Your Heart Is The Only Place That I Call Home

di ely_comet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Elettricità ***
Capitolo 2: *** 2. Nessun bacio è sbagliato. ***
Capitolo 3: *** 3. Hakone ***
Capitolo 4: *** 4. Tu sei tutto ***
Capitolo 5: *** 5. La tempesta ***
Capitolo 6: *** 6. Come un acrobata ***
Capitolo 7: *** 7. Il matrimonio ***
Capitolo 8: *** 8. Amicizia? ***
Capitolo 9: *** 9. Gelosia ***
Capitolo 10: *** 10. Anime gemelle ***



Capitolo 1
*** 1. Elettricità ***


1. Cardiac Arrest - Bad Suns

 

<< I’ll try my best. How much do I invest?

Like cardiac arrest, high voltage in her lips >>

 


“Ehi Sana, sai che domani avrò la prova, quella decisiva..”

“Bene, questa volta sarai cintura nera!”

“Già.. e poi.. se diventerò cintura nera.. io vorrei parlarti..” 

[..]

“Akito, se prenderai la cintura nera, sappi che anch’io vorrei parlarti..”
 


Un caldo e pigro pomeriggio di Agosto Sana Kurata, nota attrice del palinsesto mondiale, cercava disperatamente rimedio alle temperature fin troppo elevate di quel giorno d’estate. Era nella grande cucina di sua madre, distesa sul pavimento di marmo bianco con un ventaglio in una mano e del ghiaccio nell’altra; mentre tutti i suoi amici se n’erano andati alla piscina comunale quel giorno, lei era stata costretta a rimanere a casa a studiare “uno stupido libro di diritto civile che non le sarebbe servito a nulla” per uno “stupido precorso universitario che le aveva già rovinato la vita”. Dopo aver concluso le scuole superiori, Sana aveva deciso di intraprendere la lunga carriera di studentessa universitaria, scegliendo una delle facoltà più complesse, legge. Molti non compresero mai quella decisione e la stessa Sana se ne pentiva ogni giorno di più. Era giunta alla conclusione che, dopo giorni e giorni di agonia sui libri, aveva decisamente bisogno di aiuto, almeno per superare quei maledetti precorsi. Quindi in quel caldo pomeriggio di Agosto l’unica persona in grado di far ragionare la giovane attrice suonò il campanello. Sana, dopo una serie infinita di lamenti e mugugni, si alzò e andò ad aprire. 
“Ciao Akito.” disse sbadigliando sonoramente. Il ragazzo la ignorò e le passò accanto, cercando di non perdere la calma di fronte alla ragazza: era praticamente nuda. Indossava una gigantesca T-shirt con la faccia di un panda e dei minuscoli pantaloncini rosa.

Se così si possono definire, pensò Akito. 

Non che fosse una novità per il ragazzo trovarsi in questo genere di situazioni: qualche settimana prima lui e i loro amici di una vita, quali Tsuyoshi, Aya e Fuka erano partiti per trascorrere una giornata al mare; vedere Sana con un bikini verde smeraldo aveva fatto infiammare Akito così tanto da costringerlo a tuffarsi in mare subito dopo il pranzo dato che la giovane attrice gli aveva gentilmente chiesto di spalmarle la crema solare sulla schiena con quel suo guardo languido che gli faceva girare la testa. Al pensiero di quel ricordo, il giovane Hayama iniziò a sudare.
“Kurata perché sei in pigiama? Non te l’ha mai detto nessuno che ci si veste in maniera appropriata per ricevere ospiti?” disse lui, inarcando il sopracciglio. 
“Tu un ospite? Ma non farmi ridere! Sei più a casa mia che altro!” sbuffò Sana, aggrottando la fronte in modo minaccioso, o almeno provandoci. Akito si limitò a guardarla male, mentre tutto quello che voleva era baciare quel viso imbronciato. Ogni volta che discutevano lui si ritrovava a pensare come zittire quella “oca starnazzante” a forza di baci rubati e metà delle volte lo aveva fatto, fregandosene delle urla che susseguivano da quegli scontri fisici. 
“Pensa alle cose serie ora, Kurata. Da dove hai cominciato a studiare?”
“In realtà.. ho deciso che oggi fa troppo caldo per provare a mettermi sui libri..” rispose lei, stringendo le spalle.
“Quindi mi avresti fatto saltare gli allenamenti per niente! Tu ora ti metti a studiare e io me ne vado in piscina!”
“No Hayama, ti prego! Sai che da sola non riuscirò a studiare nulla! Io non ci capisco niente di questa roba! Per favore.. dammi una mano.. almeno un’oretta..”  lo supplicò aggrappandosi al suo braccio, la voce che si faceva sempre più flebile e lamentosa. Sana iniziò a sbattere le ciglia in modo ingenuo, cercando di sembrargli più dolce possibile e il risultato fu chiaro: Akito non riusciva a dire di no a quella bambina viziata. Si misero a studiare in salotto e iniziarono a sottolineare e riassumere decine e decine di articoli del Codice Civile: dopo tre intense ore nelle quali la testa di Sana aveva iniziato a fumare e la pazienza di Akito era arrivata al suo limite massimo, i due giovani si concessero una pausa.
“Vado a prendere dell’acqua, tu vuoi qualcosa da bere?”
“Quello che prendi tu andrà bene.” La ragazza annuì e si diresse verso la cucina, lasciando Akito annegare nella sua scia di profumo, l’odore dell’ammorbidente che usava la signora Shimura; quando ritornò, stringendo una caraffa d’acqua fresca tra le mani, Sana si perse a guardare il profilo del ragazzo illuminato dai caldi raggi del sole mentre appuntava alcune annotazioni su un foglio. Le capitava molto spesso ormai di stare a fissarlo dei minuti senza nemmeno accorgersene, come le era successo quel giorno al mare durante il quale l’aveva visto addormentarsi sotto l’ombrellone con quell’espressione da bambino imbronciato che le aveva sciolto il cuore; e mentre la ragazza si lasciava invadere da quella sensazione di tranquillità che solo Akito le dava, inciampò sui suoi stessi piedi e si versò metà della caraffa d’acqua addosso. Hayama si girò di colpo e vedendo la maglietta bianca di Sana fradicia e i suoi seni che si svelavano poco a poco, capì che doveva andarsene immediatamente o la situazione sarebbe degenerata.
“Kurata come al solito non sei in grado di fare due cose contemporaneamente.” disse lui, prendendola in giro.
“Non è vero! Sono inciampata in qualcosa! Non è colpa mia!”
“Sei inciampata su te stessa!” rise Akito. Era totalmente bloccato dalla scena che gli si parava di fronte: tutto il corpo esile della giovane attrice gli si stava lentamente rivelando, dall’incavo del collo all’ombelico fino alle gambe lunghe e affusolate e Hayama notò che la sua amica non indossava il reggiseno quel giorno. E mentre lui se ne stava lì imbambolato, Sana gli si avvicinò e gli rovesciò in testa l’acqua rimasta nella caraffa e corse a nascondersi in giardino; Akito la inseguì ma quando uscì dalla porta che dava sul grande giardino in stile inglese, fu inondato da un getto d’acqua fredda. 
“Kurata smettila o sarò costretto a usare le mie mosse di karatè!”
“Ma quali mosse di karatè! Lo sanno tutti che non sei in grado di difenderti!”
A quella provocazione Akito saettò verso Sana e s’impossessò del tubo di gomma con il quale l’aveva inzuppato; iniziò a rincorrerla per tutto il giardino e ormai l’idea di mettersi sui libri era morta e sepolta.
Passarono i secondi, i minuti, le ore ma per i due giovani che giocavano nell’erba il tempo non esisteva: erano solo loro al mondo. Invincibili, bruciavano con la stessa intensità delle comete senza spegnersi mai, ma capitava solamente se erano insieme, se le loro vite si incrociavano anche per pochi istanti.
Sana gli rivolse un sorriso di pura felicità e Akito ne rimase fulminato: si bloccò improvvisamente e abbassando il tubo di gomma, realizzò che la cotta per la sua amica era svanita. Al posto di quella cotta infantile e cruda, c’era qualcosa di diverso. Poteva essere amore? Che forma ha l’amore? Come lo si riconosce? Non è un’emozione che ti si presenta davanti in modo gentile e garbato ma è irrazionale, qualcosa da urlare a squarciagola, qualcosa di spaventoso. Quello che sembra sbranarti il cuore, ma non importa, non riesci a far altro se non sentirlo, provarlo sulla tua pelle.

“Hayama?” la voce di Sana lo riportò alla realtà. “Cosa succede?” 
La giovane si avvicinò con cautela, vedendo il suo migliore amico farsi tremendamente serio. Non capiva che gli fosse preso così all’improvviso. 
“Dai Akito, dimmi che hai.” Il ragazzo alzò subito lo sguardo da terra, dove era caduto in preda alla paura di essere scoperto e deriso per ciò che stava provando in quegli attimi e i suoi occhi ambrati finirono dentro quelli nocciola di Sana, lasciandola scivolare nella loro bellezza. Lei capì che c’era qualcosa di diverso, una sorta di nuova convinzione, un nuovo obiettivo da raggiungere ma non capiva a cosa fosse diretto. Era lo stesso sguardo intenso che aveva avuto la mattina che l’aveva accompagnato all’incontro di karatè per ottenere la cintura nera. Si sentiva così fiera di lui, quando era uscito dalla sala stringendo quel pezzo di stoffa per cui aveva sempre lavorato duramente. Era stato bello poterlo sostenere e sentirsi importante per lui.
Sana gli si avvicinò ancora e cercando di essere il più veloce e furtiva possibile, provò a riprendersi il tubo di gomma ma senza risultati: scivolò addosso ad Akito e caddero entrambi sull’erba.
“Kurata maledizione! Un orso sarebbe più aggraziato di te!”
“Ma per favore! Sono leggera e leggiadra come una piuma!”
“E io sono Buddha!”
Quando si rialzarono da terra si accorsero che il sole stava tramontando, lasciando un cielo lilla e alcune piccole stelle a illuminare la città, come piccole lucciole sul manto nero della notte estiva. 
“Sana, credo di dover andare..” disse Akito, entrando in casa e iniziando a riordinare gli appunti.
“Ti accompagno alla porta!” rispose sorridente la ragazza, facendogli strada verso l’ingresso.
“Domani verrai a darmi una mano?”
“Kurata, sei una causa persa. Verrò solo se brucerai quella terribile t-shirt con il panda.”
“Puoi sognartelo! Adoro questa maglietta! Anzi, la metterò tutte le volte che verrai qui!”
“Allora non ti aiuterò con l’esame.” 
Sana iniziò a sbuffare contrariata. 
Akito le si avvicinò. 
“Se non vuoi che usi le maniere forti ti conviene darmi retta, Kurata.” disse con un sorriso beffardo. La distanza tra i loro corpi era svanita e le loro labbra erano separate ormai da pochi centimetri. Akito poteva sentire il respiro di Sana sulla sua pelle e una sensazione di pura elettricità li avvolgeva come la coperta più calda. 
“Provaci.” disse la ragazza con un sussurro e uno sguardo di sfida.
Fu come se una scossa avesse elettrificato il corpo del ragazzo. 
Hayama si avventò sulle labbra della giovane, baciandole, mordendole quasi, cercando più contatto possibile. Sana venne travolta da quella passione così intensa da farla tremare; si aggrappò alle spalle di Akito mentre lui la cingeva completamente con le sue braccia. C’era qualcosa di totalmente diverso in quel bacio: entrambi sentirono che era la cosa giusta da fare in quel preciso istante.    
Perché non mi sono scansata? Perché ho lasciato che mi coinvolgesse così? Perché non riesco a fermarlo, a fermarmi? 
Si staccarono senza fiato. Hayama stava già immaginando le urla della giovane, che però non arrivarono mai. Lei lo fissava, confusa, imbarazzata ma completamente in silenzio; non sapeva se reagire o lasciarsi trasportare dal cuore che in quel preciso istante le consigliava di trascinare Akito in casa e porre fine alla loro amicizia in modi poco adatti a una ragazza fine e raffinata come lei. Arrossì al pensiero di passare la notte con il suo migliore amico, non perché fosse una cosa sbagliata o brutta ma semplicemente perché quando si trattava di Akito Hayama, Sana si comportava come se avesse ancora undici anni. Di tutt’altro parere era il cervello pensante della giovane, che aveva ripreso lucidità dopo quel gesto avventato, e le suggeriva di salutare il suo amico, dimenticare ciò che era successo e concentrarsi sugli studi.
No, dimenticare era fuori questione. Come avrebbe potuto? Ancora tremava per quell’attimo di brivido che le aveva pervaso tutto il corpo. Mettersi a studiare? Non ci sarebbe riuscita nemmeno se avesse voluto. Ma non poteva neanche fare sesso con Hayama. In quel momento, il ragazzo biascicò un lieve ciao e fece per andarsene, ma la mano di Sana appoggiata sulla sua spalla lo bloccò. Akito si girò e si trovò le labbra della giovane appoggiate alle sue, lasciandogli un vago sapore di miele, dovuto al burro di cacao che la ragazza usava sempre.
“Ciao Akito.” gli sussurrò mentre si staccava da quel contatto così dolce. Gli sorrise appena e entrò in casa. 
Il ragazzo, ancora sconvolto dall’intraprendenza dell’attrice, s’incamminò verso casa.
Non riuscirò mai a capirla, sarà sempre un mistero per me**, pensò prendendo a calci un sassolino e immergendosi in quella sera d’Agosto. 

 

**dall’episodio 63 dell’anime


 

 

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Capitolo 2
*** 2. Nessun bacio è sbagliato. ***


2. Believe - Mumford and Sons

 

<< Say something, say something

Something like you love me

Less you want to move away

From the noise of this place

I don’t even know if I believe

I don’t even know if I wanna believe

Everything you’re trying to say to me >>

 

 

Un pomeriggio di inizio febbraio Sana stava tornando dall’università.

Sono la solita irresponsabile, pensò la ragazza mentre se ne stava seduta sulle panchine della fermata della metro. 

Dovevo mettermi un giaccone più pesante, se questo aggeggio non si muove prenderò il colera.

Quella mattina infatti la giovane, vedendo il sole dalla finestra, si era illusa che il gelo avrebbe avuto pietà di lei rispetto ai giorni precedenti nei quali aveva avvolto la città in una morsa di ghiaccio; quindi si era infilata un maglioncino leggero e un cappotto grigio, decidendo di ignorare il forte vento che spazzava le foglie dagli alberi. Dopo diversi minuti di agonia, Sana poté finalmente approfittare del dolce tepore della metro. Si sedette di fronte a una coppia di ragazzi che avranno avuto qualche anno in meno di lei, dato che indossavano l’uniforme di una scuola superiore del centro città. Erano un ragazzo e una ragazza e stavano discutendo animatamente. Sana non poté fare a meno di notare che assomigliavano a lei e ad Akito. 

“E’ possibile che tu non possa fare a meno di impicciarti della mia vita?”

“Cerco solo di essere utile! Sei un ingrato!”

“E tu una ficcanaso!”

Calò il silenzio. Lui guardava fuori dal finestrino e lei giocava con i capelli, ma poi il ragazzo allungò una mano e strinse quella della giovane, si guardarono dolcemente e lei appoggiò la testa sulla sua spalla.

Sana, di fronte a quella scena, ripensò a quel maledetto bacio di molti mesi prima. Tra tutte le cose che aveva avuto da fare, non era riuscita a dedicargli il giusto tempo. Si sfiorò involontariamente le labbra, sorridendo e ricordandosi quanto le bruciassero quella sera estiva: era rientrata in casa intontita da quella bellissima sensazione di leggerezza e con il cuore a mille che le rimbombava nelle orecchie. Aveva ignorato le richieste di sua madre di raggiungerla in cucina per la cena e si era rintanata in camera sua. Sana ricordò di essere rimasta sveglia tutta la notte cercando una spiegazione plausibile a quel bacio, rigirandosi nel letto senza pace, ma alla fine non aveva trovato soluzioni. Era successo. Certo, si erano baciati altre volte e quasi in tutti i casi lei si era infuriata e gli aveva tirato dietro qualcosa, ma quella volta era stato diverso. C’era qualcosa di nuovo, anche lei aveva voluto quel bacio, lo aveva desiderato con tutta se stessa e quello che aveva ottenuto era ben oltre le sue aspettative. Le sue labbra, le sue mani, tutto il suo corpo non voleva staccarsi da quel bacio. Però tutto questo non poteva compromettere la sua lunghissima amicizia con Akito. 

Amicizia? si era chiesta. 

Amici sicuramente lo siamo, soprattutto con tutte le volte che mi ha aiutato con la matematica e i problemi della mia vita. Può capitare di baciare per sbaglio un amico! così aveva archiviato la faccenda nella sua testa.

Naturalmente anche Akito si era interrogato più volte su quello che era successo perché anche lui aveva capito che qualcosa si era rotto e naturalmente nessuno dei due lasciò che quel fatto e l’evidente attrazione fisica che c’era tra loro influenzasse il continuo bisticciare sulle cose più inutili dell’universo.

Sana si alzò dal suo posto e si diresse verso l’uscita, ma si scontrò con qualcuno.

“Kurata è possibile che tu sia sempre in mezzo ai piedi?” disse una voce stanca.

“Hayama non è così che si saluta!” Akito la ignorò e si mise di fronte a lei. Erano finiti i tempi nei quali la loro altezza era di egual misura, ora la ragazza si sentiva sempre più piccola accanto a lui.

“Sai io dovrei scendere!” disse Sana cercando di spostare il corpo del giovane.

“Io non credo. Dovresti avere il buon gusto di accompagnarmi a casa.”

“Si così mi faccio il doppio della strada e arrivo agli studi televisivi domani mattina!”

“Devi andare a registrare oggi? Ma abbiamo un esame tra qualche giorno.”

“Rei mi ha procurato una parte in una pubblicità con Naozumi.”

Akito serrò i pugni. Ormai il suo disprezzo per l’attore era arrivato al limite dell’odio.

Nel corso delle scuole superiori Kamura aveva cercato più volte di instaurare una relazione con Sana e, per un periodo, c’era anche riuscito. I due avevano approfondito il loro rapporto durante le riprese di un film girato lontano da Tokyo e dopo molti mesi, la giovane era tornata a scuola dicendo che lei e Naozumi stavano insieme ed erano molto innamorati. Akito quel giorno aveva preso a pugni il muro di camera sua fino a farsi sanguinare le mani, ma dopo più di un anno la coppia si lasciò e lui ne fu sollevato. Ovviamente sapeva che Kamura era stato il primo di molte esperienze ma la ragazza cercò sempre di evitare l’argomento di fronte ad Akito, credendo che la potesse prendere in giro quando in realtà ogni volta che li vedeva insieme gli ribolliva il sangue nelle vene. 

“Stasera però possiamo vederci, magari ci facciamo un giro” disse Sana.

“Va bene Kurata, passo a prenderti alle nove” le rispose, sfiorandole involontariamente la mano mentre cercava di appoggiarsi alla parete del vagone. A quel contatto la giovane ebbe i brividi.

“Certo” sussurrò lei. 

Non sapeva come ma erano di nuovo molto vicini, tanto che Akito poteva contare tutte le lentiggini del naso di Sana. La carrozza frenò improvvisamente e per non vedere la ragazza spiaccicarsi al suolo, l’afferrò saldamente e la strinse a sé. Con l’orecchio appoggiato al petto, Sana sentì il cuore di Akito battere all’impazzata, come il suo d’altronde. Rimasero in silenzio qualche secondo, approfittando di quel contatto così intimo, sperando non fosse un sogno o una fantasia. Poi Sana rovinò tutto.

“Akito, io dovrei andare..” disse scostandosi delicatamente da lui. “Ci vediamo stasera?”

“Certo” rispose lui ancora annebbiato dalle emozioni di un momento già finito.

Sana lo salutò e scese dalla metro, dirigendosi verso gli studi televisivi. Avrebbe dovuto girare con Naozumi; ogni tanto lo incontrava per questioni lavorative, ma da quando la loro relazione si era conclusa, i loro rapporti si erano raffreddati molto. Kamura l’aveva scaricata, senza nemmeno spiegarle il motivo e tutti i mesi passati a dirle che l’amava mentre si abbracciavano sotto le lenzuola erano stati spazzati via. 

Sana entrò nello stabile, dove incontrò Rei e andò al trucco: aveva la testa piena di pensieri e non riusciva a concentrarsi sul copione, ma l’idea del suo incontro con Akito la tranquillizzò. 

Nulla può andare storto se ho lui al mio fianco, pensò prima di immergersi nella recitazione.

 

Akito si presentò sotto casa di Sana alle nove e un quarto, sperando che quel lieve ritardo avesse permesso alla ragazza di essere pronta in tempo; non che dovessero fare qualcosa di particolare, semplicemente s’incontravano e passavano il tempo parlando. In realtà la maggior parte delle volte Akito ascoltava e Sana parlava: si apriva con lui, lasciava trasparire le sue vere emozioni e la maschera dell’attrice svaniva per qualche ora. Quella era la vera Sana Kurata, non la Idol del mondo dello spettacolo sempre sorridente e energica, ma una ragazza fragile con le sue paure e i suoi momenti bui e che come al solito era in ritardo, perché magari si era addormentata sul divano, troppo stanca per le molte riprese e cambi d’abito fatti qualche ora prima. 

Akito tirò fuori il telefono e compose il numero. Squillò a vuoto e partì la segreteria. Riprovò ma ancora nulla. Alla terza telefonata vide una figura esile venirgli incontro; il ragazzo pensò subito di rimproverarla per il ritardo, ma quando la guardò in faccia cambiò idea: aveva il volto segnato dalla stanchezza e, cosa che notò subito Akito, dalle lacrime.

“Scusami, scusami tanto per il ritardo!” disse lei, cercando di sorridere ma tutto quello che riuscì a fare fu una smorfia finta. Sapeva che Akito avrebbe notato quanto fosse diversa quella sera, ma decise di fingere comunque.

“Dove vuoi andare?” chiede lui, cercando di essere meno duro possibile.

“Lontano da qui” rispose Sana. Il ragazzo annuì e capì subito che quella sera sarebbero stati fuori più del previsto.

“Ti porto in un posto in cui non sei mai stata. Sali” 

Montarono in macchina di Akito e si diressero fuori dalla città. Il traffico verso il centro stava lentamente scemando e tutta la città era illuminata come una gigantesca giostra. Sana guardava fuori dal finestrino: cercava di svuotare la mente, sperando di non pensare a ciò che le era accaduto quel giorno, a quel ragazzo che un tempo era stato suo solo in alcuni attimi della sua vita. Naozumi l’aveva amata e stando alle parole di quel giorno la amava ancora, ma tutto quello che era successo dopo, la furiosa discussione che avevano avuto, le faceva troppo male. No, non era il suo Naozumi quello che l’aveva fatta fuggire dal camerino. 

Akito prese la superstrada mentre la mente di Sana vagava verso pensieri più sereni. 

Perché quando sono con Akito ogni problema sembra sparire?  

Si voltò verso di lui, concentrato sulla strada e si perse di nuovo a fissarlo. Era così bello illuminato dalle luci della notte, con i capelli che scendevano sulla fronte, gli occhi ambrati che seguivano la linea della strada. Ormai Sana non si chiedeva più dove fossero diretti, finché erano insieme tutto il resto sembrava distante anni luce. Presero una strada sterrata e arrivarono sulla cima di una collina. Scesero dalla macchina e videro che tutta la metropoli era sotto i loro occhi: grattacieli e case si fondevano in un’unica e lucente distesa di stelle artificiali.

“Come hai trovato un posto simile?” chiese la giovane ancora persa nel panorama.

“Un giorno dovevo accompagnare mia sorella da una sua amica ma mi sono perso e sono sbucato qui.”

Rimasero in silenzio per molto tempo, beandosi di quello spettacolo. Per Akito però lo spettacolo non era la città, ma Sana. Era tornata serena e aveva un’espressione di stupore infantile sul viso. Lei gli si avvicinò e si appoggiò sulla sua spalla, resistendo alla tentazione di stringerlo forte e sprofondare nel suo giaccone.

“Allora, com’è andata agli studi?”

“Bene.. abbiamo girato una pubblicità per un nuovo shampoo.”

“Kamura come sta?”

A quella domanda Sana non rispose, le ritornarono alla mente le parole dell’attore di quel giorno. Abbassò lo sguardo e cercò di trattenere le lacrime. Lui l’aveva definita cattiva, egoista, con il cuore di ghiaccio e tutto perché lei non corrispondeva i suoi sentimenti. Aveva anche cercato di farlo ragionare, mentre lui rovesciava per terra il tavolo del suo camerino. Sana era rimasta paralizzata dalla paura: Naozumi Kamura non era più quel gracile ragazzino con il palato troppo delicato per le spezie* ma era un uomo e la sua forza avrebbe potuto farle del male. Così era scappata a casa, spaventata da quel cambiamento improvviso di qualcuno che le era sempre stata accanto, in qualche modo come Akito. 

No, Hayama non mi farebbe mai del male, aveva pensato in quel momento, buttandosi sul letto di camera sua e cadendo in un sonno tormentato.

“Sana, che hai?” 

Akito le era di fronte. Lei scosse la testa, ma le lacrime iniziarono a zampillare, trasformandosi in un fiume. Allora il ragazzo la prese tra le sue braccia e rimasero stretti.

“Dimmi cosa ti succede”

“Io e Naozumi abbiamo discusso.. Mi ha detto che è ancora innamorato di me..” Akito serrò la mascella. “Ma quando gli ho detto che non ci sarebbe stato niente tra di noi, lui ha iniziato a dirmi che sono un’egoista e mi ha pure distrutto mezzo camerino..” disse Sana, asciugandosi le guance. “Non ho intenzione di sprecare altre lacrime per lui.”

Era ancora stretta al petto di Hayama, ma lui improvvisamente si scostò. Stava tremando dalla rabbia. Quanto gli sarebbe piaciuto dare una lezione a quell’attore insignificante, ma doveva calmarsi.

Calmati, calmati, continuava a pensare, cercando di ricordarsi qualche tecnica di respirazione senza però nessun risultato.

Prese a camminare, respirando a pieni polmoni mentre Kurata lo guardava confusa. Non riusciva proprio a capirlo quel ragazzo.

“Akito? Che diamine hai?” disse lei ma lui non rispose. Continuava a marciare come un soldato, con i pugni chiusi. Era molto arrabbiato e Sana aveva capito che la causa era chiaramente Naozumi; tra i due non correva buon sangue e alla ragazza venne in mente una frase che le aveva detto quando si erano lasciati: ora Hayama potrà averti tutta per sé. Non aveva mai capito il motivo di quella affermazione e nemmeno perché si odiassero tanto, non era a conoscenza dell’infinita lotta tra i due per conquistarla. Si mise davanti ad Akito, cercando di bloccarlo ma lui non le diede retta e continuò a marciare. Sana sbuffò e le venne un’idea per distrarre il ragazzo.

“Akito secondo te può succedere a due amici di baciarsi per sbaglio? Nel senso che magari c’è uno scontro e capita di toccare le labbra dell’altro..”

Hayama si bloccò e girò la testa verso di lei.

