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di you23466
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Vibrazioni ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Frammenti ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Resistere ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Vibrazioni ***















 

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...













 

Capitolo I - Vibrazioni

 

- "Se c'è qualcosa di cui possiamo essere sicuri, è la totale assenza di speranza!"

La fredda voce del Pacificatore continuava a gracchiare fuori dagli altoparlanti, nascosti proprio sotto la grigia statua metallica posta al centro della piazza del mercato. - "Ovunque vi giriate, in ogni angolo di questo mondo potete vederne i segni. Il seme della fine stessa è ben piantato e radicato in ogni singolo essere di questo mondo! Svegliatevi signori! Aprite gli occhi per una buona volta!"
Quelle parole erano ormai ridondanti, stancavano quasi.

Il degrado lo si leggeva ovunque: nei volti della gente scavati dalla fatica, nell'aria ormai irrespirabile e nelle tante cappe di aspirazione messe agli incroci delle strade dall'ex amministrazione imperiale. Se nelle grandi città la situazione non era la migliore, accentuata dai grandi numeri, il vero problema era nei piccoli centri dove ad aggravare la situazione già disperata, si inseriva una scarsissima manutenzione e una pessima gestione del territorio, praticamente distrutto e cannibalizzato da secoli di povertà, ogni sforzo sarebbe risultato vano.

Adri distolse lo sguardo dalla folla attorno a lei, era inutile soffermarsi ancora a pensare, l'odio che covava per tutti coloro che erano causa di quello sfacelo era ancora lì e non l'avrebbe abbandonata tanto presto. La voce del Pacificatore stava ancora gridando frasi senza senso, ma preferì ignorarle per evitare di perdersi ancora nei suoi ragionamenti, vi erano cose più importanti da fare quel pomeriggio. Si scostò rapidamente dalla colonna a cui era appoggiata e iniziò a muoversi sinuosa tra la folla, puntando con lo sguardo alla taverna dal lato opposto della piazza, riconoscibile dalla piccola insegna luminosa e dal vistoso numero di bottiglie frantumate ai lati dell'ingresso. Odiava muoversi tra la gente: il suo mantello scuro tendeva a rimanere incastrato tra i graffianti e rugginosi strati di metallo dei vari droidi protocollari e dei cumuli di rifiuti sparsi per le strade. L'altro elemento che la infastidiva più di ogni altra cosa era la ressa, ma sapeva che era necessaria per il suo lavoro, soprattutto in giorni come quello dove la massima discrezione era una componente fondamentale e niente era meglio di una sana piazza di mercato per nascondersi in bella vista ed apprendere più informazioni possibili. Era un prezzo che poteva tranquillamente pagare per la riuscita della missione. Lasciandosi cullare dal rumore della folla e dalle grida dei venditori di ogni sorta, Adri raggiunse la porta della taverna e si appartò brevemente nell'angolo adiacente il portone metallico, accese il suo comunicatore portatile e sull'holo-proiettore venne proiettata una figura incappucciata, illuminata dalla tenue luce degli schermi.

- "Mia signora." Disse con un lieve cenno del capo - "sono in posizione, il piano procede tranquillamente." La figura nell'holo-proiettore mosse rapidamente la mano e spostò con un gesto il cappuccio dalla testa, rivelando la lucida pelle rossa ed i neri tatuaggi che le ricoprivano gran parte del volto, in una combinazione vagamente intrigante e labirintica, quasi ipnotica. - "Vedi di non deludermi Adri, le conseguenze del tuo fallimento credo non ti piacerebbero, mi aspetto di vederti nei miei alloggi entro tre ore. Devi fermarli" intimò prima di chiudere la comunicazione. Se il volto della sua Maestra la ipnotizzava, vi era qualcosa nella voce che invece la rendeva inquieta, quasi succube al suo volere che sembrava nutrirsi di tutto l'odio che la circondava. 

