Scomparire

di VigilanzaCostante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Fragile - maneggiare con cura.
 
La vita è una cosa spigolosa
La gente corre dietro qualcosa
Ed io verrò da te
E tu verrai da me
Così vediamo se
Due che si abbracciano strettissimi
Ce la fanno a scomparire
(Scomparire, Giovanni Truppi)

 
 
Rose Weasley non aveva mai conosciuto la morte prima di allora. Ne aveva sempre sentito parlare come qualcosa di lontano, legato alla guerra, legato alla vita. Razionalmente sapeva che cos’era la morte o il ciclo della vita... ma non lo sai davvero finché non lo provi sulla tua pelle.
Morta. Sua nonna era morta. Rose per giorni aveva cercato di imprimersi in testa quella parola, finendo per farla diventare vuota, senza suono né significato. Morta.
Com’era morta? Non riusciva a spiegarselo. Si, un infarto, un problema cardiaco, avevano detto. Ma si sentiva confusa Rose, per quanto fosse sempre stata sveglia e guizzante nel comprendere le cose. Ma adesso non comprendeva: solo il giorno prima della sua morte avevano pranzato insieme e le aveva chiesto fino allo sfinimento se avesse qualche spasimante. Allora funzionava davvero così? Il secondo prima sorridi, cucini, vivi e quello dopo tutto diviene freddo e immobile?
Settantacinque anni non sono tanti, no? A settantacinque anni non sei vecchia, hai ancora tempo, avrebbe dovuto avere ancora tempo con lei, crescere al suo fianco. 
Vedere il suo corpo al funerale, senza riconoscerlo, agghindato con il suo bell’abito e truccato le sembrava oltraggioso. Sua nonna non era così: era grezza, alla mano, diretta. Ti ammoniva con il dito sporco di fuliggine perché aveva appena finito di pulire, e poi quando ti abbracciava sapeva di pane fatto in casa.
Era la classica nonna, ma era la sua noni, come l’aveva iniziata a chiamare da piccina e non aveva più smesso. Parlarne già al passato le faceva stringere il cuore nel petto, una morsa non piacevole che le mozzava il respiro.
Si girò annaspando cercando lo sguardo dei suoi parenti, ma erano tutti con la testa chini a guardare il terreno, non curanti del caldo nonostante gli abiti scuri.
La Tana, pochi metri più in là, sembrava non riuscire a stare più dritta nel suo essere traballante. Come se neanche quella casa viva riuscisse ad accettare la morte di chi aveva fatto di tutto per farla rimanere in piedi.
A Rose sembrava di non essere più un corpo, d’essere sballottata di qua e di là tra la cerimonia, e le condoglianze. Sentiva la sua testa annuire, le sue labbra esprimere ringraziamenti, accettare le carezze e riluttante anche gli abbracci, ma in realtà non era davvero lei a fare tutto questo. Si sentiva un automa. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva messo qualcosa di commestibile in bocca, l’ultima volta che aveva sorseggiato un po’ d’acqua. Eppure, di lacrime ne aveva versate tante nel buio della sua camera, prosciugando qualsiasi suo liquido.
Aveva la presunzione di pensare che lei, proprio lei, era la preferita della nonna. Da sempre, forse perché mentre gli altri bisticciavano Rose si sedeva sul suo grembo e le chiedeva di raccontarle per l’ennesima volta la storia della guerra, dell’amore con il nonno, di quando lo zio Harry aveva vinto. E la nonna raccontava, modificando alcune parti, e tagliando alcuni pezzi, ma commuovendosi alla fine.
Sua nonna sì che aveva affrontato il lutto, e se adesso fosse qui potrebbe insegnarglielo. Ma, pensandoci bene, se fosse qui non ce ne sarebbe nemmeno bisogno.
- Rose, mi dispiace molto per la vostra perdita - la voce di Scorpius inconfondibile come sempre, la stupì un po’ nell’automatismo in cui era immersa.
- Malfoy -, sussurrò flebile. Non abbandonò l’uso del cognome, perché mai si erano chiamati per nome negli ultimi sette anni e non voleva rompere anche quella sciocca abitudine.
Rose e Scorpius non si potevano definire amici. Ma non si odiavano, questo era certo. Si apprezzavano reciprocamente, e questo era rafforzato (e non svilito) dal continuo battibeccare e litigare per i corridoi. Le discussioni senza senso erano state all’ordine del giorno in quei lunghi sei anni, ma non c’era mai stato astio o cattiveria. Era sempre stato divertente, diamine, perché Rose con la sua poca pazienza e Scorpius con la sua finta facciata di arroganza facevano una bella accoppiata. Non si potevano definire amici, ma essendo due belle teste non da poco si erano per anni confrontati su materie, squadre di Quidditch, interessi e libri letti.
Scorpius guardava gli occhi di Rose estremamente vuoti e sentiva che la Rose che l’anno prima gli aveva lanciato un libro in testa perché aveva preso un voto più alto di lei in quel momento era sparita. E lo capiva, lo capiva davvero, quindi la scrutò con circospezione prima di avvicinarsi e stringerle la mano.
Sentendo a malapena i muscoli di Rose reagire cercò di dileguarsi velocemente, per andare a salutare gli altri Weasley con cui aveva sempre avuto un rapporto più che civile. Albus, per esempio, era il suo migliore amico, e la sua presenza a quella cerimonia era dovuta principalmente a lui.
Ma Rose, Rose aveva qualcosa negli occhi che lo sconvolgeva e gli faceva venire voglia di prenderla e portarla lontana da quel cumulo di persone che continuavano ad abbracciarla e piangerle addosso.
Non è il momento, lasciatela stare.
Ma non potè fare niente per lei, non ne aveva il diritto, neanche lontanamente. La lasciò in quel vespaio e si allontanò con la speranza di rivedere, tra un paio di mesi, di nuovo quegli occhi vispi ammonirlo divertiti.
 
