Cataclisma

di Frottole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Cataclisma
 


James Sirius Potter era sempre stata una persona considerevolmente ragionevole. Certo, il suo nome al completo e anche la sua testa calda erano una garanzia, ma sapeva ragionare sulle cose.
E sulle persone.
Chiunque, chiunque fosse passato sotto suo esame aveva un´etichetta. O un nome. O una ragione. La sua famiglia ce l´aveva, i suoi migliori amici, la sua stessa fidanzata ce l´avevano.
Giá. Abby. Il suo piccolo terremoto a due gambe. Una piccola bambolina che lui aveva sempre amato portare sul palmo, al sicuro, vicino al cuore, nell´anima, dove meritavano di stare le persone buone come lei.
Finché non era arrivato il giorno della gita, al suo settimo anno, di metá dicembre.
E James non avrebbe mai anche solo immaginato di poter aprire ancora di piú gli occhi. Di poter far parte di una prospettiva cosí grande. Di un piano cosí infinito, che gli aveva permesso di guardare. Di far parte di quelle miliardi di sfaccettature in cui si componeva il mondo.
Quello fuori dalla sua portata. Quello fuori dal suo mondo. Quello sicuro. Quello che gli aveva donato un nome e una personalitá. Un viso e una garanzia.
James aveva sempre creduto che fosse nato per essere quello che era in quel preciso istante: il figlio ribelle di Harry Potter e Ginevra Weasley. Il primo che aveva varcato la soglia di Hogwarts dopo la Guerra Magica e soprattutto l´unico che avesse mai potuto rimettere in piedi i Malandrini.
Le risse, i locali giú al paese e il Quidditch erano stati scritti nel suo destino ancor prima che succedessero, come una storiella divertente che uno prova gusto a raccontare quando nasce qualcuno e mescolando mamma e papá "vedi poi che bella merdata viene fuori".
E James si era lasciato etichettare, proprio come aveva sempre fatto lui con tutto il resto delle altre persone per tutta la sua vita. Aveva un gruppo di amici che erano la fine del mondo e con cui si divertiva un casino, era il capo della squadra di Quidditch del Grifondoro e aveva tutta la famiglia Weasley al completo.
Cosa poteva desiderare piú dalla vita?
In realtá non se lo era mai chiesto. Oltre Hogwarts, i Wealsey, i suoi amici e la sua fidanzata, James non si era mai chiesto cosa gli piacesse davvero. Cosa desiderasse oltre quel velo che si era messo sugli occhi da quando aveva cominciato a pensare.
Finché poi qualcuno non aveva bruciato quel velo con una sigaretta e lui, quasi per sbaglio, aveva appena aperto gli occhi. E proprio lí, oltre quel velo spesso quanto la sua vita, aveva visto lei.
Proprio con quella stessa sigaretta che le penzolava leggermente dalla bocca – con un piccolo neo sull´archetto a forma di cuore.
A James non gli erano mai piaciute le opere d´arti, sempre cosí complesse e fredde – vuote – ferme. Belle da mettere soggezione ad un solo sguardo, pronte a farti sentire stupido nel non capire la loro bellezza.
Ma effettivamente a primo impatto Syrma Malfoy era proprio cosí; bianca e rigida come il marmo, dai lineamenti quasi scolpiti – impressi nella pietra – asimmetrica, quasi poco armoniosa.
James aveva tanto sentito parlare dei Malfoy a casa sua, quando all´espresso per Hogwarts lui e la sua famiglia avevano incontrato quella di lei, la copia sputata di suo padre ancor peggio di suo fratello. Lo stesso naso all´insú, gli occhi grigi grandi e inespressivi, la bocca piena ferma imbronciata come monito a chiunque oltre suo padre le rivolgesse la parola.
James ricordava bene la divisa perfettamente in ordine messa ancor prima di salire sul treno e una cascata di capelli biondi oltre le spalle fragili, con le gambe sottili fasciate da un paio di leggere calze di seta nera. Non che James sapesse all´epoca cosa fossero un paio di calze di seta, ma ricordava di aver sentito zia Angelina dire qualcosa a proposito. Qualcosa che aveva a che fare con i soldi e la faccia tosta di Draco Malfoy.
E solo con il passare degli anni James aveva capito che Syrma Malfoy non era affatto come suo padre… ma neanche come chiunque altro. Lei era l´unica a cui non aveva affibiato un´etichetta, un nome o un perché.
Carl Baston era un fottuto armadio figlio di puttana perché suo padre gli aveva sempre urlato in faccia quanto facesse schifo come figlio di uno dei piú grandi giocatori di Quidditch in Gran Bretagna. Ma integratori e allenamenti continui non gli avevano impedito le umiliazioni durante le partite e la faccia infelice e drogata di sua madre.
Sammy Paciock era Sammy Paciock perché era un imbranato emarginato che da piccolo era caduto in un pozzo e ci era rimasto tre giorni, mentre i suoi genitori e tutta la comunitá magica lo cercavano disperati.
Come Sean, Nally, Fred. Abby. Come Harry Potter. Come lui. Draco Malfoy. Ma non lei, no. Non la sua Malfoy.
E proprio durante quella gita, con lei, contro di lei, James aveva cominciato a vedere e…non era piú riuscito a chiudere gli occhi.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I



 
Cinque Novembre, 09:12 uhr





James Sirius Potter non era mai stata una persona mattiniera. Quando c´erano le lezioni solitamente gli ci voleva tempo affinché carburasse e le ore piccole non lo aiutavano di certo – quindi girava per Hogwarts come un Troll circa fino alle dieci di mattina, dove cominciava a rendersi conto chi fosse e perché.
<< Giuro che non vorrei proprio essere nei tuoi panni, oggi >>

E soprattutto non lo aiutavano i suoi amici, che alle nove di mattina gli ricordavano che aveva giusto altri quindici minuti per prepararsi e rendersi decente per l´interrogazione di Trasfigurazione.
<< Specie quando ti beccherai l´ennesimo Troll della tua magnifica carriera scolastica e zia Ginny verrá di persona quí ad Hogwarts per farti la pelle. >> sorrise sua cugina Rose alla sua destra – che nonostante fosse al terzo anno era giá la sua spina nel fianco.
<< Se tu tieni la tua bella boccuccia chiusa, Rosie, vedrai che non verrá proprio un accidente di nessuno >> ringhió a denti stretti, trangugiando il caffé controvoglia.
Da quando la Mcgranitt aveva rinunciato al suo posto di insegnante per diventare Preside, il suo posto era stato preso da Andromeda Black, la madre di Tonks e la sorella di quella Santa donna di Bellatrix Lestrange – che aveva provveduto a lasciare un bel ricordino del cazzo sulla faccia della terra, ma quello era un altro discorso.

E anche se di aspetto assomigliasse cosí tanto a quella stronza che era stata sua sorella, Andromeda non era cattiva. Era pacata, chiara, limpida. Ma dai racconti di suo padre, James non poteva aspettarsi altro dalla madre di quel peperino che era stata Tonks. Ma non accettava ritardi nelle consegne e puniva duro – cose da gettarsi dalla Torre di Astronomia.
<< Io non capisco perché durante la settimana voi deficenti dobbiate andare a letto alle quattro di mattina! >>

James crolló definitivamente con la testa sul tavolo di mogano scuro e la batté ripetutamente, cercando di uccidere gli ultimi neuroni rimasti sopravvissuti nel suo cervello per non capire piú un cazzo tutto il resto della sua vita.
<< Sto parlando con te, James! >>
Alzó gli occhi nocciola giusto in tempo per incontrare quelli neri della sua fidanzata. Abby incroció le braccia al petto e inarcó un sopracciglio, quasi come se lo stesse sfidando a dire qualcosa. O a ribattere.
Come se fosse lei ad avere le redini della loro relazione tra le mani. Mah.
<< Non facciamo niente, Ab. É l´ultimo anno, cerchiamo di godercelo al meglio >> rispose, facendo spallucce e rischiando la morte.
<< Ma oggi é mercoledí e tu hai un´interrogazione che vale metá del tuo primo trimestre! >> sbottó contrariata, sedendosi a tre posti distante da lui e mettendogli il broncio – come tutte le volte che non l´aveva vinta.
Qualcuno a caso, da lontano, mimó il suono della frusta.

