Belle Epoque - Un bene di tutti?

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Belle Epoque – Quadro generale di trent’anni di storia (1885 circa – 1914) ***
Capitolo 2: *** Si vis pacem para bellum - Se vuoi la pace prepara la guerra ***
Capitolo 3: *** Il Patto di Londra - Quando gli interessi della nazione sono più importanti della parola data ***



Capitolo 1
*** Belle Epoque – Quadro generale di trent’anni di storia (1885 circa – 1914) ***


La Belle époque  è un periodo storico, culturale e artistico che va alla fine dell’Ottocento e si conclude una trentina d’anni dopo con lo scoppio della 1° guerra mondiale
 
L’espressione Belle époque (L’epoca bella, I bei tempi) nacque in Francia prima della 1° guerra mondiale per definire il periodo immediatamente anteriore (1885 – 1914). Essa nasce in parte da una realtà storica (fu davvero un periodo di sviluppo, spensieratezza, fede nel progresso) e in parte da un sentimento di nostalgia. Il trauma della guerra aveva infatti portato a idealizzare la realtà.
 
Dalla fine dell’Ottocento in poi le invenzioni e progressi della tecnica erano stati all’ordine del giorno. I benefici Che queste scoperte avevano portato nella vita delle persone erano diventate sempre più visibili: l’energia elettrica, i servizi igienici, la minore paura le malattie e l’ignoto. Tutto questo aveva determinato un profondo ottimismo sulle possibilità dell’uomo, a cui niente sembrava recluso.
 
In questa descrizione c’è un fondo di verità e una parte di nostalgia. La realtà era in effetti stata abbellita anche per non risentire troppo dei traumi postbellici. Ma, senza meno, questo periodo in Francia ricordato come un passato che fu ridotto in frantumi dallo scoppio della guerra.
 
All’alba del ventesimo secolo, il mondo occidentale guardava con fiducia e ottimismo al futuro, sicuro che progresso, benessere e pace avrebbero continuato a guidare i suoi passi verso conquiste sempre nuove. Queste aspettative sembravano per il primo quindicennio del nuovo secolo, un periodo di grandi speranze che da molti fu poi ricordato con nostalgia come la Belle époque.
In effetti all’inizio del Novecento il mondo occidentale aveva molte ragioni d’orgoglio: debellata la maggior parte delle epidemie e ridotta notevolmente la mortalità infantile, gli abitanti del pianeta toccavano ormai il miliardo e mezzo.
Alla crescita demografica fece riscontro un impressionante aumento della produzione industriale e del commercio mondiale, che tra il 1896 e il 1913 raddoppiarono. I passaporti non erano ancora stati inventati, e la sterlina era il solidissimo riferimento economico.
Nello stesso 1913 la rete ferroviaria del globo aveva raggiunto un milione di km e le automobili cominciarono ad affollare le strade delle metropoli americane ed europee. Parlando di trasporti, la corsa alla costruzione dei nuovi enormi e sfarzosi transatlantici costituiva il lato più grandiosi quest’epoca tecnologicamente avanzata ma ancora legata a certi sentimenti romantici e utopisti. Non a caso, l’affondamento della nave più potente del mondo (il Titanic avvenuto il15 aprile 1912) è stato considerato come il più bel sogno infranto della Belle époque.
 
Dopo la grande depressione (1870 - 1896), la Francia entrò in un periodo di crescita economica alquanto sostenuta che si può far derivare dalla seconda rivoluzione industriale. Nacquero il cabaret, il cancan, il cinema, nuove invenzioni resero la vita più facili a tutti i ceti e livelli sociali, la scena culturale prosperava, e l’arte prendeva nuove forme con l’impressionismo e l’art nouveau. Il termine Belle époque può anche descrivere, infatti, visto il fiorire di nuovi stili e modi, l’arte e l’architettura di questo periodo in altri Stati.
La borghesia celebrava i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia con Esposizioni universali, in cui si esibivano le ultime strabilianti meraviglie della tecnica; con conferenze di esplorazioni, missionari, ufficiali, che raccontavano le grandezze e le miserie di mondi lontani, il cui contrasto con l’Occidente inorgogliva gli ascoltatori e li confermava nella loro certezza di appartenere a un mondo superiore, che nulla mai avrebbe potuto incrinare. Tra le potenze europee ogni accordo sembrava possibile, pur di conservare un benessere tanto evidente.
L’aristocrazia russa era in questo periodo storico sempre in prima linea; da un lato per il livello e la quantità degli acquisti, allo stesso modo in cui saranno tre quarti di secolo dopo gli emiri, d’altro canto per la qualità degli artisti che da lì provenivano, soprattutto musicisti e ballerini o coreografi. È ironico che la fortuna russa nella belle époque si basasse sui mutui e prestiti concessi a gran parte della popolazione francese.
Affrontare la vita con questo spirito significava caratterizzarlo in modo spensierato e positivo. Gli delle città avevano scoperto il piacere di uscire, anche e soprattutto dopo cena, di recarsi a chiacchierare nei caffè e assistere a spettacoli teatrali. Le vie e le strade cittadine erano piene di colori: manifesti pubblicitari, vetrine con merci di ogni tipo, eleganti magazzini.
 
