Redemption

di ValeDowney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sensazioni ***
Capitolo 2: *** Un'amicizia ***
Capitolo 3: *** Visite notturne ***
Capitolo 4: *** Insegnamenti ***
Capitolo 5: *** Lettere dal Ministero ***
Capitolo 6: *** Convivenza Forzata ***
Capitolo 7: *** Debutto in società ***
Capitolo 8: *** Visita a sorpresa ***
Capitolo 9: *** I nodi vengono al pettine ***
Capitolo 10: *** Senza Risposta ***
Capitolo 11: *** Ciò che non vorresti vedere ***
Capitolo 12: *** Gelosia ? ***
Capitolo 13: *** Un invito inaspettato ***
Capitolo 14: *** Sospetti ***
Capitolo 15: *** Alla ricerca di prove ***
Capitolo 16: *** Salvataggio ***
Capitolo 17: *** Sotto accusa ***
Capitolo 18: *** Il coraggio di Althea ***
Capitolo 19: *** Un marchio è per sempre ***
Capitolo 20: *** Fare di necessità virtù ***
Capitolo 21: *** Spiragli sul cuore ***
Capitolo 22: *** Nascondigli ingannevoli ***
Capitolo 23: *** Una stanza per due ***



Capitolo 1
*** Sensazioni ***


 

REDEMPTION



Capitolo I: Sensazioni

 
 
Lily. Finalmente ti rivedrò e stavolta non solo nei miei rimorsi. Tanto ho cercato il tuo perdono, che forse riavrò dopo anni di dolori e sacrifici. Sento in me scorrere il veleno di quel serpente e il mio corpo diventare troppo debole per poter rimanere in questo mondo. Dolce Lily, vorrei rivedere il tuo viso, ma è solo buio ciò che mi circonda. La morte giunge a me e sono pronto ad accoglierla. Ma una carezza si posa sulla guancia. Davvero sono morto?

 
Ma se non sono morto, allora dove mi trovo? Non sento più sotto di me le assi ruvide e scomposte della stramberga strillante, né gli scricchiolii, ma solo silenzio e quella mano sulla mia guancia.
Vorrei poter aprire gli occhi e osservare il luogo nel quale mi trovo. Ma continuo a vedere buio. I miei sforzi, a quanto pare, vengono notati da quel qualcuno che mi sta accanto. Sento la sua voce parlarmi, ma sembra più un sussurro, come se fosse lontana.
“Cerchi di non muoversi e di non affaticarsi. È molto debole e l’antidoto non è circolato ancora del tutto nel suo corpo” mi spiega.
La sua mano si allontana dalla guancia. Sento degli strani rumori che non riesco ad associare. D’istinto, la mia mano destra scorre lungo il mio corpo: prima al petto e, subito, non sento i bottoni del mio vestito, ma solo il sottile tessuto di un comunissimo camice; poi, scorre fino ad arrivare nella parte sinistra del collo, dove fa da padrona una lunga e profonda cicatrice.
Un segno indelebile, che simboleggia la mia sconfitta. Non sono riuscito a proteggere quel ragazzo che tanto ho odiato, ma per cui ho sacrificato la mia stessa vita pur di far vivere il ricordo di Lily. L’ho fatto solo per lei e anche per abbandonare questo mondo con un po' di dignità. La mia anima rimarrà sporca come la maschera che ho dovuto indossare negli anni e non sarà di certo la mia morte a cancellare tutti gli sbagli commessi.
Continuo a toccare la cicatrice, quando qualcosa si posa sul mio polso, allontanando la mia mano e depositandola nuovamente sul letto. È la stessa voce di prima a parlarmi: “Lo so che sente dolore, ma vedrà che prima o poi tutto passerà. È forte, ne sono sicura. Ha combattuto fin’ora. Non può mollare proprio adesso.”
Perché trasmettermi false speranze? Non ho più nulla per il quale combattere. Lasciatemi morire. Lasciatemi ancora la mia dignità.

 
Qualche minuto prima

 
Se qualcuno avesse dovuto descrivere la puntualità, di certo non l’avrebbe associata ad Althea Carter. Fin dai tempi della scuola lei e la puntualità non erano mai andate d’accordo, tanto che più volte si era ritrovata a scontare punizioni per ricordarle l’importanza della sua istruzione. Eccome se se lo ricordava. Le mani rosse dopo aver passato ore a pulire calderoni con un normale strofinaccio o sradicare le erbacce accanto alla capanna di Hagrid, senza l’uso della bacchetta. A volte, risultava molto meno noioso che ascoltare le appunto noiose lezioni del professore Binns, un fantasma che ancora pareva non accorgersi di essere passato a miglior vita da secoli.
Non aveva mai spiccato in nessuna materia, non almeno nei primi due anni, non rendendosi mai conto di come il Cappello Parlante l’avesse potuta smistare in Corvonero. I suoi compagni di casa guadagnavano sempre punti, mentre lei era solamente brava a rinchiudersi in qualche angolo della biblioteca. Il Quidditch non le era mai andato a genio, e il più delle volte finiva come bersaglio degli studenti più grandi, finendo anche in infermeria. Madama Chips, l’infermiera, le aveva detto di cominciare ad aver fegato, ma lei non ne aveva, o in caso contrario sarebbe stata smistata in Grifondoro. Era lieta di essere finita tra i corvi, perché molti dei leoni risultavano insopportabili.
E neanche da adulta aveva imparato ad essere puntuale. Sveglie ed incantesimi non sarebbero mai serviti per svegliarla in tempo. Eppure al San Mungo, dove lavorava, non l’avevano ancora licenziata e, forse, lei sapeva anche il perché.
Quella mattina non era diversa dalle altre. Dopo essersi alzata, lavata e vestita e dopo aver preso il solito tè con biscotti, uscì, aprendo l’ombrello per proteggersi dalla pioggia che, ormai, era padrona del cielo da diversi giorni, per poi avviarsi camminando lungo il marciapiede di una delle tante strade trafficate di Londra. L’autobus ormai era perso da mezz’ora e di usare la magia non se ne parlava. Ormai era già diplomata, ma usare la magia tra i babbani avrebbe compromesso il loro mondo e, di certo, non voleva mancare di rispetto alla sua famiglia che, invece, aveva da sempre goduto di ottima stima nel mondo magico.
Arrivata a destinazione, chiuse l’ombrello ed entrò, dirigendosi nello spogliatoio. Dopo essersi cambiata in fretta e furia, salì velocemente le scale dirigendosi al primo piano, ma non fece in tempo a voltare l’angolo che le si parò davanti il suo capo reparto. Quest’ultimo sogghignò per poi dire: “In ritardo come sempre, vero, signorina Carter?”
“Non ho sentito la sveglia” si giustificò lei.
“Credo di averla già sentita… ah… sì… ieri. Mentre l’altro giorno mi aveva detto che un cane le aveva mangiato il biglietto dell’autobus” disse, mentre scriveva qualcosa sulla cartella che teneva in mano. Poi si incamminò. Althea gli si affiancò, dicendo: “Ma è vero. Be’… in parte. Quel cane mi aveva veramente preso il biglietto dell’autobus, ma poi ho perso l’autobus. Ma sono qua ed è questo che conta, no?”
“Signorina Carter, sarò sincero con lei: non mi è mai piaciuta fin dal primo momento che ha messo piede qua dentro, ma grazie alla cospicua somma donataci dai suoi genitori, non possiamo buttarla fuori. E glielo dico con tutto il garbo possibile” spiegò lui, fermandosi.
“È stato chiarissimo. Allora oggi cosa ci aspetta? Morsi da lupi mannari?  Arti da rimettere a posto?” domandò Althea.
“Se fosse per me le farei pulire i bagni, ma oggi voglio essere gentile” rispose lui, facendo un accenno di quello che pareva un sorriso ma che per Althea era solo l’ennesima presa in giro nei suoi confronti e, appena lui voltò i tacchi, entrando nell’enorme stanza, lei ne approfittò per fargli la linguaccia, che non sfuggì ad alcune persone presenti nei quadri lì appesi. Poi lo seguì.
Mentre passavano tra i vari letti, Althea guardava, di tanto in tanto, quei pazienti che non rimanevano mai più di tanto in quel reparto. Seppur capitassero spesso pazienti affetti da morsi di lupi mannari o altre creature pericolose, venivano prontamente guariti in fretta con qualche antidoto o incantesimo e dismessi. Avrebbe voluto occuparsi per più tempo di almeno uno di loro. Seguirlo passo dopo passo nella guarigione, ma sembrava che il suo capo reparto non la considerasse mai all’altezza della situazione. Per lui era come una ragazzina che frequentava ancora la scuola, non dandole mai il rispetto necessario e nemmeno un caso nel quale potesse mettere in pratica le sue conoscenze da guaritrice.
Si fermarono. Smethwyck, il capo reparto, si voltò, dicendo: “Questo sarà il paziente di oggi.” Tolse le tendine che contornavano il letto. Althea si avvicinò lentamente, osservando quell’uomo così pallido in viso e pieno di morsi e sangue. Teneva gli occhi chiusi e respirava affannosamente.
“Che… che cosa gli è successo?” chiese Althea, non distogliendo lo sguardo dall’uomo, a lei così misterioso ma al contempo anche familiare.
“Morso di un serpente molto velenoso. Era ridotto peggio quando è arrivato qua. I suoi vestiti erano a brandelli e gli abbiamo già dato quasi due unità di sangue e un antidoto. Stranamente sembrerebbe lo stesso tipo di veleno che avevamo trovato nel Signor Weasley un paio di anni fa. È fortunato che abbia trovato l’antidoto adatto o sarebbe morto ancor prima di essere messo su questo letto” spiegò Smethwyck.
“Non sa chi l’abbia portato qua?” chiese lei.
“Ha importanza?” domandò lui. Althea lo guardò, scuotendo negativamente la testa; poi ripose lo sguardo verso l’uomo e, allungando una mano, gliela mise sulla guancia. Lo vide muovere gli occhi come se stesse cercando di aprirli. Quindi gli disse: “Cerchi di non muoversi e di non affaticarsi. È molto debole e l’antidoto non è circolato ancora del tutto nel suo corpo.” E mosse la mano sulla flebo, controllando che fosse tutto a posto. Poi ripose lo sguardo su di lui, notando che si stava toccando la profonda cicatrice posta sul lato sinistro del collo. Delicatamente, gli prese il polso, allontanandogli la mano e depositandola sul letto per poi dirgli: “Lo so che sente dolore, ma vedrà che prima o poi tutto passerà. È forte, ne sono sicura. Ha combattuto fin’ora. Non può mollare proprio adesso.”
“Non gli dia false speranze. È già un miracolo che sia su questo letto” disse Smethwyck. Althea continuava a guardare quell’uomo e un’idea le balenò in testa. Si voltò verso il suo capo, proponendogli: “Lo affidi a me. Mi occuperò io di lui.”
“Avevo sempre pensato che la sua mancanza di disciplina fosse associata alla sua ingenuità, e ora ciò non fa altro che confermare questa mia teoria” disse Smethwyck.
“Sono sicura di poterci riuscire” disse Althea.
“Si è forse dimenticata di ciò che accadde l’ultima volta?” domandò lui.
“Ma lì era diverso. La prego, mi dia una seconda possibilità” lo implorò.
“Le ho già dato parecchie seconde possibilità a suo tempo ed ha sempre fallito. Cosa le fa credere che anche stavolta sia incline alla sua proposta?” chiese lui, avvicinandosi al letto e controllare il paziente.
“Perché conosco quest’uomo” rispose Althea.
Smethwyck la guardò per poi dirle: “Tutti conoscono quest’uomo. Anche se al momento il suo volto è quasi irriconoscibile, la sua identità non la è. È stato preside di Hogwarts per poco tempo ed è colui che ha assassinato Silente. Per non parlare del suo servizio a Colui Che Non Deve Essere Nominato. Non oso pensare al suo passato, ma posso immaginarlo, come tutti quelli che hanno scritto sulla Gazzetta del Profeta o parlato al Ministero. Sa, sono quasi contento che ora si trovi in queste condizioni, ma non sta a me giudicare. Il mio lavoro è quello di guarire chi si presenta qua e salvargli la vita. Il resto sarà qualcun altro a deciderlo.”
“Tutti nascondono qualcosa del proprio passato e, sono anche sicura che dai propri sbagli si possa imparare qualcosa. Non penso che quest’uomo abbia voluto veramente uccidere Silente. Se già aveva macchie nel suo passato, questo gesto gliene avrebbe create altre. Neanche io sono nella posizione di poter decidere cosa fare, ma vorrei potergli stare accanto e seguirlo passo dopo passo nella sua guarigione. Prometto che, una volta finito con lui, mi dedicherò a tutto ciò che lei mi affiderà. Anche pulire i bagni, se la può far felice” spiegò Althea.
Calò il silenzio. Entrambi guardarono l’uomo e poi Smethwyck disse: “Va bene. È affidato a lei, ma appena avrà finito con lui la voglio fuori da questo reparto. Non sarà più una guaritrice, così almeno la smetterà di voler fare di testa sua. Stavolta nemmeno i soldi dei suoi genitori potranno salvarle il posto” e se ne andò.
Althea lo osservò allontanarsi. Si riavvicinò al letto, guardando l’uomo. Era davvero ridotto male. Sarebbe stata in grado di curarlo? Perché aveva accettato un caso simile? Lei e la sua testardaggine. Mai che tenesse la bocca chiusa. E questa volta aveva anche rischiato il posto di lavoro. Cosa avrebbe detto ai suoi genitori? Si preoccupavano sempre tanto. Era il modo di ricompensare tutto quello che avevano fatto per lei?
Incominciò a camminare avanti e indietro. Lo faceva sempre quando ero nervosa. Poi disse: “Althea… ora datti una calmata. Dopotutto, che sarà mai prendersi cura di un uomo che già conosci e che quando eri a scuola…” Si fermò per guardarlo, non finendo la frase. Poi però…
Estrasse la bacchetta magica, puntandogliela contro. Con un semplice incantesimo lo avrebbe guarito o gli avrebbe alterato la memoria, così si sarebbe dimenticato di lei. No, non poteva farlo. Era contro il regolamento e la sua natura. Non era da lei comportarsi così. Si era presa una responsabilità e l’avrebbe portata fino in fondo. Eppure, la tentazione di fargli un incantesimo di memoria era tanta.
Le tremava la mano, poi però abbassò la bacchetta, che successivamente rimise via. Gli incantesimi non avrebbero risolto nulla. Non riguardo il suo passato, almeno. Perché non si poteva cancellare e dimenticare ciò che era accaduto e forse, proprio da quel passato, avrebbe potuto trarre delle decisioni per non farle compiere nuovamente quegli errori che l’avevano fatta allontanare dall’unico amico che forse avesse.

 
Qualche ora dopo

 
Da quanto tempo sono qui? Sembra un’eternità. Perché non riesco a svegliarmi? Forse sono davvero già morto. Eppure sento ancora il mio cuore battere. Battere per cosa? Non c’è più niente per il quale combattere. Perché la morte non è ancora venuta a reclamarmi?
Cerco di aprire gli occhi, ma l’oscurità continua a pervadermi. Se davvero non è ancora giunta la mia ora, non posso mollare. Chi sta cercando di tenermi in vita con così tanta bramosia? La mia mano destra si muove, in cerca di un possibile indizio e… si posa su qualcosa di morbido, non dello stesso tessuto delle lenzuola. No, non tessuto, ma qualcos’altro.
Mi sforzo. Non posso vivere per sempre nell’oscurità. I miei occhi si aprono, ma ciò che per ora vedo è tutto così offuscato, finché il mio sguardo non si abbassa sulla mia mano e su quel qualcuno a bordo del letto. La luce dell’abat jour sul comodino accanto illumina timidamente il mio visitatore e, proprio quando la mia mano fa per allontanarsi, costui si sveglia e rimane a bocca aperta non appena vede il mio sguardo posarsi su di lei.





Note dell'autrice: Ed eccomi qua con una nuova storia e stavolta nel mondo di Harry Potter. L'avevo da tempo in testa e finalmente, con questa quarantena (a proposito, come sta passando? spero bene) sono riuscita a metterla giù. Lo so, dovrei continuare con quella di C'era una volta ma, momentaneamente, ho un blocco (le idee ci sn, ma nn riesco a metterle giù)
In questa storia ovviamente il protagonista è severus piton (che ho sempre adorato e sempre adorerò) e un altro personaggio dal passato misterioso (ditemi se l'adorate o odiate, ma è solo il primo capitolo, quindi c'è molto ancora da dire) Stavolta (come invece ho fatto per C'era una volta) cercherò di non dividere i capitoli in due parti, ma di farne uno unico (così magari non vi annoio troppo)
Con ciò ringrazio coloro che sono arrivati fin qua; che leggono; che recensiscono o passano solamente. Ringrazio la mia carissima amica lucia
Ci vediamo al prossimo capitolo e grazie ancora
Una buona notte a tutti, maghi, maghetti, streghette, babbani e altro.
 

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Capitolo 2
*** Un'amicizia ***


REDEMPTION



Capitolo II: Un' amicizia


Hogwarts 1976

 
“Largo! Largo! Fate largo!” urlava una ragazzina del terzo anno, facendosi strada tra la folla di studenti che imperversava tra i corridoi della scuola. Cercava di farsi sentire e inutilmente, come capitava spesso, non veniva nemmeno degnata di uno sguardo. O, almeno, la guardavano ma erano più sguardi schivi e fugaci.
Althea spintonò gli altri, cercando di passare tra loro e, finalmente e con fatica, raggiunse la scalinata principale. In fretta e furia corse su per le scale, arrivando al primo piano. Dopo essersi fermata, si piegò a riprendere fiato, ma, appena si rialzò, si ritrovò di fronte proprio l’unica persona che non avrebbe voluto incontrare in quel momento. Non almeno lì.
“Signorina Carter, finalmente si è degnata della sua presenza” disse.
“Professoressa McGranitt, io… ecco… io…” disse nervosamente Althea.
“Oh, la prego, non si agiti. Stavolta cos’è che l’ha trattenuta, tanto da perdersi la mia lezione su come trasformare un orologio in un fischietto?” domandò la professoressa.
“Ero alle serre per la lezione di Erbologia. Ho corso più che ho potuto per arrivare in tempo” rispose Althea.
“La mia lezione è finita circa dieci minuti fa. O quella di Erbologia è durata più del previsto, oppure lei si sarà persa come al solito. Le voglio ricordare che una delle regole fondamentali di questa scuola è la disciplina. Senza quella mi dice come, una volta uscita di qua, troverà lavoro? O magari, potrei sempre trasformarla in un orologio. Almeno inizierà ad arrivare puntuale alle lezioni. Da quanto detto dagli altri insegnanti, fa tardi anche con loro” spiegò la McGranitt.
“Non succederà più. Glielo assicuro” disse Althea.
“Lo spero. Almeno, nella mia materia, prende sempre ottimi voti. È una tra le più brave della classe, ma, se continuerà a far tardi alle lezioni, dovrò prendere dei provvedimenti e parlarne personalmente con il Preside. Ma, dopotutto, non sta a me decidere del suo fato” spiegò e, passandole accanto, se ne andò.
Althea l’osservò, lasciando andare un lungo respiro. Al momento non aveva lezioni, quindi si diresse verso i giardini.
Stava passeggiando verso il lago, quando si fermò. Vicino a quell’unico albero dove, normalmente, amava stare, Potter e i suoi amici stavano facendo levitare Piton. Quel povero ragazzo si trovava a mezz’aria e a testa in giù, con i pantaloni abbassati. I presenti ridevano, mentre Potter si beffeggiava di lui insieme al suo fedele gruppetto.
James Potter. Orgoglioso; arrogante; intelligente; sempre sicuro di sé; cercatore della squadra di Quidditch dei Grifondoro e non perdeva occasione di stare al centro dell’attenzione. Insomma, era tutto ciò che una ragazza poteva desiderare e Althea lo detestava. Seppur lei e Piton fossero di due Case diverse e di due caratteri opposti, almeno avevano una cosa in comune: James Potter. Per qualche strana ragione a lei ignota, Piton era il suo bersaglio preferito. Lei non gli aveva mai fatto nulla. Ma Piton, invece… Da quello che sapeva, nemmeno lui gli aveva mai fatto qualcosa o, nel suo caso, probabile più c'entrasse quella ragazza dai capelli rossi e occhi verdi alla quale Piton stava sempre accanto. Forse Potter era geloso e voleva quella ragazza tutta per sé.
Proprio quella ragazza si avvicinò al gruppetto. La sentì implorare Potter di lasciar andare Piton e, seppur controvoglia, lo fece. Appena toccato terra, il Serpeverde si rimise i pantaloni mentre la ragazza si accostava a lui, ma la situazione non migliorò affatto. Dalla bocca di Piton uscì quell’unica frase che forse non avrebbe mai voluto dirle: “Non mi serve l’aiuto di una piccola, schifosa mezzosangue.”
Calò il silenzio, anche se alcuni studenti presenti sussurrarono tra di loro.
La ragazza trasalì. Poi, voltandosi e non aggiungendo altro, se ne andò, sotto lo sguardo degli altri. Piton rimase impassibile, mentre Potter sbraitò: “Chiedi scusa a Evans!” E gli puntò contro la bacchetta.
Di tutta risposta anche Piton, dopo essersi abbassato per prendere il libro, si voltò andandosene, passando accanto ad Althea. Questa, voltandosi e guardandolo, stava per aprire bocca, ma preferì starsene zitta, per paura di compromettere ancora di più la situazione. Dopotutto, lei e Piton non avevano mai parlato prima e dubitava fortemente che quella volta sarebbe stato diverso.
“Non finisce qua, Mocciousus! La pagherai!” urlò James e, insieme al fedele gruppetto, si dileguò, così come gli altri studenti ritornarono ai loro fatti.
Althea era rimasta lì. Nello stesso identico punto dove aveva assistito a quella scena. Non aveva osato compiere un solo passo ed intromettersi nella faccenda, ma difficilmente avrebbe dimenticato ciò a cui aveva assistito.
Aveva ancora il pomeriggio libero e di certo non l’avrebbe passato a starsene lì ferma. Si stava dirigendo verso l’albero, quando vide qualcosa accanto a dei cespugli. Si avvicinò e, dopo essersi guardata a destra e a sinistra assicurandosi che non vi fosse nessuno nei paraggi, si abbassò, prendendo in mano quell’oggetto: si trattava di una bacchetta.
L’osservò e intuì che doveva appartenere a Piton, non avendolo visto precedentemente usarla contro i suoi avversari. Rialzandosi, rientrò nel castello, cercandolo, non avendo però idea di dove si fosse recato. Avrebbe potuto chiedere ai suoi compagni Serpeverde, ma di certo non le avrebbero risposto con garbo. Poteva cercarlo in qualsiasi ala del castello, finendo sicuramente per girovagare anche dopo l’orario del coprifuoco.
Le possibilità scarseggiavano e, per il momento, decise di dirigersi in biblioteca. Magari, preparandosi in anticipo al prossimo compito di Trasfigurazione, avrebbe fatto bella figura davanti alla Mcgranitt, dimenticando anche la spiacevole scena alla quale aveva dovuto assistere precedentemente.
Raggiunse la biblioteca, mettendosi in uno degli angoli più nascosti tra gli scaffali. Era così intenta a leggere un libro appena preso che quasi non si accorse della persona che le si fermò accanto. Alzò lo sguardo e rimase senza parole: Severus Piton stava di fronte a lei e fu proprio lui a rompere il ghiaccio: “Posso sedermi qua?”
Ad Althea fu come se un fantasma le avesse appena chiesto di uscire. Si limitò ad annuire e Piton prese posto accanto a lei. Per la vergogna, la ragazza rimise lo sguardo sul libro. Di tanto in tanto, Piton l’osservava e sperava che la ragazza lo guardasse, invece lo stava completamente ignorando. Decise, quindi, di prendere nuovamente la parola: “Noto che vieni spesso qua. Da chi ti vuoi nascondere?”
Althea non rispose. Piton alzò gli occhi al soffitto, scuotendo negativamente la testa. Decise di andarsene ma, stavolta, fu proprio Althea a fermarlo: “No, ti prego, resta.”
I due si guardarono e Piton si risedette accanto a lei. Come prima, nessuno dei due disse qualcosa, ma poi fu Althea a parlare: “Questa è tua. L’ho trovata prima accanto all’albero in riva al lago.” E gli mostrò la bacchetta.
Piton la prese, rimettendola via. Poi, quasi come un sussurro, disse: “Grazie.”
Sul volto di Althea, seminascosto tra le pagine del libro, comparve un sorriso. Pur essendo un semplice “grazie”, per lei valeva molto. E, dopotutto, era stato proprio Severus ad avvicinarla e sedersi accanto. Un gesto che tra i due non c’era mai stato in quei tre anni che frequentava Hogwarts.
Piton osservò la copertina del libro, dicendo: “Non ci ho mai capito molto nella Trasfigurazione. Ho sempre preferito Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure. L’innata essenza nel poter creare un infuso in grado persino di porre un freno alla morte o un incantesimo con il quale poi controllare i tuoi nemici, facendoli soffrire a tuo piacimento. Ma a scuola è proibito a causa del troppo buonismo di Silente.”
“Non se lo fai di nascosto” disse Althea. Piton spostò lo sguardo su di lei, inarcando un sopracciglio. Poi disse: “Una Corvonero che trama alle spalle di Silente. Sicura di essere stata smistata nella Casa giusta?”
“È normale sentire dire queste cose, quando parli spesso con i fantasmi della scuola” disse Althea guardandolo.
“Nemmeno tu ami il contatto con le persone, vero?” disse Severus.
“In realtà sono loro che non amano la mia compagnia. Tu… sei il primo che voglia starmi accanto” disse Althea.
“Come mai non vorrebbero parlare con te? Io lo sto facendo e non mi pare di essere sopraffatto da qualche strano incantesimo o maledizione. Oppure, a mia insaputa, mi sto trasformando in qualcosa?” disse Piton e Althea sorrise. Il ragazzo aggiunse: “Finalmente sono riuscito a farti sorridere e, soprattutto, a distrarti da quel libro.”
“Trasfigurazione non è una distrazione. Si imparano un sacco di cose, ma è l’unica materia nella quale vado bene. Per il resto, sono una nullità totale. Se poi ci mettiamo di mezzo la mia mancanza di disciplina, mi dici che futuro possa avere?” spiegò Althea.
“Tanti maghi divenuti famosi non avevano disciplina. Uno, per esempio, è proprio Silente” disse Piton.
“E tu come lo sai?” gli chiese.
“Lo hai detto tu prima che si sentono un sacco di cose interessanti quando parli spesso con i fantasmi” rispose Piton, facendo un piccolo sorriso. Stavolta fu Althea ad alzare un sopracciglio. Poi Piton aggiunse: “Facciamo così: tu mi dai lezioni in Trasfigurazione e io ne do a te in Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure.”
“Davvero lo faresti?” domandò stupita.
“Non sono uno che ama ripetersi. Allora, accetti?” disse Piton.
Althea lo guardò. Poi chiuse il libro, si alzò e rispose: “Ci sto.” E gli mostrò la mano. Severus la guardò; riguardò Althea che gli sorrideva e, infine, gliela strinse.


 
San Mungo – presente

 
Althea guardava in silenzio quell’uomo e lui guardava lei nello stesso modo. Poi disse: “Althea?” La donna inarcò un sopracciglio, ma rimase in silenzio. L’uomo si guardò intorno e aggiunse: “Dove mi trovo?”
“Al San Mungo, ma deve cercare di non muoversi troppo” rispose lei.
“Una volta non mi parlavi in modo così formale” disse l’uomo.
“Una volta eravamo anche amici” disse lei. Lui la riguardò. Poi domandò: “Come mai così tanto interesse nei miei confronti?”
“È compito mio curare ogni singolo paziente che viene portato qua e cercare di non farlo morire” rispose Althea.
“A quanto ho capito, dopo che avrai finito con me, avrai terminato anche la tua carriera da guaritrice. È così che mi ripaghi dopo tutto quello che ho fatto per te quando eravamo ad Hogwarts? Ti ho resa la più brava della classe in Pozioni” spiegò.
“Erano altri tempi dove ancora non mi avevi voltato le spalle. Hai tradito la nostra amicizia” disse Althea.
“Credi che continuare a rinfacciarmi il passato possa farmi bene? Non sai quanto abbia sofferto” disse lui, cercando almeno di sedersi.
Althea lo aiutò e, per un attimo, i loro sguardi si soffermarono l’uno su quello dell’altra. Poi la donna si schiarì la voce e, mentre metteva a posto la flebo, lui disse: “Grazie.”
“Mi ringrazierai quando sarai fuori pericolo. Il veleno di quel serpente ti ha quasi ucciso. Agisce molto in fretta, ma stranamente qualcosa deve aver fermato, anche solo per poco, il suo effetto” spiegò Althea.
“Sono un uomo dalle mille risorse” disse lui.
“Lo sei sempre stato… Severus” disse la donna, quasi come un sussurro. Da quando si era svegliato, lei stranamente non lo aveva ancora chiamato per nome.
Althea si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per poi dire: “Devo andare. Ho… qualcosa di molto urgente da fare” e si allontanò dal letto.
“Ti ho fatto soffrire così tanto che non vuoi più starmi accanto?” le chiese.
Althea si fermò e, voltando lo sguardo, rispose: “Non sai quanto.” Ed uscì dalla stanza. Severus abbassò il capo. Non era mai stata sua intenzione farla soffrire, ma doveva. Per proteggerla.
Erano tempi in cui lui si trovava su una sottile linea. Fra due fazioni da seguire, ma con il solo scopo di proteggere – e far proteggere – le persone a lui care, soprattutto Lily… e Althea. Quella Corvonero che gli era sempre stata accanto, rischiando anche la sua vita. Adorava la sua compagnia e gli aveva quasi fatto dimenticare l’assenza di Lily. Ma amava la sua amica d’infanzia e aveva giurato a Silente che avrebbe fatto di tutto pur di salvarla, anche allontanando da sé Althea.
Ma non avrebbe mai immaginato di farla soffrire molto. E se tra loro due c’era sempre stato qualcosa di più di una semplice amicizia?
Scosse negativamente la testa. Lui amava Lily, seppur lei aveva scelto Potter. Althea era stata considerata una buona e cara amica, anche se, sotto sotto, quella Corvonero l’aveva sempre reso felice. Cosa nella quale, invece, Lily non era mai riuscita del tutto. Era vivo e quella seconda possibilità che gli era stata concessa poteva utilizzarla per rimediare all’errore commesso.





Note dell'autrice: Ed eccomi qua. Come va? Vi sta piacendo la storia? Ed Althea? Ed il suo (per ora) "rapporto" con Severus? Come promesso ecco il secondo capitolo, ma mi dispiace non essere riuscita ad aggiornare prima. Grazie a chi ha pazientito; a chi ha messo tra i preferiti e seguiti la storia; chi ha recensito il primo capitolo. Grazie infinite. Vale molto per me. Molto
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Vi auguro una bellissima nottata, miei cari maghi e streghe ed al prossimo capitolo (che cercherò di aggiornare il più preso possibile)
E ricordate: "Fatto il Misfatto"
Un grosso abbraccio virtuale da Valentina



 

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Capitolo 3
*** Visite notturne ***


REDEMPTION


Capitolo III: Visite notturne

 
Althea si sentiva una stupida. Perché aveva mentito a Severus? Al suo amico di scuola. Colui che le aveva insegnato Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure. Che l’aveva fatta diventare la pupilla del Professor Lumacorno e che, almeno, le aveva fatto guadagnare anche quel poco di rispetto che le bastava per non essere più un bersaglio degli altri studenti.
Eppure eccola lì, fuori dalle mura del San Mungo, sotto una pioggia scrosciante. Così intenta a volersi allontanare da Severus da essersi dimenticata l’ombrello nello spogliatoio.
Alzò lo sguardo mentre la pioggia la colpiva da capo a piedi, per poi chiudere gli occhi e cercare di dimenticarlo. Ma come poteva, se proprio lei aveva accettato di curarlo? E poi non poteva ignorarlo. Erano stati amici a scuola, eppure lui l’aveva allontanata proprio nel momento del bisogno. Si era sentita tradita e sarebbe stata dura perdonarlo facilmente.
Poco dopo rientrò. Non si premurò nemmeno di usare un incantesimo per asciugarsi. Camminava a passo lento per il corridoio del primo piano, mentre l’acqua che scendeva dai capelli e dai vestiti bagnava il pavimento. Proprio in quel momento, Smethwyck si diresse verso di lei. Althea si fermò e il suo caporeparto, dopo averla raggiunta, le diede un’occhiata veloce dall’alto in basso, per poi guardarla dritto in viso con uno sguardo poco rassicurante.
“Avevo bisogno di rinfrescarmi le idee” fu la sua spiegazione.
“Faccia poco la spiritosa, signorina Carter. Le voglio ricordare che questa è la sua ultima occasione per rendersi veramente utile qua dentro. Cerchi di non sprecarla” disse Smethwyck.
“Il mio caso è di difficile comprensione” disse Althea.
“È stata proprio lei a volerlo curare. Cos’è che ora la fa tirare indietro? Il Signor Piton la spaventa?” le chiese.
“Non è quello. È qualcosa di più complicato” rispose la donna.
“Se vuole tirarsi indietro, per me sarà un piacere sbatterla subito fuori di qua. Ma, sfortunatamente, mentre lei era fuori a farsi una doccia, il signor Piton ha richiesto di essere curato solamente da lei. Non potendo obiettare a ciò che chiede un paziente, ahimè, dovrò vederla qua dentro finché non avrà finito il suo lavoro” spiegò Smethwyck.
“Non credo di esserne degna” disse Althea.
“Si asciughi e ritorni immediatamente da quel paziente. È un ordine” replicò e se ne andò. Althea non poté obiettare. Con un colpo di bacchetta si asciugò. Entrò nella stanza, raggiungendo il letto di Severus. Questi alzò lo sguardo e Althea gli chiese: “Vuoi rendermi la vita un inferno?”.
“Voglio solo capire perché non vuoi starmi accanto. Se non me lo dirai, allora sì, ti renderò la vita un inferno” rispose lui.
“Ho preso il tuo caso solamente per curarti e farti ritornare ai tuoi affari personali” spiegò Althea, mentre prendeva una siringa, per poi infilare l’ago dentro una provetta.
“Chi ti dice che i miei affari personali non possano diventare anche i tuoi? A scuola non facevi altro che intrometterti sempre… ahia!” disse Severus e si massaggiò il braccio dove Althea, senza avvertirlo, gli aveva infilato il lungo ago della siringa.
“Non dire sciocchezze! Se ti stavo accanto era solamente quando mi insegnavi Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure” disse Althea e gli diede, con poco garbo, un batuffolo con dell’alcool, che Severus mise sul braccio. Poi la guardò: “Mi dici cosa ti prende? Una volta non eri così”.
“Una volta era diverso. Eravamo amici” disse lei.
“Pensavo lo fossimo ancora” disse Severus. Althea spostò di lato lo sguardo, non preferendo parola. Quindi Severus aggiunse: “Senti, ho agito in modo sbagliato, ma l’ho fatto per proteggerti”.
“Tu mi hai allontanata! Volevo aiutarti ma… mi hai trattata come se fossi stata una qualunque! Ho rischiato la vita per te” replicò Althea.
“Se sei qui, è anche grazie a me. Non sapresti preparare una pozione decente o riconoscere un attacco di una maledizione se io non ti avessi insegnato tutte quelle cose” controbatté Severus.
“Esatto, sottolinea bene l’“anche”, perché per il resto me la sono cavata da sola!” replicò Althea.
“Ti sbatteranno fuori. Dove andrai? Nel mondo magico servono persone attive e non persone che continuano ad arrivare in ritardo e mancano di disciplina. Magari tra i babbani potresti trovare qualcosa che ti si addica” spiegò Severus.
“Severus Piton, sei…sei…” disse furente Althea.
“Avanti, dillo. Sono uno sporco traditore che ha spezzato il cuore alla sua cara amica di scuola? Oppure sono uno schifoso Serperverde che pensa solo a se stesso? Cosa mi si addice meglio?” disse Severus.
“Volevo semplicemente dirti che sei insopportabile, ma ti sei descritto da solo. Io ti curerò, e una volta che sarai guarito uscirai di qua e le nostre strade si divideranno per sempre. Avrei dovuto farti quell’incantesimo di memoria quando eri svenuto” disse Althea.
“Allora perché non lo hai fatto?” domandò. Althea non rispose. I due vennero raggiunti da Smethwyck, che chiese: “Allora, come andiamo Signor Piton?”.
“Non mi posso lamentare. Eccetto per la compagnia” rispose Severus e guardò Althea.
Anche Smethwyck la guardò, per poi domandare: “E che cosa le avrebbe fatto la nostra guaritrice?”.
Althea abbassò il capo, ma lo rialzò quando Severus rispose: “Non intendevo lei. Ma gli altri pazienti che mi stanno accanto. Adoro il loro silenzio, ma sono così noiosi e sicuramente anche imbranati”.
“Le loro capacità sono compromesse da morsi di creature o incantesimi potenti” disse Smethwyck.
“Oh, per piacere. Non penso che siano più gravi di me. Sono stato morso da un serpente molto velenoso, eppure sono qua a dirvi della vostra mancanza di efficienza e di occuparvi delle richieste dei vostri pazienti” disse Severus.
“Che cosa intende dire?” chiese il dottore.
“Che la Signorina Carter è molto più efficiente di voi, seppur continuiate a lamentarvi della sua poca disciplina. Se intendete davvero cacciarla, almeno cercate di trattarla con più dignità. Dopotutto, da quello che so, è una bravissima esperta in Pozioni. Non quanto me, ovviamente, ma, almeno, non penso abbia mai fatto morire qualcuno qua dentro. Dovreste ritenervi fortunati ad averla come guaritrice” spiegò Severus.
Althea e Smethwyck rimasero senza parole. La prima perché non si sarebbe mai aspettata che Severus la difendesse e il secondo perché ora gli risultava difficile licenziare quella donna, divenuta la pupilla di uno dei maghi più potenti in circolazione.
“E ora, se non le dispiace, vorrei rimanere da solo con la Signorina Carter. E, per piacere, isolatemi da questi altri noiosi pazienti” disse Severus.
Senza obiettare, con un solo colpo di bacchetta, Smethwyck aprì la paratia che divideva il letto da quello degli altri. Poi se ne andò.
Althea guardò Severus, chiedendogli semplicemente: “Perché?”
“Vorrei che ricominciassi a fidarti di me, proprio come una volta. Vorrei ristabilire la nostra amicizia, prima di lasciare questo mondo” rispose.
“Tu non morirai. Farò di tutto perché tu viva. Non posso permettermi di perderti. Quello che hai detto è vero: non mi è mai morto un paziente e, di certo, non sarai tu il primo. Metterò in atto tutto ciò che mi hai insegnato. Te lo prometto” disse Althea. Severus fece un piccolo sorriso.
Venne sera ed Althea se ne ritornò a casa, seppur aveva proposto di poter rimanere ad assistere Severus per tutta la notte, ma il pozionista, su insistenza, l’aveva invece mandata via, dicendole chiaramente: “Non mi serve accanto una strega che si addormenterà ogni cinque minuti. Si ragiona e discute meglio con la mente riposata”.
Era talmente stanca che si coricò direttamente sul letto, non cenando e nemmeno cambiandosi.  Guardava il soffitto, ripensando agli avvenimenti della giornata. Tra tutte le persone, non si sarebbe mai immaginata di rivedere Severus. Avevano perso i contatti da tempo e anche l’amicizia. Lei gli aveva sempre voluto bene, più di un amico, mentre lui le aveva voltato le spalle. Voleva aiutarlo, ma Severus l’aveva cacciata e, da quel momento, aveva deciso che non avrebbe più avuto nulla a che fare con lui.
La stanchezza la sopraffece e, chiudendo gli occhi, si addormentò. O, almeno, così pensò lei.

