a brand new day

di hilaris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chichi ***
Capitolo 2: *** la decisione di goku ***
Capitolo 3: *** silenziosi... aiutanti? ***
Capitolo 4: *** allevare le serpi in seno ***
Capitolo 5: *** hai voglia di allenarti con me? ***
Capitolo 6: *** una forma di violenza ***
Capitolo 7: *** luce e oscurità ***
Capitolo 8: *** di confusioni, allenamenti e promesse ***
Capitolo 9: *** bulma ***
Capitolo 10: *** sistemazione temporanea ***
Capitolo 11: *** let it be ***
Capitolo 12: *** piccoli gesti ***
Capitolo 13: *** una dimensione immaginaria ***



Capitolo 1
*** chichi ***


Spense una delle candele con i polpastrelli delle dita, vedendo quella minuscola fiammella cessare di esistere esattamente come aveva fatto il proprio matrimonio.

Non si sarebbe mai aspettato di dover entrare in quel tempio così presto, non si sarebbe mai aspettato di dover posare quel crisantemo accanto a quella bara fredda e lucida proprio in quel periodo, in cui tutto sembrava esser tornato alla normalità, in cui la vita sembrava aver preso una piega giusta.

Inspirò l’odore d’incenso a pieni polmoni, perdendosi nel ricordo di una cascata di capelli corvini ed un paio di occhi grandi e neri come la pece, che nonostante tutto, l’avevano sempre guardato con tutto l’affetto che ci si sarebbe potuto aspettare da una donna forte, sensibile, orgogliosa ed amorevole; una donna la cui vita le era stata strappata troppo presto, troppo prematuramente.

Non si sarebbe mai aspettato, Goku, di trovare la propria consorte in quelle condizioni, una volta tornato dalla sua missione sul pianeta Namecc... eppure, era proprio ciò che aveva trovato: una giovane donna già gravemente ferita dalla continua assenza del marito, che teneva in mano delle analisi mediche spaventose. Molto più spaventose di qualsiasi mostro spaziale che il saiyan cresciuto sulla Terra avesse mai potuto incontrare.

Chichi aveva un cancro al seno.

Ed a niente erano servite le continue cure in ospedale, a niente erano serviti i Senzu che suo marito continuava disperatamente a farle mangiare nella speranza di un miglioramento; neanche le cure miracolose di Dende erano riuscite a cancellare completamente quel dolore. Queste ultime le avevano soltanto concesso qualche giorno in più per poter salutare i suoi cari ed andarsene in pace, come sempre col sorriso sulle labbra, convinta che, una volta lassù, avrebbe potuto rincontrare la sua adorata mamma ed essere finalmente felice.

 

Distrattamente, il giovane saiyan spostò lo sguardo sul suocero, fermo immobile di fronte alla bara della figlia, incapace anche solo di muovere un muscolo. 

Quanto poteva essere doloroso, per un genitore, dover dare l’estremo saluto alla propria, unica figlia? Quanto doveva far male essere consapevoli di non poter più proteggere la propria prole, di non poterla più aver vicino?

 

E suo figlio... il piccolo, dolce Gohan, che non riusciva a far altro se non piangere. 

Il bambino aveva posato il grande fiore bianco accanto alla tomba della madre con estrema delicatezza, come se avesse paura di rovinarlo, come se avesse paura che, facendo troppo rumore al suo fianco, l’avrebbe disturbata, ridestandola da quello che era soltanto un sonno profondo.

Non riusciva a vederla bene, Gohan, a causa delle lacrime che, amare e salate, gli appannavano la vista, ma sua madre sembrava star bene, adesso: non aveva più l’espressione triste che le aveva visto in volto negli ultimi tempi e anzi, il suo viso era disteso, rilassato... quasi sereno. Come se la sua adorata, meravigliosa mamma non aspettasse altro che quello, attanagliata da quella sofferenza che le si era ancorata addosso, senza più l’intenzione di lasciarla.

Ma mentre rifletteva sul fatto che forse era meglio così, il bimbo si ritrovò inevitabilmente a pensare quanto fosse ingiusto che una cosa del genere dovesse essere capitata a lui. Lui, che aveva sempre adempito ad i propri doveri di figlio, di studente, di guerriero... perché il destino gli era contro? Perché, ogni volta, doveva soffrire così? Perché doveva ritrovarsi senza più la sua mamma che cucinava i suoi bellissimi manicaretti, che lo consolava quando era triste, che lo aiutava a studiare, che gli leggeva la favola della buonanotte quando era più piccolo? 

Purtroppo, nessuno avrebbe risposto agli interrogativi del piccolo Gohan, nessuno avrebbe potuto mettergli una mano sulla spalla e dargli una motivazione per tutte quelle disgrazie che, inevitabilmente, finivano sempre per colpire lui o la sua famiglia.

 

Si guardò intorno, il giovane saiyan, ritrovandosi a sorridere amareggiato: tutti i suoi amici erano lì, pronti ad offrirgli una spalla su cui piangere se fosse stato necessario; nonostante gli asti, le antipatie, i bisticci, nessuno di loro si era tirato indietro, ed erano tutti accorsi per dare il proprio personale saluto alla moglie dell’eroe che aveva più volte salvato il pianeta, a colui che soltanto un paio di mesi prima aveva sconfitto il mostro più potente dell’universo, trasformandosi nel leggendario guerriero che quest’ultimo tanto temeva.

Ma ora, rendendosi conto di cos’avesse appena perso, si rendeva anche ben conto di quanto i suoi poteri di guerriero fossero inutili nella vita di tutti i giorni... quella vera, quella reale, quella quotidianità a cui non era mai stato abituato e con cui avrebbe dovuto, di lì a poco, fare i conti.

Perché lui e suo figlio erano rimasti soli, ed ora si sarebbe dovuto fare in quattro per poterlo crescere come meglio avrebbe potuto, sperando che il suo bambino potesse perdonarlo se un giorno si fosse reso conto di non essere il padre che aveva sempre sperato di essere. Sperava soltanto che il suo adorato figlioletto non cominciasse ad odiarlo, lo sperava con tutto il cuore.

Perché Goku si sentiva tremendamente in colpa per non essere stato accanto alla propria consorte quando ne aveva più bisogno, si sentiva tremendamente in colpa di non esser mai riuscito ad amarla come invece l’aveva amato lei, si sentiva tremendamente in colpa per non essere stato il marito ed il padre perfetto che lei aveva sognato. 

 

 

Le settimane successive furono le più complicate: si erano susseguite continue telefonate dai suoi amici, che gli chiedevano incessantemente come stesse, e lui non sapeva cosa rispondere.

Ora che quell’accogliente casetta sui monti Paoz era diventata fredda e poco famigliare, senza il rumore dei passi delicati della donna che Goku aveva sposato, il giovane eroe si sentiva vuoto, senza alcuno stimolo, completamente svogliato e triste.

La consapevolezza di essere rimasto da solo con il proprio figlio l’aveva buttato giù come non mai, finendo per ridurlo ad una sorta di ameba che non faceva altro se non starsene tutto il giorno stravaccato sul divano, con gli occhi distrattamente puntati alla televisione, il cui volume, però, era sempre azzerato.

Non aveva alcuna voglia di sentir parlare delle persone, tantomeno nei programmi in cui era evidente tutti fossero felici e soddisfatti di loro stessi.

Goku non era più soddisfatto di sé stesso... piuttosto, si sentiva come un pesce fuor d’acqua, disteso su una spiaggia salata che stava lentamente prosciugando ogni singola gocciolina che rimaneva attaccata al suo corpo, uccidendolo in modo lento e doloroso, logorandolo fino a fargli dimenticare persino il motivo per il quale fosse nato.

 

«Amico, avanti, tirati su!» gli aveva detto Crilin, sperando in una sua reazione positiva, ma non ottenendola «Capisco cosa stai passando, credimi, ma la vita va avanti! Cerca di prenderla con filosofia, come hai sempre fatto!»

Il suo migliore amico aveva affrontato lutti ben peggiori nella sua vita, questo Goku lo sapeva bene, in fondo Crilin era orfano. Ma le sue parole non lo avevano per nulla consolato, ed anzi, lo avevano fatto stare ancora peggio: prenderla con filosofia? Ma come avrebbe potuto, se ora tutto ciò che lo spingeva ad essere quello che era se n’era andato? 

«Figliolo, tu sei come un figlio, per me...» gli aveva invece detto il maestro Muten, con il suo solito fare paterno «Sappi che qualsiasi cosa succeda, io ci sarò sempre. Cerca di farti forza, tu e tuo figlio supererete questo brutto momento!» 

Ma neanche le parole del suo vecchio maestro gli erano state utili per metabolizzare la cosa, ed anzi, lo avevano buttato ancora più giù di prima, costringendolo a pensare a quando, da piccolo, aveva iniziato quel suo primissimo allenamento insieme al proprio migliore amico: bei tempi andati, in cui l’unico suo problema era quello di stare al passo con la potenza del suo adorato maestro tartaruga ed imparare a picchiare duro per poter proteggere chi amava da qualsiasi peripezia.

Già, proteggere... proteggere qualcuno era lo stimolo che gli serviva per poter continuare a vivere una vita quasi normale; lui viveva per proteggere sua moglie e suo figlio, ma ora che lei non c’era più e che lui diventava ogni giorno più forte, più abile e più temprato, come poteva il super saiyan pensare anche solo lontanamente che tornare a combattere fosse la scelta migliore? 

In fondo, Freezer era stato sconfitto, i saiyan prima di lui, e la Terra viveva in pace ormai; lui aveva adempiuto ai propri doveri di guerriero, ed ora l’unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stato adagiarsi sugli allori ed aspettare che la morte portasse via anche lui. Magari facendogli cadere un meteorite direttamente in testa, oppure semplicemente così, all’improvviso, come succedeva spesso a molte persone.

 

Ovviamente le persone vicine a lui non smettevano di cercare di aiutarlo in ogni modo possibile, telefonandogli ma anche andando a fargli visita. In particolare Bulma, ogni settimana, si liberava da ogni impegno per potersi recare sui monti Paoz a casa del suo migliore amico.

La turchina, infatti, aveva preso l’abitudine di andarlo a trovare ogni giovedì pomeriggio, portandogli da mangiare per un reggimento e cercando in tutti i modi di tirargli un po’ su il morale, per quanto possibile. E Goku sembrava apprezzare molto questi suoi bellissimi gesti, ritrovando per un’oretta o due a settimana la serenità che ormai aveva perduto.

 

«Come stai oggi, amico mio?» gli aveva chiesto la ragazza quel giorno, sedendosi accanto a lui sul divano.

«Molto male, Bulma...» aveva ammesso candidamente lui «Non sono mai stato peggio in tutta la mia vita. Avrei preferito di gran lunga che un altro mostro attaccasse la Terra, piuttosto che questo...»

Al sentire quelle parole, la turchina si ritrovò ad abbassare la testa, presa dal totale sconforto: conosceva Goku da anni ormai, erano cresciuti insieme come fratello e sorella, avevano vissuto mille avventure-alcune anche molto pericolose- e non aveva mai visto il suo migliore amico in quelle condizioni; perdere Chichi era stato un duro colpo, per lui, ed ora quel ragazzone sembrava solo aver bisogno di qualcuno che gli desse affetto e conforto.

E lei era lì, pronta ad accoglierlo tra le proprie braccia ogni volta che ne avesse avuto bisogno. 

Delicatamente, gli poggiò una mano sulla spalla, carezzandola con tutta la dolcezza del mondo «Mi dispiace così tanto, amico mio... però non puoi abbatterti così, devi cercare di superare questo dolore, sia per te che per tuo figlio. Dovete imparare ad andare avanti insieme, come avete sempre fatto, e dovete ritrovare la felicità di un tempo. So che è difficile, credimi, capisco perfettamente il tuo dolore... ma devi pensare positivo, Goku, perché la vita va avanti, ed anche la fortuna gira sempre. Qualcosa di bello può accadere in qualsiasi momento, e potresti ricevere persino delle sorprese inaspettate. Tu, nel frattempo, dedicati a quello che più ti piace fare e stai accanto a tuo figlio, perché veder crescere Gohan è la cosa più preziosa che ti sta capitando!» 

«Bulma...» aveva fatto il saiyan, come se non avesse ascoltato nessuna delle sue parole «Io... io non combatterò mai più.» 

 

Ma quello a cui Goku era più grato, in quel periodo di completo crollo mentale, era Junior: il namecciano, infatti, non aveva smesso neanche per un secondo di stare accanto al piccolo Gohan e, a suo modo, aveva trovato la maniera di distrarlo e di farlo sentire bene, almeno per un po’.

Lui ed il bambino si allenavano fino a tardo pomeriggio e Gohan, una volta a casa, metteva subito il naso nei libri, consapevole che nonostante tutto avrebbe dovuto continuare a studiare e a tenere alti i suoi voti. A fine serata era talmente stanco che mangiava in fretta e furia e si buttava immediatamente a letto, pensando al proprio dolore il meno possibile.

Goku, invece, aveva molto più tempo di pensare alla propria sofferenza, ed il fatto che avesse deciso di non combattere mai più lo rendeva ancora più debole, e lo faceva sentire dannatamente impotente.

Anzi, il saiyan era arrivato alla conclusione di essere impotente... la sua non era più una sensazione, ma una certezza.

 

Da quando Chichi era morta, il mondo del giovane super saiyan stava crollando ogni giorno sempre di più. Ed il colmo era che era proprio Goku a prenderlo continuamente a martellate, in modo che crollasse più in fretta.

Quella serie di eventi che avevano seguito la sua avventura su Namecc lo avevano pian piano fatto cadere in un baratro dal quale molto difficilmente si sarebbe potuto rialzare.

~~~~~

Angolo autrice:

Salve a tutti, è un piacere presentarmi a voi con questa long, iniziata a scrivere durante questo difficile periodo di lockdown(a proposito, come sta andando a voi? Spero stiate bene e non ci siano problemi gravi, e soprattutto che siate in casa ed al sicuro). So che tra qualche giorno inizierà la fase 2, ed è per questo che ho deciso di pubblicare questa mia prima storiella.

Chichi è morta, gente, ebbene sì. Nonostante non mi sia mai stata troppo simpatica, mi è dispiaciuto molto per lei mentre scrivevo questo primo capitolo, iniziando subito con una buona dose di tristezza, come se non bastasse il brutto periodo che tutti stiamo passando(si sdrammatizza, ragazzi)! Sono arrivata io a metterci il carico da 90.
Ok a parte gli scherzi, focalizziamoci sulla vicenda: ci tengo a precisare che si colloca subito dopo la saga di Freezer, e che sicuramente non ci sarà nessun MiraiTrunks e nessun androide... ho notato che su questa piattaforma ci sono anche alcune altre storie che si collocano in questo periodo della saga, quindi non sono stata troppo originale con la tempistica, spero di esserlo con la trama e ciò che ne consegue! 

Detto questo, spero che qualcuno calcoli questo piccolo sclero da fangirl scritto in quarantena e... alla prossima! 

-hilaris 

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Capitolo 2
*** la decisione di goku ***


Gohan si sentiva ogni giorno sempre più triste, sia per sé stesso che per il suo povero papà, che sembrava esser diventato una sorta di pupazzo immobile, là disteso su quel divano, senza mangiare e bevendo di rado, isolandosi dal resto del mondo e smettendo definitivamente di allenarsi, perdendo anche un po’ della sua smagliante forma fisica.

Non l’aveva più visto sorridere nelle ultime settimane, neanche una volta, neanche per sbaglio: eppure lui ci aveva provato, a tirargli su il morale... magari ordinando delle pizze, o andandogli a comprare intere vasche di gelato.

Ma a niente erano serviti i tentativi del bambino: Goku non mangiava, e se lo faceva, mangiava come un uccellino, e soprattutto non parlava; si limitava a rispondergli a monosillabi, abbracciandolo di tanto in tanto e poi tornando alla sua solita postazione, in compagnia soltanto della sua copertina di plaid ed una buona dose di lacrime amare.

Così si era ridotto, il guerriero più forte della galassia: a guardare in tv smielate soap opera mentre si piangeva addosso in preda alla disperazione; e Gohan, guardandolo, sentiva come se, pian piano, stesse perdendo suo padre.

Lui lo rivoleva indietro, aveva un dannatissimo bisogno di riavere con sé il Goku sorridente, energico ed ottimista di sempre... quel Goku che lo faceva sempre ridere, che lo aiutava con gli allenamenti, che non ci capiva niente quando lui ripeteva le lezioni di matematica ad alta voce. Lui aveva bisogno del suo papà.

E non aveva la minima idea di come fare per riprenderselo indietro. 

 

«Lascialo perdere.» era stato il consiglio di Junior che, come sempre, quanto a tatto era il peggiore «Prima o poi gli passerà. Sono tragedie che capitano a tutti, e io non ho mai visto nessuno ridursi così per il resto della vita.»

 

Ma il bambino non era rimasto soddisfatto dei consigli del suo fidato maestro... certo, Junior era sempre molto bravo con le parole, ma in quella situazione era ovvio non sapesse che cosa consigliargli: in fondo, non si era mai ritrovato a subire un lutto, e di sicuro non aveva mai vissuto una situazione simile a quella di suo padre, anche soltanto lontanamente.

 

«Presentagli qualche bella ragazza!» aveva invece esclamato il Genio «Tuo padre ha bisogno di distrarsi, figliolo!» 

Ma che diavolo di consigli erano, quelli?! Era ovvio che suo padre avesse bisogno di distrarsi, ma possibilmente Gohan voleva trovargli una distrazione che non implicasse fianchi sinuosi e completini provocanti assolutamente non adatti ad un bambino della sua età che, per inciso, abitava ancora in quella casa. 

 

Alla fine, completamente senza speranze, il bambino aveva telefonato all’unica persona che avesse potuto dargli anche soltanto un minimo aiuto. 

Si sentiva tremendamente in colpa a chiamare proprio Bulma, dato che in quelle ultime settimane non aveva fatto altro che scomodarsi per loro due... ma d’altronde, che altro avrebbe potuto fare? Era disperato, e sicuramente la migliore amica del suo papà avrebbe saputo come aiutarlo. O per lo meno, ci avrebbe anche soltanto provato.

Così una volta tornato a casa, e stando anche ben attento a non farsi beccare dal suo papà, aveva composto il numero di casa della Capsule Corporation, aspettando pazientemente che qualcuno rispondesse. 

 

«Sì? Pronto?»

 

Fortuna volle che fosse proprio la turchina a rispondere al telefono, il che rese le cose al piccolo Gohan ancora più semplici.

O meglio, diciamo che le rese meno complicate. 

 

*

 

L’aver testato la nuova Gravity Room, modificata apposta per lui da quello svitato che lo trattava come se fossero amici di vecchia data, gli aveva dato tutt’un altro umore.

Il principe dei saiyan si era stranamente svegliato con la luna storta, quella mattina, ed aveva addirittura pensato di partirsene un po’ per lo spazio, giusto per ritrovare un po’ di tranquillità che, da quando era ospite in quella casa abitata solo da pazzi svitati, aveva perso; ma alla fine, qualcosa gli aveva suggerito di restare sulla Terra e continuare ad allenarsi utilizzando il controllo gravitazionale: in fondo, Kaharoth era lì ora, ed al primo momento buono, il grande Vegeta gli avrebbe dimostrato chi era a comandare. Avrebbe rimesso al proprio posto quell’inetto di terza classe che se ne stava tranquillamente a crogiolarsi nella sua inutilità e nella sua idiozia, mentre lui si allenava ad ogni ora del giorno per poter raggiungere il tanto bramato stadio di super saiyan e poterlo finalmente battere ed uccidere. Con le sue stesse mani, nello stesso luogo desertico in cui aveva osato sfidarlo soltanto l’anno passato.

Oh, sì, avrebbe fatto proprio così, Vegeta.

Ghignò soddisfatto dei propri pensieri, mentre lavava via la fatica ed il sudore causati dall’intenso allenamento sotto una doccia calda e rilassante; niente da fare: oramai si stava abituando ad alcune di quelle stupide comodità terrestri, e doveva ammettere che certe di esse non erano affatto male.

Fino all’anno prima, quando voleva darsi una lavata, era costretto a condividere quelle orribili capsule lavatrici insieme a Nappa e Radish; e quei due, non lavandosi troppo frequentemente, insozzavano sempre l’acqua con i loro orrendi batteri.

Al principe venne un conato al solo ripensarci.

 

Mentre ripercorreva svogliatamente il corridoio, con soltanto un asciugamano legato in vita e con tutta l’intenzione di andarsi a chiudere nella propria stanza e rimanerci, il giovane principe poté udire, proveniente dal salotto principale, la voce preoccupata di quella rompiscatole di Bulma, che come al solito se ne stava al telefono, da gran pettegola qual era.

Inizialmente non ci fece troppo caso, Vegeta, e si limitò ad ignorare la cosa-come d’altronde faceva sempre-, ma quando si rese conto di quale fosse l’argomento di conversazione, decise di fermarsi ad ascoltare.

Quella stupida pettegola stava parlando di Kaharoth.

«Oh, Gohan, sono molto preoccupata anch’io per il tuo papà...» la sentì dire, con un tono di voce che sfiorava il ridicolo ed il nauseabondo «L’ultima volta che sono andata a trovarlo, mi ha confidato che non ha più alcuna intenzione di combattere... non ho saputo come prenderla, e sono semplicemente andata via. Non so quanto possa giovargli questo, piccolo mio, davvero non lo so...» 

 

A quelle parole, al principe dei saiyan era sembrato di vedere doppio.

No, doveva aver sentito male, doveva essere stato un riflesso della stanchezza post-allenamento; doveva per forza essere così: dalle labbra di quella cretina non poteva davvero essere uscita l’affermazione che Kaharoth non avrebbe più combattuto.

Uno come Kaharoth? Il super saiyan che soltanto due mesi prima aveva sconfitto Freezer? No, uno come lui non poteva ritirarsi dalle scene in questo modo, non senza un valido motivo.

E se il motivo fosse stato davvero il fatto che quell’oca di sua moglie fosse morta, beh, avrebbe dovuto risponderne a lui: un saiyan che rinuncia al combattimento per uno stupidissimo lutto? Neanche in dimensioni parallele Vegeta avrebbe potuto accettare una cosa del genere, tantomeno se il saiyan in questione fosse stato colui che si era messo in testa di superare ad ogni costo.

Certo, da una parte avrebbe potuto pensare a quella svolta come qualcosa di positivo... in fondo, se Kaharoth non avesse più combattuto, allora non si sarebbe più neanche allenato, ed allora la sua sarebbe stata una vittoria davvero molto facile; ma nessun uomo d’onore avrebbe mai potuto accettare una cosa del genere, ed il principe dei saiyan era fin troppo orgoglioso per poter accettare di vincere una battaglia in maniera così semplice, senza che neanche l’avversario ci avesse provato.

No, Kaharoth doveva continuare a combattere, e lo doveva fare perché era Vegeta, l’unico principe di tutti i saiyan, a volerlo. Ed il suo stupido sottoposto di terza classe avrebbe dovuto fare quello che gli diceva lui, volente o nolente.

Però... come fare a convincerlo a sfoderare la sua vera potenza, senza dover per forza avere un contatto diretto con lui? In fondo, il giovane principe non aveva alcuna voglia di aprire un dialogo con nessuno, tantomeno con Kaharoth: anzi, era convinto che se ci avesse anche soltanto provato, il cervello bacato di quell’idiota sarebbe esploso a causa della troppa assimilazione di informazioni.

Facendo spallucce, infine, decise che ci avrebbe pensato in un momento più tranquillo: ora, la sua priorità era asciugarsi ed infilarsi una di quelle tute che gli andavano dannatamente larghe, ma che erano al contempo stranamente comode: niente da fare, l’abbigliamento sportivo terrestre non solo era confortevole, ma gli donava anche, mettendo in risalto il suo corpo invidiabile.

 

*

 

Il bambino era rimasto sconvolto dalla rivelazione della sua azzurra amica: davvero suo padre le aveva confidato che non sarebbe più tornato a combattere? Per quale motivo? E perché non aveva avvertito anche lui, di questa sua decisione?

A quel punto il piccolo Gohan, preso dallo sconforto più totale, non sapeva davvero che fare se non accettare quella dura realtà che ormai si era indelebilmente imbattuta sulla propria vita e sulla propria famiglia.

Sua madre era morta, suo padre era ogni giorno più assente ed amorfo, e lui non sapeva davvero dove mettere le mani: aveva pensato più volte di andarsene a vivere dal nonno, dove avrebbe sicuramente ricevuto più attenzioni, ma sarebbe stata davvero la scelta giusta? Sarebbe stato lecito lasciare il suo povero papà a sé stesso, quando era evidente che fosse lui il bisognoso di attenzioni e non il contrario?

No, non poteva fare una cosa del genere al suo papà, non dopo che lui gli aveva dimostrato tutto l’amore del mondo; la sua adorata mammina gli aveva sempre insegnato che sarebbe dovuto diventare un ometto forte e coraggioso, e soprattutto responsabile ed indipendente, ed il piccolo Gohan era determinato a seguire i consigli della povera Chichi.

Così, facendosi forza, era nuovamente sceso al piano di sotto, dove aveva trovato-come sempre- suo padre disteso sul divano, con il telecomando in una mano ed un bicchiere colmo d’acqua nell’altra... beh, per lo meno si era alzato per prendere da bere, aveva pensato amaramente il bambino.

 

«Papà?» l’aveva chiamato, piano, come se avesse una gran paura di disturbarlo «Come ti senti?»

Nessuna risposta da parte del saiyan adulto, che si era limitato a sorridergli amaramente, portando poi di nuovo gli occhi scuri sul televisore.

«Sai, mi piacerebbe tanto tornare ad allenarci insieme...» aveva continuato il bambino «Non pensi che ti farebbe bene?»

Ancora nessuna risposta.

«Bulma... Bulma mi ha detto che non avresti più combattuto. Ma papà, tu devi capire che non sei un normale essere umano: lottare non era forse nella tua natura?»

Niente, Goku sembrava completamente assente.

«Papà...» il piccolo mezzosangue sembrò sull’orlo di gettare la spugna, preso dal totale sconforto che gli provocava il vedere il suo povero papà ridotto in quelle condizioni.

Però, ad un certo punto, come se si fosse appena risvegliato da uno stato di trance, il giovane super saiyan si era alzato a sedere, incontrando lo sguardo sconsolato di suo figlio.

 

Non era giusto che Gohan soffrisse così a causa sua, Goku se ne rendeva perfettamente conto: ma come avrebbe potuto anche soltanto fingere di star bene, se si sentiva letteralmente uno straccio? Come avrebbe potuto mettere su una maschera, sorridendo dolcemente al proprio bambino, se dentro si sentiva morire ogni giorno di più?

Come avrebbe potuto, Goku, raccontare delle orribili menzogne al sangue del suo sangue?

No... Gohan meritava la completa sincerità, e meritava anche di avere un padre presente nella sua vita: quello stesso padre che, soltanto fino all’anno prima, spariva in continuazione per andarsi ad allenare chissà dove o per combattere qualche mostro minaccioso.

 

«Gohan...» mormorò, con voce spezzata «Vieni qui...»

Ed il bambino non se lo fece ripetere due volte: triste, ma allo stesso tempo speranzoso, era corso incontro al proprio papà e gli si era seduto vicino, lasciandosi abbracciare ed abbracciandolo a sua volta. Dovevano farsi forza a vicenda, in quel periodo terribile della loro vita, Gohan lo sapeva perfettamente: ma, allo stesso tempo, si sentiva in dovere di coccolare suo padre, di consolarlo in tutte le maniere possibili, di stargli vicino e dargli tutto l’affetto di cui avesse bisogno. 

 

*

 

Aveva evitato in tutti i modi-come sempre, ma quella sera un po’ di più- che quella rompiscatole di Bulma si impicciasse dei suoi affari, mentre si aggirava per la casa alla ricerca di una qualsiasi idea che lo aiutasse a far tornare in sé Kaharoth, in modo che quest’ultimo tornasse ad allenarsi come un vero saiyan avrebbe dovuto fare e, infine, era arrivato ad una conclusione.

Lui voleva distruggere Kaharoth: il suo unico obbiettivo era quello di superarlo e poi mandarlo definitivamente all’altro mondo, e non gli importava un fico secco se poi quel branco di idioti dei suoi amichetti lo avrebbero riportato in vita con le sfere del drago. Lui lo sarebbe andato di nuovo ad uccidere, e sarebbe potuto andare avanti anche all’infinito. E l’unico modo per poter mettersi al pari del super saiyan, venendo a conoscenza dei suoi punti deboli ed imparando dai propri errori-perché ammetteva persino a sé stesso che, a volte, commetteva inconsapevolmente degli errori in battaglia- era quello di sfidarlo direttamente.

Ma come avrebbe fatto, Vegeta ad attirare l’attenzione dell’inetto senza dovergli chiedere direttamente una sfida uno contro uno? 

E poi, i suoi occhi neri come la pece erano inaspettatamente caduti su un oggetto che avrebbe di sicuro fatto al caso suo.

~~~~

Angolo autrice:

Eccomi tornata-piuttosto presto- con questo secondo capitolo, che è ancora introduttivo, e non si addentra ancora molto in quella che è poi la trama. 
Ma vediamo finalmente l'apparizione del nostro adorato principe dei saiyan, dato che alla fine dei conti siamo tutti quanti innamorati di lui(sì, anche i maschietti ;)). A quanto pare il piccolo Vegeta ha inavvertitamente origliato la conversazione della turchina al telefono con Gohan, e ha scoperto che Goku non ha più intenzione di combattere... come reagirà a questo punto il principone? E soprattutto, che cosa sta architettando perché tutto ciò non accada? 
Gohan, dal canto suo, ce la sta mettendo tutta per far sì che il padre stia bene, e noi siamo tutti con te, cucciolo, non preoccuparti :(((

Beh, ci becchiamo alla prossima!

-hilaris

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Capitolo 3
*** silenziosi... aiutanti? ***


I saiyan erano proprio degli esseri strani, e lei non sarebbe mai riuscita a capirli. D’altronde, persino il suo migliore amico, nonostante fosse cresciuto come un terrestre, era sempre stato un tipo piuttosto singolare; il burbero principe che si era ormai stabilito a casa sua, però, era ancora più singolare di Goku, oltre che scortese ed antipatico: ormai erano giorni che non bisticciavano neanche una volta, e questo perché Vegeta, preso da chissà quale tipo di pensieri, si era limitato ad ignorare ogni sua singola parola, superandola ogni volta che lei gli si parava davanti con le mani sui fianchi e quel solito atteggiamento di sfida.

La verità era che non riusciva proprio a star lontano da quel giovane guerriero pieno di ambizioni che le era piombato in casa-tra l’altro, solo ed unicamente per una sua scelta, dato che era stata lei a chiedergli di farlo-, ed avrebbe tanto voluto conoscerlo meglio, magari imparare ad andarci d’accordo, anche soltanto per scambiare quattro parole con qualcuno.

Ma quel ragazzo, nonostante i due mesi trascorsi in ‘compagnia’-se di compagnia si poteva parlare, dato che non aveva mai scambiato mezza parola con nessuno neanche per sbaglio- della sua famiglia, continuava ad essere intrattabile e schivo, ed ogni volta che la turchina tentava di rivolgergli la parola, finivano per litigare.

Ormai era quotidianità: Bulma si era addirittura abituata a quei continui battibecchi con il principe dei saiyan, e a dire la verità, era sicura di essersi ritrovata più di una volta a fantasticare sul bellissimo corpo di quel ragazzo, arrossendo ovviamente l’attimo immediatamente successivo. 

 

 

Vegeta, però, era troppo preso nell’attuare il suo geniale piano, ovvero quello di risvegliare i sensi del suo acerrimo nemico, in modo da potergli dare una spinta nell’attaccarlo spontaneamente e guadagnarci un bel combattimento corpo a corpo; ormai era parecchio tempo che non combatteva contro un avversario in carne ed ossa: certo, i macchinari che aveva ingegnosamente costruito il padre della svitata erano utili, ma non era la stessa cosa di combattere contro un vero guerriero che gli dava del filo da torcere.

Allenarsi da solo era producente e rilassante, non c’era nessuno ad infastidirlo e nessuno che volesse farsi una chiacchierata nei momenti di pausa tra una scarica di colpi e l’altra, e di conseguenza il principe dei saiyan si sentiva molto più a suo agio, ma doveva ammettere che avere qualcuno con cui misurare la propria potenza fosse ancora meglio. Certo, non che impazzisse di gioia all’idea di star davvero per dare una mano ad uno come Kaharoth, ma che poteva farci se quell’inetto di terza classe era un completo idiota? In fondo, in quanto principe della sua stirpe, non poteva permettere che l’unico suddito rimastogli rinnegasse in quel modo le proprie origini, smettendo addirittura di combattere... e tutto perché una stupida oca se n’era andata all’altro mondo.

Non si era informato molto su quella faccenda, il giovane saiyan, in fondo non gliene importava assolutamente nulla, ma aveva sentito Bulma e sua madre parlarne, tra una lacrima di coccodrillo e l’altra, ed aveva appreso che la moglie dell’idiota era morta a causa di una grave malattia che colpiva molti terrestri, e per la quale non si era ancora trovata una cura definitiva e certa. A quel punto, se solo qualcuno di quegli imbecilli avesse messo in moto il cervello, avrebbe immediatamente capito che morire, per quella poveraccia, era stato soltanto che un sollievo.

In fondo, meglio la morte di una malattia incurabile che avrebbe portato altrimenti ad una sofferenza eterna, no? 

Ma in fondo, che cosa gliene importava, a lui? Che si piangessero pure addosso, non era affar suo e non lo sarebbe mai stato.

Aveva preso uno dei macchinari che sarebbero dovuti fungere da avversari, ed aveva cominciato a porgli qualche modifica, dopo aver arraffato qualche attrezzo da lavoro nel laboratorio della turchina. Non che gli facesse onore infiltrarsi nelle stanze di quella casa come un comune ladruncolo, anzi, se ne vergognava al sol pensiero, ma che poteva farci? Di certo non sarebbe andato da quella pazzoide a chiederle di prestargli le sue cose: le avrebbe utilizzate per quel lavoretto e poi le avrebbe rimesse al loro posto, come se non fosse successo niente.

Quando lavorava per Freezer aveva imparato come comportarsi con le macchine, ed aveva assimilato qualche nozione: certo, non poteva definirsi un meccanico esperto, ma modificare un’insulsa macchina come quella a suo vantaggio sarebbe stato un gioco da ragazzi per uno come lui; in fondo, ogni volta che quel nullafacente incapace di Nappa finiva per rompere qualcosa, era sempre e soltanto lui a ripararla, essendo probabilmente l’unico saiyan puro rimasto con un po’ di materia grigia.

 

«Perfetto, ora dovrebbe funzionare.» si era detto tra sé e sé, osservando quella macchinetta con un ghigno soddisfatto in volto: un lavoro fatto bene rimaneva pur sempre tale, anche se quel lavoro gli sarebbe servito per dare un’insulsa mano ad uno come Kaharoth.

 

*

 

Si era svegliato di buon ora, Junior, sicuro che presto sarebbe arrivato il suo giovane allievo, pronto per il solito allenamento giornaliero. Eppure, quella mattina, Gohan stava facendo un ritardo immane, il che non era da lui: solitamente il bambino era puntuale come un orologio svizzero, ed aveva sempre sostenuto che arrivare in ritardo ad un appuntamento fosse la più grande mancanza di rispetto che potesse esistere. 

Inizialmente il namecciano aveva pensato che il piccolo avesse semplicemente dormito un po’ più del previsto ma, al passare delle ore, aveva cominciato a preoccuparsi, non vedendolo arrivare; così, impaziente di sapere che fine avesse potuto fare il suo pupillo, aveva lasciato il suo adorato deserto, dirigendosi sui monti Paoz, verso quella che era l’abitazione dei Son.

Una volta atterrato di fronte alla modesta casetta, il guerriero namecciano rimase stupito da quanta tranquillità si respirasse: conoscendo sia Goku che il figlio, d’altronde, ci si poteva aspettare tutto meno che quell’ambiente così calmo... ma in fondo, con tutto quello che era successo, era plausibile che i due non avessero più la carica di un tempo.

O per lo meno, il piccolo Gohan era diventato decisamente più taciturno rispetto a prima, e nonostante ostentasse una grande forza d’animo, era evidente che stesse soffrendo tantissimo per la perdita della madre. Nonostante un lutto si possa superare, Junior era convinto che quell’accadimento avrebbe segnato per sempre la vita del suo giovane allievo, ma a discapito della tristezza che una cosa del genere potesse portare, Gohan si sarebbe di sicuro temprato, ed avrebbe iniziato ad affrontare la vita con un’ottica diversa, molto più matura. 

 

Senza preoccuparsi nemmeno di bussare alla porta, il namecciano era entrato in casa di Goku e, contro ogni sua aspettativa, aveva trovato i due saiyan dormire placidamente sul divano, abbracciati, con la tv ancora accesa e con la coperta di plaid che probabilmente prima li copriva scivolata a terra.

Non era abituato a queste strane dimostrazioni d’affetto, Junior, e molto probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma di fronte ad una scena del genere non poté non sentire il suo cuore scaldarsi e, con un sorriso che era sicuro nessuno gli avrebbe potuto vedere in faccia in quel momento, si era avvicinato ai due, con tutta l’intenzione di sistemarli meglio.

Infatti il maestro del piccolo Gohan raccolse da terra la coperta, adagiandola nuovamente su padre e figlio e, dando un’ultima occhiata al suo allievo per controllare che stesse effettivamente bene, spense poi il televisore e, così com’era arrivato, se n’era andato: non se l’era di certo sentita di svegliarli. Si meritavano una buona dose di riposo, dopo il brutto periodo che avevano dovuto affrontare.  

 

*

 

Aveva aperto stancamente gli occhi, ritrovandosi fra le braccia del suo papà, esattamente come la sera precedente. Probabilmente si erano addormentati abbracciandosi, senza neanche rendersene conto; il piccolo Gohan sorrise teneramente, per poi osservare meglio l’espressione di suo padre: sembrava più rilassata, più distesa di come l’aveva vista in quei giorni addietro. Probabilmente l’essere stato di più in compagnia di suo figlio gli aveva giovato, ed il bambino non poteva che esserne felice; qualsiasi cosa, pur di vedere il suo papà tornare a sorridere.

Goku poteva di certo prendere tutte le decisioni che voleva, e se il suo desiderio era quello di non combattere mai più, chi era lui per impedirglielo? Anche se Gohan sapeva che quella decisione lo avrebbe completamente azzerato, l’unica cosa che potesse realmente fare in quel frangente era assecondare i suoi desideri e stargli accanto il più possibile.

Delicatamente, per evitare di svegliarlo, si alzò dal divano, correndo poi verso la cucina ed aprendo il frigo alla ricerca del suo amato succo d’arancia: era una bella giornata fuori, lo poteva sentire dal venticello fresco che entrava dalla finestra socchiusa, e dai raggi solari che illuminavano tutta la stanza. Sarebbe stato decisamente un buon giorno, per suo padre, per allenarsi, se soltanto avesse voluto farlo.

Fu solo in quel momento che il piccolo Gohan si ricordò di un impegno piuttosto importante: accidenti, aveva dormito troppo e si era completamente dimenticato l’allenamento con Junior! Doveva far presto, o probabilmente il suo amico si sarebbe di certo preoccupato, e questa era l’ultima delle sue intenzioni!

Junior gli stava dando una grandissima mano, in quel periodo difficoltoso, e il bambino non poteva di certo farlo preoccupare o mancargli di rispetto presentandosi tardi ad i loro appuntamenti.

Così, senza neanche mettere qualcosa sotto i denti, il bambino si era immediatamente precipitato al piano di sopra, con tutta l’intenzione di darsi una lavata e poi uscire di fretta, alla volta del deserto.

Peccato però che il destino, o meglio, qualcuno che sicuramente non era il destino, avesse deciso che quel giorno non sarebbe mai arrivato in tempo all’allenamento con Junior.

 

 

Il principe dei saiyan, infatti, aveva deciso che il moccioso della terza classe sarebbe stata la sua cavia per quel primo esperimento: aveva infatti programmato il robottino per poter rispondere perfettamente ad ogni suo ordine e, spingendo qualche pulsante su un grossolano telecomando costruito alla bell’e meglio, aveva fatto partire il droide, dirigendolo giù nella vallata, in direzione della casa del suo acerrimo nemico. 

Ormai conosceva il figlio di Kaharoth: su Namecc aveva infatti avuto l’occasione di combattere al suo fianco e a quello degli altri due inutili reietti che quel rammollito di terza classe definiva ‘amici’, ed aveva potuto constatare che quel ragazzino non fosse affatto una pappa molle, come invece aveva pensato durante il suo attacco alla Terra insieme a Nappa; il mezzosangue era infatti riuscito, nonostante le difficoltà, a combattere dignitosamente contro Dodoria, contro la squadra Ginew, ed infine addirittura contro Freezer. Era quindi sicuro che quel piccolo droide da battaglia non sarebbe stato affatto un problema per lui, anche se effettivamente il fatto che fosse o non fosse un problema per il moccioso non gli interessava più di tanto.

In ogni caso, doveva mettere Kaharoth nella condizione di dover difendere la propria prole, e non poteva di certo attaccare quest’ultima in prima persona, o avrebbe sortito un effetto controproducente, facendo arrabbiare troppo il reietto e costringendo lui ed anche sé stesso a doversi sfidare all’ultimo sangue.

E Vegeta non voleva ancora che quel fatidico ultimo scontro avvenisse, no... il principe voleva prima trasformarsi in super saiyan, e poi dimostrare a Kaharoth chi detenesse davvero il titolo di guerriero più forte della galassia. 

Mentre guidava il droide, il principe dei saiyan si chiese se stesse facendo la cosa giusta: in fondo, a lui interessava soltanto che l’unico saiyan rimasto della sua specie-oltre lui, ovviamente- si rammollisse a tal punto da rinunciare per sempre al combattimento, che fin dalla nascita, non era altro che la ragione di vita di quelli come lui. E se, dandogli quella piccolissima ed insignificante mano, Kaharoth avesse frainteso le sue intenzioni, tentando di instaurare un simil rapporto con lui, o peggio, mettendosi a piagnucolare come una donnicciola, credendo di avere di fronte qualcuno con il quale si sarebbe potuto sfogare? 

Beh, in tal caso, Vegeta avrebbe dovuto semplicemente mettere ben in chiaro le cose ed allontanarlo come soltanto lui sapeva fare, giusto? Non voleva altre palle al piede nella sua vita, ne aveva già troppe. 

 

*

 

«AAAAAAAAH!»

 

Si era svegliato di scatto, al sentire delle urla spaventate di suo figlio e, guidato dall’istinto, si era immediatamente messo sull’attenti, notando che Gohan non si trovava lì vicino a lui, ma al piano di sopra, probabilmente a prepararsi per il suo solito allenamento con Junior.