Maledicendosi ancora una volta per essersi distratta, Adri si spostò di fronte la porta sudicia della taverna, attendendo forse un secondo di troppo che il meccanismo automatico facesse il suo dovere, a quel punto fece un passo all'interno, sul pavimento sporco di birra e altri cocktail di dubbia provenienza, uno spreco di risorse in un pianeta che affondava nella disperazione. La taverna di Merth era sempre la stessa, ricolma di alcolizzati, giocatori e disperati d’ogni sorta, in una splendida atmosfera carica dei rumori ronzanti dei purificatori d'aria portatili e delle grida dei giocatori più infervorati. Adri si fece spazio tra la gente, fino a raggiungere il bancone sudicio e impregnato di tanto alcool e sangue quanti erano stati gli scontri in quel posto infame. Appoggiando le braccia sul bancone notò con disgusto una piccola nuvola di polvere e sporco sollevarsi, lasciando intravedere l'antica colorazione rossastra che un tempo decorava tutta la taverna, tipica delle gilde commerciali e ormai caduta in disuso. - "Merth" disse con un filo di disprezzo nella voce, rivolta al vecchio dietro il banco, già pronto ad ascoltarla con fare servizievole. - "Preparami uno dei tuoi pessimi drink, ma non esagerare, non ho intenzione di rimanere qui molto", alzando un poco il tono della voce, per sovrastare la folla che la circondava. Il vecchio la squadrò un momento, scostandosi con il polso i bianchi ciuffi che gli pendevano unti sopra gli occhi. - "Peccato bellezza, faresti felici molti rimanendo qua con noi, ma ti accontento volentieri". La giovane lo ignorò, limitandosi a scuotere la testa e lanciargli un'occhiata gelida, abituata a commenti del genere; si concentrò invece sul piccolo specchio sudicio di polvere alle spalle del vecchio Merth, notando nell'angolo opposto della sala, il suo contatto, il suo obiettivo. Lasciò due crediti sul bancone e prese il suo bicchiere, sporco come tutto il resto del locale e lentamente si mise ad attraversare la sala puntando al giovane che sedeva nervoso su di uno sgabello malandato, pronto ad andare in pezzi al primo movimento brusco.
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Malhand si agitava sulla sedia, troppo quasi, ma sapeva a cosa stava andando incontro, non c'era speranza per lui, si guardava intorno aspettando il momento giusto. Vedeva solo disperazione e voleva affondarci, nuotare dentro quel mare di depressione e sofferenza, era necessario agire, per poter finalmente smettere di soffrire e aiutare gli altri a non soffrire più. Non poteva esserci un'altra possibilità, non sarebbe dovuta esserci. Questo era il destino che li attendeva. La morte li avrebbe liberati dalle loro catene. Poi la vide, meravigliosa, immersa nel suo mantello nero, con il suo fisico asciutto e i lunghi capelli neri, avanzava tra la folla, inarrestabile, sembrava una forza della natura ai suoi occhi. Era lei, la speranza, la possibilità di uscirne, di essere liberi finalmente e più si avvicinava a lui, più si sentiva calmo, deciso. Sprofondò la mano nella tasca, stringendo con forza il freddo oggetto metallico che vi era all'interno, attese un secondo, uno soltanto e poi solo un lampo, bianco ed accecante che illuminò l'intera taverna, che divelse con un boato l'intero locale. Nella magia del suo ultimo istante, Malhand non poté che sorridere, prima di svanire per sempre.

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Frammenti ***


Capitolo II - Frammenti


La pelle rossa della donna riluceva nel buio della stanza, illuminata soltanto dalle luci delle insegne della città, vagamente offuscate dai vapori e dalla polvere. Il vento soffiava forte quella sera, facendo sbattere il pulviscolo sulle grandi vetrate della stanza e peggiorando la già pessima situazione delle strutture della città. Con un rapido movimento il cappuccio cadde sulle spalle della donna, rivelando le corna ossee vagamente nascoste dai capelli scuri e i neri tatuaggi sul suo volto. Con un lieve fruscio si posizionò seduta al centro della stanza, era già la terza volta che veniva interrotta nella sua meditazione, avrebbe potuto uccidere qualcuno molto facilmente se fosse avvenuto nuovamente. Chiuse gli occhi ed espanse la mente, riuscendo a percepire con chiarezza tutto l'ambiente circostante; la meditazione occupava le sue giornate quasi interamente ormai da 4 mesi standard e le sue abilità si erano fatte più forti, alternando  le sessioni di allenamento mentale al suo costante studio della Forza e del Lato Oscuro.

Nel silenzio della stanza, rotto solo dal ronzio metallico dei purificatori, la donna avvertì un rumore, proprio a ridosso della porta del suo alloggio, carica d'ira apri la porta con la mente, facendola spalancare con forza, rivelando all'interno dell'elegante salone scuro adornato di statue, un tremante robot protocollare, fermo e intimorito. - "B3-G1! Dammi una buona motivazione per non vedere le tue parti al mercato intergalattico!". Il droide fece un passo indietro, intimorito dalla donna e dai suoi neri e lucidi tatuaggi, in contrasto con la pelle rossa vivida del suo corpo. - "Mi scusi mia Lord, c'è qualcosa di vitale importanza che richiede la sua attenzione, il piano non sta andando come previsto." annunciò B3 con la sua voce metallica, vagamente gracchiante. Khinerat si alzò di scatto, attraversando la stanza buia con grandi falcate ed imprecando nella sua lingua natia, il mantello nero la seguì con un guizzo come animato da vita propria. Diede rapidamente un’occhiata all'HoloNet che continuava a proiettare immagini ed imprecò; poi con voce imperante: - "B3 fa ciò che devi, aggiornami su cosa sta succedendo". 