“Per sbaglio Kurata? Non credo proprio. Non ci si può scontrare e baciare per sbaglio. E inoltre, nessun bacio è sbagliato.” rispose lui, guardandola negli occhi. “Perché mi chiedi una cosa simile? Non avrai mica baciato Tsuyoshi, spero.”

“Era più una curiosità..” disse lei, arrossendo.

“Sei una bugiarda Sana.” Akito si avvicinò a lei, la sua rabbia era svanita.

“Non sono bugiarda, ne stavo parlando con Fuka..” la giovane abbassò lo sguardo, indietreggiando finché non sbatté contro un albero. Hayama era ormai a pochi centimetri da lei: aveva appoggiato il suo braccio al tronco dell’albero intrappolando Sana. 

“Secondo te ti credo? So benissimo a cosa ti riferisci. Vuoi sapere se quel bacio che ci siamo dati ad agosto è stato una casualità? Non lo era, tu lo volevi quanto lo volevo io. Non è stato uno sbaglio. E guardami quando ti parlo.” Sana alzò lo sguardo: era ammaliata dalla sua voce, il suo tono così basso e roco, era incatenata dal suo sguardo di pura elettricità.

“Che significa? Volevi baciarmi?” chiese lei, con voce esitante.

“Si.” disse Akito, fissandole intensamente le labbra. Si ritrovarono entrambi a desiderare che uno dei due annullasse quei pochi centimetri che ormai li separavano. Ma mentre Sana stava già per allungare le sue mani sui capelli di Akito, quello si spostò e si allontanò andando verso la macchina. La giovane rimase sorpresa e immobile, non sapeva se arrabbiarsi o meno. 

“Kurata se non ti muovi ti lascio qui.”

Dopo mezz’ora di strada, Akito parcheggiò davanti a casa della ragazza. Era un’abitazione in stile occidentale di colore bianco, circondata da un enorme giardino, teatro di molti ricordi felici. Era quasi mezzanotte e le luci della casa erano tutte spente.

“Spero che Mama non mi faccia la predica, visto che sono uscita senza dirle nulla.”

“Vedrai che non ti dirà nulla, eri con me e lei mi adora.” disse Akito, gonfiando il petto di orgoglio. Era stato amore a prima vista tra la signora Kurata e Hayama, la donna apprezzava molto il carattere sicuro e controllato del giovane e ammirava quanto Akito tenesse a sua figlia.

“Si certo, non so se ti adorerà ancora non appena le dirò dove mi hai portata stasera” rispose Sana, sogghignando.

“Ma se nemmeno tu lo sai! Probabilmente hai dormito per tutto il viaggio.”

“Sciocchezze, sono vigile come un puma e ho un senso dell’orientamento incredibile!”

“Si così incredibile che ci ha fatto perdere più di una volta!” esclamò Akito mettendosi a ridere. 

Gli era ritornata alla mente una gita fatta qualche anno prima con tutta la loro compagnia: avevano deciso di seguire Sana per andare alla ricerca di un vecchio ristorante dove l’attrice aveva mangiato da bambina durante le riprese di un film. Avevano girato per ore e ovviamente del locale non c’era traccia, quindi spinti dai morsi della fame si erano fermati in un’aera di servizio nella quale avevano mangiato degli onigiri duri come i sassi, il tutto accompagnato dalle imprecazioni e rimproveri di Fuka verso Sana.

“Non è sempre stata colpa mia!” sbuffò l’attrice. Una luce in casa si accese. “Akito è meglio che vada, sennò questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedi. Grazie per avermi fatto compagnia stasera, ne avevo bisogno.” La ragazza gli si avvicinò e gli schioccò un bacio sulla guancia ma non riuscì ad allontanarsi dal suo viso. C’era qualcosa che la spingeva a non indietreggiare, il suo istinto le suggeriva di accarezzargli il viso e di baciarlo dolcemente. Akito dal canto suo, non si era spostato di un centimetro, si lasciava avvolgere dal desiderio che aleggiava ancora tra di loro: sapeva che avrebbe potuto attirarla a se in qualsiasi momento e porre fine a quello spazio tra loro ma era conscio del fatto che se avesse forzato le cose, Sana sarebbe scappata via, spaventata dalle sue stesse emozioni.

Hayama chiuse gli occhi quando la mano della giovane gli accarezzò il viso, il velo di barba che non era riuscito a rasare, scendendo con le dita verso le sue labbra. Lo stava ancora guardando e con una lentezza esasperante si avvicinò alla sua bocca e iniziò a lasciare lievi baci sulle guance, arrivando all’angolo della bocca. Akito la lasciò fare ma sentendosi invadere dal desiderio, aprì gli occhi e trascinò Sana in un bacio intenso. 

Si staccarono dopo qualche istante e si sorrisero a vicenda. Lo sguardo che Hayama aveva di solito, freddo e tagliente, era svanito, stava quasi arrossendo di fronte a quella giovane che continuava a guardarlo in modo dolce. Sana si beò di come le emozioni di Akito le si stessero finalmente svelando e dopo qualche istante scese dalla macchina senza dire una parola, lasciando il ragazzo in un mare di pensieri che lo avrebbero sommerso per tutta la notte.

 

*episodio 56 dell’anime 









Okay, okay, è arrivato il momento di palesarmi! 
Salve a tutti coloro che hanno dedicato un po' di tempo per leggere questi due piccoli capitoli e vi ringrazio per questo! Erano diversi anni che non scrivevo qui su EFP e a causa di questa situazione complicata che è presente in questi ultimi tempi, ho approfittato per imbarcarmi in un nuovo progetto.
Ora un paio di specifiche: questa FF è principalmente sull'anime di Kodocha e la citazione iniziale del primo capitolo è proprio l'ultimo scambio di battute dell'ultimo episodio trasmesso in Italia. Mi sembrava carino riprendere un po' da quel punto! Sana e Akito sono sempre gli stessi, lei estremamente impacciata e infantile e lui musone e difficile, ma si può dire con certezza che crescendo è maturato anche il loro rapporto. Un'ultima cosa: le canzoni che ci sono ad inizio di ogni capitolo sono un po' quelle che mi hanno ispirato la scrittura e secondo la mia opinione scorrono molto bene con la lettura!
Detto questo, vi ringrazio ancora di aver letto queste due cosette e ringrazio anche chi ha trovato il tempo di recensire, è una cosa che apprezzo tantissimo!
Ci vediamo al Capitolo 3!
Stay safe e baci stellari,
Ely

 

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Capitolo 3
*** 3. Hakone ***


3. Oblivion - Bastille

 

<< When you fall asleep 

with your head upon my shoulder,

when you’re in my arms 

but you’ve gone somewhere deeper >>

 

 

Akito Hayama era meticoloso, preciso e ordinato, qualità assai rare in un ragazzo di diciannove anni che l’avevano aiutato a distinguersi dalla brufolosa e sudata massa dei suoi coetanei. Il suo amore per il karatè lo aveva costretto al continuo allenamento e ad una disciplina ferrea che aveva applicato a tutti i campi della sua vita. Quindi oltre ad essere meticoloso, preciso e ordinato fino a sfiorare la mania, con eccellenti voti scolastici, Akito Hayama era inoltre atletico e muscoloso. Per non parlare dei bellissimi lineamenti presi dalla madre, gli occhi ambrati e un’aura di mistero che avvolgeva tutta la sua persona. Perciò era difficile non notarlo in un qualsiasi contesto, persino mentre camminava per strada le ragazze si fermavano a guardarlo. C’era una sola persona però che non si era mai accorta di tutto questo, la sua adorata amica d’infanzia Sana Kurata. Quest’ultima gli rivolgeva attenzioni del tutto infantili, si comportava come se avesse ancora undici anni e, a parere di Hayama, non sarebbe mai realmente cresciuta; però alcuni ultimi avvenimenti gli avevano ricordato che lei era a tutti gli effetti una donna, non più una ragazzina e che alle volte si poteva dimostrare spavalda e mandare il suo cervello in cortocircuito. Ad esempio mentre mangiava un cono gelato, inclinando la testa e fissandolo intensamente negli occhi oppure mentre gli appoggiava la mano sulla coscia per controllare degli appunti all’università. O anche quando, ogni volta che si fermavano a guardare un film a casa di qualche loro amico, Sana si buttava su di lui, inondandolo del suo profumo. Era abbastanza convinto che certi atteggiamenti Kurata li facesse apposta per mandarlo in crisi: la prova che dimostrava che Akito non si sognasse tutto questo era avvenuta proprio qualche sera prima, a casa di Hisae la quale aveva appena montato uno televisore a schermo piatto da cinquanta pollici. Tsuyoshi aveva scelto un film d’autore dall’apparenza ricercato, ma che si era rivelato tremendamente noioso. Akito era steso, appoggiato allo schienale del divano e Sana, che si stava praticamente addormentando, lo aveva guardato con fare innocente e gli aveva chiesto se poteva usarlo un po’ come cuscino; ovviamente lui aveva risposto con secco No ma lei se n’era totalmente fregata e si era accoccolata sopra di lui. Si erano ritrovati poggiati l’uno all'altra, il petto di Hayama che sorreggeva la ragazza come se niente fosse. Le loro mani separate da pochi millimetri e le dita che orbitavano nella stessa traiettoria, cercando un qualsiasi pretesto per potersi anche solo sfiorare. Ad alcuni secondi dalla fine del film, Sana si era girata verso di lui e gli aveva rivolto un lungo sguardo: nei suoi occhi Hayama aveva visto un lampo di felicità, come se fosse grata di quel momento intimo tra loro anche se erano circondati da altre dieci persone. Quando poi Tsuyoshi spense la tv e accese le luci, Akito si alzò così di fretta che Sana tirò una testata sul pavimento. Lei aveva iniziato a urlargli dietro quanto fosse sempre così sgarbato nei suoi confronti ma lui l’aveva ignorata. Stava ancora cercando di capire come due semplici pezzi di carne quali le sue mani e quelle di Kurata potessero condurre più elettricità di una presa di corrente.
Ecco tutto questo riusciva a mettere in grossa difficoltà Akito più di qualsiasi altra cosa al mondo, soprattutto perché Sana aveva stravolto tutto quello che lui aveva sempre considerato razionale e logico. Faceva una fatica immensa solo a tenerla fuori dalla sua mente certe volte; anche in quel momento, mentre faceva piegamenti nella palestra vicino a casa sua, tutto quello che riusciva a pensare era quanto gli desse fastidio che Kurata fosse sempre nella sua testa, come se ci fosse una specie di posto dedicato solo a lei, un posto nel quale si era infilata durante le elementari e da dove non aveva nessuna intenzione di schiodarsi. Erano state tante, troppe, le volte le quali aveva desiderato che Sana fosse solo sua, soprattutto quando lei si fermava ad abbracciare calorosamente i loro compagni di corso, quasi non li vedesse da mesi e mesi e fossero appena tornati da una qualche zona di guerra.
Non mi sembra di essere mai stato abbracciato in quel modo, pensava Hayama.
Non riusciva a definirsi geloso, Sana non era la sua ragazza, era solo estremamente protettivo. Così tanto da sembrare la sua guardia del corpo, fatto accaduto talmente tante volte da fargli perdere il conto ormai. Akito si era meravigliato di quante persone potesse allontanare solo con uno sguardo tagliente o con un ringhio quasi animalesco. A quelli più testardi, che spesso non erano solo compagni di università, il giovane doveva mandare segnali più forti e più di una volta si era beccato una martellata in testa per un commento imbarazzante o per una mano fatta scendere lungo i fianchi di Sana. 

“Perché non saltiamo la lezione di Futushi e andiamo a farci un giro a Shinjuko?” le aveva detto una volta a voce bassa, in modo che lei potesse concentrarsi solo su di lui e non sull’ennesimo ragazzo che si presentava davanti a Sana con una scusa stupida. Lei si era girata subito verso Akito, il quale aveva accennato un ghigno soddisfatto.
“Non penso sia una buona idea Hayama” aveva risposto lei aggrottando le sopracciglia e non capendo come al primo della classe venisse in mente di saltare una delle lezioni più complesse.
“Perché no? Poi ti aiuto io a recuperare quello che non hai capito” aveva detto lui con un sorriso malizioso, avvicinandosi al viso della ragazza. Lei vedendolo farsi sempre più vicino alle sue labbra, indietreggiò bruscamente e gli tirò una martellata in testa iniziando a urlare insulti. Inutile dire che il ragazzo che aveva tentato di approcciare Sana si era dileguato. 
Ogni volta che qualche idiota si avvicina a Kurata, mi tocca fare un teatrino per cacciarlo via, pensava Akito alla flessione numero duecentosessanta. 
Ancora non capisco come non si sia accorta della continua gente che- 

Un bip interruppe i suoi pensieri: un messaggio di Tsuyoshi. Akito decise di ignorarlo e riprendere con le flessioni. 
Che cerca disperatamente di infilarsi nelle sue-
Un altro bip. Un altro ancora e ancora e ancora. Esasperato il ragazzo afferrò il telefono e cercò di spegnerlo ma una chiamata lo costrinse a rispondere. 
“Pronto” sibilò Hayama con cattiveria.
“Si può sapere perché non rispondi ai messaggi di Tsuyoshi?” disse una voce acuta.
“Kurata, si dia il caso che io abbia delle cose da fare molto più importanti dei messaggi di Tsuyoshi.”
“Ma per favore, sarai davanti allo specchio a guardarti i muscoli che non hai.” sbottò lei. “Ora però concentriamoci su cose più importanti della tua vanità.” Akito voleva risponderle in malo modo ma si limitò a sbuffare “come ben sai, qualche mese fa avevamo accennato all’idea di andare alle terme di Hakone e tu avevi risposto che saresti venuto. Il weekend si avvicina e ci serve la conferma per prenotare, perciò ti conto, giusto?” chiese Sana con un tono autoritario.
“No.”
“Come sarebbe a dire no?” strillò lei.
“No è no. Innanzitutto devo allenarmi e studiare.. per non parlare del fatto che sei stata poco cortese nel chiedermelo.” disse Akito in modo altezzoso. Sentì Sana fare un respiro profondo e di sottofondo Aya e Tsuyoshi che ridacchiavano. 
“Non ho nessuna intenzione di pregarti Hayama. O ci sei o non ci sei.” rispose la ragazza asciutta. 
“Va bene, allora non ti aiuterò con l’esame del 20 marzo.” 
“Ma Akito! Questo è un ricatto bello e buono!” disse Sana agitandosi. Akito si stava crogiolando del nervosismo della giovane. 
“Beh, basta solo che tu sia un pochino più gentile con me e potrei prendere in considerazione l’idea di aiutarti e di venire a Hakone.” 
Hayama sentì in sottofondo Aya che incitava Sana a dire per favore o ti prego ma con scarsi risultati e tutto quello che ottenne fu un semplice “ci farebbe piacere se venissi anche tu” così tirato e ricco di sarcasmo che Akito dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere. 
“Va bene, va bene, verrò visto che non potete fare a meno di me.” rispose in tono melodrammatico, come se l’avessero supplicato. Sana in tutta risposa gli attaccò il telefono in faccia. 
Il venerdì successivo si trovarono Sana, Akito, Tsuyoshi, Aya, Hisae, Fuka e Gomi davanti alla stazione ferroviaria di Tokyo. Ci voleva poco più di un’ora per arrivare alle terme che erano così vicine al Monte Fuji da poterlo quasi toccare. Quella mattina c’era un vento gelido che spazzava via tutto, foglie, giornali, perfino il termos pieno di tè di Fuka stava per prendere il volo. Erano solo le sette e Sana aveva già cominciato a strillare e cantare come se fosse in gita scolastica. 
“Sana, ti prego, tappati quella bocca!” le aveva ringhiato Fuka ormai allo stremo delle forze. 
“Sto solo dicendo che è una giornata meravigliosa, non fa nemmeno tanto freddo! Sono così felice di fare un paio di giorni di vacanza!” rispose Kurata, sorridendo e saltellando. Akito respirò profondamente e le tirò un colpetto in testa.
“Hayama! Mi hai fatto malissimo!” rispose Sana urlando ancora di più.
“Se non la smetti di gridare, te ne tirerò altri cento.” rispose il ragazzo guardandola male. La giovane mise il broncio in concomitanza con l’arrivo del loro treno; cercarono dei posti tutti vicini ma alla fine si divisero: Fuka, Hisae e Gomi si sedettero a metà vagone, Tsuyoshi e Aya riuscirono a trovare due posti accanto all’uscita mentre Sana e Akito furono costretti a sedersi con le spalle al finestrino. Sana aveva ancora il broncio, Akito invece guardava la città sfrecciare davanti ai suoi occhi ma dopo una ventina di minuti si accorse di un peso sulla sua spalla e si girò. Sana si era addormentata lì, indifesa, su di lui, le labbra schiuse e ancora imbronciate. Il ragazzo la guardò dolcemente.
Ma guardala, si può essere cosi infantili a vent’anni? aveva pensato Akito, appoggiando a sua volta la testa su quella di lei. Sana iniziò a mugugnare nel sonno, la sera prima era tornata tardissimo dagli studi televisivi e non aveva dormito molto. 
“Akito..” aveva sussurrato nel sonno, sciogliendo il suo broncio in un sorriso sereno.
Il ragazzo si tirò su, arrossendo. Cercò di spostarsi, di scansarsi da quella strana situazione di intimità, un’intimità che non aveva mai provato con nessuno se non con lei. Ma la ragazza di tutta risposta si era stretta a lui ancora di più.
Hayama sorrise. 
Sana era la persona più importante per lui. Non riusciva a capire quando lo fosse diventata, ma stare senza di lei era inconcepibile. Ogni volta che gli succedeva qualcosa, lo voleva raccontare subito a Kurata. Ogni volta che vedeva un suo spot pubblicitario, Akito desiderava solo chiamarla per dirle “ti ho vista nella pubblicità di quel profumo, eri da perdere il fiato”. Ogni volta che Sana gli andava incontro sorridendo, Akito non riusciva ad immaginare la sua vita senza di lei. Lei era ovunque e lui la ritrovava ovunque, anche quando lo faceva dannare. Anche quando litigavano e la ragazza gli urlava dietro, lui non riusciva a rimanere ancorato alla rabbia, vedeva i suoi occhi per tutta Tokyo e gli passava in un attimo. Se avesse potuto scegliere una vita solo con Sana Kurata, tutti i suoi difetti e i suoi capricci, ci avrebbe messo una firma all’istante.
Il treno si fermò. Fuka si alzò per chiamare Hayama e Kurata e dire loro di scendere ma la scena che si trovò davanti la costrinse a non muovere un muscolo, come si fa quando incontri un animale selvatico e hai paura che sentendoti torni nella sua tana. Sana e Akito erano entrambi addormentati, l’uno appoggiato all’altra, le dita quasi intrecciate. A Fuka si sciolse un pochino il cuore, sorrise, tirò fuori il telefono e scattò una foto. 
Questa mi tornerà utile nei prossimi giorni, pensò. Si avvicinò a Sana e le diede un colpetto sulle spalle.
“Sana siamo arrivati. Dobbiamo muoverci.” La ragazza aprì gli occhi. Girò la testa e vide prima gli occhioni castani di Fuka che la scrutavano e poi quelli miele di Akito che si aprivano lentamente. 
E’ dannatamente bello, vero? disse una vocina nella sua testa. Certo, era dannatamente bello. E generoso, premuroso, coraggioso.. 
All’improvviso si rese conto che tutto il treno la stava fissando come se fosse la protagonista di qualche storia romantica. Sana si alzò, tirò fuori un martelletto di gomma e lo sbatté sulla testa di Akito, il quale iniziò a imprecare sonoramente. 
Ecco, sparita la magia, pensò Fuka.
“Ma che diavolo ti salta in mente Kurata?!” sibilò Akito, grattandosi la testa.
“Siamo arrivati Hayama, non puoi sempre dormire nei momenti utili.” gli rispose Sana alzandosi e facendogli la linguaccia.
“Sei la solita gallina.” 
Il gruppetto aveva deciso di prenotare in una pensione in stile tradizionale, affacciata sul lago Ashi. Quella mattina il paesaggio era incantevole, le colline innevate, i velieri turistici attraccati al molo, il sole che brillava nel cielo limpido. Sana respirò forte quell’aria così pulita e fresca. Sentiva il profumo dell’acqua dolce e delle alghe giapponesi, il rumore degli uccelli che cantavano in lontananza. Era in pace con se stessa e sentiva proprio il bisogno di fare una pausa dalla giostra frenetica che era il suo lavoro. 

“No, mi scusi deve esserci un errore” ripeté per la terza volta Fuka. Era appoggiata con entrambi i gomiti al bancone e guardava il suo interlocutore con gli occhi spalancati. Non ci voleva credere.
“Signorina come le ho già detto voi avete prenotato due camere matrimoniali e una camera tripla. Vede? E’ anche specificato nella e-mail che ci avete mandato.” disse il capo della ricezione dell’albergo.
“E chi le avrebbe mandato questa e-mail?” chiese allora spazientita Matsui. Era la classica delle situazioni: tutte coppie e a lei toccava stare nel mezzo. Oltretutto aveva già fatto parte di quel triangolo e non voleva ripetere l’esperienza nemmeno col pensiero.
“Il signor Tsuyoshi Ohki.” lesse l’uomo. 
“Il signor Tsuyoshi Ohki.” ripeté Fuka, stringendo gli occhi a due fessure. Si girò furiosa verso il suo amico e Tsuyoshi iniziò a blaterare ininterrottamente, scusandosi in dieci modi diversi, tentando di spiegare che era stato uno stratagemma per lasciare soli Sana e Akito ma si era dimenticato che lei avrebbe dovuto dormire con loro.
Fuka fece un respiro profondo. Lei aveva bisogno di riposarsi, non di sentire le urla della sua migliore amica o i lamenti di Hayama. Si spostò una ciocca di capelli dagli occhi.
“Okay, allora scommetto che sarai tu a dirglielo, vero?” 
In tutto questo i due protagonisti di quel siparietto erano ovunque tranne che nei paraggi: Sana era andata a godersi la vista sul lago e Akito era sparito alla ricerca di un buon posto dove mangiare. 
“Allora Kurata la pianti di guardare il vuoto?” chiese il giovane avvicinandosi, ormai la stava fissando da diversi minuti. Lei ignorò quel tono canzonatorio.
“Akito, guarda lì. Non trovi che questo posto sia magnifico? Mi piacerebbe venirci a stare un giorno, magari quando sarò abbastanza vecchia per non dover più lavorare” disse Sana sorridendo.
La cosa buffa è che vorrei avere Akito al mio fianco, come ora, come sempre, vorrei che il nostro rapporto non cambiasse di una virgola.
Una voce in lontananza li chiamò. Era Hisae che gli urlava di rientrare e portare le valigie nelle rispettive camere.
“Io mi prendo il futon vicino al bagno!” urlò Fuka, buttando le sue borse sul pavimento. Sana e Akito erano rimasti semplicemente allibiti dalla sistemazione delle stanze. La ragazza, che pensava di dormire con le sue amiche, era stata liquidata da un semplice ma perché non lasci Hisae a dormire con Gomi, dopotutto stanno insieme!” di Aya mentre il giovane Hayama aveva ricevuto una serie di gomitate da Gomi, il quale faceva letteralmente i salti di gioia potendo finalmente godersi un po’ di intimità con sua fidanzata. Quindi Sana e Akito erano stati costretti a condividere la stanza, loro che ogni volta che per caso si sfioravano o passavano troppo tempo da soli finivano per inciampare  - così l’aveva definito Sana -  l’una nelle braccia dell’altro. E infatti Sana, per l’ennesima volta, era incespicata su stessa e Akito l’aveva presa al volo. Di nuovo. 
Erano vicini, tanto vicini. Troppo vicini. Di nuovo. 
I cuori che martellavano nei petti, quasi a voler saltar fuori, il respiro leggermente accelerato e gli occhi languidi. Di nuovo. 
Ecco, quella era circa la settecentotrentesima volta che succedeva una cosa simile. 
Non le avrai mica contate Sana? disse la vocina nella sua testa.
La giovane si tirò su, mormorando un piccolo ‘grazie’ e sparendo in bagno, il viso ancora arrossato dall’estremo contatto fisico.

“Sarà un ottimo weekend! Ne sono sicura!” disse ad alta voce, sciacquandosi la faccia con dell’acqua fresca.










Ciao a tutti!
Spero siate tutti al sicuro e stiate tutti bene! 
Veniamo al capitolo: non ho molto da dire, ci tenevo a mostrare i pensieri del buon Akito, dato che nei primi due c'è quasi solo Sana che si mette a nudo. Ringrazio ancora tantissimo chi ha avuto il tempo di leggere i capitoli e chi li ha recensiti, davvero, anche perché siamo solo all'inizio!
Ci vediamo al prossimo capitolo e aspetto con ansia le vostre reazioni!
Baci stellari e stay safe,
Ely

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Capitolo 4
*** 4. Tu sei tutto ***


4. Silhouettes - Of Monsters and Men

 

<< But I'm already there

  I'm already there

  Wherever there is you

  I will be there too >>

 

 

Dopo aver sistemato le proprie valigie, il caotico gruppetto decise di scendere a godersi un po’ le terme, “divisi naturalmente” aveva detto Hisae davanti a un scandalizzato e deluso Gomi, “dopotutto quella era una pensione tradizionale”. 
Entrambe le sorgenti si affacciavano sul lago: la luce del sole stava lentamente scemando e delle grosse nuvole bianche si avvicinavano sempre più in fretta.
“Credo che stasera pioverà” disse Aya stiracchiandosi dolcemente e guardando il cielo, i capelli raccolti in uno chignon ordinato e le guance sudate dal vapore. “Sana va tutto bene? Sei stranamente silenziosa”
Sana era assorta nei suoi pensieri quel pomeriggio, aveva a malapena partecipato alle chiacchiere delle sue amiche. Era immersa in pensieri che avevano una faccia ben precisa: Akito. Non riusciva a smettere di tormentarsi su quello che succedeva quando lui era presente. 
Nell’ultimo periodo, ogni volta che si trovavano insieme, il suo cuore si agitava in un modo che lei non riusciva a capire, aveva quasi paura a stare in sua compagnia ma al tempo stesso era spaventata quando lui non era con lei. Perché? Perché l’idea di un futuro senza Akito la preoccupava così tanto? Perché ogni volta che lui accennava un sorriso o uno sguardo che non fosse gelido, Sana si scioglieva come neve al sole? Si sentiva stranamente inquieta.

