Harley & Neal's Story

di AnnaTiri93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1
 
HARLEY


                La mia vita è sempre stata difficile, non lo dico tanto per dire ma perché è la verità.
Sono orfana, i miei genitori non li ho mai conosciuti e forse è meglio così seppure da una parte la curiosità c’è su chi sono e come posso essere. Tuttavia, provo anche rabbia perché non mi hanno voluta e provo sempre a farmene una ragione seppure è difficile. Devo dire che da un lato ho imparato a cavarmela sempre da sola, a differenza di tanti che hanno sempre urgente bisogno di una mano in ogni situazione. Quando sei orfano e vivi in un orfanotrofio, devi per forza di cose a trovare il coraggio per affrontare ogni scherno da solo, altrimenti sei finito.
                Noi orfani siamo visti un po’ come fanciulli sfortunati, quasi estranei in questo mondo e non ne capisco il motivo. Nonostante non sono cresciuta in una famiglia, sono riuscita ad accrescere le mie passioni : ho imparato a suonare il pianoforte, la chitarra e altri strumenti, ho sempre studiato al massimo tutte le materie ottenendo i voti più alti, in sport non mi facevo battere da nessuno, e potrei dire molto altro ancora.
Crescendo all’età di quattordici anni ho vinto una borsa di studio e sono entrata in una delle buone università di New York, alternavo lo studio di diversi corsi accademici ai concerti di musica classica per pianoforte suonando pezzi difficili con esponenti internazionali. Seppure ero molto brava in tutte le cose, gli altri orfani mi odiavano per le mie doti e di conseguenza ero sempre da sola.
                Diciamo che nella sfortuna ho avuto anche modo di farmi il culo e dimostrare che gli orfani non sono dei reietti. Molti direbbero che il mio smisurato eccellere in tutto è un modo per attirare l’attenzione, per cercare affetto che non ho avuto da genitori come lo hanno i bambini comuni. Per me possono dire quel che vogliono, io sto benissimo così. Certo non è tutto così perfetto, ho avuto anche io i miei problemi e seri.
Ho sofferto di anoressia a causa di un’aggressione avuta a dodici anni da parte di quattro cretini, probabilmente ne soffro ancora ma senz’altro lo nego come farebbero tante nelle mie condizioni.
                Purtroppo è l’episodio peggiore che ho subito durante i miei tre periodi di affido in famiglie, nelle famiglie che ti prendono in affido i genitori tendenzialmente vogliono solo sfruttare i bambini che hanno preso in custodia, almeno ai miei tempi : la prima mi avevano scambiato per cenerentola e dovevo sbrigare tutte le faccende alla perfezione altrimenti mi avrebbero punito. E credetemi, mi hanno punito un sacco di volte anche se tutto era fatto bene, ma quando uno è ubriaco non è molto ragionevole. Il padre affidatario amava molto la cintura di pelle per infierire le sue punizioni. Sono uscita da quella famiglia quando mi sono decisa a chiamare il responsabile dell’orfanotrofio in cui ero.               
                La seconda famiglia era assurda : la moglie tonta e ingenua, era ignara che il marito era un emerito pervertito che si divertiva a voler scoprire le fisionomie dei ragazzini. Sarò resistita si e no una settimana. Poi sono scappata.
                La terza famiglia era quella perfetta a dire la verità, almeno all’inizio. Vivevo lontano da New York all’epoca. La madre era gentile, premurosa e altruista, faceva l’infermiera in un piccolo ospedale di un paesino vicino Cleveland. Il padre era un tipo taciturno, alto e un buon lavoratore – era un ferramenta. Mi hanno sempre trattata bene, anche se a dirla tutta il padre affidatario mi dava un certo che, forse all’età di dodici anni lo vedevo molto severo dalla sua espressione impassibile. In realtà era molto serio e con le sue idee fisse che non glieli avresti scalfite nemmeno morta.
                Ad ogni modo, quando ero in quella famiglia, i Middle, Melby – si chiamava così la mamma – mi aveva incitato a praticare danza visto il mio fisico asciutto e slanciato oltre che per instaurare amicizie con altre coetanee. Le avevo dato corda perché dopotutto non mi dispiaceva praticare un nuovo sport. Mi ricordo che non avevo bisogno di farmi accompagnare, ero abituata a fare tutto da sola e riuscivo bene a convincere la gente di questo. Ero brava con la persuasione.
                Probabilmente questo era stato un errore. Ricordo che il giorno dell’aggressione era stato in autunno, ai primi di ottobre. Ero appena uscita da danza e avevo salutato un’amica di corso, mentre mi incamminavo verso casa sentii qualcuno chiamarmi per nome. “Harleen!” urlò in lontananza, voltandomi vidi che era un padre di un compagno di scuola. Non avrei mai detto che proprio quell’uomo sarebbe stato tra quello ad avermi distrutto la vita. Era sempre gentile con tutti, faceva spesso grigliate con la gente e aiutava in società. Era uno di quelli che con la comunità ci si poteva sposare.
                Comunque si presentò gentile come sempre e disse : ”senti, sto costruendo qualcosa di fico per voi ragazzi… sai, così che possiate divertirvi senza che corriate pericoli qui in mezzo alla strada. Di questi tempi se ne sentono tanti di ragazzini spariti o picchiati.” Si schiarì la voce, poi aggiunse ”mi hanno detto che tu hai occhio per certe cose e volevo un tuo parere. So che hai un talento artistico.”
                All’inizio come richiesta non mi sembrava strana, finchè non decisi di seguirlo “beh, forse… però devo tornare a casa”, feci per fare il mio solito percorso ma lui si mise davanti e fece “dai, prometto sarà una visita veloce, saresti la prima tra i ragazzi a vedere che sto facendo… Ho bisogno di un consiglio da qualcuno di giovane.” Fece quel suo sorriso convincente che sfoderava sempre in pubblico. Fu forse quello a convincermi a seguirlo.
                “Ehm… okay… se è una cosa veloce”. Lui ne fu entusiasta e mi fece strada.
                Solo strada facendo meditai che effettivamente la cosa sembrava prendere una piega assurda.  Si dice che abbiamo un sesto senso, ma non so quanto funzioni : seppure tutto sembra diventare strano inizi a reagire 90 su 100 troppo tardi. Infatti una volta che quell’uomo mi ha portata in un capannone abbandonato, la sua cordialità si trasformò in qualcosa di diverso. Il suo volto cambiò e sembrò quella di un animale a ghermire la preda, mi ricordava tanto Hannibal. Faceva freddo in quel capannone di pietra, perché girava molta aria anche in estate sotto i quaranta gradi – si vociferava che vivevano spiriti di morti in guerra per proteggere la zona, ma non avevamo protetto me dall’aggressione. In quel capannone cementato c’era si e no un tavolino vecchio e due tre sedie accompagnate, non c’era nulla in fase di costruzione come aveva detto. Lì iniziai a realizzare che mi aveva presa per il culo.
                L’uomo mi mise al muro e mi sussurrò “sei così graziosa, Harleen, più delle altre tue compagne di scuola.” Odiavo i suoi tocchi, a ogni movimento mi dava brividi di disgusto e nonostante tutto non riuscivo a reagire o a muovermi. Ero come congelata in quel muro, come se gli spiriti dei morti mi avessero legata in quel dannato cemento del capannone. Lo stronzo poi si prese l’onore anche di toccarmi ovunque, di baciarmi e a me veniva la nausea a ogni respiro. Perché non mi ero mossa ?
                Ricordai che però iniziai a piangere e lui fu sentito in dovere addirittura di consolarmi : “oh non piangere, prometto che non ti farò male…”
                Ho avuto un momento in cui mi decisi a fare qualcosa, come una scossa lungo la schiena che mi urlava di andare via. Così provai a spingerlo nel momento in cui era distratto a toccarmi sotto la maglietta e tentai di fuggire. Inutile dire che fu fallimentare visto che lui era 1e80 di uomo pieno di muscoli e io ero una dodicenne scheletrica e ancora minuta. “Dove vuoi andare, mia cara Harleen, ho appena iniziato” mi disse quasi a denti stretti, poi mi spinse per terra con forza e mi mancò il fiato per un attimo. Mi bloccò le braccia e con bramosia disgustosa fece i suoi schifo di comodi mentre io piangevo e imploravo di smettere. Mi resi conto dopo che puzzava un po’ di alcool, prima ero impietrita dalla consapevolezza che qualcosa stava sbagliando ma pian piano i puzzle si unirono.
                Sentii in lontananza altre voci alterate e divertite che si avvicinavano al capannone, intanto lo stronzo si godeva i suoi attimi di piacere sopra di me e mi chiesi come non avessi fatto a non vomitargli addosso.
                “Hey !” urlò uno dei tre, il più imbecille e brutto del trio, “ti diverti senza di noi ?” e lanciò a terrà la bottiglia di birra vuota e vidi anche in lui un improvviso bramoso desiderio animale.
                Il più basso del trio fece ridendo “appunto ! Lascia qualcosa anche a noi”. Invece il terzo rimase semplicemente zitto, con un sorriso inquietante stampato nel volto in penombra. Poi si avvicinarono ciondolanti verso di me e seppure provai a ribellarmi nessuno mi lasciò scampo, avevano una presa solida in confronto a me. Non avevo possibilità di ribellarmi.            
                Risparmio il resto, direi che è piuttosto scontato cosa abbiano fatto gli altri tre, sono stati gli attimi più lunghi e orribili che abbia mai vissuto. Dopo che avevano finito il loro servizio, mi lasciarono lì dentro al freddo e dolente, ridendo della loro attività clandestina. Rimasi a lungo rannicchiata su me stessa, impassibile e non sapendo a cosa pensare, solo le lacrime mi facevano compagnia e il freddo degli spiriti.
                Calò il buio e d’un tratto mi dissi di muovermi, temevo che avrei preoccupato i miei genitori. Così come un robot mi rimisi apposto, raccolsi il mio borsone e mi avviai verso casa catatonica e dolorante. Avevo terribilmente freddo, la mente era completamente vuota, praticamente non mi rendevo nemmeno conto della strada che facevo per il ritorno di casa, era come se qualcuno mi spingesse verso casa e no le mie gambe.
Entrai in casa e la soglia era scura, no che me ne fregasse in quel momento. Sentii passi di fretta venirmi incontro riconoscendo subito che erano di mia madre affidataria. “Dio mio ! Dove sei stata fino adesso ? Mi stavo seriamente preoccupando ! Ho chiamato chiunque e nessuno sapeva dov’eri ! Stavo per chiamare la polizia e…” la sua voce allarmata e severa si arrestò subito, facendo spazio a paura e preoccupazione di diverso genere da quella di una mamma momentaneamente isterica. Non la guardavo nemmeno in faccia, in realtà non guardavo niente se non il nulla.