Il droide si spostò rapidamente nella stanza, muovendo seppur con qualche difficoltà le sue gambe metalliche tra pile di libri e papiri consumati dal tempo; raggiunse il terminale  posto proprio alla fine della stanza, tra due statue in pietra raffiguranti strani esseri senza nome. Accese lo schermo del visore olografico al centro della stanza e scorse rapidamente i vari giornali locali, tutti riportavano un'unica notizia, un'unica immagine, indelebile negli occhi della Zabrak: la piazza principale del distretto Kah Hadad completamente divelta, con un terribile squarcio sul lato nord, dove sapeva esserci la taverna di Merth, che aveva subito decisamente i danni maggiori. La donna fermò il flusso di immagini con uno scatto della mano, proprio sulla ripresa aerea della piazza, con una rapida occhiata constatò l'entità dei danni e dopodichè disattivò lo schermo. Con tutta la calma possibile si girò verso il droide, con uno strano sguardo negli occhi ed un sorriso inquietante: "B3 prepara il mio speeder più veloce, devo essere nel distretto Kah Hadad il prima possibile. E fai preparare la sala medica nel frattempo, potremmo averne bisogno." Il droide sorpreso si limitò ad annuire, muovendosi verso la sala adiacente, una volta sulla porta però si fermò, girandosi verso la sua padrona: - "Mia signora, credere che Lord Adri sia sopravvissuta? I danni erano davvero impressionanti." La donna lo guardò con aria fiera e sicura, replicando duramente: - "B3, ammasso di rottami, per quanto dubiti della sopravvivenza di Adri. Devo andare a verificare di persona, se ha seguito le mie istruzioni e i miei insegnamenti sono sicura che sarà stata sufficientemente attenta da prendere delle precauzioni." Il droide si limitò ad annuire intimidito, svanendo nel buio della sala di ingresso e dirigendosi ai turbo-ascensori. 

Khinerat si concesse un momento per pensare, lasciandosi cadere sul lussuoso divanetto che fronteggiava la grande finestra principale dell'appartamento. I beni materiali le interessavano poco, ma sapeva che avevano un grande effetto sui suoi servitori e su coloro che venivano a trattare con lei, per lei erano soltanto spazzatura. Fissando il vuoto, oltre le luci fioche della città e gli speeder in volo la donna soppesò gli ultimi eventi. Erano passati 7 mesi da quando aveva raggiunto Anoku, fuori dall'Orlo Esterno, in una delle peggiori regioni dello spazio conosciuto. Raggiungere il sistema di Anoku era sempre stato un problema, anche durante il periodo imperiale le rotte intergalattiche avevano dimostrato tutta la loro inaffidabilità, fu proprio in concomitanza del suo viaggio che avevano finito per crollare definitivamente, lasciando bloccato il sistema e tagliato fuori dalle rotte commerciali; era stata costretta ad eseguire piccoli salti, che le avevano permesso di mantenere la rotta sicura, a discapito delle tempistiche, che erano divenute incredibilmente lunghe. 7 mesi prima era in cerca di un'apprendista, di qualcuno a cui trasmettere tutte le sue conoscenze e ora, 7 mesi più tardi, rischiava di vedere questo lavoro distrutto, portato via dalla peggiore delle forme di vita esistenti: i codardi. 

La donna diede un ultimo sguardo al panorama sottostante, che dalla grande finestrata della sala principale dava su una vallata di luci e duracciaio; avvolti in un turbinio di sabbia e polvere, tra speeder che sfrecciavano in tutte le direzioni e insegne dai mille colori, gli edifici della città assumevano strane forme e colori cangianti, dando alla scena quasi un aspetto poetico. Nauseata distolse lo sguardo avviandosi lentamente verso i turbo-ascensori, quel pianeta stava lentamente morendo: gli uomini si erano arresi al proprio destino già da tempo e alcuni pazzi avevano addirittura deciso di rendere questo processo più rapido, ostacolando ogni possibile soluzione, affossando le speranze di sopravvivere nel nome di chissà quale folle religione. Prima di raggiungere gli speeder si fermò brevemente sulla porta della sua stanza, senza perdere tempo attirò a sé l'elsa della sua spada laser, stringendola con forza. Nuova e scintillante, era un piccolo capolavoro d'arte Sith; impugnatura da una mano e mezza e in acciaio opacizzato, ci aveva lavorato per 2 mesi interi, impregnandola del potere del Lato Oscuro, saturandola e rendendola una fonte di energia inestimabile. Era stata costretta a costruire una nuova spada dopo che la sua era andata quasi interamente distrutta mesi prima, era riuscita a salvare unicamente il cristallo Kyber e da allora si era impegnata per creare un modello unico, bellissimo e letale. Passò delicatamente le dita sull'aletta metallica nera dell'elsa simile ad un dente di Rancor, poi la agganciò alla cintura; le luci della stanza fecero luccicare debolmente la spada mentre con passo sicuro si avvicinava al turbo-ascensore.

