La casa de papel

di fallinginthedarkness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** El dìa de atraco ***
Capitolo 2: *** Secondo episodio. ***
Capitolo 3: *** Terzo episodio. ***



Capitolo 1
*** El dìa de atraco ***


Ho sempre pensato di voler vivere la vita al massimo, mai avrei immaginato che mi sarei ritrovata a far parte del più grande colpo di tutta la storia.
Parto dal principio: io sono Virginia, ma prima di questa storia non mi chiamavo così.
Sono sempre stata definita dagli altri una ragazza modello.
Perché sono stata chiamata nella banda? Ho una passione: le armi.
Mi piace giocare con qualsiasi giocattolino, questo perché mio padre ha vissuto di questo ed io inevitabilmente sono entrata a far parte di questa vita.
Un giorno, uscita dall’università, una macchina accostò vicino a me. Era il Professore.
Io lo conoscevo, Sergio, era amico fidato di mio padre ma mai e poi mai avrei pensato che volesse assumermi per un colpo così grosso.
Non esitai un attimo ad accettare, la mia fame di potere e soldi non poteva tirarsi indietro con un’occasione del genere.
Forse ero incosciente, ma tremendamente determinata e ambiziosa.
 
Il Professore scrisse sulla lavagna “benvenuti”.

- Vi do il benvenuto. Vi ringrazio per aver accettato questa offerta di lavoro.-
Un ragazzo sogghignò e l’uomo davanti a lui lo guardò male. Il Professore in imbarazzo, fece quel gesto che faceva solitamente. Il suo marchio di fabbrica, si tirò su gli occhiali con l’indice. Lo faceva ogni volta che era nervoso e questo lo rendeva tremendamente impacciato.
- Vivremo qui, isolati dal resto del mondo.- riprese. – cinque mesi, cinque mesi in cui studieremo come portare a termine il colpo.-
Il signore che prima aveva guardato male il ragazzo prese immediatamente parola.
- Come sarebbe cinque mesi? Ma dico, siamo impazziti?-
- Vedi, la gente passa anni a studiare, per ottenere uno stipendio che nel migliore dei casi sarà uno stipendio di merda. Che cosa sono cinque mesi? Io sto pensando a questo da moltissimo tempo. Così non dovrò più lavorare e neanche voi. E neanche i vostri figli.-
Tutti ci guardavamo confusi, c’era un silenzio assordante. Tutti stavamo pensando a cosa avremmo potuto perdere e se ne sarebbe valsa la pena.
C’erano tre sole regole da rispettare.
Nessun nome.
Nessuna domanda personale.
Nessuna relazione personale.
Ci furono risate di sottofondo, sapevamo che l’ultima regola sarebbe stata difficile da rispettare. Decidemmo di darci nomi di città.
 
E così io divenni Virginia.
Questo che mi guarda il culo è il signor Berlino, il suo colpo più grande sono gli Champs-Elysèe a Parigi, 434 diamanti. È come uno squalo in una piscina, puoi farti il bagno con lui ma non puoi stare tranquilla. È a capo dell’operazione.
Quello che tossisce è Mosca, ha cominciato a scavare nelle miniere delle Asturie. Poi ha capito che scavando un po’ più in alto sarebbe arrivato più lontano. Sei pelletterie, tre orologerie e la cassa di risparmio di Aviles. Sa usare la lancia termica e ogni arnese di tipo industriale.
Seduto dietro di lui c’è Denver, suo figlio. Droghe, denti e costole rotte. Il re delle risse da discoteca. È una testa calda.
Rio, il punto debole di Tokyo. È il Mozart del computer. Sa tutto di allarmi e di elettronica, in tutte le altre cose è come se fosse nato ieri.
Tokyo, ricercata, da rapinatrice è passata ad assassina. Impulsiva e piena di sé. In un piano perfetto è una bomba ad orologeria.
I gemelli Helsinki e Oslo, anche in una rapina servono dei soldati. E chi meglio dei serbi?
Nairobi, un’inguaribile ottimista. Falsifica banconote da quando aveva tredici anni, ora è addetta al controllo qualità. Probabilmente è pazza, ma è dannatamente divertente.
Boston, campione di arti marziali miste, se la cava con le pistole. È riflessivo, se qualcosa dovesse andare storto lui non si farebbe prendere dal panico.
 