 
Riaprì gli occhi. Si trovava ancora sul letto, ma non in camera. Era in una stanza tutta grigia e piena di nebbia. Scese dal letto, guardandosi intorno, anche se non riusciva a vedere nulla. Più avanzava e più la nebbia diventava fitta, finché…
“Non avere paura, mia cara. Dopotutto sono solo il frutto della tua immaginazione… oppure no” disse una voce.
Althea si voltò, ma non vide nessuno. Poi chiese: “Se sei il frutto della mia immaginazione, allora perché ho immaginato di trovarmi in questa stanza così buia ed avvolta nella nebbia?”.
“È la parte più remota della tua mente, dove risiedono quei ricordi che hai voluto dimenticare. Parte del tuo passato che non hai mai voluto tuo. Ma io ti posso aiutare a rammentare chi sei veramente” spiegò la voce.
“E se non volessi?” domandò.
“Ti direi che non hai scelta. Non almeno in futuro. Per ora ti suggerisco di ponderare con cautela le tue decisioni, perché esse costruiranno la tua strada” rispose la voce.
“Perché mi stai dicendo tutto questo? Chi sei? Fatti vedere” disse Althea, iniziando ad aver paura.
“Diciamo che sono la voce della tua coscienza, e solo quando avrai riabbracciato il tuo passato, allora sarà lì che mi vedrai” rispose la voce.
“Ti prego, non andartene. Non lasciarmi sola” disse Althea, cercando la voce, ma questa disse: “Ma tu non sarai mai sola. Cerca nel tuo passato e troverai le risposte a tutte le tue domande”. E fu il nulla.
“No! Torna indietro! Sono pronta! Fatti vedere” disse Althea. Si guardò intorno, ma non vide né sentì nessuno. Aveva paura. Era da sola e iniziava anche a sentire freddo.
Presa dal panico, corse per la stanza, in cerca di una via d’uscita, ma tutto ciò che trovava erano pareti, oscurità e nebbia. Si fermò e, abbassandosi, si portò entrambe le mani sulla testa. La vista le si annebbiò a causa delle lacrime che le si formarono negli occhi.
Sobbalzò quando qualcuno le mise una mano sulla spalla. Alzò lo sguardo, ma non riuscì a distinguere chi fosse. Costui le porse una mano per farla rialzare. Lei continuò a guardarlo, ma metà della persona era avvolta nella nebbia. Vide solo dite lunghe e affusolate che poi si spostarono sulla manica del braccio sinistro, tirandogliela su, ma Althea gli bloccò il polso, prima che potesse andare oltre. Lo guardò in viso o, almeno ci provò e…

 
Althea riaprì gli occhi. Si sedette e guardò l’orologio sul comodino: segnava le due. Si passò una mano sul volto. Sarebbe stata una lunga notte.
Si ridistese e osservò il soffitto. Fuori pioveva ancora a dirotto e i lampi illuminavano la stanza quasi a giorno. Ripensò al sogno che aveva appena fatto, anche se non era del tutto convinta che si trattasse proprio di un sogno. Chi era quella persona che le aveva parlato? La stessa anche dalle lunghe e affusolate dita o una differente? Tutto ciò aveva un significato o era solo la stanchezza che le giocava brutti scherzi?
Tante domande le riempivano la testa ma, al momento, nessuna risposta trovava posto. Il suo passato non l’aveva mai tormentata fino a quel momento e lei aveva sempre cercato di dimenticarlo. Ma, dopotutto, il passato ritorna sempre.






Note dell'autrice: Ed eccomi qua, con il terzo capitolo. Vi sta piacendo? Finalmente arriva un pò di suspense ed il misterioso passato di Althea sta ritornando...ma non ora. Grazie a tutti coloro che stanno leggendo la storia; che passano solamente a dare una sbirciatina; che hanno messo la storia tra le seguite e preferite e che l'hanno recensita. Spero che il nuovo personaggio di Althea vi piaccia e che non sia andata (per ora) troppo fuori personaggio per Severus.
Grazie ancora alla mia amica Lucia
Vi aspetto con il prossimo capitolo.
Buona notte, miei cari maghi e streghe

 
 
 

 

 

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Capitolo 4
*** Insegnamenti ***


REDEMPTION



Capitolo IV: Insegnamenti


 
“Althea. Althea. Althea…” Una voce così lontana, eppure così vicina la stava chiamando. Forse stava sognando, oppure…
 
Althea aprì gli occhi e di scatto si sedette. Volse lo sguardo alla finestra quando un tuono squarciò il cielo. Pioveva ancora. Maledetto tempo londinese, pensò. Ma quando volse lo sguardo alla sua sinistra, sobbalzò dalla paura. Accanto al letto c’era una cerva d’argento che la stava guardando.
La osservava in silenzio, mentre i lampi la illuminavano ancora di più. Allungò una mano verso di lei, ma appena stava per toccarla, questa aprì la bocca e parlò con la voce di Severus: “Althea! Dove sei finita?! È da ore che ti sto chiamando! Sei in ritardo e sei anche fortunata che quell’incompetente del tuo capo reparto non sia ancora arrivato. Sbrigati ad arrivare! E, per tua informazione, questa cerva scomparirà quando sarai pronta, quindi non prendertela con calma.”
Althea era rimasta senza parole. In fretta e furia, scese dal letto e, prendendo alcuni vestiti a caso dall’armadio, se ne andò in bagno. Poi però si accorse di aver ancora addosso i vestiti del giorno prima. Quindi, con un colpo di bacchetta se li tolse, per poi mettersi quelli appena presi.
La colazione non fu delle migliori, considerando che la cerva d’argento continuava a tenerla sotto controllo e la seguì anche quando uscì dall’appartamento. Ma, mentre stava chiudendo la porta, non si accorse che qualcuno la stava osservando. Volse lo sguardo quando sentì un rumore e vide il suo vicino d’appartamento – un babbano – che aveva appena fatto cadere delle buste.
Althea andò da lui e, abbassandosi, l’aiutò a raccogliere il tutto.
“No, grazie, lascia stare. Faccio io” le disse.
“Lo faccio volentieri, Ian” disse Althea e si rialzarono.
“Grazie. Io… non so cosa mi sia preso. È che… mi era sembrato di vedere qualcosa di trasparente accanto a te. Proprio lì” spiegò Ian e volsero gli sguardi in direzione dell’entrata dell’appartamento di Althea, ma della cerva d’argento non vi era più traccia. I due si riguardarono e Ian, dopo essersi messo meglio gli occhiali, aggiunse: “Eppure… ero convinto di aver veramente visto qualcosa.”
“Sarà stato solo il frutto della tua immaginazione o della stanchezza. Da quel che vedo, lavori sempre un sacco” disse Althea.
“In ufficio mi riempiono di lavoro” disse Ian. Ci fu silenzio. Poi propose: “Vuoi entrare a prendere qualcosa? Sono appena stato a fare un po' di spesa e…” Ma Althea lo bloccò: “Ti ringrazio molto, ma vado di fretta. La sveglia non è suonata e sono già in ritardo per il lavoro.”
Ian guardò l’orologio da polso e, stupito, disse: “Alle sei del mattino?! Inizi così presto? Non ti ho mai sentita uscire a quest’ora.”
“Sono le sei?!... Oh…sì… è che non voglio svegliarti. Non mi sembra corretto. Dopotutto tutti abbiamo diritto di riposarci come si deve, no?” disse Althea. Poi, tra sé, aggiunse: “Severus mi sente. Come si è permesso di svegliarmi così presto?”
“Allora ci vediamo” disse Ian. Althea gli sorrise e se ne andò. Ian la guardò e, con sguardo triste, entrò nel suo appartamento. Da tempo cercava di uscire con lei e tutte le volte Althea aveva rifiutato l’offerta.
Dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si appoggiò contro di essa. Quella donna lo faceva sentire strano e strani erano anche i suoi comportamenti. A lui non importava. Adorava tutto di lei ed avrebbe trovato il coraggio di confessare ciò che provava nei suoi confronti. Ma era troppo timido e sbadato per poterci riuscire, per non parlare che non spiccava di bell’aspetto. Althea, invece, era una donna molto bella e non degna di stare con uno come lui. Si meritava di più ma, di certo, non avrebbe mollato il suo obiettivo proprio in quel momento.
Althea arrivò al San Mungo e si precipitò da Severus. A passo spedito lo raggiunse. Il mago, che stava leggendo una rivista di pozioni, disse: “Sei in ritardo.”
“Sono perfettamente in orario. Anzi, grazie a te, sono in anticipo” disse Althea. Severus abbassò la rivista e, guardando la donna, la corresse: “Appunto. Grazie a me non sei arrivata in ritardo, così quello scansafatiche del tuo capo reparto non mi rompe l’anima già di prima mattina” e riprese a leggere la rivista.
“Parla a bassa voce” gli disse.
“Hai paura che i quadri vadano a spifferare tutto al signor perfettino? La cosa non mi riguarda più di tanto” disse Severus e sfogliò una pagina.
“Ma riguarda me. Vuoi farmi perdere il posto di lavoro in anticipo?” ribatté.
“Intanto lo perderai lo stesso” disse Severus.
“Grazie per la comprensione” disse sarcasticamente Althea. Poi si schiarì la voce quando un’altra guaritrice passò di lì con un vassoio, che portò ad un paziente poco distante. Quindi, sottovoce, aggiunse: “E, comunque, non c’era bisogno che mi mandassi il tuo patronus. C’è quasi mancato poco che il mio vicino di casa babbano lo vedesse.”
“E lo ha visto?” domandò Severus.
“Penso proprio di no. Ma non è questo il punto” rispose Althea. Severus la guardò: “Allora il nostro mondo è ancora salvo, visto che un solo babbano non si è accorto di una cerva fluttuante e trasparente che ti stava accanto”
“Non avresti dovuto usare la magia” disse Althea.
“Se non l’avessi usata, saresti ancora a letto a ripensare a che piega prenderà la tua vita dopo che ti avranno licenziata. Invece, io, ti ho fatto un favore e vedi di non sprecare questa opportunità, anche perché la mia pazienza sta arrivando ad un limite” spiegò Severus, riponendo lo sguardo sulla rivista.
Althea preparò un’ampolla, il cui contenuto versò dentro un bicchiere. Quindi chiese: “Come mai odi tanto questo posto? Sei un pozionista e dovresti adorare i luoghi dove sono presenti cure di ogni genere.”
“Non ho mai detto di odiare il San Mungo. Ho solo espresso la mia mancata pazienza in confronto a persone che non sanno fare bene il loro lavoro” rispose. Alzò lo sguardo, quando Althea gli porse il bicchiere. Lo prese, ma stette ad osservare il contenuto.
“Hai paura che ti possa avvelenare?” domandò Althea. Severus la guardò: “Intanto ho già il corpo pieno di veleno. Cosa potrebbe andare peggio?” rispose. Ma, dopo aver bevuto, fece una faccia disgustata. Riguardò Althea che, sorridendo beffardamente, disse: “Finalmente sono riuscita a fartela bere. È dalla scuola che ti rifiutavi.”
“E mi ricordo anche perché. Sei sempre stata negata in queste cose” disse Severus, depositando il bicchiere sul tavolino.
“Le tue pozioni facevano più schifo” replicò lei.
“La tua aranciata ancora di più. Era proprio necessario farla così amara?” aggiunse il mago.
“I babbani la usano per combattere l’influenza e anche il raffreddore” disse Althea.
“Sei una strega. Usa le nostre cure, se no ho sprecato inutilmente il mio tempo con te quando eravamo a scuola” replicò il serpeverde, incrociando le braccia. Stavolta Althea non controbatté. Severus le lanciava sempre delle frecciatine riguardo al passato, come se avesse odiato la sua compagnia. Ma, dopotutto, seppur erano diventati amici, Severus prediligeva ancora Lily.
Fu proprio nel silenzio che Althea continuò a lavorare, mentre Severus leggeva la rivista di pozioni. Era davvero cambiata così tanto la loro amicizia?

 
Hogwarts 1976

“Se fossi in te non lo farei” disse Severus, mentre guardava Althea prendere in mano un ingrediente.
“Perché no? C’è scritto così sul libro” domandò lei, dando una fugace occhiata al libro aperto sul pavimento.
“I libri dicono un sacco di cose, ma è anche così che i negozi di pozioni vendono più calderoni. Ecco perché quelli del primo anno hanno sempre calderoni nuovi” rispose Severus.
“Ma io non sono un primo anno” disse Althea guardandolo. Severus si limitò a farle un cenno con la mano verso il calderone e, mentre il serpeverde si allontanava, la ragazza vi gettò l’ingrediente. Il risultato fu inevitabile: bollì talmente forte che la pozione scoppiò ed Althea si ritrovò cosparsa di un qualcosa di gelatinoso e verde.
Severus si riavvicinò: “Sai, non sei poi tanto male. Potresti fare compagnia ai fantasmi del castello”
“Dovrei prenderlo come un complimento?” chiese Althea guardandolo, mentre la roba appiccicosa le gocciolava dai capelli. Severus gliela prese e, mentre l’osservava, rispose: “Direi più come un avvertimento. La prossima volta vedi di ascoltarmi ma, dopotutto, voi Corvonero siete inclini a ciò” e, con un colpo di bacchetta pulì sia la sua mano che Althea.
“Non credo che i Corvonero facciano esplodere così tanti calderoni come ho fatto io. Ancora mi chiedo se il cappello parlante mi abbia messo nella Casa giusta” disse.
“Quel vecchio pezzo di stoffa ha più critiche che suggerimenti. La maggior parte dei Corvonero non sa preparare una pozione decente neanche al primo anno” disse Severus.
“Infatti si vede quanto io sia brava. Su tre pozioni fatte, due avevano un colore indefinito, mentre l’ultima mi è esplosa addosso. Non sono tagliata per queste cose. In verità, non sono tagliata per nulla, nemmeno per essere una strega” replicò Althea e si portò le mani sul viso.
Severus non seppe che dire. Non era il tipo adatto per consolare. Ma quella ragazza lo faceva sentire strano e sereno con se stesso.
Si avvicinò a lei e, prendendole delicatamente le mani, la guardò in viso: “Non dire così. Sei una strega brillante, e poi ognuno di noi nasconde dei difetti, anche quelli perfetti. Credi che Silente e la McGranitt non abbiano i loro scheletri nell’armadio? Sono proprio coloro che si credono superiori agli altri che, invece, sono le persone peggiori. Non ti abbattere e poi siamo solamente alle prime lezioni. Ho ancora tanto da insegnarti. Vedrai che diventerai bravissima. Ne sono sicuro.”
Althea non seppe che dire. Severus non l’aveva mai consolata prima. Quindi, si limitò a fare un’unica cosa: lo abbracciò.
Il serpeverde era rimasto immobile. Nessuno l’aveva mai abbracciato, nemmeno Lily. I suoi genitori non erano mai stati tipi affettuosi, anche se sua madre, di tanto in tanto, provava a consolarlo. Suo padre, invece, odiava tutto ciò che riguardava la magia e non perdeva occasione per maltrattare moglie e figlio.
“Grazie” disse semplicemente Althea. Severus l’abbracciò a sua volta, chiudendo gli occhi. Quel semplice e piccolo gesto, che per loro valeva invece tanto.
 




Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua dopo...una vita. Perdonatemi immensamente se ho impiegato così tanto ad aggiornare la storia. Spero comunque che stia continuando a piacervi. Se avete suggerimenti, scrivete pue. Mano a mano che si procederà, verranno aggiunti tasselli ( e personaggi) che aiuteranno a formare la trama. Spero di essere stata  nel personaggio di Severus e ci saranno parecchie scene (anche nei prossimi capitoli) de loro battibecchi.
Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia; semplicemente leggendo o recensita. Grazie
E grazie anche alla mia amica Lucia
Ci vediamo al prossimo capitolo. Un buon proseguimento di serata
 

 

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Capitolo 5
*** Lettere dal Ministero ***


REDEMPTION



Capitolo V: Lettere dal Ministero


 
I giorni passavano ed Althea faceva di tutto pur di far guarire Severus, anche se il mago le rendeva le giornate lunghe e pesanti. Almeno Smethwyck non la sgridava quasi più, limitandosi il più delle volte a ignorarla.
Una mattina stava facendo colazione quando sentì picchiettare. Volse lo sguardo per vedere un gufo alla finestra. Si alzò e, dopo averla aperta, facendolo entrare, ne prese la lettera dal becco. Il gufo se ne volò via.
Mentre mangiava un biscotto, con una mano chiuse la finestra mentre con l’altra osservò la busta. Sbiancò non appena vide il simbolo del Ministero della Magia. Che cosa volevano? Da quel che si ricordava non aveva combinato nulla di grave nel mondo babbano. Aveva sempre cercato di rispettare le regole. E se invece qualcuno avesse fatto la spia su Severus?
Scosse negativamente la testa. Non c’era ragione che il Ministro sapesse di Severus. Per lui – e tutti gli altri – era morto.
Finì la colazione. Stava per uscire, ma il suo sguardo si posò sulla lettera sulla tavola. L’intento era quella di lasciarla lì e ignorarla, ma che sarà mai stata una sbirciatina?
La prese, mettendosela in una tasca dei pantaloni ed uscì ma, appena si voltò dopo aver chiuso la porta, si ritrovò di fronte Ian: “Ian! Mi hai fatto paura!”
“Scu… scusami, non volevo” disse impacciato lui. Althea si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Per qualche strana ragione, il suo vicino di casa le metteva soggezione ma, dopotutto, si trattava solo di un babbano.
“Ora devo proprio andare” disse Althea passandogli accanto, ma non perdendo mai il suo sguardo. Poi, appena voltato l’angolo, si appoggiò a un muro, tirando un sospiro di sollievo. Sbucò con la testa e vide Ian portarsi una mano sul viso, per poi entrare nel suo appartamento. Si comportava in modo strano. Lo avrebbe tenuto d’occhio, anche se ora era l’ultimo dei suoi problemi.
Poco dopo, al San Mungo, Althea si trovava di fronte a una finestra del corridoio a guardare la lettera. Perché ci metteva così tanto ad aprirla? Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse che qualcuno si fermò dietro di lei, per poi dirle: “Smettila di stare nel tuo mondo. Sarà noioso.”
Althea si voltò, per trovarsi di fronte Severus: “Sicuramente sarà più colorato del tuo” ribatté nascondendo la lettera dietro di sé. Poi aggiunse: “Non dovresti stare fuori dal letto.”
“Non sono moribondo. Non più, almeno” disse Severus. Althea non ribatté. Quindi il mago aggiunse: “Avanti, cosa ti tormenta?”
“Secondo te c’è qualcosa che mi tormenta?” domandò.
“Sei stata accanto al mio letto per dieci minuti. Sei stata per la restante mezz’ora qua fuori a fissare il muro oltre questa finestra. O tutto a un tratto hai smesso di ronzarmi intorno, oppure vuoi lasciare il mestiere da guaritrice e darti alla muratura” rispose Severus, incrociando le braccia.
“A te non posso proprio nascondere nulla, ma devi promettermi di non dirlo a nessuno, soprattutto al mio capo reparto” disse Althea.
“Quello meno lo vedo e la mia giornata diventa più rosea” disse Severus e abbassò lo sguardo quando Althea gli mostrò la lettera, per poi aggiungere: “Questa è arrivata stamattina dal Ministero ma… ecco… non ho ancora avuto il coraggio di aprirla.”
“Non ti facevo una incline a non rispettare le regole” disse Severus, accennando un sorriso.
“Non ho fatto nulla di male!” replicò Althea. Poi, come un sussurro, aggiunse: “Almeno lo spero.”
Severus allungò una mano. Althea inarcò un sopracciglio. Quindi il mago disse: “Visto che hai così tanta paura di aprirla, mi prenderò io questa responsabilità.” Althea gliela consegnò e Severus, dopo averla aperta, lesse:
 
Egregia Signorina Althea Carter,
La informiamo che è stata urgentemente convocata tra una settimana, precisamente giovedì a mezzogiorno, presso il Dipartimento di Registrazione Amministrativa, collocato al secondo piano, terza porta a destra. Le preghiamo di arrivare puntuale.
Distinti saluti,
Fidelius Pilliwickle
 
“Be’, almeno non ti andrà il pranzo di traverso” disse Severus.
“Non capisco cosa possa avere fatto. Mi sono sempre comportata bene. Non ho mai infranto una regola e, soprattutto, non ho mai usato la magia come ha fatto una certa persona” disse Althea.
“Era una questione urgente e, comunque, agitarsi non risolverà la faccenda. Hai tutto il tempo per prepararti mentalmente e giocarti bene le tue carte” spiegò Severus. Sentirono picchiettare. Volsero gli sguardi per vedere un gufo alla finestra. Althea l’aprì, prendendo la lettera dal becco. Poi se ne volò via.
La donna volse la lettera: anche quella portava il timbro del Ministero.
“Due lettere nella stessa mattinata. Mi stai sorprendendo sempre di più. Sicura di essere veramente una Corvonero e non una Serpeverde?” disse Severus. Althea gli lanciò un’occhiataccia e, senza dire nulla, gli consegnò la lettera. Il pozionista alzò gli occhi al soffitto e, come prima, la lesse:
 
Egregia Signorina Althea Carter,
In base alla lettera ricevuta prima, precisiamo che il suo appuntamento di giovedì a mezzogiorno della settimana prossima, presso il Dipartimento di Registrazione Amministrativa collocato al secondo piano, terza posta a destra, è stato spostato fra tre giorni. Le ricordiamo di essere puntuale.
Distinti saluti,
Fidelius Pilliwickle
 
“Mi correggo: non hai tutto il tempo per prepararti mentalmente. Dovrai trovare al più presto una soluzione al tuo stress ma, considerando come è già fin troppo agitata e sconvolta la tua vita, direi che non c’è rimedio. O forse potresti cambiare identità e addirittura Stato, ma dubito che la cosa possa sfuggire proprio al Dipartimento di Registrazione Amministrativa” disse Severus, ripiegando la lettera.
“Sei mio amico. Dovresti aiutarmi e consolarmi” disse Althea.
“Ah, per questi motivi divento di nuovo tuo amico. Mentre, per tutto il resto, rimango colui che ti ha tradita e voltato le spalle. Davvero ti aspetti che ti aiuti?” ribatté.
“Per quasi un mese mi sono occupata di te. Ti ho guarito da morte certa. Credo che mi meriti un’adeguata ricompensa” disse Althea.
“Più che una ricompensa, direi che questa ha tutta l’aria di un ricatto” replicò.
“Senti, se mi aiuti, prometto che troverò un modo per discolparti da tutto ciò che è successo tra te e Silente durante la guerra. Avrai la coscienza pulita e ti faranno diventare un eroe” propose Althea.
“Ha ancora tutta l’aria di un ricatto e di certo non voglio passare per un eroe” disse Severus e volse lo sguardo.
“Suvvia, cosa ti costa aiutarmi? Che hai da perdere?” domandò Althea, cercando di guardarlo in viso, ma Severus continuava ad ignorarla.
“Certo che sei proprio insopportabile quando ti comporti così” disse Althea.
“Potrei dire la stessa cosa di te” replicò Severus, guardandola. Althea stava per controbattere, quando nel corridoio apparve Smethwyck: “Signorina Carter, una parola nel mio ufficio, se non le dispiace”
“Questa giornata sta andando sempre peggio” disse Althea.
“Su con la vita. Almeno, per un po', non dovrai litigare con me” disse Severus ed Althea gli lanciò un’occhiataccia.
Poco dopo…
Smethwyck stava scrivendo qualcosa, standosene seduto dietro alla scrivania. Althea, in piedi dalla parte opposta, l’osservava tesa e in silenzio. Poi si guardò intorno, notando appese al muro varie foto – in movimento – che lo ritraevano con personaggi celebri del mondo magico, tra cui Silente e Caramell, il precedente Ministro della Magia. Lo riguardò.
“Non credevo conoscesse Silente” gli disse.
“Io e Silente siamo stati vecchi amici. Conoscenti da molto tempo. Ma tra me e lui ci sono quasi sempre state idee discordanti” disse Smethwyck.
“Del tipo?” chiese Althea. Smethwyck la guardò e, alzandosi, disse: “Non credo che ciò sia soggetto della nostra conversazione.”
“Conversazione? Pensavo mi volesse sgridare per qualcosa che ho fatto” disse Althea.
“Perché c’è qualcosa che lei ha fatto e della quale non sono a conoscenza?” domandò.
“No, no, era così per dire” tagliò corto lei. Smethwyck inarcò un sopracciglio. Con mani tenute dietro la schiena, aggirò la scrivania mettendosi accanto ad Althea, poi spiegò: “Durante quest’ultimo mese le sue doti di guaritrice sono molto migliorate e, stranamente, anche la sua dose di disciplina. Sembra proprio che la vicinanza con il signor Piton le abbia giovato.”
“Giovato non è proprio il termine più adatto che userei ma, almeno, sono riuscita a guarirlo del tutto” disse Althea.
“Già… comunque le avevo detto che l’avrei sbattuta fuori di qua. Sarà contenta di sapere che, invece, ciò non avverrà. Molti pazienti sono contenti di averla come guaritrice e, inoltre, mi è arrivata qualche giorno fa una lettera da fonte anonima che mi induceva a non licenziarla o ci sarebbero state amare conseguenze per me” spiegò Smethwyck.
Sul volto di Althea comparve un enorme sorriso. Senza rendersene conto, abbracciò Smethwyck, ringraziandolo più volte, per poi correre fuori dall’ufficio. Smethwyck andò in corridoio, gridando: “Carter! Non avevo ancora finito! Ritorni subito qua!” Ma, ormai, Althea aveva raggiunto Severus, che nel frattempo era ritornato in camera, fiondandosi tra le sue braccia.
“Accidenti, Carter, un po' di contegno! Non ci siamo solo noi qua” disse Severus. Althea lo guardò e, dopo aver ripreso fiato, disse: “È che sono felice.”
“E quando sei felice devi saltare addosso alle persone?”  chiese Severus, scostandola da sé.
“Non devi avere un buon concetto di felicità, vero? Devi sempre rovinare i momenti belli” disse Althea.
“Io non salto addosso alle persone quando sono felice, ma mi limito, per esempio, ad allontanarle da me o, come facevo a scuola, togliere loro un sacco di punti” spiegò Severus. Il sorriso di Althea scomparve per poi domandare: “Quindi, io non ti rendo felice?”
Severus la guardò in silenzio. I due vennero raggiunti da Smethwyck: “Signorina Carter, non si permetta mai più di uscire dal mio ufficio in quel modo!”
“Mi scusi, ma mi sono fatta prendere un po' dall’emozione” si giustificò.
“Un po' troppo per i miei gusti” disse Severus. Smethwyck gli diede un’occhiata veloce; poi riguardò Althea: “Prima che la foga prendesse il sopravvento su di lei, non mi ha fatto finire la nostra conversazione. Non solo non verrà licenziata, ma il signor Piton è anche libero di uscire.”
“Era ora che lasciassi questo posto noioso. Finalmente potrò ritornare a casa” disse Severus.
“Non esattamente. Vede, da quando la guerra è finita circa un mese fa, molte cose sono cambiate e le persone stanno, piano piano, cercando di ritornare alla loro vita. Riprendersi ciò che il Signore Oscuro aveva strappato loro” spiegò Smethwyck.
“Arrivi al punto!” lo fermò Severus.
“Il punto è che lei non può ritornare a casa sua. Per tutti quelli del mondo magico è morto, ma può anche darsi che ci siano ancora degli alleati del Signore Oscuro in circolazione che cercano vendetta su coloro che lo hanno tradito” finì di spiegare.
“Quindi tecnicamente sarei ancora in pericolo. E dove potrei andare se non a casa mia?” chiese.
“Be’, non ho chiamato la signorina Carter in ufficio solo per dirle che non verrà licenziata” rispose Smethwyck. Althea e Severus si guardarono stupiti. Avrebbero davvero dovuto vivere insieme?






Note dell'autrice: Ed eccomi qua. Scusatemi immensamente per il ritardo. Non volevo farvi aspettare così tanto. Sono già in lavorazione gli altri capitoli. Spero che la storia vi stia piacendo. Con il passare dei capitoli si scopriranno altre cose sul passato di Althea e chissà se lei e Severus ritorneranno amici.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la storia; che l'hanno recensita o semplicemente che sono arrivati fin qua. Grazie anche alla mia amica Lucia
Vi auguro una buona notte.
Ci vediamo al prossimo capitolo...sperando, stavolta, di non farvi attendere troppo

 

 

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Capitolo 6
*** Convivenza Forzata ***


REDEMPTION

 


Capitolo VI: Convivenza Forzata


 
“No! Non può essere! È inconcepibile come cosa! Non può funzionare” replicò Althea, mentre se ne andava avanti e indietro per il salotto, sotto lo sguardo di Severus, seduto sul divano. Poi disse: “È da dieci minuti che ti ripeti. Mi stai facendo venire il mal di testa.”
“Ma a te non importa nulla di ciò? Noi due. Insieme. Sotto lo stesso tetto. Dopo quello che è successo” replicò Althea, fermandosi e guardandolo.
“Perché, cosa è successo?” domandò Severus, facendo un piccolo sorriso. Althea lo fulminò con lo sguardo, per poi riprendere a camminare avanti e indietro e lamentarsi.
“Ti voglio ricordare che fra tre giorni hai l’appuntamento al Ministero. Ti avevo proposto di prepararti mentalmente a ciò, ma a quanto pare ora non sei in grado” disse Severus.
“È vero. Me ne ero dimenticata” disse Althea, fermandosi.
“Tipico. Non è una novità da parte tua. E come pensi di rimediare?” domandò.
“Potrei sempre fingermi malata” disse Althea, guardandolo.
“Sei una guaritrice e una strega. In meno di un giorno sarai sanissima” spiegò Severus.
“Mi trasferirò da un’altra parte” disse Althea. Severus scosse negativamente la testa. La strega aggiunse: “Hai ragione. Non c’è scusa che tenga con il Ministero. Devo prendere coraggio e affrontare ciò che mi aspetta. Da sola oppure…” e un sorriso malizioso le comparve in volto.
“Scordatelo!” replicò Severus.
“Ma con te al mio fianco sono sicura di riuscirci. Avanti, che cosa ti costa?” disse Althea.
Severus si alzò per poi spiegare: “Odio doverlo dire, ma il tuo capo reparto ha ragione: se qua fuori ci sono ancora dei seguaci del Signore Oscuro, appena mi vedranno mi uccideranno. Non sono ancora nel pieno delle mie forze e pronto mentalmente. Anche se questa idea della convivenza mi puzza di scusa. Dev’esserci altro sotto.”
“Che scusa vuoi ci possa essere? Smethwyck mi ha semplicemente chiamata nel suo ufficio per dirmi che non ero stata licenziata e anche di questa convivenza” disse Althea.
“E non ti è saltato per la testa di chiedergli chi gli abbia dato questa brillante, ma stupida idea? Dubito possa essere venuta da lui. Non credo che incominci a mandare i pazienti a casa con i suoi dipendenti” chiese.
Althea non rispose. Severus fece un piccolo sorriso. Poi camminò e, fermandosi di fronte alla finestra della cucina, disse: “Mi dispiace, ma finché la mia immagine non sarà del tutto pulita, non potrò farmi vedere in pubblico. Quindi dovrai andare da sola.”
“A meno che a venire con me non sia qualcun altro” disse Althea.
“Buona fortuna nel trovare un accompagnatore” disse Severus.
“No, no, intendo qualcuno sotto altre sembianze” disse Althea. Severus si voltò, per poi replicare: “Tu sei tutta matta!”
“È l’unico modo per non farti riconoscere” disse lei. Una volta di fronte a lei, il pozionista replicò: “È una cosa illegale. Non si può fare. E, poi, perché vorresti proprio me?”
“Perché con te mi sento più al sicuro che con chi chiunque altro” rispose. Severus rimase quasi spiazzato dalla risposta. Poi aggiunse: “Lo sai che mi ci vuole tempo per preparare la Pozione Polisucco.”
“Sei il più bravo pozionista che esista. Sono sicura che in un paio di giorni ci riuscirai” disse Althea.
“Va bene. Ammettiamo che accetti, ma mi servono gli ingredienti. Perché tu li hai, vero?” chiese. Althea stava per aprir bocca, ma la richiuse subito. Quindi Severus, passandole accanto e sedendosi sul divano, aggiunse: “Immaginavo. Questa idea è morta ancor prima di essere messa in atto.”
“Non essere sempre così pessimista. Li troveremo da qualche parte” disse Althea.
“Li? L’idea è stata tua. Tu ti sei cacciata in questo pasticcio e tu ne verrai fuori. Non voglio far parte dei tuoi casini” ribatté Severus, guardandola.
“Una volta eri più collaborativo. Potrei andare ad Hogwarts e guardare tra le tue scorte” disse Althea.
“Perché, invece, non fermarsi più vicino? C’è un altro luogo che è rifornito di ingredienti. Un posto dove si curano le persone anche con le pozioni” propose Severus.
“No! No! No! Non posso” replicò Althea.
“Certo che puoi. Ci lavori” disse Severus.
“È appunto perché ci lavoro che non voglio rischiare il posto. Proprio ora che me lo avevano rinnovato. Non posso fare questo affronto al mio superiore” disse Althea.
“A lui non importerà nulla se prenderai qualche ingrediente. Basta solo che, se verrai beccata, non gli dirai la verità” disse Severus. Althea sbuffò. Sembrava non avere altra scelta.

Poco dopo…

“Allora io vado” disse Althea, dirigendosi verso la porta.
“Oh, sei ancora qui? Pensavo fossi già uscita” disse Severus, abbassando la rivista che stava leggendo e guardando la maga. Althea lo guardò malamente. Mise una mano sulla maniglia, quando Severus aggiunse: “Comunque, continuo a ritenerla una pessima idea.”
“Questa convivenza, oppure che mi sia scritta gli ingredienti su un foglietto?” domandò.
“Entrambe, ma più la seconda. È sciocco e stupido da parte tua renderli pubblici. Qualcuno potrebbe vederli e, così, scoprire cosa stai combinando” rispose Severus, riguardando la rivista.
“Cercherò di essere cauta. Augurami buona fortuna” disse Althea. Severus mugugnò qualcosa. Althea scosse negativamente la testa e, dopo aver aperto la porta, uscì. Severus alzò lo sguardo e, dopo aver detto: “Ragazzina” riprese a leggere la rivista.
Althea arrivò al San Mungo. Si nascondeva dietro ai muri, sbirciando se nel corridoio passasse Smethwyck. Non vedendolo proseguì fino ad arrivare davanti a una porta, che si differenziava dalle altre perché più piccola e in legno.
Provò ad aprirla, ma ovviamente era chiusa: “Sembrava troppo semplice. Vediamo se con un facile incantesimo ci riesco” disse Althea. Quindi pronunciò: “Alohomora” e la porta si aprì. Davanti a lei e sugli scaffali vi erano tante ampolle contenenti ogni tipo di ingredienti.
“Magnifico! Vediamo cosa mi occorre” esclamò e, dopo aver dato un’occhiata alla lista, incominciò a prendere gli ingredienti, mettendoli in una sacca che si era portata. Una volta finito richiuse la porta ma, appena si volse, andò a sbattere proprio contro Smethwyck.
“Signor Smethwyck, non l’avevo vista” disse, nascondendo la sacca dietro di sé.
“Nemmeno io, ma ho sentito dire da alcuni quadri che si aggirava da queste parti. È il suo giorno libero. Come mai lo spende qua? Il suo inquilino già l’annoia?” domandò.
“È che non sapevo cosa fare, così… così ho pensato di mettermi avanti con il lavoro e preparare qualche pozione che possa servire per i nostri pazienti” spiegò Althea, pensando che quella scusa potesse reggere.
Smethwyck inarcò un sopracciglio. Poi sbirciò il foglietto che teneva in mano. Riguardò la donna e, facendo un piccolo sorriso, disse: “Si goda il suo giorno di riposo, Signorina Carter” e, passandole accanto, entrò dentro la stanza. Althea lo guardò stranamente. Poi disse: “Non ci posso credere: si è bevuto la mia bugia. Quando lo racconterò a Severus non ci crederà”
Poco dopo…
“Non ci credo” disse Severus.
“Invece ti dico che è tutto vero. Si è bevuto la mia bugia e non ha nemmeno visto la sacca” disse Althea, mentre metteva gli ingredienti sulla tavola.
“Ippocrate Smethwyck è uno dei più famosi guaritori che esistano ed ha trovato cure a veleni mortali. Non penso sia talmente stupido da essergli sfuggito ciò che nascondevi ma, se davvero ha creduto alla tua bugia, allora è stata solo questione di fortuna” spiegò Severus.
“Be’, poco importa, perché sono riuscita a prendere tutti gli ingredienti” disse Althea.
“Molto bene. Adesso prendimi un calderone, così posso iniziare a preparare la pozione” disse Severus.
“Un calderone?!” ripeté stupita Althea.
“È di varie forme e, normalmente, lo si usa per preparare le pozioni. Sì, un calderone! Cos’altro se no?” disse stupito Severus.
“Non c’è bisogno di arrabbiarsi così tanto. So benissimo cos’è un calderone, solo che in questo momento, non ce l’ho” disse Althea.
Severus alzò gli occhi al soffitto. Poi disse: “Sei una strega e una guaritrice e…” ma Althea lo fermò: “Lo so! Me lo hai detto anche prima!”
“Sei una strega e una guaritrice” ripeté Severus e, dopo averla ammonita con lo sguardo, in modo che non lo interrompesse più, continuò: “In casa dovresti sempre avere un calderone. Se no come ti prepari per il tuo lavoro?”
“Semplice, non mi preparo. Vado al lavoro e curo i pazienti. Proprio come ho fatto con te per un mese. Eppure sei guarito, no?” disse Althea, sorridendo ma, il suo sorriso scomparve non appena Severus, a passo spedito, le fu di fronte, replicando: “Non devi mai prendere il tuo lavoro alla leggera! Con ciò che fai, salvi delle vite ma ne puoi anche perdere! Tutto quello che sai lo devi a me! Non te lo dimenticare!”
“Non c’è bisogno che continui a ripetermelo ogni volta! Lo so da me che facevo schifo in Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure, ma dovresti ringraziarmi per averti fatto diventare bravo in Trasfigurazione e… per averti salvato la vita” replicò Althea.
Severus rimase in silenzio. Poi prese un capello sulla spalla di Althea. Questa lo guardò, per poi dire: “Dovresti andarci cauto: potrebbe essere mio, quindi ti trasformeresti in me.”
“A differenza di te io sono sempre cauto, e poi non penso tu abbia i capelli bianchi. Non ancora, almeno” disse Severus e, mentre camminava verso la cucina, Althea disse: “Magari mi salteranno fuori per causa tua.”
“Fa' meno la spiritosa e, piuttosto, dimmi come ha fatto un capello di Smethwyck a finirti sulla spalla?” domandò, mentre apriva una credenza.
“Gli ci sono sbattuta contro quando stavo uscendo dalla stanza delle scorte” rispose; poi, vedendo cosa aveva tirato fuori Severus, chiese: “Che cosa stai facendo con una pentola?”
“Quello che non avrei dovuto fare se tu avessi avuto il cervello di tenere un calderone sempre a portata di mano” rispose Severus e, dopo aver messo la pentola sulla tavola, formulò l’incantesimo: “Trasfiguro”. La pentola divenne un calderone.
Severus iniziò a mettere gli ingredienti al suo interno, mentre Althea gli si accostò. Poi il mago prese il calderone e lo mise sul fornello, per poi pronunciare: “Incendio”, accedendo un fuoco sotto di esso.
“Sai, potevi semplicemente accenderlo con il metodo babbano” disse Althea.
“Si fa più alla svelta con un incantesimo. È vero, sono un bravissimo pozionista, ma ci vuole tempo per preparare la Pozione Polisucco. Tempo che noi non abbiamo, quindi ogni minuto è prezioso. Ovviamente tenendo conto che tutto deve essere perfetto. Un passaggio fatto male e non si sa che trasformazione possa avvenire. Ecco perché la Pozione Polisucco non solo viene ritenuta tra le più complicate da preparare, ma anche proibita” spiegò Severus.
Althea lo ascoltò incantata. Severus era un libro aperto. Sapeva ogni cosa e descriveva le pozioni come se fossero state poesia. Adorava il suo lavoro, ma non si poteva dire lo stesso degli studenti. Era stato il più temuto della scuola, anche se i Serpeverde lo adoravano. Da sempre i prediletti e favoriti del pozionista, nonché loro Capocasa.
Da ragazzini, lei e Severus erano diventati buoni amici. Fra alti e bassi, battibeccavano in continuazione, per poi finire col fare sempre pace. Ma anni dopo, con la prima guerra magica in corso, qualcosa cambiò e il loro rapporto si ruppe. Da allora Althea decise di non cercarlo più.