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Con un paio di gesti rapidi, B3 disattivò i fermi magnetici che bloccavano la navetta e attivò i motori del piccolo speeder T-55, la sua padrona sarebbe giunta a breve nella sala e tutto sarebbe dovuto essere pronto. Per far sì che i motori a propulsione non perdessero spinta durante la marcia andavano preparati con anticipo, un problema dei vecchi modelli, ma il meglio di cui potevano disporre in un posto del genere: tra cumuli di rottami e la più totale atmosfera di degrado anche i più ricchi dovevano fare il conto con il declino del pianeta e della sua economia. La caduta delle rotte intergalattiche aveva limitato il commercio al singolo sistema di Anoku, composto da 9 pianeti, costringendo le popolazioni dei vari pianeti ad una corsa alle materie prime, già fortemente sfruttate in quel settore dello spazio. Persino i Pacificatori nelle ultime avevano iniziato a mostrare i primi segni di visibile cedimento. 

Il minuto droide protocollare terminò rapidamente la sua ispezione, verificando le prestazioni dei motori rimpianse i tempi in cui il suo unico compito era la fascicolazione di centinaia di documenti, noioso si, ma sicuramente molto più sicuro e semplice di lavorare per una delle più potenti Sith in circolazione. Sul piccolo pannello centrale, sulla banchina affianco allo speeder, lampeggiava senza sosta la richiesta di autorizzazione al volo che B3 bypassò senza problemi, finendo di concentrarsi invece sulle notizie che aveva registrato dai vari holo-giornali, per capire cosa avesse intravisto la sua padrona e che a lui era invece sfuggito. Analizzò tre volte il filmato, eppure non riuscì minimamente a comprendere cosa avesse visto la Sith, lo speeder era pronto a partire, così si concentrò più attentamente sull'analizzazione dei frame. Soppesando la situazione da tutti i punti di vista, B3 arrivò alla conclusione più ovvia: Lord Khinerat non aveva visto assolutamente niente e proprio per quello era così intenzionata a partire di fretta. Il droide protocollare si incamminò verso i turbo-ascensori, sporchi di sabbia e ruggine, valutando ciò che conosceva di Adri: 7 mesi prima, quando era giunto nel sistema di Anoku con Khinerat, la ragazza aveva tentato di derubarli nel pieno centro della città ed era stato soltanto perchè la Zabrak aveva sentito in lei una forte presenza del Lato Oscuro il motivo per cui non aveva perso la vita in maniera molto tragica. Forse era stato il suo giorno fortunato, perché quel giorno Lord Khinerat decise di fare di lei una vera apprendista Sith, addestrandola senza sosta.

B3 si era subito abituato a lei, molto più comprensiva della sua padrona, molto più umana, lo trattava con molto più rispetto di quanto si aspettasse da una ragazza cresciuta in strada nei sobborghi della grande città di Meneth, in uno dei tanti piccoli insediamenti dispersi nel grande deserto che inghiotte quasi completamente il pianeta. Nel silenzio della sala, fu distratto dallo scricchiolare scoordinato delle porte dei turbo-ascensori; la zona più alta dell'edificio nonostante si trovasse al di sopra alle grandi tempeste di sabbia, era la più danneggiata e più risentiva gli anni di intemperie e di incuria subiti. Nel fascio di luce che seguì l’apertura del portellone, sbucò la sua padrona, minuta in altezza, ma una vera furia, avanzava fiera nel suo strano mantello scuro e nei suoi semplici abiti neri, gli occhi fiammeggianti di odio e al collo un piccolo pendente dorato, raffigurante una strana figura umanoide, un volto forse. Al suo fianco pendeva la sua spada, che dondolava debolmente per il passo sicuro. Raggiunse lo speeder, salendo in silenzio i due scalini alla base della banchina, sembrava quasi che non fosse in quel luogo, vista la totale assenza di rumore che la giovane donna produceva, uno spettro che varca la soglia del nostro mondo. Risoluta guardò con sguardo fermo B3, immobile tra lo speeder e i turbo-ascensori, non disse niente, si limitò a partire sfrecciando in picchiata in direzione del distretto Kah Hadad. 