“Sana?” una voce la riportò alla realtà. Era Hisae che le agitava la mano davanti agli occhi.
“Si?” balbettò lei di risposta. Era stata tirata fuori da una vasca di pensieri che stavano per sommergerla.
“Fuka ci stava parlando del tipo che ha incontrato in quel nuovo café in zona universitaria. Hai presente quel posto vicino al tuo dipartimento?”
Sana le guardò spaesata. 
“A cosa stavi pensando?” le chiese Aya con malizia. “A qualcosa, o meglio qualcuno?”
“No no no, solo cose di lavoro! Niente di particolare!” rispose imbarazzata la ragazza.
“Probabilmente qualcuno con i capelli biondi, vero?” fece eco Fuka.
“Ma chi? Io? Pensare ad Akito Hayama? Perché mai dovrei?”
“Nessuno però ha detto il nome di Akito” puntualizzò Hisae. Sana era caduta nella loro trappola. Sospirò forte. 
“Allora Sana ci vuoi dire che cosa significano tutte queste adorabili scene tra te e Hayama? Di come vi addormentate in treno vicini vicini o di come lui ti afferri al volo quasi fossi un vaso di porcellana?” chiese Fuka.
Sana si morse il labbro. Era ora di vuotare il sacco, dopo mesi e mesi passati a nascondere tutti quei pensieri rumorosi, soprattutto dalle sue amiche che la conoscevano meglio di chiunque altro. Sana raccontò tutto a loro, dall’estate precedente all’ultima volta che lei e Hayama si erano baciati, proprio sotto casa. Raccontò come lei si sentisse strana, in ansia, quando lui le stava accanto e ancora peggio quando lui non c’era. Disse di come si sentisse nervosa quando qualche ragazza si avvicinava ad Hayama per chiedergli di uscire, arrivando a sperare che lui rispondesse sempre di no. Disse quanto la irritassero quei giorni in cui lei arrivava troppo tardi alle lezioni per sedersi accanto a lui. Si ricordò di tutte quelle volte che lui la prendeva per mano quando, magari in metropolitana, dovevano attraversare un gruppo di turisti e di come lei fosse riluttante a lasciarla andare. Disse alle sue amiche di come non capisse tutti quei sentimenti, lei era stata innamorata o almeno credeva di esserlo stata, solo che quella strana situazione la trascinava in un vortice senza un senso e si sentiva totalmente disorientata, in balia di ciò che le stava attorno senza nessun potere di controllare se stessa e le sue emozioni. Raccontò come avesse provato a chiuderle in qualche cassetto della mente, ma quelle erano uscite con prepotenza e non l’avevano più abbandonata, non dal giorno in cui si era resa conto che Akito era importante, troppo importante per fare qualche mossa falsa e perderlo per sempre.

Aya, Fuka e Hisae erano senza parole. Sana aveva il fiato corto, aveva dato voce a un fiume di pensieri che non era mai riuscita a tirare fuori, si sentiva scoppiare la testa. Le sue amiche la circondarono e la strinsero in un abbraccio.
“Sana..” cominciò Aya in tono materno; non sapeva bene come affrontare una questione così delicata. “Secondo me dovresti parlarne con Akito, dopotutto sono certa che ti capirebbe. Magari prova le stesse cose che provi tu, potresti rimanere sorpresa!”
“No no no, figurati. Non farebbe altro che prendermi in giro o peggio.” rispose Sana scuotendo la testa. 
“Cosa intendi per peggio?” chiese Fuka.
“Non so, potrebbe non voler essere più mio amico.”
Le ragazze si guardarono stranite, quella era una tipica reazione di Sana, trovare un motivo infantile per evitare il confronto.
“Ma Sana come puoi pensare una cosa del genere! Nonostante tutto Akito c’è sempre stato per te! Anche quando stavi con..” disse Hisae, interrompendosi. Aveva parlato troppo. Nessuna di loro le aveva mai detto quanto la vedessero sbagliata con Naozumi. Fuka, all’epoca, si era infuriata per quella scelta così  insensata da parte di Sana e tutti erano pienamente d’accordo con lei. E soprattutto, chiunque aveva notato l’espressione attonita di Hayama quella mattina quando Sana si era fatta accompagnare dall’attore a scuola e si erano salutati con un bacio appassionato. Ma nonostante tutto, come aveva detto Hisae, lui c’era sempre stato. 
Sana si mosse velocemente, mormorò qualcosa come un “Vado ad asciugarmi” e sparì nel vapore. Si, Hisae aveva parlato troppo. 


Quando fu ora di scendere a cena, Kurata era stata data per dispersa: aveva lasciato il telefono in camera e per quanto provassero a chiamarla, lei non avrebbe risposto comunque. I ragazzi non avevano chiesto niente, ma Akito sapeva che c’era qualcosa che non andava.
Quando mai Sana avrebbe saltato la cena? pensò Hayama. 
“Ho dimenticato una cosa in camera” disse e si alzò da tavola. Tsuyoshi e Fuka si guardarono sapendo perfettamente dove sarebbe sparito. Il ragazzo la trovò sotto il porticato dell’albergo, intenta a fissare i fiocchi di neve che scendevano lentamente. Aveva le sopracciglia aggrottate e Akito poteva chiaramente sentire quanto il cervello della ragazza stesse lavorando.
“Non te l’ha mai detto nessuno che fare quella faccia fa venire le rughe?” disse Hayama. Sana sussultò.
“Akito! Mi hai spaventato! Annunciati la prossima volta!”
“Si certo, poi ti mando anche un avviso scritto quando sto per entrare nella stessa stanza dove sei tu.” 
Calò il silenzio. Hayama notò quanto la sua amica fosse stranamente silenziosa quella sera. Gli aveva rivolto appena uno sguardo ed era tornata a fissare fuori. Rimasero così per qualche minuto poi Sana parlò.
“Posso farti una domanda?” aveva un tono strano, incerto.
“Dimmi”
“Perché di tutte le ragazze che ti hanno invitato a uscire anche solo per un caffè tu non hai mai detto si?” disse tutto d’un fiato. ”Perché inventi sempre una scusa o ad alcune non rispondi affatto?”
Aveva fatto una delle mille domande che la stavano tormentando da tutto il pomeriggio. Sentiva il suo cuore rimbombare nella cassa toracica. Akito chinò leggermente la testa, quasi non capendo la domanda.
“Perché nessuna di loro mi è mai interessata” rispose con tono risoluto. Sana provò a deglutire, aveva la gola tremendamente secca.
“E io?”
“E tu cosa?”
“Io ti interesso? E’ per questo che siamo sempre insieme vero, o è solo un altro dei tuoi modi per prendermi in giro?”
“Che stai farneticando?”
“E’ l’unica spiegazione che sono riuscita a darmi. Dimmi Hayama, per te sono solo uno scherzo, vero?” disse lei con voce quasi tremante.
Cadde di nuovo il silenzio. Akito aveva cercato di nascondere la sua sorpresa nel ricevere una domanda così diretta, ma non ci era riuscito. Ora Sana lo stava guardando dritto negli occhi, aveva le guance arrossate e lo sguardo intenso allo stesso tempo. Il ragazzo le si avvicinò ma lei non indietreggiò, non poteva mostrarsi debole in quel momento. Doveva tenergli testa. 
“Tu..” iniziò lui, spostandole una ciocca di capelli dal viso. Gli occhi di Sana si fecero improvvisamente languidi a quel contatto, così come quelli di Akito. Quella vicinanza sembrò addolcire la conversazione. Hayama sapeva perfettamente quanto lo sfiorarsi e scontrarsi fosse importante per loro.
“Tu sei tutto.” disse Akito, guardandola in volto. Sana trattenne il fiato. 
Hayama, che se ne stava con la mano ancora appoggiata al suo viso, l’avvicinò con dolcezza a se. Sana si appoggiò sul suo petto, sentiva il cuore di Akito battere all’impazzata, forte come il suo. Non capiva cosa la tenesse così immobilizzata tra le sue braccia, non riusciva a muoversi, anzi si rese conto che non voleva farlo. Sana voleva rimanere lì, tra le braccia di Akito come le migliaia di volte che era successo, per caso o per volontà. Era qualcosa che veniva dalle profondità del suo io, più a fondo del cuore, più intimo dell’anima. C’era un legame quasi cosmico che li univa, una connessione magnetica che non faceva altro che attrarli l’uno all’altra. Due calamite destinate ad attrarsi inesorabilmente. 
Passarono i minuti fino a che un rumore non li riportò alla realtà. Sussultarono entrambi e si staccarono bruscamente sentendo il proprio nome rimbombare all’altoparlante dell’albergo: il signor Tsuyoshi Ohki li stava cercando.

 

Tu sei tutto.

Quella notte Sana non riusciva ad addormentarsi. Quelle tre parole l’avevano messa ancora più in crisi. 

Tu sei tutto.

Continuava a rotolarsi nel futon, incapace di liberarsi di quel ricordo. Le stava seduto su una spalla, la fissava, la tormentava. Dopo aver raggiunto i loro amici, Akito e Sana, rossi in volto, non si erano più rivolti la parola, nemmeno quando si erano trovati nella sala della cena a giocare a carte con gli altri ospiti della pensione dove alloggiavano.
Per fortuna che c’è Fuka che dorme nel mezzo, aveva pensato la ragazza, ringraziando il russare della sua amica che le teneva compagnia insieme ai suoi pensieri. 
Tu sei tutto.
Ma che diavolo voleva dire?
Non ha risposto alla mia domanda! Come è riuscito a confondermi ancora 
di più? Non posso passare tutto il mio maledetto tempo a pensare a lui e alle sue risposte strane.
Sana sospirò forte, si alzò e andò a sciacquarsi il viso in bagno. Passò accanto al futon di Akito e le cadde lo sguardo su di lui. Le tornò alla mente il modo in cui le aveva accarezzato il viso qualche ora prima. Sarebbe rimasta accanto a lui per sempre, accanto al suo viso, a tratti duro e a tratti dolce. Sana si chinò, lo osservò per qualche minuto, perdendosi nei fili d’oro dei suoi capelli ma quando cercò di alzarsi, la mano di Akito le prese il polso e la tirò verso di lui.
“Hayama..?” sussurrò la giovane, presa alla sprovvista.
Lui aprì gli occhi e la guardò nello stesso modo in cui l’aveva guardata qualche ora fa. I suoi occhi ripetevano le parole sussurrate poco prima. Alzò la coperta del futon.
Tu sei tutto. 

Sana si fece spazio e lui la avvolse tra le sue braccia. 
“Akito?” sussurrò lei.
Lui mugugnò in risposta. 
“Dove sei tu, ci sarò anch’io.”
Akito la strinse più forte. Si addormentarono senza pensare alle facce dei loro amici della mattina dopo. Si addormentarono senza pensare alle conseguenze delle loro azioni. 


La mattina dopo Sana si era svegliata poco prima di Fuka, che ancora russava. Si era mossa durante la notte e aprendo gli occhi si era trovata davanti al naso di Akito; il ragazzo ancora dormiva, respirando in modo pesante. Lei gli sfiorò le labbra con l’indice, passando poi sul mento e arrivando alle guance. Disegnava i suoi contorni così da imprimerli nella sua mente. Un rumore la fece sobbalzare: era Hisae che cercava di entrare nella loro stanza, probabilmente voleva avvisarli che era ora di scendere per la colazione. Sana schizzò fuori dal futon di Hayama e corse in bagno, fingendosi indaffarata.
“Fuka, Sana! Forza che è ora di colazione!”
Fuka si tirò su. Vide Akito ancora assopito in un sonno profondo e una strana espressione sul viso. Sembrava contrariato. 
“Adesso scendiamo!” rispose una voce dal bagno. La giovane si diresse verso il bagno occupato e vi trovò Sana tutta presa dai suoi lunghissimi capelli rossi.
“Ne hai ancora per molto?” le chiese, sbadigliando.
“No no! Ora vado a fare colazione con Hisae!” cinguettò Sana e corse fuori dalla stanza. Fuka la guardò allibita e scosse la testa. 
Io quella non la capirò mai, pensò chiudendo la porta del bagno.

Dopo mille implori da parte di Aya e Hisae e dopo aver fatto una ricca colazione -d’altronde Sana non aveva cenato la sera prima- il gruppo si diresse verso la città vicina alla pensione: le ragazze avevano insistito per andare a cercare dei souvenir da portare a casa come ricordo della vacanza.
Sana e Akito si erano evitati tutta la mattina, o almeno Sana aveva evitato Akito tutta la mattina. Lui, dal canto suo, non si era minimamente posto il problema del comportamento strano della ragazza; se frequentarla gli aveva insegnato qualcosa era che Kurata, dopo aver condiviso un momento diverso, più intimo dal solito urlare e beccarsi, tentava di sparire, di dileguarsi il più in fretta possibile per evitare qualsiasi tipo di confronto che influisse sulla sua vita. Quindi Hayama si era messo il cuore in pace: per i successivi due giorni l’attrice gli sarebbe stata il più lontano possibile.
E’ un vero peccato, pensò il ragazzo camminando affianco a Gomi che gli stava parlando di qualche partita di calcio, avrei tanto voluto dirle quanto parla nel sonno. 
Si chiese se la notte passata insieme nel futon stesse mandando in crisi lo spirito così ingenuo e candido di Sana.
Chissà perché non si è spostata.  
“Mi stai ascoltando Hayama?” chiese Gomi, agitando la mano davanti al viso dell’amico.
Mi sembra che ultimamente si lasci trasportare un po’ troppo spesso.
“Shinichi vieni qui! Guarda che bello!” lo chiamò la sua ragazza da un negozio di velieri in miniatura. “Chissà se qui vendono anche modelli più piccoli!”
Sana se ne stava in disparte a fissare l’asfalto del marciapiede. 
Devi smettere di pensarci, continuava a dirsi scuotendo la testa, se vai avanti così non riuscirai a goderti la vacanza! 
Fuka e Aya si erano unite a Hisae e lei era rimasta fuori dal negozio. Akito le si avvicinò di soppiatto, cercando di non farsi notare e quando le fu a pochi centimetri dalla schiena le passò un dito lungo la colonna vertebrale, rispolverando una vecchia frase.
“Allora Kurata lo usi il reggiseno” disse piano, assicurandosi che fosse a portata d’orecchio.
Sana si voltò verso di lui, rossa in volto e pronta all’attacco ma gli occhi di Akito, che non nascondevano una sorta di compiacimento, la fermarono. In compenso si voltò dall’altra parte e si allontanò con il mento all’insù.
“Non ti darò la soddisfazione di farmi arrabbiare!” gli disse facendo la linguaccia. Il ragazzo le corse dietro, continuando a farle scherzi e darle fastidio.
“Ma insomma! Non hai nessun altro da tormentare?” strillò Sana esasperata cercando di evitare l’ennesimo sgambetto.
“Non proprio.” rispose Hayama, riuscendo a farla inciampare. “Stai diventando una pappamolle Kurata. Una volta almeno riuscivi a difenderti.” 
“Come osi? Vieni subito qui e affronta la situazione da uomo!” disse Sana iniziando a corrergli dietro. Si erano allontanati dalla strada principale e si erano addentrati nella boscaglia. Il sole splendeva attraverso i rami dei pini, la neve si era sciolta quasi tutta e intorno a loro era pieno di pozzanghere. Akito era veloce, correva da un lato all’altro del sentiero ma Sana riusciva a stargli dietro, cercando di evitare il fango. Arrivati in cima a una scalinata, il ragazzo si fermò di colpo.
“Ti ho preso!” esclamò la giovane ridendo, afferrandolo all’altezza della vita.
“La smetti di fare casino? Non vedi che siamo davanti a un tempio?” disse Hayama indicando la struttura in legno che avevano di fronte.
Sana si staccò, fece un piccolo inchino e si incamminò verso la scalinata. La vista era incantevole: il monte Fuji ricoperto di neve si intravedeva da lontano, un banco di nuvole basse si stavano avvicinando al lago e la totale assenza di rumori rendeva il tutto ancora più magico. La giovane si sedette sui gradini per godersi il panorama. Era una giornata bellissima, l’aria pulita le entrava nei polmoni. Akito si mise vicino a lei fissando le nuvole che si muovevano in fretta.
“Hai risolto con Kamura alla fine?” chiese a un tratto.
Sana annuì. Stava tormentando le maniche della felpa che aveva addosso.
“Si è scusato qualche giorno dopo la scenata che mi ha fatto in camerino. Continuo a non capire che diamine gli sia preso per comportarsi così di botto.”
“Io un paio di idee ce le avrei.” disse Akito, strofinandosi le mani. L’aria fredda gli frustava le orecchie. 
“Cioè? Sai qualcosa che io non so?” 
“Credo voglia tornare con te e basta.” le rispose, continuando a fissare l’orizzonte. Sana si voltò verso di lui inclinando la testa.
“Ma io non voglio tornare con lui.” ammise Sana con semplicità disarmante. 
“Sai, credo sia stato questo a farlo incazzare.”
“Beh è un problema suo, è stato lui a scaricarmi e senza nemmeno un motivo valido.”
Tutte le volte che Sana aveva cercato una risposta da parte di Naozumi lui l’aveva freddata dicendo solo che non sarebbero dovuti stare insieme.
“Persino quando mi ha chiesto scusa è stato freddo come un blocco di ghiaccio, come se fossi una ragazza qualsiasi! Siamo stati insieme, che diamine!”
Mi ha pure ripetuto quella stupida frase, pensò Sana ancora irritata per la solita domanda accusatoria di Kamura nei confronti di Akito.
“Allora tu e Hayama vi siete finalmente messi insieme?” le aveva chiesto l’attore al telefono con tono crudele. Sana gli aveva buttato giù, nervosa più che mai che il suo ex ragazzo cercasse di manipolare la sua vita privata. 
“Potresti cercare di capirlo Kurata” disse Akito voltandosi verso di lei. “Come puoi pretendere che lui si comporti come prima se il vostro rapporto è cambiato radicalmente?”
Sana guardò il giovane, sentiva che si stava riferendo ad altro oltre che alla sua relazione con Kamura.
Per non parlare del fatto che l’hai ignorato tutto il santo giorno, suggerì la solita voce.
“L’unica cosa che voglio è che lui si comporti da adulto quale è, non può prendersela a morte se non voglio stare con lui.” disse duramente la ragazza e quel tono sorprese Akito. “E poi da quando sei dalla parte di Naozumi?” 
Il ragazzo assunse la solita smorfia da duro.
“Io non sarò mai dalla parte di quel beota.” disse alzandosi dai gradini.
“Ancora non ho capito perché non ti sia mai piaciuto..”
Perché ti ha conquistata prima che potessi farlo io, ho perso una guerra che pensavo di aver già vinto.
Akito alzò le spalle con noncuranza e si avviò lungo il sentiero dal quale erano venuti con le mani affondate nelle tasche. Delle nuvole minacciose si stavano avvicinando all’orizzonte. 
“Aspettami!” strillò Sana correndogli dietro mentre un tuono sordo rimbombava nella valle. 













Buongiorno a tutti!
Spero stiate tutti bene!
Purtroppo per me la sessione esami si avvicina inesorabilmente, ma non dovrei avere grossi problemi a continuare l'aggiornamento (o almeno lo spero). 
Veniamo al capitoletto: allora, è stato un vero parto, ero molto indecisa se lasciare il terzo e il quarto una cosa unica ma sarebbe stato troppo lungo e complesso, quindi ho deciso per queste due cosine! Immagino che molti di voi si aspettassero di più da questo weekend alle terme ma che vi devo dire, sarebbe stato troppo facile!
Grazie infinite a voi che trovate il tempo di leggere e grazie inifinite a voi che trovate il tempo anche di recensire, i vostri messaggi mi riempiono il cuore! 
Spero di trovarvi al prossimo capitolo!
Baci stellari e stay safe,
Ely

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Capitolo 5
*** 5. La tempesta ***


5. Which Witch - Florence and the Machine

 

<< I’m miles away, he’s on my mind

I’m getting tired of crawling all the way

And I’ve had enough, it’s obvious >>

 

 

Aprile e i suoi fiori erano arrivati in città. 
Il profumo dei ciliegi inebriava l’aria, le giornate si erano fatte più lunghe e tiepide: il freddo inverno era ormai lontano e l’estate si avvicinava. La folla di persone che attraversava il quartiere di Shinjuko cresceva sempre di più, i turisti inondavano le strade con i loro schiamazzi e risate. Al calare del sole la città si faceva più luminosa, con l’arrivo della primavera molti locali avevano aperto i loro dehor e gli studenti universitari ci si fiondavano appena dopo la fine delle lezioni. Una sera, dopo l’ennesima birra con Tsuyoshi e Gomi, Akito stava tornando a casa, la testa piena di pensieri: ormai gli esami si avvicinavano e lui era molto indietro con lo studio. Era così occupato a rimuginare sull’ultima lezione di diritto romano che non si accorse di aver superato il suo appartamento. Tornò indietro e passò davanti a un enorme cartellone pubblicitario di una banale pubblicità di un dentifricio. Ma c’era qualcosa di diverso, la fotografia del vecchio con lo spazzolino da denti in mano era stata sostituita da una nuova che raffigurava una giovane modella molto meno sorridente e più seducente. La cascata di capelli mossi e le labbra dischiuse in una smorfia ammiccante della ragazza ricordarono ad Akito una sola persona: Sana. Non la vedeva da settimane, nell’ultimo periodo era stata impegnata nelle riprese di una serie tv e la promozione di un nuovo film e sarebbe ritornata tra qualche giorno. Hayama rimase a fissare la fotografia per un po’, poi girò i tacchi e s’incamminò verso casa. Non riusciva a concentrarsi sullo studio e sugli esami imminenti, aveva sempre quella ragazza nella testa. Il modo in cui sorrideva, inclinando leggermente la testa, il modo in cui gli parlava. Tutto questo afferrava Akito per la gola, gli prendeva il cuore e lo scuoteva forte. Gli ci erano voluti anni di forza morale per evitare di crollare ogni volta che Sana semplicemente si metteva a ridere. Però più passava il tempo più diventava difficile anche solo affrontare una conversazione normale; non che Akito fosse un debole o uno smidollato, solo che Sana era l’unica persona al mondo che riuscisse a rovesciare il suo equilibrio. Certo, la trovava ancora tremendamente irritante ma al tempo stesso non era la sua vita se non c’era Sana con lui.
Akito aprì la porta del suo palazzo e prese l’ascensore. Stava al quindicesimo piano di un edificio vecchio stile poco fuori dalla zona universitaria. Abitava da solo, anche perché era abbastanza chiaro che lui non fosse un ragazzo da coinquilini. La porta dell’ascensore si aprì e per la sorpresa gli scivolò la posta appena presa. 

 

Dopo quasi un mese di riprese, Sana aveva finalmente finito la pellicola alla quale stava lavorando. Aveva salutato la crew e il regista ed era salita in macchina con Rei, il suo agente. Quel giorno era particolarmente allegro, forse perché finalmente poteva tornare dalla sua dolce fidanzata Asako. Si mise persino a canticchiare.
“Rei?” disse Sana ridendo.
“Mmmh?” 
“Stavi cantando. Non credo di averti mai visto così felice ultimamente.” 
Rei si girò a guardare Sana. Tornò serio per un attimo.
“Sana, c’è una cosa che ti devo dire.” 
Il tono sorprese la ragazza. Era passato dal canticchiare a sembrare quasi tombale. 
“Sai, ormai sono quasi dieci anni che io e Asako stiamo insieme e cinque che conviviamo. Qualche settimana fa ero passato a prendere delle sceneggiature agli studi televisivi e mi sono trovato davanti a una gioielleria. Ho iniziato a pensare alla mia vita e a quanto avessi voluto passarla con la mia fidanzata. Il resto è stato facile. Dopo aver capito che voglio stare solo con lei, che voglio una famiglia solo con lei, che è l’unica persona al mondo che posso sopportare tutto il giorno, tutti i i giorni ho comprato un anello e gliel’ho chiesto la sera stessa a cena e lei ha detto si. Quindi Sana quello che volevo dirti è che io e Asako ci sposiamo.”
Sana era senza parole, gli occhi sgranati e la bocca spalancata. 
“Rimarrai il mio agente?” chiese.
“Certo che si!”
Cadde di nuovo il silenzio.
“Sana ma non sei felice per me?” chiese Rei. Si era preoccupato per la reazione della sua cliente, alla quale era sicuro non piacessero i cambiamenti. Si girò verso di lei. Era commossa.
“Oh Rei! Si che sono felice per te!” disse con voce tremula. Gli buttò le braccia al collo e si mise a singhiozzare. Quando si trattava di gestire le emozioni, Sana si comportava ancora come una bambina.
“Sana non piangere dai!” 
“Non ci riesco! Sono così contenta per te e Asako! Sarete una coppia bellissima! E avrete dei figli bellissimi! Oddio posso essere la madrina? Sono sicura che ne avrete quattro! Due maschietti e due femminucce!”
“Va bene Sana, tutto quello che vuoi!” rise Rei. 
Per tutto il viaggio di ritorno non fecero altro che fare programmi per il matrimonio: Sana voleva sapere tutto, dall’abito della sposa a dove avrebbero trovato casa dopo la luna di miele. La giovane era così entusiasta che non si rese conto che erano arrivati a destinazione. Scese dalla macchina continuando a bombardare il suo agente di idee per regali di nozze e torte nuziali.
“Ah Sana! Ovviamente tu sarai la damigella d’onore.” disse Rei prima di chiudere la portiera e ripartire. La ragazza si mise a saltellare dalla gioia ed entrò in casa ma la trovò deserta. Sua madre era fuori città per scrivere un nuovo libro e la signora Shimura l’aveva seguita. Sana si stese a letto, continuando a fantasticare con la mente. Era tremendamente felice. Rei era una persona fondamentale nella sua vita, una parte della sua famiglia e lei era entusiasta che lui avesse finalmente trovato la sua strada con Asako. Erano fatti per stare insieme, un po’ come lei e Akito.
No aspetta, disse la vocina dentro la sua testa, come hai detto? Akito e Sana fatti per stare insieme?
In fondo la storia del suo agente era simile alla sua: lui e Asako erano cresciuti insieme, c’erano sempre stati l’uno per l’altra.
Sempre come te e Akito, puntualizzò la vocina. Persino durante quel viaggio di lavoro non aveva mai smesso di pensarlo. La loro amicizia dall’episodio delle terme di Hakone non era cambiata, anche se lei si sentiva sempre più in difficoltà quando passava il tempo con lui. C’erano stati momenti nei quali lo vedeva ovunque, anche negli sguardi distratti del cameraman o semplicemente nel riflesso dorato del sole al tramonto.
Anche in quel momento così felice la prima persona alla quale avrebbe voluto parlare era Hayama. Sana prese il telefono e cercò il suo numero ma le venne in mente un’idea migliore. 

         

“Che ci fai qui?” chiese Akito con la posta ancora buttata sui piedi, totalmente disarmato. Sana, appoggiata alla sua porta di casa, sorrise. Era leggermente abbronzata e i suoi occhi nocciola risaltavano ancora di più. Era così bella.
“Sono appena tornata dal viaggio di lavoro!” disse allegramente lei. Erano settimane che non lo vedeva e aveva solo voglia di saltargli al collo e stringerlo forte. 
Fallo, parlò la voce nella sua testa. Sana scosse la testa allontanando quel pensiero. Lui la guardava sbalordito come se stesse conversando allegramente con un alieno.
“Hai intenzione di raccogliere quella posta o la vuoi seminare lì?” gli chiese ridendo. Akito, ancora inebetito si abbassò e tirò su le buste.
“Vuoi entrare?” disse lui, cercando le chiavi di casa nello zaino.
“Certo!”