***
 
L’estate passò con una lentezza disarmante. Rose aveva sempre odiato il caldo e la lontananza da Hogwarts. L'unico motivo per cui le scorse estati era bello tornare a casa era per sua nonna.
Ora non più.
Sua mamma, suo papà, i suoi cugini aveva cercato di tirarla fuori dal letto.
“Stiamo soffrendo tutti, dobbiamo starci vicini.”
“Tesoro ti porto a fare una passeggiata, parliamo.”
“Dai Rosie, una partitina a Quidditch?”
Rosie, che buffo venir chiamata così. Sapeva di qualcosa di fragile. E in effetti Rose si sentiva fragile, si sentiva sul punto di spezzarsi, di cadere in tanti piccoli pezzi.
Nessuno le aveva mai detto che la morte faceva così paura. Potevano provarci, almeno, a spiegarglielo loro che lo avevano provato, che sapevano. Perché non ne aveva mai avuto paura prima? Ora era terrorizzata dall’idea di corpi gelidi e freddi, che un secondo prima ci sono e il secondo dopo puff.
C’è chi la morte l'aveva toccata con mano molto prima, eppure le sembrava di aver vissuto per anni in una bolla di vetro, immacolata. Pensò a Malfoy e di come sua madre Astoria era venuta a mancare qualche anno prima. O a quella Tassorosso, Mary, il cui padre aveva sofferto di una malattia terminale per anni. Sono cose che lei sapeva. Come aveva fatto a non prestarci attenzione? A non soffermarsi? A non averne paura?
Si passò una mano sul viso pallido, smunto, e legò i capelli rossi in una coda alta per darsi una lontana parvenza di ordine.
Era luglio, faceva caldo, e avrebbe voluto andare al mare per fare un tuffo profondo per azzerare ogni pensiero. Avrebbe potuto smaterializzarsi in effetti, aveva diciassette anni da un paio di mesi e aveva conseguito la licenza già negli ultimi giorni di scuola.
Oppure sarebbe potuta andare da qualcuno, da qualche sua amica, da Albus e James che da sempre erano i suoi preferiti. Ma non lo fece, rimase congelata sul posto, distesa sul letto a guardare il vuoto.
Scorreva la vita dal suo corpo, scivolava dalle sue mani piccole e dalla sua pelle chiara. Non aveva più forza, lei che era sempre stata istintiva, vitale, energica.
L’estate volava veloce per tutti gli altri, lei viveva un disordine atemporale, si dimenticava dei giorni, di sorridere, di interagire.
A volte prendeva e camminava, camminava tanto intorno al suo quartiere e alla sua casa, passava per il mercato, sentiva gli odori del cibo e storceva il naso davanti a quella cosa così materiale che aveva perso tutto il suo sapore e la sua attrattiva. Camminava per ore, e ore. Secondo i suoi genitori era un miglioramento, e ogni tanto acconsentiva ad essere seguita dal passo vispo di suo fratello Hugo.
Ma per il resto, tutto era congelato.
Gli altri andavano avanti, lei non sapeva nemmeno che cosa significasse.
 
***
 
Una mattina a colazione uno dei gufi pomposi di Hogwarts aveva bussato con il becco alla loro finestra. Come di consueto la lista dei libri era allegata alla lettera, ma quest’anno per Rose anche un’altra spilla. Caposcuola, c’era da aspettarselo.
Sorrise appena: un tempo avrebbe gioito a quella vittoria, come se la sua vita dipendesse da quello. Che sciocca.
Sorrise di nuovo, più amaramente, pensando a quanto sarebbe stata felice nonna Molly. Avrebbe appeso per tutta la Tana le congratulazioni per la sua nipotina, come a suo tempo aveva fatto con i suoi figli.
Si chiese, per un attimo, chi sarebbero stati gli altri e la risposta sul Caposcuola di Serpeverde fu per lei immediata: Malfoy, ovviamente. Riusciva già a figurarselo, loro a fare le ronde insieme e a comportarsi come se fossero i padroni dell’intera scuola. Non sentiva, però, nemmeno la forza di poter bisticciare con Malfoy quell'anno, il mondo sembrava davvero starsi rovesciando dentro di lei.
Hermione sorrise a 360 gradi vedendo la spilla, orgogliosa e sollevata: proiettava un po‘ troppo spesso quelli che erano stati i suoi desideri passati sulla figlia, che credeva così simile a lei. Ron le diede un bacio sulla testa e le promise di comprarle ciò che voleva. 

Ma cosa voleva, Rose? Non lo sapeva nemmeno lei.

- Magari una scopa nuova? - Lo dice solo perché sapeva che era quello che il padre voleva sentirsi dire.
- Ho sempre saputo che sei anche un po‘ figlia mia e non solo di tua madre -, e sorrise dolcemente alla sua piccola Rosie.
Tutti erano contenti, non aveva deluso le aspettative.
Forzò le risate con i genitori e il fratello, propose di cucinare lei la cena (per salvarli tutti dalla cucina disastrosa di Hermione) e fece finta di niente.
Mise ogni cellula del suo corpo nel tentavio di sembrare la se stessa di sempre, di non essere mutata o sfiorita. Gioì, ma non voleva gioire; rise, ma non voleva ridere. Sentiva che dentro di lei si era rotto qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, non riusciva a capire perchè.

Ma cosa voleva Rose? Che tutto - freddo, immobile - si fermasse.

***
 
Rose era davanti allo specchio del suo bagno. Aveva poco tempo prima di vestirsi e mettersi in macchina verso la stazione. Ma non riusciva a muoversi, troppo presa a osservare il proprio corpo nudo. Stava dimagrendo, era innegabile, perché negli ultimi mesi aveva scoperto un piacere nascosto nel non mangiare.
“Niente di cui devo preoccuparmi: è per il lutto, è normale che il dolore mi abbia stravolto”, aveva pensato per tutta l’estate, senza soffermarsi troppo sui pasti saltati, sulla mancanza di appetito. Ma poi, con il trascorrere dei giorni il suo corpo era cambiato sotto il suo tocco. Niente di estremo, ma i suoi fianchi e il suo seno stavano diminuendo piano, i pantaloni iniziavano andarle sempre più larghi. Alla fine, che male c’era a sfruttare la cosa per dimagrire un po’?
“Solo un po’, niente di eccessivo, perdere qualche chilo dato che ci sono.”
Rose non aveva mai avuto problemi con il proprio corpo, pur sapendo di non essere snella e anzi un po’ robusta data l’altezza, con il seno ben pronunciato e i fianchi larghi. Ma non si era mai sentita grassa, non aveva mai voluto fare stupide diete perché aveva sempre amato mangiare.
“Non c’è niente di diverso, amo ancora mangiare, ho tutto sotto controllo.”
Però non potè fare a meno di sorridere al suo riflesso, prima di infilarsi finalmente la camicetta e prendere la valigia chiusa per miracolo.

Una soddisfazione malata la pervadeva in quei momenti, una bramosia di potere e di vittoria.
Poteva dimagrire – aveva ancora un briciolo di potere nelle sue flebili mani.
Poteva comandare – sulle calorie ingerite e sulla pelle flaccida.
 
Rosie, la chiamavano, come se fosse fragile.
Ma forse, solo forse, poteva fare in modo di non esserlo più.
 
 
 


 
Nda:
 
Ciao! Molto probabilmente qua sopra nessuno mi conosce. Scrivevo, o provavo a scrivere, storie molti anni fa, ma imbarazzata dal mio vecchio modo di scrittura ho deciso di azzerare tutto e aprire un nuovo profilo.
La Nuova Generazione, e in particolare Rose e Scorpius, sono per me oggetto di interesse da anni. Ho deciso di cimentarmi in qualcosa di completamente diverso, una storia in cui Rose è spezzata, rotta, malata. C’è qualche accenno all’inizio della sua malattia in questo prologo.
Sono arrugginita, non scrivo niente di lungo da davvero tanto tempo quindi mi sento molto in soggezione a esporvi questo progetto. Ma vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, in modo molto schietto, facendo venire a galla anche perplessità o dubbi: la storia è ancora in fase di stesura e voglio poter rendermi conto degli errori prima che sia troppo tardi.
Mi scuso per la tristezza impregnata in queste poche pagine, questo lutto che sicuramente molti di voi hanno sperimentato o stanno sperimentando sulla pelle. Spero di essere stata in qualche modo incisiva.
Attendo vostri pareri e spero che continuiate a seguire la storia
VigilanzaCostante