Note dell'autrice: E finalmente, dopo secoli ( o più) eccomi qua con il sesto capitolo. Non temete, gli altri sono pronti ma devo ricontrollarli per bene
Vi piace la convivenza tra Severus ed Althea? Adoro scrivere dei loro battibecchi.
Altro accadrà nei prossimi capitoli e si scoprirà qualcosa sul passato di Althea...o forse c'è da aspettare ancora
Ringrazio tutti coloro che, seppur la mia lentezza di pubblicare i capitoli, continuano a seguire questa storia; a recensirla; a leggerla o passare semplicemente da queste parti
Ringrazio la mia carissima amica Lucia
Con ciò vi aspetto al prossimo capitolo, sperando davvero di non metterci di nuovo i secoli
Buona notte a tutti, miei cari maghetti e streghe
Fatto il Misfatto

 
 
 



 

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Capitolo 7
*** Debutto in società ***


REDEMPTION


 
Capitolo VII: Debutto in società


 
Hogwarts 1976
 

“Sono calma. Sono perfettamente calma. Calmati, Althea, andrà tutto bene. Oddio, parlo da sola. Non pensavo di arrivare a tanto. Ricordati ciò che ti ha insegnato Severus” continuava a ripetersi Althea, mentre percorreva le scale che l’avrebbero condotta nei sotterranei.
Una volta arrivata a destinazione, procedette fino ad arrivare davanti all’aula di Pozioni. Stava per aprire la porta, quando dall’aula uscì Sirius Black. Questi, vedendola, le sorrise, per poi dirle: “Ciao, dolcezza” e se ne andò.
Althea si voltò, osservandolo, mentre altre Corvonero, sue compagne di dormitorio, la raggiunsero e una di loro, anche lei guardando il grifondoro, disse: “Non sapevo ti piacesse Black.”
“Infatti non mi piace. Mi ha solamente salutata. Non lo ha mai fatto” disse Althea, non distogliendo lo sguardo da Sirius.
“Sì, sì, dicono tutte così. Avanti, cosa gli hai dato? Scommetto una pozione d’amore” chiese un’altra ragazza.
“Non farei mai una roba del genere! È scorretto! Se è amore, per me deve essere sincero” disse Althea. Le altre alzarono gli occhi al soffitto e, dopo aver aperto la porta, entrarono nell’aula. Successivamente Althea le seguì, prendendo posto tra i primi banchi.
Poco dopo arrivò il Professor Lumacorno che, dopo essersi posizionato davanti agli alunni, iniziò a spiegare: “Buongiorno, studenti del terzo anno di Corvonero e Tassorosso. Oggi imparerete a preparare la Pozione Restringente. Gli ingredienti sono sulla lavagna. Avete un’ora di tempo. Buon lavoro! E mi raccomando: alla fine, la pozione dovrà assumere un colore verde acido.”
Althea era agitata. Dopo aver preso i vari ingredienti, ora li stava osservando. Fece un lungo respiro e, senza farsi prendere dal panico, cercò di ricordarsi delle lezioni di Severus. Non poteva mandare tutto all’aria.
Uno dopo l’altro e seguendo attentamente le istruzioni, mise gli ingredienti all’interno del calderone sotto al quale, successivamente, accese una fiamma. Iniziò quindi a mescolare il tutto.
Il Professor Lumacorno passava tra i banchi, osservando le lavorazioni degli studenti. Quando arrivò da Althea si fermò. Guardò il contenuto del calderone, per poi dire: “Eccellente, Signorina Carter. La sua pozione ha assunto proprio un colore verde acido. Dieci punti a Corvonero” e, dopo essere ritornato di fronte alla classe, aggiunse: “Bene, per oggi potete andare. Signorina Carter, potrebbe invece rimanere?”
Althea si rivolse alle sue compagne, dicendo loro che si sarebbero viste dopo. Quindi, dopo che gli altri studenti furono tutti usciti, si avvicinò al Professor Lumacorno, chiedendogli: “È per la pozione, professore? Ho sbagliato qualcosa?”
“Assolutamente no, Signorina Carter. Ribadisco ciò che ho detto prima: ha preparato una pozione eccellente. La migliore tra tutti, non c’è che dire. Ha fatto grandi progressi in questi tempi” rispose.
“Ho avuto un bravo insegnante” disse Althea. Lumacorno sorrise. Ovviamente pensava si riferisse a lui quando, invece, la ragazza stava parlando di Severus.
“Ovviamente. Senta, che ne dice di far parte del mio Lumaclub? Ho solo gli alunni più prestigiosi e lei è ora una di loro” propose il professore.
Althea rimase senza parole. Finalmente veniva considerata per qualcosa anche se, secondo lei, Lumacorno non la prediligeva per la sua bravura in pozioni, ma per altro. Quindi titubante disse: “Io… ecco… non saprei, signore.”
“Suvvia, non sia così timorosa. Domani darò anche una cena tra gli iscritti e gradirei che lei vi partecipasse. Ne sarei lieto” disse Lumacorno.
“Verrò, signore” disse Althea.
“Molto bene. Ora può andare, altrimenti le sue compagne di casa penseranno che le stia togliendo dei punti. Ci vediamo, allora, domani sera” disse Lumacorno.
Althea uscì. Se ne stette ferma a ripensare a ciò che era appena accaduto. Lei, che veniva invitata a una cena. Scosse negativamente la testa. Non poteva essere vero.
Si incamminò, ma volse lo sguardo quando sentì qualcuno chiamarla: era Severus. Non aveva voglia di parlare con lui in quel momento, quindi riprese a camminare, ma venne raggiunta dall’amico che le domandò: “Ehi, da quando in qua mi ignori?” Althea non gli rispose.
“Pensavo ci parlassimo” ritentò.
“Vado di fretta. Ho da prepararmi per un compito di Storia della Magia” tagliò corto lei.
“Nessuno si prepara mai per un compito di Storia della Magia, perché lo sanno tutti che le lezioni del professor Binns finiscono sempre per parlare della sua tragica vita. Ed è talmente divertente starlo ad ascoltare che non gli verrà mai detto che è morto” spiegò Severus.
“Perché continui a seguirmi? E perché sei da queste parti?” gli chiese.
“Non penso che abbiano spostato il dormitorio dei Serpeverde. Se la memoria non mi inganna, dovrebbe ancora trovarsi qua nei sotterranei. Stavo andando lì quando ti ho vista. Volevo sapere come fosse andata” rispose Severus.
“È andata bene” disse semplicemente.
“Althea, cosa mi stai nascondendo? Stamattina a colazione non facevi altro che parlare di Pozioni. O era agitazione, oppure ne eri entusiasta. Dimmi la verità” disse Severus.
I ragazzi si fermarono in cima alla scala a chiocciola e, dopo aver sospirato, Althea spiegò: “Abbiamo fatto la Pozione Restringente e il Professor Lumacorno ha detto che la mia era la migliore di tutta la classe. A lezione terminata mi ha trattenuta, dicendomi che ero entrata nel Lumaclub, e domani sera sono stata invitata a una cena con gli altri membri.”
“Bene, non era ciò che volevi? Essere finalmente integrata” disse Severus.
“Ma non in questo modo. Lumacorno predilige solo le persone famose e non credo che mi abbia fatto entrare nel suo club solamente perché ho fatto in modo eccellente una pozione. Ci sono tanti altri alunni più bravi di me, persino te” disse Althea.
“Magari, per lui, sei più simpatica di questi altri alunni” disse Severus. Althea si guardò a destra ed a sinistra; riguardò l’amico, chiedendogli: “Sai mantenere un segreto?”
“Questa faccenda si sta rivelando più seria del previsto. Non credevo che le lezioni di Lumacorno potessero portare a tanto” disse Severus.
“Non devi dirlo a nessuno. Solo Silente e i Professori lo sanno” replicò la ragazza.
“Va bene. Va bene. Non lo dirò a nessuno. Hai la mi parola” ribatté Severus.
“I miei genitori lavorano al Ministero” disse Althea. Calò il silenzio. Poi Severus disse: “Sei seria? Cioè… tutto qua?”
“Ti aspettavi forse qualcosa di più? I miei genitori sono dei pezzi grossi al Ministero e, se si dovesse sapere tra gli altri studenti, la mia vita sociale sarà ancor più rovinata di quanto non lo sia già. A quanto pare, Lumacorno mi predilige per questo” spiegò Althea.
“Già, vuole sempre e solo il meglio per sé” disse Severus.
“Come un qualsiasi Serpeverde” disse Althea e, voltandosi, si incamminò.
“Ehi, io non sono così. Ci tengo a te” disse Severus, seguendola. Sentendo ciò, Althea si fermò. Severus la raggiunse, per poi aggiungere: “Cioè… ci tengo a te, come amica e mi piaci così come sei.”
“Cioè una semplice Corvonero come tutte le altre?!” replicò Althea.
“No, no, non in quel senso. Cioè… sì… anche in quel senso” disse imbarazzato Severus.
“Allora, fammi capire: ci tieni a me come amica, ma ti piaccio così come sono. Cioè uguale a tutte le altre Corvonero” disse Althea.
“Sì e no. Mi stai facendo venire il mal di testa. Non ci sto capendo più nulla” disse Severus.
“Allora ti lascio in compagnia del tuo mal di testa. Forse è meglio di me” disse sorridendo Althea e, voltandosi, se ne andò.
“Perché le ragazze devono essere sempre così complicate?” replicò Severus.
Venne la sera della cena. Althea era nervosa. Non solo per tutta la giornata, e la sera precedente non aveva parlato con Severus, ma era la prima volta che veniva invitata a stare con qualcun altro.
Aprì la porta ed entrò nella stanza. “Oh, Signorina Carter, venga pure” l’accolse Lumacorno. Gli altri iscritti al club erano tutti seduti attorno a un grosso tavolo rotondo.
Althea si andò a sedere nell’unico posto rimasto libero, sotto lo sguardo degli altri, i quali, poi, ripresero a mangiare. Tranne una ragazza, che continuava a osservare Althea. Questa teneva il capo abbassato, ma lo alzò quando Lumacorno disse: “Sono molto contento che siate qua tutti presenti in questa bellissima serata. Ma ora, parlatemi un po' di voi.” E si voltò verso un ragazzo alla sua destra.
Althea prese il cucchiaio della minestra. Ne assaggiò un sorso, per poi alzare lo sguardo e vedere una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che se ne stava immobile a fissare Lumacorno. Poi, però, i loro sguardi si incrociarono ed Althea la riconobbe come Lily Evans. Era ovvio che faceva parte del Lumaclub. Era sempre stata un’alunna modello in tutto e per tutto e, probabilmente, anche per questo Severus ne era attratto.
Volse lo sguardo quando Lumacorno la chiamò: “E lei Signorina Carter, so che i suoi genitori godono di grande stima presso il Ministero della Magia. Non è così?”
“Be’…cercano di fare al meglio il loro lavoro perché tutto fili liscio” disse Althea.
“Più che liscio direi, considerando che sono considerati il braccio destro di Caramel in persona” aggiunse Lumacorno. Ora Althea avrebbe voluto sprofondare nelle profondità del Lago Nero. Gli altri avevano tutti gli sguardi puntati su di lei, come predatori pronti ad agguantare la propria preda. E meno male che nessun altro studente avrebbe dovuto sapere il lavoro dei suoi. Ora la sua vita sociale, era ancora di più rovinata.
La cena – trascorsa con Lumacorno che non smetteva di lodare i genitori dei presenti – finì e Althea si ritrovò in prossimità delle scale a chiocciola. Voleva arrivare il più fretta possibile al dormitorio, cercando di evitare domande e sguardi degli altri, ma non riuscì nemmeno a mettere un piede sul primo gradino che qualcuno la chiamò. Si voltò e vide Lily Evans venire verso di lei. Una volta raggiunta, la Grifondoro le disse: “Aspetta, non andartene. Ho bisogno di parlarti.”
“Senti, se riguarda i miei genitori, non ho altro da aggiungere” tagliò corto Althea.
“Tu sei molto amica di Severus. Vi ho visti spesso insieme” disse Lily.
“Anche tu sei amica sua” disse Althea.
“Credo non più. Quel giorno, in riva al lago, ho visto un lato di lui che non speravo mai mi mostrasse. È come tutti gli altri Serperverde” disse Lily.
“Sai, ancora mi chiedo perché il Cappello Parlante mi abbia smistata in Corvonero. Non penso di essere come gli altri miei compagni di casa” disse Althea.
“Ma il Professor Lumacorno ti ha fatto entrare nel suo club e lui vuole solamente i migliori” disse Lily.
Althea scosse negativamente la testa, facendo un piccolo sorriso. Poi spiegò: “Il punto non è questo. Vedi, sono una Corvonero, ma non come gli altri miei compagni di casa. Intelligente; puntuale; rispettosa delle regole. Tutto il contrario di me. Ma io sono semplicemente me stessa. Sono Althea Carter, come Severus è differente dagli altri Serpeverde. Ognuno di noi lo è e non dovresti giudicarlo per quello che ti ha fatto. Chiediti se quell’unico gesto può distruggere anni della vostra amicizia. Se ne vale la pena.”
“È difficile perdonare. Ho sempre cercato di difenderlo da James ed i suoi amici, ma questa volta ha superato se stesso. Non mi sarei mai immaginata che tali parole venissero pronunciate proprio da lui” disse Lily.
“Chi ha tanta rabbia dentro di sé può farla poi scaturire in diversi modi” disse Althea.
“Ma lo ha fatto nella maniera sbagliata. Grazie, Althea. Sei una brava ragazza e mi dispiace che in questi anni non ci siamo conosciute meglio. Non sei poi tanto male” disse Lily.
“Nemmeno tu” disse Althea. Lily sorrise e se ne andò. La Corvonero tirò un sospiro di sollievo. Stava per salire su per le scale, quando con la coda dell’occhio le parve di vedere dei movimenti. Volse lo sguardo e, dietro a un muro, lo vide.
“Severus” fu solamente ciò che uscì dalle sue labbra.






Note dell'autrice: Et voilà, eccomi finalmente qua con un nuovo capitolo. E' vero, scusatemi, ci ho messo i secoli, ma finalmente eccoci qua. Allora, vi sta piacendo la storia? Con il susseguirsi dei capitoli, si scoprirà altro. Ringrazio tutto coloro che stanno continuando a seguire la storia (seppur ci sto impiegando tanto ad aggiornarla); grazie a coloro che la recensiscono o passano semplicemente di qua, senza annoiarsi. Grazie alla mia amica Lucia
Con ciò ci vediamo al prossimo capitolo, sperando di non impiegarci nuovamente i secoli.
Buona notte a tutti e...fatto il misfatto


 

 

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Capitolo 8
*** Visita a sorpresa ***


REDEMPTION



 Capitolo VIII: Visita a sopresa


 
Aveva un aspetto orribile. Sembrava che qualcuno l’avesse appena colpita con qualche incantesimo di deformazione, invece aveva solamente passato una notte insonne, intenta a pensare all’appuntamento al Ministero di quella mattina.
Ancora all’oscuro del perché, Althea non riusciva a darsi delle spiegazioni di quella lettera, e ora il tanto agognato giorno era arrivato.
Era da dieci minuti ferma davanti a quello specchio, a osservare la sua immagine. Tesa da muovere anche un solo passo verso la sala, dove un Severus ormai privo della sua già poca pazienza la stava aspettando.
Andava avanti e indietro, mugugnando parole incomprensibili ma che molto probabilmente si riferivano alla donna rinchiusa in bagno, ed era un miracolo che non avesse già fatto un buco nel pavimento.
“Ma perché ci impiega così tanto?! Lo sa benissimo che al Ministero vogliono la puntualità. Ma è anche vero che a lei questo concetto non è mai entrato in testa” replicò.
Riprese a camminare avanti e indietro. Si fermò nuovamente, guardando l’orologio appeso alla parete. Sbuffò e, senza dire altro, si diresse verso il bagno. Bussò un paio di volte e, non ricevendo nessuna risposta, aprì la porta. Althea si voltò di scatto: “Sei matto?! E se ero nuda?! Almeno abbi la cortesia di bussare!”
“Ho avuto fin troppa cortesia nell’aspettarti di là inutilmente per più di dieci minuti e sei fortunata che mi sia rimasto ancora un briciolo di pazienza! Ora smettila di stare davanti a quello specchio per vedere se la tua immagine cambia da un momento all’altro ed esci di qua! Siamo già in ritardo. E per tua informazione, prima ho bussato” replicò Severus e uscì sbattendo la porta.
Althea sbuffò. Riguardò lo specchio e, dopo essersi messa a posto i capelli uscì, raggiungendo Severus il quale, dopo averla guardata da capo a piedi, disse: “Bene, noto che non sei cambiata.”
“Ti aspettavi una donna diversa?” domandò.
“Non so cosa ti abbia trattenuta in bagno ma, di certo, non sarai tu quella che oggi dovrà cambiare aspetto. Quindi faremo meglio a sbrigarci. Prima andremo al Ministero e prima potrò ritornare qua e leggermi qualcosa” rispose lui e, dopo essersi messo il mantello, aprì la porta. Guardò Althea, aspettandola. Quest'ultima, con molta calma, gli passò accanto, ma dopo aver ricevuto un’occhiataccia si affrettò a uscire.
Mentre camminavano per le strade di Londra, Althea disse: “Certo che la tua vita è noiosa.”
“Che ne sai della mia vita? E poi ciò che faccio è affar mio!” replicò.
“Perché sei sempre così nervoso? Dovrei esserla io” disse Althea.
“In questi tre giorni di convivenza, so più cose di te che tu di te stessa” disse Severus. Althea lo guardò stranamente, avendoci capito poco in quel giro di parole.
Arrivarono davanti a una cabina telefonica alquanto malandata. Severus entrò per primo e, dopo che Althea fu al suo fianco, chiuse la porta per poi comporre alcuni numeri. L’interno della cabina scese, per poi essere sostituito con uno identico, in modo che i babbani non si accorgessero di nulla.
Scesero fino ad arrivare nell’atrio. Severus aprì la porta e, dopo che sia lui che Althea furono usciti, la cabina ritornò al piano superiore. I due ripresero a camminare, quindi Severus sviò dentro al bagno. Mentre Althea lo aspettava di fuori, si guardò intorno. Altri maghi e streghe arrivavano di fretta, dirigendosi verso i loro rispettivi piani, ma non prima di essere passati dalla vigilanza.
Vide uno dei due uomini prendere la bacchetta ed esaminarla, mentre l’altro parlare con il proprietario. Poi gli venne riconsegnata la bacchetta e fu fatto passare. Non poteva funzionare.
Althea iniziò a camminare avanti e indietro, quando dal bagno uscì Smethwyck. La donna lo guardò: “Signore… io… ecco… io…”
“Per essere stata smistata in Corvonero non sei poi così sveglia” disse.
“Severus. Mi ero dimenticata che eri tu. Sai, pensavo che anche Smethwyck fosse qua” disse Althea.
“Ma lui è qua o, almeno, così devono pensarlo chi ci vedrà insieme. Tu stai solamente al gioco. Al resto penserò io” spiegò Severus e iniziò a camminare. Althea gli si affiancò, chiedendogli: “E se la situazione dovesse peggiorare?”
“Se per il peggio intendi scoprire la mia identità, a quello non devi preoccuparti, perché quando l’effetto della Pozione Polisucco sarà finito, noi saremo già fuori di qua” rispose.
“Ma come la metti con loro?” domandò. I due si fermarono e guardarono i vigilanti. Poi si riguardarono e Severus rispose: “Hai sempre paura di tutto. Rilassati, andrà tutto bene. Ricordati che mi ci hai portato tu qua, quando potevo starmene comodo sul divano a farmi i fatti miei.” E riprese a camminare.
“Quanto è odioso” replicò, per poi seguirlo.
Una volta arrivati dai vigilanti, uno di loro chiese le bacchette, mentre l’altro li osservò da capo a piedi, per poi dire: “Professor Smethwyck quale onore averla qui. È da molto che non mette piede al Ministero.”
“Non mi è mai piaciuto come luogo. Troppo affollato. Preferisco i miei pazienti al San Mungo. Dopotutto è lì che posso punzecchiare a mio piacimento i miei dipendenti” spiegò Severus e fece un sorriso malizioso verso Althea, la quale lo guardò malamente.
“Per cosa si è recato qua?” domandò un vigilante.
“Niente di che. Una cosa abbastanza banale riguardante una creatura magica. Io e la mia assistente eravamo diretti al secondo piano, prima che voi ci fermaste” rispose Severus.
“Mi dispiace, professore, ma è la prassi. Anche se la seconda guerra magica è finita, siamo comunque tenuti a far rispettare le regole e assicurarci che non vi sia ancora in giro qualche seguace di Voi-sapete-chi” spiegò la guardia.
“Sapete benissimo che odio perdere tempo e credo che siamo già in ritardo. Quindi, se non vi dispiace…” disse Severus, allungando una mano. Senza aggiungere altro, la guardia riconsegnò loro le bacchette per poi farli passare.
“Mi spieghi come ci sei riuscito?” domandò.
“Ho i miei metodi di persuasione” rispose lui.
“Non intendevo quello, ma per la bacchetta. Non si può trasfigurare una bacchetta, visto che è colei che sceglie il suo proprietario” disse Althea.
“Non esistono solo incantesimi di Trasfigurazione, sai? Mentre ero in bagno, ho applicato una piccola dose di una pozione sulla mia bacchetta, cambiando per il tempo necessario il nucleo al suo interno, trasfigurandola appunto in quella di Smethwyck” spiegò Severus.
“Non pensavo potesse esistere una pozione del genere” disse sorpresa Althea.
“Infatti non esiste. L’ho creata l’altro giorno per questa occasione. Sapevo che ci avrebbero fermato per identificarci. Ma ora dobbiamo sbrigarci. Abbiamo perso fin troppo tempo e la Pozione Polisucco non dura molto” spiegò Severus e, a passo spedito, si diressero verso gli ascensori. Fortunatamente, ne trovarono uno libero. Vi entrarono e, dopo aver selezionato il piano desiderato, si chiuse la porta e l’ascensore si mosse prima all’indietro e poi verso il basso, arrivando fino al primo piano.
Una volta arrivati, la porta si aprì. Uscirono, incamminandosi per un lungo corridoio. A mano a mano che la loro destinazione si avvicinava, Althea diventava sempre più nervosa. Si fermò di scatto e, voltandosi, stava per andarsene, quando Severus la bloccò per un polso, facendola rigirare e portandosela accanto a sé, per poi dirle: “Non essere sciocca. Non è il momento di farsi prendere dal panico.”
“Tutto a un tratto mi è venuto come un grosso peso sullo stomaco. Non mi sento tanto bene” disse Althea.
“Le scuse non reggono con me. Devi farti coraggio e prenderti le tue responsabilità. Io ho fatto la mia parte. Ora tocca a te” disse Severus e si fermarono davanti alla terza porta a destra, sopra alla quale c’era inciso Dipartimento di Registrazione Amministrativa. Althea guardò Severus, che annuì con la testa. Fece un lungo respiro. Stava per bussare, quando…
“Scusatemi. Ma voi chi siete?” domandò qualcuno. I due volsero gli sguardi per vedere una signora, con occhiali e capelli raccolti, camminare verso di loro.
“Non credo che per me ci sia da presentarsi. Io e la mia assistente abbiamo un appuntamento con il signor Fidelius Pilliwickle” rispose Severus. La donna inarcò un sopracciglio, per poi dire: “Impossibile. Il Signor Pilliwickle non riceve quasi mai nessuno, se non in casi di estrema urgenza.”
“Be’, questo deve trattarsi di un caso di estrema urgenza, se ci ha contattati. Quindi la pregherei di non farci più aspettare. Non abbiamo molto tempo da perdere. Ho vite da salvare al San Mungo” disse Severus.
“Mi dispiace, ma senza un appuntamento non potete essere accettati. Ritornate un'altra volta” disse la donna.
“Allora non mi ha proprio ascoltato quando le ho detto che ci ha contattati! Se non mi crede, legga queste lettere ed entri immediatamente ad avvertirlo della nostra presenza!” replicò Severus e, mostrò le due lettere che erano arrivate ad Althea.
La donna le prese, aprendole e leggendole. Poi, senza dire nulla, bussò all’ufficio. Dopo aver sentito “avanti” aprì ed entrò.
“Credi che ci accetterà?” chiese Althea.
“Deve o se no giuro che distruggo questo posto” rispose Severus.
Non dovettero aspettare molto prima che la porta dell’ufficio si aprisse e uscisse la donna, dicendo loro: “Prego, potete entrare. Verrete ricevuti subito.”
“Grazie. È stata molto gentile” disse Severus, facendo un piccolo sorriso e, passandole accanto, seguito da Althea, entrò nell’ufficio. La donna, rimanendo fuori, chiuse la porta.
I due si ritrovarono in un enorme ufficio. Le grandi vetrate, poste dietro alle scrivanie, permettevano una vista sulla piazza principale del Ministero e sulla sua grande statua dorata, posta in centro a essa, che era stata ricostruita dopo aver distrutto quella voluta da Voldemort.
Althea si affacciò per guardare, per poi dire: “È strano: fino a un paio di mesi fa c’era ancora in corso una brutta guerra e in mezzo a questa piazza si ergeva una statua che disprezzava nel modo più orribile i babbani. Nessuno dovrebbe mai avere tali differenze. Dovremmo, invece, aiutarci a vicenda, in modo da coalizzare pacificamente.”
Severus si affiancò a lei, dicendo: “Purtroppo, la mente di molti maghi non è ancora del tutto aperta a questo concetto. Forse, sarebbe stato tutto diverso, oppure la guerra si sarebbe prorogata ancora per molto tempo, facendo morti anche tra i babbani. Ma, dopotutto, era ciò che il Signore Oscuro desiderava. Oscurare i babbani e rendere sovrani i nati maghi. Creare un impero basato solamente sul sangue puro magico.”
“Tanti babbani, seppur non possedendo magia, ma utilizzando il loro intelletto, si sono distinti tra gli altri, diventando famosi e figure da seguire per costruirsi un futuro. Senza Newton, non avremo la legge della gravità; Leonardo da Vinci ha dipinto opere divenute famose in tutto il mondo e creato macchine incredibili e rivoluzionarie per la sua epoca, diffondendo anche quella piccola dose di mistero; Einstein creò la teoria delle relatività; Mozart e Beethoven scrissero brani dalle dolci melodie, che portarono in giro nei più bei teatri di tutto il mondo. E ce ne sono tanti altri, solo per citarne alcuni. Non per forza bisogna avere la magia per fare grandi cose” spiegò Althea.
“Devi avere molta stima per loro, seppur siano semplici babbani” disse Severus.
“Come ho detto, molti di loro hanno fatto grandi cose che sono rimaste nella storia. Sono esattamente come noi, solo senza magia, ma con altre qualità da non sottovalutare. Perché disprezzarli? Possiamo imparare qualcosa da loro” spiegò.
“Parli bene per essere una guaritrice. Avresti dovuto candidarti come Ministro della Magia e, con molte probabilità, se avessi vinto, il nostro mondo non sarebbe stato così tanto incasinato” disse Severus, guardandola. Anche Althea lo guardò, facendo un piccolo sorriso. Volsero gli sguardi quando la porta si aprì e, nell’ufficio, entrarono un uomo e una donna.
“Mamma?! Papà?!” disse stupita Althea.




Note dell'autrice: Eccomi finalmente qua. Scusatemi per l'assenza. Inanzitutto grazie per la pazienza. Spero che la storia vi stia piacendo e, soprattutto, che non vi stia annoiando.
Grazie a tutti coloro che sono arrivati qua; che stanno seguendo; leggendo e recensendo
Grazie alla mia amica Lucia
Con ciò ci vediamo al prossimo capitolo (sperando di non farvi aspettare ancora tanto)
Una buona notte a tutti e...fatto il misfatto

 

 

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Capitolo 9
*** I nodi vengono al pettine ***


REDEMPTION

 
 
Capitolo IX: I nodi vengono al pettine


 
“Mamma?! Papà?! Che cosa ci fate qua?” domandò stupita Althea.
“Tesoro, noi qui ci lavoriamo. Te lo sei dimenticata?” rispose la madre.
“No, è che…” disse perplessa Althea, ma venne interrotta dal padre che, avvicinandosi a Severus, disse: “Oh, ma che maleducati. Non ci siamo nemmeno presentati. Io sono Arthemius Carter, mentre lei è mia moglie Miranda.” E gli strinse la mano.
“È davvero un onore averla qua, Professor Smethwyck” disse Miranda.
“Grazie, ma sono solo venuto ad accompagnare vostra figlia. Per non so quale motivo, aveva un certo timore di venire qua” spiegò Severus e guardò Althea.
“Hai combinato qualcosa del quale non siamo al corrente?” domandò Miranda.
“Vorrei tanto saperlo anche io” rispose Althea.
“Cosa possiamo fare per aiutarti?” chiese il padre. Althea mostrò loro le lettere, per poi rispondere: “Sono arrivate l’altro giorno. Ne sapete qualcosa?”
“Certo. Te le abbiamo spedite noi” rispose Miranda.
“Cosa?!” disse stupita Althea e anche Severus li guardò in altrettanto modo. Poi la figlia aggiunse: “Ma… ma come è possibile? Non porta la vostra firma.”
“Be’, abbiamo pensato che, se ci fossimo firmati noi, tu avresti sospettato qualcosa. Dopotutto, quando frequentavi Hogwarts, nessuno doveva scoprire della nostra professione. Avevamo fatto giurare da Silente e gli altri professori di non dire nulla” spiegò Arthemius.
“Così abbiamo firmato con il nome di Fidelius Pilliwickle. Intanto lui è sempre via all’estero per le sue ricerche” aggiunse Miranda.
“Voi siete tutti matti. Mi avete fatto passare tre giorni d’inferno! Per non parlare delle notti insonni! Perché mi avete fatto questo?!” replicò Althea.
“Per il tuo bene” rispose il padre.
“Per il mio bene?! Se lo aveste fatto veramente per il mio bene, a quest’ora non mi troverei qua insieme a lui” replicò Althea e indicò Severus. Questi ribatté: “Io l’ho fatto solamente perché mi ci hai costretto.”
“Sei il mio coinquilino. Almeno questo è il minimo che potessi fare. O avresti preferito oziare sul divano tutto il tempo?” replicò Althea.
“Ho preparato due pozioni in meno di tre giorni solo perché tu avevi paura di venire qua da sola. Piagnucolavi come una bambina dalla sera alla mattina!” replicò Severus.
“Ti ho salvato la vita. Sei in debito con me” ribatté Althea.
“Non ho bisogno della pietà di nessuno. Ma ti ringrazio tanto per non avermi fatto finire all’altro mondo, così almeno ho ancora tutto il tempo per battibeccare con te. La mia vita ha di nuovo un senso” disse ironicamente Severus.
“Dai della bambina a me, quando tu stesso ti comporti in questo modo” replicò Althea.
“Coinquilino? Salvato la vita? Pozioni? Di che cosa state parlando?” domandò Miranda.
“Di niente. Sentite, fate finta di non averci neanche ascoltato” rispose Althea.
Calò il silenzio; poi Arthemius disse: “Bene. Se vi siete chiariti, allora io farei entrare un paio di persone.” Aprì la porta ed entrarono tre persone ben note a Severus e ad Althea.
“Buongiorno” disse la donna appena entrata.
Severus e Althea rimasero senza parole, soprattutto quando Severus puntò lo sguardo su uno dei due uomini accanto alla donna. Sembrava di guardarsi allo specchio.
“Allora è vero che c’era qualcuno che si spacciava per me che si aggirava da queste parti” disse uno dei due uomini.
“Professor Smethwyck, le posso assicurare che…” iniziò a dire Althea, ma fu interrotta dalla donna, che disse: “Nutrivamo grande stima per lei ad Hogwarts, anzi, per entrambi. A quanto pare, però, non riuscite nemmeno a rispettare delle semplici regole.”
“Non pensavo che Hogwarts prediligesse il Ministero. Da quanto ricordo, Silente non ha mai approvato che il governo si immischiasse nelle faccende scolastiche. Con la sua morte devono essere cambiate un sacco di cose” disse Severus.
“È ancora così, solo che siamo qua per un differente motivo e, con il giusto sospetto da parte del Professor Smethwyck, ci siamo aggregati a lui, ovviamente dopo aver anche interpellato i signori Carter. Ma prima di proseguire…” disse il secondo uomo e, puntando la bacchetta contro Severus, pronunciò: “Revelio”. Il pozionista riassunse il suo reale aspetto.
“È sempre stato un passo avanti a noi, Professor Piton” disse la donna. Severus fece un piccolo sorriso, per poi dire: “A quanto pare anche lei…Professoressa McGranitt.”
“Sentite, la colpa non è di Severus. Lui qua nemmeno ci voleva venire. Sono stata io a costringerlo, per il semplice motivo che avevo paura. Non sono mai stata coraggiosa in nulla e, se non fosse stato per Severus, non sarei nemmeno diventata una guaritrice. Devo a lui tutti gli insegnamenti sulle pozioni e gli incantesimi di Difesa contro le arti oscure. Mi ha fatto diventare ciò che sono ma, a quanto pare, come persona faccio schifo. Quindi, se dovete incolpare qualcuno, quella sono io” spiegò Althea.
Calò il silenzio. Poi Smethwyck disse: “È sempre stata brava a parole, ma non sono queste che mi hanno convinto ad assumerla. È vero, è una brava guaritrice, ma prima dell’arrivo del Signor Piton non è mai stata brava a rispettare le regole. Ma ho portato pazienza, perché così mi è stato chiesto dai suoi genitori e non posso escludere che, nell’ultimo mese, si sia davvero impegnata nel suo lavoro.”
“Come ci ha scoperto?” domandò Althea.
“Non si lasciano facili indizi in giro. Non mi aspetterei mai che una guaritrice scrivesse gli ingredienti su un comunissimo pezzo di carta” rispose Smethwyck. Severus alzò gli occhi al soffitto, mentre Althea divenne rossa in volto per la vergogna.
“Comunque… vi chiederete perché siate qui. Ci è stato riferito dal nostro capo ispettore per la prevenzione dei Babbani, che ce n'è uno che si aggira qua a Londra con orribili scopi, soprattutto aggredire innocenti ragazze” spiegò Arthemius.
“E non se ne potrebbe occupare la polizia Babbana?” chiese Althea.
“Se ne stanno già occupando. Il primo Ministro Babbano ci ha già assicurato di aver inviato un gruppo di forze di polizia per trovarlo e metterlo dietro le sbarre. Ma ciò non basta, perché questo individuo è, purtroppo, anche molto vicino al nostro mondo e, se dovesse scoprirlo, porterebbe a terribili conseguenze. Ed è per questo che il Professor Smethwyck, la Professoressa McGranitt e il Signor Kingsley si sono offerti di aiutarci” spiegò Miranda.
“Un momento, che cosa c'entra ognuno di loro? Non c’è motivo per cui, per un singolo Babbano, si debba mobilitare tre reparti magici” domandò Severus.
“È per via di Althea” rispose Arthemius. Tutti puntarono lo sguardo su di lei, che chiese: “Che cosa c’entro io?”
“Tu vivi in un quartiere pieno di Babbani e, crediamo che il Babbano ricercato si trovi proprio vicino a te” rispose Miranda.
“Credete o lo pensate veramente?” domandò.
“Il capo ispettore per la prevenzione dei Babbani ha accertato che tutti gli indizi trovati finora portano vicino a casa tua ed è per questo motivo che abbiamo chiesto aiuto al Professor Smethwyck” rispose Miranda.
“Lo sapevo che questa storia della convivenza puzzava troppo. Che c’era sotto qualcos’altro. Ma sappiate che io non mi abbasso a fare il babysitter!” replicò Severus.
“Infatti non ho bisogno di qualcuno che mi controlli! So benissimo cavarmela anche da sola!” ribatté Althea.
“L’altro giorno hai fatto bruciare un toast. Non oso immaginare come ti comporti con la cena” disse Severus.
“Almeno sei ancora vivo, ciò vuol dire che non ti ho fatto uccidere da qualche strano veleno” disse Althea.
“Fortunatamente ho avuto la prontezza di osservare ogni ingrediente che usavi” disse Severus.
Althea lo fulminò con lo sguardo, per poi replicare: “Come hai osato?! Questa è mancanza di rispetto!”
“Scusami tanto se tengo alla mia vita ma, di certo, non mi vado a fidare di una guaritrice che non tiene nemmeno un calderone per prepararsi le pozioni” disse Severus.
“Deduco che i tre giorni di convivenza non siano andati bene” disse Smethwyck.
“Tre giorni di convivenza forzata, grazie a lei e alla sua brillante idea di farmi vivere con una ragazzina viziata” replicò Severus, guardandolo.
“Le interesserà sapere che questa idea è tutta partita dai signori Carter. Io ho fatto solo da tramite” disse Smethwyck.
“E a cosa si deve la presenza di Kingsley e della Professoressa McGranitt?” chiese Severus.
“Non hai sentito quello che ha detto prima mia madre? Si sono offerti di aiutarli” disse Althea.
Severus la guardò, ribattendo: “È ovvio che per te deve essere tutto semplice. Non riesci mai ad andare oltre a ciò che vedi.”
“Sei sempre il solito scorbutico! Vuoi avere continuamente ragione!” replicò Althea.
“La vita non ruota tutta intorno a te” disse Severus.
“E nemmeno a te” aggiunse Althea.
“Adesso basta! Finitela! Battibeccate come dei bambini! Vi dovreste vergognare alla vostra età! A scuola eravate amici. Ricordate quei tempi e andrete d’accordo” replicò la Professoressa McGranitt. Althea e Severus si guardarono, ma non dissero nulla.
“Kingsley è diventato il nuovo Ministro della Magia. Ci terrà informati per tutto il tempo che il Signor Piton soggiornerà presso Althea. E, per quanto riguarda la Professoressa McGranitt…” iniziò spiegando Arthemius, ma venne interrotto dalla donna: “… io sono solamente qua perché volevo rivedere vostra figlia e constatare che Severus fosse veramente vivo.”
E il pozionista la scrutò con gli occhi. Quella donna nascondeva qualcosa. Lo sentiva.
“Bene. Se è tutto chiaro, allora direi di aggiornarci fra una settimana per vedere come stanno le cose. Grazie per aver accettato il nostro invito” disse Miranda.
Kingsley, Smethwyck e la McGranitt uscirono.
Senza dire nulla, Severus li seguì e Althea, rimasta sola con i genitori, domandò: “Era proprio necessario tutto questo? Non facevate prima a venire da me e dirmelo? Perché coinvolgere anche Kingsley, la Professoressa McGranitt e il mio capo?”
“Perché vogliamo che tu sia protetta. Nessuno sa di cosa possa essere capace quel Babbano se dovesse metterti le mani addosso e, con il signor Piton al tuo fianco, siamo molto più sicuri” disse Miranda, stringendola forte a sé.
“Severus mi odia. Per ora, non è che la nostra convivenza sia andata bene. Ed erano solo tre giorni. Non oso immaginare cosa potrebbe accadere in un’intera settimana” disse Althea.
 “Sono convinta che non ti odia. Ha solo bisogno di tempo per rimettersi in gioco. Per riappropriarsi della sua vita. Quando tutto questo sarà finito, molti sapranno che è sempre stato dalla parte di Silente” spiegò Miranda, guardandola.
“È questo il punto: lui non vuole essere considerato un eroe. Non è mai stato favorevole a essere al centro dell’attenzione. Vuole solo essere lasciato in pace” disse Althea.
“Se voleva essere lasciato in pace, allora perché gli hai salvato la vita?” chiese Arthemius.
“Perché era la cosa giusta da fare” rispose Althea.
 