Entrarono nel piccolo appartamento di Hayama, un bilocale anni Settanta, arredato in modo molto semplice, minimale. Sana si sedette al tavolo e guardò il suo amico armeggiare nella piccola cucina. Tutto era in ordine, pulito, asettico. Non c’erano foto, gingilli, niente che potesse far pensare che quell’appartamento fosse abitato.
“Ma è possibile che tu non abbia nemmeno una foto della tua famiglia?”
“Perché dovrei? Mi ricordo il viso di mio padre e mia sorella.” disse Akito versando due bicchieri d’acqua. 
Sana sospirò. Quella era una risposta proprio da Hayama.
“Potresti però tenerne una dei tuoi amici!”
“Ma figuriamoci! Già li vedo tutti i santi giorni.” rispose il giovane buttando lo zaino su una sedia.
“Potresti allora tenerne una mia..” borbottò Sana abbassando la voce e guardando il pavimento.
Già ti ho in testa tutto il giorno, se inizio a vederti anche in casa mia finirà che impazziròpensò Hayama cercando di nascondere il suo ardore.
“Non dire idiozie Kurata, non ho bisogno di ricordarmi tutti i giorni la tua faccia da tonta.” sentenziò alzando le spalle. A quella risposta Sana gli lanciò addosso un cuscino del divano.

Parlarono per ore, Sana raccontò delle riprese e del cast e Akito le spiegò cosa avevano fatto a lezione durante la sua assenza, le passò persino gli appunti che lui aveva scritto e riordinato. Risero delle ultime manie di Tsuyoshi sulla troppa igiene personale e la totale mancanza di quest’ultima da parte di Gomi. Si scambiarono pareri sulla vita amorosa di Fuka, domandandosi come facesse a tenere il conto di tutti quelli che le giravano attorno. Akito rise delle imitazioni del regista di Sana, la guardò volteggiare per la stanza mentre cercava di replicare alcune scene della sua nuova serie tv. Il giovane era incantato dalla sua amica, non riusciva toglierle gli occhi di dosso e non riusciva a smettere di sorridere. Sana per lui era come una boccata d’aria fresca in una giornata estiva, lo faceva sentire leggero.
Era mezzanotte quando decisero di salutarsi: erano persino riusciti a rimediare qualcosa per cena - due vecchie scatole di noodles istantanei - e poi si erano piazzati sul polveroso divano due posti, cercando di fare chiarezza nelle ultime lezioni di diritto romano.
“Akito ma è possibile che io stia via tre settimane e quel maledetto professore spieghi così tanto?” aveva detto sospirando la ragazza.
“Kurata non so che dirti, prova a usare l’unico neurone rimasto nella tua testa e concentrati. Se continui a non seguire nemmeno gli appunti finirai per saltare questa sessione di esami.” Sana sospirò di nuovo. Era stata così impegnata per l’uscita della nuova serie tv e la promozione del film che si era totalmente scordata dell’università. 
Si alzò dal divano, sbadigliando sonoramente. Non voleva andarsene, non voleva lasciare Akito, come sempre si sentiva legata a lui da un filo invisibile che la teneva stretta.
Non voglio andare a casa, pensò Sana mentre il suo corpo si muoveva da solo e si avviava verso la porta d’ingresso.

Non voglio andare a casa, urlava il suo cuore mentre Akito le porgeva la giacca di pelle. 
“Allora ci vediamo Sana.” disse Hayama, appoggiandosi allo stipite della porta. Lei ormai era sullo zerbino, immobile come una statua.
“Akito..” iniziò la ragazza titubante. Voleva dare voce ai suoi pensieri ma si sentiva bloccata.
“Dimmi.”
“Rei si sposa.”
“E’ una bella notizia!” disse Akito sorpreso. Il viso di Sana si aprì in un sorriso radioso.
“Si! Sono così felice per lui e Asako!” cinguettò la giovane. “Inoltre mi ha detto che sarò la damigella d’onore!”
Akito si immaginò la sua amica mentre percorreva la navata per poi inciampare sui suoi stessi piedi e rotolare fino agli sposi. 
“Che hai da sghignazzare Hayama?” chiese Sana, mentre Akito cercava di non riderle in faccia.
“Niente, niente. Ho solo immaginato una possibile fine di te che cadi di fronte a tutti gli invitati.”
“E perché mai dovrei cadere come un pero?”
“Perché non sai camminare con i tacchi, mi sembra ovvio.” sentenziò Akito. Sana spalancò gli occhi.
“Non è assolutamente vero! Chi è tra i due che ha assistito a più première che altro? Io!”
“E a quante hai portato effettivamente scarpe più alte delle tue converse?”
Sana si ammutolì. Si appoggiò anche lei allo stipite della porta e sospirò, cercando di convincere il suo cuore a dire una Buonanotte che non voleva dire. I loro occhi erano ancora una volta incatenati, il viso di Akito era molto vicino al suo. Se ne stavano immobili, fissandosi a vicenda, cercando di allontanarsi ma non riuscendoci. Dei rumori di un tuono lontano riportarono alla realtà la parte pensante del cervello di Sana: stava per piovere e lei era senza ombrello e senza macchina. 
“Hayama io dovrei andare.. sta per mettersi a piovere e io sono venuta qui in metro quindi se non mi muovo subito rischio di trovarmi in mezzo al temporale.”
Akito non si era minimamente accorto dell’ora o del temporale imminente. Fissò l’orologio della cucina che segnava la mezzanotte. 
Potresti rimanere qui, pensò così forte che quasi gli uscì dalla bocca. 
“Capisco Kurata. Hai bisogno che ti presti un ombrello?”
Sana scosse la testa. Gli schioccò un bacio sulla guancia e si allontanò agitando una mano. Akito chiuse la porta e andò a letto. 


“Dannazione, dannazione, dannazione!” imprecò Sana di fronte alla stazione della metropolitana chiusa sotto la pioggia. Era fradicia dalla testa ai piedi, non era nemmeno riuscita a fare dieci metri senza che il diluvio la risparmiasse. Il suo telefono era totalmente scarico e non poteva nemmeno chiamare un taxi. Sospirò forte e ritornò verso casa di Hayama, almeno là sarebbe stata al coperto. Arrivò di fronte al palazzo che aveva salutato meno di mezz’ora prima e suonò il campanello. C’era una luce accesa nell’appartamento di Akito, soffusa ma che le dava la speranza che lui fosse ancora sveglio. Una voce impastata rispose al campanello.
“Sono Sana! Scusami ma la metro ha già chiuso e ho bisogno di chiamare un taxi”
“Sali” ordinò la voce.
“Sei fradicia!” disse Akito vedendo Sana salire le scale. “Potevi almeno prendere l’ombrello” 
“Dai, fammi entrare che sto congelando!”
Circa dieci minuti dopo Sana si stava asciugando i capelli con un panno datole da Akito, mentre i suoi vestiti erano stesi sulla stufa elettrica di Hayama. Nel frattempo lui aveva messo su del tè e le aveva prestato una sua vecchia tuta.
Profuma di pulito, proprio come lui, pensò ispirando profondamente. 
“Ti ho fatto quello al gelsomino va bene?” disse porgendole la tazza bollente e sedendosi accanto a lei.
“Grazie. Che razza di temporale, eh? E’ strano che ad aprile ci siano questi strani sbalzi.”
“In realtà è normale, sei tu che vivi fuori dal mondo.” disse Akito con tono altezzoso. La giovane lo guardò male e ritornò a fissare la pioggia.
Le gocce scendevano lungo i vetri, il tuono sordo rompeva il silenzio di tanto in tanto, i lampi illuminavano la città. Sana adorava i temporali, anche quelli così improvvisi, adorava come l’aria cambiasse durante una tempesta, adorava il profumo di umido e di pioggia, la sensazione che tutto ciò che la circondava, duranti i temporali come quello, finalmente respirasse.
“Tutto bene Sana?” disse Akito, con una voce che le sembrava lontanissima. La ragazza tornò alla realtà.
“Si si, scusami.”
“Sei rimasta in silenzio per parecchio tempo, non è da te.” Akito le si avvicinò e lei distolse lo sguardo dalla finestra per finire negli occhi di Hayama. Le venne da piangere, non sapeva nemmeno perché. Di colpo una strana tristezza l’aveva stretta alla bocca dello stomaco. Una tristezza che le ricordava tutte le volte che Akito veniva avvicinato da una ragazza. Una tristezza che le diceva che Akito non era suo e che probabilmente non lo sarebbe mai stato. Le scese una lacrima, ribelle, senza che lei potesse fermarla. La mano di Akito le sfiorò il viso e allontanò quella lacrima che si era stancata di rimanere a cuocere nei sentimenti mai confessati. Sana lo guardò dritto negli occhi, qualcosa le stava stritolando il cuore. Akito le prese il volto tra le mani e lentamente la baciò, non riuscendo più a trattenersi. Altre lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi chiusi di Sana e i baci di Akito iniziarono a spostarsi sulle guance, cercando di fermare quella tristezza che la stava consumando. Ritornò sulle sue labbra, la avvolse tra le sue braccia, la strinse così forte che quasi le fece male, non voleva più lasciarla andare. Sana si fece circondare da tutto, non riusciva a muovere un muscolo, il suo cuore era al settimo cielo. Akito si staccò da lei quando si rese conto che i suoi baci stavano scendendo sul collo e le sue mani stavano seguendo una strada diversa dai semplici abbracci. 
“Sana.. ferma.” si scostò. Lei sbatté le palpebre come se l’avessero appena schiaffeggiata.
“Scusami” ammise il ragazzo. Si era spinto troppo oltre. Si alzò dal divano e si mise contro il muro. 
“Kurata non avrei dovuto iniziare.“
Iniziò a camminare per la stanza, in preda a chissà quali fisime. Sana lo fissava confusa. Per una volta che prendeva un’iniziativa nella sua vita, lui doveva rovinare tutto.
“Akito..” provò a chiamarlo “Akito!” ma lui continuava a fare su e giù per la stanza. La ragazza si alzò e si piazzò davanti a lui, lo afferrò per le spalle e lo fermò. 
“Hayama, sono abbastanza grande da capire se una cosa mi piace o no!” 
Akito prese a fissare il pavimento, non voleva naufragare nei grandi occhi nocciola di Sana, sapeva che se l’avesse fatto, se si fosse abbandonato in quel mare, non sarebbe più emerso.
“Lasciami essere le tue mani stanotte” gli sussurrò prendendogli il viso tra le mani e lo baciò appassionatamente.
Akito la strinse a se, non riusciva a credere a quello che stava succedendo. 

















Buongiorno!
Come state? Io sono sempre più vicino al baratro della disperazione a causa di questi maledetti esami!
Direi che il capitolo parla da solo, è stato un vero parto scriverlo, avevo mille idee ma non riuscivo a buttarle giù a parole, però devo dire che il risultato mi piace!
Faccio una specifica del capitolo precedente: Akito che dice a Sana "tu sei tutto" non è una vera e propria dichiarazione d'amore, è più un constatare che lei occupa uno spazio immenso nella sua vita e potrebbe significare tutto o niente!
Detto questo, vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per chi legge, chi ha messo questa storia tra le preferite e le ricordate!
Spero che stiate tutti bene e ci vediamo al prossimo capitolo!
Baci stellari e stay safe (sempre),
Ely

 

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Capitolo 6
*** 6. Come un acrobata ***


6. The Scientist - Coldplay

 

<< Come up to meet you, tell you I'm sorry
You don't know how lovely you are
I had to find you, tell you I need you
Tell you I set you apart
Tell me your secrets, and ask me your questions
Oh, let's go back to the start >>

 

 

L’aria di aprile era gelida come quella di dicembre, o almeno lo era di prima mattina. Sana stava correndo verso quella stazione della metro che l’aveva lasciata fuori la sera precedente. Aveva tutti i capelli arruffati e le guance arrossate dal vento. Doveva allontanarsi il più possibile da quella zona maledetta. I flashback della notte stavano iniziando a farsi sentire, non riusciva più a scansarli. Era convinta che se si fosse buttata a capofitto in qualcosa, qualunque cosa, sarebbe riuscita a dimenticare tutto ciò che era successo poche ore prima.

Akito che lentamente le sfilava la maglietta, iniziando a percorrere il suo corpo con le dita, seguendo il contorno di ogni vena, ogni nervo, cercando di entrare ancora più in profondità, come fosse un pianista che tocca i tasti per la prima volta.

Il treno era già arrivato alla banchina e lei si mise a correre.

Sana che sospirava forte al contatto tra le loro pelli, le ossa, i muscoli, i corpi che trovavano l’incastro perfetto tra loro. 

Le porte che si aprivano e lei che entrava quasi volando.

Akito, ormai semi nudo che la portava in braccio in camera sua, lei aggrappata saldamente al suo corpo. 

Sana che si buttava sul primo posto libero, prendendosi la testa tra le mani.

Akito che baciava i nei sul suo fianco e che scendeva sempre più giù, i loro respiri più forti e il temporale che infuriava fuori dalla finestra.

Adesso c’era un sole pallido, quasi invernale, ma d’altro canto erano le sei di mattina.
Sana era sgattaiolata fuori dal letto ancora caldo, l’unica parte del suo cervello sveglia le aveva suggerito di fuggire a casa, cercando di nascondere una vergogna così grande. Abbandonarlo così, dopo come avevano passato la notte, era da codardi e Sana ammise a se stessa che lei era sempre stata una codarda. Akito dormiva profondamente mentre lei si rivestiva in fretta ed usciva dalla porta. Non si era chiesta come avrebbe reagito lui, trovandosi da solo. Chissà se in realtà era stato tutto un semplice sogno.

Sentiva il bisogno di fare una doccia, voleva lavarsi di dosso qualsiasi tipo di ricordo. 
Vergogna? Si vergognava di aver fatto sesso con Hayama? 
No, assolutamente.
E allora cos’era quel sentimento che non riusciva a scacciare? Perché voleva dimenticare qualcosa che era stato così bello?
Io e Akito siamo amici. Solo amici. 
Ancora con questa storia? Le aveva risposto la voce nella sua testa. 
Non hai ancora capito che questa giustificazione non risolve nulla? Gli amici non si baciano, gli amici non si amano nel cuore della notte, gli amici non si guardano nel modo in cui vi siete guardati voi stanotte.
Scese persino alla fermata sbagliata a causa di tutti quei pensieri. Non era riuscita nemmeno a sentire la voce elettronica che ricordava i nomi delle stazioni. 
Basta! disse alle voci dentro la sua testa, quasi avesse qualche disturbo della personalità. 
Non ci capisco più nulla!
Arrivò finalmente a casa, le valigie dove le aveva lasciate la sera prima, i balconi ancora chiusi. Si diresse in camera sua, si buttò sul letto e senza accorgersene si abbandonò ad un sonno senza sogni. 


 

Alle otto suonò la sveglia che Akito aveva impostato la sera prima. Si girò dall’altra parte e aprì gli occhi. Cercò di ricordare come fosse arrivato a letto e perché le sue coperte avessero un profumo così dolce. Si dimenticò per un attimo tutto quello che era successo qualche ora prima. Nella sua testa c’era questo sogno, nel quale lui e Sana si amavano per ore, era un sogno che ricorreva spesso negli ultimi tempi. 
Si alzò e andò ad accendere il bollitore. Vide le scatole vuote dei noodles, i suoi vecchi vestiti buttati alla rinfusa sul divano e di colpo realizzò che quello credeva fosse stato l’ennesimo sogno, era diventato realtà.

I gemiti di Sana riecheggiavano nella sua camera da letto, le mani di Akito erano ovunque sul suo corpo. 

“Lasciami essere le tue mani stanotte.” 

Una sorta di consapevolezza esplose sul viso di Hayama.
Iniziò a cercare altri indizi in giro per l’appartamento ma non trovò molto. Come Sana era apparsa la sera prima, ora era di nuovo sparita. Nessun biglietto, nessun segno del perché lei si fosse volatilizzata. Akito sospirò, non capiva come fosse finito in quella situazione e non sapeva nemmeno come uscirne. Aveva chiaramente bisogno di aiuto. Bevve il suo tè e uscì di casa.

“Aspetta aspetta, fammi capire.. avete passato la notte insieme?” chiese Tsuyoshi, grattandosi la testa.
“Per la milionesima volta, si.” rispose Akito.
“E avete fatto quello che avete fatto?”
“Tsuyoshi si.” Hayama era esasperato, era la terza volta che ripercorrevano insieme gli eventi della sera prima. Stavano cercando di trovare una soluzione al problema che non era proprio un problema, più una conseguenza, secondo Tsuyoshi, inevitabile. Erano anni che la tensione tra i due si tagliava con un coltello da burro. 
“Beh amico mio, ERA ORA!” disse Tsuyoshi con un gran sorriso. Akito lo guardò truce.
“Scusa?”
“Sono anni che cerchiamo disperatamente di farvi finire insieme.” ammise Ohki. “Non sai quanto abbiamo lavorato per lasciarvi da soli non so quante volte.”
“Abbiamo? Ovviamente non è frutto solo del tuo minuscolo cervello, vero?” disse Akito alzando un sopracciglio.
“Beh non posso dire che sia tutta farina del mio sacco. Ma in tutto questo Sana che ti ha detto?” Hayama lo guardò in modo tetro.
“E’ svanita stamattina giusto? Akito devi andare a parlarle e per davvero stavolta. So che ci hai provato chissà quante volte ma senza combinare nulla. Oggi vai da lei e le dici chiaramente Sana sono innamorato di te!” disse Tsuyoshi deciso. 
Il suo amico gli lanciò un’altra occhiataccia. 
“Okay, magari non innamorato ma piuttosto.. preso?”
“Ecco già meglio. Comunque oggi non posso, ho da fare.”
“Domani? Dopodomani? Insomma Akito il prima possibile maledizione! Non puoi far passare altro tempo che nessuno vi restituirà!” Ohki sbatté il pugno sul tavolo.
Hayama annuì deciso. Era il momento della resa dei conti.

 



Era ormai una settimana che Sana non vedeva Akito. Non l’aveva più sentito dopo quello che era successo ed era stato un sollievo per lei. La sua vita stava per scombussolarsi di nuovo, aveva una decina di spot pubblicitari da filmare quindi erano giorni nei quali usciva di casa alle sette di mattina e rientrava alle nove di sera. Non riusciva più a stare dietro all’università e l’idea di laurearsi in tempo era sfumata completamente. D’altro canto il lavoro le aveva permesso di distrarsi del tutto dalle stupide voci che sentiva costantemente nella testa che le dicevano di chiamare Akito o almeno parlarci, di chiarire quella situazione lasciata in sospeso. 
Non ho tempo per fare una cosa del genere, si era detta una mattina, addentando un toast mentre si infilava le scarpe. 
“Sana siamo in ritardo, sbrigati!” le aveva urlato Rei dalla macchina. Aveva il viso segnato dalla stanchezza, il poveretto non aveva nemmeno tempo per organizzare il suo stesso matrimonio.
“La prossima volta cerca di non organizzare così tante riunioni nello stesso giorno..” gli disse Sana salendo in macchina ancora scalza e con gli anfibi in mano.
Rei sfrecciò sulla tangenziale come un missile, mentre Sana ripeteva le sue battute per lo spot del giorno.
“Con Iwako i tuoi denti brilleran sempre di più!” 
“Ricordati di sorridere Sana!” 
La ragazza sospirò. Era un po’ che non riusciva a sorridere in modo spontaneo. La sua agenda era così fitta che non aveva nemmeno avuto il tempo per chiamare Fuka o Aya e cercare di spiegare loro perché fosse sparita così nel nulla.
“Con Iwako i tuoi denti brilleran sempre di più! Con Iwako i tuoi denti brilleran sempre di più!” ripeteva, quasi fosse una filastrocca. “Con Iwako i tuoi dent-“
“Sana siamo arrivati.” disse Rei parcheggiando davanti all’ingresso della torre.
La ragazza sospirò, l’aspettava una giornata di lavoro infinita.

Quando arrivò a casa la sera, erano circa le dieci e non c’era nessuno. Erano ormai diversi giorni che ogni volta che tornava non trovava né sua madre, né la signora Shimura. Tirò fuori dal frigo un piatto di curry di verdure e mise a scaldare del riso. Non aveva nemmeno fame. Si sentiva tremendamente stanca e decise di farsi un bel bagno caldo. Finì di mangiare in fretta e corse ad accendere l’acqua nella grande vasca del suo bagno. Stava per immergersi nell’acqua bollente quando suonarono alla porta. 
“Chi potrà mai essere?” guardò l’ora, era tardi per ricevere delle visite. “Potrei fare finta di nulla..” ma il campanello continuava, insistente. Sana sospirò esasperata. Scese le scale e aprì il portone in legno.
“Chi disturba il mio rituale di bellezza?” strillò.
Akito Hayama le stava di fronte, gli occhi dorati pieni di determinazione. Quello era il giorno, aveva deciso. 
“Hayama..” disse Sana in un sussurro. Era sorpresa di vederlo così, senza nessun tipo di preavviso. “Cosa fai qui a quest’ora?”
“Noi due dobbiamo parlare.” rispose lui. La ragazza lo guardò bene in viso, sembrava esausto, come se non dormisse da una settimana.
Avrà fatto fatica a dormire visto il modo in cui l’hai piantato in asso, disse la solita, odiosa voce nella sua testa.
“Di cosa esattamente?”
“Kurata, lo sai benissimo.” 
Sana scosse la testa. Non poteva affrontare una discussione del genere così, su due piedi, non voleva. Non aveva nemmeno avuto il tempo di analizzare quello che era successo.
“Sana abbiamo fatto sesso.” sentenziò tombale Akito. La ragazza arrossì leggermente e abbassò lo sguardo.
“Ancora non capisco di cosa dovremmo parlare Hayama” disse lei, tenendo gli occhi incollati al pavimento. Il ragazzo preso dal nervosismo, l’afferrò per le spalle costringendola a guardarlo in faccia.
“Secondo te è normale fare sesso con un proprio amico, così, a caso? Voglio delle risposte Sana. Non ne posso più.” il suo tono le sembrava quasi disperato. Alla ragazza si strinse il cuore quando sentì quelle parole.
“Che cosa vuoi che ti dica Akito?” disse lei con veemenza.
“Voglio sapere cosa provi per me. Perché io mi sono posto le mie domande, mi sono dato tutte le risposte che mi servivano e al contrario tuo mi sono reso conto che non può continuare così. Non possiamo continuare a fare quello che stiamo facendo da dieci anni ormai. E’ ora di crescere Sana.” rispose Hayama, quasi senza fiato. Il suo stomaco si era chiuso totalmente, aveva una paura folle di qualsiasi risposta avrebbe dato Sana. Potevano schivare l’argomento per sempre, continuare a far finta che tutto quello che provavano l’uno per l’altra fosse una cosa normale e fosse altrettanto normale non definire cosa fosse per chissà quanto, ma era giunto il momento di affrontare ciò che più gli pesava dentro. Nemmeno lui era sicuro di come potesse chiamare il sentimento che provava per Sana ma almeno sapeva che c’era, era lì e se lo portava dietro da quando erano bambini. 
Il silenzio non faceva altro che aumentare le mille domande che Hayama si poneva nella sua testa.
Sana se ne stava zitta, non riusciva a dire nemmeno una parola, anzi guardava Akito che perdeva lentamente la determinazione che l’aveva trascinato lì quella sera. Lui la guardò fissa negli occhi per un ultimo secondo e si voltò per andare via ma Sana lo afferrò per un polso, trascinandolo in casa. Akito chiuse la porta con una pedata, seguendo la ragazza come fosse un faro nella notte, sorpreso, indeciso se andarsene o continuare a inseguire quel miraggio che era Sana Kurata.
“Non ti so dare una risposta adesso Akito.” disse Sana sussurrando. Lui deglutì a fatica. “Non so dare un nome a quello che ho dentro. So solo che quando sono con te sono felice. Tremendamente felice.” si avvicinò lentamente ad Hayama, guardandolo negli occhi color ambra. “Non so cosa sia, ma c’è qualcosa che mi spinge sempre e solo da te. Sono consapevole di non essere brava con le parole e forse nemmeno con i sentimenti, ma ti posso assicurare che sei la persona alla quale tengo di più al mondo.”
Akito rimase sorpreso, ma sentiva che non era abbastanza. Non era sicuro che quelle semplici parole potessero in qualche modo soddisfare il suo bisogno di risposte. Lui, come un acrobata, si era lanciato sperando di essere preso al volo, invece si era ritrovato in caduta libera senza una rete di sicurezza.
“Sana..” iniziò Akito passandosi una mano tra i capelli biondi, ma prima che potesse continuare la frase la ragazza gli aveva allacciato le braccia al collo e si era fatta strada sulle sue labbra. Rimasero stretti per qualche secondo ma poi lui si staccò.
“Non puoi continuare a fare così!” le disse bruscamente. “Così non risolviamo nulla e io di certo non posso andare avanti con la mia vita se tu continui a comportarti in questo modo!”
“Che cosa significa Hayama?” 
Andare avanti con la sua vita? Ma di cosa stava parlando? Che Akito fosse in qualche modo impegnato? No, impossibile, lei lo avrebbe saputo.
Impossibile? E perché mai? Credi che sia una tua proprietà? le suggerì la voce nella sua testa.
“Significa Kurata che non posso continuare ad aspettarti. Non ho più la forza per farlo. O mi dai una risposta ora, o per me non se ne fa più nulla.” rispose Akito con voce aspra.
Sana lo guardò sconcertata. Iniziò a balbettare ma le parole erano state inghiottite da chissà cosa. Aveva fatto così tanta fatica ad aprirsi con lui e a quanto pare non era  stato sufficiente. Tutto il resto accadde così in fretta che non riuscì nemmeno a rendersene conto: Akito l’aveva freddata con uno sguardo ed era uscito dal portone della casa, lasciandola lì, da sola. Sana aveva cercato di soffocare le lacrime ma fu inutile, quelle uscirono prepotenti, come la pioggia che batteva sui vetri di casa sua.
La tempesta, che li aveva accompagnati nella loro prima notte insieme, ora era il teatro di entrambi i loro cuori spezzati.
Akito si era lanciato, ma non era bastato.
Sana aveva scoperto le sue carte, ma non era bastato.














Buongiorno miei cari e mie care!
Come state?
Ormai il venerdì è diventato il giorno in cui aggiorno! 
Due paroline in croce su questo capitolo: finalmente siamo arrivati ad una svolta nella relazione complicata tra questi due e la domanda che possiamo porci adesso è.. Che succederà? Abbiamo lasciato i nostri due protagonisti molto sofferenti e si sa, le persone che soffrono sono in grado di fare di tutto.
Basta, basta, non aggiungo altro!
Ringrazio sempre moltissimo chi legge e soprattutto chi recensisce, i vostri commenti sono super importanti per me!
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Baci stellari e stay safe!
Eleo




 

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Capitolo 7
*** 7. Il matrimonio ***


7. When We Were Young - Adele

 

<< Everybody loves the things you do,

From the way you talk

To the way you move.