<< Che palle >> canticchió James a bassa voce, mentre Nally O´Conor si sedeva proprio di fronte a lui. Gli strizzó l´occhio, afferrando due salsicce e riempiendosi il piatto. Per cosa, poi, il Grifondoro ancora doveva capirlo.
<< Io non credo che sia cosí grave… ha solo bisogno di carburare >> disse, guadagnandosi un´occhiata torva da Abby.
<< Certo, se fosse per te nemmeno un cataclisma sarebbe una cosa grave a dirla tutta! >> rise acida l´altra, scuotendo la testa e lasciando che la luce proveniente dal sole che splendeva alto nella Sala Grande giocasse con i suoi capelli corvini.
Nally sorrise con i denti appuntiti visibili appena, guardandola in segno di sfida e James sospiró.
Ultimamente proprio non sapeva cosa prendesse a quelle due. Erano sempre lí pronte a punzecchiarsi e sputarsi in faccia alla prima occasione.
Cosa veramente insopportabile visto che una era la sua fidanzata e l´altra la sua migliore amica e passavano circa quasi tutto il tempo tutti assieme.

<< Andiamo, girls. Non é certo cosí che si vincono le guerre in amore >>
Un´altra cosa che James odiava piú della sua stessa vita era Vincent Rosier e il culo che aveva al posto della faccia. Lui, il suo essere il Capitano di Quidditch della squadra Serpeverde e tutto ció che lo riguardasse personalmente e interamente, partendo dal colore dei capelli e quella camminata arrogante che James aveva provveduto piú di una volta a togliere a suon di cazzotti.

<< Tu fatti i cazzi tuoi, Rosier! >> sputó con rabbia, alzandosi di scatto e arrivandogli esattamente sotto il naso. Tipo quelle bombe da guerra che finché non le tocchi o guardi rimangono sotterrate finché hanno voglia – ma appena le sfiori esplodono e ti tolgono dalla faccia della terra.
<< Nervosetto, stamattina? >> rise Vincent con divertimento – mentre con gli occhi ceruli lo guardava stringere i pugni.
<< Non dirmi… hai di nuovo fatto il cazzone in giro invece di studiare per l´interrogazione! >> ora era ancora piú vicino; James poteva sentire il suo alito che sapeva di tabacco e menta, mentre il sangue gli saliva velocemente al cervello.
Alcune chiazze rossastre cominciarono a macchiargli il collo e le orecchie.
<< Penso proprio che tu ti stia giocando il tuo ruolo da Capitano, Potter… e credimi, questo non puó che rendermi felice.
Non é da tutti sputtanarsi la vita da soli. >> disse Vincent, con lentezza, ghignandogli ad un passo dalla faccia.
Oh, James lo odiava. Quanto lo odiava!  E il desiderio di colpirlo proprio lí, in Sala Grande, in barba della Mcgranitt che poteva spuntargli alle spalle da un momento all´altro.

Odiava i suoi capelli biondi sempre ingellati, la sua predisposizione per la Trasfigurazione e il suo essere un fottuto baro di merda – nel gioco, quello con le scope e non – nella vita e anche nelle relazioni.
E non era nemmeno la prima volta che arrivavano a mettersi le mani addosso per darsele di santa ragione, proprio come amava risolvere lui le cose, ma quello era il settimo anno e James aveva giá causato la bellezza di tre risse in soli due mesi di scuola.
<< Evapora, pidocchio. >>
Il sorriso di Vincent raddoppió.
<< Proprio come pensavo. Cacasotto. >>

E come ogni volta che si comportavano come animali, lei arrivava leggera come una farfalla – tanto da sentirla a stento – e si intrometteva senza troppi frinzoli o teatri. Bastava che aprisse bocca per zittire quel porco di Rosier…e forse anche lui.
Come tutti giorni indossava tacchi alti e le solite calze di seta nera, con la divisa perfettamente ordinata che le sfiorava leggera le ginocchia. La camicia era abbottonata rigorosamente fino al collo sottile e stringeva il seno abbondante.
<< Ho fame >>
Vincent la guardó appena con gli occhi socchiusi e senza rivolgere a James alcuna attenzione gli diede le spalle per ritornarsene senza dire una parola al tavolo dei Serpeverde, sedendosi accanto a sua sorella e guardando Syrma con aria di sufficienza, che l´aveva seguito altrettanto silenziosa.
<< Mon Chérie >> sussurró, baciando i capelli soffici della sua Camélie e riservandole il solito trattamento d´onore.
<< Hai finito di rompere le palle agli altri tavoli, cabrón? >>
Camélie rise, mostrando una schiera di denti bianchi come perle e Vincent vide Samúel fissare gli occhi nocciola su lui.
<< E tu, invece, hai finito di parlare come se fossi ancora al tuo paese di merda? >> ci andó sottile come sempre, evitando di entrare nel personale e dirgli veramente cosa pensasse della gente come lui.
<< In effetti avevo quasi dimenticato il tuo accento di merda, francesino >>
Camélie rise piú forte quella volta e Vincent strinse i pugni sotto al tavolo, cercando di mantenere la calma e non fottersi l´anno come stava invece accadendo appresso a Potter. Quel Samuél gli piaceva ancora piú poco dei Mezzosangue e l´avercelo continuamente attorno a sua sorella e i Serpeverde – nonostante non ne fosse nemmeno degno – lo irritava.
<< Samúel, io credo che la Spagna sia un posto meraviglioso, davvero >> sua sorella accavalló le gambe fasciate da spesse calze nere e quasí gli sembró un pitone. Le strusciava, facendo le fusa come un gatto.
<< E mio fratello non intendeva affatto offendere la tua nazionalitá… >> continuó, lasciva, afferrando una ciocca di capelli e portandosela dietro l´orecchio. Il caschetto le sfiorava appena il collo ornato da una lunga catenina d´oro e Vincent perse tempo ad osservare una piccola vena pulsarle ripetutamente.