Allarmato ed incuriosito dalla fonte dello spavento del suo bambino, il saiyan dai capelli a forma di palma si mise immediatamente due dita alla fronte, teletrasportandosi al piano di sopra, esattamente di fianco a Gohan, che si trovava in posizione di difesa, con in volto un’espressione più che confusa.

E Goku fu pronto ad emulare tale espressione nel momento in cui, proprio di fronte ai suoi occhi, vide palesarsi un robot, una specie di droide, probabilmente programmato per la battaglia, con due grosse braccia e senza gambe, che fluttuava nell’aria, e che sembrava avere tutta l’intenzione di prendersela con suo figlio.

Ma da dove sbucasse quella cosa, i due Son non ne avevano la più pallida idea, e si scambiarono un’occhiata interrogativa, mettendosi immediatamente in posizione da combattimento.

 

«Forza, fatti sotto!» esclamò il saiyan più anziano, rivolto al droide «La tua presenza mi ha appena svegliato, e non ho neanche avuto il tempo di fare colazione! Sei davvero scortese, lo sai?!»

 

E, come se improvvisamente al giovane super saiyan fosse tornata la carica di un tempo, si lanciò immediatamente in attacco de robot che, in risposta, gli lanciò contro una sfera di energia abbastanza potente da scaraventarlo fuori dalla finestra aperta, costringendoli entrambi a spostarsi a combattere fuori dall’abitazione.

Goku non aveva la minima intenzione di perdere tempo appresso ad un affare apparso chissà da dove, e sperava con tutto il cuore che non fosse uno scherzo di cattivo gusto, o il colpevole si sarebbe beccato una bella ramanzina; non era corretto nei confronti né suoi né di suo figlio, che stavano ancora cercando con tutte le forze di metabolizzare un tremendo lutto. 

Indispettito, il saiyan dai capelli a palma ci mise poco prima di disintegrare l’ospite indesiderato con una sfera d’energia, lasciando di esso soltanto un piccolo pezzo che molto probabilmente-o almeno così aveva pensato fin dall’inizio-, era stato lasciato lì apposta per non essere distrutto, in modo da poter catturare l’attenzione di chi l’avrebbe trovato.

Non era nulla di che: era un semplice pezzo di metallo placcato argento, con sopra l’inequivocabile logo della Capsule Corporation, la famosa azienda della sua migliore amica. 

 

*

 

Era un genio, era assolutamente un genio.

Era bastato un piccolo spavento da parte del moccioso per far andare Kaharoth completamente nel panico, anche soltanto per pochissimi secondi. 

La sua intenzione non era certo quella di farlo combattere a lungo contro il droide; di fatti, aveva fatto in modo da non rendere quel marchingegno troppo resistente-a dire la verità, lo aveva ridotto quasi all’essere un aggeggio di cartapesta per gli attacchi di un saiyan-, ma il suo grande ingegno gli aveva anche dato l’ottima idea di attirare l’attenzione dell’inetto, semplicemente inserendo all’interno di quel robottino da battaglia un piccolo stemma della Capsule Corporation, sicuro che, dato che a quell’idiota sarebbe sicuramente venuto un diavolo per capello, la casa di quella pazzoide di Bulma sarebbe stato il primo posto in cui si sarebbe diretto. 

Il principe dei saiyan aveva portato a termine la prima parte del suo piano, ovvero quella di far alzare quel nullafacente dal divano, facendogli ritrovare per lo meno quell’accenno di dignità saiyan che gli era rimasta.

Adesso, per la seconda parte, avrebbe dovuto soltanto aspettare che l’inetto gli si presentasse fuori dalla porta di casa, pronto a ricevere al più presto delle spiegazioni, molto probabilmente da quella svitata o da suo padre. Di certo, la sua testa bacata non sarebbe mai arrivata alla conclusione che potesse essere stato lui l’artefice di quello stratagemma. 

Aveva questi pensieri, il principe dei saiyan, mentre infilava la sua fidata battle suit, la stessa che portava su Namecc durante lo scontro con Freezer, soltanto l’armatura che la  ricopriva era stata cambiata: quella rompiscatole di Bulma aveva insistito affinché la riparasse, e così era stato fatto; di certo, tutti i torti non ce li aveva, non poteva continuare ad avere quel buco orrendo causato proprio da quel mostro mentre lo umiliava per l’ennesima ed ultima volta durante la sua giovane vita.

Ma tutto il resto no, non poteva cambiarlo: indossare quegli indumenti gli ricordava continuamente il fallimento che era stato durante quella battaglia, finendo persino per calpestare il proprio stesso orgoglio mentre, in punto di morte, implorava Kaharoth di vendicarlo. 

Era stato il passo più osceno della sua vita, quello in cui, in lacrime, aveva passato il testimone a Goku, con la consapevolezza di non essere ancora all’altezza del bastardo che aveva decimato la sua popolazione, del mostro che lo aveva trattato come uno schiavo fin dalla tenera età; si sentiva un fallimento, Vegeta, osservando quella cicatrice perfettamente circolare a sinistra del petto: la cicatrice che aveva segnato la sua disfatta contro Freezer.

Ma l’aver preso consapevolezza dei suoi limiti l’aveva reso più forte, l’aver preso consapevolezza di quel grande fallimento l’aveva temprato ancor di più, dando vita a quel tarlo che non si sarebbe tolto dalla mente finché non si sarebbe trasformato anche lui in super saiyan, finché finalmente non avrebbe prima raggiunto e poi superato il livello del suo acerrimo nemico.

Perché ora che finalmente quel dittatore era morto, era Kaharoth il suo unico ostacolo verso la vittoria: lo avrebbe sconfitto e poi, dopo aver preso il testimone che avrebbe fatto di lui il combattente più forte della galassia, avrebbe ridotto quell’insulso pianeta in una valle di lacrime, prendendone il possesso e dando vita a quel regno che gli era stato negato fin dalla nascita.

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Angolo autrice:

Ed eccoci qui, con questo terzo capitolo che, finalmente, si focalizza un po' più sugli altri personaggi della storia.
La nostra Bulma sembra provare un certo interesse per ciò che pensa e fa il principe dei saiyan, ma il nostro adorato Vegetone ricambierà mai questo certo interesse, oppure continuerà imperterrito a non darle la minima importanza? 
Nel frattempo, si scopre quale sia l'oggetto misterioso che il nostro principe ha adocchiato nel capitolo precedente, e non soddisfatto di esser già un po' svitato, esce completamente di senno e lo manda letteralmente addosso al piccolo Gohan! xD povero bambino, credo che lo torturerò alla grande, durante il corso di questa long.
Per quanto riguarda Junior, il nostro namecciano preferito è proprio una persona d'oro, mi serviva proprio farlo intromettere per un attimo nella vita del suo pupillo senza dover per forza allenarlo T.T

Alla prossima!

-hilaris

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Capitolo 4
*** allevare le serpi in seno ***


Era rimasto senza parole nell’apprendere che quel droide non fosse solo stato mandato da qualcuno affinché lo disturbasse, ma addirittura da Bulma, dalla sua migliore amica, da colei che aveva sempre considerato una sorella: mentre teneva tra le mani quel piccolo oggetto recante il logo dell’azienda, il giovane super saiyan si sentì dannatamente tradito. Lui si era sfogato con la turchina, le aveva confidato la sua intenzione di non voler più combattere pur di far avere a Gohan una famiglia normale-se ancora di famiglia si potesse parlare-, senza più inutili battaglie e scontri che avrebbero soltanto messo a repentaglio la vita del suo bambino.

Certo, suo figlio era forte, di questo ne aveva fatto ammenda già l’anno passato, quando Radish aveva attaccato la Terra e Gohan, stupendo tutti, era riuscito ad infliggergli un brutto attacco, guidato solamente dalla foga del momento, ma ciò non toglieva il fatto che fosse ancora un bambino; un bambino di soli sei anni, che si era ritrovato non solo a perdere prematuramente il padre, anche se soltanto per un periodo limitato di tempo, ma ora anche la madre, e durante la sua vita non aveva fatto altro se non combattere contro dei terrificanti mostri alieni.

Il piccolo Gohan non aveva mai avuto, fino a quel momento, un’infanzia degna di questo nome, fatta soltanto di studi, risate ed amichetti della sua età; il piccolo Gohan aveva avuto al suo fianco soltanto degli adulti che, seppur gli dimostravano di volergli bene e rispettarlo, rimanevano pur sempre adulti... e suo figlio aveva bisogno di passare il suo tempo con dei ragazzini della sua età. Suo figlio aveva bisogno di vivere un’infanzia da bambino normale.

E se questo avesse significato per Goku appendere il suo amato gi arancione al muro, allora lui lo avrebbe fatto: aveva già perso sua moglie, non avrebbe sopportato di perdere anche suo figlio.

 

Quello che Goku non sapeva, però, era che a Gohan non dispiaceva quella vita fatta di continue avventure, a Gohan non dispiaceva avere come amico un alieno verde che soltanto pochissimo tempo prima voleva prendere il controllo della Terra, a Gohan non dispiaceva avere un papà particolare, che si distingueva dalle masse, che amava il combattimento e l’azione.

Certo che avrebbe desiderato vivere una vita più all’insegna della quotidianità, lo avrebbe desiderato con tutto il cuore, ma se il prezzo da pagare per vivere quella vita fosse stato l’annullamento completo della personalità di suo padre, del suo amato papà, allora sarebbe stato pronto a rinunciare a quell’opportunità.

Perché il piccolo Gohan voleva bene a Goku così com’era, e non avrebbe mai voluto che suo padre cambiasse la sua natura soltanto perché pensava che sarebbe stato meglio così. Perché non era affatto meglio così, ed il bambino se ne rendeva perfettamente conto.

 

Ma il saiyan più anziano, al contrario, era fermo e deciso sulle sue imposizioni personali, e non aveva alcuna intenzione di tornare indietro: era sicuro che il suo bambino stesse meglio così, che suo figlio, ora che lui era sempre in casa, fosse felice.

Così, infastidito ed arrabbiato, si portò due dita alla fronte, concentrandosi intensamente sull’aura della sua migliore amica, con tutta l’intenzione di teletrasportarsi alla Capsule Corporation e cantargliene quattro.

 

*

 

Lo aveva visto rientrare schivo dalla finestra della propria stanza, che probabilmente aveva lasciato aperta apposta per non farsi sorprendere all’ingresso da lei o da sua madre; il bel principe dei saiyan, infatti, aveva imparato a stare alla larga dalle donne di quella famiglia, e l’unico con cui aveva avuto, per mezza volta, una sottospecie di dialogo, era stato suo padre. Era chiaro come l’acqua che Vegeta non provasse alcun tipo di simpatia per lei, e questo faceva star molto male la turchina, che invece aveva imparato ad apprezzare la presenza del burbero principe in casa sua.

Da quando lei e Yamcha si erano lasciati, infatti, lei non aveva fatto altro che pensare alle parole del suo ex che, prepotenti, continuavano a rimbombarle continuamente in testa, confondendola e facendola soffrire.

“Non fai altro che parlare di Vegeta! Sono stufo di sentirti nominare quell’assassino!” le aveva detto, durante una delle loro solite liti, per poi andarsene da casa sua e non tornare più; ormai, era da più di un mese e mezzo che non lo vedeva.

Non che il suo ex ragazzo avesse tutti i torti, effettivamente: da quando era arrivato, Bulma non aveva fatto altro che pensare a Vegeta, a quel bastardo d’un principe che, a differenza sua, non le riservava neanche un pensiero. Anzi, per lui, era come se l’azzurra non esistesse affatto; la considerava solo la proprietaria della casa in cui faceva il mantenuto, nulla di più.

Assassino, lo aveva chiamato Yamcha... già, forse era proprio questo il problema, che Vegeta fosse un assassino. 

Eppure, non era stato affatto lui ad uccidere tutti i loro amici, nel momento in cui era atterrato sul loro pianeta: aveva fatto tutto il suo compare senza capelli, lui non aveva ucciso neanche una mosca; ma perché nessuno riusciva a vedere questo piccolo particolare, ed affibbiava a Vegeta questa colpa? Forse solo perché era stato un silenzioso complice di quel crimine?

Eppure, era stato lui stesso ad uccidere Nappa, quel giorno, dimostrando fin da subito di allevare le serpi in seno. 

 

«Bulma!»

 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dall’arrivo dell’ultimo ospite che si sarebbe mai aspettata di vedere.

Proprio di fronte al suo naso, infatti, era apparso il suo migliore amico, con un’espressione in viso che sembrava tutto fuorché felice di vederla.

Nel vedere Goku con quell’espressione così corrucciata, la turchina iniziò a preoccuparsi: che fosse successo qualcosa? Magari a Gohan?

Ma no, era impossibile: quel bambino non faceva mai nulla di troppo pericoloso, e da quel che aveva capito, passava anche la maggior parte del suo tempo con Junior.

 

«Amico mio!» esclamò però, comunque felicissima di vederlo «Qual buon vento ti porta qui? Non aspettavo affatto una tua visita!» 

 

Il giovane saiyan dai capelli a palma, però, non ricambiò il radioso sorriso dell’amica, limitandosi a lanciarle uno sguardo di pura delusione: davvero Bulma, dopo avergli fatto quell’affronto, si stava comportando come se nulla fosse successo? Accidenti, aveva mandato un droide da battaglia-anche programmato male, tra l’altro, considerata la velocità con la quale lo avesse distrutto- ad attaccare suo figlio, ed ora gli chiedeva qual buon vento lo portasse lì? 

 

«Non hai intenzione di chiedermi scusa?» chiese Goku, contrariato e leggermente deluso.

«Eh?» la turchina inarcò un sopracciglio, in un sincero gesto di confusione «Scusa per cosa?»

«Ma come per cosa?»

Nonostante quel robot provenisse palesemente dalla sua azienda, la sua migliore amica sembrava sinceramente confusa dalla sua domanda: in fondo, il saiyan conosceva bene Bulma, e se avesse fatto uno scherzo di cattivo gusto, sarebbe stata la prima a chiedere scusa, anche in ginocchio se necessario.

No, non era stata la sua azzurra amica a mandare quella macchina ad infastidirli... ma allora, chi poteva esser stato? 

Goku, allora, ancora più confuso della sua amica, tirò fuori dalla tasca lo stemma che aveva trovato a terra una volta distrutto il droide e glielo mostrò «Stamattina un robot da battaglia ha cercato di attaccare Gohan. Non era nulla di che, l’ho distrutto subito, ma la cosa mi è sembrata parecchio scortese, e mi ha dato fastidio... ho visto questo, quando l’ho disintegrato, e ho pensato che potessi esser stata tu: insomma, sei l’unica a sapere della mia decisione di non combattere più!» 

La ragazza strabuzzò gli occhi, completamente spiazzata: davvero il suo migliore amico aveva pensato che una come lei si sarebbe potuta abbassare a tanto? Chi era lei per poter decidere cosa avrebbe dovuto fare o non fare Goku?

Era ovvio che non approvasse quella sua improvvisa decisione, ma non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere per spronarlo a combattere. A quale scopo, poi? A lei non cambiava nulla se il suo caro Goku combattesse o meno, lei gli avrebbe voluto per sempre bene comunque. 

Però era vero. Lei era l’unica ad esser venuta a conoscenza di quella verità, e non ne aveva di certo fatto parola con nessuno, se non Gohan; ma non poteva-ovviamente- essere stato lo stesso Gohan a compiere quell’azione avventata, prima di tutto perché non era per niente da lui, e seconda cosa perché non avrebbe mai potuto reperire un droide da battaglia firmato Capsule Corporation: lei, quei droidi, li aveva costruiti esclusivamente per l’allenamento del principe dei saiyan.

E fu proprio in quel momento che la giovane scienziata capì: ma certo, chi altri poteva esser stato? Vegeta era abbastanza immaturo per mettersi a origliare una conversazione telefonica, ed anche per poter fare uno scherzo del genere. 

Non c’erano dubbi: quel ragazzino che tanto si spacciava per potentissimo principe-quando in realtà non era altro che un buzzurro- aveva ascoltato la sua conversazione con Gohan e, sfruttando le sue ben nascoste abilità, aveva fatto in modo che quel droide attaccasse a Goku e suo figlio.

 

La donna sospirò «Vieni con me...»

 

*

 

L’aveva sentita, l’aura di Kaharoth, certo che l’aveva sentita.

Ma aveva deciso di ignorarla, almeno per il momento; aveva di certo cose più importanti da fare, come per esempio terminare il suo allenamento all’interno della Gravity Room.

Aveva calcolato il fatto che il deficiente si sarebbe presentato alla Capsule Corporation, ma non si aspettava certo che ci mettesse così tanto: evidentemente l’unico neurone che ancora combatteva per emergere nel suo cervello ci aveva messo troppo per elaborare ciò che gli era appena successo. Non che il principe se ne stupisse, in fondo era pur sempre di Kaharoth che si stava parlando.

Aveva imparato a controllare di più i suoi impulsi, Vegeta, durante il breve periodo passato sulla Terra, e questo l’aveva appena confermato il fatto che non si fosse precipitato dal suo acerrimo rivale per attaccarlo a sorpresa e spaccargli la faccia. 

Tanto era sicuro che sarebbe stato l’inetto ad attaccarlo, una volta scoperto il suo tiro mancino, e questo lo rincuorava non poco: finalmente avrebbe avuto un combattimento serio con un guerriero che reputava abbastanza valido da picchiare duro, e non con i soliti, stupidissimi droidi che non facevano altro che infastidirlo, con i loro continui bip ed il loro continuo rigirargli tutti gli attacchi che lanciava. 

 

Ed all’improvviso, eccolo lì, quel solito schermo che si accendeva, mostrando la buffa faccia della donna che l’aveva pericolosamente accolto a casa sua, piuttosto indispettita, poté constatare il principe vedendola.

 

«Vedo che non ti sei fatto alcuno scrupolo neanche questa volta!» fu l’esclamazione della turchina «Io ormai non mi stupisco più, ma gradirei che uscissi da quella stanza e venissi a darci una spiegazione!»

«Non mi scocciare, donna.» le rispose semplicemente il ragazzo, spegnendo però il controllo gravitazionale e portando la gravità a livelli normali «Che diavolo vuoi?»

«Oh, credo che tu sappia perfettamente che diavolo voglio, scimmione! Non voglio stare qui a ripetertelo, muoviti a venire su!» 

E, detto questo, il collegamento si interruppe, lasciando intendere a Vegeta che quella svitata non ammettesse repliche.

E lui non gliele avrebbe rivolte, non in quel frangente, perché era sicuro che ci fosse anche il suo rivale con lei, e lui non vedeva l’ora di assistere alla sua reazione. 

E così, come se il principe dei saiyan fosse appena diventato un fedele cagnolino ubbidiente, aveva fatto esattamente ciò che la turchina gli aveva chiesto di fare, uscendo dalla sua fidata Gravity Room e dirigendosi al piano di sopra, dove trovò quella scocciatrice al fianco di quell’idiota di Kaharoth.

 

Rivederlo dopo ben due mesi lo fece fermare per un attimo a guardarlo; accidenti, non avrebbe mai pensato che un saiyan-e non un saiyan comune, un super saiyan- si potesse ridurre in quello stato: non era più prestante come se lo ricordava, ma il suo fisico era diventato visibilmente meno possente, la sua pelle si era ingrigita, come se fosse invecchiato di colpo, e due grosse occhiaie stanche contornavano un paio di occhi neri come la pece che un tempo brillavano di una luce che si stava lentamente spegnendo.

Guardandolo, a Vegeta sembrò più di essere di fronte a uno sconosciuto, piuttosto che allo stupido saiyan di terza classe contro il quale aveva combattuto soltanto poco tempo prima.

Per un attimo, per un brevissimo attimo che gli era sembrato però un’eternità, il principe si chiese se ne valesse davvero la pena: ne valeva davvero la pena di allenarsi così duramente per superare il livello di un uomo che sembrava improvvisamente esser diventato la proiezione debole di sé stesso? Ne valeva davvero la pena di battersi per un orgoglio saiyan che, a quanto pareva, nel suo rivale non esisteva affatto?

Perché era questo il pensiero che aveva Vegeta dell’uomo che aveva di fronte a sé, non un saiyan, non il combattente più potente dell’universo che aveva appena sconfitto Freezer, ma un banale terrestre che soffriva per la perdita di una moglie che-da quel che aveva potuto capire- non aveva mai nemmeno amato veramente. 

 

Goku, dal canto suo, nel vedersi apparire davanti un Vegeta così in pace con sé stesso-o almeno, questo era quello che lasciava trasparire- quasi si chiese se si trattasse davvero di lui, dello spietato principe dei saiyan che aveva combattuto e poi risparmiato soltanto poco tempo prima.

In un certo senso, il ragazzo che si trovava davanti, sembrava diverso; non nel fisico, non nell’aspetto, ma nel modo in cui si stava ponendo: sembrava essersi leggermente ammansito, calmato, come se avesse finalmente scaricato tutta la rabbia repressa che si teneva dentro.

Ma questo era impossibile anche solo pensarlo: uno come Vegeta, esattamente come gli aveva detto Crilin tempo addietro, non sarebbe mai cambiato così radicalmente, non in così poco tempo, almeno. Il principe dei saiyan si stava comportando quasi bene semplicemente perché in quel momento gli conveniva fare così, punto, e questo Goku l’aveva capito dal primo istante.

Però era incredibile il suo talento nel recitare la parte, veramente notevole; era un manipolatore nato. 

Ed il giovane super saiyan si ritrovò a pensare che quel burbero d’un principe avesse addirittura manipolato la sua Bulma; certo, non ci capiva assolutamente niente di quelle cose lì, ma si era accorto del modo in cui la turchina guardava il saiyan, e si era accorto anche del modo in cui Vegeta se ne accorgesse, ma si limitasse a tenerla silenziosamente a distanza. 

 

Rimasero fermi a guardarsi in cagnesco per qualche secondo, finché non fu Bulma a rompere il ghiaccio, incalzando: «Allora, non hai forse qualcosa da dirci, Vegeta?»

Il principe, di rimando, le rivolse un ghigno quasi soddisfatto, incrociando le braccia al petto com’era consueto fare «Non so proprio a cosa ti riferisci, donna.»

«Invece lo sai benissimo!» 

«Bulma...» la interruppe Goku, mettendole una mano sulla spalla e sorridendole amichevolmente «Potresti lasciarci soli? Io e Vegeta abbiamo più di un conto in sospeso.»

Inizialmente la ragazza non credette che fosse una buona idea lasciare due saiyan da soli nel corridoio di casa sua, ma poi si ricordò del fatto che avesse a che fare con Goku e si rincuorò: in fondo, il suo migliore amico, era decisamente molto più pacato del principe, e non si sarebbe mai permesso di mettersi a combattere proprio nel bel mezzo di una casa.

Così, sospirando esasperata, si diresse da qualunque altra parte che non fosse lì, lasciando i due ad i loro affari.

 

Il saiyan dai capelli a palma si fece un po’ più serio e, senza dire nulla, si limitò a mostrare al suo interlocutore lo stemma con sopra il logo della Capsule Corporation, aggiungendo soltanto un infastidito «Sei stato tu?»

Il principe dei saiyan, in risposta, fece spallucce «Sì, e allora?»

«E allora?!» Goku rimase a dir poco sorpreso dalla reazione di quello sconsiderato: davvero gli aveva appena fatto spallucce? Davvero aveva appena risposto in maniera così immatura, dopo ciò che aveva appena fatto? «Perché diavolo ti intrometti nella mia vita, Vegeta?! D’accordo, io non sarò proprio una cima, ma mi sono accorto benissimo che ciò che hai fatto è assolutamente di cattivo gusto! Non sai che sto affrontando un lutto? Non sei stato affatto educato!»

«Prima di tutto, vedi di abbassare i toni.» fu la risposta di Vegeta «Secondo, io non mi abbasserei mai ad un livello tale da essere addirittura educato con uno come te e terzo, so benissimo che stai affrontando un lutto, ma dei tuoi problemi personali, Kaharoth, non me ne può fregar di meno.»

«E allora, se non te ne può fregare di meno, perché mi hai fatto una cosa del genere? Non potevi continuare a farti gli affari tuoi?!»

«L’unica cosa che mi preme è che tu abbia deciso di non combattere mai più.» rispose il ragazzo «E io, come principe della tua razza, non posso assolutamente permettere che un saiyan smetta di essere ciò che è soltanto per uno stupidissimo problema personale. Siamo rimasti soltanto noi due, e mi da già abbastanza fastidio il fatto che io debba condividere il mio ossigeno con uno come te; per lo meno impegnati a tenere alto l’onore della tua stirpe.» 

«Mi dispiace, ma uno scherzetto del genere non mi porterà mai a tenere alto l’onore della mia stirpe. E poi, spiegami per quale assurdo motivo ti interessa tanto che io combatta o meno: volevi sconfiggermi? Bene! Continua ad allenarti fino a quando non diventerai indistruttibile e poi vieni a uccidermi! Tanto, con me senza allenamento, ti ci vorrà sicuramente poco a mettermi fuori gioco!»

Nel sentire quelle parole, al principe dei saiyan venne improvvisamente l’impulso di spiccare il volo, recarsi nello spazio, e far esplodere tutto quell’insulso pianeta, Kaharoth incluso: come poteva anche soltanto immaginare che lui, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, si abbassasse a tanto? Avrebbe preferito la morte, piuttosto che vincere una battaglia senza onore. Avrebbe preferito lasciar perdere tutto, piuttosto che avere la vittoria in maniera così semplice, così priva di significato.

«A volte mi chiedo davvero dove siano finiti i malvagi di un tempo!» esclamò Goku, senza neanche dargli il tempo di ribattere «Stai veramente con le serpi in seno, Vegeta, lasciatelo dire!»

E, detto questo, il saiyan cresciuto sulla Terra si portò due dita alla fronte, sparendo dalla vista del principe, non dandogli neanche il tempo di far valere le sue ragioni.

 

E lui era rimasto lì come un’idiota, a guardare il vuoto di fronte a sé, non sapendo né cosa dire, né cosa fare: o meglio, fino a pochi istanti prima avrebbe saputo benissimo cosa fare, ovvero attaccare quell’idiota e farla finita con quegli stupidi battibecchi che non gli interessavano affatto, ma le ultime parole dell’inetto lo avevano completamente spiazzato.

Kaharoth aveva appena detto che non c’erano più i malvagi di una volta, ed aveva anche insinuato-come se fosse stato mosso da istinti suicidi-che il grande Vegeta allevasse le serpi in seno.

Le serpi in seno? Sul serio?

Non sapeva neppure che uno come Kaharoth sapesse cosa voleva dire stare con le serpi in seno, ma a quanto pare lo sapeva bene, ed aveva trovato il modo di lasciarlo senza parole.

Ma proprio lui, poi, parlava? Lui che, nonostante gli avesse letteralmente spezzato tutte le ossa dopo essersi trasformato in Oozaru, dopo aver quasi ammazzato di botte suo figlio, dopo aver minacciato seriamente di distruggere per sempre la Terra, aveva deciso di risparmiarlo? Era lui quello ad avere le serpi in seno, non di certo Vegeta.

L’unica cosa che il principe voleva era tenere alto l’onore della sua razza, non certo fare un favore ad un idiota ingrato che, invece di dimostrarsi determinato a picchiare duro, aveva deciso di affrontarlo verbalmente come una donnicciola, dimostrando di essere più debole di quanto non sembrasse. 

E poi, cosa diavolo voleva significare la frase ‘mi chiedo dove siano finiti i malvagi di una volta’? Voleva forse insinuare che lui non fosse stato un malvagio degno di questo nome? Voleva forse fargli capire che si fosse rammollito, compiendo quel gesto che l’aveva tanto infastidito?

Non sapeva cosa dire, Vegeta, e, dopo aver calciato nervosamente l’aria, si era diretto verso la sua stanza, decidendo che, almeno per quel giorno, il suo allenamento si sarebbe potuto dire concluso.

 

*

 

Era tornato a casa ancor più indispettito di prima, il Son, trovando suo figlio seduto tranquillamente sul divano a studiare, in religioso silenzio, quasi come se stesse cercando di ignorare il suo arrivo.

Il bambino, infatti, si era accorto dello stato emotivo di suo padre, e questo non lo rincuorava affatto, anzi, lo rendeva ancora più nervoso di quanto già non fosse.

Non sapeva cosa lo avesse infastidito così tanto, ma aveva deciso di tirarsene fuori e non fare domande, almeno fino a che il suo genitore, comprendendo di non poter sorreggere tutti quei macigni da solo, non avesse deciso di gettare la spugna e parlare, sfogandosi e raccontandogli che cosa stesse succedendo di tanto strano nella sua testolina forse un po’ bacata. 

 

E, come se avesse appena letto i suoi pensieri, il super saiyan gli si sedette accanto, sospirando esasperato e girandosi completamente nella sua direzione, esclamando: «Non immagini che cosa è appena successo!»

«Che cosa, papà?» chiese innocentemente il bimbo, poggiando il libro sul tavolinetto in mogano di fronte al tavolo.

«Sai chi è stato a mandare quello strano robot, questa mattina?» Goku pattò delicatamente la testa del figlioletto «Vegeta!»

Il piccolo Gohan si sorprese non poco nell’apprendere quella notizia: Vegeta? Sul serio? Lui non sapeva neanche che quel saiyan si trovasse ancora sul pianeta Terra, anzi, era sicuro che se ne fosse già andato da tempo immemore... e invece, non solo il principe si trovava ancora lì, ma aveva addirittura mandato un droide ad attaccare la loro casa, probabilmente con l’intenzione di far svegliare suo padre.

Intenzione che però, da come aveva capito Gohan, era andata completamente in bianco.

«Sul serio?!» esclamò, strabuzzando gli occhi.

«Sì! Ti rendi conto, figliolo?!»

Oh sì, il bambino se ne rendeva conto, ma non sapeva proprio se fosse lo stesso per suo padre.

«Non solo ha intenzione di uccidermi, ma si diverte anche a farmi questi scherzi in un periodo così delicato! Ha veramente un cuore di pietra!»

Ecco, appunto.

Il piccolo Gohan sospirò «Papà, ascolta...»

Goku inarcò un sopracciglio «Cosa, tesoro?»

«A prescindere dal materiale con cui sia fatto il cuore di Vegeta...» iniziò lui «Io non credo che quello che ha fatto sia uno scherzo.»

«Che?! Gli dai ragione, adesso?!» 

Il super saiyan non poteva crederci: davvero suo figlio si stava mettendo dalla parte di Vegeta? E da quando quel bambino comprendeva i ragionamenti fuori dal mondo del principe dei saiyan?

«Senti, papà, io credo che abbia in qualche modo scoperto che tu hai intenzione di non combattere più, e credo anche che la cosa lo ferisca nell’orgoglio: ma non capisci che siete gli unici due saiyan purosangue rimasti nell’universo? È deplorevole per uno come lui anche soltanto pensare che un suo suddito possa smettere di fare ciò per cui è nato!» la spiegazione di Gohan era cristallina, se suo padre non l’avesse capita neanche così, allora significava che era proprio stupido «E poi, lui si è messo letteralmente in testa di sconfiggerti! Come potrebbe farlo se tu, mentre lui continua a impegnarsi, ti adagi sugli allori?! È ovvio che quello che ha fatto serviva solamente a farti alzare anche solo per un attimo da questo divano e fare qualcosa! Qualsiasi cosa che non fosse non fare niente!»

Ma, nonostante le parole del suo bambino, Goku continuava a non capire: era sicurissimo che Gohan non volesse che lui continuasse a combattere, era sicuro che il suo bambino ragionasse esattamente come la madre, pensando che fosse un padre snaturato che avrebbe dovuto pensare soltanto alla propria famiglia, mettendo da parte i propri interessi personali. E invece, in quel momento, suo figlio gli stava dicendo esattamente tutto il contrario: stava addirittura giustificando il comportamento immaturo di Vegeta! 

«Ma... ma Gohan...» balbettò l’uomo, in risposta «Io... io credevo che tu saresti stato più felice, se io avessi per sempre smesso di mettermi nei guai e avessi iniziato a comportarmi come un padre normale! Tua madre me lo rimproverava in continuazione! Credevo che il mio comportamento ti facesse soffrire!»

Il bimbo negò con la testa «Mi fa più soffrire il fatto che tu smetta di essere ciò che sei esclusivamente per un desiderio della mamma. Papà, anch’io sto soffrendo per la sua morte, manca anche a me, anch’io vorrei che fosse fiera di me, ma non smetto certo di essere ciò che sono per questo! Dobbiamo imparare ad andare avanti! Piangerci addosso non farà resuscitare la mamma come non lo farebbero le sfere del drago!» 

 

A quelle parole, il saiyan adulto si sentì uno stupido. Uno stupido ed anche uno snaturato, un fallimento, uno scherzo della natura, un idiota senza dignità.

Davvero aveva pensato, per settimane intere, che suo figlio sarebbe stato più felice se lui si fosse completamente annullato ed abbandonato allo scorrere degli eventi? Davvero aveva pensato che smettere di fare ciò che gli piaceva fare lo avrebbe aiutato a superare la sofferenza per la morte di Chichi?Ancora una volta, il giovane super saiyan si ritrovò a capire di essere un vero egoista, e di aver agito, di nuovo, in maniera egoistica, non preoccupandosi neanche di sapere che cosa ne pensasse suo figlio di ciò che stava facendo.

Guardando negli occhi Gohan, in quel momento, vide Chichi, ma non solo: guardando negli occhi il suo bambino vide anche un orgoglio sopito ed ereditato da quella razza che lo rendeva così speciale, così unico nel suo genere... Gohan era un saiyan, e per questo, quando si trattava di argomenti come quelli, ragionava come un saiyan.

Anzi, ragionava e basta, cosa che Goku, a quanto pareva, non aveva ancora imparato a fare.

E si sentì un dannatissimo stupido, in quel momento. 

Uno stupido con le serpi in seno, perché l’idea che gli era appena balenata in testa aveva sorpreso persino uno come lui, che trattava bene ed in modo educato tutti, a prescindere dalle loro brutte o belle azioni.

 

Sorridendo dolcemente a suo figlio, e ringraziandolo con un forte abbraccio, sparì dal suo campo visivo, teletrasportandosi proprio nell’ultimo posto in cui si sarebbe aspettato di andare.

 

 