Everybody here is watching you,

‘cause you feel like home,

You’re like a dream come true >>

 

 

Non appena il film di Sana uscì nelle sale giapponesi, il successo fu enorme. La straziante storia di un padre e sua figlia sordomuta, interpretata dalla giovane, aveva fatto breccia nei cuori di tutti gli spettatori e la fama di Kurata era al suo vertice. Arrivavano così tante proposte che Rei era costretto a declinarne sempre di più. Una mattina di inizio estate, dopo il servizio fotografico per una linea di costumi da bagno, l’agente aveva ricevuto una mail da un grosso produttore di Hollywood, con allegato un copione di un’altra storia drammatica. 
“Ma Sana è un’opportunità stupenda! Avrai una visibilità mondiale!” continuava a ripetere Rei. L’attrice non era così convinta che andare oltreoceano, di nuovo per di più, fosse una buona idea. Erano stati mesi molto stressanti e non vedeva l’ora di andare in vacanza: sua madre le aveva proposto un giro in Europa, un grand tour delle capitali e Sana ne era rimasta entusiasta. 
“Rei, non lo so. Stare via così tanti mesi e così lontano non mi convince.”
“Ma Sana! Sei già andata in America, quale sarebbe il problema adesso?”
Non voglio scappare di nuovo da lui, aveva pensato la ragazza.
Non poteva fuggire di nuovo a causa di Akito. 
I loro rapporti si erano chiusi totalmente dopo che lui si era aperto con Sana e lei non era più riuscita a vederlo nemmeno per sbaglio, dato che le rare volte che era uscita con i suoi amici, Hayama aveva fatto in modo di non esserci. Era successo proprio la sera precedente: Sana era arrivata direttamente dagli studi televisivi, ancora truccata e bellissima nel locale dove c’erano Tsuyoshi, Aya e Hisae ma di Akito nessuna traccia. 
“Il problema è che non ho la forza di girare un altro film senza prima riposarmi.” disse Sana risolutiva. “E poi non ci pensi al tuo matrimonio?! Le riprese finirebbero qualche giorno prima!”
“Asako capirebbe..” disse Rei, mentendo spudoratamente. La sua futura moglie era diventata una di quelle spose assalite dalla preoccupazione per la cerimonia perfetta, era intrattabile e di certo una notizia del genere l’avrebbe portata sull’orlo del crollo nervoso. 
“Rei, non mi sembra una buona idea. Se Sana ha deciso di riposarsi, datti pace. E vedi di iniziare a rilassarti anche tu. Guarda che faccia che hai! Sembri un morto che cammina!” disse la signora Kurata.
L’agente sbuffò, forse aveva veramente bisogno di una vacanza. Il matrimonio si avvicinava sempre di più e prima di immergersi di nuovo nello stress, doveva staccare la spina. 
“Quindi quando partiamo Mama?”





 

Giugno era arrivato e con lui, finalmente, l’estate. Gli studenti avevano finito le lezioni, le piscine avevano riaperto e tutto sembrava più leggero e splendente. 
“Si, si, Hisae verrò con te oggi pomeriggio, stamattina devo studiare ma— si, va bene, ti compro le sigarette.” Fuka chiuse la telefonata. Nel suo minuscolo appartamento faceva un caldo insopportabile e lei non aveva che un semplice ventilatore. Stava facendo colazione e accese la televisione.
“Chissà se trovo qualcosa di decente da guardare a quest’ora” fece un veloce zapping tra i canali ma l’unica cosa che trovò fu un talk show che parlava di Sana.
“A quanto pare la nostra attrice preferita tra poco partirà per l’America, giusto Arise?” disse la conduttrice alla sua ospite in studio che Fuka riconobbe subito: era Arise Tomokoi, la regina dei giornali scandalistici, che avrebbe venduto persino sua figlia per una storia succosa. 
“Non abbiamo nulla di confermato ma sappiamo che Sana Kurata ha ricevuto un’allettante proposta di lavoro da un noto regista hollywoodiano!”
Ancora? pensò Fuka, Sana vuole davvero partire per gli Stati Uniti?
Intuiva che era successo qualcosa tra lei e Hayama, ma non sapeva cosa. La sua amica non si era confidata ma era chiaro come il sole. Ogni volta che c’era la possibilità che l’attrice potesse raggiungerli, magari per una birra dopo cena, Akito si dileguava più in fretta possibile e il solo sentirla nominare, gli faceva assumere uno sguardo da cucciolo ferito. 
Fuka afferrò il telefono e compose il numero di Sana, questa volta doveva avere le risposte dalla fonte stessa, peccato che squillò a vuoto. 
Magari è già partita. No, impossibile, me l’avrebbe detto, sono la sua migliore amica!
Scrisse un messaggio a Hisae dicendole che non sarebbe riuscita ad andare in piscina con lei nel pomeriggio.
Arrivò di fronte alla villa in stile occidentale in meno di mezz’ora ma non c’era l’ombra di Sana, anzi sembrava che la casa fosse deserta. Fuka iniziò a inondarla di messaggi e riempì la sua segreteria telefonica con insulti di tutti i generi, fino a che la diretta interessata la richiamò.
“Fuka si può sapere che problemi hai?!” le urlò al telefono.
“Tu che problemi hai?! Andare in America senza dire niente a nessuno! Bell’amica!”
“In America? Perché dovrei andare in America scusa!” disse Sana al telefono. 
“Ma stamattina ho sentito che saresti partita per girare un film di Hollywood..”
Fuka sentì un profondo sospiro dall’altro lato del telefono.
“Dove sei?” le chiese.
“Sono fuori da casa tua ma..” in quell’istante il grande cancello in ferro si aprì improvvisamente e Fuka entrò. 
Sana se ne stava reclusa da qualche giorno, non facendo altro che dormire e fare docce fresche, era quella la sua idea di vacanza.
La casa era sigillata, c’erano scatole di cibo d’asporto ovunque e una puzza di umidità molto forte. 
“Da quant’è che sei chiusa qui dentro, anni?” le disse Matsui, tappandosi il naso.
Sana scese le scale, era in accappatoio e aveva una maschera, di quello che Fuka presupponeva, fosse argilla. 
“Molto divertente.. Mi sto solo ristabilendo. Sono stata così indaffarata con il lavoro che ho totalmente dimenticato la sessione di esami.”
“Ma l’America? E’ vero che partirai tra poco?”
Sana scosse la testa. Era stata la domanda che l’aveva perseguitata in quei giorni, tutti i rimpianti e i dubbi sull’accettare o meno la proposta di Hollywood, ma in cuor suo sapeva che non doveva tirare troppo la corda o persino la sua salute ne avrebbe risentito. 
“No Fuka, non vado da nessuna parte.”
“Per fortuna” le rispose l’amica. “Non avrei sopportato un altro teatrino come quello di anni fa. Avresti spezzato il cuore a tutti.”
“Ma non dire sciocchezze.. ormai vi siete abituati al mio lavoro!” rispose Sana tentando di sorridere. Fuka però rimase impassibile.
“Sana, che è successo tra te e Hayama?”
“Non so di cosa tu stia parlando..”
“Non prendermi in giro. E’ ovvio che sia successo qualcosa, non fate altro che evitarvi e la questione sta diventando ridicola. Dimmi che è successo, sono la tua migliore amica”
L’attrice sospirò, forse parlarne le avrebbe fatto bene.
“Io e Akito siamo finiti a letto insieme.” disse sottovoce. Fuka strabuzzò gli occhi.
“Che cosa?! Quando?”
“Quasi due mesi fa.. e non è tutto. Una settimana dopo.. beh, quello, è venuto qui e mi ha chiesto spiegazioni, spiegazioni che non ho saputo dargli e non ci parliamo da allora. Io sono stata molto presa dal lavoro quindi non sono più riuscita a vederlo, però onestamente non saprei cosa dirgli.”
E’ incredibile come questi due idioti non siano ancora riusciti a dirsi quello che provano, pensò Fuka.
“Sana, è normale che lui voglia spiegazioni, siete finiti a letto insieme, porca miseria! Non è di certo una cosa che fai con tutti, giusto?”
La ragazza annuì.
“Il sesso non è una cosa da nulla, ormai hai più di vent’anni, dovresti saperlo. Ogni nostra azione corrisponde a una reazione e ha delle conseguenze ben precise. Perché ci sei finita a letto insieme te lo sei chiesta?” Ma prima che Sana potesse risponderle la sua amica continuò. “Sicuramente Hayama si sarà fatto mille paranoie e probabilmente è convinto che tutto questo sia colpa sua, come al solito. Sana mi devi dire tutto, ti sei andata a infilare in una situazione difficile e devi muoverti con molta cautela o entrambi soffrirete molto.”
“Su questo non c’è pericolo, ho già il cuore a pezzi.” asserì tetramente Sana. Aveva passato le ultime settimane cercando di scordare tutto, la notte passata insieme, i mille baci rubati, le litigate e l’ultimo confronto che aveva avuto con Akito, ma non era servito a nulla se non a farle più male che mai. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione che fosse tutto sbagliato, che da quando Akito se n’era andato quella sera lasciandola sola, il mondo avesse iniziato a girare in senso opposto e lei aveva totalmente perso la bussola.
“Sono convinta che anche lui ha sofferto molto.” disse Fuka, avvicinandosi a Sana e stringendola in un abbraccio.

Quel giorno parlarono a lungo, si confrontarono su molte cose cercando di chiarire tutto ciò che provava Sana per Akito, cosa che da sola non sarebbe stata capace di fare ma con la sua migliore amica accanto riuscirono a far luce su quell’enorme matassa di sentimenti confusi, a tratti contraddittori e molto complicati. Fuka l’aveva convinta ad andare a parlare con Akito il giorno stesso, anche perché Sana sentiva quanto le pesassero i suoi sentimenti adesso che li aveva destati. Percepiva un fiume agitato pronto a gettarsi in mare e quel mare era Hayama. 
Salutò la sua amica e si diresse verso casa del ragazzo, era impaziente di vederlo. Le settimane passate a rimuginare su di lui erano state tremende, le era mancato moltissimo. Arrivò di fronte al palazzo e guardò l’orologio: erano quasi le sei. Sana trovò la porta del condominio aperta e salì con l’ascensore fino al quindicesimo piano. Non riusciva stare ferma, era pervasa dall’ansia.
Okay, stai andando a dire al tuo migliore amico che sei innamorata di lui dai tempi delle scuole elementari, va tutto bene, pensa a respirare, si era detta mentre le porte si aprivano. Sperava con tutta se stessa che fosse a casa, che avesse ancora qualche scatola di noodles secchi e quel tè al gelsomino che le aveva fatto l’ultima volta. Suonò il campanello ma non rispose nessuno. Ci riprovò altre due, tre, sei volte ma nulla. 

Forse è ad allenarsi da qualche parte.
Stava per arrendersi al fatto che sarebbe dovuta ripassare, ma la porta si aprì di colpo.
“Kurata.. cosa fai qui?” disse Akito, visibilmente sorpreso.
“Akito! Oh bene, sei in casa! Possiamo parlare?” rispose la ragazza sorridendo. “Posso entrare?”
“Non credo che sia una buona idea” al sentire quella frase il sorriso di Sana si congelò immediatamente.
Prima che potesse aggiungere altro, con orrore si accorse che Hayama non era solo. Sul divano c’erano dei vestiti fin troppo piccoli per essere del ragazzo, sul tavolo c’erano diversi piatti per una persona sola e poteva chiaramente sentire il rumore della doccia accesa. Poi una voce chiamò Akito e Sana si sentì morire. Doveva andarsene subito da lì o l’umiliazione sarebbe stata troppo grande.
“Quindi?” disse il ragazzo dopo un lungo silenzio. “Che cosa c'è?”
Devo inventarmi qualcosa alla svelta, non posso rimanere di certo qui a fissarlo come un’idiota.
“Rei mi ha detto di ricordarti che sei invitato al suo matrimonio.” Sana parlò con un tono così freddo che nemmeno si riconobbe. 
“Ah, si mi sembrava di aver ricevuto l’invito.” rispose lui con indifferenza.
Cosa? Allora Rei l’ha invitato sul serio, maledizione! 
“Altro?”
Sana scosse la testa. Quella conversazione così anomala per loro non aveva fatto altro che buttare sale sulla ferita. Lui accennò un saluto e chiuse la porta. La ragazza sbuffò forte, sentiva le gambe pesanti e i sentimenti non confessati stavano diventando insopportabili. Tremava dalla testa ai piedi e voleva andare a casa. Non se la sentiva proprio di chiamare Fuka e raccontarle tutto, era troppo a pezzi, così decise di fare un’altra telefonata e di partire per Hollywood appena possibile.

 





 

Il giorno della cerimonia era finalmente arrivato. 

Asako e Rei avevano deciso di celebrare le nozze in una chiesetta fuori Tokyo, in una bellissima giornata di fine estate. La luce dorata del sole inondava il paesaggio verde intorno alla chiesa, facendo brillare l’erba come giada. Faceva ancora caldo, ma l’afa era calata e il vento rinfrescava l’aria. Gli invitati, tutti vestiti di rosso e oro, stavano prendendo posto mentre la sposa trafficava nella cappella accanto con il maestoso vestito bianco.
“Dove diavolo è Sana?!” sbraitava Asako, mentre le sue damigelle le trotterellavano intorno cercando di calmarla. Aveva i capelli biondi avvolti nei bigodini, il trucco non era ancora pronto e la damigella d’onore doveva ancora arrivare. Afferrò il telefono e compose il numero del suo futuro marito, urlandogli che doveva correre a casa Kurata e trascinare l’attrice anche per le caviglie se fosse stato necessario.
“Certo tesoro! Tutto quello che vuoi tesoro!” aveva risposto Rei montando in macchina con addosso lo smoking da cerimonia. Aveva guidato di tutta fretta fino a Tokyo ed era finalmente arrivato davanti alla casa in stile occidentale. 
“SANAAAAAA!” urlava Rei suonando il clacson dal viale della villa.
Uscì la signora Kurata, con il suo kimono cerimoniale e il suo ventaglio bizzarro e si mise a strillare SANA insieme all’agente.
Dopo qualche minuto finalmente l’attrice uscì: indossava un abito ciliegia a portafoglio, lungo fino a terra con uno spacco vertiginoso che saliva fino alla coscia*, dei sandali dorati con il tacco a spillo e una stola leggera rosso fuoco. Aveva raccolto i lunghi capelli in uno chignon e lasciato il viso quasi privo di trucco, tranne per le labbra carnose tinte di un rossetto color melograno. 
“Sana, sei bellissima!” le disse la madre salendo in macchina di Rei.
“Grazie Mama” rispose lei arrossendo. “Ma Rei, tu non dovresti già essere in chiesa?”
“Anche tu!” le urlò lui, sgommando a tutta velocità.

La cerimonia fu perfetta: Asako aveva un incantevole vestito da sposa che la faceva sembrare una principessa, Rei aveva scritto dei voti toccanti e tre quarti degli invitati si era commosso. Sana, accanto alle altre damigelle, guardava con le lacrime agli occhi il momento in cui si scambiarono gli anelli. Era felice per loro. Era felice di essere lì quel giorno. Era felice come non lo era da un pezzo.
L’estate passata a lavorare in America l’aveva tenuta concentrata, ma ora che era tornata a casa si sentiva più che mai in balia delle emozioni che aveva tentato di sopprimere in tre mesi. Buttò rapidamente un occhio sul resto degli invitati, di Akito nemmeno l’ombra ed era meglio così. Non voleva vederlo in un contesto cosi sentimentale, era convinta che se l’avesse incontrato sarebbe crollata come un castello di carte. Aveva sentito le sue amiche durante l’estate che le avevano raccontato gran poco su Hayama, anche perché a quanto pare era sparito dalla circolazione.
Meglio così, si era detta Sana, se non ne sento parlare magari riuscirò a dimenticarlo. Ma si sbagliava di grosso: spesso le appariva anche in sogno, come un fantasma dal quale non riusciva a liberarsi. 
Gli invitati uscirono dalla chiesa e mentre gli sposi scattavano le ultime foto con la famiglia, Kurata si diresse verso la macchina di Rei ma venne paralizzata dalla vista di sua madre che parlava allegramente con Hayama. I loro occhi si incontrarono per un secondo e Sana sentì tutto il suo amore e odio - era arrivata persino ad odiarlo - che cercava di uscire dal vaso dove lei l’aveva chiuso. Si allontanò il più velocemente possibile.
Non sarà facile evitarlo oggi.

 



Akito aveva passato un’estate miserabile.
Dopo la sessione di esami che non era andata come aveva previsto, la partenza di Sana l’aveva turbato ancora di più e non riusciva a smettere di pensare al giorno che era passata a casa sua. C’era qualcosa che gli sfuggiva, un pezzo del puzzle che non si infilava nel quadro generale, ma d’altro canto non avevano più il rapporto di un tempo, perciò non poteva nemmeno porsi troppe domande perché sarebbero rimaste senza risposta. L’aveva vista subito quel pomeriggio al matrimonio di Sagami, stava aiutando la sposa a sistemare il lungo strascico bianco. Akito l’aveva trovata bellissima e chiunque accanto a lei, svaniva totalmente. L’abito che aveva quel giorno le risaltava la pelle dorata, lasciandole nuda tutta la schiena. Il ragazzo si era sentito mancare la terra sotto i piedi, Sana sembrava uscita dalla scena di un film. E poi quando l’aveva incrociata fuori dalla chiesa, il suo sguardo gli era sembrato così strano, così tristemente innamorato e di nuovo si era posto mille domande, senza però arrivare ad una risposta.

“Sei davvero affascinante oggi, Hayama.” disse la signora Kurata, interrompendo i suoi pensieri. La donna indossava un kimono rosato con dei disegni floreali, diametralmente opposto dallo stile della figlia.
“Grazie signora. Le andrebbe di venire in macchina con me per andare al ricevimento?” 
“Certo! Sarà divertente!” disse la donna, aggrappandosi al braccio del giovane.

La villa dove avevano deciso di fare il ricevimento di nozze era immersa nel verde, come tutta quella zona. Il sentiero che conduceva alla sala della festa era un percorso che si insidiava in un boschetto e si apriva in un grande giardino, pieno di fontane e cespugli odorosi. Era tutto addobbato con nastri dorati, luci e candele e persino i camerieri sembravano usciti dal mondo delle favole. Sana arrivò accompagnata dal fratello della sposa, Jiro. Si conoscevano per caso e lui era un ragazzo molto gentile ed educato; aveva frequentato la facoltà di ingegneria e le stava spiegando quanto fossero duri certi esami di matematica.
“Guarda ti credo sulla parola!” gli rispose Sana, già stanca di sentir parlare della materia che odiava di più. “Com’è bello qui!” 
Si guardò attorno, piroettando nella grande sala quasi fosse una bambina. Tutti la guardavano, tutti erano affascinati dalla sua figura e dal suo essere estremamente candida d’animo.
“Sana smettila di volteggiare, non sei un ventilatore!” la rimproverò sua madre, arrivando a braccetto con Akito. I due giovani si guardano un attimo.
“Ciao” disse velocemente il ragazzo, alzando la mano.
Sana gli fece un cenno con la testa e si allontanò. 
Poteva almeno fermarsi a fare due chiacchiere, pensò Hayama.
“Dovresti provare a parlarle” disse la signora Kurata dopo qualche istante di silenzio. Stava guardando la figlia chiacchierare con gli invitati.
“E’ tutta l’estate che sento che ha qualcosa che non va. Ovviamente con me non si vuole confidare ma credo che il fattore scatenante di tutto questo suo continuo nervosismo sia tu, Akito” lo guardò dritto negli occhi color miele. Lei conosceva i sentimenti di entrambi, li aveva visti crescere e sbocciare come un roseto rigoglioso.
Akito fece un segno di assenso e si allontanò; quella donna aveva ragione, lui e Sana dovevano chiarirsi, una volta per tutte.
La serata passò velocemente e dopo una cena molto tesa ed imbarazzata - Sana e Akito avevano scoperto non solo di essere allo stesso tavolo, ma anche di essere seduti vicini - era arrivato il momento delle danze e del taglio della torta nuziale. Gli invitati avevano lasciato la sala della cena e si erano diretti sotto il porticato dove era stato allestito un tavolo decorato con fiori e candele per il dolce. L’orchestra aveva iniziato le danze con un lento dedicato agli sposi, invitando poi il resto delle coppie in sala ad aggiungersi. Sana era seduta su una sedia vicino alla pista, con un bicchiere di vino in una mano e un ventaglio dorato nell’altra. 
Hayama è sparito da un pezzo, pensò guardandosi attorno, magari è andato a casa, dopo la serata penosa che è stato costretto a passare.
In effetti il ragazzo si era trovato in mezzo all’attrice, sua madre e i genitori di Asako, un gruppetto molto rumoroso, che non faceva altro che cantare e urlare agli sposi; non appena aveva potuto Akito si era dileguato. Sana sospirò, domandandosi chissà dove fosse e cosa stesse facendo.

“Vuoi ballare?” le chiese una voce. 

Era Hayama che le porgeva la mano e la guardava in modo estremamente dolce. La giovane sbarrò gli occhi, sorpresa, fece un cenno con la testa e afferrò la presa. 
Perché dovresti voler ballare con lui? la voce nella sua testa aveva fatto la solita domanda odiosa.
Andarono in mezzo alla pista e Akito la strinse a se. 
Al contatto tra i loro corpi, la giovane ebbe mille brividi e resistette alla tentazione di abbandonare la testa sulla spalla del ragazzo. Le balenò nella mente la sensazione che aveva provato quando Akito l’aveva spogliata per la prima volta, le sue dita che le accarezzavano la pelle e lei che se ne stava lì, immobile, troppo immersa nelle  emozioni che Hayama le faceva provare. Si scostò da quel ricordo così intenso, che ormai non le apparteneva più. Ondeggiarono per qualche minuto in silenzio e quando la musica finì, lui la prese per la mano e la portò fuori. Sana si fece trascinare, senza dire una parola, dentro l’immenso giardino della villa. La notte era illuminata da uno sottile spicchio di luna e una coperta di stelle. Il rumore lontano della musica si mescolava al dolce canto dei grilli. La ragazza si guardò intorno, erano avvolti dal bosco; poi posò lo sguardo su Akito, che era sempre rimasto in silenzio. 
“Perché mi hai portato qui?” gli chiese cercando di essere più tagliente possibile.
“Tua madre mi ha detto una cosa strana prima di cena, ha detto che sei stata inquieta tutta l’estate e che la ragione della tua partenza per gli Stati Uniti sarei io. E’ la verità? E questa volta vorrei che fossi sincera, con me e con te stessa.”
“Credevo che avessimo già fatto questo discorso, ti ho già detto tutto quello che penso e non era stato abbastanza, perché ora dovrebbe essere diverso?” rispose Sana duramente. Era arrabbiata per come si era comportato: lei di certo non era stata la migliore a gestire i sentimenti ma lui aveva voltato pagina molto in fretta.
Gelosia? la fastidiosa voce dentro la sua testa parlò.
Figurati se sono gelosa, Hayama non è altro che un donnaiolo.
“Rispondi alla mia domanda, Kurata.”
“Io non rispondo proprio a nulla! E ora se permetti, vorrei tornare alla festa!” disse cercando di allontanarsi ma Akito la afferrò per un braccio. 
“Perché sei così nervosa?”
“Non ti devo nessun tipo di spiegazioni, né del perché sono partita per Hollywood né di altro!” rispose Sana divincolandosi. “Di certo non voglio distoglierti dal cercare di trovare compagnia per passare la notte!”
Akito mollò la presa come se il braccio della ragazza scottasse. Di che stava parlando?
“Non sarai mica gelosa Kurata.”
“Io? Gelosa di cosa?! Di te che vai a letto con chissà chi? Ma non farmi ridere, figurati, cosa vuoi che mi interessi—“ e prima che potesse aggiungere qualche altra bugia creata per nascondere quello che provava, Akito le aveva preso il viso tra le mani e baciata con foga. Sana si staccò, ancora più infuriata.
“No! Puoi sognartelo! Mi hai spezzato il cuore e non puoi comportarti così!” disse spintonandolo.
“Come se tu non l’avessi mai fatto! Ti ricordo che nel momento cruciale tu ti sei comportata nella stessa maniera!” avevano ripreso a urlarsi addosso, sputando parole che erano rimaste così tanto a fermentare dentro e che in quel momento dirle ad alta voce era quasi doloroso.
“Di che accidenti stai parlando?”
“Di Kamura! Quando c’era la possibilità di sistemare le cose tra noi tu ti sei buttata tra le braccia di quell’imbecille! Secondo te io non ho avuto il cuore spezzato?! Non facevi altro che sbattere la tua relazione ovunque!” urlò Akito. Si erano fatti tanto di quel male durante tutti quegli anni che stava iniziando a venire a galla, come il relitto di una nave.
“Akito..” cominciò Sana. La sua voce non aveva più tracce di amarezza. Cercò di avvicinarsi a lui, ma il ragazzo fece un passo indietro.
“No, forse hai ragione tu. Forse non deve andare così” sentenziò con la mano alzata e si allontanò a grandi passi.
Vuoi lasciarlo andar via un’altra volta? urlò la voce nella testa di Sana. 
No, stavolta no. 
Lo inseguì, lo chiamò ma era di nuovo sparito. Si guardò attorno nella boscaglia, cercando di bucare il buio con lo sguardo e poi lo vide. Si stava dirigendo verso il parcheggio. Sana si tolse i sandali e corse, corse, non poteva lasciarlo andar via di nuovo, non riusciva a stare senza di lui. 
Raggiunse Akito, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con tutta la passione che aveva in corpo. Il ragazzo ricambiò subito il bacio, avvolgendola tra le braccia, stringendola sempre più forte: la risposta a tutte le sue domande era quella. Il loro contatto si stava evolvendo in qualcosa di più difficile da contenere e controllare, la forza del loro ardore stava iniziando a bruciare tutte le inibizioni.
“Akito.. non qui..” aveva sussurrato Sana tra un bacio e l’altro, mentre il ragazzo cercava di infilarsi nella sua profonda scollatura. Erano nel mezzo del viale che portava alla sala dove era ancora in corso la festa. Hayama la fissò serio, il respiro affannato e il viso pieno di rossetto. 

“Perfetto. Conosco un posto allora.” disse prendendole la mano e andando verso la sua macchina.






 

*Vestito Sana: 

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Buonasera miei adorati e mie adorate!
Come state? Ho deciso di aggiornare un pochino prima perché ero troppo emozionata per questo capitolo! Era già pronto da un po' quindi ho pensato che non aveva senso farvi aspettare ancora. Posso dire con certezza che è stato uno dei più intensi da scrivere, ci sono molti salti temporali e un finale abbastanza importante rispetto alla fine del capitolo precedente. 
Sana e Akito però non si sono ancora chiariti del tutto, la loro situazione rimane sempre nebulosa, poco definita, ma hanno preso entrambi delle decisioni importanti!
Ringrazio tantissimo chi legge e ancora di più chi trova anche il tempo di recensire, i vostri commenti mi riempono sempre il cuore!
Detto tutto questo, vi ho lasciato il link del vestito della nostra Sana e vi aspetto al capitolo 8!
Baci stellari e stay (always) safe!
Eleo

 






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Capitolo 8
*** 8. Amicizia? ***


8. Mine Right Now - Sigrid

 

<< Something about the way you and I fit

That's when it hits

Feels like it’s too good to be true

We're down at the harbor and we dance in the dark

Don't know what you said, but I know how I felt

It’s hard to believe our love could last

'Cause you're moving so fast

Then I start overthinking >>

 

 

Il viaggio in macchina fu più lungo del previsto. Sana si addormentò e dopo diversi tentativi di rimanere sveglia, appoggiò la testa sulla spalla di Hayama che guidava e chiuse gli occhi. Quando li aprì si rese conto che era l’alba e l’aria frizzante del mare le sventolava i capelli.

“Dove siamo?” chiese con la voce impastata dal sonno scendendo dalla macchina.