- Le persone penseranno “perché non ci ho pensato prima io?”Perché noi non ruberemo i soldi di nessuno, gli staremo simpatici ed è fondamentale aver l’opinione pubblica dalla nostra parte. Diventeremo gli eroi di queste persone.-
- Professore, cosa rapineremo?- chiese Tokyo.
Ci girammo tutti di scatto, la Zecca di Spagna.
 
Giorno della rapina, venerdì 8.35
Eravamo tutti nel furgone che ci stava portando alla Zecca. Indossavamo una tuta rossa, eravamo nervosi e nel tragitto non fiatò una mosca. Fino a quando Rio si tolse la maschera.
- Chi ha scelto questa maschera? Non fa paura.-
- Sei armato, un pazzo con un’arma fa più paura di uno scheletro.- Berlino gli puntò la pistola in fronte.
- Chi è questo scemo con i baffi?- riprese Denver.
- E’ Dalì, un famoso pittore spagnolo. Ma hai mai aperto un libro, Denver?- risposi acida.
Cavolo, stiamo per fare il colpo più grande della storia e questi ragazzi si mettono a discutere proprio ora sulla scelta delle maschere.
Intanto Nairobi e Tokyo si lanciavano occhiate d’intesa e se la ridevano.
Ad un tratto il furgone si fermò.
Tutto quello che avevamo programmato iniziava ora.
 
9.25
Tokyo ed io ci occupammo dell’agnellino.
- Professore, l’agnellino sta entrando.-
Nel frattempo Rio stava controllando tutte le telecamere e disattivando tutti gli allarmi.
Stavamo entrando dentro la Zecca scortati dalla polizia dentro un camion pieno di armi.
Ad un tratto… il caos.
Tutti con le armi puntate contro gli ostaggi. Ci chiudemmo dentro, iniziammo a bendare tutti. Berlino si tolse la maschera ed iniziò a parlare.

- Buongiorno a tutti, io sono la persona al comando. Voglio porgervi le mie scuse. Da questo momento siete tutti miei ostaggi, se obbedirete vi assicuro che avrete salva la vita.-
Intanto Rio e Denver sequestravano tutti i cellulari, segnandosi nome e PIN.
Il telefono della Zecca cominciò a squillare.

- La signora Gatzambide sarebbe così gentile da fare un passo avanti?-
Avanzò con indecisione, era terrorizzata. Rispose al telefono, con una pistola puntata contro e fece tutto ciò che aveva ordinato Berlino. Denver nel frattempo andò ad aiutare Mosca e Boston a prendere i soldi per attuare il primo piano.
 

- È fondamentale che la polizia non abbia la minima idea di quello che stiamo facendo. Faremo credere che siamo entrati per rubare, che ci hanno impedito di fuggire ed il piano è saltato. Che abbiamo reagito sparando e che non abbiamo potuto fare altro che ritirarci. E a quel punto, senza aver ferito nessuno, ci barrichiamo all’interno. Che pensino di averci messo in gabbia come topi, che stiamo improvvisando.- 
Mi rimbombavano queste parole del Professore nella testa. Era il momento e stavo cominciando a sudare freddo.
 
30 secondi
Azione.
- Adesso!- urlai.
- Virginia aspetta, non è ancora ora!- mi venne dietro Rio con i borsoni in mano.
Si aprirono le porte, cominciamo a sparare all’impazzata.
Ma il Professore non aveva previsto che anche loro avrebbero sparato e infatti Rio venne colpito, Tokyo perse la ragione.
Impressionante come, per un’azione di qualcuno, le cose possano cambiare così rapidamente. In un attimo il piano era saltato, Tokyo non sparava più a terra, ma contro chiunque. Noi cercammo di difenderli, e mentre Tokyo trascinava Rio dentro, le porte si chiusero.

- Ma che cazzo hai fatto, Tokyo? La prima regola, cazzo. E tu la infrangi!- urlò Denver.
- Cazzo, Tokyo. Noi abbiamo cercato di proteggervi, ma perché cazzo di motivo hai reagito così? Ci hai messo in pericolo tutti, cazzo!- ero su tutte le furie, stavo perdendo il controllo.
- Ragazzi, cerchiamo di mantenere il controllo per favore. Il Professore ci farà sapere se Tokyo ha ferito qualcuno, ma ora preoccupiamoci di Rio. Stai bene?-
Boston cercò di assumere il controllo della situazione. 

