La ribellione del Giovane Leone di ken_wakashimazu (/viewuser.php?uid=78982)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Ragazza di Okinawa ***
Capitolo 2: *** A casa di Mister Kira ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo: The Day After ***
Capitolo 1 *** La Ragazza di Okinawa ***
rating: verde
serie:Ct
personaggi: ken wakashimazu/tutti/Kira Kozo/personaggio femminile
originale
tipo:fanfiction
Capitoli: boh..vedremo
Capitolo 1: "La Ragazza di Okinawa"
"Io sono *Ken Wakashimazu*, il portiere TITOLARE della Toho School! La
squadra che da 3 anni vince il campionato. *Avete capito??!*"
Ruggì Ken contro Katagiri e Gamo, impietriti, ricacciando
lacrime di amarezza in gola.
Quindi voltò loro le spalle e, a passo deciso, con il
borsone in spalla, si diresse fuori dal residence dove aveva luogo il
ritiro della Nazionale Under 19.
Aveva bisogno di stare da solo. Solo.
Riflettere, pensare. Lontano da tutti loro e dalla loro maledetta
selezione nazionale, e da tutti gli eterni problemi che da sempre
comportavano nella sua vita.
Sfruttarlo per le eliminatorie asiatiche e poi sostituirlo con
Wakabayashi per la World Youth...usarlo come uno straccio e poi
buttarlo sul legno della panchina, ad osservare il "grande Genzo" che
si prendeva la gloria e gli applausi al posto suo..Che stizza!!
Era sempre andata così.
*Lui* era il numero *uno*, indiscusso, incontestato, sul quale la
Federazione riponeva fiducia incondizionata. Lui. Il maledetto Super
Great Goal Keeper...
E Ken..la sua riserva, eterna. La medaglia d'argento perenne.
Il cagnolino da mettere fra i pali quando l'altro s'infortunava, o non
era disponibile per impegni con la sua squadra professionistica in
Germania.
Odiava sentirsi così..un ripiego. E odiava Genzo, malgrado
non gli avesse mai fatto nulla...
Ma erano LORO ad averli messi uno contro l'altro, da sempre.
In gara per quella maglia da titolare: una gara che non aveva storia,
perchè comunque andasse, la spuntava sempre Wakabayashi.
Per quanto impegno Ken ci mettesse a migliorare, a diventare
più forte. Per quanto si sacrificasse in campo e rischiasse
il tutto per tutto pur di aiutare la squadra a vincere.
Incluso farsi distruggere la spalla, o la mano, com'era accaduto in
Francia in semifinale...
Salì sull'autobus, diretto ad Okinawa; aveva bisogno di
parlare con Mister Kira.
L'unico che credeva in lui, che l'avesse sempre fatto.
*************
Il viaggio da Tokyo a Okinawa fu lungo, scomodo, interminabile.
Ogni volta che si assopiva, i sogni lo assediavano, riportandolo
indietro a quel ritiro, e assillandolo con immagini di Genzo trionfante
e sorridente e di lui stesso in panchina, o con la faccia nel fango,
sconfitto.
Il cellulare, per di più, vibrava di continuo.
Messaggi di Hyuga e Sawada, chiamate non risposte a raffica.
Non voleva sentire le loro proteste o i loro tentativi di riportarlo
alla *ragione*.
Non voleva sentire nemmeno loro, gli unici amici che avesse.
Spense il telefono, angosciato, e si riaddormentò
rapidamente, il capo appoggiato a metà fra il poggiatesta ed
il finestrino, con la mente persa sempre dietro agli stessi pensieri.
Ancora, il sogno lo sorprese come un ladro, alle spalle.
*Era in campo, con la mano distrutta dopo aver parato l'ultimo rigore
contro la Francia di Pierre e Napolèon.
I compagni gli si facevano intorno, festanti, e Tsubasa Oozora, il caro
Tsubasa, così buono, così altruista, lo
abbracciava complimentandosi con lui, dopo aver segnato il goal della
vittoria.
Sembrava tutto perfetto, se ignorava il dolore lancinante
alla mano... ...quando ecco che entrava Wakabayashi in campo e lo
guardava dall'alto in basso...e le sue parole:
"Se non ti fossi lasciato infilare come un pollo allo spiedo, prima dei
supplementari...adesso non staresti a reggerti una mano ormai
inservibile.
E domani giocheresti tu..invece...di me."
Il sorriso che si allargava sul volto di Genzo, lo scherno che si
faceva evidente nei suoi occhi e nella sua voce:
"Grazie, Wakashimazu. Grazie d'aver lasciato a me l'onore, e la Gloria,
di portare la nazionale Giapponese sul podio più alto."
E poi gli voltava le spalle, sprezzante, lasciandolo in ginocchio
sull'erba, senza parole, senza reazioni..catatonico e quasi in
asfissia.*
*********
Ken si svegliò di colpo, ansimando, gli occhi dilatati
dall'ansia, la bocca carica di un gusto amaro e nauseante, di fiele.