<< Solo il tuo essere un misero pezzente di Madrid, che viveva derubando Babbani e Maghi e che ha dovuto cambiare paese perché volevano tagliargli le mani >> e fu dolce, come il miele. Gli scese caldo fino al cuore, mandandolo in fiamme.
Ah, la sua Camélie. Apparentemente cosí dolce e pacata, quasi come il fiore che suo padre aveva raccolto a sua madre la notte in cui venne al mondo, quando scelse il nome per la sua bambina…innamorandosi perdutamente di quel fiore macchiato di sangue.
Ma era macabra. Qualsiasi fiore che non fossero le Camelie appassiva in sua presenza e tutto moriva quando lei lo toccava.
Era esattamente la bambina egoista e viziata che sembrava…ma molto piú sadica e cattiva.
<< Vai a farti fottere, bambolina del cazzo! >>

<< Baci tua madre, con quella bocca? >>
Samuél trucidó il ragazzo seduto a due posti di distanza da lui, mostrandogli un bel dito medio e venendo ampiamente ricambiato. Sua madre. Che andasse a farsi fottere pure Zabini e il suo immischiarsi in fatti che non gli riguardavano proprio per nulla. Lui e quei fottuti occhiali da Hippy messi costantemente sul naso.
<< Non sei il mio tipo >> gli rispose, sorridendo tutto zuccheroso.
Come no. Samuél era sempre stata una persona ottimista, giocosa, quasi magnetica – e questo gli avevano sempre salvato il culo durante i furti – ma proprio non riusciva a capire come facesse Joshua Zabini a non vedere il giochetto di quei due psicopatici dei Rosier. O almeno di Camélie.
Non aveva mai eseguito ordini per nessun Mago Oscuro. In Spagna aveva sempre lavorato solo per se stesso e aveva cercato di non immischiarsi nelle beghe dei Maghi, pazzi senza coscienza. E onestamente, Samuél, per avere diciassette anni, aveva rischiato la vita piú volte di quanto avesse potuto desiderare.
<< Stai un pó zitto. >> sbuffó, lanciando controvoglia la sua colazione nel piatto, giá di cattivo umore alle nove di mattina.
<< Io credo proprio che questa giornata debba essere rallegrata >> cinguettó Joshua, sfilando una fiaschetta di metallo dalla giacca della divisa e rovesciandosi nel caffé una buona dose di liquido ambrato.
<< Che ne dici? >>
Samuél guardó prima la fiaschetta e poi il ragazzo di colore, che aveva una folta coda di rasta fissata in mezzo al cranio. Ricordava di aver visto la sua foto, una volta, al Quartier Generale. E in quella foto, proprio in mezzo al cranio di Joshua, c´era un grosso punto interrogativo marchiato col pennarello rosso.
<< Perché no? >> domandó piú a se stesso che all´altro, che non si fece sfuggire l´occasione di potersi divertire.
Ed erano poche le cose che lo divertivano veramente, se non le persone completamente ubriache, o fatte, a seconda del ritmo che uno aveva…e Samuél non sembrava affatto essere tipo da scolarsi Whisky insieme al caffé. In effetti lo conosceva anche fin troppo poco per i suoi gusti.
<< Allora, dimmi, Samuélito, com´é vivere in questa landa buia e fredda? >> gli chiese, sorseggiando tranquillo il suo caffé corretto e sorridendo appena. Joshua sapeva di avere spesso una visione distorta della realtá, un qualcosa che gli permetteva sempre di essere positivo. Una voce interiore, che lo aiutava ad accrescere la sua magia e il suo animo, portandolo ad un livello superiore.
E sapeva anche che questo livello superiore gli aveva insegnato a leggere le persone. Il loro animo. I gesti, la voce, gli occhi. Quello che nessun´altro riusciva a vedere perché troppo concentrato sui fallimenti della vita.
In quella scuola l´ottanta percento delle persone era cieco. E instabile. Un branco di ragazzini frustrati cosí tanto dalla vita e dai problemi che non sarebbero riusciti a vedere un cazzo nemmeno se qualcuno gliel´avesse sventolato sotto al naso.
Ma Samuél...sí, quel Samuél aveva qualcosa che non lo convinceva.
<< Buia e fredda. >> rispose a denti stretti, evitando di guardarlo negli occhi. Ma a Joshua era bastato vederlo tendersi come una corda di violino per capire che il suo nuovo amico spagnolo aveva qualcosa da nascondere.
Qualcosa di grosso, che gli procurava un tale disturbo da causargli un piccolo tic all´occhio sinistro; piccolo, quasi invisibile ad occhio esterno, ma presente. Continuo. Quasi pulsava come il suo cuore – che poteva sentire da lí. Con il naso, la gola, le orecchie, gli occhi.
<< Giá. Ma sono convinto che quí é molto piú divertente >> sorrise, allentando la morsa attorno al suo collo.  Ritiró le spire, afferrando la tazza e alzandosi a passo di danza.
<< Buona giornata! >> cinguettó, dirigendosi verso l´uscita. era in ritardo per la sua canna mattutina e solitamente la sua scaletta era molto precisa. Salutó gentilmente la Presidente del Consiglio Studentesco, che gli rivolse un saluto militare, ignorando il motivo reale del suo cinguettare sereno e proseguí per la sua strada senza nemmeno troppi intoppi.
La canna mattutina era indispensabile: gli risollevava l´umore, gli apriva la mente e l´anima. Raramente ci rinunciava e quel raramente gli si presentó davanti appena entró nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
<< Cosa fate voi due quí dentro? >>
Scorpius Malfoy e Albus Severus Potter lasciarono cadere un misto d´erba e tabacco sul pavimento e Joshua si strinse il ponte del naso tra pollice ed indice.
<< Ma davvero? Davvero, Scorpius? Chi ti ha dato questa merda? Avanti, rispondi! >> disse, perentorio, afferrando la bacchetta e ripulendo quel disastro. Scorpius era pazzo a credere di passarla liscia: lui non avrebbe mai mentito a sua sorella.
<< Questi non sono affari tuoi! >> sbottó il ragazzino dai capelli biondo pallido, misurandosi con lui come se non lo avesse mai preso in giro per il pannolino che aveva portato fino a quattro anni.
<< Cosa credi di fare? >> Joshua scoppió a ridere nel vederlo afferrare la bacchetta e Scorpius arrossí dalla rabbia.
<< Credi che non sia in grado di farti del male? >> gli urló improvvisamente contro, trasformando con quelle parole la faccia dell´altro in una statua di sale.
<< Vuoi farmi del male? >> Gli afferró il braccio cosí velocemente che Scorpius a stento se ne accorse e si puntó la bacchetta alla gola.
<< Avanti, dillo.
Conosci la formula. Fammi male. >> sussurró, gli occhi blu cosí grandi da poterlo inghiottire interamente e non lasciare traccia. Fu un attimo. Il tempo di una scossa e il fulmine della sua vita lo colpí in piena fronte – togliendogli il respiro.
<< Grazie per l´informazione. E non rifarlo mai piú perché questa volta nemmeno Dio potrá proteggerti da tua sorella >> gli bisbiglió all´orecchio.
<< Cazzo! >> sbottó Scorpius, sbattendo i piedi a terra come un bambino.
Gliel´aveva rifatto!
Gli aveva letto di nuovo nel pensiero e lui si era lasciato abbindolare come quando aveva otto anni!
<< Dove vai?
Ehi, Joshua! Non puoi andare veramente da lei! Non é colpa sua! >> urló Scorpius, rincorrendo insieme ad Albus quell´idiota per i corridoi ancora pieni di studenti.
 Era la fine. Se Zabini parlava, finivano tutti nei guai. Famiglia Potter e Weasley al seguito. E non era una bella prospettiva: se sua sorella si arrabbiava… nemmeno gli Dei reggevano il suo confronto.
<< Joshua! >> lo chiamó ancora una volta, con voce esasperata, mentre quello andava spedito come se una calca di studenti non gli venisse in contro in piena ora di punta per le lezioni.
Si fermó. E Scorpius non si accorse di essersi aggrappato ad Albus per la tensione.
Erano davanti all´aula di Trasfigurazione e il cerchio si chiuse proprio davanti ad un gruppetto di Grifondoro. James era uno straccio e Sammy Paciock cercava di fargli aria, senza aver fatto colazione come sempre. Quella mattina sembrava che la sua fronte si fosse schiantata ripetutamente contro un vetro.
<< Devo parlare con te. >> Joshua si diresse diretto contro Nally O´Connor.
La ragazza alzó gli occhi ambrati dal libro di Trasfigurazione per fissarli su di lui, inarcando appena un sopracciglio chiaro. Tolse la matita dalla bocca con molta lentezza, mettendosi dritta.
<< Guarda, guarda chi é appena strisciato fuori dai sotterranei >>
Oh, Nally, Nally. Che gambe aveva Nally O´Connor.
Joshua se l´era immaginate avvolte alla sua vita forse un miliardo di volte. Ripetutamente. Come quasi tutta la scolaresca quando ci era entrata appena tredicenne – recuperata da un centro anti-violenza per maghi e ibridi in piena Londra, picchiata e quasi pugnalata a morte da un gruppo di Vampiri.
Dopo la Seconda Guerra Magica non era stato un bel periodo per i cattivi, come adorava vederli James Potter e la sua brigata della morte – nomignolo che utilizzava il settimo anno di Serpeverde per il gruppetto capeggiato da James.
E Nally O´Connor – dopo tante battaglie da parte della Preside – era entrata ad Hogwarts nonostante fosse una Diurna dai denti da gattino. In barba al consiglio e tutte quelle pecore al Ministero che ancora erano nel pieno della caccia alle Streghe. In quel caso Mangiamorte e affini.
<< Tieni la tua merda lontana dai sotterranei >> sibiló a bassa voce, andandole cosí vicino da rischiare di perdere il controllo.
Era stata chiara la McGranitt quando la O´Connor aveva varcato i cancelli della scuola. I Diurni erano come i Vampiri, con la differenza che i primi  potevano camminare tranquillamente alla luce del sole e avevano il privilegio di non rischiare la morte per combustione spontanea davanti ad una croce di argento.
Ma…