«Hai voglia di allenarti con me?»

~~~~

Angolo autrice:

Buongiorno a tutti/e, spero stiate bene in questa domenica mattina! L'ultimo giorno della fase 1, e si spera che da domani le cose vadano un po' meglio per tutti, soprattutto per chi, purtroppo, ha dovuto tenere chiusa la propria attività per ben due mesi(e, purtroppo, anche di più, se non si ritrova tra i "via libera" di questa fase); io sono piuttosto fiduciosa che riusciremo a rialzarci da questo periodo buio, e che le cose andranno via via migliorando! Portiamo pazienza e teniamo sempre duro! ^^

Passando a questo capitolo, mi sono veramente divertita a scriverlo, devo essere sincera: finalmente si ha un primo contatto tra il principe dei saiyan ed il nostri Goku e, a scapito di ciò che un po' tutti ci aspettavamo, i due non si sono-ancora-massacrati di botte. Piuttosto, è stato più una sorta di sfogo del nostro super saiyan che altro xD
Ma a dare man forte al principone ci pensa Gohan, che a differenza del padre, è riuscito a captare fin da subito le intenzioni di Vegeta, e chissà se fra quei due non si possa creare una sorta di amicizia, in futuro! ;) 
Nel frattempo, scopriamo anche che Bulma e Yamcha si sono lasciati, e che quest'ultimo se n'è andato dalla casa della nostra azzurrina perché pensava che avesse una cotta per il principe! Sarà vero? Chissà... 

Vi mando un bacio e vi ringrazio per le recensioni! Non credevo affatto che questa storia sarebbe stata così apprezzata, mi fa davvero piacere!

alla prossima~

-aria

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Capitolo 5
*** hai voglia di allenarti con me? ***


«Hai voglia di allenarti con me?»

 

Questo gli aveva detto, il giovane uomo che aveva di fronte, mentre lo scrutava con due occhi neri e lucidi, speranzosi di ricevere una risposta affermativa. 

Questo gli aveva detto, il super saiyan della leggenda, mentre gli rivolgeva un sorrisetto sghembo, carico di speranza, ma anche di un velato atteggiamento di sfida. 

Eppure quella richiesta, al ragazzo che si trovava tranquillamente seduto sul proprio letto, era sembrato più un grido d’aiuto che una sfida lanciata tanto per fare; al principe dei saiyan era sembrato che Kaharoth, tutto ad un tratto, si fosse risvegliato come da un coma... un coma durato per ben tre settimane, un coma causato dall’improvvisa dipartita della propria consorte che, entrambi sapevano, non sarebbe mai più potuta tornare in vita, perché le sfere del drago non avevano il potere di resuscitare qualcuno morto per cause naturali, perché il grande drago Shenron, seppur fosse a tutti gli effetti una divinità, aveva delle limitazioni e dei difetti, e questo lo rendeva molto simile a coloro che venivano da lui a pregarlo di esaudire i loro desideri più profondi.

Gli era sembrato che Kaharoth si fosse sì appena risvegliato da quel profondo coma, ma che avesse ancora bisogno di una spinta, un’ultima spinta che l’avrebbe rimesso in carreggiata, che avrebbe fatto deviare quel treno che stava andando fin troppo fuori dai binari, riportandolo sulla retta via.

Ma perché era venuto proprio da lui, dopo essersi comportato nella maniera esattamente opposta soltanto qualche ora prima? Perché era venuto proprio da lui, ben sapendo che da uno come Vegeta avrebbe potuto ricevere un netto rifiuto?

Perché persino Kaharoth, nella sua stupidità, sapeva che il burbero principe di fronte a lui, seppur con un accenno di titubanza, avrebbe accettato, perché in fondo Vegeta voleva allenarsi con lui, perché in fondo Vegeta fremeva all’idea di potersi dedicare in un combattimento corpo a corpo col proprio rivale; il saiyan di terza classe aveva deciso di far leva sulla sua voglia di combattere, di migliorarsi, di sfidarlo ed infine batterlo. Kaharoth aveva deciso di far leva sull’unico punto debole che Vegeta aveva il coraggio di mostrare al mondo esterno, un punto debole che non lo ostacolava, un punto debole che non permetteva al mondo di fargli del male, come invece aveva sempre fatto sfruttando tutti gli altri, quando ancora non aveva imparato a nascondersi, a costruire quei muri protettivi intorno a sé come mero meccanismo di difesa.

E per un attimo, per un breve, fugace ma infinito attimo, il principe dei saiyan si ritrovò a valutare l’idea di mandarlo via, di rifiutare quella proposta, per paura che la decisione completamente opposta gli avrebbe causato soltanto problemi... ma poi, si chiese quali tipi di problemi avrebbe potuto portargli, un semplice allenamento; se si fossero presentati, in fondo, gli sarebbe bastato fermare quella situazione e tornare indietro, resettare completamente le cose, come aveva sempre fatto.

 

Sospirò, Vegeta, distogliendo lo sguardo e buttandosi di schiena sul materasso «Domattina alle 7 in punto.» asserì, piatto, con voce roca «E fatti trovare in piedi. Io non ho tempo da perdere.»

 

E Goku non aveva aggiunto altro, non aveva risposto. Si era limitato a rivolgergli un sincero sorriso a trentadue denti, un sorriso che però il suo interlocutore non poté vedere, perché aveva già chiuso gli occhi, intimandogli silenziosamente di andarsene e lasciarlo in pace.

E così aveva fatto, il saiyan cresciuto sulla Terra: d’altronde, a cosa gli serviva rimanere lì ancora? Era ovvio che Vegeta non fosse un tipo loquace e aperto al dialogo, e di certo se fosse rimasto non si sarebbero messi a parlare del più e del meno.

Ma gli andava bene così: Goku in quel momento non aveva bisogno di parlare a vanvera, Goku aveva bisogno di agire, di ritrovare la stessa carica che aveva su Namecc, prima del suo ritorno sulla Terra, prima della morte di sua moglie, ancor prima di scoprire che quest’ultima fosse gravemente malata.

Così, soddisfatto e contento, se n’era tranquillamente tornato nella sua casetta sui monti Paoz, teletrasportandosi nella camera di suo figlio, che dormiva già profondamente, schiacciato dal peso del librone che aveva ininterrottamente studiato per tutta la giornata.

 

*

 

Il fatto che avesse accettato quell’allettante proposta di Kaharoth non significava certo che avesse voglia di vederlo, ma quella mattina, il principe dei saiyan ingoiò a fatica quella dura pillola che era il dover averci a che fare e, dopo essersi fatto una lunga doccia ed aver arraffato un po’ di caffè dalla cucina senza farsi notare, si era infilato la sua battle suit ed era uscito dalla finestra, in modo da evitare spiacevoli incontri con Bulma o con quell’altra scocciatrice di sua madre, dirigendosi a tutta velocità verso la casa dell’inetto, con tutta l’intenzione di andarsene seduta stante se non l’avesse trovato in piedi, vestito e, soprattutto, lavato: non aveva intenzione di stare a sentire il puzzo asfissiante del proprio avversario, e sperava con tutto il cuore che il decerebrato non avesse le stesse brutte abitudini del proprio fratello maggiore.

 

Una volta atterrato di fronte all’abitazione dell’imbecille, si era fermato per un attimo a guardarsi intorno, constatando quanto fosse bello quel luogo: decisamente diverso dalla caotica città in cui si era poco a poco abituato a vivere; si poteva respirare l’aria pulita delle montagne, la brezza mattutina che gli scompigliava i capelli e gli donava una tranquillità che non era solito ostentare... era un’aria così differente da quella che respirava di solito, così pura, senza il dannatissimo odore di smog che si respirava nel giardino sconfinato della Capsule Corporation.

Beh, per lo meno sul dove abitare, quell’inetto di terza classe ci aveva visto giusto: un saiyan non aveva soltanto bisogno di spazio per allenarsi-e lì, di spazio, ce n’era a sufficienza-, ma anche di una buona dose di tranquillità per meditare, nel caso in cui ce ne fosse stato il bisogno. Quasi invidiò Kaharoth, in quel momento: al bisogno, quello stupido reietto di terza classe avrebbe dovuto fare soltanto pochi passi per poter meditare in santa pace; lui, invece, ogni volta che ne sentiva l’impulso, era costretto a volare lontano, rifugiandosi in qualche area desertica, o su qualche montagna lontano dalla caoticità cittadina. 

 

«Hey, buongiorno, Vegeta!»

 

Il saiyan cresciuto sulla Terra, quella mattina, si era svegliato di buon ora, consumando una ricca e dolce colazione in compagnia del suo bambino prima che quest’ultimo lasciasse la propria abitazione per dirigersi nel deserto con Junior, facendosi ben due docce ed indossando il suo gi nuovo di zecca, che gli aveva regalato il suo migliore amico Crilin per lo scorso compleanno: voleva farsi trovare nella migliore delle condizioni dal principe dei saiyan, e soprattutto pronto a cominciare quella sessione di allenamenti che, sapeva, gli avrebbero soltanto giovato, aiutandolo a distrarsi, almeno per qualche ora, dalla situazione in cui era costretto a vivere.

Inutile dire che Gohan si fosse non poco stupito nel vederlo così arzillo dopo ben tre settimane di completo sconforto, ma il bambino aveva deciso comunque di non fare domande, rimandando quella conversazione alla sera, quando entrambi sarebbero tornati dai propri impegni e sarebbero stati tranquillamente seduti al tavolo a cenare.

 

«Allora, sei pronto?» gli chiese, ovviamente dopo non aver ricevuto risposta al suo augurio di buongiorno; non se ne stupì affatto, Goku, e la cosa sembrò non turbarlo più di tanto: in fondo, era già tanto che il principe di fronte a sé fosse lì a fargli quel favore, nonostante lo stesse palesemente facendo per un tornaconto personale. Figurarsi se si sarebbe abbassato a dargli il buongiorno, sarebbe stato letteralmente il colmo! 

Vegeta, dal canto suo, si limitò a rivolgergli un ghigno carico di sfida, alzandosi di poco dal terreno e facendogli capire che si sarebbero dovuti spostare per evitare che quella casetta dalle mura fin troppo sottili crollasse a causa dei loro attacchi «Sono nato pronto, Kaharoth! Tu vedi di esser pronto, piuttosto, perché non mi risparmierò affatto!» 

 

*

 

Non avevano più dialogato, i due saiyan: si erano limitati a volare qualche chilometro più in là, rifugiandosi in una grande prateria che si trovava proprio nell’intermezzo tra due foreste secondarie, di una grandezza esigua rispetto a quella in cui solitamente Goku andava a raccogliere la legna per metterla sul fuoco nei mesi invernali. Era il luogo perfetto: nessuna forma di vita, fatta eccezione per gli animali che, incuranti dei due combattenti che, con i piedi piantati sul terreno erboso, si scrutavano con aria di eccitazione e sfida, continuavano imperterriti con la loro routine, fermandosi soltanto ogni tanto per osservarli curiosi, a debita distanza di sicurezza.

L’aria era carica di tensione e Goku, per la prima volta in quelle tre settimane d’inferno, sembrava aver improvvisamente ritrovato quello stimolo che tanto gli mancava, quella voglia sconfinata di combattere e superare i propri limiti, quel desiderio insito nella sua natura di saiyan che lo costringeva ad aggrapparsi con le unghie e con i denti a quella che, di lì a poco, sarebbe sicuramente diventata una lotta sfrenata, eccitante e senza esclusione di colpi.

Perché il saiyan cresciuto sulla Terra era perfettamente a conoscenza delle capacità di quel giovane principe, di quel guerriero solitario con il quale si stava stranamente trovando ad avere a che fare, ed era sicuro che non l’avrebbe deluso. Oh no, Vegeta non l’avrebbe mai deluso, perché il suo spirito era così forte e determinato da poterlo quasi colpire con una scarica elettrica ed ucciderlo all’istante.

E questo eccitava dannatamente Goku che, con un sorriso beffardo sulle labbra, un sorriso che ormai non sfoggiava da tempo, si era tranquillamente messo a fare quel solito stretching che tanto amava fare prima di ogni combattimento, quell’azione così semplice che ormai aveva preso come un rituale di buon auspicio.

 

«Allora, vogliamo cominciare?» lo incitò Vegeta, mettendosi in posizione ed incontrando i suoi occhi, carichi della stessa adrenalina che caratterizzava entrambi.

 

Senza neanche rispondere, il saiyan dai capelli a palma aveva imitato il gesto del proprio avversario, mettendosi in posizione ed aspettando che fosse lui a compiere la prima mossa: era curioso di vedere che progressi avesse fatto Vegeta in quel periodo di tempo in cui non si erano più visti né sentiti-e d’altronde, perché avrebbero dovuto farlo?-, ed era desideroso di sapere quali sorprese gli avrebbe riservato quell’instancabile ed elettrico principe che, come gli avesse appena letto nel pensiero, era passato immediatamente all’attacco, lanciandosi contro il proprio rivale con un gancio diretto in pieno viso, che fu prontamente parato.

 

Avevano continuato così per un tempo che era sembrato ad entrambi dannatamente breve, ma che sapevano, dal continuo spostamento della luce solare, era durato ore ed ore.

Vegeta colpiva, Goku schivava e Vegeta colpiva ancora, incassando e rigirando colpi come se entrambi fossero due insaziabili macchine da guerra.

Non c’era stato alcun bisogno, per il Son, di trasformarsi in super saiyan: d’altronde, il suo avversario non aveva ancora raggiunto quello stadio-anche se lui era convinto che presto ci sarebbe riuscito, considerando l’esiguità di quella tanto odiata differenza di potenziale dal principe-, e lui si sentiva già abbastanza appagato così, senza dover aggiungere altro pepe a quello che era diventato un allenamento coi fiocchi.

Si ritrovò a sorridere soddisfatto, Goku: per la prima volta in tutta la sua giovane vita, probabilmente, Vegeta non stava attaccando un avversario solo ed esclusivamente con l’obbiettivo di ucciderlo. 

Lo aveva visto cambiato, lo aveva visto diverso, anche se soltanto leggermente: certo, era consapevole che si stesse comportando in quel modo molto probabilmente soltanto per convenienza personale, ma era già un passo avanti; chissà se in futuro, persino lo spietato principe dei saiyan non si sarebbe redento, seguendo così alla perfezione l’esempio del suo amico Junior che, grazie alla sua profonda amicizia con Gohan, aveva capito di provare dei sentimenti fino ad allora a lui completamente sconosciuti.

 

Vegeta, dal canto suo, si pentì immediatamente cominciata la lotta di quegli strambi pensieri che si era ritrovato a fare soltanto la sera prima, mentre valutava le opzioni per poter accettare o no la proposta della terza classe: non avrebbe mai dovuto mettersi a valutare le opzioni, avrebbe dovuto accettare e basta; e questo lo stava capendo nel momento in cui, con una ginocchiata ben assestata, aveva messo il proprio avversario al tappeto, dichiarando concluso quel lungo ma allo stesso tempo rinvigorente allenamento.

Gli ci era voluto, dopo ben due mesi di solo allenamento individuale all’interno della Gravity Room, un buon combattimento corpo a corpo con il solo ed unico scopo di potenziarsi ed imparare a comprendere meglio le mosse dell’avversario; senza volerlo, anche Kaharoth aveva silenziosamente fatto un favore a lui: non si era lasciato andare a stupidi convenevoli e si era lasciato picchiare, picchiando poi a sua volta, e questo era proprio ciò di cui il principe aveva più bisogno.

Certo, era deplorevole il fatto che gli unici due saiyan rimasti fossero lui, il grande principe della propria stirpe, ed un infimo guerriero di terza classe, ma al momento la cosa non gli interessava: per lo meno non era rimasto da solo, e c’era con lui qualcun altro costretto a portare il pesante fardello di una razza ormai estinta che non sarebbe mai più tornata a brillare come un tempo. 

 

«Hai perso colpi, Kaharoth.» lo schernì osservandolo dall’alto in basso, mentre quest’ultimo si alzava da terra con in volto un sorriso imbarazzato.

«Eheheh!» si ritrovò a ridacchiare la terza classe «Ho battuto un po’ la fiacca in quest’ultimo periodo, effettivamente! Non hai tutti i torti!»

«Tsk.» 

Il principe, a quel punto, appurando che non sarebbero affatto tornati a lottare e che entrambi avessero immediato bisogno di riposo e di una doccia-o anche due-, si era limitato a librarsi in volo, con tutta l’intenzione di togliere le tende.

«Domattina. Stessa ora.» si limitò a dire, prima di dare le spalle al proprio rivale, lasciandolo solo in mezzo a quella verde prateria che, quel giorno, era stata teatro del primo passo della rinascita di Goku. 

 

*

 

«Eh?! Sul serio, papà?!»

 

Il piccolo Gohan era rimasto senza parole nell’apprendere quella notizia, e per poco non aveva rischiato di strozzarsi con i noodles precotti che gli aveva rifilato suo padre per cena: che Goku non fosse un cuoco provetto lo sapevano tutti, ma in fondo, al bambino bastava anche soltanto un veloce pasto per sentirsi immediatamente rinvigorito; anche se, mentre arrotolava le bacchette in quella scatolina di cartone, si ritrovava silenziosamente a pensare a quanto gli mancassero i deliziosi manicaretti della sua adorata mamma, rattristandosi terribilmente al pensiero.

Ma ci pensò Goku a riportarlo coi piedi per terra, esclamando, piuttosto divertito: «Sul serio, Gohan! Per quale motivo dovrei mentirti?»

Certo che, però, era veramente strano che suo padre, per tutta la giornata, si fosse davvero allenato con il principe dei saiyan in persona: il bimbo non poteva credere che proprio Vegeta, orgoglioso com’era, avesse sul serio accettato di passare del tempo con il suo acerrimo rivale. Certo, era per allenarsi, ma comunque passavano del tempo insieme!

«Non me lo sarei mai aspettato..» fu il commento di Gohan, sinceramente sorpreso ma, tutto sommato, felice che il suo papà avesse ritrovato un briciolo della sua serenità di un tempo. E, a quanto pareva, il piccolo mezzosangue doveva soltanto ringraziare Vegeta, per poter vedere suo padre di nuovo in forze, anche se ancora visibilmente provato!

 

Prima o poi, Gohan avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con quel burbero principe che, a quanto pareva, da quel giorno in poi, avrebbe frequentato casa Son molto molto spesso.

~~~~

Angolo autrice:

Buonasera a tutti/e! Allora, come avete passato questo primo giorno di fase 2? 
per quanto mi riguarda, io sono passata subito dal bar di mio padre a farmi fare un bel mojito a portar via xD mi ci voleva proprio, dopo questi due mesi passati "a secco"!
Dunque, eccomi tornata con questo quinto capitolo, e, finalmente posso dirlo, SI SONO ALLENATI INSIEME. 
so che non sembra molto ma, considerando in che periodo della storia ci troviamo e che tipo di carattere abbia Vegeta, per me questo è un primo, meraviglioso passo avanti! Finalmente il nostro Goku sta pian piano cominciando a riacquistare un pizzico della sua antica allegria, e si spera torni presto l'energico saiyan che tutti conosciamo!

Alla prossima!

-hilaris

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Capitolo 6
*** una forma di violenza ***


Si era svegliato ancor prima del giorno precedente, guidato da un’euforia difficile da controllare persino per un tipo come lui.

Vegeta non era mai stato il tipo di persona che amava esternare le sue emozioni, neanche se queste ultime avessero riguardato la sua vocazione per la lotta ed il combattimento, eppure quella mattina, mentre si lavava il viso di fronte allo specchio, non resistette dal lasciarsi andare ad un sorriso soddisfatto, sicuro che di lì a poco si sarebbe di certo divertito come mai in vita sua. 

L’allenamento del giorno prima l’aveva stancato, questo era ovvio, non era certo più abituato a combattere contro un avversario, dopo tutto quel tempo passato a non avere contatti con niente e con nessuno, ma gli aveva dato anche un’altra consapevolezza: Kaharoth non si era trasformato in super saiyan, mentre si allenavano, e questo perché probabilmente i suoi attacchi non erano stati abbastanza minacciosi da metterlo alle strette e convincerlo a giocare quella carta.

Ecco, l’obbiettivo del principe, da quel momento in poi, sarebbe stato picchiare ogni giorno sempre più duro, fino a quando non avrebbe fatto sentire quell’inetto costretto a giocarsi il suo asso nella manica; e poco gli importava se probabilmente contro un super saiyan ci avrebbe rimesso la pelle: avere la consapevolezza di essere stato abbastanza cattivo da costringerlo ad usare quella trasformazione era una soddisfazione che non vedeva l’ora di togliersi, forse una soddisfazione ancora più grande di quanto non fosse il superare il livello del suo nemico.

 

*

 

«Allora io vado, papà! Impegnati, mi raccomando!»

«Certo, figliolo! E tu vedi di non far arrabbiare troppo Junior!»

 

Il saiyan dai capelli a palma, quel giorno, però, non si sentiva carico come invece lo era stato quello precedente: durante la notte aveva dormito male, anzi, c’era da dire che in realtà non avesse dormito proprio; dopo l’allenamento con Vegeta, infatti, era tornato a casa felice come una pasqua ma poi, come se il destino avesse deciso che per lui la felicità era ben lungi dall’essere raggiunta, il giovane guerriero dai capelli a palma si era imbattuto in una vecchia foto di famiglia che ritraeva una Chichi sorridente, dai capelli neri e brillanti, e due occhi così differenti da quelli che la caratterizzavano durante i suoi ultimi giorni di vita. 

Nel momento in cui teneva in mano quella cornice impolverata, Goku si ritrovò ancora una volta a chiedersi se fosse davvero la cosa giusta, quella che stava facendo. Si chiese se fosse giusto che lui continuasse a vivere la sua vita, crescendo il figlio che avrebbero dovuto crescere insieme, vivendo nella casa che avevano scelto insieme, nel letto nel quale avevano dormito insieme per sette anni, tra quelle lenzuola che ancora possedevano l’odore della splendida donna che lo aveva sposato.

«Dimmi che cosa devo fare, ti prego...» aveva sussurrato quasi impercettibilmente, carezzando con dolcezza la parte di fotografia recante il volto di Chichi con un dito, per poi riporre la cornice nel cassetto e coricarsi, tentando in tutti i modi di dormire.

No, sua moglie non gli avrebbe detto che cos’avrebbe dovuto fare, perché sua moglie era morta, e lui ormai non aveva più nessuno che decidesse per lui... doveva imparare a prendersi le proprie responsabilità da solo.

 

«Allora! Mi stai ascoltando, brutto deficiente?!»

 

Ormai era da più di dieci minuti che il principe dei saiyan, puntuale ed impeccabile come sempre, si era presentato di fronte all’abitazione di quel cerebroleso, ed era da più di dieci minuti che quest’ultimo, con occhi spiritati e con in faccia un’espressione da pesce lesso, se ne stava in piedi di fronte all’uscio, a guardare il vuoto, non accorgendosi probabilmente nemmeno della sua regale presenza.

Ma come osava ignorarlo in quel modo?! Il giorno prima si era dimostrato così ben disposto ed ora si comportava come se neanche esistesse? D’accordo che non avevano mai avuto un buon rapporto, ma da lì ad ignorare completamente un proprio superiore ce ne passava! 

Vegeta, in quel momento, giurò a sé stesso che uno di quei giorni l’avrebbe ucciso. Magari nel sonno, strangolandolo, godendo nell’osservare le espressioni di terrore e sofferenza che si sarebbero palesate sul volto senza ossigeno dell’idiota.

Ma al momento si limitò a richiamarlo più volte, finché Kaharoth, finalmente, non spostò lo sguardo nella sua direzione, incontrando i suoi occhi e venendo immediatamente fulminato da questi ultimi.

 

Goku, dal canto suo, era stato talmente assorto dai propri pensieri che non si era neanche accorto dell’arrivo di Vegeta. O meglio, se n’era accorto, ma l’aveva semplicemente ignorato, comportandosi da gran maleducato, e questo non era da lui.

Okay, era sbadato, un po’ stupido forse, ma così maleducato da ignorare una persona che gli stava solo che facendo un favore non lo era mai stato.

Eppure, in quel momento, aveva avuto il gran bisogno di riprendersi da quella nottata in bianco, ed aveva sentito l’impulso di riflettere per qualche secondo sul da farsi: certo che voleva allenarsi con il principe, in fondo anche Vegeta era lì per quello, ma davvero non sapeva se sarebbe stato giusto nei confronti di Chichi che, a differenza sua, non aveva avuto la fortuna di poter andare avanti ed inseguire le proprie passioni, non aveva avuto la fortuna di veder crescere suo figlio, non aveva avuto la fortuna di stare accanto alle persone che amava.

E Goku, per questo, si sentiva dannatamente in colpa, perché era sicuro che avrebbe potuto fare qualcosa... era sicuro che il modo di aiutarla, se solo avesse avuto un cervello più funzionante, lo avrebbe trovato; ma era arrivato troppo tardi, ed ora non si poteva più tornare indietro.

 

«Beh? Hai intenzione di startene lì impalato per tutto il giorno?» lo rimbeccò nuovamente il saiyan dai capelli a fiamma, con una nota di sarcasmo nella voce: non era stupido, aveva capito perfettamente dove si trovasse in quel momento la mente del decerebrato, ma non gliene importava un fico secco; se avesse avuto voglia di combattere, bene, altrimenti lui avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe tornato alla Capsule Corporation.

Eppure, a discapito di quell’auto-imposizione, se ne stava ancora lì, di fronte all’idiota, a guardarlo con un sopracciglio alzato e con l’aria di chi stava per perdere la pazienza.

E lui, di pazienza, ne aveva avuta sempre molto poca.

 

«Scusa, Vegeta!» fu l’esclamazione del Son, che si portò improvvisamente una mano dietro la nuca, grattandola in modo imbarazzato e ridacchiando, palesemente fingendo di star bene «Ero soprappensiero! Forza, andiamo, sono pronto!»

«Soprappensiero?» fu il commento del principe «Allora sei in grado di pensare? Incredibile, non finisci mai di stupirmi!»

 

Goku ridacchiò, seguendo il rivale alla volta dell’ennesimo spiazzo semi-deserto nel quale si sarebbero allenati quel giorno: Vegeta aveva ragione, sotto qualche punto di vista; lui non era affatto in grado di pensare, come gli aveva appena fatto molto dolcemente notare il suo rivale. Anzi, tutto il contrario: il Son era convinto che, a furia di arrovellarsi il cervello appresso a quegli innumerevoli dubbi che lo attanagliavano in quel periodo, probabilmente la testa bacata che si ritrovava sarebbe esplosa.

A volte si chiedeva se quella botta data da piccolo incidesse sulla propria poca intelligenza.

 

*

 

«Ma insomma, concentrati, Gohan!»

 

Ormai era da più di mezz’ora che i due grandi amici avevano iniziato quell’allenamento, ed il piccolo Gohan l’aveva passata ad incassare un colpo dietro l’altro, senza però portarne a segno nemmeno uno.

E questo irritava parecchio il guerriero namecciano che, dopo l’ennesima ginocchiata tirata allo stomaco del proprio allievo, aveva sbuffato sonoramente, scendendo di nuovo con i piedi al terreno roccioso ed inarcando un sopracciglio in direzione del bambino, che si era rimesso stancamente in piedi.

Non era arrabbiato con Gohan per essere maledettamente distratto quel giorno, quello no, ma gli sembrava alquanto strano che il proprio pupillo non si concentrasse a tal punto da ridursi così dopo soltanto mezz’ora di allenamento. Così Junior, sospirando, si era seduto accanto a lui, incrociando le gambe ed invitandolo a fare lo stesso; cosa che il piccolo Gohan fece immediatamente, per evitare che il suo amato maestro si innervosisse ancora di più.

 

«Insomma...» iniziò il namecciano, incrociando le braccia al petto «Che succede?» 

 

Il bambino ingoiò un rivolo di saliva, indeciso sul da farsi: certo che avrebbe voluto raccontare a Junior ciò che gli stesse succedendo, ma non era sicuro che il suo migliore amico avrebbe capito alla perfezione il modo in cui si sentiva. In fondo, nonostante il guerriero namecciano fosse una delle persone più sagge che Gohan conoscesse, quest’ultimo non sapeva davvero come avrebbe potuto prendere la grande rivelazione che gli aveva fatto suo padre soltanto la sera prima.

Persino lui stentava ancora a credere al fatto che proprio Vegeta avesse effettivamente cominciato a frequentare assiduamente suo padre, e la cosa, nonostante da una parte gli facesse piacere-perché in fondo si incontravano con il solo ed unico scopo di allenarsi-, lo preoccupava alquanto, soprattutto perché l’obbiettivo principale del principe dei saiyan, in fondo, era uccidere il suo povero papà e prendere il possesso del pianeta. Ed anche se Gohan in fondo sperava che il secondo obiettivo del saiyan più grande si fosse, ad un certo modo, indebolito, dubitava fortemente che invece il primo fosse completamente sparito dalla sua mente. 

 

«Ecco, vedi, Junior...» il piccolo cominciò nervosamente a tormentarsi le mani, ancora insicuro, ma comunque fiducioso che il suo amico dalla pelle verde avrebbe compreso le sue preoccupazioni e gli avrebbe potuto dare uno dei suoi soliti buoni consigli «Il fatto è che... che stanno succedendo delle cose con mio padre.»

«Delle cose con tuo padre?» il namecciano inarcò un sopracciglio: possibile che Goku si fosse impazzito a tal punto da far stare male il suo stesso figlio? Ma no, era a dir poco impossibile, e poi Gohan più che ferito gli sembrava preoccupato... così, sospirando, gli mise amichevolmente una mano sulla spalla «È successo qualcosa di grave?»

«No no, grave non direi...» almeno non ancora, si ritrovò a pensare il bimbo «Solo che... tu sai che mio padre, non molto tempo fa, aveva preso la decisione di non allenarsi più e di dedicarsi completamente alla vita ‘da terrestre’, no?»

«Sì, certo. Anche se sai che io non approvo affatto.»

«Il fatto è che non approva nessuno!» esclamò il bambino «Nemmeno... nemmeno Vegeta.»

«Vegeta?» l’uomo dalla pelle verde sembrò confuso: cosa diamine c’entrava Vegeta in tutta quella storia? Non credeva di aver mai visto quel saiyan interessarsi a qualcosa che non fossero esclusivamente i suoi affari.

«Sì, ecco vedi... ehm...» Gohan si grattò nervosamente la testolina ricolma di splendenti capelli scuri, che ormai stavano crescendo, abbandonando il caschetto-abbastanza imbarazzante avrebbe osato dire- che gli aveva tagliato la sua mamma tempo prima, in occasione della sua avventura su Namecc «Il fatto è che Vegeta ha cominciato giusto ieri ad allenarsi con mio padre, e... sai, Junior, la cosa mi fa davvero piacere, perché ieri sera papà sembrava veramente su di giri, e poi una distrazione gli ci vuole. Solo che...»

Il maestro non seppe che dire, a quella rivelazione: più che del fatto che Goku fosse tornato improvvisamente su di giri, era sorpreso del fatto che proprio Vegeta, immerso nel proprio orgoglio com’era ben abituato, si fosse abbassato ad un tale livello da accettare di allenarsi insieme a quello che considerava a tutti gli effetti un nemico; certo, lui ed il principe dei saiyan erano molto diversi, lui non era orgoglioso come il più piccolo, ed aveva imparato cosa fossero i sentimenti proprio grazie alla grande amicizia che si era instaurata con il suo allievo, che considerava a tutti gli effetti come figlio suo, ma in fondo in fondo, Junior lo capiva: come il suo, l’animo di quel principe era continuamente tormentato dai fantasmi del suo non lontano passato, e come lui, aveva perso in tenera età ciò che avrebbe dovuto avere di più caro al mondo, ovvero la sua famiglia, la sua gente, tutto ciò in cui avrebbe dovuto far riferimento durante la sua crescita come persona e come guerriero. Certo, Junior non era affatto sicuro che prendere come esempio il popolo dei saiyan avrebbe trasformato il principe in una persona troppo diversa da quella che era ora, ma di sicuro sarebbe stato meglio di crescere allevato dal dittatore assassino che aveva ucciso suo padre e tutta la sua razza; così il namecciano, si limitò soltanto ad incalzare il discorso dell’allievo, mormorando, quasi impercettibilmente: «Solo che?» 

«Solo che...» riprese Gohan «Che una cosa del genere, da parte di uno come Vegeta, mi sembra davvero strana: in fondo, lui odia mio padre... credo sia la persona che odia di più al mondo. E se... se cogliesse l’occasione dell’allenamento e lo uccidesse? Se rimanessi da solo, senza nemmeno più il mio papà?»

«Ah, è questo che ti preoccupa?» Junior sorrise sollevato: no, una cosa del genere non sarebbe potuta accadere, almeno per il momento «Vedi Gohan, Vegeta è un tipo parecchio strano, ma nonostante questo, credo che se avesse avuto davvero l’intenzione di uccidere tuo padre, l’avrebbe già fatto ieri stesso: vedi, Goku in queste tre settimane non si è più allenato, e con lui fuori allenamento, avrebbe benissimo potuto approfittarne e stroncare la situazione sul nascere. Ma a quanto pare non l’ha fatto, e anche se questo mi stupisce, io non credo che Vegeta abbia davvero l’intenzione di ucciderlo. Più che altro, il suo obbiettivo si sofferma sul superarlo in quanto a livello combattivo e nulla più. Magari vuole sconfiggerlo, ma ucciderlo? Bah... non la vedo in questa maniera.»

«Sul serio non la vedi così?»

Gohan era rimasto sorpreso dalle parole del suo maestro, era come se in un certo senso stesse... prendendo le difese del principe dei saiyan, e questo da parte di Junior non se lo sarebbe davvero aspettato. Certo, non si sarebbe aspettato neanche che desse in escandescenze, ma neanche quello, neanche quella giustificazione asserita in modo tanto convinto. 

Eppure, lui era presente nel momento in cui, dalla Terra, stavano tutti assistendo al combattimento di Goku contro Freezer, ed era presente nel momento in cui Vegeta, ridendo soddisfatto, aveva gioito nel sapere dell’esplosione del pianeta Namecc, credendo, come anche tutti loro, che suo padre fosse morto. Certo, erano passati due mesi da quel fatidico giorno, ma era possibile che fossero cambiate così tante cose da allora? Insomma, una persona non cambia in così poco tempo, il piccolo Gohan si rifiutava anche solo lontanamente di crederlo. 

«Credo che questo suo ostentare il desiderio che tuo padre muoia sia solo ed unicamente guidato dalla sua intenzione di apparire in un certo modo.» fu la risposta del namecciano «Mi spiego: anch’io, fino a poco tempo fa, non facevo altro che ricordare al mondo di quanto volessi conquistare la Terra, ma ormai era da un bel po’ di tempo che non la pensavo più così... è tutta facciata. Fumo e niente arrosto. Anche perché tuo padre e lui sono gli ultimi due individui rimasti di una razza ormai estinta, e questo Vegeta lo sa benissimo: uccidere tuo padre significherebbe rimanere l’unico saiyan rimasto nell’universo, e non credo che riuscirebbe a sostenere una cosa del genere, neanche per tutta la rivalità di questo mondo.» 

«E questo come lo sai?» 

«Lo so perché è veramente difficile sentirsi diversi e sapere di esserlo, Gohan, credimi: quando non sapevo ancora di essere un namecciano, non facevo altro che chiedermi da dove venisse quest’aspetto così diverso da tutto il resto dei terrestri... certo, all’inizio non ci davo troppo peso, perché pensavo fosse semplicemente un aspetto fisico e nient’altro, ma poi, prendendo sempre più coscienza dei miei poteri così particolari, come per esempio l’abilità di rigenerare una parte del corpo danneggiata, queste domande ho cominciato a farmele. E credimi quando ti dico che essere diversi su un pianeta che palesemente non è il tuo è davvero frustrante, ti fa sentire un pesce fuor d’acqua. E anche se Vegeta, dopo aver ucciso l’unica persona che sia un po’ più simile a lui, se ne andasse su qualche altro pianeta, la situazione non cambierebbe. Continuerebbe comunque a sentirsi solo nell’universo.» 

 

Inutile dire che il bambino rimase a dir poco affascinato dal discorso accorato del proprio mentore, che non era mai stato così malinconico in tutta la sua vita: era vero, Gohan non poteva neanche lontanamente immaginare come si potesse sentire una persona nella consapevolezza di essere l’ultimo rimasto, soprattutto se questa persona era poi il principe di ciò che non c’era più. 

Lui si era sempre lamentato di sentirsi diverso dagli altri bambini, ma in fondo, nelle sue vene scorreva anche sangue terrestre, il sangue della sua mamma; il fatto che lui fosse diverso era solo che collegato al fatto che sua madre avesse deciso di isolarlo dal resto del mondo facendolo vivere all’interno di una campana di vetro e facendolo studiare, giocare e crescere in una casa sperduta tra le montagne. No, quello che sentiva lui non era neanche lontanamente paragonabile a come si sarebbe potuto sentire Vegeta: se suo padre era cresciuto sulla Terra, diventando un terrestre a tutti gli effetti, quel principe che tanto si vantava della sua potenza, era sempre stato solo, senza radici, senza un punto di riferimento e senza una casa; non aveva avuto modo di assaporare la cultura del suo pianeta, perché non era cresciuto su nessun pianeta, non aveva avuto modo di vivere una vita sì avventurosa, ma alternata a momenti di pura tranquillità, perché era stato abituato a non starsene mai tranquillo al suo posto, e non aveva avuto l’opportunità di provare dei sentimenti e farsi degli amici, perché era stato cresciuto in un mondo che non ammetteva affatto questo genere di cose, e che lo aveva costretto ad adattarsi alle condizioni di vita di un mercenario spietato senza radici e senza famiglia.

Non l’aveva mai vista sotto quest’ottica, Gohan, ma ora che aveva sentito il discorso di Junior, era arrivato alla conclusione che Vegeta doveva soffrire davvero molto, ma che cercasse in tutti i modi di non darlo a vedere. E tutte quelle convinzioni che esternava ad alta voce, tutte quelle azioni scortesi che compiva, erano fondamentalmente frutto di una reazione passivo-aggressiva che lo aveva portato a costruirsi intorno dei muri invalicabili. 

 

«Cavolo...» esclamò, abbassando la testa «Non immagino neppure come possiate sentirvi... mi dispiace per averti costretto a ricordare quel brutto periodo, Junior, davvero...»

Il namecciano sorrise, carezzando con fare paterno i capelli del suo pupillo «Ormai ho superato da tempo quei momenti, sono in pace con me stesso. E anche se non mi sta affatto simpatico, io spero sinceramente che anche Vegeta, un giorno, possa trovare il suo posto nel mondo.»

 

*

 

«Kaharoth, giuro che ti lascio qui come uno stoccafisso se non ti concentri!»

 

Ormai era un’ora che quell’imbecille continuava a combattere distrattamente, come se non ne avesse alcuna voglia: dannazione, era stato lui a venire a chiedergli di allenarsi insieme, ed ora, già al secondo giorno, si era stufato? 

Lo odiava, lo odiava maledettamente per essere sempre così lunatico e così idiota, ed odiava anche sé stesso per essersi lasciato coinvolgere nei suoi problemi mentali; insomma, ormai si era abituato ad allenarsi da solo e non gli dispiaceva, per quale motivo aveva accettato di allenarsi insieme a un deficiente che, a quanto pareva, non ne aveva poi così tanta voglia? 

Forse perché aveva bisogno anche lui di sfogarsi, non ne era sicuro. Ma se quell’idiota non combatteva, c’era ben poco con cui potersi sfogare... d’altronde, di sfogarsi a parole non se ne parlava neanche, non era una mammoletta, dannazione!

All’ennesimo colpo andato a segno, che aveva fatto cadere rovinosamente il proprio avversario al suolo, Vegeta aveva deciso di troncare momentaneamente il combattimento, puntando violentemente i piedi a terra e squadrando in cagnesco l’inetto di terza classe che si trovava di fronte a lui, con il deretano ancora comodamente poggiato al terreno ed una mano a massaggiare la parte della mandibola colpita dall’ultimo pugno del principe. 

 

«Ma dico, che cosa ti sembra di star facendo?!» lo rimbeccò Vegeta, cercando in tutti i modi di controllare la sua rabbia crescente, che Goku poté percepire attraverso l’innalzamento forzatamente bloccato della sua aura «Pensi di star giocando?! Perché se è così, io tolgo le tende! Oppure ti uccido, dipende sempre dal mio stato d’animo!»

 

Goku, dal canto suo, si rendeva perfettamente conto del fatto che stesse soltanto facendo perdere tempo ad uno come Vegeta, che tra l’altro, continuava a ripetere a sé stesso, gli stava facendo un favore. Ed odiava sé stesso per essere così dannatamente stupido e scortese, non era affatto da lui: era già tanto se il principe dei saiyan non l’avesse incenerito soltanto un’ora prima, quando lo stava palesemente ignorando troppo impegnato a pensare alle proprie turbe mentali.

Ora, come minimo, si aspettava un Galic Gun dritto in faccia per quell’affronto; Galic Gun che però non era mai arrivato, anzi: sospirando sonoramente, visibilmente esasperato, il saiyan dai capelli a fiamma gli si era seduto di fronte, a debita distanza di sicurezza, con gambe e braccia incrociate ed un’espressione indecifrabile in volto. 

 

«Allora» aveva asserito, piatto «Che diavolo ti prende? Il criceto spastico che si trova all’interno della tua zucca vuota sta peggiorando la sua situazione così tanto?»

Il Son sospirò «Può darsi, non so...»

Il principe dei saiyan, a quella risposta, si alterò ancora più di prima e, con la vena sulla propria fronte che stava diventando improvvisamente sempre più grossa, esclamò: «Kaharoth, giuro che ti strangolo! Sul serio, se hai bisogno di una piccola pausa facciamola, ma non ho alcuna intenzione di starmene qua tutto il giorno a perdere tempo prezioso con te!»

Il saiyan dai capelli a palma sospirò di nuovo «Scusa, Vegeta, sul serio; è che stanotte ho cominciato a pensare a Chichi, e non ho dormito bene. Non riuscivo a non sentirmi in colpa pensando che io sto qui a divertirmi con te e lei invece... lei...»

«Lei è morta, Kaharoth.» lo interruppe il principe, con una vena di amarezza tuttavia impercettibile nella voce, che uscì dura ed indifferente come al solito alle orecchie del rivale «Mettitelo in testa. Non puoi né tornare indietro nel tempo, né riportarla in vita.»

«E allora cos’è che posso fare?!» piagnucolò a quel punto Goku, esasperato «Lo so che è morta, non fate altro che ripetermelo in continuazione! Persino mio figlio continua a ricordarmelo!»

Vegeta piegò la testa all’indietro, inspirando profondamente e cercando di trattenersi dallo sputargli in faccia «Perché tuo figlio, a differenza tua, ha un cervello funzionante e che ragiona. Mentre tu, non avendo più di due neuroni, è ovvio che non arrivi nemmeno a una conclusione così semplice.»

Goku ridacchiò amaramente, a quella risposta: sapeva che era vero, che il principe avesse ragione, e che suo figlio fosse cento volte più intelligente e ragionevole di lui; ma come lo sapesse Vegeta, questo, proprio non riusciva a capirlo. In fondo, Gohan e lui non avevano passato poi così tanto tempo insieme; possibile che durante quel periodo trascorso su Namecc, il proprio rivale dai capelli a fiamma avesse capito così tante cose di suo figlio? Sembrava quasi... quasi come se lo capisse, in un certo senso.

«E soprattutto» continuò Vegeta, come se gli avesse appena letto nel pensiero «Tuo figlio è anche quello che dovrebbe starci più male tra i due. Diamine, Kaharoth, è lui il moccioso tra i due, non di certo tu. O almeno, anagraficamente parlando è così; che poi tu sia ritardato, quella è un’altra storia.» 

«Lo so, ma...» il Son abbassò la testa, iniziando a giocherellare nervosamente con dei fili d’erba, passandoseli tra le dita «Ma io non ci riesco, senza Chichi, capisci? Era lei quella brava con le faccende... con le faccende... da terrestri, ecco. Il massimo che posso fare io è sradicare qualche qualche albero per fare legna, ma al resto pensava tutto lei.» 

A quelle parole, il principe dei saiyan trasalì per un istante: ‘faccende da terrestri’ aveva detto il suo acerrimo nemico; ma, tra i due, non era lui quello che continuava a ostentare la sua natura di terrestre a destra e a manca dal giorno in cui si erano-purtroppo-conosciuti? Aveva rinnegato le proprie origini fin dal primo momento, quando Radish aveva fatto la sua comparsa raccontandogli un po’ della loro storia, ed ora si ritrovava a descrivere la vita di tutti i giorni sul pianeta che l’aveva accolto fin dalla tenera età come ‘faccende da terrestri’? 

Se fino a soltanto cinque minuti prima Vegeta avrebbe voluto andarsene e lasciarlo a piagnucolare da solo, in quel momento invece, assalito dalla curiosità, decise di restare lì dov’era, cercando di capire con chi stesse parando tra i due. Stava parlando con Goku, il terrestre dai poteri straordinari sempre sorridente e felice fino a quasi fargli venire la nausea, o con Kaharoth, il saiyan cresciuto su un altro pianeta che conservava ancora insiti nella propria mente gli istinti caratteristici della propria razza? 

«Tsk.» esordì ad un certo punto, non sapendo davvero cosa rispondergli «Io te l’ho sempre detto, che sei un incapace.» 

Ma Goku, al momento, era troppo impegnato a cercare di far funzionare le sinapsi della propria mente per stare a sentire i soliti insulti del principe-il cui vocabolario nei suoi confronti era veramente poco vasto-, ed era anche troppo curioso di sapere qualcosa da lui, che sicuramente aveva vissuto faccende ancor peggiori di quella che stava vivendo lui in quel momento: era sicuro che sentire qualche parola che non fossero insulti da parte di Vegeta, sarebbe stato molto producente, perché quel ragazzo spiccava di un’intelligenza invidiabile; certo, Goku per il momento era più forte, ma Chichi diceva sempre che la vera guerra si vince con l’intelletto, e mai con la forza bruta.

Ma chi gliel’avrebbe potuta insegnare, a un saiyan, una cosa del genere?

Probabilmente nessuno. 

«Vegeta posso... posso farti una domanda?» chiese ad un certo punto, aspettandosi di ricevere in risposta un pugno in pieno viso.

Pugno che però non arrivò.

«Se proprio devi...» rispose invece il principe, cercando in tutti i modi di controllare l’impulso che aveva di lanciargli, proprio lì, sul momento, un attacco energetico che l’avrebbe definitivamente mandato all’altro mondo. 

Non sapeva neanche per quale motivo si stesse controllando nel farlo, e soprattutto per quale motivo si trovasse ancora lì, seduto su quel prato, se non stavano facendo assolutamente nulla di produttivo se non una sorta di seduta psichiatrica a cui lui non era certo abituato; ma c’era qualcosa... una sorta di istinto, un impulso, una vocina nella sua enorme testa che gli stava dicendo di restare lì, che in fondo quella conversazione lo avrebbe portato a qualcosa di buono. Magari ad imparare a controllarsi per mantenere il suo cuore puro, che era la faccenda principale per poter diventare un super saiyan... ma sì, doveva essere per forza quello il motivo. 

Goku si morse leggermente il labbro inferiore, prima di cominciare a parlare, per paura che magari quella domanda non avrebbe affatto fatto piacere ad uno come il suo interlocutore, che al buon bisogno avrebbe potuto benissimo ucciderlo sul momento; in fondo, era di Vegeta che si stava parlando, non certo di una personcina molto a modo.

«Beh, ecco...» si grattò nervosamente la nuca «Come fai?»

Che idiota. Come pretendeva che avrebbe capito, se lui gli poneva il quesito in quel modo? Si diede dell’inetto da solo, in quel momento.

Il saiyan dai capelli a fiamma, in risposta, alzò un sopracciglio «A fare che?»

«Come fai a... a essere così... così... COSÌ, ecco. Non capisco come tu faccia ad aver superato tutti i problemi che di sicuro avrai avuto... io nella mia vita sono stato di certo più...» si bloccò. No, non poteva dirlo, il principe si sarebbe di certo arrabbiato, e allora quella inusuale conversazione sarebbe finita con il suo cadavere incenerito tra l’erba di una prateria che, come luogo di morte, non era proprio tra i migliori. 

Ma, a discapito delle sue lugubri aspettative, fu il ragazzo di fronte a sé a finire la sua frase, come se-di nuovo-gli avesse appena letto nella mente «Più fortunato, Kaharoth, puoi dirlo. So che lo pensi.»

Il saiyan cresciuto sulla Terra strabuzzò gli occhi: accidenti, ma allora Vegeta era un sensitivo? Avrebbe dovuto fare lo stesso mestiere di Baba, piuttosto che fare il mercenario; sicuramente gli avrebbe fruttato un sacco di soldini profumati! 

«Io non volevo essere offensivo, davvero.» si giustificò fin da subito, buttando le mani avanti «Ma so di esserlo stato, e forse questo ti fa arrabbiare, dato che mi odi...»

«Oh, puoi dirlo forte che ti odio, testa di rapa.» fu la risposta sarcastica del principe «Ma non sono uno che nega l’evidenza. È vero, tu sei stato più fortunato di me, non ne faccio un dramma, è la vita: c’è chi ha fortuna, e chi invece rimane fregato.»

«E tu come...» 

«Kaharoth, stammi a sentire.» lo interruppe, sicuro di ciò che stava per dire e fermo sulle proprie idee «Il problema, qui, è che tu sei sempre stato abituato a farti risolvere i problemi dagli altri. Se tuo figlio stava male, fino a due mesi fa, ci pensava tua moglie; se qualcuno dei tuoi insulsi amichetti periva in battaglia perché era una mezza sega, ci pensavano le sfere del drago; se avevi bisogno di imparare una nuova tecnica, eccoti un allenatore fatto apposta per te. Ma il fatto è che non sempre gli altri possono risolverci i problemi, perché gli altri hanno anche i propri, di problemi; e la verità è che la gente si fa i cazzi suoi, non importa su quale pianeta tu sia o con che tipo di persone tu abbia a che fare, la gente si farà per sempre i cazzi suoi, perché è così che funziona. Bisogna imparare a provvedere a noi stessi, perché anche se tu, eterno altruista, continui ad aiutare incessantemente gli altri, e poi ti accorgi che quando hai un problema tu, non c’è nessuno che ti può-o ti vuole- aiutare, allora dovresti capire che, magari, qualche volta, essere un po’ egoisti non è poi così male.

Aiutare a ogni costo uno che non te lo chiede è una forma di violenza. In realtà lo stai facendo più per te stesso che per l’altro*.» 