La sua vicina di posto lo fissava stranita, preoccupata forse per quel
ragazzone giovane ma altissimo, che - perso in un sonno agitato,
disturbato e rumoroso - per dieci minuti abbondanti aveva russato
impietosamente, impedendole di riposare.
Ken la guardò con espresso disinteresse negli occhi grandi,
ovali e neri come l'onice.
Ma la cortesia giapponese e l'educazione formale e rigidissima che
aveva subito fin da piccolo, gli imponevano di occuparsi delle esigenze
del prossimo, anche quando non ne aveva alcuna voglia.
"Mi scusi, ko-san...c'è qualche problema?"
Le chiese, rivolgendolese con l'appellativo di "signora".
"Nessun problema...mi stavo solo chiedendo se stesse bene. Ha avuto un
pisolino un po' agitato.."
Gli rispose lei, cortesemente, e glissando sulla ronfata di lui.
"Spero di non aver russato..e di non averle dato fastidio."
Tranquillo, lui. Sapeva del suo *problemino*, e non gli causava
più alcun imbarazzo.
"A dire il vero sì, un po'.."
Minimizzò lei, abbassando gli occhi e mentendo.
"Sono desolato..mi dispiace. "
Concluse lui, pronunciando con la solita lisca le troppe *s* presenti
nella sua frase.
"Non importa, davvero. Tanto siamo arrivati ormai..."
Sorrise lei, colpita da quel ragazzo così bello e
così distante...distante come se solo il corpo fosse
lì, e l'anima fuggita, o forse scacciata, da qualche altra
parte, in qualche altro mondo.
In qualche altro *inferno*.
Già...ma lei non poteva sapere.
*************************
La ringraziò cortesemente per la pazienza dimostrata, ma
senza presentarsi. Comunque lei, con tutta probabilità, non
aveva mai sentito parlare di lui. I giornali si occupavano solo di
Genzo, Tsubasa, Hyuga e Misugi!
Prese il suo bagaglio si apprestò a lasciare il pullman.
Erano arrivati alla stazione degli Autobus di Okinawa; avrebbe chiamato
Kira non appena fosse riuscito a raggiungere un chiosco e farsi almeno
una scodella di ramen...lo stomaco brontolava rumorosamente, mettendolo
in imbarazzo.
Si avviò per le strade della grande città di
mare, molto occidentalizzata dopo l'occupazione americana, seguita alla
fine della seconda guerra mondiale, ed alla capitolazione del Giappone.
Trovò un ristorantino carino ma non caro, entrò,
cercò un tavolo defilato e si sedette.
Posata la borsa a terra, richiamò sul display del proprio
telefono il numero di cellulare di Kira Kozo, continuando a ignorare
per adesso la massa di messaggi ricevuti da Hyuga e da Takeshi..
La voce del mister, aspra e arrochita dall'alcool e dal fumo, gli
rispose dopo alcuni squilli, mentre già una cameriera
giovane e carina si era avvicinata a Ken, silenziosa e sorridente, per
prendere la sua ordinazione:
"P..pronto..chi accidenti è a quest'ora?!"
Rispose il solito, ruvido, Mister Kira.
"Mister..sono Wakashimazu. Se la disturbo posso richiamare dopo. O
può richiamarmi lei...se preferisce."
"Mh..Wakashimazu! Che succede ragazzo mio, non telefoni mai la mattina
così presto!"
Mattina presto??? Ma se erano le due passate del pomeriggio!
Ken si sorprese a ridacchiare fra sè, pensando a Kozo Kira
che si sbronzava da solo in veranda, guardando il mare, e che
s'addormentava tirando fino al pomeriggio successivo. Tipico di lui!
"Erhm..mister..guardi che sono le due e un quarto..Comunque la chiamo
perchè avrei bisogno di parlarle. Urgentemente. Sono ad
Okinawa...e..."
l'altro lo interruppe:
"Ad Okinawa?? E il ritiro?? E Tokyo? E la NAZIONALEEE?!"
Kira urlò così forte, che anche Kasumi, la
cameriera, sentì tutto.
Una ragazza che, casualmente, era la sorella di uno degli studenti
della Scuola di Calcio dello stesso Kira.
Sorella maggiore di un fanatico del calcio, che conosceva tutti i
giocatori del Giappone juniores e seniores, e che le faceva ogni giorno
una testa così coi loro nomi, le loro caratteristiche di
gioco, i loro ruoli...
Per cui, lei ci mise pochissimo a capire chi stava per servire a
tavola..
Wakashimazu Ken. Portiere: 18 anni, altezza uno e 87, peso 72 kg,
diplomato -summa cum laude- alla Toho Academy, detentrice per 3 anni di
seguito del titolo nazionale per scuole superiori.
L'eterno secondo. Bravo-bravissimo...ma non abbastanza per la maglia da
titolare.
Kasumi si defilò in silenzio, dando ai due, allievo e
maestro, il tempo e il modo di accordarsi fra di loro; sarebbe tornata
quando il bel moretto avesse chiuso la comunicazione.
"La nazionale...beh..ho lasciato il ritiro, Mister.