In campo medico ed in campo tecnologico l’umanità aveva fatto passi da gigante, si videro le prime automobili, aerei, treni, che poi nella prima guerra mondiale divennero armi belliche, l’automobile fu blindata creando il carro armato, l’aereo fu reso da combattimento, i treni servivano per il trasporto di materiale bellico e di truppe, anche le navi servirono per scopi militari.
Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con un incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti: l’esposizione universale (o ”Exposition Universelle”). Per assistere a questa gigantesca fiera, nel 1900 persone da tutto il mondo sbarcavano in Francia per prendervi parte. La gente ne visitava ogni angolo e ne ammirava tutti gli aspetti: scale mobili dette “Tapis roulant”, tram elettrici, si assaggiavano le cento varietà di tè importato dall’India. L’Europa era in pace da trent’anni (1870 circa ), cioè da quando la Germania aveva inaugurato un’industrializzazione e sviluppo che venivano garantite da una nuova politica di equilibrio. Nessuno pensava più, quindi, che la guerra potesse devastare ancora il mondo; perciò nel 1896 ebbero luogo le prime Olimpiadi, che da allora si svolsero ogni 4 anni. Quindi il periodo che va al 1890 al 1914 fu caratterizzato di euforia e frivolezza, denominato “Belle époque”.
 
UNA SOCIETA’ DI CONSUMATORI
Il progresso aveva un prezzo: il benessere di alcuni si basava sul disagio di molti altri; innanzitutto dei popoli colonizzati, secondariamente del proletariato operaio e contadino. Quest’ultimo tuttavia, soprattutto quello operaio, durante la Belle èpoque cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle proprie durissime lotte, ma grazie anche alla logica stessa dell’economia del mercato.
In base a questa logica infatti se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più. Ma per aumentare le vendite è necessario che masse sempre più estese abbiano sempre più denaro per comprare. Gli imprenditori, quindi, man mano che la produzione scendeva, accettarono di concedere aumenti dei salari, facendo salire il reddito pro capite nei paesi sviluppati.
Dopo aver creato nuovi mercati nelle colonie, costringendole ad acquistare dall’Occidente i prodotti lavorativi, quindi, misero anche in moto una crescita esponenziale dei loro mercati interni, ponendo le basi per una vera e propria società di consumatori. Per realizzare compiutamente questo allargamento del mercato si provvide anche rapidamente alla crescita della distribuzione; beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che prima erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio cominciarono a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia. 
Si moltiplicarono i grandi magazzini, furono incrementate la vendita a domicilio e per corrispondenza, furono trovate nuove forme per il pagamento rateale, che indebitava le famiglie, ma nel contempo rendeva accessibili ai meno abbienti una quantità prima impensabile di prodotti costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasceva la pubblicità, che cominciava ormai a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.
Molti lavoratori persero il lavoro proprio a causa delle lotte e degli scioperi per ottenere piccoli vantaggi, mentre altri venivano ancora sfruttati, insieme a donne e bambini.

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Capitolo 2
*** Si vis pacem para bellum - Se vuoi la pace prepara la guerra ***


In un mio vecchio libro di storia ho visto raffigurato come il presidente francese e lo zar Nicola II si preparavano per un accordo su una possibile guerra che si sarebbe consumata come tutti sappiamo tra qualche anno.
In quel momento mi sono immaginato: come avrebbero fatto e cosa si sarebbero detti i tre maggiori individui dei tre stati aderenti alla Triplice Intesa?
P. S.: volevo avvertire che i fatti che si susseguiranno in questo capitolo sono frutto della mia immaginazione.
 