Edit: questo prologo partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" di BessieB/GaiaBessie sul forum di EFP.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo primo

Ritorno a Hogwarts

L’arancione croccante della stazione di King's Cross, binario 9 e tre quarti, era qualcosa a cui Scorpius non si sarebbe mai abituato. C’era qualcosa di poetico in quel vociare che percorreva i binari, dalle vocette acute dei più piccoli, agli abbracci di quelli più grandi che si rivedevano dopo l’estate.
Per quanto Draco Malfoy fosse cambiato durante la guerra, era sempre stato estremamente freddo. Certo, amava il figlio ma c’era sempre un contegno nel suo modo di dimostrargli affetto, di fargli capire che era fiero di lui. Scorpius lo sapeva e si era disabituato agli abbracci stritolanti, alle carezze, ai sorrisi.
Eppure, dopo essere diventato amico della famiglia Weasley-Potter, aveva iniziato ad apprezzare anche quello: apprezzare la gioia del primo settembre, il sapore d’autunno e le pacche sulle spalle.
– Scorpius, amico, che bello rivederti! – La voce inconfondibile di Albus lo fece, per l’appunto, sorridere, – E salve signor Malfoy, spero abbia passato delle buone vacanze.–
Iniziarono così i saluti: prima Ginny, che da brava erede di Molly Weasley tendeva ad affezionarsi agli amici dei suoi figli, poi il grande Harry Potter e tutta la scorribanda.
Scorpius cercò con lo sguardo Rose, e da lontano – almeno 4 teste rosse li separavano – le fece un cenno della testa e picchiettò sulla sua spilla.
Lei invece di sorridere ghignò, per emulare quel cipiglio di Malfoy, e ripetè il gesto fatto dal biondo.
Rivide negli occhi di Rose quella luce che, mesi prima, sembrava essere scomparsa. Ma c’era ancora qualcosa di strano nell’azzurro del suo sguardo, nelle espressioni facciali, nel tremore delle gambe mentre si piegava a raccogliere qualcosa caduto per terra. Sembrava in bilico Rose, anche se stavolta aveva con sé la sua aria di sfida, e una determinazione nuova.
 
Salutati i rispettivi genitori i ragazzi salirono sul treno, a spintoni, cercando di farsi largo tra quella fiumana umana.
Scorpius aveva davanti Rose e le mise le due mani grandi dietro la schiena, con delicatezza, per evitare di vederla cadere all’indietro.
– Togli quelle manacce Malfoy. –
– Che c’è, ti fanno effetto? – rispose Scorpius, divertito, ma poi le tolse subito perché non si sarebbe mai permesso di mancarle di rispetto.
Si stupì della reazione di Rose, così istintiva nell’allontanarlo. Certo Scorpius era consapevole di non avere con lei tutta questa confidenza, ma si conoscevano da anni, ed era nella loro routine cercare anche involontariamente il contatto fisico: pugnetti sulla spalla, le spalle che si sfioravano mentre studiavano, cercare di disarcionarsi dalla scopa nelle loro partitine a Quidditch.
Si, in effetti il loro rapporto era strano. Continuavano insistentemente a dire di non essere amici, rifiutando categoricamente di essere definiti così: Rose se aveva bisogno di parlare con qualcuno di come stava non andava da Scorpius, e Scorpius non andava da Rose. Eppure, si arricchivano reciprocamente. Si consultavano quando non comprendevano qualche materia scolastica, spesso studiavano insieme, si sfidavano a Quidditch per mantenere sempre alta la competizione. Litigavano quasi per gioco, in modo incalzante, divertente. C’era dell’innegabile rispetto reciproco, e forse qualcosa di più. Si offrivano a vicenda una prospettiva diversa sulle cose, a livello mentale, intellettuale. E non era qualcosa a cui Scorpius avrebbe rinunciato facilmente, nonostante non fossero amici, nonostante non ci fosse un coinvolgimento emotivo; e quindi non potè far a meno di notare che Rose era strana, sfuggente, lontana. Mancava qualcosa alla solita Rose, mancava quel brio e quella innata voglia di sapere, di vivere.
– Malfoy, io ti consiglio davvero di muoverti, sei imbambolato da svariati minuti e oramai siamo tutti preoccupati riguardo alla tua sanità mentale. –
– Sei preoccupata per me rosellina? –
– Non chiamarmi così, Malfoy. Dobbiamo andare nello scompartimento dei Caposcuola, non ho intenzione di aspettarti ancora. –
 
***
 
Arrivati ad Hogwarts, seduti sulle solite carrozze che li trasportavano verso il castello, Albus svogliatamente guardò i suoi due migliori amici parlare delle loro future mansioni. Si chiese, pensieroso, come mai non si stessero lanciando maledizioni all’idea di fare tutte le ronde insieme.
– E chi sono gli altri Caposcuola? – Chiese intromettendosi nel discorso.
– Mary Smith di Tassorosso e Elijah Dunn di Corvonero. –
– Quello gay? –
– Albus non dirlo con quel tono, sì uno dei pochissimi ragazzi omosessuali dichiarati a scuola. –
– Ma quale tono! Mica stavo giudicando Rose, rilassati. –
– Albus sono rilassata, non vedi che non sto nemmeno litigando con Malfoy? –
E in effetti no, non stavano litigando, e Albus trattenne un sorriso consapevole per evitare di essere troppo palese. Forse, ma dico forse, era maturato qualcosa in quel rapporto odi et amo che i due avevano costruito durante gli anni.
– E perché voi due siete insieme durante le ronde? Avete fatto a estrazione? –
– No, abbiamo deciso noi. –
A quella affermazione Albus strabuzzò gli occhi perché sì, era vero, Rose e Scorpius non si erano mai odiati, studiavano insieme e si sfidavano a Quidditch. Solite cose che si era sentito ripetere per anni senza capirle mai davvero, perché poi davano spettacolo e discutevano per le minime cose. Ma addirittura scegliere, insieme, senza alcun tipo di remora, di fare la ronda insieme? Albus era indeciso se commentare o meno, e si trattenne a fatica dal fare una battutina sarcastica. Lasciò cadere il discorso, e si passò una mano tra i capelli neri, tutti in disordine come di consueto.  
Li lasciò continuare a blaterare, e guardò il castello avvicinarsi sempre di più.
Il loro ultimo anno.
L’ultimo anno seduti al tavolo di Serpeverde, lui e Scorpius insieme ai loro compagni di casa; l’ultimo anno nei sotterranei, nella calma verde acqua a cui si era tanto abituato. Le ultime feste raggiunte sotto il mantello dell’invisibilità, gli ultimi banchetti, le ultime serate in cui da solo si era rifugiato sulla Torre di Astronomia a rimuginare.
Rose sembrò capire i suoi pensieri e gli mise la sua manina bianca sopra quella piccola e ossuta del moro. Le sorrise mesto, pensando a quanto Rose fosse cambiata in quegli ultimi mesi. I capelli rossi erano sempre ricci e a boccoli, ma le arrivavano fino alle spalle dopo che aveva deciso di tagliarseli; il viso sembrava più latteo, più pallido, ma era sempre costellato di lentiggini. Ma la cosa che lo lasciava perplesso era come la sua tunica sembrasse il doppio più grande del solito. Si fece d’un tratto pensieroso, ma poi collegò il dimagrimento al lutto. Rose sembrava aver sofferto più di tutti in quei mesi, per quanto anche gli altri fossero distrutti dalla morte della nonna. Trovata la spiegazione più plausibile si ripromise di essere più presente con la cugina, di farla svagare di più, di convincerla a giocare a Quidditch più spesso insieme. Non era molto bravo con queste cose, James era più spontaneo, immediato, spiritoso. Lui era più chiuso, più silenzioso, sicuramente più ironico e meno, molto meno, arrogante.
Ma Rose lo conosceva bene, e l’affetto che provava per lui era dettato proprio dal suo carattere, si bilanciavano in qualche modo. Di certo lei, logorroica com’è sempre stata, compensava i silenzi del piccolo Potter.
Tutti e tre si lasciarano cullare per l’ultima volta dai Thestral nel loro ultimo viaggio verso il castello. Rimasero così in silenzio, per non rischiare più di intaccare quel momento.  

