Le situazioni di lui e lei

di kimikocchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il fastidio di lei e l'arroganza di lui ***
Capitolo 2: *** Il risveglio di lui e il risveglio di lei ***
Capitolo 3: *** L'imbarazzo di lei e il divertimento di lui ***
Capitolo 4: *** L'allenamento di lui e il lavoro di lei ***
Capitolo 5: *** Il sorriso di lei e la dolcezza di lui ***
Capitolo 6: *** Il futuro di lui e il futuro di lei ***
Capitolo 7: *** La curiosità di lei e l'insensibilità di lui ***
Capitolo 8: *** La consapevolezza di lui e la frustrazione di lei ***
Capitolo 9: *** La serata di lei e la reputazione di lui ***
Capitolo 10: *** La rassegnazione di lui e la rabbia di lei ***
Capitolo 11: *** La vittoria di lei e il principio di lui ***
Capitolo 12: *** La risoluzione di lui e la consapevolezza di lei ***
Capitolo 13: *** L'amore di lei e l'amore di lui ***



Capitolo 1
*** Il fastidio di lei e l'arroganza di lui ***


Le situazioni di lui e lei

1. Il fastidio di lei e l'arroganza di lui
 
Sakura Haruno si poteva definire una ragazza semplice. A differenza di molte sue coetanee, vanitose e superficiali, Sakura conduceva un’esistenza tranquilla e modesta in netta opposizione a quella che sembrava essere la classica routine dei liceali di Konoha. Molti l’avevano etichettata scialba e noiosa, ma a lei non importava. Non dava granché peso all’opinione degli altri e sapeva che dopo il diploma, quelle stesse persone che la denigravano avrebbero avuto ben poco da ridere. Poteva essere una perdente dentro quelle mura ma di una cosa era certa: il liceo non sarebbe durato per sempre. E una volta fuori di lì si sarebbe ripresa la sua rivincita.
Per questo quando arrivò in mensa quel lunedì, accompagnata dalla sua unica amica Hinata, non si sorprese di trovare un gran trambusto intorno al tavolo della squadra di calcio.
Sasuke Uchiha era indiscutibilmente il ragazzo più ambito del liceo di Konoha. Bello, popolare e stra maledettamente ricco. Sembrava non mancargli nulla tranne che l’umiltà. Era il capitano della squadra di football, e fino a poco tempo prima un incallito sciupafemmine dato che di recente si era diffusa la voce che avesse cominciato a frequentare Ino Yamanaka. Un “cliché” aveva commentato la Haruno, dato che Ino era niente po’ po’ di meno che il capitano della squadra delle cheerleaders.
«Non capisco perché ogni giorno ci deve essere tutto questo trambusto» commentò Sakura per poi sorridere, vedendo che distribuivano il budino al cioccolato.
«Non lo so, Sakura. Forse è per il budino al cioccolato…» sussurrò l’amica accanto a lei, fissando imbambolata un punto davanti a sé.
Sakura guardò nella sua direzione per poi sorridere divertita. «Nel tuo caso direi piuttosto un budino alla vaniglia» commentò maliziosa nel vedere Naruto prendere posto al tavolo dei popolari.
Hinata si voltò in direzione dell’amica mentre il suo viso si tingeva di ogni sfumatura di rosso. «C-cosa?» balbettò.
«Oh, Hinata perché non vai a parlargli? È così evidente».
La ragazza dai lunghi capelli neri abbassò lo sguardo, tornando a sistemare il suo vassoio. «È impossibile… Non sa nemmeno che esisto» disse con tono affranto.
Sakura sospirò. Hinata era la sua migliore amica e le voleva un gran bene, ma trovava molto invalidante la sua timidezza.
Le due presero posto poco lontano dal tavolo della squadra di football, dove Ino ridacchiava con voce stridula tra le braccia di Sasuke. Accanto a loro, Naruto, Kiba, Shikamaru e Rock Lee parlavano animatamente della prossima partita mentre poco distanti Temari, la ragazza di Shikamaru, parlava con Ten Ten, seduta sulle ginocchia del suo ragazzo Neji.
«Non potresti chiedere a tuo cugino Neji di presentarti Naruto?» domandò poi Sakura con una certa ovvietà.
Hinata scosse violentemente la testa. «Non se ne parla! E se lui non fosse minimamente interessato a conoscermi? No, preferisco rimanere così, la mia cotta verrà con me nella tomba».
«Non pensi di star esagerand-»
Sakura non fece in tempo a finire la frase che all’improvviso un pezzo di budino le colpì il seno macchiandole la camicia bianca dell’uniforme.
Sakura si voltò minacciosa nella direzione da dove era volato il colpo trovandosi faccia a faccia davanti a Ino che faceva finta di nascondere una risata di scherno e Sasuke che aveva appena urlato un “centro”.
Diversi insulti le attraversarono la mente mentre prendeva a fissarli in modo così trucido quasi potesse polverizzarli con lo sguardo.
«Scusa non pensava ti avrebbe colpito proprio lì anche se in fondo non è poi così grave visto che non c’è nulla da colpire» commentò Ino ridacchiando, seguito da un sorriso divertito di Sasuke. Gli altri parevano essere alcuni un po’ sorpresi, altri un po’ contrariati ma non dissero nulla.
«Stai bene?» domandò Hinata preoccupata.
«Non ti preoccupare, Hinata» rispose l’amica pulendosi con un fazzoletto per poi alzarsi. Non valeva la pena rispondere e reagire alle provocazioni.
«Vado in infermeria a vedere se c’è un uniforme di scorta» disse poi, avviandosi verso l’uscita, seguita da Hinata.
«Non pensi di aver esagerato?» domandò Ten Ten sottovoce.
«Già…» si aggiunse Rock Lee.
«Sapete che me ne importa, tanto quella è un’ameba» ridacchiò Ino, agitando una mano. «Vero Sasuke?»
Sasuke sentendosi chiamare, si risvegliò dai suoi pensieri. «Sì, hai ragione» ghignò, dando infine un ultimo sguardo in direzione dell’uscita dove la chioma rosa di Sakura era appena scomparsa dietro la porta.


 
Il giorno dopo, la giornata di Sakura non poté iniziare peggio. Per poco non aveva rischiato di perdere il pullman per la visita al Tempio del Fuoco, organizzata per quella mattinata dal professor Hatake.
«Che non si ripeta più, Haruno» aveva poi detto il professore, facendola salire sul mezzo per poi dire all’autista di partire.
«Non è da te arrivare in ritardo. Tutto apposto?» domandò Hinata preoccupata.
«Sì tranquilla, è solo che dovevo portare l’uniforme in lavanderia prima di arrivare a scuola ma c’era più gente del previsto».
Non poté fare a meno di pensare che fosse tutta colpa di quell’idiota di Sasuke e di quella sua oca di fidanzata.
«Ma quella che hai addosso? Se non sbaglio ieri non abbiamo trovato camicie in più negli armadi dell’infermeria» disse Hinata.
Sakura arrossì leggermente. «È di Sasori».
Hinata sfoderò un dolce sorriso. «Davvero? Ma come?»
«Ieri quando sono arrivata in negozio, ha notato la camicia sporca, è salito in casa e mi ha dato la sua. Ha detto che ormai a lui non serve più, dato che si è diplomato l’anno scorso».
«Che gesto carino» disse la Hyuga, sorridendo dolcemente. «Sasori è proprio un bravo ragazzo».
«Già…» soffiò Sakura dolcemente, alzando le spalle e inspirando il profumo che proveniva dall’indumento. Persino il profumo di Sasori era delicato e dolce.

Venti minuti dopo, la classe si aggirava intorno al tempio, seguendo il professor Hatake e il monaco del posto che faceva loro da guida.
«Soffermiamoci un attimo su questa statua» disse d’un tratto il monaco, invitando all’ascolto. «Questa che vedete è la statua dell’onorevole Chiriku».
Sakura guardò la statua. Era una comune statua come tutte le altre, rappresentante un monaco pelato con quelle che dovevano essere delle folte sopracciglia a conferirgli un’aria dura e fin troppo seria.
«Chiriku era il capo del tempio del Fuoco e anche uno dei dodici guardiani del Daymio. La sua forza era leggendaria in quanto era un ninja temibile a cui doveva essere portato assoluto rispetto».
Il monaco parlò ancora a lungo, dilungandosi tra date e periodi storici, di cui solo Sakura sembrava prendere nota.
«Va bene» iniziò il professor Hatake dopo che il monaco ebbe concluso il suo discorso. «In conclusione di questa visita vi dividerete a coppie e continuerete il giro del tempio da soli. Voglio una relazione approfondita sulla giornata di oggi per lunedì prossimo».
Tutta la classe sbuffò sonoramente, qualcuno addirittura protestò.
«Consideratela uno stimolo per invogliare la vostra curiosità in vista delle prossime gite, vero Naruto?» disse infine, rivolgendosi al biondo che d’un tratto smise di ridacchiare.
«Dato che Uzumaki si diverte fin troppo in compagnia del signorino Uchiha, direi che è il caso di far condividere il suo senso dell’umorismo con qualcun altro. Uzumaki tu andrai con Hyuga mentre tu Uchiha concluderai la visita con Haruno».
Sakura e Sasuke alzarono gli occhi al cielo, Naruto sbuffò leggermente ma poi sfoggiò il suo solito sorriso, Hinata invece si era accasciata a terra ed era come pietrificata mentre il cuore prendeva a batterle così forte da sentirselo a momenti uscire dal petto.
«Stai tranquilla» sussurrò Sakura al suo fianco. In fondo era contenta per l’amica, finalmente le era capitata un’occasione per avvicinarsi a Naruto. D’altro canto, lei non era stata altrettanto fortunata.
Sasuke s’avvicinò a lei nell’istante in cui Naruto aveva afferrato Hinata per un polso, urlando: «Ehi Hinata! Non chiedermi niente, alzati e vieni via con me, ti fidi?» per poi sorridere a trentadue denti e trascinarla via.
«Vedo che oggi la tua uniforme è integra».
Sakura lo fulminò truce. «È davvero incredibile che io sia finita con te. Stammi ad almeno un metro che c’è seriamente il rischio che io possa strozzarti».
«Sicura che sia quello il rischio?» chiese malizioso.
«Vai al diavolo» commentò acida.
«Signora» alzò un sopracciglio l’Uchiha. «Non ti sembra di essere un po’ scontrosa?»
«È perché non ti sopporto».
«Ma se in realtà muori dalla voglia di venire a letto con me».
Sakura scoppiò in una risata fragorosa. «Se mai deciderò di concedermi a uno come te, sarà perché avrò battuto la testa così violentemente da essere diventata mentalmente instabile».
«Pensi di essere così diversa da tutti gli altri?» domandò il ragazzo curioso.
«E tu pensi davvero che ogni ragazza voglia venire a letto con te?»
«Naturale. Mi hai visto?»
Sakura alzò un sopracciglio. In effetti, si era soffermata spesso sull’aspetto di Sasuke e purtroppo per lei, aveva constatato quanto quel ragazzo fosse fisicamente perfetto: spalle larghe, muscoli sodi, lineamenti fini e sguardo intenso. Aveva un solo difetto: il carattere.
«Sì e hai una gran faccia da sberle» mentì consapevole di averlo guardato abbastanza da essere notato.
Sasuke ovviamente se ne accorse. E non poteva negare gli piacesse farle quell'effetto. «Non sei per niente brava a mentire».
«Sai cosa?» disse l’Haruno stanca di discutere con quel Narciso. «Potresti essere il ragazzo più bello del mondo ma preferirei amputarmi una qualsiasi parte del corpo piuttosto che venire a letto con uno come te».
A quel punto Sasuke doveva essere così sorpreso dalla sua scontrosità che si azzardò a farle l’unica domanda che non si dovrebbe mai fare a una donna. «Ho capito, hai il ciclo vero?»
Fu in quel momento che Sakura alzò gli occhi al cielo, realizzando che semplicemente non sarebbe mai andata d’accordo con un ragazzo come Sasuke.



«Itachi?»
Il ticchettare dei tacchi di sua madre Mikoto risuonò per l’ingresso di villa Uchiha mentre percorreva frettolosamente la lunga scalinata di fronte alla porta con sottobraccio una pila di documenti.
«No mamma, sono Sasuke» disse atono. Non capiva perché ma si sentiva stremato e d’un tratto gli era venuto un forte mal di testa.
«Hai per caso sentito o visto tuo fratello?» domandò una volta di fronte a lui, sistemandosi il cinturino dell’orologio.
Sasuke stava per dire qualcosa ma sua madre emise un urletto stridulo.
«Oddio! Com’è può essere già così tardi?» strillò. «Sasuke, sistemati la camicia. Un Uchiha si deve sempre presentare in modo consono al suo nome e rango. Uruchi ti preparerà quello che desideri» disse a raffica prima di sparire dietro la porta.
Sasuke sospirò. «Sto bene anche io, mamma» sussurrò infine, dirigendosi verso la sua stanza.

Sakura fece girare lentamente la chiave dell’ingresso per poi entrare in casa con due grosse buste della spesa. Si tolse le scarpe e senza perdere tempo andò a sistemare ciò che aveva comprato in dispensa e in frigo. Era già pomeriggio inoltrato e doveva ancora studiare, fare il bucato e lavarsi. In tutto quel scorrere di pensieri si ricordò anche che doveva andare a recuperare la camicia in lavanderia.
Decise di mangiare abbastanza presto e mise a scaldare il riso nel bollitore. Nel frattempo, uscì in giardino e cominciò ad allenarsi, come faceva sempre, accompagnata solo dalla musica dei suoi auricolari.
Più tardi dopo aver mangiato, essersi fatta il bagno e aver messo la lavatrice, riprese a studiare decisa a finire non solo tutti i compiti previsti per la settimana corrente ma di continuare a studiare i quesiti per l’ammissione alla facoltà di medicina di Konoha. Il giorno dell’esame le sembrava imminente nonostante mancasse ancora un mese abbondante.
Tutti i suoi propositi però vennero a mancare nell’esatto momento in cui si rese conto di sentirsi terribilmente stanca e fiacca. Come se non bastasse la testa aveva preso a girarle vorticosamente.
Decise infine che fosse meglio andare a dormire. Studiare con la stanchezza addosso non serviva a niente.
Spense la luce e si avviò a letto, rimuginando sul futuro finché non cadde tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 2
*** Il risveglio di lui e il risveglio di lei ***


2. Il risveglio di lui e il risveglio di lei

Quando Sasuke si risvegliò quella mattina, la testa non aveva ancora smesso di girargli. Non poté fare a meno di chiedersi che diavolo gli stava succedendo.
Spense il rumore di quella sveglia assordante. Si domandò da quando avesse impostato una sveglia così fastidiosa e d’un tratto il suo viso divenne completamente pallido. Si voltò rapidamente da una parte all’altra del cuscino per poi sollevarsi in un attimo e guardarsi intorno spaventato. Non era a casa sua e quella non era la sua stanza. Era semplice ma si vedeva che apparteneva a una presenza femminile. Lo intuì dai fiori di ciliegio delicatamente sistemati sul vaso vicino alla finestra e dai piccoli cosmetici che erano riposti dentro il cesto accanto al comodino.
Che fosse andato da qualche sua amica e non se lo ricordasse? Scosse violentemente la testa. Era assurdo. Prese a camminare nervosamente per la stanza. Ricordava perfettamente di essere rientrato a casa e di essere andato a dormire, ma ogni sua convinzione lo abbandonò quando si rese conto che nel suo rimuginare qualcosa stava sobbalzando poco sotto il suo mento.
Abbassò leggermente lo sguardo intimorito, ritrovandosi quello che pareva essere un seno.
Con lentezza disarmante mosse una mano in direzione del petto, quasi non riuscisse a credere a quello che stava vedendo. Tuttavia, quando constatò la morbidezza e allo stesso tempo il calore di quel seno sinistro appena tastato, non poté che saettare lo sguardo più in basso, realizzando il terribile pensiero che gli era appena formulato in testa.
Ora poteva considerarsi ufficialmente spaventato perché il suo pene non c’era più. Il suo uccello aveva letteralmente preso il volo.
Al suo posto c’era una cavità, una fessura ricoperta da alcuni ciuffi chiari. Sapeva perfettamente cos’era perché tante volte si era ritrovato ad averci a che fare con le sue innumerevoli amiche ma questo superava ogni sua immaginazione.
«Immaginazione?» borbottò Sasuke, mettendosi una mano sulla fronte. «Ma sì certo, tutto questo deve essere un sogno, un sogno dove io sono una ragazz-»
Non ebbe il tempo di finire la frase che sobbalzò di nuovo di fronte alla sua figura riflessa sullo specchio a figura intera che aleggiava appeso dietro la porta.
Sakura. Lui aveva l’aspetto di quella secchiona, suora patentata di Sakura Haruno.
 

 
«Che diavolo sta succedendo» scandì lentamente Sakura, cercando di mantenere la calma.
Sakura aveva aperto gli occhi da poco e con suo grande orrore si era ritrovata uno strano rigonfiamento al di sotto dei… boxer?
Perché stava indossando dei boxer? Prese a saettare lo sguardo intorno a sé, non riconoscendo nulla di ciò che la circondava.
Dove si trovava? E cosa stava succedendo?
Si tirò su, constatando di trovarsi all’interno di una camera piuttosto ampia e spaziosa. Il letto da cui si era appena alzata era un matrimoniale ricoperto da quelle che parevano essere lenzuola di seta nera. Di fronte al letto, era appeso un televisore così grande che non sapeva nemmeno lei quanti pollici avesse mentre poco distante da esso si ergeva una scrivania sopra la quale vi era una credenza con alcuni libri sistemati ordinatamente. Sulla sedia era abbandonata quella che sembrava essere una borsa scolastica ancora dismessa.
La sua attenzione però venne di nuovo attirata da quel rigonfiamento sotto di lei che pareva tirare fastidiosamente. E fu in quel momento che si accorse che la sua terza di seno si era come volatilizzata, lasciando un petto marmoreo e scolpito. Si tastò ogni parte del suo corpo. Le braccia e le gambe avevano più peli di quelli che ricordava e la sua voce usciva roca e grattata. Ma ancora una volta tornò a guardare ciò che la preoccupava più di qualsiasi altra cosa. C’era quel coso che si ergeva in tutta la sua prepotenza. Provò a toccarlo e spostarlo da una parte ma questo immediatamente tornò al suo posto senza volerne sapere di afflosciarsi. Indietreggiò intimorita da quel’esito, andando a sbattere sul comodino dietro di lei. Un rumore sordo attirò la sua attenzione.
Sakura si voltò prendendo in mano la cornice che aveva fatto cadere. Conteneva una foto ritraente due ragazzi pressoché simili. Uno era più alto e con uno sguardo pacato e gentile, l’altro era più basso ma evidentemente perché era più piccolo dati i lineamenti bambineschi sul suo viso. Sorrideva dolcemente mentre il ragazzo più grande gli accarezzava dolcemente la testa.
Sakura studiò attentamente la foto. Quel ragazzino sembrava proprio uguale a…
D’un tratto come attraversata da un flash, corse da una parte all’altra in cerca di uno specchio o di una qualsiasi superficie riflettente che sperava potesse non confermare quel grande timore che stava crescendo sempre di più in lei. Tuttavia, quando aprì la porta di quello che si rivelò essere il bagno dovette solo accettare che era una ragazza straordinariamente intuitiva e intelligente o almeno così credeva, perché lei non era più una ragazza.
Lei era diventata un ragazzo, e non un ragazzo qualunque. Ma quello che detestava più di qualsiasi altra persona sulla Terra.
Lei era diventata quello snob, arrogante di Sasuke Uchiha.
 

 
Entrambi come presi da un’intuizione, si precipitarono in direzione delle finestre delle loro stanze. Villa Uchiha ergeva infatti accanto a casa Haruno e i due ragazzi fin da piccoli erano sempre stati vicini di casa e amici d’infanzia. Come se non bastasse, le finestre delle loro camere si affacciavano l'una sull'altra a pochi metri di distanza, divise solamente da un albero piuttosto vecchio di casa Haruno.
Le finestre scattarono verso l’alto nello stesso momento e i due ragazzi non poterono fare a meno di tirare un urlo stridulo vedendosi praticamente specchiati l’uno di fronte all’altro. Quello fu un'ulteriore conferma del fatto che niente di ciò che stava accadendo fosse solo un sogno.
«Che diavolo ci fai nel mio corpo?!» strillò Sakura nel corpo di Sasuke, facendolo apparire decisamente poco virile.
«Che diavolo ci fai tu nel mio corpo!» controbatté Sasuke nel corpo di Sakura.
«Senti…» iniziò Sakura cercando di darsi un tono. «Vediamoci qui sotto tra venti minuti, ok? Dobbiamo decisamente parlare» annunciò per poi richiudere la finestra.

«Parlare?» borbottò Sasuke tra sé e sé cominciando a rovistare nell’armadio di Sakura in cerca dell’uniforme scolastica. Poi d’un tratto il suo viso si colorò leggermente di rosso. Doveva prima indossare l’intimo. Cominciò a rovistare tra i cassetti fino a quando non trovò la biancheria di Sakura. Il suo viso si accaldò ulteriormente. Perché diavolo si stava imbarazzando? In fondo ne aveva vista di biancheria intima femminile, non era una novità. Tuttavia, quando estrasse un completino di pizzo bianco, all’idea di dover indossare lui stesso quella mise così striminzita, voleva letteralmente sprofondare.
«Hai capito la secchiona» borbottò tra sé ormai rosso fino alle punte dei capelli scuri e una mano spiaccicata sul viso.
Dieci minuti dopo si avviò di sotto, constatando che la casa fosse deserta e che non ci fosse nessuno oltre a lui. Rimuginò confuso a ridosso delle scale. Ricordava chiaramente i genitori di Sakura nonostante fossero passati molti anni da quando aveva messo piede in casa Haruno. Che fossero già usciti per andare al lavoro? Sì, doveva essere per forza così, si disse. Quindi senza indugiare ulteriormente si sistemò la gonna dell’uniforme che fastidiosamente continuava a risalirgli lungo i fianchi, infilò le scarpe e uscì di casa.

«E adesso come faccio?» Sakura era ancora in boxer a fissare la prepotente erezione davanti a sé. «Se lo spingo dentro i pantaloni con la forza fa davvero male… ma sicuro non posso andare in giro sventolandolo come fosse una bandiera».
Rimuginò a lungo, camminando avanti e indietro per la stanza con indosso solo la camicia dell’uniforme e un paio di calzini bianchi.
«Ma certo si tratta solo di una questione anatomica» disse battendo un pugno sul palmo della mano. «Quindi l’erezione non è altro che un processo fisiologico dovuto all’aumento di dimensioni in questo caso del pene dovuto spesso a…» deglutì «eccitazione sessuale» biascicò mentre il suo viso prendeva ad assumere tutte le sfumature di rosso possibili. «Di conseguenza per tornare allo stato precedente l’erezione, l’unica cosa da fare è…» Sakura si coprì la faccia, volendo urlare per la vergogna.
«No, no, no!» esclamò, il viso ormai rosso come un pomodoro maturo. «Questo non accadrà mai» scandì lentamente quasi volesse soffocare anche solo il pensiero di quello che le era balenato in testa.
Anche se dolorosamente lo soppresse dentro i pantaloni dell’uniforme, constatando quanto la sua presenza fosse evidente anche sotto il tessuto. Decise di lasciare la camicia fuori dai pantaloni, si abbottonò la cravatta come meglio riuscì e senza indugiare troppo afferrò la borsa sulla sedia e si avviò fuori dalla stanza.
«Buongiorno signorino» lo accolse una donna un po’ avanti con l’età con i capelli grigi e un sorriso dolce.
Sakura la guardò stranita. Signorino? Signorino a chi? «B-buongiorno» rispose.
«Stamattina ci ha messo un po’ a svegliarsi, è successo forse qualcosa?» domandò preoccupata.
«N-no, si figuri. Stia tranquilla» rispose l’altra, guardando attentamente la donna. Non era possibile, constatò riconoscendo finalmente la persona davanti a sé. Quella era davvero la signora Uruchi? Erano passati anni dall'ultima volta che l'aveva vista.
«Stia tranquilla? Che formalità, signorino. È sicuro di sentirsi bene?» domandò la signora visibilmente preoccupata.
Sakura non poté fare a meno di pensare quanto Sasuke potesse rivelarsi arrogante per ricevere addirittura sorpresa per una semplice rassicurazione di cortesia.
«S-sì, davvero non preoccuparti» rispose Sakura allarmata, oltrepassandola e avviandosi a passo svelto il più lontano possibile da lei.
«Ma la colazione, signorino?» domandò la donna.
«Scusa ma sono in ritardo, la farò andando verso scuola» balbettò, dileguandosi alla sua vista.
Sakura attraversò frettolosamente il corridoio, sbucando in cima alle scale di fronte all’enorme ingresso di casa Uchiha. Solo in quel momento si ricordò di quanto quel posto fosse gigantesco e a tratti sfarzoso.
Anche se in fondo tutto ciò non le era nuovo dato che aveva sempre saputo che Sasuke fosse di buona famiglia. Inoltre, quando era piccola aveva giocato molto spesso in quella casa e di conseguenza non l’era poi così estranea.
Si meravigliò di non aver incontrato nessuno e senza ulteriori indugi, si avviò verso la porta d’ingresso e uscì di casa.
 

«Era ora» sbuffò Sasuke, appoggiato alla staccionata in modo poco femminile.
«Attento alla gonna, idiota» sbottò Sakura a sua volta in modo poco virile. «Questo è l’ABC, che diamine!»
«L’ABC? Scusa se te lo dico Sakura ma l’ultima cosa che voglio è come imparare ad essere una perfetta signorina! Anzi, ridammi subito il mio corpo!» sbottò Sasuke, afferendola per le spalle e scuotendola. Fu allora che si rese conto che non essendo più nel suo corpo, tutto intorno a lui si era fatto decisamente più alto.
«Levami le mani di dosso, idiota! Credi sia colpa mia di quanto successo?» esclamò sconvolta l’altra, scrollandoselo con facilità e constatando quanto ora fosse forte rispetto a prima.
«Bè di sicuro non è mia, e poi sei tu quella che sa sempre tutto» disse Sasuke, incrociando le braccia e gonfiando le guance.
«Stai pure certo che le mie conoscenze non includono questo!» spiegò, indicandosi. «Qualunque cosa sia… È tutto così assurdo se non impossibile» borbottò, mettendosi una mano sul mento.
«Impossibile non direi, è successo. E sarà meglio per te che io riabbia il mio corpo».
«Te lo giuro, nulla mi farebbe più felice» confermò Sakura per poi avere un’illuminazione. «Forse questo strano incantesimo durerà solo ventiquattro ore come nelle fiabe e magari domani tornerà tutto alla normalità».
Sasuke guardò il suo stesso corpo con un sopracciglio alzato. «Dici?»
«Sì, è una possibilità. Per il momento l’unica cosa da fare è superare la giornata, cercando di non attirare l’attenzione di chi ci conosce, e nel frattempo magari scopriamo qualcosa di più».
Sasuke sospirò. Tutta quella situazione era un’immensa scocciatura. «D’accordo» disse infine. In fondo non avevano altra scelta. «Ci avviamo a scuola?» chiese poi, afferrando con poca grazia la borsa e dirigendosi oltre il suo corpo.
«Dove stai andando?» domandò confusa Sakura nel corpo del ragazzo. «La fermata dello scuolabus è dall’altra parte».
Sasuke scoppiò in una risata fragorosa e cristallina, probabilmente uscita così a causa del corpo di Sakura. «Lo scuolabus… Buona questa» ridacchiò, per poi infilare la mano nella borsa a tracolla dell’altra.
«Io prendo la macchina, aspettami qui» disse con un sorriso sghembo e malizioso.
Sakura non poté fare a meno di arrossire e sentirsi strana allo stesso tempo. Vedere il proprio corpo, muoversi e parlare di fronte a lei le faceva uno strano effetto ma allo stesso tempo era perfettamente chiaro dai modi e dall’atteggiamento che quello che lo animava era niente meno che Sasuke.
 