<< La mia merda? Parli proprio tu, Zabini? >> gli rise in faccia con scherno, mentre il suo profumo sembrava spegnergli il cervello.
Ma…

<< Io non vendo a ragazzini di tredici anni >>
Ma Nally O´Connor aveva lo stesso potere ipnotizzatore dei Vampiri. Lo stesso profumo di fiori secchi e orgasmo appena spento.
 << E cosa cazzo vorresti farmi, hm? >>
Ma Nally O´Connor aveva la stessa maschera che usavano i Vampiri per potersi nutrire… per poter incantare, ingannare, uccidere. Quella stessa maschera che poi ti intrappolava, come stava succedendo a lui in quel momento, e che non sarebbe caduta finché non l´avesse deciso lei.
Lei, con quei capelli rosso ramati come un cielo al tramonto, e la bocca carnosa che gli sarebbe piaciuto prendere a morsi – anche se creata per fare il contrario.
<< Ma di che stai parlando? >>

C´era da dire una cosa su James Sirius Potter: poteva essere uno scavezzacollo senza precedenti e di canne ne fumava pure abbastanza; beveva discretamente, ma riusciva a mantenersi abbastanza in forma con il Quidditch e l´allenamento, ma odiava – letteralmente – chi cercava di guadagnarsi soldi vendendo droga ai ragazzini.
Erba, pasticche, oppio o qualsiasi altro fottuto stupefacente presente sulla terra doveva stare lontano dal primo anno al sesto. Punto. Fertig. Cosí aveva deciso.
<< Del fatto che la tua amica abbia venduto della fantastica Amnesia a tuo fratello e questa brillantissima testa di cazzo >> cinguettó Joshua, felice come una Pasqua, facendogli quasi cascare le mascelle sul pavimento.
Guardó prima Nally, poi Joshua e alla fine posó gli occhi omicidi su suo fratello. Quel grandissimo figlio di Merlino che ora aveva le orecchie scarlattine e la faccia macchiata di rosso per la furia che sapeva vicina ad arrivare.
<< Tu… >> Ma non fece un passo. No. Si bloccó proprio mentre stava per dirigersi a bocca spalancata verso un Albus terrorizzato quando arrivó Andromeda, con il suo passo felino e la chioma riccia.
<< Buongiorno, ragazzi. C´é qualche problema? >> saettó con gli occhi neri e lucidi come l´ossidiana tra i due gruppi fin troppo vicini per i suoi gusti e aspettó una risposta.
Oh, se c´erano problemi. Quella era una valanga di merda in piena regola e lo diventó ancora di piú quando Syrma Malfoy spuntó dall´angolo piú vicino – nascosta, con il quaderno degli appunti ancora aperto tra le mani. Lo richiuse con un piccolo tonfo, mentre si staccava dal muro con una lentezza cosí estenuante da far inghiottire a vuoto suo fratello.
Perché se Albus Severus Potter potesse anche solo temere una ritorsione da quel bestione di suo fratello, Scorpius Malfoy temeva molto di piú.
Sua sorella era veleno e lui lo sapeva.
<< No, professoressa. >> rispose educatamente, con gli occhi scuri come il piombo. Si aprí un varco al suo passaggio, mentre i tacchi quasi sembravano poter rompergli i timpani.
<< Noi ci vediamo piú tardi. >> lo salutó, promettendogli fuoco e fiamme alla fine di quella lezione.
E quella volta non ci sarebbe andata affatto per il sottile.


 
***



<< E non andrete alla gita! >>
Non era certamente la prima scenata che avveniva nei bagni di Mirtilla Malcontenta – sempre infestato dal fantasma, intasato d´acqua e preferito dagli studenti per pozioni illegali e riunioni improvvise.
<< No! Non puoi farci questo! >>
Ma James era sicuro che quella fosse la prima volta in quarant´anni o forse di piú che un qualsiasi Malfoy avesse mai fatto una cosa del genere. Ed era meraviglioso. Uno spettacolo puro vedere la Malfoy spettinata per la prima volta in vita sua. Era una belva, con il petto che le si alzava e abbassava per l´affanno e le guance rosse per lo sforzo di gridare.

<< Oh, lo faró! Sta certa che lo faró, caro il mio piccolo pidocchio. >> gli sibiló ad un passo dal naso, gli occhi ridotti a specchi.
Non l´aveva mai vista cosí, mai. Nemmeno quando il suo ex fidanzato, Albert Nott, le aveva messo le corna durante il Ballo di Primavera – due anni prima. Allora, come sempre, si era comportata come una signora; aveva dato le spalle ad entrambi e aveva detto alla Brown che poteva pure tenerseli i suoi scarti.
Cosa che aveva applaudito anche la Mcgranitt.
<< Tu non puoi parlarmi cosí! >> si ribelló Scorpius, i pugni chiusi e i capelli platinati tirati all´indietro.

James ciccó sul pavimento la sua Marlboro Rossa – grande classico a cui non avrebbe mai rinunciato – e fissó invece la ragazza al centro di quel grande cesso in disuso.
Effettivamente non si era mai concentrata su di lei.
All´inizio, quando al primo anno l´aveva conosciuta, l´aveva vista come un nemico. Anche se suo padre gli aveva sempre nascosto la leggenda dietro il suo nome, James non ci aveva messo molto per scoprire vita morte e miracoli. E lei era sempre stata presente. Come suo padre e tutto ció che rappresentava: un ostacolo, qualcosa da abbattere.
<< Io faró molto meglio. Io non ti rivolgeró mai piú la parola.
Questa ora é una questione tra te e papá. >> disse, calma, ora ritornata la ragazza apatica di sempre. Quasi non sembrava che fino a quel momento avesse urlato come una pazza.
Poi quell´astio era scemato quando davanti ai suoi occhi si era presentata una ragazzina meticolosa, attenta allo studio e ligia alle regole. Certe volte gli era sembrato di parlare con sua zia Hermione…e automaticamente, quasi senza volerlo, si era allontana dall´astio che circondava il suo cognome, diventando quasi invisibile.