***
 
Erano passati solo pochi giorni e Rose si sentiva già completamente esausta. Il capitano della squadra di Quidditch, Marcus Jordan, aveva fissato tre allenamenti a settimana prima ancora di fare le selezioni per i posti mancanti. Le ronde da Caposcuola erano un giorno sì e uno no, in modo che le coppie si potessero alternare, e Dio solo sapeva cosa dovevano controllare ogni dannata sera. La gente dorme! Oppure si chiude in uno sgabuzzino a fare cose a cui Rose non voleva nemmeno pensare, ma niente di troppo condannabile a suo parere, se non fosse per la sporcizia e i germi. Contenti loro.
Poi le lezioni, ovviamente, non mancavano di essere estremamente pesanti con tutti i professori che non facevano altro che ricordare incessantemente l’avvento dei M.A.G.O, o al fatto che dovevano pensare alla loro carriera futura.
Rose, dal canto suo, non sapeva nemmeno se sarebbe arrivata a dicembre perché si sentiva incredibilmente stanca, come mai prima d’ora. E dire che era sempre stata molto impegnata.
Era ora di cena e stava letteralmente correndo verso la Sala Grande perché se n’era dimenticata.
“Non te ne sei dimenticata, volevi fare finta di dimenticartene ma poi ti sei preoccupata delle domande che avrebbero potuto farti i tuoi cugini”.
Dopo essere entrata dal grande portone tutta trafelata, consapevole di avere fin troppi occhi addosso, si buttò sulla panca vicino a Lily e Hugo, chiedendo loro come fosse andata la loro giornata.
– Hai la ronda stasera Rosie? –
– No per fortuna –, e sorrise lievemente al fratello.
Mise sul piatto tutto quello che era rimasto del banchetto: una coscia di pollo, verdura, le patate al forno. Lo riempì tutto, e poi iniziò a sbocconcellare qualche cosa. Nel frattempo, parlava e parlava, per distrarre gli altri da quello che stava davvero facendo. Metteva in bocca un pezzo di pollo e poi tagliava la carne sul piatto, spostandola da una parte. Continuava a parlare, e poi prendeva un altro boccone, per depistarli. Finché la serata passò, i piatti sparirono e la preside consigliò a tutti loro di andare a dormire.
Nessuno se ne accorgeva. Nessuno faceva caso al fatto che stava mangiando sempre di meno, che la maggior parte delle volte saltava i pasti, che a volte nascondeva tutto nel tovagliolo e faceva evanescere con un movimento della bacchetta sotto il tavolo.
Si sentiva potente, Rose, quando ci riusiva. Si sentiva forte per aver combattuto la fame, si sentiva forte per essere riuscita a imbrogliare chi aveva intorno, si sentiva forte perché nonostante l’enorme vuoto di stomaco era riuscita per quella sera a mangiare poco e niente, il giusto per mantenersi ancora in piedi.
La scusa del lutto sembrò essere ancora valida, per i pochi che si accorgevano del suo viso pallido, ma lei sa sapeva di non poterselo più raccontare. Ma non voleva smettere, qualsiasi cosa stesse facendo.
Non aveva senso smettere, perché quella sensazione di soddisfazione macabra era l’unica cosa che le permetteva di affrontare nel modo giusto la giornata.
Rose amava avere il controllo, anche se si sentiva di non avere più controllo su niente. Tranne su quello.
Era lei a decidere per il suo corpo, era lei a controllare ciò che riusciva a non ingerire, la fame, le calorie da calibrare, i vestiti che sentiva sempre più larghi.
Quella notte non riuscì a dormire, guardando il soffitto del suo letto a baldacchino, gli occhi azzurri spalancati ma estremamente vuoti.
Era ignara del fatto che un paio di occhi grigi, quella sera avevano osservato ogni suo gesto.
Rose pensava di avere tutti in pugno, in quel suo gioco maldestro, ma Scorpius non era cieco, soprattutto quando si trattava di quella testa rossa.

 


 
 
 Nda:
 
Ciao a tutti! Spero che ora sia chiaro quale sia la malattia di Rose. Però qui è ancora accennato, nemmeno lei sa che è una malattia, cerca di non darci peso e di non dare un nome a quella cosa. Cerca di autoconvincersi che sia per il lutto, per la sofferenza, ed è quella la scusa che anche tutti gli altri usano per giustificare il comportamento di Rose.
Per questo mi sono voluta concentrare per un attimo su Albus, per dimostrare come può essere cieca una persona che ti ama pur di accantonare il pensiero che tu possa stare male. E il lutto sembra plausibile, proprio perché inizialmente è nato come quello. Rose inizialmente non mangiava solo per la sofferenza, che molti sapranno che porta spesso a inappetenza.
Ma per ora è ovvio che molti non se ne rendano conto, perché Rose essendo bassina e prima un po’ robusta, con le forme accentuate, sembra solo star dimagrendo. Non sempre dimagrire è sinonimo di anoressia. Anzi, per la maggior parte dei casi non lo è.
Ma Rose ha dei pensieri nocivi che la portano verso la malattia, pensieri che spero di aver in qualche modo richiamato, pur non avendo mai vissuto una cosa del genere.
Per chi mi legge, vorrei chiedere se secondo voi è meglio che scriva nella descrizione un avvertimento riguardo all’argomento della long, per evitare che chi soffre di questa malattia non soffra nel leggere cose che magari ha provato.
Un'altra domanda: secondo voi i capitoli sono troppo brevi, dal vostro punto di vista di lettori? 