- Sì, sono solo caduto per l’impatto.- rispose Rio, spaventato. 





E questo è il primo capitolo. Spero vi piaccia, e se potete ditemi cosa ne pensate dei nuovi personaggi. Grazie in anticipo e alla prossima. 

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Capitolo 2
*** Secondo episodio. ***


-Hai sparato a due poliziotti!- urlò Denver.
 
Venerdì 18.25
 
-Non bisogna sparare a nessuno, l’abbiamo ripetuto un milione di volte.- continuò Nairobi.
- Okay ragazzi, però ora cerchiamo di darci una calmata. Il Professore ci dirà come agire in questo caso, no? Possibile che non abbia pensato a questa possibilità?- dissi.
In quel momento non stavo cercando di calmare loro, stavo cercando di calmare me stessa.
Non sono fatta per invecchiare dentro la cella di un carcere, e volevo con tutte le mie forze uscire al più presto dal di lì. Berlino nel frattempo andò a chiamare il Professore, doveva avvisarlo del fatto che erano stati feriti due agenti.
-Pare che abbiano una relazione.- Berlino guardò con aria di sfida Tokyo, che si alzò di scatto e prontamente negò tutto.
-L’amore della mia vita è morto in un incidente. Lui è solo un ragazzino. E per quanto tu abbia pianificato tutto, le cose non vanno sempre come le hai previste.- urlò e se andò dalla stanza.
Rimanemmo a fissarci per qualche minuto, poi capimmo che non aveva senso perdere altro tempo in quel modo e così Mosca andò con Boston a controllare che Arturo e gli altri ostaggi stessero facendo il loro lavoro, Helsinki andò a riposarsi con Denver, Oslo controllò gli altri ostaggi e Nairobi andò a verificare che Tokyo non combinasse altri guai.
Nella stanza rimanemmo solo io, Rio e Berlino. Sapevo che sarebbe successo qualcosa, e volevo assicurarmi che Berlino non esagerasse con la punizione.
-Perché Tokyo ha detto a tutti che non state insieme?-
-Perché non stiamo insieme.-
-E perché ogni notte la sua testiera del letto sembrava un martello pneumatico? Dici che sta imparando a ballare la samba alle cinque del mattino?- lo provocò.
-Che cazzo ne so io se sta ballando la samba o ha il sonno agitato.- rispose esasperato Rio.
Stava male ed era visibile, Tokyo con quelle parole lo aveva ferito e le provocazioni di Berlino non facevano altro che innervosirlo ancora di più. E durante una rapina vi posso assicurare che il nervoso è già alle stelle.
-Dimmi, ti sembro un coglione a cui puoi dire bugie?-
-Io faccio sul serio con lei.-
-Siediti.- e come un padre si mise a fare la ramanzina.
Conoscevo perfettamente quell’espressione di Berlino, era la stessa che mi faceva quando da piccola mi beccava ad origliare i discorsi dei grandi.
-Senti ragazzo, le donne ti garantiscono il sesso perché sono programmate per piegare la tua volontà e farsi fecondare. Dopo cessi di esistere poi non esisti più, lo capisci durante il parto. Il parto è la cosa più emozionante per un padre.-
Rio continuava a guardarlo con l’aria di un ragazzo ingenuo, sembrava che in cinque mesi non avesse ancora capito che tipo di persona fosse Berlino.
-Durante il parto dalle sue gambe esce la testata nucleare che distruggerà tutto. La meravigliosa caverna in cui mettevi l’uccello cambierà per sempre, e mentre maledice il tuo nome e chiederà l’epidurale, si cagherà addosso.-
-Wow, che delicatezza Berlino.- commentai acida.
-Non sarà mai più una donna sexy. E da allora quel fagotto diventerà il centro dell’universo. Te lo dico io, che ho avuto cinque divorzi. E sai che vuol dire? Ho creduto cinque volte nell’amore.- finì Berlino., Rio rimase senza parole.
-Sai cosa penso io invece? Non tutte le donne sognano di avere un figlio, tantomeno una relazione. Ad ogni modo, la nascita di un figlio non corrisponde alla fine di una relazione. Ed è veramente assurdo che tu pensi che la sensualità di una donna possa cessare nel momento in cui si cagherà addosso. Il bello di una relazione sta proprio nella quotidianità, quindi sì, anche stare in bagno insieme. E se ad oggi hai questa idea dell’amore, allora probabilmente non hai mai amato davvero, Berlino.- e me ne andai. In un attimo mi ritrovai a pensare ai cinque mesi trascorsi, alle persone che avevo abbandonato per compiere questa pazzia e alle persone che avevo trovato.
“Nessuna relazione personale”, ma come è possibile non affezionarsi a qualcuno con cui hai condiviso momenti importanti? Paure, risate, sogni, desiderio di vittoria, sesso.
-Perché il Professore ti ha messo al comando?- chiese Rio.
-Per la mia sensibilità nel trattare le persone. Ora prendi l’agnellino e lo porti nell’ufficio, non la lasci sola nemmeno un attimo. E se si cambia l’assorbente, rimani con lei.-
 