“Non ha molta importanza. Vieni” disse Akito allungandole la mano. Lei l’afferrò e si guardò intorno. Le onde si increspavano sugli scogli, il rumore dei gabbiani in lontananza e un enorme edificio bianco con gli infissi verde chiaro sovrastava il panorama. Sembrava un antico edificio occidentale ma il cartello indicava chiaramente un hotel di lusso.

“Siamo a Nanao vero?” gli chiese, continuando a osservare il panorama. 

“Esatto Kurata” rispose Akito visibilmente sorpreso.

“E che ci facciamo qui?”

“Concludiamo quello che abbiamo iniziato ieri notte.” disse lui prendendo Sana per la vita. Lei arrossì lievemente ma, invece di tirargli una sberla o insultarlo, gli si avvicinò e gli diede un bacio a fior di labbra.

“Va bene Hayama.” sussurrò e fu il turno del ragazzo di arrossire brutalmente. 



Passarono i successivi tre giorni chiusi in una stanza che aveva la terrazza con la vista sul mare. Ormai i vassoi del servizio in camera si stavano accumulando fuori dalla loro porta. In quei giorni estremamente felici i due parlarono molto, toccando livelli di intimità ancora più profondi. L’unica cosa però che decisero di non affrontare furono i propri sentimenti: Sana era convinta che non fosse necessario, che la loro fuga insieme, anche se breve e improvvisa, avesse già dimostrato a sufficienza cosa provasse per Akito. Di certo non pensava che servisse una dichiarazione d’amore per mostrare quanto tenessero l’uno all’altra, era così trasparente ormai. O forse no? 

Il secondo giorno della loro fuga Sana era pervasa da dubbi e domande. 

“Akito?”
Il ragazzo rispose con un grugnito assonnato. Era notte fonda, la finestra spalancata faceva entrare la luce della luna che illuminava le piastrelle del pavimento. 

“Sei sveglio?”

“No”

“Si che sei sveglio! Dai, ascoltami, ho una domanda!” e prese a tirargli il braccio. Hayama mugugnò più forte di risposta.

“Ti ricordi quando questo inverno siamo andati alle terme con gli altri?”

Akito tenne gli occhi chiusi ma una valanga di ricordi iniziò a piovergli addosso. Sana che gli si addormentava sulla spalla, la loro discussione sotto al portico innevato e poi la notte passata nel futon, stretti come si erano stretti quelle notti passate insieme. Stretti come la loro prima notte passata ad amarsi.

“Si.”

“Ecco.. non credo che tu te lo possa ricordare, ma mi hai detto una cosa e..”

“Che sei tutto.”

Sana trattenne il fiato. Tre semplici parole avevano il potere di farla alzarla da terra e farla svolazzare per la stanza. Ecco, Akito aveva un potere immenso su di lei, l’aveva sempre avuto. 

“Si proprio quello.. mi stavo domandando che cosa significa per te..”

Hayama si alzò dal cuscino, guardò la ragazza e con un rapido gesto la tirò a se e la strinse; quando le sue labbra furono a pochi centimetri da quelle di Sana semplicemente sussurrò:

“Tu sei tutto ciò che posso volere, che posso desiderare e tutto ciò di cui ho bisogno.” 

Sana sorrise, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non uscire mai da quella bolla d’amore nella quale lei e Akito erano entrati. Poi si addormentarono così, con le gambe intrecciate e le parole che aleggiavano ancora per la stanza.


Al quarto giorno i due decisero di uscire almeno per vedere la cittadina lì vicino. Non avevano problemi a tenersi per mano, a stringersi nei café pieni di turisti o baciarsi in qualche vicolo buio. Entrambi si sentivano tremendamente leggeri, liberi, non più oppressi dai propri sentimenti: finalmente potevano comportarsi come avrebbero voluto fare per dieci anni.
Stavano passeggiando vicino alla scogliera quando il telefono di Sana squillò: nei giorni precedenti aveva ignorato tutto ciò che le era arrivato tra mail, messaggi e telefonate ma forse era ora di tornare alla realtà, o almeno ad essere reperibile telefonicamente.

“Si, sono Sana Kurata. Cosa? E’ sicura? Va bene ma io- si certo, sarò lì il prima possibile. Grazie mille e arrivederci.” 

“Tutto bene?” chiese Akito cercando di decifrare il viso pietrificato della ragazza.

“Dobbiamo tornare a Tokyo subito, Mama è in ospedale.”

I due corsero immediatamente all’hotel, presero su le poche cose che si erano portati e si misero in viaggio. Ci volle parecchio tempo prima che riuscissero ad arrivare all’ospedale dove era stata ricoverata Misako. Tutto il viaggio di ritorno fu scandito dal placido rumore dell’asfalto sotto le ruote della macchina. Sana se ne stava immobile appoggiata al finestrino, mentre Hayama guidava in silenzio. Non sapeva che dire, non era bravo a intavolare una conversazione. La totale assenza della parlantina della giovane rendeva la situazione ancora più tesa e Akito percepiva quanto fosse preoccupata; ad un certo momento, cambiando marcia, prese la mano di Sana e la strinse, lei si voltò verso di lui e gli sorrise dolcemente, grata di non essere mai sola in momenti così difficili ma a fianco di un ragazzo, anzi un uomo, come lui.

Akito mi è sempre vicino in momenti come questo, persino quando uscì il libro che raccontava la storia di me e Mama. Lui c’è sempre stato.

Non appena arrivarono si resero conto che non era nulla di grave, la donna era caduta inciampando sulle scale e si era rotta la caviglia. Sana si buttò comunque al suo capezzale come una bambina, mentre sua madre la rassicurava che non era successo nulla e che lei stava bene. Akito era rimasto sulla soglia, con la giacca di jeans in mano. La situazione era tranquilla perciò decise di andarsi a prendere un caffè. Ai distributori di bibite trovò Rei, che stava per partire per la sua luna di miele.

“Hayama! Hai accompagnato Sana, che gesto premuroso.” 

“Nessun problema.” rispose il ragazzo con indifferenza. Non era sicuro se la famiglia della giovane fosse a conoscenza del fatto che erano spariti quattro giorni insieme.

“Eravate nei dintorni?”

“Più o meno.” 

Non era semplice fare conversazione con Hayama, era così taciturno da mettere a disagio persino un pappagallo. 

“Ah, quasi dimenticavo! Al matrimonio sei sparito prima che potessi ringraziarti del regalo e darti la bomboniera!” a quella frase Akito cambiò espressione. “Ora che ci penso, anche Sana è sparita prima del taglio della torta. Chissà dove si era cacciata.. in questi giorni non era nemmeno a casa con sua madre.. tu ne sai qualcosa Akito?” chiese Rei, grattandosi il mento. Non era ancora riuscito ad afferrare il nesso tra la faccia sempre più imbarazzata del ragazzo e l’insieme degli avvenimenti dell’ultima settimana. 

“Io.. ehm..” Hayama si schiarì la voce ma prima che potesse replicare, Sana arrivò come una freccia.

“Scusate, scusate, permesso! Devo prendere un tè freddo per mia mamma, sta molto male si! Dai Rei spostati! Akito che fai davanti alla macchinetta come un pesce lesso? Levati!” strillò lei spingendo il ragazzo da un lato. 

“Kurata assomigli sempre di più a una gallina starnazzante, lo sai? Guarda che siamo in un ospedale, bisogna stare in silenzio!” 

Sana lo fulminò, prese il tè per sua madre e se ne volò via. 

“Beh Hayama, visto che siete arrivati e la signora Kurata sta bene, io andrei. Domani mattina ho l’aereo per la luna di miele e devo ancora fare i bagagli. Buona serata!” disse Rei, agitando la mano e dirigendosi verso l’uscita.

“Buona serata anche a te” rispose Akito sospirando. Non sapeva se starsene lì ad aspettare Sana o tornarsene a casa. Avrebbe anche dovuto passare da suo padre, erano settimane che non andava a trovarlo e poi andare al supermercato, il suo frigo sarà stato vuoto. 

Bip.

“Se vuoi puoi anche andare a casa, io credo rimarrò finché Mama non verrà dimessa. Grazie mille di avermi accompagnata fino a qui. Ci sentiamo presto. Sana”

Perfetto, un problema in meno. Akito salutò la ragazza e sua madre e uscì dall’ospedale.

 






Dopo qualche giorno Sana aveva scritto ad Hayama se potevano trovarsi per scambiarsi degli appunti di diritto commerciale e si erano dati appuntamento in un café poco lontano dall’università. Era arrivata in anticipo stranamente.

Quel giorno aveva scelto con particolare cura tutto ciò che avrebbe indossato, il profumo e persino la biancheria che aveva sotto.

La biancheria? disse la voce nella sua testa, non è che lo vuoi adescare vero? 

No, solo che sono una donna ormai e non posso continuare a mettere le mutande di Hello Kitty.

Sana si sedette accanto alla vetrata del locale e aspettò. Si mise a fissare chi camminava sul marciapiede, uomini in giacca e cravatta, anziane con le borse della spesa, mamme con i figli sul passeggino, studenti come lei che passeggiavano tranquillamente in una giornata di fine estate come quella. Continuava a stirarsi con le mani la camicetta che portava quel giorno.

Perché mi sento così nervosa? E’ solo Hayama, mica la regina d’Inghilterra! 

Ma le farfalle nello stomaco di Sana continuavano a svolazzare liberamente come se fossero in un campo di fiori.
Si mise a pensare a quei pochi giorni di serenità che avevano passato a Nanao, a come lui la guardava ogni volta che facevano l’amore. Non l’aveva mai visto così felice come in quei giorni persi ad esplorare ogni centimetro del suo corpo, trovando nei e cicatrici così nascoste e piccole che diventavano dei gioielli aggrappati alla pelle candida di Sana. 

Akito arrivò e rimase visibilmente sorpreso dal fatto che Kurata fosse lì ad aspettarlo.

“Sei qui da tanto?” le chiese spostando una sedia di fronte a lei. Era sempre più bella. La luce della veranda le illuminava i lunghi capelli rossi raccolti in due lunghe trecce, la camicetta bianca con le maniche a sbuffo le fasciava perfettamente il busto. 

La ragazza scosse la testa e gli rivolse un sorriso, si alzò e gli schioccò un bacio sulla guancia.

Ci mancava pure questo, pensò Akito pervaso dalla voglia di baciare Sana e quel suo sorriso dolce.

Per l’amor di Dio, Hayama, riprenditi!

“Quindi ti servono solo gli appunti di diritto? Credi che ti salveranno dalla tua pigrizia della sessione scorsa?” 

Sana cambiò rapidamente espressione.

“Tentar non nuoce! E per fortuna che ho trovato qualcuno che me li passa perché sennò ero fregata!”

“E chi ha detto che te li passerò senza nulla in cambio?” disse Akito con arroganza. 

“Sapevo che tu e la gentilezza non sareste andati d’accordo.” rispose Sana sospirando. “Che cosa vuoi in cambio?” 

Si aspettava qualche strano e spiacevole favore che Hayama non aveva voglia di fare, come pulire la palestra dove si allenava o ricopiare gli appunti.

“Esci con me stasera.”

Come prego?

“Già ti vedo abbastanza, non trovi?” tentò di ironizzare la ragazza.

“Sono serio Kurata. Esci con me.” rispose categorico.

Sana rimase senza parole. Perché avrebbe voluto uscire con lei? Non erano di certo una coppia.
Nella sua testa ciò che avevano fatto dopo il matrimonio di Rei era stato accantonato come un evento straordinario, una meteora passata molto vicino alla terra ma che mai l’avrebbe sfiorata. E adesso Akito voleva uscire con lei. Sembrava davvero convinto della sua proposta e Sana non se la sentiva di dirgli di no.

“Va bene, uscirò con te Hayama. Ora però posso avere gli appunti?”

“No di certo! Te li do stasera, così non puoi piantarmi in asso” rispose il ragazzo prendendo il menù delle bibite.

Sana rimase a bocca aperta.

“Guarda di non trascinarmi in qualche posto strano o di fare notte fonda!”

“L’ho mai fatto?”

Oh si, diverse volte direi, partendo dal weekend scorso che mi hai trascinata a Nanao solo perché casa tua non andava bene, pensò la giovane.
In effetti dopo il matrimonio di Rei, mentre si dirigevano verso il mare, Kurata gli aveva chiesto perché non fossero semplicemente tornati a Tokyo ma il ragazzo aveva risposto dicendo che il suo solito appartamento non era il massimo, che lui aveva in mente un posto preciso e quello doveva essere.

“Sei diventato un vero manipolatore!”
Akito le lanciò un’occhiataccia.




La sera stessa Sana si stava preparando al grande evento. Akito non le aveva detto dove sarebbero andati perciò lei si trovava nel mezzo di una crisi. Non voleva essere sempre in ritardo ma ormai era inevitabile, se ne stava seduta in mezzo al suo armadio in accappatoio, con un asciugamano legato in testa e decine di vestiti ammucchiati sul pavimento. Il suo telefono iniziò a squillare.

“Akito sono nel mezzo di una crisi mistica! No, non so cosa mettermi, non mi hai nemmeno detto dov- non ho intenzione di venire in jeans e t-shirt! Potresti dirmi solo dove andiamo a mangiare? Okay, okay non serve essere così antipatico, mi vesto comoda ho capito!”

Si infilò un paio di jeans neri aderenti e una maglia a maniche lunghe, raccolse i lunghi capelli in una coda e si truccò più velocemente possibile. Schizzò fuori dalla porta di casa prima che sua madre potesse farle il terzo grado. Akito la stava aspettando fuori dal cancello, seduto su un muretto. Indossava una maglia da baseball rossa e nera, dei jeans scuri e un cappello con il frontino rivolto all’indietro. Il vento gli muoveva quelle poche ciocche bionde che erano rimaste libere e gli occhi ambrati scrutavano la strada. 

Hayama sembra proprio un giaguaro*, si ritrovò a pensare Sana mentre lo raggiungeva.

“La tua macchina?”

“A cosa mi serve se dobbiamo fare solo qualche isolato?”

Camminarono fino a che non si trovarono in mezzo ad una fila di bancarelle e festoni luminosi. Il quartiere vicino a quello dove abitava Sana aveva organizzato un festival di fine estate, con lanterne e vestiti tradizionali. C’era parecchia gente e per evitare di perdersi, Akito prese la mano della ragazza e insieme si avventurarono nella giungla di luci. Entrambi sentirono il familiare formicolio che avevano imparato a riconoscere il weekend precedente. 

“Che cosa hai raccontato a tua madre visto che sei sparita per quattro giorni?” chiese Hayama mentre addentava uno spiedino di pollo. Si erano piazzati di fronte a un baracchino lontano dalla calca che affollava le viette.

“Niente di che in realtà. Anzi non mi ha nemmeno chiesto spiegazioni.” rispose la giovane pensierosa. “Credo sapesse che ero con te e la cosa non le dispiaceva affatto.”

Akito sorrise. Persino la signora Kurata era convinta che loro due dovessero stare insieme, come suo padre che ogni volta lo assillava chiedendogli quando avrebbero convolato a nozze.

“Rei però ha cercato di farmi il terzo grado.. ma ovviamente essendo un’attrice talentosa quale sono, mi sono inventata una vacanza con le mie amiche e mi ha subito creduto!”

“Chi si loda si imbroda Kurata” disse Akito rubandole una patatina fritta dalle mani.

La serata passò velocemente, senza che nessuno dei due potesse realmente accorgersene e quando Sana controllò l’ora si accorse che, come tutte le altre mille volte che aveva cercato di fermarlo o almeno rallentarlo, il tempo non avrebbe mai accontentato la sua preghiera. Ogni minuto passato con Hayama era un attimo che avrebbe voluto imprimere nel suo corpo, conservarlo, tenerlo stretto a se ma non poteva farlo, doveva solo godersi quell’istante che non sarebbe tornato più.

“Ti accompagno a casa, va bene?” le disse riportandola alla realtà. 

Arrivarono davanti al cancello che avevano salutato qualche ora prima. Un lontano rumore di un’ ambulanza faceva eco ai loro passi. Akito tirò fuori una chiavetta USB.

“Tieni. Qui ci sono tutti gli appunti che ti servono, anche di altri esami.” 

Sana rimase interdetta da un gesto così estraneo da parte del ragazzo, lui che era fermamente convinto che per ottenere qualcosa bisognasse lavorare duramente. 

“Grazie Hayama.” 

“Ho mantenuto fede alla mia promessa. Dopotutto sono un uomo di parola.” disse in tono solenne.

“Tu, un uomo? E da quando?”

Lui le rivolse uno sguardo pieno di malizia. 

“Non farmi dire altro Kurata.”

Un silenzio pieno di eccitazione aleggiava tra loro, le mani che cercavano un posto dove intrecciarsi, gli occhi persi nel buio della notte e poi un sospiro, un movimento rapido e un bacio. Nessuno dei due sapeva chi si fosse mosso più velocemente, in quel momento si trovarono uno sulle labbra dell’altra in cerca di un contatto più profondo, più intimo. Erano passati solo pochi giorni dall’ultima volta che si erano baciati, eppure entrambi stavano bramando quella vicinanza dal momento in cui si erano rincontrati. Sana appoggiò la sua fronte contro quella di Akito, tenendo ancora gli occhi chiusi.

“Andiamo da te?” gli disse. Aveva voglia di stare con lui, in tutti i modi possibili e esistenti.

“Credevo volessi andare a letto presto.. non devi registrare domani mattina?”

Sana scosse la testa e insieme si diressero alla fermata della metropolitana più vicina, mano nella mano. Nessuno dei due disse una parola durante il viaggio, si tenevano solo per mano, guardandosi di tanto in tanto. Una volta arrivati nel minuscolo appartamento di Akito, Kurata finalmente parlò.

“Se vogliamo veramente fare questa cosa, dobbiamo stabilire delle regole.”

Hayama che le stava slacciando il reggiseno, si bloccò.

“Che intendi dire?”

“Dobbiamo mettere in chiaro come funzionerà la nostra amicizia da ora in poi, non credi?”

Amicizia? Di che amicizia sta parlando?

“Certo Kurata, tutto quello che vuoi” le disse, sfilandole il reggiseno e baciandole il collo. 

“Sono seria Akito.. non possiamo dirlo a nessuno, Dio solo sa come reagirebbe Tsuyoshi.” sentenziò Sana.

“Sai che non è facile tenergli nascoste le cose, quel tizio è peggio di un segugio a volte!”

“E poi.. beh basta gelosia inutile va bene?”

Hayama la guardò negli occhi.

“Non è che hai un altro amico con cui fai questo giochetto vero?” chiese con un ghigno.

Sana ridacchiò.

“Sei il solo e unico Akito.” gli rispose.

“Lo spero bene.” disse il ragazzo, sfilandole gli ultimi indumenti che le rimanevano addosso.

“Non fare il possessivo Hayama, non sono tua.” Sana lo guardò con aria di sfida.

“Ne sei sicura? E allora com’è che chiami solo il mio nome in questi giorni?”

“Potrei dire lo stesso Akito.” sussurrò la ragazza alzando un sopracciglio. 

Hayama la baciò con foga e la trascinò in camera da letto, lasciando una scia di vestiti.











* devo davvero ricordarvi la costante coda da giaguaro che Akito ha nell'anime?


























Buongiorno miei cari e mie care!
Come state?
Ormai ho una passione per lasciarvi col fiato sospeso nei momenti più passionali! 
Questo è un capitoletto, carino, di cui mi piace molto l'ambientazione serale e urbana di fine estate, però fa un po' da preambolo al successivo. Siamo ormai verso la fine!
Vi ringrazio sempre tantissimo per tutte le belle parole, le recensioni e anche chi legge e basta, per me siete super importanti!
Spero di trovarvi al prossimo capitolo!
Baci stellari e stay (always) safe,
Eleo



 

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Capitolo 9
*** 9. Gelosia ***


9. Woman - Harry Styles

 

<< I hope you can see, the shape that I'm in

While he's touching your skin

He's right where I should, where I should be

But you're making me bleed >> 

 

 

Le lezioni all’università erano ricominciate, le giornate si facevano più corte e fredde. I viali erano totalmente ricoperti dalle foglie arancio e rosse degli alberi d’acero, i baracchini del cibo di strada si accumulavano lungo le vie dei quartieri emanando un profumo delizioso a qualsiasi ora del giorno e della notte. 

Sana, avendo perso le sessioni di esami precedenti, aveva deciso di lasciare il lavoro da parte per concentrarsi sugli studi, cercando di recuperare il prima possibile. Rei si era inalberato a causa del fatto che l’attrice avesse deciso di metterlo temporaneamente in pausa dal suo impiego.
“Rimarrai comunque il nostro autista e agente, solo con ritmi meno serrati! Dovresti essere felice, adesso puoi passare molto più tempo con Asako!” ma Sagami non era affatto contento: era convinto che, prima o poi, Sana avrebbe abbandonato la recitazione per qualche altra distrazione. Venne rassicurato anche da Misako in persona sul fatto che comunque, in un modo o nell’altro, si sarebbero visti tutti i giorni. 



Una mattina Sana aveva appuntamento con Akito e Tsuyoshi davanti all’ingresso della facoltà, d’altronde medicina e economia erano nello stesso complesso universitario. 
Mentre si dirigeva verso la sede pensò che fosse strano vedere Akito senza dover per forza trovare un posto dove nascondersi. 

Strano vedere Akito senza dover guidare ore per scappare dalla città. 

Strano vedere Akito con i vestiti addosso. 

Sana arrossì.
Nello scorso periodo avevano trascorso giornate intere insieme, come dopo il matrimonio di Rei. La convalescenza della signora Kurata non era riuscita a tenere distanti i due giovani, che dopo nemmeno una settimana si erano ritrovati di nuovo insieme, nascosti sotto un porticato di qualche parco sperduto del quartiere di Sana. Avevano mantenuto la promessa, nessuno sapeva di loro, nemmeno i loro amici più stretti: Tsuyoshi era rimasto al fatto che Sana era partita per l’America dopo aver fatto sesso con Hayama e Fuka non sapeva nemmeno se Kurata si fosse dichiarata o meno al ragazzo. Grazie al passaggio letargico di settembre la coppia - che si ostinava a non volersi definire tale - era riuscita ad ignorare ogni tipo di pressione esterna. Ma non potevano fermare il tempo, alla fine l’autunno era arrivato e con lui tutto ciò che Sana stava inutilmente cercando di chiudere fuori dalla porta.

Forza Sana, devi solo convincere Tsuyoshi che tu e Akito non passate diciotto ore su ventiquattro insieme al giorno, si chiama recitare, dovrebbe essere il tuo lavoro.

Eppure quando si trattava di Hayama, lei faceva fatica a comportarsi come una normale attrice, faceva fatica a fingere persino con sua madre. L’aveva beccata una sera mentre usciva per andare da lui e si era vergognata della solita bugia inventata al momento da rifilare alla signora Kurata.

“Dove stai andando signorina? Sono giorni che non ti vedo!” aveva strillato Misako alla figlia che si era voltata di colpo, ondeggiando i lunghi capelli rossastri. 

“Oh Mama.. scusami tanto ma devo fare un progetto per l’università con.. Aya e Tsuyoshi!” 

Sua madre l’aveva squadrata da cima a fondo, chiaramente non le credeva: Aya studiava storia e beni culturali e Tsuyoshi medicina; le era chiaro come il sole che la ragazza stesse passando tutto quel tempo a fare tutt’altro che progetti per l’università o ripassi notturni.

“Quanto profumo per un progetto!” aveva esclamato mettendo in crisi la figlia. “Non fare troppo tardi, mi raccomando” le aveva detto avviandosi al piano di sopra. 

Sana aveva sospirato, sapendo perfettamente che sua madre non se l’era bevuta e quando ne aveva parlato con Akito, lui le aveva chiesto perché non avesse detto semplicemente la verità.

“Non avrei saputo come dirle che..”

“Che venivi a casa mia? Non mi sembra che ti abbia mai fatto chissà che storie”

“Ma una volta era diverso.. prima noi non facevamo..” Sana era arrossita ancora come una bambina e Akito le aveva preso il viso tra le mani.

“Giusto Kurata, non facevamo sesso, esatto.” e l’aveva baciata con passione.

Ma perché mi devono venire in mente certe cose adesso! si era detta intravedendo il viso di Hayama che stava parlando con Tsuyoshi, notando che quel giorno non si era rasato la poca ricrescita della barba che aveva e pensando a quanti segni le avrebbe lasciato sul collo. 

“Ciao Sana!” 

“Ciao Tsu! Mi sembra di non vederti da una vita!” i due amici si abbracciarono.

Hayama si schiarì la voce, facendo notare la sua presenza. La giovane lo ignorò. 

“In effetti è parecchio che non ti si vede in giro.. sei stata impegnata con il lavoro?”

“Non proprio” disse Akito, facendo una smorfia. Sana lo guardò truce.

“Diciamo che sto cercando di recuperare lo studio perso e Hayama ogni tanto mi aiuta.” 

Tsuyoshi guardò i due con aria interrogativa, sentiva che c’era qualcosa che si era perso. 

“Beh stasera gli altri stavano pensando di andare in quel izakaya* a Minato** a bere e mangiare qualcosa.. venite anche voi? Ci sono anche dei miei compagni di corso!”

“Io vengo di sicuro.” disse Akito illuminandosi di botto. I due lo fissarono confusi, era strano che accettasse così di buon grado di uscire senza essere pregato in quattro lingue. 

“Che c’è? In quel posto fanno un sushi buonissimo!” 

“Vengo anch’io dai! E’ così tanto che non passo una serata con voi!” disse Sana dopo aver tirato una pacca sulla testa di Akito. 

“Ottimo, allora ci vediamo stasera! Scappo che ho lezione!” disse Tsuyoshi allontanandosi velocemente. 

Non appena Ohki fu abbastanza lontano, Hayama la prese per la vita e la strinse a se e Sana in risposta gli diede un bacio sulla fronte.

“Mi sei mancata ieri sera.” le disse con voce roca, affondando il naso tra i capelli rossi.

“Non posso dormire da te tutte le notti, a casa non fanno altro che farmi il terzo grado.”

“Potresti andare a vivere da sola.” 

“Sai che non è nelle mie corde starmene in un appartamento vuoto.”

“Prima o poi dovrai farlo però” disse Akito spostandole una ciocca dal viso. 

“Hai ragione ma per adesso non mi va. Piuttosto hai voglia di accompagnarmi in centro? Devo prendere dei libri da leggere per mia madre, ha ancora la caviglia fasciata e sta finendo la sua collezione di romanzi.”

“In realtà non posso.. devo allenarmi oggi pomeriggio.”

“Nessun problema, ci vediamo direttamente con gli altri allora” Sana guardò velocemente l’ora. “Devo scappare anch’io Akito, mi hanno chiesto di passare agli studi.. cercherò di essere il più puntuale possibile stasera ma non garantisco nulla!” gli scoccò un bacio sulla guancia e sgusciò via dalle sue braccia prima che lui potesse tenerla a se. 



La sera si trovarono tutti fuori dal ristorante. Sana arrivò con Fuka e Hisae, mentre Aya, Tsuyoshi e Gomi arrivarono tutti insieme. Mancava solo Akito.

“Ora provo a chiamarlo!” disse Sana cercando il telefono in borsa.

Squillò a vuoto e partì la segreteria. Niente da fare, era irraggiungibile.

“Dite che non si presenterà?” chiese Aya quasi preoccupata.