Fatemi sapere!
Un bacio (a distanza e con la mascherina)
VigilanzaCostante
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
(In)comprensa e (in)controllabile follia
 
Scorpius non era abituato a non capire. Non era mai stato il più studioso e il più diligente dei suoi compagni, ma era intuitivo, logico e interessato. E questo, di solito, lo portava a carpire velocemente le cose e non lasciarsi sfuggire dettagli rilevanti. Ma sa, ne era ben consapevole, che qualcosa in quel preciso momento gli stava sfuggendo dalle mani. Che cosa, Dio, che cosa?
Una volta, anni prima, la madre gli aveva regalato una ricordella per evitare che durante il suo primo anno ad Hogwarts si dimenticasse di scriverle.
“Molto probabilmente sarai troppo preso tra le lezioni e gli amici, ma trova almeno un giorno a settimana per darmi tue notizie.”
Scorpius, ricordella o meno, non aveva saltato mai una lettera, non c’era stata mai una settimana in cui si fosse dimenticato. Era bello scrivere a sua madre, raccogliere tutte le idee e pensieri su un foglio di carta e spedirlo alla sua migliore confidente. L’atto in sé di scrivere lo aiutava a ragionare, a mettere in ordine le idee. Scorpius voleva e pretendeva da se stesso di essere pragmatico, conciso, in grado di arrivare al nocciolo delle questioni.
Ora, però, non poteva scrivere ad Astoria. Gli si strinse il cuore davanti a quell’ovvietà con cui doveva convivere da un bel po’ di tempo. Negli ultimi quattro anni era stato difficile trovare un punto fermo nei momenti di confusione totale. Scrivere al padre era fuori discussione, perché pur essendogli molto affezionato, non erano mai stati in grado di parlare a cuore aperto. Nessuna ricordella poteva aiutarlo ad arrivare a una soluzione, una risposta, quindi come fare?
Cosa stava succedendo a Rose? Certo, apparentemente era quella di sempre, maniaca del controllo, studiosa, vivace e sempre con la rispostaccia pronta. Ma c’era qualcosa che continuava a sconvolgere Scorpius tanto da farlo uscire di senno. E lui non era proprio abituato a farlo! Quando stava male, quando non era al meglio delle sue corde non lo reprimeva: però c’era sempre un velo di consapevolezza, di autocontrollo. Quasi sempre, ovviamente. Non era rimasto impassibile alla grave perdita che aveva subito, era un Serpeverde non un mostro dopotutto. Aveva sofferto molto, aveva visto esplodere le sue stesse emozioni, ma poi in qualche modo assurdo e inspiegabile aveva capito che doveva conviverci. Perdere una persona che ami è qualcosa che ti segna indelebilmente, ed è inutile fingere che si possa dimenticare. Non si può dimenticare, e non si deve farlo: bisogna imparare ad accettare che quella persona ti mancherà sempre.
E rivedere quella sofferenza dipinta sul volto di Rose mesi prima l’aveva scosso e gli aveva ricordato il dolore che la morte ti lascia impresso.
– Scorpius ti dai una mossa? –
Albus lo guardò con un cipiglio interrogativo, mollemente appoggiato allo stipite della porta del loro dormitorio. Una cosa che tutti adorano di Albus è il fatto che non insiste, non chiede, aspetta solo che tu sia pronto a parlare e a sfogarti.
Ma quello non era un discorso che di certo poteva iniziare così, dal nulla, prima di una doppia ora di Trasfigurazione e con la prospettiva di una giornata pesantissima.
Già se lo immaginava “Sai penso che tua cugina Rose abbia qualche problema. Come lo so? Ha qualcosa di diverso nello sguardo. Ora passami la marmellata”, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Quindi alzò le spalle e si affrettò verso l’uscita dalla sala comune in direzione della Sala Grande.
Mangiavano velocemente qualcosa e Scorpius non staccò gli occhi dal tavolo di Grifondoro per cercare di capire cosa stia facendo Rose, ma lei non c’era. Forse sarà in ritardo?
Per sua sfortuna, o fortuna dato che quel pensiero gli sta occupando fin troppo tempo, la lezione di Trasfigurazione la condividevano con i Tassorosso. Ma poi ci sarebbero state due ore di pozioni con la casata rosso-oro, e quindi questo significava incontrarla. Capitava a volte, gli anni precedenti, di sedersi vicini a Pozioni. La rossa non era mai stata un asso in quella materia che, guarda caso, era la preferita di Scorpius. Certo, era sempre stata comunque brava, ottimi voti e nella teoria eccellente, ma le era sempre mancato quell’intuito e quella propensione per l’arte delle pozioni che invece aveva sempre affascinato il rampollo di casa Malfoy. Scorpius accettava di darle una mano se lei gli dava una mano in Aritmanzia.
La prima lezione della giornata passava con una lentezza esasperante; cercava anche di stare attento, prendendo qualche appunto, ma poi distoglieva lo sguardo e si perdeva nei suoi pensieri. Albus, vicino a lui, agitava la bacchetta con fare annoiato. Sorrise, perché Albus era tanto bravo a fare quello a cui non importava niente di nulla, ma poi ci teneva a uscire dignitosamente ogni anno, ci teneva al suo futuro e alle sue ambizioni.
- Al, quindi gli allenamenti come pensi stiano andando? –
Il moro non giocava a Quidditch, ma faceva la telecronaca ad ogni partita. Era sempre divertente perché con quel suo tono apparentemente disinteressato e le battutine sarcastiche irritava ogni sacrosanta volta la preside e i professori. Un bel cambiamento rispetto alla telecronaca di Fred Jr di qualche anno prima, sempre condita di esultanze e schiamazzi. Un cambiamento apprezzato da tutti i Serpeverde, e anche da qualcuno meno esuberante delle altre casate. Aveva sempre avuto, comunque, il privilegio di assistere agli allenamenti della loro squadra, a maggior ragione ora che l’amico Noah Zabini era diventato capitano.
– Mi sembra bene, ma quei due nuovi battitori non mi convincono, grossi sì ma poco astuti e grotteschi nel colpire. Non mi è mai piaciuta questa tecnica rozza. –
Continuavano a chiacchierare sottovoce per far passare il tempo, ben attenti a non farsi beccare del professor Jenkins, che camminava tra i banchi spingendoli ad esercitarsi. Ma Scorpius era impaziente di dirigersi verso i Sotterranei.
 