Si prospettava una giornata molto lunga.





Note autrice:
Eccomi con il secondo capitolo. Metto un piccolo avviso, in modo da non confondere i lettori. Adesso che Sakura e Sasuke si sono scambiati di corpo, quando scrivo Sakura mi rivolgo ovviamente a lei come anima dentro il corpo di Sasuke e quando scrivo Sasuke mi rivolgo a lui come anima dentro il corpo di Sakura. Quindi quando c’è Sakura dovete immaginarvi il corpo di Sasuke con lei al suo interno e viceversa quando scrivo Sasuke. Sarà una bella sfida, scrivere con queste premesse, quindi non uccidetemi se magari ogni tanto mi scappa qualche errore. Grazie in anticipo se passate a leggere o recensire ♡

 

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Capitolo 3
*** L'imbarazzo di lei e il divertimento di lui ***


3. L'imbarazzo di lei e il divertimento di lui
 
«Scusami Sakura…» iniziò Sasuke, aggrappandosi letteralmente alla maniglia della portiera. «Quante volte hai guidato da quando hai preso la patente?» domandò l’Uchiha con voce balbettante.
Sakura si voltò in direzione del suo corpo. Per quanto tentasse di sembrare rilassata, vedersi da fuori le faceva uno strano effetto. «Questa è la prima volta» disse con tono tranquillo, facendo sprofondare l’altro nella paura più totale. L’esaminatore doveva essere impazzito per averle conferito la patente.
Sakura aveva attraversato due stop senza fermarsi e non aveva dato la precedenza a un camion che per poco non era venuto loro addosso.
«Non avevamo altra scelta. Se avessi guidato tu con il mio corpo, avremmo attirato ancora più l’attenzione» disse, indicandolo nelle sue vesti femminili. «Ormai siamo arrivati».
Sasuke sospirò. Quell’auto sarebbe stata la sua tomba.
Come c’era da aspettarsi, non appena la macchina ebbe varcato il parcheggio scolastico, una buona parte degli studenti del liceo di Konoha si era voltata con sguardi di shock e sorpresa alla vista di un’improbabile Sakuro Haruno a bordo della Mercedes-Benz Classe C del campione di football Sasuke Uchiha. Tra questi non erano esenti gli amici del ragazzo e in particolar modo la sua pseudo-fidanzata Ino.
Non appena Sasuke spense la macchina, il bisbiglio degli studenti si fece più concitato mentre alcuni prendevano a scambiarsi sguardi confusi e curiosi in direzione di quella coppia improbabile.
«Ci stanno fissando tutti» borbottò Sakura in tremendo imbarazzo mentre scendeva dalla macchina.
«E tu lasciali guardare» rispose l’altro, scrollando le spalle. «E non arrossire in quel modo, mi fai sembrare una femminuccia!» sbottò allarmato in direzione del suo corpo.
«E tu non sbraitare che mi fai passare per uno scimmione!» rimbeccò l’altra.
Fu in quel momento che il vociferare intorno a loro si fece più forte, costringendoli ad abbassare i toni.
«Meno male che non dovevamo attirare l’attenzione» brontolò l’Uchiha, grattandosi la nuca.
«Ti ricordo che sei stato tu a cominciare» digrignò Sakura, guardandolo furente.
«Ehi, Sasuke!»
La voce di Naruto risuonò in quell’imbarazzante silenzio.
«Ehi, Naruto» lo saluto Sasuke tranquillo.
Sakura si spiaccicò una mano sul viso e solo allora Sasuke realizzò che l’amico non si stava affatto riferendo a lui.
«Oh, ehm, ciao Sakura» borbottò Naruto sorpreso. «Che sorpresa vedervi insieme».
Un brivido freddo percorse le schiena dei due interessati.
«Eh già, questa storia è proprio interessante» si aggiunse Kiba alle spalle del biondo.
Poco lontano tutto il gruppo di amici di Sasuke li guardavano come fossero due alieni.
«Uscendo di casa ho visto Sakura… non si sentiva molto bene e le ho dato uno strappo» inventò Sakura nelle vesti di Sasuke.
Naruto e Kiba sfoderarono un’espressione curiosa. I loro amici dietro presero a bisbigliare. Ino non parlava ma sembrava poter esplodere da un momento all’altro come una pentola a pressione.
In quel momento il primo rintocco della campanella risuonò, annunciando l’inizio delle lezioni. Gli studenti cominciarono a fluire verso l’ingresso.
Sasuke guardò di sottecchi il suo corpo, ancora impalato accanto alla macchina. Sakura si voltò in direzione del suo corpo e poi in direzione di Naruto che lo stava fissando poco più avanti.
«Bè non vieni?» domandò il biondo.
Sakura sospirò. «Arrivo».

Quando Sasuke entrò in classe, Hinata agitò un braccio nella sua direzione.
Non aveva mai avuto modo di scambiarci due parole. Gli sembrava molto lontana dal tipo di ragazze che era solito frequentare. Non che Sakura fosse da meno. Tuttavia, fu pervaso da un pizzico di curiosità all’idea di conoscere quella che era l’eterna cotta di Naruto.
«Buongiorno Sakura» disse con un sorriso.
«Buongiorno» rispose di rimando.
Hinata ridacchiò. «Ti piace proprio quella camicia, eh?»
«Cosa?» Sasuke la guardò confuso per poi spostare lo sguardo su di sé. Ora che ci faceva caso quella camicia era un po’ troppo grande per il fisico di Sakura.
«Non devi nasconderlo. Lo so che quella è la camicia di Sasori».
Sasuke sbarrò gli occhi. Sasori? Ancora? Sentì un lieve fastidio insinuarsi dentro di lui ma lo scacciò subito. Era dalle medie che Sakura aveva una gigantesca cotta per Sasori ma non credeva durasse ancora.
«Hinata, dimmi…» iniziò, preso da una tremenda curiosità.
«Sì?»
Doveva porre la domanda nel modo più impersonale possibile.
«Tu cosa ne pensi del mio rapporto con Sasori?»
Hinata lo guardò un po’ sorpresa e Sasuke non si stupì. D’altronde, conoscendo la natura delle ragazze, dovevano averne parlato già un milione di volte.
«È la prima volta che mi chiedi un parere su di te» mormorò.
O forse no.
«Credo che tu debba rivelargli i tuoi sentimenti» disse. «E so che hai paura di soffrire dopo quello che ti è successo ma…» Sasuke la guardò interrogativo. Cos’era successo a Sakura? «Io credo che Sasori sia un ragazzo di cui potersi fidare».
Stava per farle un’altra domanda ma l’ingresso del professor Asuma lo costrinse a rimandare.
Per tutta la durata della lezione non poté fare a meno di pensare alle parole di Hinata. Se Sakura non aveva mai confessato i suoi sentimenti, che relazione c’era tra lei e Sasori? E perché lei indossava la sua camicia?
Non sapeva perché ma la questione lo incuriosiva così tanto da dargli un malcelato fastidio.

«Che ci facevi stamattina con quella?» domandò Ino con tono di sufficienza.
«Quella?» domandò Sakura una volta che Ino le fu accanto.
«Sì quella sciacquetta con i capelli rosa».
Sakura dovette dar fondo a tutta la sua pazienza per non sbattere il vassoio del pranzo in faccia alla bionda.
«E dai, Ino» s’intromise Kiba, posando la forchetta. «Le ha solo dato uno strappo».
«Sì ma tutta questa gentilezza non è da Sasuke» osservò Ten Ten. «Vi ricordate quando è passato di proposito sulla pozzanghera con la macchina e l’ha lavata dalla testa a piedi?»
Sakura ricordava bene quel giorno. Per colpa di quell’idiota aveva dovuto rifare la ricerca per il professor Hatake, ridotta a un colabrodo.
«E ricordate anche quella volta al primo anno quando versò l’olio piccante nell’impasto dei suoi biscotti durante l’ora di economia domestica?» ricordò Rock Lee.
«O anche quella volta che ebbe l’idea di sostituire il suo shampoo con la tinta per capelli» ricordò Temari con una certa amarezza.
«Veramente in quel caso l’idea è stata mia» si vantò Ino, ridacchiando.
Sakura spalancò la bocca sconvolta. Non appena fosse tornata nel suo corpo, lo avrebbe riempito di pugni. Era certo.
«Sasuke, ma tu e Sakura una volta non eravate amici?» domandò Ten Ten curiosa.
«Sul serio? Sasuke che diamine! Presentarmela, no?» ridacchiò Kiba.
«Già… Naruto ci ha detto che vi conoscete dall’infanzia» continuò Temari con curiosità. «Perché ora ti comporti così con lei?»
Sakura li guardò non sapendo che dire. Nemmeno lei aveva mai compreso perché Sasuke le facesse quei dispetti e la facesse così tanto arrabbiare. Ricordava solo che ad un certo punto era cambiato e si era gradualmente allontanato da lei senza però mai smettere di stuzzicarla.
«E dai, piantatela» s’intromise Naruto. «Saranno affari suoi se non ce lo vuole dire».
Sakura guardò Naruto con gratitudine. Era sempre stato un bravo ragazzo da quel che ricordava. Sasuke era fortunato ad avere un amico come lui.
«Sasuke» chiamò Ino con voce suadente.
Sakura si voltò in direzione della bionda. Si era avvicinata un po’ troppo. «Sai, stasera ho casa libera».
«Ho da fare, scusa» rispose l’altra, tornando a mangiare il suo pasto.
«D’accordo, non hai capito» soffiò Ino a pochi centimetri dal suo orecchio. «Quello che volevo dire è che finalmente sarò da sola e magari potremmo invitare Karin e provare quella…»
Sakura strabuzzò gli occhi o meglio il corpo di Sasuke lo fece. «Che diamine!» esclamò, scattando in piedi con il volto completamente rosso. «Sei per caso una ninfomane? Non hai un po’ di pudore?» domandò sconcertata per poi allontanarsi in direzione dell’uscita.
Tutta la mensa fissava Ino in un tombale e imbarazzante silenzio. In molti stavano provando a trattenere una risata. Altri erano rimasti semplicemente di sasso.
«Che avete da guardare?» domandò infine Ino tra lo spazientito e l’imbarazzato, scattando in piedi e allontanandosi con passo svelto nella direzione opposta in cui era uscita Sakura nel corpo di Sasuke.
«Chissà cos’è successo…» borbottò poco lontano Hinata all’amica che avevano assistito alla scena.
«Non ne ho idea» scandì Sasuke con tutta l’intenzione di scoprirlo.

Sakura era ancora bordeaux per la proposta di Ino. Ma che diamine, possibile che in quella scuola fossero tutti costantemente arrappati e fissati con il sesso?
Non sapeva nemmeno lei dove stesse andando a passo così spedito ma d’un tratto qualcosa le afferrò un braccio, trascinandola nel buio. Stava per mettersi ad urlare quando una mano le tappò la bocca con prontezza.
«Calmati» soffiò Sasuke sul suo orecchio con voce femminile.
«Sei forse impazzito?» sbottò lei tra il furioso e l’imbarazzato. «Che diamine è questo posto?»
«Lo sgabuzzino dell’inserviente» rispose l’altro. «Che cosa hai combinato in mensa?»
«Io?» domandò lei, alzando di nuovo leggermente i toni. «Che combini tu, piuttosto! Che razza di pervertite frequenti?»
Sasuke scoppiò a ridere.
«Non c’è nulla da ridere» scandì Sakura. «Ino è proprio senza pudore» balbettò.
«Che cosa ti ha proposto?» domandò con un sorriso sghembo. «O meglio… che cosa mi ha proposto».
Le mani di Sakura cominciarono a prudere fastidiosamente. «Qualcosa di indecente che non avrei mai fatto» rispose acida e con evidente fastidio.
«Oh, è gelosia quella che vedo?»
Uno sguardo divertito aleggiava sul volto femminile.
«Gelosia? Per te? Ti piace proprio sognare» commentò, incrociando le braccia.
«Caso mai quella sei tu. Stai seriamente rincorrendo ancora Sasori?»
Sakura sgranò gli occhi. «C-Chi te l’ha detto?» balbettò.
«L’ho capito mentre parlavo con Hinata» rispose calmo. «Seriamente Sakura, dopo tutto questo tempo ancora non gli hai detto nulla?»
Era davvero curioso di capire cosa la trattenesse. In fondo erano passati quattro anni.
Sakura si morse un labbro nervosa. «Non sono affari tuoi».
«Ma lo saranno se non torneremo alla normalità» disse Sasuke, appoggiandosi al muro.
Sakura fece una smorfia ma non poté dargli torto. Si ritrovavano nel bel mezzo di una situazione assurda se non inconcepibile. «Tu non hai di che preoccuparti» borbottò. «Sono io che sono rincorsa da ragazze in calore» commentò con leggera rassegnazione.
Sasuke trattenne un’altra risata. «Sai, a volte tendo a dimenticare quanto sei divertente».
Sakura lo scrutò truce. Non ci trovava nulla divertente. «Piuttosto… oggi è mercoledì e devi sostituirmi al lavoro» disse.
Sasuke si sorprese. «Tu lavori?»
«Già» confermò la ragazza. «Sai, non tutti siamo milionari come te».
«E dove lavoreresti sentiamo?»
Sakura saettò lo sguardo in ogni direzione, evitando di guardarlo. «Ti lascio l’indirizzo nell’armadietto, mi raccomando non fare tardi. Inizio alle quattro e finisco alle otto».
Fu in quel momento che Sasuke, sentendo l’orario si ricordò qualcosa.
All’improvviso il suo viso si fece terribilmente affranto «Questa non ci voleva» borbottò, mettendosi due dita sulla fronte.
«Che succede?» domandò il suo corpo animato da Sakura.
«A proposito di questo pomeriggio… tu dovresti andare, ecco… ai miei allenamenti» disse.
Sakura nelle sue vesti lo fissò in maniera indecifrabile per un lasso di tempo indefinito.
«Che cosa?» domandò infine, sperando di aver sentito male.
«Hai sentito» sospirò Sasuke.
«Non è possibile!» mugulò la voce di Sakura dal profondo di quel sgabuzzino.

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Capitolo 4
*** L'allenamento di lui e il lavoro di lei ***


4. L'allenamento di lui e il lavoro di lei

Sasuke non poté fare a meno di pensare che tutta quella situazione fosse un’enorme, insana quanto mastodontica scocciatura. Quasi si sentì Shikamaru nel pensarlo.
Camminava a rilento per le vie di Konoha, osservando con attenzione gli edifici alla sua sinistra.
«Buonasera Sakura» lo salutò una signora poco distante intenta a sistemare una pianta di fiori fuori dal locale.
«Buonasera…» rispose l’altro. Era ormai la terza persona che lo salutava, il che stava a significare quanto meno che era sulla strada giusta.
Assorto nei suoi pensieri quasi non si accorse che era arrivato a destinazione. Indietreggiò di due passi per osservare meglio il posto. Sembrava essere più una bottega che un negozio. Alla sua destra spiccava una vetrina semplice ma carina, dove penzolavano con fare curioso quelle che sembravano essere delle bambole.
Sasuke diede uno sguardo sulla strada. L’indirizzo era quello giusto. «Non mi resta che entrare» pensò, allungando la mano sulla porta.
Nel momento però in cui si accingeva a spingere la porta, sentì questa tirarsi verso l’interno e il suono di un campanello riempì l’aria.
Non fece in tempo a realizzare la situazione che subito incrociò un paio di occhi castani a lui conosciuti. Sbarrò gli occhi sorpreso, borbottando qualcosa di incomprensibile. Quei capelli vermigli li conosceva fin troppo bene.
«Sakura, sei arrivata» sorrise Sasori. «Giusto in tempo perché devo momentaneamente fare una consegna e non potevo lasciare il negozio incustodito».
«Va bene» rispose l’altro con una leggera smorfia. Che ci trovava Sakura in uno come quello. Non lo avrebbe mai capito.
«C’è forse qualche problema?» chiese il vermiglio, accorgendosi di quell’atteggiamento taciturno e quasi infastidito.
«No, va bene» Sasuke sorrise forzatamente, tenendo la porta mentre Sasori usciva ringraziandolo.
Se fino a quel momento aveva avuto dei dubbi, ora la sua testa sembrava essere nel pallone più totale.
Quei due lavoravano persino insieme e Sakura non gli aveva ancora rivelato un’accidenti di nulla.
Vedendo poi il rosso allontanarsi non poté fare a meno di chiedersi se lui si fosse invece accorto dei sentimenti della ragazza. Aveva visto più volte Sasori in compagnia di suo fratello Itachi e quell’altro deficiente di Deidara ma a differenza di quest’ultimo, gli era sembrato tutto tranne che stupido.
«Oh bè…» si disse «chissenefrega» e con un’alzata di spalle entrò nel negozio.
 
Sakura constatò che sarebbe stata più difficile del previsto. Anzi, diciamo pure impossibile.
Già aveva impiegato mezz’ora se non di più per indossare tutte le protezioni e non era nemmeno sicura di essersele messe nel modo corretto. Ogni tanto sentiva le ginocchiere scivolare e il paraspalle penderle da un lato. Per non parlare del casco che sembrava caderle sempre sopra la fronte, impedendole la visuale.
Quando arrivò al campo, si sentì letteralmente un pesce fuor d’acqua. Gli altri giocatori la guardavano straniti ma d’un tratto si drizzarono sull’attenti.
Non capì che stava succedendo finché una voce alle sue spalle non le perforò i timpani. «Uchiha!»
Un uomo con un ridicolo caschetto nero lucido e terrificanti sopracciglia dello stesso colore la squadrarono dalla testa ai piedi. «Ti sembra il momento di arrivare questo?» urlò di nuovo e Sakura capì che doveva trattarsi dell’allenatore di Sasuke, Gai Maito.
«Che fai? Non rispondi?» urlò di nuovo.
Sakura capì che doveva spiccicare qualcosa di convincente altrimenti non ne sarebbe più uscita. «Mi scusi ma… il casco si era rotto e ho dovuto cercarne un altro» mentì mentre un brivido freddo le attraversava la schiena. Non era tanto il suo tono di voce quanto la vicinanza di quelle sopracciglia a farla rabbrividire.
«D’accordo. Ma che non si ripeta più, intesi?» minacciò l’altro. «Raggiungi i tuoi compagni ma per punizione ti fermerai dopo l’allenamento e farai venti giri di corsa in più rispetto ai tuoi compagni».
Sakura lo guardò allucinata ma dovette solo annuire rassegnata. «Sì…»
Gai la guardò con quel raccapricciante sopracciglio alzato. «Sì, cosa
Sakura lo guardò agghiacciata per poi ricordarsi l’unico avvertimento che Sasuke si era premurato di darle prima di affrontare quell’assurdo pomeriggio.
Ricordati sempre di dire ‘sì, coach’ quando concludi un discorso con il coach Maito”.
«Sì, coach» ripeté Sakura, desiderando solo che quelle sopracciglia smettessero di fissarla.
Il coach Gai finalmente esaudì il suo desiderio distogliendo lo sguardo dalla sua figura e rivolgendosi poi al resto della squadra.
«Bè che avete da guardare? Tornate ad allenarvi!» urlò, rivolgendosi poi a Sasuke, in realtà Sakura, che scattò terrorizzata in direzione dei compagni. «Voglio vedervi sudare se non morire, branco di sfaticati!»
«Cominciamo!» urlò Rock Lee in direzione di Sakura.
Sakura lo guardò confusa ma mai quanto gli altri che la videro ferma impalata a non prendere posizione. «Sasuke, ci sei?» domandò Kiba, agitandole una mano sul viso. Sakura si mosse lentamente sotto l’occhio dei suoi compagni che la guardavano come fosse un’aliena. In effetti, si sentiva esattamente così.
Per fortuita coincidenza parve posizionarsi esattamente dove Sasuke doveva stare.
«Cominciamo!» urlò Rocke Lee, posizionatosi di spalle di fronte a Sakura insieme ad altri giocatori intenti a formare una linea di fronte a lei.
Naruto al suo fianco la guardò, sussurrandole qualcosa di incomprensibile.
«Cosa?» domandò lei confusa per poi sentire il fischio dell’arbitro. Accadde tutto nel giro di un secondo. Rock Lee prese la palla e con un gesto fulmineo la passò oltre le sue gambe nel tentativo di passarla dietro di sé. Sakura non capì di doverla afferrare finché questa non la colpì dritto nello stomaco, rimbalzando per terra e sprecando un primo tentativo di attacco.
«Sas’ke!» esclamò Naruto esterrefatto da quella mancata presa facile di palla.
«Accidenti Sasuke!» esclamò Kiba, guardandolo con rabbia. «Che diamine ti prende?»
Sakura abbassò lo sguardo colpevole, riposizionandosi dietro Rock Lee. Non aveva la benché minima idea di quello che stava facendo ma capì che doveva afferrare quella stupida palla. Poi avrebbe improvvisato.
Non appena tutti presero di nuovo posto. L’arbitro fischiò di nuovo l’inizio della partita.
Rock Lee come prima afferrò la palla e con agilità la passò indietro. Sakura s’impegnò con tutta sé stessa nel provare a prenderla ma una volta afferrata la palla le scivolò dalle mani.
L’arbitrio fischiò e tutta la squadra si fermò, guardandola tra lo sorpreso e l’arrabbiato.
«Vuoi che ti sbatta fuori?» Gai era apparso poco distante, guardandola minaccioso.
«Mi scusi, coach» scandì scocciata per poi scuotere la testa decisa.
Avrebbe preso quella palla costi quel che costi.
Per l’ennesima volta, la formazione si risistemò in campo.
Sakura si ritrovò a fissare il fondoschiena di Rock Lee in modo così concentrato che Naruto al suo fianco ridacchiò divertito. L’arbitro fischiò. Per l’ennesima volta Rock Lee afferrò la palla e con un gesto deciso e ormai meccanico passò la palla dietro di lui.
Questa volta non l’avrebbe mancata. «Presa!» esclamò difatti Sakura contenta.
Tuttavia, il suo sorriso svanì in un attimo quando una mandria di ragazzi la travolsero, tramortendola a terra.
«Ma si può sapere che ti prende? Ti ricordi o no come si gioca?» domandò Neji con un malcelato fastidio.
«Meno seghe, dammi retta» borbottò Kiba mentre Sakura non accennava a muovere un muscolo completamente schiacciata al terreno.
Più tardi in spogliatoio, nessuno osava fiatare dopo quell’allenamento ai limiti del ridicolo.
Sakura sapeva bene di essere guardata con sguardi delusi, alcuni persino derisori ma non poteva farci niente.
«Ehi, Sasuke…» lo richiamò Rock Lee, attirando l’attenzione di tutto lo spogliatoio.
«Sì che c’è?» si girò, aspettandosi l’ennesima presa in giro ma quello che vide fu uno sguardo terribilmente serio.
«Ascoltami bene perché non lo ripeterò. Forse a te non cambierà nulla ma la prossima partita sarà l’evento più importante nella vita di molti di noi. Pensa pure che con la tua eredità non ti serva vincere il campionato scolastico… ma non permetterò che tu rovini la squadra, sono stato chiaro?»
Sakura deglutì, sentendosi un mostro della peggior specie. Non capiva nemmeno a che cosa si stesse riferendo ma il senso di colpa prese comunque a divorarle lo stomaco. «Ok…» balbettò dispiaciuta.
Naruto si avvicinò a lei con un sorriso appena accennato sulle labbra. «Non preoccuparti, può capitare di prendere colpi» lo rassicurò dandogli una pacca sulla spalla.
Sakura sorrise di rimando. Ora capiva perché Hinata avesse perso la testa per lui. «Sì…» sorrise debolmente per poi cominciare a svestirsi.
«Uchiha!» la richiamò il coach Gai appena affacciatosi dal fondo dello spogliatoio. «Non ti sarai dimenticato dei venti giri di corsa, spero?»
Fu in quel momento che Sakura sentì una gran voglia di piangere. «No, coach» rispose affranta, rimettendosi il casco sulla testa.

Il lavoro di Sakura era abbastanza noioso. Le sue mansioni consistevano nel destreggiarsi tra cassa e magazzino, mettendo in ordine la merce sugli scaffali.
Aveva avuto qualche problema con la cassa e fingendo di non riuscire ad aprirla chiese alla signora Chiyo, la proprietaria del negozio, di venire a dare un’occhiata per timore di un guasto, cogliendo l’occasione per osservare come poter pagare e dare il resto.
Sasuke fissava l’orologio con preoccupazione, chiedendosi come stesse andando l’allenamento. Sperava solo che Sakura non combinasse qualche guaio ma in qualche modo sentiva che le cose non avrebbero preso una bella piega.
«Annoiata?»
La voce improvvisa di Sasori lo fece sobbalzare, costringendolo ad arretrare un poco. «No, figurati» disse, cercando di sembrare il più rilassato possibile.
Sasori lo guardò con un sorriso divertito per poi passare lo sguardo oltre di lui.
«Hai già finito le consegne, Sasori?» domandò l’anziana Chiyo comparsa da dietro la porta.
«Sì, nonna. Hai bisogno di altro?» rispose l’altro mentre Sasuke aggrottò la fronte sorpreso.
Quindi la vecchia Chiyo altri non era che la nonna di Sasori.
«Non ti preoccupare, la nostra Sakura si è occupata di tutto» disse Chiyo con un sorriso. «Anche se oggi l’ho vista più concentrata e silenziosa del solito» commentò.
Sasuke non poté fare a meno di pensare come Sakura potesse distrarsi con facilità con la figura di Sasori ronzarle intorno. Una leggera morsa gli strinse lo stomaco ma non ci fece caso.
«Eh sì, la nostra Sakura oggi pare essere un’altra persona» commentò Sasori, dandole un leggero buffetto sulla testa.
Sasuke non apprezzò per niente quella confidenza e si scostò leggermente dal tocco di Sasori. «Sono solo professionale» gli uscì con una certa acidità.
Sasori si sorprese molto di quella reazione così come la vecchia Chiyo che da sempre aveva visto le guance della ragazza tingersi di rosso alla vicinanza del nipote.
Poi Sasuke si ricordò che Sakura non avrebbe mai reagito in modo così rude e scostante in particolar modo con Sasori, e si affrettò a rimediare. «Scusa Sasori, sono… stanca» si sforzò di dire con tutta la gentilezza possibile.
Sasori lo fissò a lungo senza dire una parola dopodiché oltrepassò Sasuke nelle vesti di Sakura e s’avviò oltre la porta alle loro spalle. «Devo finire il progetto in consegna per lunedì» disse, chiudendosi la porta alle spalle.
«Progetto?» domandò Sasuke.
«Quello per l’Accademia di Belle Arti» gli ricordò Chiyo, inconsapevole che la figura di fronte a lei stesse ascoltando tutto per la prima volta. «Non eri tu che volevi vederlo più di qualsiasi altra cosa?»
Sasuke sudò freddo. «Ah sì, il progetto!» balbettò non sapendo minimamente di cosa stesse parlando.
La vecchia Chiyo lo guardò confusa ma tornò alle sue faccende mentre Sasuke appoggiava i gomiti al banco, tornando a fissare l’orologio.
E così Sasori frequentava l’Accademia di Belle Arti. Non che gli importasse granché di quello che faceva il rosso ma sicuramente la sua controparte femminile non era dello stesso avviso.
Da quello che aveva sentito, Sakura sembrava quasi venerare tutto quello che faceva Sasori e la cosa non seppe perché non poteva fare a meno di procurargli un enorme fastidio.
 