 

E, detto questo, si alzò da terra, librandosi in volo «Domattina verrò di nuovo. Se sarai pronto ad allenarti, non ti basterà che farlo.»

~~~~

Angolo autrice:

Eeee salve di nuovo! 
questo è l'ultimo capitolo di quelli scritti durante il lockdown, quindi da oggi in poi le pubblicazioni saranno più lente, in quanto sto già scrivendo quelli successivi. Quindi aggiornerò con molta meno velocità del solito ma, don't worry, non mi farò attendere troppo! 
Devo dire che tra quelli conclusi finora, questo è il capitolo che preferisco: finalmente c'è una parvenza di dialogo tra i due saiyan e finalmente si può anche vedere un'interazione tra Gohan e Junior(devo dirvi la verità: amo quei due ed amo la loro amicizia, quindi sono stata veramente felice di aggiungere una parentesi tutta loro);
a quanto pare gli allenamenti di tutti e quattro i guerrieri oggi sono andati a farsi friggere, ma in compenso abbiamo avuto delle profonde conversazioni che non fanno mai male, ed abbiamo anche potuto ammirare la saggezza del nostro tanto amato principone! (ammettiamolo, siamo tutte sotto un treno per Vegeta, non soltanto il nostro Goku) xD
vi ringrazio davvero tanto per le recensioni, e vi assicuro che se ogni tanto non rispondo, è solo per evitare di farmi prendere la mano e spoilerare qualcosa, non lo faccio perché non ne ho voglia, ve lo assicuro! Ma ogni volta mi ritrovo a parlare troppo e magari mi ritrovo a fare rivelazioni non dovute! Ma mi fa davvero piacere leggervi sotto questa mia prima long di cui sono per il momento abbastanza soddisfatta, e spero continuerete a farlo! ^^

Ma ora basta ciarlare, sono veramente una macchinetta xD
Alla prossima!

-hilaris


*
È una citazione di Vasco Rossi. Non sono una sua enorme fan, devo dire la verità, ma questa frase mi è piaciuta davvero molto e l'ho trovata perfetta per il contesto.

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Capitolo 7
*** luce e oscurità ***


Un relitto.

Era questa l’immagine che gli si palesava di fronte, tutte le volte che pensava all’ultima volta che aveva potuto vedere con i suoi occhi troppo giovani il disastro che gli si era palesato davanti.

Un relitto, questo era il pianeta Vegeta, l’ultima volta che l’aveva visto: i soldati di quel mostro avevano attaccato da tutte le parti e lui, un bambino quasi indifeso, se non fosse stato per il suo patrimonio genetico, tra le braccia di una madre troppo disperata, che contro ogni speranza ormai perduta, lo adagiava sul proprio lettino, abbandonandosi a ciò cui si era tenuta lontana per tutta la vita: un gesto d’affetto, di amore materno; l’ultimo gesto d’amore nei confronti di un figlio che non avrebbe mai più visto, dell’unico suo erede. Un bacio sulla fronte, ed una frase quasi sussurrata, quasi come avesse paura di pronunciarla, timore che qualcuno potesse vederla compiere quel gesto sconsiderato, dal suo popolo visto come qualcosa di ben lungi da ciò che erano abituati a vedere e compiere.

«Ti voglio bene.»

E poi, la donna che l’aveva messo al mondo gli aveva fatto bere qualcosa, racchiuso in una boccetta che teneva ben conservata nella sacca che portava con sé. 

Dopo, il buio... solo l’immagine di quel relitto che stava diventando il suo pianeta d’origine, e la consapevolezza che di lì a poco, anche lui sarebbe morto.

Ma lui non era morto. No.

Occhi languidi, rossi, lo scrutavano nell’oscurità di quella stanza scura mentre, incatenato al pavimento, quel povero cucciolo si ritrovava a guardare di fronte a sé senza in realtà vedere niente... soltanto quel paio d’occhi di colore scarlatto, che gli fecero paura, lo spaventarono fino a costringerlo a divincolarsi dalle catene che gli tenevano i polsi e le caviglie bloccati.

E poi il piccolo capì: non era affatto il pavimento, quella superficie dura e gelida, no... era qualcosa di molto diverso, che riempì i suoi occhi di lacrime amare, rassegnate, spaventate, e fu in quel momento che quel bambino, per la prima volta nella sua giovanissima vita, provò il desiderio di essere morto.

Fu solo quando le luci di quella stanza si accesero, che il suo sguardo nero come la pece poté scrutare ciò che aveva intorno. Ed il sorriso beffardo dell’assassino che aveva di fronte.

«No! Mamma! Mamma, dove sei?!» 

 

«Mamma!»

 

Si era alzato a sedere di scatto, accorgendosi di non essere affatto incatenato, di non essere affatto adagiato su una superficie fredda e dura, ma sul suo letto, quello che l’aveva accolto per due mesi, e dal quale ancora non se n’era andato; così come non se n’era andato da quel pianeta, che era tutt’altro che un relitto.

La Terra... oh, la Terra. Pensare che, soltanto poco tempo prima, aveva rischiato di fare la stessa fine di quel pianeta che aveva appena sognato, ricordato; pensare che quel rischio l’avesse corso per colpa sua. Solo ed unicamente sua.

Che tipo di mostro era diventato? Che tipo di uomo sarebbe continuato ad essere, crescendo? Perché quel ragazzino immerso nel buio della sua stanza, cullato soltanto dal silenzio della notte, si sentiva ancora incatenato a quella superficie metallica... sentiva ancora il dolore causato dalle mani dello stesso bastardo che aveva decimato per sempre la sua popolazione, che aveva ucciso sua madre.

Già, sua madre.

Lei era stata la prima e l’ultima persona a mostrargli, segretamente e silenziosamente, dell’affetto. La prima e l’ultima persona a dirgli ‘ti voglio bene’... quella frase che, in quel momento, quando era un bambino disteso sul proprio letto, non aveva affatto capito, non ne comprendeva il significato, perché nessuno glielo aveva mai insegnato; l’aveva capito soltanto qualche anno dopo, quando aveva messo piede per la prima volta sulla Terra... aveva imparato che nome avesse quella sensazione di attaccamento quasi morboso ad una singola persona, quella sensazione di dolore che si provava ogni volta che si era costretti a star lontani da quella persona, quella sensazione che lui stesso provava tutte le volte che, stressato dalle continue accuse e minacce del suo stesso padre, avrebbe tanto voluto buttarsi tra le braccia di quella donna e piangere, piangere fino allo sfinimento.

Quella donna bellissima, dalla quale aveva ereditato la caparbietà, l’amore per la libertà, il coraggio, la determinazione; quella donna che gli metteva una mano sulla spalla, dicendogli che sarebbe andato tutto bene, che non doveva avere paura, che lui sarebbe diventato il più forte, che avrebbe salvato il suo popolo dalla schiavitù nella quale era caduto.

Ma ormai era troppo tardi.

Lui poteva diventare forte quanto volesse, ma non sarebbe mai tornato indietro a salvare il proprio popolo, perché questo non c’era più; non sarebbe tornato indietro a salvare sua madre... perché sua madre non c’era più, e lui non sapeva neppure in che modo fosse morta. Non sapeva se fosse stata uccisa in battaglia dagli uomini di Freezer, o se invece fosse finita morta nell’esplosione finale, quella che aveva decretato per sempre la fine di Vegetasei.

Strinse i pugni, Vegeta, alzandosi dal letto soltanto per spostarsi sul balcone, quello stesso balcone dal quale, durante i due giorni trascorsi ad allenarsi-ed anche no- con Kaharoth, era uscito furtivamente per non farsi notare. Si appoggiò alla ringhiera, piegando la testa verso l’alto, osservando con occhi impenetrabili la luna crescente, che stava facendo crescere insieme a lei anche l’erba rigogliosa del giardino che aveva qualche metro sotto i piedi, ma non stava facendo crescere lui.

Avrebbe tanto voluto essere come quei fili d’erba, Vegeta, e crescere insieme al bagliore della luna, quella stessa luna che un tempo non molto lontano, quando aveva ancora la coda, quell’attributo che lo rendeva così riconoscibile alle proprie vittime, lo aiutava a mieterle. Una dopo l’altra, senza mai voltarsi indietro, senza mai provare un minimo senso di colpa. Ma, non sapeva perché, ogni volta che pensava a sua madre, alla splendida donna che era, alla guerriera forte ed orgogliosa che gli aveva insegnato molte delle sue tecniche, provava un rimorso enorme: rimorso per non aver risparmiato tutte quelle vite innocenti, rimorso per non aver mai esitato prima di uccidere senza pietà uomini, donne, bambini, rimorso per non aver pensato neanche una volta a lei mentre lo faceva, a quei due occhi neri così simili ai suoi, a quei due occhi neri che lui aveva avuto la fortuna di ereditare. 

Eppure non cresceva, quel principe solitario, non cresceva insieme alla luna, lui... essa gli ricordava anzi soltanto quanto male avesse fatto a chi non se lo meritava, quanto avesse goduto nel farlo, esattamente come Freezer aveva goduto nel far del male a lui, un bambino ancora senza macchia, che voleva soltanto piangere tra le braccia della sua mamma.

Si portò entrambe le mani fra i capelli, scosso da tutti quei pensieri che non lasciavano la sua mente: si sentiva tentato, dannatamente tentato, da quel lato chiaro di sé che faticava ad uscire fuori... perché? Perché soltanto ora? Perché lo stava tormentando così? Perché si stava sentendo così?

Aveva vissuto dalla parte dell’oscurità per tutta la sua vita, la sua troppo giovane vita, nella propria personale convinzione che il suo posto fosse lì. Ma ogni volta che quei ricordi riaffioravano, che quella frase appena sussurrata, che quel ‘ti voglio bene’ tornava a rimbombare ancora perfettamente vivido nei suoi pensieri, eccola lì: la luce in fondo ad un tunnel più oscuro dei luoghi a cui era sempre stato abituato; quel lato chiaro che lo tentava, sì, lo chiamava, ma più correva, Vegeta, verso quella luce, e più non riusciva a raggiungerla... perché ogni volta, sentiva delle grosse mani aggrapparsi alle sue gambe, salde, forti, che lo tiravano indietro, ricordandogli cosa fosse venuto a fare, per quale motivo fosse nato. 

E non erano le mani di Freezer, non erano le mani di qualcun altro, no. Quelle mani... erano le sue. E i due occhi bui che lo scrutavano nell’oscurità, quei due occhi iniettati di sangue... erano i suoi. 

E allora il principe si arrendeva, si arrendeva di nuovo.

Perché sapeva benissimo che l’oscurità non l’avrebbe mai abbandonato, che quel lato chiaro esisteva, lui lo sentiva, lo percepiva, ma era troppo debole, troppo complicato da raggiungere. L’oscurità era più forte, molto più facile da gestire. 

 

No. Doveva distrarsi da quei pensieri che non lo lasciavano dormire sonni tranquilli, doveva evitare in tutti i modi di addormentarsi e sognare di nuovo quelle immagini, perché sapeva benissimo a quali pensieri avrebbero condotto.

Doveva distrarsi, o ne sarebbe uscito fuori di sé.

 

*

 

Aveva pensato per tutto il giorno ed anche per tutta la sera alle parole rivoltegli dal principe dei saiyan in mattinata, e nonostante ci avesse pensato, riflettuto, o almeno tentato di farlo, il Son non aveva ancora ben capito che cosa intendesse il proprio rivale.

Certo, Goku non era mai stato una cima, questo lo sapevano tutti, ma insomma, le parole di Vegeta non gli erano sembrate poi così difficili... era davvero così complicato, per lui, arrivare ad una conclusione?

Vegeta gli aveva detto che sarebbe dovuto diventare egoista, o qualcosa del genere; ma lui non era egoista, non lo era mai stato... possibile che l’essere altruisti avrebbe davvero causato tutti quei gran problemi di cui parlava il principe? In fondo, l’aveva chiamata una forma di violenza.

Non riusciva a dormire, Goku, si rigirava continuamente nel letto, tenendo gli occhi ben puntati di fronte a sé, evitando di chiuderli, come se in un certo senso avesse paura di qualcosa... o di qualcuno.

Si sedette così a gambe incrociate, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente, tentando di concentrare le proprie energie per meditare... magari aveva soltanto bisogno di placare i nervi, aveva soltanto bisogno di uscire a respirare un po’ d’aria. In fondo, nessuno sarebbe potuto entrare in casa a far del male a suo figlio, e d’altronde, chi diamine avrebbe potuto farlo?

Il saiyan dai capelli a forma di palma, così, aprì svogliatamente la finestra della camera, uscendo fuori ed iniziando a volare in direzione delle cascate, in cui si sarebbe potuto rilassare grazie allo scrosciare dell’acqua che, fin da bambino, lo aiutava sempre a concentrarsi e a sentirsi a casa.

Si sedette su una delle rocce sovrastanti ad una delle cascate, incrociando le gambe e guardando per un secondo di fronte a sé: il paesaggio notturno era bellissimo, ma allo stesso tempo tremendamente lugubre, era come trovarsi in una dimensione parallela, completamente differente da quella a cui era abituato durante le ore del giorno.

Chiuse gli occhi, Goku, rilassandosi, poggiando le mani alla superficie rocciosa sulla quale era seduto, concentrando tutte le sue energie nella mente, tentando di rilassarsi; le rocce intorno a lui presero a fluttuare, spinte dalla forza interiore con la quale il saiyan si stava concentrando, ed i suoi pensieri iniziarono a vagare, perdendosi in luoghi lontani, in ricordi di un’infanzia felice passata con il suo amato nonnino.

Vedeva luce, vita, libertà... vedeva il sorriso premuroso di suo nonno, la sua vivace risata da bambino, gli animali che correvano felici... vedeva ciò che era diventato, ciò che era stato per tanto tempo, e si sentì improvvisamente più sereno, più in pace con sé stesso.

Ma giù, andando sempre più affondo, concentrandosi un po’ più intensamente, Goku vedeva anche qualcos’altro: un luogo oscuro, un baratro senza luce, che scendeva sempre più in basso, giù, fino al centro dei propri pensieri... giù, dove la luce si faceva via via più debole; un luogo pericoloso, un luogo tentatore, che lo spaventava. Paura, morte, terrore, schiavitù: quello che sarebbe potuto diventare se gli eventi fossero andati diversamente, il saiyan spietato dagli occhi iniettati di sangue, con le mani sporche del sangue dei suoi nemici. Il saiyan che sarebbe... dovuto essere? 

E lo chiamava. Lo chiamava a gran voce. 

“Kaharoth” 

Goku strinse i pugni: non si sarebbe dovuto addentrare nell’oscurità, non doveva dare ascolto a quei pensieri, non doveva lasciarsi ingannare, non ora che il suo cuore sarebbe dovuto rimanere più puro che mai, non ora che aveva la completa responsabilità di un figlio da crescere ed amare. Doveva cercare di tornare indietro, ma non ci riusciva, non riusciva a risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduto, e nel frattempo il buio si faceva sempre più forte, sempre più potente; quella che inizialmente era una singola voce, ora erano diventate tante... grida, grida di innocenti che perivano sotto i suoi piedi, schiacciati dalla sua potenza. 

«NO!» gridò il saiyan, colpendo con un pugno la roccia sotto di sé, aprendo gli occhi di scatto, cercando di tornare alla realtà, con il respiro affannoso ed il corpo tremante «No... cos’era? P-perché...?» 

 

Non fece neanche in tempo ad alzarsi per tornare in casa sua cercando una spiegazione a ciò che gli era appena accaduto perché dietro di sé, anche se fievole, anche se lontana, poté sentire una presenza... una presenza non indifferente.

Si voltò, il giovane super saiyan, scorgendo la schiena dell’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere lì con lui; Vegeta era lì. 

O almeno, questo era ciò che Goku credeva, perché nonostante lo vedesse, nonostante percepisse le sue sensazioni, la sua aura, persino i suoi pensieri... il principe non era lì, non fisicamente almeno. 

«Vegeta?» mormorò ad un certo punto, alzandosi da terra.

 

Lo sentiva. Sentiva i suoi pensieri, sapeva cosa lo tormentasse... ed era alquanto sicuro che anche dall’altra parte ci fosse lo stesso sentore.

Quello che non capiva era perché sentisse quella connessione, perché la sentissero entrambi: non gli era mai capitata una cosa del genere in vita sua, eppure, proprio alle sue spalle, poteva percepire la presenza di Kaharoth, ed il rumore incessante di una cascata... doveva essersi alzato per meditare, aveva subito pensato il principe, considerando anche i tormenti che lo attanagliavano.

Gli stessi tormenti che attanagliavano lui, effettivamente.

Non sapeva se voltarsi o no, se instaurare anche un contatto visivo oppure rimanere di spalle, sicuro che il proprio rivale vedesse soltanto la sua schiena, in quel momento; ma alla fine, guidato dalla curiosità di guardare in faccia l’inetto, di rendersi conto effettivamente delle sensazioni che riusciva a percepire in lui, si voltò, incontrando i suoi occhi.

Occhi neri, iridi così simili alle sue, velate dal medesimo senso d’inquietudine. Di confusione.

 

«Cos’è questo?» chiese il saiyan dai capelli a palma, cercando di andargli incontro, ma bloccandosi quando si accorse di non poterlo toccare, che il principe fosse totalmente incorporeo in quel momento.

«Riesci a vedere quello che mi sta intorno?» fu la domanda del principe dei saiyan in risposta «Io no... vedo soltanto te.» e sento il rumore di quella cascata, avrebbe voluto dire, ma non lo fece. 

«Perché?»

Nessuna risposta a quella domanda.

No, neanche Vegeta conosceva il motivo di quell’accadimento, e neanche sapeva come classificarlo; nessuno dei due riusciva sul serio a capire cosa stesse succedendo.

«Sento i tuoi tormenti, Kaharoth.» disse il saiyan dai capelli a fiamma «Riesco a vedere il modo in cui vacilli. Sei tentato dall’oscurità, sei curioso di sapere come sarebbe essere un saiyan originario.»

«E io riesco a vedere il modo in cui vacilli tu.» fu la risposta di Goku, che abbassò improvvisamente il tono della voce, riducendola a un flebile suono difficilmente udibile «Riesco a vedere il volto di tua madre, Vegeta. Tra... i tuoi pensieri.»

«Mia madre è morta, e con lei anche la luce.» il principe gli puntò un dito contro «Smettila di farti i cazzi miei, non leggermi nella mente.»

 

E, così com’era iniziato, quel breve contatto si dissolse; era come se qualsiasi fosse l’energia che li aveva connessi, avesse appena udito le parole di Vegeta, accontentando la sua richiesta di non farsi leggere la mente dal suo acerrimo rivale. 

 

*

 

Lo scenario, in quell’immenso nave spaziale, era quasi spettrale: nessuno osava parlare, nessuno osava alzare la testa di fronte a colui che stava passando tra i corridoi in quel momento, nessuno osava rivolgergli la parola.

I passi del tirannò si fecero sempre più prorompenti, mentre si dirigeva in cabina di comando, insieme agli ufficiali più importanti di quello che stava pian piano diventando un vero e proprio esercito.

«Il mio piano sta andando come previsto...» mormorò con un ghigno sul volto, mentre osservava dalla grande vetrata il proprio capolavoro venir completato «I saiyan cesseranno di esistere, e con loro anche la loro supremazia su tutte le altre razze. Il potere che lei sta cercando, mio padrone... sarà suo.»

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Angolo autrice:

Eeeeed eccomi di nuovo, prima del previsto, questo lo ammetto, e finalmente con un capitolo che comincia a immergersi nel vivo della storia, seppur in maniera molto molto flebile. Finalmente possiamo assaporare un po' del passato di Vegeta, ed anche il suo modo di essere combattuto tra luce e tenebre, e finalmente scorgiamo-anche se in maniera più debole- il contrasto che si crea tra un Vegeta tentato dalla luce ed un Goku tentato dall'oscurità; e... facciamo anche la conoscenza di un personaggio misterioso. Chi sarà mai questo enigmatico individuo che incontriamo a fine capitolo e che, a quanto pare, desidera che i saiyan cessino per sempre di esistere? Un nuovo nemico? O forse qualcuno che abbiamo già incontrato in precedenza?


Disclaimer non indifferente: da questo momento in poi, la storia sarà molto ispirata alla saga di Star Wars, alla quale sono molto legata, e che mi ha dato lo spunto per iniziare questa long. Ovviamente non ci saranno né cross-over né collegamenti diretti, quindi non avete alcun bisogno di aver guardato i film, nel caso in cui non l'abbiate fatto... ci ho solo preso ispirazione per alcuni dettagli, that's all xD

Per esempio, il contatto che c'è tra Goku e Vegeta è ispirato a quello che c'è tra Rey e Kylo Ren nell'ultima trilogia... mi è sembrato perfetto per mandare avanti la trama! 

Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ciauuu~

-hilaris

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Capitolo 8
*** di confusioni, allenamenti e promesse ***


Era passata una settimana da quando i due saiyan, quella notte, avevano vissuto un’esperienza unica nelle loro vite. Non ne avevano più parlato, un po’ perché sarebbe stato inutile farlo, dato che un evento del genere non si era più palesato nell’arco di quei sette giorni, e un po’ perché entrambi provavano un certo imbarazzo nel farlo.

Vegeta si era rifiutato categoricamente di tirar fuori quell’argomento, soprattutto perché avere una conversazione seria con quel mentecatto sarebbe stato impossibile dato il cervello di gallina che si ritrovava, e Goku, dal canto suo, non aveva avuto il coraggio di affrontare il principe dei saiyan sotto quel punto di vista.

Così avevano continuato a vedersi ogni mattina sui monti Paoz, in totale silenzio; si allenavano per ore, sfoderando una potenza tale da far tremare la terra sotto i loro piedi, e poi si dividevano, rientrando ognuno nelle proprie abitazioni. Se fino a una settimana prima il saiyan dai capelli a palma aveva creduto di poter instaurare una parvenza di rapporto d’amicizia col principe, ora si era tornati alla stessa normalità di un tempo: non parlavano mai, se non per schernirsi a vicenda durante un allenamento, ed il saiyan dai capelli a forma di fiamma era scostante e schivo; a volte rifiutava addirittura il corpo a corpo, per far capire alla terza classe che non avesse la minima intenzione di avvicinarsi ulteriormente a lui.

Voleva evitare a tutti i costi che un evento del genere si ripresentasse, perché se fosse successo, allora avrebbe dovuto inevitabilmente legare con il decerebrato, e questa era l’ultima cosa che avrebbe voluto dalla vita. Si era esposto troppo... certo, l’aveva fatto inconsapevolmente e senza volerlo, ma si era esposto comunque, e questo non gli stava bene; Kaharoth era l’ultima persona che sarebbe dovuta venire a sapere di sua madre, del volto che aveva e del rapporto che intercorreva tra loro due, eppure l’aveva scoperto lo stesso, e questo faceva sentire letteralmente male il principe dei saiyan, che sarebbe soltanto voluto tornare indietro nel tempo di sette giorni per evitare che tutto ciò accadesse. 

 

Ma poi, in una notte di tempesta, in cui il vento soffiava contro le finestre chiuse e la pioggia batteva violenta contro i tetti delle case, successe di nuovo: nessuno dei due, quella sera, aveva avuto segni di squilibrio, era una situazione completamente diversa da quella precedente; il tutto era tranquillo e stabile, ed i due saiyan si stavano semplicemente per mettere a letto, entrambi esausti a causa del loro allenamento giornaliero. 

Il principe avrebbe voluto ignorarlo, avrebbe voluto far finta di non accorgersene, chiudere gli occhi ed addormentarsi sperando che tutto questo finisse al più presto possibile, ma quella consapevolezza, quella vocina nella sua testa che continuava a urlargli di porre l’attenzione solo ed esclusivamente sui pensieri più profondi del proprio rivale, continuava a tormentarlo, rendendogli impossibile l’attuare dei suoi piani.

 

«Sta succedendo di nuovo.» fu il commento spaesato di un Goku sempre più confuso, che osservava il proprio interlocutore con fare circospetto, con addosso arpionato il timore di non potersi liberare di quella situazione mai più.

Era come se, di punto in bianco, una forza superiore avesse deciso di connetterli, era come se qualcosa-o qualcuno-stesse cercando di mandargli dei messaggi, dei segnali, che loro non riuscivano in alcun modo a captare, perché era incredibile quello che stava succedendo, e nessuno, nemmeno Re Kaioh in persona, gli aveva mai raccontato che potesse succedere una cosa simile.

 

E allora, a quel punto, entrambi dovevano aver capito che non ci si potesse più tirare indietro, che avrebbero dovuto parlarne e, se questo fosse diventato un evento abituale e non avessero trovato una soluzione, probabilmente avrebbero addirittura dovuto imparare a conviverci, e questo preoccupava soprattutto Vegeta, che si rifiutava categoricamente anche solo di accettare una situazione simile.

 

La mattina dopo si incontrarono prima del previsto, in modo da poter aprire la parentesi su quel discorso: Vegeta si era presentato di fronte a casa Son all’alba, mentre il sole, inconsapevole ed incurante di ciò che stesse succedendo a quei due guerrieri sempre più confusi, si apprestava a fare capolino dalle vette delle montagne, pronto ad illuminare quella valle che, soltanto la notte precedente, era stata colpita da un violento temporale.

Certo erano lì, di fronte alla casa di Goku, fermi immobili l’uno di fronte all’altro; avrebbero dovuto aprire bocca e darle fiato, anche soltanto per spezzare quel lugubre silenzio che era andato a scendere sulle loro teste. Ma nessuno dei due ci riuscì, nessuno dei due era in grado di emettere anche soltanto un suono e questo, per lo meno da parte di Goku, era strano ed inusuale.

Ma il saiyan dai capelli a palma si rese perfettamente conto che, conoscendo il principe, non avrebbe mai preso lui l’iniziativa di cominciare il discorso e, facendo ammenda a tutte le sue forze, riuscì soltanto a mormorare: «Ciao...» 

 

Ciao. Ciao un corno.

Dopo aver osato leggere nei suoi preziosi ricordi, quella maledetta terza classe si permetteva addirittura di salutarlo? Si permetteva di guardarlo in faccia come se non sapesse, come se non capisse i tormenti che lo attanagliavano?

Ed il colmo era che non poteva nemmeno fargliene una colpa: no, non poteva fargliene una colpa, perché anche lui aveva letto nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, anche lui aveva visto cose che probabilmente Kaharoth non voleva che trasparissero, perché ormai il principe dei saiyan aveva capito benissimo chi fosse dei due a combattere per prevalere, e quello che combatteva per prevalere sui due non era di certo Kaharoth.

Era Goku quello che cercava in tutti i modi di non farsi sconfiggere, era Goku quello che nascondeva sotto a un tappeto un polverone che, però, sotto quel tappeto non ci entrava, ed era sempre Goku quello che sorrideva come un imbecille ed agiva solo ed esclusivamente nell’interesse altrui soltanto per potersi auto-convincere del fatto che Kaharoth non esistesse, che Kaharoth non fosse parte di lui. 

E questo rendeva Vegeta, sotto certi aspetti, un po’ meno spaventato da sé stesso: perché anche Kaharoth, nonostante il disprezzo che provasse per lui e la vergogna di condividere qualcosa di così grande proprio con lui, stava combattendo contro dei demoni molto simili ai suoi, ed anche Kaharoth stava sostenendo sulle proprie spalle il suo stesso fardello... o meglio, quello a sostenerlo era Goku. Sarebbe stato più corretto dire che Kaharoth fosse il fardello.

«Credo che dovremmo-»

«So cosa stai per dire, idiota.» lo interruppe con freddezza «No. Non ci penso nemmeno a chiedere aiuto a qualche divinità. È già tanto se ho accettato di affrontare questo discorso con te.»

 

Come avesse fatto Vegeta a capire dove avesse voluto andare a parare proprio non lo sapeva, ma stava di fatto che sì, l’intenzione di Goku era proprio quella di correre a chiedere spiegazioni a Re Kaioh, o anche soltanto a Re Yammer... insomma, a qualcuno di superiore, che cosa fosse tutto ciò. Perché era ovvio che da soli non ci sarebbero mai potuti arrivare, era ovvio che da soli non sarebbero mai arrivati ad un punto, ed era ovvio che da soli non sarebbero mai riusciti a controllare ciò che gli stava succedendo, che stava succedendo a entrambi.

Ma decise di non insistere, il super saiyan. Decise di non forzare nuovamente quell’idea, perché sapeva che era troppo presto per uno come Vegeta, sapeva che era troppo presto per uno come lui poter accettare una situazione simile. 

Eppure, almeno tra di loro e mantenendo tutta quella storia segreta, dovevano parlarne, perché era un problema di entrambi, e di questo ambedue ne erano consapevoli.

 

Sospirando, il saiyan dai capelli a palma si sedette sul prato ancora umido, portando entrambe le mani dietro la nuca, aspettando che il suo compagno di sventure facesse lo stesso, e rimanendo sorpreso da quanto vicino a lui si fosse appena seduto Vegeta.

«Secondo te...» cominciò, con aria incerta «Secondo te che cos’è?»

«Non ne ho la più pallida idea.» ammise candidamente il principe, sentendosi per la prima volta in vita sua un ignorante, capendo per la prima volta in vita sua di non avere la risposta pronta «So solo che lo odio. E odio anche te.»

«Ho visto nei tuoi ricordi, Vegeta...» mormorò lui in risposta «Ho visto il tuo passato, ho letto i tuoi pensieri, ho visto le immagini che si sono palesate nella tua mente. Sono riuscito a vedere il tuo conflitto, e mi ha fatto malissimo; era come se lo stessi vivendo in prima persona, è stato... è stato qualcosa che non avevo mai provato prima.»

A quelle parole, il principe si dovette trattenere dal prenderlo a pugni: soltanto il fatto che proprio Kaharoth, la persona più detestabile nella galassia, avesse valicato anche soltanto di poco quelle mura che teneva ben costruite intorno a sé lo faceva andare fuori di testa «Hai proprio tutto questo gran bisogno di ricordarmelo, testa di rapa?!»

«Sì.» fu la risposta decisa del saiyan cresciuto sulla Terra «Dobbiamo parlarne, Vegeta, mettitelo in testa. Smettila di fare il bambino, accidenti... persino io sto tentando di comportarmi da persona adulta, perché non lo fai anche tu?»

Il principe sospirò esasperato, lasciandosi cadere con la schiena sul terreno erboso, tenendo gli occhi ben ancorati al cielo appena illuminato dalle luci dell’alba «Ho visto i tuoi genitori.» disse infine, con un filo di voce «Tuo padre era l’unico a conoscere il destino di Vegetasei ancor prima che fosse distrutto.»

«Ah sì?» Goku sembrò sorpreso «Mio padre? Ma... ne sei sicuro?»

Il ragazzo sdraiato di fianco a sé annuì.

«Vegeta... non è che... non è che ci stiamo trasformando in sensitivi?»

«Ma che cazzate vai blaterando, brutto imbecille?!» il principe sembrò alterarsi di nuovo «Mi pareva strano che per un attimo avessi deciso di pensare! Maledizione, ma perché devo avere a che fare con te?! Che ho fatto di male nella vita?»

Goku sorrise di rimando «Beh, di male un sacco di cose. Di bene non lo so.»

Il principe non rispose a quella provocazione: sapeva avesse ragione «Tsk. Idiota.»

E poi, ad un tratto, un’illuminazione: non sapeva come avesse fatto il principe dei saiyan a non pensarci, ma a Goku era appena venuta in mente un’idea geniale! Certo, non sapevano cosa fosse quella cosa, ma dato che c’era, avrebbero potuto imparare a sfruttarla a loro vantaggio. E chissà che non gli sarebbe tornata utile, in futuro, magari contro qualche altro pericoloso nemico! 

«E se imparassimo a controllarla?»

A quella proposta, Vegeta si ritrovò a pensarci seriamente: per la prima volta in vita sua, Kaharoth sembrava aver avuto una discreta idea «Spiegati meglio.»

«Beh, noi due riusciamo a connetterci a distanza e a leggerci nel pensiero!» esclamò il saiyan dai capelli a palma, scattando in piedi e tornando ad essere il solito imbecille sorridente che era sempre «Okay, succede contro la nostra volontà, ma se trovassimo il modo di gestirla? Magari potremmo addirittura imparare a combattere senza neanche trovarci nello stesso posto! Sarebbe un buon allenamento mentale, anche perché dubito che ci faremmo del male sul serio!»

 

Il principe dei saiyan storse la bocca sprezzante, a quella proposta: solo il fatto di dover di nuovo subire quella tortura psicologica-perché di questo si trattava, alla fine- lo spaventava a morte, e lo faceva anche un po’ arrabbiare, considerando che una parte di quella tortura fosse Kaharoth. Ma pensandoci bene, ed anche valutando tutte le opzioni del caso, non era affatto un’idea così pessima: anzi, un allenamento del genere avrebbe sicuramente giovato ad entrambi, magari mettendo un po’ di sale nella zucca vuota del suo rivale ed aiutando lui nella meditazione, che era una cosa che, lo ammetteva, non gli riusciva mai granché bene; non era mai stato un tipo tranquillo e paziente, il principe, e questo era forse uno dei maggiori motivi per i quali non riuscisse a raggiungere lo stadio di super saiyan: il suo cuore non era mai abbastanza puro e sgombro.

Ed era per questo che Vegeta, seppur parecchio titubante, si ritrovò a pensare sul serio a quella proposta, alzandosi di nuovo a sedere e voltando la testa in direzione del suo interlocutore, che lo stava scrutando con occhi carichi di speranza, e con in faccia quel suo solito sorrisetto da ebete-che cos’avesse sempre da ridere, poi, Vegeta se lo chiedeva ogni volta. 

 

«E tu pensi sul serio che possa funzionare?» chiese retoricamente, rendendosi conto di aver appena chiesto un parere a quell’inutile terza classe e dandosi dell’idiota nello stesso istante.

 

Goku ridacchiò, grattandosi la nuca in modo imbarazzato: se non altro era riuscito a mettere il tarlo nella testa di quel burbero d’un principe, e questa, per lui, era una delle sue più grandi vittorie personali. Vegeta non era un tipo semplice da persuadere, soprattutto quando si faceva un’idea propria, e già il fatto che gli avesse messo la pulce nell’orecchio significava che, in fondo in fondo, quel ragazzetto sfrontato non lo odiasse poi tanto come diceva.

E non sapeva perché, ma questo lo rese dannatamente sollevato. 

«Beh, perché no?» commentò sicuro di sé «Certo, non credo che funzionerebbe alla prima botta, di sicuro ci vorrà un po’ d’allenamento, ma a questo punto perché non provarci? Se non vogliamo capire di che si tratta, almeno impariamo ad usarlo a nostro vantaggio!»

«Mh....» Vegeta si alzò da terra, osservandolo con aria di sufficienza, per poi rivolgergli un’alzata di spalle «Non so, Kaharoth. Devo ammettere che non è proprio un’idea malvagia, ma il fatto di avere a che fare in questo modo con te non mi alletta più di tanto.»

A quel punto il saiyan cresciuto sulla Terra giunse le mani, abbassando di poco la testa, avvicinandosi un po’ di più al suo rivale «E dai, Vegeta! Prendilo come un allenamento speciale, e non come quello che credi tu! A me piacerebbe davvero provarci, e so che anche tu sei del mio stesso parere, non dire di no!»

«Ma la finisci di essere così imbecille?!» lo rimbeccò l’altro, tirandogli un pugno non troppo forte sulla nuca, in modo da toglierlo da quella posizione ridicola «Tsk! E va bene! Proviamoci, ma giuro che se provi un’altra volta a leggermi troppo nel pensiero ti abbandono qua! É chiaro?!»

Goku, in risposta, si limitò a ridacchiare: sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile non leggere i pensieri dell’altro, ma al momento non poteva che assecondare le richieste del principe e fare del suo meglio per ignorare tutte le immagini che gli si palesavano di fronte ogni volta che avveniva quella connessione con il proprio rivale «Ricevuto!»

 

E così i due saiyan si erano divisi, l’uno teletrasportandosi sull’isola del Genio, e l’altro restando sui monti Paoz, sedendosi a gambe incrociate sull’erba e tentando in tutti i modi di rilassare i propri muscoli e concentrarsi: non aveva ben capito le dinamiche di quella connessione, ma doveva almeno provarci, ed era sicuro che rilassandosi ci sarebbe riuscito meglio.

Ignorando qualsiasi cosa gli si trovasse intorno, il principe dei saiyan chiuse gli occhi, concentrandosi il più possibile sull’aura del decerebrato, che si trovava a riposo esattamente come la sua: la sentiva, certo, ma esattamente come percepiva altre comunissime aure, niente sembrava esser cambiato durante quei primissimi minuti di concentrazione. Di fronte a sé, il principe dei saiyan, aveva soltanto il vuoto.

Così, cercò di ricordarsi come facesse il namecciano a catalizzare tutte le proprie energie nella sua mente, e tentò, seppur non conoscendola affatto, di emulare quella tecnica: cercò di prendere metaforicamente in mano la sua enorme forza spirituale, accartocciarsela tra le mani e imprimersela nella testa, e per un attimo credette di esserci riuscito. Si sentì leggermente diverso, si sentì fluttuare nell’aria, esattamente come tutti gli oggetti non ancorati al terreno che si trovavano intorno a lui; e fu lì che la vide, la vide di nuovo: quella cosa strana, quella visione sfocata che era riuscito a captare vedendo il passato di Kaharoth. Non vedeva ancora lui, no, ma riusciva a sentire delle voci ovattate, delle frasi che non riusciva a capire a causa della poca chiarezza di quelle immagini, ma poté vederlo chiaramente, quell’uomo dallo sguardo tutto meno che rassicurante, che lo scrutava nell’oscurità con un ghigno sul viso. Chi diavolo era? 

 

Goku, dal canto suo, non stava avendo la stessa fortuna del principe: ci stava provando, ci stava provando davvero a fare quello che aveva fatto la settimana precedente sopra il getto di quelle cascate, ma non era riuscito in alcun modo a ricreare la stessa atmosfera, la stessa situazione: non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto. E tutto perché non era mai stato pratico di quelle faccende psicologiche: aveva sempre allenato molto il corpo e poco la mente, ed era sicuro che questo lo limitasse non poco nel raggiungimento dei suoi obbiettivi.

«Accidenti!» esclamò, stringendo i pugni «Concentrati, Goku!»

 

Poté vedere molte cose, Vegeta, ma niente di chiaro, era tutto troppo confuso per poter essere compreso, immagini che apparentemente non sembravano aver nessun senso logico: aveva visto quell’uomo, quel losco figuro che lo osservava nell’ombra, aveva visto qualcosa di molto simile ad un cyborg ed una grossa palla che sembrava essere fatta di metallo. Erano queste le immagini che gli erano velocemente passate nella mente, mentre cercava di assumere quel contatto con l’inetto; contatto però che, dopo interi minuti di meditazione, non era ancora riuscito a raggiungere. 

Certo, avrebbe dovuto aspettarselo: d’altronde, al primo tentativo, non ci riesce nessuno, no? E lo rincuorava il fatto che per la prima volta lui e Kaharoth non riuscissero a fare qualcosa esattamente nella stessa maniera. 

«Dannazione!» strinse i denti, Vegeta, sovrastato da tutta quella forza che stava cercando in tutti i modi di trattenere: ciò che stavano facendo era uno sforzo immane, ed il colmo era che prima di prendere quella decisione non se ne fossero nemmeno resi conto. Però ormai era diventata una questione di principio: ci avrebbe provato, provato, e riprovato ancora, finché non ci sarebbe riuscito, anche soltanto per pochi secondi.

Alla fine, sfinito, il principe cozzò violentemente al suolo, interrompendo immediatamente ciò che stava facendo e tentando di riprendersi. Non si sarebbe mai aspettato che una cosa del genere togliesse davvero così tante energie... si sentiva come stordito da una buona dose di alcol: la testa girava leggermente, e sentiva i sensi totalmente anestetizzati, così come anche i muscoli di tutto il corpo. Era una sensazione strana, che aveva provato soltanto pochissime volte nella sua vita.

Fu solo quando si voltò leggermente che si accorse di non essere affatto solo: lì, seduto a qualche metro di distanza da lui, c’era il figlio di Kaharoth, che lo osservava con genuina curiosità.

Se non si fosse sentito così intontito, probabilmente gli avrebbe intimato di filare via e non stargli così vicino, ma al momento il principe non ne aveva davvero le forze, e anzi, ringraziava che il moccioso fosse lì; per lo meno, quella visione era riuscito a distrarlo dalle sensazioni che stava provando.

 

«Vegeta... ti senti bene?» chiese il piccolo Gohan, con una sincera nota di preoccupazione nella voce: era uscito di casa dopo una sterile colazione per potersi dirigere come ogni mattina nel deserto, in vista del suo allenamento con Junior, ed aveva visto il principe dei saiyan lì, a provare una tecnica che non gli aveva mai visto mettere in atto; di suo padre, invece, nemmeno l’ombra. Che stessero cercando di stabilire una sorta di contatto telepatico, come faceva Junior con gli altri? Era strano, da parte di uno come Vegeta, ma d’altronde era un tipo piuttosto imprevedibile.

«Certo che sto bene!» soffiò il principe, scortese e freddo «Tu, piuttosto, non hai imparato a farti gli affari tuoi?»

«Scusami, hai ragione, è che...» il bambino abbassò di poco la testa «È che non ho visto mio padre ed ho pensato che fosse successo qualcosa...»

«Tsk.» fu la sonora risposta del saiyan più grande «Se fosse successo qualcosa a quel cretino di tuo padre probabilmente darei una festa. Sta benissimo, ora fuori dalle scatole, moccioso.»

Il bambino a quel punto, non sentendosi affatto offeso dalle parole del principe-in fondo era il suo carattere, era sempre stato così- si alzò da terra e, molto cautamente, quasi con la paura di dargli troppo fastidio, girò i tacchi, pronto a spiccare il volo in direzione dell’aura del proprio maestro e migliore amico.

«Di’ un po’...» 

La voce del principe dei saiyan lo arrestò dalle proprie azioni, lasciandolo a dir poco senza parole: davvero Vegeta lo aveva appena interpellato?

«S-sì?» si voltò con un accenno di timore.

«Ti stai allenando duramente?» fu la domanda di Vegeta, che gli rivolse un ghigno quasi soddisfatto «Vedo che la tua forza combattiva è aumentata dall’ultima volta che ti ho incontrato. A quanto pare sei meno inutile di tuo padre.»

Okay, quello era il moccioso di Kaharoth, ma dando a Cesare quel che è di Cesare, il giovane principe si sentiva molto fiero di vedere un saiyan di così tenera età impegnarsi affondo nella lotta: quel ragazzino gli era sempre sembrato un fesso, ma a guardarlo da quella prospettiva ed in quel momento, gli sembrava molto più temprato, meno petulante e, soprattutto, più forte; e questo non poté fare a meno che rallegrarlo.

«Wow! Grazie, Vegeta!» il bimbo gli rivolse un sorriso a trentadue denti: doveva cogliere la palla al balzo e ringraziare il principe anche di tener impegnato suo padre in quel periodo difficile delle loro vite, e come farlo se non con una bella proposta che di sicuro avrebbe accettato di buon grado? In fondo, gli aveva appena fatto un complimento, seppur nei suoi termini un po’ duri «Mi piacerebbe davvero un sacco affrontarti in un combattimento amichevole per dimostrarti quanto sono migliorato! In fondo, tu sei il principe dei saiyan, e io sono per metà saiyan, quindi sarei onorato se tu accettassi di combattere con me, un giorno di questi!»

A quella proposta, Vegeta sorrise sghembo, orgoglioso a dir poco di vedere un cucciolo di saiyan così entusiasta all’idea della lotta, soprattutto considerando il fatto che quel moccioso fosse soltanto un misero mezzosangue: odiava il suo essere così dannatamente gentile e disponibile con tutti, ma perché negargli l’opportunità di farsi molto molto male contro di lui, se proprio ci teneva tanto? In fondo non gli sarebbe poi così tanto dispiaciuto combattere contro il figlio di Kaharoth: inspiegabilmente e stranamente, loro due si erano sempre ritrovati a combattere fianco a fianco da quando si conoscevano, e la cosa incuriosiva ancora di più il principe.

«Tsk! Se proprio ci tieni a farti del male, ragazzino, ci sto! Ma ti avverto: io non ci vado affatto leggero.»

«Ricevuto!» esclamò il bambino, librandosi in volo «Allora ci vediamo questa sera! Non mancare eh, ti aspetto!»

Il piccolo Gohan sorrise, mentre si dirigeva dritto da Junior: ma sì, per una serata avrebbe potuto anche rinunciare allo studio e dedicarsi a ringraziare seriamente il principe dei saiyan. 

 

«Che facevi, con mio figlio?»

 

La voce di Kaharoth, apparso alle sue spalle dal nulla, lo fece impercettibilmente sussultare: detestava quando quell’imbecille utilizzava il teletrasporto in quel modo; ma non poteva semplicemente volare come tutte le persone normali? In fondo la sua velocità di volo non era così esigua! Cos’era quella continua voglia di evitare le fatiche?! 

Il principe dei saiyan si voltò bruscamente nella sua direzione, sferrando un pugno che però venne immediatamente parato dal proprio rivale, che gli sorrise di rimando: a quanto pareva, la loro conversazione sul loro allenamento mentale, in quel momento, era fuori discussione.

Senza neanche aspettarsi una risposta, Goku si mise immediatamente sull’attenti, pronto a ricevere la prima mossa da parte del principe dei saiyan che, non facendoselo chiedere due volte, si lanciò alla carica con un calcio.

Ma sì, ai problemi ci avrebbero pensato più tardi: ora, combattere sarebbe stato molto più divertente.

 

*

 

Era stato un allenamento molto diverso da quelli che si erano susseguiti durante i giorni precedenti, molto più sciolto, sereno, senza imbarazzi di alcun tipo, e questo perché, finalmente, avevano deciso che cosa farne della situazione nella quale erano entrambi caduti, ed avevano deciso di prendere la cosa con molta più maturità, con molto più riguardo e molto più rispetto.

Perché sì, era ovvio che quei due stessero imparando a rispettarsi a vicenda, magari anche a stimarsi, anche se questo il principe non l’avrebbe mai potuto ammettere neanche sotto le peggiori torture cinesi.

Eppure era evidente quanto il suo atteggiamento nei confronti del rivale stesse pian piano mutando: lo odiava, sì, ma lo odiava in una maniera molto diversa, molto meno mirata... se fino a poco tempo prima il suo obiettivo era ucciderlo, ora ciò che gli premeva di più era batterlo. Batterlo e basta, perché negli attacchi di Vegeta, Goku, non sentiva più la foga dei primissimi giorni... e questo lo rincuorava parecchio: per lo meno non aveva più-forse-una taglia sopra la testa. 

 

«Urca, Vegeta!» aveva esclamato il saiyan dai capelli a palma, buttandosi a terra a peso morto «Se non avessi i capelli neri, dalla tua forza direi che ti sei già trasformato in super saiyan! Sei incredibile, mi hai sfinito!»

Quel commento bruciò leggermente: il principe sapeva che Kaharoth non volesse affatto sbeffeggiarlo, sapeva che il suo intento era quello di fargli un complimento per la propria forza fisica, ma la consapevolezza di non essere ancora un super saiyan, di non aver ancora raggiunto il livello del suo rivale, lo rendeva inquieto e lo faceva imbestialire.

Ma decise di non darlo a vedere e, sedendosi su una roccia a pochi metri di distanza dall’inetto, rispose semplicemente con un sonoro «Tsk!» 

«Hey, Vegeta!» lo incalzò il Son «Posso farti una domanda?»

«Tanto me la faresti comunque.»

Goku ridacchiò, ancora incerto se chiedergli quella cosa o no: in fondo, era pur sempre con il principe che stava parlando, e non era sicuro che uno come lui gli avrebbe potuto dare le risposte che cercava. Sapeva che a Vegeta non piacessero affatto le chiacchiere, lo aveva sempre catalogato come un tipo non troppo loquace, ma... insomma, erano pur sempre compagni d’allenamento, ed era ovvio che uno dei due, a lungo andare, cominciasse ad incuriosirsi e a voler fare domande.

E poi, era qualcosa che riguardava sé stesso, quindi non sarebbe neanche dovuto andare ad intaccare gli affari personali del proprio interlocutore! 

«Tu hai detto di aver visto i miei genitori, nel mio passato» continuò il saiyan cresciuto sulla Terra «Com’erano?»

Il principe, a quella domanda, si irrigidì: era la primissima volta che Kaharoth si interessava in modo così diretto alle proprie origini; lo aveva sempre visto distaccato riguardo quell’argomento, ed aveva sempre pensato che fosse così perché l’obiettivo di quell’idiota fosse quello di negare fino allo sfinimento le proprie radici ed il fatto di appartenere ad una razza aliena. Ma ora... ora gli stava chiedendo come fossero i suoi genitori, si stava interessando, voleva sapere di più, e nonostante lui detestasse affrontare qualsiasi tipo di argomento verbale con altre forme di vita, come avrebbe potuto negargli quella risposta? Come avrebbe potuto ignorarlo? In fondo, si trattava di una persona che non conosceva nulla delle proprie origini. Si trattava dell’unico saiyan rimasto in vita oltre lui.

Sbuffò, per poi voltarsi nella sua direzione «Tuo padre era la tua fotocopia.»

«Urcaaaa! Sul serio?» esclamò l’altro «Radish me l’aveva detto, ma non mi sono mai fidato troppo di quello lì, io!»

«Che motivo avrebbe avuto di mentirti, esattamente?» domandò il principe leggermente spazientito «È solo un’informazione futile, stupido idiota!»

«E cos’altro hai visto? Soltanto questo?»

«Se evitassi di interrompermi te lo racconterei.» Vegeta inarcò un sopracciglio «Cos’è che vuoi sapere, esattamente?»

«Beh, se fossero brave persone o assassini sanguinari, se mia madre fosse bella, se Radish fosse cattivo di suo, senza aver ereditato il suo brutto carattere dalla mia famiglia... insomma, questa serie di cose.»

«Sai, mia madre conosceva bene tua madre.» il principe dei saiyan si pentì immediatamente di avergli dato quella notizia, perché a quel punto aveva attirato fin troppo l’attenzione del cretino, ed era sicuro che sarebbe stato lì a raccontare per tanto, troppo tempo; ma ormai la frittata era fatta «Prima di sposarsi con mio padre, la regina era una semplice guerriera di seconda classe, ed era una coetanea di tua madre; erano... come le chiamate, qui? Amiche?»

Goku rimase a dir poco sorpreso da quella notizia: la sua madre biologica era amica niente poco di meno che della regina dei saiyan, della madre di Vegeta! Accidenti, il mondo era proprio piccolo! Chi si sarebbe immaginato che, molti anni dopo, i loro figli si sarebbero prima affrontati in una sanguinaria battaglia e poi diventati quasi amici a loro volta? Perché in fondo, Goku stava cominciando a considerare il principe se non un vero e proprio amico, almeno una figura abbastanza costante nella sua vita: insomma, passavano la maggior parte delle loro giornate insieme, si allenavano insieme ed ora avevano addirittura iniziato a chiacchierare. Non sapeva proprio come descrivere quel rapporto, se non come una potenziale e bellissima amicizia.

«Wow!» esclamò sorridente come una pasqua «E chi se lo aspettava! Tua madre e mia madre amiche!»

Il principe annuì, serio «Erano nella stessa squadra fin da piccole, e combattevano insieme, è per questo che strinsero un buon rapporto. Poi, quando mia madre ha sposato mio padre e tua madre ha sposato quello che era il suo compagno da una vita, ovvero tuo padre, si sono distaccate. Ma credo che ogni tanto si vedessero lo stesso.»

«E tu, quindi, hai conosciuto mia madre?»

«No.» fu la risposta di Vegeta «L’avrò vista di sfuggita, sicuramente. Ma ero troppo piccolo per ricordarmene.»

«Urca... e... e invece mio padre?»

«Tuo padre...» il ragazzo incrociò le braccia al petto e si concentrò, cercando di ricordare al meglio ciò che era riuscito a vedere durante le sue connessioni con il rivale, ciò che era riuscito a scorgere di quel passato che nessuno dei due conosceva bene «Tuo padre era un guerriero di terza classe, da quello che so era molto più debole di tua madre, perché lei invece era una combattente di seconda classe. Da quello che ho potuto capire, aveva anche dei mezzi poteri da sensitivo, o che so io, ed è riuscito a prevedere l’attacco di Freezer prima che accadesse, ma su questo non so dirti di più... in ogni caso, ha conosciuto e messo incinta tua madre quando erano molto giovani, e quando è nato Radish hanno deciso di sposarsi. Questo è tutto ciò che so.»

«Vegeta, ma non è che...» il giovane super saiyan gli si avvicinò un po’ di più, dubbioso «Non è che questi poteri da sensitivi ce li abbiamo anche noi? Pensaci, non è impossibile! Se li aveva mio padre, allora vuol dire che un saiyan potrebbe esserne tranquillamente capace!»

«Mmmmh, no...» il principe si alzò, decidendo che per quel giorno quella chiacchierata post-allenamento potesse dirsi conclusa «Da quel che ho capito, è stato qualcun altro a donare quei poteri a tuo padre, quindi non li aveva di per sé. In ogni caso, è tardi, me ne sto andando.»

«Che? Già te ne vai?» Goku sembrò deluso da quell’informazione.

«Oh, Kaharoth, non dirmi che ti manco quando non ci sono!» lo provocò il rivale con un sorrisetto carico di sfida.

In risposta, ricevette soltanto una sonora pernacchia.