Arrivati nell’aula, tetra come al suo solito, Scorpius era sollevato nel vedere una testa riccia e rossa in una bancata vuota. Stava tenendo occupati due posti e Scorpius era contento che questa piccola abitudine fosse rimasta immutata. Si sedette senza chiedere il permesso e Albus lo seguì, tirando fuori il libro mentre lascia cadere a terra la borsa.
– Chi ti ha detto che stavo tenendo il posto a te, Malfoy? –
Sbigottito, e un po’ deluso, fece per prendere le sue cose quando lei si mise a ridacchiare.
– Per la barba di Merlino, Malfoy! Stavo scherzando, da quando prendi così sul serio quello che dico? –
Un’espressione che Albus poi definì “da pesce lesso” si dipinse sul volto di Scopius, che non si riusciva a capacitare di come non avesse colto l’ironia e la provocazione nel tono di Rose. Che diavolo gli stava succedendo? Weasley si stava comportando normalmente e lui come ha reagito? Rendendo le cose strane. Questo non era per niente giusto.
– Cercavo di farti sentire in colpa rossa, e credo di esserci pure riuscito. –
Il loro battibecco fu interrotto dall’arrivo della professoressa Thibauld, una donna magrolina e quasi rachitica di circa 55 anni, i capelli biondo topo fino alle spalle e anelli che le adornavano le mani. Era una donna molto preparata, ma quasi isterica nella sua intransigenza. O avevi la sua più assoluta stima, oppure il suo disprezzo. Una parola sbagliata durante le sue sporadiche interrogazioni significava farla uscire di testa.
Scorpius, e tutto sommato anche Rose, avevano sempre avuto la sua approvazione. Ma la donna odiava Albus. Il segreto con la professoressa era mostrarsi continuamente interessati, rispondere, chiedere, e il menefreghismo del giovane Potter non aveva di certo avuto riscontri positivi in quell’aula. Il che era un peccato perché la materia non gli dispiaceva affatto.
– Buongiorno ragazzi. Dato che la scorsa settimana abbiamo finito la parte teorica di questo argomento, direi che è ora di concentrarsi sulla pratica. Le pozioni curative sono tremendamente difficili – fa una pausa scrutando da sotto gli occhiali da lettura tutta la classe – e non tutti saranno in grado di prepararle. Non per niente questo è un corso M.A.G.O, ed è fondamentale soprattutto per chi vuole intraprendere la carriera di Guaritore. –
Rose a queste parole sospirò, perché quella era sempre stata la sua più grande aspirazione. Ma allo stesso tempo si rendeva conto di essere molto più portata per altre materie, come Antiche Rune o Trasfigurazione. Per questo, nonostante l’orgoglio, aveva accettato anni prima l’aiuto di Scorpius. Lui e il suo essere un suo degno rivale l’avevano spinta a dare il meglio di sé stessa anche in quella materia così ostica.
– Iniziamo oggi, comunque, con una pozione di difficoltà media: l’essenza di dittamo. C’è qualcuno che ne conosce gli effetti? –
– Guarisce istantaneamente le bruciature e cicatrizza rapidamente tagli e abrasioni. Tre gocce su una ferita aperta sono in grado di fermare l’emorragia e creare uno strato sottile di pelle nuova –
– Splendido, 10 punti a Grifondoro signorina Weasley – sorride con quel sorriso inquietante in direzione della rossa – E a cosa dobbiamo stare attenti? –
– L’essenza di dittamo è altamente infiammabile professoressa, quindi deve essere tenuta lontano dalle fiamme e dalle fonti di calore. Bisogna aggiungere pochi altri ingredienti al dittamo, ma l’olio essenziale è estremamente raro da trovare –
– E ora 10 punti a Serpeverde, per il signor Malfoy. Voi due non vi smentite mai, eh? –
I due diretti interessati ringraziarano con finta umiltà la donna, per poi guardarsi di sottecchi e scambiarsi uno sguardo d’intesa. Una sensazione di calore irradiò il petto di Rose che, soddisfatta, pensò che qualcosa allora non era cambiato. La vita andava avanti, le persone non la trattavano con le pinze, anche se sentiva che per lei tutto era mutato. E quella parvenza di normalità che Scorpius continuava a darle era qualcosa che era ben decisa a tenere stretta. Sempre in un ambito prettamente professionale, ovviamente.
Iniziarono a preparare ognuno la propria pozione, cercando di seguire le istruzioni del libro, anche se la professoressa aveva sempre sottolineato che quelle indicazioni erano approssimative e che preparare una pozione non era come preparare una torta, bisogna metterci logica e impegno.
Procedettero quasi in un silenzio religioso: Scorpius concentrato, Rose indaffarata nel cercare di mantenere una sorta di ordine nella sua postazione confusionaria e Albus intento a tagliuzzare.
Ben presto la pozione di Scorpius assunse il colore marrone previsto, e un ghigno soddisfatto alleggiò sul suo viso. Rose stava cercando di mescolare, ma gli tremava la mano in maniera vistosa. Il volto era fin troppo pallido a causa del calore emanato dai loro calderoni, sembrava sul punto di mollare la presa e lasciarsi cadere.
– Rose, ti senti bene? –, le chiese Albus con una nota di preoccupazione nella voce.
– Io... sì, ho solo mal di testa perché ho dormito troppo poco, vado a prendere un antidoto in infermeria – pres la borsa mettendovi dentro le proprie ose alla rinfusa e poi andò traballante ad avvisare la professoressa.
Malfoy fece per alzarsi e seguirla, magari sorreggerla, chiederle cosa le stesse succedendo ed evitare che si sentisse peggio. Ma qualcosa lo bloccava, perché non era suo compito e soprattutto suo diritto, Rose aveva la sua vita e la sua privacy. E poi perché mai avrebbe dovuto confidarsi con lui? Si voltò verso Albus, sperando che lui la raggiungesse, che in quanto cugino e amico si preoccupasse di seguirla. Ma sembrava indeciso anche lui.
– È solo un mal di testa… Rose odierebbe che la seguissi per una cosa del genere, se la sa cavare da sola. – Ed ecco di nuovo l’Albus che non voleva invadere la privacy e che voleva stare a un passo da possibili problemi, niente da fare.
Ha ragione, è solo un mal di testa. E perché mai me ne sto interessando così tanto?
 
***
 
Rose, però, dopo aver visto la porta chiudersi dietro di lei, non si diresse verso l’infermeria e vagò un po’ per i corridoi in modo confusionario. Era quasi ora di pranzo e avrebbe potuto mangiare qualcosa; non si ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta che aveva mangiato, forse a pranzo il giorno prima, o a colazione addirittura. Ma sentiva di star sbagliando tecnica, digiunare non era la cosa giusta perché la indeboliva e rendeva tutto troppo visibile.
Le sembrava di sentire ancora addosso a sé gli occhi inquisitori di Scorpius, e non poteva permettere che qualcuno se ne accorgesse. Né lui, né Albus, né nessun altro.  
Al pensiero dei suoi genitori inorridì, non poteva dar loro quel dispiacere. Avevano già fin troppi problemi tra di loro e Rose doveva essere leggiadra nella sua esistenza, camminare a passi scalzi senza appesantirli. Doveva continuare a essere invisibile in quello che stava facendo, e non presentarsi ai pasti non era la mossa giusta per riuscirci.
Doveva mettere sotto i denti qualcosa, poco ma abbastanza da mantenersi in piedi.
Passò in rassegna i cibi che avrebbero potuto esserci nel banchetto del pranzo. I carboidrati erano esclusi: niente pane, né pasta, sarebbe stato meglio evitare anche carne rossa. Quell’estate aveva preso in prestito da una biblioteca babbana il libro di una nota nutrizionista. L’aveva tenuto con sé, lanciando di nascosto un confundus alla bibliotecaria e, in quel momento, per lei valeva oro.
Petto di pollo, 110 kcal per 100 grammi. Bene, quindi mangiandone solo un po’ avrebbe ingerito al massimo sulle 70 kcal ad occhio e croce. Poi verdure, carote. Ma sapeva che era raro trovare verdure non condite e cibi specifici, a meno che non li si richiedava
Ma certo, come non ci ho pensato prima?
Per quel pranzo avrebbe cercato di arrangiarsi in modo approssimativo, sbocconcellando qualcosa senza esagerare, per riprendere le forze. Poi il pomeriggio avrebbe stilato una dieta, seguendo qualche consiglio di quel libro ma riducendo le dosi. Riducendo molto le dosi. Poi non dovrebbe essere troppo difficile convincere gli elfi, con quella riverenza che le riservavano da sempre per il solo fatto che era figlia di Hermione Granger.  
Si rilassò un po’, anche se il vuoto di stomaco sembrava inghiottirla. Aspettò che arrivasse l’ora di pranzo e sperò di riuscire a non cedere davanti a quelle succulente pietanze. Non poteva permettersi di tradirsi in questo modo, di crollare e mostrare di essere debole. Lei non era debole, e il controllo che aveva sulla situazione lo stava dimostrando in modo limpido. Aveva tutto nelle sue mani, stava dimagrendo e non stava assolutamente esagerando ed era lei a voler non mangiare, ed era lei a riuscirci.
Che soddisfazione quando, la sera prima, le sue compagne di dormitorio avevano notato, con una certa invidia, che era dimagrita. Ascoltando quei complimenti Rose era arrossita, aveva fatto finta di cambiare discorso e di non accettare le adulazioni, ma dentro di lei una vocina si era fatta sempre più insistente, sempre più potente, fino a trasformarsi in un forte ruggito.
Sì che sei dimagrita, ma non basta, non ancora, non fermarti.
Quella vocina odiosa, che la perseguitava con un’insistenza agghiacciante, non la lasciava nemmeno gioire delle sue vittorie. Non era abbastanza, era inutile arrendersi adesso.
Si rese conto di essere arrivata davanti alla Sala Grande, dopo aver camminato e vagato per una mezz’oretta, e si diresse all’interno consapevole di essere da sola. Era più facile mangiare se nessuno la stava guardando, era più facile dosare le porzioni e far sparire gli avanzi. Ma allo stesso tempo avrebbe voluto che quegli occhi sospettosi si rendessero conto che lei mangiava e che non stava tramando assolutamente nulla.
Non doveva sapere, nessuno doveva sapere.
 