 

Note dell'autrice: E finalmente ecco il nono capitolo. Vi sta piacendo la storia? Piano piano si scopre del perchè Severus è stato costretto a convivere con Althea. Chissà che non vadano finalmente d'accordo (anche se già andavano d'accordo da ragazzi. Chissà cosa li avrà fatti allontanare)
Grazie a tutti coloro che spendono un po' del loro tempo a leggere la storia; a recensirla o metterla tra le seguite o preferite.
Grazie, come sempre, alla mia carissima amica Lucia
Con ciò ci sentiamo al prossimo capitolo (ditemi pure cosa vi piace o non vi piace)
Buona notte a tutti e...fatto il misfatto.


 

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Capitolo 10
*** Senza Risposta ***


REDEMPTION

   


Capitolo X: Senza risposta


 

Severus raggiunse a passo spedito la Professoressa McGranitt, chiamandola. La donna si fermò e si voltò non appena il mago la raggiunse, per poi domandarle: “Perché siete veramente qui? Avanti, voglio la verità”
 
“E’ sotto gli occhi di tutti” rispose la McGranitt.
 
“Non mi frega! Voglio la verità!” replicò Severus.
 
“Volevo constatare personalmente che fossi veramente vivo. Dopotutto, il tuo corpo non è mai stato ritrovato. E poi Silente…” rispose la McGranitt. Severus la bloccò: “Lo sapevo che c’entrava quel vecchiaccio! Anche da morto deve sempre mettere i bastoni tra le ruote!”
 
“Lui ti ha salvato la vita” disse la McGranitt.
 
“No! Me l’ha rovinata! Mi ha usato come una pedina degli scacchi. Non si rendeva nemmeno conto di quanto soffrissi, eppure continuava a farmi fare il suo sporco gioco. Non gli importava nulla di me, ma voleva solamente che proteggessi quel ragazzo” replicò Severus.
 
“Lui ha cercato di proteggere anche te” disse la McGranitt.
 
“Faceva tutto parte del suo piano. Ma, ora che ho di nuovo in mano la mia vita, non gli permetterò di usarmi come una marionetta. E, se si intrometterà, giuro che vengo ad Hogwarts e brucio il suo quadro!” replicò Severus e, se ne andò. La McGranitt rimase in silenzio. Poi si voltò e, anche lei, si allontanò.
 
Althea si trovava ancora nello studio dei suoi genitori. Pensava a ciò che era appena accaduto e di quello che doveva succedere.
 
“Sentite, apprezzo molto quello che state facendo per me. Siete i miei genitori ed è normale proteggermi da qualsiasi cosa, ma sono una donna adulta e, vorrei vivere la mia vita. Vi ringrazio, dico davvero, ma non ce ne è bisogno. È solo un babbano” disse.
 
“Non è solo un babbano. È una persona che, se dovesse arrivare a te, non solo ti potrebbe torturare fisicamente, ma anche mentalmente e, ciò, sai a cosa può condurre” disse Miranda.
 
“Suppongo che Severus non sia stato scelto a caso” disse Althea.
“Come uno dei miglior occlumanti, lui potrà insegnarti a bloccare la mente e, di conseguenza, anche ad impedirti di rivelare il nostro mondo” spiegò Arthemius.
 
“Un babbano non può leggere la mente” disse Althea.
 
“Ripeto ciò che ho detto poca fa: non riesci mai ad andare oltre ciò che vedi. Con la tortura fisica e mentale, una persona è come se fosse sotto una terribile maledizione solo che per i babbani, è in modo diverso. O parli, oppure muori” spiegò Severus, rimanendo sulla soglia della porta.
 
“Ed è per questo motivo che vogliamo tu sia protetta. Il Signor Piton potrà insegnarti tutto ciò che è in suo possesso, affinché, qualora la situazione dovesse peggiorare, tu riesca a resistere” spiegò Miranda.
 
Severus inarcò un sopracciglio, per poi dire: “Non credevo che, da babysitter, passassi ad insegnante di occlumanzia in così breve tempo. Non me ne abbiate per male, Signori Carter, ma penso che vostra figlia non spicchi molto per questa materia. L’occlumanzia non è per tutti”
 
“Ma sappiamo che con lei sia in buone mani. Siamo sicuri che andrà tutto bene e, che anche Althea, possa cimentarsi in questa materia. Confidiamo in entrambi nella buona riuscita di ciò” disse Miranda.
 
“E, se riuscirà nell’impresa, le promettiamo che ogni accusa nei suoi confronti cadrà e verrà premiato con il Primo Ordine di Merlino. Nessuno penserà più al suo passato” aggiunse Arthemius.
 
“Il passato è sempre difficile da dimenticare” disse Severus ed uscì.
 
“Non funzionerà, ve lo ripeto” disse Althea.
 
“Devi solo avere fiducia, tesoro” disse Miranda, sorridendole. Althea sospirò.
 
La giornata non trascorse delle migliori. Severus ed Althea si ignoravano a vicenda e nemmeno a cena si scambiarono una parola. Ma quando sopraggiunse il momento per andare a letto…
 
“Ecco qua: dovrebbero bastarti per la notte” disse Althea, gettando un cuscino ed una coperta sul divano.
 
“Sono tuo ospite: dovresti trattarmi diversamente” disse Severus.
 
“Tu non sei stato da meno al Ministero. Potevi anche evitare quelle frecciatine nei miei confronti” ribatté lei.
 
“Scusami tanto se ti ho mancato di rispetto” disse ironicamente il pozionista.
 
Althea lo guardò malamente e sgranò gli occhi non appena Severus estrasse la bacchetta. Quindi domandò: “Che cosa stai facendo?”
 
“Non penserai veramente che mi riduca a dormire sul divano? Lo trasformo in un comodo letto” rispose Severus ma, prima di formulare l’incantesimo, Althea gli prese la bacchetta.
 
“Ridammela subito!” replicò Severus.
 
“Casa mia, regole mie” disse Althea.
 
“Non ti conviene sfidarmi, ragazzina! Ricordati che sono qui contro la mia volontà. Rimango solo per avere la coscienza pulita” replicò Severus.
 
“Strano, avrei pensato per qualcos’altro” disse Althea, facendo un piccolo sorriso.
 
“Lo sai che non si deve mai rubare la bacchetta ad un mago? Specialmente se il suddetto mago sta perdendo la pazienza” ribatté e le luci si spensero ed accesero per poco tempo.
 
“Finché vivrai con me, non userai più la bacchetta. Ovviamente, in casi di estrema urgenza, ti sarà possibile usufruirne. Siamo in un sobborgo babbano, quindi bisogna imparare a vivere come loro. È così che ho fatto per tutto questo tempo” spiegò Althea.
 
“Infatti, prima del mio arrivo, eri la disciplina fatta in persona” disse ironicamente Severus.
 
“Facevo solo un po' tardi, eppure sono sempre riuscita a salvare delle vite, compresa la tua” disse Althea.
 
“Lumacorno ti prediligeva solamente per i tuoi genitori. Tu stessa me l’avevi detto e, ora, ne ho la conferma” disse Severus.
 
“Stai cercando di farmi perdere la pazienza in modo che ti sbatta fuori di qua, ma non ci riuscirai, perché tu hai il compito di proteggermi, finché quel babbano non verrà catturato. Neanche a me piace questa situazione, ma i miei genitori sono stati chiari, quindi dobbiamo cercare di convivere serenamente o, almeno, provarci. Per il momento la bacchetta rimarrà sotto chiave e ti sarà riconsegnata quando avrai adempiuto al tuo dovere. Hai domande?” spiegò Althea.
 
“Per andare in bagno, devo alzare la mano?” chiese Severus.
 
“Buona notte, Severus” disse semplicemente Althea, andandosene in camera sua.
 
“Buona notte, principessa” disse Severus e, dopo aver messo meglio il cuscino e la coperta, cercò di stendersi come poteva sul divano, seppur risultava molto scomodo.
 
Quella notte, Althea si rigirava nel letto. Un sogno o, forse, un incubo le annebbiò la mente.

 
Si ritrovò nuovamente da sola, in quella fredda e buia stanza. Si guardava intorno con paura, cercando di capire dove si trovasse realmente.
 
Camminò in cerca di una via d’uscita che, ovviamente, non trovò ma, appena si voltò, vide una figura che, non poté ben distinguere a causa della nebbia. Se ne stava ferma. Poi però aprì bocca: “Perché mi trovo nuovamente qua?”
 
“Non sta a me rispondere, mia cara. Ma solo tu stessa” fu la risposta della figura.
 
“Rimarrò bloccata qui. Le mie domande non hanno mai ricevuto risposta” disse Althea.
 
Vide la figura compiere qualche passo, per poi fermarsi nuovamente e parlare: “Devi avere il coraggio di affrontare il tuo passato e, solo all’ora, scoprirai chi sei.”
 
Althea inarcò un sopracciglio, per poi domandare: “In che senso scoprirò chi sono? So già la mia identità. Sono Althea Carter. Figlia di Arthemius e Miranda Carter. Non ho bisogno che qualcuno mi venga a dire chi sono.”
“Va bene, rimani pure convinta ma sappilo che, ben presto, cambierai opinione e, sarà lì, che mi verrai a cercare” disse la figura.
 
“Non ne avrò necessità. Me la sono sempre cavata da sola e non credo che ora sia diverso. Quindi, ti pregherei di smetterla di perseguitarmi nei miei sogni. Una volta ogni tanto vorrei almeno dormire in santa pace” replicò.
 
La figura rise. Una risata alquanto sinistra ma che non scompose Althea. Poi parlò: “Il coraggio è una caratteristica di famiglia, ma non prenderei tutto alla leggera. Le cose stanno cambiando e ti consiglio di diffidare dalle persone che pensavi di conoscere. Possono attaccarti alle spalle quando meno te lo aspetti.”
 
“Perché tanto interesse nei miei confronti? Fatti vedere!” replicò Althea.
 
“Te l’ho detto, mia cara. Mi mostrerò solamente quando tu avrai deciso di riabbracciare il tuo passato. Fino ad all’ora rimarrò solo una tua apparizione” spiegò la figura e scomparve.
 
Althea sospirò. Era rimasta nuovamente sola. Chissà se, prima o poi, la figura si sarebbe finalmente mostrata e lei, avrebbe scoperto il mistero che avvolgeva il suo passato. Era curiosa ma aveva paura di scoprire un lato di lei che, forse, avrebbe stravolto la sua vita. Solo il tempo poteva dare risposta.





Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua. Scusatemi per l'immenso ritardo. Mese impegnativo. Grazie per tutti coloro che hanno atteso. Spero vi stia piacendo. Le cose si stanno facendo interessanti...più o meno. Chissà se, prima o poi, Severus ed Althea ritorneranno ad essere amici. E chissà chi sarà la figura misteriosa che tormenta la giovane guaritrice.
Grazie a tutti coloro che passano di qua; recensiscono; mettono la storia tra le preferite o seguite; o semplicemente leggono.
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Al prossimo episodio. Una buona notte a tutti

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Capitolo 11
*** Ciò che non vorresti vedere ***


REDEMPTION

   

Capitolo XI: Ciò che non vorresti vedere



 
Ormai era diventata un’abitudine e, anche quella mattina, Althea si ritrovò a fissare il soffitto. Quando frequentava Hogwarts non aveva mai avuto problemi di sonno. Anzi, il più delle volte, era arrivata tardi alle lezioni con conseguenza punizione.
 
Nemmeno in età adulta la situazione era cambiata, eppure ultimamente si svegliava sempre presto. Non aveva parlato con nessuno della strana figura che la perseguitava.
 
Neppure Severus ne era a conoscenza. Non che il loro dialogo fosse aperto. Per lo più, lui preferiva stuzzicarla in continuazione e, quella convivenza, non faceva altro che aumentare l’odio nei suoi confronti.
 
Eppure, da ragazzini, tutto era più semplice. Qualcosa cambiò negli anni successivi, che li fece allontanare.
 
Assonnata e, dopo essersi lavata e vestita, si diresse in cucina, fermandosi sulla soglia della porta per vedere Severus, già intento a mangiare, mentre con una mano reggeva e leggeva un libro. Il pozionista si limitò solamente a darle uno stizzito buongiorno e lei a chiedergli: “Perché non mi hai svegliata?”
 
“Per sentirti poi lamentare tutta la giornata? Scusami, ma non ho voglia di ascoltare i tuoi piagnistei” rispose Severus, riponendo lo sguardo sul libro. Althea si sedette opposta a lui. Si guardò intorno, per poi dire: “Pensavo avessi preparato la colazione anche per me”
 
“E vorresti anche che ti mettessi il bavaglino e scaldassi il biberon?” ribatté lui.
 
“Senti, se ti sei svegliato con la luna di traverso, come magari fai di solito, non è affatto colpa mia. Quindi non prendertela con me” replicò Althea.
 
Severus l’osservò: “Allora dovrò prendermela con il tuo divano, non credi?” La ragazza incrociò le braccia ed il pozionista, dopo aver sospirato ed essersi alzato, aggiunse: “Preparati una ciotola di cereali e latte. Poi raggiungimi in salotto”
 
“Perché proprio in salotto?” chiese, guardandolo.
 
“E’ lì che ti insegnerò l’Occlumanzia e, prima imparerai, prima me ne andrò di qua e ritornerò alla mia vita” rispose, andando nella stanza accanto e portandosi con sé il libro. Althea sbuffò. Per quanto ancora avrebbe resistito?
Poco dopo…
 
“Orecchie e mente collegata, perché non ripeterò ciò che ti spiegherò, quindi presta molta attenzione” disse Severus.
 
“Non ti scaldare tanto. Ti ho ridato la bacchetta, solamente per l’Occlumanzia. A lezione finita, ritorna nuovamente sotto chiave” disse Althea.
 
Severus fece un piccolo sorriso. Poi disse: “Ti consiglio di non prendere tutto ciò come un gioco. L’Occlumanzia non è facile. La gente tende anche con l’impazzire e non ritrovare più se stessi. Quindi ora siediti che incominciamo”
 
“Sei ospite in casa mia, quindi smettila di darmi degli ordini!” replicò Althea.
 
“E tu smettila di comportarti da bambina viziata che vuole solo l’attenzione dei genitori! La mia pazienza si sta esaurendo ogni giorno che passo qua e sei già fin troppo fortunata che abbia acconsentito nell’aiutarti” ribatté lui.
 
“Potevi dire di no” disse Althea.
 
“Peccato che i tuoi mi abbiano obbligato, considerando che l’altra opzione disponibile era finire ad Azkaban” disse Severus.
 
“Ma quelli del Ministero dovrebbero sapere della tua lealtà nei confronti di Silente durante la seconda guerra magica e, del fatto, che facevi la spia per conto suo” disse Althea.
 
“A quanto pare mi vedono ancora come una brutta macchia da togliere. Quindi, finché non avrò adempiuto al mio dovere, continueremo a vivere sotto lo stesso tetto. Mi dispiace principessa, ma se avevi altri impegni mi sa che dovrai annullarli” spiegò Severus. Althea se ne stette in silenzio, limitandosi a sedersi sul divano. Poi domandò: “Cosa devo fare?”
 
“Devi costruire delle barriere, in modo che m’impediscano di oltrepassarle e vedere i tuoi ricordi. Una sola e piccola distrazione potrà portare a terribili conseguenze” rispose.
 
“Mi sembra come un déjà-vu. Anni fa, ad Hogwarts, mi dissi le stesse identiche cose durante uno dei primi ripassi in Pozioni” disse Althea.

“Vedo che hai buona memoria per quanto riguarda le mie ammonizioni. Vorrei che l’avessi anche per altre cose” disse Severus.
 
“Non sono così svampita come credi. E ora, iniziamo con la lezione, oppure no?” ribatté la ragazza.
 
“Preparati, perché non sarò così tanto gentile” disse Severus e, dopo averle puntato la bacchetta, aggiunse: “Legilimens” e penetrò nella sua mente.

 
Si ritrovò in un enorme prato. All’inizio non vide nessuno. Poi, però, in lontananza ecco una bambina. Si avvicinò per scoprire chi fosse. Si trattava di Althea e stava correndo da una parte all’altra, ridendo.
 
La piccola poi si fermò, sentendo cinguettare. Si abbassò e prese tra le mani un uccellino. La sentì dire: “Hai un’ala ferita. Ora ci penso io” Dalle sue mani uscì una tenue luce bianca. L’uccellino cinguettò allegramente. La guardò e se ne volò via.
 
“Ciao, ciao uccellino” lo salutò Althea. Severus fece un piccolo sorriso. Poi però volse lo sguardo, quando sentì una bambina gridare: “Mostro! Sei un mostro!”
 
Althea guardò il gruppetto appena arrivato e, con le lacrime agli occhi, corse via. Severus la seguì, per poi trovarla nascosta dietro a dei cespugli, seduta e con le gambe contro il viso. Ma, appena lo alzò, in lei vide molta tristezza ed il pozionista, decise di uscire da quel ricordo.

 
Althea lo guardava ansimando. Era stato un duro sforzo. Poi replicò: “Non avresti dovuto!”
 
“E allora perché non mi hai impedito di vederlo? A quanto pare non hai ascoltato quello che ti ho detto prima. Come sempre…del resto” ribatté Severus.
 
“Non sono stata pronta. E poi era la prima volta. Si sbaglia sempre, no?” disse Althea.
 
“Invece no. Quel babbano non ti darà nemmeno il tempo di prepararti. Lui ti attaccherà con qualsiasi cosa in suo possesso e tu come penserai di agire?  Gli dirai di aspettare quando sarai pronta a difenderti? Non sono ammessi errori nell’Occlumanzia” replicò.
 
Althea lo guardò in silenzio. Severus le puntò nuovamente contro la bacchetta, dicendo: “Legilimens” e si ritrovò nella sua mente.


Riconobbe subito i corridoi di Hogwarts, brulicanti di molti studenti e dei tanti quadri appesi alle pareti di persone che avevano segnato la storia magica e non solo. Delle scale che si muovevano e dei gufi che volavano, tenendo nel becco la posta da consegnare ai ragazzi.
 
Severus non aveva mai odiato del tutto quel posto. Non almeno durante i primi anni. Da sempre affascinato ancora prima di iniziare a frequentare. Ne parlava sempre con Lily. Ma, dopotutto, qualsiasi posto era meglio di casa sua, dove suo padre odiava la magia e sua madre non faceva nulla per difenderlo. Una donna sottomessa dal carattere crudele del marito babbano.
 
Passeggiava guardandosi intorno e, cercando di capire, almeno in che anno fosse capitato e, proprio come nel ricordo precedente, più in là vide Althea e…lui stesso che stava parlando con Lily. All’incirca doveva trovarsi nel terzo anno.
 
Severus si avvicinò e vide che Althea stava guardando la sua controparte giovanile in modo quasi affascinante, mentre lui non la degnava nemmeno di uno sguardo.
 
La giovane Corvonero venne affiancata da alcune sue coetanee della stessa Casa, considerando lo stemma identico sulla casacca: “Perché stai guardando Piton? È così…orribile” disse una di loro.
 
“Non è orribile! Io lo trovo carino” replicò Althea.
 
Le altre fecero una smorfia di disgusto e una disse: “Apri veramente gli occhi, non ha praticamente nulla di carino. È un mezzosangue; una casacca di seconda mano ed i pantaloni logori e di due taglie più grandi, a giudicare da come gli stanno larghi. Non so proprio come una ragazza come la Evans possa stargli accanto, ma dopotutto lui è perdutamente innamorato di lei”
 
“Non dovete giudicare una persona solo dal suo aspetto. Secondo me è gentile” replicò Althea.
 
“È finito tra i Serpeverde. Hai mai sentito di un Serpeverde gentile? Se non hai letto “Storia di Hogwarts” non sai allora che Salazar Serpeverde si era isolato dagli altri tre fondatori, perché aveva idee tutte sue, tra le quali proibire la frequentazione della scuola ai nati babbani. Chi viene smistato in Serpeverde, di certo non ha la coscienza pulita” spiegò un’altra bambina.
 
“Non tutti i Serpeverde sono cattivi. Magari ci possono essere le pecore nere anche tra i Corvonero” ribatté Althea.
 
Le altre bambine si guardarono tra loro, rimanendo spiazzate dalla risposta della loro coetanea. Poi una di loro replicò: “Be’, allora vai pure con il tuo aitante serpente mezzosangue. Dopotutto, lo hai detto tu stessa che ci possono essere le pecore nere anche tra i Corvonero, vero quattr’occhi?” e ridendo con le altre, se ne andò.
 
Ad Althea le si annebbiò la vista, ma non voleva piangere. Non almeno lì, dove Severus poteva vederla. Quindi corse via, sotto però lo sguardo dell’altro Severus, che aveva assistito a quella scena in modo impassibile, ma con qualcosa che stava nascendo dentro di sé. Voleva seguire la giovane Althea, ma venne spinto fuori da quel ricordo.

 
I due si guardarono in silenzio. Althea ansimava. Poi Severus disse: “Facciamo una pausa” e se ne andò in cucina.  Althea si alzò e, seguendolo, replicò: “No, un momento. Non abbiamo ancora finito. Siamo solo all’inizio”
 
“Infatti, ho detto che facciamo una pausa. C’è differenza tra una semplice e minuscola pausa e nell’aver finito. Per me, non abbiamo nemmeno iniziato” disse Severus, mentre si preparava una tazza di tè.
 
“Sono riuscita a mandarti fuori dal mio ricordo e, specifico, che quest’ultimo non avresti mai dovuto vederlo” ribatté.
 
“Allora non avresti dovuto mostrarmelo” replicò lui.
 
Ci fu altro silenzio. Althea si morse il labbro inferiore. Poi disse: “Senti, ciò che hai visto…” Severus la bloccò: “Non è di mio interesse. Ora, è importante che tu liberi del tutto la mente e che lasci i tuoi sciocchi sentimentalismi fuori da essa. Quel babbano non si farà di certo intimorire perché sei tu”
 
“Cosa intendi dire?! Solo perché sono donna, non riesca a difendermi da sola? Sono pur sempre una strega” replicò.
 
“E che non può usare la magia di fronte ai babbani” aggiunse Severus e, dopo aver preso la tazza di tè, ritornò in salotto, continuando: “Credimi sulla parola, ragazzina: se non incominci a fare progressi è come se servissi la vittoria su un piatto d’argento al nostro nemico. E così noi finiremo col vivere per sempre sotto lo stesso tetto” e, sedendosi sul divano, sorseggiò un po' di tè.
 
“Sei rimasto imbarazzato, vero? Riguardo ciò che hai visto e sentito nel mio ultimo ricordo. Non devi vergognartene. Io stessa non mi pento di quello che dissi. Era la pura verità, solo che fui troppo timida per rivelartelo. Ma, dopotutto, ero solamente la pecora nera del primo anno nella casa dei Corvonero. Tutte così perfette ed intelligenti, che volevano credere solo a ciò che vedevano. Per loro non importava nient’altro. Io, invece, ero solamente una sciocca ragazzina con una cotta. Avevi ragione quella notte: i sentimenti sono per gli stupidi” spiegò Althea.
 
Fece per andarsene in camera sua, ma venne fermata per un braccio. Si voltò. Severus era in piedi di fronte a lei, tenendola stretta. La tazzina del tè appoggiata momentaneamente sul tavolino lì accanto.
 
“L’Occlumanzia è una materia molto difficile” iniziò il pozionista, guardando dritto negli occhi Althea.
 
Poi continuò: “Non tutti riescono a padroneggiarla in modo efficiente. Alcuni, nascono col dono di saperci riuscire. Altri, hanno bisogno di tempo. Ho impiegato diversi anni per ottenere i risultati sperati e, anche tu, hai bisogno di tempo. Ma…sono convinto che te la caverai, come hai fatto in Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure. Inoltre, sei diventata una bravissima guaritrice. È vero, prima sei riuscita a mandarmi fuori dal tuo ricordo. Non tutti ci riescono al secondo tentativo. Quindi è già un buon inizio. Non scoraggiarti. Non puoi mollare ora. I tuoi genitori hanno fiducia in te. Io…ho fiducia in te”
 
Fu quasi come un sussurro. Althea non poteva credere che, davanti a sé, si trovava lo stesso Severus che la punzecchiava in continuazione e il tanto temuto professori di pozioni che metteva soggezione e paura a tutti gli studenti. Quel Severus che ora la stava incoraggiando a non mollare e che, in qualche modo, stava mostrando qualche sorta di sentimento verso di lei. Forse si trattava di un sogno, dal quale si sarebbe svegliata in breve tempo.
 
Avvicinò il viso a quello di lui, alzandosi un po' in punta di piedi. Severus inarcò un sopracciglio. Fece qualche passo indietro e…






Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua. Scusatemi ancora per il ritardo, ma è un periodo molto indaffarato. Spero comunque di riuscire a pubblicare altri capitoli prima della fine dell'anno . Vi sta piacendo? Chissà gli avvenimenti che piega prenderanno da adesso in poi, ma accadrà altro (e non riguarda solo il misterioso passato di Althea). E chissà cosa avrà fatto allontanare i due.
Volevo ringraziare tutti coloro che stanno continuando a seguire la storia; che passano semplicemente da queste parti e ci danno una letta; chi non si sta annoiando (soprattutto per il troppo tempo che ci impiego per aggiornavi); chi l'ha messa tra i preferiti o seguite e recensita. Grazie
Grazie ancora alla mia sempre e cara amica Lucia
Con ciò vi auguro un buon proseguimento di giornata. Alla prossima, miei cari maghette e streghette
E se non dovessi aggiornare prima, vi auguro anche un bellissimo e piacevole Natale a voi ed alle vostre famiglie

 
 
 

 

 

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Capitolo 12
*** Gelosia ? ***


REDEMPTION

 
   
Capitolo XII: Gelosia ?

 

Il campanello suonò più volte, ma Althea sembrava non darci importanza. Era assorta nel guardare Severus e, quest’ultimo cercava, invece, di allontanarsi da lei. Cosa praticamente impossibile, considerando che si trovava in casa sua e non poteva usare la magia per smaterializzarsi da un’altra parte.
 Il campanello continuava a suonare. Ormai privo della sua già poca pazienza, Severus passò spedito accanto ad Althea che, solo in quel momento, sembrò destarsi da quella sorta di stasi. Si voltò e, non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca, che ormai Severus aveva già aperto la porta, guardando furente chi si trovava dall’altra parte.
 Ian tolse immediatamente il dito dal campanello e scrutò l’uomo davanti a sé. Guardò se effettivamente il nome sulla targhetta corrispondesse a quello della sua vicina di casa – e così era – per poi riporre lo sguardo sul nuovo arrivato. Quindi domandò: “Chi è lei?”
 “Non sono affari suoi! Se ne vada subito!” replicò Severus. Althea andò subito al suo fianco, per vedere Ian alquanto pallido, per poi chiedergli: “Ian. Che cosa ci fai qua?”
 “Io…be’…io…ecco…” Ian era come diventato di pietra. Non riusciva a spiaccicare parola. Era sempre stato impacciato ma, quell’uomo gli incuteva molto timore. Accorgendosi dello stato di paura del suo vicino, Althea propose, guardando Severus: “Perché non rientri un attimo? Noi faremo subito”
 Severus guardò entrambi malamente; poi però decise di entrare. Althea chiuse la porta dietro di sé. Quindi si rivolse a Ian: “Scusalo. È fatto così. Ma è una cosa momentanea. Poi se ne andrà. Comunque…avevi bisogno di qualcosa?”
 “Sì…sì…ero venuto per chiederti se…volevi venire con me a teatro questa sera. Ho preso due biglietti per l’opera” rispose e, da dietro la schiena, estrasse i biglietti, mostrandoli ad Althea. Questi, appena lesse ciò che c’era scritto sopra di essi, esclamò: “Romeo e Giulietta! È la mia opera shakespeariana preferita”
 “Ero sicuro che ti sarebbe piaciuta. Sono anche degli ottimi posti. Non ho badato a spese. Allora, ci vieni?” domandò.
 “Ian, è…una cosa molto carina ma, vedi, avrei molto da fare in questo periodo. Non credo di riuscire a venire” rispose Althea.
 “Non penso che al tuo amico dispiaccia se esci anche solo per una sera e, poi, dovresti staccare anche un po'. Ti farebbe bene. Dopotutto, non ti vedo mai uscire” disse Ian. Althea ci pensò. Non poteva interrompere le lezioni di Occlumanzia. Ma Ian era sempre così gentile ed era da tempo che provava ad uscire con lei. Dopotutto che sarebbe mai stata una sola ed unica serata?
 “Va bene. Allora ci vediamo stasera” rispose. Ian sorrise, per poi dire: “Grazie. Grazie. Grazie davvero” e, senza neanche rendersene conto, la baciò su una guancia ed entrò nel suo appartamento.
 Althea rimase immobile. Si toccò la guancia sulla quale aveva ricevuto il fugace bacio. Si voltò ma, appena rientrò, si ritrovò di fronte Severus. Da come il pozionista la guardava in modo poco benevole e teneva in mano la bacchetta, doveva aver ascoltato tutto. Senza aprire bocca, Althea gli passò accanto, andando in salotto. Severus la seguì, chiedendole: “Che cosa voleva?”
 “È inutile che me lo chiedi. Sai già la risposta: con la bacchetta avrai sicuramente praticato un incantesimo per ascoltare ogni cosa” rispose.
 “Ho dovuto. Non bisogna fidarsi di nessuno” spiegò lui.
 “E’ Ian. È un semplice babbano impacciato che lavora in un ufficio pubblico” disse Althea, fermandosi e voltandosi.
 “Tu non uscirai stasera con lui! Te lo proibisco!” replicò.
 “Tu cosa?! Sei ridicolo, Severus! Non puoi proibirmi di fare ciò” ribatté Althea.
 “I tuoi genitori hanno richiesto la mia presenza per proteggerti” disse Severus.
 “Per proteggermi mentalmente insegnandomi l’Occlumanzia. Per tutto il resto non ho bisogno di una guardia del corpo. E poi lo avevi detto anche tu a loro che non volevi farmi da baby sitter. Quindi, guardala dal lato positivo: avrai una serata tutta per te come hai sempre desiderato” spiegò Althea e si voltò. Stava per andarsene ma Severus la bloccò per un polso, facendola rivoltare verso di lui.
 “Lasciami subito andare!” replicò Althea.
 “Prima devi ascoltarmi” disse lui.
 “Dammi una sola ragione del perché ti debba ascoltare” ribatté. Severus la guardò, ma non disse nulla. Fu Althea a replicare: “Lo sapevo. Sei solo un egoista!” Il pozionista le lasciò il polso e la donna si diresse in camera sua, dove chiuse con forza la porta.
 Severus se ne rimase fermo in salotto. Avrebbe dovuto dirglielo. Invece il suo orgoglio glielo aveva impedito e che già più volte, in passato, gli aveva fatto commettere errori che non era riuscito a rimediare. Ma, stavolta, avrebbe agito diversamente?

 
Venne sera. Severus se ne stava seduto su una poltrona, tenendo gli occhi chiusi e congiungendo i polpastrelli delle mani. Per tutto il pomeriggio, lui ed Althea non si erano più detti una parola e, lui stesso, aveva interrotto le lezioni di Occlumanzia. Non voleva che lei uscisse, ma la donna non aveva sentito ragioni e si era impuntata sulla sua decisione.
 La porta della camera da letto si aprì ed Althea uscì. Severus aprì gli occhi e l’osservò. La donna indossava un lungo abito nero e con delle paillette. Ebbe come un flashback, ma scosse negativamente la testa.
 “Be’, allora come sto?” chiese.
 “Dovrei anche risponderti?” domandò lui.
 “Un parere non guasterebbe” rispose Althea.
 “Il mio parere è sempre lo stesso e, di certo, non riguarda lo sfarzoso abito nero che hai deciso di metterti per far colpo su di lui” disse Severus.
 “Non voglio fare colpo su di lui! Sto andando a teatro e mi sembra giusto mettersi qualcosa di adatto” replicò Althea.
 “A quale teatro vai?” le domandò.
 “Perché lo vuoi sapere? Intanto tu non ci vieni. O, per caso, vuoi spiarmi?” chiese.
 “Figurati se voglio spiare te ed il tuo caro amico babbano impacciato. È già tanto se riuscirete ad arrivare puntuali, considerando l’enorme quantità di tempo che hai speso in bagno” ribatté lui.
“Si vede che non sei mai stato con una donna, se no sapresti il tempo che le ci vuole per prepararsi con accuratezza” disse Althea.
 “Bene, così ecciti ancora di più gli ormoni di quel babbano. Scommetto che ti ha puntato gli occhi addosso da quando sei venuta a stare qua. E, stasera, è anche l’occasione giusta: invece di guardare l’opera, guarderà solo te. Ci scommetto tutte le mie pozioni” spiegò Severus.
 “Scommetti pure, intanto perderai. Ian non è quel tipo di uomo. Lui è timido; gentile ed impacciato. Tutto il contrario di te” disse Althea.
 “Io non ti punto gli occhi addosso tutto il tempo. Ma, sono obbligato a guardarti, perché abito in casa tua” replicò Severus.
 “Potresti guardare altrove, invece che me” disse Althea.
 “Non stuzzicarmi, ragazzina. Come hai appena detto tu, sono tutto il contrario di quel babbano, quindi non aspettarti nessuna gentilezza da parte mia. Goditi il tuo appuntamento” disse Severus e, dopo aver preso il giornale, lo sfogliò.
 Althea scosse negativamente la testa. Il campanello suonò. Severus abbassò il quotidiano. Stava per alzarsi, ma Althea lo fermò: “No, fermo. Credo che una volta sia più sufficiente per averlo spaventato. Difficilmente si scorderà di te”
 “Era quello che volevo. Più ti sta lontano, meglio è” disse Severus, facendo un piccolo sorriso.
 “Sei per caso geloso?” domandò. Non poté constatarlo con certezza, ma è come se Severus fosse diventato, tutto ad un tratto, rosso. Nascose il viso dietro al giornale, replicando: “Che stupidata! Io non sono geloso! E poi perché dovrei esserlo? Come sai, sono qua contro il mio volere e non di certo perché mi andava di passare le giornate in tua compagnia”
 Althea ci rimase male. In realtà avrebbe voluto sentire un’altra risposta ma, conoscendo Severus, non avrebbe mai ammesso apertamente ciò che provava.
 Il campanello continuò a suonare. Althea andò ad aprire. Ian era in smoking e teneva in mano un mazzo di fiori: “Questi sono per te” e glieli consegnò.
 Althea li annusò. Guardò Ian e disse: “Grazie, ma non dovevi” Severus abbassò di poco il giornale, in modo che furono fuori solo gli occhi. Osservò Althea depositare i fiori sulla tavola, per poi raggiungere Ian, che le chiese: “Sei pronta?”
 La donna si voltò verso Severus, il quale nascose in fretta lo sguardo di nuovo dietro al giornale. Quindi gli disse: “Allora, cerca di passare nel migliore dei modi questa serata. Sono sicura che ti divertirai molto. Dopotutto sei abituato a stare da solo, no?” e con Ian uscì.
 Severus abbassò il giornale. Perlopiù lo accartocciò, per poi buttarlo sul divano. Si alzò, andando verso la tavola. Guardò i fiori e colpì con forza un pugno accanto ad essi. Perché era arrabbiato? Davvero era geloso che Althea fosse uscita con quel babbano? Non avrebbe dovuto esserlo. Lui non provava nulla per quella donna. Allora perché si sentiva così?
 Poi però il suo sguardo si spostò su di un dépliant lì vicino. Non lo aveva mai visto prima o, molto più probabilmente, lo aveva semplicemente ignorato. Lo prese in mano: in copertina era raffigurato l’Hammersmith Apollo, uno dei teatri più prestigiosi di Londra. Perché spendere così tanto per una sola serata? Era chiaro che Ian ci stesse davvero provando con Althea e, probabilmente, sarebbe anche andato oltre.
 In Severus nacque qualcosa che non aveva mai provato prima. Gelosia? Rabbia o…amore?