                Non mi sentivo nemmeno in me.
                “Tesoro, che è successo ? Hai una faccia…tremi tutta.”
                Risposi impassibile e monocorde. “Niente. Vado in camera.”
Senza aggiungere altro, mi avviai alla mia stanza e ci rimasi a lungo. Rimasi seduta a letto fino l’indomani, senza chiudere occhio per tutta la notte, senza riuscire a dimenticare quanto mi era successo e la fame da allora era solo un ricordo. Avevo terribilmente preoccupato Melby, venne in camera mia diverse volte e provò a farmi mangiare inutilmente. Lei parlava ma io non dicevo nulla per ore. Ero come una bambola di porcellana, bloccata e priva di vita, ma l’incubo del pomeriggio prima continuava a vivere nei miei occhi e non sapevo come togliermela di dosso.
                Melby decise di lasciarmi tranquilla a casa da scuola, sperava che avrei parlato più tardi e non sapeva che altro fare. Andò a lavoro preoccupata, forse in ospedale qualcuno le avrebbe consigliato che fare. Seppure ero esausta non riuscivo a prendere sonno, così fissai il muro della mia camera per ore e ore, senza rendermi conto del tempo passare. Mia madre ritornò in camera mia sul tardi, dolce come sempre mi disse “tesoro, vieni con me… ti faccio bere un buon tè.”
                Stranamente la seguii, mi fece accomodare nel tavolo della cucina e una volta che il tè fu pronto e fumante davanti a me, Melby si accomodò vicino. “Senti, ho bisogno che tu mi dica che cosa ti è successo. Sei strana da ieri e sono preoccupata. A me puoi dire tutto, lo sai”, la sua voce così dolce e le sue carezze un po’ mi addolcirono. Lei era l’unica che mi avesse trattata come sua figlia prima di allora e il senso di colpa mi assalì come un fiume in piena. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, tutto si annebbiò.
                “Tesoro, perché piangi ? Dimmelo cosa ti rende triste.” La sua mano raggiunse la mia schiena e per un attimo mi venne la pelle d’oca, ma poi capii che il suo tocco era buono e affettuoso.
                Non so come riuscii a dirgli tutto, da come venni adescata fino agli episodi nel capannone e rivivere quel pomeriggio era come ricevere mille pugnalate al petto. La nausea era così forte che rischiavo di vomitare tutto nel tavolo.
                Melby rimase sconvolta, mi consolò molto e mi tenne tra le sue braccia affettuose come non lo sono mai state nessuno. Le volevo bene davvero. Poi alla sera, il padre affidatario rovinò tutto.
                Melby raccontò tutto l’accaduto a lui, che non disse nulla fino alla fine del racconto. Rimase serio come sempre, impassibile nella sua espressione neutrale. Dopodiché l’umore cambio radicalmente, non proprio in bene. “Che cosa ?! Lei si è fatta violentare ?”
                Melby rimase ammutolita da quella frase, lo guardò agghiacciata. “Come ?”     
                “Hai capito che voglio dire !”
                “Davvero pensi che abbia voluto tutto questo ?”           
                Lui fece una smorfia contrariato. “Beh, va via vestita in quella maniera ! Per forza poi viene aggredita dal primo che passa ! Cazzo !”
                Melby era scioccata e pure io a dire la verità, sentire quelle cose da lui mi facevano male quanto la violenza subita. “Sei pazzo o cosa ?! Hanno violentato nostra figlia e tu vieni a dirmi che se l’è cercata ?! Non pensavo fossi così retrograda !”
                “RETROGRADA !? Ma per piacere ! Che vergogna ora, avere per figlia una ragazzina che si fa toccare e cosa dagli uomini ! Sai che ti dico:  che se ne torna in orfanotrofio ! Non la voglio più vedere !”
                Litigarono a lungo, così decisi di smettere di sentirli se non volevo starci ancora più male. Mio padre affidatario mi cacciò via e il giorno seguente mi ritrovai all’orfanotrofio a New York con grande dispiacere di Melby. Mi manca ancora molto a pensarci. Provo rabbia per quell’uomo che ha preferito preservare la faccia e dai pensieri della gente piuttosto che difendermi da quattro aggressori pedofili. Ora quelli chissà quanti altre aggressioni a innocenti abbiamo ancora compiuto.
                Da quest’ultima esperienza, avevo deciso di non affezionarmi più a nessuno e di non entrare più in altre famiglie. In orfanotrofio provarono a farmi guarire dall’anoressia, dal trauma subito dall’aggressione. L’unico modo per scampare alle cure era fingere di ammettere di avere un problema o di accettarlo per davvero, io optai per la prima. Così facendo, facevo soddisfatti gli psicologi e io rimasi in pace dal loro accanimento psicologico. Soprattutto provai che ero brava anche a recitare qualunque parte volessi interpretare.
                Così, decisi di dedicarmi solo ai miei interessi, a ciò che veniva meglio per il mio futuro e così mantenni i miei successi scolastici e sociali in campo musicale.
                Ora ho ventotto anni, ho diverse lauree e studio ancora perché mi piace conoscere il più possibile, lavoro ugualmente e non so come riesco a far coincidere tutto. Sì, ammetto che non sopporterei che qualcuno mi superasse nelle conoscenze, in questo sono piuttosto competitiva.           
Ora sto entrando nelle forze di sicurezza della NSA, è da pochi mesi che sono dentro una squadra e mi trovo bene. Il mio capo, un uomo mezzo scorbutico e serio che chissà mai se abbia sorriso in vita sua, mi affida compiti importanti e questa volta sembra intenzionato addirittura a mandarmi sotto copertura e sono proprio curiosa di scoprire di cosa si tratta.
                Sono le 7 di mattina del 23 gennaio, come al solito sono tra le prime a varcare la soglia degli uffici del dipartimenti dell’ NSA (agenzia per la sicurezza nazionale) e attendo alla scrivania il mio prossimo compito. Intanto mi godo il mio caffè preso al mio bar preferito e rileggo i fascicoli a cui presto dovrò compilare un rapporto ufficiale. I casi sono molto semplici fino adesso e non disprezzerei casi più articolati… così per mettermi alla prova.
                “Buon giorno, Harleen” mi saluta Johns Thomason, un bel ragazzone che da quanto sono in questa squadra non fa altro che sbavarmi addosso. Sembra un ragazzina con una terribile cotta adolescenziale.
In sé non è neanche male : alto e snello, occhi castani e capelli sbarazzini, viso giovane con sempre un bel sorriso a incorniciargli il volto. Sarà quasi mio coetaneo, il problema che sembra ancora immaturo su ciò che vuole e in campo amoroso in genere. Non è decisamente il mio tipo il “gentile ma tonto”, ma è un fedele amico e questo lo tengo prezioso.
                “Giorno, Johns” saluto senza distogliere lo sguardo dai fascicoli, ma no per collera solo sono molto concentrata.
                Si appoggia alla scrivania accanto alla mia, cercando forse di simulare il fascino di Christian Grey che non ha – io per giunta non lo sopporto quel personaggio – e mi fa quasi tenerezza il suo tentativo di approccio. Infila le mani nella tasca dei pantaloni e fa “allora, passato bene il week end ?”
                “Mm sì, non male…” in realtà era stata di una noia mortale, se esco di casa è solo per andare al bar non lontano da casa mia e scolarmi drink fino a perdere un po’ il senso del mondo. Non è da molto sono a New York, ma è soprattutto per lavoro perché evidentemente ho un caso in questa zona. Non so ancora nulla, solo il semplice fatto che da Washington mi hanno fatto venir qui. Mi trovo bene qui ma non ho amici e non sono convinta nemmeno di volermene fare, sarà per il fatto che alla fine mi deludono sempre. Come già detto, sono abituata a fare tutto da sola.
                Il mio week end è stato molto noioso : a casa mentre lo stronzo del mio ragazzo mi rimproverava per convinzioni sue per telefono. Alex, che se lo sapevo due anni prima non lo avrei nemmeno frequentato di striscio visto l’evolversi della nostra relazione… se così ormai si può definire. L’ho piantato da tre- quattro mesi e ancora mi assilla, la sua gelosia cieca è insopportabile e non capisco perché non se ne fa una ragione e mi lascia in pace.
                Ecco, nemmeno il tempo di pensare a lui che mi arriva il suo amorevole buon giorno per messaggio “Rispondimi ! Voglio parlarti ! Se non lo fai giuro vengo io e faccio casino !”. Lo ignoro come sempre, solitamente funziona ma lui forse è immune a questa strategia.
                “Ah, ti scrive ancora quell’idiota ?” mi chiede Johns, è uno dei pochi che sa chi è e che mi ha pestata due volte prima che mi decidessi a mandare a fanculo il mio attuale ex.
                “Sì... prima o poi la smetterà” alleggerisco sempre le situazioni che solitamente dovrebbero essere considerate pericolose. Non mi piace essere considerata la donzella in pericolo.
                Johns, dolce com’è, si preoccupa. “Devi stare attenta a quel tizio, penso sia deciso a non lasciar perdere la cosa. Dovresti denunciarlo quell’idiota. Se vuoi ci penso io a lui.”
                Rido per sdrammatizzare. “Suvvia Johns, la gestisco io la cosa non preoccuparti. E’ tutto sotto controllo. E’ solo un bambino capriccioso.”
                “Non so, dopo tre mesi ancora ti tormenta…penso sia più di un capriccio.”
                “Johns… non preoccuparti. Ma grazie lo stesso, sei gentile” e gli sfodero quel sorriso che identifica la fine della discussione.
                Lui si arrende contrariato, ma non può fare molto. “Va bene…Però se hai bisogno non esitare a chiamarmi.”
                “Lo terrò presente” e gli strizzo l’occhio.
                “Ah Johns ! Ci provi anche di lunedì mattina con le ragazze ?! Non ti stufi  a essere rifiutato ?” sbotta Ynes, una delle colleghe più anziane ma solo per esperienza (ha 35 anni ma con alle spalle una brillante carriera che tanti invidiano). Ynes è la mia mentore, è stata lei a scegliermi quando è venuta all’accademia in cerca di un “cadetto”. Aveva visto il mio curriculum accademico e ne rimase colpita. Mi ha fatto trasferire subito al suo dipartimento della NSA e ora eccomi qui che collaboro con lei e la squadra.
                “Ah-ah, spiritosa ! Non ci provo con nessuno” replica Johns tra imbarazzo e rabbia.
                Ynes scuote la testa ridendo “sì certo, allora come mai fai il fighetto con Harleen ? Così tanto per ?”
                Io mi limito solo a sorridere, però solitamente mi distacco da queste routine sociali. Non mi ci vedo inserita in nessun modo alla gente, sarà che in passato mi hanno delusa troppe persone.