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Resistere ***


Capitolo III - Resistere

L’odore, era decisamente l’odore la prima cosa che Khinerat notò una volta scesa a terra; i detriti erano sparsi in più punti, gli edifici centrali era totalmente dilaniati da quella che sembrava essere stata un’esplosione terribile. L’aria era impregnata di un miasma acre, pungente a tratti, che riempiva i polmoni fino a farli bruciare, in una sottile nebbia irrespirabile. Khinerat si limitò a concentrarsi sul proprio respiro, ignorando il dolore, nutrendosene quasi. Poche cose potevano aver danneggiato la piazza del distretto Kah Hadad in quel modo, ma la mente di Khinerat era totalmente assorta nella sua ricerca per potersi concentrare su pensieri così futili. Camminando tra i rottami e tra le macerie fumanti la donna si spinse avanti immersa totalmente nella sua ricerca mentale e ignorando le centinaia di persone che la circondavano in un turbinio di corpi, troppo impegnati a cercare tra i rottami e le macerie per salvare quel poco rimasto, per notare un simile spettro muoversi tra di loro. La maggior parte dei soccorritori era intenta a scavare tra le macerie, pochi erano i sopravvissuti finora scovati e messi in salvo e i loro lamenti di dolore saturavano l’aria già densa di polvere e miseria. I droidi medici e una ventina di infermieri di altrettante razze si alternavano in una corsa continua tra le tende nerastre, posizionate con fretta ai bordi della piazza, poco fuori dal raggio dell’esplosione. 

Un Quarren la urtò mentre Khinerat attraversava i resti della statua del Pacificatore, crollato proprio di fronte la facciata della taverna; l’odore pungente di quell'essere le fece storcere il naso, odiandolo con tutta se stessa per averla distratta dal suo flusso di pensieri. I piccoli tentacoli che coprivano la bocca la turbavano, li guardò per un momento, soffermandosi su chi aveva di fronte, un essere così lontano dai mari di Dac. La Sith ricordò di esserci stata molto tempo prima, quando ancora frequentava l’Accademia su Korriban.  Il Quarren, nella sua tunica candida, non ebbe neanche il tempo di scusarsi, impallidendo e restando muto di fronte allo sguardo della donna incappucciata di fronte a lui. Gli occhi di lei, meravigliosi e terribili, di un giallo puro, fissi sui suoi lo fecero sentire nudo, un bambino pronto a ricevere la sua punizione; Khinerat lo superò, dopo un ultimo sguardo carico di odio. Scavalcando con una grazia letale una parte del pavimento andata in frantumi e sprofondata di alcuni centimetri nel terreno, la donna si diresse verso la sua meta. 

I neri tatuaggi della donna luccicarono intensamente sul viso di lei mentre attraversava con passi lenti quella che un tempo era la soglia della taverna; vi era stata alcune volte, giusto un paio forse, ma riteneva quel luogo solo un ammasso di disperazione e squallide forme di vita senza un minimo di ambizione, buone solo per morire. Stava cercando Adri, la sentiva, percepiva la sua bramosia e il suo potere, ma anche le sue insicurezze e i suoi dubbi, persi tra le macerie di quella sudicia taverna ormai distrutta. Calpestò noncurante vetri infranti e cavi tranciati, avanzando all’interno; la struttura era quasi completamente franata su se stessa, svanendo in quella che sembrava essere una voragine di dimensioni piuttosto interessanti, ora completamente ricoperta dalle macerie fumanti dell’edificio. Una morsa di apprensione si chiuse sul suo stomaco, l’ira s-*i fece ancora più grande, temendo per la vita della sua apprendista, se fosse rimasta uccisa nell’esplosione, allora era stata una sciocca e una debole, e significava sopra ogni cosa, che Khinerat si era sbagliata. Controllò tra le macerie, mentre i volontari continuavano a scavare attorno a lei, notando come l'edificio di tre piani fosse stranamente collassato su se stesso, ma lasciando un cumulo di poco più alto di lei.  Tra le decine di assi metalliche non vide nessun segno di Adri, concentrando il suo sguardo alla ricerca delle sue vesti nere e della sua lunga chioma nera come la notte. Per sicurezza provò a contattarla sul comlink, un tentativo vano, viste le gravi condizioni della zona circoscritta dall’esplosione, non ricevendo chiaramente alcuna risposta concentrò quindi tutta se stessa nella comunione con la Forza e cercando con la mente la presenza del Lato Oscuro in quel luogo di morte. Entro breve entrò in contatto, anche se debolmente, con la mente di Adri, sorprendendosi particolarmente per l'origine della sensazione. Adri si trovava letteralmente sotto di lei nei recessi della terra, decine di metri più in basso. C’era qualcosa che non la convinceva in tutto questo, o l’esplosione era diretta verso il basso o forse c’era qualcosa in più che avrebbe dovuto scoprire. Dopo un breve e rapido sguardo al resto della taverna, tornò sui suoi passi concedendosi un momento tra le vie più appartate del distretto per ragionare.