Note dell'autrice: Scusatemi. Scusatemi immensamente. Vi avevo promesso che non avrei tardato nell'aggiornare, ma sono stata stra impegnata con il lavoro. Inoltre mi era anche venuto il blocco dello scrittore. Non volevo lasciare questa storia troppo in sospeso. Non almeno quando ho ancora parecchie idee per la testa (ancora da mettere a posto. Anche se le ho già rimesse a posto tante volte)
Volevo ringraziarvi per la vostra pazienza. Chi ha aspettato l'aggiornamento; chi è passato di qua ed ha letto la storia; chi ha recensito e messa tra i preferiti. Grazie ancora.
Non vi faccio promesse, ma spero vivamente di non metterci ancora un'eternità nell'aggiornarla
Grazie ancora alla mia cara amica Lucia (ti sono vicina come sempre, anche in questo momento che stai passando)
Ci sentiamo alla prossima, miei cari lettori e lettrici
Fatto il misfatto

 

 

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Capitolo 13
*** Un invito inaspettato ***


REDEMPTION

 
   
Capitolo XIII: Un invito inaspettato


 
Hogwarts 1976

 
C’era gran fermento tra i corridoi del castello. Gli studenti non parlavano d’altro. Il ballo del ceppo era un evento molto famoso nel mondo magico, nonché tra i più rinomati.
Schiere di maghi e streghe famosi avevano partecipato al ballo del ceppo, riservandosi anche dei posti d’onore tra le loro case d’appartenenza o scuole frequentate. E ora, ogni studente, voleva emularli cercando di spiccare per poter essere riconosciuti da altri. Ma, non tutti, la pensavano così.
Per Althea il ballo del ceppo non era importante. Preferiva di più starsene rinchiusa nel dormitorio o in biblioteca, piuttosto che rimanersene tutta la serata da parte ad annoiarsi. Sapeva di partenza che nessuno si interessava a lei e, che di conseguenza, l’avrebbe accompagnata.
Così Althea, praticamente ogni giorno e nei momenti di pausa, leggeva un libro seduta sul suo letto. In quel momento, entrò Jennifer Garner, una Corvonero perfetta in tutto, nonché anche quella con più la puzza sotto il naso.
La ragazza si andò a specchiare, per poi domandare: “Allora, hai già deciso con chi andrai al ballo del ceppo?”
“In verità, non ci vado” rispose, non alzando lo sguardo dal libro.
 Jennifer si voltò, ribattendo: “Spero tu stia scherzando. Il ballo del ceppo è una celebrazione molto importante tramandata nei secoli. Praticamente tutti ci vanno e nemmeno tu puoi mancare”
“Non credo che qualcuno ti obblighi ad andarci” disse Althea, guardandola.
“Be’ peggio per te. Non sai cosa ti perdi” disse Jennifer, riguardandosi allo specchio.
“Tu ci vai?” le domandò.
“Ovvio che sì. Ho dovuto dire no a tanti ragazzi ma, alla fine, ho detto sì a Roger” rispose sorridendo, mentre si sistemava i capelli.
“Roger?! Come Arthur Roger della nostra squadra di Quidditch?” disse stupita Althea.
“Sì, proprio con il capitano. Sarò fortunata? Ci sarà tutta la scuola che ci guarderà. Diventerò una delle ragazze più popolari” disse Jennifer.
“Ma è di due anni più grande di noi” disse Althea. Jennifer si voltò, per poi replicare: “E allora?! Guarda che porta notorietà ad andare con quelli più grandi. Dovresti farlo anche tu. Perché non ci vai con Black?”
“Perché proprio con lui? Non ci ho mai parlato” chiese.
“Non ti sei mai accorta che, quando siamo in sala grande, non ti toglie mai gli occhi addosso? Sbava per starti dietro e venire con te. Dagli un’occasione. Oh, ma è vero che tu ci stai provando con Piton. Ma rassegnati, mia cara: sicuramente lui lo chiederà alla Evans. Ne è perdutamente innamorato e, allo stesso tempo così stupido, che si rende sempre un bersaglio facile dei Malandrini” spiegò Jennifer.
“Severus non è stupido! Sono gli altri ad essere cattivi con lui” ribatté Althea.
“Stai continuando a difenderlo, ma sarà troppo tardi quando aprirai finalmente gli occhi sulla realtà e lui ferirà i tuoi sentimenti. Il tuo cuore sarà a pezzi e non vorrai più vedere un ragazzo. Pensaci bene ed esci con Black. Non te ne pentirai. E poi immagina le facce delle altre quando ti vedranno con lui. Moriranno d’invidia” disse Jennifer ed uscì, con un piccolo sorriso malizioso.
Althea rimase sola con i suoi pensieri. Ripensò alle parole di Jennifer. Non voleva uscire con Black e nemmeno fare un torto a Severus ma, era anche vero che, quest’ultimo, ci stava ancora provando con Lily, seppur i due avessero litigato. La Corvonero scosse negativamente la testa: Black e Severus dovevano rimanere distinti l’uno dall’altro e, dopotutto, il Serpeverde era visto solo come un amico.
Il ballo del ceppo si avvicinava sempre di più, ma c’era ancora molto da fare. I preparativi nella sala grande non erano stati ultimati e, alcuni ragazzi e ragazze non avevano trovato un accompagnatore. Tra questi, ovviamente, spiccava Althea. Seppur le sue compagne di dormitorio non parlavano d’altro, a lei continuava non interessare e, anche ad un solo giorno dal grand evento, non aveva ceduto a nessuna richiesta.
Il giorno prima del grande evento, Althea stava passeggiando per uno dei corridoi, tenendo alcuni libri in mano, intenta a recarsi in biblioteca ma, qualcun altro le bloccò il cammino.
“Ciao dolcezza” le disse. Althea si fermò, trovandosi di fronte Sirius Black. La ragazza tentò di oltrepassarlo, ma Black glielo impediva. Quindi domandò: “Vai da qualche parte?”
“Sì e gradirei tanto che mi lasciassi passare” gli rispose.
“Oh suvvia, non dirmi che non gradisci la mia compagnia? Tutte vorrebbero stare con me e, tu, saresti l’unica che non mi vuole. Così mi ferisci” disse Sirius, mettendosi una mano sul cuore come se offeso.
“Allora perché non lo chiedi alle altre? Sono sicura che accetterebbero subito il tuo invito” propose Althea cercando nuovamente di oltrepassarlo. Quando ci riuscì, proseguì il cammino, ma Sirius fu subito al suo fianco:
“Perché io voglio chiederlo a te”

“Non so cosa abbia di così tanto speciale. Le altre hanno molto di più” disse Althea. Sirius si mise di fronte a lei, dicendole: “Sei una bellissima ragazza ed anche molto intelligente. Le altre pensano solo a specchiarsi per delle ore. Almeno tu pensi ad altro e sono sicuro che al ballo faremo un figurone. E poi che cosa ti costa? È solo una serata”
Althea puntò lo sguardo al di là di Sirius, per vedere Severus che stava parlando con un altro Serpeverde. Il Grifondoro si voltò, vedendolo. Riguardò Althea, aggiungendo: “Oppure, te lo ha già chiesto qualcun altro ed è per questo che non vuoi venirci con me?”
“E se anche fosse? Di certo non lo verrei dire proprio a te” disse Althea. Sirius rimase muto. La Corvonero sorrise, per poi dire: “Buona giornata, Black” e gli passò accanto. Il ragazzo si voltò ed il suo sguardo si fece cupo, mentre osservava Severus.
Qualche tempo dopo, Severus era diretto ai sotterranei, quando qualcuno gli fece lo sgambetto. Cadde e, con lui, anche i libri. Si rialzò, raccogliendoli, ma si ritrovò con le spalle al muro da Sirius, che replicò: “Ti avevo avvertito già in precedenza di stare attento mocciousus ma, a quanto pare, non mi hai voluto ascoltare!”
“Non so di che cosa tu stia parlando!” ribatté Severus, cercando di liberarsi.
“Non far finta di nulla e piuttosto stammi a sentire molto attentamente: devi lasciare in pace la Carter, perché lei è una ragazza molto più al di sopra di ciò che sei tu. Al ballo verrà con me, quindi smettila di provarci con lei e non me ne frega nulla se glielo hai già chiesto” replicò Sirius.
“Sei tutto matto! Stai solo dicendo un sacco di stupidate!” ribatté Severus riuscendo, finalmente, a scostarsi da sé Sirius il quale, però, gli tirò un forte pugno in viso, facendolo nuovamente cadere a terra.
Severus si toccò il naso sanguinante. Guardò Sirius che replicò: “Questo è solo un avvertimento, mocciousus! Lascia in pace quella ragazza e, forse, la prossima volta sarò più gentile” e se ne andò. Severus lo seguì con lo sguardo, per poi guardarsi le dita sporche di sangue.
Il Serpeverde voleva vederci chiaro e, per avere delle risposte, doveva andare alla fonte, ovvero da Althea.
Le lezioni erano finite ma non era ancora ora di cena. Sicuramente la ragazza non sarebbe andata nel suo dormitorio, considerando che si rifugiava lì subito dopo cena. Quindi c’era un altro posto dove avrebbe potuto trovarla e, fu proprio in biblioteca che la vide, intenta a leggersi un libro nell’angolo dove si erano conosciuti.
Si avvicinò silenziosamente. Dopotutto Irma Prince, colei che supervisionava la biblioteca, era molto severa e voleva assolutamente che nessuno, professori compresi, facesse pasticcio in quel luogo. Chi lo faceva be’…le conseguenze non erano certo buone.
Althea stava leggendo ma, quando alzò lo sguardo e vide il suo amico con il naso sanguinante, si alzò, lasciando il libro sulla tavola e raggiungendolo in fretta, tempestandolo di domande: “Severus, che cosa è successo? Chi ti ha ridotto così?”
“Althea, ho bisogno subito di risposte e voglio che siano sincere: di recente hai per caso parlato con Black?” le domandò.
“È stato lui?! Come si è permesso quell’ingrato?!” replicò stupita ma, allo stesso tempo, arrabbiata.
“Allora è così? Gli hai veramente parlato?” ribatté.
“Mi ha ostacolata, non permettendomi di stare da sola. Ho cercato di sviarlo, ma è stato tutti inutile. Comunque, se vuoi saperlo, mi ha chiesto di andare al ballo del ceppo con lui” rispose.
“Immaginavo. Ecco perché mi ha detto di lasciarti stare. Che tu sei sua e, che io non ti merito” disse Severus.
Althea lo guardò in silenzio. Prese fuori un fazzoletto dalla tasca della casacca e, delicatamente, gli pulì la ferita come poté. Poi disse: “Perché non sei andato subito in infermeria? Cose come queste possono tramutarsi in peggio”
“Avevo bisogno di parlarti subito e, poi, è solo una piccola ferita al naso. Niente di ciò che ho già passato” rispose.
La ragazza finì la medicazione. Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si sentiva nervosa. Compiva spesso questo gesto quando era così. Fu Severus a rompere quel silenzio: “Comunque, se ci vai con lui, non me ne avrò per male. Cioè…non che mi interessi più tanto il ballo. Intanto ci sarei andato da solo visto che nessuna me l’ha chiesto”
“Nemmeno la Evans?” gli chiese. Severus scosse negativamente la testa: “Sicuramente ci andrà con Potter. Lui non aspettava altro che noi due litigassimo, per averla tutta per sé”
“Ho detto no a Black. In effetti non gli ho proprio risposto così ma, era sottinteso. Black non mi è mai stato particolarmente simpatico e nemmeno i suoi amici, soprattutto dal modo in cui ti trattano. Tu non gli hai fatto niente, eppure non perdono l’occasione per farti dei brutti scherzi. Non te lo meriti” spiegò.
“Invece sì, perché ho fatto l’errore di diventare amico con una ragazza di loro interesse” replicò.
“Da quel che so, sei diventato amico di Lily ancor prima di iniziare a frequentare Hogwarts. Loro sono solo ancora dei bambini troppi viziati. Vogliono tutto per sé e Black si può scordare di avermi: non sono un oggetto! E se Lily non ti vuole più, non sa che persona abbia perso. Sono sicura che rischieresti la tua stessa vita per lei” spiegò Althea. Severus rimase senza parole.
La Corvonero si voltò, ma Severus la bloccò: “Vorresti venire al ballo con me?” Althea si voltò, guardandolo stupito. Poi disse: “Di…dici davvero?”
“Già in precedenza ti dissi che non mi piace ripetermi” le rispose. Althea era rimasta spiazzata. Mai si sarebbe immaginata tale proposta da Severus. Poi, però, fece un piccolo sorriso e rispose: “Sì, ci vengo molto volentieri con te” Dentro di sé, il Serpeverde ne fu molto contento.

 
La grande sera arrivò. Tutti erano vestiti in eleganti abiti da cerimonia. Nessuno voleva sfigurare. Anche Severus indossava un abito nero, mandatogli dalla nonna materna. Non era di prima mano ma, almeno, non voleva fare brutta figura davanti alla sua accompagnatrice.
Ovviamente Althea si stava facendo aspettare. Si erano dati appuntamento davanti alla grande scalinata ma, della ragazza, ancora nessuna traccia. A lui si affiancarono due suoi amici della stessa casa: un ragazzo dai lunghi capelli biondi e un altro molto uguale a Sirius Black, ma più giovane.
“Piton ma che sorpresa: avevo sentito dire che ti saresti rinchiuso nel dormitorio” disse quello dai capelli biondi.
“A quanto pare, invece, vieni anche tu al ballo. Chi è la tua accompagnatrice?” domandò l’altro.
“Spero non sia un’incapace di Tassorosso o un’altezzosa Grifondoro con la puzza sotto il naso” aggiunse il primo.
“In verità ci vado con la Carter” disse Severus. I due rimasero stupiti. Poi, il secondo chiese: “Come ci sei riuscito? Quella non esce mai con nessuno”
“Semplicemente glielo ho chiesto e lei ha detto sì” rispose Severus.
“Be’ almeno è una Corvonero sopportabile. Mi chiedo del perché quel lurido cappello l’abbia smistata lì: non assomiglia affatto alle altre ragazze della sua casa. È intelligente, ma il suo carattere non è da Corvonero” spiegò il biondo.
“Sarebbe stata meglio tra i Tassorosso” aggiunse l’altro. Severus gli lanciò un’occhiataccia, per poi riguardare la scalinata.
“A quanto pare il nostro amico se l’è presa. Non pensavo ti interessassi così tanto a quella ragazza” disse il biondo.
“Non sono affari tuoi, Lucius! Io e la Carter siamo solo buoni amici. Niente di più” replicò Severus.
“Be’, a quanto pare, le voci dicono altro” disse il moro. Severus lo guardò e questi continuò: “Si dice che tu e la Carter vi vediate dopo le lezioni in aule dismesse. Chissà a fare cosa”
“Sei proprio come tuo fratello maggiore, Black: non riesci mai a non ficcare il naso nei miei affari. Ciò che faccio con la Carter non vi deve interessare” ribatté Severus, dando loro di schiena. Poi aggiunse: “Voi, piuttosto, con chi ci andate?”
“Con Narcissa Black. Dovresti conoscerla molto bene, vero Regulus?” rispose Lucius.
“La cosa non mi meraviglia affatto, considerando che è dal primo anno che mia cugina non ti toglie gli occhi di dosso. Ma molto meglio lei, che sua sorella Bellatrix: più il tempo passa e più è svitata. A volte mi chiedo cosa possa portarla a così tanto squilibrio mentale. In futuro andrà completamente fuori di testa e, di certo, non vorrei trovarmi sulla sua strada quando ciò avverrà” spiegò.
“Sei troppo catastrofico. Lei brama solamente al potere ed a mantenere puro il suo sangue, cosa che invece non ha fatto il tuo caro fratello Sirius” disse Lucius.
“Ha infangato il nome di famiglia già dal suo smistamento in Grifondoro. Nostra madre era così furiosa, che non solo l’ha cacciato di casa, ma ha anche cancellato la sua immagine dall’albero genealogico. Ora si è rifugiato dai Potter” spiegò Regulus.
“Ben gli sta. Vostra madre ha fatto solo il bene della famiglia” disse Lucius.
“Infatti Bellatrix si sta già dando da fare per il futuro: al ballo ci va con Rodolphus Lestrange. È un puro sangue molto ricco e la sua famiglia e ben riconosciuta e rispettata in tutto il mondo magico” aggiunse Regulus.
“Parli, parli ma ancora non ci hai detto con chi vai al ballo” disse Severus.
“Con una certa Lucinda Talkalot. È solamente il capitano di Quidditch della nostra casa” rispose Regulus.
“Puntare in alto è un tratto di famiglia” disse Lucius, guardandolo ma, lo sguardo di Regulus, così come quello di Severus, era rivolto sulle scale. Così anche lui guardò nella loro direzione: Althea stava scendendo le scale, vestita di un lungo abito nero con delle paillette.
Severus era rimasto senza parole, così come anche i suoi amici. Non avevano mai visto la ragazza con i capelli raccolti e senza occhiali ma, soprattutto, vestita così elegantemente.
“Althea Carter, stasera siete davvero incantevole” disse Lucius.
“Grazie, Malfoy” disse Althea.
“Ora capisco perché mio fratello voleva a tutti i costi uscire con te. Non penso che stasera ci sia un’altra ragazza bella allo stesso modo. Be’…forse eccetto per la mia accompagnatrice. Se parlo male di lei, è capace di lanciarmi addosso un bolide” disse Regulus.
“Grazie ragazzi, ma non dovete farmi tutti questi complimenti” disse Althea.
“Infatti dovrebbe essere il tuo accompagnatore a farteli” disse Lucius. Althea guardò Severus, il quale non proferì parola. Riguardò gli altri due, quando Lucius aggiunse: “Le nostre ragazze ci staranno già aspettando. A dopo” e, insieme a Regulus, se ne andò.
Althea e Severus rimasero da soli, poi il Serpeverde si schiarì la voce e le mostrò il braccio. La ragazza lo guardò in silenzio, per poi prenderlo ed insieme si diressero verso la Sala Grande che, per l’occasione, era stata quasi del tutto trasformata.
Neve finta scendeva dal soffitto e, su una tavolata, era stata disposta un’enorme scultura di ghiaccio rappresentante un castello. Tanti altri tavoli erano stati messi ai lati, con su pietanze e bevande di ogni genere.
Severus ed Althea cercavano di farsi largo tra la folla di studenti e professori, mentre una dolce melodia echeggiava nell’aria. C’era chi ballava o chi semplicemente se ne stava in disparte a chiacchierare o mangiare. Decisero, per il momento, di andarsi a sedere in un tavolo distante da tutti gli altri. Severus si offrì di andare a prendere qualcosa da mangiare per entrambi presso la grossa tavolata.
Mentre aspettava, Althea si guardò intorno, cercando di riconoscere le coppie presenti. Vide, ovviamente, le sue compagne di dormitorio con i loro rispettivi accompagnatori; Lucius Malfoy con Narcissa Black; Bellatrix con Rodolphus Lestrange; Sirius Black con una ragazza che non conosceva e Lily Evans… con un ragazzo che, di certo, non era James Potter.
Ritornò Severus e, mentre depositava ciò che aveva preso, si sedette accanto ad Althea, che disse: “A quanto pare la Evans non esce con Potter”
 Severus volse lo sguardo, per vederla parlare e ridere con uno che effettivamente non era Potter. Riguardò
Althea e, mentre si sedeva, prendendo un bicchiere con dentro succo di zucca, disse: “Contenta lei” e bevve un sorso. Althea guardò l’amico e sapeva che Severus, in realtà, era dispiaciuto nel non poter stare accanto alla Grifondoro.

La serata trascorse tranquillamente, seppur non avevano fatto nemmeno un ballo; Severus se ne era sempre stato in silenzio e, di tanto in tanto, guardava Lily ed il suo accompagnatore.
Se avesse pensato un ballo noioso, Althea sarebbe stata direttamente nel dormitorio. Avrebbe dovuto immaginare che era tutto un pretesto da parte di Severus per far ingelosire la sua ex amica. Senza dire nulla, si alzò, dirigendosi fuori dalla Sala Grande. Il Serpeverde la seguì: “Dove stai andando?”
“Via di qua” gli rispose semplicemente, continuando a camminare.
“Ma la serata non è ancora finita” disse lui, affiancandola.
“O mi fai fare almeno un ballo, oppure per me è già finita” ribatté lei.
“Avresti dovuto saperlo fin dal principio che non sono un tipo a cui piace ballare” disse Severus.
 Althea si fermò, replicando: “Allora perché mi hai invitata?! Te lo dico io il perché: volevi far ingelosire la Evans, vero?! Così lei, quando ti avrebbe visto con qualcun'altra, magari sarebbe ritornata da te a chiederti spiegazioni. E, non vedendola con Potter, le tue speranze di poterle stare nuovamente accanto, si sono riaccese. Che stupida che sono stata anche solo a sperare che tu…”
“Che io cosa?” domandò.
“Che tu…che tu provassi qualcosa per me, come io ne provo per te!” ribatté, per poi andarsene con le lacrime agli occhi.
Severus se ne rimase lì, mentre la guardava correre via, stranamente non prendendo la scalinata, ma i giardini esterni e fu lì che la trovò poco dopo. Se ne stava seduta su di una panchina e, più le si avvicinava, più la sentiva piangere.
“Vattene via!” gli replicò.
“Perché prima hai detto quelle cose?” chiese.
“Ha importanza?” gli domandò.
“Sì, perché tutto ciò che hai detto non è vero. Non sono venuto al ballo con te, solo per far ingelosire Lily ed avere di nuovo la speranza di poter parlare con lei. Ci sono venuto con te, perché…sì…provo qualcosa” rispose Severus. Althea lo guardò, mentre le lacrime bagnavano il suo viso.
Il Serpeverde si sedette accanto a lei. Prese le sue mani ed aggiunse: “Ero innamorato di Lily e forse, un po' lo sono ancora, ma lei non mi ha mai fatto provare ciò che, invece, mi fai provare tu. Sei una ragazza eccezionale. Tutti ti dovrebbero avere come amica e…hai fatto qualcosa agli occhi? Sono stupendi”
“E’ solo un incantesimo temporaneo. Quando finirà, mi rimetterò gli occhiali” spiegò Althea e, dopo essersi asciugata alcune lacrime, aggiunse: “Davvero provi qualcosa per me?”
“Non sono mai stato un tipo da sentimentalismi, ma…è vero, provo qualcosa per te” rispose Severus. Althea era rimasta senza parole. Poi, i loro visi si avvicinarono. Severus mise una mano sulla guancia di lei e…si baciarono, sotto la neve che iniziò a cadere.
Qualcuno, però, li stava osservando standosene nascosto dietro una colonna del porticato e la cosa non gli piacque per niente.



Note dell'autrice: Ed eccomi qua. Due capitoli a distanza di poche settimane. Non volevo farvi attendere ancora di più. Vi sta piacendo questa fanfict? Accetto qualsiasi parere.
Grazie infinitamente per la vostra pazienza. Grazie a tutti coloro che l'hanno recensita; che sono passati di qua; che hanno messo la storia tra le preferite o seguite. Grazie
Grazie alla mia preziosa e sempre amica Lucia
Ora le cose si stanno facendo più interessanti. Almeno nel passato...per ora. Ma nel futuro? Si vedrà
Al prossimo capitolo, miei cari maghetti e streghette. La primavera è alle porte, finalmente (anche se non si può andare da nessuna parte :(
Buona notte a tutti e....fatto il misfatto

 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 14
*** Sospetti ***


REDEMPTION

 
 

Capitolo XIV: Sospetti




Althea guardava incantata fuori dal finestrino le tante luci presenti dei vari teatri. Sembrava di trovarsi dentro una favola, invece era uno dei quartieri più famosi della città.
Una volta arrivati, Ian fermò la macchina e, dopo essere sceso, aprì la portiera del passeggero. Porse la mano ad Althea e, mentre alzava lo sguardo, Ian disse: “Benvenuta all’Hammersmith Apollo”
“È enorme” disse Althea, continuando a guardarne la cima.
“Aspetta di vedere il suo interno” disse Ian, affiancandosi a lei. Althea lo guardò e vide che le stava porgendo il braccio. Glielo prese ed insieme entrarono nel teatro.
Althea rimase senza parole: quel teatro era davvero enorme anche al suo interno. Suddiviso in due piani e con tantissimi posti a sedere.
I loro posti erano in prima fila. Althea non poteva ancora crederci. Guardò l’uomo accanto a sé: “Oh, Ian, è tutto così meraviglioso. Ma come hai potuto permetterti tutto ciò?”
“Per una serata speciale come questa, non ho voluto badare a spese. E poi tu, meriti solo il meglio” le rispose, guardandola e prendendola una mano.
Althea lo guardò in silenzio, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era rimasta imbarazzata. Mai si sarebbe immaginata Ian così, da sempre considerato il vicino impacciato e timido.
Si schiarì la voce. Tolse la mano da quella di lui e, si guardò le ginocchia. Ian l’osservava. Aveva tentato più volte di invitarla fuori e, ora, che era accanto a lei non sapeva come comportarsi. La vedeva imbarazzata e lui stesso non sapeva come comportarsi.
Fortunatamente, le luci si spensero. Il sipario si aprì e lo spettacolo iniziò.
Althea aveva occhi solo per i teatranti. Mentre Ian…per lei. In verità della recita non gli importava quasi nulla. Era la donna accanto a sé, il suo unico pensiero. Avrebbe tanto voluto confessarle i suoi sentimenti ed era proprio ciò che si era predisposto per quella serata.


Circa due ore dopo, Althea e Ian erano sulla via di casa. Entrambi silenziosi in macchina. Lei guardava fuori dal finestrino, mentre lui osservava la strada quasi del tutto deserta vista la tarda ora ed il tempo fuorché che bello. Da quando avevano lasciato il teatro, non si erano detti una parola.
Arrivarono a destinazione e, poco dopo, si ritrovarono di fronte all’appartamento di Althea. Questi si voltò, dicendo: “Grazie per la bella serata”
“Se vuoi, ce ne possono essere altre così” disse Ian. Althea spostò lo sguardo; riguardò il vicino: “Sei stato molto gentile, ma credo che, quella di stasera, possa essere stata l’ultima. Mi sono divertita, dico davvero ma, forse, è meglio finirla qua”
“E’ che ci tenevo tanto. Una bellissima donna come te non dovrebbe passare tutto il tempo rinchiusa in casa” disse Ian.
“Lo sai che non è del tutto vero. Vado anche a lavorare” aggiunse lei.
“Non è questo il punto” replicò alzando la voce. Ci fu silenzio; poi Ian aggiunse: “Mi dispiace. Scusami, non volevo alzare la voce. Non ti voglio obbligare a fare una cosa. Nessuno dovrebbe farlo”
“Sei molto carino ma, ultimamente, sono abbastanza impegnata con una cosa importante. Ma, magari, un giorno di questi, potremmo sempre uscire di nuovo” propose Althea.
Sul volto di Ian comparve un sorriso. Poi disse: “Grazie. Grazie. Vedrai che non te ne pentirai” e, dopo averle dato velocemente un bacio sulla guancia, andò nel suo appartamento.
Althea rimase lì, portandosi una mano sulla guancia. Perché continuava a dargli false speranze? Era chiaro che Ian provava qualcosa per lei e gli si sarebbe spezzato il cuore nel sapere che non era un amore contraccambiato.
Tenendo una mano ancora sulla guancia, con l’altra aprì la porta, entrando in casa. Si voltò, ma si fermò dietro al divano, non appena vide Severus appisolato sopra di esso. Avvicinandosi domandò: “Sei sveglio?” ma il pozionista si limitò a brontolare. Scocciata aggiunse: “Volevo solo avvisarti che sono tornata”
“Scusami se non ho fatto in tempo a preparare il tappeto rosso per il tuo gran rientro” replicò, tenendo gli occhi chiusi.
“Quanto sei insopportabile! La prossima volta non mi premurerò di avvisarti. Me ne andrò dritta a letto. Proprio come ora” ribatté lei.
“Sì, sì. Vai pure. Intanto, grazie a come tratti i tuoi ospiti, io ed il divano ormai andiamo d’accordo” disse Severus. Althea si fermò. Lo guardò malamente, per poi girare i tacchi, dirigendosi in camera, sbattendo la porta.
“Ragazzina” si limitò ad aggiungere lui.
“Ma perché deve essere sempre così insopportabile?! Lo ospito in casa mia anche contro la mia volontà e lui si permette di comportarsi in questo modo! Quando tutto questo sarà finito, sarò ben lieta di sbatterlo fuori con un bel calcio nel sed…”, ma non fece in tempo a finire la frase, che colpì un piede contro lo stipite del letto.
Si sedette sul materasso, cercando di trattenere il dolore. Se avesse urlato, Severus si sarebbe di sicuro infuriato e chi poi riusciva a controbatterlo?
Si sdraiò, sperando che il dolore, prima o poi, passasse da solo. Guardava il soffitto, mentre ripensava alla serata appena trascorsa. Non si sarebbe mai immaginata che Ian potesse osare così tanto, fin da portarla in uno dei teatri più prestigiosi di Londra. Era chiaro che voleva fidanzarsi con lei, ma erano di due mondi diversi anche se, dopotutto, maghi e babbani avevano già vissuto insieme.
Sospirò, mettendosi su di un lato. Chiuse gli occhi e si addormentò, augurandosi che almeno, per quella notte, nessun incubo la tormentasse.
Stranamente Althea passò una notte tranquilla. Si alzò e, appena entrò in cucina, roteò gli occhi, nel vedere Severus sorseggiare un tè, mentre dove solitamente si sedeva lei, non vi era pronto nulla.
Avvicinandosi ad una credenza, dalla quale prese una tazza e del caffè, gli diede il buongiorno. Lui non rispose. Quindi aggiunse: “Non pretendo che tu mi dia il buongiorno ogni mattina ma, visto che ti trovi in casa mia, gradirei almeno un po' di rispetto nei miei confronti. È chiedere tanto preparare la colazione anche per me?”
“Se non vivi più con mamma e papà, vuol dire che ti sentivi già autonoma. Perché quindi pretendi che ti prepari la colazione? Vuoi, per caso, che ti rimbocchi anche le coperte alla sera?” le disse e riprese a sorseggiare il tè.
“Non ho voglia di discutere con te già di prima mattina. Quindi ti ignorerò e fingerò che tu non sia veramente qua” disse Althea, facendo un piccolo sorriso. Severus la guardò, ma non replicò.
Il campanello suonò. Althea andò ad aprire, trovandosi di fronte Ian che teneva in mano un vassoio con sopra due brioches e due tazzine da caffè.
“Buongiorno Ian” lo salutò, sorridendogli.
“Buo…buongiorno Althea. Ho preso delle brioches al bar qua vicino ed ho appena preparato il caffè. Pensavo di farti iniziare bene la giornata” disse lui.
“Che pensiero carino. Sei sempre molto gentile. Perché non vieni dentro?” propose.
Sul volto di Ian comparve un sorriso, che però svanì subito con la comparsa di Severus accanto ad Althea, impedendogli di entrare. Lo guardò e disse: “Guarda chi si va rivedere. Come è stato fare le ore piccole?” e, rivolto ad Althea, aggiunse: “E tu che lo hai sempre definito imbranato ed impacciato”
Althea divenne rossa in volto per la vergogna ed Ian la guardò perplesso. Poi la ragazza si schiarì la voce e disse: “Comunque lui è Severus Piton ed alloggerà da me per un po'”
“Chi ti dà il diritto di spifferare il mio nome a chiunque?!” replicò.
“E’ un semplice babbano. È totalmente innocuo” gli rispose sottovoce.
“Gradirei che le cose personali, rimanessero tali ed anche che persone come lui se ne stiano alla larga da noi” replicò Severus, indicando Ian.
“Non puoi decidere per gli altri. Pensa piuttosto alla tua vita” ribatté.
“La mia vita avrà di nuovo un senso quando terminerò di farti da guardia del corpo. Fino ad allora, dovrò convivere con te in questo rudere” replicò.
“Il mio appartamento non è un rudere. Si trova solamente in un edificio eretto parecchi secoli fa e di storica importanza” spiegò Althea.
“Se fosse di storica importanza, non ci sarebbero perdite dappertutto e le crepe nei muri sembra chiedano aiuto per mettere presto fine alla loro vita” disse Severus.
“Non per interrompervi, ma forse sarà meglio che torni quando vi sarete chiariti” disse Ian.
“Ecco bravo, finalmente sono d’accordo te. Anzi, non ritornare mai più” disse Severus, guardandolo.
“Non starlo a sentire. Sei libero di venire qua quando vorrai” disse Althea.
“Grazie, ma non vorrei creare troppo disturbo” disse Ian.
Mentre i due parlavano, Severus puntò l’occhio su uno strano tatuaggio che Ian aveva sul polso sinistro. Cercò di capire cosa stesse a significare, ma riguardò il babbano quando disse: “Sarà meglio che vada o tarderò al lavoro. Scusatemi ancora se vi ho fatto perdere tempo” e consegnò il vassoio ad Althea, che disse: “Non ti preoccupare e grazie per la colazione. Almeno tu ti premuri per queste cose e non come certe persone che pensano solo a sé stesse” e guardò di sottocchio Severus.
Congedò il vicino e, dopo aver chiuso la porta, si diresse in cucina, dove depositò il vassoio sulla tavola. Severus la seguì, dicendole: “Non per farmi i fatti tuoi, ma non so se hai notato lo strano tatuaggio che aveva sul polso sinistro”
“Da quando in qua ti interessi di tatuaggi?” gli chiese.
“Questo ti sembra sufficiente come risposta?” ribatté, mostrandole il marchio nero, ormai quasi sbiadito, dopo essersi fatto su la manica.
Althea guardò il marchio nero. Poi, mentre prendeva una brioche, disse: “E allora? È come se mi tatuassi qualcosa anche io e poi tu di scandalizzi” e diede un morso.
“Allora proprio non ci arrivi. È chiaro che il nostro caro vicino impacciato, non sia poi così del tutto indifeso. Nasconde qualcosa” replicò Severus.
“Che noi non scopriremo, perché invaderemo la sua privacy” disse Althea.
“Al diavolo la sua privacy! Sono proprio i sempliciotti come lui, ad essere quelli più pericolosi” ribatté.
“Tu sei sempre stato pericoloso, eppure nessuno ti hai mai definito un sempliciotto. Sai qual è il tuo problema? Ti preoccupi troppo e ficchi il naso in faccende che non ti riguardano” disse Althea.
“Uno dei miei due lavori era fare la spia per conto di Silente. L’altro era insegnare a delle zucche vuote e sopravvivere tra le mura della scuola, senza che qualcuno tentasse di darmi fuoco al mantello” disse Severus.
“Continuo a ribadire che ti stai preoccupando tanto per poco ma, ammettiamo che sia come dici tu: Ian potrebbe aver avuto un passato burrascoso, ma ora è cambiato. Dopotutto, tutti imparano dai propri errori ed anche tu non ne sei escluso, vero? È solo un bravo vicino che vuole farmi felice” spiegò Althea.
“Quello vuole più che farti felice. Fermati finché sei ancora in tempo” disse Severus.
“Perché tanta premura nei miei confronti? Il tuo obiettivo è solo quello di insegnarmi l’Occlumanzia” gli chiese.
“Perché…perché ne uscirai con il cuore spezzato. So come ci si sente” le rispose.
“Non credere che non lo sappia. Ci sono passata anche io” replicò. Calò il silenzio; poi la donna aggiunse: “Ti prego, stanne fuori. Te lo chiedo da vecchia amica” e se ne andò in camera.
“Ha ragione, dovrei starne fuori, ma allora perché mi sento il dovere di proteggerla? Cosa mi sta accadendo? Non dovrei provare nulla per lei. Io sono qui solo perché me lo hanno chiesto i suoi genitori. Eppure qualcosa mi spinge a dover agire finché sono ancora in tempo. Devo tenere d’occhio quell’uomo. Ognuno di noi ha i suoi scheletri nell’armadio e sono sicuro che, anche lui, non siano da meno” disse Severus.