A bordo della Mercedes, Sakura riuscì per miracolo a raggiungere villa Uchiha. Sasuke l’aveva minacciata più volte di riportare a casa la macchina senza un graffio pena il qualcosa di indecente sul suo candido corpo in balia di quel demone.
Sperava con tutto il cuore che quella sera quando sarebbe andata a dormire, sarebbe tornata nel suo corpo e tanti saluti a quell’odioso snob pervertito.
Quando varcò l’ingresso di villa Uchiha, il silenzio regnava sovrano. Solo pochi istanti dopo sentì dei leggeri passi e la signora Uruchi comparve da dietro la scalinata.
«Buonasera e ben tornato signorino» lo accolse.
Sakura fece un cenno alla signora e lei riprese a parlare. «La cena è quasi pronta. Sarà affamato dopo gli allenamenti. La chiamerò quando sarà servita la cena».
A una prima occhiata la vita di Sasuke era indiscutibilmente perfetta. Chi avrebbe potuto biasimarlo?
Sasuke era bello, attraente ed estremamente popolare sia tra i ragazzi che tra le ragazze.
Come se non bastasse, era smodatamente ricco e viveva in una villa servito e riverito come un principe.
Chiunque avrebbe voluto essere al suo posto.
Tuttavia, Sakura non poteva fare a meno di percepire un’atmosfera estremamente fredda aleggiare tra quelle mura in apparenza illustre e perfette.
Poco dopo Uruchi la chiamò per la cena. Entrò nell’immensa sala da pranzo di casa Uchiha, vedendo altre tre persone già sistemate intorno ad esso con sguardi seri e imperscrutabili. Riconosceva il signore a capotavola e la signora seduta sul lato lungo alla sua sinistra. Erano Fugaku e Mikoto Uchiha, niente meno che i genitori di Sasuke. Constatò che erano leggermente invecchiati dall’ultima volta che li aveva visti, specialmente il padre che però aveva mantenuto lo sguardo austero e severo che lo aveva sempre contraddistinto. Di fronte a sua madre c’era invece un ragazzo alto dai capelli scuri e l’espressione anch’ella imperscrutabile. Era il ragazzo della foto, ma di sicuro lo aveva già visto da qualche parte. Le sembrava terribilmente familiare.
«Sasuke non è buona educazione far aspettare gli altri» cominciò Fugaku, puntandole gli occhi addosso. «Un Uchiha deve essere sempre puntuale. Prendi esempio da tuo fratello Itachi».
Sakura sgranò gli occhi, riconoscendolo. Ma certo, Itachi Uchiha, il fratello di Sasuke. Come aveva fatto a dimenticarsene?
Quando lei e Sasuke erano piccoli, Itachi aveva sempre il compito di sorvegliarli.
Inoltre, era da sempre anche uno dei migliori amici di Sasori. Ricordava di aver sentito che durante i primi anni delle superiori si era trasferito a Iwa per completare gli studi secondo il volere del padre.
Sakura lo guardò di sottecchi. Era diventato un gran bel ragazzo, non c’era che dire.
«Sasuke, rispondimi quando ti parlo» lo rimproverò il padre, attirando di nuovo la sua attenzione.
Sakura lo guardò quasi intimorita. «Sì… padre» disse, scivolando lentamente sulla sedia.
Per tutta la durata della cena Sakura si sentì un pesce fuor d’acqua. I genitori di Sasuke non facevano altro che parlare di lavoro, coinvolgendo il figlio Itachi nelle loro discussioni.
Sembrava invisibile. Se, se ne fosse andata nessuno se ne sarebbe accorto. Era certa.
Nessuno in quel tavolo si era premurato di interagire in qualche modo con lei. Va bene che data la situazione forse era meglio così ma sembrava letteralmente non esistere ai loro occhi.
Che lei ci fosse stata o meno la sua presenza non avrebbe fatto alcuna differenza.
E improvvisamente i suoi pensieri saettarono sulla figura di Sasuke mentre una profonda tristezza prendeva ad avvolgerle il cuore.
 
Sasuke camminava sulla via del ritorno, ripensando alla giornata appena trascorsa.
Sperava con tutto il cuore che finite le ventiquattro ore sarebbe tornato tutto alla normalità perché non avrebbe potuto reggere un altro pomeriggio in quel negozio in compagnia di quell’essere così vomitevolmente perfetto di Sasori.
Oltretutto l’idea di non potersi nemmeno divertire con qualche ragazza lo scocciava terribilmente.
Aveva provato a stuzzicare Sakura sull’idea di utilizzare il suo corpo in qualche modo sconcio e pervertito ma alla vista della sua faccia scandalizzata e furiosa aveva compreso una verità che non seppe perché aveva trovato stranamente piacevole.
Sakura era ancora vergine.
Certo lo aveva sospettato dai suoi modi e dai suoi atteggiamenti ma quella conferma così pura e ingenua lo aveva terribilmente divertito.
Una volta giunto davanti a casa Haruno, non poté fare a meno di lanciare uno sguardo in direzione di villa Uchiha. A differenza del suo corpo, non gli mancava per niente se non per Uruchi.
Restò lì davanti alla porta per un po’ a contemplare la staccionata che divideva la sua casa dalla casa di Sakura. Sembrava ieri quando con un gesto atletico la scavalcava per venire a giocare nel giardino di casa Haruno.
Sasuke scosse la testa. Perché diavolo gli tornavano in mente quei ricordi? Con un gesto rapido frugò nella borsa a tracolla e afferrò le chiavi.
Non sapeva bene cosa aspettarsi ma di sicuro non lo scenario che si presentava di nuovo ai suoi occhi.
La casa sembrava essere ancora vuota. Le luci erano spente e non si sentiva nemmeno una mosca volare.
Com’era possibile che nessuno fosse ancora rientrato a casa nonostante l’ora?
Guardò l’orologio con il dubbio di essersi sbagliato. No, erano le otto e mezza.
Sasuke abbandonò la borsa in ingresso e si tolse velocemente le scarpe, avviandosi in ogni parte della casa per controllare con i suoi stessi occhi se ci fosse effettivamente qualcuno.
Solo in quel momento si accorse che tutto in quella casa era impostato come se ci dovesse vivere una sola persona. A partire dalla cucina dove notò la quantità delle stoviglie utilizzate e di cibo presente nel frigo
Salì di sopra, sorpassando la stanza di Sakura ed entrò in bagno. Sul comodino accanto al lavabo vi era solo un beauty case e un contenitore al cui interno era abbandonato un solo spazzolino da denti.
Uscì di fretta dal bagno ritrovandosi davanti all'ultima porta non ancora aperta della casa.
Intuì subito di che stanza potesse trattarsi. Rimase impalato per un po’ davanti alla porta, incerto se aprirla o meno, ma la curiosità era troppo forte. Lentamente abbassò la maniglia e spinse la porta in avanti.
Quello che vide gli lasciò una terribile sensazione di vuoto mista a tristezza.
La camera era immacolata come se nessuno ci dormisse da anni. Non c’erano oggetti o arredamento, ma solo mobili ricoperti da un sottile strato di polvere. Il letto matrimoniale era ben fatto ma era evidente che nessuno ci dormisse da tempo. L’armadio alla sua destra era aperto e completamente vuoto. Le finestre erano sigillate e l’unica luce che illuminava la stanza era quella proveniente dal corridoio alle sue spalle.
«Ma che cosa significa?» sussurrò Sasuke come se qualcuno dal nulla potesse sbucare e dargli una risposta.
Cosa stava succedendo?
Ma soprattutto, dov’erano i genitori di Sakura?

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Capitolo 5
*** Il sorriso di lei e la dolcezza di lui ***


5. Il sorriso di lei e la dolcezza di lui
 
Sakura fissava il soffitto ripensando alla cena di quella sera. Conosceva Sasuke fin da quando erano piccoli ma non aveva mai avuto modo di conoscere quell’aspetto della sua vita. Non che potesse avere chissà quale pretesa dati i loro attuali rapporti ma non poteva fare a meno di sentirsi triste per lui.
«Chissà se si è mai sentito solo» domandò in un sussurro, rigirandosi nel letto rivolto in direzione della finestra.
Intravide la finestra della sua stanza oltre il grande e vecchio cedro che separava da sempre le loro case.
Non poté fare a meno di pensare che tra loro sarebbe sempre esistito una sorta di legame.
Per quanto Sasuke la facesse arrabbiare non riusciva a immaginare una vita senza la presenza dell’Uchiha.
Sakura si ridestò dai suoi pensieri per poi sollevarsi dal letto con uno scatto. «Ma che accidenti mi viene in mente?» balbettò a sé stessa, mettendosi una mano dietro l’orecchio.
Sasuke era odioso e insopportabile. Lo era sempre stato. E di certo, non sarebbe mai cambiato. Era inutile farsi un’opinione diversa a riguardo.
Bastava ricordare la gita di pochi giorni prima quando l’aveva provocata e istigata davanti a quell’antica statua.
Fu in quel momento che un flash attraverso la mente di Sakura, facendola scattare in piedi mentre il suo viso assumeva svariate espressioni passando dalla più completa sorpresa a una compiaciuta realizzazione.
«Ma certo… come ho fatto a non arrivarci prima!»

Sasuke fissava ancora interdetto la stanza vuota e polverosa davanti a sé.
Non sapeva come sentirsi a riguardo. Era confuso ma allo stesso tempo provava un incredibile senso di vuoto. Moriva dalla voglia di sapere perché quella stanza fosse inutilizzata ma allo stesso tempo sapeva con buone probabilità che la risposta alla sua domanda sarebbe stata molto amara.
Conosceva Sakura fin dall’asilo e ricordava come quella della ragazza fosse una famiglia felice a differenza della sua.
Nonostante lui e Sakura si fossero allontanati molto dopo le scuole medie, non gli era sembrato che la ragazza avesse mostrato dei cambiamenti.
Ai suoi occhi era rimasta la stessa di sempre. Era dolce, premurosa, un po’ ingenua ma non per questo sciocca. Sakura era la ragazza più intelligente che conosceva ma ai suoi occhi non gli era mai parsa noiosa. Anzi, era divertente, spiritosa, l’unica che gli avesse sempre tenuto testa e gli rispondesse a modo. Non poteva fare a meno di stuzzicarla e vedere la moltitudine di reazioni che si scatenavano sul suo viso: dalla rabbia all’imbarazzo ma anche dalla calma alla provocazione.
Lei riusciva a sorprenderlo come nessun altro. Lei era unica. Era sempre stata l’unica.
Tuttavia, la vista che si estendeva di fronte a lui era inequivocabile. Era successo qualcosa in quella famiglia e per quanto Sakura avesse abilmente nascosto la sua situazione famigliare, lui era più che deciso a scoprire che cosa fosse successo.
D’un tratto un picchettio sordo attirò la sua attenzione, ridestandolo dai suoi pensieri. Tese l’orecchio per capire da dove provenisse e il suo corpo si mosse automaticamente in direzione della camera di Sakura.
S’avvicinò lentamente alla finestra quando per poco non inciampò all’indietro spaventato. Qualcosa aveva appena battuto sulla finestra.
Sasuke si avvicinò e la alzò, incrociando oltre le foglie del vecchio cedro, i suoi occhi scuri. La sua figura sorrise oltre i rami.
«Che diamine combini, Sakura?» domandò, guardandola curioso. Sembrava agitata per qualcosa.
«Mi è venuta in mente una cosa, troviamoci giù tra dieci minuti» rispose l’altra tutto d’un fiato, abbassando la finestra.

Camminavano ormai da mezz’ora lungo la strada, lasciandosi le case e il centro di Konoha alle loro spalle.
«Si può sapere dove mi stai portando? Se volevi stare un po’ sola con me, bastava il letto di camera mia».
Sakura sollevò lo sguardo indispettita. «Divertente» disse, notando il suo sorriso malizioso. Sì, era proprio insopportabile.
«Seriamente Sakura, stiamo camminando da più di mezz’ora… si può sapere dove stiamo andando?»
Sakura non rispose, troppo assorta nei suoi pensieri. Camminava a velocità spedita e in queste situazioni Sasuke non poteva fare a meno di accorgersi quanto fosse evidente la differenza dei loro corpi.
D’un tratto il corpo davanti a lui si fermò di colpo e per poco non gli andò addosso.
«Che fai?» domandò Sasuke, sporgendosi oltre le sue spalle.
«Ci siamo, siamo arrivati» disse Sakura.
Sasuke sollevò leggermente lo sguardo, notando una lunga scalinata di fronte a loro. «Ma questo non è il tempio che abbiamo visitato l’altro giorno?» domandò.
Sakura annuì. «È solo un’ipotesi ma credo che i nostri guai abbiano avuto inizio da qui».
«Tu credi?» domandò Sasuke sorpreso.
«Non ci resta che dare un’occhiata per provare a scoprirlo» disse Sakura, avviandosi per la lunga scalinata.
Sasuke s’affrettò a raggiungerla. «E c’era bisogno di venire a quest’ora della notte? Non sarebbe stato meglio venire domani con la luce del giorno?»
«Questo tempio è molto visitato e durante il giorno sarebbe stato impossibile non dare nell’occhio. E poi, non volevo perdere un giorno di scuola» concluse, continuando la sua ascesa.
Sasuke sospirò. No, non era cambiata per niente. «Ho capito, secchiona» sorrise infine, beccandosi un’occhiataccia furiosa.
Ma in fondo andava bene così.

«Quindi tu pensi davvero che sia opera sua?» domandò Sasuke con un certo scetticismo.
«Hai in mente un’ipotesi migliore?» controbatté Sakura a braccia incrociate accanto a lui.
Di fronte a loro, la statua del monaco Chiriku si ergeva in tutta la sua stazza e potenza.
Sasuke portò una mano sulla testa con fare dubbioso. «E va bene, visto che siamo giunti fin qui tanto vale provarci».
I due si avvicinarono lentamente alla statua senza emettere un fiato. Non seppero perché ma si sentirono piuttosto intimiditi di fronte ad essa.
«Comincia tu» borbottò Sakura, tirando una leggera gomitata al suo corpo accanto a lei.
«No, parla tu, sei tu la secchiona» rispose l’altro sottovoce.
«Ma che c’entra?» domandò l’altra con una certa ripicca.
«È stata una tua idea quella di venire qui, forza» disse, indicando con un cenno la statua.
Sakura balbettò qualcosa di incomprensibile per poi rivolgersi alla statua di fronte a sé.
«C-ciao, come stai?» domandò con incertezza.
«Non sai fare di meglio? È un monaco dotato di poteri spirituali non tua zia Bezzie» la rimproverò Sasuke con un sopracciglio alzato.
Sakura lo guardò truce. Se pensava di poter fare meglio perché non parlava lui?
«Forse puoi aver avuto l’impressione che io e questo ragazzo accanto a me ci detestassimo parecchio… ma lasciami dire che non potrebbe essere più lontano dalla verità…» disse, lanciando uno sguardo a Sasuke al suo fianco.
«E-esatto, stavamo solo discutendo ma capita anche ai grandi amici…» Sasuke lanciò un’occhiata torva alla sua figura accanto a lui ma Sakura lo incitò a continuare. Il ragazzo nelle sue vesti sospirò appena. Si sentiva un perfetto stupido a parlare con una statua. «E come si fa a non a non ammirare Sakura? È precisa, molto ordinata, intelligente… Un pozzo di scienza!»
Sakura accanto a lui annuiva compiaciuta. Allora Sasuke qualche volta era capace di essere gentile.
«Carina a volte soprattutto quando aggrotta la fronte mentre sorride».
Sakura si voltò sorpresa in direzione del suo corpo. Che cosa aveva detto?
Sasuke se n’è accorse ma continuò a parlare. «Insomma… andiamo molto d’accordo» concluse, dando uno sguardo a Sakura.
«S-sì in realtà noi siamo uniti» continuò Sakura, sentendo le guance calde. Non sapeva perché ma le parole di Sasuke le avevano provocato una strana euforia.
Quando poi sentì la presa del ragazzo sulla spalla, il suo viso si era completamente tinto di rosso. «Come la colla, davvero inseparabili» aggiunse Sasuke con un sorriso.
Sakura si era come irrigidita mentre il suo cuore prendeva a battere così forte da farle mancare il respiro. Che diamine gli stava succedendo?
«Sakura?»
Sakura si risvegliò, alzando lo sguardo sul suo interlocutore. Sasuke la fissava, aspettando che lei dicesse qualcosa.
Sakura si voltò in direzione della statua. «Dunque… ora che la situazione, ehm, è stata chiarita, avremmo una proposta. Chiuderemo gli occhi, conteremo fino a tre e quando li riapriremo ci ritroveremo nei corpi giusti».
«Se tu sei d’accordo, naturalmente» disse Sasuke, rivolgendosi sempre alla statua. «Cosa di cui sono certo perché è stato solo un fraintendimento… ne rideremo da qui a qualche anno» ridacchiò infine con un certo nervosismo.
«D’accordo» disse Sakura, chiudendo gli occhi. Sasuke fece lo stesso.
«Uno…» cominciarono i due all’unisono. «Due…» Sasuke prese la mano di Sakura e gliela strinse. Sakura sobbalzò appena a quel tocco, ma continuò a tenere gli occhi chiusi. «Tre…» dissero infine.
Passarono un paio di secondi ma ai due parvero un'eternità. Entrambi aprirono lentamente gli occhi per poi guardarsi a vicenda. Furono colti da un’ondata di delusione. Erano ancora l’uno nel corpo dell’altro.
Sasuke sospirò scocciato mentre Sakura portava una mano sul mento. «Forse ci voleva una preghiera essendo un monaco» osservò la ragazza.
«Sì e poi gli lasciamo l’offerta latte e biscotti come Babbo Natale» commentò Sasuke con una nota di sarcasmo. «E adesso che facciamo?»
«Per il momento ci conviene tornare a casa. Non è ancora mezzanotte, magari la teoria delle ventiquattro ore è quella giusta».
Sasuke sospirò. Non sapeva perché ma qualcosa gli diceva che il giorno dopo non sarebbe cambiato assolutamente nulla.
I due presero a incamminarsi sulla via del ritorno in religioso silenzio. Sakura in particolare era delusa dall’esito di quella visita al tempio. Pensava di aver avuto il lampo di genio ma alla fine si era rivelato un buco nell’acqua.
Sasuke se ne accorse e non poté fare a meno di sentirsi leggermente in colpa. Sakura aveva avuto un’idea e lui non aveva fatto altro che criticarla. A volte sapeva essere proprio un’idiota.
Con lentezza quasi disarmante s’affiancò alla sua figura e con un gesto delicato le prese la mano. «Non è colpa tua quindi non crogiolarti» s’affrettò a dirle con tono distaccato ma leggermente imbarazzato.
Sakura si voltò in direzione del suo corpo che continuava a guardare dritto. Non poté fare a meno di sorridere. In fondo Sasuke era un bravo ragazzo. «Davvero pensi che sia carina quando sorrido aggrottando la fronte?»
Sasuke strinse leggermente la presa ma continuò a guardare dritto, cercando di non trapelare alcuna emozione. «Ho detto a volte».
Sakura rise. «E tu a volte sai essere davvero dolce» commentò, riferendosi al suo maldestro tentativo di consolarla.
Sasuke non rispose ma continuò a stringere la mano di Sakura.
E in fondo andava bene così.
 
«Mi dispiace di averti fatto fare tardi» disse Sakura una volta che furono giunti davanti alle loro case.
«Ci siamo dentro entrambi, Sakura» le ricordò Sasuke.
Sakura sorrise. «Sai, stamattina ho riconosciuto la signora Uruchi, Sono passati così tanti anni eppure non è cambiata di una virgola, è sempre così gentile. Si vede che ti vuole bene».
Sasuke la guardò con un’espressione rincuorata. «Lo so».
A quelle parole Sakura non poté fare a meno di percepire uno strano calore accompagnata da una flebile malinconia. «Ho visto anche tuo fratello Itachi».
Sasuke si pietrificò sul posto. Questo non se l’aspettava. «Ah, quindi è tornato». La sua espressione si era fatta improvvisamente dura.
Sakura se ne accorse. «C’è forse qualche problema? Non andate d’accordo?»
Sul volto di Sasuke comparve un’espressione infastidita. «Con tutto il rispetto Sakura ma non credo siano affari tuoi».
Sakura ci rimase male. Dov’era finita la gentilezza di pochi minuti prima?
«Hai ragione. Forse non sono affari miei ma sono io che intanto devo interagire con la tua famiglia e questa non è una questione da sottovalutare» rispose seria, aspettandosi che Sasuke implodesse contro di lei.
La risposta di Sasuke non si fece di certo attendere. «Se la metti in questo modo, te la faccio io una domanda. Dov’è la tua di famiglia?»
A quella domanda Sakura si era come pietrificata sul posto. Come poteva esserle sfuggita una questione così fondamentale? Era ovvio che prima o poi nella loro situazione, Sasuke si sarebbe fatto delle domande.
«Loro sono… sono partiti per un viaggio di lavoro» provò a mentire ma Sasuke con un gesto secco aveva tirato un calcio alla staccionata bloccando il suo corpo tra la sua figura e il cancello. Poco gli importava che lui fosse nel corpo di Sakura e cercasse di bloccare il suo stesso corpo di quasi venti centimetri più alto. «Non dirmi bugie. So che vivi da sola in questa casa» soffiò, guardandola dritto negli occhi.
Nonostante l’altezza concessa dal corpo di Sasuke, Sakura non poté fare a meno di sentirsi intrappolata dal suo stesso corpo e dalle decise parole di Sasuke.
Prima o poi l’avrebbe scoperto. Non c’era più nulla da fare.
Sakura allungò una mano in direzione del suo corpo e poggiò una mano sulla sua spalla. «Domani pomeriggio il tuo corpo è libero?» domandò.
Sasuke inizialmente la guardò stranito ma poi capì. Era così difficile a volte confrontarsi in quella situazione. «Io sì e se me lo stai chiedendo vuol dire che anche io domani non ho impegni» disse, indicandosi.
Sakura sorrise appena. «Perfetto, allora domani ti aspetto alla fine delle lezioni» disse in un sussurro per poi dirigersi verso villa Uchiha. «Buonanotte Sasuke».
Sasuke continuò a guardarla mentre si allontanava lentamente dalla sua figura. «Buonanotte… Sakura».

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Capitolo 6
*** Il futuro di lui e il futuro di lei ***


6. Il futuro di lui e il futuro di lei
 
«Che sorpresa, sono ancora qui».
La mattina dopo, come aveva previsto, non era cambiato assolutamente nulla. Sasuke si era risvegliato di nuovo nel letto di Sakura sotto le profumate lenzuola bianche decorate con femminili fiori di ciliegio. Non era riuscito a dormire granché dato che da quando si era coricato aveva continuato a rimuginare e a darsi dell’imbecille per il suo atteggiamento della sera precedente.
Non solo si era mostrato fin troppo gentile nei confronti della sua vicina di casa quanto secolare noiosa secchiona, palla al piede e ora alter ego, ma si era persino interessato con fin troppa foga delle vicende che la riguardavano.
«Che figura patetica» digrignò tra i denti, portandosi una mano sul viso.
Non sapeva se era più patetico il suo comportamento del giorno precedente o il fatto che si stesse dando del patetico per aver fatto una figura patetica.
D’altronde non poteva farci nulla. Era davvero curioso di capire cosa fosse successo in quella casa dove regnava un silenzio quasi surreale. Non che non fosse abituato ma villa Uchiha era comunque animata da personale che lavorava e serviva, facendo percepire seppur flebilmente la propria presenza.
Si alzò leggermente dal letto, mettendosi a sedere. Era ancora presto e il sole stava lentamente sorgendo oltre la finestra.
Si ributtò sul letto, sentendo il peso del proprio petto, rimbalzare al suo tonfo.
«Chissà come fanno le ragazze» si domandò, guardandosi per l’ennesima volta quel petto prosperoso e a tratti ingombrante.
Lo fissò per un tempo indecifrabile mentre un’assurda quanto eccitante idea gli balenò pian piano nella mente.
Lentamente avvicinò la mano al proprio petto e con un gesto deciso si afferrò il seno sinistro.
Cominciò piano piano a tastarlo sentendo uno strano calore cominciare a diffondersi dentro di lui. Gradualmente cominciò ad aumentare il ritmo della sua mano mentre le guance prendevano terribilmente ad accaldarsi e la sua bocca emise uno strano gemito.
Era estasiato e allo stesso tempo sorpreso nel constatare quanto fosse facile eccitarsi nei panni di una ragazza. O meglio, quanto fosse facile eccitarsi nei panni di Sakura. Se quella secchiona era vergine allora era certo che non si fosse nemmeno mai toccata con le sue stesse mani. Il che era un vero peccato perché lui stesso si stava eccitando come non mai sotto il suono dei suoi stessi versi. La voce di Sakura si era rivelata qualcosa di incredibilmente sensuale.
Colto da quella bramosia, allungò la mano destra oltre il suo ventre e la infilò sotto i pantaloncini del pigiama.
Sorrise eccitato. In fondo quello scambio di corpi non si era rivelato poi così male.
 