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Adri colpì il terreno con forza, provando ad alzarsi con fatica per l’ennesima volta, la mano stretta in un pugno e le nocche sbiancate colpirono un misto di polvere, sangue e parti in metallo, lasciandola dolorante e inchiodata al pavimento. Si guardò attorno piuttosto disorientata, nell’oscurità quasi più totale, intravedendo a fatica i contorni di una grotta particolarmente vasta illuminata qua e là da qualche scintilla e qualche piccolo incendio. Un forte lampo bianco era tutto quello che ricordava, era riuscita a scartare di lato rotolando di almeno una decina di metri, ma la massa di persone che la circondava all’interno del bar le aveva impedito un movimento fluido, facendola rotolare giù nell’enorme voragine che si era creata proprio dietro di lei. L’ultima immagine che ricordava era il soffitto del piano superiore venirle incontro ad una velocità vertiginosa, poi il buio.

Lentamente, quasi come un soffio, l’adrenalina fluì via dal suo corpo madido di sudore e fatica e fu travolta da una scarica di emozioni e sensazioni che la lasciarono col fiato mozzato per il dolore. Il panico tentò di afferrarle la mente, insinuandosi nella sua flebile lucidità con le sue spire: ogni ombra, ogni rumore, sembrava amplificato e carico di vita propria, pronto ad avventarsi sul suo corpo debole e martoriato. La vista appannata dal bruciore delle ferite fu oltremodo compromessa dal sangue che con grazia le si posò sul volto, colando dalla tempia e dai capelli corvini. Adri concentrò tutto il suo dolore in un’unica scarica di energia del Lato Oscuro, che le permise di ritrovare lucidità e la fermezza mentale necessaria a riprendersi, solo allora guardò il proprio corpo: nella penombra della grotta, il sangue delle ferite riluceva in un’aria malsana, restituendo lo sguardo colmo di dolore e ira della giovane apprendista. 

Quello che vide la turbò, ma riuscì a gestire le sue emozioni con forza, lasciando che l’ira prendesse il posto del dolore e della delusione, ripetendo con solerzia nella sua mente le parole della sua maestra: “Attraverso la passione, acquisto forza. Mai come ora quelle parole le sembravano più vere, lasciando scorrere lo sguardo su quello scenario fatto di sangue e dolore. Il suo corpo era totalmente ricoperto di ferite, alcuni frammenti metallici si erano conficcati con violenza nel suo petto e nelle sue gambe, sfiorando fortunatamente gli organi vitali e le vene più importanti, ma facendo comunque inzuppare la sua tunica scura di sangue, che ora gocciolava a terra sul pavimento della grotta ad una velocità non troppo rassicurante. Quello che però la fece trasalire furono le condizioni del sul suo braccio destro, incredula trattenne infatti un grido, frenando l’istinto di toccarlo, di stringerlo a se. Le ossa della ragazza si erano spezzate in due punti differenti dell’avambraccio, perforando la carne e uscendo fuori dalla pelle bianca di lei, lasciando intravedere i tendini e i muscoli ricoperti di sangue denso. 