~ ~ ~ ~ ~
-E se andasse male? Se il nostro piano fallisse?- chiese Mosca.
-E se andasse bene? Che ci facciamo con tutti quei soldi?- rispose Tokyo.
-Io mi comprerò una Maserati celeste, una discoteca a tre piani con le casse che scoppiano i timpani e una palestra di arti marziali… Hey Boston, ti assumo come insegnante.- rise Denver.
-Ci sto, ma devi pagarmi profumatamente se mi vuoi.- disse Boston mentre fumava la sua sigaretta.
-Io un’azienda vinicola in Provenza, cento ettari di vigneto per coltivarmi il vino mio in barrique di rovere.- Berlino sognava in grande, d’altronde era un appassionato di vino, proprio come mio padre. Potrei quasi dire di esserci nata dentro una barrique.
-Io un’isola, con una casa enorme e un balcone dà sul mare e tanti bambini.- Rio sognava tutte queste cose, ignaro del fatto che Tokyo non sarebbe mai stata il tipo di donna da “tanti bambini”.
-Io prima devo regolare alcuni conti in sospeso, poi con quello che mi avanza mi compro un aereo per pilotarlo.- Nairobi era proprio fuori di testa, ma di un’amica così io ne avevo proprio bisogno. Tutti ne avevamo bisogno, la sua leggerezza travolgeva tutti noi come un uragano.
-Se comprassimo tutte queste cose ad un prezzo molto, molto elevato comunque ci rimarrebbero ancora un sacco di soldi. Tanto vale sognare in grande, molto in grande.- e il Professore aveva ragione, non avevamo la minima idea di quanto i nostri sogni fossero piccoli in proporzione ai soldi che avremmo guadagnato.
-Hai ragione, allora comincio io. Una villa enorme, al suo interno deve avere un cinema, piscina interna ed esterna, una palestra, una sala giochi… Insomma deve esserci qualsiasi cosa, stalle per i cavalli, galline, animali di qualsiasi genere. E una cantina così la sera potrò rilassarmi con la mia donna, bere del buon vino e fare sesso, tanto buon sesso.- riprese Boston facendomi l’occhiolino. Nessuno sapeva che tra di noi stava accadendo qualcosa, o forse sì, ma preferivano ignorare la situazione come con Tokyo e Rio.
-Io voglio vivere in una città grande, non voglio annoiarmi mai. Ecco tutto, voglio concedermi ogni tipo di lusso.- e forse il mio sogno non comprendeva la presenza di Boston.
~ ~ ~ ~ ~
 
Andammo dagli ostaggi, Berlino ordinò a tutti di spogliarsi e diede loro le tute rosse. Denver andò da Arturito, che poco prima aveva tentato di fare l’eroe. Gli diede la pistola in mano.
-Puntami la pistola contro, ti ho detto di puntarla!- disse mentre Arturo tremava.
-Ora conterò fino a dieci, se non mi spari tu, ti sparerò io.
 Uno…due…tre…quattro…cinque… sei…sette…otto…nove…-
Arturo sparò, si sentirono urla fortissime ma la risata di Denver era ancora più forte.
-Era finta Arturito, però sei stato bravo.- continuò a ridere dandogli uno schiaffetto sul volto.
-Come avete visto, stiamo distribuendo a tutti armi finte. Ora dovete solamente obbedire.- finì Berlino.
 