Dovevo fare un'altra volta da secondo a Wakabayashi! Sostituirlo
finchè non guarisce alle sue maledette, preziosissime mani
d'oro, e non torna per giocarsi la World Youth da titolare, prendendosi
tutto il merito al posto mio!
Non ce la faccio più, Mister...stavolta è stato
davvero troppo!"
La rabbia nella sua voce che sibilava e ruggiva, l'amarezza, il groppo
in gola..anche Kira poteva sentire il dolore e l'umiliazione del suo
allievo, anzi, poteva persino *vederlo*: occhi in fiamme, volto
pallido, capelli ondeggianti come una criniera, pugni stretti e
mascelle serrate, con il cellulare attaccato ad un orecchio e tenuto
così forte che rischiava di andare in pezzi...
..in pezzi..come lui.
"Calmati, Ken-chan...rilassati, respira a fondo. Cerca di mangiare
qualcosa, poi ti aspetto qui. Sai che autobus prendere, tanto, ne!?
Ti preparerò un thè ed il futon nella stanza di
Hyuga...voglio che tu rimanga qui per qualche giorno. Va bene?"
Un sospiro di resa e rassegnazione fu la risposta che il giovane
portiere restituì via telefono al suo maestro.
Un sospiro che valeva un assenso.
Per oggi s'era esposto ed aveva parlato fin troppo, per uno come lui.
*********************
Kasumi sbirciò da lontano, cogliendo involontariamente
brandelli di conversazione: quindi stavano così le cose..il
bel portierino aveva lasciato la nazionale, stufo di essere il numero
due, il panchinaro di Wakabayashi.
Beh, la ragazza lo capiva, in fondo.
Anche lei era stata una brillante sportiva ai tempi della scuola:
giocava a pallavolo nel prestigioso Meyo Gakuen, quello dove aveva
esordito anche la mitica Kozue Ayuhara, ed era stata considerata per
anni una promessa, una sua potenziale erede.
Convocata in nazionale juniores a soli 15 anni!! Che gioia...
Poi era arrivata l'altra, quella maledetta Etsuko Shoji del liceo
Tabesho.
Giocavano nello stesso ruolo, Attaccante destra. Ma Shoji era
più alta e potente di lei, e i suoi attacchi piovevano da
oltre 3 metri, quasi verticali, con una forza devastante, che faceva
sì che il pallone arrivasse addosso alle ricevitrici veloce
come un fulmine e pesante come il piombo.
I selezionatori della Juniores avevano, per le prime volte, alternato
lei, Shoji e Nobara Sumiyoshi del Beni Hino..poi, Kasumi era finita
sempre più spesso per fare la riserva della prima, e anche
della seconda.
Meritevoli solo di essere più alte di lei...
Aveva lasciato la nazionale, per l'umiliazione. E infine, anche la
pallavolo.
Capiva Ken. Anche lui avrebbe potuto sentirsi tanto deluso da decidere
di lasciare il calcio.
E Kasumi...non sapeva perchè...ma non voleva e non poteva
permetterlo!
Si avvicinò titubante al tavolo, lasciando a Ken il tempo di
riordinare pensieri e capelli, e di rimettere il cellulare nel borsone.
Lo sentì tuttavia mormorare fra sé:
"Take-chan, mi dispiace..ma ora non posso risponderti."
****************
"Konnichi-wa...cosa posso portarle?"
Fece Kasumi, sorridendo al cliente:
"Sì, per favore..vorrei una scodella di ramen e qualche Maki
al salmone..ma pochi per cortesia."
A sentirlo parlare da vicino c'era da sganasciarsi dalle risate: aveva
una lisca tale, il bel tenebroso!
"E da bere?"
Disse Kasumi, sorridendo, forse un po' troppo..le faceva tenerezza e le
veniva voglia di ridere...quella "f" era davvero buffa!
"Sì..scusi..uhm..sì..un'Asahi, fredda
però..e dopo vorrei anche del sakè. Molto
sakè!"
Wow...aveva intenzione di sbronzarsi, il ragazzone-ino? Pazienza, lui
era responsabile di sè stesso, e il cliente ha sempre
ragione.
"E' tutto, Wakashimazu-san?!"
Le sfuggì...e se ne accorse troppo tardi, arrossendo.
"Cosa? Io...come fa a...?"
"Erhm..beh..mio fratello minore è un suo grande fan!!"
Rimediò Kasumi, sorridendogli nipponicamente, inchinandosi,
e mentendo solo in parte.
*Ecco*, pensò Ken: *L'eterno secondo e l'idolo dei
ragazzini..non bastavano i fratelli di Hyuga, Takeshi e Shun
Nitta...ora ci voleva anche il fratello minore della "Ragazza di
Okinawa"...*
"Capisco.." laconico, lui.
"Bene, le porto subito le sue ordinazioni."
"Signorina?" la richiamò.
"Sì?" fece lei, trattenendosi dal dire: *Fì?!*
"Prima la birra e il sakè, per favore."