Sakura percorreva il corridoio affiancata da Naruto che sorrideva orgoglioso, raccontandole del suo trionfo nella sfida di abbuffata di ramen a cui aveva gareggiato contro Rock Lee la sera prima da Teuchi.
La sua mente era così occupata dagli eventi della sera precedente che a malapena degnava il biondo di qualche sguardo. Ogni tanto annuiva ma poi tornava inevitabilmente a ripensare al comportamento insolito e allo stesso tempo irritante di Sasuke del giorno precedente. Era passato da arrogante a gentile e infine a duro e scostante nel giro di una serata. Ricordava chiaramente come il suo tono freddo e distaccato l’avesse pietrificata.
Ci era rimasta male era dire poco, se poi si aggiungeva il fatto che lui avesse tirato in ballo la sua situazione famigliare la cosa non poté fare a meno di irritarla ancora di più.
«Saaasuke» lo richiamò Naruto con una smorfia. «Tu non hai sentito mezza parola di quello che ti ho detto!» sbuffò piccato.
Sakura si fermò di scatto davanti all’armadietto di Sasuke. Ogni volta rischiava di mancarlo. «Scusami Naruto…» rispose l’altra distratta, attirata da una figura poco lontana da loro.
Hinata.
Erano passati a malapena due giorni dalla visita al tempio e da allora non l’aveva ancora mai incrociata. «Ehi, Hinata» salutò per poi portarsi una mano alla bocca, rendendosi conto dell’immensa stupidaggine che aveva appena compiuto.
Hinata si voltò di scatto, talmente sorpresa da non saper cosa dire. Le guance le si tinsero di ogni sfumatura possibile di rosso.
«C-ciao S-sasuke» borbottò con insicurezza per poi spostare lo sguardo sulla figura accanto al moro appena salutato. «C-ciao Na-na-na-»
Sakura la guardò, convinta che stesse per morire di insufficienza multiorgano. Sapeva bene l’effetto che Naruto aveva sulla sua amica. Stava per dire qualcosa ma Hinata scappò nell’altra direzione.
Aveva appena abbassato lo sguardo delusa quando Naruro le afferrò le spalle, scuotendola avanti e indietro come una campana.
«C-che storia è questa Sasuke?» esclamò agitato. «Da quando hai tutta questa confidenza con Hinata?» disse in un misto agitato di curiosità, sorpresa e… gelosia?
«L’ho solo salutata…» disse nel tentativo di smorzare la sua agitazione.
«Perché mai? Spiegami che ti è preso, accidenti!» Naruto non accennava a calmarsi.
Fu allora che Sakura sbarrò gli occhi non potendo credere a quello che la sua mente piano piano prendeva a realizzare.
No. Non era possibile.
«Naruto… a te… piace Hinata?»
La faccia di Naruto di fronte a quella domanda così diretta, prese ad assumere le stesse colorazioni che l’oggetto della loro conversazione aveva assunto pochi attimi prima.
«Che domande fai… lo sai perfettamente» borbottò, piantandosi una mano sul viso nel tentativo di sopprimere l’imbarazzo.
Sakura portò le mani sulla bocca nel tentativo di trattenere l’emozione e la felicità che l’aveva pervasa da testa a piedi. Naruto la guardava confuso ma a lei non importava.
Quanto avrebbe voluto correre dietro Hinata solo per poterle dire che la sua cotta non era poi così a senso unico come aveva sempre creduto.
 
Quando Sakura si avviò verso l’uscita, poté già scorgere Sasuke attenderlo nelle sue vesti, appoggiato al muro con un’espressione scocciata in volto.
«Fissi gli appuntamenti e poi arrivi in ritardo?» commentò, guardandola torvo.
«Scusami… ero in biblioteca a studiare e non mi sono accorta dell’ora» spiegò, portandosi con passo spedito al suo fianco.
«Non credi di esagerare con lo studio? Sei la prima dell’istituto».
«Hai paura che ti faccia fare la figura del secchione?» ridacchiò divertita, punzecchiandolo. «Sto studiando per entrare a medicina qui a Konoha» spiegò.
Sasuke si voltò nella sua direzione. «Vuoi entrare alla Senju?» domandò con non poca sorpresa.
Sakura annuì. «Sempre se riuscirò a sostenere l’esame… date le circostanze».
«Oh, giusto» disse Sasuke per poi ammutolirsi.
Camminarono a lungo in silenzio, rimuginando sulla situazione.
Solo in quel momento si erano resi conto di quanto quel buffo e assurdo scherzo del destino stesse cambiando le carte in tavola del loro futuro.
E la cosa spaventava entrambi anche se non volevano ammetterlo.
Sakura guardò di sottecchi il suo corpo animato da Sasuke. Non poteva fare a meno di chiedersi che cosa avrebbe fatto Sasuke una volta finito il liceo. Sicuramente, non avrebbe avuto di cui preoccuparsi con il prestigio e il nome della sua famiglia ma era comunque curiosa delle sorti dell’Uchiha anche perché nel peggiore dei casi, sarebbero state le sue.
«Sakura, di preciso dove stiamo andando?» domandò Sasuke mentre camminavano per le vie affollate di Konoha.
«Lì» rispose l’altra, indicando un edificio poco distante da dove si trovavano.
L’edificio bianco in questione si ergeva appena sopra gli altri in tutta la sua stazza e imponenza che era difficile potesse confondersi con i restanti.
Sasuke strabuzzò gli occhi. Sakura aveva appena indicato l’edificio Hashirama. L’ospedale di Konoha.
 
Sasuke era rimasto in silenzio per tutta la durata del tragitto. Una volta giunti davanti all’entrata dell’ospedale Sakura lo invitò di nuovo a seguirlo.
La sua controparte camminava accanto a lui con passo serio ma tranquillo a indicare come ormai quel posto le fosse così abituale.
Sasuke stava per dire qualcosa ma una figura davanti a loro li salutò o meglio salutò lui. «Ehi, Sakura» salutò quella che dal cartellino appeso al camice pareva chiamarsi Shizune. Sasuke salutò consapevole di dover reggere il palco come Sakura.
Percorsero diversi corridoi e presero un ascensore che li condusse al quarto piano dell’ala est dell’edificio. Appena usciti dall’ascensore, Sasuke poté leggere il nome del piano.
La sua espressione si paralizzò.

Reparto di Cardiologia e Cardioncologia.
Unità di Terapia Intensiva Cardiologica.

Sakura continuava ad avanzare tra quei corridoi conosciuti finché non si fermò di fronte a una stanza già parzialmente aperta.
«Sakura perché ti sei fermat-»
Sasuke si ammuttolì di colpo nel leggere il nome accanto alla porta.

Stanza 421. Mebuki Haruno.

Sasuke si voltò in direzione del suo corpo, trovandolo con lo sguardo fisso rivolto davanti a sé. Sollevò lo sguardo, guardando nella stessa direzione.
Una donna sulla cinquantina era appoggiata alla testiera del letto e guardava fuori dalla finestra. Le sue mani erano elegantemente incrociate sopra il lenzuolo mentre contemplava il paesaggio al di là della vetrata. 
Erano anni che non vedeva la signora Haruno se non di sfuggita. Era leggermente invecchiata rispetto all’immagine dei suoi ricordi e i capelli biondi stavano sfumando leggermente verso il bianco. Al di sotto del suo camice bianco partivano diversi fili collegati a diversi macchinari mentre sul braccio come consuetudine era attaccata una flebo.
Sakura inspirò profondamente per poi bussare sulla porta già aperta. La donna si girò nella loro direzione. Gli occhi verdi, gli stessi ereditati da Sakura, erano stanchi ma si rivolsero ai due comunque pieni di gentilezza.
«Sakura».
Mebuki accennò un debole sorriso. «Pensavo venissi domani».
Solo in quel momento Sasuke realizzò che la madre della ragazza si stesse rivolgendo a lui.
Sentì una gomitata affondargli dritto nel fianco. Sakura nel suo corpo lo stava incitando ad avanzare nella stanza.
«Ehm… cambio di programma» borbottò il ragazzo, preso in contropiede.
Mebuki si voltò leggermente in direzione del suo corpo o meglio in direzione di Sakura. «Non ci credo» disse, portandosi una mano sulla bocca. «Ma tu sei Sasuke? Quanto tempo è passato» ricordò con un dolce sorriso. «Sei diventato proprio un bel ragazzo».
Sakura si sorprese di quell’improvvisa euforia da parte di sua madre. «Grazie…» borbottò rivolta alla madre, guardando in direzione del vero Sasuke.
Sasuke nel suo corpo si grattava una guancia imbarazzato.
«È la prima volta che Sakura mi viene a trovare con qualcuno. Per caso, state insieme?» domandò con un ghigno emozionato.
Sasuke stava per dire qualcosa ma Sakura al suo fianco aveva fatto arrossire il volto del ragazzo di ogni sfumatura di rosso. «Assolutamente no! Siamo solo…» Sakura s’interruppe bruscamente.
Non ci aveva mai pensato. Che cos’erano lei e Sasuke?
Sasuke dall’altra parte la guardava curioso e lo stesso fece sua madre, ricordandosi solo in quel momento che aveva appena alzato la voce davanti a lei nelle vesti di Sasuke.
«… amici. Noi siamo solo amici» concluse frettolosamente.
Mebuki ridacchiò piano mentre i due ragazzi si lanciavano rapide occhiate, ammutolendosi in un imbarazzato silenzio.
«Perdonatemi, non volevo mettervi a disagio» si scusò. «Ero solo curiosa».
All’improvviso la suoneria di un telefono riempì il silenzio, diffondendosi nell’aria.
Sakura abbassò lo sguardo sulla tasca della giacca dell’uniforme. Era il suo telefono o meglio quello di Sasuke. Guardò lo schermo per vedere chi fosse.
Naruto. Proprio al momento giusto.
«D-devo proprio rispondere» borbottò. «Ti aspetto fuori» fece un cenno all'altro per poi uscire.
Sakura si allontanò e in un attimo si dileguò dietro la porta. Sasuke guardò curioso nel punto dove era scomparsa, chiedendosi chi lo avesse chiamato.
«Non me lo ricordavo così esuberante» cominciò Mebuki al suo fianco con un sorriso. «Quando era piccolo era di poche parole mentre tu eri la chiacchierona».
Sasuke ridacchiò appena. In quanto nel corpo di Sakura forse avrebbe dovuto gracchiare un offeso «Ehi!» ma in quel momento non ci pensò.
«Comunque cara, credevo avessi una cotta per il ragazzo con cui lavori… come si chiama…» borbottò Mebuki, portandosi una mano sul mento.
Sasuke non riuscì a trattenere una smorfia. «Sasori?»
«Sì, esatto» confermò. «Oh, ma cara tranquilla, anche Sasuke è un ottimo partito, complimenti».
Sasuke era quasi allucinato dalla frivolezza e dalla giocosità di quella che doveva essere una donna malata e debilitata.
«Sono felice, tesoro».
Sasuke si rivolse di nuovo alla donna che lo guardava con dolcezza.
«Confesso che ero un po’ preoccupata per te. Ti sei sobbarcata così tante responsabilità che avevo paura non ti stessi godendo gli anni del liceo. A causa mia sei dovuta crescere subito e diventare un’adulta e non sai quanto mi dispiace, Sakura».
Sasuke era rimasto in silenzio. Non sapeva che dire.
«Quindi non immagini nemmeno quanto io sia contenta di vederti in compagnia di un amico. Da quando mi sono ammalata e da quando tuo padre ci ha lasciate, hai sempre pensato a me. Ti sei trovata un lavoro per pagarmi le spese mediche e hai passato più pomeriggi in mia compagnia piuttosto che in compagnia dei tuoi coetanei, divertendoti come una ragazza della tua età. E lo so che mi vuoi bene, tesoro. Te ne voglio anche io, più della mia stessa vita, ma ricordati che sono pur sempre tua madre e come tale, vorrò sempre e solo il meglio per te».
Sasuke mosse una mano in direzione della donna, prendendole una mano e gliela accarezzò dolcemente. «Grazie» disse con un sorriso.
Rimasero così per un po’ di tempo, parlando del più e del meno, finché l’infermiera non passò ad annunciare la fine dell’orario di visita.
Sasuke salutò con la mano in direzione della signora Mebuki e si avviò verso l’uscita, fermandosi oltre la porta.
«Mi fai fare la figura del frignone. Smettila di piangere».
Sakura dietro al muro piangeva piano con un’espressione commossa in volto. Sasuke alzò un braccio e lo allungò in direzione della ragazza, strofinando energicamente la manica della giacca contro la pelle umida del suo stesso viso.
«Scusami…» singhiozzò Sakura, portandosi la mano sul volto e asciugandosi le restanti lacrime. «E… grazie».
Sasuke abbozzò un leggero sorriso, avviandosi verso l’uscita mentre una lacrimosa Sakura lo seguì lentamente aggrappandosi leggermente alla giacca della sua uniforme.
 
Quando uscirono fuori dall’ospedale erano già le sei passate e il sole stava già tramontando.
«È curabile?»
Sakura capì subito. «Sì… ma solo con un’operazione molto costosa che non mi posso permettere» disse.
«Da quanto?»
«Mia madre si è ammalata due anni fa…» Sakura aveva ancora lo sguardo arrossato ma sul suo viso affiorrò improvvisamente una smorfia di rabbia. «E per questo mio padre ci ha lasciate».
Sasuke non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
I signori Haruno, così gentili e disponibili… erano sempre sembrati perfetti visti da fuori ma la realtà era che ora la signora Mebuki era gravemente malata e il padre di Sakura, bè, non valeva nemmeno la pena definirlo.
Era ancora una ferita aperta che sanguinava a fiotti e Sasuke decise di non fare più domande.
«A proposito, chi era al telefono?» domandò, cambiando discorso.
Sakura aveva smesso di lacrimare e la domanda di Sasuke la riportò alla realtà. «Oh, era Naruto».
«E che voleva?»
Sakura si pietrificò, ricordandosi della conversazione avuta con il biondo meno di un'ora prima.

«Pront-»
«Si può sapere dove diamine ti sei andato a cacciare?! Ti ricordo che oggi ci sono gli allenamenti extra! Il coach Maito è fuori di sé dalla rabbia e ci sta torturando solo per colpa tua!»
Naruto non sembrava veramente arrabbiato. Il suo tono era per lo più terrorizzato.
«Scusami Naruto» continuò Sakura davvero dispiaciuta. «Non mi sono sentito affatto bene. Coprimi tu con il coach» disse, cercando di dileguarsi con una scusa.
Naruto borbottò qualcosa, ma Sakura non lo sentì. «D’accordo ma non ti garantisco nulla sugli altri. Di sicuro dopo questa vorranno ucciderti, capitano».

«Merda, me ne ero completamente dimenticato» disse Sasuke, colto di sprovvista. «E non ti ho nemmeno chiesto com’è andato l’allenamento ieri pomeriggio».
Al ricordo di quel disastroso allenamento, Sakura abbassò lo sguardo in un misto di paura e imbarazzo.
Sasuke lo percepì e Sakura scivolò velocemente davanti a lui nel tentativo di scappare ma il ragazzo le afferrò la spalla con una mano e la costrinse a fronteggiarla. «Sakura…» iniziò con un tono tutt’altro che amichevole, diciamo pure minaccioso. «Com’è andato l’allenamento ieri?»
E attraverso la sua stretta, Sakura percepì quasi un presagio di morte.
 
«Quelli sono dei cafoni, sono piena di lividi» brontolò la ragazza, mettendo in bocca una patatina fritta.
«Per l’esattezza il mio corpo è pieno di lividi» rimbeccò un Sasuke evidentemente scocciato. «Sono l’unico quarterback. Se il coach Maito mi sbatte fuori dalla squadra, il campionato è perso».
«Capirai» rispose l’altra, roteando lo sguardo oltre la vetrata. «Non capisco perché ti agiti tanto, è solo una partita di football».
Si pentì subito dopo di averlo detto perché Sasuke ora la guardava con uno sguardo omicida.
Aveva sempre pensato che a un ragazzo come Sasuke Uchiha non importasse di niente e di nessuno ma in quel momento dovette ricredersi. «Scusa…» sussurrò infine, smettendo di sorseggiare la cola fredda dalla cannuccia del suo bicchiere.
Rimasero per un po' in silenzio a rimuginare.
Sakura non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se non fossero mai tornati nei loro corpi. Vedeva sbiadire lentamente il suo sogno di andare all’università e diventare medico. Soprattutto, vedeva sbiadita la figura di sua madre nel suo futuro. E la cosa la terrorizzava.
«Non serve a niente litigare tra noi» realizzò Sasuke, interrompendo quel silenzio creatosi tra loro. «Stare qui ad addossarci la colpa non ci porterà da nessuna parte. La situazione è questa e dobbiamo accettarla».
Sakura strinse il suo bicchiere di cola, abbassando lo sguardo. Sasuke aveva ragione.
Tuttavia, a parole sembrava semplice ma i fatti erano un altro paio di maniche.
«Mi dispiace, Sasuke. Ma io anche se sono nel tuo corpo, sono sempre io, Sakura. E Sakura non sa giocare a football» gli ricordò, indicandolo.
Sasuke incrociò le mani, portandosele davanti alla bocca. «Non è detto» pronunciò, scuotendo poi con una mano la lattina di birra che si era appena portato alla bocca.
«Che cosa intendi dire?»
«Sakura rifletti. Noi ci siamo solo scambiati di corpo» spiegò Sasuke, sperando che Sakura capisse in che punto voleva andare a parare.
«Sì, esatto. Ci siamo scambiati di corpo» riconfermò Sakura, guardando confusa la sua controparte.
Sasuke la indicò a sua volta. «Quindi, tu hai il mio corpo e la mia forza. E io devo solo insegnarti come usarli».
Sakura annuì pensierosa senza distogliere lo sguardo da lui. «D’accordo» borbottò per poi illuminarsi. «E allo stesso modo, possiamo studiare per farti superare il test d’ingresso a medicina» realizzò, battendo un pugno sull’altra mano aperta.
Sasuke la guardò come se fosse pazza. «Sakura è impossibil-»
«Sasuke, per me è molto importante. Non te lo chiederei se non fosse così. Dobbiamo almeno provarci, ti prego».
Il suo corpo lo guardava con una determinazione che non si vedeva da molto tempo. E per un attimo, ebbe l’impressione che proprio la figura di Sakura lo stesse guardando.
«D’accordo» sospirò infine rassegnato. «Abbiamo un patto?» chiese, allungando la mano nella sua direzione.
«Abbiamo un patto» confermò lei, stringendogli la mano.
E lì, in quel fastfood nel centro di Konoha, le sorti di Sakura Haruno e Sasuke Uchiha cominciarono a smuoversi.

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Capitolo 7
*** La curiosità di lei e l'insensibilità di lui ***


7. La curiosità di lei e l'insensibilità di lui 
 
Senti Sakura… ti andrebbe di uscire?»
Sasuke per poco non si strozzò con il succo che stava bevendo in quel momento. «Come scusa?»
«Ti vedo sempre china sui libri a studiare… Ormai saprai quel manuale e memoria e ancora ti ostini a studiarlo» osservò Sasori appena ebbe finito di sistemare gli oggetti sugli scaffali. «Penso ti farebbe bene staccare un po’».
Sasuke sospirò leggermente. Sakura sapeva a memoria il manuale. Lui quel manuale aveva cominciato a studiarlo solamente da una settimana e avrebbe dovuto saperlo tutto entro la fine del mese. A detta sua una sfida persa in partenza. «Non lo so Sasori, non mi sento ancora preparata. Ti farò sapere, ok?»
Sasori era sorpreso. Non gli aveva detto di no ma nemmeno gli aveva detto di sì e questo non gli aveva fatto piacere.
In quel momento il campanello d’entrata nel negozio trillò e sulla porta comparve la figura di Sasuke alias Sakura che si fermò nell’ingresso.
«Buonasera» disse Sasori.
«Buonasera» rispose Sakura con gentilezza, rivolgendosi a Sasori.
Sasuke non poté fare a meno di buttare fuori una linguaccia.
«Come posso servirti?» domandò Sasori.
«Ah no, tranquillo non mi serve niente. Sono venuta a prendere Sakura» disse indicando la sua controparte dall’altra parte del bancone.
«Ma come Sasuke? Sono già le otto?» domandò Sasuke nei panni di Sakura. «Mi preparo e arrivo!»
Sasuke sparì oltre la porta, lasciando Sasori e Sakura nei panni di Sasuke soli nel negozio.
«Sasuke? Tu sei il fratello di Itachi?» domandò Sasori preso da una certa curiosità.
Sakura cercò con tutte le forze di rimanere calma, continuando a ricordarsi che quello a parlare era Sasuke. «Sì, esatto».
«E sei amico di Sakura?»
Sakura non poté fare a meno di stupirsi della curiosità di Sasori. In genere era un ragazzo che non s’impicciava nelle questioni altrui. Tornando poi alla domanda, Sakura ci mise un po’ a rispondere. Sasuke era effettivamente suo amico? A volte sembrava comportarsi bene, altre volte era insensibile come pochi. «Una specie».
«Interessante» constatò Sasori, tornando dietro il bancone.
In quel momento Sasuke riemerse da dietro la porta e raggiunse Sakura all’ingresso.
«Mi raccomando Sakura rifletti sulla mia proposta» le ricordò Sasori con un sorriso.
Sasuke forzò un sorriso e gli sorrise di rimando. «Certo» disse prima di uscire dal negozio insieme a Sakura.
«Proposta? Quale proposta?» domandò Sakura incapace di trattenere la sua curiosità una volta fuori dal negozio.
Sasuke sbuffò sonoramente. «A quanto pare il tuo principe azzurro ti ha chiesto di uscire».
«Che cosa?!» urlò Sakura fermandosi in mezzo alla strada.
«Se non mi facessi fare queste figuracce sarebbe meglio» la rimbeccò Sasuke, trascinandola via con sé.
«E tu… tu che hai detto?» domandò Sakura in preda ad una tachicardia ventricolare.
«Che ci avrei pensato» scrollò le spalle l’altro poco interessato.
Sakura stava per arrabbiarsi ma d’un tratto ricordò la sua condizione e s’ammutolì senza dire una parola.
«Credevo stessi per tirarmi un pugno» osservò Sasuke.
«Sì infatti. Ma a quale scopo? Se dovessi accettare, ci dovresti andare te» realizzò.
Sasuke la guardò incuriosito. Qualcosa non lo convinceva. «Non è che stai cercando una scusa per non affrontare i tuoi sentimenti?» domandò.
Sakura sussultò leggermente tentando di sorvolare la sua affermazione ma Sasuke ci aveva preso in pieno. «N-non è affatto così».
«Sul serio? Perché da quello che so ti piace Sasori da quando abbiamo iniziato le superiori ma non mi sembri granché intenzionata a cambiare la situazione» osservò Sasuke. «E non capisco perché».
«Non sono affari tuoi» gli rispose Sakura.
«Ha forse a che fare con tuo padre?»
Sakura si bloccò di nuovo in mezzo alla strada. Che lo ammettesse o meno Sasuke aveva dannatamente centrato il punto.
«Per quanto io non sopporti quel perfettino di Sasori, sono abbastanza sicuro non sia capace di fare male a qualcuno con quelle manine da fata che si ritrova».
Questo Sakura lo sapeva molto bene. Sasori c’era sempre stato per lei e si era sempre dimostrato un ragazzo dolce e sensibile. Al contrario di qualcuno in sua presenza che non faceva altro che mettere bocca su fatti non suoi. «Visto che pensi di sapere tutto, stasera ti interrogo su tutto il capitolo tredici. Ovviamente, senza tralasciare i precedenti».
«Sei forse impazzita? Sai benissimo che l’ho iniziato solo oggi» protestò Sasuke.
Sakura gli rivolse una linguaccia a dirgli che non le interessava minimamente.
«Visto che ti diverti tanto, come sono andati gli allenamenti? Mi fai fare ancora la figura dell’imbecille?»
Sakura corrugò la fronte ricordando ciò che il coach Maito le aveva urlato in spogliatoio.
«Uchiha forse ti sarai pure ricordato come si gioca ma le tue azioni sono più scontate del ridicolo taglio di capelli di Rock Lee».
“Da che pulpito” pensò. «Ho qualche problema a cogliere di sorpresa l’avversario. Secondo il coach Maito le mie azioni sarebbero prevedibili. E stai tranquillo, non ti servo di certo io o il football per apparire come tale».
Sasuke le lanciò uno sguardo truce. «Capisco. Allora stasera facciamo da me, cioè a casa tua, ok? Così ti illustro qualche schema di gioco».
«Perfetto».
 
«Questa è difficile… In cosa consiste il principio di Le Chatelier?»
«Il principio di Le Chatelier, noto anche come principio dell’equilibrio mobile, ci permette di prevedere come un sistema all’equilibrio reagisce a perturbazioni esterne. Infatti, quando un sistema all’equilibrio chimico viene perturbato per effetto di un’azione esterna, il sistema reagisce in maniera da ridurre o annullare la sollecitazione stessa ristabilendo l’equilibrio».
Sakura rimase sbalordita. «Sasuke sei stato bravissimo… Anche la tua prova intermedia… Hai commesso solo un errore. Ma com’è possibile che a scuola tu vada così male?»
Sasuke chiuse il libro, riponendo le penne nell’astuccio. «Semplicemente non mi interessa».
«E non pensi al tuo futuro?»
Sasuke la guardò per un attimo indeciso su cosa risponderle. Stava per dire qualcosa ma diede una leggera scrollata di spalle e ritornò a mettere in ordine le proprie cose. «Sono ricco e il mio patrimonio è abbastanza cospicuo da permettermi una vita senza lavorare».
Fino a poco tempo fa un ragionamento del genere le avrebbe montato non poca rabbia ma non seppe perché in quel momento la risposta dell’Uchiha non l’aveva convinta.
«Non hai sogni o obiettivi che vuoi realizzare?»
Sasuke si abbandonò sulla sedia per poi allungare una mano in direzione del soffitto sul quale erano attaccate delle stelle. Nel tentativo di prenderne una, chiuse la mano intorno ad essa. «Sì un obiettivo c’era ma era assolutamente impossibile da realizzare e dunque ho lasciato perdere».
«Ovvero?» domandò Sakura presa dalla curiosità.
Sasuke si voltò nella sua direzione mentre sul suo volto si faceva largo un’espressione intrigante. «Vuoi proprio saperlo?»
Il cuore di Sakura perse un battito mentre vedeva lentamente Sasuke nel suo corpo avvicinarsi pericolosamente. «C-che fai?» domandò cercando di sembrare autoritaria.
«Te lo voglio dire all’orecchio» sussurrò l’altro. Sakura si sentì morire d’imbarazzo. Non sapeva se per la situazione o per il fatto che lei non avrebbe mai parlato in quel modo così seducente.
Aspetta, come? Seducente Sasuke? Doveva essere andata fuori di testa. Non c’era altra spiegazione.
Chiuse gli occhi quasi spaventata da quello che l’attendeva, quando d’un tratto sentì un leggero schiocco sulla fronte. Spalancò gli occhi e quello che vide fu il suo corpo piegato in due dalle risate.
«Sasuke, non è affatto divertente!»
«Avresti dovuto vedere la tua faccia» continuò a ridere l’altro.
«Sarà meglio che tu vada» disse Sakura gonfiando le guance.
«Oh, ma andiamo non te la sarai mica presa?» domandò lui, raccogliendo le sue cose.
«No, affatto! È davvero tardi» insisté l’altra, alzando la finestra dalla quale sarebbe dovuto uscire.
«E va bene» finì l’altro, avvicinandosi alla finestra e scavalcandola piano per giungere al cedro nel giardino di casa Haruno che divideva le finestre delle loro due camere.
In quel momento Sakura constatò che qualcosa sotto di lei si era improvvisamente animato. Per poco non strabuzzò gli occhi sconvolta ma decise che era meglio tacere. Colse però l’occasione di risolvere un piccolo problema che ogni mattina la affliggeva.
«Senti Sasuke, prima di andartene… io dovrei chiederti una cosa».
Sasuke indietreggiò di nuovo sul cornicione, riavvicinandosi alla finestra. «Dimmi».
«Ecco… alla mattina tu hai… come posso dire… una protuberanza…»
«Cosa?» domandò Sasuke confuso.
«Tu hai questa cosa la mattina… capisci? Ogni mattina…»
Sasuke la stava guardando come un linguista guardava una vecchia incisione azteca. «Sakura non credo di aver capito».
«Mi chiedevo come fare alla mattina a… abbassarlo, capisci?» borbottò in preda alla vergogna. Quanto odiava essere un ragazzo.
«Oh!» finalmente Sasuke realizzò. «Il signor salsicciotto?» domandò divertito.
«Già» annuì lei ormai senza dignità.
«Mi manca un po’ quel ragazzo. Comunque, se il problema è questo, il metodo più efficace è lottare cinque contro uno. Non so se mi spiego».
Sakura fece diventare la faccia di Sasuke più rossa di una cesta di pomodori. Aveva capito perfettamente. «Sasuke è disgustoso. Non potrei mai… Ci sarà un altro modo?» quasi supplicò.
«In effetti c’è un altro sistema… A cui ricorro in caso di emergenza per far uscire l’aria dal palloncino…» Sasuke si era fatto titubante e guardò il suo corpo per avere la conferma di proseguire.
Sakura lo incitò con lo sguardo a continuare.
«Ok, ma non te la prendere, d’accordo? Io chiudo gli occhi e poi… Penso a te».
“Oh” pensò Sakura. Certo naturale. Come poteva essere altrimenti.
«Ok, scusami davvero Sakura. Non avrei dovuto dirtelo. Anzi, non avrei dovuto usarti come espediente per abbassare le mie erezion-»
«Non importa» s’affrettò a dire Sakura. «Davvero non mi importa. Buonanotte Sasuke» disse in modo meccanico, abbassando la finestra della stanza.
Sasuke sospirò, buttandosi una mano sulla fronte. «Sono proprio un idiota».
 