 
Era una bellissima giornata anche se era quasi fine settembre.
Nella Russia imperiali il clima diveniva molto freddo appena finiva l’estate.
Nicola II, non avendo tempo per pensare alla sua famiglia, doveva fare di tutto per arginare gli insorti popolani che chiedevano di ricevere un maggiore potere e contrastare la monarchia assoluta del sovrano, l’ultima rimasta sulla Terra.
Ma Nicola non aveva nessuna intenzione di occuparsi di tale sgravo, cercando di pensare ai problemi esterni del suo impero che ai suoi problemi interni.
< Maestà, il Re Edoardo VII è arrivato a Palazzo. >
< Molto bene. Fatelo passare. >
Era da molto tempo che Nicola non vedeva sua zio Edoardo, essendo completamente rinchiuso nella sua nazione, aveva paura di lasciare i confini del suo impero.
Appena i due si rividero dopo tanto tempo, evitarono troppi cerimoniali e si strinsero la mano come due buoni amici.
< Nicola, ti vedo in gran forma. >
< Ti ringrazio zio, ma non è così come dici tu. >
< Ti prego di chiamarmi Edoardo. Zio mi fa sentire molto vecchio di quello che sono. >
< Ma non sei così vecchio come dici. >
< Lo credi davvero? Ebbene ho rimandato la mia partenza dall’Inghilterra pensando che non sarei mai potuto giungere fin qui. Ma grazie alla mia volontà e al supporto dei miei consiglieri, abbiamo deciso che questo incontro era troppo importante per due uomini come voi. >
< Ti ringrazio per essere venuto fin qui a San Pietroburgo. Negli ultimi anni ho molta paura di uscire dai miei confini. I contadini rivoltosi sono all’ordine del giorno e sento che posso fidarmi solo di alcuni miei sudditi. >
< Perché non stai facendo niente per rendere la vita del tuo popolo vivibile > gli spiegò Edoardo < Anche se o0rmai la servitù della gleba è stata abolita, nel venire qui ho visto molte persone vivere in condizioni di puro disagio. Perché non fai niente per contrastare tutto questo? >
< Perché devo pensare alla mia nazione, ma non al mio popolo… E poi non credo che tu sia venuto fin qui per parlare di questo, Edoardo. >
< No. sono venuto qui per sancire il patto finale per la nostra alleanza. La guerra è ormai alle porte e dovremmo prepararci per esser pronti all’evento fatidico. Queste sono i presupposti per l’accordo. >
Leggendo accuratamente l’esposto del Re d’Inghilterra insieme al suo consigliere Aleksandr Petrovic, l’imperatore russo non ebbe nessun dubbio per acconsentire a tale desiderio.
< Io e il mio fidato diplomatico di fiducia Arthur Nicolson abbiamo fatto in modo che non ci fossero asti dell’ultimo minuto per evitare un accordo che deve essere siglato per il nostro bene. >
< Dobbiamo fare la guerra agli imperi centrali > spiegò Nicola II < E difatti è quello che faremo. >
Firmando sotto lo sguardo attento di Edoardo VII, l’imperatore russo poté dire che la Triplice Intesa era finalmente completata.
< Con questa firma abbiamo concluso la tensione scolar tra i nostri due paesi, Nicola. Ed io non potrei esserne più fiero > rispose Giorgio VII dopo che anche lui ebbe firmato < Ora che abbiamo anche ridisegnato i confini in Asia, posso tornare a Londra tranquillamente. >
< La Russia si impegnerà a scendere in campo una volta che la Francia e l’Inghilterra saranno attaccate dai suoi nemici. >
< La stessa cosa vale per noi, Nicola… Ma il tuo esercito sarà abbastanza forte per contrastare la potenza dei nostri nemici? >
< Giorgio, stai dubitando che non riusciremmo nell’impresa di vincere una guerra che durerà solo pochi mesi? >
< Non giudicare la potenza di Austria e Germania. La guerra durerà molti anni. Ne sono convinto. >
< Sarà meglio di no, altrimenti ti dovrei dare ragione sul caso. I miei soldati non so se resisterebbero per molto tempo. Devo stare molto attento ai disordini interni. >
< Allora vedi di risolverli. Nel minor tempo poss8ibile se non vuoi che l’intera popolazione si rivolti a te, Nicola. >
< Ci sto già lavorando, zio. >
< Ne sei sicuro? Alcuni tuoi consiglieri e alcuni tuoi soldati mi hanno fatto capire che non è così. Pensa bene ai confini del tuo impero e a quello che hai all’interno. Non vorrai mica distruggere un impero che dura quasi da trecento anni. >
< Certo che no, Giorgio. I miei avi si rivolterebbero nella tomba. >
< Allora non dargli nessun motivo di farlo. Spero che ci rivedremo presto. >
< Addio, Nicola. Purtroppo le nostre distanze saranno talmente incolmabili da non vederci più. >
< Tu credi? >
< E’ solo un mio presentimento… Dobbiamo scongiurare questa guerra, no? anche se ci faremo trovare pronti. >
< Lo credo anch’io… Anche se tu crederai che sarà una guerra lampo, la vita di tutti noi cambierà in maniera irreversibile. >
< Certo… Non è che io credo che sia una guerra lampo, lo spero per il mio paese. >
< Sì, l’avevo capito. >
Dopo che i due reali si furono separati, Nicola tornò alle inadempienze del suo impero, senza però riuscire a risolvere nessun tipo di problema interno che lo stava distruggendo in maniera irreversibile.

