noi, soprattutto per il diario che tieni in mano. Dove l'hai trovato?"

"In una biblioteca a Belvès, dove abito io." sussurro, scossa per le informazioni che mi ha appena riferito Niall. 

"Vedi Camille, so che tutto questo ti sembrerà assurdo, ma lascia che ti spieghi cosa penso sia successo. Il tuo diario / libro è un portale tra il nostro mondo e il tuo, non so perché fosse destinato a finire nelle tue mani, ma una ragione dietro c'è sicuramente." prosegue Niall.

"Voi quindi... siete angeli?" annuiscono all'unisono e inizio davvero a pensare di essere morta, o in coma, o di stare sognando. Sì, sto sicuramente sognando.

"Non è possibile." balzo in piedi e inizio a riempirmi di pizzicotti per tentare di svegliarmi.

"Guarda che ti fai male." ridacchia Louis "Non stai sognando, rossa. A proposito, il tuo colore di capelli è un incanto." solo ora mi rendo conto che i vestiti che avevo indosso sono diventati completamente bianchi, il rosso dei miei capelli spicca in questa stanza come un fiore di papavero in mezzo alla neve. 

Mi avvicino alla finestra e quello che vedo mi lascia senza parole: bianco, bianco e ancora bianco, i palazzi, le strade, i vestiti delle "persone", i prati, i fiori... è come se un imbianchino avesse passato una mano di vernice su tutto. Sono letteralmente incantata dalla bellezza di un panorama così insolito che fa invidia ai paesaggi innevati di Aomori. Non avrei mai immaginato di trovarmi di fronte ad uno scenario simile, provo stupore, paura, incredulità e una morsa allo stomaco per l’ansia della possibilità di svegliarmi da un momento all’altro, realizzando che tutto ciò che vedo sia solo frutto della mia immaginazione.

La cosa più sconvolgente e affascinante allo stesso tempo però, è che non ci sono mezzi di trasporto, perché i cittadini di questo strano luogo sono dotati di ali, meravigliose ed enormi ali di piume bianche con cui svolazzano da una parte all'altra. Il cielo è privo di nuvole, anzi sembra esso stesso una enorme nuvola, visto che è privo di qualsiasi pigmento. 

Mi volto con la bocca spalancata e gli occhi quasi fuori dalle orbite, assumendo l'espressione più scioccata che io abbia mai rivolto a qualcuno, guadagnandomi così una risata di gruppo. "A-anche voi avete le ali?" chiedo, conoscendo già la risposta.

"Certo che sì." mi sorride Cloe. "Ma vieni, usciamo e ti racconteremo tutto sul Regno di Akero."

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Assottiglio le palpebre quando vengo colpita da tutta la luce che mi circonda, i miei occhi non sono familiari ad una mancanza totale di colori, tanto che faccio quasi fatica ad abituare la vista. 

Siamo sgattaiolati dalla finestra di quello che mi hanno spiegato essere il dormitorio della scuola che i miei "salvatori" frequentano, hanno rischiato un bel po' portandomi in camera senza il consenso del preside e  gli sono infinitamente riconoscente per averlo fatto. Non essendo provvista di ali ed essendo al 121º piano del dormitorio, Niall si è proposto come "taxi volante", il che mi metteva un'ansia pazzesca inizialmente, ma non trovando altre soluzioni in maniera molto riluttante alla fine ho accettato. 

 

Qual decisione fu mai più giusta! Non riesco neanche a descrivere cosa si prova ad essere sospesi nel cielo, vedere i propri piedi a penzoloni nel vuoto e il buco allo stomaco allargarsi sempre di più. Per non parlare del panorama! Tutto Akero si scorgeva da quell'altezza, un regno a dir poco stupefacente dato che non si erge su un singolo piano: infatti, ciò che avevo visto attraverso la finestra è il 121° piano del regno, Niall mi ha spiegato che i piani più popolati sono 350, mentre i restanti (che, a quanto pare, non si sa precisamente neanche quanti siano) ospitano un numero di angeli limitato. Ogni piano si erge su delle bellissime nuvole, disposte in maniera circolare, al centro di esse c'è il "passaggio" tra un piano e l'altro, come se fosse una ciambella a più piani. Il traffico di angeli è impressionante, c'è un caos vertiginoso che mi fa venire il mal di testa, angeli che salgono, scendono, entrano in diversi negozi adagiati su nuvole candide simili a zucchero filato. 

Un senso di vertigini mi ha accompagnato per tutto il tempo della "planata" e Niall mi ha stretto forte a sé, percependo il mio disagio e riuscendo nell'intento di rassicurarmi. Quel ragazzo è veramente dolce e premuroso, pur non conoscendomi affatto lui e Cloe mi hanno subito messo a mio agio, a differenza di quello sbruffone di Harry, che senza alcun motivo si dimostra astioso nei miei riguardi. 