Dovette prendersi un momento per riflettere, era assolutamente una brutta ferita, di quelle che difficilmente se ne vanno senza lasciare il segno e in posto del genere forse solo un lungo bagno in una vasca di bacta l’avrebbe potuta aiutare a dovere, ma per farlo sarebbe dovuta sopravvivere, uscire da quel luogo oscuro e tornare all’attico di Lord Khinerat. Trasalì ripensando a quanto questa situazione le sarebbe costata se fosse sopravvissuta e forse avrebbe preferito non doversi trovare di fronte ai successivi mesi di allenamento intensivo a cui la sua maestra l’avrebbe sicuramente sottoposta; nonostante tutto però doveva riuscire a uscire da quella tomba di roccia e metallo, il suo contatto l’aveva decisamente sorpresa e non era riuscita ad ottenere neanche un’informazione, era decisamente giunto il tempo di porre la parola fine su questa situazione. Cercò a tentoni attorno a sé, muovendo la mano nella penombra cercando a più riprese di portarsi seduta, nonostante i dolori indicibili in quasi tutto il corpo. Lentamente Adri si spostò a sedere, appoggiando la schiena al cumulo di detriti proprio di fronte a lei, le ferite al petto scoppiarono in getti di sangue scuro che impregnarono ancora di più le vesti della ragazza, spezzandole il fiato. L’odio per tutti coloro che erano causa del suo dolore le permise di annullare quasi totalmente gli effetti della fatica, ignorando le ferite aperte e sanguinanti la ragazza si spinse con il braccio ancora sano verso l’alto, facendo forza con le gambe per rimettersi in piedi definitivamente. Un urlo disumano le sgorgò fuori dalla gola e innumerevoli fiotti di sangue iniziarono a fluire velocemente lungo il braccio ferito, per un momento vacillò e la sua vista si fece ancor più appannata e tempestata di globi argentati, venendo in un momento sovrastata da un dolore inimmaginabile, ma restando miracolosamente in piedi. Si maledisse in un istante per la sua stupidità, sperando che il suo grido non avesse allertato nessuno. Mise il braccio sano dietro la schiena, sentendo il familiare tocco del manico del pugnale sulla pelle nuda, stringendolo come per assicurarsi che da li non si sarebbe sicuramente mosso, ben saldo sotto ai suoi vestiti. Era pronta per qualsiasi evenienza, ma il suo corpo avrebbe potuto resistere molto meno del previsto, ora che tutte le sue energie e capacità erano impegnate a tenerla in vita, anche spostare un masso con la Forza sarebbe potuto risultare letale.

Con una smorfia di disperazione Adri si rese conto di non essere sola nella grande caverna, altri uomini e donne stavano dolorosamente ansimando e gemendo per le ferite riportate durante l’esplosione e solo ora si rese conto delle decine di cadaveri che punteggiavano la zona adiacente alla sua. Guardando con attenzione si rese conto con disgusto che parte del cumulo su cui si trovava appoggiata era il corpo tranciato di una delle Togruta che già aveva incontrato in precedenza alla taverna di Merth e con cui aveva avuto il piacere di scambiare più di un momento. Si soffermò per un momento a guardare il lavoro certosino che l’esplosione dell’ordigno ad impulsi aveva eseguito, dilaniando la giovane con una crudeltà indicibile, cauterizzando all’istante le ferite. L’odio e la tristezza riempirono il cuore di Adri, ripensando alla giovane e ai suoi sogni, incastrati in un pianeta morto e abbandonato come quello. Sfiorò uno dei lekku ancora integri in un addio silenzioso e con fatica si spinse giù dalle macerie, provando ad orientarsi in quella mattanza fatta di corpi, roccia e metallo. Ogni passo le provocava dei dolori incredibili e decine di centinaia di aghi le punteggiavano il cranio, impedendole di concentrarsi per più di pochi secondi, ma ogni sforzo era necessario per sopravvivere e Adri era assolutamente intenzionata a farlo.