James la guardó e sorrise perché fu proprio come durante quel ballo, quando aveva tutti gli occhi puntati contro. Giró i tacchi con gran classe, i capelli che le ondeggiavano fino al fondoschiena come seta, ed uscí dal bagno – lasciandosi alle spalle due adolescenti con la bocca aperta e un James Potter che, se avesse potuto, si sarebbe tolto il cappello per lei.
Chapeau.


Usciti dal bagno, le due Serpi si diressero verso i Sotterranei con la coda tra le gambe, mentre James – guardando l´orario – si rese conto di essere in ritardo. A passo felpato si diresse verso lo Spiazzale principale di Hogwarts, dove il Coprifuoco aveva giá svuotato dagli studenti.
Superó la scalinata per vedere da lontano un gruppo seduto sotto al Platano Picchiatore – che ora muoveva i suoi rami lento e dolce.
<< Non dirmi che ti sei fatto picchiare di nuovo da quest´albero >> rise, appena la faccia di Sammy Paciock venne illuminata dalla luna. Schiantarsi dalla Torre di Astronomia avrebbe provocato meno danni.
Era stata una giornata pesante tra l´interrogazione di Trasfigurazione, andata abbastanza maluccio tra l´altro, e la stronzata di Albus. Aveva addirittura saltato la cena per quei due cretini.

<< E tu? Sei riuscito a parlare con Nally? >>
No. Non era riuscito a parlare con Nally perché si era data letteralmente alla fuga dopo le lezioni. E gli doveva parecchie spiegazioni, la signorina!
Proprio non riusciva a capire cosa passasse per quella testa da Diurno del cavolo.
<< Sono solo riuscito a vedere la Caposcuola Malfoy posseduta da qualche spirito maligno >> rise, rifiutando la canna che gli stava passando Baston e accendendosi una delle sue Marlboro.
<< Oh, sí… quando si arrabbia diventa un bel problema >> rise proprio Carl.
<< E tu che ne sai? >>
Carl evitó di guardarlo negli occhi, ma sorrise, facendo spallucce; fece un tiro di canna con nonchalance, come se lui non aspettasse una sua risposta come un assetato nel deserto.
<< La rifornisco di qualcosa che l´aiuta ad essere la prima di tutto il settimo anno >> rispose senza fornire altri dettagli, mentre Sammy lo guardava quasi sconvolto.
<< Quella roba é pericolosissima, Carl! Come puoi permettere che qualcuno ne faccia uso regolare? >> disse con voce concitata, mentre James a quel punto veramente non ci capiva piú una mazza.
<< Di cosa Merlino state parlando? >> sbottó, ora veramente irritato.
<< Un bel mix di eferina, anfetamina e caffeina, ecco di cosa stiamo parlando! Ed ecco cosa prende la Malfoy ogni mattina per tenere il ritmo di tutte quelle lezioni! >> sbottó Carl, ora stizzito, mentre Fred non ci capiva piu un cazzo.
<< Beh, se regola bene le dosi… non é la prima che lo fa >> borbottó Sean, con i capelli castani tirati dietro con una coda di cavallo.
<< Lo so anch´io, cosa credi. Non avrei mai potuto darle qualcosa che potrebbe farle male >> sbuffó Baston, scuotendo la testa.
Ed era la veritá, si accorse James guardandolo dritto in faccia. E proprio in quel momento la faccia della Malfoy che da arrabbiata diventava travolta dal piacere gli balzó nella testa – annebbiandogli i pensieri.
<< Continuo a pensare che quel nome le si addica >> sbuffó suo cugino Fred, coi capelli rossi marchio Weasley e una spruzzata di efelidi sul naso dritto e a punta – come quello di sua madre Angelina.
<< Pensi davvero che sia ancora vergine? >> rise Sean, riaccedendosi la canna ormai spenta.
In effetti quel viso travolto del piacere ora cominciava ad inquietarlo. Nemmeno aveva mai trovato la Malfoy una… persona, ecco.
Non era mai stato divertente prenderla in giro – perché non era tipo da cadere in stupide provocazioni.
Quando non guardavi ti mandava direttamente al San Mungo con una fattura da voto pieno in tutte le materie.
<< Sí. E penso anche che sia un gran peccato che lo sia. Il signor Malfoy puó anche essere stato pazzo a chiamare sua figlia Syrma – che oltretutto vuol dire vergine – ma credo davvero che abbia fatto un ottimo lavoro con lei.
Toglile quella faccia da santarellina del cazzo e quelle risposte saccenti e io vedo solo un paio di gambe chilometriche e una terza di reggiseno >> rise Fred, facendogli l´occhiolino.

Giá… E quella sera era stata lei stessa a togliersi la faccia da santarellina del cazzo per gemere nella sua test
a.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


II. –








Lo spogliatoio dei Grifondoro era una cappa di vapore senza fine, mentre lo scroscio delle docce non riusciva a sovrastare quello della pioggia all´esterno. A Syrma Malfoy non era mai piaciuto fare da ambasciatore o corriere e quel gesto – nonostante la riguardasse di prima persona – quel giorno la disturbó parecchio.
Dopo essersi sorbita esettamente due ore di allenamento, dei Grifondoro oltretutto, il tempo di girare la faccia per guardare la pioggia cominciare a cadere che la squadra, veloce come un fulmine, era sparita dal campo per andare alle docce. E aveva aspettato. Aspettato.
E ancora aspettato. Ma di James Sirius Potter nemmeno l´ombra. Come se si fosse dileguato insieme alla sua voglia di aspettare ancora.
La squadra si era susseguita dopo mezz´ora di attesa al freddo e sotto la pioggia, ma quell´imbecille di Potter ancora non era uscito di lí. Cosí era entrata lei.
Ma se solo avesse saputo…
Camminó spedita in quella prigione di fumo, senza distinguere una panca dalla doccia, fino ad arrivare alla fonte delle voci concitate che aveva sentito appena varcata la soglia.
Se solo avesse saputo…
Ed effettivamente James Sirius Potter era lí. Completamente nudo, con due chiappe sode al vento che effettivamente potevano far gola anche ad una come lei, mentre gemeva contro – dentro – la sua fidanzata.
Beh, se solo avesse saputo si sarebbe fatta una carovana di cazzi suoi e si sarebbe risparmiata una bronchite sotto la pioggia per aspettare qualcuno che a quanto pare non sarebbe mai arrivato. Non da lei, perlomeno.
Se la stava scopando sotto al getto bollente della doccia senza curarsi di quello che gli succedeva attorno, tenendo il viso di quell´insulsa ragazzetta dolcemente, spingendo dentro lei cosí piano che sembrava quasi avesse paura di farle male.
Syrma nemmeno ricordava piú quando era stata l´ultima volta che aveva fatto l´amore cosí. Probabilmente non era mai successo – o questo era quello che le diceva la testa.