"Va bene, Wakashimazu-san!"
Kasumi s'inchinò cortesemente, e lui sorrise stiracchiato,
fissando poi le suppellettili sul tavolo.
-fine capitolo 1-
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Capitolo 2 *** A casa di Mister Kira ***
Capitolo 2: A casa di mister Kira
Le pietanze arrivarono puntuali e perfette, come richiesto..ma Ken
stava già bevendo da un bel po', ed iniziava a vederci
doppio.
Mangiucchiò il ramen, lasciandone più di mezzo,
con il sakè ingerito che faceva a pugni con la birra e col
brodo dei tagliolini.
Assaggiò i maki al salmone, intingendoli bene nella salsa di
soia e nel Wasabi, e quelli riuscì quasi a finirli.
Represse un ruttino alcolico tappandosi la bocca col tovagliolo, e
finì il resto della Asahi e del Sakè.
Poi domandò il conto a Kasumi, che tornava di tanto in tanto
a vedere se era tutto a posto col suo *famoso* cliente.
"Signorina.."
Non ci fu neanche bisogno di chiedere cosa volesse, tanto era
efficiente e premurosa lei:
"Sì, glielo porto subito." Sorrise lei, a quella lisca che
con l'inizio di sbronza si faceva sentire più che mai.
Lui iniziò ad alzarsi, cercando il portafogli nella tasca
posteriore dei pantaloni...poi chinandosi per cercarlo nel borsone, e
finendo quasi per caderci dentro di testa.
Kasumi, tornata al tavolo, attese pazientemente e nipponicamente,
distogliendo gli occhi per non causargli imbarazzo.
Quindi gli porse il conto; una ricevuta fiscale quasi anonima, che lui
aprì e saldò posando sul piattino la carta di
credito, senza batter ciglio.
La ragazza tornò alla cassa, compì le operazioni
di pagamento e riportò la tessera magnetica a Ken;
sorridendogli, disse:
"Spero che tornerà a trovarci, Wakashimazu-san.."
inchinandosi.
Lui rispose all'inchino, ringraziando con la formula di rito, e, preso
il borsone, si allontanò verso l'uscita.
Dimenticando la carta di credito al ristorante.
L'aria calda all'esterno non gli facilitò nè la
digestione, nè lo smaltimento della sensazione di euforia
mista a fastidio che stava provando.
Pertanto, decise di farsela a piedi lungo il litorale, fino a casa del
signor Kira.
In fondo, erano solo pochi chilometri....
***************************
Quando giunse in prossimità della casa del suo vecchio
allenatore, era quasi il tramonto.
Era sudato da strizzare, aveva un mal di testa colossale e, strada
facendo, si era anche soffermato a rigettare un paio di volte.
Arrancò, più che arrivare, fino alla nota,
familiare veranda, e bussò alla porta di legno dopo aver
salito, non senza difficoltà, i pochi gradini che lo
separavano da essa.
Kozo Kira aprì, vestito come al solito con una maglia che
aveva visto tempi migliori, un paio di bermuda chiazzati da macchie di
non si sa bene cosa, e le inseparabili infradito.
La barba di qualche giorno, suo marchio di fabbrica, faceva bella
mostra di sè su un volto decisamente poco attraente, a voler
essere molto gentili.
"Wakashimazu! Mi stavo preoccupando..ma come diavolo ti sei ridotto?!"
Lo accolse, allarmato, vedendo l'altro instabile sulle gambe, preso
nell'atto di cercare, senza molto successo, di togliersi le scarpe e
rimanere in equilibrio.
"S..sto bene Mister..non si preoccupi.."
rispose Ken, poco convincente, con la lisca marcata dall'impastatura
pot-sbornia.
"Come se non avessi mai avuto a che fare con una sbronza in vita mia,
ne?!"
replicò Kira, affrettandosi a sorreggerlo per facilitargli
le cose.
I due infine, entrarono nella casetta.
Kira aveva già apparecchiato per la cena, ma Ken non aveva
voglia di cibo..anzi: appena ne vide sul tavolino basso, per poco non
rimise quello che restava sul pranzo, direttamente sul pavimento del
piccolo ingresso.
"Ehi..ehi..respira..siediti. Calmo..così..ti porto
dell'acqua fredda. Tu rimani seduto."
Gli disse il mister, premuroso col suo *figlioccio*, e prese il borsone
del ragazzo per portarlo nella stanza che gli aveva approntato per la
notte.
Appena fu di ritorno, vide Ken con la testa appoggiata alla parete,
seduto, verde in faccia e con gli occhi semichiusi, che respirava con
affanno...aveva preso davvero una ciucca con i controfiocchi. Specie
per qualcuno quasi astemio, com'era sempre stato il portiere fino a
quel momento.
"Hai davvero esagerato, eh? Guarda in che stato sei...tu che l'alcool
nemmeno lo reggi."
Scosse la testa, Kozo Kira, cercando di aiutare il ragazzo comatoso a
riaversi.