                Ynes mi sussurra “provaci con Robert, il responsabile, quello sì che è un pezzo di figo… e poi si dice che non ti trova per niente male” e mi strizza l’occhio. Io mi imbarazzo a sentire certe cose.
                “Ma gli fai da mentore amoroso o cosa ? Quello è un coglione, ignoralo” fa in difesa Johns.
                Ynes sbuffa. “Ma che ne vuoi sapere tu, pivello ! Sono cose nostre, a meno che non lo vuoi tu Robert, in quel caso non posso aiutarti… temo non sia gay.”
                “Non sono gay ! Ah mi hai scocciato !” e così Johns si dilegua verso la macchina del caffè tra le risate di Ynes, si diverte a rimbeccarlo facendo riferimenti errati sulla sua preferenza sessuale.
                Lei si rivolge di nuovo a me. “Dico sul serio comunque, è un bel bocconcino quel Robert. Facci un pensierino.”
                “Oddio…Non credo sia il caso. Non è poi troppo grande per me anche se fosse ?” chiedo scettica e in imbarazzo.
                “Suvvia, ragazza ! Goditi la vita ! Sei giovane e smettila di pensare a quell’imbecille di Alex. Frequenta qualcuno, sei tutta apposto e Robert non è così vecchio. Ha solo due anni in più di me ! Mi offendo se mi dai della vecchia.”
                “Oh no, non volevo insinuare di certo quello… ci mancherebbe.”
                Ynes mi sorride. “Okay, tu pensaci dai. Tante vengono rifiutate da lui.”
                Non volevo provarci con Robert, non mi aveva mai detto nulla come persona, mi da sempre la sensazione che voglia solo arrivare a quel punto e basta.
                Ynes va verso il suo ufficio a controllare i documenti, mentre l’ufficio nel giro di mezzora si riempie di altri miei colleghi. Li vedo chiacchierare sul week end, sul più e il meno e altro ancora, su cosa vorrebbero fare e dove vorrebbero andare in vacanza. Li osservo come se io fossi un spettatore, fisso la gente che socializza e mi chiedo se è convenzionale o se vogliono davvero scambiarsi quelle chiacchiere. Non riesco mai a comprendere totalmente quale tra queste sia la verità e solitamente io mi limito solo a guardare e non a viverle in prima persona.
                Le 8 fanno presto a passare quando sei concentrato con le scartoffie, finchè non arriva il Tenente del mio reparto e ci chiama tutti in riunione. La riunione che aspetto da una settimana, finalmente capirò quale incarico avrò. Ynes si è limitata solo a dirmi che sarà molto importante per me e la carriera.
                Il tenente Roger Cruz è un uomo ormai anziano, che vige solo per spiegare i compiti da adempiere e come seguirli a tutti noi. Praticamente è come un responsabile di una linea di fabbrica, vige e detta ordini e noi facciamo, con la sola differenza che qui è in ballo la sicurezza nazionale. Può sembrare cattivo e severo, ma è normale visto il ruolo fondamentale che ha in questo reparto. In realtà è un uomo molto tranquillo, disponibile se hai bisogno e dà ottimi consigli, tuttavia spesso è inflessibile su certi aspetto di cui ne è fortemente convinto. Dopotutto fa parte della “vecchia scuola”.
                E’ piuttosto panciuto, con una stempiatura notevole e va fiero delle sue onorificenze che mette in mostra nel suo ufficio. A me ricorda uno di quei nonni teneri e simpatici in pensione che gioca coi nipoti, ma lui di pensione non ne vuole sentire nemmeno una virgola. Era uno di quelli che avrebbe lavorato fino all’ultimo respiro. Insieme a lui a dettar ordini c’è il capitano Keith Harcer, uno stronzo patentato che crede di avere il mondo nelle sue mani. Ha la capacità di intimorire tutti se non addirittura farle scappare a gambe levate. E’ un qualcosa di insopportabile. Intanto rimane in silenzio a osservarci tutti con rabbia repressa.
                Ora che siamo tutti riuniti nella Room Meeting, il tenente Cruz inizia a esporre i fatti. “Bene, ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare. Io e il responsabile dell’FBI abbiamo analizzato un caso settimana scorsa e abbiamo tratto la scelta che a gestire questo caso saremo noi. La situazione è questa : da tempo si vocifera che un certo ex truffatore si sia unito nel rango dell’ investigazione della sezione White Collar, sempre che ex sia. Il punto è proprio questo : temiamo che ci sia in ballo più di quanto voglia sembrare. Il soggetto in discussione è un certo Neal Caffrey, un truffatore che ha fatto sudare tutta la nazione per le sue bravate e per anni ha lavorato per la White Collar stimando numerosi casi risolti prima di allora. L’FBI inoltre mi ha informato che a decidere di farlo collaborare con le indagini sia stato l’agente Peter Burke, che ha reputato fosse utile averlo al fianco come consulente visto le conoscenze in campo di truffe artistiche. Nonostante sembrasse che stesse cambiando, Caffrey ha commesso diverse azioni non proprio ammirevoli nel corso della collaborazione alla White Collar e spesso ha messo nei guai l’agente Peter Burke, ma alla fine tutto si è risolto per il meglio. Forse hanno insabbiato o forse no, questo non l’ho ancora capito.
                Comunque per farla in breve, Caffrey è da tempo che sembra non agire più per i suoi interessi alle spalle della legge, anzi sembra aver messo veramente la testa apposto e si sia addirittura inserito come matricola all’accademia di polizia, poi facile che si specializzerà visto le sue capacità. Io non ne sono sicuro, ho il sospetto che questa sia una copertura solo per arrivare alle informazioni in modo più pratico e inosservato agli altri. Non ci sono certezze che si sia riabilitato davvero e per questa ragione voglio che venga seguito da uno di voi per la sicurezza di tutti. Se i miei sospetti dovessero essere fondati, non esiterò io e il capo dell’FBI a mandarlo in carcere per un tempo indefinito. Per ora è chiara la situazione ?”
                Cruz ci studia tutti con sguardo attento e vigile come quello di un’insegnante. Alza la mano il mio collega Kelly Bosch “ma con che scusa entreremo nel reparto dove lavora Caffrey ?”
                Intervenne Ynes “faremo in modo che chi entrerà in incognito avrà un alibi perfetto. Si spaccerà per un agente dell’FBI alle prime armi, pronto a imparare ogni cosa possibile riguardo le truffe attraverso Peter Burke e squadra. Poi ovviamente il secondo uomo sotto copertura sarà vicino alla White Collar, ma sarà momentaneamente in prestito per motivi di esigenza.”
                “E chi sarà ad andare sotto copertura ?” chiede Johns, probabilmente speranzoso di essere tra i due candidati.
                Cruz sta attento mentre lascia che Ynes spiega i dettagli. “Saranno Nick Rohnson e Harleen Sax.” Mentre spiega io rimango un attimo sorpresa dalla notizia, sarò davvero sotto copertura alla White Collar, quasi mi sembra impossibile. “Allora, ovviamente i file riguardante la vostra occupazione saranno segreti a tutti, così che se dovessero indagare per sospetti non risulta che lavorate per noi e potete mantenere i vostri nomi senza avere problemi specie a ricordarlo e rischiando di far saltare la copertura. Ad  ogni modo, tu Nick sarai vicino alla White Collar, collaborerai con un certo Matt Scott, lavorerete per le indagini di crimini maggiori. Il tuo profilo è questo : sei stato inserito ai crimini maggiori per risolvere un delitto a sfondo di frode, tu sei un esponente esperto e abbiamo fatto in modo che sia stato inserito tu. Ti occuperai di crimini in genere finché la missione Caffrey sarà attiva.” Fa una breve pausa in cui da il dossier a Rohnson. Poi si rivolge a me “ Tu Harleen sarai affianco a Burke e Caffrey riguardante le indagini di frodi e in sostanza i crimini non violenti. Dovrai stare appiccicata a Caffrey come nuova recluta, seppure lui sia una specie di matricola è piuttosto esperto in quel settore per il semplice fatto che mentre scontava la pena ha già lavorato a lungo con i federali della White Collar – oltre a essere di suo un esperto in frodi, truffe e altro.
Devi stare molto attenta a Caffrey, a cosa fa e scoprire se sta architettando qualcosa per profitti propri.”
Fa un’altra pausa, poi prosegue : “il profilo di Caffrey è questo : è piuttosto giovane e affascinante, cosa che sfrutta a suo favore. Riesce a colpire la gente col suo charm e fascino, con lo sguardo magnetico specie le donne. Non è violento, al contrario odia la violenza e nonostante tutto sa armeggiare le armi ma sembra non utilizzarle mai. Lo riconoscete subito dal semplice fatto che gli piace vestirsi bene e costoso (si è piuttosto schizzinoso), difficile trovare qualcuno che si veste con abiti costosi e di anni ’50. Caffrey non è il classico spaccone, è gentile e generoso in più occasioni e non agisce mai per un riscontro personale. Pensiamo che sia per questa ragione, il suo carattere gentile, che ha instaurato un buon rapporto con l’agente Peter Burke. Inoltre, sappiamo anche che parla giapponese, adora l’opera, diffida della tecnologia moderna che ritiene facilmente rintracciabili. E’ un ottimo pittore e scultore, oltre ad essere un abile scassinatore di manette serratura e cassaforti. Col fatto che è molto competente in queste caratteristiche, gli viene facile riconoscere i falsi d’autore o documenti contraffatti. Comunque potete trovare tutto in questi fascicoli, il suo curriculum è molto ricco ed interessante. Spero vi sia chiaro tutto.”
                Nessuno risponde e nel frattempo ammiro il dossier riguardo Caffrey, che sarebbe invidiato da ogni criminale del suo campo. Ammiro a lungo la foto del soggetto e devo dire che la descrizione fatta da Ynes è proprio azzeccata : Caffrey è un bel uomo, occhi super celesti e un fascino particolare. Che vado a pensare, il mio scopo non è certo conquistarlo, ma semplicemente studiare i suoi movimenti.
                Ynes intanto elencava altri consigli “… ed è importante, specie tu Harleen, che non mostri il fatto di essere già piuttosto esperta di indagini, altrimenti la copertura potrebbe saltare. Cerca di risultare intelligente ma ancora un po’ ingenua come di una appena uscita di scuola.”
                “Certo… sarà fatto” dico un po’ distratta dal dossier.
                “Ottimo. Mi sembra sia stato detto tutto. La riunione finisce qui. Voi due ragazzi, inizierete già domani la missione sotto copertura” annuncia Cruz.
                “Wow, già da subito” sbotta Nick.
                “Certo, prima indaghiamo meglio è” risponde Cruz e mentre ci dà i distintivi da FBI e il resto del materiale, inizio a sentire un po’ di ansia. Questa è la mia prima vera missione sotto copertura.
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