***

Scorpius era sempre stato un tipo mattiniero, soprattutto durante il fine settimana. Era bello svegliarsi mentre tutti dormivano e avere tempo per pensare, o fare colazione con calma, o a volte una passeggiata. Quel sabato, pur essendo ottobre inoltrato e faceva decisamente freddo, aveva voglia di volare. Fece attenzione a non svegliare i suoi compagni di stanza ed uscì furtivo, con l’adrenalina nelle vene e la voglia di sfogarsi.
Troppi pensieri, troppo stress, troppi impegni. E quella sera, poi, avrebbe avuto la ronda con Rose e la cosa gli diede un senso di eccitazione e ansia allo stesso tempo.
Volare era proprio quello che gli serviva, lo sapeva mentre sentiva l’aria scompigliargli i capelli e sferzargli il viso. Era una sensazione impagabile, che nessun altro sport o attività riusciva a restituirgli. I pensieri e la sua incessante voglia di capire si annullavano nel momento in cui era in aria, facendo virate e poi innalzandosi di nuovo verso il cielo.
Era veloce e scattante, ed era consapevole di non cavarsela male. Pur essendo bravo anche in altre cose, volare era l’unica cosa che lo completava; quando era sopra a un manico di scopa tutto gli sembrava al posto giusto. Era l’unica cosa che davvero gli veniva naturale, senza raccapezzarsi, ragionare, razionalizzare. Nel volo era istintivo... istintivo come Rose.
Certo, quella dannata Weasley ultimamente è fin troppo presente nei miei pensieri, mi sembra di vederla ovunque.
Ma in effetti Rose era proprio lì. Non in aria, ma sul campo da Quidditch, e sembrava non averlo visto. Stava facendo riscaldamento a terra e non era vestita con la tenuta da gioco. Scorpius non vedeva da nessuna parte la scopa: stava correndo, con ritmo regolare, intorno al campo. In sette anni Scorpius non aveva mai visto Rose correre. E tantomeno non l’aveva mai vista sveglia il sabato mattina prima delle 10 pronta per andare ad Hogsmeade. Si vedeva che era stanca, che aveva fatto troppi giri rispetto a quanto era abituata e il suo viso era rosso e teso, come se non ne potesse più di continuare a fare quello che stava attualmente facendo.
Scorpius si rese conto di essere completamente immobile, fisso sulla scopa, come un allocco. Aveva paura che muovendosi o continuando a volare lei si accorgesse di lui, e non voleva che lei lo facesse, non voleva che guardando in alto riconoscesse i colori verde-argento in lontananza. Non voleva metterla a disagio perché era chiaro, chiaro come la luce del sole, che Rose non stesse facendo qualcosa che riteneva piacevole e si stava sforzando da morire.
Non ce la fece più a spiarla in quel modo, sentendosi quasi sporco nell’invadere la sua privacy, ma non voleva neanche scendere e riporre via tutto. Quindi continuò a volare, stavolta consapevole che lei doveva averlo notato. Fece finta che lei non ci fosse e tentò di acchiappare il boccino che aveva liberato prima per darsi un po’ di sprint.
Quando poi abbassò la testa per cercarla, Rose era sparita. Sospirò affranto, incapace di dare un senso a tutto quello che gli saltava all’occhio e cercando di ripetersi che non erano affari suoi, che doveva smetterla di vedere del marcio in cene saltate e innocui mal di testa, ma non riusciva ad abbandonare quella situazione sgradevole. Rose sembrava malata.
Quel pensiero lo perseguitò per tutto il giorno, gli si affacciò alla mente mentre si avviava verso Mielanda insieme ad Albus, e poi quando incontrarò gli altri Weasley ai Tre Manici di Scopa. Rose era l’unica assente, “sta studiando” a detta di Lily e Hugo.
Arrivata l’ora della ronda ormai non ne poteva più di Rose, dei suoi pensieri, della presunta malattia e di questa ossessione che non lo lasciava un attimo in pace. Rose lo aspettava in biblioteca, da dove avrebbero iniziato la ronda, loro abituale luogo di incontro. Si mordicchiava nervosa le dita ed evitò il suo sguardo quando la raggiunse. I capelli rossi erano legati in una coda alta e aveva ancora indosso gli occhiali che usava per studiare. Era bella Rose, ma la tristezza nei suoi occhi la imbruttiva.
– Sei pronta rosellina? –
– Smettila di chiamarmi in quel modo, ti sembro forse un delicato fiore? – e gli lanciò un’occhiataccia con il tentativo ironico di sembrare truce.
“In realtà sì, mi sembri particolarmente delicata e fragile ultimamente” pensò, ma evitò accuratamente di dirlo ad alta voce.
– Come sei con pozioni? Vuoi una mano nel tema sull’essenza di dittamo? La consegna è trovare tutte le pozioni da non usare insieme all’essenza. –
– Ci ho provato tutto il pomeriggio, non riesco a finirlo. –
– Se vuoi domani possiamo studiare insieme, ti aiuto. –
Rose in risposta sorrise grata, e si propose di aiutarlo in qualsiasi materia ne avesse bisogno.
– E comunque Malfoy, perché sei così gentile con me? Mi mancano i nostri duelli epici in mezzo al corridoio, facevano impallidire la preside. –
– Sei tu che mi hai dimenticato rosellina, e preferisci passare il tuo tempo altrove – e finse teatralmente di essere disperato mentre tese una mano verso di lei. Rose gli diede uno schiaffetto e continuò a ridacchiare, dandogli dello sciocco.
Controllarono tutti i corridoi, sgamando qualche primino in cerca di avventura e qualche coppia rintanata. Poi Scorpius, arrivati all’altezza della sala comune dei Tassorosso, venne colto da un lampo di genio.
– Rose, ho fame! – Piagnucolò il ragazzo – Siamo vicini alle cucine, mi accompagni? –
– Malfoy, da quando siamo passati ai nomi? – Scorpius incassò il primo colpo. Sempre ostinata quella Rose Weasley.
– Sì, come vuoi. Allora, mi accompagni? – Insistette.
– È contro le regole, e in più hai mangiato meno di tre ore fa. Hai uno stomaco o un pozzo senza fondo? –
– Weasley, tre ore sono tante! E poi siamo Caposcuola, noi facciamo rispettare le leggi quindi possiamo non seguirle. –