Abbiamo raggiunto in poco tempo il primo piano del regno, l'unico dotato di un "pavimento" per tutti coloro che, non essendo angeli, non dispongono di ali oppure, mi ha spiegato Niall, per coloro che essendo troppo anziani ormai fanno fatica ad usarle. Ebbene sì! Gli angeli invecchiano, chi l'avrebbe mai detto? Sento di aver così tanto da scoprire su queste fantastiche creature e sono consapevole di avere solo informazioni fittizie basate su credenze popolari e falsi miti. 

 

Finalmente tocco il suolo e mi sembra di ricominciare a respirare, non sono mai stata più felice di sentire il mio corpo a contatto con una superficie stabile; Cloe, Louis ed Harry arrivano in contemporanea e planano con fare esperto.

"Non venivo al primo piano da non so quanto tempo." dice Louis, guardandosi intorno. Questo piano è diversissimo da quelli che ho visto finora, sembra quasi normale se non fosse tutto del medesimo colore e se, soprattutto, non fosse attraversato da creature d'ogni tipo. Troll, elfi, hobbit, tutto ciò che ho visto solo nelle saghe fantascientifiche ora prende vita davanti ai miei occhi, lasciandomi senza parole. 

"Com'è andata la discesa?" mi chiede Cloe, sorridendo. Dopo averle esposto ciò che ho provato mi rassicura dicendo che è normale e che devo solo abituarmi, ad interromperci è (ovviamente) Harry:

"Non dovremmo spiegare alla novellina come funzionano le cose qui?" che cafone. 

"Bene Harry, visto che sei così ansioso, a te l'onore." Cloe alza un sopracciglio invitandolo a parlare. Lui sbuffa e fa gli onori di casa:

"Bene, da dove iniziare...- ci sediamo su un marciapiede  io mi siedo accanto ad Harry attendendo che prosegua dopo una breve pausa di riflessione, come indeciso su quale sia la cosa più giusta da dire, poi prosegue- inizierò con la cosa più banale: il nome del regno. Akero ha una derivazione antichissima, è infatti dialetto miceneo ed è il primo sostantivo che venne associato alla figura degli angeli. Poi insomma ci furono tutte le altre derivazioni greche, latine ecc.- mi guarda, catturando la mia attenzione in maniera quasi ipnotica. Non riuscirei a non concentrarmi su ciò che dice neanche se lo volessi.- Come ti ha detto Niall, è un regno formato principalmente da 350 piani, gli altri sono quasi disabitati o comunque abbastanza poco raccomandabili, ecco. Non ci sono solo angeli buoni Camille, e ora ti parlerò di un qualcosa che ti riguarda più da vicino, in quanto si tratta del tuo diario.- si blocca, quando nota che tengo l'oggetto appena citato in grembo. Mi fa segno di porgerglielo ed è ciò che faccio, poi prosegue, indicando il titolo.- Sai cosa significa questa parola?- faccio di no con la testa, tutti gli altri sono in religioso silenzio.- Apollyon è l'antiregno di Akero, è un luogo di rovina e distruzione, al cui capo c'è Abaddon Apollyon, il demone più potente che sia mai esistito. È un regno di torture e sofferenze, ci vivono le creature più spregevoli che si possano immaginare, fidati sudditi di Abaddon, che diffonde piaghe e malattie tra i vari regni, incluso il tuo mondo; egli è causa di tutti i mali." mi rende il diario e io lo guardo sbigottita, come se avessi perso l'uso della parola. In un attimo, mi tornano in mente le parole lette con Ben, come un flash, recandomi un senso di nausea mai provato prima.

 

"Non so perché tu abbia questo diario, né perché ti sia trovata qui invece che lì... non lo so, ma tu devi avere un collegamento con questo posto Camille, nessun umano piove qui senza una ragione."

gli occhi di tutti sono fissi su di me, io non so cosa dire. Vorrei solo andare via. Cerco di non pensarci, la mia curiosità è più forte al momento e invito Harry a dirmi di più su come funziona il regno. 

"Bene, ora che hai un po' più chiaro com'è strutturato il nostro mondo, ti spiego il ruolo che noi angeli svolgiamo. Ognuno degli angeli dai 16 anni fino agli 80 ha un protetto nel tuo mondo, noi siamo i cosiddetti "angeli custodi" di cui avrai sicuramente sentito parlare. Ogni angelo è collegato ad un segno zodiacale e viene assegnato casualmente ad un umano che possiede tale segno. Il loro rapporto è sacro e verrà interrotto solo dalla morte di uno dei due o se l'angelo supera gli 80 anni di età. Nel primo caso, all'angelo verrà assegnato un nuovo protetto o all'umano un nuovo angelo, nel secondo un nuovo angelo al protetto." Harry finisce di parlare e si incupisce, cala un silenzio tombale di cui non capisco il motivo. Sto per esortarlo a parlare quando si alza e si allontana, guardo confusa gli altri che sembrano compatirlo. Non capisco cosa stia succedendo. 

"Tranquilla, non è colpa tua." mi dice Louis, prima di alzarsi e raggiungere l'amico. Resto seduta fra Niall e Cloe che continuano a fornirmi ulteriori informazioni, ma il mio sguardo resta fisso sulla schiena del riccio, su cui Louis poggia una mano come per consolarlo.

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