Sakura quella sera andò a letto piangendo. Anche se non era la prima volta che Sasuke si prendeva gioco di lei questa volta le sue parole l’avevano davvero ferita profondamente.
A sua volta questo suo sentirsi vulnerabile la faceva sentire ancora più sciocca perché sapeva perfettamente di che stoffa era fatto l’Uchiha. «Di cosa mi sorprendo?» singhiozzò, asciugandosi le lacrime a contatto con il cuscino.
Sasuke era semplicemente Sasuke. Uno stronzo insensibile.
«Non sprecherò ancora le mie lacrime per quell’idiota!» disse alzandosi e andandosi a lavare il viso. Quando si guardò lo specchio vedendo riflesso l’immagine della persona responsabile del suo stato d’animo, l’impulso di tirare un pugno al vetro fu quasi incontrollabile. Ma non lo fece. No, Sakura Haruno era una ragazza matura e anche questa volta avrebbe sorvolato l’ennesima cattiveria e sarebbe andata avanti. Era la scelta giusta.
Uscita dal bagno le venne voglia di un latte caldo con il miele. Era il miglior rimedio contro la tristezza. Scese lentamente le scale di quella lussuosa villa, recandosi presso le cucine. Si sorprese appena quando vide la luce accesa in lontananza. Quando entrò, vide la figura di Uruchi rivolta verso i fornelli.
«Signorino! È ancora sveglio?» domandò sorpresa.
«Sì, non riuscivo a dormire» disse, sperando non si notassero gli occhi gonfi a causa del pianto.
«Le preparo qualcosa?»
«Solo un po’ di latte caldo, grazie».
«Con un po’ di miele giusto?» domandò.
Sakura ne fu sorpresa ma annuì.
«Fin da quando ne ho memoria questo è l’unica bevanda che mi chiede quando qualcosa la turba. Ricordo ancora quando la preparavo a te e alla piccola Sakura. Adoravate il latte con il miele e poi puntualmente vi addormentavate insieme sul divano del salone mentre guardavate qualche film».
Sakura per poco non scivolò dallo sgabello della cucina. Si era completamente dimenticata di questi spezzoni della sua infanzia. Eppure, non sapeva come, c’era stato un tempo in cui lei e Sasuke erano praticamente inseparabili.
«Mi vuole dire che cosa la preoccupa?» domandò.
Sakura decise di cogliere la palla al balzo. «Uruchi, mi chiedevo… Perché io e Sakura abbiamo smesso di essere amici?»
Uruchi non poté fare a meno di emettere una piccola risata. «Mi scusi signorino ma… Davvero non ne ha idea?»
Sakura si sentì ancora più confusa di prima. «No, davvero».
Sul volto della signora Uruchi comparve un dolce sorriso. «Beata gioventù» esclamò, servendo il latte caldo a Sakura. «Buonanotte signorino» disse poi, avviandosi verso la porta.
«Non ha intenzione di dirmelo?» domandò Sakura seguendola con lo sguardo.
«Se ci riflette attentamente signorino, troverà da solo la risposta».
E con queste ultime parole Sakura non poté fare altro che fissare la tazza del latto caldo, chiedendosi ancora una volta che cosa fossero lei e Sasuke l’uno per l’altro.

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Capitolo 8
*** La consapevolezza di lui e la frustrazione di lei ***


8. La consapevolezza di lui e la frustrazione di lei

Erano passati un paio di giorni dall’uscita infelice di Sasuke eppure Sakura non si era ancora ripresa da quelle parole. Stava cercando di evitarlo in tutti i modi, il che era risultava alquanto ridicolo dato che lei controllava il suo corpo e ogni volta che posava lo sguardo su una superficie riflettente vedeva l’oggetto del suo fastidio.
Non capiva proprio perché le parole di Sasuke l’avessero ferita così profondamente.
Sembrava quasi delusa che il ragazzo non la trovasse minimamente attraente.
Sakura si bloccò in mezzo al corridoio e sbarrò gli occhi allibita.
Non sembrava.
Lei era delusa di non piacergli e questo, orrore degli orrori a sua detta, la infastidiva a morte.
“Devi essere impazzita Sakura” disse, scuotendo la testa.
Riprese a camminare con passo svelto in direzione dell’aula di scienze quando una presa del tutto inaspettata la afferrò per il braccio e la trascinò via.
Un attimo dopo era nello sgabuzzino buio e stretto dell’inserviente. Di fronte a lei un corpo che conosceva troppo bene la stava guardando con un cipiglio arrabbiato.
«Dove diamine sei sparita in questi due giorni?» domandò una voce inaspettatamente stridula e fastidiosa. Se era davvero quello il tono che le usciva fuori ogni volta che perdeva la pazienza, cominciava a comprendere il perché la definissero una noiosa e irritante secchiona.
Non rispose.
«Allora?» la canzonò di nuovo.
Non aveva alcuna voglia di rivelare a Sasuke che si sentiva ancora ferita per la uscita sgradevole che aveva fatto l’altro giorno. Se ancora possedeva un briciolo di orgoglio avrebbe dovuto conservarlo a qualsiasi costo. «Non mi sono sentita troppo bene» inventò.
Sasuke roteò la testa da una parte all’altra. «Sei stata male? Quindi, il mio corpo è stato male? Tutto a posto, vero?» domandò mentre prendeva ad accertarsi che il suo corpo fosse non avesse nulla.
Sakura si sentiva una pentola a pressione, pronta a esplodere da un momento all’altro. Quell’idiota pensava soltanto al suo fisico e non a lei. Lo avrebbe preso a pugni seduta stante.
“No…” si disse tra sé e sé, cercando un contegno. “Se ti lasci andare alla violenza, finisci per picchiare il tuo corpo e a rimetterci sarai solamente tu” pensò. “No, Sakura. Se vuoi sfogare la tua frustrazione, c’è un solo modo per ottenerla”.
«Sasuke, ho cambiato idea,» annunciò. «Voglio che tu vada all’appuntamento con Sasori».
Sasuke chinò la testa a centottanta gradi. «Come scusa?» domandò, sperando di aver capito male.
«Hai capito benissimo. E se non lo farai, stai pur certo che non mi presenterò più agli allenamenti».
«Ehi! Ragazzina questo è un ricatto bello e buon-»
«E voglio che tu sia impeccabile, non farmi fare la figura dell’idiota perché altrimenti, te lo posso giurare, il tuo corpo non torna vivo da te» lo minacciò per poi spalancare furiosamente la porta e uscire da quello spazio angusto.
Sasuke sconvolto non poté fare altro che guardare la sua figura furente allontanarsi lungo il corridoio. «Che diavolo è appena successo?»
 
Per quanto continuasse a rifletterci, non aveva alcuna voglia di accettare l’appuntamento con quell’odioso, insopportabile e perfettino di Sasori.
«Ma che le sarà preso?» si domandò per tutto il tragitto da scuola al negozio. «Un paio di giorni fa mi ha chiaramente detto che non era interessata ad andare, e ora vuole che vada?» parlò tra sé e sé, irritato come non mai.
Una fitta intensa al petto prese a diffondersi lungo tutto il suo corpo, facendogli prudere fastidiosamente le mani. Aveva voglia di prendere a pugni qualcosa o meglio qualcuno, si corresse dopo che l’oggetto del suo disappunto era appena comparso come per magia davanti ai suoi occhi.
«Ciao Sakura» lo salutò Sasori. «Esco per le consegne, aiuteresti la nonna in negozio, per favore?» domandò.
«Aspetta Sasori…» lo fermò Sasuke.
«Sì?»
“Coraggio Sasuke, fatti forza. Altrimenti, quella vipera non andrà più agli allenamenti…”
«Mi chiedevo se fosse ancora valido il tuo invito a uscire…» domandò con un finto timore che celava il suo immenso fastidio.
Sasori s’illuminò. «Certamente» sorrise.
Sasuke dovette dar fondo a tutta la sua pazienza e alla sua forza di volontà per non vomitare il fiume di imprecazioni che gli stavano attraversando la mente in quel momento.
«Usciremo dopo il tuo test di ammissione all’Università, così avrai la mente più libera, d’accordo?» disse per poi montare in sella sulla sua bici e sparire tra la folla.
«Perfetto» disse Sasuke per poi buttare fuori la lingua simulando un conato di vomito ed entrare nel negozio.
 
«Quindi se una donna del gruppo sanguigno 0 Rh negativo sposa un uomo AB Rh positivo eterozigote per il fattore Rh. Quale, tra quelli proposti, potrebbe essere il gruppo sanguigno del figlio? ABRh negativo, 0Rh negativo, BRh negativo, ABRh positivo o 0Rh positivo?»
«0Rh positivo?»
«Sbagliato, è BRh negativo. Forza, Sasuke concentrati! Di questo passo non entrerò mai a medicina!» si lamentò.
Sasuke saettò uno sguardo furente in direzione di Sakura.
«Tu, piuttosto che stai facendo al posto di studiare gli schemi di gioco che ti ho preparato?» domandò scocciato.
«Sto scegliendo cosa indosserai all’appuntamento con Sasori che è molto più importante» disse con ovvietà, tirando fuori una camicetta a maniche corte e una gonna lunga.
Sasuke la guardò stralunato. Mancavano ancora due settimane all’appuntamento. «Sei pazza se pensi che andrò in giro vestito come la signora Uruchi» osservò Sasuke.
Sakura gonfiò le guance offesa. «Che cosa vorresti dire?»
«I maschi vogliono essere scossi. Vogliono essere provocati e sedotti e questo dipende anche da quanto e come mettete in mostra le vostre grazie» rispose l’altro con lo stesso tono di ovvietà con cui Sakura pochi attimi prima gli aveva risposto.
Sakura in risposta alzò lo sguardo al soffitto, probabilmente sperando di dimenticare ciò che aveva appena sentito.
«Lascia stare, proviamo qualche schema di gioco» disse per poi afferrare la palla da football, alzarsi in piedi e invitare Sakura a sedersi al suo posto.
«Prendi la palla, indietreggia lentamente e guardarti intorno come se volessi passarla ma in realtà prendi bene le distanze e… lancio lungo» disse, allungando il braccio per simulare il lancio. «Prova tu» concluse, lanciandole la palla tra le mani.
Sakura si alzò in piedi e provò a fare gli stessi movimenti.
«No, sei evidente, se ne accorgerebbero» disse Sasuke, prendendole la palla dalle mani. «Stai dietro di me ed esegui i miei stessi movimenti, d’accordo?»
Sakura annuì e prese ad abbracciarlo da dietro. Un leggero imbarazzo s’impossessò di lei ma non ci fece caso. I due indietreggiarono lentamente finché Sasuke nel corpo di Sakura si bloccò come una statua e i grandi occhi verdi del corpo della Haruno si spalancarono spaventati. «Che cos’è?» domandò di ghiaccio Sasuke.
Sakura lo guardò confusa. «Che cosa?»
Si pentì immediatamente di averlo chiesto. Qualcosa sotto di lei si era magicamente risvegliato ed era puntato contro il sedere di Sasuke. Anzi no, il suo sedere.
«Sakura…» Sasuke aveva appena scandito lettera per lettera il suo nome. «Perché stai spingendo il mio pene verso il tuo corpo?»
Sakura non sapeva cosa dire. In quel momento voleva solo morire.
«Noi dovremmo giocare a football… E non fare altro…» provò a dire il ragazzo cercando di trattenere una risata ma Sakura lo interruppe in un attimo.
«Ehi, ehi, ehi, non farti idee strane. Non è il mio corpo, non posso prevedere queste reazioni!» esclamò tra l’imbarazzato e l’infastidito. Ci mancava solo che Sasuke pensasse che lei volesse tutto quello.
«Stai tu dietro al volante!» rimbeccò Sasuke per poi indietreggiare di un passo, rimuginando su un pensiero che gli aveva appena attraversato la mente. Un sorriso sornione si fece strada sul viso di Sakura. «Questo vuol dire che mi trovi attraente».
Sakura per poco non si strozzò. «Veramente, il tuo corpo trova il mio attraente ma non soffermiamoci sui dettagli, tanto il tuo pene verrebbe attratto persino dai pali» osservò la ragazza.
«Oh, che battura acida da maschietto!» ridacchiò Sasuke.
«Continuiamo a giocare a football?» domandò lei stizzita.
«Certo,» confermò Sasuke. «Basta che tieni il mio uccello lontano da te».
Sakura esplose. «Va bene, fuori dalla mia stanza! Forza!» disse per poi spingerlo in direzione della finestra.
«Ma che fai?» domandò lui non sapendo se ridere o arrabbiarsi. Quando però vide che la ragazza lo stava letteralmente buttando fuori dalla finestra grazie alla forza del suo corpo, si apprestò ad arrendersi. «Va bene, va bene Haruno, me ne vado» disse ridendo e alzando le mani in segno di resa.
Sakura lo cacciò fuori mentre una terribile frustrazione colpiva il suo corpo senza lasciarle possibilità di ritorno.
Intanto, fuori da casa Haruno e da villa Uchiha, una figura conosciuta stava osservando tutta la scena con un certo divertimento.
 
Il giorno dopo Sasuke uscì di casa stranamente di buonumore. Nella sua mente era ancora stampata l’immagine del suo viso imbarazzato. In genere a una cosa simile sarebbe morto di vergogna ma sapendo che dietro a quell’imbarazzo c’era Sakura era un altro discorso.
Tuttavia, il suo buonumore venne subito messo alle strette non appena alzò lo sguardo davanti a sé.
Di fronte al vialetto di casa, appena fuori dalla staccionata di casa Haruno, la figura di suo fratello Itachi lo stava fissando. Un moto di fastidio lo attraversò seguito successivamente da una sincera sorpresa quando si ricordò che lui si trovava nel corpo di Sakura.
«Sakura?» domandò il ragazzo incerto.
«Sì?» rispose Sasuke sorpreso. Che cosa mai poteva volere uno come Itachi da Sakura.
«Non so se ti ricordi di me… D’altronde sono passati molti anni… Sono Itachi. Itachi Uchiha…» disse. «Il fratello di Sasuke».
Sasuke lo guardò scettico. «Ah, Itachi! Certo, certo, mi ricordo,» esclamò con finta sorpresa. «Dunque, ha bisogno di qualcosa?»
Itachi scosse la testa. «Volevo solo dirle… Grazie».
"Eh?"
«Ieri vi ho visto…» iniziò. «Alla finestra» continuò per poi indicare il punto tra le due case. «Era da tanto tempo che non vedevo Sasuke sorridere in quel modo. Ti ringrazio di essergli vicino» sorrise.
Sasuke era senza parole. Itachi si stava davvero preoccupando per lui?
«Non ho fatto nulla…» disse sinceramente.
Itachi scosse la testa. «Hai fatto tanto invece. Nonostante le apparenze, Sasuke è la persona a cui tengo di più in assoluto».
Gli occhi di Sasuke si spalancarono con lentezza così come la sua bocca. Inconsapevolmente suo fratello gli aveva appena detto che gli voleva bene e le guance presero a tingersi di un tiepido rossore imbarazzato.
«Sicuramente lui ti avrà detto che mi odia, vero?» domandò sorridendo.
Sasuke scosse la testa. «No, non ti odia».
«Davvero?» domandò Itachi con leggera sorpresa.
Sasuke annuì. «Perché pensi questo?» domandò.
«Devi sapere che abbiamo un padre molto severo che si aspetta molto da noi e presto gli succederò nell’impero di famiglia. Non che fosse la mia massima aspirazione, in realtà avevo altri progetti, ma non volevo che i sogni di Sasuke potessero essere infranti dalle aspettative di nostro padre. Tuttavia, nel momento in cui ho cominciato ad assumere la direzione dell’azienda, i miei genitori si sono concentrati su di me, trascurando mio fratello. Di conseguenza Sasuke con il passare del tempo si è rinchiuso sempre più in sé stesso e ha smesso di sorridere».
Sasuke lo ascoltava esterrefatto senza emettere una parola. Non poteva credere che Itachi, suo fratello, avesse rinunciato ai suoi sogni per permettergli libertà di scelta sul suo futuro.
«Perché non me l’hai…» Sasuke tossì. «Perché non gliel’hai mai detto?» si corresse mentre il suo tono di voce tendeva ad affievolirsi.
Itachi fece spallucce. «Mi sentivo in colpa e, come avrai notato, non siamo molto bravi ad esprimere le nostre emozioni».
La mente di Sasuke fu attraversata dall’uscita infelice che aveva avuto con Sakura un paio di giorni prima. Non poteva che dargli ragione. «Sì, lo so» sussurrò con leggera amarezza e senso di colpa.
Itachi dispiegò un sorriso. «Non ti devi preoccupare Sakura. A dispetto di quello che dice o fa, mio fratello è pazzo di te».
Il viso di Sasuke, o meglio il viso di Sakura dietro il quale si celava il ragazzo, assunse cinque diverse sfumature di rosso. «C-che stai dicendo?! Impossibile!» esplose come una pentola a pressione.
«Te lo posso giurare Sakura. Probabilmente nemmeno lui se ne rende conto perché è ancora nella fase di orgoglioso bulletto arrogante».
Le mani di Sasuke presero a prudere in modo fastidioso. La buona opinione che si era formato pochi attimi prima di Itachi scomparì in un baleno per lasciare posto a una malcelata irritazione.
Che diamine stava blaterando suo fratello? Lui innamorato di quella secchiona, petulante, noiosa, irritante, testarda, intelligente, bellissima, dolce, gentile… Sasuke strabuzzò leggermente gli occhi, cercando di fermare i suoi pensieri ma l’immagine di Sakura che sorrideva ad Hinata durante la pausa pranzo era lì a ricordargli la verità che aveva sempre negato e che non aveva mai voluto ammettere.
Lui era follemente innamorato di Sakura.
Probabilmente lo era da sempre.
Durante tutti quegli anni l’aveva sempre cercata con lo sguardo e l’aveva infastidita solo per vedere le sue reazioni.
Perché se avesse dovuto scegliere tra l’odio e l’indifferenza, avrebbe preferito che lei non lo sopportasse piuttosto che essere un completo estraneo nella sua vita.
Che a lei potesse piacere era fuori discussione.
Lei, al contrario, era da sempre innamorata di Sasori.
Anche si fosse reso conto prima dei sentimenti che provava per lei, avrebbe comunque continuato a vivere un sentimento a senso unico.
E questa consapevolezza, non poté negare, gli spezzò il cuore.



Note autrice
Da più di un anno non aggiorno, ne sono consapevole. Non sono mai stata una che mantiene la parola specialmente nei racconti lunghi. Non abbiatecela con me, per favore. Tuttavia, preferisco scrivere quando mi sento ispirata piuttosto che con la voglia sotto i piedi perché se no scrivo già peggio di quello che già scrivo. Ho già pensato il finale della storia, e sono delineati un po' tutti i capitoli, devo solo mettermici di impegno e potrei miracolosamente concluderla. Non nego sia stato un anno molto intenso e per certi versi brutto per me. Speriamo che il 2022 mi porti una ventata di positività in modo da poter scrivere con più serenità.
Buon anno e buone feste da kimikocchan ♡

 

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Capitolo 9
*** La serata di lei e la reputazione di lui ***


 
9. La serata di lei e la reputazione di lui

“Sasuke, dimmi che Naruto e Kiba si sono fumati il cervello…” esordì Sakura quel pomeriggio di fine maggio. “Perché mai la squadra organizza una festa due giorni prima della finale?” domandò sconvolta.
Sasuke non la stava ascoltando. Fingendo di star leggendo il manuale di preparazione al test di medicina ripensava come un disco rotto alla conversazione che aveva avuto con suo fratello l’altra mattina.

“Non ti devi preoccupare Sakura. A dispetto di quello che dice o fa, mio fratello è pazzo di te”.

Sasuke scarabocchiò agitato la pagina che stava fingendo di leggere mentre sentiva le guance prendere letteralmente fuoco. Non ci poteva credere. Non voleva crederci.
“Sasuke?” lo richiamò l’altra con tono preoccupato. “Stai bene?”
Sasuke ritornò alla realtà per poi ritrovarsi l’oggetto dei suoi pensieri a pochi centimetri dal viso. No, non stava affatto bene. “Una meraviglia” commentò scocciato nel tentativo di scacciare l’imbarazzo che a sua detta si poteva leggere a kilometri di distanza sul suo viso.
“Mi dispiace costringerti a tutto questo” borbottò la ragazza per poi indicare il libro aperto davanti a lui.
Sasuke sbuffò. Fosse stato realmente quello il problema. “Non è certo colpa tua se siamo in questa situazione. Quindi, non dire assurdità, scema”.
Sakura sorrise sollevata e le gote di Sasuke tornarono a farsi leggermente più calde. Si sentiva uno scemo ad arrossire vedendo il suo corpo sorridergli ma in fondo quello non era altro che la prova evidente del fatto che nutrisse dei sentimenti per la persona che vi era dentro. “Cosa stavi borbottando poco fa?”
“Della festa” rispose lei.
“Ah, è una tradizione della squadra. Un modo per toglierci l’ansia e l’agitazione prima del grande match. Vai e divertiti anche per me”.
“Credi che filerà tutto liscio?”
“Se il tuo pensiero è per Ino, non ti devi preoccupare. Come da tradizione è una festa solo con i componenti della squadra. In pratica è una sagra della salsiccia” spiegò piatto mentre sfogliava gli ultimi argomenti del libro.
Sakura ripensò alle avances di Ino di qualche settimana prima e rabbrividì. “Non era certo questa la mia preoccupazione!” arrossì.
Sasuke sorrise sornione. “Dovresti rilassarti, vai, bevi e ubriacati. Il mio corpo regge molto bene l’alcol quindi non ci saranno problemi. Ti farà solo che bene un po’ di svago prima di sabato”.
“Se lo dici tu…” borbottò Sakura dubbiosa mentre Sasuke le rivolgeva di nascosto un sorriso divertito ma allo stesso tempo dolce. “Oh, Neji mi ha scritto che passa lui a prendermi…” commentò, guardando il cellulare. “E ha detto di tenerci pronti… Che vorrà dire?”
Sasuke sbuffò. “Brutto segno”.
“Cioè?” domandò lei non capendo.
“Ha sicuramente litigato con Tenten”.
 
E infatti Sasuke ci avrebbe scommesso. Se quell’impiastra di Sakura non si fosse dimenticata l’uniforme sporca nell’armadietto. Lui non avrebbe dovuto andarla a recuperare – rischiando per altro una marea di incomprensioni e domande se qualcuno l’avesse visto nelle vesti di Sakura entrare negli spogliatoi maschili – e non avrebbe visto Tenten piangere sulla panchina appena fuori dalla biblioteca.
“Ma Neji passa tra venti minuti a prendermi” aveva obiettato la secchiona non lasciandogli molte alternative.
Che fare? La pseudo-amica dai codini castani stava piangendo senza troppo impegnarsi di nasconderlo a chi passava davanti al viale della biblioteca.
“Che palle...” pensò Sasuke per poi avvicinarsi con discrezione. “Tenten? Tutto bene?” la chiamò incerto.
Tenten alzò lo sguardo, trovando due occhi verde chiaro a scrutarla con indecisione.
“Sì…” balbettò per poi tornare a mettersi le mani davanti al viso e continuare a singhiozzare.
Forse voleva essere lasciata da sola constatò Sasuke che con un sospiro di sollievo stava per passare oltre e allontanarsi con passo felpato se non che qualcosa all’ultimo lo trattenne per la manica della felpa costringendolo a voltarsi.
“Ti prego non andartene…” singhiozzò piano.
Sasuke fece un lungo respiro per poi sedersi accanto a lei sulla panchina. “Che succede? Si tratta di Neji?”
In un attimo Tenten direzionò lo sguardo nella sua direzione e Sasuke temette di aver fatto una colossale figura di merda. In fondo Sakura non sapeva nulla della loro situazione di scopamici.
Tenten sospirò. “
È così evidente?”
“Qual è il problema?”
“Abbiamo litigato per l’ennesima volta perché mi sono infastidita all’idea che uscisse con Kiba, Rock Lee e Shikamaru ad un appuntamento di gruppo. Lui mi ha chiesto qual era il problema visto che andiamo solo a letto insieme e a quel punto io ho sbroccato e gli ho dato dell’idiota per poi scapparmene via. Sono venuta in biblioteca sperando di riuscire a studiare almeno due pagine ma sentivo un groppo alla gola ingestibile. Appena sono uscita dall’edificio sono scoppiata in lacrime ed eccomi qui”.
“Conosco Neji...” iniziò Sasuke.
Tenten lo guardò perplessa e Sasuke si ricordò per l’ennesima volta di essere nel corpo di Sakura. Non ci avrebbe mai fatto l’abitudine. “Voglio dire… Neji non sembra quel tipo di ragazzo… Probabilmente non ha fatto nulla questo pomeriggio all’appuntamento di gruppo ma…”
Sasuke si grattò la testa non sapendo cosa dire. Non era mai stato bravo in queste cose, così decise di optare per la verità. “Perché non gli dici semplicemente quello che provi per lui?”
Tenten sorrise amaramente. “Perché se lo facessi, lui chiuderebbe questa cosa con me e tornerei ad essere una semplice amica anzi peggio… Probabilmente diventerei un’estranea e se succedesse non riuscirei a reggerlo…”
In qualche modo Sasuke la comprese. Anche lui provava dei sentimenti per qualcuno che non l’avrebbe mai corrisposto e questo, per quanto lo volesse negare fino alla fine dei suoi giorni, faceva proprio un male del cazzo.
“Va bene ma… Ma sei sicura di voler permettere a qualcuno, anche non fosse Neji, di farti sentire così?”
“Che posso dire Sakura? Mi sono resa conto di non essere così forte…” sussurrò. “A differenza tua”.
“Come?” domandò l’altro confuso.
Tenten annuì. “Non ho mai approvato quello che gli altri ti facevano… Le prese in giro, i brutti scherzi di Ino e Sasuke… Avevo sempre provato a dire loro di smetterla, che era di cattivo gusto… Ma nonostante tutto… Tu ti rialzavi sempre. Qualsiasi cosa loro ti facessero, tu andavi dritta per la tua strada fiera e orgogliosa di quello che eri… Anzi di quello che sei”. Tenten distese un sorriso. “Io ti ammiro, Sakura”.
All’udire di quelle parole, Sasuke non poté fare a meno di vergognarsi. Tutti quegli anni a sbeffeggiare Sakura ritenendola insignificante e patetica quando l’unico a doversi ritenere tale era solo e unicamente lui.
“Grazie…” sussurrò non potendo dire altro.
 