~~~~

Angolo autrice:

Salve a tutti! Eccomi tornata con questo capitolo un po' così, d'intermezzo, ma che si permette di spiegare qualche cosa e di aprire qualche parentesi... i nostri due saiyan si decidono finalmente ad aprire il discorso su quanto accaduto lo scorso capitolo, e provano addirittura a portarlo dalla loro parte e usarlo a loro vantaggio! Ma ci riusciranno davvero? Questo è tutto da vedere ;)

Nel frattempo, abbiamo anche la prima vera conversazione(o una parvenza di essa) tra Gohan e il principe dei saiyan... so che la stavate aspettando, nel profondo dei vostri cuori, non mentite! xD
A quanto pare il piccolo mezzosangue vuole ringraziare il nostro principone allenandosi insieme a lui questa sera stessa! Che tra i due nasca una sorta di amicizia nel tempo? 
E poi c'è Goku che, molto ingenuamente, chiede a Vegeta che cosa ha visto nella sua mente, e scopriamo addirittura che le mammine dei nostri due guerrieri preferiti erano amiche! Ma non sono dannatamente carini, mentre cercano di avere una parvenza di discorso? *^*

Okay Ora basta ciarlare, direi che posso anche levare le tende.

Al prossimo capitolo, ciauuu~

-hilaris

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Capitolo 9
*** bulma ***


Il principe dei saiyan era tornato alla Capsule Corporation con una certa fretta e, dopo aver ignorato le continue chiacchiere della solare ed invadente Bunny Brief-maledicendosi ovviamente per essersi dimenticato di aver lasciato la portafinestra della propria camera aperta-, era salito al piano di sopra con tutta l’intenzione di togliersi di dosso gli sforzi dell’allenamento di quel giorno, ben consapevole che da poche ore a quella parte avrebbe dovuto affrontarne un altro... questa volta non insieme a Kaharoth ma insieme a quell’incosciente di suo figlio che, spinto da chissà quali manie suicide, aveva deciso di proporgli una lotta uno contro uno. Vegeta non sapeva bene perché l’avesse fatto, ma aveva come l’impressione che quella fosse una sorta di maniera per ringraziarlo per l’aiuto inconsapevole e silenzioso che stava dando a quell’inetto di terza classe, distraendolo per gran parte delle sue giornate, non facendolo pensare alla morte di quell’oca di sua moglie.

E dannazione, il principe si sarebbe maledetto in eterno per questo, perché era perfettamente consapevole di star facendo un grosso favore al suo più acerrimo nemico; ma che poteva farci se allenarsi con Kaharoth gli piaceva da morire? E poi ora avevano addirittura un’altra gatta da pelare... una sfida che il principe aveva accettato controvoglia, ma con una determinazione che probabilmente neanche sapeva di avere.

Non gli andava affatto a genio il fatto di dover condividere qualcosa di così grande con uno come Kaharoth, ma finché non si fosse trovata una parvenza di soluzione non avrebbe potuto farci niente, doveva abituarcisi e basta, e magari sperare anche che l’idiota non lo beccasse proprio nel momento in cui era nudo ed insaponato sotto la doccia, o avrebbe sul serio dato di matto, e lì sì che avrebbe messo da parte tutta la sua voglia di batterlo onestamente e sarebbe andato ad ucciderlo nel sonno, strangolandolo fin quando non avrebbe più avuto aria.

Tuttavia, tutte quelle conversazioni che stava avendo con il decerebrato ultimamente lo stavano a dir poco preoccupando: non era solito, Vegeta, aprirsi così tanto con qualcuno che non fosse sé stesso medesimo, ed il fatto che quel qualcuno con il quale si stava aprendo così tanto fosse Kaharoth gli faceva letteralmente prudere le mani e lo faceva corrodere dalla vergogna. Mentre si rilassava sotto il getto caldo della doccia, infatti, il principe si ritrovò a pensare alla conversazione avuta soltanto una mezz’oretta prima con l’inetto: ma come diavolo gli era venuto in mente di raccontargli una cosa così intima di sua madre, della regina di tutti i saiyan? Okay, era una cosa che riguardava anche la madre dell’idiota, ma questa non era di certo una giustificazione... diamine, si parlava di sua madre! Dell’unica donna che Vegeta avesse mai amato in tutta la sua misera vita, ed aveva raccontato di lei all’ultima persona che avrebbe dovuto sapere tutti quei dettagli!

Certo, però, che era alquanto strano, il destino: le loro madri erano state compagne, alleate... amiche. Ed ora loro stavano passando la maggior parte delle giornate insieme senza neanche rendersene conto; e se, in fondo in fondo, quell’antica amicizia avesse potuto continuare ad esistere?

 

«Dannazione, ma che caspita vado a pensare?!» esclamò il giovane principe a quei pensieri, dando una botta secca all’interruttore della doccia e diventando rosso come un pomodoro: no, no e ancora no. Gli veniva la nausea al sol pensiero di dover diventare amico di uno come Kaharoth. Mai, mai nella vita avrebbe accettato di abbassarsi a tanto, neanche se quella terza classe fosse stato l’ultimo uomo rimasto sulla faccia dell’universo... piuttosto la morte.

Uscì dalla doccia tutto pur che rigenerato, Vegeta, buttando la sua battle-suit nella lavatrice ed azionandola con fare distratto: ormai, dopo due mesi e mezzo sulla Terra, aveva imparato ad utilizzare quei marchingegni tanto ridicoli quanto utili, apprendendo anche le piccole cose, abituandosi a farle diventare parte della sua quotidianità, e questo lo faceva vergognare ancor di più. Come si era ridotto, il grande principe della stirpe guerriera più potente dell’universo? Come si era ridotto quel mercenario che fino a pochi mesi prima distruggeva e saccheggiava interi pianeti, sterminando popolazioni e godendo nel farlo? A fare la donna di casa, si era ridotto. A fare la lavatrice e a sopportare ogni giorno la presenza di due cornacchie che nulla facevano se non infastidirlo... a questo si era ridotto, il grande Vegeta; e non sapeva se ridere di sé stesso oppure rassegnarsi all’idea di starsi allontanando sempre di più dalla realtà alla quale era sempre stato abituato.

Eppure quella realtà era così facile, così semplice: lui la mattina si alzava, si dava una lavata, litigava con Nappa, picchiava Radish e partiva con loro alla volta di un pianeta lontano, lo distruggeva e poi tornava con il rapporto del giorno, e così via discorrendo. Non c’erano di mezzo sentimenti, dubbi, brutti sogni o altre gatte da pelare, perché semplicemente non aveva tempo per quelle cose, e quindi le evitava inconsciamente, non ritrovandosi mai a doverci fare i conti.

E ora, da quando le giornate avevano cominciato a distinguersi l’una dall’altra, il principe sentiva ogni giorno delle sensazioni nuove: aveva più tempo per pensare, per stare da solo con sé stesso, per poter riflettere sulle proprie sensazioni, senza però mai cavarci un ragno dal buco. Non sentiva la mancanza di quella vita, affatto... anzi, ora aveva molte più comodità, ma era come se lui, a quella vita, ci si sentisse attaccato come una cozza allo scoglio: non accettava l’idea di dover affrontare una cosa difficile come la crescita, come la maturazione, per lui erano cose che, fino a pochi mesi prima, non esistevano affatto; eppure ora, quel ragazzo che si stava svogliatamente infilando una tuta nera perfettamente in tinta con la sua chioma, si sentiva in dovere di diventare un uomo, di affrontare le faccende difficili, perché non poteva continuare a scappare arrivato a quel punto, e lui ne era perfettamente consapevole.

Ma non si sentiva pronto, non ancora, e probabilmente non lo sarebbe stato mai. 

Si allacciò con fare meccanico i pesanti anfibi dello stesso colore della tuta e, dopo essersi infilato un paio di guanti di un nero ancora più scuro, che tenevano scoperte le dita, uscì dal bagno, guardandosi intorno per evitare di essere colto nel fatto da quell’impicciona di Bulma, che sicuramente aveva notato i suoi spostamenti nell’ultima settimana.

 

La turchina, infatti, senza mai fare domande o impicciarsi, aveva deciso di indagare sulle continue uscite di scena di quel misterioso di un principe che, tutte le mattine, usciva di casa per dirigersi chissà dove e da chissà chi, lasciando appositamente la portafinestra della sua stanza aperta, in modo da poter entrare e uscire senza destare alcun sospetto.

Ma il perché di quel comportamento tanto bizzarro, la giovane scienziata, non era riuscita ancora a scoprirlo, ed era più che determinata a farlo: ed era per questo che quella mattina, dopo la partenza del principe, era entrata nella sua camera ed aveva cominciato a frugare come una ladruncola alla ricerca di qualcosa, di qualche indizio che la conducesse ad un punto, ma tutto ciò che aveva trovato erano mutande, calzini, guanti da combattimento e tute... e niente di tutto ciò avrebbe potuto significare un indizio a suo favore. Così, messa alle strette, l’azzurra aveva chiuso la portafinestra per evitare che il ragazzo passasse di lì, in modo da potergli fare qualche domanda al suo ritorno, ma non era stata fortunata neanche in quel frangente, perché proprio quando Vegeta era tornato, lei si trovava in laboratorio a sbrigare alcune importantissime pratiche di lavoro.

Era logorata dalla curiosità, Bulma: che cosa faceva, Vegeta, tutti i santissimi giorni? Che si fosse lanciato in una storia d’amore terrestre? Che davvero avesse trovato una donna? Che si dirigesse da lei?

Ma no, come avrebbe potuto mai trovare una pazza che avrebbe perso la testa per lui, uno così? O almeno, al di fuori di quella casa, si ritrovò a pensare la turchina arrossendo come una dodicenne alla sua prima cotta. Che lei avesse un debole per il principe dei saiyan, ormai, se n’erano accorti persino i muri, ma quel testone a quanto pareva preferiva di gran lunga sparire per intere giornate per poi tornare senza guardare in faccia nessuno se non suo padre. Perché apparentemente il dottor Brief era l’unica persona che Vegeta considerava degna del suo saluto e della sua parola, ed infatti erano quasi diventati buoni amici, con grande disappunto da parte di Bulma che, invece, avrebbe voluto essere almeno un minimo nei pensieri di quello scriteriato, senza però riuscirci, o almeno apparentemente. 

Fortuna volle però, che proprio mentre passava nel corridoio adiacente la camera del principe, la turchina si imbatté proprio in quest’ultimo che, a quanto pareva, si stava già preparando per andarsene di nuovo.

 

«Fermo lì!» esclamò, puntando le mani sui fianchi e poggiandosi con la schiena contro la porta, in modo da evitargli l’ingresso nella stanza «Te la stai svignando di nuovo, eh?»

 

E ora che diavolo voleva, quella ficcanaso?

Se c’era una cosa che Vegeta detestava era chi si faceva palesemente e senza alcun ritegno gli affari altrui, e si chiedeva per quale motivo in quella maledetta casa si interessassero tutti così tanto ai suoi, di affari. D’altronde, lui era sempre stato sulle sue, non aveva mai infastidito nessuno da quando era lì, e di sicuro non si immischiava in faccende che non lo riguardavano. Ma allora per quale motivo erano tutti così dannatamente fissati con quello che faceva e quello che non faceva?

E con tutti, si riferiva a quella rompiscatole che si ritrovava davanti in quel momento, con quella faccia da oca, credendo addirittura di esercitare un qualche tipo di potere su uno come lui, che al contrario, non la calcolava neanche per sbaglio: per lui Bulma non era altro che la padrona della casa in cui viveva, quello era tutto, quello era il punto. Ed era stato già abbastanza difficile per lui definirla padrona di qualcosa al posto suo, quindi che cos’altro avrebbe preteso da lui, quella donna petulante? 

 

«Spostati.» si limitò a dire sprezzante, senza neanche incrociare il suo sguardo «Non ho tempo da perdere con te.»

«Oh, invece di tempo da perdere ne hai eccome!» rincarò la dose lei «Non ho intenzione di continuare a farmi trattare a pesci in faccia da te! E dato che questa è casa mia, dovresti portarmi un minimo di rispetto in più!»

«Guarda che sei tu quella che mi sta infastidendo e mancando di rispetto.» puntualizzò Vegeta piatto «Non so davvero cosa tu voglia ottenere così facendo, ma se la mia presenza in questa casa ti infastidisce così tanto, io posso anche levare le tende.»

«Ah, sì? E poi chi te la costruisce un’altra gravity room, eh?!»

Lei aveva leggermente alzato i toni, spazientita: sapeva perfettamente che il principe, in fondo, non stesse facendo nulla di male, ma era troppo curiosa e troppo bisognosa delle sue attenzioni per rendersi conto di star facendo la figura della fessa.

Lui, in risposta, gli rivolse un’alzata di spalle «Ho passato una vita intera ad allenarmi senza quell’aggeggio. È utile, questo devo riconoscertelo, ma posso farne anche a meno.»

«Che cosa?!» Bulma gli puntò un dito contro, stizzita «Non sei altro che uno scimmione arrogante! Non solo fai il mantenuto in casa mia, ma ti permetti addirittura di screditare il mio lavoro?! Sei soltanto un buzzurro maleducato!»

Dal canto suo, Vegeta stava davvero cominciando a perdere la pazienza: se agli inizi quei continui battibecchi con la terrestre lo divertivano, ora avevano cominciato a stancarlo, e non solo perché quell’impicciona continuava imperterrita ad infastidirlo senza che dalla sua regale bocca uscisse una sola sillaba che la interpellasse, ma anche perché al momento aveva da fare, e l’ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata perdere del tempo prezioso con lei.

«Pensa pure quello che ti pare, donna, sai che me ne importa!» gracchiò così in risposta, trattenendosi dal disintegrarla con un Galic Gun «Adesso ho da fare, ti potresti togliere di mezzo?!»

«Ah, sì? E cos’avrebbe da fare, a quest’ora, sua maestà il principe dei saiyan?!»

«Quello che ho da fare io non ti riguarda!» senza usare troppa forza, la prese per entrambi i fianchi e, cercando di trattenere in tutti i modi la tentazione di ucciderla, la spostò dal punto nel quale era rimasta ferma fino a quel momento, per poi aprire la porta della stanza e chiudercisi dentro.

Accidenti, quella donna l’avrebbe fatto diventare scemo, Vegeta ne era più che sicuro. Ma non aveva alcuna intenzione di usare la violenza su di lei, non era così vile: certo, aveva combattuto contro delle donne, ma erano sempre state delle guerriere in grado di tenergli testa, non di certo delle indifese; quello che si divertiva ad infastidire continuamente il genere femminile era sempre stato Nappa, e il principe era disgustato dai suoi orrendi comportamenti. Un conto era sterminare un’intera popolazione senza esclusione di colpi, un conto invece era prendersela solo ed esclusivamente con le donne, magari abusando addirittura di loro.

Vegeta rabbrividì a quel pensiero: gli aveva sempre fatto ribrezzo, eppure non era mai intervenuto per fermare il proprio collega di un tempo... anzi, l’aveva sempre lasciato fare, girandosi dall’altra parte e facendo finta di niente; eppure, se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto staccare la testa dal collo a quell’imbecille con una sola mano. 

No, non poteva certo dire di non avere colpe, perché era sempre stato complice di quegli atti riprovevoli, ma ormai non poteva farci niente, la frittata era stata fatta e di certo non poteva tornare indietro ed uccidere Nappa prima del tempo. 

Il principe scosse la testa e, cercando di liberarsi da quei pensieri, si diresse verso la portafinestra: per lo meno, quella sera, si sarebbe distratto un po’.

 

*

 

«Okay, figliolo, allora io vado!» esclamò Goku, aprendo la porta «Sei sicuro di non aver bisogno di niente?»

Il piccolo negò con la testa «No papà, tranquillo. Divertiti col nonno, ha davvero bisogno di distrarsi un po’!»

«Sei proprio sicuro di non voler venire con me?» il saiyan dai capelli a palma aggrottò un sopracciglio «Guarda che la cucina di Genio non è così male!»

«Papà, devo studiare: lo sai che tra poco ricominceranno le lezioni col maestro, e non posso farmi trovare impreparato!» esclamò Gohan, sorridendogli «Ho già ordinato una pizza, me ne starò a casa a farmi i fatti miei! Voi divertitevi anche per me, d’accordo?»

«Hahh, fai come vuoi!» lo sbeffeggiò suo padre «Sei proprio un secchione, chissà da chi  avrai preso!»

 

E detto questo, Goku sparì nel nulla, dirigendosi dal suocero. Qualche giorno prima, infatti, Giuma aveva chiamato a casa, riferendo a Goku che Muten, il loro maestro, li aveva invitati entrambi a cena sulla sua isoletta; dapprima il giovane guerriero aveva pensato di rifiutare, ma poi si era reso conto che in realtà il padre della sua defunta moglie avesse davvero un gran bisogno di passare una serata in compagnia e non pensare alla disgrazia che l’aveva colpito di recente. La perdita di sua figlia era stata più devastante e dura di quanto tutti si sarebbero aspettati da un uomo grande e grosso come Giuma. 

Il piccolo Gohan, però, era stato informato soltanto quella sera dell’imminente cena, ed avendo già preso un impegno non indifferente ed al quale non sarebbe potuto mancare, aveva bellamente rifiutato la proposta di suo padre di andare con lui sull’isola, anche se gli dispiaceva maledettamente non poter passare una serata con il suo amato nonno: d’altronde, con suo padre e suo nonno ci sarebbe potuto stare quando avesse voluto, mentre allenarsi col principe dei saiyan non era di certo cosa da tutti i giorni.

Così, senza dire la verità a suo padre, aveva semplicemente ordinato una pizza per cena e, dopo essersi infilato la sua amata tuta da combattimento viola, identica a quella del suo maestro, si era seduto sul divano, accendendo la tv e gustandosi in santa pace quella meravigliosa margherita con un bel bicchierone di bibita gassata.

In fondo, starsene un po’ per i fatti suoi non era poi così male, avrebbe dovuto farlo più spesso. 

Non ci volle molto prima che, in lontananza, il bambino cominciasse a percepire avvicinarsi un’aura ormai a lui ben conosciuta: Vegeta stava arrivando e, a quanto pareva, stava anche volando a velocità ben sostenuta, come se avesse davvero voglia di quell’allenamento insieme a lui. Questo lo rincuorò e lo incoraggiò ad affrettarsi a finire quella semplicissima cena solitaria, con un sorriso a trentadue denti sulle labbra.

 

*

 

Atterrò di fronte all’abitazione di Kaharoth con aria quasi circospetta, come se non avesse poi tutta questa gran voglia di farsi beccare dal decerebrato mentre passava del tempo con suo figlio ma, con sua grande sorpresa, il principe si accorse presto che in realtà il decerebrato non fosse affatto lì: la sua aura, infatti, era ben lontana dai monti Paoz, a parecchi chilometri di distanza.

Il giovane principe tirò un sospiro di sollievo: non gli andava affatto a genio che Kaharoth potesse scoprire che si era addirittura abbassato al punto di concedere un allenamento a quell’altro idiota di suo figlio e, nonostante non stesse effettivamente facendo nulla di sbagliato o di grave, Vegeta si sentiva comunque troppo scoperto nel fare certe cose, come se anche lui sentisse il bisogno di passare del tempo con altre forme di vita intelligenti-o almeno, questo era un modo di dire, il suo rivale era tutt’altro che intelligente. 

Scrollando le spalle, si avvicinò noncurante alla porta d’ingresso e, dimostrandosi per la persona fortemente educata che era, bussò un paio di volte, aspettando che qualcuno venisse ad aprirgli.

Ed effettivamente non ci volle molto prima che quel moccioso, già vestito di tutto punto e con la bocca completamente sporca di pomodoro, lo accogliesse con un gran sorriso che il principe avrebbe definito ‘da ebete’. Ed effettivamente era così: in quella veste, quello stupido mezzosangue somigliava dannatamente a quell’imbecille di suo padre. 

 

«Buonasera, Vegeta!» esclamò il bambino con entusiasmo «Non ti aspettavo così presto! Corro a lavarmi le mani e sono subito da te!»

«Tsk.» fu la risposta sbrigativa del principe dei saiyan «Lavati anche la bocca, sembri un idiota.»

Il piccolo Gohan, a quella frase, si ritrovò a voltarsi verso il piccolo specchio appeso alla parete del salotto e, vedendosi interamente sporco di pomodoro e mozzarella, diventò rosso dall’imbarazzo: di certo Vegeta non era il tipo di persona che si sporcava mangiando, a differenza sua e di suo padre, e sapere di essersi fatto trovare in quelle condizioni dal principe dei saiyan lo faceva vergognare come uno stupido.

Velocemente, il piccolo mezzosangue prese a salire le scale, dirigendosi in bagno, mentre Vegeta si limitò ad appoggiarsi al muro, braccia conserte ed occhi vigili: non era mai entrato in quella casa neanche per sbaglio, ma vedendola così, senza filtri e senza nessuno che potesse constatare che stava facendo un evidente apprezzamento, doveva ammettere che non era affatto male; non era niente di che, sicuramente neanche lontanamente paragonabile alla Capsule Corporation, ma era veramente... veramente carina. 

Il principe si ritrovò ad arrossire come un idiota a quel pensiero: davvero aveva appena pensato che una casa fosse carina? La casa di Kaharoth, per giunta? Se solo l’avesse visto suo padre, probabilmente si sarebbe rivoltato nella tomba che non aveva. Accidenti, si stava proprio rammollendo per poter anche solo appellare a qualcosa l’aggettivo ‘carino’. 

 

«Sono pronto!» 

 

La voce stridula ed impertinente del figlio del decerebrato lo scosse dai propri pensieri, salvandolo in corner dall’autodistruggersi per la vergogna facendo esplodere sé stesso ed insieme a lui quella maledetta catapecchia, ed il principe si drizzò, dandosi nuovamente un contegno e facendo cenno al bambino di seguirlo fuori, convenendo entrambi sul fatto che in casa non avrebbero potuto fare un bel niente.

Forse non era il caso allontanarsi troppo, d’altronde era pur sempre insieme a un moccioso, e sapeva che i mocciosi, su quel pianeta, non potessero allontanarsi da casa quando i genitori non c’erano, e lui di certo di passare delle grane per colpa di uno stupido mezzosangue non ne aveva voglia. Così, il principe si limitò ad allontanarsi dall’abitazione di qualche metro, giusto per evitare che fosse in mezzo ai piedi. 

 

«Allora, moccioso!» lo schernì il più grande, incrociando le braccia al petto «Sei stato tu a sfidarmi, quindi vedi di non deludermi! Se scopro che sono venuto a perdere tempo faccio saltare in aria sia te che quel deficiente di tuo padre, sono stato chiaro?»

Il piccolo Gohan rise di rimando: avrà pur avuto i suoi personalissimi modi di fare, ma Vegeta era veramente buffo quando si appellava al suo papà con quei termini; era come se in un certo senso gli stesse andando quasi a genio «Chiarissimo! Non ti deluderò! Allora, sei pronto?»

«Sono nato pronto, ragazzino!»

 

A quelle parole, fu Gohan a partire con la prima mossa, lanciandosi velocemente contro il proprio avversario che, con i riflessi pronti, schivò il suo primo attacco, prendendolo per la caviglia e lanciandolo in direzione di una delle montagne. Ma Vegeta si stupì oltremodo quando vide il moccioso arrestare la sua rapida caduta, roteando su sé stesso ed appoggiando i piedi contro la roccia, dandosi la rincorsa per tornare ad attaccare. 

Se c’era una cosa in cui il figlio di Kaharoth eccelleva, questa era proprio la velocità: certo, anche lui era veloce, ma Gohan possedeva una rapidità fuori dal comune, ed il principe dei saiyan era convinto che, con un bel po’ di allenamento, quell’insulso mezzosangue avrebbe potuto superare il livello sia suo che di suo padre. Ma questo l’aveva sempre ipotizzato, Vegeta: aveva sempre pensato che, in qualche modo, i saiyan mezzosangue avessero molte più abilità rispetto ai purosangue, e forse era proprio il fatto che non possedessero soltanto sangue saiyan a renderli così particolari.

Combatterono assiduamente e senza pause per un paio d’ore, fino a quando i segni della stanchezza non cominciarono a farsi vivi prima nel bambino e poi nel principe, costringendoli a mettere la parola fine a quel breve ma interessante allenamento, e fu Vegeta a decretarla, colpendo l’avversario proprio dietro al collo, in un punto che sapeva lo avrebbe arrestato dal fare qualsiasi altra cosa, mettendolo al tappeto.

 

«Ahiahiahi...» si lamentò il piccolo Gohan, mettendosi a sedere e massaggiandosi la parte lesa «Niente da fare, sei sempre più bravo...»

«Questo è ovvio, moccioso.» fu la risposta del principe «Ma anche tu non te la cavi male, devi solo rinforzarti. A velocità sei nettamente superiore sia a me che a tuo padre.»

Il bambino strabuzzò gli occhi a quelle parole: davvero Vegeta, l’orgoglioso principe dei saiyan, gli aveva appena fatto un complimento? Non credeva di averlo mai sentito esternare certe cose da quando l’aveva conosciuto, ed il fatto che quella frase fosse uscita proprio dalla sua bocca lo fece sentire onorato, perché sapeva che lui non avrebbe mai potuto dire qualcosa che non pensava soltanto per farlo contento; a Vegeta non interessava mentire per far felici gli altri, e diceva sempre quello che pensava. 

Si voltò nella sua direzione, osservando il suo viso illuminato dalla luna: sotto certi aspetti, era come vedere sé stesso, solo un po’ più grande e con uno sguardo un po’ più duro; Vegeta non gli era mai sembrato cattivo, non del tutto; gli era sembrato crudele, sadico, alle volte persino un po’ masochista, ma cattivo mai... i suoi occhi neri, esattamente come i suoi e quelli di suo padre, non erano gli occhi di una persona cattiva: quello sguardo severo, che si era incatenato al suo soltanto per qualche secondo, era lo sguardo di una persona molto triste.

«Cos’hai tanto da guardare, moccioso?» lo rimbeccò il saiyan più grande, incrociando le braccia al petto e voltando la testa in direzione della grande luna piena che sovrastava la vallata: non si sarebbe mai aspettato, fino a poco tempo prima, di ritrovarsi lì, insieme a un insulso mezzosangue, a guardare la luna in un silenzio quasi rilassante, quasi rassicurante.

«Sai...» incalzò Gohan, incupendosi improvvisamente «Prima di partire per Namecc, mi sono allenato tanto anche con la mia mamma.»

Il principe inarcò un sopracciglio: sua madre? Davvero la terrestre moglie di Kaharoth sapeva combattere? E si era allenata insieme ad un mezzo saiyan, per giunta?

Forse avrebbe dovuto rivalutare sul serio alcuni abitanti di quel pianeta.

«Non ti offendere, Vegeta, ma tu sotto certi aspetti me la ricordi!» continuò il moccioso, facendogli rimporre la saliva e costringendolo a tossire: quel ragazzino l’aveva davvero appena paragonato a sua madre? Alla moglie di Kaharoth? Alla donna con la quale Kaharoth aveva concepito un figlio? Alla femmina con la quale Kaharoth aveva... aveva... 

«Cosa... cosa diavolo hai appena detto?» sibilò, cercando di suonare minaccioso, ma dalla sua bocca uscì un tono più spaventato e sconvolto che cattivo e severo.

A quelle parole, il bambino dovette trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata: in fondo il principe dei saiyan era veramente buffo! Da una parte invidiava Bulma: averlo costantemente in casa doveva essere un’esperienza più unica che rara.

«Non ti arrabbiare!» esclamò, portando le mani avanti «Intendevo soltanto che anche lei si divertiva tantissimo a sbeffeggiare l’avversario! Era fortissima, sai? Per non essere una guerriera.»

Vegeta abbassò lo sguardo, rabbuiandosi: già, avrebbe dovuto immaginare che anche il corredo genetico materno di quel ragazzino non fosse poi totalmente comune... in fondo era veramente forte, questo c’era da riconoscerglielo; decisamente più forte di quanto non lo fosse lui alla sua età.

Che poi, quanti diavolo di anni aveva, Gohan? Sei, sette massimo? Era un portento, per un mocciosetto così piccolo.

«Vegeta...» lo chiamò nuovamente il bimbo.

«Mh?»

«Tu...» Gohan prese a tormentarsi le mani, indeciso se fare quella domanda al principe oppure no: in fondo, stava seriamente rischiando che il ragazzo di fronte a sé gli staccasse realmente la testa dal collo «Tu hai conosciuto tua madre?»

Il principe si irrigidì: il motivo per il quale quell’insulso mezzosangue figlio di un incapace terza classe gli avesse appena posto quel quesito gli era totalmente sconosciuto; ma conosciuta invece era la sua improvvisa voglia di alzarsi dalla roccia sulla quale si era poggiato, prendere quel moccioso e staccargli prima le gambe, poi le braccia, ed infine decapitarlo con tutta la dolcezza del mondo godendosi ogni lamento ed ogni fremito del suo debole corpicino.

Come aveva potuto fargli una domanda simile? Come aveva potuto pensare di immischiarsi in quel modo nei suoi affari?

Piuttosto adirato, Vegeta si voltò di scatto in direzione del saiyan più piccolo, bloccandosi di colpo: lo stava guardando. Lo stava guardando con due occhi che non poté non riconoscere come suoi: gli occhi di un bambino che stava affrontando con le unghie e con i denti la perdita della donna più importante della sua vita, gli occhi di un piccolo guerriero che stava tentando con tutte le proprie forze di sopravvivere ad una tale sofferenza, di diventare forte e rendere orgoglioso chiunque gli fosse rimasto accanto. E nel momento in cui riconobbe sé stesso in quelle grandi iridi scure, il principe dei saiyan non ebbe nemmeno il coraggio di rimproverarlo, non ebbe il coraggio di fare niente... niente, se non abbassare leggermente la testa, sbuffando sonoramente. 

«Sì...» mormorò quasi impercettibilmente «Sì, l’ho conosciuta.»

Il piccolo Gohan si stupì oltremodo: non poteva credere che Vegeta gli avesse appena risposto ad una domanda così personale senza nemmeno colpirlo con un Galic Gun... allora forse la scorza di quel principe non era poi così dura come si divertiva a mostrare «E... e com’era? Era bella?» decise di insistere a quel punto, mosso dalla curiosità tipica dell’infanzia.

«Sì, era bella.» fu la risposta del più grande «Era la donna più bella di tutto il pianeta.»

«Ooooh...» il bimbo gli si avvicinò un minimo «E tu le somigli?»

«Non ne ho idea.»

«A me hanno sempre detto che somiglio un sacco alla mamma... soprattutto il naso!» 

In fondo in fondo, Vegeta si sentì orgoglioso di quel piccolo saiyan: stava affrontando la perdita di sua madre a testa alta, senza piangersi troppo addosso e continuando ad allenarsi per portare alto l’onore della sua razza. Che poi lo facesse per sfogo o per puro divertimento non gli interessava affatto; l’importante era che lo facesse, rendendo in questo modo il principe fiero di avere almeno mezzo suddito che adempiva alla perfezione ai suoi doveri.

Sospirando, si alzò in piedi, decidendo di troncare quella bizzarra conversazione, aveva già ciarlato troppo ed inutilmente, per i suoi gusti «È tardi. Ti conviene rientrare.»

Il piccolo sembrò leggermente deluso «Già, forse hai ragione... allora ci vediamo, Vegeta. E grazie per avermi concesso un po’ del tuo tempo, l’ho veramente apprezzato.»

«Tsk.» rispose freddamente il principe, prima di spiccare il volo senza voltarsi più indietro. 

Gli era successo di nuovo. Si era lasciato abbindolare da un paio di occhi scuri e vivaci, e questa volta, non erano neanche gli occhi di Kaharoth... si stava proprio rammollendo. 

 

*

 

Aveva deciso di aspettarlo alzata, anche a costo di far le quattro del mattino. 

Non si era arresa, Bulma, neanche dopo che il principe dei saiyan le aveva candidamente detto in faccia che, volendo, se ne sarebbe potuto andare da casa sua anche subito; ed il fatto era che le rodeva, le rodeva dannatamente che quello scriteriato potesse anche solo contemplare l’idea di abbandonarla lì su due piedi. Non si rendeva neanche conto di quanto ammorbante ed invadente potesse risultare il suo comportamento, lei lo voleva fare e basta: voleva conoscere Vegeta, voleva che si fidasse di lei, voleva fargli capire che tipo di sentimenti avesse sviluppato nei suoi confronti. 

Questo voleva, la turchina, e non si sarebbe arresa fino a quando non l’avrebbe ottenuto. 

Così, dopo averlo visto volare via, si era appostata sul balcone di quella che era diventata la sua camera, seduta sulla sdraio mai utilizzata e con un pacco di sigarette in tasca. Ormai era dal suo ritorno da Namecc che aveva iniziato a fumare, un po’ perché il fatto di vedere sempre suo padre con la sigaretta in bocca aveva fatto venire il vizio anche a lei, e un po’ anche perché la rottura con Yamcha e l’inaspettato ingresso di Vegeta nei suoi pensieri l’avevano stressata non poco.

A volte si chiedeva che fine avesse fatto quel pappamolle del suo ex-che poi, tanto di pappamolle non si trattava, dato che era stato lui a piantarla su due piedi-: che se ne fosse tornato nel deserto insieme a Puar? Sarebbe stato il colmo, dopo aver passato anni ed anni nel lusso più sfrenato della città dell’Ovest. 