"Se sapevi nuotare, ti avrei fatto fare un bel bagno in mare..quello ti
avrebbe svegliato e fatto riprendere. Ma tu, ragazzo mio, sei peggio di
un ferro da stiro..."
Gli fece una carezza sui capelli, paterno, e Ken lo mise a fuoco:
"Hanno già deciso..giocherà Wakabayashi come
titolare alla World Youth..io non valgo abbastanza come portiere, per
un torneo mondiale!"
Sputò, con odio, andando dritto al punto.
E dalla voce che aveva, oltre che la rabbia per l'ingiustizia patita,
si sarebbe detto che trattenesse in gola anche qualche buon litro di
lacrime non versate.
"Shh..ne riparleremo domani..stasera devi solo riprenderti."
"Mister..io...io..sono.." voleva dire tante cose, troppe, tutte
insieme, ma non ci riusciva. I pensieri gli si accatastavano alla
rinfusa nel cervello, premendo per uscire tutti in una volta, e facendo
corto circuito.
Le uniche cose che gli vennero fuori dalle labbra furono dei singhiozzi
sordi, asciutti, straziati e strazianti.
I singhiozzi di chi vorrebbe tanto sfogarsi in un bel pianto
liberatorio, ma è troppo orgoglioso per farlo.
Anche davanti a qualcuno che per lui era stato, per certi versi, un
padre più vero di quello naturale.
Si vergognava. Wakashimazu Ken si vergognava anche davanti a Kozo Kira.
"Sfogati..fallo uscire fuori. Sfogati e non ci pensare. Senza vergogna,
Ken-chan: urla, bestemmia, strepita, piangi! Fa' quello che vuoi, ma
sfogati, o questa cosa ti ucciderà!"
Gli parlò, deciso ma tenero, ed il ragazzo, finalmente, si
lasciò andare ad un gemito prolungato di agonia, contro la
sua spalla, iniziando a piangere a dirotto, singhiozzando e gemendo,
gemendo e singhiozzando:
"Mister! Mister!! perchèèè!!
PERCHE'??!"
Le sue grida riverberarono nella stanza, e la sua domanda senza
risposta si perse nel silenzio della notte, rotto solo dal suono della
sua disperazione, cui faceva eco il lamento del mare.
************
Quando il ragazzo si fu sfogato, Kira gli preparò un bagno,
cui Ken si sottopose passivamente, quasi fosse in catatonia.
Il passo successivo fu metterlo sotto le coperte, aiutandolo a
stendersi sul futon, e lasciando che si scoprisse, scalciando, ogni
volta che gli posava addosso la trapuntina leggera.
Dopo un po', Kira perse la speranza di coprirlo, e lasciò la
stanza, dove il ragazzo, crollato addormentato in pochissimo tempo,
già russava sonoramente.
************
Dal canto suo Kasumi non sapeva assolutamente come rintracciare Ken,
nè dove fargli recapitare la carta di credito dimenticata al
suo ristorante.
Mentre si arrovellava le meningi, entrò nel locale il
fratellino, Hajime, di rientro dalle lezioni pomeridiane a scuola.
Sorridente ed iperattivo come al solito, ascoltò il
resoconto preoccupato della sorella maggiore, e poi, geniale,
trovò in un attimo la soluzione:
"Se lo hai sentito parlare con Kira, probabilmente è andato
a casa del Sensei "
come lui chiamava l'allenatore: il maestro.
"Per cui non resta che portargliela lì. Tanto io devo
andarci domani, ho scuola di calcio...ma se vuoi esserci anche tu,
posso portarti con me!"
Sebbene avesse solo 15 anni, Hajime era piuttosto sveglio. Aveva notato
quanto la sorella si fosse presa a cuore la situazione di
Wakashimazu-senpai, e pensava che dipendesse dal fatto che Kasumi,
notoriamente facile alle cotte, si fosse già infatuata del
portiere.
E la reazione stizzita della sua onee-chan non fece che confermare i
suoi sospetti.
Giocarono a lottare fra di loro come due bambini, malgrado Kasumi
andasse per i 20 anni, finchè Hajime non la convinse ad
accompagnarlo da mister Kira in qualità di *futura
proprietaria del ristorante di famiglia*, dove Wakashimazu aveva
pranzato e lasciato la carta di credito.
Un'ottima scusa per rivedere il numero uno della Toho Academy, ne?!
fine secondo capitolo.-
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Capitolo 3 *** 3° Capitolo: The Day After ***
La ribellione del Giovane Leone -
3ò capitolo: The Day After
Wakashimazu continuò a dormire - e a russare, al punto che
Kira potè sentirlo distintamente dall'altra stanza, per gran
parte della nottata - fino al pomeriggio successivo.
Quando si svegliò, il *suo* mister era seduto accanto al
futon dove lui aveva riposato, agitatissimo, e l'osservava con un
leggero sorriso sulle labbra.
"Buongiorno..." lo salutò, appena Ken aprì gli
occhi.
Per richiuderli immediatamente, trafitto dai raggi di luce che
filtravano fra le serrande abbassate, e da un mal di testa tale che gli
sarebbe servito da lezione per il resto della sua vita.