La serata si stava scaldando. Sakura era appena arrivata ma non appena varcata la soglia di casa Nara si era ritrovata con un intruglio bianco quasi trasparente strabordante di ghiaccio che solo venti minuti dopo conobbe come Gin Tonic. Era buono, realizzò.
Lo buttò giù con nonchalance e ne seccò un altro.
La festa procedeva. Ed era uno sballo.
Sakura aveva scoperto di adorare la birra, e soprattutto di adorare il Beer Pong. Quando scoprì poi che Sasuke era solito essere una schiappa non poté fare a meno di gongolare euforica. Sakura stava giocando con Rock Lee contro Kiba e il padrone di casa, Shikamaru. Quando mandò a segno un altro colpo, a Kiba per poco non cadde la mascella. “Ma tu non facevi schifo a sto gioco?” domandò scocciato per poi buttarsi la birra alla bocca senza però riuscire a shottarla in un sol colpo.
È dura accettare la sconfitta, eh?” commentò Rock Lee.
Kiba si sentì colpito nell’orgoglio. “Prova tu a bere tre birre di fila con questo che non ne sbaglia una!” esclamò, indicando Sakura nelle vesti di un Sasuke esaltato.
“Non ti preoccupare Inuzuka, la vedo” affermò sicuro Shikamaru per poi tirare la pallina.
La pallina centrò il bicchiere ricolmo di birra davanti a Sakura.
Senza timore Sakura prese il bicchiere da trentatré e in meno di cinque secondi contanti la birra era già scomparsa.
“Ma dove diavolo respira? Dal culo?” commentò Kiba esterrefatto.
“My Lady!” ridacchiò Rock Lee, porgendo un finto inchino all’Inuzuka in riferimento al suo linguaggio da camionista.
Sakura lanciò incurante il bicchiere vuoto alle sue spalle. “E ora Rock Lee vinciamo questa partita” affermò con tono goliardico.
 
Un paio di ore dopo la festa era degenerata. Per fortuna era sbronza e confidava avrebbe dimenticato tutto quello che stava vedendo, decisamente non adatto a un pubblico femminile. Ora capiva perché Sasuke l’aveva definita letteralmente la “sagra della salsiccia”. L’indecenza aveva raggiunto apici mai visti e Sakura dopo un iniziale turbamento causato dalla vista del pene penzolante di Rock Lee e dal tentativo di Kankuro e Kiba di infilare una canna nel culo di Naruto, capì che niente avrebbe potuto traumatizzarla più di così.
Quando uscì dal bagno, in molti se n’erano già andati. Shiho lo salutò e Sakura accennò un gesto con la mano per poi dirigersi nel salotto di casa Nara dove i restanti Naruto, Kiba, Rock Lee, Neji e ovviamente Shikamaru si erano seduti intorno al tavolino posto al centro.
Kiba e Naruto stavano armeggiando con una bottiglia dallo strano liquido semitrasparente.
“È qui la festa?” dichiarò Sakura ancora stranamente euforica.
Non si stava preoccupando, reduce delle parole di Sasuke secondo il quale il suo fisico era abbastanza forte da reggere l’alcol.
E lei arrivata a quel punto, avrebbe dovuto crederci con tutta sé stessa.
Senza indugiare afferrò uno dei bicchierini posti sul tavolo e buttò giù tutto. Fece per prenderne un altro quando la voce fin troppo acuta di Naruto le rimbombò nelle orecchie. “Vacci piano, Sasuke! Quelli sono shot di Tequila!”
Ma Sakura non lo ascoltò. “Alla tua Naruto!” ridacchiò.
 
Doveva essere collassata, Sakura. Perché quando riaprì gli occhi, le risate degli altri le sembrarono come se qualcuno avesse suonato una campana vicino ai suoi poveri timpani. Per non parlare della stanza che non ne voleva sapere di smettere di girare.
“Ehilà, sei tornato in vita amico!” esclamò Kiba.
“Fa silenzio” borbottò Sakura acida in riferimento al suo tono di voce.
“Io ti avevo avvisato di andarci piano con quelli” osservò Naruto facendo cenno ai bicchierini disordinatamente abbandonati sul tavolo ormaia anch’esso zuppo di Tequila.
“Ha parlato il santo” obiettò acido Neji a braccia conserte.
“Ehi, non scaricare il tuo malumore su di me. È tutta serata che sei insopportabile” ribatté Naruto.
“Concordo,” gli diede man forte Rock Lee. “Chiamala e basta, Neji”.
Neji scosse la testa da un lato in segno di rifiuto e Sakura constatò quanto il ragazzo fosse orgoglioso. Un momento ma di cosa stavano parlando?
“Di che state parlando?”
“Di Tenten” risposero con nonchalance i restanti in coro fatta eccezione per Neji che guardò gli amici con evidente fastidio.
“Uhmmm,” indugiò Sakura. “Avete litigato?” domandò, ricordandosi delle parole di Sasuke.
“Sì!” risposero di nuovo gli altri all’unisono mentre Neji affermava un chiaro “No” che però venne coperto dalle voci dei restanti.
“Cos’è successo?” domandò Sakura, massaggiandosi le tempie. La testa le stava scoppiando.
“Mah, la solita storia amico,” iniziò Naruto. “Tenten prova dei palesi sentimenti per Neji ma lui non vuole fare sul serio”.
Sakura sgranò leggermente gli occhi e i suoi pensieri andarono alla ragazza. Non doveva essere affatto una bella situazione.
“Amico, lasciatelo dire… Sapendolo, dovresti chiudere. Così la illudi e basta” commentò Kiba che Sakura aveva constatato nel corso della serata non avere peli sulla lingua.
“Sono d’accordo,” s’aggiunse Rock Lee fattosi serio. “Tenten è una mia cara amica e non voglio vederla soffrire per te Neji”.
Neji lanciò uno sguardo omicida a Rock Lee e Naruto al vedersi di quella situazione prese a sospirare, agitando leggermente le mani. “Buoni… Vi ricordo che siamo ad una festa e siamo qui per divertirci”. Shikamaru al suo fianco annuì leggermente.
Fu allora che Sakura li guardò tutti come fossero degli alieni. Possibile che nessuno in quella stanza ci fosse minimamente arrivato?
“Evidentemente se non la lascia, è perché anche lui prova lo stesso ma non glielo vuole dire per dei motivi che non vi siete nemmeno scomodati a chiedere” gli uscì tutto d’un fiato.
Inizialmente ritenne di averlo solo pensato ma quando si accorse di avere lo sguardo di tutti addosso, in particolar modo quello di Neji, non poté fare a meno di maledire la sua tremenda linguaccia.
Rock Lee interruppe quell’imbarazzante silenzio. “È vero Neji? Provi dei sentimenti per Tenten?” domandò.
Forse per gli occhi di tutti puntati addosso, forse anche un po’ per l’alcol, Neji si rannicchiò sulle sue ginocchia e affondò la testa nelle sue braccia. “Dalla prima superiore” confessò quasi in un sussurro. La comitiva esplose in un boato.
“Che cosa?!”
“Perché diamine non le dici nulla?!”
“Certo che sei un imbecille”.
“Amico, te le cerchi”.
Poi, Rock Lee guardò velocemente Sakura, alias Sasuke, si ricordò le parole che aveva detto poco prima e qualcosa prese a balenargli nel cervello. “È per via dell’università, Neji?”
Neji non rispose. Rock Lee distese un sorriso. “Sei proprio un imbecille” commentò quest’ultimo, avendo finalmente capito cosa passasse nella testa del suo amico da mesi.
“Mi ero quasi rassegnato in verità,” iniziò a raccontare. “Fin dalle elementari io e Tenten siamo sempre stati amici ma quando abbiamo iniziato le superiori mi sono reso conto di quanto mi piacesse come ragazza. Avevo paura di rovinare la nostra amicizia e quindi non ho mai fatto il primo passo. Poi, alla festa di Kiba…” accennò all’amico. “Probabilmente a causa dell’alcol che ci ha reso più audaci, ci siamo baciati e siamo beh… Finiti a letto insieme”.
Tutti ascoltarono interessati e Sakura constatò che se nemmeno gli altri sapevano di queste vicende allora Neji poteva considerarsi davvero un ragazzo riservato.
Kiba era sbiancato. “Non l’avrete fatto nel mio-”
Neji scosse la testa, intuendo la sua domanda, mentre gli altri lo rimproverarono dicendogli che razza di amico fosse per fare quel genere di domande durante le confessioni sentimentali di un amico. Sakura non poté fare a meno di ridacchiare divertita da quella scena.
“Dopo quella festa volevo chiarire i miei sentimenti per lei ma poi ho scoperto che era stata accettata all’università di Suna. Il fatto che non mi abbia mai detto di questi suoi progetti mi ha mandato fuori di testa. Mi sono chiesto che cosa fossi realmente per lei e l’ho ignorata per settimane. Poi alla festa di Natale mi ha messo all’angolo ma anche lì, abbiamo fatto di nuovo sesso e non ci siamo chiariti”.
“Grande amico!” esclamò Kiba, beccandosi uno scappellotto da Shikamaru. Il resto della comitiva sospirò, Sakura inclusa.
“Non ne abbiamo più parlato ed è iniziata questa strana relazione tra noi. È come una droga… Non ne posso fare a meno,” disse quasi sconsolato, ricevendo delle tenui pacche di conforto da Rock Lee che era in realtà indeciso se prenderlo a pugni per essersi ficcato in una situazione del genere. “È assurdo. Lo so. Per non parlare di quando ho capito che provava dei sentimenti per me. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Poi, però il suo viso sorridente mentre parlava dell’università è apparso nella mia mente e ha sbriciolato ogni mia certezza. Anche confessassi i miei sentimenti, come faremmo poi? Non credo nelle relazioni a distanza. E se le cose andassero male e io la perdessi? Non voglio ritrovarmi a soffrire per un amore che dura poco più di un’estate. Preferisco, non iniziare nulla piuttosto di provare la felicità per poi ritrovarmi con un pugno di mosche”.
“Quante cazzate”.
Tutti si girarono in direzione della voce annoiata che aveva appena parlato. Il viso di Sasuke era piegato in una smorfia quasi omicida e tutti – compreso quell’impassibile di Shikamaru – sentirono brividi freddi attraversare le loro schiene.
“Hai deciso tutto tu senza dare a Tenten la possibilità di poter dire la sua in merito. Senza dare una possibilità concreta alla vostra presunta relazione di poter affrontare quella che si chiama comunemente vita. Sei solo un codardo che ha deciso di tutelare sé stesso, ignorando i sentimenti di una ragazza incredibile. Non la meriti”.
Fu questione di un attimo. Il busto di Sakura venne sospinto in avanti dalla stretta forte di Neji che in un impeto di rabbia l’aveva afferrata per il colletto.
“Calmati Neji!”
“Ma cosa vuoi saperne tu, eh? Cosa vuoi saperne tu dell’amore? Quando giochi con ogni ragazza che ti capita a tiro” grugnì il castano colpito nel profondo.
Sapeva che Neji aveva ragione. Non poteva ragionare come Sasuke. Non in quella situazione. Decise di dire la verità. La verità che Sakura Haruno aveva sull’amore. “Stai pur certo che se amassi una persona, lotterei con tutte le mie forze per lei. Anzi per noi”.
In quell’istante l’immagine di Sasuke che le punzecchiava la fronte con la matita durante uno dei loro pomeriggi di studio le attraversò la mente.
Le parole di Sakura riecheggiarono nel salotto di casa Nara quasi fossero state una minaccia di morte perché Neji lasciò andare pian piano la presa e si risedette mollemente al suo posto.
“Amico, che parole…” borbottò Kiba rivolgendosi a Sakura. “L’alcol ti ha fatto diventare una specie di maestro Miyagi dell’amore?” domandò cercando di smorzare quell’atmosfera fattasi incredibilmente pesante.
“Fortunata la ragazza che ti conquisterà,” continuò Rock Lee. “Non mi sembravi affatto il tipo di ragazzo che potesse innamorarsi a differenza di alcuni qui presenti” disse facendo riferimento con un cenno della testa a Neji che nel frattempo aveva messo il broncio dopo essere stato completamente smascherato a proposito di tutti i sentimenti che lo avevano afflitto per mesi.
“Alcuni?” domandò Shikamaru. “Di chi diamine stai parlando, Kiba?”
Kiba sorrise a trentadue denti. “Naturalmente di te e Naruto” disse con fare ovvio.
Shikamaru scosse la testa in segno di diniego mentre il biondo prendeva ad agitarsi, arrossendo come un pomodoro.
Sakura non poté fare a meno di pensare come i ragazzi fossero dei perfetti quanto adorabili idioti quando si trattava di parlare di certi argomenti. “Ah, forza dai sputate il rospo!” esclamò Sakura eccitata.
A causa dell’alcol nessuno fece caso a quell’atteggiamento frizzante assolutamente non tipico di Sasuke.
“Bé, Shikamaru e Temari si sa che fanno scintille…” sghignazzò Kiba. “Per quanto riguarda Naruto, penso lo sappiano pure i muri che hai una cotta per Hinata”.
I due ragazzi presi in causa rimasero in silenzio mentre i loro visi assumevano svariate tonalità di rosso.
“Piuttosto, perché non parliamo di voi due?” tentò di dire Shikamaru rivolgendosi a Kiba e Rock Lee in un disperato tentativo di sviare l’attenzione su lui e Naruto, soprattutto da lui.
“Non credo ci sia nulla da dichiarare” affermò Kiba con una scrollata di spalle.
“Ma se l’altro giorno hai detto che se Naruto non si fosse spicciato a fare la prima mossa con Hinata, lo avresti fatto tu-”
“CHE COSAAA?!” urlò Naruto di tre ottave più alte, mandando all’altro mondo i timpani di tutti e probabilmente metà dei neuroni del cervello di Sakura.
“Grazie Rock Lee” disse l’amico sarcastico pronto a subire l’ira dell’amico. “Avanti, Naruto l’ho detto per scherzo, non ci proverei mai sapendo che piace a te…” cercò di rassicurarlo.
“Ma se hai detto che-”
“Per l’amor del cielo, Rock Lee! Perché non ci facciamo un po’ di cazzi tuoi invece?” sbottò Kiba leggermente alterato.
“Pff! Non ho niente da nascondere” obiettò l’altro sicuro di sé.
“Eh no”. La voce di Neji ritornò nella conversazione dopo un tempo che era parso indefinito. “Hai ancora una cotta stratosferica per Sakura Haruno”.
“Eh?!” esclamarono i presenti, e Sakura più di tutti.
“Neji! Bell’amico che sei!” piagnucolò Rock Lee. Neji lo fulminò con lo sguardo a ricordargli quanto “l’amico” prima avesse spiattellato sulla situazione sentimentale tra lui e Tenten.
Sakura stava morendo dalla curiosità. “E perché non ti sei fatto avanti?” domandò.
Tutti i presenti la guardarono allucinati come se avesse appena detto una completa stupidaggine.
“Sei stato tu a dirci che Sakura Haruno era off-limits” ricordò Shikamaru.
“E che per la reputazione del gruppo nessuno doveva frequentare quella sfigata,” precisò Kiba.
Qualcosa dentro Sakura si spezzò in mille pezzi. Non ebbe nemmeno il tempo di imprecare tra sé e sé contro quell’idiota di Sasuke che tutti adesso la stavano guardando con aria… divertita?
“Ma se l’hai detto…” continuò Kiba. “Non è che magari non volevi che nessuno ci provasse con lei…”
“Perché sei innamorato di lei?” finì Naruto preso dall’euforia causata dall’alcol che sembrava avergli dato alla testa. Anzi, che sembrava aver dato alla testa tutti in quella stanza. Non c’era altra spiegazione.
Altrimenti, come potevano davvero credere che Sasuke fosse innamorato di lei.
Gli sguardi sornioni degli amici di Sasuke, divenuti suoi amici per quella sera, unita al crescente imbarazzo delle loro assurde affermazioni e al rivoltarsi continuo del suo stomaco fecero salire in lei la definitiva conclusione della serata, scatenando reazioni tra il divertito e lo schifato. Sakura collassò di nuovo; la testa rivolta indietro sul divano.
Kiba si alzò e diede qualche colpo di tosse per annunciarsi. “Signori e signori, è con grande onore che dichiaro ufficialmente il vomitino della serata!”
 
Quando Sakura rinvenne era giorno e la ragazza si trovava nel suo letto, o meglio nel letto di Sasuke a casa Uchiha. Non ricordava minimamente come fosse arrivata lì e come facesse ad essere pulita e profumata come una rosa ma di una cosa si era resa perfettamente conto.
“Che mal di testa” sussurrò, portandosi le dita sulle tempie.
“Sei tornata in vita”.
Una voce familiare dal tono tra lo scocciato e il furente la attraversò, giudicandola dalla testa ai piedi. “Sasuke…” provò a dire ma la voce quasi gli morì in gola da quanto quest’ultima fosse secca.
“Tieni,” disse l’altro, allungandole un bicchiere di acqua.
“Dammi un’aspirina. Ho la testa che mi scoppia” si lamentò.
“Non se ne parla. Hai ancora lo stomaco sottosopra a causa dell’alcol. L’aspirina la prenderai stasera quando avrai smaltito il tutto. Si può sapere quanto hai bevuto ieri sera?”
Il tono di voce ora era decisamente arrabbiato e… preoccupato?
“Sei tu che avevi detto che il tuo corpo regge bene l’alcol”.
Sasuke si massaggiò le tempie quasi avesse anche lui un tremendo mal di testa. “Il mio non voleva essere un incitamento a bere tre quarti degli alcolici presenti alla festa”.
“Esagerato” biascicò l’altra, rendendosi conto di essere completamente nel torto ma di non volerla dar vinta all’interlocutore risiedente nel suo corpo che, contro ogni aspettativa, interpretava perfettamente la parte del rompiscatole responsabile. “Piuttosto, come sono arrivata a casa?”
“Ottima domanda, signorina Haruno” continuò l’altro sempre con tono fastidiosamente saccente. “Dato che non rispondevi a nessuna delle mie chiamate…”
“Ah sì… Perdonami, il telefono era morto”.
“Appunto,” la fulminò l’altro. “Stavo per uscire e venirti a recuperare quando fuori dal cancello ho visto Naruto che ti trascinava di peso”.
“Mi ha portato lui fin dentro casa?”
“No, sono stato io” affermò.
Sakura lo guardò sorpresa. Poi un flash della serata precedente le balenò in testa. “Non sei preoccupato che possa pensare che il grande Sasuke Uchiha abbia a che fare con una sfigata come Sakura Haruno? Potrei rovinarti la reputazione” gli uscì con un tono più acido di quanto aveva immaginato ma si sentiva ferita.
Sasuke rimase in silenzio per un paio di secondi ma la sua espressione era rimasta invariata. Era ancora furente, anzi, era più corretto dire che era tremendamente incazzato. “Ero preoccupato per te, razza di stupida! Sai quanto cazzo me ne frega della reputazione” le sputò in un misto di rabbia e frustrazione.
Sakura arrossì istantaneamente. La ragazza prese a guardarsi le grandi mani appartenenti al ragazzo mentre i sensi di colpi cominciavano poco a poco ad affliggerla.
Le parole del ragazzo le rimbombavano nelle orecchie, facendola sentire una sciocca ma al contempo terribilmente felice. Poi, osservando il pigiama che indossava, alzò lo sguardo in direzione dell’altro.
“S-sei stato tu a lavarmi e a mettermi il pigiama?” domandò.
Sasuke annuì.
Non c’era nulla di cui imbarazzarsi in fondo. Sasuke aveva fatto tutto nei confronti del suo stesso corpo. Probabilmente era anche nel suo interesse ma Sakura non riusciva a non essere felice di quell’inaspettata confessione e delle premure che aveva avuto nei suoi confronti. Chissà perché quel sorriso che gli stava provocando a momenti una paresi facciale non voleva saperne in alcun modo di togliersi dalla sua bocca.
“Scusa se ho alzato la voce,” disse Sasuke, sedendosi accanto a lei sul letto. “Dovevo avvisarti che gli altri sono degli animali”.
Sakura scosse la testa. “Non ti preoccupare, i tuoi amici sono fantastici. Capisco perché li hai a cuore”.
Sasuke si grattò la nuca leggermente in imbarazzo. “Ciò non toglie che rimangono degli imbecilli. Se fossero davvero miei amici, mi… Anzi, ti avrebbero fermato”.
“Veramente ci hanno provato… Naruto più di una volta” disse l’altra per poi buttarsi comodamente sui grandi cuscini del letto.
Sasuke la guardò come fosse un’aliena. “Ripeto… Ma quanto hai bevuto ieri sera?”
“Te lo giuro… Non lo so… So solo che le pareti della stanza continuavano a girare e che sentivo letteralmente un pugno nello stomaco. Che vergogna… Sono un’idiota” concluse.
Sasuke ammiccò. “Consideralo un rito di passaggio, e se dovesse ricapitare, ricorderai quest’esperienza e ci andrai piano”.
Sakura si passò una mano sulla tempia per poi portarle entrambe sul viso. Il mal di testa non voleva saperne di darle pace.
“Ancora mal di testa?” domandò Sasuke, allungando una mano sulla sua fronte.
Sakura si sentiva strana. Era stanca, confusa, debole, imbarazzata ma forse più di altre cose era sollevata. Era sollevata all’idea che Sasuke fosse lì per lei.
Così senza pensarci, disse quello che stava pensando. “Grazie per aver cura di me” sussurrò, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dal tocco delle sue dita.
Sasuke passò lentamente la mano sul suo viso. Era il suo viso, ma dietro di esso, dietro le parole che la sua bocca aveva appena pronunciato c’era la ragazza più esasperante ma allo stesso tempo anche la più incredibile che avesse mai conosciuto.

 

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Capitolo 10
*** La rassegnazione di lui e la rabbia di lei ***


 
9. La rassegnazione di lui e la rabbia di lei


Sasuke lasciò dormire Sakura per tutto il resto della giornata, e solo a pomeriggio inoltrato si decise a riattraversare lo spazio che divideva le loro case, e le rispettive finestre delle loro camere da letto.
Da quando l’aveva lasciata riposare non aveva fatto altro che ripensare alle parole di Sakura, al fatto che lo avesse sinceramente ringraziato ma soprattutto al fatto che non aveva potuto fare a meno di sfiorarla. Aveva sentito il cuore battere all’impazzata e una voglia irrefrenabile di baciarla, frenata solo dall’ennesima ritrovata consapevolezza che Sakura fosse intrappolata nel suo corpo maschile e lui a sua volta nel corpo femminile di lei.
Ormai era certo di provare qualcosa di molto forte per la Haruno ma allo stesso tempo si era rassegnato all’idea che per la ragazza non fosse lo stesso, e la loro situazione attuale era forse la prova evidente del fatto che non ci sarebbe mai stato niente tra loro.
Come in passato, nel presente le cose non erano cambiate e forse mai sarebbero cambiate.
Sasuke atterrò con attenzione sul davanzale della finestra e una volta assicuratosi di essere stabile, aprì lentamente la finestra della sua stanza. Una sensazione di smarrimento mista a preoccupazione lo invase alla vista del letto vuoto. Sakura era sparita.
La cercò per tutto il piano ma fu inutile. Uscì di nuovo silenziosamente dalla finestra, scese lungo l’albero e in un attimo fu davanti alla porta di villa Uchiha pronto a citofonare.
La signora Uruchi comparve sull’uscio di casa.
“Sakura,” disse con tono caldo. “Cosa posso fare per te?”
“Buonasera signora Uruchi,” rispose Sasuke con un leggero sorriso nel tentativo di mascherare la sua ormai crescente preoccupazione. “Sto cercando Sasuke. È in casa?”
“Il signorino ha detto che sarebbe andato a fare due passi. L’ho visto molto pensieroso e poco incline alla conversazione” lo avvertì.
“Va bene, grazie” ringraziò Sasuke prima di voltarsi e correre in direzione del centro di Konoha.
 
Sakura camminava silenziosamente ormai da venti minuti lungo il molo di Konoha mentre i gabbiani prendevano ad allontanarsi verso l’orizzonte colorato da un tiepido tramonto.
Nonostante avesse dormito tutto il giorno, bevuto almeno tre litri di acqua e preso due aspirine, sentiva ancora la testa scoppiare. Era tormentata da una strana sensazione, che non voleva lasciarla stare. Per non parlare poi dei suoi pensieri che sembravano sempre andare ad una sola persona: Sasuke. Sasuke, Sasuke e ancora Sasuke.
La sua mente non voleva saperne di pensare a qualcos’altro. Aveva tentato più volte di focalizzare la sua attenzione sulla finale che si sarebbe svolta il giorno dopo ma quest’ultima non faceva altro che ricordargli la situazione in cui si era cacciata insieme a niente po’ po’ di meno che Sasuke.
“Si può sapere che diamine mi prende?” borbottò infastidita per l’ennesima volta nel corso di quel pomeriggio durante il quale non aveva fatto altro che ripensare alle parole di apprensione del ragazzo e al suo tocco dolce e delicato. Sakura sussultò per poi tirare un calcio a un sasso poco vicino che cadde in acqua emettendo un piccolo tonfo.
Sasuke non era dolce e delicato. Sasuke aveva reso la sua vita al liceo un inferno per tre lunghissimi anni e non si era mai degnato di spiegarle vagamente il perché di quel trattamento infelice. Ricordava solo che un giorno Sasuke si era svegliato e aveva deciso di non rivolgerle più la parola. Dopo averla ignorata per mesi, una volta entrati al liceo, in seguito aveva deciso di tornare a parlarle, scoprendo che non era più il ragazzo gentile e premuroso che conosceva.
Era diventato arrogante, presuntuoso e pieno di sé, senza contare che non aveva mancato di infastidirla e punzecchiarla per ogni cosa e ogni qual volta ne capitasse l’occasione.
La ragazza scosse la testa. Aveva sofferto troppo per l’allontanamento di Sasuke e non ci sarebbe ricascata di nuovo. Non stavolta. Desiderava solo che quella assurda situazione, quel paradossale scambio di corpi giungesse alla fine. Con la speranza che seguendo i loro piani ci fosse effettivamente una fine.
Qualcosa all’improvviso vibrò nella sua tasca. Sakura tirò fuori il telefono e la sua attenzione fu catturata dal mittente del messaggio: Sasori.
 
“In bocca al lupo per domani. Spero che l’appuntamento sia ancora valido”.
 
“Cavolo” borbottò tra sé e sé. Se n’era completamente dimenticata. Come aveva potuto dimenticare l’appuntamento con Sasori? Per anni non aveva desiderato altro che un’occasione con lui e ora sembrava non esserne più entusiasta. Come se non bastasse c’era quell’assurda e inverosimile situazione di scambio di corpi da considerare… E se dopo il test di ammissione le cose non fossero tornate normali? Se fosse rimasta nel corpo di Sasuke per sempre?
 