<2.
 
 
HARLEY
 
                Sono le 4.00 di mattina, come al solito non riesco a dormire, l’insonnia mi fa compagnia come un dolce animale domestico. E’ da molti anni che soffro d’insonnia e a peggiorare questa condizione sono gli incubi che non mi abbandonano mai e mi rubano il sonno. Poi sapendo di essere già sotto copertura l’ansia non aiuta a stimolare il sonno, al massimo mi svegliano come stessi sorseggiando RedBull.
                Non provo più nemmeno a prendere le gocce o a rigirarmi nel letto, so che non prenderò sonno. Così, decido di alzarmi e come ogni notte mi metto a correre. La mia villa è così buia e silenziosa che quasi mi da un certo che, a volte mi sento terribilmente sola e mi chiedo per quanto questo andrà avanti. Mi chiedo se sarò per sempre sola o se qualcuno occuperà la mia vita al mio fianco. Economicamente sto da dio con il fatto che ho diverse onorificenze, gestisco una casa discografica a LA e ho nelle ricerche scientifiche e archeologiche se serve e visito pazienti, i soldi non sono di certo un problema. Poi i concerti internazionali di pianoforte ti fanno fluire bene il conto in banca. Però non è certo questa ricchezza a farmi felice, anzi nonostante posso avere tutto, niente di materiale mi fa sentire felice. Lo so bene questo. Ho bisogno di un bene maggiore di quello superficiale.
                Non mi preoccupo di riempire il mio stomaco, sono abituata ad averlo vuoto e mi incammino all’aperto dopo che attraverso la mia enorme corte e la cancellata che circonda il mio maniero. La notte è silenziosa fatta eccezione per il rumore in lontananza della città. Cantano solo i grilli notturni e il vento di gennaio, il gelo delle 4 di mattina mi schiaffeggia le guance ma non ci faccio caso perché lo trovo piacevole.
Inizio a correre lungo la via, casa mia è un po’ appartata rispetto alla città, è in una zona silenziosa e tranquilla. Ho scelto quel quartiere proprio per quello : tanto verde, con vista verso l’oceano e silenzio ma non troppo distante dal centro. In realtà è un maniero di eredità : me lo ha donato un mio caro amico archeologo defunto.
                La notte è affascinante, perché è come uno scrigno con tanti segreti celati dentro. Durante la notte, così silenziosa e misteriosa, accadono tante cose che di giorno nemmeno ci sbatti il naso. Mi è capitato di vedere in vicoli scene osè, oppure aggressioni, ma quando è notte io non guardo nessuno e non ho intenzione di impicciarmi in fatti altrui per dover poi esserne immischiata. Purtroppo la notte è fatta anche per far svegliare i pensieri a chi come me non riesce a dormire. E’ un po’ come una tortura, pensare e pensare fino al mattino. I pensieri, una volta che arrivano non se ne vanno più. Correre un po’ aiuta, ma la mia mente è sempre affollata e spesso mi sembra di impazzire.
                Corro da un bel pezzo, finchè non decido di riprendere un attimo il fiato. Sento tanti schiamazzi provenire dal bar alla mia destra, di gente parecchio brilla o brutalmente ubriaca. Chissà loro cosa li spinge a bere. La tentazione a bere è forte per me, però stanotte non posso cedere se voglio arrivare in salute al mattino all’FBI. Vedo coppie occasionali uscire dal locale, ridendo piegati in due per chissà quale battuta stupida e un uomo di una compagnia aggancia il suo sguardo su di me e provo un brivido lungo la schiena. Vedo sguardi famelici in ogni uomo che mi fissa e provo un certo disgusto di scherno che mi sembra di tornare a quando avevo 12 anni.
                Il tizio mi sorride sghembo, con ancora una birra in mano mezza vuota e mi urla “hey tesoro, perché non ti unisci a noi ?” e ridono tutti. Poi continua “sei così carina, di certo ci divertiremo insieme.”
                Non rispondo nemmeno, non ha poi senso visto quanto ha bevuto e ribattendo avrei solo un motivo in più per azionare un litigio. Il mio istinto dice sempre a uomini come lui “taci e vattene”. Così seguo quella voce e decido di andare lontano da quell’uomo, provando un certo disgusto infondo al mio stomaco, la nausea forte che sale all’improvviso.
                Intanto l’uomo urla “dai, non andartene ! Divertiti con noi !” e le risate ad accompagnare l’eccitazione dell’uomo. Corro più forte a ritmo dei miei pensieri, a tempo coi ricordi che tornano a galla dal loro momentaneo sonno. Provo improvvisamente un forte freddo interiore che mi arriva fino alle ossa, sento quella voce di sedici anni fa che mi sussurra affamata e gentile, quel suo alito sul collo. Il ricordo è così aggressivo che mi costringo a fermarmi e vomitare dietro una siepe. Il ricordo, così brutto e spiacevole che mi fa sentire sporca e inutile. Queste sensazioni mi perseguitano da allora e non so più come fare per liberarmene. Così, mentre ritorno a casa correndo, la vista mi si appanna e mi rendo conto più tardi, dietro il velo di rabbia e vergogna, che piango. Questa notte è davvero pessima come inizio di settimana.
 