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Khinerat passeggiava nervosamente da alcuni minuti poco lontano dalla taverna distrutta, il vicolo in cui si trovava emanava un odore tremendo, non solo per i cumuli di rifiuti e detriti che costeggiavano gli angoli scuri, ma probabilmente vi erano almeno due cadaveri lasciati a marcire in quel luogo malsano. Era fremente d’ira, quel luogo, quella città, stavano letteralmente collassando su se stessi, non c’era alternativa se non una totale riconversione del pianeta, qualcosa doveva cambiare o tutto quanto sarebbe scomparso nel degrado più totale. La donna non perse altro tempo in quel luogo fatto di dolore e morte e si addentrò in uno degli edifici scuri ai lati della piazza, rimasto intatto dopo le esplosioni. La porta sul retro, chiusa da una semplice combinazione, venne fatta scattare dalla donna con la Forza ed entrò a passo sicuro, certa di non trovare nessuno sul proprio cammino. Guardandosi attorno non potè fare a meno di pensare al fatto che la maggior parte degli edifici iniziassero ad essere abbandonati da gran parte dei cittadini,  e di come gli ultimi rimasugli dell’antico dominio imperiale, stessero ormai svanendo, abbandonati anch’essi da un impero debole e morente, lontano oramai da quel mondo dimenticato da circa 5 anni standard. Il sistema di Anoku era divenuto solo un covo di feccia, assassini e cacciatori di taglie venuti a dare la caccia ai bersagli più temerari, che desideravano avventurarsi in luoghi remoti per sopravvivere il più a lungo possibile alla cattura. Il posto perfetto in cui nascondersi, il posto peggiore in cui vivere. Per lei era diverso invece, la sua sete di conoscenza era insaziabile e un luogo dimenticato come questo possedeva segreti che bramava di conoscere, tanto da spingersi in un viaggio che probabilmente non avrebbe mai superato indenne. Vi erano conoscenze ormai celate da troppo tempo, reliquie dal potere inimmaginabile che da troppi secoli erano state perdute, rituali capaci di donare potere a coloro che erano in grado di comprendere e praticare i più oscuri sortilegi Sith. Tornando con la mente al presente, Khinerat scavalcò agilmente alcune strumentazioni minerarie gettate a terra, impolverate e rugginose erano state abbandonate probabilmente da molto prima che la Sith giungesse lì.  Aveva studiato la storia del pianeta Anoku dai registri imperiali abbandonati sul pianeta e dalle storie che Adri le aveva raccontato sul passato suo e della suo pianeta. Negli anni centinaia di lotte intestine avevano distrutto le piccole città e villaggi, concentrando la maggior parte della popolazione nelle città principali, costringendo i governi cittadini, gestiti principalmente da cacciatori di taglie e bande a cannibalizzare il pianeta per incentivare lo sfruttamento delle materie prime e la produzione tecnologica per l’Impero. Raggiunse con rapidità quello che stava cercando, una grande sala al centro dell’edificio, iniziando a scendere le scale analizzò la zona con sguardo attento, ma freddo. Una volta erano i grandi giardini come questi che donavano ricchezza a questo mondo, piccoli ecosistemi protetti che davano a razze di ogni parte della galassia, un luogo da chiamare casa, ora il vento caldo e la sabbia avevano distrutto le grandi cupole vetrate e soltanto droidi abbandonati e piccoli roditori abitavano quei giardini, mentre nei grandi appartamenti un tempo ricchi e sontuosi ora solo i reietti della società mettevano piede. Aveva avuto una piccola intuizione e ora era sicura di voler mettere in pratica il suo piano. Nessuno osò mettersi contro la donna che attraversava sale e corridoi incurante di occhiate nascoste e piccoli animali che scorrazzavano tranquillamente tra i detriti e gli holoproiettori distutti. Prosegui tra rampe di scale e angusti corridoi fino a porsi con disinvoltura al centro della grande sala-giardino. Khinerat si guardò un momento intorno, soffermandosi con lo sguardo sui piccoli balconi in alto, notò dei movimenti dai piani più alti, ma preferì ignorarli, concentrandosi invece sulla struttura: nonostante gli anni e l’abbandono sembrava resistente, probabilmente avrebbe tranquillamente a scosse e colpi.

Concentrandosi sul terreno attorno a sé Khinerat estrasse la spada da sotto le vesti, guardandola per un momento riflettere la tenue luce proveniente dalla cupola ormai infranta. Accese la spada laser illuminando l’ambiente buio con una lieve luce rossastra, e con una rotazione del polso colpí con forza il terreno, dilaniando con forza il pavimento marmoreo, i cavi e tutte le tubature. Con semplicità, come se la spada si muovesse nell'aria, Khinerat fece perno sul proprio piede, creando con un colpo duro e deciso una sorta di cerchio incandescente attorno a sé, che le illuminò il viso nel buio della sala. China su se stessa, la zabrak valutò il proprio lavoro, soffermandosi per qualche secondo sul metallo fuso, intento a contorcersi e raffreddarsi in strane volute rossastre.  Una volta calata l'oscurità si liberò con un gesto della mano del cerchio di pietra e metallo, lasciando scoperto un pozzo ancora più scuro di pietra fusa e frantumata. La donna finì di liberare il cerchio da lei creato, spargendo detriti per tutta la sala grande, ammirando di tanto in tanto i centinaia di insetti, vermi e animali della dubbia provenienza che a centinaia abitavano gli strati del terreno e che ora fuggivano dalla loro casa distrutta. Khinerat si trovò a contemplare i suoi sforzi con un’espressione dura sul volto: un pozzo nero di un metro e mezzo circa si stava insinuando nel pavimento della sala-giardino. Stava seguendo un'idea, una sensazione che la Forza le stava dando. Se cercava risposte avrebbe dovuto raggiungere Adri e per farlo sentiva che la soluzione era proprio sotto i suoi piedi.

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