“Sapevo che ti avrei trovata qui”.
Sakura si voltò di scatto, incontrando la figura graziosa del suo corpo a fissarla con un cipiglio severo.
“Come sapevi dov’ero?” domandò, tornando a guardare il mare poco distante.
“Quando qualcosa ti preoccupa vieni sempre qui” rispose Sasuke camminando verso di lei.
Sakura allargò gli occhi sorpresa. “Te lo ricordi?”
“Sì” confermò Sasuke guardando la sua figura con la coda dell’occhio. Il viso di Sakura si era appena contratto in un’espressione seria e laconica. “Come stai? È passata la sbronza?”
“Un po’ di mal di testa. Nulla di cui tu debba preoccuparti” tagliò corto.
A Sasuke non sfuggì il suo tono acido. “Sei di cattivo umore per caso?”
“Sto benissimo” disse di nuovo lei, riprendendo a camminare.
“Non mi sembra” controbatté Sasuke affiancandosi alla sua figura che tentava senza troppo successo di scappare dalle sue domande.
“Senti Sasuke cosa vuoi che ti dica?” sbottò Sakura nel suo corpo e la voce dura e graffiata. “Vuoi che ti dica che sto bene? Perché vuoi la verità? La verità è che non sto bene! Voglio tornare nel mio corpo! Voglio…” Sakura si fermò a prendere un respiro profondo nel tentativo di tranquillizzarsi. “Voglio tornare alla mia vita”.
“Pensi che io non voglia tornare alla mia vita?” ribatté Sasuke con un tono che sapeva di risentimento. “Pensi che mi piaccia questa situazione?” domandò sarcastico.
Sakura lo guardò truce. “Oh sì certo, perché Sasuke è troppo figo per vivere il resto della sua vita nel corpo della sfigata Sakura Haruno”.
“Si può sapere come hai fatto a stravolgere la mia frase in quello che hai appena detto?” sbottò. “Io non ho mai detto nulla del genere!”
“No, però l’hai pensato!”
“No che non…”
“Ammettilo Uchiha,” soffiò Sakura esausta. “Quando siamo entrati al liceo, sei diventato popolare e hai smesso di frequentarmi”.
La frase che Sasuke stava per emettere gli morì in gola e si sentì mancare l’aria.
“Potevo accettarlo, sai? In fondo le dinamiche del liceo le comprende anche una nerd secchiona come la sottoscritta ma… Non mi hai più rivolto la parola se non per prendermi in giro. Sei diventato crudele, Sasuke”.
Sasuke la guardava in silenzio mentre il cuore cominciava a farsi sempre più pesante ad ogni parola di Sakura.
“Quindi, smettila di essere gentile e smettila di fingere che ti importi qualcosa di me”.
“Va bene” soffiò Sasuke. “In fondo sono venuto fin qui perché non mi importa un accidenti di te” disse tagliente per poi fare dietro front e andarsene.
 
Il grande giorno era arrivato. Sakura, o meglio Sasuke, avrebbe sostenuto il test alle tre mentre Sasuke, o meglio Sakura, avrebbe giocato la finale alle nove.
“Sakura, stai bene?” domandò piano Hinata che l’aveva accompagnata al campus dell’università prima che lei accedesse all’edificio per sostenere l’agognato test di ammissione.
“Sono solo un po’ in ansia” rispose Sasuke che si era sistemato per l’ennesima volta la camicetta e la gonna che non ne voleva sapere di stare al suo posto.
“Sicura che non ci sia altro? Tipo, qualcosa che abbia a che fare con Sasuke?”
Il ragazzo si domandò se Hinata fosse dotata di un qualche sensore o radar specializzato nella rilevazione di problemi relazionali con il prossimo.
“Assolutamente no” rispose lui categorico. “Non c’è nulla da dire a riguardo”.
“Avanti Sakura…” cominciò Hinata. “Quando finirà questa farsa?” domandò l’amica che in quel pomeriggio si stava rivelando più chiacchierona e impicciona del consueto.
“Quale farsa?” domandò Sasuke non capendo dove volesse andare a parare.
“Puoi fingere quanto vuoi che la cosa non ti riguardi ma la verità è che Sasuke ti piace”.
Sasuke si paralizzò all’istante. Cosa aveva appena detto?
“C-che cosa?” domandò completamente spiazzato.
“Era da tempo che volevo dirtelo. Altrimenti per quale motivo staresti sempre così ogni volta che c’è di mezzo lui?”
“Così come?” domandò il ragazzo, curioso di capire dove l’amica di Sakura volesse andare a parare.
“Come se ti importasse di tutto quello che lo riguarda!” esordì Hinata con tono ovvio.
“Ti sbagli!” obiettò Sasuke. “Io lo odio! E lui mi odia!"
E aveva ottime argomentazioni a riguardo. Bastava solo ricordare la discussione del pomeriggio precedente. Era fermamente convinto che Sakura a quel punto lo odiasse senza ombra di dubbio.
“Quindi ti importa” concluse Hinata pacata.
“Quale parte di “lo odio” non ti è chiara, Hinata?” domandò lui al limite dell’esasperazione.
“Sakura, l’indifferenza è il contrario dell’amore mentre l’odio ne è l’altra faccia”.
Sasuke la guardò incredulo. Che fosse davvero così?
“Signorina Haruno, abbiamo concluso il controllo della documentazione. Si rechi in aula tre al secondo piano per sostenere l’esame”.
Sasuke e Hinata si voltarono in direzione della porta trovando una signora di mezz’età con gli occhiali a mezzaluna a guardarli con sguardo serio e una pila di fogli tra le mani.
“V-va bene” rispose Sasuke cominciando a sentirsi leggermente agitato.
“In bocca al lupo” sussurrò Hinata con un sorriso rassicurante.
Sasuke sospirò rassegnato per poi alzarsi dalla panca e dirigersi dove gli era stato indicato.
 
Sakura non avrebbe mai pensato che gli spalti del campo da football del liceo di Konoha potessero essere un posto rilassante. Avvolta nel silenzio, si guardava intorno pensando a come sarebbero stati quegli stessi spalti a distanza di due ore. Poi il suo sguardo si posò sul campo da football, lo guardò in tutta la sua lunghezza insieme alle luci che presto o tardi lo avrebbero illuminato.
“Dunque, eri qui”.
Sakura si voltò in direzione della voce di Naruto che si trovava a pochi scalini dalla sua figura. Il biondo si avvicinò insieme al suo borsone penzolante da una spalla.
“Sono passato a casa tua e mi hanno detto che eri già qui. Ho pensato fosse uno scherzo ma a quanto pare mi sbagliavo”.
“Già…” esordì Sakura a sguardo basso. “Non sembra una cosa da me”.
“Ultimamente hai fatto una marea di cose che non erano da te. Ma sai una cosa? Questo Sasuke mi piace molto”.
Sakura sbatté le palpebre confusa. “Come?”
“Sì insomma Sas’ke… Hai ricominciato a sorridere. A sorridere per davvero”.
Sakura lo guardò in attesa di dove sarebbe andato a parare il discorso.
“Che sia merito di Sakura?” domandò infine il biondo con un sorriso sornione ma che trasmetteva affetto.
“Ne dubito” rispose prontamente lei. Sasuke contento della sua presenza. Certo, come no.
“Oh, andiamo amico,” esclamò Naruto. “Nonostante il tuo caratteraccio, ho visto come la guardi! Da tre anni a questa parte, l’hai sempre trattata in modo diverso dalle altre!”
“Cioè bulleggiandola e deridendola?” domandò Sakura con un tono tra l’ovvio e il ferito.
“Solo perché non potevi averla come le altre”.
Sakura lo guardò truce. Non c’era niente di peggio che essere trattata come un trofeo da vincere. “Tu sei pazzo” disse, scuotendo la testa.
“Sakura è una brava ragazza. È premurosa e gentile ma allo stesso tempo intelligente, forte e decisa. Qualcuno che insomma riusciva a tenerti testa”.
Sakura ridacchiò. “Tu dici?”
“Ne sono convinto,” confermò il biondo. “I vostri battibecchi non sono altro che la prova evidente della forte attrazione che c’è tra voi”.
Ok, era ufficiale. Naruto doveva essere impazzito.
“E poi sei stato tu a dire che l’unico motivo per cui trovavi il liceo divertente era, e cito testualmente le tue parole, per la presenza di ‘quella secchiona so-tutto-io, petulante e senza tette’”.
Secchiona so-tutto-io, petulante e senza tette, eh?
“Sasuke… Non avere paura di esprimerle quello che provi. Non scappare”.

Non ho paura... Ho solo rovinato con tutta probabilità l'unico momento in cui sembravamo andare d'accordo con la mia boccaccia e ora... Lei mi odia”.
Sakura tornò a guardare il campo di fronte a sé.
O stava davvero scappando?

 

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Capitolo 11
*** La vittoria di lei e il principio di lui ***


 
9. La vittoria di lei e il principio di lui

 
Le 15:56.
Ancora quattro minuti e la prova sarebbe terminata. Sasuke aveva quasi finito di rispondere a tutte le domande se non fosse che l’ultima catturò il suo interesse.
“Il principio di Le Chatelier” lesse a fior di labbra. La consegna indicava di selezionare la definizione esatta.
Sasuke ricordò il pomeriggio di qualche settimana addietro e selezionò la risposta numero c: “permette di prevedere come un sistema all’equilibrio reagisce a perturbazioni esterne”.
Se era davvero come dichiarava il principio di Le Chatelier, presto o tardi lui e Sakura sarebbero tornati presto nei loro corpi, in quanto, prima o poi, il sistema avrebbe reagito in modo da annullare quell’assurda situazione e ristabilire l’equilibrio.
Almeno in teoria.
In pratica non sembrava esserci nulla di concreto e le possibilità che le cose tornassero come prima erano scarse se non addirittura nulle. Potevano solo sperare e confidare nelle loro convinzioni e che l’aiuto che si erano datti a vicenda potesse in qualche modo perorare la loro causa.
Forse per questo, quando la campanella trillò, decretando la fine dell’ora e dell’esame, Sasuke si alzò di scatto, firmò la presenza e uscì in fretta e furia dall’aula dell’università.
Avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per sistemare le cose.
Perché in fondo, per quanto avesse provato a nasconderlo a chi gli stava intorno ma soprattutto a sé stesso, se si trattava di Sakura, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
 
[…]
 
Sakura era un fascio di nervi.
La partita sarebbe iniziata a momenti e di Sasuke nemmeno l’ombra.
Controllò per l’ennesima volta l’orologio. Le 20:56. Ancora quattro minuti e l’arbitro avrebbe fischiato l’inizio della partita.
Sakura si sistemò per l’ennesima volta il casco sopra la testa e si avvicinò ai suoi compagni di squadra radunatisi in cerchio intorno al coach Maito.
Dal megafono, quell’idiota di Suigetsu Hozuki, annunciò l’inizio della telecronaca di partita. “Avanti amici, un bell’applauso perché ci siamo! Stanno arrivando! Ecco, a voi la Shuriken della Konoha High School! Quella di stasera è una partita cruciale, gente. Ci sono molti osservatori dei college, pronti a valutare qualche nuova recluta per le squadre universitarie! Inoltre, i vincitori dell’incontro si qualificheranno anche per il campionato nazionale!”
Il coach Maito si schiarì la voce. “Ascoltate ragazzi, questa è la vostra grande occasione. Ci siamo allenati tanto per questo momento. Se giocate bene e agirete come una squadra, porterete a casa la vittoria. Forza mani al centro”.
Sakura, nelle vesti di Sasuke, allungò la mano, incontrando gli sguardi accesi e concentrati di Naruto, Rock Lee, Kiba, Neji, Shikamura e di tutta la restante squadra.
“Uno, due, tre, Shuriken!” urlarono i ragazzi, alzando le braccia per poi correre verso il campo e sistemarsi.
Il fischio dell’arbitro diede inizio alla partita.
“Calcio d’inizio!” urlò Suigetsu.
A quindici minuti dall’inizio Sakura aveva tentato più volte di avanzare ma il quarterback della Kunai continuava a farla placcare. Sembrava prevedere davvero ogni sua mossa. E per quanto tentasse di scavalcarlo, lui trovava sempre il modo di arrestare la sua avanzata.
Solo allora Sakura ebbe un flashback.
“Il quarterback della Kunai è un ragazzo dai capelli rossi di nome Gaara. È estremamente abile a prevedere la direzione di gioco dell’altra squadra”.
“E allora come posso avanzare?” domandò Sakura, guardando curiosa lo schema che la sua controparte fisica aveva appena disegnato sulla lavagna.
“Conosco Gaara. È il fratello di Temari ed è incline a perdere la pazienza quando le cose non vanno come aveva previsto. All’inizio sarà difficile, ma la squadra lo segue ciecamente quindi se riuscirai anche solo per un momento a coglierlo di sorpresa, anche il resto della Kunai si ritroverà spiazzata e avrai creato la breccia per poter fare avanzare i nostri”.
“Quindi mi stai dicendo che devo coglierlo di sorpresa, lasciando avanzare qualcun altro?” domandò Sakura con tono scettico.
“Cara mia Sakura, so che hai un indole competitiva e individuale ma se c’è una cosa che tu e Gaara dovete capire è che il football è un gioco di squadra, e che il quarterback sebbene tale, non può fare niente da solo”.
“Il numero 85, Rock Lee della Shuriken, tenta di avanzare. Rock Lee era stato a lungo a riposo dopo l’infortunio avuto la scorsa stagione sempre contro la Kunai,” proseguì Karin con la telecronaca. “Dico bene, Suigetsu?”
“Esatto, Karin!” confermò l’altro.
“Tieni d’occhio Rock Lee durante questo incontro”.
“Perché?”
“Devi sapere che l’anno scorso Gaara lo ha fatto placcare in modo disumano e gli ha fatto rompere una gamba”.
“Ma è una cosa da barbari!” esclamò Sakura allibita.
“Lo so”.
“Rock Lee sembra aver perso la palla,” proseguì Suigetsu. “Lancio lungo per Kankuro che rimane scoperto avanti ed è touchdown per la Kunai”.
Sakura si voltò in direzione di Rock Lee, rimasto paralizzato sul posto, incapace di proseguire.
“Rock Lee” urlò Sakura nella sua direzione.
Rock Lee si riscosse e si voltò in direzione del suo capitano e quarterback.
“Non avere paura, noi siamo qui con te!” gli ricordò Sakura.
“Sasuke!” urlò Naruto.
Sakura voleva voltarsi in direzione del biondo ma prima che potesse anche solo rendersi conto della situazione venne placcata, perdendo dodici yard guadagnate pochi minuti prima.
In quell’esatto momento gli occhi scuri di una Sakura a terra incontrarono quelli chiari e sconvolti di un Sasuke che era appena comparso a lato degli spalti. Il ragazzo nei suoi panni, la guardò tra l’afflitto e il dolorante.
Sakura si rialzò leggermente intontita. “Amico, te la sei presa con la ragazza sbagliata” ringhiò poi a denti stretti in direzione del numero 92, Kankuro, che l’aveva appena tramortita.
Sasuke raggiunse gli spalti senza mai perdere di vista la partita. Solo allora individuò tra il pubblico suo fratello Itachi, insieme ai suoi amici: Hidan, Kisame, Konan, Deidara e, accompagnato da quello che si poteva definire un sospiro scocciato, Sasori. Che diamine ci facevano tutti lì?
“Posso sedermi?” si annunciò Sasuke, deciso ad andare in fondo alla questione.
“Certo, Sakura” disse Itachi, facendogli posto. A qualche posto di distanza Sasori lo scrutò incuriosito.
“Che ci fai qui?” domandò Sasuke senza troppe cerimonie, e fregandosene del fatto che nel corpo di Sakura, non poteva certo appellarsi a suo fratello in quel modo.
Com’era prevedibile, Itachi si voltò stupito e così anche Sasori, colpito da quel tono tagliente.
“Sono qui per fare il tifo per mio fratello,” rispose Itachi dopo una manciata di secondi. Il suo tono era calmo. “Tu, piuttosto, Sakura… Non ti facevo una fan di football” commentò.
“Già… Stiamo andando piuttosto maluccio” commentò Sasuke, puntando lo sguardo in campo in direzione di Sakura.
Sakura aveva indietreggiato.
“No, così sei prevedibile, stupida” sussurrò a denti stretti Sasuke. Itachi sentendolo, lo guardò stranito ma divertito.
Fu allora che Sasuke vide qualcosa di straordinario. Sakura si era abbassata e aveva preso a correre. Gaara e gli altri della Kunai erano scattati verso Rock Lee e Neji convinti del passaggio di palla. Sakura corse a perdifiato e si lanciò oltre la linea, riuscendo a fare touchdown.
“Ed è touchdown per la Shuriken grazie alla splendida azione del quarterback Sasuke Uchiha!”
Alla ripresa dell’azione, Gaara era pronto a placcare Sasuke, o meglio Sakura, ma Naruto contro ogni aspettativa tirò un calcio lungo e la palla andò oltre la porta.
“E il calcio è buono!” urlò Suigetsu, decretando un punteggio di 10-14 per la Kunai.
“Ci siamo amici,” proseguì Karin. “Cinque secondi alla fine! C’è il tempo per l’ultimo gioco che deciderà il destino della Shuriken!”
Sakura si posizionò dietro Naruto. “Pronto!” urlò.
Naruto passò la palla e tutto intorno a Sakura prese a rallentare.
C’era solo lei, il campo e la linea dell’ultima yard da raggiungere.
Di nuovo corse in avanti, schivando, saltando ed evitando ogni persona della squadra avversaria.
Non si poteva voltare ma sentì in modo chiaro Gaara venir placcato da Naruto.
Fu allora che oltrepassata la linea, buttò la palla per terra e gli spalti esplosero.
“Ed è touchdown! TOUCHDOWN, AMICI!” urlò Suigetsu dal microfono. “La Shuriken vince la partita all’ultimo gioco!”
“Sì!” urlò Sasuke dagli spalti a pieni polmoni insieme a suo fratello Itachi.
“Tutto merito di Sasuke Uchiha!” continuò Karin con la telecronaca. “Che effettua il suo primo touchdown in corsa per questa stagione!”
“Seriamente?” pensò Sakura in campo in preda all’euforia per poi essere lanciata in aria da tutti i suoi compagni di squadra.
“Non ci credo” esalò ancora una volta Sasuke dagli spalti, guardando la sua controparte fisica in campo.
Itachi si voltò nella sua direzione. “Si può sapere che diamine stai aspettando?” domandò. “Corri da lui”.
Sasuke lo guardò frastornato per poi annuire in preda all’emozione e scendere giù per la scaletta.
 
[…]
 
Sakura venne trasportata lungo i corridoi della scuola, in un clima di euforia, estasi e vittoria.
“Sasuke sei stato un grande!” urlò Kiba.
“Sasuke amico, sei il migliore!” lo affiancò Naruto.
“Grazie ragazzi” esordì Sakura, incitando Shikamaru e Rock Lee di farlo scendere dalle loro spalle.
Tra fischi, schiamazzi e urla, qualcuno picchiettò la sua spalla.
Sakura si voltò ritrovandosi davanti un signore dai lunghi capelli bianchi e la fascia sulla fronte.
“Bella partita ragazzo,” iniziò l’altro, porgendogli la mano da stringere. “Hai mai pensato di andare al college?” domandò con un sorriso a trentadue denti.
“Certo, è tutta la vita che sogno di andare a studiare medicina alla Kohona Health and Life” biascicò ancora euforica, dimenticandosi di essere nel corpo di Sasuke.
Il signore scoppiò in una fragorosa risata. “Ragazzo sei divertente!” disse per poi mettersi la mano in tasca e frugare alla ricerca di qualcosa. “Non siamo l’università di medicina di Konoha, ma sono sicuro ti piaceremo lo stesso”.
“La ringrazio moltissimo” disse Sakura, prendendo il biglietto per poi incamminarsi in direzione della scalinata di accesso agli spalti dove aveva appena intravisto Sasuke.
Il suo corpo le venne incontro con un sorriso entusiasta e orgoglioso stampato in faccia. “Ce l’hai fatta! Sei stata grande!” esordì Sasuke con voce acuta e fiera.
“Grazie! Hai visto che touchdown? Li abbiamo fatti a pezzi!” commentò Sakura in visibilio. “Avevi ragione, sai?” continuò in preda all’euforia. “Non è solo calciare una palla! Giocare è da delirio! Senti l’adrenalina a mille, la folla che impazzisce per te e…”
Poi d’improvviso, guardando il suo corpo piegato in una smorfia che sapeva di attesa, qualcosa dentro il suo cervello si illuminò. “O mio dio, il test… Me ne ero completamente dimenticata” sussurrò con un filo di voce. “Com’è stato?”
Sasuke si schiarì la gola. “Le sapevo quasi tutte, certo un po’ di indecisione su un paio ma… ho fatto del mio meglio” concluse.
Sakura distese un sorriso. “Sono certa che sia così. Sarai stato sicuramente all’altezza. Inoltre, se le cose non dovessero tornare come prima… Beh… dovrebbero considerarsi molto fortunati ad avere qualcuno come te”.
Il cuore di Sasuke cominciò a battere un po’ più forte. “Lo stesso. E sai… Se fossi costretto a passare la vita nel corpo di un’altra persona… Sarei onorato se fossi tu”.
Sakura si sentì mancare il respiro. “Lo stesso… Palla al centro”.
“Grazie” sussurrò Sasuke.
“Grazie a te” rispose Sakura.
 
Avvenne tutto nel giro di pochi secondi.
Improvvisamente avvertirono un forte mal di testa e la sensazione di non avere più la terra sotto i piedi. Poi, all’improvviso una specie di scossa attraversò velocemente i loro corpi e li fece barcollare per qualche millesimo di secondo. Le punta delle dita prudevano di uno strano formicolio e qualcosa dentro la loro testa scattò come un interruttore.
Sakura era ritornata nel suo corpo minuto e femminile.
E Sasuke era ritornato nel suo corpo virile e maschile.
Non ebbero nemmeno il tempo di realizzare quanto accaduto che il resto della Shuriken, insieme alle cheerleader e agli altri studenti invasero il corridoio e raggiunsero la figura di Sasuke.
“Eccolo lì!” esclamò Naruto, correndo incontro a lui insieme a Kiba e Rock Lee che lo presero di nuovo sulle spalle.
“Ragazzi…” sussurrò Sasuke esterrefatto. “Sono tornato!” esclamò, non credendo a quello che stava accadendo per poi voltarsi velocemente in direzione di Sakura che si stava toccando viso e corpo incredula come lui.
Nemmeno il tempo di dire una parola che Ino era piombata davanti a lui, l’aveva abbracciato e gli aveva stampato un bacio sulle labbra.
Fu in quel momento che Sakura comprese di essere tornata nel suo corpo. Il respiro le si era fermato in gola, i grandi occhi verdi avevano preso a pizzicarle fastidiosamente e il suo cuore si sbriciolò di nuovo in mille pezzi.
 
[…]
 
Sakura aveva evitato Sasuke per tutta la mattina del giorno successivo, fingendo di non essere in casa. Aveva chiuso la tapparella della finestra ed era rimasta a letto immobile, aspettando che lui smettesse di citofonarle, bussare alla porta e se ne andasse.
Lo stesso era accaduto nel pomeriggio al negozio.
Si era nascosta in magazzino quando aveva intravisto Sasuke dalla vetrina, intento a cercare un dialogo con lei.
Per fortuna, la signora Chiyo era venuta in suo aiuto.
“Mi dispiace Sasuke ma lei non ti vuole vedere” aveva esordito con tono duro e fermo.
“Io devo assolutamente parlarle, è urgente” aveva detto l’Uchiha, tentando di mettere piede dentro al negozio e scavalcare la nonnina ma la presenza di un ragazzo dai capelli rossi lo aveva arrestato sulla soglia del negozio.
“Non hai sentito cosa ha detto mia nonna? Sakura non ti vuole vedere”.
La bile alla bocca dello stomaco di Sasuke ribollì di rabbia. “Non vedevi l’ora di cacciarmi, vero?” domandò con un sorriso tra il beffardo e l’astio.
“Non mi dispiace devo dire,” confessò il ragazzo con tono quasi compiaciuto. “E ora fuori di qui”.
Sasuke lo aveva trucidato con il suo miglior sguardo omicida e se n’era andato, ferito nell’orgoglio.
Solo quando fu certa che il corvino si fosse dileguato, Sakura era uscita dal suo nascondiglio, piena di sensi di colpa. “Mi dispiace tanto”.
“Non ti preoccupare, cara” l’aveva rassicurata la vecchia Chiyo. “Ma sei proprio sicura di non volerci parlare? Sembrava davvero dispiaciuto”.
Sakura aveva sospirato e aveva scosso la testa, sebbene il debole sorriso steso sul suo viso volesse indicare alla cara Chiyo di non preoccuparsi.
“Senti Sakura,” esordì Sasori. “Che ne dici di uscire domani?” domandò, prendendola completamente in contropiede. “In fondo mi devi un appuntamento, giusto?”
Sakura fu attraversata da una moltitudine di pensieri. Da un lato si sentiva a pezzi e non era nelle condizioni di uscire per un appuntamento, dall’altro però si sentiva patetica a stare così per l’ennesima volta per quello stronzo di Sasuke. Non ci voleva più pensare. Inoltre, una promessa era una promessa.
“Va bene, Sasori”.

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Capitolo 12
*** La risoluzione di lui e la consapevolezza di lei ***


 
12. La risoluzione di lui e la consapevolezza di lei

 

Il giorno dopo Sakura si svegliò con un leggero mal di testa, si alzò e si avviò verso il bagno dove riflessa nello specchio vide la sua fronte ampia, i suoi capelli rosa e i suoi grandi occhi verdi, gonfi e leggermente arrossati.

Si sentiva strana ora ogni volta che incrociava il suo riflesso, quasi si aspettasse di vedere di nuovo i capelli e gli occhi corvini di quel ragazzo che ancora una volta gli aveva spezzato il cuore e che non ne voleva sapere di uscire dalla sua testa.

Era una giornata afosa e il pensiero del viso di Sasuke le metteva ancora più caldo. 

“Basta Sakura!” si disse con tono rabbioso. “Oggi devi pensare solo al tuo appuntamento, hai capito?” puntò il dito in direzione dello specchio.

Niente da fare. Nemmeno con le migliori intenzioni riusciva a convincersi.

“Sono penosa” sospirò afflitta.
 

[...]
 

L’appuntamento procedeva senza intoppi. I due ragazzi avevano fatto un giro in centro prima di andare a mangiare velocemente qualcosa e recarsi nel pomeriggio alla mostra d’arte di cui avevano parlato settimane addietro in negozio.

Sakura non poté fare a meno di pensare che Sasori fosse perfetto. Oltre ad essere bello ed intelligente, era dolce, gentile e affabile. Eppure, sentiva che qualcosa non andava. Sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

“Sakura”.

Sakura si fermò a pochi passi da lui, leggermente titubante. Il tono di Sasori era stato fermo e deciso.

“Sì?” domandò senza voltarsi.

“Io ti piaccio?”

La domanda fu così inaspettata che Sakura non poté fare a meno di sbattere velocemente gli occhi prima di voltarsi sbigottita.

“Allora?” domandò di nuovo Sasori e Sakura si risvegliò da chissà quale ipnosi prendendo ad arrossire leggermente in un misto di imbarazzo e nervosismo.