 
                Il Boreau è piuttosto grande e sembra non essere ancora popolato da nessuno se non dagli addetti alla sicurezza. E’ vero anche che sono le 5.40 e non mi sorprende che non ci sia ancora nessuno nei paraggi. La colpa è della mia stupida insonnia e della noia che non riesco a far andare via dalla mia vita, così mi ritrovo al federal boreau con almeno un’ora e mezza di anticipo.
                L’uomo della sicurezza, un uomo di media statura con la pancia e lo sguardo annoiato mi fissa a lungo e mi dice “sei piuttosto in anticipo, signorina.”
                Sfodero uno sguardo innocente e dolce, per cercare di essere più adorabile e affabile. “Lo so, purtroppo l’insonnia non mi dà pace, ho pensato che piuttosto di stare a casa tutta sola potevo stare qui al sicuro.”
                L’uomo inarca le sopracciglia e storge la bocca in segno di riflessione e perplessità, io gli sorrido e sbatto gli occhi in segno di speranza. Lui sembra convincersi e fa “beh, dimmi chi sei tanto per iniziare, poi valuto il resto.”
                “Sono Harleen Sax, mi hanno mandato dall’accademia di Quantico e oggi è il mio primo giorno qui al Federal Boreau.”
                “Immagino hai un cartellino d’identificazione” sbotta l’omone.
                Sorrido sempre “oh certo…” cerco nella borsa e per un momento temo di averlo seriamente dimenticato a casa, ma alla fine lo trovo sepolto dal portafogli. “Eccolo.” Glielo consegno e lui fa le sue verifiche al computer. L’uomo conferma “Harleen Sax, nata il 29 marzo 1989.”
                “Sì, esatto.” Confermo all’uomo.
                Lui alza il capo e mi restituisce il badge. “Puoi andare anche se non potrei farti entrare prima di una certa ora.”
                Sorrido radiosa. “La ringrazio molte…. E per ringraziarla” sfodero un sacchettino con una ciambella bella calda e un buon caffè comprati apposta per questa eventualità. “Le do questi, per la sua disponibilità.”
                L’uomo si sente un po’ in imbarazzo ma altrettanto goloso. “Oh beh, non voglio privarla della sua colazione signorina.”
                “oh, non si preoccupi, l’ho già fatta. Prenda pure”  rispondo cordiale e mentendo, ovviamente sono a stomaco vuoto.
                L’uomo sempre un po’ imbarazzato fa “grazie”
                Rispondo con un sorriso e vado al ventunesimo piano e per far passare il tempo decido coraggiosamente di farla a scale, no che sia un problema.
                Arrivo al piano e come mi aspettavo naturalmente non c’è nessuno. Mi aspettavo di peggio a dire la verità : attraverso la porta a vetri e vengo accolta da un’ampissima stanza con alcune scrivanie sia a destra che a sinistra. Sempre a sinistra intravedo una zona che fa da archivio con faldoni di un bell’arancione e più avanti una zona “cucinino” dove si sorseggia caffè. Dopo questa ampia hall di scrivanie c’è una scaletta che conduce a uffici di agenti più importanti sempre divisi da vetrate.
                Osservo le insegne di nomi nelle scrivanie e trovo subito quella di Caffrey, che si trova a destra appena entri nel boreau. Osservo la sua postazione : non c’è molto se non una statuetta col faccione di Socrate, una lente d’ingrandimento professionale (che se ne fa ?) e un portadocumenti (scontato il pc e telefono).
                Visto che devo essere la sua ombra, tanto vale che mi metto seduta alla sua scrivania e così non mi faccio problemi ad accomodarmici. Ho la tentazione a spiare i cassetti ma non sono sicura di farlo, quindi al momento lascio perdere. Noto dei fascicoli con su un post-it scritto “Harleen, new entry. Fargli fare questi rapporti per far pratica.” A leggerlo mi viene da ridere e sicuramente saranno facili da fare, così mi permetto di adocchiarli soprattutto perché ho un raggio di tempo bello lungo prima che arrivi qualcuno in ufficio.
                Come sospettavo, sono facili questi casi da analizzare e in sostanza di mio devo capire se riesco a capire cosa si cela in questi casi di sospetto da attirare l’attenzione dei federali. Mi segno i miei pensieri e passo al secondo. Ci metto poco a capirli, sono strade che bene o male ho già battuto all’NSA i primi anni e poi i criminali non sono poi troppo diversi nel settore in cui opero io e i federali. Sono così occupata a leggere e scrivere che non mi rendo conto del tempo passare e che dei federali iniziano ad arrivare.
                Sento avvicinarsi qualcuno verso di me. “Buon giorno… il tuo mi sembra decisamente un volto nuovo.”
                Alzo il capo e vedo una donna giovane di pelle scura sorridermi discreta, sembra simpatica. “Oh sì, c’hai azzeccato. Sono Harleen” mi alzo e le stringo la mano.
                La donna continua al posto mio “ah, la nuova novizia all’FBI. Peter mi ha parlato di te.” Mi sorride e fa “Io sono Diana, se hai bisogno sono qui.”
                “Grazie” mi limito a dire.
                “E’ da parecchio che aspetti ?” mi chiede.
                “Ohm…beh… più o meno.”
                Lei guarda l’ora e fa “tra poco arriveranno Peter e Neal, solitamente non sono mai in ritardo.”
                “Ottimo… Io ho questo problema di arrivare troppo in anticipo. Complice anche l’insonnia.”
                “Oh mi spiace. Senti, se vuoi bere un caffè o altro là puoi trovare tutto, magari ti aiuta a stare in piedi.”
                “Mi sono fatta già di mio, grazie.”
                Lei mi sorride e raggiunge la sua postazione.
                Riprendo a verificare i fascicoli per un altro quarto d’ora quando sento entrare altre persone distrattamente e si avvicinano a me sempre parlando finchè non si interrompono. Alzo il capo e li fisso.
                Uno dei due, quello carino che corrisponde alla foto identificativa del fascicolo NSA, mi fissa e fa “Ehm… quella è la mia scrivania.” Intanto mette il suo cappello sopra la povera testa di Socrate.
                Io mi alzo e faccio “lo so… Lei dev’essere Caffrey no ?”
                Lui sulla difensiva “dipende chi me lo chiede”
                Ynes aveva ragione, ha molto fascino ma non aveva precisato che il suo modo di parlare era molto…sexy.
                Fissò l’altro uomo che è evidente essere più anziano e do per scontato sia Peter Burke. Decido di presentarmi “sono Harleen Sax”.  Stringo decisa la mano di Burke e lui risponde cordiale “ah, quella nuova che ci hanno assegnato. Molto piacere, benvenuta al boreau.”
                Sorrido di rimando a Peter che per ora mi sta molto simpatico. Intanto Neal si sblocca dallo shock. “Però non mi hanno detto che da oggi avrei avuto una novizia così carina” e sfodera quel sorriso da casanova che Ynes aveva descritto al meeting di ieri.
                Io lo fisso seria e con un sopracciglio inarcato, non so nemmeno come interpretare quella frase e un groppo allo stomaco che conosco bene inizia a stringere. Questo sembra aver messo un po’ a disagio Neal, ma cerca di mantenere il sorriso che gli viene così tanto facile.
                Intanto Peter mi soccorre : “ignora Neal, fa sempre così ma non è cattivo. Se ti importuna dimmelo che lo sculaccio io.”
                “Lo terrò presente, basta che mantenga la parola” ribatto complice.
                Peter “ci puoi giurare. So quanto Neal può essere insopportabile.”
                “Hey, sono qui, Peter !” ribatte Neal contrariato.
                “Ah lo so” sorride divertito e aggiunge “allora, Harleen, tu sarai affiancata a Neal, che seppure è un gran scocciatore è molto preparato. Perciò dovrai seguire lui, se ci sono problemi puoi parlarne con me.”
                “Ottimo… tutto chiaro.” Annuncio preparata come una scolara e sorrido non sapendo che altro dire e fare.
                Così Peter dà delle ultime dritte a Neal e si avvia al suo ufficio sopra le scale. Rimaniamo io e Neal e per un paio di secondi ci fissiamo senza dire nulla. Neal a un certo punto rompe il silenzio e fa il galante “Bene, comunque dammi del tu… mi fai sentire vecchio.” Poi aggiunge “prima di iniziare vuoi un caffè ?”
                Io “no grazie, l’ho già bevuto da un pezzo” rispondo impassibile.
                Si gratta la nuca e lo vedo indeciso sul da farsi. “Bene…. Allora” si schiarisce la voce e si mette al mio fianco dietro la scrivania, cercando fascicoli che ovviamente io ho già letto e analizzato. “Vedo che hai già visto questi…”
                Io rispondo “sì… non ho resistito” lo guardo dritto nei suoi occhioni azzurri e dico “spero non sia un problema”.
                Lui mi fissa altrettanto un po’ in imbarazzo e sorridendo fa “no… prima o poi avresti dovuto vederli. Comunque tra poco li vedremo insieme a Peter, Diana e altri alla riunione delle 8.”
                Io non dico nulla, ammetto un po’ apposta per metterlo a disagio, e continuo a fissarlo con sguardo neutro e impassibile. E’ poco più alto di me, vero anche che io sono più alta della media (sono 1,77cm), quindi non devo spezzarmi l’osso del collo per guardarlo in faccia. “Manca ancora un po’….” Mi limito a dire.
                Lui “già…” mi sorride.
                Io sorrido e la butto così “spero che per mezzora non rimaniamo a fissarci in un rispettoso silenzio. Sarebbe un po’ strano.”
                Lui sbotta “sì, infatti. No, ti spiegherò qualcosa… siediti.”
                Neal ruba la sedia alla scrivania vicino e me la consegna con garbo, così mi siedo vicino al sospetto Neal Caffrey. Ha proprio un bel viso, la sua voce poi è tutto un sussurro, sarà così che acchiappa le vittime nelle sue truffe. O ha acchiappato.
                Neal è molto gentile, mi spiega molte cose come ad esempio come gestiscono i casi e mi fa alcuni esempi di lui e Peter e dei loro casi risolti. Lo si capisce subito che è uno con una bella testa, che sa molte cose. Dopo le sue spiegazioni però sono curiosa di sapere qualcosa di lui.
                “E’ chiaro fino ad ora ?” mi chiede garbato.
                “Certo…” rispondo, poi dopo una leggera suspense gli chiedo “è da tanto che lavori per Peter ?”
                Neal mi fissa un po’ inaspettato per la domanda, forse si immaginava una frase più tecnica. “Mh, sì… da diversi anni.” Non so che altro dire e lui aggiunge “forse ho capito dove vuoi arrivare.”
                “Cioè ?” chiedo d’un tratto ansiosa. Che ha capito ? Neal mi guarda bene in viso, forse è una sua tecnica naturale, e dice “Forse sei spaventata perché sei nuova e non sai come comportarti. Ma non devi avere paura, Peter è un ottimo agente, non è cattivo come sembra e se ti comporti bene vedrai lo noterà – ha un buon intuito come agente.”
                Che carino, mi dà consigli di sopravvivenza. Gli sorrido grata “grazie, lo terrò presente.”
                Peter sbuca fuori dall’ufficio e chiama con due dita Neal, Diana e un altro agente nero davanti la postazione di Diana. Neal mi fa segno di seguirlo così vado con lui nella sala riunioni.
                E’ Peter a spiegare il caso che abbiamo per le mani. “Ora che ci siamo tutti possiamo iniziare.
Da poche settimane stiamo seguendo un caso di falsificazioni di beni antichi e abbiamo notato che assomigliano a quelle falsificazioni compiute anni fa da Curtis Hagen alias “L’Olandese”. Crediamo che Curtis abbia incaricato un suo fidato abile quanto lui per compiere questo reato e che probabilmente l’intenzione è quella di ricavarne molti soldi rendendo possibile lo scambio di merce contraffatta all’estero. Ovviamente il nostro scopo è quello di catturare l’incaricato alle falsificazioni e impedire l’avvio di contrabbandare la merce all’estero.” Peter elenca gli altri dettagli, risponde alle domande degli altri agenti finchè a tutti non sembra che il caso e l’obiettivo siano chiari. Però a loro sfugge qualcosa e chiamo l’attenzione di tutti prima che commettano un errore in campo.
                “Però…qualcosa non mi convince” sbotto io quando tutti fanno per alzarsi, rimangono tutti fermi con interrogativi stampanti in volto.
                Peter è incuriosito dal mio disappunto. “Cosa non ti convince ?”
                Mi sento gli occhi puntati addosso, cerco di non farci caso e dico la mia. “Io penso che vogliono farci convincere di questo. Insomma, è un po’ troppo scontato come caso forse anche troppo facile. Solitamente i criminali di questo genere cercano scappatoie sotto l’ovvietà. Stamattina poi ho avuto modo di analizzare i casi e ho notato dei particolari simili in due casi apparentemente differenti.”
                “Mi sembra assurdo quel che dici. Secondo me è proprio come ha detto Peter !” esclama uno del team. Non mi sorprende tale affermazione, c’è sempre uno scettico nel gruppo.
                Peter medita e sembra interessato. “No è interessante invece. Spiegaci meglio.”
                Io continuo “stamattina mentre leggevo sono rimasta un po’ perplessa in due casi” e mostro quali sono, “uno si tratta di questa falsificazioni e l’altra è di semplici contraffazioni di minori beni culturali. Però ho notato nelle foto dei periti che qualcosa invece li accomuna, così controllando bene attraverso la lente, ho notato degli intagli identici”. Indico il punto da me sospetto e tutti si avvicinano a osservare. “Notando questa cosa, perciò ho analizzato bene i punti dove hanno agito questi criminali, così ho notato che i punti sembrano ben architettati e se segniamo bene le zone colpite si può notare che tutti i punti hanno un percorso fin troppo lineare. Quindi deduco che mi sembra troppo strano che sia una semplice coincidenza.”
                Peter riflette per bene, sembra ragionare bene su quanto ho detto e non la deve trovare poi male come ragionamento. “In effetti osservando potrebbe essere”.
                Mi sento soddisfatta e così continuo “analizzando poi i profili dei soggetti, ho motivo di pensare che c’è il classico gioco mente e braccio. Il falsario mandato da Curtis Francois è la mente e probabilmente questo Rogers è il braccio. Siccome Francois fino ad ora non ha avuto una vera accusa riguardo le sue azioni illecite, probabilmente non vuole esporsi così enormemente e rischiare di finire dietro le sbarre. Così manda un soggetto esterno ed estraneo al suo e lo fa agire deviando la polizia da lui.” Faccio una pausa così possono tutti ragionare su quanto ho detto. “Almeno, io ho dedotto così” aggiungo cercando di giustificare la mia teoria.
                Peter mi osserva e fa “potresti avere ragione. Se è così come dici tu, è facile che Francois e Rogers collaborino. Rogers ormai non gli importa di essere finito alle sbarre, non si vergogna dei suoi crimini. Al contrario Francois deve preservare la sua facciata visto che ha un profilo sociale importante. Se non ci sbagliamo Francois avrebbe motivo di colpire questo museo storico o almeno vuole convincere noi di questo. Se Rogers collabora...”
                Neal aggiunge “se collaborano Rogers senz’altro avrà un piano B, quindi qui. Noi siccome diamo la caccia a lui, Francois ha la via libera e scappa con il malloppo inosservato.”
                Peter fa “quindi dobbiamo mandare due squadre in questi due punti, così non ce li facciamo scappare. Okay gente, iniziamo a prepararci.” Peter mi osserva e poi fa “ottimo lavoro Harleen” ed esce dalla sala di gran carriera.
                Io inizio a raccogliere tutte le carte dimenticando che dentro c’è ancora Neal. “Hey, sei stata brava.”
                Alzo il capo e lo vedo che mi sorride, un po’ mi imbarazzo e non capisco il perché. “oh… grazie… non ho fatto chissà cosa.”
                Neal “Si certo…. Dai vieni” e sempre con le mani in tasca mi fa cenno di seguirlo in tutto il suo perfetto charm. Non so perché mi ritrovo per un momento a fissargli il sedere, al chè mi sento una tale idiota. Riprendo coscienza e mi concentro sul lavoro. Presto cattureremo due criminali.
 