– Questo ragionamento non ha assolutamente senso – borbottò corrucciata Rose. Ma poi lo seguì, non seppe nemmeno lei il perché, dato che non aveva nessuna voglia di entrare nelle cucine dopo aver pregato tutti gli elfi domestici di aggiungere al menù carote e finocchi crudi, petti di pollo, minestrine e cose varie. Scorpius però era insistente e quella serata insieme a lui, se pur solo dovere, era stata piacevole. Perché troncarla così presto? Non avrebbe mangiato niente comunque.
Solleticato il quadro della pera ed entrati nelle cucine, rimasero, come d’altronde ogni volta che qualcuno entrava in quel posto, affascinati dalla devozione di quegli elfi per il loro lavoro. Ea rincredibile, potrebbero dormire e invece sono ancora tutti lì a pensare a cosa cucinare e come. Le cose erano di certo cambiate molto da quando la madre di Rose aveva lottato strenuamente all’interno del Ministero affinché ad ogni elfo domestico venissero riconosciuti i medesimi diritti di ogni altro membro della comunità magica. Ma ciò non aveva in alcun modo mutato la loro natura di grandi lavoratori.
– Signorina Weasley! Signor Malfoy! Che piacere... cosa vi porta qui? –
– Sì signori, come possiamo aiutarvi? Spuntino di mezzanotte? Richieste di aggiunte speciali? – Alle parole di uno di quei tanti cuochi Rose arrossì, ma sperando che Scorpius, girato dall’altra parte, non se ne accorgesse. Maledetta spontaneità, maledetta emotività!
Scorpius chiese, gentilmente, due cioccolate calde con panna e dei biscotti, perché aveva un certo languorino. Rose cambiò colorito di pelle nel giro di pochissimi secondi a causa della richiesta del biondo, perché non aveva la minima intenzione di mangiare quella roba.
Cerca un modo, una scusa per svignarsela, ma gli elfi imponevano loro di sedersi e di mettersi comodi, per poi iniziare a servirli felici di avere qualcosa di concreto da fare.
Rose, seduta davanti a Scorpius, cercò di evitare i suoi occhi il più possibile. Odiava come Malfoy fosse in grado di non battere ciglio, di scrutarla e reggere qualsiasi tipo di sguardo senza scappare. Lei, pur essendo una coraggiosa Grifondoro, non aveva la forza di farsi studiare così a lungo. Sapeva di essere un libro aperto e che proprio quegli occhi veicolavano tutte le emozioni che tentava così tanto di reprimere; Malfoy era l’unico che sembrava essersi accorto, ormai da molti mesi, che era sfuggente, ed era una sfortuna per lei che se ne fosse accorto, perché non accennava a voler smettere di cercare di entrarle dentro e scoprirla. L’unica soluzione, quindi, era fissare le proprie mani o far finta di star osservando gli elfi all’opera, pur di non incontrare il grigio freddo di quegli occhi.
Arrivato il cibo, Rose si sentì male. I dolci erano sempre stati il suo punto debole, ma ancora di più la cioccolata calda con panna. La nonna gliela preparava sempre… Cercò di resistere, ma guardava, come a rallentatore, Scorpius tuffarsi sulla tazza e sporcarsi le labbra di cioccolato e panna.
La sua mente lottò con sé stessa, da una parte la sua istintività avrebbe voluto concedersi quello sgarro, dicendosi che alla fine che cosa sarà mai? Ma dall’altra sentiva quella vocina sibilante, fredda, che la accusava, la pugnalava.
Vuoi essere debole? Allora mangia. Guarda Scorpius, ti sta mettendo alla prova, vuole vedere se cedi e mostri di essere patetica.
Le girò la testa per l’odore del cibo, che in quel momento le sembrava invitante quanto nauseabondo, e la situazione sembrò starla per schiacciare.
– Che succede signorina? Non gradisce quello che le abbiamo preparato? – La vocina acuta di un’elfa dagli occhioni grandi la fece sentire tremendamente in colpa. Si scusò e inizia a sorseggiare la cioccolata, e quando iniziò a mangiare non riuscì a smettere. Prese i biscotti e li intinse nella panna, si lasciò andare parlando con Scorpius.
Parlarono, parlarono tanto per tutta la sera e finché rimasero insieme Rose cercò di non pensare di aver commesso un errore madornale. Mentre Malfoy stava parlando di Quidditch, la voce dentro di sé sibilava “Tu non potrai più salire sul manico di scopa, lo spezzerai”, quando Rose cambiò argomento parlando dell’imminente festa di Halloween, la sua amata coscienza ribattè “Ma non ti starà nessun vestito”. Improvvisamente diventò tutto troppo pesante, assordante, confusionario. Ringraziò gli elfi e salutò Scorpius fin troppo frettolosamente, prima di scappare via nel bagno più vicino.
Chiuse la porta, si appoggiò sul water e dei singhiozzi le riempirono il petto e la voce. Il senso di colpa misto al senso di malessere non la fece ragionare, sentì un peso enorme nel petto e fece fatica a respirare. Non aveva bisogno di indursi il vomito per cercare di stare meglio, perché il suo corpo, non più abituato alle abbuffate, rigettò quello che aveva mangiato. Poi, per un periodo indeterminato, rimase lì ferma in quel bagno sudicio, il viso pallido stravolto dalle lacrime e le nocche insanguinate per i pugni che aveva tirato contro il muro completamente fuori di sé.
Dov’è il controllo, ora, Rosie?
 

 
 


 Nda:
Ciao a tutti! Eccoci qua con un altro capitolo, un po’ in ritardo rispetto al solito ma non mi sono messa una scadenza fissa. Questo capitolo è più lunghetto degli altri due, e questo grazie ai consigli di colei che è diventata la mia beta: Giulietta beccaccina.
Si è mostrata fin troppo paziente con me e ha corretto e dato la sua opinione riguardo a questo capitolo ostico, e ne sono molto grata!
Che dire… sto diventando sempre più diretta nel parlare di come sta Rose, e questo mi fa tanta paura perché mi rendo conto che è un argomento molto delicato!
Per questo, fatevi sentire e ditemi la vostra opinione, che non guasta mai (bella o brutta che sia).
Un bacio, e alla prossima!
VigilanzaCostante

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