~ ~ ~ ~ ~
-Entreranno, lo faranno perché c’è il nostro agnellino. Alison Parker, figlia di Benjamin Parker, ambasciatore britannico. Loro penseranno che noi non lo sappiamo, cercheranno di occultare questa informazione alla gente. Decideranno di entrare la prima notte, prima delle 4.15 perché alle 6.30 sorge il sole.- ci spiegò il Professore.
~ ~ ~ ~ ~
 
-Sembra che il tuo capo non ti vada molto a genio.- commentò Nairobi, seduta vicino a Monica.
-Come sai che è il mio capo?- chiese ingenuamente.
-Perché io so tutto quanto di voi, vi ho studiati. E ho visto il test di gravidanza sul tuo tavolo. E ora ho capito chi è il padre… non ha gradito il regalino? Che pensi di fare?-
-Abortire.-
Rizzai subito le antenne. Provai per qualche secondo ad immedesimarmi in lei. Come mi sentirei io, nel bel mezzo di una rapina, incinta e con un uomo che non ne vuole sapere niente di me, di noi?
Dovevo in qualche modo aiutarla, ma non riuscii a pensare al modo che subito dovevamo metterci in posizione.
-Stanno entrando.- urlò Denver.
-È ora. È arrivato il momento di eseguire i miei ordini.- comandò Berlino.
Tutti avevamo la maschera ed eravamo armati. Era impossibile distinguerci. Io andai a posizionarmi, avevo un’arma molto potente stavolta… una mitragliatrice browning.
Intanto Rio era con l’agnellino, che stava facendo una telefonata.
-Sono Alison Parker, non entrate per favore.- disse piangendo. –Siamo tutti vestiti uguali, abbiamo tutti la maschera e siamo armati. È impossibile distinguerci, per favore non entrate o rischierete di ferirci.-
Non feci in tempo a sferrare il primo colpo, che la polizia si ritirò. Come aveva immaginato il professore. Avevamo vinto la seconda manche.
E così Nairobi si mise subito al lavoro. Cominciò a raggruppare tutte le persone che dovevano aiutarla a stampare le nostre banconote. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E questo è il secondo capitolo. Come avrete visto cerco di portare un capitolo per ogni episodio, cercando di rimanere il più fedele possibile alla serie e così da non stravolgere la trama. In questi giorni sto scrivendo la storia, quindi non so dirvi ogni quanto pubblicherò o indizi vari perchè è ancora tutto da scrivere, sebbene io abbia qualche idea per la testa. E niente, spero vi piaccia e cercherò di pubblicare al più presto. 

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Capitolo 3
*** Terzo episodio. ***