Lei… lei non si lasciava andare, con nessuno. Nemmeno con se stessa. E se aveva cercato di soffocare i suoi incubi nel sesso, il suo era sempre stato un oblio di piacere e buio. Niente parole, gesti, sguardi. Niente di niente. Solo uno sbattere furioso che le martellava nella testa, impedendole di pensare.
E non li aveva mai nemmeno cercati, quei momenti cosí. Era come se non fosse in grado di poter provare qualcosa di diverso dall´apatia. O dal senso di rivincita che provava ogni volta che si guardava allo specchio.
Era semplicemente morta, ecco. E guardare quella scena, consapevole di non poter mai desiderare qualcosa cosí, la portó per la prima volta in vita sua ad indietreggiare, mentre sembrava che due mani le si fossero strette alla gola – soffocandola.
. Era morta, era quella la veritá. Perché qualcuno ci aveva provato a sorpassare quella barriera di acciaio puro che si era costruita attorno… ma si era scontrato contro una bacchetta – che gli aveva cancellato la memoria.
Abby continuava a gemere, mentre il suono dei loro corpi bagnati che sbattevano gli uni contro gli altri le rimbombava ripetutamente nella testa, causandole una tachicardia cosí violenta che credette quasi di avere un´infarto.
<< Ancora… >> E ancora le si annebbió la vista, mentre un piccolo lampo di luciditá cercava di farsi spazio nella sua mente aggrovigliata – spenta - .
Un attacco di panico. Era solo un attacco di panico, niente che non avesse giá vissuto. Niente che potesse ucciderla, anche se il cuore sembrava volerle sfondare lo sterno, al ritmo delle spinte di Potter.
Respira, si disse, aggrappata al muro scivoloso con le unghia.
Respira, si disse, mentre a stento si accorse che non c´erano piú gemiti, ma voci concitate, quindi cercó di mettersi dritta – perché era cosí che stava un Malfoy, gli aveva ripetuto fino alla nausea suo nonno quando a stento camminava.
Respira, ripeté ancora nella sua testa, mentre il vapore cominciava a diradarsi e il suo cuore rallentava sempre di piú, inciampando ad ogni respiro di meno. Le pillole. Le pillole acuivano solo il senso di disagio e le percezioni che aveva di se stessa e del suo corpo, era solo quello il motivo di tanta agitazione; doveva imprimerselo bene in testa, riprendendo il controllo della sua vita.
<< Stai bene? >>
La voce di Abby Ann Finnegan le diede il colpo finale, raddrizzandole la schiena definitivamente. Le parole di nonno Greengrass, ogni tanto, oltre a tormentarla, servivano anche a ricordarle che aveva lavorato troppo per arrivare dov´era e che non poteva rovinare tutto per… per…
Per essere se stessa.
<< Puoi gentilmente togliermi le mani di dosso? >> la sua voce gelida quasi si ruppe nel silenzio, come quando un vetro va in frantumi e graffia le orecchie fino a farle sanguinare.
<< Dobbiamo andare da Madama Chips.
Tu non stai bene. >> sbottó la Finnegann, strappandole un sorriso di compatimento, quello che di solito si riservano ai pazzi.
<< Dobbiamo? >> rise, scuotendo la testa. James la guardó incredulo, come se non credesse ai propri occhi. Ma era umana, quella? O era solo una stupida incosciente?
<< Ritorna al castello, ti raggiungo dopo. >> disse verso Abby, senza peró staccare gli occhi dalla Malfoy. Era pallida come un lenzuolo e scendendo con lo sguardo si rese conto anche del perché.
<< Che cosa? Sei impazzito? >>
<< Fa quello che dico e basta! >> James si pentí di quello che aveva detto appena chiuse la bocca e si diede dell´imbecille quando la vide prendere velocemente il resto delle sue cose e correre via, offesa a morte e con le lacrime agli occhi.
<< Ti sembra il modo di trattare una donna, Potter? >> ghignó Syrma, slacciandosi la cravatta e i primi bottoni della camicia.
<< Cos´é? Hm? >> sibiló, ora veramente arrabbiato, afferrandola per un polso e sbattendola contro gli armadietti – senza curarsi del gemito di dolore che le sfuggí dalle labbra.
<< Ma che ti prende? Toglimi immediatamente le mani di dosso, Potter! >> sbottó, ora rossa sulle guance come quando aveva urlato contro suo fratello.
<< Tu devi essere veramente pazza se credi che io mi metta a seguire i tuoi ordini come un soldatino chiunque >> sibiló James, strappandole con un gesto maldestro i bottoni dalle asole.
<< Ma che cazzo fai!? >> urló Syrma, afferrando la bacchetta dalla tasca posteriore del mantello e puntandogliela contro. Affannava, incredula, ma la sua mano era ferma. Pronta a colpirlo.
<< Hai il coraggio di prendere regolarmente quelle stracazzo di pillole e non fare un fottuto pasto decente al giorno? >> le urló contro, provocandole un sobbalzo.
<< Non che questi siano affari tuoi, non é vero Potter? >> disse, abbassando la bacchetta lentamente.
<< No. Hai ragione. Questi non sono affari miei, ma tuoi. E della tua famiglia quando dovrá comprare un bel vestito cerimoniale per il funerale della loro perfetta figliol prodiga, morta d´infarto. >> disse, alzando le mani e indietreggiando.
Le diede le spalle in tutto il suo metro e ottanta, lavandosene definitivamente le mani. Che facesse quello che cazzo voleva, la Malfoy. Non erano affari suoi, quelli. Lui aveva giá un morto sulla coscienza per colpa di quella roba e onestamente non voleva saperne piú.
Ne aveva abbastanza.
<< E comunque… sappi che cosí non ecciteresti nemmeno un prigioniero di Azkaban dopo dieci anni di prigionia >> le urló prima di lasciare lo spogliatoio – lasciandola sola e cosí nervosa da colpire il muro dietro di sé, trattenendo un urlo a fondo gola.
E compiadí se stessa quel momento, invece… perché si era rotta la mano e non aveva sentito niente.