 

Aveva volato a velocità limitata, giusto per prendersi il tempo di pensare un po’ durante il tragitto: d’altronde non aveva alcuna fretta, ed aveva come la strana sensazione che una volta tornato in quella maledetta casa sarebbe successo qualcosa che lo avrebbe fatto molto adirare. Non che di solito non si adirasse: alla Capsule Corporation erano tutti degli impiccioni patentati, e se già la presenza di Bulma non bastasse, ci si metteva anche quella sciocca di sua madre, che però per lo meno, in cambio della sua sopportazione, gli offriva dei pasti completi niente male; l’unica persona degna di nota in quella gabbia di matti era il dottor Brief, che si era dimostrato fin dall’inizio uno svitato, ma uno svitato parecchio intelligente e che non perdeva tempo a farsi gli affari degli altri. Anzi, gli aveva spiegato moltissime cose interessanti sulla Terra e sui terrestri, ed era solo grazie a lui che il principe dei saiyan aveva potuto ambientarsi così bene... probabilmente, in caso contrario, avrebbe continuato ad uccidere il primo animale che passava per la strada per mangiarselo, esattamente come aveva sempre fatto durante le sue spedizioni per procurarsi del cibo. 

Era anche vero però che forse si stesse un po’ troppo abituando a quella vita fatta per la maggior parte di ozio e tranquillità, e dannazione, la cosa che lo faceva imbestialire era il fatto che quella vita non gli dispiacesse affatto: nessun pianeta da conquistare, nessuno spargimento di sangue, nessuna fatica, nessun tiranno che gli diceva cosa doveva e non doveva fare, e soprattutto nessun sottoposto inutile che avrebbe voluto tanto assassinare senza poterlo in realtà fare-a parte Kaharoth, ma lui era un’altra storia. Insomma, una vita fatta soltanto di piccole faide domestiche, tempo per allenarsi duramente e mocciosi che gli facevano domande personali-ed alle quali aveva addirittura iniziato a rispondere, era veramente un idiota. Ed il principe dei saiyan si convinceva ogni giorno di più che, probabilmente, se qualcuno l’indomani gli avesse ordinato di andare a conquistare un pianeta, si sarebbe messo a pensarci due volte, ed avrebbe esitato... e questo lo spaventava da morire, perché mai, mai nella sua vita Vegeta aveva mai pensato di poter esitare davanti alla distruzione di un pianetucolo qualsiasi, mai aveva pensato che avrebbe potuto cominciare a pentirsi di tutto quel sangue versato, di tutte quelle vittime mietute per mera soddisfazione personale-o, per la maggior parte, di Freezer-, mai si sarebbe pensato, Vegeta, che avrebbe potuto iniziare a vivere una realtà così diversa da quella a cui era sempre stato abituato e nella quale era cresciuto. 

Eppure eccolo lì, con davanti agli occhi quella che sembrava a tutti gli effetti una seconda possibilità regalatagli dal destino, ma con zero coraggio per poterla afferrare ed accettare; sentiva che gli mancava qualcosa, il giovane principe, quel qualcosa che lo avrebbe spinto definitivamente verso un’altra strada, quel qualcosa che l’avrebbe convinto ad accettare quella seconda possibilità servitagli su un piatto d’argento. 

Scosse la testa, Vegeta, mentre scorgeva in lontananza il profilo della buffa abitazione semicircolare, con le luci completamente spente, illuminata soltanto dal bagliore dei lampioni e della luna, che bellissima ed imponente, sovrastava la tranquillità della notte terrestre. Ora come ora doveva soltanto concentrarsi per diventare super saiyan, e soltanto poi avrebbe potuto pensare a cosa fare della sua vita. 

E fu solo quando si decise finalmente a volare in maniera più decisa verso il balcone della propria stanza da letto che bloccò repentinamente la sua avanzata: ritrovandosi di fronte, proprio a pochissimi metri di distanza da lui, seduta sulla sdraio, proprio l’ultima persona che avrebbe avuto voglia di vedere in quel momento.

Bulma se ne stava lì, ad osservarlo con fare impettito, mentre lui scendeva lentamente, atterrandole di fronte ed inarcando un sopracciglio infastidito: che diavolo ci faceva sul balcone di camera sua, quell’insulsa terrestre? Che avesse davvero così tanta voglia di morire giovane? 

 

«Finalmente sei tornato!» esclamò lei, alzandosi e puntando entrambe le mani sui fianchi «Allora, adesso vuoi spiegarmi dove caspita vai tutti i giorni?!»

Ancora con quelle stupide domande? Ma cosa diavolo fregava a quella sciocca donna che cosa facesse o dove andasse? Lei non c’entrava niente con le sue azioni, e di certo il principe non doveva renderle conto di nulla.

«Esci dalla mia stanza.» si limitò ad ordinare, con voce piatta, tentando in tutti i modi di non alzare le mani su una stupida donna indifesa.

«Sennò che mi fai? Fai saltare in aria me e questo stupidissimo pianeta?!» lo canzonò lei «Ma fammi il piacere! Non faresti del male a una mosca, non ti conviene affatto farlo!»

Lui non rispose. Al contrario, si limitò ad ignorarla, dirigendosi all’interno della propria camera e buttandosi a letto, accendendo il televisore: prima o poi si sarebbe stancata di stare lì ad aspettare risposte che non sarebbero mai arrivate, e allora finalmente lui avrebbe potuto dormire in pace.

«Smettila di ignorarmi!» lo rimbeccò la turchina «Sei impossibile!»

«A quanto pare, oltre a insultarmi, non hai niente da dirmi.» fu la pacata risposta del principe «Quindi per quale motivo dovrei starti a sentire?»

 

Bulma, a quelle parole, distolse lo sguardo in un accenno di insicurezza: era vero, non aveva nulla da dirgli, oltre a chiedergli dove fosse stato e-soprattutto-con chi, ma era anche vero che non fossero affatto affari suoi, ed era oltremodo sorpresa della maturità dimostrata da Vegeta nel parlarle in quel modo tanto tranquillo.

Ma non poteva farci niente: ogni volta che si trattava del burbero principe dei saiyan, la turchina perdeva completamente la testa, ed il fatto era che perdeva la suddetta testa per un ragazzo persino più giovane di lei, il che non era mai stato di sua abitudine. Le erano sempre piaciuti gli uomini più grandi, in fondo, e nonostante non avessero tutta quella gran differenza d’età-anzi, a dire il vero era pochissima-, l’azzurra si sentiva comunque un po’ in imbarazzo: anche se avesse avuto una possibilità, sarebbe stata comunque lei ad invecchiare per prima, e questo incideva altamente sulla sua priorità di apparire perfetta ai suoi meravigliosi occhi scuri. 

Ma, nonostante questi pensieri, la giovane scienziata non demorse e anzi, prese ad avvicinarsi con passi felpati al letto del bel principe, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso malizioso.

 

Vegeta, dal canto suo, cercò per tutto il tempo di tenere lo sguardo puntato sul programma che stavano dando in tv, in cui alcuni sciocchi terrestri si divertivano a cantare di fronte a centinaia di persone e quattro giudici, alcuni facendo anche delle morbose figuracce: era convinto che, ignorandola, quella scocciatrice avrebbe infine deciso di andarsene e lasciarlo da solo.

Ma così non fu, ed anzi, quella maledetta donna continuava imperterrita a farsi sempre più vicina, costringendolo addirittura ad indietreggiare, finché non si ritrovò bloccato allo schienale del letto, con due opzioni da valutare: avrebbe potuto starsene fermo e continuare ad ignorarla, oppure freddarla lì, con un attacco energetico che avrebbe per sempre messo a tacere le proprie sofferenze e l’insolenza della donna di fronte a sé.

E non seppe come, il principe, ma se la ritrovò davanti in men che non si dica, a pochissimi centimetri dal proprio viso, mentre lo guardava con occhi languidi. Occhi che però, non vennero affatto ricambiati.

Si gelò sul posto, Vegeta: che diamine voleva quella scriteriata da lui? Che volesse metterlo in imbarazzo? Beh, se così fosse, ci stava riuscendo alla grande.

Ma, con grande stupore ed adirazione da parte del giovane principe, la scienziata, senza neanche interpellarlo, senza neanche chiedergli se quel gesto gli avrebbe fatto piacere o meno, portò le proprie carnose labbra su quelle sottili e serrate di lui, che diventò dapprima rosso per l’imbarazzo, e poi viola di rabbia.

Ma come diavolo si era permessa? Come diavolo si stava permettendo di violare non solo i suoi spazi e la sua privacy, ma anche le sue regali labbra? Che diavolo si era messa in testa?!

La vena sulla fronte di Vegeta, che non ebbe neanche minimamente l’impulso di ricambiare quel gesto sconsiderato, iniziò a pulsare pericolosamente, mentre la sua aura si incrementava ogni secondo sempre di più, costringendo la povera Bulma ad allontanarsi repentinamente prima di venir letteralmente ustionata dalla stessa; la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare ed i denti del principe, sempre più stretti tra loro, presero a stridere, dando vita ad un ringhio di rabbia che mai, mai la turchina l’aveva sentito fare. O meglio sì, ma non con così tanta rabbia, e di certo non contro di lei: Bulma si portò entrambe le mani alla bocca, chiedendosi che cos’avesse appena fatto, vergognandosene subito dopo, e venendo letteralmente scaraventata a terra dalla forza dell’aura del principe che, ruggendo, si era alzato dal letto, iniziando ad avanzare pericolosamente verso di lei, spaventandola esattamente come l’aveva spaventata la primissima volta che si erano incontrati, appena due mesi prima, sul pianeta Namecc. 

 

«V-Vegeta...» provò a mormorare lei, strisciando sul pavimento, tentando in tutti i modi di allontanarsi il più possibile da lui.

«Che cos’hai appena fatto?» sibilò il principe «CHE COSA TI SEI APPENA PERMESSA DI FARE, DANNATA TERRESTRE?!»

Era arrabbiato, deluso. Si sentiva violato, si sentiva tremendamente mancato di rispetto: non aveva mai avuto un contatto del genere in tutta la sua vita, non ci aveva mai neanche pensato, perché la sola contemplazione di una cosa del genere lo faceva rabbrividire dal disgusto. Un bacio. Quella stupidissima donna gli aveva appena dato un bacio, e lui non aveva neanche potuto avere voce in capitolo: certo, se al posto suo ci fossero stati Nappa o Radish sarebbero stati decisamente felici di ricevere un’attenzione del genere da parte di una donna, ma lui no, non Vegeta, non il principe dei saiyan... e non perché in quel momento provasse disgusto per un gesto del genere, ma perché diamine, lui non lo voleva, quel bacio! Non lo voleva e probabilmente non l’avrebbe voluto mai; si era permessa di spingersi a tanto, di sfidare fino a quel punto la sua già precaria pazienza, ed il ragazzo stava cercando in tutti i modi di trattenersi dal far esplodere lei, quella sua insulsa casa e quel maledetto pianeta. 

Strinse i pugni, Vegeta, mentre sentiva la rabbia montare in sé sempre di più, fino al punto di non poterla più contenere e, correndo fuori in balcone, decise di spiccare il volo, scappando per sempre da quella buffa abitazione con tutta l’intenzione di non metterci mai più piede, e poco importava se tutte le sue cose fossero ancora lì, non aveva la minima intenzione di trattenersi un minuto di più.

Volò, volò lontano, Vegeta, fino a quando non raggiunse un enorme ghiacciaio deserto, le cui uniche abitanti erano le enormi montagne di ghiaccio che, imponenti, aspettavano soltanto che arrivasse qualcuno a distruggerle.

E quel qualcuno arrivò... oh, eccome se arrivò: il principe dei saiyan, preso dalla più totale frustrazione, cacciò un potente urlo prima di fiondarsi contro una di quelle gelide pareti, colpendola con un pugno talmente forte da disintegrarla totalmente e poi, atterrando proprio al centro di quella landa desolata, prese a lanciare colpi dell’aura a raffica, distruggendo qualunque cosa gli si trovasse intorno, fregandosene altamente se qualcuno avesse potuto sentire la sua aura farsi sempre più prorompente, fregandosene altamente se, di lì a poco, qualcuno di quegli scocciatori sarebbe accorso, credendo che quell’energia tanto infuriata appartenesse ad un nuovo potente nemico da sconfiggere. 

 

Ma non arrivò nessuno di loro perché Goku, dopo aver percepito forte e chiaro l’aura del suo rivale farsi sempre più ingombrante nei propri pensieri, aveva immediatamente pensato al peggio e, preoccupandosi che qualcuno avesse potuto attaccare la Terra mentre lui si trovava a sorseggiare tranquillamente del Campari sull’isola del Genio, si era teletrasportato immediatamente nel punto in cui si trovava il principe dei saiyan, trovandolo in condizioni pietose, mentre combatteva contro un nemico invisibile, quasi sull’orlo di picchiarsi da solo.

Perché lo vide non frenarsi neanche alla sua presenza alle sue spalle-probabilmente non l’aveva neanche notata-, buttandosi di testa contro ogni iceberg che incontrava, facendosi del male e urlando come un ossesso.

Che cosa gli fosse appena capitato, Goku proprio non lo sapeva, ma era certo del fatto che avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa per fermarlo immediatamente.

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Angolo autrice:

buonasera a tutti, amici ^^ eccomi tornata con questo nuovo capitolo pieno zeppo di avvenimenti: Bulma comincia a farsi sempre più pressante fino a che, colta da chissà quale istinto suicida, decide di BACIARE il principe dei saiyan O.o la nostra Bulmona l'è completamente impazzita, a quanto pare: kosa ciera in quei fagioli di balzar???

Nel frattempo, però, il nostro principone si allena per la prima volta con Gohan, e i due si scambiano anche delle confidenze *^* MA NON SONO CARINISSIMI? Potrebbero benissimo essere zio e nipote, non trovate? Peccato che lo zietto tra poco si f-AEHM FORSE MEGLIO NON SPOILERARE PRIMA DEL TEMPO.
Goku nel frattempo se ne va a cena con Giuma e Muten, completamente ignaro di tutto ciò che sta succedendo,
ma proprio TUTTO eh, perché non sapeva neanche che il principe si fosse allenato col suo stesso figlio! xD Gohan se l'è tenuto ben nascosto, questo piccolo segreto...
Ma ora che succederà? Che farà Goku per aiutare Vegeta? E quale sarà la sua reazione una volta scoperta la verità? Mi sa che Bulma si è appena cacciata nei guai...

-hilaris

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Capitolo 10
*** sistemazione temporanea ***


Faceva fuoco e fiamme da tutte le parti, colpendo con un colpo energetico chiunque le passasse accanto e sfidando a duello qualunque persona che si sarebbe ribellata a quel suo scatto d’ira: la giovanissima saiyan era completamente fuori di sé, presa dalla più totale frustrazione, e tutto perché suo padre le aveva appena dato la notizia più oscena che si sarebbe mai potuta sentir dire, e tutto perché suo padre, l’uomo che avrebbe dovuto portarla sulla retta via, aveva fatto un gran favore al grande sovrano, uccidendo per lui il suo più acerrimo nemico.

E questo aveva portato gravi conseguenze alla sua fin troppo giovane vita.

 

«Rosicheena, calmati, stai distruggendo tutto!» le aveva urlato la propria compagna, cercando di trattenerla per le spalle: loro due erano state sempre insieme fin dalla nascita; erano state vicine di culla quando erano soltanto due neonate in fasce ed erano state collocate nella stessa squadra fin da quando erano soltanto due bambine piccole; adesso erano cresciute, eppure sentivano ancora la stessa connessione che si era andata a creare durante i loro primissimi anni d’età.

«Spiegami come posso calmarmi!» aveva risposto lei, adirata «Mio padre mi ha praticamente appena venduta!»

La sua migliore amica storse il naso con disappunto «Adesso non esagerare... non ti ha venduta, ha solo offerto la tua mano ad un buon partito.»

«E non è letteralmente la stessa cosa?!» ruggì la ragazza, inveendo contro la sua stessa compagna «Parli bene, tu! Ormai ti frequenti con Bardack da mesi, e tuo padre non ti ha mai fatto pressioni su quest’argomento!»

«È vero, ma... ragiona! Sei la promessa sposa del principe! Chiunque sarebbe al settimo cielo, se si trovasse nei tuoi panni!»

A quel punto la più fumante delle due le si avvicinò bruscamente, ringhiandole in faccia con tutta la sua rabbia «Ah, sì? Anche tu?!»

L’altra abbassò leggermente il capo «Lo sai che provo delle forti emozioni per Bardack...»

«Appunto!» la interruppe lei «Non saresti affatto al settimo cielo, se fossi tu la promessa sposa di un uomo molto più vecchio di te! Neanche se si trattasse di una divinità!»

«Ma-»

«No, Gine, niente ma! Sai che ho ragione!» fece un sospiro, tentando di calmarsi: in fondo, inveire contro colei che era sempre stata come una sorella non le sarebbe giovato affatto, e inoltre la sua amica non aveva alcuna colpa di quello che le stava accadendo «Ci hai pensato che, magari, vorrei anch’io provare le tue stesse emozioni? O al fatto che se mi sposassi con il principe non potrei più passare così tanto tempo insieme a te?»

Lei sembrò intenerirsi «Oh, Ros...»

«No, non cominciare con i tuoi soliti sentimentalismi inutili, sai che non li sopporto.» però, in fondo, era stata lei la prima a lanciare la pietra per i sentimentalismi della sua amica: a volte si chiedeva se quella ragazza fosse davvero una saiyan, si comportava in modo così strano che la confondeva ogni volta.

Adirata, Rosicheena scalciò una pietra, colpendo involontariamente un vecchio guerriero che stava passando di lì per caso e che, alzando il proprio bastone nella direzione delle due, cominciò a starnazzare come un ossesso, gridando: «Ma insomma! Voi giovani d’oggi non avete alcun rispetto per i più anziani! Vuoi che venga lì a insegnarti le buone maniere, signorina?!» 

«Mi scusi tanto, ma era lei che stava in mezzo ai piedi!» fu la risposta viscida della giovane guerriera che, incrociando le braccia al petto stizzita, voltò le spalle all’anziano, scatenando nella propria compagna di una vita una risata al limite dell’ilarità: Rosicheena non era affatto quella che si poteva definire una persona paziente, ma alle volte era veramente buffa!

«La prossima volta che ti becco in giro, ragazzina, ti faccio la festa! Non devi mai sottovalutare un vecchio guerriero in pensione!»

Lei si girò di scatto «Tanto mi ci sto per sposare, con un vecchietto in pensione! Le saprò dire quando sarò entrata in vita coniugale!» 

«Dai, non arrabbiarti, Ros!» la sua migliore amica la prese per il polso, cercando di portarla fuori da quella situazione spiacevole: in fondo era vero, nessuno avrebbe mai dovuto sottovalutare la pericolosità dei guerrieri anziani, avevano sempre un asso nella manica, e venir sfigurata a soli diciassette anni non era proprio il massimo per una giovane donna della sua bellezza. 

«Smettila di chiamarmi così, non lo sopporto.» 

 

*

 

«Vegeta, calmati, stai distruggendo tutto!»

 

L’aveva sentita, l’aura di Kaharoth, eccome se l’aveva sentita, ma l’aveva semplicemente ignorata: l’ultima cosa che voleva in quel momento era avere a che fare con quell’inetto, aveva cose più importanti a cui pensare, come a un bello e fantasioso modo di autodistruggersi, distruggendo insieme a sé stesso anche quel maledettissimo pianeta e tutti i suoi insulsi abitanti.

Come aveva potuto lasciare che una cosa del genere accadesse? Come aveva potuto lasciare che quella terrestre si illudesse a tal punto da credere che avrebbe ricambiato il tipo di sentimento che provava per lui? Come, se nella sua vita non aveva mai provato niente del genere? E perché l’aveva fatto? Perché l’aveva umiliato così? 

Voleva soltanto sfogarsi, Vegeta. Voleva sfogarsi, perché non riusciva a comprendere quella sensazione di ripudio che aveva provato nel momento in cui quella sfrontata donna aveva posato le proprie labbra sulle sue: non avrebbe dovuto provare anche un minimo di piacere? Non avrebbe dovuto provare tutto meno che disgusto, da quel contatto? Eppure, ogni volta che Nappa faceva una conquista, se ne vantava ovunque e con tutti! Perché a lui aveva fatto così... così... schifo? Perché lui era così diverso dagli altri? 

Si lanciò contro un altro iceberg, il principe dei saiyan, colpendolo con la testa con talmente tanta forza da aprirsi un profondo taglio sulla fronte, il cui sangue gli appannò la vista dell’occhio sinistro. 

 

«Vegeta!» provò di nuovo a chiamarlo Goku, stavolta cominciando ad inseguirlo per tutto il ghiacciaio, nella mera speranza di riuscire a farlo ragionare.

Ma come avrebbe potuto farlo, lui, se non sapeva neanche per quale motivo si stesse comportando così? Come poteva Goku anche solo credere di dare una mano a quel principe così strambo, se non sapeva neanche che cosa diamine gli fosse capitato? 

Però non poteva neanche lasciare che si facesse del male, si stava letteralmente dando ad una sorta di autolesionismo tutto particolare, sbattendo volontariamente la sua prorompente testa contro qualsiasi cosa gli capitasse a tiro: sembrava completamente impazzito.

Alla fine il saiyan dai capelli a palma, stanco di doverlo inseguire ovunque, si teletrasportò direttamente di fronte a lui e, dopo aver incrementato la sua aura, lo prese per entrambe le spalle, bloccandolo, cercando di ignorare i suoi continui sforzi di liberarsi da quella salda presa.

Vegeta scalciava, tirava pugni, ringhiava, urlava, eppure Goku non sembrava aver la minima intenzione di lasciarlo andare, di lasciarlo tornare a fare quello che stava facendo fino a quel momento. Goku voleva sapere, e voleva sapere subito. 

«Vegeta, accidenti, datti una calmata!» ringhiò esasperato e, all’ennesimo calcio andato a vuoto del principe, il giovane super saiyan decise di mettere fine a quella sceneggiata, tirandogli un pugno ben assestato sul muso, che gli fece rivoltare la testa all’indietro.

E, sorprendentemente, Vegeta non rispose al colpo, ma si limitò a freddarsi sul posto, incatenando gli occhi nei suoi, mostrandogli uno sguardo carico di rabbia. Ma non sembrava affatto rabbia verso di lui, no... qualcun altro doveva avergli fatto un torto; e a giudicare dall’espressione del principe, quel torto era anche stato piuttosto grave.

 

«Lasciami.» provò a dire il saiyan dai capelli a forma di fiamma, tuttavia con molta poca convinzione. In realtà non voleva affatto che quello scriteriato lo lasciasse, in realtà aveva assoluto bisogno che qualcuno gli facesse capire che stava compiendo soltanto una pazzia, e che si sarebbe potuto ammazzare sul serio.

Ma aveva davvero bisogno di qualcun altro, per capirlo? Davvero stava diventando così debole?

No... forse debole lo era sempre stato: non era stato nemmeno capace di fare sua un’insulsa terrestre che aveva dimostrato interesse nei suoi confronti; non valeva nulla, non valeva davvero nulla. Ma questo non doveva palesarlo, non doveva lasciarlo trasparire: agli occhi degli altri, lui doveva essere il fiero principe dei saiyan, sicuro di sé, beffardo e con zero paura, sia verso gli altri che verso sé stesso.

Ma verso sé stesso... di paura ne stava provando davvero tanta, e bruciava, bruciava almeno quanto l’umiliazione, almeno quanto le ferite causate dalla spaccatura del suo orgoglio, almeno quanto il taglio che aveva sulla fronte. 

 

Goku si fece ancor più serio «Che diavolo ti è preso, me lo spieghi?»

«N-non sono affari tuoi, idiota!» riacquistando improvvisamente un minimo di lucidità, il principe poggiò entrambe le mani sul petto dell’imbecille, spingendolo via, imponendo nuovamente quella distanza tra loro che ci sarebbe sempre dovuta essere «Tornatene a casa. Non so se te lo ricordi, ma hai addirittura un figlio da controllare, pensa!»

«Gohan sta benissimo.» fu la candida risposta del saiyan cresciuto sulla Terra «E di certo non sta dando di matto nel bel mezzo della notte.»

La vena sulla fronte del principe riprese a pulsare in modo spaventoso: ma perché quella sera nessuno voleva lasciarlo in pace?

«A chi stai dando del matto?!» gli inveì contro, ringhiando.

«A nessuno, non ti ho detto che sei matto.» si giustificò il Son «Ti ho detto che stai dando di matto. E la cosa mi ha fatto preoccupare, credevo sul serio che fosse apparso un nuovo nemico!»

«Beh, come vedi ci sono solo io, adesso fila via!»

Ma Goku non demorse «Forse dovresti tornartene alla Capsule Corporation e farti una bella dormita.»

Nel sentire il nome di quel luogo maledetto il principe ebbe un fremito, quasi un impulso di tornarci per davvero, ma non per restarci, assolutamente no... l’impulso che ebbe Vegeta  in quel momento fu quello di andare lì e torturare brutalmente quella stupida donna che aveva osato mancargli di rispetto fino a quel punto. E per un attimo, per un solo attimo, sentì montare nuovamente in lui quell’oscurità con la quale non entrava in contatto da ormai un mese e mezzo, quel sadismo sfrenato che, in quel breve tempo passato sulla Terra, si era lievemente affievolito... e in quell’istante, Vegeta si fece quasi paura da solo.

«Non ci torno, in quel posto!» ringhiò, tentando in tutti i modi possibili ed immaginabili di mantenere un autocontrollo che però non era mai stato il suo forte «Vattene, Kaharoth! Non ho affatto voglia di perdere il mio tempo con te!»

Goku inarcò un sopracciglio, visibilmente confuso: non ci torno in quel posto, gli aveva appena detto il suo rivale. Ma perché? Che diamine gli era capitato? 

Okay, Vegeta non era proprio il tipo più controllato ed equilibrato del mondo, ma non era neanche il tipo che arrivava a sfuriare in quel modo per un motivo futile-o almeno dal suo punto di vista. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave, ed il saiyan dalla sgargiante tuta arancione stava seriamente iniziando a preoccuparsi.

«E dove avresti intenzione di andare?» fu la sua genuina domanda «Di certo non ti faranno stare in un albergo. Non hai un soldo.»

«Questi sono affari che di certo non riguardano te.»

«E invece ti sbagli!» Goku gli rivolse uno dei suoi soliti sorrisi «Perché se non trovassi una sistemazione in fretta, poi con chi mi allenerei tutte le mattine, io? Guarda che non sei l’unico che pensa un po’ a sé stesso, qui!»

Vegeta, a quell’esclamazione così idiota ma allo stesso tempo così maledettamente sensata da fargli quasi venire la nausea, rispose con un sonoro ‘tsk’, dando poi le spalle al proprio nemico giurato, decidendo che non lo sarebbe stato a sentire più di tanto ed aspettando pazientemente che si stancasse di starsene lì a impicciarsi degli affari suoi.

«Senti, ho un’idea.» aggiunse poi il saiyan dai capelli a palma, e quell’affermazione era stata esclamata con tanta sicurezza da convincere quasi il principe a voltarsi nuovamente nella sua direzione; cosa che poi, fortunatamente, riuscì a non fare.

«Incredibile! Non pensavo che quel tuo unico neurone rimasto potesse addirittura essere capace di generare delle idee!» fu la sua tagliente risposta: che poteva farci, se quell’imbecille gliele serviva su un vassoio d’argento? 

Il super saiyan ignorò volutamente quella risposta carica di ironia e decise di continuare a sorridergli sornione, nonostante poi lui fosse girato di spalle e non potesse vedere sulla sua faccia quell’espressione che solitamente avrebbe considerato ‘da ebete’, e aggiunse, ridacchiando per stemperare la tensione: «In casa mia c’è una stanza per gli ospiti utilizzata da mio suocero solo un paio di volte: certo, non sarà neanche lontanamente paragonabile a quelle che ci sono in casa di Bulma, ma è pur sempre attendibile per un tipo non troppo sedentario come te, e inoltre in questo modo potremo allenarci tutte le volte che vorremo senza starsi a mettere d’accordo sugli orari e sui luoghi d’incontro! Insomma, potresti venire a stare da me... se ci pensi bene, ti porterebbe soltanto vantaggi!»

Il principe dei saiyan rischiò seriamente di strozzarsi con la sua stessa saliva: davvero quel mentecatto inutile di terza classe gli aveva appena proposto di essere il suo coinquilino? Davvero quell’idiota gli aveva appena chiesto di andare a vivere in casa sua, insieme a lui... insieme a Gohan?! Due uomini e un moccioso, seriamente? Se si fosse venuto a sapere, di certo tutti si sarebbero cominciati a fare delle domande, e probabilmente avrebbero cominciato a girare delle voci non indifferenti.

Arrossì a quel pensiero: da quando gli interessava l’opinione altrui? Da quando dava ascolto a inutili pettegolezzi terrestri? No, non era questo che lo preoccupava principalmente, e lo sapeva più che bene: la cosa che lo preoccupava di più era il fatto che, se avesse anche solo avuto l’intenzione di accettare-e a dire la verità, era quasi sicuro di avercela sul serio-, allora avrebbe dovuto passare letteralmente tutte le sue maledette giornate insieme a quel mentecatto di Kaharoth. Certo, la cosa gli provocava disgusto al sol pensiero, questo era ovvio, ma a pensarci bene, l’imbecille non aveva avuto poi così tanto un’idea malsana: in fondo, come aveva ben precisato lui, avrebbe avuto un tetto sopra la testa, decisamente meno gente intorno-e soprattutto saiyan, che di certo non erano di indole pettegola e di certo non si sarebbero immischiati troppo in quello che faceva e in quello che non faceva, o almeno così sperava-, più tranquillità e, soprattutto, il suo rivale da utilizzare come sacco da box ogni volta che ne avesse sentito il bisogno. Mica male come prospettiva.

E gli venne quasi da vomitare nel momento in cui, sinceramente incuriosito dalla proposta della terza classe, si era persino voltato nella sua direzione, ritrovandosi davanti quel sorriso da idiota che tanto detestava e che avrebbe tanto voluto far sparire una volta per sempre dalla sua faccia.

«E dai, Vegeta, non guardarmi così!» esclamò il mentecatto, sentendosi fulminato dallo sguardo severo del proprio interlocutore «Non ti sto mica chiedendo di sposarmi!»

«Guarda, ci mancherebbe soltanto questo.» sibilò il principe con una vena di istinto omicida nella voce ed arrossendo come una ragazzina a quelle parole, che suonavano fin troppo provocatorie per i suoi gusti «Tsk. E sia, verrò da te. Ma solo ed esclusivamente fino a quando non avrò trovato un altro posto dove stare, sia ben chiaro. È una sistemazione TEMPORANEA, non ho alcuna intenzione di passare il resto dei miei giorni sotto il tuo stesso tetto. Sono stato abbastanza chiaro?»

Goku, a quelle parole, dovette trattenersi dal saltare di gioia: davvero il burbero, cinico, strafottente principe dei saiyan aveva appena accettato in maniera così semplice una proposta come quella? Non c’era neanche stato il bisogno di mettersi in ginocchio a pregarlo, il che sarebbe stato il suo piano b! Allora doveva essere proprio deciso a non tornare alla Capsule Corporation. Si chiedeva davvero che cosa potesse essere successo, ma decise che non gliel’avrebbe chiesto, non ancora almeno... avrebbe aspettato che fosse lui a vuotare il sacco in un giorno di quelli. D’altronde, non era proprio uno che si dimenticava i torti subiti così facilmente, Vegeta, e doveva davvero essere capitato qualcosa di scottante per fargli addirittura accettare una convivenza forzata con lui.

«Davvero, Vegeta?!» esclamò, al settimo cielo «Ne sono davvero felice! Allora potremo allenarci tutte le volte che vogliamo!»

«Falla finita, mi sembri un moccioso petulante.» commentò lui «Vedi di non farmi pentire di questa decisione, o giuro sul mio orgoglio che ti decapito nel sonno. Sono stato chiaro?»

«Cristallino! Eheheh!»

 

*

 

Era arrivato di fronte a casa Son in volo, rifiutandosi categoricamente di farsi accompagnare dal deficiente tramite il teletrasporto: aveva già subito abbastanza la sua presenza ravvicinata, non ne aveva bisogno di altra, e doveva ancora metabolizzare alla perfezione il fatto che avrebbe dovuto vedere quella faccia da ebete tutto il giorno tutti i giorni. Però, alla fine, quale altra scelta aveva?  Di certo non sarebbe andato a elemosinare un posto dove stare come un misero mendicante, non si sarebbe mai abbassato a tanto, e piuttosto che andare a vivere nei boschi e cominciare a puzzare come un animale, per il momento la casa di Kaharoth era l’unica soluzione attendibile alla sua problematica. Anche perché di certo, finché non fosse diventato super saiyan, non si sarebbe schiodato dalla Terra per nessun motivo al mondo. 

Ma si era ripromesso fin dal primo istante che quella sarebbe stata una sistemazione temporanea, roba di poco tempo, insomma. Giusto finché non avrebbe trovato un altro posto dove stare: e in fin dei conti, avrebbe potuto spendere quelle ore di non allenamento per andarsene in giro a cercare un buon luogo; in questo modo sarebbe stato anche lontano da Kaharoth. Sì, avrebbe decisamente fatto così.

Però, quando finalmente giunse di fronte alla casa del proprio rivale, si fermò un attimo a riflettere, prima di girare la chiave nella toppa-sì, quel decerebrato gli aveva letteralmente appena dato le chiavi di casa-: Kaharoth lo aveva avvertito che prima di andarsene definitivamente a casa a dormire avrebbe dovuto fare una cosa e l’aveva mandato avanti, dicendogli di fare come se fosse a casa sua. Ma era veramente il caso di entrare mentre il moccioso dormiente non sapeva ancora nulla di ciò che lui e quel suo dannato padre si erano detti? Magari quell’insulso mezzosangue avrebbe potuto farsi delle strane idee, e lui si sarebbe dovuto mettere persino a spiegare tutta la storia.

Ma poi concluse che no, Gohan non si poteva fare strane idee-o almeno, non QUEL TIPO di idee-, quindi alla fine decise di entrare in casa, inconsciamente senza far alcun tipo di rumore, dirigendosi al piano di sopra, esattamente dove il suo rivale gli aveva detto si trovasse la stanza degli ospiti: in fondo al corridoio a destra, esattamente accanto al bagno. Non poteva certo sbagliarsi, in fondo quella casa era così piccola.

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Angolo autrice:

Eccomi tornata con un nuovo, scoppiettante capitolo!
Devo dire di essermi assentata parecchio prima di pubblicarlo, almeno secondo i miei standard, ma mi sono davvero divertita a scriverlo. Finalmente abbiamo un development per la nostra coppia di saiyan preferita, e ovviamente si tratta di una convivenza forzata! D'altronde, tutte le GokuxVegeta che si rispettino partono con questo tipo di avvenimento. 

A quanto pare il nostro principone non ha più intenzione di tornare alla Capsule Corporation per via del comportamento di Bulma, ma accetta di stabilirsi a casa del proprio rivale... come andrà a finire, secondo voi?
Cominciamo anche un po' a capire il rapporto che c'era tra la madre di Goku e la madre di Vegeta, ma che collegamento avrà la loro vecchia amicizia con la relazione dei nostri due saiyan? Lo scopriremo, più avanti, ma lo scopriremo ;) 
Non è stato un capitolo molto produttivo, lo ammetto, è molto di passaggio, ma spero che vi piaccia comunque ^^


Alla prossima!

-hilaris

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Capitolo 11
*** let it be ***


Goku era tornato a casa più tardi del previsto, trovando fortunatamente la porta d’ingresso aperta: il principe dei saiyan, contro ogni sua più macabra aspettativa, non l’aveva lasciato tutta la notte fuori per fargli uno dei suoi soliti dispetti, e dopo quella lunga serata sarebbe potuto tranquillamente tornarsene al calduccio della sua amata casetta a riposarsi un po’.

Distrattamente e facendo attenzione a non fare disastri, il saiyan cresciuto sulla Terra poggiò tutta la roba che si era portato dietro sul tavolo della cucina, decidendo che l’avrebbe data al suo nuovo coinquilino l’indomani: era passato dalla Capsule Corporation per prelevare tutte le cose di Vegeta-che per fortuna erano poche e non troppo pesanti-, e la sua migliore amica, senza neanche stupirsi troppo del suo arrivo, aveva semplicemente preso ad infilare le poche cose del suo ormai ex ospite in delle piccole borse.

«E così viene a stare da te, eh?» gli aveva fatto, con tono malinconico e colpevole, facendogli intendere che doveva essere successo qualcosa di grave tra loro «Me lo sarei aspettato, in fondo sei la cosa più simile ad un amico che ha...»

Il saiyan le aveva infatti spiegato che in quell’ultima settimana si erano allenati molto spesso insieme, ed alla sua breve spiegazione Bulma aveva capito che, forse, fare tutte quelle domande al principe dei saiyan su dove andasse e cosa facesse era stata una decisione molto poco saggia. Adesso si chiarivano tante, tantissime cose.

«Se ti sentisse ti ucciderebbe!» aveva riso Goku, grattandosi la nuca in modo imbarazzato.

A quel punto la turchina, presa dal più totale senso di colpa, era scoppiata in lacrime, stringendosi al petto del proprio migliore amico. Era stata una fortuna che Goku fosse venuto da lei: se non si fosse sfogata con qualcuno prima di subito probabilmente quella notte non sarebbe affatto riuscita a chiudere occhio; ed avere un amico come il giovane saiyan al suo fianco era un vero e proprio toccasana.

«L’ho baciato, Goku!» aveva quasi urlato lei, mentre il ragazzo le cingeva dolcemente i fianchi con un braccio, carezzandoglieli amichevolmente e con fare quasi paterno «L’ho baciato senza neanche chiedergli il permesso! Era così arrabbiato che pensavo mi avrebbe uccisa! So che ho sbagliato, lo so, ma non sono riuscita a fermarmi, è stato un impulso! Tu mi capisci, vero?»

E soltanto in quel momento il super saiyan capì: Bulma aveva decisamente fatto il passo più lungo della gamba senza pensare alle conseguenze-che con uno come il principe ci sarebbero comunque state, sia nel bene che nel male- e lui chiaramente non aveva gradito. Certo, il ragazzo capiva perfettamente che Vegeta non fosse un tipo che passava inosservato, in fondo aveva una bellezza veramente invidiabile, ma la sua amica aveva sbagliato a buttarsi su di lui in quel modo senza essere affatto ricambiata. E per uno come il principe dei saiyan, questo gesto, era come la peggiore delle sconfitte.

Ed aveva capito, Goku. Aveva capito per quale motivo avesse sfuriato in quel modo: era stato ferito nell’orgoglio, ed anche il suo spazio personale era stato fortemente violato. Era anche per quest’ultimo motivo che il saiyan dai capelli a palma aveva deciso di consegnargli i suoi pochi averi soltanto la mattina dopo. 

 

E la mattina dopo arrivò, veloce ed indisturbata, a disturbare invece il sonno di tutti e tre i saiyan dormienti in quella piccola abitazione sperduta tra le montagne.

La mattina dopo arrivò, dopo una notte che non aveva affatto portato consiglio al giovane principe, che si era svegliato probabilmente ancora più stanco di prima, con la testa che pulsava dolorosamente ed un mare di pensieri nella mente.

Buttando un occhio sull’orologio appeso al muro, Vegeta aveva notato che fosse davvero molto presto: erano soltanto le 5 del mattino, ma il sole stava già sorgendo; stando su quel pianeta aveva imparato che d’estate le giornate diventavano più lunghe, mentre d’inverno erano decisamente più corte, e quella tiepida mattina di luglio era decisamente una mattinata estiva. 

Si alzò dal letto stancamente e, sbadigliando in modo rumoroso, si diresse immediatamente al di fuori di quella che era la sua nuova camera da letto, con tutta l’intenzione di scendere in cucina e cercare il caffè e l’apposita macchina per prepararlo. Alla Capsule Corporation ci pensavano i droidi cuochi oppure l’assillante madre di quella maledetta donnaccia, ma il principe dubitava fortemente che a casa di Kaharoth ci fossero macchine del genere, e di certo non si sarebbe fatto servire il caffè da quell’idiota... probabilmente era così stupido che l’avrebbe avvelenato senza volerlo.

Scendendo le scale però, il ragazzo poté chiaramente sentire dei movimenti provenienti dal piano di sotto. Si fermò un attimo a controllare: l’aura del moccioso sembrava già attiva da un bel po’, mentre quella dello scansafatiche che probabilmente ronfava ancora al piano di sopra era a riposo.

Distrattamente, il principe scese tutte le scale, sbucando in salotto, ma non essendoci una porta che divideva il salotto dalla cucina, fu facile per lui individuare quella minuta figura girata di spalle in direzione dei fornelli, in piedi su uno sgabello di legno: Gohan era già alzato e si stava preparando la colazione.

 

Il bambino era così preso da ciò che stava facendo che neanche si accorse dell’aura del principe e, una volta giratosi dall’altra parte ed esserselo ritrovato davanti, gli venne quasi un colpo: che diamine ci faceva Vegeta in casa sua, a quell’ora del mattino?!

Cacciando un urletto sorpreso, il piccolo Gohan cadde rovinosamente dallo sgabello, riuscendo quasi per miracolo a salvare la tazza contenente il latte caldo nel quale stava per mettere il suo adorato cacao.

C’era da dire che fosse piuttosto sconvolto dalla presenza del principe proprio di fronte ai suoi occhi, ma il ragazzo più grande sembrava talmente stanco che probabilmente non si era neanche accorto della sua reazione, che normalmente avrebbe definito ‘da imbecille’.

«V-Vegeta!» esclamò, alzandosi da terra, tenendo ancora i grandi occhi spalancati puntati sul proprio interlocutore «Che sorpresa... non pensavo proprio di trovarti qui così presto! Tu e papà vi siete dati appuntamento prima?»

Però, a guardarlo bene, non sembrava affatto in tenuta da allenamento: i capelli a fiamma erano visibilmente disordinati, i grandi occhi scuri contornati da occhiaie di un inquietante colore viola e ad i piedi portava soltanto un paio di calzini neri. E cosa più importante, era vestito esattamente come la sera precedente! Non aveva affatto indosso la sua solita battle-suit da saiyan!

Che avesse dormito lì, nella stanza degli ospiti? Ma la sera prima se n’era tornato alla Capsule Corporation. Che per la strada avesse incontrato suo padre e si fossero allenati fino a tarda notte? In fondo aveva sentito tornare Goku molto tardi, mentre lui si stava alzando per andare in bagno.

Fu solo in quel momento che entrambi notarono le diverse borse poggiate sul grosso tavolo circolare in legno: al principe venne quasi un colpo nel vederle, mentre il piccolo Gohan si limitò a capire che era molto probabile che in quella casa ci sarebbe stato un ospite a tempo indeterminato, anche se non ne capiva affatto il motivo. Forse, semplicemente, suo padre e Vegeta avevano deciso di allenarsi anche la notte per incrementare la loro potenza, e quindi per questa ragione il principe avesse deciso di passare qualche giorno lì per poter mettere meglio in atto la cosa. Sì, il motivo doveva per forza essere quello. 

 

«Chiedilo a tuo padre.» rispose seccamente il più grande, avvicinandosi alle credenze della cucina «Non lo so nemmeno io perché sto qui.»