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Capitolo 3
*** Il Patto di Londra - Quando gli interessi della nazione sono più importanti della parola data ***


Art. 4. Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle Alte Parti contraenti e la parte minacciata si vedesse perciò costretta a farle guerra, le due altre Parti si obbligano ad osservare verso la loro alleata una neutralità benevola. In questo caso ciascuna di esse si riserva la facoltà di prendere parte alla guerra, se lo giudichi opportuno, per fare causa comune con il suo alleato. (Fonte Wikipedia.)
 
 
< Qui non si fa altro che parlare senza susseguirsi con i fatti. >
Guglielmo Imperiali di Francavilla, ambasciatore italiano al momento della firma del patto di Londra, passeggiava nervosamente nella stanza nascosta insieme ai diplomatici della Triplice Intesa.
< Come da accordi, questo è quello che spetta all’Italia se gli imperi centrali verranno sconfitti > fece Aleksandr Benckendorff porgendo il trattato all’italiano.
< Spero che questo sia un modo più vantaggioso per il suo paese. >
< Ci può giurare, Signor Grey. >
< Ancora non capisco come mai voi italiani ve la caviate in ogni frangente > fece il diplomatico francese Pierre Paul Cambon < Non scordiamoci che fino a ieri eravate nella Triplice Alleanza, mentre ora… >
< Signor Cambon, dovrebbe scordarsi il passato. Adesso è giunta l’ora che anche l’Italia faccia la sua parte. >
< Quello che volevo dire è se potevamo fidarci di voi italiani. >
L’occhio attento dell’ambasciatore italiano scrutò in maniera impercettibile le parole altisonanti dell’ambasciatore francese.
< Noi combatteremo questa guerra con l’orgoglio di cui siamo famosi e vinceremo questa guerra. Gli imperi centrali nostri nemici cesseranno di esistere molto presto. >
< Un futuro davvero roseo, non c’è che dire > rispose Edward Grey.
< E cosa non di poco conto, l’Italia ce la farà a sostenere una guerra dopo l’invasione della Libia? >
< Certo. Riusciremo nelle nostre difficoltà perché l’Italia esce nei momenti difficili proprio quando accadono tali cose. >
< Italiani… tutti traditori… >
< Signor Cambon, non creda che io non l’abbia sentita. >
< Pensi pure quello che vuole. Non me ne frega niente… Tutto questo astio nei confronti di noi francesi solo perché abbiamo invaso la Tunisia. Meglio che prima risolviate i vostri problemi interni prima di mettere il naso fuori. >
< Questi non sono affari che la riguardano, ambasciatore. >
< Mi riguarda eccome. >
< Adesso basta di litigare > mormorò il diplomatico russo < Sembrate dei bambini. Comportiamoci da gente civile e vediamo di portare avanti questa guerra che sarà molto dispendiosa sul piano economico… Adesso stringetevi la mano come segno di pace. Dobbiamo continuare il nostro destino. Non possiamo perdere tempo ulteriormente. >
S’eppur restii, alla fine l’ambasciatore italiano e il diplomatico francese si strinsero la mano come segno di amicizia.
< Molto bene. Adesso possiamo andare. E che Dio benedica la guerra. >

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