Erano forse le undici di sera quando uscí dagli spogliatoi, con la mano fasciata alla meglio e l´aria di una che non voleva essere disturbata. Per niente. Si diresse a passo di carica verso il dormitorio dei Grifondoro – con la camicia ancora un pó strappata e le labbra strette in una rigida fessura, tanto da ricordare alla Signora Grassa una sua vecchia studentessa, dalla divisa rosso-oro.
<< Parola d´ordine? >>
<< Non ce l´ho. Ho bisogno di parlare con uno studente all´interno.
Ora. >> disse, prerentoria, guadagnandosi un´occhiataccia proprio dalla donna del ritratto.
Giá. Uguale. Tranne per la gentilezza. Quella l´aveva persa nel dormitorio dei Serpeverde.
<< Parola d´ordine? >> Syrma sentí l´esatto momento che, presa dal nervosismo, il suo occhio destro cominció a muoversi convulsamente. Tipo come un tic.
Stava per ponderare l´idea di commettere una strage, quando l´oggetto dei suoi pensieri le si materializzó davanti – con un paio di Burrobirre sotto braccio. << Ci manteniamo leggeri >> rise Carl Baston, facendo spallucce alla sua occhiata interrogativa.
<< Che ci fai quí, comunque? >>
Syrma non era mai stata una persona loquace… preferiva i fatti alle parole e cosí superó i pochi passi che la dividevano da lui e lo bació – sfiorandogli appena le labbra. Ma lui fece di meglio; l´afferró con un braccio, alzandola da terra, e con una mano dietro la nuca affondó la lingua nella sua bocca. E fu cosí irruente che Syrma sorrise, ricordando il motivo per cui aveva cercato proprio lui.
<< Non quí. >> sussurró lei – staccandosi appena per riprendere fiato, mentre lui sembrava quasi soggiogato dal modo in cui la guardava. Come se non avesse scampo. Come se entrambi non avessero scampo.
Ma era un illuso se credeva che fosse veramente cosí.
<< La Stanza delle Necessitá. >> disse allora lui, appoggiandola di nuovo a terra e prendendola per mano, facendole strada. Gli occhi verde foglia erano concentrati su quale scala prendere per arrivare piú veloci alla loro meta e Syrma finse di non aver visto Abby Finnegann e James Potter uscire dal dormitorio, intenti a discutere, per bloccarsi nel vedere Carl trascinarla senza alcuno sforzo dietro di sé, scomparendo nel buio delle scale.
Poi fu tutto confuso, un ammasso di suoni e immagini senza senso, fino ad arrivare alla Stanza delle Necessitá – che tra un sospiro e un´altro aprí le porte, lasciandoli entrare.
Carl era alto, possente e la prese in braccio per poterla sentire meglio contro di sé. Syrma affondó le mani nei suoi capelli ricci, mordendogli le labbra e spingendo il bacino contro il suo.
L´elettricitá pizzicó la pelle ad entrambi, provocandogli la pelle d´oca – che si trasformó in brividi quando lui le tolse giacca e camicia, gettandoli lontani; aveva le dita gelide, tanto da rizzarle i capezzoli e provocarle una fitta al basso ventre.
Syrma aprí ancora di piú le gambe, mentre lui faceva scivolare la zip della gonna senza alcun remore, strappandogli le calze per la troppa veemenza. E fu proprio cosí, rude – guardandola dritto negli occhi – che si abbassó i pantaloni, i boxer ed entró in lei.
Senza alcun preliminare, strappandole un gemito piú forte e raccogliendolo con le labbra quando l´afferró per i capelli e la bació, spegnendole il sistema nervoso. Cominció a muoversi senza curarsi di farle male, quasi godendo nel sentire le sue unghia affondare nella pelle – lungo il collo e le spalle – facendogli perdere ancora di piú il controllo.
Era cosí calda e umida da poter fare impazzire anche un Santo e in quel momento Carl non sentiva altro che lei e il suo bacino, la sua pelle bollente e i sospiri, mentre lui invece moriva ogni volta che spingeva sempre piú forte.
L´afferró per la vita e la giró di spalle, sentendola a stento ridere con la faccia schiacciata contro il muro – entrando di nuovo in lei e stringendosela contro, tintillandole un capezzolo senza delicatezza.
<< Cazzo… >>
E fu contro quel muro che Syrma si accorse dello specchio in fondo alla stanza intento a ricambiare l´immagine di Baston che la prendeva da dietro, in una mano i capelli e nell´altra il suo seno, mentre lei si contorceva tra le sue braccia – senza alcuna emozione a stemperarle l´espressione dura.
Per un attimo si chiese se era veramente quella la vita che voleva. Come quando piegata da un attacco di panico si era ritrovata a guardare Potter e la sua fidanzata. Era davvero cosí che voleva essere?
Oppure…
<< Piú forte. >> disse, affondando le unghia nella mano rotta e cercando di sentire qualcosa. Qualsiasi cosa.
Oppure…
<< Cazzo! >> ripeté Carl, stavolta spingendo cosí forte da strapparle un urlo.
Oppure, in fondo, molto in fondo, nascosto chissá dove, c´era anche in lei il desiderio di essere amata?
Di essere trattata come era stata trattata la Finnegann poche ore prima – come se fosse una Dea da venerare… e non da temere.
Qualcuno da amare e non da mostrare al mondo come uno di quei stupidi trofei. Belli, vuoti, senz´anima. Qualcosa che metti sullo scaffale e dimentichi, inutile.
Era davvero cosí che voleva essere?
Oppure…
Carl spinse per un´ultima volta prima di arrivare e Syrma, mordendosi le nocche fino a sanguinare, soffocó il nome che le era salito alla gola, mentre l´orgasmo la travolgeva in un turbine di niente, liberandola in aria, stordendola interamente.
Il sesso – in quei momenti – la cullava, mandandole in tilt la testa e spegnendola definitivamente, ma quella volta non era riuscito a toglierle quella sensazione di disagio che si portava addosso dal pomeriggio. Anzi. Le aveva solo ricordato perché era andata lí, alla ricerca di qualcosa che, proprio come aveva detto lui quel pomeriggio, non avrebbe fatto altro che ucciderla.


 
***
 

James Sirius Potter si sdraió sull´erba alta, guardando le stelle susseguirsi una dopo l´altra e tirando dalla canna che teneva tra le dita; era tardi, lo sapeva, ma quella notte aveva pregato i ragazzi di tenergli compagnia.
Non era riuscito a dormire dopo la discussione tremenda che aveva avuto con Abby e il non aver trovato Carl nemmeno dopo due ore che l´aveva visto andare via con la Malfoy aveva solo peggiorato la situazione.
Quell´anno gli stava scivolando dalle mani, era quella la veritá. Dopo la terribile estate che aveva passato, James non riusciva piú a capire cosa fosse giusto o sbagliato. Ed era la prima e assoluta volta che gli capitava nella vita. E allora non riusciva a concentrarsi.
Era sempre con la testa per aria e non era nemmeno piú tanto sicuro di voler fare l´Auror. Come suo padre. Come aveva deciso il momento esatto in cui il suo cervello poteva ricordare.
E la Malfoy.
Perché era andato a cercarlo? E perché poi quella sera se n´era andata con Carl? Aveva a che fare con le pillole?
O con quello che era successo negli spogliatoi die Grifondoro?
<< Ah, Santo Merlino! >> sbuffó irritato, battendo la testa sul terreno umido mentre sentiva il cervello quasi scoppiargli.
<< Ma é la Malfoy, quella? >> James balzó a sedere quando Sammy, mezzo assonnato, si sistemó gli occhiali sul naso – cercando di focalizzare la figura ai piedi delle porte principali, intenta a…
<< Ma che fa? Stretching? >>
Sí. Proprio cosí.
In pantaloncini che a malapena le arrivavano ai glutei, canotta e felpa con cappuccio, la Malfoy faceva stretching sui gradini della scuola – stringendo il codino che le legava i capelli biondissimi in una coda alta.
<< Ma che ore sono? >> Sean, piú stordito di nonno Arthur la cena di Natale dopo due bottiglie di vino elfico, guardó l´orologio d´acciaio sul polso e strabuzzó gli occhi.
<< Cazzo. >>
Ed era proprio il termine giusto, perché quando James gli strappó quasi il braccio per controllare, per poco non gli venne un infarto fulminante.
<< Sono le sei, vero? >> sussurró Fred, stordito, guardando la ragazza a testa in giú e sorridendo come un beota. << Avevo ragione io, comunque >> aggiunse, quando Syrma cominció a correre. Correre. Con quella pesca che aveva al posto del culo che rimbalzava ad ogni passo e le sue bellissime
<< E tu che cazzo ne sai che sono le sei? >> sbottó James, parandogli davanti al viso con un diavolo per capello e ostruendogli la visuale.
<< Beh…>>
<< Beh cosa?! >>
Ora era veramente arrabbiato. Una vena gonfia quanto il suo mignolino gli pulsava prepotente sulla fronte ed era rosso come zio Ron quando da piccoli rubavano le mutandine dal cassetto di zia Hermione.
<< Me ne sono accorto una mattina, per sbaglio, quando voi eravate giá al castello e io ero rimasto fuori con quella del quarto… Penelope, se la memoria non m´inganna… >>
<< Oh sí! Me la ricordo! Aveva due… >>
<< Non me ne frega un cazzo di Penelope, Sean. >> sibiló James, interrompendo l´amico con un sorriso angelico che sapeva di cianuro.
<< Ci sei venuto quasi tutti i giorni, non é vero? Sei un porco, Fred! >> continuó poi, conoscendo il cugino fin troppo bene e sapendolo capace di svegliarsi alle sei di mattina per guardare la Malfoy correre e sbalottare le sue grazie a destra e sinistra.
<< Non proprio tutti i giorni! Qualche volta mi é capitato di svegliarmi prima del solito e trovarla a metá del suo giro >> rispose, facendo spallucce e sorreggendosi sui gomiti per scansarlo.
<< Che ti prende? Mica é la tua fidanzata >>
No. Ma aveva passato praticamente la notte in bianco per evitare di pensare a quello che si erano detti e poi lo stesso se la ritrovava davanti al naso a correre come se la sera prima non avesse rischiato un collasso.
<< No. Ma ieri sera l´ho vista andare via con Carl e proprio non vorrei che succedesse di nuovo quello che é giá successo. >> sbuffó contrariato, alzandosi e spazzolandosi i pantaloni. Correva per andare verso il lago, con un paio di cuffiette senza filo alle orecchie e l´espressione concentrata di chi non vede nient´altro che il proprio obiettivo. O la propria persona, a quel punto.
<< Io penso semplicemente che Carl abbia buon gusti in fatto di donne >> rise Fred, alzandosi insieme agli altri e rifilandogli un paio di pacche sulla schiena che quasi gli fecero sputare un polmone.
<< Ma che cazzo dici? >>
No… non era possibile. Carl era ancora innamorato perdutamente di Lee Chang e non… o si?
<< Secondo te? Lo sanno tutti che alla Malfoy piace comandare e rivoltarsi le persone >>
Ora si sentiva veramente stupido. Effettivamente, in tutti quegli anni, Fred non era stato l´unico a credere che la Caposcuola fosse vergine. Non si era mai sentita una singola voce su di lei e Nott era stato ritrovato ubriaco con le mani tra le gambe di un´altra – quindi, sommando due piú due, il risultato non poteva che essere quello.
Quello sbagliato.
<< Io penso che le piaccia farlo anche a letto e Carl é una persona molto generosa, a detta di Lee >> continuó Fred, guadagnandosi un´occhiata disgustata da Sammy.
<< Sei peggio di una vecchia pettegola >> disse proprio quest´ultimo, pulendosi gli occhiali grossi e tondi con il lembo della felpa blu che indossava. Si spazzoló l´erba dai pantaloni color khaki, chiedendosi cosa avesse fatto di male nella vita per meritarsi degli amici cosí.
<< Ha ragione Sam. Sei un vecchio maiale pettegolo a cui piace immischiarsi nella vita degli altri >> disse James, seguendo con la coda dell´occhio la figura della Malfoy fare il giro del Lago Nero a passo sostenuto.
<< Bisogna essere informati, miei cari Malandrini. >> rise Fred, afferrando i tre per le spalle come a formare un cerchio.
Perché diavolo lo aveva cercato la sera prima? continuava a chiedersi come una mantra, senza ascoltare altro. E sopratutto perché solo in quell´esatto momento si accorgeva che lei era… una macchina.
Sí, esatto. Una macchina.
<< Comunque vorrei organizzare una festa per il mio compleanno, questo sabato. Qualcosa di epocale! >>
Una macchina che alle sei di mattina correva per un´ora esatta per tutto il parco di Hogwarts, per fare poi una doccia e la colazione prima delle lezioni. Tutte le lezioni. Perché Syrma seguiva tanti corsi quanti ne seguiva zia Hermione quando era in possesso della sua preziosa Giratempo. Solo che la Serpeverde mica ce l´aveva, una Giratempo.
Si ammazzava solo.
<< A tema, una cosa pazzesca! >>
Ma perché? Si chiese, guardandola da lontano.
Per un attimo si rese conto di non averlo mai fatto. Era sempre stato cosí concentrato su se stesso da lasciare chiunque non lo riguardasse fuori dalla sua visuale.
<< James, mi stai ascoltando? >> Fred gli sventoló una mano davanti agli occhi, coprendogli la visuale.
<< No, come sempre. >> rispose, concentrandosi sui suoi capelli rossi e la spruzzata di efelidi sul naso.
<< Spiritoso. Ora andiamo o faremo tardi per le lezioni >>