“Perché non dovrebbe? Dopotutto l’ha detto pure lui che qui fanno un sushi che gli piace. Il problema è che ho riservato il tavolo per le otto e siamo già in ritardo di dieci minuti.. qualcuno lo può aspettare qui mentre andiamo a prendere il tavolo?” chiese Tsuyoshi. Sana alzò istintivamente il braccio, nemmeno lei sapeva perché l’aveva fatto. 

Così puoi passare del tempo sola con lui, aveva ghignato la voce nella testa di Sana. Come se non avessero passato intere giornate insieme a girare per i viali della città, mano nella mano. 

“Perfetto Sana! Dopo dovrebbero arrivare anche dei miei compagni di corso, ho pensato che più siamo e meglio è!”

“Ma dobbiamo festeggiare qualcosa?” chiese Gomi. Hisae gli diede una gomitata.

“Certo che no!” rispose Tsuyoshi con un sorriso forzato. 

Il gruppetto entrò nel locale, lasciando Sana fuori. 

“Qualcuno mi spiega che diavolo hai architettato Ohki?” chiese Fuka una volta dentro.

“Voglio capire che succede tra Sana e Hayama. C’è qualcosa di strano tra i due e, dato l’estate miserabile che hanno passato entrambi, questa calma improvvisa mi puzza. Non credete anche voi che ci sia qualcosa che non sappiamo?”

“Ma Tsu ci sono tante di quelle cose che non conosciamo su di loro che potrebbe essere tutto o niente.” lo assicurò Aya.

“Ancora però non capisco.. perché hai invitato i tuoi compagni di corso?” disse Fuka, aggrottando le sopracciglia. Tsuyoshi fece una smorfia maliziosa.

“Diciamo che ho voluto complicare un po’ le cose.. tra di loro c’è Isei che è un grande, grande fan di Sana e Rumiko che mi ha chiesto circa una decina di volte se posso presentarle Akito.”

“Questa serata non finirà bene, me lo sento” disse Gomi, grattandosi la testa.

Sana stava aspettando ormai da un quarto d’ora. Aveva provato a richiamare Hayama altre quattro volte ma ormai partiva automaticamente la segreteria. 

“Dove cavolo sei Akito?” aveva sussurrato lei, guardando la strada speranzosa che ogni ombra che vedeva fosse quella del ragazzo. Dopo qualche secondo vide un gruppetto di tre figure, due ragazzi e una ragazza, avvicinarsi al locale. Niente Akito. Uno di loro però si fermò.

“Scusami ma tu sei Sana Kurata?” le disse. 

“Si.. ci conosciamo?”

“Mi chiamo Isei, sono un amico di Ohki!” disse il giovane con un sorriso. Era un ragazzo alto e slanciato, con occhi e capelli molto scuri e un paio di occhiali con una montatura a goccia. 

“Ah si giusto! Tsuyoshi mi aveva detto che ci avreste raggiunto! Loro sono già dentro, io sto aspettando l’ultimo che manca” rispose Sana.

“Ti faccio compagnia dai! Rumiko, Taisuke andate pure dentro e tenetemi un posto!”

La ragazza del gruppo, Rumiko, squadrò con i suoi occhi verde smeraldo Kurata dalla testa ai piedi lanciandole uno sguardo torvo, ed entrò ondeggiando i capelli nocciola. 

“Chi stiamo aspettando?” chiese Isei.

“Oh manca solo Hayama” rispose lei, sbuffando. “Lo sto aspettando da venti minuti ormai.”

“Beh non è molto cortese da parte sua, non bisognerebbe far aspettare una ragazza come te.” disse il giovane, sorridendo in modo malizioso.

Ugh. 

“Grazie.. credo” disse Sana, sentendosi in imbarazzo più che mai e sperando che Hayama spuntasse fuori come un fungo. 

“E’ la pura verità, sei un’attrice veramente brava. Sono un tuo fan da sempre!”

Spero non voglia più di un autografo arrivati a questo punto, disse la solita voce. 

L’attrice per una volta si trovò d’accordo con il suo disturbo della personalità; sorrise in modo garbato rimanendo in silenzio, ormai sapeva come comportarsi con soggetti così, doveva essere educata e gentile senza sembrare troppo disponibile, si era già trovata in situazioni complicate con i fan. 

“Ascolta perché non andiamo semplicemente dentro? Inizia a fare freddo qui fuori. Poi questo Hayama poteva arrivare puntuale.. fossi in lui-“

“Si, non avrei mai fatto aspettare Sana Kurata.” disse una voce seccata.

Akito era arrivato e si era sorbito tutta la scena imbarazzante “dell’ennesimo idiota che ci prova con Sana”. Aveva già in mente di scusarsi per il suo ritardo ma le parole gli erano morte in gola davanti a quel teatrino.

Di certo l’imbecille non sa che l’unico che porterà a casa Kurata per fare le capriole sotto le lenzuola sarò io e nessun altro.

“Alla buon ora!” strillò la ragazza in tono di rimprovero. “Non puoi far aspettare la gente delle ore solo perché non ti porti appresso un maledetto cellulare!” 

Akito la guardò dritta negli occhi e lei si tradì da sola: il suo tono poteva sembrare arrabbiato ma lo sguardo era felice, felice che lui fosse arrivato, felice di poter passare altro prezioso tempo insieme nonostante fossero passate solo poche ore da quando l’aveva salutato.

“Ti sembra questo il modo di salutarmi?” disse Hayama altezzoso. Sana lo ignorò.

“Ora possiamo finalmente andare a cena” disse rivolgendosi a Isei. 



Dopo un’infinità di tamagoyaki, korrokke e yakitori e un numero indefinito di birre e caraffe di sakè, Akito cercò di analizzare la compagnia del tavolo al quale era seduto: Hisae, Gomi e Fuka discutevano animatamente su chi avrebbe potuto vincere le elezioni del consiglio studentesco dell’università, Tsuyoshi e Aya che conversavano con il beota che aveva trovato con Sana e un altro ragazzo di nome Taisuke, Kurata che era andata a cercare un bagno e infine se stesso, continuamente pressato da Rumiko, che non faceva altro che chiedergli cosa ne pensasse di questo o quell’altro. 

Tsuyoshi ha cercato di accoppiarmi con questa tizia e sta cercando di mettere insieme Sana con quel Isei, li ha pure fatti sedere vicini. 

Si guardò attorno. 

Chissà dov’è sparita quella tonta.

“Scusami, vado a cercare il bagno.” disse alla ragazza seduta a fianco a lui che stava iniziando un discorso sui difetti della salute pubblica. 

“Si certo, naturalmente.” rispose Rumiko fissando la figura di Hayama allontanarsi. 

Akito trovò il bagno ma non chi stava cercando.
Affianco c’era una porta accostata che dava sulla strada dalla quale proveniva una musica orecchiabile. Il ragazzo si infilò nella fessura e vi trovò Sana che ballava a ritmo di una canzone di Billy Idol, totalmente incurante di indossare solo la t-shirt e di essere mezza ubriaca. Aveva il viso arrossato e sorrideva come una bambina felice. Solo lei poteva farsi coinvolgere da una situazione simile, la porta che dava su una stradina parallela, la musica di qualche festa lontana, uno dei cuochi che fumava una sigaretta fregandosene della giovane che ballava come se fosse l’unica al mondo. Akito si appoggiò allo stipite della porta e aspettò che la canzone finisse.

“Noo! E’ già finita? Ancora ancora!” disse Sana battendo le mani. Partì un’altra canzone, sempre ballabile e solo allora si accorse di Akito che la fissava con una smorfia maliziosa.

“Che fai lì, tieni su la porta? Vieni a ballare con me!” e lo trascinò fuori con lei, ballando, un po’ ubriachi, molto innamorati. 

Dopo qualche minuto la musica cambiò totalmente, qualcuno aveva messo una vecchia canzone giapponese, un lento, così Akito aveva stretto inconsciamente Sana tra le braccia e si erano messi a dondolare a tempo.

Perché la gente cerca sempre delle risposte..” Sana aveva iniziato a cantare sottovoce, all’orecchio di Hayama. “Io sono felice anche così, sono felice anche così..” 

Qualcosa stava stritolando il cuore del ragazzo, mentre lei cantava delle parole così semplici e così piene di significato. La stessa cosa che gli aveva mozzato il fiato quando aveva visto Isei chinarsi verso di lei per spostarle una ciocca di capelli dal viso. La stessa cosa che aveva cercato di ignorare ogni volta che qualcuno gli chiedeva se Kurata fosse fidanzata e tutto quello che voleva rispondere era che Sana non era di nessuno, ma se ci fosse stato qualcuno che avrebbe potuto capirla, conoscerla e amarla per tutto il resto della sua vita, quella persona sarebbe stato Akito Hayama. 

Il tempo scorre, i sogni passano, anche se cambiano forma.. mi basta averti qui accanto per essere contenta..” 

Lui non avrebbe potuto sopportare la distanza tra di loro, con Sana Akito era finalmente se stesso, non quella maschera da ragazzino violento e nemmeno quella da cuore di ghiaccio. Insieme entravano in uno stato di intimità così raro e puro dal quale poi era difficile uscirne; stare insieme era naturale e semplice, quasi non avessero fatto altro nella loro vita ed era così, anche perché in un modo contorno la vita li aveva sempre uniti, nel bene e molto spesso nel male.

I desideri spesso sono distanti, anche se cerco di afferrarli finiscono per scivolarmi tra le dita..” Akito appoggiò la fronte contro la testa della ragazza.

Mi basta sorridere accanto a te per essere contenta..*** ” 

La musica si spense lontananza. 

“Forse è meglio se torniamo dagli altri..” disse il giovane staccandosi leggermente. Sana lo spinse contro un muro e gli rivolse un lungo sguardo esplicito, gli occhi brillanti per il sakè e le guance leggermente arrossate. Akito si guardò intorno, erano soli.

“Non guardarmi così Kurata. Sai cosa succede se mi guardi così.” 

“Non so di che cosa tu stia parlando.” rispose lei ingenuamente.

Gli allacciò le braccia al collo e avvicinandosi al viso di Hayama gli diede un bacio sulla punta del naso e riprese a fissarlo. 

“Ti avevo avvisata.” disse Akito invertendo le loro posizioni e spingendola addosso muro. Iniziò a baciarla in modo appassionato.

Sana adorava provocare Akito così, sapeva perfettamente le conseguenze delle occhiate, dei gesti che potevano mandare in tilt il cervello del ragazzo. Hayama prese a baciarle il collo, lasciandosi trasportare dal profumo di fiori che usava l’attrice e che ormai era diventato così familiare, così consueto. La mano del giovane scese sul seno e poi si fermò sulla patta dei jeans di Sana. 

“Fermo.” lo ammonì dolcemente lei. “Ti ricordo che siamo nel retro di un ristorante e dentro ci sono tutti i nostri amici” gli disse, mordendogli leggermente il labbro tra un bacio e l’altro. 

“Qui non c’è nessuno e sei tu che mi hai provocato. Ora ti aspettano le conseguenze.”
La mano di Akito riuscì a infilarsi nei jeans e Sana soffocò un gemito. Le dita si muovevano senza fretta, prendendo un ritmo sempre più incalzante. Lei rovesciò la cascata di capelli rossi all’indietro, aggrappandosi alla schiena del ragazzo.

“Non fare troppo rumore Kurata, ci potrebbero beccare da un momento all’altro.” sussurrò Hayama. Sentiva i brividi sulla pelle della ragazza che scendevano giù per la sua schiena. Akito aveva la mente totalmente annebbiata dal desiderio: il corpo di Sana ormai apparteneva a lui.

“Io non li vedo però.. “ una voce che proveniva dall’interno dell’izakaya li fece sobbalzare. I due giovani si staccarono alla velocità della luce, lei estremamente rossa in viso e ansimante e lui portando immediatamente le mani sopra l’inguine. 

“Ti conviene fartela passare in fretta se non vuoi essere beccato dai tuoi amici così” disse la ragazza indicando la patta dei suoi pantaloni e trattenendosi dal ridere. Hayama le rivolse un’occhiataccia e si allontanò velocemente. 

“Ah, ma Sana allora sei qui! Che ci fai sola in mezzo alla strada?” disse Fuka guardando la sua amica piegarsi in due dalle risate. “Sei più ubriaca di quanto pensassi!” 

Il gruppo tornò dentro e Akito riapparse dall’entrata principale, con la scusa che era andato a fumare una sigaretta. Come alibi funzionò fino a che Fuka lo fissò stranita e gli chiese da quando avesse iniziato a fumare e ottenne un borbottio confuso.

Chissà come Hayama riuscì a sedersi vicino a Sana, che verso la fine della serata si era appoggiata a lui come supporto. Akito non aveva fatto una piega, anzi l’aveva presa sottobraccio come faceva quando aspettavano l’arrivo della metropolitana insieme seduti sulle panchine della fermata. Tsuyoshi, Aya e Fuka si erano lanciati uno sguardo sorpreso. 

Verso le undici il ristorante stava chiudendo e la compagnia si era appostata fuori per decidere se andare a casa o spostarsi in qualche locale notturno. 

“Io propongo quel night in Roppongi!” 

“Gomi tu proponi SEMPRE quel night in Roppongi.” disse Hisae, con tono stremato. 

“Io credo andrò verso casa.. domani mattina ho lezione di diritto internazionale e il professore è un vero rompipalle. Qualcuno che viene in metro con me?”

“Noi Fuka, tanto io e Tsuyoshi andiamo in quella direzione” rispose Aya, sbadigliando. 

“Sana tu cosa fai?” chiese Isei.

Un Voglio tornare a casa con Akito quasi le sfuggì dalle labbra. 

Controllati, che figura ci fai se dici una cosa del genere davanti a tutti?

“Oddio non saprei, non sono così stanca da andare a dormire ma non ho nemmeno voglia di andare in qualche discoteca a ballare stretta come una sardina..”

“Posso accompagnarti a casa io e magari prima ci fermiamo a prendere una birra o qualcosa del genere” le propose il ragazzo. Sana spiò la reazione di Akito a quell’invito e lo vide tremare impercettibilmente. 

“Oh, non vorrei di certo farti allungare così tanto, io abito un pochino fuori la città e non è un problema prendere un taxi” rispose Kurata in tono educato.

“Ma Hayama non abita lì vicino?” disse ad un certo momento Rumiko dal nulla. Era rimasta in silenzio da quando Akito si era seduto affianco all’attrice.

“Mio padre abita lì vicino. E comunque questo cosa c’entra?” chiese lui in tono duro.

“Beh che mi sorprende il fatto che tu non ti sia proposto di accompagnarla a casa per primo.” 

Calò un silenzio molto imbarazzato. Tsuyoshi, Aya e Hisae erano sbigottiti, Fuka stava per prendere per i capelli Rumiko, Akito e Sana erano entrambi impalliditi.

“Isei credo che accetterò quella proposta di prima, visto che insisti tanto!” disse poi alla fine Kurata sorridendo in modo forzato. Hayama si girò di colpo verso di lei con un’espressione sorpresa. Sana evitò il suo sguardo ferito e si avviò insieme a Isei verso la fermata della metropolitana. 

“Me ne vado a casa anch’io” disse a quel punto Akito, nervoso più che mai. 

“Ve l’avevo detto che c’è qualcosa che non sappiamo!” sussurrò Tsuyoshi non appena il suo amico fu lontano. 



Verso l’una meno dieci, Sana finalmente rincasò. Era estremamente stanca. L’intera serata le era sembrata come un giro su una giostra che non finiva più, un continuo saliscendi dalle montagne russe e lei ne era uscita sfinita. Non che l’ultima parte della serata non fosse stata piacevole, anzi Isei era un ragazzo divertente e affascinante ma non era Akito, quindi ciò rendeva inutile ogni tentativo di confronto: qualsiasi ragazzo che venisse paragonato ad Akito perdeva automaticamente e anche quando Isei l’aveva baciata, Sana aveva visto gli occhi e la bocca di Hayama.

Non c’è gara, si era detta girando le chiavi nella toppa della porta d’ingresso. 

“Ti sembra questa l’ora di tornare a casa?”

Sana sobbalzò. Akito era appostato affianco ai cespugli di bosso. 

“Mi hai fatto prendere un colpo. Che ci fai qui?” 

Lui si alzò e si passò la mano tra i capelli dorati.

“Non lo so nemmeno io. Ultimamente non riesco più a ragionare con la mia testa.”

si avvicinò alla ragazza, spingendola senza forza contro la porta. “Che mi hai fatto Kurata?” chiese Akito con voce dolorosa ma sorridendo appena.

“Di che stai parlando?” rispose Sana, accarezzandogli la guancia. 

“Di come io faccia fatica a mantenere la calma dopo quello che è successo stasera.. di come quel cretino amico di Tsuyoshi ci abbia provato tutta la sera con te e io non volevo fare altro che prenderlo a pugni. Ti ha pure accompagnato a casa!”

“In realtà mi ha baciata..”

Akito la fissò per qualche istante e poi si voltò di colpo.

“Non puoi arrabbiarti, lo sai vero? Non ne hai diritto. Abbiamo messo in chiaro che non siamo una coppia, non siamo esclusivi. E’ l’unico modo in cui possa funzionare questa cosa tra di noi.” disse Sana cercando lo sguardo del ragazzo. 

“Bene allora cosa diresti se io facessi sesso con quella Rumiko?”

“Sei libero di fare ciò che vuoi.”

“Non dire stronzate Sana. Ne rimarresti a pezzi, proprio come me”

Il pensiero di un altro che sta dove dovrei stare io mi corrode vivo. 

“Questo è vero, ma non mi sembra che tu ti sia mai fatto problemi riguardo chi portarti a letto!” 

Hayama la guardò confuso.

“Di che stai parlando..?”

“Di come quest’estate tu ti sia scopato chissà quante ragazze proprio dopo che io..” Sana non finì la frase. Si vergognava di quel momento, quando non era riuscita a dire ad Akito tutto quello che provava per lui.

“Tu sei matta.” Hayama scosse la testa e si allontanò. Era meglio chiudere una discussione che avrebbe fatto solo del male a entrambi. 

“Prima che partissi per gli Stati Uniti, quest’estate un giorno sono passata a casa tua per parlarti.. ti ricordi?” disse Sana alzando la voce.

Ad Akito tornò in mente quel pomeriggio afoso che Sana stava riportando a galla. E’ vero, non era solo. Aveva conosciuto una ragazza la sera precedente, Emi, in un pub poco lontano da casa sua. Avevano passato la notte insieme e entrambi si erano svegliati molto tardi, ecco perché Sana l’aveva intravista in casa sua. 

“E quindi? Tutto quello che sei riuscita a dire era a riguardo dell’invito al matrimonio del tuo agente, che avevo già ricevuto tra l’altro.”

“Beh diciamo che non era esattamente il motivo per il quale mi trovavo lì..”

“Ancora non capisco di cosa tu stia parlando Kurata.”

Devo dirgli quello che provo per lui, qui, in questo momento. Non voglio avere rimpianti.****

Sana fece un respiro profondo e lo guardò fisso negli occhi.

“Ero venuta a dirti che ero innamorata di te, Akito.”

Ecco, aveva sganciato la bomba. La cosa sorprendente era che non solo si sentiva molto più leggera ma anche stranamente soddisfatta. Aveva finalmente trovato il coraggio di dire i suoi sentimenti, di affrontare quello che si nascondeva nel suo cuore da sempre. 

“Tu cosa?” disse il ragazzo sbattendo gli occhi incredulo. Era convinto che non avrebbe mai sentito quelle parole uscire dalla ragazza dei suoi sogni, troppo immatura per dirle apertamente. Lei tentò di sorridere.

“Aspetta un attimo.. eri? Cos’è cambiato da quest’estate?” chiese con amarezza. Non capiva perché non gli avesse detto subito quelle cose, era quasi arrabbiato.

Il piccolo sorriso di Sana si increspò e lei rimase in silenzio con gli occhi lucidi e si protese verso di lui.

“Sono cambiate un po’ di cose..” rispose Sana con voce tremante.

“Ossia? No perché vorrei capire per quale motivo mi stai dicendo tutto questo ADESSO e non tre mesi fa!” Hayama alzò il tono della voce. “Per te le cose saranno anche cambiate ma io sono innamorato di te da dodici anni! Sana io ti amo, lo capisci vero?” 

La ragazza rimase in silenzio.

“Ancora non riesci a darmi una risposta? Basta, io me ne vado.” disse Akito quasi correndo via. 

“Quello che è cambiato per me è che ho capito di amarti, Akito! Più di quanto io abbia mai fatto in vita mia!” urlò Sana con tutta la voce che aveva in corpo.

Il ragazzo frenò di colpo e ritornò verso Kurata.

“Quindi la risposta che stai cercando Hayama è che si, ti amo anch’io.” 

“Davvero?”

“Davvero. Da sempre.” disse Sana prendendogli il viso tra le mani sottili. I due sorrisero, felici come non lo erano mai stati. Presero a baciarsi, lasciando che l’ardore li trasportasse.

“Non spezzarmi ancora il cuore Hayama” disse la giovane tra un bacio e l’altro. 

“Non andartene di nuovo Kurata” rispose lui.

 

 

 

 














* un izakaya è un locale tipicamente giapponese dove principalmente si beve ma si mangia anche. 

** Minato è un quartiere di Tokyo.

*** E’ la colonna sonora di un film abbastanza famoso in Giappone, Koizora - setsunai koi monogatari, del 2008.

**** episodio 89 dell’anime.





















Ciao a tutti!
Mi dispiace darvi questa notizia ma purtroppo siamo alla fine! Il prossimo capitolo sarà una sorta di chiusura della storia, però intanto concentriamoci su questo. Posso dire apertamente che è stato il mio capitolo preferito da scrivere e anche da rileggere, le varie scene, soprattutto quella di Sana che balla sono uscite così naturali e pure che non potevo non metterle per scritto. La nostra coppia non coppia è finalmente arrivata a una svolta, si sono finalmente dichiarati dopo averci fatto sudare sette camicie ma la domanda è se questo basterà per sorreggere una relazione!
Vi ringrazio tantissimo per tutte le belle recensioni e anche chi legge e basta!
Non ho molto altro da aggiungere e spero di vedervi al prossimo e ultimo capitolo!
Bacioni stellari!
Eleo

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Capitolo 10
*** 10. Anime gemelle ***


10. If I Had A Gun - Liam Gallagher 

 

<< Excuse if I spoke too soon,

My eyes have always followed you around the room

‘Cause you’re the only God that I ever need >>

 


“Akito..”

La sveglia continuava a suonare ma Sana non riusciva a spegnerla. Era tra le braccia del suo ragazzo e non riusciva a liberarsi dalla morsa.

“Akito!” strillò la ragazza. Rispose un mugugno. “Dai Akito! Sono le otto passate! Se continui ad arrivare a lezione in ritardo, tanto vale starsene a casa!”

“Direi che è un’ottima idea questa” rispose Hayama, tenendola ancora più stretta. 

“Ci sono gli esami tra meno di un mese!”

“A te cosa importa? Tanto tu hai mollato tutto per quel maledetto contratto di New York.”

“Mi importa eccome! Devi passare tutti gli esami per venire via con me!”

“E questo chi lo dice?”

“La Columbia University! Dai alzati.. io comunque devo passare da Mama per prendere delle cose, quindi forza!” disse la ragazza, liberandosi dalla presa e andando a spalancare le finestre dell’appartamento di Hayama. Il ragazzo sbuffò rumorosamente e si alzò. Un raggio di sole riempì la camera da letto piena di oggettini che Sana aveva portato per dare un tocco più caloroso al fin troppo minimale stile di Akito. C’erano vestiti seminati ovunque, scatole di cibo per asporto, candele, cornici, piante finte e piante vere: la giovane aveva trasformato quella casa come aveva fatto con la vita di Hayama, con irruenza, in un modo che rendeva tutto quello che era stato prima irriconoscibile. La vita prima di Sana era irriconoscibile, prima di lei in quella minuscola casa, prima di tutti quei quadri attaccati ai muri, prima dei fiori ogni sabato mattina appoggiati sul tavolo o le candele accese la sera. 

Akito andò a lavarsi i denti e la giovane lo seguì a ruota. Ormai era abitudine che i due si stringessero e lottassero per il minuscolo lavandino ogni mattina ed era abitudine che finissero per sporcare tutto lo specchio di dentifricio e poi si scambiassero un bacio con la faccia pasticciata. Dopo il caffè entrambi uscivano dalla porta insieme e le loro strade si separavano; quella mattina mentre Akito andava verso l’università, Sana stava tornando da sua madre per il cambio settimanale di vestiti. 

Di certo non posso mettere tutti i miei vestiti in quell’armadio! Ci starebbero a malapena le scarpe, si era detta girando le chiavi nella serratura.

“Sono a casa! C’è nessuno?”

“SANA!” urlò sua madre di risposta dal soggiorno.

“MAMA!”

“SANA!”
“MAMA! Dove sei?”

“In soggiorno tesoro, porta un bicchiere d’acqua alla tua povera madre. Come mai sei a casa?”

Sana si sedette accanto a sua madre, porgendole il bicchiere. 

“Solite cose, devo anche iniziare a fare la valigia.”

“Sei davvero sicura di voler partire tesoro?”

La giovane annuì.
Quando la proposta di una compagnia di Broadway era arrivata nelle mani di Rei, Sana aveva istintivamente risposto di no, non aveva senso partire per New York per mesi e mesi e perdere tutto quello che aveva costruito nell’ultimo anno della sua vita, gli amici, l’università, la famiglia e Akito. Non voleva lasciarlo di nuovo con la scusa del lavoro, non quando i due erano praticamente andati a vivere insieme. Ma era stato proprio il ragazzo a dirle di partire, di non precludere nessun tipo di contratto lavorativo, quella era la sua vita e di certo non poteva starsene ferma in Giappone per sempre. Sana era rimasta fulminata da quanto fosse maturato il ragazzo nel corso degli anni e anche se tra le lacrime, l’aveva convinta a partire.

“Ci sentiremo tutti i giorni!” continuava a promettergli la giovane.

Poi, dopo qualche settimana, il destino per una volta si dimostrò non totalmente avverso alla loro relazione. Nello stesso giorno in cui Sana si ritirava dall’università, Akito veniva selezionato per un semestre alla prestigiosa Columbia University nell’Upper Manhattan. Per una volta Akito e Sana potevano stare insieme, non c’erano immense montagne da scalare tra loro. La giovane sarebbe partita poco dopo Natale e lui l’avrebbe raggiunta a inizio febbraio, poco prima dell’inizio delle lezioni. Kurata ovviamente doveva arrivare in città prima delle prove per lo spettacolo per cercare un posto dove alloggiare e sistemarsi per i futuri sei mesi, ma la coppia non aveva ancora deciso se avrebbero abitato insieme anche a Manhattan: Akito era più propenso a vivere con una cialtrona come Sana piuttosto che andare a soffocare nei dormitori universitari, ma la ragazza credeva che fosse legittimo che i due avessero i propri spazi.

“Ti rendi conto che finiremmo per vivere insieme comunque? Tanto vale farlo fin da subito” aveva detto una sera mentre guardavano gli studio vicino a Brooklyn. Sana aveva alzato gli occhi non volendo ricominciare il solito discorso sul fatto che non stessero già convivendo, o almeno lei era convinta di questo. In realtà i due passavano tutto il loro tempo libero insieme, sempre nel minuscolo appartamento di Hayama. Non avevano bisogno di tanto spazio, era abbastanza stare l’una nelle braccia dell’altro. 