"M..mister...ma dove..sono?" chiese infine, con voce arrochita, facendo
la tipica domanda idiota del post sbornia.
"Sei a casa mia. Prima che tu mi chieda anche che ora è:
sono le 3 del pomeriggio; ed è il 22 febbraio. "
"S..sì..ma parli piano, per favore..." lo
supplicò Wakashimazu.
"Me lo chiedi perchè non capisci, o perchè il
volume della mia voce è troppo alto per le tue delicate
orecchie?"
Rispose l'altro, un po' sarcastico.
"La..la seconda...mi scusi." Replicò Ken, cosciente che
forse stava chiedendo troppo, o che qualcosa non andava affatto per il
verso giusto.
Kira lo guardò per qualche istante, poi fece a muso duro:
"Da quanto tempo, Ken?!"
Il ragazzo aprì appena le palpebre, guardando l'ex
allenatore con l'aria di chi fosse appena caduto da un pero:
"Come..scusi?"
"Ti ho chiesto da quanto tempo, Ken. Da quanto tempo ti sei rammollito
così. Da quanto tempo hai imparato a scappare dai problemi,
invece di affrontarli.
E da quanto tempo, infine, ti sei abituato a piangerti addosso invece
di reagire."
"io..." balbettò lui, con la testa che pulsava, come
impazzita.
"Sì, tu: quando ti conobbi e decisi di allenarti, lo feci
perchè vedevo in te delle qualità. Atletiche,
senz'altro..ma prima di tutto caratteriali.
Vedevo in te la stoffa del campione, del vero fuoriclasse..avevi tutti
i numeri e le carte in regola per esserlo.
Ma hai gettato la spugna. Al punto da lasciare il ritiro della
Nazionale, e l'occasione incredibile che ti era stata offerta, e tutto
per le tue paturnie da prima donna!"
Il rimprovero, durissimo, senza perdono e senza possibilità
di replica, piovve addosso al portiere peggio di una doccia fredda.
Assieme ad una sensazione di un'amarezza mai provata prima: anche Kira
era ormai contro di lui? Ma cosa stava succedendo?!
"Forse ho scelto il momento meno adatto, per dirti come la pensavo. Ma
si dà il caso che ieri sera ti avessi avvertito, del fatto
che oggi ne avremmo riparlato. O sbaglio?!"
Lo incalzò il mister.
"sì..mi pare di ricordare che..."
"Ti pare di ricordare..certo: eri talmente sbronzo che è
già un miracolo, se ti *pare* di ricordare qualcosa!"
Lo interruppe Kira, freddando eventuali rimostranze da parte sua.
"Ora alzati. Vatti a dare una lavata, fai due passi e quando hai fame
raggiungimi. Così cerchiamo di capirci qualcosa. Per inciso:
voglio cercare di scoprire innanzitutto, se vale ancora la pena che io
perda il mio tempo con uno come te."
Gli occhi di Ken si dilatarono all'infinito, diventando immensi e vacui
in quel volto pallido ed emaciato..Anche mister Kira pensava che lui
fosse un perdente, quindi?!
Che senso aveva ormai rimanere lì? E che senso aveva
*vivere*, se persino lui gli voleva voltare le spalle??
***********
Si lavò svogliatamente, lui che aveva sempre avuto una cura
quasi maniacale per sè stesso.
E si diresse sulla spiaggia a passo lento e testa bassa, sentendosi
male, sconfitto, a terra, completamente vinto, per la prima volta nella
sua vita.
Nessuno aveva più fiducia in lui: nè Mikami,
nè la Federazione, e nemmeno mister Kira...non c'era da
stupirsi se gli preferivano Wakabayashi, alla fin fine.
Fu per un puro caso che non incrociò Kasumi ed Hajime,
prendendo la via della spiaggia.
Ma il caso non fu dei più fortunati, decisamente; visto che
proprio mentre la ragazza ed il suo fratellino arrivavano a casa di
Kozo Kira, Ken aveva oramai preso la decisione più
definitiva della sua vita.
E la peggiore.
************
"Buongiorno Sensei!" esordì allegramente Hajime Kumagai,
entrando in casa Kira dalla porta principale, mentre Wakashimazu usciva
da quella sul retro.
"Ehilà..cosa fai così presto? Non ti aspettavo
prima delle 16..." rispose l'altro, facendo accomodare il piccolo sul
tatami di fronte al tavolo: "Vuoi un po' di thè?"
"No grazie..sono venuto prima perchè ho deciso di
accompagnare mia sorella..ieri un cliente ha dimenticato la carta di
credito al ristorante.." disse il piccolino, la cui voce, e il cui
faccino, ricordavano a Kira Takeshi Sawada quando era ancora alle
scuole medie.
"E cosa c'entro io con tua sorella e col vostro ristorante?"
domandò il mister, perplesso, versandosi del sakè
da una piccola brocca di creta smaltata, e prendendo a berne piccoli
sorsi da una coppetta dello stesso materiale.