Note dell'autrice: Eccomi qua e buona pasqua e pasquetta in ritardo. Severus che prova gelosia? Ummm....
Grazie a chi sta continuando a seguire la storia e scusatemi se ci impiego tanto ad aggiornare. Grazie a tutti coloro che l'hanno recensita; messa tra le seguite e preferite.
Grazie alla mia amica Lucia
Al prossimo capitolo e...fatto il misfatto



 

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Capitolo 15
*** Alla ricerca di prove ***


REDEMPTION

 
 

Capitolo XV: Alla ricerca di prove

 
 
Severus voleva vederci chiaro. Scoprire chi fosse in realtà Ian. E se non avesse trovato nulla…bè…sarebbe rimasto il vicino impacciato ed imbranato. Ma, per riuscire nell’impresa, aveva bisogno della sua bacchetta, tenuta sotto chiave nella camera da letto di Althea.
In quel momento, la donna si trovava al San Mungo, mentre lui, come un paio di mattine a quella parte, se ne stava da solo in casa. Lei aveva ricominciato a lavorare, come stabilito dai genitori e dal suo stesso capo, con la regola che, dopo aver finito, avrebbe dovuto far subito ritorno a casa.
Severus aveva tutto il tempo necessario per recarsi in casa del vicino e cercare più prove possibili per incastrarlo.
Si diresse in camera di Althea ma, si fermò prima di varcare la soglia della porta. Se fosse stata una furba Corvonero, di sicuro avrebbe messo un potente incantesimo a proteggere la stanza ma, conoscendola….
Severus entrò e non accade nulla. Il pozionista sorrise e ancora si chiedeva del perché il cappello parlante l’avesse smistata in quella casa.
Cercò il suo prezioso oggetto e, quando aprì l’armadio, vide un cofanetto. Al suo interno vi trovò la bacchetta: “Come immaginavo: quella ragazzina sceglie sempre la strada più semplice. Non imparerà mai”
Con bacchetta alla mano, uscì dall’appartamento e, dopo un breve tratto di corridoio, si trovò di fronte alla porta di Ian. Mettendo una mano sulla maniglia, ne constatò che fosse effettivamente chiusa e che, quindi, il proprietario in quel momento era fuori.
Con un semplice “Alohomora” l’aprì, entrando e chiudendola dietro di sé.  Da un primo impatto, aveva l’aria di essere un normale appartamento ma, appena varcò la soglia della camera da letto, rimase a bocca aperta: le pareti erano tappezzate con foto di Althea.
“Per la barba di Merlino!” esclamò. Poi aggiunse: “Quella sciocca non si è mai accorta di vivere accanto ad un pazzo squilibrato. Ma, dopotutto, sono quelli più imbranati ed impacciati ad essere così”
Girò per la stanza, sperando di trovare altri utili indizi. Aprì vari cassetti, non scovando nulla, quando qualcosa attirò la sua attenzione: il fondo dei cassetti nascondeva…un doppio fondo. Lo aprì: al suo interno trovò fogli di giornale che ritraevano l’attacco dei dissenatori al Millemium Bridge, avvenuto quasi un anno prima; vari oggetti; strani simboli; riviste sull’occulto ed una cassetta accanto ad un mangianastri.
Inserì la cassetta in esso ed ascoltò la voce di Ian: “Quella donna mi ossessiona. Non passo attimo che non pensi a lei. Ne sono perdutamente innamorato. Eppure lei non prova lo stesso per me. Mi vede semplicemente come il suo vicino. Ma si sbaglia. Le cose stanno cambiando e, finalmente, le proverò chi sono veramente” e la registrazione si interruppe.
Severus aveva sospettato giusto: Ian era innamorato di Althea e quella serata a teatro lo aveva confermato.
Stava per mettere via il mangianastri, quando inavvertitamente schiacciò nuovamente il tasto di accensione, facendo partire un’altra registrazione: “La situazione è peggiorata. Ora, in casa di Althea, è arrivato quell’uomo, un certo Severus Piton. Non mi piace per niente. Nasconde qualcosa. Me lo sento. Quei due sembrano conoscersi da molto tempo. Ma lui deve sparire. Niente deve interporsi tra me ed Althea. Lei sarà mia
Rimase senza parole. Quell’uomo era pazzo. Volse lo sguardo, quando sentì improvvisamente dei rumori.
Chiuse velocemente il cassetto e si andò a nascondere dentro l’armadio, poco prima che nella stanza entrò Ian.
Qualcosa non quadrava: Ian era ritornato prima da lavoro, oppure Severus non aveva tenuto conto del tempo. Cosa strana, ma non impossibile.
Se ne stette in silenzio, mentre osservava il babbano perlustrare la stanza, come se sospettasse che qualcuno fosse lì. Si avvicinò alla scrivania. Mise una mano sul cassetto; poi però si fermò e volse lo sguardo, proprio in direzione dell’armadio.
Severus trattenne il fiato. Forse era stato scoperto. Ian si avvicinò. Il pozionista impugnò saldamente la bacchetta, pronto a lanciargli un qualsiasi incantesimo di stordimento.
Il babbano stava per aprire l’armadio, quando squillò il cellulare. Dapprima ne fu restio, poi accettò la chiamata e, allontanandosi dall’armadio ed anche dalla camera da letto, disse: “Sì, sì, ritorno subito. Ero solo rientrato a casa per accettarmi di una cosa” ed uscì dall’appartamento.
Severus tirò un sospiro di sollievo e, dopo essersi accertato di aver campo libero, uscì dal nascondiglio. Poi disse: “Stavolta mi è andata bene ma, la prossima, dovrò essere più cauto. Comunque, quell’uomo nasconde qualcosa. Ne sono certo”
Qualche ora dopo, Althea ritornò e, non fece in tempo a varcare la soglia, che Severus la prese per un braccio, trascinandola dentro e chiudendo la porta. Si voltò verso di lei, domandole: “Dove sei stata?”
“Al lavoro” rispose.
“Avresti dovuto ritornare subito qua. Come da concordato” ribatté lui.
“E’ proprio quello che ho fatto. Severus, calmati. Che cosa ti prende?” gli chiese. La lasciò, dandole di schiena. Althea aggiunse: “E’ successo qualcosa mentre ero via? Ti prego di dirmi almeno questo”
“Mi sono intrufolato nella casa del tuo vicino impacciato” le rispose.
“Che cosa?!” replicò lei. Severus si voltò: “Lo ammetto. Ci sono andato, perché sospettavo qualcosa ed avevo ragione. Quello ti vuole tutta per sé e, inoltre, ha riviste sull’occulto e strani oggetti”
“Ma sei impazzito?! È contro la legge entrare nelle case altrui senza un permesso” ribatté.
“Non me ne frega nulla! Dobbiamo subito avvertire quelli del Ministero ed i tuoi genitori” disse Severus.
“Loro stanno cercando un babbano pericoloso e, di certo, non si tratta di Ian” disse Althea.
“Ma lui è pericoloso!” replicò.
“Solo perché ci vuole provare con me? Smettila di renderti così ridicolo. Almeno lui si interessa, non come invece fai tu, che continui ad ignorarmi” disse Althea.
“Se questo è ignorarti, allora trovami un altro sinonimo. Althea…” iniziò col dire Severus, ma la donna lo interruppe: “Severus…il tuo compito è solamente quello di insegnarmi l’Occlumanzia. Per il resto, lasciami vivere la mia vita in santa pace. Se non ti sta bene, sei libero di andartene”
“Sarei già per i fatti miei da un bel pezzo, se non fosse che i tuoi genitori mi hanno obbligato a starti appiccicata e cercare che quel babbano non ti faccia del male. Credimi, ti sto già dando fin troppa libertà, perché se fosse per me non andresti nemmeno a lavorare” replicò.
“Non sono più una bambina e tu non sei il mio babysitter, quindi attieniti solo ad insegnarmi l’Occlumanzia” ribatté.
“Peccato che tu stessa abbia voluto interrompere i miei insegnamenti, per flirtare con il tuo vicino” replicò Severus.
“Sembrerebbe che la cosa ti dia molto fastidio” disse Althea.
“Non sai quanto! Ma non nel modo in cui pensi tu. Se non impari l’Occlumanzia, ti renderai vulnerabile persino per il babbano più stupido” replicò.
“La imparerò. Come mi dissi, ci vuole tempo” disse Althea.
“Che noi non abbiamo! Ogni minuto che passa, è un punto a favore per lui. Che stupido che sono stato a non prendere le prove” replicò Severus.
“Cosa odono le mie orecchie: Severus Piton che si dà dello stupido. Peccato non essere riuscita a registrare questa frase. Avrei potuto ritorcetela contro in qualsiasi momento” disse Althea, sorridendo beffardamente.
“Ti piace tanto scherzare, ma non ti sei ancora resa conto che qua c’è in gioco la tua vita, quindi se non chiami subito i tuoi genitori, lo farò io” ribatté.
Althea lo guardò malamente, ma non replicò. Severus aggiunse: “Allora, visto che non hai un camino, suppongo tu disponga di un gufo”
“A tal proposito…ho sentito dire in giro che un gatto o un cane siano animali da compagnia migliori rispetto ad un gufo. Magari potremmo andare a prenderne uno” propose Althea.
Severus inarcò un sopracciglio. Poi disse: “No, grazie, ma non ho voglia di vedere una palla di pelo che gira per casa o dorme sui miei vestiti”
“Ti ci avrei visto con un bel gatto sulle ginocchia” disse Althea.
“Ed io rinchiusa nello sgabuzzino delle scope” replicò Severus. Poi aggiunse: “Allora mi chiedo, come contatti i tuoi, se non hai a tua disposizione questi mezzi di comunicazione?”
“Hai mai sentito parlare di un cellulare?” domandò lei.
Severus si portò una mano sul viso. Althea aggiunse: “Be’, per te è normale non avercene uno, visto che hai vissuto praticamente sempre nel mondo magico”
“So cosa è un cellulare. Mio padre era un babbano. Invece la trovo una cosa ridicola da parte tua usarlo” ribatté.
“Oh no, invece niente affatto. Con esso puoi farci un sacco di cose. Se vuoi te lo mostro” disse Althea.
“Ti prego non aggiungere altro. La mia pazienza sta per esaurirsi, quindi per favore chiama i tuoi genitori e finiamola qui!” replicò. Althea sbuffò e li chiamò.
Poco dopo arrivarono ma, con loro, vi era anche qualcun altro: “Lui è John Dawlish. Prima lavorava per Cornelius Caramel; ora, invece, per Kingsley” spiegò Miranda.
“Kingsley è stato impossibilitato nel venire, quindi per il momento, ne farò le sue veci” aggiunse Dawlish.
“Mi dispiace molto avervi disturbato, ma Severus ha tanto insistito” disse Althea.
“Non insisto senza un valido motivo” replicò.
Gli altri quattro si guardarono in silenzio e, visto che si trovavano già davanti alla porta dell’appartamento di Ian, bastò loro un semplice incantesimo per aprirla.
“Speriamo che Ian non sia nelle vicinanze. Mi sento una sciocca invadere così la sua privacy” disse Althea.
“A lui, invece, non importa nulla del tuo stato d’animo” disse Severus, mentre guidava il gruppo. Arrivarono davanti alla porta della camera da letto. Il pozionista l’aprì, aggiungendo: “Ecco, giudicate voi stessi”
Gli altri guardarono e Dawlish disse: “E’ uno scherzo?”
“Come si permette di giudicare queste foto uno scherzo? È la prova inconfutabile che quel babbano è un maniaco” replicò Severus.
“Be’ i gusti sono gusti” disse Arthemius. A quel punto, Severus volto lo sguardo e rimase senza parole non vedendo nemmeno una foto di Althea sulle pareti.
“Non è una bellissima carta da parati, ma ripeto ciò che ho appena detto: i gusti sono gusti” disse Arthemius.
“Sono stato chiamato solamente per giudicare i gusti estetici di questo babbano? Credo che il mio lavoro si occupi di altro più importante” chiese Dawlish.
“Non capite! Qua, prima, c’erano appese tante foto di Althea. È ossessionato da lei” replicò Severus, guardando il gruppo.
“E scommetto che, dentro questa stanza, si nasconda altro, vero?” domandò Dawlish. Senza rispondere, Severus andò a passo spedito verso i cassetti, aprendoli non trovandoci nulla. Né riviste; né strani oggetti e nemmeno il mangiacassette e la cassetta stessa che aveva ascoltato.
Dawlish; Miranda ed Arthemius si avvicinarono a lui e, dopo aver osservato i cassetti vuoti, guardarono il pozionista e Dawlish ribatté: “Non mi piace affatto essere preso in giro, soprattutto da uno che ha sempre fatto il doppio gioco”
“Non vi sto affatto prendendo in giro! Evidentemente, mentre perdevo tempo a spiegare la situazione a quella ragazzina, il babbano deve essere ritornato per sbarazzarsi delle prove” replicò.
“Non parlarmi come se non fossi presente. Te l’avevo detto che Ian non era pericoloso. Lo stai accusando ingiustamente, solo perché sei geloso di lui” ribatté Althea, entrando nella stanza.
“Non sono geloso! Stavo solo compiendo il mio lavoro” disse Severus, guardandola; poi guardò i genitori e finì: “Come mi avevate detto voi”
“Effettivamente sì, ma credo che lei sia andato oltre ciò che era richiesto. Se continuerà di questo passo, dovremmo sospenderla dall’incarico” disse Miranda.
“Come volete, ma sappiate che andrò fino in fondo” replicò Severus.
Calò il silenzio; poi Dawlish disse: “Se non c’è altro, io andrei ma gradirei in futuro non essere più disturbato per queste futili cose. Il ministero ha altro di più importante al quale pensare”
“Le assicuriamo che non accadrà più” disse Arthemius. Dawlish li guardò, per poi dire: “Bene, quindi affido a voi questo incarico. Avete piena libertà sulle decisioni”
“Grazie mille e, per qualsiasi cosa, verrà informato” disse Miranda.
Dawlish li guardò: “Signori Carter”; volse lo sguardo verso Althea: “Signorina Carter”; infine guardò malamente Severus: “Piton” e si congedò.
Miranda ed Arthemius uscirono. Althea guardò in silenzio Severus, che la guardò in altrettanto modo; poi la donna seguì i genitori, che la stavano aspettando in corridoio. Miranda le mostrò un oggetto: “Tieni, questo è per te”
Althea lo prese in mano, osservandolo. Poi chiese: “Di cosa si tratta?”
“È uno Spioscopio: si illumina e suona quando qualcuno nelle vicinanze ha cattive intenzioni. Lo abbiamo leggermente modificato, in modo che, quando si attiverà, noi accorreremo per aiutarti” spiegò Miranda.
“Un momento…Mi state dicendo che non vi fidate di Severus? Credete sia lui quello con le cattive intenzioni?” domandò.
“Non è che non ci fidiamo di lui. È solo che, con il passato che ha avuto, un occhio di riguardo in più non guasterebbe” rispose Miranda.
“E’ come trattarlo da prigioniero” disse Althea.
“I babbani usano una cavigliera elettrica. Da barbari, ma è così che tengono d’occhio i loro detenuti” spiegò Arthemius.
Althea sospirò ed abbassò il capo sullo Spioscopio, ma lo rialzò quando Miranda, mettendole una mano sulla spalla, disse: “Non temere, andrà tutto bene. E poi noi non ti lasceremo mai sola”
Althea sorrise e li abbracciò, mentre Severus li osservava, standosene con le braccia incrociate, sulla soglia della porta, sentendosi di nuovo tradito.






Note dell'autrice: Eccomi qua...dopo secoli. Ma eccomi qua. Le idee le avevo. Ma volevo avere qualche capitolo pronto, prima di pubblicarne almeno uno, così da non farvi sempre aspettare tanto tempo.
I giorni, settimane e mesi passano velocemente, così come anche questa storia. Come vi sembra fin qua? Vi piacciono i personaggi (spero di non uscire troppo dal carattere di Severus) E, a proposito, sarà lui quello cattivo? Oppure lo sarà Ian?
Grazie a tutti coloro che passano di qua; che leggono semplicemente; che lasciano una recensione o che hanno messo la storia tra le preferite o seguite. Grazie
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Vi auguro un buon proseguimento di serata (ed un buon inizio settimana)
Al prossimo capitolo, miei cari maghi e streghe.
 
 

 

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Capitolo 16
*** Salvataggio ***


Note dell'autrice:  Volevo solo fare un piccolo avvertimento: in questo capitolo, verso la fine, è presente un piccolo momento di violenza (intesa come pestaggio di qualcuno) quindi il rating, solo in quel punto, da verde passa momentaneamente in arancione. Con ciò vi auguro una buona lettura




REDEMPTION

 
 

Capitolo XVI: Salvataggio

 
 
Passarono i giorni ed Althea e Severus continuavano ad ignorarsi a vicenda, quando una mattina… “Sei insopportabile! Va bene ignorarmi, ma almeno potresti dirmi qualcosa”
“E cosa dovrei dirti? Intanto non mi ascolteresti ugualmente” rispose Severus.
“E’ chiaro che sei ancora arrabbiato per l’altro giorno, ma capita a tutti di sbagliare, anche i perfetti come te. Ma basta farti delle illusioni per nulla. È solo Ian” disse Althea.
“Non cambieresti opinione su di lui se ti continuassi a spiegare le mie motivazioni. Mettiamola così: se dovesse accaderti qualcosa mentre sei in sua compagnia, dovrai cavartela da sola” spiegò Severus.
“Non è giusto! I miei genitori ti hanno assunto per proteggermi” ribatté Althea.
“I tuoi genitori mi avevano assunto per insegnarti l’Occlumanzia, cosa che non sta avvenendo di recente. Visto che hanno anche ben deciso di tenermi prigioniero, non voglio oltrepassare quel piccolo strato ancora rimasto di fiducia che ripongono in me” spiegò il pozionista e, dopo essersi seduto sul divano, aggiunse: “Mi dispiace principessa se mi dimetto da guardia del corpo ma, finché non aprirai gli occhi alla realtà, io rimarrò solamente colui che ti insegnerà a bloccare la mente”
Althea lo guardò malamente. Odiava quando la punzecchiava in quella maniera. Poi però, sorridendo, disse: “Stasera esco nuovamente con Ian” Voleva vedere se, almeno, Severus tenesse a lei. Quanto osava andava oltre la sua arroganza.
Il pozionista, di tutta risposta, se ne rimase impassibile per poi volgere lo sguardo, ignorandola completamente.
Lei sbuffò. Batté un piede a terra e, girando i tacchi, se ne andò in camera sua, sbattendo la porta. Decise di evitarlo per tutta la giornata. Forse si sarebbe calmata o, forse lui avrebbe cambiato idea. Ma, considerando che si trattava di Severus, la cosa era alquanto improbabile.
Venne sera. Althea uscì dalla camera da letto, indossando un lungo abito nero. Arrivò in salotto, dove trovò Severus seduto sul divano, che stava osservando la televisione spenta davanti a lui.
“Lo sai che non si accende con la magia?” disse Althea, mentre gli passava dietro.
“Strano che sei in anticipo. Hai così fretta di uscire con il tuo fidanzato?” domandò cambiando discorso.
“Veramente ci siamo dati appuntamento qua fuori. Credo che due volte siano state più che sufficienti per spaventarlo” gli rispose.
Severus la guardò avvicinarsi alla porta. Althea gli sorrise, per poi dirgli: “Non aspettarmi alzata e divertiti…se puoi” ed uscì.
Così se ne rimase da solo. D’altronde ne era abituato. Questa volta, però, era diverso. Sentiva come una sensazione di rimorso, per aver fatto uscire nuovamente Althea con quel babbano.
Dopotutto non era stato creduto la prima volta. Perché avrebbe dovuto essere diverso? La parola di un ex mangiamorte non aveva potere in una società che stava cercando di risollevarsi dopo le tante perdite subite durante la seconda guerra magica. E persone come i genitori di Althea, rientravano proprio tra coloro che lo ritenevano ancora colpevole per ciò che era accaduto.
Si avvicinò alla finestra, vedendo Ian che stava facendo salire Althea in macchina. Chiuse la sportella ma, prima di appostarsi al posto di guida, alzò lo sguardo, incrociando quello del mago.
Severus non fece trasparire nessuna emozione. Non voleva che quel babbano incominciasse a pensare a chissà cosa. Preferiva che rimasse nell’ombra come aveva sempre fatto credere anche in passato ai suoi nemici. E Ian, seppur agli occhi degli altri poteva sembrare innocuo, per lui era come una belva pronta ad affondare i suoi artigli anche in un’ingenua ragazza come Althea.
Avrebbe potuto lasciar perdere o, almeno, il Severus del passato non ci avrebbe dato molta importanza. Ma l’uomo di adesso; colui che era sopravvissuto alla morte grazie a quella guaritrice. A quella ragazza che si era innamorata di lui a scuola e che aveva rischiato più volte la vita pur di stargli accanto. A lei non poteva voltare le spalle. Non un’altra volta. Così prese una decisione.
Althea ed Ian erano appena usciti dal ristorante ma, stranamente, non presero la macchina.
La ragazza aveva bevuto qualche bicchiere di troppo per non averci dato subito importanza ma, appena svoltarono un angolo buio, ne prese coscienza.
“Ian, dove stiamo andando? E perché non abbiamo preso la macchina?” domandò preoccupata.
“Non devi avere paura. Con me sei al sicuro” le rispose.
“Ti prego, ritorniamo a casa. È tardi” gli disse.
“Che c’è: hai fretta di ritornare dal tuo coinquilino ficcanaso?” replicò. Althea si fermò e lo guardò spaventata, per poi dire: “Questo non sei tu. Cosa ti prende?”
Ian la spinse contro un muro, appoggiando le mani accanto al viso: “Non l’hai ancora capito? Apri gli occhi. Pensavo ti fosse chiaro”
“Mi è chiaro che sei solamente ubriaco e che voglio ritornare a casa!” replicò Althea, cercando di scappare, ma inutilmente perché Ian le bloccava ogni via di fuga.
“Non hai voglia di darmi un bacio? Non chiedo troppo” ed avvicinò il viso.
Althea cercò di allontanarlo da sé, quando, fortunatamente, una voce li interruppe: “Non lo sai che non si importunano le donne?”
Voltarono gli sguardi, per vedere una figura stagliarsi nell’ombra. Ian si allontanò da Althea e, mentre la figura si avvicinava, disse: “Non stavamo facendo nulla di male. Quindi può anche andarsene”
“Io non credo proprio” ribatté la figura. La tenue luce di un lampione sulla strada principale lo illuminò, rivelando…
“Professor Smethwyck, che cosa ci fa qua?” chiese stupita Althea.
“Ora non mi dica che un professore, fuori dall’orario di lavoro, non può andarsene in giro per i fatti suoi?” domandò Smethwyck guardandola e facendo un piccolo sorriso malizioso. Althea inarcò un sopracciglio. Quel sorriso. Così familiare. Così enigmatico.
“Ecco, bravo, continui a farsi gli affari suoi che noi, qui, non abbiamo bisogno della sua compagnia” replicò Ian.
“Quanta ostilità. Non dovrebbe rivolgersi così ad una persona che nemmeno conosce. Un po' di rispetto, giovanotto” disse Smethwyck, portando una mano dietro di sé.
“Se ne vada, la prego o la faccenda potrebbe peggiorare” ribatté.
“Non le consiglio di continuare a parlarmi con quel tono. Come le ho appena detto, lei neanche mi conosce”
“Come lei non conosce me. Non può immaginare di cosa possa essere capace” ma si zittì non appena Smethwyck, in uno scatto veloce, gli fu accanto puntandogli la bacchetta al collo.
“Che cosa ha intenzione di fare?” domandò, puntando lo sguardo sull’oggetto a lui familiare solamente nei libri.
“E tu, perché hai portato questa ragazzina in un vicolo lontano dalla vista di tutti? Le avresti dato veramente solo un bacio? Ti do un piccolo consiglio: vattene, prima che ti modifichi la memoria e ti faccia credere di essere la feccia della feccia, dimenticato da tutti e lasciato a morire di fame in un putrido quartiere fuori città” replicò e lo spinse via in malo modo.
Smethwyck si voltò verso Althea: “Lo sai che le ragazzine come te, dovrebbero già essere a casa?”
“Il mio capo non mi avrebbe mai chiamato ragazzina”
“Io chiamo chi voglio, come voglio. E ora dritta a casa, prima che ti ci porti con la forza” replicò.
In quel momento, una luce rossa incominciò a brillare intensamente da una delle tasche della giacca di Althea. La donna lo estrasse. Ero lo Spioscopio che si era attivato.
Si voltarono, per vedere Ian correre verso di loro. Smethwyck spostò di lato Althea ed il babbano gli fu addosso. Entrambi caddero a terra.
Ian tentava di picchiare Smethwyck, mentre quest’ultimo cercava di toglierselo di dosso e, soprattutto, di recuperare la bacchetta che, con lo scontro, gli era caduta.
In quel momento accadde anche un’altra cosa. L’aspetto di Smethwyck stava cambiando. Althea, rialzatosi, stette a guardare. Ian rimase senza parole.
“Che…che cosa è successo? Tu prima non c’eri!” replicò stupito.
“Non dire una parola di più! Tu la ragazzina non la tocchi!” replicò Severus e, in un attacco di rabbia, rivolse i ruoli. Ora lui fu sopra Ian ed iniziò a riempirlo di pugni.
Althea si avvicinò ai due, mentre lo Spioscopio ora aveva anche iniziato a suonare. La donna cercava di fermarli: “Basta! Vi prego, smettetela!”
I due continuavano, non ascoltandola. La donna ci riprovò: “Smettila Severus! Credo che abbia capito. Ma ti prego, in onore della nostra vecchia amicizia, smettila”
Sentendo quelle parole, Severus smise. Poi si alzò. Althea gli si affiancò ed entrambi guardarono Ian, a terra e con il viso sanguinante.
Il pozionista disse: “Persone come lui non capiranno mai” e guardò Althea. Questi stava per dire qualcosa, quando qualcun altro parlò al posto suo: “Severus Piton, per ordine del Primo Ministro, ti dichiaro in arresto”
I due erano circondati da altri maghi, le cui bacchette erano tutte puntate contro Severus. Tra loro c’era Dawlish ed i genitori di Althea.





Note dell'autrice: Eccomi qua. Come vi sembra? E qui scatta il famoso detto "Non giudicare mai un libro dalla copertina" e questo vale sia per Ian (soprattutto per lui) e per il nostro Severus. Chissà se il pozionista prova veramente qualcosa per Althea? Ma è troppo orgoglioso per ammetterlo. Mah, vedremo
Grazie per tutti coloro che stanno leggendo la fanfict (e mi scuso se non aggiorno spesso); grazie a chi l'ha messa tre le preferite; tra le seguite e chi l'ha recensita.
Grazie alla mia amica Lucia (santa pazienza come sempre)
Vi aspetto (spero) al prossimo capitolo. Buona notte a tutti/e
Alla prossima

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Sotto accusa ***


Note dell'autrice:  Volevo solo fare un piccolo avvertimento: in questo capitolo, verso la fine, come nel precedente, è presente un piccolo momento di violenza non troppo descrittiva (intesa come pestaggio di qualcuno) quindi il rating, solo in quel punto, da verde passa momentaneamente in arancione. Con ciò vi auguro una buona lettura

 

REDEMPTION

 
 

Capitolo XVII: Sotto accusa



Mai si sarebbe immaginata nella propria vita di finire in un’aula di tribunale al Ministero. Eppure si trovava lì, seduta a osservare in silenzio Severus che se ne stava in mezzo alla sala, mentre i membri del Ministero gli erano di fronte.
Era già trascorsa quasi un’ora, ma sembrava che nessuno volesse avere l’ultima parola.
“Signor Piton, perché non ammette semplicemente le sue vere intenzioni verso quel babbano? La sua pena verrebbe ridotta, glielo assicuro” disse un membro del Wizengamot, seduto, insieme ad altri maghi e streghe, tra la giuria.
“Se avessi voluto ucciderlo, avrei messo qualche veleno nel caffè. Oppure mi sarei intrufolato di notte nel suo appartamento e lo avrei strangolato. Ma, intanto, qualunque versione vi raccontassi, voi non vedete l’ora di sbattermi ad Azkaban” spiegò Severus.
"La sua posizione è su una linea molto sottile. Da quanto ci è stato riferito, lei era stato incaricato dai signori Carter per proteggere la loro figlia da un pericoloso babbano” continuò.
“È ciò che ho fatto” disse.
“Sì, ma al babbano sbagliato che ora, grazie a lei, si trova in prognosi riservata in ospedale” aggiunse.
Ci fu silenzio. Poi continuò: “Signor Piton, potremmo continuare per ore ma credo che tutti, in questa sala, e ovviamente anche il Primo Ministro, siano d’accordo con me nel dire che sia ancora un pericoloso mangiamorte. Per tanto, signori della corte, ritengo che il qui presente venga condannato a passare il resto dei suoi anni nella prigione di Azkaban. Chi è a favore alzi la mano.”
Mentre alcuni membri alzavano le mani, si alzò Althea, dicendo: “Vi prego, Severus non aveva cattive intenzioni. Lui mi stava proteggendo.”
“Signorina Carter, credo che ormai sia stata presa una decisione e non penso ci sia più bisogno di una sua opinione” la interruppe il membro.
“Io, invece, l’ascolterei” disse Kingsley. I membri della giuria lo guardarono increduli, per poi riporre l’attenzione su Althea, così come i suoi genitori e Severus.
Althea fece un lungo respiro. Poi parlò: “Quando ho conosciuto Severus, è stato durante il mio primo anno ad Hogwarts, mentre lui frequentava il terzo. All’inizio non mi degnava nemmeno di uno sguardo, ma dopo un brutto accaduto, abbiamo iniziato a frequentarci. I suoi amici non mi vedevano di buon occhio e io più volte ho cercato di convincerlo a lasciarli perdere. Poi, però, una volta terminati gli studi, lui li ha seguiti, entrando a far parte della cerchia dei Mangiamorte.”
“E suppongo che lei, per amore, lo abbia seguito. Vero?” chiese un membro dei giurati.
“Be’… ecco… le cose erano cambiate e io volevo farmi una carriera. Quindi perdemmo i contatti, almeno fino a quando non iniziò la prima guerra magica. Volevo essere d’aiuto, ma lui mi cacciò. Ovviamente ci rincontrammo al San Mungo, quando venne ricoverato e io mi offri di curarlo” rispose Althea.
“Alla base di tutto ciò, lei prima ha dichiarato che il Signor Piton non avesse cattive intenzioni. Come mai, allora, ha aggredito quel babbano?” chiese lo stesso membro.
“Fin dal principio non voleva che uscissi con Ian. Per lui nascondeva qualcosa ed era pericoloso. Avrei dovuto ascoltarlo, invece volevo renderlo geloso” rispose Althea. Severus inarcò un sopracciglio. Poi la ragazza continuò: “Se l’altra sera Severus non fosse arrivato in tempo per salvarmi, non so dove sarei potuta essere a quest’ora” ed abbassò il capo.
In sala calò nuovamente il silenzio. Poi Kingsley disse: “Maghi e streghe della giuria, dopo la testimonianza della Signorina Carter, come è cambiato il vostro giudizio nei confronti dei Signor Piton? Alzi la mano chi lo ritiene ancora colpevole.”
Pochi membri alzarono la mano. Kingsley chiese: “E chi, invece, innocente?” I restanti alzarono la mano. Il Primo Ministro concluse: “Severus Tobias Piton, la ritengo innocente per ciò che è accaduto con il babbano ma, considerando ancora la sua posizione non del tutto pulita, verrà allontanato dalla casa della Signorina Carter con l’obbligo di non starle più accanto e di non rivederla più. Pena la carcerazione ad Azkaban fino alla fine dei suoi giorni. La sentenza è conclusa” e si alzò, uscendo dall’aula, così come i membri della giuria.
I Signori Carter si avvicinarono alla figlia, che però stava osservando Severus, mentre veniva anche lui condotto fuori dall’aula. Il pozionista si fermò e osservò la guaritrice. Il suo sorriso fu l’ultima cosa che Severus vide, prima di essere portato via.
Passarono un paio di giorni. Althea andava a lavorare al San mungo; curava i pazienti e ritornava a casa. Ma ora quella dimora sembrava vuota, senza Severus. Non voleva ammetterlo, ma le mancavano i loro battibecchi, e anche stare in sua compagnia.
Le era stato proibito di avvicinarsi a lui e di non avere nessun tipo di contatto. Il suo camino era sotto stretta sorveglianza, così come anche la posta via gufo, usata solamente per ricevere lettere dai suoi genitori.
La lontananza da Severus rendeva le sue giornate noiose e prive di senso. Avrebbe tanto voluto rivederlo, e rischiare di andarlo anche solo a trovare voleva dire infrangere le regole. Ma chi era lei per poterlo fare? Nemmeno ad Hogwarts aveva osato tanto. Eppure era lì, a guardare il camino, puntando l’occhio, di tanto in tanto, sulla polvere che le avrebbe permesso di andare da Severus.
Ne prese una manciata. Entrò nel camino. Era pronta a gettarla a terra e pronunciare la sua destinazione. Poi però non lo fece e, uscendo dal camino, ripose la polvere al suo posto.
Si sentiva sciocca e fifona. Severus aveva sempre avuto ragione: era una ragazzina viziata come una principessa. Non era questo il modo di reagire ma, dopotutto, non aveva il coraggio di una grifondoro e nemmeno la sfrontatezza di una serpeverde. Era solamente una corvonero diversa da tutte le altre. Neanche le sue decisioni erano mai andate fino in fondo e, se non poteva decidere lei stessa per il suo futuro, chi allora lo poteva fare?
Venne sera. Fuori era in corso un forte temporale. Althea stava dormendo quando, improvvisamente, qualcuno irruppe in casa sua, rompendo una finestra.
La donna si svegliò. Prese la bacchetta e lo Spioscopio sul comodino e, lentamente, si avvicinò alla fonte ma, appena uscì dalla camera, si ritrovò Ian, in vestaglia da ospedale.
Althea indietreggiò, ma l’uomo le fu subito addosso, scaraventandola a terra e cercando di strangolarla. Lo Spioscopio si attivò, ma Ian glielo levò dalla mano, lanciandolo poco più in là. Althea riuscì, seppur per poco, a togliersi di dosso Ian e, appena questi tentò nuovamente di attaccarla, lei gridò: “Petrificus Totalus” e l’uomo cadde a terra, pietrificato.
Ansimando, Althea si rialzò. Guardò Ian con disgusto. Riprese lo Spioscopio e una manciata di polvere volante e, dopo essere entrata nel camino, disse: “Abitazione di Severus Piton” e, dopo aver gettato la polvere a terra, venne avvolta da fiamme verdi.
Nello stesso momento, Severus stava leggendo il giornale sulla poltrona, quando strani rumori provennero dal suo camino. Si alzò, depositando il giornale sul tavolino e, prendendo la bacchetta, si avvicinò. Non fece in tempo a pronunciare parola che si ritrovò disteso a terra, con Althea sopra di sé.
“Althea? Ma che diav…” disse stupito Severus. La donna si alzò, così come il pozionista che, incredulo, domandò: “Che cosa ci fai qua? Vuoi farmi mettere di nuovo nei guai?”
“Ian è entrato in casa mia. Voleva strangolarmi e così l’ho pietrificato. Ho pensato di venire qua per cercare rifugio ma, credimi, l’ultima cosa che voglio è proprio metterti ancora di più nei guai” gli spiegò.
“Lo avevo detto che quel babbano era un pazzo psicopatico, ma invece hanno pensato bene di dare la colpa a me solo perché lo stavo picchiando” disse Severus.
Althea non ribatté. Poi si guardò intorno e disse: “Carina come casa. Un po' piccola e lugubre, però”
“L’orso che vive rintanato con me non ama molto la luce” disse Severus. Althea sgranò gli occhi. Il pozionista fece un piccolo sorriso. La donna replicò: “Sei solamente uno stupido”
“Questa era la casa dei miei genitori. È vero, è piccola e lugubre, ma almeno ho un tetto sopra la testa” spiegò.
“Mi dispiace, non volevo recarti disturbo. Me ne vado subito e mi cercherò un albergo dove alloggiare” disse Althea.
“Ho detto che è piccola. Non che non dispone di un’altra camera dove dormire” disse Severus.
“Da… davvero posso dormire qua?” chiese incredula.
“Se all’orso va bene” rispose. Ad Althea si illuminarono gli occhi per poi dire: “Grazie” e Severus sorrise.
Poco dopo, i due si trovavano ancora in salotto.
“Credevo andassimo a letto” disse Althea.
“Sicuramente i tuoi genitori saranno qua a momenti e, credimi, non mi va affatto di mostrare cose private a loro” disse Severus.
“Dimmi la verità: nell’armadio non nascondi solo vestiti neri, ma, che ne so, magari anche boxer con i cuoricini?” disse Althea.
“Fa’ meno la spiritosa o, vado davvero a chiamare l’orso che vive nello scantinato” disse Severus.
Le fiamme del camino divennero verdi e, da esse, uscirono i genitori di Althea e Dawlish.
“Tesoro, stai bene?” chiese preoccupata Miranda, abbracciando la figlia.
“Non avresti dovuto venire qua. È pericoloso” aggiunse Arthemius.
“Stare con Ian era più pericoloso. Non sarei venuta da Severus se non mi fidassi di lui” ribatté Althea.
“Quale onore avervi qua in casa mia e non solo al processo” disse Severus.
“Poche chiacchiere e veniamo subito al sodo. Dove si trova il corpo?” chiese Dawlish.
“Non so a cosa alluda” rispose.
“Ci mostri subito il corpo di quel babbano e, forse, non la farò sbattere subito ad Azkaban” replicò Dawlish.
“Entrate in casa mia di sproposito e avete pure il coraggio di accusarmi di una cosa che non ho fatto. Come è caduto ancora più in basso il Ministero” disse.
Dawlish stava per estrarre la bacchetta, quando Althea parlò: “Ian è nel mio appartamento. È entrato stanotte e ha cercato di strangolarmi. L’ho pietrificato. Lo trovate ancora là. Severus non c’entra nulla. Lo so, non dovevo utilizzare il camino, ma sono venuta qua da lui per cercare protezione.”
“Andremo a controllare, ma ciò non toglie il fatto che lei non abbia rispettato le regole che le erano state imposte” disse Dawlish.
“Perché considerate Severus pericoloso? È Ian quello da controllare” ribatté Althea.
“È solamente un babbano con alcuni problemi mentali. Un semplice incantesimo di memoria e non recherà più fastidio a nessuno. Il caso del Signor Piton, invece, è ben più diverso” spiegò Dawlish.
“Non dimentichiamoci che ha lavorato per Tu Sai Chi, fornendogli informazioni preziose e segrete” aggiunse Arthemius.
“Dovreste smetterla di giudicarlo per il suo passato. Ha tradito il Signore Oscuro. È sempre stato dalla parte di Silente, facendo il doppiogioco e rischiando la vita. Mi ha cacciata per proteggermi e io l’ho capito troppo tardi” spiegò.
“Tesoro, è chiaro che sei sconvolta. Perché ora non torni a casa con noi, mentre Dawlish si occuperà del signor Piton?” propose Miranda.
“Sappiate che non verrò da nessuna parte” disse Severus.
“Non cerchi di opporre resistenza. Si trova già in una situazione difficile. Non la comprometta” replicò Dawlish.
 “Continuate a giudicarlo per ciò che ha commesso. È Ian il colpevole. Ognuno di noi ha i suoi scheletri nell’armadio. Nessuno è perfetto. Nemmeno io lo sono mai stata” disse Althea e, rimboccandosi la manica, rivelò loro un’amara verità: sull’avambraccio sinistro, spiccava il marchio nero.






Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua con questo capitolo. Scusatemi per l'immensa attesa. Spero che vi stia piacendo, soprattutto questa svolta. Althea è stata una mangiamorte. Chissà perchè avrà deciso di far parte dei seguaci di Colui che non deve essere nominato? E Severus, ovviamente, già sapeva
Grazie a tutti coloro che hanno messo tra le preferite la storia; o che la stanno seguendo; recensita o semplicemente che sono passati di qua
Grazie anche alla mia carissima amica Lucia
Con ciò, ci sentiamo (spero presto) al prossimo capitolo
Buon inizio settimana e buona notte a tutti/e

 

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Capitolo 18
*** Il coraggio di Althea ***


REDEMPTION

 
Capitolo XVIII: Il coraggio di Althea


 

Londra 1980

 

Da un po' di mesi, dopo aver preso il diploma a Hogwarts, Althea aveva iniziato a lavorare al San Mungo, anche se le sue mansioni non erano esattamente ciò a cui aspirava.
Il Professor Smethwyck, suo superiore, l’aveva messa a pulire bagni e mettere in ordine documenti e scartoffie varie. Avrebbe tanto desiderato poter guarire anche solo un paziente ma, come Smethwyck le aveva ripetuto più volte “Tutti iniziano dalla gavetta e, anche lei non ne è da meno.”
Giorno dopo giorno, al San Mungo arrivavano pazienti di ogni tipo e, anche in quel momento, mentre se ne stava a riordinare alcune fiale, Smethwyck con i suoi fidati collaboratori le passarono accanto, trasportando su una barella un uomo ricoperto d’ustioni.
Mentre lo adagiavano su un letto, Althea si avvicinò, cercando di ascoltare i pareri medici che si stavano scambiando, ma non fece in tempo ad accostarsi più del dovuto che Smethwyck, senza neanche voltarsi, disse: “Non credo che qua sia il suo posto. Le consiglio di ritornare subito al suo lavoro e senza fiatare.”
Althea lo guardò malamente, ma non poté fare altro che eseguire gli ordini. Così, poco dopo, si ritrovò inginocchiata a pulire il pavimento del bagno, con secchio e acqua. Smethwyck le aveva proibito l’utilizzo della magia.
Si guardò le mani: erano rosse dal continuo strofinamento a terra. Sospirò. Non era quello ciò che aveva immaginato dopo essere uscita da Hogwarts. E i suoi genitori non sapevano nulla. A loro diceva semplicemente che il lavoro stava andando bene e che il Professor Smethwyck era un buon mentore.
“Come vorrei che le cose cambiassero” disse. Volse lo sguardo quando qualcuno la chiamò e, dopo essersi accorta che era Smethwyck, si alzò. Il professore disse: “Se ha finito di contemplare la sua vita, forse avrà anche tempo di ascoltare l’incarico che le voglio dare.”
“Un incarico per me?” domandò stupita.
“Vede qualcun altro qua, oltre a noi? All’inizio ne ero contrariato, ma poi ho pensato che male non le farà prendere una boccata d’aria” rispose lui.
“Mi cambia incarico?” chiese.
“Certo che no. La gavetta non si supera in così poco tempo. Deve solamente andare a Diagon Alley per acquistare alcuni ingredienti per conto mio. Le mie scorte stanno per finire e non vorrei ritrovarmi senza proprio nel momento del bisogno” spiegò.
“Grazie per la sua fiducia in me” disse Althea, facendo un piccolo sorriso.
“Non sia sciocca. Ho scelto lei solamente perché i miei più fidati collaboratori sono tutti impegnati con casi urgenti, me compreso. Quindi si dia una ripulita; prenda carta e penna e faccia subito ciò che le ho richiesto” replicò e uscì. Althea sbuffò ma, almeno, per una buona volta, era libera di uscire di lì.
Poco dopo si ritrovò a girare per Diagon Alley. Teneva in mano la lista con sopra scritto gli ingredienti che le aveva elencato Smethwyck. Stava per entrare in Farmacia, quando con la coda dell’occhio le parve di vedere qualcuno a lei molto familiare. Scosse negativamente la testa. Probabilmente se lo era solamente immaginata. Poi però, lo vide girare per un attimo il volto e fu lì che lo riconobbe: “Severus”.
Severus rivolse lo sguardo, per poi incamminarsi e svoltare l’angolo. Althea dapprima fu indecisa. Doveva comprare gli ingredienti per il suo capo. Ma era da tanto che non vedeva il suo amico. Così decise di seguirlo.
Stava a debita distanza, cercando di non farsi scoprire. Lo vide imboccare la via per Notturn Alley. Lei si fermò. Sapeva che poteva essere pericoloso proseguire, ma voleva scoprire dove fosse diretto il suo amico. Così riprese il cammino, per poi vederlo entrare da Magie Sinister.
Non si accorse della comparsa di qualcuno accanto a lei: “Guarda chi si rivede. La pecora nera di Corvonero.”
Althea volse lo sguardo, per poi domandare: “Regulus Black? Che ci fai da queste parti?”
“Potrei fare la stessa domanda a te. Questo non è posto da Corvonero” rispose.
“Ma, come hai appena detto tu, io ero la pecora nera della mia Casa. Magari potrei aspirare ad altro” disse.
“O a qualcuno” aggiunse lui ed entrambi voltarono gli sguardi non appena Severus uscì dal negozio. Il giovane Black lo chiamò e Piton rimase sorpreso nel vedere la sua vecchia amica.
I due si avvicinarono a lui e Regulus disse: “Hai visto chi ti ho portato?”.
“Tecnicamente sono venuta da sola. Regulus è arrivato dopo” lo corresse lei.
“Tipico di voi Black. Sempre a gonfiare la verità” disse Severus, accennando un sorriso. Poi guardò Althea, che però non proferì parola. Fu Regulus a parlare: “Allora, hai deciso? Lo sai che non puoi tirarti indietro”.
“So le conseguenze e non ho paura. È stata una mia decisione farne parte” disse Severus.
“Fare parte di cosa?” domandò Althea.
“Non penso siano affari che ti riguardano” ribatté Severus.
“Che modi, Piton, trattare così una tua cara amica. E poi è qua, perché non renderla partecipe?” disse Regulus.
“Sarebbe solo una grossa perdita di tempo” disse Severus.
“Non sta a te decidere” disse Regulus, facendo un piccolo sorriso. Calò il silenzio. Poi Black aggiunse: “Allora ci si vede. Sai l’orario e anche il luogo. Non fare tardi”. Guardò Althea: “A presto, Carter. Spero che accetterai” e se ne andò.
“Di cosa stava parlando?” domandò.
“Come ti ho già detto non sono affari che ti riguardano” replicò.
“Secondo Regulus, a quanto pare sì” ribatté lei.
“Gradirei tanto sapere perché mi hai seguito” chiese Severus.
“E’ così che mi accogli dopo tanto tempo che non ci vediamo? Credevo in un saluto più caloroso” rispose.
“Mi conosci fin troppo bene per sapere che non sono mai stato il tipo da sentimentalismi facili. Tu, piuttosto, sei riuscita a trovare qualche lavoro decente?” le domandò, prendendo a camminare. Althea gli si affiancò: “Lavoro al San Mungo come aiutante del Professor Smethwyck. Mi ha mandata lui qua a Diagon Alley per acquistare alcuni ingredienti.”
“E non ti preoccupa il fatto che stai perdendo tempo inutilmente, quando dovresti già essere ritornata da lui?” chiese.
“Ma io non sto perdendo tempo inutilmente. Mi sei davvero mancato in questi mesi. Almeno avresti potuto scrivermi” rispose. Severus si fermò: “Sono stato abbastanza impegnato”
“Qualunque cosa sia, voglio farne parte anche io” disse Althea.
“No, è pericoloso” replicò.
“Almeno fammi provare” disse Althea. Severus mise le mani sulle sue spalle: “Qua non si tratta di provare. O si vive o si muore! Non è una decisione facile.”
“Con te al mio fianco, non ho paura. So che mi proteggerai. Perché lo farai, vero?” gli chiese.
“Sei solo una testona! È come se parlassi ad un muro! Perché non lo vuoi capire?! C’è in gioco la vita di entrambi” ribatté.
“Regulus non sembrava avere paura” disse Althea.
“Smettila di comportarti da bambina e sii adulta almeno per una volta! Non ci saranno mamma e papà a proteggerti. Chi prende queste decisioni lo fa per una ragione ben precisa. E non si torna indietro” le spiegò.
“Cosa ti ha spinto a farlo?” gli domandò. Lo sguardo di Severus divenne cupo. Tolse le mani dalle sue spalle e, dandole di schiena, rispose: “Avevo paura e provavo anche tanta rabbia dentro di me. Volevo mostrare a Potter e ai suoi amici che non ero un debole. Così ho seguito il consiglio di Lucius e gli altri, entrando a far parte di un gruppo di maghi che hanno il solo scopo di prevalere su chi è inferiore a loro”.
Althea gli mise una mano sul braccio e l’altra su una guancia e, voltandogli il viso, in modo che si guardassero, disse: “Ora non importa tutto ciò, perché io sarò al tuo fianco. Ormai hai fatto la tua scelta. È tempo che io faccia la mia.”
Severus si voltò, prendendo entrambe le mani di lei tra le sue. Poi disse: “Vieni stasera a casa mia. Non farti seguire e, soprattutto, non dire a nessuno di tutto questo”. E, senza aggiungere altro, se ne andò.
Althea lo guardò in silenzio, poi però si ricordò del perché fosse lì: “Accidenti, se non mi sbrigo il Professor Smethwyck mi licenzierà”. E corse verso Diagon Alley.

Venne sera e Althea si ritrovò a camminare per le stradine lugubri e deserte di Spinner’s End. Aveva frequentato poco quel posto, se non solamente per andare a trovare Severus quando ancora andavano ad Hogwarts.
Era facile perdersi, anche se il quartiere risultava di piccole dimensioni, ma riconobbe subito l’abitazione del suo amico, seppur essa era quasi uguale a quelle adiacenti.
Si trovava in fondo alla via, accanto a quel fiumiciattolo dall’aspetto sudicio e dall’odore putrido e nauseante. Fece in tempo a bussare due volte che Severus aprì subito la porta. Guardò a destra e a sinistra, per poi tirare dentro l’amica. A passo spedito andò verso la piccola sala, prendendo il mantello dall’attaccapanni.
Althea si guardava intorno, non avendo quasi mai messo piede lì dentro, ma distolse lo sguardo dalla fornitura appena Severus la richiamò: “Non startene lì impalata e vieni subito qui”.
La ragazza si affiancò a lui, guardandolo. Severus inarcò un sopracciglio e disse: “Ti sei pietrificata? Non è il momento di farsi prendere dal panico. Dove andremo non c’è posto per la paura, quindi vedi di cambiare subito atteggiamento”. E si diresse verso il camino, prendendo un po' di polvere volante.
“Perché sei così scorbutico nei miei confronti? A scuola mi rassicuravi di più” disse Althea.
“Sono finiti quei tempi. Ora la vita è ben altra, ma dopotutto cosa lo vengo a dire a te, sempre protetta sotto a una campana da mamma e papà. Una ragazzina viziata che non ha ancora imparato a vivere” replicò.
“Ed è per questo che sono qui. Voglio mostrare agli altri chi sono veramente” ribatté Althea.
“Il coraggio non ti è mai mancato, nemmeno quando a scuola mi salvasti la vita e, forse, ti potrà aiutare anche stasera” disse Severus.
Althea fece un piccolo sorriso. Poi entrambi entrarono dentro al camino. La ragazza si attaccò al braccio del Serpeverde, il quale gridò: “Little Hangleton” e, dopo aver gettato a terra la polvere volante, vennero avvolti da fiamme verdi.
Un paesaggio lugubre, dall’aspetto sinistro, fu ciò che accolse Althea non appena uscì da quella vecchia abitazione. Ben lontano dalla caotica Londra o dal colorato quartiere di Little Whinging, dove era nata e cresciuta.
Severus le si affiancò, dicendole semplicemente: “Seguimi” e si incamminò, ovviamente seguito dalla ragazza.
Sembrava un villaggio deserto, abbandonato da anni e la poca luce presente per quelle stradine non faceva altro che aumentare la paura di Althea. La ragazza cercava di stare calma, ma più proseguivano e più si rendeva conto che forse quella non era stata una bella idea.
Arrivarono ai piedi di una collina e, in cima ad essa, si ergeva un’enorme dimora, dalle sembianze di un castello diroccato. Così come per il villaggio, anch’essa sembrava deserta, se non fosse stato per la fievole luce che proveniva da una delle finestre nel piano superiore.
Ad Althea salì l’ansia. Il suo respiro si fece più veloce.
Severus si fermò e, mettendosi davanti a lei, disse: “Ora ascoltami molto attentamente, perché non mi ripeterò: ricomponiti e cerca di darti un atteggiamento privo di ogni sentimento. Chi incontrerai non deve avere davanti a sé una ragazzina paurosa che scappa appena c’è una folata di vento. Devi essere coraggiosa e dimostrare che sei degna delle scelte che accetterai, perché da ciò dipenderà il tuo futuro. E soprattutto, tieni sempre salda la bacchetta, ma cerca di non mostrare questo gesto. È come se ti rendessi debole. Ti è tutto chiaro?
Althea si limitò ad annuire. Severus le andò accanto ed entrambi ripresero a camminare fino in cima alla collina, fermandosi di fronte al cancello. Dall’altra parte si avvicinò qualcuno e quando si arrestò, Althea stupita disse: “Peter Minus? Sei proprio tu?”.
Un uomo alquanto basso e non di certo di bell’aspetto si mostrò alla luce della luna. Guardò la ragazza e stupito chiese: “Althea Carter. Cosa ci fa una Corvonero da queste parti?”.
“Poche domande e aprici subito!” tagliò corto Severus. Peter aprì il cancello e, una volta che i due gli furono passati accanto, lo richiuse, per poi raggiungerli ed affiancarsi ad Althea. Severus lo squadrò con lo sguardo, mentre la ragazza sembrava non darci molta importanza.
“Sei ancora più bella dell’ultima volta. Che ne dici se, appena finita la riunione, io e te ce ne andiamo da qualche parte per fare… sì… quella cosa là” disse Peter, guardandola dall’alto in basso e strofinandosi le mani. Althea si sentì insicura. Si avvicinò ancora di più a Severus, che replicò: “Chiudi quella bocca e affretta il passo!”.
Peter non se lo fece ripetere due volte e camminò a passo spedito davanti a loro.
Althea guardò Severus, dicendogli: “Grazie”. Il ragazzo si limitò a guardarla a sua volta, annuendo, per poi riporre lo sguardo in avanti.
Una volta arrivati di fronte alla dimora, Peter aprì la porta per poi farsi da parte: “Prego, entrate pure”. I due entrarono, per poi essere guidati dall’altro ragazzo al piano superiore.
Althea si guardava intorno, soffermando, di tanto in tanto, lo sguardo sui molteplici quadri appesi, raffiguranti uomini e donne di alta classe e, molto probabilmente, streghe e maghi famosi.
In particolar modo, l’attirò un quadro. Si fermò di fronte a esso, osservandone i particolari: esso raffigurava una donna vestita elegantemente, davanti a uno stendardo verde sopra al quale era impresso lo stemma di famiglia. Il suo sguardo si posò però su un anello che portava nella mano sinistra. Non una fede, ma un vero e proprio anello d’oro e, sopra di esso, uno strano simbolo.
Althea cercò di guardare meglio, quando Severus la prese per un braccio trascinandola con sé, fermandosi di fronte a una porta chiusa.
“Stavo solo guardando” fu ciò che disse Althea.
“Non perdere mai la concentrazione mentre saremo qua dentro e, soprattutto, dimostrati coraggiosa e abbi sangue freddo. Io non so fino a che punto potrò aiutarti, ma sarò lì” spiegò Severus. La porta venne aperta da Peter. I due entrarono. Nella stanza c’erano altre persone, tutti con lunghi mantelli neri, e di fronte al caminetto accesso si ergeva una figura. Questa si voltò, dicendo: “Severus, finalmente sei arrivato e hai portato un’amica”.
Althea rimase senza parole. Davanti a loro c’era Lord Voldemort in persona.









Note dell'autrice: E finalmente, dopo secoli, eccomi con un nuovo capitolo. Grazie davvero di cuore a tutti coloro che stanno apprezzando questa storia e scusatemi ancora immensamente per il ritardo. Vi sta piacendo? Ovviamente sto prendendo spunto anche dai libri, mettendo fatti e cose che nei film hanno omesso. Grazie immensamente per chi ha messo la storia tra le preferite; seguite e ricordate. Chi ha recensito. Grazie
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Con ciò ci sentiamo al prossimo capitolo, sperando di non farvi attendere troppo
Buona notte a tutti. Buon inizio week end e buon inizio ferie a chi deve ancora farle
Fatto il misfatto






 

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Capitolo 19
*** Un marchio è per sempre ***


REDEMPTION


 
Capitolo XIX: Un marchio è per sempre



 

Little Hangleton 1980

 

Lord Voldermort si volse verso i due arrivati: “Severus, finalmente sei arrivato e vedo che hai portato un’amica. Prego, mia cara, non indugiare. Avvicinati.”
Althea guardò Severus, dalla cui espressione non riuscì a dedurre il suo stato emotivo. Rivolse lo sguardo in avanti, compiendo qualche passo verso la temuta figura.
Gli altri presenti la osservarono come avvoltoi e, in loro, riconobbe alcuni ex compagni di scuola, tra i quali Lucius, Narcissa, Regulus e Bellatrix. Non aveva mai avuto molto contatto con loro, se non per Malfoy e il giovane Black. Seppure fosse una Corvonero, a loro non aveva mai creato particolarmente fastidio, soprattutto quando accanto c’era Severus.
La ragazza si fermò di fronte a Voldermort, e abbassando di poco il capo, disse: “È un onore fare la vostra conoscenza ed essere al vostro cospetto. Ho sentito grandi cose su di voi.”
Voldermort sorrise. Poi disse: “Sei coraggiosa, o solamente molto sciocca. Dimmi, mia cara, cosa ti ha spinto a venire qua da me?
“Volevo vedervi di persona e ammirare le vostre gesta” rispose.
“Mente! È solamente una traditrice!” replicò Bellatrix.
“Taci! Solo io potrò constatare ciò! Non permetterti mai più di interrompermi!” l’ammonì Voldemort, guardandola.
“Mi dispiace, mio signore. Non accadrà più, ma sono disposta a essere punita per questo mio comportamento”
disse Bellatrix, chinando il capo.
“Vedremo” disse semplicemente il signore oscuro, dandole la schiena. Gli altri non pronunciarono parola.
“In quale casa appartenevi a Howgarts?” le chiese.
“Ero Corvonero, ma ho sempre ritenuto che il mio posto non fosse lì. Ho odiato fin dal primo anno le mie compagne. Per loro, ero la pecora nera. Ambivo a ben altro” spiegò.
Prima che possiate giudicarla, ciò che dice è vero. Posso affermarlo. La ragazza non è mai stata vista di buon occhio dagli altri Corvonero. Infatti, io e Malfoy abbiamo sempre apprezzato la sua compagnia. Non è vero, Severus?” aggiunse Regulus.
Tutti gli sguardi puntarono a Piton, che disse: “È sempre stata una ragazzina appiccicosa; costantemente in ritardo alle lezioni e incline ad ascoltare gli altri. Ma è abile in Pozioni, Trasfigurazione e nelle Arti Oscure. Inoltre, odia i Grifondoro.”
Una Corvonero che ama le arti oscure. Ho sempre pensato che quel cappello ammuffito non sapesse mettere le persone nelle loro giuste Case. Perché, allora, non smistarti in Serpeverde? Cosa ti è mancato?” disse Voldermort.
“È chiaro che non poteva essere una Serpeverde. È solo una stupida ragazzina che nasconde le proprie paure. Proprio come sta facendo anche ora” disse un membro del gruppo.
“Avada Kevadra!” gridò Voldemort, puntandogli contro la bacchetta. L’uomo cadde a terra morto. Calò il silenzio. Poi aggiunse: “Pensavo di essere stato chiaro quando prima dissi di non essere interrotto!” Riguardò Althea, che disse: “Come avete detto voi, quel cappello non è sempre stato quasi mai corretto con le scelte. Ma, ora, voglio dimostrare chi sono veramente.”
Voldemort sorrise. Poi disse: “Codaliscia! Va a prendere la nostra ospite e portala immediatamente qui.” E il nominato corse in un’altra stanza, per poi ritornare subito dopo, levitando una ragazza. Dai lividi e dalle ferite sanguinanti sul volto e sulle braccia, era chiaro che era stata precedentemente attaccata.
Althea la guardava e non si accorse di Voldemort che le mise un braccio intorno alla spalla e, mentre camminavano verso la ragazza, disse: “Un’altra ospite è venuta a farci visita prima di te ma, sfortunatamente, non era qui per i tuoi stessi motivi. È stata sorpresa mentre vagava qua fuori a curiosare. Quindi, per il nostro bene, abbiamo dovuto agire. Ma è forte e non vuole cedere.”
Si fermarono. La ragazza volse lo sguardo, per quello che poteva, e Althea rimase senza parole. La riconobbe all’istante: si trattava di Jennifer Garner, sua ex compagna Corvonero.
Era rimasta perfetta anche dopo la scuola, con quella pelle delicata come la porcellana; i capelli di un biondo dorato e gli occhi azzurro cielo. Ora, invece, la sua pelle sembrava morta; i capelli sporchi e lo sguardo spento.
“Althea, che bello rivederti. Non so cosa tu ci faccia qua, ma ti prego, liberami” la implorò.
“Noto che vi conoscete” disse Voldemort.
“È stata una mia ex compagna Corvonero” disse Althea.
“Che coincidenza. Tu vuoi conoscermi nello stesso identico giorno che scopriamo questa ragazza curiosare qua fuori. Chi mi dice che non vi siate messe d’accordo prima?” disse Voldemort.
“Non vedo Jennifer da quando abbiamo finito la scuola. Ve lo giuro. Da quel momento non abbiamo avuto più contatti. Come a Hogwarts, dopotutto” spiegò Althea.
“Non sono una persona che si fida delle parole. Voglio i fatti. Quindi, dimostramelo. Sai a cosa alludo” disse Voldemort.
Althea estrasse la bacchetta e, lentamente, l’alzò puntandola contro Jennifer. Gli altri sussurrarono tra loro. Regulus si spostò accanto a Severus, che guardò l’amica in silenzio, ma lei stava esitando.
“So che lo desideri ardentemente dentro di te. Hai accumulato così tanto odio verso questa ragazza, e ora hai la possibilità di riscattarti. Non senti le voci di lei e delle sue perfide amiche mentre ti prendevano in giro; mentre si beffeggiavano alle tue spalle? Ora è sola e senza protezione. Coraggio, fallo e ti sentirai meglio” disse Voldemort.
Ad Althea tremava la mano. Jennifer la guardava implorandola: “Ti prego, Althea. Non lo fare. Liberami e andiamocene da questo inferno. Non è il tuo mondo. Vieni via con me e ti prometto che avrai una vita migliore.”
“Non le crederai, vero? Sta solo cercando di farti sentire una debole, come lo eri a scuola. Quante promesse ti ha fatto a quel tempo? Quante ne ha mantenute? Vuoi davvero ritornare a quella miserabile vita? Nulla cambierà per te, mentre lei ti guarderà ancora dall’alto in basso. Ma, ora, i ruoli potrebbero ribaltarsi. Chi sarà la debole?” disse Voldemort.
“Per troppo tempo ho sofferto, pianto e mi sono nascosta. Non sarò io la debole. Non più” replicò Althea.
“Ti prego, questa non sei tu. Non lasciarmi… amica mia” disse Jennifer, allungando una mano verso di lei.
“Non sono tua amica. Non lo sono mai stata” ribatté.
A Jennifer scese una singola lacrima, poco prima che Althea pronunciasse quelle fatidiche parole, “Avada Kevadra”, mettendo fine alla sua vita. La ragazza cadde a terra, con gli occhi aperti e privi di anima.
Nessuno parlava. Guardavano il corpo inerme della ragazza, mentre Althea abbassava la bacchetta e non distoglieva lo sguardo da Jennifer.
“Come fai di cognome, mia cara?” le domandò Voldemort.
Althea lo guardò stupita. Come mai quella domanda, appena dopo l’uccisione di una persona?
Venne distolta dai suoi pensieri quando Voldemort replicò: “Ti ho fatto una domanda, ragazzina, e non mi piace ripetermi!”
“Ehm… Carter, mio signore. Il mio cognome è Carter” rispose.
“Mi sembra molto familiare” disse Voldemort.
“I suoi genitori lavorano al Ministero. Sono molto amici con il Primo Ministro” aggiunse Regulus. Althea lo guardò. Come faceva a saperlo? Non lo aveva detto a nessun altro a scuola, fuorché a Severus.
Riguardò Voldemort: “Molto interessante. Questo innalza ancora di più le mie aspettative su di te. Ora mostrami il braccio sinistro e arrotola la manica.”
La ragazza obbedì. Il Signore Oscuro puntò la bacchetta contro l’avambraccio, per poi dire: “Da ora in poi, tu mi servirai per sempre. Non obietterai a nessuno dei miei ordini. Quando verrai chiamata, dovrai immediatamente presentarti al mio cospetto. Non rivelare a nessuno la tua lealtà, nemmeno ai tuoi genitori. Se non obbedirai a tutto ciò, morirai per mano mia.”
Althea sentì come una forte scossa e, dopo che Voldemort ebbe allontanato la bacchetta, sul suo braccio comparve il Marchio Nero. Alzò lo sguardo verso il Dignore Oscuro, che le sorrise malignamente, per poi volgere lo sguardo e replicare: “Codaliscia, smettila di giocare con il cibo!”
Il nominato, che si trovava accanto alla ragazza morta, lo guardò, per poi alzare un piede, quando qualcosa di lungo e grosso gli passò vicino.
Althea vide un enorme serpente strisciare indisturbato tra i presenti. Poi Voldemort disse: “Bene, mia cara Nagini. Sei arrivata giusta in tempo per la cena. Serviti pure: è tutta tua.”
Althea continò a guardare il serpente che, cambiando traiettoria, si diresse verso Jennifer, non accorgendosi di qualcuno che le andò accanto, facendola girare e conducendola fuori dalla stanza. Solo una volta fuori, Althea volse lo sguardo, per trovarsi Severus accanto a sé.
“Non credo avremmo dovuto lasciare la stanza. Il Signore Oscuro si arrabbierà” disse.
“Per stasera hai già fatto troppo e poi, comunque, l’iniziazione è già finita” disse Severus. Althea inarcò un sopracciglio. Severus aggiunse: “Chi era presente aspettava solo te.”
“Non credo che a molti dei tuoi cari amici io stia simpatica” disse Althea.
“Loro non sono mai stati miei amici. Solo conoscenti” disse Severus.
“Nemmeno Black e Malfoy?” gli chiese. Severus non rispose. Poi la ragazza aggiunse: “Ormai il Signore Oscuro mi ha fatto entrare nella sua cerchia di seguaci. Non hai più il compito di proteggermi.”
“Ma che cosa stai dicendo? Sei ancora in pericolo, quasi quanto me. Non credere di essere la sua prediletta solo perché i tuoi genitori lavorano al ministero. Ci sono altri infiltrati del suo clan che gli riportano utili informazioni” spiegò Severus.
“Non voglio passare per la debole del gruppo!” replicò.
“Hai appena ucciso una persona e ancora non te ne rendi conto. Ti passerà” disse Severus.
“Certo che me ne rendo conto. Ero lucida quando ho preso quella decisione” ribatté.
“No, invece. Quando siamo usciti dalla stanza, ribadivi che dovevamo rimanere dentro. Sei già sottomessa al Signore Oscuro. Facendo così, pensi veramente di arrivare in cima alla lista dei suoi preferiti? Devi guadagnarti quel posto, ma non è sottomettendoti a lui che lo otterrai. Comportati come hai sempre fatto, con l’unica piccola differenza che ora hai un padrone da servire” spiegò Severus e si incamminò. Althea lo seguì, mentre Regulus li osservava standosene sulla soglia della porta.
La ragazza raggiunse l’amico e, bloccandolo per un polso, lo fermò: “Non è scappando che mi aiuterai.”
“Lo hai detto prima che vuoi cavartela da sola. Quindi, ti lascio campo libero” disse Severus.
“Non potrò mai farcela senza di te, Severus. Ti ho seguita, perché… perché…” disse titubante Althea. Gli lasciò il polso e, alzandosi leggermente sulle punte dei piedi, avvicinò il viso a quello di lui. Severus la guardò in silenzio, mentre le labbra di lei erano sempre più vicine alle sue.









Note dell'autrice: Ed eccomi qua con un altro colpo di scena, proprio come quando in un capitolo precedente Althea ha mostrato il marchio nero ai suoi genitori. Ecco come lo ha preso. Avevo letto che Voldemort mette il marchio nero solamente ai suoi seguaci più fedeli e, con Althea, avendo i genitori membri del Ministero, bè non poteva andare diversamente.
Vi sta piacendo la storia? Altro deve ancora accadere. Altri misteri devono ancora venire a galla. Dopotutto ognugno ha i propri scheletri nell'armadio ed Althea ha ancora qualcosa del suo passato da scoprire.
Grazie immensamente per tutti coloro che hanno recensito la storia; che l'hanno messa tra le preferite e seguite. Non sapevo potesse avere così tale successo. Quindi...grazie ancora immensamente. Grazie, ovviamente, anche a chi passa solamente di quì.
Grazie alla mia sempre presente amica Lucia
Vi aspetto al prossimo capitolo
Buon proseguimento di giornata e buon week end

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Fare di necessità virtù ***


REDEMPTION
 

Capitolo XX: Fare di necessità virtù

 

Miranda e Arthemius guardarono increduli il marchio nero sull’avambraccio della loro figlia che, d’altro canto, era priva di paura e con la determinazione negli occhi.
Dawlish guardò i Carter: “Ma bene, noto che abbiamo sempre avuto una talpa tra di noi. Proprio come il Signor Piton.”
“Dawlish, non è come credi. Nostra figlia non ci ha mai tradito” disse Arthemius.
“Chi può dire che non vi abbia stregato con una Maledizione Imperius solo per ottenere obbedienza e utili informazioni da consegnare al suo capo?” ribatté.
“O semplicemente li ha solo tenuti all’oscuro per proteggerli dal Ministero e da Voldemort” disse Althea. Dawlish la guardò e la ragazza continuò: “Non ho paura di pronunciare il suo nome, né tanto meno voi, soprattutto ora che è morto. Pensate che qualcuno possa riportarlo in vita?”
“Ci sono ancora molti suoi seguaci in giro che aspettano la giusta occasione, o anche solo una piccola debolezza, per resuscitare il loro capo. Non mi stupirebbe che voi due, durante il tempo di convivenza, vi siate messi d’accordo in merito” spiegò Dawlish.
“Sono stato costretto a passare giorni con questa ragazzina e ve ne uscite con l’assurda idea che io e lei possiamo aver pensato di resuscitare il Signore Oscuro. Sappiatelo, non c’è incantesimo che possa riportare in vita qualcuno” ribatté Severus.
“Questo implica che ci avete già provato in passato?” gli chiese Dawlish. Severus si limitò a incrociare le braccia. Dawlish sorrise: “Immaginavo” aggiunse semplicemente.
“Ma non per la persona a cui voi vi riferite” disse Severus.
Per un attimo gli sguardi dell’ex professore di Pozioni e di Althea si incrociarono, ma nessuno proferì parola. Riguardarono gli altri presenti, quando Arthemius disse: “Dawlish, cerca di ragionare. È chiaro che mia figlia non sta cercando un modo per riportare in vita Tu–Sai–Chi e che, molto probabilmente, è stato tutto causato dalla convivenza con il signor Piton.”
“A cosa sta alludendo?” replicò Severus.
“Al fatto che lei non ha mai adempiuto del tutto al compito che le avevamo prescritto io e mia moglie. Doveva proteggere nostra figlia, invece ha continuato ad accusare un innocente Babbano per fatti che non aveva commesso” spiegò.
“Papà, è chiaro che Ian stava cercando di farmi del male e Severus mi ha salvata. Ve l’ho detto: se volete delle prove, andate nel mio appartamento e lì troverete il suo corpo pietrificato. Perché faticate a credermi?” disse Althea.
Miranda e Artehmius si guardarono. Poi spostarono lo sguardo sulla figlia e la donna disse: “Tesoro, noi ti vorremmo credere, ma dopo che ci hai mostrato… be’… quella cosa… non ne siamo più tanto sicuri.”
“Sono sempre vostra figlia! Cosa dovrebbe cambiare ora?! Durante la seconda guerra magica sono sempre stata fedele a Silente, così come Severus” replicò Althea. I genitori non obiettarono.
“Signori, è chiaro che siamo tutti un po' scossi riguardo alle ultime rivelazioni. Facciamo così: rechiamoci all’appartamento della signorina Carter. Là decideremo il da farsi” disse Dawlish, allontanandosi dal gruppo.
Arthemius lo seguì: “E cosa facciamo con Althea? Non possiamo lasciarla da sola con lui” chiese.
Dawlish si voltò e, puntando la bacchetta contro Severus, gli fece un incantesimo: delle corde lo legarono, immobilizzandolo dalle braccia ai piedi.
Rimise via la bacchetta dirigendosi verso il camino, per poi scomparire tra le fiamme verdi. Arthemius guardò la figlia e, senza dire nulla, seguì il collega.
Miranda, invece, l’abbracciò forte, dicendole: “Mi raccomando tesoro, stai lontana da lui. Faremo presto, promesso.” Stava per baciarla sulla guancia, ma Althea spostò il viso. La madre abbassò tristemente il capo, per poi scomparire, anche lei, tra le fiamme verdi del camino.
Calò il silenzio. Althea camminò avanti e indietro per la stanza, con Severus che la seguiva con lo sguardo. I suoi passi facevano rumore sul pavimento in legno, finché l’ex professore di pozioni non parlò: “Potresti smetterla di andare avanti e indietro? Mi stai dando sui nervi”
“Mi aiuta a pensare” disse, continuando a camminare.
“Se non avessi le mani legate, avrei fatto la stessa cosa che tu hai fatto a quel Babbano” replicò.
“Non sei contento di come ho agito? Mi sono difesa” disse Althea, fermandosi di fronte a lui.
“Per un momento pensavo che avreste parlato del prossimo appuntamento” disse Severus. Althea lo guardò malamente, per poi riprendere a camminare. Severus alzò gli occhi al soffitto, per poi cercare di liberarsi almeno le mani.
La ragazza si fermò: “Ci sono! Potremmo scappare. Fuggire molto lontano da qua.”
“E con ciò cosa risolveresti? Saresti ancora più ricercata” disse Severus, continuando a liberarsi le mani.
“L’alternativa sarebbe la prigione e ho visto come ti hanno condannato al Ministero. Non credo sarebbero tanto clementi nemmeno nei miei confronti. E poi, guarda il lato positivo: dove andremo potremmo assumere nuove identità. Nessuno là ci riconoscerebbe e sarebbe come passare una bellissima vacanza senza problemi” spiegò Althea.
“E dove consiglieresti di andare?” le domandò.
“Ancora non lo so, ma il mondo è molto grande” rispose. Severus riuscì a liberarsi le mani. Althea lo guardò sorpresa ma, dopotutto, lui era un mago molto potente. Non erano certo un paio di corde a fermarlo.
“Tu hai viaggiato parecchio. Dove andresti?” chiese.
“Cosa ti fa pensare che abbia viaggiato parecchio?” domandò, mentre si toglieva le corde dai piedi.
“Sei un pozionista. Quindi, di conseguenza, per prendere varie piante per le pozioni avrai sicuramente viaggiato per il mondo” rispose.
“Come sempre la tua mente non è mai aperta del tutto. Non hai pensato che, magari, mi sono fatto portare direttamente ad Hogwarts quelle piante? Non siamo Babbani che devono, per forza, prendere l’aereo per viaggiare da un continente all’altro. Pietrificare il tuo corteggiatore non ti ha reso più intelligente, ma solamente più sciocca” spiegò, riuscendosi a liberare anche dalle corde che gli legavano i piedi.
“Quindi per te avrei dovuto farmi strangolare da Ian, invece di difendermi?” chiese.
“Da come me lo chiedi, è come se mi divertissi a vederti torturata da quel Babbano” rispose.
“È da come ti sei espresso che l’ho dedotto” ribatté Althea.
“Non mi hai voluto credere, quando ti ho detto di stare lontano da lui ma, a quanto pare, che male mai poteva fare una persona così innocente e stolta? Stupido io quella sera che vi ho seguiti, usando quel poco di Pozione Polisucco rimasta” spiegò.
“Avresti davvero permesso a Ian di farmi del male?” domandò. Severus si limitò a guardarla, scuotendo negativamente la testa. Althea fece un piccolo sorriso. Si avvicinò a lui e, mettendosi in punta di piedi, lo baciò.
Severus non l’allontanò da sé. Lo aveva già fatto in passato. Ma allora era stato un atto di codardia o, forse, solamente di protezione. Se non ci fosse stato di mezzo il Ministero, sarebbero già scappati lontano, ma non poteva permettere che lei finisse nuovamente nei guai. Gli aveva ridato una seconda possibilità di viver,e ma era come se il passato ritornasse sempre per tormentarlo.
Althea si staccò, ma appena vide il suo sguardo perplesso gli chiese: “Qualcosa non va? Mi dispiace, non avrei dovuto. Hai ragione: non ragiono mai, prima di agire. È sempre stato uno dei miei tanti difetti.”
“Non è per quello. È che, nuovamente per colpa mia, sei finita nei guai. Non posso permettere che ti sbattano ad Azkaban. Farò ciò che vogliono: mi costituirò, così non sarò più un problema” disse.
“Se lo faranno, verrò con te. Anche io facevo parte dei Mangiamorte e, quanto te, sono colpevole di ciò che il Signore Oscuro ha commesso” disse Althea.
“Ti rovinerai la vita, proprio ora che hai una carriera appena avviata. E poi tu qua hai una famiglia che ti vuole bene” disse Severus.
“Se i miei mi volessero bene, mi crederebbero. Invece hai visto i loro sguardi e mio padre ha seguito, senza obiettare, Dawlish. Sono troppo corrotti dal Ministero e hanno ancora la mente offuscata dai crimini di Voldemort. Se mi vuoi allontanare di nuovo, sappi che questa volta non me ne andrò” spiegò Althea.
Severus spostò di lato lo sguardo. Troppo orgoglioso per ammettere che non poteva più agire da solo ma, forse, anche troppo protettivo nei confronti di quella ragazzina che, per amore, gli aveva dimostrato coraggio, andando perfino contro ai propri genitori.
La riguardò: “Forse so chi ci può nascondere, ma non possiamo prendere il camino: è sotto sorveglianza, né tanto meno usare una qualsiasi passaporta. Dovremo smaterializzarci. Te la senti?”
“Certo, ma è meglio se ci sbrighiamo. I miei non devono trovarci” rispose.
Poco dopo, i due stavano camminando a passo veloce per i corridoi di Hogwarts, seguendo la Professoressa McGranitt.
“Lo so che le stiamo chiedendo tanto, ma è solamente per il tempo necessario finché non si saranno stancati di cercarci” disse Severus.
“Non so cosa pretendiate da me ma, come ben sapete, Hogwarts è una scuola di alto prestigio, non un luogo da utilizzare per nascondino” disse la McGranitt.
“Qua non si tratta di giocare, ma è in ballo il futuro di entrambi” replicò Severus.
“E poi, una volta, Silente disse che qua avremmo sempre trovato rifugio” aggiunse Althea.
La McGranitt si fermò e, guardandoli, disse: “La seconda guerra magica sarà anche finita da qualche mese, ma ci sono ancora persone che, se sapessero che sei vivo, ti vorrebbero morto. Solo pochi hanno sempre saputo del tuo doppio gioco e non so fin quanto potrò difenderti.”
“Non ce ne sarà bisogno. Non voglio che nessun altro ci rimetta per colpa mia” disse Severus.
Minerva guardò Althea: “A quanto pare la signorina Carter deve averti un po' messo la testa a posto ma, dopotutto, anche quando eravate studenti non ti mollava mai.” E la ragazza arrossì. Riguardarono avanti. Davanti a loro comparve un’enorme porta. L’aprirono e, mentre entravano, Minerva aggiunse: “La Stanza delle Necessità. Compare nel momento del bisogno. Chiunque qua ad Hogwarts può farne uso ma, ovviamente, mantenendo un certo riguardo.”
“Non si preoccupi: rimarrà come l’ha trovata” disse Severus.
“Grazie ancora, professoressa McGranitt. Sta rischiando così tanto per noi. Non dovremmo metterla in un tale pericolo” disse Althea.
“Nessuno saprà che siete qui ma, prima o poi, dovrete raccontare la verità” disse Minerva.
“Lei ha sempre saputo?” disse stupita Althea.
“Si è forse dimenticata che anche io facevo parte dell’Ordine? E poi Silente mi ha sempre tenuta al corrente di tutto” disse Minerva.
Ci fu silenzio. Poi la professoressa spiegò: “Bene, qui vi lascio. Spero vi ricordiate le regole di questa stanza. Non vorrei che, anche a una sola piccola distrazione, veniate scoperti. Mi raccomando, comportatevi bene. Anche se siete adulti, esigo educazione e rispetto.” E, voltandosi, uscì.
Althea e Severus rimasero, nel silenzio più totale, uno accanto all’altra mentre, davanti a loro e in tutta la sua maestosità, si mostrava la stanza delle necessità.
“E ora che si fa?” chiese Althea.
“Si aspetta” rispose Severus.