 
 
 
                Le mie intuizioni sono state corrette. Francois e Rogers erano proprio dove avevo immaginato che fossero, in due posti comuni come da loro accordatosi in segreto. L’FBI dopo un notevole tempo di sorveglianza dal loro furgone, al momento giusto sono intervenuti e hanno catturato i furfanti con il loro “bottino” da contrabbando e falsificazioni.
                Dopo di ciò, io e Neal e squadra siamo tornati al boreau, Peter e Diana hanno interrogato i due criminali e ora mi ritrovo a scrivere il rapporto riguardo il caso ormai risolto. Devo dire che come primo giorno sotto copertura ho fatto un bel affare. E’ quasi ora di pranzo, lo intuisco dalla gente che ormai si distrae facilmente e si perdono in chiacchiere raggiungendo gli ascensori a gruppi. Io mi concentro sul rapporto e spero vivamente che nessuno mi invita a pranzo. Odio l’ora di pranzo e ogni ora in cui si deve mangiare !
                Sembra che ormai siano andati via tutti, dimenticandosi completamente della nuova arrivata e faccio un sospiro di sollievo. Solo che stupidamente canto troppo presto vittoria.
                Neal, Peter e Diana sbucano dal corridoio che porta alla sala interrogatori, spero non mi notano ma suppongo non posso sperare in un miracolo così grande. Per cui continuo a scrivere il rapporto facendo finta di nulla. Neal ovviamente mi nota, specialmente perché sono alla sua scrivania. Si avvicina e fa “hey, vieni a pranzo con noi ?”
                Alzo la testa, ammetto un po’ intontita dalle lettere sul rapporto e quasi le vedo nel volto di Neal. “A pranzo ? Mmm, no grazie. Finisco qui.”
                “Dai, avrai fame… Vieni” insiste Neal col suo charm.
                Io sorrido e cerco di essere paziente. “No grazie… magari un’altra volta.”
                Ci rimane un po’ male però non insiste ulteriormente e mi fa un mezzo sorriso. “Come vuoi… a dopo.”
                Segue Peter e Diana verso gli ascensori fino a sparire dietro quelle porte fredde. Così rimango io e forse un altro dipendente del Boreau che non ho idea di chi sia.
                Comincio a sentire la stanchezza di quella tipica di una notte insonne, ormai la conosco bene e siccome non posso certo dormire sulla scrivania mi dirigo nella zona caffè a riempirmi una tazza. Aspettando che venga erogato il caffè nel caraffone, mi perdo nei miei pensieri e vengo accolta da flash di vecchia data che mi tormentato a tempo debito. Penso e mi convinco che mi sembra strano che sospettano del Boreau, mi sembrano tutti brave persone e forse è solo stupido dedurlo dal “primo sguardo”. Devo cercare di concentrarmi e analizzare bene le abitudini di tutti. Devo ricordarmi soprattutto che sono sotto copertura.
                Mi verso il caffè e quasi rischio di farlo cadere per colpa del tremore alla mano, ogni tanto mi succede e non ne capisco la ragione. Mi arrabbio, la scuoto e sembra riprendersi dal suo status possessione. Rimetto tutto apposto e mi dirigo alla scrivania col caffè. Mi rimetto sul rapporto ma adesso sono troppo sconcentrata e questo mi fa veramente tanta rabbia. Quell’uomo mi tormenta, quella sua voce sibilante e affamata, mi sussurra all’orecchio in continuazione “Non ti farò male te lo prometto”. Mi convinco che è la stanchezza a giocarmi questo scherzo di poco gusto, per cui cerco di calmarmi e dirmi che non c’è nessuno alle mie spalle a darmi il tormento. Non sembra funzionare molto e forse una rinfrescata al volto può aiutarmi, intanto mi segue anche un inizio di emicrania e questa proprio non ci voleva.
                Mi sciacquo con acqua più gelida possibile e sembra aiutarmi un pochino. Perché mi vengono tutte a me ? Perché questi ricordi mi divorano il sonno e l’energia ? Sono forse io a permettergli tutto questo ?
Mi guardo allo specchio e mi vedo pallida come uno straccio, una leggera traccia di occhiaie evidenza la mia mancanza di riposo e più mi osservo e più mi trovo orribile. Mi sistemo un po’ i miei capelli rossi così per istinto femminile e torno alla postazione di Neal. Finalmente riesco a mettere da parte i demoni e riprendo a scrivere il rapporto ogni tanto sorseggiando il caffè.
                L’ora di pranzo ormai inizia a finire, gli agenti iniziano a tornare a poco a poco a gruppi e il brusio in ufficio inizia a riecheggiare nel boreau. Il mal di testa è l’unico che non mi ha abbandonato, per cui decido di prendere un sumatriptan per l’emicrania prima che si trasformi in qualcosa di blasfemo. Sento la voce di Neal e Peter varcare il boreau, in un chiacchiericcio fatto di battute. Neal si avvicina a me e fa “heyla… spero hai finito con quel dannato rapporto se no ti scoppia la testa.”
                “Ho finito ora” sbotto distrattamente frugando nella borsa in principio di nausea da emicrania. Quasi trovo irritante anche la sua voce, ma penso che a parlare sia il mal di testa.
                Posso percepire il sorriso di Neal anche di spalle, è come se il suo modo di fare sia contagioso come il morbillo. Alzo il capo e vedo una scatola sospetta e inizio ad avere l’ansia temendo il contenuto. “Ti ho portato qualcosa da mangiare, considerati fortunata non ha scelto Peter…ha un palato terribile” e fa una smorfia in segno di presa in giro al suo collega. Mi fissa attentamente e fa “ti senti male ?”
                “No…ho solo mal di testa… tutto qua” mi giustifico di fretta.
                “Ti serve qualcosa ? Ho dell’aspirina nel cassetto” mi fa disponibile e gentile.
                “Non preoccuparti, a me purtroppo serve qualcosa più forte dell’aspirina” concludo.
                “Okay… Magari mangia qualcosa, forse è anche la fame. Suppongo ne hai un bel po’” ragiona Neal.
                Io sudo freddo al pensiero che forse sono costretta a mangiare, preferirei farmi la doccia nell’acqua gelida !
                Cerco di non dare a vedere questo mio disappunto nei confronti del cibo e sorrido. “Magari dopo mangio qualcosa, adesso non mi va molto. Non era necessario comunque che mi portassi del cibo.”
                Si piega verso di me, sbattendomi addosso la sua bellezza in stile Cary Grant. “A me fa piacere”
                Lo fisso e praticamente trovo un po’ irritante le sue intenzioni, è chiaro che non perde occasione di provarci a sto punto. Maledetto casa nova ! Gira che gira, tutti gli uomini vogliono una cosa sola.
                Ovviamente non gliela do vinta e lo fisso impassibile, non voglio che pensi che io sia come tante ragazzine che si emozionano con un semplice sorrisetto e tante gentilezze. “Okay…” mi fissa ancora e io aggiungo seria “per caso…. Devi dirmi altro ?”
                Neal mi fissa e fa “sembri una che dorme poco. Hai un po’ di occhiaie.”
                Io sento una fortissima irritazione provenirmi da dentro, sento difficile anche trattenermi. Tra le tante cose che mi poteva chiedere, mi fa questa osservazione !? Mantengo la pazienza e rispondo “già… soffro d’insonnia. Capita.”
                “Oh… capisco…” dice preso un po’ contropiede. Forse si aspettava che rispondessi male. Mah. “okay… Vado un attimo da Peter, tu intanto mi puoi prendere una tazza di caffè ? Grazie !”
                Ecco te pareva, inizia a scambiarmi per la serva di turno ! Inizio a non sopportarlo, al chè ricordo il discorso di presentazione di Peter e penso a quanto aveva ragione ! Neal può sembrare insopportabile.
                Il mio problema ora è quel sacchetto col pranzo e mi chiedo come me ne posso liberare, dannazione ! Ho paura anche a scoprire cosa mai mi abbia procurato Neal per uccidermi lo stomaco, in parte però è stato carino ad avermi portato qualcosa. Sono qui che mi danno per come liberarmene, intanto Neal è di ritorno.
                Sembra entusiasta e fa “molla tutto, andiamo a fare domande a persone.”
                Ed ecco la mia manna dal cielo, per ora mi sono salvata dal problema cibo ma non so per quanto ancora. Per adesso, mi concentro su quel che devo fare e seguo Neal verso gli ascensori.
 