Dicembre passò velocemente e Natale era alle porte. La sera della vigilia Fuka organizzò una cena a casa sua per festeggiare le vacanze natalizie, aveva cucinato tutto il giorno, sistemato la casa e preparato la tavola. Aveva una grande notizia da dare ai suoi amici e tutto doveva essere perfetto.

I primi a presentarsi furono miracolosamente Sana e Akito seguiti poi da Aya, Tsuyoshi, Gomi e Hisae. La coppia entrò mano nella mano, stavano discutendo per qualcosa in modo animoso. A Fuka tornò in mente quando avevano detto loro che si erano finalmente messi insieme. Era successo un sabato sera in un locale in cui erano andati a ballare. Kurata era, come sempre, il centro di tutte le attenzioni. Indossava un abito minuscolo argento che le lasciava scoperta la schiena. All’ennesimo fan che si avvicinava per farsi una foto con l’attrice, Hayama si era alzato e si era avvicinato alla ragazza. Tutti avevano temuto il peggio, Gomi e Tsuyoshi si erano rizzati subito tentando di andare a placare Akito ma non era stato necessario. Sana gli aveva rivolto un sorriso, lui aveva inarcato un sopracciglio fissando il tizio che stava aspettando la foto con l’attrice. 
“Adesso arrivo!” aveva cinguettato Kurata e il giovane era tornato al suo posto. Niente scenate di gelosia, niente nervosismo estremo. I loro amici erano scioccati. Ma la ciliegina sulla torta fu proprio Sana che una volta terminato il suo fan service, andò a sedersi in braccio ad Hayama e i due si scambiarono un lungo bacio.

“Scusate.. Credo di essermi persa qualcosa!” strillò Aya accanto a un Tsuyoshi attonito.

“Non ve l’ho detto? Io e questo zuccone stiamo insieme!” disse Sana come se fosse la cosa più naturale del mondo e lo era, almeno per tutti coloro che li conoscevano, solo che nessun credeva che sarebbe effettivamente successo.

Il gruppo iniziò a bombardarli di domande, cosa fosse accaduto, come si fossero messi insieme, perché avevano aspettato così tanto, senza però dargli tempo di rispondere.

“Diciamo che abbiamo perso già troppo tempo prezioso.” aveva risposto Akito guardando la sua ragazza.

Ed ora sembravano già una coppia fatta e sposata.

“Ragazzi ho un annuncio da fare!” disse Fuka alzandosi, dopo il dolce. “Ho fatto domanda per fare un tirocinio nella sede dell’ambasciata giapponese a Parigi e sono stata presa!” 

Dal gruppo partì un applauso. 

“Congratulazioni Fuka!” disse Sana, abbracciando l’amica.

“Propongo un brindisi a Matsui, che si è sempre fatta il culo e che probabilmente continuerà a farselo.” propose Hayama alzando il bicchiere di vino. Fuka annuì convinta.

“A Matsui!” dissero in coro.

“In realtà anche io avrei qualcosa da dire.. E no, non ci sposiamo e non sono nemmeno incinta!” disse Kurata allungando la mano aperta prima che Aya e Hisae la interrompessero.

“Dopo capodanno andrò a lavorare a Broadway per uno spettacolo insieme ad una grossa compagnia teatrale!” 

Calò il silenzio. Hisae e Aya con la forchetta sospesa a mezz’aria, Gomi a bocca spalancata, Tsuyoshi continuava a grattarsi la testa credendo di aver capito male. Gli sguardi di tutti si spostavano da Sana ad Akito come se stessero giocando una partita di tennis.

“Beh? Nessuna reazione? Guardate che sarete tutti invitati al debutto!”

“Ma quanto starai via?” chiese Fuka, guardando intensamente Hayama che sembrava più rilassato che mai.

“Circa sei mesi o forse di più, dipende da come andrà lo spettacolo.”

“E l’università? Non sei già indietro?”

Sana agitò una mano.

“Diciamo che ho dovuto rinunciare a qualcosa per continuare a lavorare e insieme a mia mamma e Rei abbiamo deciso che non era il caso continuare l’università, quindi mi sono ritirata.”

Calò di nuovo il silenzio. Poi Tsuyoshi, prendendo coraggio, parlò.

“E Akito?”

“E Akito cosa?” disse il diretto interessato, risalendo dal suo stato di silenzio perenne.

“Hai intenzione di startene qui a guardare?” gli chiese Gomi. 

“Sono stato preso per l’ultimo semestre alla Columbia University, a New York.” disse Hayama, alzando le spalle con noncuranza. “A quanto pare vivremo nella stessa città per un po’” 

La coppia si guardò: erano seduti ai lati opposti della tavolata e nonostante la lontananza riuscivano a mostrare quanto fosse evidente ciò che provavano l’uno per l’altra. 

“Vivrete insieme anche lì?” chiese Aya sognante.

“No di certo! E tanto per precisare, nemmeno qui viviamo insieme!” rispose Sana, mentre Akito le faceva il verso. 

“La risposta è si, Sugita.” disse Hayama sottovoce. “Quella tonta di Kurata non vuole ancora rendersi conto della realtà.”

“E quale sarebbe questa realtà di cui vaneggi tanto Hayama?” 

“Che io e te Kurata siamo destinati a stare insieme.” 

Lo disse in un tono così deciso, così forte che Sana si alzò da tavola e corse a baciarlo con passione. 

 







Febbraio era estremamente gelido anche in una grande città come New York.
Sana stava andando al teatro per le prove del giorno. La grande sciarpa di lana rosa che sua madre le aveva regalato per Natale le era tornata molto utile in quelle prime settimane nella Grande Mela. Uscì dalla metropolitana con la sacca da danza messa a tracolla e la sua tazza to-go piena di tè giapponese, non voleva abituarsi al caffè americano che servivano in qualsiasi angolo. Stava ripetendo le ultime battute che aveva studiato la sera precedente mentre entrava nel grande stabile. Doveva ancora imparare perfettamente le coreografie e non aveva ancora iniziato a lavorare con la costumista però il suo inglese migliorava giorno dopo giorno e stava iniziando ad abituarsi ai ritmi intensi della città. 

“Buongiorno a tutti!” strillò alla folla che già stipava il palco. 

Un coro di voci le rispose con allegria. Era convinta di aver portato un po’ di luce in quella che era la quotidianità della compagnia con la quale stava lavorando e gli effetti si vedevano sulle performance di tutti, dagli attori principali fino agli stagisti che portavano il caffè e facevano fotocopie. Aveva imparato i nomi di tutti, lavorava duramente e cercava di essere il più professionale possibile. 

“Sana, stasera vieni con noi a mangiare una fetta di pizza?” chiese Monica, una delle attrici, dopo le prove. 

“Mi piacerebbe tanto ma stasera proprio non posso.. Devo andare in aeroporto a prendere una persona!” rispose la giovane cercando di trattenere l’entusiasmo. Hayama sarebbe arrivato quella sera e lei non riusciva più a sopportare la distanza; certo, parlavano al telefono tutte le sere e facevano spesso Skype ma vederlo su uno schermo non faceva altro che incrementare la voglia di sentirlo accanto a lei. 

“Si giusto! Il tuo ragazzo arriva oggi dal Giappone, me ne ero dimenticata!”

Beata te, disse la vocina nella testa di Sana, io non faccio altro che pensare a lui. 

Salutò le sue colleghe e corse verso il suo appartamento: aveva appena qualche ora per sistemare casa e prepararsi per il ritorno di Akito. Girò le chiavi nel portone di legno scuro e filò in doccia. Si lavò i capelli, li asciugò e mise quel profumo di fiori che usava da sempre; infilò un paio di pantaloni, un maglione e iniziò a sistemare la cucina. Aveva trovato un adorabile appartamento nel quartiere Nomad, vicino a Chelsea, totalmente sprovvisto di mobili perciò Sana si era divertita come una matta ad arredarlo a suo gusto e il risultato le piaceva ogni giorno di più. Stese una tovaglia bianca sul tavolino della cucina, tirò fuori i piatti, le bacchette e delle candele bianche, mise un vaso di fiori invernali al centro e corse a prendere la cena in uno dei food market lì vicino.

Verso le nove e dopo un’estenuante corsa in metropolitana, Sana arrivò in aeroporto con un grosso cartello sottobraccio e si piazzò fuori dalla zona degli arrivi.



Akito aveva dormito malissimo sul volo d’andata. Non che il suo posto fosse così sgradevole ma non riusciva a soffocare una sorta d’ansia, un groviglio allo stomaco che cercava di convincerlo che Sana non fosse lì ad aspettarlo ma che si sarebbe trovato solo in una città che non conosceva. La distanza, anche se durata poco più di un mese, stava diventando insopportabile; il giovane era tornato a vedere la sua ragazza ogni volta che cercava di non pensarla: la vedeva in tutte le cose che aveva ammassato nel suo appartamento di Tokyo, la vedeva continuamente in tutti i cartelloni pubblicitari e anche tra i tavoli delle biblioteche dove andava a studiare. Si era infilata così bene nella sua testa che non riusciva a passare una notte senza sognarla. La sua sanità mentale era peggiorata rispetto a prima che i due si mettessero insieme. 

Dopo il controllo passaporti e con l’ansia che non riusciva a mandare giù, si diresse verso l’uscita dell’aeroporto. Quando le porte si aprirono, Hayama iniziò a cercare con lo sguardo la sua ragazza ma un cartello gigante che diceva il suo nome attirò la sua attenzione e dietro l’immenso pannello c’era Sana. Lei appena lo vide iniziò a saltellare come una molla, trattenendosi dallo strillare come una bambina. Akito le corse incontro, le valige che gli sbattevano sulle gambe e la strinse a se, affondando la testa nei suoi capelli rossi. Stettero stretti diversi minuti senza dire una parola, mentre il fiume di persone accanto a loro lentamente si dileguava. Sana si sentiva di nuovo al sicuro tra le braccia di Hayama ed era un sentimento che non riusciva a provare in nessun altro modo se non con lui.

“Mi sei mancato” gli disse guardandolo dolcemente, continuando a tenerlo stretto. Faceva ancora fatica a credere alla tremenda fortuna che per una volta nella vita avevano avuto. 

“Anche tu mi sei mancata” le rispose spostandole una ciocca di capelli dagli occhi.

“Com’è andato il viaggio? Hai dormito un po’? Spero tu non sia troppo stanco, ho organizzato una bella cena nel mio appartamento”

“Non è che mi vuoi avvelenare vero? Ti ricordo che tra qualche giorno inizio le lezioni.”

“Io cucino benissimo!” rispose Sana, fingendosi offesa. “E ringrazia che non ti mando direttamente a dormire in campus!”

Akito sorrise. Ovviamente non aveva prenotato nessun tipo di alloggio universitario, voleva vivere solo con una persona, Sana e basta. 

“Va bene Kurata” le disse prendendole la mano mentre si dirigevano verso la stazione dei taxi. 

 







“Quindi cosa pensi di fare?” chiese Akito. Era arrabbiato, così arrabbiato da voler prendere a pugni l’intera parete dell’appartamento in cui stava, non viveva. E Sana non faceva altro che ricordarglielo, fino al punto che il ragazzo aveva iniziato a radunare le sue cose e aveva contattato l’ufficio collocamenti dell’università. 

La sua ragazza stava all’altro angolo della casa con le mani incrociate al petto. Akito poteva sentire chiaramente la sua testa macchinare qualche pensiero contorto.

“Non lo so!” rispose lei. 

Si appoggiò la mano sulla fronte. Com’era finita in quella situazione? Aveva il debutto la sera stessa e lei e Akito non facevano altro che litigare in quell’ultimo periodo. Non è che non lo volesse lì con lei, anzi, ma vivere insieme così, come stavano facendo da mesi, le era sembrato più facile che affrontare la discussione sul futuro che stava cercando di ritardare il più possibile. Lui l’aveva provocata, le aveva detto che avrebbe fatto su tutte le sue cose e se ne sarebbe andato il primo possibile se la sua presenza le dava così fastidio. Sana era sbottata dicendogli di crescere e Akito era esploso. Non riuscivano a trovare una fine a quella litigata che ormai si protraeva da giorni.

“Vuoi che me ne vada?” chiese Hayama, la voce che tremava lievemente. Non riusciva a capire il perché non potessero vivere insieme come una coppia di adulti quali erano. Sana voleva i suoi spazi e Akito non era certo uno che ingabbiava le persone. 

“Me ne vado io.” disse Sana, sbattendo la porta d’ingresso. Hayama rimase attonito per qualche secondo. Si sentì confuso. 

Lo spettacolo fu perfetto. Non una sbavatura, non un errore e nemmeno un malfunzionamento di qualche sistema meccanico. Anche se la discussione con Akito aveva scosso Sana, il palcoscenico le aveva ricordato che poteva dimenticare la sua vita per almeno due ore. Era nel suo camerino, circondata da decine di mazzi di fiori quando qualcuno bussò alla sua porta. 

“Avanti!” 

Sua madre, Rei, Asako e la signora Shimura entrarono nella stanza. L’attrice si alzò e corse ad abbracciarli. 

“Mi siete mancati tantissimo!” disse tra le braccia della sua famiglia. 

“Anche tu cara, non sai quanto.” le rispose sua madre stringendola forte.

“Allora? Vi è piaciuto lo spettacolo?”

“Sei stata bravissima! La tua notorietà adesso si diffonderà in tutti i teatri del mondo!” disse Rei con guardandola con aria sognante. 

“E Akito?” chiese Asako guardandosi attorno.

Sana si rabbuiò. Non era certa che sarebbe venuto a vederla dopo il modo in cui l’aveva trattato.

“Non saprei.. Abbiamo avuto una brutta discussione stamattina e non ho idea se sia venuto a teatro o meno.” ammise la giovane. Era consapevole di essere dalla parte del torto e sapeva perfettamente che il suo comportamento non era maturo. Akito era quello maturo e adulto, non lei. Lei era ancora spaventata dalle sue emozioni, dal suo futuro con Hayama, come la bambina che era sempre stata. Gli diceva di crescere, di essere meno ingenuo ma quella che doveva crescere era Sana, lei che non era nemmeno in grado di chiedere al suo ragazzo di condividere la loro quotidianità.

“Vedrai che sarà qui fuori ad aspettarti!” disse la signora Shimura cercando di dare un po’ di speranza alla ragazza.

“Ne dubito, ma grazie. Quali sono i vostri piani per la serata?” 

“Credo andremo tutti in albergo e faremo una bella dormita. Non vorrei che Asako si stancasse troppo!” disse Rei guardando sua moglie in modo apprensivo. 

“Ti ricordo che sono incinta solo da due mesi, non serve essere così esagerati” rispose la donna incrociando le braccia al petto. Sana sorrise. 

Chissà se Akito la stesse aspettando davvero da qualche parte nel teatro. La famigliola felice uscì e lei rimase sola. Finì di struccarsi, tolse il costume di scena e prese le sue cose. Aveva messo tutti i fiori che le erano arrivati in acqua in modo che non appassissero; se c’era una cosa che le metteva tristezza erano i fiori secchi dimenticati in qualche vaso. 

Le ballerine della compagnia passarono ad augurarle buonanotte. Era rimasta l’ultima nel teatro. Uscì dal camerino e si diresse verso l’uscita sul retro ma le luci ancora accese della ribalta le fecero cambiare idea: decise di salire sul palco un’ultima volta quella sera. Tutto era immobile intorno a lei, il silenzio rotto solo dai suoi passi. Si tolse le scarpe e prese a piroettare. Adorava la sensazione del palcoscenico, il profumo delle tende, il rumore del legno che scricchiolava sotto i suoi passi. Iniziò a recitare il monologo finale dello spettacolo, con voce chiara e limpida. 

Casa non è dove dormi. Casa è la pelle di chi, quando ti abbraccia, ti fa sentire al posto giusto*.” concluse Sana con un inchino ad un pubblico invisibile. Un applauso la fece sobbalzare.

Akito se ne stava in prima fila, in piedi, battendo le mani. Sulla poltrona aveva appoggiato un mazzo di rose tea. 

Sana scese dal palco e gli corse incontro. 

Aveva realizzato il senso di tutto quello spettacolo. Casa era dove era Akito, dove era sua madre e Rei e i suoi amici. Casa è nelle persone che ami, che non ti abbandonano, che ti sostengono e ti proteggono. E soprattutto casa è un’emozione, una sensazione, non necessariamente un luogo fisso. Casa per loro poteva essere in America, Giappone, Perù, Norvegia, in qualsiasi luogo purché fossero insieme. 

“Sei stata davvero brava, Sana.” disse Akito. Aveva tentato di restare arrabbiato con la ragazza ma dopo aver visto la sua esibizione, tutta la rabbia e il malumore avevano lasciato il posto a una strana malinconia. 

“Vieni a vivere con me Hayama.” disse lei in un sol fiato. Il ragazzo la fissò impassibile.

“Ci sei arrivata finalmente.” rispose Hayama prendendola tra le sue braccia.

 

 







“Kurata.. fa piano.” sibilò Akito. 

“Sul serio, Sana se non la smetti ci sentiranno tutti!” Il giovane le mise una mano sulla bocca.

“Non è di certo colpa mia” disse Sana scostandosi dalle dita di Hayama e iniziando a baciarle. Erano chiusi nel bagno degli uomini da parecchio ormai ma sembrava che nessuno si fosse accorto della loro assenza. La festa continuava senza che nessuno cercasse il festeggiato. 

“Buon compleanno Akito.” disse Kurata con lo stesso sguardo irresistibile che aveva spinto Hayama a trascinarla nel primo cubicolo libero per riempirla di baci e carezze. Lei ovviamente si era lasciata fare, non aveva nemmeno pensato di ribellarsi, d’altro canto il suo ragazzo compiva trent’anni e ci voleva un regalo appropriato.

“Fatti togliere questo maledetto vestito” le disse mentre cercava di slacciare la fila di bottoni. Sana rise di cuore vedendo Hayama trafficare con la fronte aggrottata.

“Non credo di averti mai visto così concentrato!” 

Sana aveva deciso di festeggiare il compleanno del suo ragazzo affittando un’intera sala di un noto ristorante di sushi; aveva assunto un deejay, invitato tutti i loro più cari amici e familiari e deciso di rendere il tutto una sorpresa. Aveva persino guidato lei mentre Akito se ne stava appoggiato al finestrino, con una benda sugli occhi. Lui era stato felice della festa, Sana ne era certa, ma aveva notato una piccola espressione di disappunto nel vedere tutte quelle persone. Probabilmente avrebbe preferito passare il suo compleanno con le poche persone che gli stavano davvero a cuore. 

“So che non sei contento di questa festa” gli aveva sussurrato la giovane, mentre il ragazzo scartava i regali. Akito l’aveva guardata con aria interrogativa.

“Di che parli, Kurata?”

“Ti conosco, Hayama.” gli aveva detto poi Sana con uno sguardo carico di ardore. Il giovane aveva ringraziato gli ospiti e preso la sua fidanzata per un polso deciso ad avere uno dei suoi regali di compleanno in quel preciso momento.

“Non vuoi aspettare di arrivare a casa?” disse Kurata sfilandosi il vestito.

“Assolutamente no.” rispose Akito imprigionandola contro la parete del bagno. Era sicuro che se avesse dovuto aspettare ancora per averla, probabilmente gli sarebbe esplosa la testa.

Ogni volta che Kurata si china a prendere il bicchiere, inizio a sudare, pensò Hayama. Sana si era messa un vestito blu notte con una profonda scollatura e lui ci era rimasto intrappolato tutta la sera.

Prese a baciarla con foga, sfilandosi i pantaloni. 

“Hayama..” sospirò la giovane mentre Akito la prendeva in braccio e l’appoggiava contro il muro freddo. 

“Grazie per la festa, Sana.” disse lui con voce così roca da farla tremare. Il silenzio fu riempito solo dal leggero rumore dei loro baci.

Il mattino dopo Akito si svegliò con un mal di testa spaventoso.

Ho bevuto troppo maledizione, pensò tirandosi su. 

La stanza era ancora buia, Sana non aveva tirato su le persiane probabilmente per lasciarlo dormire il più possibile, dopotutto avevano fatto molto tardi la sera prima; una volta arrivati a casa si erano piazzati in giardino a guardare le stelle, quasi fossero due adolescenti. 

Akito non aveva mai avuto un compleanno così bello e lui ci teneva a renderlo ancora più speciale. Erano diversi mesi che rifletteva su come Kurata avesse cambiato la sua vita: dal primo momento che si era insidiata nella sua vita familiare fino a tutte le volte che aveva cercato di proteggerlo da tutte le vessazioni e le ingiustizie che l’avevano colpito. Era come se Sana fosse stata il suo Sole, la sua unica religione, la sua unica fede. Fin da primo giorno i loro sguardi si erano seguiti ovunque, pronti a spalleggiarsi e darsi sicurezza. Tutte le volte che le aveva detto di non immischiarsi e lei se n’era fregata, tentando sempre il tutto per tutto per lui; ma anche tutte le volte che Akito l’aveva salvata da se stessa, dal mondo dello spettacolo che cercava di inghiottirla nelle sue fauci. 

Akito si alzò dal letto e si diresse in cucina dove trovò Sana intenta a infilare una teglia nel forno. Aveva un ricettario in una mano e la pirofila trasparente nell’altra. I capelli rossi le cadevano sulle spalle, li aveva accorciati di recente. I trent’anni le donavano più dei venti. 

“Che stai facendo?”

“Sei sveglio finalmente!” disse la giovane girandosi. Indossava un maglione crema e dei jeans larghi. “Ho pensato che potremmo portare un po’ di torta a tuo padre oggi pomeriggio!”

“Ti prego Kurata, non lo avvelenare” 

“Ma ancora con questa storia! Io sono una cuoca provetta!” strillò Sana. Akito rimase in silenzio, trattenendo una risata. Ogni tanto la notte quando non riusciva ad addormentarsi, si metteva a guardare il profilo di Sana che dormiva profondamente e faceva ancora fatica a credere a quanto fosse cambiata la sua vita nel corso degli ultimi anni.

Dopo la laurea, lui e Sana si erano trasferiti in America per qualche tempo: l’attrice ormai aveva una notorietà mondiale e aveva girato diversi film hollywoodiani. Akito dal canto suo aveva trovato la sua strada come avvocato di una grossa azienda americana ma dopo due anni la coppia aveva deciso di tornare in Giappone, Hayama per avviare la sua scuola di karatè e Sana per produrre e dirigere il proprio show. Erano andati a vivere in una casa a metà strada tra le loro due famiglie e avevano preso anche un gatto. Mancava solo una cosa ormai, secondo Hayama.


“Akito ma tu ci credi nelle anime gemelle?” chiese la giovane alzandosi dal tavolo  della cucina dopocena. Era stata una giornata piena e la visita in cimitero aveva lasciato Akito tremendamente silenzioso**.

Non che di solito sia un chiacchierone, aveva suggerito la sua vocina. 

“No.” rispose Hayama finendo la ciotola di riso che aveva davanti. Sana mise le mani suoi fianchi e si piazzò di fronte a lui.

“Risposta errata, ritenta sarai più fortunato!” gli disse con un sorriso sarcastico. 

Akito alzò gli occhi dal piatto e li piantò su quelli della giovane.

“Hai posto la domanda sbagliata, Kurata” sentenziò lui, riprendendo a mangiare.

Sana fece un respiro profondo.

“Sono io la tua anima gemella?” disse con ilarità ma cercando di nascondere una nota ansiosa nella voce. Hayama tornò a guardarla negli occhi, lei aveva uno sguardo così felice, così innamorato quando stavano insieme. Ogni difficoltà che avevano affrontato li aveva sempre resi più forti, inseparabili. Anche in quel momento e con parole così semplici, Sana rimaneva la bambina di sempre, un insicuro vulcano di energie. 

“Non ti muovere!” disse Akito alzandosi da tavola e correndo in camera.

Chissà che diamine gli è preso, pensò la donna iniziando a sparecchiare.

Hayama tornò dopo qualche minuto stringendo una scatolina nera tra le mani. 

“Rifammi quella domanda Kurata.” disse avvicinandosi a lei. Sana lo guardò confusa.

“Sono io la tua anima gemella?”

Akito fece un respiro molto profondo e guardandola dritta negli occhi aprì la scatolina.

“Lo sei sempre stata. Dal primo momento in cui ti ho incontrata.” Sana sgranò gli occhi vedendo il solitario in oro giallo con un diamantino ovale incastonato. Si portò le mani alla bocca.

“Ancora una volta io mi sono fatto le mie domande e mi sono dato le giuste risposte e ancora una volta ti chiedo di guardarti dentro e rispondermi nel modo più sincero possibile. Mi vuoi sposare, Sana Kurata?” le mani di Akito tremavano violentemente. La giovane lo fissava con gli occhi lucidi, senza parole. Mai si sarebbe aspettata una dichiarazione di quel tipo, non da uno come Hayama. Era convinta che non si sarebbero mai sposati, lui non sembrava tipo da matrimonio e invece si era dimostrato l’opposto. 

Rispondigli o penserà che non lo vuoi sposare! disse la vocina nella sua testa ma Sana era ancora immobilizzata, pervasa da mille domande e a tutte una sola risposta: Akito. Akito era la risposta a tutto, la soluzione ai suoi problemi, il rifugio dalle tempeste, la famiglia che aveva sempre avuto accanto e gli stessi occhi ambra che la incantavano dai tempi delle scuole elementari. Gli stessi occhi che adesso la stavano fissando disperatamente, cercando ancora una risposta positiva. 

“Si che ti voglio sposare, Akito Hayama.” disse trattenendo le lacrime. 

Il giovane la strinse a se, felice ancora per l’ennesima volta, di aver lasciato entrare Sana Kurata nella sua vita. 

 

 

 

 

 














*Tumblr, p-whereveryouare

**E’ tradizione per la famiglia di Akito andare in cimitero a trovare la tomba della madre durante il giorno del suo compleanno, poiché è anche il giorno in cui è scomparsa la donna






















Buongiorno a tutti!
Ebbene si, siamo arrivati alla fine di questo piccolo viaggio (e sono sorpresa di me stessa di essere riuscita ad arrivare fino alla fine, chi l'avrebbe mai dett0)! Il capitolo parla da solo, Sana e Akito alla fine sono riusciti ad appianare tutti i loro problemi, anche perché diciamocelo, sono anime gemelle! 
Ho iniziato a scrivere questa cosetta quattro anni fa per qualche ispirazione che ora non ricordo e mi ero arenata al terzo capitolo. Poi causa quarantena ho deciso di metterci le mani e cercare di concluderla senza lasciarmi abbattere!
Voglio ringraziare chi è arrivato alla fine di questa FF e ha perso tempo a leggerla e soprattutto a recensirla, non smetterò mai di esservi grati!
Spero con tutta me stessa che sia stato un degno finale e che la storia vi sia piaciuta!
Spero (ancora) di tornare presto su questi schermi con un'altra long fic (alla quale sto lavorando ma chissà se vedrà mai la luce)!
Tanti, tanti, ma proprio tanti baci stellari e alla prossima!
Stay always safe,
Eleo

 

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