“Bè ecco… Io…” balbettò nervosa. 

“Perché fino a qualche tempo fa ero sicuro di piacerti…” affermò Sasori cauto. “Ma adesso sembra che non sia più così”.

“Quindi tu lo sapevi?” domandò Sakura incredula.

Sasori sorrise. “Non prenderla male ma sei una ragazza abbastanza trasparente quando si tratta di emozioni”.

“Perfetto” sospirò Sakura completamente rassegnata, lasciandosi cadere sulla panca al centro della sala. 

Sasori la raggiunse prendendo posto accanto a lei. 

“Fino a qualche anno fa riuscivo a stento a balbettare un saluto nei tuoi confronti…” disse Sakura. “Ma ora…”

“Ma ora non provi più niente per me” concluse Sasori.

“Non dire così!” esclamò Sakura alzandosi di scatto. “Tu sei stato il primo ragazzo che mi sia mai piaciuto veramente e hai significato più di quanto puoi immaginare!” quasi urlò, attirando l’attenzione degli altri visitatori intorno a loro.

Sakura si guardò leggermente intorno imbarazzata e tornò a sedersi vicino al rosso.

“Cos’è cambiato?” domandò Sasori.

“Per quanto lo avessi voluto… Ho realizzato che non eri tu a farmi arrabbiare costantemente. Non eri tu a prendermi in giro e poi a scusarti in modo inaspettatamente dolce. Non eri tu a… farmi battere il cuore ogni giorno, di ogni minuto, di ogni secondo”.

“Provo a indovinare… Si tratta per caso di un pomposo arrogante corvino dagli occhi scuri?” domandò il rosso con un sorriso disteso.

“Sei davvero perspicace” concluse Sakura, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e portandosi le mani al viso. 

“Ma scusa, se ti manca… perché non glielo dici e basta?” domandò Sasori con una scrollata di spalle.

“A che servirebbe? Lui è tornato da Ino”.

“E quindi?”

“No, non posso”.

“Perché?”

“Se non fosse vero, non avrei perso nessuno,” disse piano. “Ma se ammettessi che è tutto vero e lui comunque non mi volesse?” domandò piano Sakura.

“Almeno lo sapresti. Ci metterai una pietra sopra e potrai andare avanti con la tua vita. Non puoi continuare a vivere la tua vita nascondendo quello che provi per paura di essere ferita. Se provi qualcosa per qualcuno, lo devi dire”.

Sakura si voltò stupita. “Wow” disse solamente.

“So che quello che è successo con tuo padre ti ha cambiata profondamente ma non tutti quelli a cui vuoi bene ti abbandoneranno. Sei abbastanza forte per sopportare il dolore e andare avanti per la tua strada”.

Sakura non sapeva cosa dire.

“E non credo che Sasuke faccia davvero sul serio con Ino. Altrimenti perché ti sarebbe venuto a cercare in negozio e a casa se non gliene importasse nulla di te?”

“Perché mi stai dicendo queste cose Sasori?”

“Perché ti voglio bene, non è ovvio?”

Sakura distese un sorriso. “Immagino tu mi abbia sempre visto come una sorella o simile”.

Sasori non rispose.

“Sai… In tutti questi anni… Credo che tu mi abbia aiutato a superare l’abbandono di mio padre”.

Sasori la guardò stupito. “L’ho fatto? Come?”

“Eri… il mio sogno”.

Sasori non disse nulla.

“Ora devo andare” annunciò Sakura. “Grazie Sasori”.

“Di nulla” rispose lui con il solito sorriso disteso, vedendola allontanarsi.
 

[...]
 

Sakura corse fuori dall’edificio. Il cielo era limpido e il sole emanava un calore tenue.

Si sentiva leggera e stranamente sollevata. Era riuscita a venire a patti con tante questioni irrisolte e dentro di sé qualcosa le diceva che le cose sarebbero potute andare nel verso giusto.

Un trillo la riscosse da quei pensieri. Sakura afferrò il cellulare dalla tasca ma alla vista del numero, il suo viso sbiancò di colpo. 

“Pronto?”

“Ciao Sakura”.

“Dottoressa Senju, perché mi sta chiamando? Mia madre si è aggravata?” domandò Sakura mentre il cuore prendeva a martellarle nel petto. 

“No Sakura, stai tranquilla… Ti chiamo per dirti che finalmente la operiamo”.

“C-come la operate?” domandò la ragazza, credendo di aver sentito male. “M-ma non può essere… I soldi dell’intervento…” balbettò confusa.

“Questa mattina è arrivata una donazione anonima. Ti chiamo solo per chiederti ufficialmente il consenso e venirlo a firmare. Ma non sei contenta? Finalmente la fortuna sembra essere dalla vostra parte! Sbrigati e vieni subito in ospedale”. 

Una donazione anonima?

“C-certo, arrivo immediatamente” disse, chiudendo la chiamata e correndo in direzione dell’ospedale.
 

[...]
 

“Sei proprio un ipocrita”.

“E tu un impiccione” ribatté Sasori in risposta a quel commento dalla voce familiare.

Itachi sbucò da dietro il muro, raggiungendo l’amico seduto al bancone del bar. “Quindi, ti eri accorto della mia presenza?” domandò il moro sorpreso.

“Non sei proprio uno che si confonde nella folla”.

Itachi prese poco accanto a lui.

“Facile dire a una persona di non nascondere i suoi sentimenti quando tu sei il primo a farlo. Perché non le hai detto che ti piace?” continuò il moro.

“Mi hai detto di non ostacolarli e l’ho spinta tra le braccia di quell’idiota di tuo fratello come mi avevi detto di fare. Mi spieghi adesso dove sta il problema?” ribatté Sasori piccato.

“Sarebbe comunque tornata da mio fratello, quei due sono disperatamente innamorati l’uno dell’altro e avevano bisogno di una spinta perché allo stesso tempo sono anche uno più orgoglioso dell’altro. Tuttavia, questo non risponde al perché tu non ti sia confessato” osservò.

Sasori sospirò per poi scolarsi tutto il Montenegro che aveva nel bicchiere. “Avevo notato che Sakura avesse una cotta per me. Una cotta che io inizialmente non corrispondevo…”

“Ma?” domandò l’Uchiha a braccia conserte.

“Non lo so,” disse. “Le cose sono cambiate quando, bè…”

Oh,” disse piano Itachi. “Sono cambiate quando ha smesso di guardarti in quel modo”.

“Già”.

Itachi scoppiò in una risata attirando l’attenzione di tutto il locale. Sasori lo guardò allibito. Itachi rideva di rado.

“Non so se tu sia brillante o solo molto arrogante” commentò il moro divertito.

“Immagino sia il prezzo da pagare per essere un grande artista” realizzò Sasori con un sorriso disteso.

“Non provi nemmeno a negarlo?”

“Dai offrimi da bere e chiudi il becco”.
 

[...]
 

Era ormai sera. Sakura camminava incredula per le vie insolitamente affollate di Konoha. 

In ospedale aveva firmato tutte le carte e i moduli per dare avvio all’intervento che sarebbe stato effettuato il giorno dopo ma ancora non riusciva a crederci. 

“Questa mattina è arrivata una donazione anonima”.

Le parole della dottoressa Senju le rimbombavano in testa. Chi poteva essere la persona misteriosa ad aver fatto quella donazione? Più ci pensava e più il suo cervello andava in confusione.

“Chissà perché Sasori mi ha chiesto di passare in negozio…” borbottò poi tra sé e sé mentre visualizzava l’ultimo messaggio ricevuto.

Poi, all’improvviso la sua mente già affollata di pensieri, tornò ad un’unica persona.

Ormai non poteva più controllare quello che sentiva. Non poteva più fare finta di niente.

Era innamorata di Sasuke.

E doveva confessargli i suoi sentimenti.

Almeno per fare i conti con la verità e poter andare avanti con la sua vita.

“Permesso?” disse Sakura, entrando piano dentro il negozio. “Signora Chiyo?”

Nessuna risposta.

“Signora Chiyo? C’è nessuno?” domandò di nuovo Sakura, dirigendosi verso il retro del negozio.

Stava quasi per rassegnarsi quando d’un tratto rimase colpita da un brillio.

Al centro del magazzino c’era un lungo vestito argentato. Un vero incanto.

“Wow” sussurrò Sakura estasiata, toccandolo appena.

“Sono contenta che ti piaccia” esordì la signora Chiyo alle sue spalle. Sakura si voltò di scatto per la sorpresa per poi riprendere a guardare il vestito.

“Come potrebbe non piacermi? È semplicemente stupendo”.

“Perfetto. Perché sai, quello è tuo”.

Sakura pensò di non aver sentito bene. “Come?”

È tuo” confermò la vecchia Chiyo. “Per il ballo di stasera”.

La parola ‘ballo’ balenò nella testa di Sakura per un lasso di tempo indefinito.

“Ma io non vado al ball-”

“Forza sbrigati cara! Devi indossarlo!” s’affrettò a dire la vecchia Chiyo senza ascoltarla.

“Ma signora Chiyo… Io non vado al ballo…” provò di nuovo a dire Sakura ma fu tutto inutile.

La vecchia Chiyo la spinse dentro il bagno insieme al vestito e per Sakura non rimasero tante alternative.
 

[...]
 

“Sasuke, forza!” strillò Ino, richiamando il corvino. “Forza aggiustati la camicia che dobbiamo fare una foto come re e regina”.

“Guarda che Ino non ti hanno ancora eletta” osservò Temari a braccia conserte.

“Ma è ovvio che mi eleggeranno. Chi vuoi possa competere con me?”

Temari e Tenten sospirarono. “Ricordami perché siamo sue amiche?” domandò Temari alla castana accanto a lei.

“Non lo siamo” precisò Tenten.

“Oh, hai ragione” annuì Temari, avviandosi in compagnia della castana verso il tavolo dei drink.

“Sasuke insomma sistemati, ci sono i fotografi stasera” gracchiò di nuovo Ino, avviandosi verso il bagno.

“Dov’è andata Ino?” domandò Shikamaru avvicinandosi all’amico.

“Sarà andata a incipriarsi il naso” sbuffò Sasuke.

“Te lo dico, amico. Non so come tu possa sopportarla,” si lamentò Naruto comparso al suo fianco. “Ti comanda a bacchetta da quando siamo arrivati”. 

“Ragazzi, ragazzi, ragazzi!” arrivò trafelato Kiba dai ragazzi. “Non potete immaginare chi ho appena visto fuori di qui! C’è la secchiona in compagnia di un ragazzo niente male, ma non è questo il punto. Lei è un vero schianto!” esclamò eccitato.

Sasuke drizzò le orecchie e voltò lo sguardo in direzione di Kiba che alla sua reazione si era già pentito di aver urlato quello che pensava.

“Chi è il ragazzo?” domandò Shikamaru.

“Non lo so, un ragazzo dai capelli rossi”.

Naruto scosse la testa.

La mente di Sasuke prese a vorticare freneticamente. Sakura era al ballo. Sakura era al ballo e non era sola. Era in compagnia di Sasori.

Una morsa cominciò a stringergli il petto mentre la gelosia prendeva a rodergli le budella fino alle ossa.

“Sasuke…” provò a dire piano Naruto ma niente da fare. Il corvino era già partito in direzione dell’uscita diretto ad affrontare i due piccioncini.



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Note autrice

Questo è un capitolo di transizione per il gran finale! Sono sempre occupatissima e quindi aggiorno dopo secoli, ma ci provo sempre ♥

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Capitolo 13
*** L'amore di lei e l'amore di lui ***


 
13. L'amore di lei e l'amore di lui


“Sasori non so che dire…” borbottò Sakura nel suo vestito argentato. “Grazie per questo vestito, per avermi accompagnato… Insomma grazie per tutto”.

“Grazie a te,” ricambiò Sasori. “Ora so di aver talento pure per la moda,” confermò ammirando la ragazza. “Anche se devo ammettere che gran parte del merito è della modella”.

Sakura si strinse nelle spalle imbarazzata. “La smetti di dire stupidaggini?” si lamentò per poi guardarsi incerta. “Sei certo che così andrò bene?”

Sasori ghignò divertito. “Sono serio Sakura. Stenderai tutti stasera”.

Sakura sospirò. Non le interessava fare colpo su qualcuno. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era a cosa avrebbe potuto pensare Sasuke vedendola.

“Se stai pensando a cosa penserà Sasuke vedendoti, chiediglielo. Sta venendo da questa parte” gli sussurrò Sasori, avvicinatosi tutto d’un tratto a pochi centimetri dal suo orecchio.

“C-cosa?” balbettò Sakura, voltandosi di scatto e trovandosi un Sasuke che camminava dritto verso di loro.

Dall’altra parte Sasuke aveva appena visto, a sua detta, quell’idiota di Sasori allontanarsi lentamente dall’orecchio di Sakura, e si sentì come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno alla bocca dello stomaco, facendogli mozzare il fiato. Sentiva gli occhi pizzicare e tutti i muscoli del viso sembravano bloccati in una paresi facciale. Doveva sembrare un pazzo visto da fuori ma poco gli importava. 

Senza nessun controllo di sé, s’avvicinò a grandi falcate alle due figure oggetto della sua frustrazione e della sua rabbia.

“Sono giorni che cerco di parlarti” esordì il moro tutto d’un fiato con un moto di irritazione.

“Sasuke…” sussurrò Sakura senza fiato. Averlo lì a meno di un metro, le faceva andare il cervello in pappa.

“Ma a quanto pare eri troppo occupata a passare il tempo ritrovato con il bell’artista” agitò la mano in direzione di Sasori che dal canto suo cominciava a sentirsi decisamente di troppo.

Sakura a quelle parole si riscosse per poi esplodere. “Senti chi parla! Non hai esitato un attimo a tornare da quell’ochetta bionda di Ino! Come ti permetti di giudicarmi?” 

“Ragazzi…” sospirò Sasori.

“Non è stata una mia decisione, mi si è avventata addosso! Non mi è mai interessato stare con Ino, io sono sempre stato innamorato di te ma non mi hai lasciato il tempo di spiegarti un cazzo che ti sei subito fatta consolare come si deve. Dai, illuminami! Com’è andato il vostro appuntamento? Sono proprio curioso!”

“Sei proprio un idiota. Io non mi sono fatta consolare proprio da nessuno. Tra me e Sasori non c’è niente. Perché indovina un po’? Sono innamorata di uno stupido pomposo arrogante come te!”

“Ragazzi…” ripeté di nuovo Sasori con tono più alto e fermo.

“Che c’è?!” urlarono i due all’unisono in direzione del rosso.

Sasori alzò un sopracciglio basito mentre le sue braccia rimanevano a mezz’aria in attesa che le due figure davanti a lui ci arrivassero prima o poi, sperando più nel prima che nel poi.

Calò un silenzio surreale a seguito delle loro urla rabbiose. Pochi attimi dopo qualcosa scattò nella testa di entrambi. Sakura si ritrasse in sé stessa e si spalmò le mani sul viso. Dal canto suo Sasuke aveva leggermente schioccato la bocca e il suo viso si era tinto di mille sfumature di rosso.

“Direi che ci siete arrivati. Non avete più bisogno del sottoscritto…” concluse Sasori con un ghigno per poi indietreggiare lentamente. “Buona serata” disse con tono divertito alzando la mano in un gesto di saluto. 

Lasciati soli, i due si guardarono più volte di sottecchi aspettando rispettivamente un gesto o una parola da parte dell’altro.

“Senti…” cominciò Sakura.

“Ascolta…” disse Sasuke.

“Oh, scusami…”

“No, scusami tu, cosa volevi dire?”

“E-eri…” balbettò Sakura. Sentiva il cuore battergli così forte nel petto che temette potesse esplodere da un momento all’altro. “Eri sincero, prima? Davvero… Davvero sei sempre stato innamorato di me?” domandò tutto d’un fiato.

Sasuke si sentì morire. Perché doveva sempre essere così maledettamente diretta? Un aspetto del suo carattere che odiava ma che allo stesso tempo amava da impazzire. 

“Sì. Sono innamorato di te praticamente da sempre” esalò infine Sasuke dopo attimi che erano parsi interminabili tra l’imbarazzo e il sollievo.

Le gote di Sakura si fecero ancora più rosse. “Non… non ti credo!” balbettò.

Sasuke strabuzzò gli occhi. “Come non mi credi?” 

“Cosa vuol dire da sempre? Non hai fatto altro che infastidirmi ai limiti del bullismo fin dall’inizio delle superiori. Non ti credo quando dici che sei innamorato di me da sempre!”

Questa doveva essere uscita fuori dalla sua parte più logica, ottusa e assurdamente petulante. 

Non poteva esserci altra spiegazione. Almeno quello fu il riassunto delle mille espressioni che passarono sul volto attonito e a tratti allibito di Sasuke Uchiha. Sasuke sospirò. Se non credeva alle sue parole glielo avrebbe dimostrato con i gesti.

“Quindi non mi credi?” sussurrò lui, avvicinandosi piano a lei.

Sakura non si mosse. I suoi occhi verde smeraldo si incatenarono a quelli scuri di lui. Sentiva lo stomaco attorcigliarsi e il cuore battere al ritmo di una fortissima tachicardia da farle male. Come poteva fargli quell’effetto? Come aveva potuto credere che quello che provava per Sasori potesse essere anche solo paragonabile a quel turbinio di emozioni che metteva sottosopra la sua mente e la sua anima.

“No…” sospirò quando sentì la mano di lui sul suo fianco.

A quel sospiro Sasuke dovette chiudere gli occhi e inspirare profondamente. Voleva disperatamente baciarla e sentire la sua pelle morbida a contatto con la sua. 

“E invece…” sussurrò lui a pochi centimetri dal suo viso. “Sono così pazzo di te da non sapere quello che sto facendo”.

Sakura era rimasta scioccata a quelle parole. Talmente scioccata che inaspettatamente, contro ogni previsione di Sasuke, si avvicinò velocemente a quest’ultimo e gli schioccò un piccolo bacio sulle labbra.

Sasuke era rimasto immobile come una statua e la guardava attonito.

Come presa da una scossa, Sakura scattò e si portò le mani al viso. “Oddio…” sussurrò a occhi sbarrati. 

Sasuke si riprese leggermente e schioccò la bocca divertito. “Perché sei così sconvolta dopo avermi dato un bacio?”

Sakura cominciò ad agitarsi. “I-io… E-ecco…”

Era nel panico e tentò di allontanarsi. Ma la presa stretta di Sasuke intorno al suo fianco glielo impedì. Sasuke la sentiva tremare da testa a piedi.

“Non scappare”.

Fu allora che Sasuke si avvicinò piano a lei e chinando la testa, finalmente la baciò.

Sakura sentì le sue labbra cedere e si abbandonò a lui, aggrappandosi alla sua camicia e sentendo una disperata sensazione di volerlo sempre più vicino.

Quando sentì Sakura abbandonarsi a lui, Sasuke la strinse più vicino a sé mentre qualcosa dentro di lui cominciò a bruciare. L’aveva aspettata per anni, l’aveva desiderata come mai non aveva desiderato nessun altro e adesso niente e nessuno gliel’avrebbe portata via.

Non fece tempo nemmeno a finire questo pensiero che l’urlo stridulo di Ino li costrinse a staccarsi a malincuore l’uno dall’altro. Sasuke sospirò irritato.

Ino, Naruto, Hinata e tutta la combricola, a seguito di molti altri studenti si erano radunati lì fuori e li avevano beccati sbaciucchiarsi.

“Scusate, non… Non volevamo disturbarvi ma…” cominciò Naruto imbarazzato. “Sasuke sei stato eletto re del ballo” ridacchiò divertito. Hinata al suo fianco sorrideva emozionata.

“E sai quanto me ne frega?” rispose Sasuke con tono scocciato. Poi rivolse uno sguardo rapido a Sakura che stringeva ancora per i fianchi. Si stava coprendo il viso con le mani e balbettava qualcosa d’indefinito presa dall’imbarazzo. Era adorabile.

“Lasciatelo dire Haruno, sei uno schianto. Sicura di voler stare con quell’imbecille di Sasuke?” ridacchiò Kiba divertito.

Preso da un motto di frustrazione e gelosia, Sasuke si guardò intorno. “Shikamaru, quella è la mia giacca? Tiramela” gli ordinò. Il ragazzo obbedì. 

Senza perdere tempo Sasuke avvolse la rosa nella sua giacca e la sollecitò per un fianco.

“Ce ne andiamo?” le disse piano, per poi staccare la mano dal fianco di lei e prenderla per mano.

“Direi di sì” sorrise lei tra l’imbarazzo e l’emozione, afferrando la sua stretta e allontanandosi in direzione della macchina mano nella mano.

Tutti sorrisero emozionati per poi fare dietrofront e tornare al ballo.

“Ehi!” gracchiò Ino. “Ma non può andarsene così! Sono io la reginetta del ballo!”

“Non importa niente a nessuno Ino” brontolò Naruto, allungando un braccio sulle spalle di Hinata che gli tirò un gomito a quella affermazione.

“Vedila in modo positivo, almeno non sei stata scaricata davanti a tutta la scuola” disse Kiba con un’alzata di spalle.

“No, solo la metà” precisò con sarcasmo Shikamaru al suo fianco.

“Dai, Ino! Vieni” sospirò Temari mossa da un sentimento di compassione.

Fu allora che la bionda presa da un impeto di insoddisfazione, tirò un altro urlo di frustrazione.


[...]
 

Chiunque li avesse visti da fuori avrebbe pensato che stessero per morire per dispnea dato che si stavano baciando da qualcosa come venti minuti.

“Sasuke…” sospirò Sakura annaspando in cerca di aria.

“Uhmm” continuò lui, non staccandosi da lei.

“Dai Sasuke, fammi parlare” ridacchiò lei.

“Scusami ma sei…” il moro la guardò, accarezzandole piano la guancia. “bellissima”.

Sakura abbassò leggermente lo sguardo imbarazzata. “Dicevo, oggi sono andata in ospedale e…”

“Giusto, tua madre! Come sta? È pronta per l’intervento?” domandò Sasuke serio.

Sakura lo guardò sorpresa. “Tu come fai a sapere che domani si opera”.

Il moro strabuzzò gli occhi. “Ah, ecco…”

“Un momento…” disse piano la ragazza spostando lo sguardo in un punto imprecisato della camicia di Sasuke per poi tornare a guardarlo dritto negli occhi. “Sei stato tu Sasuke?”

Messo a spalle al muro, il moro sospirò per poi annuire.

“Sì…” disse dopo un tempo che era parso indefinito. “Sono stato io”.

Sakura era sconvolta. “C-come hai fatto? L’intervento costava tantissimo e… e…” 

“Non vorrei sembrare uno sbruffone ma Sakura… sono ricco”.

Sakura era come paralizzata.

“Non avrei dovuto…? Sakura ti prego, dì qualcosa” domandò Sasuke con tono leggermente titubante.

Fu allora che il moro notò gli occhi verdi della ragazza lucidi. Una lacrima solitaria solcò la sua guancia destra. “Questa è in assoluto la cosa più dolce e allo stesso incredibile che qualcuno abbia mai fatto per me” disse la ragazza guardando il ragazzo di fronte a sé che le teneva le mani.

In un slancio delicato, Sakura azzerrò di nuovo la loro distanza. 

Le sue lacrime si mischiarono alle loro labbra in un bacio lento, umido ma allo stesso tempo caldo e pieno di amore. Senza accorgersene erano tornati avvinghiati l’uno all’altro in un disperato tentativo di sentirsi sempre più vicini. Non sembrava mai abbastanza.

“Sono abbastanza sicuro di non aver visto questo vestito nel tuo armadio” sussurrò con voce roca il moro, annaspando tra i mille baci che le stava dando. Aveva constatato fosse bellissima quando lui nel suo corpo indossava la sua maglia e i suoi pantaloni da jogging ma così era qualcosa di non descrivibile a parole. Come se non bastasse quello spacco laterale lungo tutta la gamba destra e lo scollo a barca che le lasciava le spalle nude, lo distraevano troppo e, secondo anche quanto detto da Kiba, avrebbe distratto chiunque l’avesse guardata, procurandogli un malcelato fastidio.

“Ti piace? Me lo ha comprato Sasori” disse lei continuando a baciarlo, ignara di aver detto qualcosa che non avrebbe mai dovuto dire davanti a quel turbinio di pensieri che stava affliggendo il moro.

“Cosa vuol dire che te lo ha comprato Sasori?” domandò infastidito Sasuke, staccandosi immediatamente da lei. 

“Mi ha detto di passare in negozio e sua nonna me lo ha dato, informandomi che era stato lui a comprarlo e di mettermelo per il ballo di stasera”.

Pur essendo uno schianto in quel vestito, non sopportava che fosse stato lui a comprarglielo. L’idea che Sasori avesse anche solo immaginato come le sarebbe stato quando glielo aveva comprato, gli mandava il sangue al cervello. Il maledetto se l’era immaginata in quegli abiti e chissà cos’altro.

“Toglitelo” disse fermo il moro per poi allungare una mano sulla prima spallina.

“Ma che ti prende?” domandò lei scioccata.

“Non ti vergognerai spero” domandò lui, "Ti ricordo che ci siamo scambiati di corpo, ti ho già vista senza vestiti.

"Non è lo stesso!" esclamò lei imbarazzata. "Ma che ti prende?"

“Non mi piace che sia stato lui a comprartelo”.

“Ma se prima hai detto che sono bellissima”.

“Sì ma…”

“Oh…” esalò poi Sakura e Sasuke sapeva già cosa stava per dire. “Sei geloso, per caso?” domandò poi lei divertita.
 

Sasuke era visibilmente irritato ma non si tirò indietro davanti a quella provocazione. “Sì, sono geloso da morire”.

In quel momento Sakura sarebbe potuta esplodere come una pentola a pressione. Si aspettava tutto tranne che quella dichiarazione così diretta. Aveva immaginato che lui si sarebbe tirato indietro e che negasse fino alla morte, magari punzecchiandola, come aveva fatto negli ultimi anni, ma Sasuke si riavvicinò piano a lei.

“Sono un uomo possessivo e assurdamente geloso. Spero che questo non sia un problema”.

“N-no…” balbettò lei presa completamente in contropiede.

“Quindi non ti dispiacerà se ti chiedo di toglierti questo vestito?” domandò lui con tono deciso ma divertito.

“M-ma non posso di certo togliermelo in mezzo alla strada, ti pare?” borbottò.

“Ah, quindi è questo il problema?” domandò lui tranquillo.

Sakura stava per dire qualcosa ma non ebbe neanche il tempo di aprire la bocca che Sasuke si era leggermente abbassato l’aveva presa per il retro delle cosce e l’aveva sollevata, mettendosela su una spalla.

“Sasuke ma che fai?” esclamò lei imbarazzata come non mai.

“Ti porto da me”.

“Devo considerarti il mio ragazzo scemo di un quarterback?” domandò lei rassegnata ma quasi divertita.

“Secondo te, secchiona?” domandò lui di rimando con tono di sfida.

Sakura rise mentre alle loro spalle la porta di casa Uchiha si chiudeva, siglando il loro amore.

Fine.




Note autrice

Siamo arrivati alla fine ♥ grazie per avermi seguito fin qui! Forse pubblicherò un capitolo extra ma è tutto da vedere! Per intanto se avete voglia di lasciare un commento o una recensione, ve ne sarei grata ♥

 


 

 

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