Ogni ora stampavamo otto milioni di euro. 
Millequattrocento risme di cartamoneta, ognuna in grado di produrre 140.000 banconote da cinque euro. 
All’alba la situazione era talmente calma, che il piano sembrava procedere bene. 
-Siamo chiusi qui, e non so per quanto tempo questa storia potrà durare, ma finchè non mi spareranno in testa io mi prenderò cura di voi. A patto che voi non cerchiate di imbrogliarmi o di comunicare con il mondo esterno, andrà tutto bene.- iniziò Berlino. 
Si sentì una donna piangere. 
-Starebbe meglio se le dessi un ansiolitico?- gli chiese in modo calmo. 
-Sì, per favore.- rispose la donna singhiozzando. 
-Qualcun altro ha altre richieste?- domandò ancora. 
-Una pillola abortiva, ha detto che non sa quanto tempo staremo qui dentro e vorrei cavarmela subito.- 
Era Monica Gatzambide a parlare, Berlino la guardò con aria comprensiva. 
-Okay, gliela farò avere in giornata.-
-Io ho una richiesta, vorrei cancellare una foto su internet…- parlò l’agnellino.
-Non è possibile.- rispose freddo Berlino. 
-Sono stata ingannata.- 
-Ascoltatemi bene, vi darò la possibilità a tutti di registrare un video per i vostri familiari.- finì Berlino.
Io non facevo altro che pensare ad Alison, era solo una ragazzina e benchè tutto il mondo stesse parlando di noi, potevo benissimo comprendere il suo disagio nell’aver diffuso erroneamente una foto intima. Avrei voluto cancellarla io, ma non mi era permesso. 
Rio prese Alison e la portò in una stanza a registrare il messaggio. 
-Non dare troppa importanza a quella foto, è come quando sei in topless in una spiaggia. Non importa a nessuno.- cercò di consolarla. 
-Io non mi metto in topless, né mi metto a pomiciare in un bagno dentro un museo. La cosa più emozionante di quest’anno è stata quando mi sono rotta il braccio.- ammise Alison, sull’orlo di una crisi di nervi. 
-Un sequestro è più emozionante.- Tokyo spuntò fuori dal nulla, per controllare Rio.
-Tranquilla, fai con calma. Pensa a cosa vuoi dire ai tuoi genitori.- disse Rio allontanandosi con Tokyo. 
-Sei strano, cos’hai?- gli chiese.
-Sono un ragazzino, mi hai usato solo per scopare.- 
Tokyo se ne andò, forse ferita. Non sapeva nemmeno lei come spiegare i suoi sentimenti a Rio o forse non sapeva nemmeno ciò che provava.
Rio si girò e vide Alison con il telefono in mano, era entrata su internet, e con velocità glielo tolse dalle mani. 
-Ma che cazzo fai?- urlò.
Io ero nascosta dietro la porta e avevo visto tutto. Anche io ero presa dalla loro discussione, che ho distolto lo sguardo da Alison e mi sentivo in parte in colpa. 
-Rio, calmati. L’hai spento?- dissi cercando di tranquillizzarlo. 
-Sì, l’ho fatto.- 
-Bene, non diciamo nulla a Berlino, okay? Il telefono è rimasto acceso per pochi secondi, potrebbero non essere entrati.- 
-Dici che stiamo facendo la cosa giusta?- 
-Non credo, ma siamo in una rapina. Ricordi?- 
-C’è sempre un eroe che crede di poter salvare tutti gli altri, che pensa che nessuno scoprirà la sua strategia di mettersi in contatto con la polizia. È stato registrato un video, non so ancora chi sia stato ma lo scoprirò presto. Helsinki spoglia questo uomo, Denver spogliala.- ordinò Berlino mentre lui cercava di spogliare Alison. 
Rio andò da Berlino e sottovoce gli disse di seguirlo, che doveva dirgli una cosa importante. 
-So cosa è successo. Mi sono distratto e ho visto che Alison voleva cancellare una foto, ho fatto una cazzata.- ammise. Berlino ride e Rio si tranquillizza, perché non lo conosce. 
-Soffri di deficit dell’attenzione?- 
-Non ho nessun problema, è entrata Tokyo…-
-Ora capisco, tutto si riduce ancora una volta ad un problema di cuore.- ride. 
Rio si gira e vede Helsinki ed Oslo armati, dovevano picchiarlo.
-Senti Berlino, è anche colpa mia…Io stavo spiando Rio e Tokyo e non mi sono resa conto di quello che stava facendo Alison. Ho sottovalutato il problema e in questa storia siamo colpevoli tutti, quindi non farlo. Non è picchiandolo che gli farai capire l’errore.- 
-Virginia, ascoltami bene. Sei entrata in questa banda perché ti abbiamo sempre reputata una persona pensante, astuta, perspicace e determinata. Quindi per quale cazzo di motivo ti stai comportando così?- mi urlò contro. Era la prima volta che Berlino mi urlava addosso e io rimasi un attimo stizzita. 
-Ho sbagliato. Io non sono perfetta, Berlino. Volevo semplicemente controllare Rio e ho sottovalutato la situazione… Cazzo, smettete di picchiarlo!- urlai. 
-Cos’è, non ti basta Boston? Vuoi pure scoparti Rio?- 
-Mi fai schifo. Riduci tutto ad una questione di sesso. Beh, se vuoi fare del male a Rio per quello che è successo, allora picchia anche me.-
-Perfetto, se è quello che vuoi. Boston, procedi.- mi guardò con aria di sfida. 
Non so se sapesse che Boston non mi avrebbe mai ferita o se fosse proprio quello il suo scopo, che Boston ammise i suoi sentimenti. 
-Io non seguo i tuoi ordini, Berlino.- rispose.
-Peccato, perché purtroppo è proprio quello che devi fare. Ci sono io al comando, non tu.- 
-Berlino, ma che cazzo vuoi? Hai intenzione di farci fuori tutti allora? Fidati, pure io sono incazzato nero. Forse sono quello che più di tutti ha una voglia fottuta di uscire da questa trappola per topi, ma non è facendoci del male a vicenda che risolveremo la situazione.- 
L’amore è sempre una buona ragione per mandare all’aria tutto. 
-Non si risolve la situazione ma si dà una bella lezione, così magari la prossima volta ci pensate due volte prima di distrarvi.- Berlino era ormai spazientito. -picchiala, ora.-
-Berlino, tu non hai nessuno. Tu non ti preoccupi di nessuno se non di te stesso. Io non ci sto. Non faccio del male alle persone che amo.- 
Io dopo quella confessione me ne andai, non sapevo cosa dire, né cosa fare. So solo che il sorriso beffardo di Berlino mi disgustava ed ero stanca, non dormivo da quasi quarantotto ore. 