"Credo che il nostro cliente sia una comune conoscenza, Sensei..."
rispose il ragazzino, prima di essere bruscamente interrotto da un
grido disperato proveniente dall'esterno.
Non c'erano dubbi..quella era la voce di sua sorella!
"Cosa succede??!" esclamarono all'unisono Hajime e Kira, precipitandosi
allarmati alla porta, e spalancandola.
"Aiuto!! Aiuto!! Aiutatemi!!" gridava Kasumi, senza sosta, mentre
affannata, cercava di camminare e nuotare controcorrente nell'acqua
fredda, gelida, del mare di Okinawa a febbraio.
Kira spalancò gli occhi e la bocca per gridare, ma non si
dette il tempo di farlo: precipitandosi a dare una mano alla ragazza,
che stava trascinando qualcosa con tutte le sue forze, nell'acqua
dietro di sè, pregò tutti i kami e gli spiriti
degli antenati che non stesse accadendo ciò che oramai
temeva con tutto sé stesso...
malauguratamente, infatti, ciò che Kasumi trasportava non
era un pezzo di legno, bensì il corpo esanime di un ragazzo
che Kira conosceva da quando era solo un bambino:
"WAKASHIMAZU! MIO DIO..NO!"
"Vi prego chiamate aiuto!! Ha cercato di uccidersi!"
Supplicò infine Kasumi, concretizzando i peggiori incubi del
mister, mentre Hajime, lesto come uno scoiattolo, correva in casa e
chiamava il Pronto Intervento.
*********
Trascorsero le ore successive all'Ospedale di Okinawa, in spasmodica
attesa di notizie, seduti sulle scomode sedioline della sala d'attesa
del reparto di rianimazione, dove un ragazzo di 18 anni, un po'
immaturo, primadonna, isterico, ma comunque fosse, troppo giovane per
un gesto tanto insensato, giaceva in un lettino, circondato da macchine
per il supporto vitale artificiale, lottando fra la vita e la morte.
Ken aveva fatto in tempo a inghiottire molta, troppa acqua salata e
fredda come la morte, prima che Kasumi lo raggiungesse e cercasse di
riportarlo indietro.
E lei non sapeva se dirsi fortunata, per essersi attardata sulla
spiaggia prima di decidersi a raggiungere la casa dell'allenatore di
suo fratello -ed aver avuto così il tempo di scorgere quella
figura che annaspava fra le onde gelide- o se dirsi piuttosto
sciagurata per non essere arrivata prima, ad impedire quell'atto insano
e per lei privo di ogni senso.
Il personale paramedico aveva dato loro delle coperte termiche e
qualcosa di caldo da bere, appena giunta l'ambulanza sulla spiaggia,
mentre altri, fra infermieri e medici, si affrettavano a praticare a
Wakashimazu le prime manovre di rianimazione sul posto, cui erano
seguiti la corsa sfrenata all'ospedale, l'intracardiaca di adrenalina,
l'applicazione del defibrillatore, e tutte le misure necessarie ad
impedire a quel giovane cuore avventato di smettere di battere per
sempre.
Kasumi si stringeva ad Hajime, e questi, bianco come un lenzuolo
lavato, abbracciava il suo Sensei, incredulo quanto lui, ed altrettanto
sconvolto.
Kira non si dava pace: altre volte aveva parlato duramente ai suoi
ragazzi, e mai nessuno di loro, nè Kojiro, nè
Takeshi, nè lo stesso Ken, si era mai sognato di fare altro
che cacciar fuori il carattere, e reagire.
Ma stavolta, era andato tutto per il verso storto: le sue parole,
anzichè farlo ragionare, avevano finito col distruggere la
residua autostima del portiere...e adesso, il giovane che
aveva personalmente plasmato da quando aveva 11 anni appena, oscillava
appeso ad un filo sottilissimo, simile ad una foglia prematuramente
seccata, che stesse per staccarsi dal ramo anzitempo.
Un filo che, spezzandosi, avrebbe sprofondato negli inferi non solo
lui, ma Kozo Kira stesso.
**************
Le numerose insistenze di Hajime costrinsero Kira a raccontare ai due
ragazzi cosa fosse accaduto dall'arrivo di Ken a casa sua in avanti. E
mentre parlava loro, udì la suoneria del cellulare di
Wakashimazu -che teneva stretto in mano come se fosse la vita del
ragazzo stesso - e vide il display illuminarsi: una chiamata di Takeshi
Sawada.
Premette invio, e la vocetta stravolta di Sawada lo travolse come una
piena:
"KEN! Cosa significa quello che mi hai scritto Ken?! Cosa vuol dire:
addio, perdonami?!! Che accidenti stai facendo KEN??!!"
"Takeshi..sono Kira. Ora calmati piccolo, e siediti...devo darti una
brutta notizia."
All'altro capo della linea, il piccolo tecnico della nazionale Under 19
piangeva disperato, mano a mano che il suo vecchio allenatore lo
informava sugli ultimi sviluppi della vicenda.