 
 
 
 
                Io e Neal andiamo a seguire la nostra pista dell’indagine, così siccome la signora da interrogare si trova piuttosto lontano dal Boreau, andiamo con l’auto di Neal. Mi accomodo nel sedile del passeggero e mi perdo nello sfondo della città al di fuori del finestrino. I demoni ogni tanto mi sussurrano all’orecchio e così inizio ad avere più freddo.
                Sento una voce lontana, ma la ignoro per colpa della frequenza della mia testa. Qualcosa mi picchietta la spalla e sobbalzo per la sorpresa. E’ stato Neal che mi ripete “a cosa pensi ?”
                Io alzo le spalle. “Ah niente di che…”
                “Se lo dici tu…” e sorride. Sembra studiarmi con la coda dell’occhio e io faccio altrettanto per mantenermi allerta. Non mi fido molto di lui. “Allora… raccontami un po’ di te.”
                “Cosa dovrei dire ?” chiedo scettica, non vedo ragione per cui dovrei raccontarmi.
                “Per conoscerci, siccome lavoreremo insieme per lungo tempo…” dice lui.
                Io penso alla sua frase e medito sul da farsi. Nessuno mi ha mai voluto conoscere realmente, per cui mi trovo impreparata al riguardo, così mentre penso a come poter iniziare il silenzio si prolunga.
                “Ebbene ?” insiste gentilmente.
                “Non so che dire” sbotto leggermente infastidita.
                “Puoi dirmi qualcosa di te. Ad esempio, hai fratelli ?”
                “No, non ne ho.” Rispondo titubante. Non capisco dove vuole arrivare. Nel panico chiedo “tu ?”
                “Nemmeno io. Ma sono io che chiedo di te.”
                Li mi irrito un po’, ma cerco di essere ragionevole. “Beh, se ci dobbiamo conoscere è giusto che pure io sappia di te, no ?”
                “Non hai torto… Okay, allora facciamo così : una domanda per ciascuno, ci stai ?”
                “Non tanto, ma va beh” borbotto fissando fuori.
                Di traverso vedo che sorride divertito, ignoro questo dettaglio prima che causo un incidente stradale. Così lui riprende l’interrogatorio “allora, raccontami un po’ della tua famiglia… Siete di zona ?”
                Non poteva fare domanda peggiore, non so come rispondere e soprattutto non ci tengo sappia il mio status : odio quando la gente prova pietà di me e che sappiano di me in generale. “Domanda di riserva ?”
                “Mmm, tasto dolente eh ? Sei in pessimi rapporti con loro ?” mi chiede cauto.
                “In un certo senso.”
                “Sei piuttosto misteriosa… non ti piace proprio parlare di te, eh ?”
                Mi volto e lo guardo. “Esatto, non mi piace proprio e poi non è così interessante la mia vita. Dimmi della tua, suppongo sia più eccitante.”
                Neal fa un’espressione strana. “Mah, diciamo che non mi sono annoiato…”
                “Beato te…” borbotto io. Non mi spiego perché sono così sulla difensiva, forse la mia è la paura di una nuova aggressione. Non sembra cattiva come persona Neal, ma anche i miei aggressori esternamente sembravano buone persone. In parte mi sento in colpa per il mio atteggiamento freddo, purtroppo è una mia abitudine non legarmi a nessuno nemmeno per amicizia. Visto le mille delusioni avute, preferisco starmene da sola.
                Mi suona il telefonino e noto con amarezza che è Alex, di nuovo, a darmi il tormento e non resisto a imprecare sotto voce. “Porca troia…” borbotto tra me.
                “Che succede ?” mi chiede Neal.
                “Ah niente…” dico sbrigativa. “Quanto manca per arrivare ?”
                “Ancora un po’… Mi sembri un po’ a disagio.” Osserva Neal meditabondo.
                Il suo sguardo riflessivo mi mette ansia. “Non sono a disagio.”
                “Sì che lo sei e mi chiedo il perché.”
                “Vuoi che ti dica, sarà che sono troppo asociale…”
                “Tu asociale ? Ma davvero ?” quasi ride della mia frase.
                Io lo fulmino con garbo, non voglio farmi detestare subito da un mio superiore. “Sì… diciamo preferisco starmene per i conti miei…”
                “Non mi sembri il tipo…”
                “Eh, l’apparenza spesso inganna” la butto lì e guardando il panorama fuori forse nella vana speranza che qualche supereroe mi venga a salvare.
                Lui ride e fa “sei strana…”
                Lo fisso a occhi stretti. “Lo prenderò come un complimento.”
                Lui scuote la testa ridendo, devo dire ha proprio un bel sorriso. Scuoto la testa e mi riprendo, non sono certo qui per cercare di conquistare il suo cuoricino criminale !
                Neal mi fa “non mi vuoi chiedere nulla ?”
                Si e no, ma preferisco di no penso tra me e me. “Sì. Posso accendere la radio ?”
                “Sì…” risponde deluso. “Ho capito…non vuoi parlare.”
                “Già…” e intanto smanetto con le frequenze.
                Dopo un breve silenzio riprova “Misteriosa e silenziosa.”
                Cerco di ignorare il suo commento anche perché non so come rispondere, anche se colgo è una specie di provocazione ai miei nervi instabili.
                “E’ un po’ strano che una giovane come te sia così chiusa… sai, le ragazze giovani quando vedono un bel ragazzo si aprono…”
                “bisogna vedere cosa gli piace ‘aprire’…” borbotto scettica, come non fosse ovvio cosa mirano tante ‘ragazze giovani’ per far carriera.
                “Non intendo in quel senso, sciocca… c’è chi lo fa naturalmente.” Colgo del sarcasmo pure da Neal.
                “Ah si ? E quante si sono sentite devote ad ‘aprirsi’ come rondini al vento ?” sfotto io un po’ divertita dall’illusione del discorso.
                Neal coglie il mio sarcasmo. “Cerchi di fare battute sporche o cosa ?”
                “oooh nooo, assolutissimamente… Sottolineo solo quante brave ragazze ci sono cui sono dedite in tutto e per tutto per la carriera.” Scuoto la testa tra divertita e sarcasmo.
                “Si ho capito dai. Non sono mai andato a letto con le mie segretarie prima d’ora, se intendi questo. Sono un bravo ragazzo io.”
                Gli punto lo sguardo addosso credendoci per niente.
                Neal mi guarda sbieco per non perdere d’occhio la strada. “Sono serio…”
                Rido contrariata. “E Comunque non sono una segretaria, precisiamolo.”
                “Giusto… saresti mia ‘partner’” sottolinea l’ultima parola con un sussurro strano, sensuale.
                “Collega” rettifico con decisione, così che capisca che non ho intenzioni strane.
                Lui sorride furbo. “Mi piace di più partner.”
                “Io preferisco Collega, mi sembra più professionale.”
                Neal intanto parcheggia e fa “mi spezzi il cuore così. Mi sembra troppo distaccato.”
                “Vedrai che riuscirai a sopravvivere” e detto ciò scendo dalla macchina e tremo ancor di più dal freddo.
                Neal fa altrettanto e mi viene affianco, osserviamo la casa : una classica villetta a schiera con un bel giardinetto, una stradina di ghiaia che porta lungo il porticato a indicare l’ingresso di casa. Sembra un po’ spenta da fuori, come se dentro si potesse trovare un altro mondo oltre il gelo. A vederla mi metteva i brividi, era come se qualcuno mi tenesse d’occhio.
                “Da un po’ i brividi…” annunciò tra i sussurri del vento.
                “Già…un po’…” dice Neal e s’incammina verso il vialetto.
                Intanto raggiungiamo il portico e Neal suona alla porta, mentre io controllo dalla finestra che non ci sia stata effrazione di nessun genere o violenza. Sembra tutto apposto. Neal intanto non demorde ad approcciarsi con me “senti, stasera ho proposto a Peter e sua moglie Elizabeth di mangiare da me, sono un discreto cuoco, perché non ti unisci ? Così inizi a conoscere qualcuno.”
                “Non posso… magari un’altra volta.”
                “Devi vederti con Alex ?” mi chiede furbo e indagatore.
                “Che ?” mi chiedo come possa saperlo e mi sento violata.
                “Ho visto sul display il nome Alex… suppongo sia il tuo ragazzo…. O ragazza.”
                “Cosa ?!” adesso sì che mi sono irritata per bene, che va a pensare ?!
                “Sai, mi ricordi la mia collega Diana, avete un atteggiamento simile : autoritaria, inflessibile… insomma ha un bel caratterino… Lei è fidanzata con una ragazza e io non ho problemi di quel genere. Se lo sei pure tu lo accetto senza problemi.”
                “Mio dio… non sono lesbica !”
                “Ah no ? Ne sei sicura ?”
                “Sì ! Ne sono più che sicura !”
                “Oh beh… allora, chiarito questo…” e se ne sta zitto sulle sue, tutto tranquillo in attesa che la signora venga ad aprire.
                Non so perché mi sento in bisogno di spiegare. “Alex è il mio ex. Ci siamo lasciati. Anzi l’ho lasciato io.”
                “Mh, bene… buona a sapersi.” Ammicca e cerca di nascondere un sorrisetto compiaciuto, cosa che mi fa irritare di più.
                “Non so nemmeno il perché te lo sto dicendo.”
                “Ah non lo so” e fa il finto tonto con quel suo sorrisetto da casanova.
                “Insopportabile….” Borbotto tra me e me.
                Neal fa finta di non aver sentito. “Come ? Hai detto qualcosa ?”
                “No !” sbotto irritata.
                Neal sorride e finalmente la signora ci apre, un’anzianetta che avrà circa settant’anni, un po’ robustella e di piccola statura. Il suo viso paffutello è adorabile ma non mi faccio illudere dalle false apparenze, o almeno cerco di mantenere la neutralità di cui c’è bisogno nelle indagini. Neal si presenta come agente investigativo dell’FBI e comunica che vorrebbe fare delle domande riguardo suo figlio.
                La signora ci fa accomodare cordiale come perfetta donna di casa, vengo accolta da un adorabile calore sprigionato dal camino posto nel soggiorno alla destra della casa, tuttavia tremo ancora brutalmente a differenza di Neal che sembra non provare nessun cenno di brivido e cerco di resistere all’impulso di accoccolarmi davanti il caminetto.
                L’interno della casa è vecchio stile, più o meno anni 70, i colori un po’ scuri della cucina mi fanno smarrire un po’ ai miei vecchi tempi per questa ragione sento più freddo. La signora ci porta nella sala da pranzo, un po’ preoccupata per la nostra presenza seppure parla molto di cose sue e noto dopo poco che mi osserva apprensiva come una mamma. “… Magari preparo qualcosa di caldo, la sua ragazza mi sembra infreddolita parecchio.”
                “Non sono la sua ragazza” correggo subito in tono gentile. “Solo una collega.”
                La signora sorride un po’ e fa “oh… peccato. E’ così un bel ragazzo” E va in cucina a preparare qualcosa di caldo.
                Noto con rammarico che Neal mi sorride e fa “Un così bel ragazzo…che signora simpatica signora :D”
                “Provaci pure, ma penso sia un po’ troppo anziana per te sai…”
                “Spiritosa… è troppo grande per me. Tu saresti più alla mia portata” e mostra uno dei suoi sorrisi smaglianti.
                Scuoto la testa e spero che la signora torna presto, intanto Neal continua “visto, ci trova adorabili assieme.”
                “Forse ha scordato di mettere gli occhiali” sbotto io inespressiva.
                “Aggressiva… sembri proprio Diana. Potreste andare molto d’accordo voi due.”
                “Non sono lesbica” ripeto piatta.
                “Chi mai ha detto questo ?”
                “Ah chi lo sa… Forse un piccione viaggiatore.”
                La signora fa il suo onorevole ingresso e così una volta accomodati Neal inizia a fare le sue domande, io intanto mi osservo attorno con circospezione e attenzione e nel tempo stesso ascoltando la conversazione tra Neal e la signora. Sorseggio il tè e un po’ sto meglio, il freddo che ho addosso per un po’ sparisce e così ho modo di concentrarmi meglio sulla mia indagine. Ho dei sospetti, però non lo dò a vedere e faccio finta di nulla, ascolto e cerco di unire i puntini tra alcune bugie della signora e gli indizi che ho attorno.  La signora dice che di suo figlio non sa nulla da un po’, è da mesi che non lo viene a trovare e prima lo faceva spesso. Dice si occupa della sicurezza ad uno dei musei importanti in città e che probabilmente è per quello che non lo vede molto. Se davvero fosse così, non avrebbe modo di preparare cibo per più di due persone, del maggiore disordine nel bucato che c’è vicino alla cucina e di oggetti di uso maschile vicino alla camera infondo al corridoio. Oltretutto la signora dice di non guidare più l’auto, ma come spiega il fatto di avere un mazzo di chiavi di una Ford appese vicino l’ingresso ? Dice che la usa il figlio e per questa ragione se l’è portato con lui l’auto. Il marito so che è defunto quindi dubito che uno spirito possa guidare.
                Questa cosa mi puzza.
                Neal ha il potere di accattivare la gente a suo favore, tramite quella sua voce gentile e calma, il sorriso e gli occhi azzurri fanno da complice per le sue conquiste. Il tutto aiuta molto se vuoi ottenere qualcosa senza faticare, con la scusa che poi Neal è un bel vedere la cosa gli viene ancora più facile.
                Le domande sono finite e così togliamo il disturbo, ringraziamo la disponibilità alla signora e ricordiamo che se ha altro da dirci di chiamare il numero indicato. La signora è sorridente e disponibile fino alla fine.
                Arriviamo alla nostra auto e Neal fa “che ne pensi ?”
                “Ha mentito in certe cose.”
                “Dici ? L’ho sospettato pure io, molte cose non mi tornano.”
                “Già… ha evitato di dire che suo figlio frequenta ancora casa comunque.”
                “Dici ?”
                “Sì. Ho notato tante cose di troppo in una casa di una vedova sola.”
                Neal mi osserva vigile e fa “ah davvero ?”
                Io lo guardo altrettanto e mi sorprendo del suo scetticismo. “Certo.”
                “Da cosa lo hai intuito ?”
                “Beh, indumenti maschili nella biancheria, cibo in più e le chiavi di una Ford. O è una signora dalla doppia identità o il figlio frequenta ancora casa.”
                Neal sorride e fa “hai un ottimo occhio. Brava Sax.”
                Detto ciò. Saliamo in macchina e torniamo alla centrale dell’FBI.
 