Note dell'autrice: Emmm...mi perdonate, vero? Scusatemi immensamente per questa lunghissima assenza ma...ecco...mi era venuto il cosidetto blocco dell'autore. Scusatemi ancora per tutto. Per avervi fatto aspettare così tanto. Spero che vogliate ancora continuare a leggere la storia e spero non abbiate perso le speranze. Sono già al lavoro con il prossimo capitolo
Grazie a tutti quelli che hanno avuto pazienza; a chi ha recensito o solamente è passato di qua
Grazie alla mia sempre presente super amica Lucia
Con ciò vi auguro anche una serena Pasqua, sperando stavolta di sentirci prima del previsto
Una buona notte a tutti/e
Valentina

 

 

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Capitolo 21
*** Spiragli sul cuore ***


REDEMPTION
 

Capitolo XXI: Spiragli sul cuore
 

Erano passati mesi dalla fine della seconda guerra magica. Da quando Hogwarts era stata ricostruita, piano piano gli studenti erano rientrati per proseguire con gli studi. Tra loro vi era Hermione.
La ragazza aveva cercato di convincere anche i suoi due migliori amici ma, ovviamente, avevano apertamente declinato l’offerta.
Primo fra tutti Ron: secondo lui, terminare la scuola con la guerra appena conclusa non era così importante, ma Hermione aveva obiettato che, se volevano trovarsi un degno lavoro, avrebbero dovuto completare gli studi.
Non c’era stato nulla da fare e la giovane maga si ritrovò a vagare da sola per i corridoi del castello, per la prima volta in sette anni senza i suoi due inseparabili amici.
Era strano ritornare lì dopo gli avvenimenti appena accaduti. Su alcune scalinate e accanto a muri c’erano ancora calcinacci che dovevano essere sistemati. Appesi alle pareti, parecchi quadri vuoti aspettavano di essere nuovamente riempiti dai precedenti maghi o streghe ritratti o da volti nuovi. Per il resto era tutto come Hermione ricordava quando aveva messo piede lì dentro per la prima volta. Un momento pieno di emozioni e bei ricordi. Gli stessi che stavano passando gli studenti del primo anno. Perché Hogwarts non era solo una delle scuole più prestigiose del mondo magico, ma si trattava di una seconda famiglia per tutti coloro che ne prendevano parte ed Hermione non era stata da meno. Lì aveva trovato fedeli amici e si era distinta fra le streghe più brillanti della sua generazione.
Ed era anche per quel motivo che aveva voluto ritornare per concludere gli studi e crearsi, così, un degno futuro. Di una cosa era certa: avrebbe combattuto per far valere i suoi valori sulle creature magiche meno fortunate e sui Babbani. Tutti dovevano avere pari diritti.
Aveva appena terminato Incantesimi. Uscita dall’aula, si stava dirigendo in biblioteca, intenta a trovare informazioni sui compiti assegnati, quando venne affiancata da Luna.
“Luna?! Anche tu hai ripreso gli studi?” le domandò stupita, ma al contempo contenta nel rivederla.
“Ciao, Hermione Granger. È strano non vederti in compagnia di Harry e Ron. A proposito, come stanno? Si stanno godendo il meritato riposo?” chiese.
“Penso bene, ma li conosci, soprattutto Ron: appena ha appreso che non sarebbe stato obbligatorio ritornare ad Hogwarts, ha preso il boccino al volo, pregandomi di fare lo stesso, sapendo che non mi avrebbe mai convinta. Credo vada a lavorare con George nel negozio. Sai, per via che ora Fred…” spiegò Hermione, non riuscendo a terminare la frase. La perdita di Fred, così come quella di molte altre persone, era ancora fresca.
“Una grossa perdita, ma ora si trova in pace, insieme alla mia mamma e a tutti gli altri. Magari si starà divertendo lassù” disse Luna, guardandola. Hermione stette in silenzio. Luna aggiunse: “Sai già cosa farai dopo la scuola?”
“Vorrei dedicarmi alla salvaguardia delle creature magiche più svantaggiate, come gli elfi domestici, lottando per i loro diritti. Trovo ingiusto che vengano ancora trattati come servi” rispose.
“Trovo ammirevole questa tua decisione, e sappi che io e mio padre siamo d’accordo con te. Nessun essere vivente dovrebbe essere condannato a servire qualcun altro, è per questo che diventerò una mazizoologa. Ho conosciuto un ragazzo che, come me, vorrebbe dedicarsi a questo lavoro. Lo trovo molto carino. Vieni con noi a Cura delle Creature Magiche?” spiegò Luna.
“Ti ringrazio, ma vorrei dedicarmi ad alcune ricerche per i compiti appena assegnati. È per questo che mi sto recando in biblioteca” disse Hermione ma, appena vi arrivarono, il posto brulicava di molti studenti.
“Che succede? Di solito la biblioteca non è mai così frequentata” chiese Hermione.
“Credo che tutti stiano effettuando ricerche sulle vostre eroiche imprese contro il Signore Oscuro. Siete diventati piuttosto famosi dopo la fine della seconda guerra magica” rispose Luna.
“Forse è meglio se me vado da un’altra parte a studiare” disse Hermione.
“Potresti raggiungere Neville in riva al lago. Va spesso lì per studiare le varie piante. Vorrebbe diventare professore di Erbologia. Carino, vero?” spiegò Luna. Hermione la guardò stranamente, per poi uscire.
Nel frattempo, Althea e Severus stavano camminando per la stanza delle necessità. Althea si stava guardando intorno con curiosità, prendendo, di tanto in tanto, gli svariati oggetti presenti.
“Sembra un vaso canopo egiziano. Chissà a chi apparteneva?” disse Althea, mentre osservava l’oggetto in mano. Severus si fermò. Glielo prese e, dopo averlo depositato a terra, riprese a camminare.
Althea lo fulminò con lo sguardo, ma lo seguì, prendendo altri oggetti sul percorso. “Guarda che carino questo. Magari apparteneva a un antenato di Silente. O a uno dei quattro fondatori di Hogwarts.”
“Potresti startene zitta almeno per un po'?! Sto cercando di pensare” replicò Severus, continuando a camminare.
“Quanto sei antipatico. Ci troviamo in una stanza piena di tanti oggetti strani. Non ti vuoi divertire?” chiese.
“Non stiamo giocando! Dobbiamo pensare per quando il Ministero ci troverà” ribatté.
“Figuriamoci se quelli ci trovano. Non hanno nemmeno voluto ascoltare Silente, quando Voldemort era ritornato” disse Althea.
“Non mi fido di nessuno. Potrebbero esserci delle talpe. Non possiamo permetterci passi falsi” disse Severus.
“Non ti fidi neanche di me?” domandò. Severus si fermò. Volse lo sguardo, non rispondendo. Riguardò avanti. Stava per riprendere a camminare, quando Althea lo chiamò. Si rivoltò, ma gli arrivò una palla di neve in faccia.
Lo sguardo del pozionista non era di certo dei più benevoli: “Smettila di giocare! E poi, neve qua dentro. È una cosa ridicola!” replicò.
“Forse uno di noi due l’ha voluta molto intensamente, e allora la stanza ha provveduto” disse Althea, facendo un piccolo sorriso.
“Sei solo una bambina!” replicò Severus e, voltandosi, riprese a camminare.
Althea gli fece una linguaccia, ma poi lo seguì, fino a quando il pozionista non si sedette su un divano. La ragazza si fermò di fronte a lui, vedendolo con le mani sulle tempie e gli occhi chiusi.
Lo osservò, mentre lui se ne stava in silenzio. Poi sbuffò, sedendosi accanto a lui, ma rimanendosene un po' distante. Continuò a guardarlo, per poi spostare lo sguardo altrove. Iniziò a picchiettare una mano sulla fodera del divano, per poi battere contemporaneamente un piede a terra.
Ciò irritò Severus che, aprendo gli occhi, la guardò malamente. Bastò per far smettere Althea che, sbuffando nuovamente, riprese a guardare altrove.
Avevano una stanza tutta per loro, eppure non sembrava importare nulla allo scorbutico pozionista. Inoltre c’era fin troppo silenzio per i suoi gusti.
“Sei noioso” gli disse.
“E tu seccante” ribatté lui.
“Una volta ti piaceva venire qua” disse.
Severus la guardò: “Quando mai?! Eri tu che mi trascinavi e supplicavi di trovarti un nascondiglio e la stanza compariva per le tue necessità.”
“Per le nostre necessità, vorrai dire. Eri comunque più collaborativo di ora e adoravi raccontarmi le storie degli oggetti che comparivano” spiegò. Severus guardò a terra: “Erano tempi diversi.”
“Cosa ci sarebbe di diverso? Ci nascondiamo come allora; entrambi siamo perseguitati da qualcosa o qualcuno e non facciamo altro che litigare. A me sembra tutto uguale” disse Althea.
Calò il silenzio. Poi Severus parlò: “Ti svegli mai la notte con un grande senso di colpa? Con il rimorso del poter far di più e la coscienza sporca dagli atti compiuti? Il Signore Oscuro è morto, ma i fantasmi del passato continuano a tormentarmi.”
“C’è sempre una figura avvolta nella nebbia nei miei sogni. Non si mostra, ma mi parla dicendomi che, prima o poi, devo riabbracciare il mio passato e sarà lì che scoprirò la sua identità. Nessuno sa di questa cosa. Tu sei il primo alla quale la racconto” spiegò Althea.
Calò nuovamente il silenzio, finché Severus non disse: “Non sei poi così seccante.”
“E tu nemmeno così tanto noioso. Dovresti aprirti di più con le persone e, forse, ti renderesti anche un po' più simpatico” aggiunse Althea.
“Con gli anni ho cercato di allontanare gli altri da me per svariati motivi. Anche con te” disse Severus. Althea lo guardò in silenzio. Poi continuò: “Non sono il tipo da amicizie”.
“Forse è venuto il momento di cambiare, non trovi?” disse Althea. Severus la guardò, quindi entrambi volsero gli sguardi in avanti. Le porte della sala si stavano aprendo e una persona si trovava all’entrata di essa. Si trattava di Hermione.





Note dell'autrice: Grazie. Grazie immensamente a tutti/e. Grazie per le bellissime recensioni e grazie a chi ha messo la storia tra le seguite e preferite (grazie anche chi mi ha messo tra gli autori preferiti. Siete gentilissimi) Innanzitutto come sono andate Pasqua e Pasquetta? Spero bene
Come vi sembra la storia? (spero sempre di rimanere nel personaggio di Severus) Sto cercando di collegarmi alla storia principale (avevo letto che Hermione era l'unica del trio ad essere ritornata per concludere il settimo anno)
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Grazie nuovamente a tutti voi
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Una buon proseguimento di serata a tutti/ e e buon inizio settimana
Un abbraccio,
Valentina

 
 
 
 

 

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Capitolo 22
*** Nascondigli ingannevoli ***


REDEMPTION
 

Capitolo XXII: Nascondigli ingannevoli


 
Hermione continuava a camminare per i corridoi del castello. La biblioteca era sempre stata il luogo da lei preferito dove studiare ma, a quanto pareva, ora era impossibile anche entrarvici.
Poteva tentare la torre di Astronomia, ma l’avrebbe di sicuro trovata chiusa, visto che, ovviamente, le lezioni si tenevano solamente verso tarda sera.
Hogwarts era un posto grande, ma al contempo anche molto affollato. Trovare un posticino tranquillo era come affrontare un drago. Anche in riva al lago. Da sempre luogo silenzioso dove trascorrere pomeriggi lontani dalle lezioni, ora si era trasformato nel ritrovo di futuri magizoologi o studiosi di erbe magiche e curative. Neville e Luna erano diventati tra gli assidui frequentatori del posto, scambiandosi aneddoti e curiosità sulle materie da loro approfondite.
La fortuna sembrava non girare dalla sua parte quando, passando accanto a una parete, comparve una porta. Hermione si fermò, mentre essa si apriva. La ragazza sorrise, ricordando con piacere la stanza delle necessità, ritrovo con i suoi amici durante le lezioni dell’Esercito di Silente.
Althea e Severus volsero gli sguardi. Qualcuno stava entrando nella stanza.
Entrambi si alzarono: “Ma non si potrebbe mettere un incantesimo alla stanza, in modo che nessun altro possa entrare?” disse Althea.
“Disse colei che fa entrare in casa sua, senza problemi, il vicino psicopatico” disse Severus.
“Presto, dobbiamo cercare un posto dove nasconderti” disse Althea e, dopo averlo preso per un braccio, iniziò a camminare a passo spedito.
“Perché dovrei nascondermi solo io? Anche tu sei ricercata” chiese Severus.
“Io sto solo scappando dai miei genitori. Mentre tu, in teoria, dovresti essere morto da mesi. Nessuno deve vederti” rispose Althea.
“Tua è stata l’idea di scappare!” replicò Severus.
“E tua l’idea di venire qua. Fosse stato per me, saremmo andati in Australia” aggiunse Althea. Continuò a guardarsi intorno in modo frenetico, non trovando un posto adatto: “Ma perché quando ho bisogno della neve, non compare?!” replicò la ragazza.
Severus le lanciò un’occhiataccia quando Althea si fermò bruscamente e lui le finì addosso.
“Ecco, vai qua dentro” gli disse.
“Sei matta?! Io lì non ci vado!” ribatté il pozionista. Althea aprì le ante di quello che aveva l’aria di essere un armadio. Quindi disse: “Non c’è più tempo. Su, entra.”
“Questo è un armadio svanitore” disse semplicemente Severus.
“E allora? Non soffrirai mica di claustrofobia?” gli chiese.
“L’armadio svanitore è un oggetto pericoloso. Non si sa cosa si possa trovare al suo interno o chi ne possa uscire” spiegò Severus.
“Come vedi è vuoto, e poi chi metterebbe mai un oggetto pericoloso in una stanza di una scuola frequentata da tanti ragazzini?” disse Althea. Severus la guardò stranamente. Poi disse: “Forse, ti sei dimenticata del Basilisco nella Camera dei segreti.”
“Non ero neanche presente, quindi non è un mio problema” disse Althea, mettendosi dietro di lui.
“Sei solo un’egoista!” replicò Severus.
“Per quanto riguarda quell’anno in cui il Basilisco ha attaccato tutti quegli studenti e io non ero presente perché ero a lavorare?” domandò.
“No, perché mi stai cacciando forzatamente qua dentro, quando dovresti entrare anche tu” rispose. Althea lo spinse all’interno dell’armadio e, dopo aver chiuso le ante, disse: “Ora stai zitto! Vedrai che poi mi ringrazierai”.
Hermione continuava a camminare per la stanza, guardandosi intorno con curiosità. Seppur ci avesse già messo piede negli anni precedenti, quel luogo nascondeva sempre un velo di mistero.
Il suo cammino, però, venne interrotto da Althea: “Ciao. Io e te non ci conosciamo, e probabilmente che ci siamo viste solamente di sfuggita. Proprio come ora. Sono qui per caso come, forse, anche tu.”
Per un po', Hermione rimase scioccata. Poi però disse: “Ti ho vista qualche anno fa a Grimmauld Place. Facevi parte dell’Ordine della Fenice.”
“Oh… sì… ma magari mi confondi con qualcun'altra” disse Althea.
“No, sono sicura che fossi tu” disse Hermione. Althea le si affiancò e, dopo averle messo un braccio intorno al collo, si incamminò verso l’entrata, dicendo: “Oh, come si è fatto tardi. Forse è meglio se vai. Avrai tantissimo da studiare.”
“Veramente stavo proprio cercando un posto tranquillo dove studiare e mi si è presentata la stanza delle necessità” disse Hermione.
“Come hai potuto notare, necessita più a me” disse Althea. Hermione la squadrò ma, prima che potesse aprire bocca, si ritrovò fuori dalla stanza e con le porte chiuse in faccia.
“Che razza di maleducata! Ma chi si crede di essere! Quella non mi convince. Meglio indagare” replicò Hermione e se ne andò indignata.
Althea si rivoltò e, a passo spedito, si diresse verso l’armadio svanitore: “Ok, Severus, via libera: quella ragazzina se n’è andata”. Ma dall’oggetto nessuno uscì.
La donna ci riprovò: “Severus, non sei divertente – non che tu lo sia mai stato. Esci: sono rimasta solo io”. Ma, nuovamente, nulla.
Althea aprì l’armadio, ma di Severus nessuna traccia. Chiuse le ante e le riaprì, sperando nella comparsa del pozionista, ma nuovamente non era presente.
Althea iniziò a sudare: “No. No. No. Fa’ che non sia vero, ti prego. Fa’ che non sia sparito veramente”. Chiuse gli occhi, sperando si trattasse tutto di un sogno. Inspirò ed espirò. Riaprì le ante – così come gli occhi – ma Severus non c’era.
Sbuffò e, timidamente, entrò dentro l’armadio, chiudendosi le ante dietro di sé. Fece un lungo respiro. Poi si voltò ma, quando riaprì le ante, non si trovò più nella stanza delle necessità.
Uscì. Era in un negozio, con strani e orribili oggetti disposti su mensole ricoperte di polvere o in teche sporche. Il soffitto era pieno di ragnatele e teste di animali impagliati dalle espressioni raccapriccianti. Sembrava essere entrata in un incubo.
Uscì dalla porta a passo spedito, ritrovandosi in un vicolo buio e umido. Si accostò alla fredda parete di mattoni, facendosi strada passo dopo passo. Stava per arrivare alla fine quando qualcuno le si affiancò, bloccandole la strada.
“Althea Carter. Ma che sorpresa rivederti. Soprattutto in un luogo come questo” disse.
“Antonin Dolohov, avevo sentito che eri finito ad Azkaban” disse Althea, guardandolo e riconoscendo l’interlocutore.
“Black non era l’unico a essere riuscito a scappare. Tu, invece, stai cercando ancora un modo per redimerti? Forse posso darti una soluzione” disse Antonin.
“Se hai trovato qualcuno che ha ancora la folle idea di voler resuscitare nuovamente il Signore Oscuro, sappi che non voglio farne parte. Ho finito con quella storia” disse Althea.
“Voldemort non può più essere riportato in vita. Mi ha mandato uno che ti sta cercando da molto tempo e non vede l’ora di conoscerti” disse Antonin.
“Be’, allora dirgli di contattarmi via gufo. Sarò bel lieta di rispondergli” disse Althea.
“Non è così semplice. A lui piace la riservatezza. Non è ben visto da molte persone, seppur la sua incredibile storia sia stata oscurata da Voldemort. Ma sono sicuro che ben presto il suo nome diventerà nuovamente importante. Sta solo a te decidere” spiegò Antonin e le mostrò un bigliettino da visita.
Althea lo prese. Lo girò e rigirò. Poi riguardò Antonin: “È bianco. Senti, non sono in vena di scherzi”.
“Quando sarai pronta non devi fare altro che pronunciare l’incantesimo “Revelio”. Dopotutto non sei curiosa di conoscere il tuo futuro? Ma, soprattutto, sapere veramente chi sei?” le sussurrò in un orecchio. Poi si allontanò e, mentre sogghignava malignamente, aggiunse: “Pensaci bene. Vedrai che non te ne pentirai”. E se ne andò.
Althea riguardò il bigliettino. Tutto ciò che era appena accaduto le pareva ancora strano. Che la persona che sognava fosse, in realtà, colei – o colui, che aveva mandato Dolohov? Forse si trattava solo di una coincidenza.
Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse quando qualcuno comparve dietro di lei, mettendole una mano sulla bocca. Althea cercò di togliersela, mentre l’individuo la trascinava in un altro vicolo.
Una volta fermi, Althea vide di chi si trattava: era Severus, ma se lo sguardo di lei era di sollievo, non si poteva dire lo stesso del suo, tutt’altro che di contentezza.
“Ora, se mi prometti di non gridare come una bambina, tirerò via la mano. Al contrario, tirerò via ugualmente la mano, ma ti praticherò un incantesimo che ti terrà la bocca chiusa finché non lo deciderò io. Intesi?” replicò. Althea annuì e Severus tolse la mano.
“Oh, Severus come sono contenta di rivederti. Pensavo che fossi finito chissà dove” gridò contenta Althea, abbracciandolo. Il pozionista alzò gli occhi al cielo, per poi scostarla da sé.
La donna abbassò il capo: “Lo so, lo so. Scusami. Mi avevi detto di non comportarmi come una bambina”.
“Ti avevo detto di non gridare come una bambina” la corresse. Poi continuò: “Come una bambina ti comporti già da tempo”. Althea rialzò lo sguardo. Severus continuò: “Voglio risposte precise e sincere. Cosa voleva Dolohov da te?”.
“Ma io…” iniziò a dire Althea. Severus la bloccò: “Vi ho visto mentre parlavate. Ero nascosto poco più in là e non pensare che non l’abbia riconosciuto. Allora, voglio la verità e vieni subito al dunque”.
“Dice che lo ha mandato qualcuno che mi sta cercando da molto tempo e non vede l’ora di conoscermi. Mi ha dato questo bigliettino, ma è del tutto bianco” spiegò e mostrò l’oggetto a Severus. Questi lo prese e, mentre l’osservava, disse: “È possibile sia pieno di magia nera. Non ti è venuta l’idea di gettarlo?” La donna non rispose. Severus fece un piccolo sorriso: “Ovvio che no. La tua curiosità deve sempre subentrare anche nei momenti di pericolo”.
“Forse perché non mi è mai passato dalla testa di disfarmene” disse Althea.
“Non c’è problema: rimediamo subito” disse Severus e, puntando la bacchetta contro il bigliettino, stava per pronunciare un incantesimo, quando Althea glielo levò dalla mano.
Severus la guardò malamente quando Althea sorrise beffardamente. Il pozionista replicò: “Bene. Fa’ come ti pare. Ma non venire a piangere da me, se la faccenda dovesse complicarsi”.
“So che avrò lo stesso il tuo supporto. Non lo ammetterai mai apertamente, ma tieni a me” disse Althea. Severus non rispose, ma poi spostò lui stesso e la donna contro il muro quando qualcuno passò nella strada adiacente.
“Hai paura che ci vedano insieme?” domandò.
“Non essere sciocca. Ti sei dimenticata che tu sei ricercata mentre io, per il mondo magico, dovrei essere morto da mesi? Pensi ancora che ci troviamo in un gioco dove tu puoi fare quello che ti pare e io devo essere sempre pronto a salvarti? Ti comporti come una bambina viziata. Quando crescerai? La vita è ben diversa da come te l’hanno mostrata mamma e papà” replicò e, spostandosi da lei, si affacciò sulla strada.
“Non ti rendi neanche conto che quando parli potresti ferire i sentimenti di qualcuno, ma tanto a te questa cosa non è mai importata. Però, a scuola, non eri così tanto scontroso” disse Althea.
Severus la guardò. Si avvicinò a lei e, dopo averla presa per un braccio, la trascinò fuori dal vicolo, camminando a passo spedito lungo la strada principale. Ogni volta che incrociarono qualcuno imboccarono altri vicoli, fino ad arrivare sul retro del pub “Testa di Porco”.
“Finalmente ci siamo fermati. Stavamo girando in tondo” disse Althea.
“La vuoi smettere di lamentarti?! Ti ripeto: non stiamo giocando!” replicò Severus, guardandola. Poi spostò lo sguardo sulla finestra del pub, aggiungendo: “Dobbiamo trovare un modo per entrare senza che nessuno ci veda, e utilizzare il loro camino per raggiungere un’altra destinazione”.
“Come sarebbe a dire, un’altra destinazione? Ritorniamo in quel negozio e rientriamo nell’armadio, così possiamo nasconderci nuovamente nella stanza delle necessità” disse Althea.
“L’armadio svanitore non funziona così: ci deve essere qualcun altro dall’altra parte che ci faccia passare e, a parte la McGranitt, nessun altro sa di noi. Quindi non possiamo ritornare a Hogwarts” spiegò Severus.
“Ehm… veramente…” iniziò a dire Althea, ma Severus la bloccò: “Potremmo andare al Paiolo Magico e da lì vedere poi la prossima destinazione”.
“Al Paiolo Magico? Ma sta a Londra! Diventeremo dei fuggiaschi. No, mi rifiuto!” ribatté Althea.
“Preferisci finire sotto processo e poi, forse, anche ad Azkaban? Vedi soluzione migliore?” replicò, guardandola.
“Magari l’intestatario di questo bigliettino” rispose Althea, estraendo l’oggetto. Severus lo guardò in silenzio. Davvero colui – o colei- avrebbe potuto aiutarli?








Note dell'autrice: Buona sera miei cari lettori (e lettrici). Volevo fare un enorme GRAZIE a tutti/e. Grazie davvero infinite per le vostre bellissime parole nelle recensioni e che non avete abbandonato la storia dopo che l'ho aggiornata dopo molto tempo. Grazie davvero.
Spero che la storia vi stia piacendo, anche perchè fra poco (spero) si scoprirà sempre qualcosa di più sul passato oscuro di Althea (che nemmeno lei sa)
Grazie a tutti coloro che hanno recensito; che hanno messo tra le preferite e seguite la storia o che sono semplicemente passati/e di qua
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo. Visto l'ora vi auguro una buona notte. Un buon inizio della settimana e buona festa della liberazione
Un grosso abbraccio
Valentina

 

 

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Capitolo 23
*** Una stanza per due ***


REDEMPTION
 

Capitolo XXIII: Una stanza per due


 
Severus osservava il bigliettino tenuto in mano da Althea, che gli domandò: “Allora, non sei curioso di vedere di chi si tratta?”.
“Neanche un po'. Sei tu quella curiosa” rispose. Poi riguardò la finestra del pub: “Ora non dobbiamo fare altro che trovare un modo per entrare e usare il camino senza che nessuno ci veda”.
“Be’, quali altre opzioni abbiamo? La mia idea, almeno, è più sensata della tua. Oppure potremo entrare nel pub e chiedere cortesemente di usare il camino” propose Althea.
Severus la guardò inarcando un sopracciglio. Poi disse: “Ancora mi domando perché quel cappello ti abbia smistata in Corvonero. Saresti stata meglio a Tassorosso”.
“Cosa intendi dire con questo?!” replicò Althea.
“Che ti credevo più sveglia. Ti riassumo un po' come sta la situazione: l’armadio svanitore ci ha fatto uscire da Magie Sinister perché evidentemente, in passato, deve essere stato collegato con il negozio e, prima che tu possa chiedere perché allora non tornare lì, ti rammento che se non c’è nessuno dall’altra parte non possiamo usare l’oggetto; inoltre è stata solo una questione di fortuna che Sinister non fosse presente nei due momenti che siamo usciti dall’armadio. Secondo: potremmo sì chiedere cortesemente al proprietario del pub di farci usare il camino, ma vedendomi avvertirà il Ministero e così saremo punto e a capo. Ora a te la scelta, ragazzina: cosa preferisci fare?” spiegò Severus.
Althea sbuffò. Poi disse: “La tua proposta”.
Severus fece un piccolo sorriso: “Sono contento che tu sia d’accordo con me. Quando ragioni, sai fare scelte giuste”.
Riguardò la finestra, mentre Althea gli faceva la linguaccia, che ritrasse non appena il pozionista le si affiancò, portandola davanti al pub.
“Che stai facendo?! Non dovevamo entrare senza farci vedere?” chiese stupita.
“Certo, ma possiamo anche chiedere con cortesia, proprio come avevi proposto tu” rispose.
“Non prendermi in giro!” ribatté, guardandolo. Severus non replicò, facendole semplicemente cenno con una mano di proseguire. Althea guardò avanti e, dopo aver sospirato, fece un passo: aprì la porta, pronta a ricevere tanti sguardi, invece…
Severus le passò accanto, entrando nel pub. Althea lo seguì: tutti i tavoli all’interno erano vuoti.
“Ma… non c’è nessuno” disse. Guardò Severus: “E tu lo sapevi”.
“Certo. Non sono così stupido da entrare in un posto dove posso essere facilmente riconosciuto. Prima non ho guardato per nulla dalla finestra” rispose Severus. Althea lo guardò malamente. Poi il pozionista aggiunse: “Ora non devi fare altro che trovare Aberforth Silente e chiedergli il permesso di usare il camino”.
“Silente?! Come quel Silente?” chiese stupita.
“Quanti Silente conosci? Aberforth è suo fratello, nonché anche proprietario di questo pub. Non credo negherà qualcosa quando vedrà il tuo bel faccino” rispose Severus.
“Perché ho come la sensazione che mi stai di nuovo prendendo in giro?” disse Althea.
“Pensi sempre in negativo di me” disse Severus, guardandola.
“Chissà come mai” disse Althea, guardandolo a sua volta.
Si voltarono di nuovo. Althea si incamminò verso il camino, prendendo un po' di polvere dall’apposito contenitore. Stava per gettarla, ma poi ritrasse la mano. Guardò Severus: “No, non posso. Violeremo la legge e saremmo dei fuggiaschi”.
“Non essere sciocca! Non è il momento di fare la santarellina” replicò Severus. Althea non disse altro, limitandosi a rimettere la polvere nel contenitore.
A passo spedito, il pozionista le fu di fronte, ribattendole: “Proprio non capisci! Vuoi finire ad Azkaban?! Oh, no, aspetta… i tuoi genitori non permetteranno ciò. Sono dei pezzi grossi al Ministero e non vogliono che il loro nome si sporchi con una cosa del genere. Pagheranno fior di soldi pur di non farti finire dietro le sbarre”.
“Ma che cosa stai dicendo? Se davvero ai miei genitori fosse importato qualcosa, non mi avrebbero guardata male quando ho mostrato loro il marchio nero. Hanno fatto gli indifferenti, seguendo Dawlish a casa mia. Non hanno nemmeno creduto alla mia parola riguardo a Ian” disse Althea.
“Si ravvederanno, fidati. È con me, invece, che non cambieranno idea nemmeno se il Ministro offrisse loro un sacco di galeoni d’oro. Non sono tanto incline all’idea di passare il resto dei miei anni dietro le sbarre con Dissenatori ad ogni angolo. Se tu non vuoi scappare, sei libera di ritornare da mamma e a papà. Non ti fermerò” disse Severus.
Althea sospirò. Poi il suo sguardo si soffermò sul quadro posto proprio sopra il camino. Esso raffigurava una ragazzina, dai lunghi capelli scuri e uno sguardo triste.
“Chissà chi è” disse Althea.
“La cosa non ci riguarda” disse Severus.
“Appunto” aggiunse una terza voce. I due volsero gli sguardi per vedere un uomo dalla lunga barba bianca sulla soglia della porta.
“È lei Abeforth Silente?” gli domandò Althea.
“Lei chi è? Non mi ricordo di averla mai vista” le chiese l’uomo. Poi guardò Severus: “E tu. Tu dovresti essere morto”.
“Sono solo il frutto della tua immaginazione” disse Severus.
“Non prendermi per stupido! Di recente, avrò bevuto anche tanto whiskey incendiario, ma non mi ha mai fatto ubriacare a tal punto da farmi rivedere i fantasmi del passato e tu, di certo, non hai le sembianze di un fantasma” replicò Abeforth.
“Signor Silente, ci scusi se siamo piombati così nel suo pub, ma abbiamo bisogno di aiuto” disse Althea.
“Scordatevelo! Io non aiuto i traditori!” ribatté, guardando malamente Severus, il quale alzò gli occhi al soffitto.
Althea guardò di sfuggita il pozionista. Poi rivolse lo sguardo all’anziano proprietario, dicendo: “Non so cosa possa essere accaduto tra voi in passato, ma non ci troveremmo qui se non avessimo davvero un gran bisogno. I miei genitori mi hanno voltato le spalle. Il Ministero vuole sbatterci entrambi ad Azkaban e, se ritorniamo ad Hogwarts, sicuramente qualcuno ci scoprirà. La prego. Ci aiuti”.
Calò il silenzio. Poi Abeforth disse: “Non so cosa pretendiate da me e potrei gioire quando uno di voi due finirà ad Azkaban ma… non era ciò che avrebbe voluto mio fratello. Era un doppiogiochista; corruttore; sicuro di sé e sempre un passo avanti agli altri. Ma voleva bene a Piton come un figlio”.
Severus alzò un sopracciglio. Non aveva mai del tutto approvato le strane idee di Albus, né i suoi comportamenti, soprattutto quando gli aveva chiesto di ritornare a fare la spia dopo la morte di Lily e proteggere, così, il figlio della sua defunta amica in modo che, quando sarebbe stato pronto, avrebbe sconfitto Voldemort.
Althea spostava lo sguardo tra i due, non riuscendo a capire il loro stato d’animo. Severus sembrava impassibile, anche se poteva notare una piccola nota di tristezza nei suoi occhi. Che gli mancasse Albus? Di sicuro non lo avrebbe mai dimostrato apertamente.
“Potete alloggiare in una delle camere libere al piano di sopra. Nel frattempo, cercherò qualcuno che vi possa aiutare per davvero” disse Abeforth.
“Ma lei ci sta già aiutando” disse Althea.
“Sto aiutando due fuggiaschi e io non voglio avere problemi con la legge! Quindi, prima ve ne andrete e prima sarà meglio per tutti” replicò Abeforth. Althea abbassò il capo come se fosse pentita.
“Hai sempre visto il peggio in tutti. Anche in tuo fratello. Ma come biasimarti: Albus voleva sempre primeggiare, specialmente da quando rese memorabile quella battaglia contro Grindelwald. Tutti iniziarono a vederlo quasi come un dio sceso nel mondo magico per liberarlo da uno dei più grandi maghi oscuri mai esistiti. Ma tu sai come sono andate realmente le cose” spiegò Severus.
Abeforth prese una delle chiavi. Poi, a passo spedito, si fermò di fronte a Severus e, dopo avergli messo l’oggetto nel palmo della mano, ribatté: “Stanza trecentodue e cercate di non fiatare!”. E senza aggiungere altro, si diresse verso il bancone del bar.
Il pozionista andò su per le scale, seguito da una taciturna Althea ma, appena entrarono nella camera a loro assegnata, la ragazza aprì bocca: “Cosa è accaduto veramente tra Albus e Grindelwald? Cosa li ha portati a quella guerra che tutti conosciamo? E Abeforth che sa?”.
“Ti ho mai detto che sei molto curiosa?” le domandò.
“Forse un paio di volte” rispose.
“Be’, allora te lo ripeto: sei una ragazzina curiosa che non dovrebbe impicciarsi in affari che non le riguardano. La storia della famiglia Silente va più in là di ciò che credi” disse Severus.
“E cosa ci sarebbe da sapere che già non ci sia scritto nei libri di Storia della Magia? Albus ha sconfitto Grindelwald nel 1945 e costui fu poi imprigionato nella sua stessa fortezza a Nurmengard, dove morì per mano del Signore Oscuro qualche mese fa. Lo sanno tutti” spiegò Althea.
“È vero. Ma conoscono Ariana Silente?” chiese Severus ed Althea lo guardò stranamente.








Note dell'autrice: Buon pomeriggio miei cari lettori e lettrici. Eccomi qua con questo nuovo capitolo. La vicenda si sta "surriscaldando". Vi sta piacendo la storia? Vediamo che piega prenderà
Volevo ringraziare immensamente tutti coloro che sn passati di qua e che stanno leggendo la storia. A chi l'ha messa tra le preferite e tra le seguite. E chi, ovviamente, l'ha recensita. Grazie infinite
Grazie anche alla mia carissima amica Lucia
Con ciò, vi auguro un buon proseguimento di giornata
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Un grosso abbraccio
Valentina

 

 

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