~ ~ ~ ~ ~
-E così tu sei brava con le armi?- disse Boston.
-A quanto pare.- risposi freddamente. 
Nessuna relazione personale.
-Eppure con questa faccia angelica non si direbbe.- 
-Non sottovalutarmi, Boston.- 
-Non lo sto facendo, voglio solo conversare con te, Virginia. Ma che hai, sei nervosa? Non riesci a reggere la pressione?- 
-Senti, il Professore non vuole che ci parliamo. E io non ho intenzione di conoscerti.-
-Rilassati, volevo solo conversare. Ma fai come vuoi, rimani pure chiusa nella tua stanza. Li passerai bene questi mesi.- e se ne andò sbattendo la porta.
Forse ha ragione, forse non dovrei essere così dura e forse mi farebbe bene scambiare quattro chiacchiere. Lo rincorsi. 
-Boston…- sussurrai e lui si girò sorridendomi.
-Forse sono disposta a parlarti, ma ad una eccezione.- 
-E quale sarebbe?- 
-Che sarebbe meglio indossassi una maglietta. Non ti fa bene girare a petto nudo, poi prendi freddo e stai male.- risposi arrossendo. 
~ ~ ~ ~ ~


-Magari non ti importa di quello che sto per dirti, ma non credo che abortire sia una buona idea. Perché vuoi farlo? Ti sta fottendo la vita? Meglio fartela fottere da tuo figlio che da questi figli di puttana, o da me.- Denver aveva ormai preso a cuore la gravidanza di Monica. 
-Che ne sai che un figlio non può rovinarmi, che ne sai?- rispose Monica, sulle sue.
-Mia madre voleva abortire. Aspettava me, ma si è sniffata la cocaina con i soldi che doveva usare per abortire. E tra carcere, droga e polizia sono nato io. Che cosa fai di così importante che non puoi fare con un figlio? E se il padre non lo vuole, meglio. Avrai il suo amore tutto per te, e sai quanto te ne può dare un figlio?- finì il suo discorso proprio mentre stava arrivando Berlino.
-Cosa state facendo?- chiese.
-Le sto dando la pillola abortiva.-
-E ha bisogno di una mano per mettersela in bocca?-
-L’aborto è una cosa privata. Sceglie la donna, ma non davanti a tutti.- chiuse Denver.
-Grazie, ci penserò su.- rispose Monica.
-Fantastico, sono molto contento che tu abbia deciso di portare avanti la gravidanza.- 
E mentre Monica si stava allontanando, il telefono di Arturo che aveva in tasca suonò. 
Berlino si avvicinò. Non era la prima volte che metteva le mani tra le mutande di una donna onesta. Tuttavia era la prima volta che le tolse così in fretta, prendendo il cellulare. Forse Monica avrebbe preferito che si lasciasse andare, dimenticandosi del cellulare che aveva in mezzo alle gambe, ma non fu così. Persino Berlino sapeva la differenza tra piacere e dovere. 
-Uccidila.- e se ne andò. 

Tokyo appena vide Rio conciato in quel modo andò su tutte le furie. Sparò a quattro telecamere e chiamò il Professore. 
-Se qualcuno osa ancora fargli del male, giuro su Dio che la prossima pallottola sarà per Helsinki, Berlino o te. Tu sei lassù, non stai rischiando la vita con noi in questa fottuta topaia.- urlò. 
Entrarono Helsinki ed Oslo armati e le intimarono di abbassare l’arma e smetterla di urlare.
-La vostra storia d’amore ha mandato a puttane il piano di fuga. Siete fregati, la polizia sa chi siete. Siete su tutti i telegiornali.- e il Professore ammutolì Tokyo, che non si aspettava minimamente una notizia del genere. 


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