 
 
 
                Il pomeriggio è stato piuttosto tranquillo, siamo stati soprattutto al boreau a fare le dovute ricerche riguardo la vita della signora e del figlio. Come da me sospettato, abbiamo avuto prove che il figlio Frank frequenta ancora la casa della madre probabilmente per aiutarla. Non so perché si vuole nascondere tanto, ho motivo di credere che il fatto che voglia tenere la sua vita così segreta è per il fatto che voglia nascondere che fa qualche azione illegale al museo o magari per ipotesi possa essere stato fregato.
                Neal insieme a Peter ha interrogato dei sospetti e io dietro al vetro ne ho seguito il processo. Ho sempre voluto provare a interrogare le persone, ma al dipartimento dell’NSA non mi hanno mai fatto provare e la cosa mi fa incazzare ancora. Troppo presto mi hanno detto, devo far pratica osservando bene ho in mente già come fare e sicuramente non mi approccerei al classico “sbirro alterato”. Intanto sono le 7e mezzo e io sto finendo un rapporto su un caso da archiviare, quasi tutti sono andati via ma non ci faccio troppo caso. Non ho fretta di tornare nel mio maniero grande e vuoto, sapendo che nessuno mi sta aspettando non mi fa di certo aumentare la voglia di tornare a casa. Anzi, mi mette un po’ di malinconia.
                Sento il cellulare vibrare e non sto a preoccuparmi di vedere chi mi chiama, so che è Alex a darmi il tormento, non si dà pace quella testa di cazzo. Perché certi uomini non vogliono accettare il fatto che la relazione è finita ? Non lo capisco !
                Finalmente ho finito e praticamente provo dispiacere perché sono costretta a tornare a casa, come di consueto ad annoiarmi e sperare di riuscire a dormire più di mezzora o massimo un’ora. Il tempo di notte se sei sveglio come me sembra non passare mai.
                Spengo il computer e intanto sistemo la mia roba nella borsa, nel frattempo sento avvicinarsi Peter e Neal concentrati su una loro conversazione da uomini. Vedo con la coda dell’occhio che si avvicinano e così continuo a far finta di nulla, finchè le loro sagome non sono di fronte alla scrivania di Neal.
                Peter mi sorride e mi chiede “com’è andata come primo giorno ?”
                “Non male” rispondo sorridendo di rimando, cercando di contenere la stanchezza di giorni per colpa dell’insonnia. Non so poi quanto funzioni.
                “Neal mi ha detto che hai un buon intuito, ed è perfetto questo all’FBI, aiuta molto a scovare i criminali specie se furbi.”
                “Ah beh immagino, ma penso di avere lo stesso istinto di tutti voi.” Intanto noto che Neal mi fissa in modo strano, come mi stesse studiando.
                “Non fare la modesta, se sei brava come lo sei stata oggi, potresti diventare un ottimo agente” mi dice Peter.
                Io mi sento in imbarazzo e non so se credere davvero ai complimenti di Peter. “Grazie, capo..”
                Lui sorride e Neal interviene “ah Peter, perché non provi a convincere tu Harleen  a venire a cena da me. Fa la preziosa.”
                Io vorrei fulminare Neal. “Oh, non posso davvero. Ho un impegno.”
                Peter “è un peccato. Ci saremmo un po’ tutti.”
                “Mi spiace… magari avremo un’altra occasione.”
                “Ma certo” concorda Peter e mi fa piacere che non insiste come fa Neal.
                Neal mi fissa a occhi stretti e sorridendo fa “Senz’altro avremo un’altra occasione…”
                Non so bene come interpretare il comportamento sospetto di Neal, ma lo ignoro perché non ha ragioni per fare così. A meno che non ha già sospetti strani su di me.
                “Beh, buona serata allora” conclude Peter.
                “Buona serata…”
                Peter si allontana prima di Neal, così che quest’ultimo mi possa sussurrare “A domani, collega” e il suo sorriso sembra voler dire molto.
                “A domani” mi limito a dire e osservo Neal raggiungere Peter agli ascensori.
                Spero davvero che non mi creda una spia, perché sarebbe un bel problema.
 
 
 
 
 
 
 
 
                Un’altra notte insonne, come immaginavo. L’unica differenza è che stanotte almeno non sono a casa mia ma di Nick Amaro, detective dell’unità vittime speciali. Non ho una relazione particolare con lui, è più che altro una cosa fisica. E’ uscito da poco dal divorzio e lui come me non vuole impegni seri con nessuno, quindi a noi va bene questa situazione.
                In questo momento invidio il fatto che lui è nel profondo del sonno e soprattutto riesce a riposare come un bambino. Io invece sono sveglia e iper vigile al suo fianco nel suo letto e mi chiedo se mai riuscirò a dormire. Stanotte ho fatto il record di minor sonno possibile : 15 minuti. Sono stanca e seppure è da due giorni che non dormo il sonno non vuole venire. Il fatto di essere sfinita dovrebbe bastare a farmi crollare e invece niente, devo lottare sempre con questa tortura. Visto che ciò non basta a torturarmi mi ci metto di mio stando a pensare a tante cose, tra le futili a quelle importanti. Ad esempio, mi chiedo se avrò per sempre quei dannati flash quando sarò a letto con qualcuno che mi piace. La cosa mi mette a disagio, mi fa sentire sporca e inutile. Infelice soprattutto e sola.
                Osservo un attimo Nick che dorme, il respiro lento e regolare e i sogni che occupano la sua mente. Mi appoggio al suo petto e mi accoccolo anche se ammetto un po’ mi riesce difficile. Provo a vivere lontanamente una scena dolce di una comune coppia, ma proprio non sembra voler far parte di me. Mi sento estranea alle comune interazioni sociali e mi chiedo quale possa essere il mio problema.
                Sento Nick muoversi e la sua mano sinistra raggiunge la mia schiena a dolci tocchi praticamente facendomi il solletico. Chiunque mi tocchi provo dei brividi ma se la cosa è tranquilla dopo mi calmo e mantengo tuttavia uno stato d’allerta. “Hey…” dice con voce assonnata.
                “Hey”
                “Non riesci a dormire ?” mi chiede sempre accarezzandomi.
                “Già… la solita storia… pazienza…” gli sorrido per sdrammatizzare, ma lui non ci casca e mi guarda tra severo e preoccupato.
                “Dovresti parlarne con qualcuno, non è salutare continuare così.”
                “Lo so…” mi tiro su a sedere tenendomi le gambe e mi metto a fissare un punto cieco come sempre.
                Nick si tira su pure e fa “senti, io penso che ti farebbe bene, non te lo dico per romperti i maroni ma perché mi preoccupo davvero.”
                “Lo so, ma è tutto sotto controllo” dico per tranquillizzarlo.
                Lui mi fissa scettico. “Di solito chi dice così in realtà poi succede il contrario.”
                “Adoro il tuo ottimismo, lo sai ?”
                Lui ammicca. “Ma non mi dire.”
                Io gli faccio un sorriso malizioso e Nick inizia a baciarmi, non mi dispiace ricambiare e ben presto questi si fanno più passionali. Come sempre devo lottare dall’impulso di smetterla, a volte i demoni cantano dietro al mio orecchio e sembrano ridere della mia fragilità. Nick mi sta sopra e mi continua a baciare dalla bocca al collo e la cosa andrebbe molto oltre finché non sentiamo un telefono che ci frena di colpo.
                Ci fissiamo un attimo e al secondo squillo constatiamo che è vero, quindi Nick sbuffando risponde al suo cellulare. “Pronto ?”. Sussurra una voce femminile in modo tecnico. “Okay… arrivo…”
                Riaggancia e mi fissa rammaricato. “Devo andare” annuncia contrariato.
                “Amaro al servizio…” gli sorrido e faccio “vai, prima che ti strigliano.”
                “già… che palle.” Mi dà un bacio e si mette di lato in cerca dei suoi indumenti e io faccio altrettanto.
                “Puoi restare qui se vuoi” mi dice notando il mio fare con il vestire.
                “No tranquillo… vado a casa, intanto sicuramente non riesco a prendere sonno. Se mai ci vediamo un’altra volta.”
                “Certo…” mi sorride. “Scappo, ciao” mi dà un bacio.
                “Ciao Nick..” e lo guardo andare via, mentre io rimango sola di nuovo.

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