Non aveva alcuna intenzione di essere lui quello che avrebbe spiegato a Gohan per quale motivo fosse in quella casa: diamine, quel moccioso aveva un padre e, anche se Kaharoth non sembrava affatto la responsabilità fatta persona, era LUI a dover spiegare alla propria prole il motivo di quella convivenza forzata. In fondo, Goku non sapeva affatto perché avesse lasciato la Capsule Corporation-o almeno così sperava, dato che a quanto pareva era andato letteralmente a fargli i bagagli-, e quindi anche il mezzosangue avrebbe ricevuto una spiegazione piuttosto spiccia, ed il principe era sicuro che Gohan non si sarebbe impicciato più di tanto. In fondo, a guardarlo, sembrava già aver capito, e non pareva neanche troppo dispiaciuto, soltanto parecchio sorpreso, e questo era comprensibile. 

Dopo aver cercato nei meandri di quegli scaffali di legno per almeno cinque minuti, alla fine Vegeta trovò ciò che stava cercando con tanta devozione: un barattolo di meraviglioso caffè era lì ad aspettare soltanto lui e, accanto a quest’ultimo, vi era anche una moka che non vedeva l’ora di utilizzare al più presto per togliersi quella dannata stanchezza di dosso.

«Sei fortunato ad averlo trovato!» fu l’esclamazione del bambino, che intanto si era seduto sul divano a bere il proprio latte «Io e papà non beviamo caffè! Quello è l’ultimo rimasto della mamma!»

«Beh, meglio per me.» rispose lui «Di’ un po’... ma i mocciosi come te, su questo pianeta, non dormono fino a tardi?»

Il bambino annuì sorridendo «Sì, certo, molti dei miei coetanei lo fanno. Ma io alle 10 devo andarmi ad allenare con Junior, e tra poche settimane ho un’importante verifica con il mio maestro privato... mi piace allenarmi, ma non posso trascurare lo studio. Quindi ne approfitto svegliandomi prima, così avrò il resto della giornata libera!»

«Ah, ecco.» 

Beh, era decisamente notevole: a differenza di suo padre, quel mocciosetto sembrava essere una persona molto organizzata e devota ai propri impegni; già il fatto che si dedicasse sia a studio che ad allenamento in modo così ambizioso dimostrava la sua forte indole saiyan. In fondo, non solo il corpo avrebbe dovuto essere allenato, ma anche l’intelletto voleva la sua parte, e quel bambino sembrava averlo capito molto prima di quanto l’avrebbe capito quell’imbecille di Kaharoth, che probabilmente non ci sarebbe arrivato mai. 

Più passava il tempo, e più Vegeta si chiedeva se quel piccolo bastardo non fosse stato adottato... certo, era un mezzo saiyan e su questo non c’era alcun dubbio, ma magari poteva essere figlio di qualche altro sopravvissuto a lui sconosciuto; si rifiutava di credere che un bambino così intelligente potesse essere figlio di un idiota senza alcun neurone funzionante. 

«E tu?» chiese a quel punto Gohan curioso «Come mai alzato così presto? Tu e papà non vi allenate mai prima delle 7!» 

Il principe dei saiyan versò il caffè caldo in una tazzina, iniziando a sorseggiarlo con gusto «Ho avuto una nottata complicata.»

«Ah, capisco capisco! Abbiamo tutti le nostre giornate no!»

Accidenti, parlare con quel moccioso sembrava come chiacchierare del più e del meno con un suo coetaneo: gli veniva così dannatamente naturale intavolare conversazioni del genere con lui, che al principe quasi venne la nausea. Di certo però Gohan non era una persona troppo spiacevole: c’era decisamente di peggio, e Vegeta lo sapeva eccome.

 

«Ma si può sapere che ci fate già alzati, voi due?»

 

Disturbato dalle chiacchiere provenienti dal piano di sotto il povero Goku, che avrebbe tanto voluto continuare a dormire ancora per un paio d’ore, si era svegliato controvoglia, scendendo svogliatamente le scale per controllare cosa stesse succedendo, e ciò che si ritrovò davanti fu proprio un buffo quadretto: il burbero principe dei saiyan era poggiato al piano della cucina, bevendo un caffè preso chissà da dove, e stava tranquillamente conversando con suo figlio, che si era messo seduto sul divano a fare colazione. A vederli sotto quella luce, sembravano quasi due fratelli, quello maggiore con due occhiaie scure sotto gli occhi e con addosso un’evidente sonnolenza e quello minore pimpante e pronto a cominciare come sempre una nuova giornata.

Era a dir poco incredibile, e Goku non poté fare a meno di sorridere teneramente a quella scena, raggiungendo i due e stiracchiandosi, emettendo versi che non sarebbero mai potuti uscire dalla bocca di un essere umano. Versi che irritarono non poco il principe.

 

«Sei tu il nullafacente di turno, Kaharoth.» lo sbeffeggiò Vegeta, buttando in modo distratto la tazzina nella lavastoviglie ed aprendo il frigo alla ricerca di qualcosa di fresco da poter bere «Quando imparerai a comportarti come un vero saiyan avrai le rughe e cinque nipoti.»

E, detto questo, dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua ed aver preso dal tavolo quelli che a quanto pareva erano i suoi bagagli, si diresse al piano di sopra, con tutta l’intenzione di farsi una bella doccia e cambiarsi quei vestiti ormai belli che sporchi.

 

*

 

«Ma ti vuoi muovere?! Non ho mica tutto il giorno, io!»

 

Ormai era da più di mezz’ora che il principe dei saiyan, dopo essersi infilato una tuta gialla e nera-constatando che la sua battle-suit era rimasta dove l’aveva lasciata la sera precedente-, si era messo ad aspettare in salotto che quell’imbecille del suo rivale si finisse di preparare per uscire ad allenarsi come ogni mattina. 

Perché diamine Kaharoth ci stesse mettendo così tanto a mettersi addosso quell’oscena tuta arancione che di più oscene non se ne potevano trovare, proprio non lo sapeva; in fondo non sembrava così difficile da mettere, dannazione! Quel suo atteggiamento gli faceva proprio perdere la pazienza.

 

«Ecco, un minuto soltanto!»

 

Goku nel frattempo, chiuso nella sua camera davanti allo specchio interno all’armadio, stava tentando in tutti i modi di infilarsi i pantaloni del proprio gi, notando con una vena di delusione che la sua misura era palesemente aumentata di una taglia buona: davvero la cena della sera prima lo aveva rovinato in quel modo? Beh, effettivamente lui, Giuma e il Genio si erano scofanati un pasto che sarebbe bastato per non uno, ma ben due reggimenti. Ma non pensava davvero che i saiyan potessero ingrassare-ed effettivamente era così, ma a quanto pareva lui era strano fin dalla nascita.

Sconsolato, alla fine, il saiyan dai capelli a palma si rinfilò i pantaloni del pigiama grigio, scendendo al piano di sotto a testa china.

 

«Sei osceno.» fu il commento sprezzante del principe «Si può sapere che diavolo sarebbe quest’accostamento? Hai un senso dello stile orribile esattamente come tutto il resto di te stesso.»

«Smettila di prendermi in giro!» esclamò l’altro «Sono solo ingrassato un po’! Ieri sera ci sono andato giù pesante!»

«Ma come sarebbe ‘ingrassato’?! I saiyan non ingrassano, razza di idiota!»

«Beh, a quanto pare io sì! Ti crea forse dei problemi questo particolare o tu pensi di essere il modello di una rivista?» 

«Tsk.» Vegeta distolse velocemente lo sguardo «Muoviti, andiamo ad allenarci.»

 

Ma, prima ancora che i due saiyan si avviassero insieme verso la porta, quest’ultima si spalancò all’improvviso, mentre una voce femminile squillante ed allegra esclamava un «Goku! Gohan! Ci siete, tesorucci?» abbastanza eccitato; cosa che, per inciso, fece irritare particolarmente il saiyan dai capelli a fiamma.

Saiyan dai capelli a fiamma che, di fatto, una volta messo a fuoco ciò che gli era capitato di fronte, cominciò a chiedersi chi diavolo fosse quella vecchia signora che era appena entrata in casa, con una grossa... non sapeva neanche lui cos’era, forse una borsa, attaccata saldamente alla spalla.

«Zia Elodie!» fu l’esclamazione dell’idiota che evidentemente, a differenza sua, conosceva alla perfezione quell’intrusa «Qual buon vento! Sono felice di rivederti!»

«Oh, sì, caro! Ieri sera mio fratello mi ha raccontato che sei dovuto scappare di corsa dalla cena perché avevi percepito un’aura molto potente! Sono venuta ad assicurarmi che andasse tutto bene qui, e con l’occasione sono venuta a trovare te e il mio amato Gohan!»

Goku a quel punto, imbarazzato, si grattò la nuca ridacchiando: effettivamente era andato via dalla casa del Genio lasciando lui e Giuma senza neanche scusarsi, era stato proprio un gran maleducato; ma era veramente felice di poter rivedere quell’anziana signora alla quale si era molto affezionato in quegli ultimi anni. Era dal funerale di Chichi che non la vedeva, e doveva ammettere di non aver mai visto, Muten escluso, un’anziana terrestre con così tanta forza d’animo e fisica! Quella donna era un vero portento!

«Ma si può sapere chi è questa, Kaharoth?!» chiese stizzito il principe dei saiyan che, al contrario del suo rivale, voleva ancora allenarsi, e non darsi a degli stupidi convenevoli con una stupida vecchia.

«Oh, giusto!» esclamò l’altro «Ecco, vedi zia... l’aura di ieri sera era la sua!» indicò il principe «Lui è Vegeta! Non è un nemico, anzi! Si stava... solo allenando, e io non sono riuscito a riconoscere la sua energia spirituale! Sono proprio una frana!»

«Che tu sia una frana, questo lo sanno persino i muri.» commentò Vegeta, in fondo però contento che l’inetto non avesse spiegato a quella sconosciuta che in realtà lui la sera addietro non si stesse affatto allenando.

«Eheheh!»

«Oh, ma che bel giovanotto!» fu il commento dell’anziana signora, che si avvicinò al principe dei saiyan con un gran sorriso, costringendo il povero Goku a mettersi sull’attenti: se avesse anche solo provato a sfiorarlo, probabilmente Vegeta l’avrebbe disintegrata con la sola forza del pensiero «È un vero piacere fare la tua conoscenza! Io mi chiamo Elodie Del Toro, sono la sorella maggiore di Giuma! Ti faccio i miei complimenti, ragazzo: se sei riuscito a spaventare persino il mio Goku, allora significa che sei un guerriero molto potente!»

«A questo proposito, zia...» si intromise quest’ultimo «Io e Vegeta stavamo giusto per andare ad allenarci qui fuori! Vuoi assistere? Ti assicuro che ci sarà da divertirsi!» 

E così quella era la zia dell’ormai defunta moglie di Kaharoth. E a quanto pareva non era neanche la classica anziana signora indifesa, non sembrava proprio il tipo: per avere la sua età ed essere persino una terrestre, aveva un’aura molto, ma molto singolare. 

E quell’idiota del suo rivale le aveva addirittura appena proposto di assistere al loro allenamento... e in fondo, chi era lui per poter giudicare una persona così anziana ma tuttavia così amante della lotta-o almeno era quello che sembrava-? La cosa non poteva che portargli una leggerissima fiducia in più in quell’umanità che considerava insulsa.

La zia dai capelli tinti di biondo per coprire quelli ormai bianchi che avevano sostituito il suo tanto amato corvino saltellò un paio di volte eccitata, prima di esclamare: «Oh, ne sarei felicissima! È così tanto tempo che non assisto a un vero combattimento!»

 

E così, come se fosse la cosa più naturale del mondo e come se lo stessero facendo da una vita, i due rivali si condussero, assieme alla zia-tenuta saldamente in braccio da Goku- nella loro solita prateria, in cui ormai le poche rocce presenti erano state quasi tutte distrutte ed i pochi animali che una volta passavano avevano imparato a tenersene alla larga.

L’anziana signora si sedette in terra, a qualche metro di distanza dai due combattenti che, nel frattempo, senza troppi convenevoli, avevano già iniziato il loro allenamento, combattendosi senza esclusione di colpi e senza sconti, tuttavia trattenendo anche soltanto un minimo le loro potenze combattive: in fondo stavano lottando vicino ad una persona ‘normale’, e sarebbe bastata anche soltanto una piccolissima distrazione per rischiare di mandare all’altro mondo quell’arzilla vecchietta.

Ma quest’ultima non sembrava affatto spaventata dalla potenza dei due saiyan e anzi, ad ogni colpo ben assestato il sorriso che aveva stampato sul volto si allargava ancora di più, mettendo sempre più in mostra le ormai evidenti rughe. Sembrava proprio piacerle, quell’allenamento.

Il principe dei saiyan, per un attimo, tentò di aumentare la propria aura ma, venendo colpito da un attacco a sorpresa del rivale non riuscì nel proprio intento; allora, in risposta, si lanciò su di lui con un gancio ma, inaspettatamente, Goku svanì nel nulla.

«Ma che diavolo-» esclamò Vegeta, guardandosi attorno: niente. Kaharoth era scomparso, si era praticamente volatilizzato.

Poi, dopo appena pochi secondi, un calcio ben assestato proprio al centro della schiena lo fece sbilanciare in avanti, costringendolo a recuperare in fretta l’equilibrio prima di stramazzare al suolo; maledetto Kaharoth e maledetto il suo dannato teletrasporto! Un giorno di quelli lo avrebbe strangolato nel sonno, altro che stupidi trucchetti!

«Hey! Non è leale, testa di rapa!» sbraitò ringhiando, cercando di afferrarlo per la collottola ma vedendolo sparire di nuovo, per poi riapparire alle sue spalle, sorridendo sornione, contribuendo soltanto a farlo arrabbiare ancora di più «Bastardo, smettila! Non puoi usare il teletrasporto durante un combattimento, non sei onesto!»

«Ma sentilo, come se lui fosse un cagnolino!» il saiyan dai capelli a palma gli rivolse una sonora pernacchia «Ammettilo che parli così soltanto perché non lo sai fare!»

Il principe ringhiò, prendendolo per un orecchio e tirando talmente forte da sentire le minuscole ossa che lo componevano scricchiolare «Sai com’è, io non mi faccio delle vacanze infinite su pianeti sconosciuti come fai tu!»

La zia Elodie, dal canto suo, nel vedere quella scena sorrise teneramente: l’ultima volta che aveva visto Goku un mese prima, al funerale della sua adorata Chichi, lo aveva visto depresso, completamente giù di morale; quel bel sorriso che tanto lo caratterizzava sembrava essere improvvisamente sparito dal suo bel faccino. Ma guardandolo ora gli sembrava quasi totalmente rinato: certo, il suo sguardo non era ancora totalmente sereno, ma stava decisamente meglio dell’ultima volta, e qualcosa le diceva che quel ragazzo con cui stava bisticciando in quel momento c’entrasse qualcosa. 

Alla fine si alzò da terra, battendo un paio di volte le mani per richiamare l’attenzione dei due giovani combattenti «Ma insomma, smettetela di fare i bambini! Se vi capitasse di fronte un vero nemico non avreste affatto tempo per questi battibecchi!»

I due saiyan, il primo sospirando esasperato ed il secondo ridacchiando, scesero di nuovo a terra, posizionandosi di fronte alla vecchia signora che, con i suoi due grandi occhi neri-identici a quelli di Chichi-, li squadrò con serietà e con una buona dose di critica, per poi rivolgersi a Vegeta: «Sei veramente un portento, non pensavo di poter incontrare un talento come te. Dimmi, ragazzo... di chi sei figlio?»

A quella domanda il principe, inarcando un sopracciglio, si chiese se quella donna sapesse che in realtà loro due non erano affatto terrestri ma saiyan; certo, non che gli interessasse che gli altri sapessero... insomma, era abbastanza sicuro di essere andato in mondovisione il giorno in cui aveva attaccato la Terra insieme a Nappa, ma di essere il responsabile di un infarto da parte di una vecchia terrestre non ne aveva la benché minima intenzione. Poi chi l’avrebbe sentito quell’idiota di Kaharoth? No, era meglio tacere ed ignorare la domanda, come faceva sempre d’altronde. 

Rispondendo semplicemente con un sonoro ‘Tsk’ si sedette sull’erba, a gambe incrociate, cercando di rilassarsi almeno un po’, dato che aveva passato letteralmente la notte in bianco ed aveva un mal di schiena terribile. 

Ma ci pensò il suo rivale a rispondere alla domanda della zia, esclamando: «Lui è il principe dei saiyan! Quindi, immagino sia il figlio del re...»

«Oh, il principe dei saiyan? Ma è fantastico!» fu il commento di Elodie «Io credevo che l’unico saiyan sopravvissuto fossi tu, Goku! Incredibile, e così lui sarebbe il principe?»

«Se Kaharoth fosse stato l’ultimo saiyan rimasto, probabilmente ci saremmo tutti rivoltati nella tomba, noialtri.» commentò Vegeta, rivolgendo uno sguardo di sfida al proprio rivale, che in risposta gli fece semplicemente una linguaccia.

«Sei proprio simpatico!» rise l’anziana signora, sedendosi accanto a lui e, sorprendentemente per Goku, non venendo affatto allontanata: evidentemente Vegeta l’aveva presa, sotto qualche punto di vista, in simpatia «Mi ricordi molto la mia povera Chichi!»

Il principe dei saiyan, a quelle parole, si strozzò con la sua stessa saliva, tossendo rumorosamente, mentre le sue guance assumevano lo stesso colorito di un pomodoro maturo: era la seconda volta in due giorni che qualcuno di quella maledetta famiglia lo paragonava alla defunta consorte di Kaharoth. Ma era diventata una moda?! E poi, in cosa diamine si sarebbero dovuti somigliare, lui e quell’oca?! L’aveva vista di sfuggita una volta sola e non gli sembrava affatto gli somigliasse!

Goku, dal canto suo, non poté fare a meno di ridacchiare divertito: nonostante quel ‘complimento’ decisamente poco consono per uno come il principe, era rimasto piacevolmente sorpreso che quest’ultimo non stesse dando in escandescenze come faceva di solito. Magari, semplicemente, non voleva avere altri problemi; ma, a suo modo, era veramente carino. 

 

«Bene!» esclamò ad un certo punto la donna, alzandosi da terra e rivolgendosi al principe con un sorriso «Fammi vedere quello che sai fare! Vuoi aiutare questa vecchia a sgranchirsi un po’ le ossa?»

Vegeta a quelle parole trasalì: che i terrestri fossero un popolo di pazzi psicotici l’aveva capito già da tempo, ma fino a questo punto non se lo immaginava proprio! Davvero quella donna decrepita gli stava appena chiedendo di combattere contro di lei? Evidentemente non si rendeva conto del fatto che avrebbe potuto ucciderla soltanto con un dito. Okay, aveva un’aura leggermente più potente di molti altri terrestri anziani che aveva avuto modo di conoscere-come ad esempio il padre di Bulma-, ma non era così potente da poter resistere agli attacchi di un saiyan. Tantomeno i suoi, di attacchi.

Titubante, restò seduto in terra, credendo scherzasse, e la guardò con occhi increduli: eppure, si era appena messa in posizione da combattimento.

«Coraggio, giovanotto! Non mi vorrai dire che hai paura!» lo schernì di nuovo Elodie, allargando il proprio sorriso «Non sottovalutare una vecchia combattente in pensione! Quando ero giovane, ho vinto un sacco di campionati mondiali, e sono decisamente più potente di mio fratello! Sono stata io la prima maestra della mia Chichi, e non ho certo paura di un alieno!»

«Tsk. Vuoi forse morire, vecchia?» a quel punto, il ragazzo si alzò «Non sono alla tua portata, te ne rendi conto?»

«Questo lo vedremo!»

Quella vecchia era veramente un’insolente: non solo l’aveva paragonato a quell’oca di sua nipote e gli aveva addirittura detto che lo trovava simpatico, ma ora lo stava addirittura sfidando apertamente! Detestava tutta quell’arroganza nei suoi confronti. Lui era il principe dei saiyan, non certo un terrestre fesso! 

Così, dopo aver visto il proprio rivale poggiarsi ad una roccia con quel sorriso da ebete sulle labbra, pronto ad assistere a quell’inusuale sfida, si mise immediatamente sull’attenti, abbassando però la propria aura: non aveva la minima intenzione di macchiarsi le mani di un ennesimo omicidio, non ne aveva proprio voglia. Ma se quella vecchia voleva divertirsi un po’, allora perché non lasciarglielo fare?

Stava per attaccare con un debolissimo pugno quando inaspettatamente e contro ogni sua più rosea aspettativa, la donna lo attaccò per prima, aumentando esponenzialmente la propria aura: allora era in grado di tenere basso il suo livello combattivo! Era a dir poco incredibile!

Preso alla sprovvista e non sapendo propriamente cosa fare, il principe dei saiyan si limitò a schivare i rapidi attacchi della zia, che stava dimostrando un’energia e una velocità veramente notevoli per una persona della sua età. Però nonostante questo, Vegeta aveva comunque il timore di poterle far del male: in fondo sembrava così fragile, così debole, così... così...

«Ah, al diavolo!» ma davvero si stava rammollendo in quel modo? Soltanto due mesi prima avrebbe preso tra le mani la testa di quella vecchia e gliel’avrebbe staccata dal collo con molta poca grazia. Arrossendo ai suoi pensieri da mammoletta, alla fine, tentando in tutti i modi di mantenere basso il proprio livello di combattimento, la colpì al viso, vedendola cozzare violentemente al suolo, in modo silenzioso, senza fare neanche un lamento.

Il giovane strabuzzò gli occhi: la donna se ne stava a terra senza muoversi... che l’avesse uccisa? Si avvicinò lentamente, ansioso del fatto che avesse davvero potuto mandarla all’altro mondo con quel piccolo colpo. 

Ma poi, spaventandolo all’inverosimile, la vecchia si rialzò, ridendo a squarciagola.

Ormai era ovvio: quella donna era una pazza.

«Fantastico, fantastico!» esclamò, massaggiandosi il naso probabilmente fratturato «Non ho mai incontrato un portento simile! Tu non puoi che essere il principe dei saiyan!»

«Tsk.» fu la risposta di Vegeta che, diventando rosso per la vergogna, le diede le spalle in modo stizzito «Voi terrestri siete tutti matti.» 

 

«Zia Elodie!»

 

La voce del piccolo Gohan, proveniente probabilmente dal suo solito allenamento con Junior, distrasse tutti quanti dalle loro elucubrazioni e pensieri, portandoli ad alzare la testa sul bambino che, con un sorriso a trentadue denti, si fiondò velocemente tra le braccia della donna, che lo strinse a sé ridendo.

Non si vedevano spesso, in fondo la sorella di Giuma viveva nella città del Sud ed essendo anziana non si muoveva spesso dal proprio appartamento, ma nonostante questo aveva stretto con Gohan un rapporto stretto e genuino, e questo a Goku, che se ne stava ancora seduto sulla roccia sorridente, non poteva che fare estremamente piacere: suo figlio era una meraviglia, e meritava appieno di avere delle persone altrettanto meravigliose al suo fianco, che gli volessero bene e che gli portassero conforto nei momenti difficili. 

 

«Oh, finalmente sei arrivato, Gohan! Ma fatti vedere! Guarda questi capelli, ma come sono cresciuti! E tu sembri rafforzato! Allora, ti stai comportando bene con papà?» gli fece le feste la zia, sbaciucchiandolo e facendolo arrossire a dismisura.

«E dai, zia! Così mi imbarazzo!» esclamò lui «Certo che mi sto comportando bene! Studio, mangio e mi alleno con un mio amico! Tu piuttosto... che cos’hai fatto al naso? È tutto rosso!»

La donna rise divertita, per poi indicare il principe dei saiyan, che nel frattempo si era seduto a debita distanza dal gruppetto, dando le spalle a tutti e tre «Oh, ho chiesto all’amico di tuo padre di allenarsi con me! È un tipo in gamba, devo ammetterlo! Mi ha messa al tappeto subito!»

Alle parole “amico di tuo padre” Vegeta si strozzò con la saliva, tossendo rumorosamente: era davvero questa l’impressione che aveva fatto, mentre si allenava insieme a Kaharoth? Per quale motivo quella dannatissima vecchia pensava che lui e quell’inetto fossero amici? Non erano affatto amici, per la miseria! Lui la odiava, quella terza classe! L’unico motivo per cui ci passava del tempo insieme era per captare le sue debolezze, per capire come batterlo alla grande quando sarebbe arrivato il momento. Punto e basta. Dannati terrestri e dannati legami di amicizia e parentela, tutto ciò gli faceva venire la nausea.

Il piccolo Gohan, dal canto suo, si mostrò alquanto sorpreso alle parole della zia, puntando lo sguardo sul principe che, nel frattempo, sembrava essersi strozzato con qualcosa «Oh, sul serio? Con Vegeta?» 

La donna annuì. Di certo non sapeva come fosse fatto quel ragazzo in realtà, ed il fatto che si stesse comportando in modo così docile per lei era perfettamente normale, ma per il suo nipotino che, invece, Vegeta lo conosceva, quello era un grande colpo di scena. 

Però decise di non darci troppo peso, in fondo la sua adorata prozia era venuta a trovarlo, e lui voleva soltanto passare del tempo insieme a lei «Zia, che ne dici di suonare una canzone? È tanto che non ti sento cantare!»

A quelle parole la vecchia signora si intenerì: quando il suo nipotino era soltanto un bimbo in fasce era lei a suonargli, con la sua adorata chitarra, le ninnananne che tanto amava, e Gohan aveva sempre apprezzato la sua passione per la musica, chiedendole ogni volta di suonargli una canzone. E come poteva dire di no a quel bambino meraviglioso, che stava attraversando un periodo tanto difficile?

Così, prese la custodia che aveva messo da parte per assistere all’allenamento dei due saiyan e tirò fuori lo strumento, sotto gli occhi adoranti del bambino. 

 

Vegeta invece, sinceramente incuriosito, spostò leggermente lo sguardo verso i tre, capendo finalmente cosa fosse quella specie di borsa che l’anziana signora si era portata appresso: era la custodia di quella che, gli sembrava aver capito, si chiamasse ‘chitarra’. Non aveva ben capito di cosa si trattasse, ma da quello che gli aveva raccontato il dr Brief una volta, si trattava di uno strumento musicale terrestre... su Vegetasei non ne aveva mai visto uno simile, solitamente i musicisti del pianeta suonavano cose totalmente diverse, e che probabilmente avevano anche dei suoni totalmente diversi. 

Non che lui se lo ricordasse troppo bene; in fondo era piccolissimo, la prima e l’ultima volta che aveva potuto assistere ad una festa musicale in vita sua. 

Era interessante, in fondo, sapere che su tutti i pianeti ci fossero queste cose in comune: la musica c’era ovunque, ed aveva un valore simbolico molto ma molto elevato per qualsiasi popolazione, che fosse terrestre o meno, e questa era una delle cose che l’avevano sempre affascinato; il potere che aveva una singola, piccolissima cosa, di unire tantissime popolazioni e renderle così simili tra loro. Qualcosa che neanche il peggior mercenario avrebbe mai potuto distruggere, e questo lo sapeva persino lui, che mercenario lo era stato per tutta la vita. 

 

«Questa la dedico alla mia adorata Chichi.» annunciò Elodie, sedendosi su una roccia ed impugnando la chitarra «Spero che da lassù possa ascoltarmi e cantare insieme a me come faceva quando era soltanto una bambina.»

E, detto questo, iniziò a cantare una canzone. Una canzone che Vegeta aveva già sentito, e che doveva essere una melodia molto famosa, là sulla Terra; e doveva ammettere che, in un certo senso, gli piaceva. Era qualcosa di estremamente rilassante e piacevole. 

 

«When I find myself in times of trouble

Mother Mary comes to me

Speaking words of wisdom, let it be...»

 

Goku, dal canto suo, alzandosi dalla propria postazione, raggiunse il proprio rivale, sedendosi a gambe incrociate di fianco a lui, e sorprendendosi del fatto che il principe non si fosse spostato. Sembrava piuttosto fin troppo assorto nei propri pensieri, e anche, se non fosse stato impossibile da parte di uno come lui, concentrato sulla canzone che la zia stava suonando e cantando insieme a Gohan.

Non aveva mai visto Vegeta sotto quella luce: era rilassato, disteso, quasi senza pensieri; il suo sguardo di solito duro e severo si era ammorbidito, e i suoi occhi erano fissi sul sole che, proprio di fronte a loro, stava tramontando dietro le montagne. 

«Che vuoi?» gli chiese all’improvviso, ridestandolo dallo stato di trance in cui era quasi caduto e facendogli notare che lo stava osservando da fin troppo tempo per i suoi gusti.

Lui, a quel punto, leggermente in imbarazzo, buttò la testa all’indietro, puntando lo sguardo sul cielo, che aveva assunto i colori caratteristici del tramonto, e che gli ricordavano il cielo dorato del mondo dell’aldilà: quasi come se Chichi, dal paradiso, stesse davvero ascoltando sua zia cantare «Ti volevo chiedere se domani volessi riprovare a fare quella cosa. Sai... quell’allenamento mentale, quello in cui...»

«Non c’è bisogno che me lo spieghi, testa di rapa.» lo interruppe il principe stizzito «D’accordo. In fondo ci dobbiamo convivere, no?»

Goku sorrise di rimando: ultimamente Vegeta stava diventando parecchio permissivo anche nei suoi confronti. Chissà che non sarebbero potuti diventare davvero amici come aveva detto la zia; anche se lui, per quanto gli riguardava, lo considerava già un suo amico, e poco gli importava che lui probabilmente non ricambiasse affatto, o che facesse finta di farlo.

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Angolo autrice:

Buongiorno a tutti/e! Come state? Spero bene~

Eccomi tornata con questo nuovo chappy, forse un po' lungo, ma che descrive-finalmente-la prima giornata del principe dei saiyan a casa Son! Giornata piuttosto movimentata, mi azzarderei a dire xD non solo ha avuto una sana conversazione mattutina con Gohan-adoro questi due, non sembrano proprio due fratelli? *^*- ma ha anche scoperto di essere uno stilista professionista, considerando il modo in cui ha criticato il modo di vestire del nostro Goku che, tra parentesi, dopo il cenone a casa del Genio, ha messo su qualche grammo in più! xD Povero Goku! 
Facciamo anche la conoscenza della zia Elodie, un personaggio sì secondario, ma che ha in un certo senso contribuito a scaldare ulteriormente il cuoricino nascosto del nostro principone *^* ditemi se non sono super carino insieme! Sembrano proprio zia e nipote! E anche lei ha fatto quasi prendere una sincope a Vegeta dicendogli che le ricorda un sacco Chichi! xD Veggy, rassegnati, ormai sei lei, comincia a chiamare Giuma papà! xD
Let it be è una canzone a cui sono emotivamente molto legata, e mi piace mischiare la passione che ho la musica con la passione che ho per la scrittura... d'altronde, chi è che non ama i Beatles? UwU (preferisco i Rolling Stones a dire il vero, ma Harlem Shuffle non mi sembrava una canzone adatta a una dolce vecchina diciamo xD)... chissà che ruolo avrà la nostra dolce zietta nella storia; in fondo è anche lei una combattente, e chissà che non apparirà di nuovo, deliziandoci con la sua fidata chitarra! 
Scusatemi per la tutto sommato breve assenza, ma sto studiando per gli esami di maturità e sono strapiena di argomenti da assimilare e riassumere, è veramente stressante! Fortunatamente è quasi finita e, tra meno di un mese, sarò un po' più libera!
Ringrazio sia chi recensisce sempre i miei capitoli, sia i miei lettori "silenziosi", che spero in fondo un giorno lascino un loro parere! Siete tutti fantastici! 

Alla prossima, vi mando un grandissimo bacio!

-hilaris

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Capitolo 12
*** piccoli gesti ***


Quella era ufficialmente stata la giornata più strana che avesse mai avuto il dispiacere di passare da quando aveva deciso di stabilirsi a tempo indeterminato su quel pianeta; non si sarebbe mai aspettato di scoprire quanto una semplicissima terrestre, con la passione e la buona volontà, avesse potuto raggiungere un livello di combattimento così sopra la media. Certo, c’era la squadra di Kaharoth, ma loro erano un’altra cosa ancora, avevano seguito degli allenamenti speciali, mentre quella vecchia dai capelli ossigenati... lei l’aveva veramente colpito, e nonostante il principe dei saiyan non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, non era stata proprio una giornata da buttare. 

Anche l’allenamento era stato piuttosto interessante: il suo rivale si stava pian piano sciogliendo ogni giorno di più, e probabilmente stava superando la batosta che gli aveva causato la perdita di sua moglie-anche se, per quale assurdo motivo si fosse ridotto in quel modo per la morte di una donna verso la quale non aveva mai provato alcun tipo di emozione o attaccamento particolare, questo proprio non riusciva a capirlo-, e nonostante questo gli facesse venire la nausea, l’importante era che si impegnasse nella lotta e la smettesse di comportarsi come una stupida mammoletta. Erano saiyan, per la miseria, non certo protagonisti di una maledettissima telenovela! 

Se soltanto il teletrasporto non fosse stata una tecnica utilizzata da quel mentecatto poi, Vegeta non ci avrebbe pensato due volte prima di imparare ad usarla: in fondo, ricorrere a quell’espediente durante un combattimento serio non sarebbe stata affatto una cattiva idea, di questo doveva rendere atto all’idiota, anche se l’aveva accusato di essere sleale. 

Ma era fuori discussione che lui, il grande Vegeta, il principe di tutti i saiyan, potesse abbassarsi a farsi insegnare una tecnica da un suo sottoposto, per di più se si trattava di Kaharoth. Piuttosto la morte.

Quest’ultimo poi, in preda a uno dei suoi soliti attacchi di insopportabile euforia, aveva avuto persino la faccia tosta di chiedergli di scendere a mangiare insieme a lui e al moccioso, ma ovviamente aveva passato, chiudendosi a chiave nella stanza degli ospiti di quella casa fin troppo piccola per poter ospitare più di tre o quattro persone. Di certo non era la Capsule Corporation, non c’era che dire, ma era come se in un certo senso, il principe si sentisse leggermente meno pressato, e la cosa non poteva che dargli un immenso sollievo.

Tuttavia, dal giorno successivo, si sarebbe messo a cercare una sistemazione che avrebbe fatto per lui: okay il tetto sopra la testa, ma sopportare di dividerlo col suo più acerrimo nemico era un po’ troppo, e quella sarebbe stata soltanto una questione di pochi giorni... o almeno così sperava.

Non aveva mangiato, non se l’era proprio sentita di scendere e fare ciò che avrebbero fatto le “persone normali” su quel dannato pianeta, non era da lui, non poteva esporsi in quel modo. Così, si era semplicemente fatto una doccia, infilato quella solita tuta grigia e logora che ormai utilizzava come pigiama e si era messo a letto, tuttavia senza accenno di sonno alcuno, soltanto con lo stomaco che brontolava rumorosamente, ricordandogli che, dopo aver fatto così tanto movimento, il corpo necessitava di nutrirsi.

Ma dal piano di sotto si potevano ancora udire le voci stridule dell’idiota e di suo figlio. Così Vegeta, a malincuore per il proprio appetito, decise che avrebbe aspettato che tutti andassero a dormire, e poi sarebbe sceso a cercare qualcosa di commestibile in cucina. 

 

*

 

«Papà, mi spieghi per quale motivo Vegeta è venuto a vivere da noi?»

 

Se l’era tenuta dentro per tutta la giornata quella domanda, il piccolo Gohan, ed arrivato all’ora di cena, non aveva saputo resistere dal chiedere: in fondo, in quella casa ci viveva anche lui, e suo padre prima di invitare un sanguinario mercenario saiyan a vivere sotto il loro stesso tetto, avrebbe dovuto in teoria confrontarsi anche con lui, no? 

Ma in fondo, la presenza del principe dei saiyan non gli dava fastidio. Era semplicemente curioso, come ogni bambino di sette anni che esistesse al mondo, e necessitava per lo meno di una spiegazione.

 

Ma Goku, dal canto suo, non se l’era affatto sentita di rivelare proprio tutta la verità a suo figlio: certo, si fidava di lui e gli voleva bene, ma era soltanto un bambino anche se molto intelligente, e lui dubitava fortemente che avrebbe potuto capire il reale motivo per il quale Vegeta avesse deciso di lasciare la casa della sua migliore amica. E poi, aveva come l’impressione che se il suo ospite fosse venuto a sapere che lui conosceva il motivo per il quale aveva litigato con Bulma, probabilmente avrebbe fatto saltare via la testa sia a lui che a lei, così aveva preso la saggia decisione di tacere sulla faccenda e sorridere sornione al proprio bambino, mettendogli sotto il naso una buona porzione di spaghetti, che si era dilettato nel cucinare. 

 

«Ha avuto dei problemi di poco conto.» aveva risposto «Così, dato che non ha nessun posto dove andare e di certo non ha i soldi per pagarsi un albergo, ho deciso di invitarlo a stare da noi. Ti dispiace, figliolo? Spero di no!»

«Oh, ma no!» esclamò il bambino, che nel frattempo si era già spazzolato via metà del piatto che suo padre gli aveva riempito: non sapeva come, ma quella sera il suo papà aveva cucinato veramente dei fantastici spaghetti! «Era solo per sapere, sai... e come mai non scende a mangiare?»

Goku sorrise «Dagli tempo, Gohan... non credo sia ancora pronto ad affrontare un passo del genere nella sua vita!» e, detto questo, scoppiò in una fragorosa risata «D’altronde, te lo immagini Vegeta a cenare con noialtri comuni mortali?»

A quelle parole, il piccolo mezzosangue rischiò di strozzarsi con la sua cena, scoppiando a ridere insieme al padre e pensando che effettivamente sì, sarebbe stato piuttosto strano vedere il principe mangiare con loro al tavolo come se fosse uno di famiglia. Ci mancava soltanto vederlo alle prese con le faccende di casa! 

«Hai ragione, non me lo immagino per niente!»

 

*

 

Aveva aspettato di sentire le aure di quei due ficcanaso a riposo, prima di alzarsi dal letto. Il suo povero stomaco reclamava qualcosa che potesse riempirlo, e lo reclamava al più presto, o probabilmente avrebbe rischiato seriamente di svenire dalla fame... d’altronde, i saiyan erano conosciuti in tutto l’universo per il loro insaziabile appetito.

Quando aprì la porta della camera però, il principe si sorprese di vedere, poggiato proprio ai suoi piedi, un vassoio con sopra una generosa porzione di spaghetti al pomodoro affiancati da un grosso bicchiere colmo d’acqua fresca... probabilmente Kaharoth l’aveva capito bene che preferiva non essere disturbato e, invece di andargli a rompere le uova nel paniere, aveva pensato di lasciargli la cena fuori dalla stanza.

Un’ottima mossa, doveva ammetterlo: non lo aveva né stressato né pregato, gli aveva semplicemente ed in modo silenzioso portato la cena. A suo modo era stato... gentile.

Vegeta arrossì copiosamente a quella constatazione: ma cosa diavolo andava a pensare? Aveva davvero appena pensato che quel mentecatto potesse essere stato gentile?! A lui non interessava proprio un fico secco della gentilezza altrui, e non aveva neanche il benché minimo desiderio di riceverne! 

Maledetta Terra e maledetto Kaharoth! Per colpa sua, stava addirittura iniziando a pensare cose che non gli appartenevano affatto! 

Scosse la testa e, ringraziando le galassie per non essere stato visto da nessuno mentre arrossiva come una dodicenne in fase prepuberale, raccolse da terra il vassoio con tutta l’intenzione di chiudersi in camera e scofanarsi tutto quel ben di Dio. Perché di questo si trattava, o per lo meno dall’aspetto invitante che aveva, non sembrava affatto quello che si sarebbe potuto definire un pasto sgradevole. Eppure, a casa di Bulma, tutti dicevano in continuazione che quell’idiota non sapesse cucinarsi da solo neanche un uovo al tegamino. 

Una volta finita la sua cena di mezzanotte, l’unico suo pensiero era quello di buttarsi a letto e dormire della grossa ma, prima ancora che potesse soddisfare i propri desideri, il giovane principe venne distratto da un suono che non gli era particolarmente familiare, ma che avrebbe potuto riconoscere tra mille: quello del pianto silenzioso di un bambino. 

 

*

 

Suo padre non se ne accorgeva mai, e questo era stato sempre il suo intento fin dall’inizio.

Gohan, fin dal giorno del funerale di sua madre, si era ripromesso che si sarebbe comportato da vero guerriero, da vero saiyan, si era ripromesso che avrebbe portato avanti l’onore e l’orgoglio della sua razza d’origine, e soprattutto si era ripromesso che non avrebbe fatto pesare ulteriormente al suo adorato papà quella situazione. 

Era per quel motivo che, nonostante la tristezza lo logorasse ogni giorno di più, di fronte agli altri si limitava ad ostentare una facciata allegra, forte, la facciata di un bambino che stava superando con molta maturità ciò che aveva colpito duramente la sua famiglia negli ultimi tempi; ma quando arrivava la notte, quando si ritrovava da solo nel proprio lettino, non poteva far altro che piangere. Piangere silenziosamente, cercando di non farsi sentire... piangere perché, nonostante ormai fosse passato un mese, non riusciva ancora ad accettare che la sua adorata mamma, la donna più importante della sua vita, l’avesse lasciato così presto; era un saiyan, certo, ma era pur sempre un bambino di sette anni, e non avrebbe mai potuto non provare nemmeno un minimo accenno di tristezza a quella grande batosta. 

Il piccolo mezzosangue era completamente distrutto: gli mancava sua madre in tutte le sue sfaccettature; gli mancavano i suoi sorrisi, i suoi abbracci, i suoi sospiri rassegnati, i deliziosi manicaretti che gli preparava, le favole della buonanotte che gli leggeva ogni volta che non riusciva a prendere sonno, gli mancavano persino le sue bufolate, quelle che gli faceva tutte le volte che si arrabbiava... gli mancava tutto di lei, ed avrebbe donato l’anima al diavolo pur di poterla riavere con sé.

Ma sapeva benissimo che non sarebbe mai successo, sapeva benissimo che nessuna sfera del drago avrebbe potuto riportare in vita Chichi, perché le sfere del drago non potevano resuscitare una persona morta per cause naturali, e questo non sarebbe mai potuto cambiare.

Non era mai riuscito neppure ad andarla a trovare al cimitero, a lasciarle un fiore, a raccontare le sue giornate ad una foto che, col tempo, avrebbe cominciato ad ingiallirsi e rovinarsi. Perché nonostante per la sua mamma il tempo si fosse fermato, sulla Terra continuava comunque a scorrere... lui sarebbe cresciuto, sarebbe diventato un ragazzo, poi un uomo, avrebbe coronato i suoi sogni, e lei non ci sarebbe stata, lei non avrebbe mai potuto piangere di commozione al suo diploma, non avrebbe potuto abbracciarlo con fierezza nel vederlo diventare uno scienziato, non avrebbe potuto arrabbiarsi nel vederlo continuare ad allenarsi nonostante tutto.