Concordarono, dopo venti minuti di conversazione serrata, che sarebbe
stato Kira stesso e non Takeshi a chiedere per il giovanissimo
centrocampista un permesso speciale di qualche giorno alla Federazione
giovanile, ma che Sawada non avrebbe fatto parola con nessuno, salvo
Sorimachi e Hyuga se lo desiderava, di quanto era accaduto a
Wakashimazu.
Takeshi dal canto suo fece il diavolo a quattro finchè Kira
non gli ebbe promesso che al massimo entro un'ora, quel permesso
sarebbe stato richiesto, e che lui avrebbe potuto raggiungere quanto
prima Ken all'ospedale..sperando almeno, che il piccolo facesse ancora
in tempo a vedere l'amico per l'ultima volta.
Nessuno al J-Village fu mai informato di quella storia. Nè
da Sawada, nè da altri, visto che Takeshi stesso
preferì mentire anche a Kojiro e Kasuki, decidendo con una
freddezza e una maturità incredibili per la sua
età, di avvertire i due ragazzi qualora non ci fosse stato
davvero più nient'altro da fare.
***********
Il coma di Wakashimazu durò due giorni e tre notti.
All'alba del quarto giorno i suoi occhi si riaprirono su una giornata
curiosamente luminosa e calda, per essere la fine di febbraio..e su una
figuretta familiare addormentata con la testina appoggiata alle sue
ginocchia.
"Ta..Take-chan?!" Eclamò e domandò insieme il
portiere-aspirante suicida: "Sei tu.. Piccolino.."
Takeshi aprì gli occhi alzando la testina di scatto...poi
sorrise, e si mise a piangere tutto insieme, disperatamente e al
contempo di sollievo, mentre Ken dal canto suo non potè fare
altro che aprire le braccia ed accoglierlo contro il proprio petto,
stringendolo a sè e facendosi saltare l'ago della fleboclisi.
L'allarme della macchina cui era collegata l'endovenosa
squillò, richiamando i paramedici, mister Kira e i due
fratelli Kumagai, tornati ogni giorno e ogni sera a darsi il cambio in
quella saletta spoglia, facendo a turno a sostenere l'allenatore che
stava andando in frantumi ad ogni ora che passava senza che Wakashimazu
si risvegliasse.
Subito gli infermieri chiamarono i medici e fecero uscire tutti dalla
stanza, iniziando a controllare i parametri vitali del redivivo, mentre
fuori, nella sala d'attesa, nuove lacrime iniziavano a sgorgare dagli
occhi degli amici presenti.
Ma non più di dolore, questa volta.
"Che cosa gli è preso, perchè l'avrà
fatto, io non capisco..sapevo che era arrabbiato, ma non avrei mai
creduto che Ken-senpai potesse arrivare a.."
"Sawada!" lo interruppe Kira, abbracciandolo e rimproverandolo
bonariamente:
"Non possiamo sapere cosa sia successo nella mente di Ken, dopo che gli
ho parlato in quel modo..probabilmente ha ceduto, forse era da tempo
che non ce la faceva più..non posso avere la presunzione di
capire il suo gesto o di spiegarlo in nessun modo. Solo lui sa cos'ha
provato in questi giorni. Ma una cosa la so per certo: ho intenzione di
aiutarlo ad uscire fuori da questo tunnel..." disse il Mister,
rassicurando il coraggiosissimo Takeshi.
*La gelosia nei confronti di Wakabayashi, un colpo di testa dettato dal
troppo orgoglio, o la delusione per la fiducia mancata da parte di
Mikami..cosa in cui peraltro non credo, non sono ragioni sufficienti a
spiegare un gesto come un tentativo di suicidio. No..dev'esserci
dell'altro. Wakashimazu non è mai stato tanto in crisi in
vita sua..e sì che noi tutti alle sue crisi dovremmo esserci
abituati. Non ha mai avuto un carattere facile, quel ragazzo..e
Takeshi, che ha due anni meno di lui, si è dimostrato molte,
troppe volte più maturo.
Ma per quanto possa essere immaturo e talvolta isterico, Ken non
sarebbe mai arrivato a tanto, se non ci fossero altri motivi dietro.
E che gli dèi mi spediscano nel più profondo
degli Otto Inferni di Ghiaccio, se non riuscirò a scoprire
che cosa c'è alla radice del suo male di vivere. Una volta
per tutte!*
Questo era quanto si andava ripetendo Kira Kozo, mentre accompagnava i
tre ragazzi fuori dal reparto, a prendere qualcosa di caldo per
colazione, ed una boccata d'aria.
Intanto, nella stanzina dove di nuovo si trovava tutto solo,
Wakashimazu Ken, 18 anni e 2 mesi fra qualche giorno, guardava fuori
dalla finestra quella strana, nuova prima giornata della sua seconda
occasione per vivere, chiedendosi cosa ne avrebbe fatto di se stesso..e
cosa avrebbe detto Takeshi Sawada, una volta che gli avesse rivelato
qual'era la motivazione ultima ad averlo spinto a cercare di togliersi
la vita.
-To be continued-
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