Chichi non ci sarebbe stata, perché Chichi non c’era più, la sua mamma non sarebbe mai più tornata, e l’unica cosa che poteva fare Gohan era piangere tra le mura della sua cameretta. Piangere finché non avrebbe avuto più lacrime. 

 

«Mamma...» mormorò, tra una lacrima e l’altra, mentre si inginocchiava a terra in segno di preghiera, gli occhi rivolti al cielo stellato fuori dalla finestra circolare della sua camera «Mammina, mi manchi così tanto... se potessi... se potessi trovare anche soltanto un modo di farti tornare qui con me...»

 

*

 

Non era stato affatto corretto e si era sentito un vero e proprio idiota, ma non aveva potuto fare altrimenti: aveva origliato tutto dal corridoio, osservando le gesta di quel marmocchio mentre pregava il cielo e chiedeva a sua madre di tornare in vita, e nonostante a lui di quell’arpia non interessasse un fico secco, nonostante a lui queste cose non facessero né caldo né freddo, nonostante lui fosse il cinico e burbero principe dei saiyan, non aveva potuto non trattenersi dal deglutire rumorosamente più volte, mentre assisteva a quella scena.

Perché era una scena che aveva già visto, anni prima, in prima persona: non troppo tempo prima, era lui quel bambino che piangeva silenziosamente nella sua minuscola stanzetta condivisa con Nappa, non troppo tempo prima era lui quel bambino che si inginocchiava, che pregava gli dei perché sua madre potesse tornare da lui anche soltanto per pochi istanti... e non troppo tempo prima era sempre lui quel bambino che si rendeva pian piano conto che le sue preghiere sarebbero state soltanto vane, e che sua madre non sarebbe mai tornata. 

Vegeta, nonostante tutto, nonostante non fosse una persona che ostentava le proprie emozioni, non aveva potuto non comprendere, in un certo senso, quel piccolo saiyan che faceva di tutto per non farsi beccare mentre singhiozzava con la testa premuta contro il cuscino; lo comprendeva, lo capiva, perché lui c’era passato, perché lui conosceva a 360 gradi quel dolore che caratterizzava la perdita di una madre... e questo era un dolore che non sarebbe mai cambiato: terrestre o meno, saiyan o meno, perdere la propria madre ad una così tenera età avrebbe segnato a vita chiunque. 

Ma non era intervenuto, il principe. Non era intervenuto anche perché, se l’avesse fatto, che cosa avrebbe dovuto dire a quel moccioso? Avrebbe forse dovuto ordinargli di non frignare, di non disturbare il suo sonno con quegli inutili piagnistei? Avrebbe dovuto arrabbiarsi con lui, urlandogli in faccia che era un saiyan e che si sarebbe dovuto comportare da tale? No, niente di tutto ciò... quel bambino si comportava da saiyan per tutto il dannato giorno, ed almeno durante la notte, meritava di starsene da solo con le proprie emozioni, esattamente come capitava più volte a lui. 

Sarebbe stato un ipocrita, se fosse entrato in quella stanza e gli avesse ordinato di non piangere... sarebbe stato un vero ipocrita.

Così, sospirando, se n’era tornato nella propria camera, decidendo che fosse ufficialmente arrivato il momento di andarsene a dormire; l’indomani, lo aspettava un lungo ed intenso allenamento mentale, e chissà che non sarebbe davvero riuscito a fare ciò che lui e Kaharoth si erano proposti di fare soltanto pochissimo tempo addietro. 

 

*

 

Ormai era da più di un’ora che si era alzato, aveva consumato la sua colazione a base di caffè-tra l’altro era quasi finito, forse avrebbe dovuto comunicare a Kaharoth che sarebbe dovuto andare di corsa a comprarlo se non voleva morire-, era uscito di casa e si era messo a praticare un bel po’ di riscaldamento: non sapeva perché, ma quel giorno si era  svegliato più determinato del solito, e l’unico suo obbiettivo era quello di allenarsi duramente, rafforzarsi, e cercare in tutti i modi di allenare la propria concentrazione per fare ciò che lui ed il suo rivale si erano prefissati di fare. Qualsiasi cosa fosse ciò che avveniva tra di loro, voleva andare a fondo a quella storia e capirci qualcosa in più, anche soltanto una piccola parte sarebbe bastata... non aveva intenzione di continuare a vivere nell’ignoranza come faceva quella dannata terza classe.

Terza classe che, tra l’altro, era in un ritardo abissale: ormai erano le sette passate, e quel mentecatto ancora non si decideva ad uscire di casa.

 

«Ma che diavolo sta facendo, quel buono a nulla?!» borbottò il saiyan dai capelli a fiamma, entrando in casa con tutta l’intenzione di prenderlo per le orecchie «Giuro che se sei ancora in pigiama, Kaharoth, ti stacco la testa dal collo!»

 

Ma, contro ogni sua più rosea aspettativa, quando si ritrovò a piombare nella camera del decerebrato, lo trovò ancora a ronfare, beatamente rannicchiato sul letto, con la bava alla bocca ed i capelli completamente in disordine.

A quella visuale, la vena sulla fronte del principe dei saiyan iniziò a pulsare pericolosamente, mentre la rabbia iniziava a montare in modo spaventoso: se soltanto non avesse lentamente imparato a controllare i propri istinti più primordiali, con molta probabilità a quel punto si sarebbe avvicinato a quel letto e lo avrebbe incenerito con un Galic Gun, ovviamente con incluso l’imbecille che ci dormiva sopra. Ma, dato che uno degli step più importanti per diventare super saiyan era proprio il controllo, Vegeta si limitò ad avvicinarsi al letto, finendo proprio di fianco al mentecatto, pronto a svegliarlo nel peggior modo possibile. 

Lo osservò per qualche istante dall’alto in basso, con sguardo severo ed arrabbiato e poi, decidendo che svegliarlo chiamandolo ed insultandolo sarebbe stato fin troppo dolce e gentile da parte di uno come lui, decise di scendere in cucina a prendere un paio di coperchi per pentole, per poi salire di nuovo al piano di sopra, posizionarsi a pochissimi millimetri dall’orecchio scoperto di quel deficiente e cominciare a sbattere ripetutamente e con una forza immane i due cerchi tra di loro. 

 

«AAAAAAAAAAH!»

 

Era seduto ad una tavola imbandita di dolci, tacchino, polpo e frutta secca quando, improvvisamente, un brutto omone non aveva iniziato a sbattere violentemente le mani contro il tavolo, facendo cadere violentemente a terra tutto ciò che di buono c’era su quel bel tavolino di legno. O almeno, questo era quello che aveva appena visto nel sogno che stava facendo. 

In realtà, una volta uscito da quella realtà fittizia, si rese ben presto conto che non c’era nessuna tavola imbandita e nessun omone, ma soltanto qualcuno che, direttamente nel suo povero orecchio, stava facendo risuonare il rumore di due coperchi che si colpivano tra di loro, costringendolo ad urlare dallo spavento, senza tuttavia aprire gli occhi.

 

«MA INSOMMA, BRUTTO RINCITRULLITO, ALZATI DA QUESTO DANNATISSIMO LETTO!» urlò il principe dei saiyan spazientito, colpendo il proprio rivale al viso con uno dei due coperchi che, inaspettatamente, prese la forma dei suoi capelli a palma.

Ma Goku, determinato a continuare a dormire ancora un po’, con un gesto meccanico, come se quello che stava tentando in tutti i modi di svegliarlo non fosse il principe, lo prese per entrambi i fianchi, sollevandolo di peso e facendogli cadere dalle mani i due coperchi di metallo che, a contatto con il pavimento, causarono un rumore ancor più stridulo.

Vegeta si ritrovò a gelarsi improvvisamente sul posto quando, con un movimento così naturale da far quasi paura, quella maledetta terza classe lo buttò sull’altro lato del letto, per poi bloccarlo violentemente sotto il proprio peso, con una mano saldamente ancorata alla sua spalla e il ginocchio spinto contro il suo fianco. I suoi capelli a palma erano completamente scompigliati ed i suoi occhi contornati da grandi occhiaie scure lo stavano squadrando con aria di sufficienza, e il principe dei saiyan non sapeva se sputargli in faccia o rimanere lì imbambolato a fissarlo, senza sapere né cosa fare né come comportarsi: come diavolo si era permesso, quel mentecatto, di buttarlo sul SUO letto? Sul letto che aveva condiviso con Chichi? Sul letto sul quale probabilmente era stato concepito Gohan? Probabilmente dalla parte in cui una volta quella svitata di sua moglie dormiva?!

A quei pensieri, le guance di Vegeta si tinsero di un colore scarlatto mentre, completamente bloccato sul posto, tentava in tutti i modi di distogliere lo sguardo dal proprio rivale, che lo teneva ben ancorato sotto di sé, senza ancora dargli la possibilità di muoversi. 

«To-togliti immediatamente da-»

«Avresti potuto svegliarmi in maniera più dolce, sai?» lo interruppe il Son, con la voce roca ancora impastata dal sonno «Stanotte non ho dormito, sei veramente scortese.»

«Smettila di guardarmi così, stupido re-»

«Reietto di terza classe? Vegeta, oggi non ne ho voglia, vatti a fare un giro.»

Era strano. Era dannatamente strano il modo in cui si stava comportando quella mattina; conoscendolo, solitamente si sarebbe fatto una delle sue classiche ed insopportabili risate, oppure si sarebbe lamentato come un moccioso al quale erano state tolte le caramelle. Ma così... così no. Si stava comportando in maniera troppo strana.

Come se si fosse appena svegliato da uno stato di trance, il principe dei saiyan poggiò entrambe le mani sul petto del proprio rivale, ribaltando le posizioni e finendo a cavalcioni su di lui.

«Adesso comando io.» gli ringhiò in faccia, ancora rosso in viso «Come sarebbe a dire che non ne hai voglia?! Non esiste una scusa del genere, adesso tu ti alzi e andiamo ad allenar-»

«UN MESE FA!» lo interruppe ancora Goku «Un mese fa ho scoperto che Chichi aveva il cancro al seno! Un mese fa, Vegeta! Ed era da quando sono partito per Namecc che lei lo sapeva! Ti rendi conto che... che per così tanto tempo non le sono stato vicino?! Che ho preferito combattere ed allenarmi, piuttosto che stare insieme a lei?! Sono una brutta persona, Vegeta, una brutta persona!»

«Sei un saiyan.» fu la secca risposta del ragazzo sopra di lui, che tuttavia non riusciva a trovare una singola parola che potesse anche soltanto esprimere quanto non riuscisse a capire quel senso di colpa che lo attanagliava così tanto «Ti sei solo lasciato guidare dai tuoi istinti, tutto qua.»

E, detto questo, gli si tolse di dosso, scendendo dal letto e cercando di dimenticare il fatto che fosse appena stato a cavalcioni sopra a quel decerebrato con tanta naturalezza; okay, gli succedeva spesso mentre si allenavano ma quella... quella era una situazione differente.

«Lo so...» fu la risposta del povero Goku che, sconsolato, si alzò a sedere, abbassando la testa «Lo so che sono un saiyan, e la cosa mi fa veramente paura. Ho paura, Vegeta... ho paura di ferire anche Gohan, di non essere un padre giusto per lui. La notte lo sento piangere, e non ho... non ho il coraggio di entrare in camera sua e consolarlo. Non ho il coraggio di farlo perché non saprei come fare... perché io non sento affatto la mancanza di Chichi, e questo mi spaventa ancora di più.»

«Perché l’hai sposata?» 

Gli era uscita spontanea, naturale, come se non ci avesse affatto pensato. Ed era una domanda lecita, perché d’altronde, se non sentiva nemmeno la mancanza della sua stessa consorte, allora veniva da pensare che non avesse mai provato nulla per lei, esattamente come aveva detto Bulma più volte... ma allora, perché diamine l’aveva sposata? Forse era stato costretto come erano stati costretti i suoi stessi genitori? 

Ma gli sembrava parecchio strano che lì sulla Terra ci fosse ancora quell’usanza, soprattutto perché Kaharoth, in teoria, era orfano.

«Perché... perché da bambino gliel’avevo promesso...» mormorò lui, con aria colpevole «Non sapevo cosa fosse il matrimonio, e così le ho detto semplicemente che l’avrei sposata. Ma lei... lei l’ha presa seriamente, e...»

«Uno stupido come te, non poteva avere motivo più stupido per sposarsi.» lo interruppe Vegeta che, tuttavia, si avviò lentamente verso la porta della camera, con l’intenzione di uscire «Io sono qua fuori. Se vuoi, raggiungimi.»

E quel gesto, per Goku, era valso più di mille parole.

Perché Vegeta, nonostante il suo essere cinico, nonostante il suo essere dannatamente arrogante e burbero, aveva capito, e lo aveva lasciato in pace; perché Vegeta non era poi così cattivo come voleva far pensare, e in fondo, conoscendolo meglio, stava imparando ad apprezzare quei piccoli gesti che faceva per lui, quelle piccole accortezze, quegli sguardi, quella voglia innata di combattere per migliorarsi ma anche per migliorarlo... perché grazie al principe dei saiyan, Goku si scordava per qualche ora di essere inutile. E per questo, non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza.

«Ah, Kaharoth!» lo chiamò di nuovo, facendo capolino dalla porta «Non cucini così male come dicono tutti!»

E Goku non seppe come, non seppe perché, ma quelle parole, quella frase probabilmente detta tanto per, quel primo ed unico-nella sua vita probabilmente- complimento fattogli dal principe dei saiyan, lo rese improvvisamente meno triste.

Era come se Vegeta, o senza rendersene nemmeno conto oppure facendolo apposta, si fosse accorto che l’unica cosa di cui lui avesse bisogno era qualcuno che lo apprezzasse; qualcuno che apprezzasse i suoi piccoli gesti, che apprezzasse l’impegno che ci metteva anche soltanto nel fare una semplice faccenda di casa, che apprezzasse la sua presenza-perché gli stava chiedendo di allenarsi insieme, quindi era come se la apprezzasse, in fondo. E la consapevolezza che quel qualcuno fosse proprio il cinico principe dei saiyan lo confondeva, sì, ma gli scaldava il cuore: quel ragazzo viveva circondato da mura di marmo, apparentemente impossibili sia da buttare giù che da valicare, ma il saiyan dai capelli a palma era sicuro che, in qualche modo, lui riuscisse a scorgere oltre quelle mura dietro le quali il proprio rivale si nascondeva, e ciò che vedeva non era affatto un sanguinario assassino alieno, ciò che vedeva lui non era affatto quel bastardo che aveva attaccato la Terra soltanto poco tempo prima. No, ciò che Goku riusciva a vedere oltre quella corazza era una persona con un vissuto tremendo, una persona piena di ferite che non si erano ancora totalmente marginate, una persona orgogliosa, sì, ma a suo modo... a suo modo buona. 

E fu proprio per questo che, a discapito di ciò che gli aveva appena sputato in faccia, il saiyan dai capelli a palma prese a corrergli dietro, con tutta l’intenzione di fargli capire che aveva appena cambiato idea.

«Aspettami, Vegeta!» esclamò, tornando a sorridere sornione «Forza, andiamo ad allenarci! Però stavolta non voglio esclusione di colpi!»

 

Il principe dei saiyan ghignò soddisfatto: certo, essere l’artefice della felicità di quel mentecatto non gli faceva certo così piacere, ma il fatto che questa sua suddetta felicità lo spingesse a voler fare sempre di più a botte lo rendeva assai eccitato. 

Ora che si era occupato di Kaharoth, si prefissò che soltanto in un secondo momento si sarebbe invece occupato di un’altra faccenda. Una faccenda che rispondeva al nome di Son Gohan. 

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Angolo autrice:
Salve a tutti e scusate l'attesa! Non sono una che ama prendersi delle pause così lunghe ma, che vogliamo farci, la nostra ministra dell'istruzione sta cambiando le carte in tavola praticamente ogni giorno, ed io vorrei soltanto addormentarmi e svegliarmi quando tutto questo incubo sarà finito! xD 
Ma arriviamo al capitolo... non è nulla di che, lo so, dobbiamo ancora entrare nel VERO vivo della trama, e giuro che ci entreremo molto presto, non fucilatemi; nel frattempo, spero che anche questi capitoletti di pura e semplice slice of life non vi dispiacciano ^^ 
Ringrazio chiunque si sia preso il tempo di recensire(in fondo la vostra opinione è la cosa più importante!), ma anche i miei lettori silenziosi... non avrei mai pensato che questa mia prima storiella potesse avere così tante visite, sul serio!
Alla prossima <3 

-hilaris

 

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Capitolo 13
*** una dimensione immaginaria ***


«Ok, sei pronto?» 

«Sono nato pronto, pivello.»

 

Si concentrarono. 

Si concentrarono fino allo sfinimento, fino a creare un forte terremoto sotto i loro piedi, fino a che il cielo, come se improvvisamente il meteo fosse impazzito, iniziò a coprirsi di una folta coltre di nuvole nere; si concentrarono finché, l’uno lontano dall’altro, non aprirono debolmente gli occhi, ritrovandosi di fronte ad una realtà che non era quella a cui erano abituati.

Erano l’uno di fronte all’altro, in un mondo fatto di oscurità e tenebre. E c’era una luce in fondo al tunnel, certo che c’era, ma era così lontana che a stento i loro occhi riuscirono a captarla. Goku si guardava confusamente intorno, Vegeta rimaneva vigile, con lo sguardo puntato sulla sagoma del suo rivale, che nel frattempo aveva preso a muoversi, cercando di capire se ci fossero riusciti o meno.

Di ciò che avevano intorno fino a pochi secondi prima non vi era rimasto nulla; erano solo loro due, ed un oscuro tunnel che si faceva sempre più stretto man mano che passava il tempo. 

 

«Ho una strana sensazione...» fu la voce di Goku a squarciare il silenzio che si era andato a creare, mentre intorno a loro cominciava a crearsi pian piano l’immagine di un luogo... un luogo freddo, buio, fatto solo di rocce prive di vita e di disperazione «È come se ci fossi già stato, in questo posto. Non ti sembra strano?»

Il principe non aveva risposto, ed aveva alzato la testa, scorgendo il crearsi di un cielo nero e senza stelle, che aveva iniziato lentamente a sovrastarli: sì che gli sembrava strano, dannazione. Lui quel posto lo conosceva, ne era più che certo. Eppure era convinto di non esserci mai stato, era convinto di non aver mai valicato un luogo così orribile; e lui, di luoghi orribili ne aveva visti tanti.

Ma quello... quello era tremendo.

Trasmetteva un’aria di dolore, di sofferenza, di distruzione, ed il fatto incredibile era che lo potevano vedere soltanto loro due. 

Distrattamente, si voltò verso il proprio rivale che, nel frattempo, era svanito nel nulla. 

E si ritrovò da solo. Solo in un luogo che sapeva di conoscere ma nel quale non sapeva affatto come muoversi, solo in un luogo che non gli piaceva affatto, e dal quale avrebbe voluto soltanto scappare... paradossalmente, in quel frangente, gli mancava in modo terribile la Terra, e gli mancava potersi tranquillamente allenare sotto il sole cocente di luglio. Voleva tornare a casa dell’idiota a litigarci in continuazione, voleva tornare ad insultare il moccioso per essere così dannatamente invadente. Si sarebbe addirittura accontentato di starsene alla Capsule Corporation insieme a quella sfacciata di Bulma, piuttosto che stare lì da solo.

«Kaharoth?» lo chiamò in modo incerto, indietreggiando leggermente «Riesci a perderti anche in posti immaginari, brutto idiota?! Dai, vieni fuori, facciamola finita! Come si esce da questa storia?»

Ma nessuna risatina insopportabile seguì quella frase, nessun sorriso sornione apparve davanti alla sua regale faccia... nessuna voce stridula gli rispose. Kaharoth era sparito davvero, e nessuno di loro due sapeva realmente come si facesse a stoppare quello strano gioco. Gioco che, per inciso, non gli stava piacendo affatto.

«Tsk, dannazione...» mormorò, guardandosi intorno «Dove diavolo sarà finito, quell’imbecille...» 

 

Cinque secondi prima, stava chiedendo a Vegeta che cosa ci fosse di tanto strano in tutta quella storia, mentre cinque secondi dopo, voltando le spalle al proprio compagno di disavventure, si accorse che quest’ultimo era sparito. 

Anzi, forse era proprio lui stesso ad essersi spostato senza neanche fare un passo, perché lo scenario intorno a sé era cambiato nuovamente: adesso, intorno a lui, non c’erano più rocce e alberi morti, ma era come se, improvvisamente, si fosse ritrovato all’interno di una grotta. Una grotta fredda e buia, in cui si potevano a malapena distinguere le pareti.

Dove caspita fosse finito, questo non gli era dato saperlo, ma tutta quella storia lo inquietava: sapeva benissimo di trovarsi all’interno di un’illusione... una visione creata da non sapeva neanche lui quale tipo di scomparto del proprio subconscio-e di quello di Vegeta-, ma era così dannatamente realistica che quasi lo spaventava... che fosse una sorta di presagio? Che tutte quelle continue illusioni, quelle continue connessioni tra di loro, non fossero altro che avvertimenti per ciò che sarebbe potuto accadere in futuro? Oppure si trattava soltanto di un loro potere sopito che non erano ancora riusciti a controllare? 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un rumore sordo e secco proveniente da dietro le proprie spalle: per un attimo sussultò, ma poi decise che forse mantenere la calma sarebbe stata la decisione migliore. Così, si voltò in modo incerto nella direzione opposta, non trovando altro che niente.

«V-Vegeta?» mormorò «Se è uno scherzo, non è affatto divertente!»

Ma non era affatto il principe dei saiyan, questo lo sapeva molto, ma molto bene. Perché se fosse stato veramente lui, Goku non avrebbe avuto tutta quella paura... se fosse stato veramente lui, Goku si sarebbe sentito sollevato. Ma non lo era affatto, ed ogni minuto che passava, si sentiva sempre più oppresso.

Rimase fermo al proprio posto per un lasso di tempo che sembrò interminabile finché, quasi sussurrata, non sentì una voce chiamarlo. 

“Goku” faceva “Goku, vieni da me”, e continuava a ripeterlo, a ripeterlo, a ripeterlo, finché non venne affiancato da un’infinità di altre voci, che lo chiamavano in continuazione, insediandosi nella sua testa, facendogli fischiare le orecchie. Era come se le voci di tutte le persone che conosceva si fossero unite in una sorta di coro che lo chiamava, che gli chiedeva di raggiungerle. 

Il Genio, Gohan, Bulma, Crilin... poteva sentirli tutti. Soltanto una voce mancava all’appello: quella del principe dei saiyan.

E quest’ultimo dettaglio lo spaventò ancor di più; perché Vegeta non lo stava chiamando? Forse perché era l’unico, fra tutti, a non appellarsi a lui col suo nome terrestre? Forse perché non lo considerava affatto un amico? O perché... o perché gli era successo qualcosa di brutto? 

 

«Goku!»

 

Quella voce terrorizzata, spaventata.

Quella voce che avrebbe potuto riconoscere fra mille, quella voce che aveva sentito ogni giorno per sette anni, finché non si era spenta per sempre.

La voce di Chichi.

Era spaventata, aveva il fiato corto, e lui riusciva a vederla; lo stava guardando con gli occhi sbarrati, come se... come se fosse lui quello che la stava terrorizzando così tanto. 

Poi, la sua voce angelica iniziò pian piano a diventare sempre più profonda, e l’immagine che il saiyan dai capelli a palma aveva di fronte cominciò a mutare, a trasformarsi nel viso di qualcun altro. Qualcuno che sentiva molto vicino, e del quale non aveva ancora udito il tono di voce.

Vegeta.

Vegeta era di fronte a lui, ma non lo stava guardando col suo solito sguardo strafottente ed arrogante, non gli stava sorridendo bieco, non lo stava sfottendo come faceva di solito. Il principe dei saiyan lo stava scrutando con occhi lucidi, spalancati, il colore della sua pelle olivastra era sbiadito, lasciando spazio ad un bianco pallido, e le sue mani erano poggiate su entrambe le sue guance. Ma lui a malapena riusciva a sentirle.

Vegeta era completamente terrorizzato, quasi disperato, e lo stava fissando con aria implorante; e cosa più importante... non lo stava chiamando ‘Kaharoth’.

«Goku!» urlò di nuovo, questa volta con la sua voce, quella che quest’ultimo aveva tanto voluto sentire fino a quel momento «Goku, io lo so che esisti ancora, lo so che sei lì! Torna in te, Goku, torna in te!»

 

 

Era diventato tutto bianco.

Le rocce erano scomparse, ed insieme a loro anche quel cielo terso, lasciando spazio ad uno scenario completamente candido, ma allo stesso tempo per niente rassicurante.

Non poteva sentire nessun tipo di suono, intorno a sé... soltanto l’eco del suo respiro ed il battito del suo cuore che, nonostante il momento, era regolare e rilassato.

Non doveva lasciarsi prendere dal panico; in fondo, tutto quello era soltanto una misera illusione, non faceva parte della realtà.

Eppure... aveva una strana sensazione, era come se tutto ciò fosse una sorta di predizione, una sorta di viaggio in un futuro non troppo lontano. Era come se in qualche modo l’universo o chi per esso stesse cercando di avvertirlo... di avvertirli entrambi, di ciò che stava per succedere di lì a poco.

Ma era davvero possibile una cosa del genere? 

In quel momento, si pentì amaramente di aver rifiutato la proposta del proprio rivale di andare a chiedere aiuto a qualche divinità... proposta che avrebbe accettato una volta usciti da quella spiacevole situazione. Doveva soltanto ritrovare quell’idiota di Kaharoth e cercare di sbloccarsi, in qualche modo. 

Si voltò bruscamente, sentendo una presenza alle proprie spalle e, a qualche metro di distanza da sé, trovò finalmente la figura girata di spalle di quello che era senza ombra di dubbio il suo rivale; era vestito in modo strano, questo sì, ma Vegeta non ci fece quasi caso e, sospirando esasperato, iniziò ad andargli incontro.

«Finalmente!» esclamò «Si può sapere dove diavolo ti eri cacciato?! Dai, facciamola finita con tutta questa storia, andiamo a chiedere spiegazioni ai tuoi amici divini!»

Ma l’altro saiyan non rispose, né tantomeno si voltò alle sue parole. E a quel punto il principe, irritato dal fatto che il decerebrato lo stesse ignorando in quel modo, continuando a dargli le spalle, sbatté un piede a terra-se quella poteva definirsi terra-, il cui rumore rimbombò fastidiosamente, costringendolo a tapparsi le orecchie «Allora, mi hai sentito?!» gli posò una mano sulla scapola, rendendosi conto soltanto in quel momento che era la prima volta, in tutto quel lasso di tempo, che riusciva a toccarlo fisicamente mentre si trovavano in quella situazione «Torniamo sulla Terra, idiota! Mi sono stancato!»

Ma quando Kaharoth-o almeno quello che all’apparenza era lui- si voltò nella sua direzione, Vegeta si ritrovò ad indietreggiare di qualche passo: era lui, certo che era lui, ma allo stesso tempo... non sembrava affatto lui. Lo stava guardando con occhi carichi d’odio, di rabbia, di... cattiveria? Possibile? 

E sorrideva. Sorrideva soddisfatto mentre, tra le mani, reggeva una testa priva di vita. 

Ed il sangue del principe si gelò pericolosamente nelle vene, quando riconobbe la faccia di colui al quale il proprio rivale aveva staccato la testa.

 

 

 

“Torna in te”? Ma che diavolo voleva dire, con quelle parole?

Lui era in sé, non era mai stato più in sé di così. Eppure, quello che gli parlava non sembrava affatto il Vegeta al quale era abituato, quegli occhi non trasmettevano affatto il disprezzo con il quale lo guardava solitamente-sempre che di disprezzo ancora si trattasse, ormai il suo rivale sembrava guardarlo più con una vena di rassegnazione-, ma trasmettevano qualcos’altro... neanche lui riuscì bene a capire cosa, ma era come se in quel momento, il saiyan che aveva di fronte, fosse il Vegeta di un prossimo futuro, e non quello cinico ed insopportabile del presente.

E quel piccolo particolare lo salvò dal cadere nella trappola del nemico... nemico che, con grande orrore da parte di Goku, era il suo stesso subconscio, la sua stessa mente. E si chiese per un attimo che cosa stesse passando il vero Vegeta in quel momento. 

Rapidamente, caricò un pugno in direzione di colui che si ritrovava davanti, credendo che con quello avrebbe fatto sparire l’illusione ma, quando lo colpì, si accorse che la sua mano gli aveva appena trapassato il torace, e che proprio a contatto col suo braccio, il cuore del principe batteva i suoi ultimi spasmi.

La sua faccia assunse un colore spaventosamente cianotico, mentre vedeva il proprio rivale cadere a terra, con un buco in mezzo al petto ed il sangue che, rosso e caldo, fuoriusciva dalla sua bocca semi-aperta.

«P-perché, Kaharoth?» mormorò quel Vegeta «Perché stai... s-stai facendo q-questo?»

«Già, perché, Kaharoth?»

La sua voce.

La sua stessa voce gli stava parlando, e gli stava chiedendo ‘perché’. 

Ma il perché di cosa? Quella era soltanto una visione, non era la realtà, e ciò trovò conferma nel fatto che il corpo esanime del principe fosse appena scomparso nel nulla... quella non era la realtà.

Ma al posto del corpo senza vita di Vegeta, apparve un’altra figura. Questa volta in piedi, incappucciata, coperta soltanto da una tunica scura, che lo guardava con occhi carichi di perfidia. E Goku deglutì quando si accorse che, sotto quel cappuccio, lo sguardo scuro che lo scrutava era il suo... quello sconosciuto appena apparso di fronte a lui... era lui. 

«Cadranno tutti.» gli disse languido, leccandosi il labbro superiore, mentre gli si avvicinava con un sorriso «Oh, non devi avere paura di me, Goku. In fondo, significherebbe avere paura di te stesso.»

Il super saiyan indietreggiò, iniziando a tremare. Perché una proiezione stramba di sé stesso gli era appena apparsa davanti? E perché lo stava guardando in quel modo? Lui non era così, quello non era il suo sguardo, lui non sorrideva in quel modo. 

«Smettila di rifiutare la tua indole.» continuò la propria proiezione inquietante «Smettila di avere timore di ciò che sei in realtà.»

 

 

 

Era incredibile. Kaharoth teneva in mano la testa di Kaharoth. E sorrideva, sorrideva beffardo mentre gliela mostrava con orgoglio.

Che diavolo di simbologia avrebbe dovuto cogliere, in quella visione? Perché il suo rivale si stava comportando in quel modo, perché aveva la sua stessa testa tra le mani? 

Vegeta iniziò a tremare ininterrottamente, preso completamente alla sprovvista e dal panico... che cos’avrebbe dovuto fare? Dove sarebbe potuto scappare, se quel posto non era altro che il bianco più totale?

Non poteva attaccarlo, non sarebbe servito a niente, in fondo non avrebbe potuto fargli del male, ed in quella stramba dimensione i suoi poteri funzionavano tanto e non quanto: aveva provato, qualche minuto prima, a lanciare qualche sfera di energia, ma dalle sue mani non era uscito assolutamente nulla.

Era completamente indifeso e disarmato.

«Oh, non aver paura di me...» gli si rivolse quella specie di Kaharoth, allargando il sorriso sul suo volto «Sai che non ti farei mai del male. Solo se mi costringessi realmente a farlo, Vegeta.»

E, detto questo, fece svanire la testa che aveva avuto in mano fino a quel momento «Oh, era questa che ti turbava tanto? Ma non ti dovrebbe preoccupare. In fondo, non era ciò che desideravi più di tutti? Toglierti dai piedi quell’imbecille di Goku?»

Il principe sussultò: già, non era ciò che desiderava più di tutti? Quell’illusione non aveva poi tutti i torti. E poi, ciò che aveva davanti non era reale, era inutile spaventarsi tanto. Ma quegli occhi, quei dannatissimi occhi... quello non era lo sguardo di Kaharoth, non erano gli occhi di Goku, quelli. Non del Goku che era abituato a vedere, almeno.

Ma allora, chi diavolo era quello? 

«Tu...» sibilò, andando a sbattere contro quello che sembrava un muro, rendendosi conto che effettivamente quella candida dimensione non fosse infinita «Chi diavolo sei, tu?»

Lo vide allungare una mano nella sua direzione, come a tendergliela «Vieni con me.» disse, sorridente «Possiamo dominare l’intero universo. Possiamo realizzare tutti i tuoi sogni. Con me diventerai immortale.»

«Hah! Con te?» lo schernì lui, incrociando le braccia al petto «Ottimo tentativo, ma con me non attacca. Sparisci dalla mia vista.»

Ma, prima ancora che potesse mettere fine a quella storia attaccandolo con un pugno, Kaharoth si illuminò di luce dorata, i suoi capelli divennero del color del sole ed i suoi occhi presero la tonalità del cielo, mentre la tunica scura che lo copriva cadeva a terra, lasciando spazio ad un abbigliamento forse ancora più scuro di quest’ultima. 

E poi, Vegeta si bloccò sul posto, mentre il super saiyan lo prendeva per i capelli, iniziando ad attaccarlo senza remore. 

 

 

 

Timore di ciò che era in realtà, gli aveva appena detto.

Ma lui non era mai stato così, non era lo stesso che vedeva nel riflesso dello specchio, quel saiyan che aveva di fronte. Quello non era lui, quello non sarebbe mai stato lui.

Eppure, quell’immagine era così vivida, così terribilmente reale da fargli paura.

Davvero, nel profondo della propria mente, albergava quella proiezione di sé stesso? Davvero lui, l’eroe che aveva sconfitto Freezer, sarebbe potuto diventare così? 

Per un attimo, Goku si sentì rapire da quell’immagine, da quella proiezione di sé, ma poi, un grido di dolore in lontananza lo dissuase da quegli inquietanti pensieri. L’urlo di qualcuno che stava soffrendo.

«Vegeta!» 

Con un calcio ben assestato, mandò quella specie di sé stesso a sbattere contro la parete della grotta e lo vide scomparire e, concentrandosi sull’aura del proprio rivale, tentò di teletrasportarsi nel luogo dove si trovava quest’ultimo. E inaspettatamente ci riuscì, riuscì a raggiungerlo, e lo vide combattere contro un ulteriore sé stesso. O forse lo stesso sé stesso che aveva appena mandato KO. Solo, trasformato in super saiyan. Il principe non riusciva ad opporre resistenza, i suoi poteri in quella dimensione erano diventati totalmente inutili, e si stava facendo ammazzare da una stupida illusione. 

Accendendosi di rabbia nel veder Vegeta venire ridotto in quella condizione orribile, Goku saltò in direzione di colui che lo stava attaccando e, come se improvvisamente avesse ritrovato sé stesso, lo fece sparire con la sola forza dello sguardo, ritrovandosi a mettere le mani sulle spalle del proprio rivale, stringendole con tutta la forza che aveva.

«Vegeta!» lo chiamò a gran voce «Vegeta, torna in te! Era un’illusione, era solo un’illusione! Cavolo, come diamine si torna indietro?!» 

Stringendo il principe completamente terrorizzato a sé e tentando di farlo smettere di divincolarsi, Goku si concentrò come si era concentrato prima, tentando di raggiungere la realtà, visionando di fronte a sé i monti Paoz. Voleva raggiungerli, voleva tornare a casa, e voleva far venire Vegeta con sé. 

Non voleva passare un altro minuto in più in quella dimensione orribile. 

E, non si sa come, ci riuscì. Quel luogo svanì improvvisamente e con lui anche le ferite sul corpo del proprio rivale: si ritrovarono nuovamente sui monti Paoz, di fronte a casa sua, come se tutto ciò non fosse successo, come fosse stata soltanto una stupida allucinazione.

Ma, a discapito di quest’ultima sensazione, Vegeta continuava a lamentarsi e divincolarsi, a cercare di liberarsi dalla sua presa. 

 

«Lasciami!» urlò, terrorizzato, come se si trovasse ancora in quella dimensione a combattere contro un avversario imbattibile «Lasciami subito! Stai lontano da me! Stammi alla larga!»

«Vegeta!» lo chiamò di nuovo Goku, abbracciandolo istintivamente, stringendolo più forte che poteva, con la sola intenzione di farlo smettere di gridare «Vegeta, sono io! Sono solo io, calmati! Datti una calmata!»

E, come se si fosse appena svegliato da un brutto sogno, il principe dei saiyan si bloccò: Kaharoth lo stava abbracciando, lo stava stringendo contro il proprio petto, non gli stava facendo del male, non lo stava colpendo con onde di energia, e non era affatto trasformato in super saiyan. 

Istintivamente lo spinse lontano con tutta la forza che aveva, balzando all’indietro «Vattene! Stammi lontano, non osare toccarmi!»

«Vegeta, sono Goku!» urlò di nuovo lui, esasperato «Non vedi?! Siamo tornati sulla Terra, siamo a casa!»

Ma lui non ne era convinto «E io come faccio a saperlo?! Potrebbe essere un altro dei tuoi viscidi trucchetti!»

Goku sospirò rumorosamente «Stamattina non avevo voglia di allenarmi, e tu mi hai detto che non cucino così male come tutti dicono, ed è anche passato un mese da quando ho scoperto che Chichi era malata!»

Sentendo quelle parole, gridate come prova della sua veridicità, il principe cadde sulle proprie ginocchia, bagnandosi i pantaloni con la rugiada del mattino e lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. Si sentì un dannato stupido, in quel momento: davvero si era lasciato spaventare da una maledetta illusione? Davvero si era lasciato abbracciare dal proprio acerrimo rivale, pur di smettere di divincolarsi come un cretino? 

Eppure, in quel momento, era talmente sollevato che il proprio suddetto acerrimo rivale fosse tornato a prenderlo, che non se la sentì neppure di urlargli contro per averlo abbracciato... in fondo, quello era da archiviare soltanto come un caso disperato e necessario, no? Non si erano di certo abbracciati perché avevano voglia di farlo, dannazione! Piuttosto si sarebbe lasciato ammazzare da un mostro del calibro di Freezer! 

«Dannazione, Kaharoth...» mormorò, alzando la testa nella sua direzione «Non farlo mai più!»

Goku strinse i denti: davvero quel testone si era arrabbiato per quell’abbraccio? Accidenti, era stata una cosa puramente istintiva, chiunque l’avrebbe fatto! Dopo tutto quello che avevano appena passato, davvero Vegeta stava mettendo l’accento su quello? 

«Ascolta, scusa! Non sapevo proprio come farti stare buo-»

«Non ti azzardare mai più a sparire in quel modo!» puntualizzò il principe, interrompendolo «Giuro che la prossima volta ti uccido! Hai idea di che cosa ho appena passato per colpa tua?!»

Quelle parole stupirono alquanto il saiyan dai capelli a palma: davvero il burbero principe di fronte a sé, invece di arrabbiarsi con lui perché lo aveva appena abbracciato, toccandolo in un contesto che non fosse la lotta, si stava arrabbiando perché, mentre si trovavano in quella sorta di altra dimensione, si erano separati e l’aveva lasciato da solo? Non avrebbe mai creduto che uno come Vegeta potesse reagire così per una cosa del genere, era a dir poco sorprendente! 

Sorrise bieco, rendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi «Forza, andiamo a chiedere aiuto a Re Kaioh!»

Il principe sospirò: nonostante quello che avevano appena passato, quell’imbecille non sarebbe mai cambiato. Come facesse a prendere le cose con una leggerezza simile, questo proprio non riusciva a capirlo; lui era ancora parecchio scosso, anche se stava tentando di non darglielo a vedere-anche perché aveva già visto troppo-, mentre quel decerebrato sembrava averlo dimenticato subito, e stava già pensando al passo successivo. 

Rassegnato e contro ogni aspettativa del saiyan dai capelli a palma, Vegeta prese la sua mano e si alzò da terra, inarcando un sopracciglio «Come diavolo fai a sapere che ti avrei chiesto di farlo?»

Il super saiyan si indicò la testa «Tu non sei riuscito a leggermi nel pensiero, prima?»

Lui si limitò a roteare gli occhi, rassegnato dal fatto che tra di loro ci sarebbero sempre stati ben pochi segreti. Era riprovevole, certo, ma alla fin fine non potevano farci niente, a meno che non esistesse una soluzione a tutta quella storia. E questo avrebbero potuto saperlo solo con l’aiuto di Re Kaioh. 

 

*

 

«Ma lo vuole capire che non c’è assoluto bisogno di cucinare, Re Kaioh?!» lo stava riprendendo Gregory, mentre lo stufato che il Dio aveva provato a cucinare stava bruciando, rischiando di mandare a fuoco tutta la sua adorata casetta.

«Solo perché in quanto divinità non ho alcun bisogno di mangiare, non significa che io non abbia il diritto di provare il gusto di un buon pasto!» rispose lo strano essere dalla pelle blu «E poi, devo comunque nutrire te e Bubbles!»

La cavalletta buttò uno sguardo alla pentola carbonizzata «Se è quello ciò che offre la casa, preferisco stare a digiuno.»

«Ma come diamine ti permetti, ingrato?!» esclamò Re Kaioh, cominciando ad inseguire il proprio piccolo amico per tutto il suo minuscolo pianeta, con in mano una padella da potergli sbattere in testa «Io ti do vitto e alloggio, e questo è il tuo ringraziamento?!»

La sua ospite, appoggiata distrattamente al cofano dell’auto rossa della divinità, rise divertita a quella scena: in fondo, allenarsi nell’aldilà con Re Kaioh non era stato soltanto un onore, ma anche una buona cosa. Non si sarebbe affatto trovata a suo agio in mezzo ad altri milioni di anime; mentre lì... beh, lì godeva della compagnia di amici davvero speciali. 

Ma si ritrovò ben presto a sgranare gli occhi sconvolta quando, proprio di fronte a sé, due figure ben conosciute apparvero improvvisamente: uno dei due si era teletrasportato sul pianeta di Re Kaioh, ed aveva portato l’altro con sé.

«Goku!»

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Angolo autrice:
Ok, questo è decisamente il capitolo più WTF che io abbia scritto finora, ma... tempo al tempo, ragazzi, si spiegherà tutto più avanti, sperando che il nostro Re Kaioh collabori. 
Dunque, Goku e Vegeta sono riusciti a far avvenire volontariamente la connessione ma, a differenza delle altre volte, sono riusciti a vedere a sentire più di quello che vedono e sentono di solito, il che potrebbe essere interessante... o almeno spero di essere riuscita a renderlo tale! 
Hanno visto entrambi una versione "malvagia" di Goku... ma che simbologia potrà mai avere una visione del genere? Che cosa potrebbe succedere a Goku? E soprattutto, ciò che i nostri due saiyan preferiti hanno visto potrebbe davvero essere una sorta di illusione futuristica? Questo ce lo spiegherà soltanto il tempo. 
Nel frattempo, possiamo anche notare che, piano piano, si stanno anche avvicinando l'uno all'altro... ma non sono super carini? *^*
Vi ringrazio come sempre delle recensioni e delle visite... davvero, non mi aspettavo che in così tanti fossero curiosi di dare un'occhiata a questa storia, è davvero fantastico!

Vi mando un grandissimo bacio! Alla prossima!

-hilaris

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