E queste furono le ultime parole famose, perché il tempo di lanciare un ultimo sguardo alla Malfoy e di ritornare ai dormitori per una doccia che si erano fatte giá le otto passate.
<< Vorrei sapere proprio chi ha deciso gli orari in questa scuola! >> sbuffó tra se e se, correndo come un forsennato per i corridoi cercando di allacciarsi la cravatta. Non poteva saltare la colazione. Non quella mattinata, dove non aveva dormito per niente e con tutto quel fumare. A stento ricordava il suo nome o qualcosa che lo riguardasse di prima persona, figurarsi il resto.
<< Sei arrivato finalmente, Carl ha quasi mangiato tutto. >> disse Sammy, con una faccia quasi peggio della sua, appena atterró al tavolo dei Grifondoro nella Sala Grande.
Effettivamente il suo Portiere aveva quasi spazzolato tutto, ma almeno la caraffa del caffé era ancora piena e bella calda proprio come piaceva a lui. Si sedette proprio vicino Baston, versandosi una consistente dose di caffeina nella tazza – quasi collassandoci con il naso dentro.
<< Non mi sembri in forma, James >>
Hn. James lo guardó bene in faccia, sogghignando come il perfido sadico che era. << Certo. Io non ho mica passato la notte a scopare, Carl. >> rispose angelico, con gli occhi striati di verde assottigliati.
Carl ed Abby sobbalzarono, mentre Fred cercava di non ridere, nascosto dal purridge che stava mangiando.
<< Non so di cosa state parlando. >> mentí Carl, concentrandosi sulle sue uova strapazzate – lasciando invece una Abby particolarmente silenziosa.
Guardava James impassibile, studiandone il volto e l´espressione. Poi guardó la Malfoy seduta a due tavoli di distanza, composta come sempre tra quello spostato di Zabini e quello nuovo – lo spagnolo.
Giocava con il cibo, proprio come le aveva detto James la sera prima.
"Sta male"
Abby sorrise appena, scuotendo il capo e afferrando le sue cose in modo brusco, per uscire in fretta e furia dalla Sala Grande. Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Si diresse a passo di carica verso il bagno di Mirtilla Malcontenta, facendo passare a tutti quelli che la incrociavano anche solo la voglia di dirle qualcosa.
James aveva proprio sbagliato persona da prendere in giro. Gli aveva perdonato di tutto in quegl´anni che erano stati insieme. Tutto. Ma non era disposta a dargli altre possibilitá.
Aprí la porta con un calcio, buttando la borsa a tracolla sul pavimento e accendendosi una delle sue sigarette alla menta con la bacchetta. Tiró cosí forte da sentire i polmoni ritirarsi dallo sforzo.
<< Stronzo. >> disse ad alta voce, ticchettando con le scarpine di vernice sul pavimento – nervosa.
Quella storia le piaceva poco. E la Malfoy ancor di meno. Dalla prima volta che l´aveva vista salire sull´espresso per Hogwarts, sette anni fa, qualcosa le aveva suggerito che quella non avrebbe portato altro che guai.
Ma Abby non avrebbe potuto aspettarsi qualcosa di diverso. Da quello che era stata la sua famiglia, non poteva uscir altro che…
<< Che c´é, Finnegann, si é rotta l´unghia? >> Nally O´Connor uscí da uno dei bagni con una di quelle sigarette fatte a mano, fresca come una rosa, sorridendo alla vista della sua faccia arrabbiata – come se la sua rabbia e il suo dolore la divertissero.
<< Fatti i cazzi tuoi >> sibiló, senza alcun freno, quasi approfittando dell´assenza di James per attaccare finalmente briga.
<< Siamo nervosette, stamattina. Non so cosa prende a questi adolescenti d´oggi, sempre cosí presi dagli ormoni e gli impulsi >> rise Nally, tirando dal suo drummino, ironica.
<< Sia chiara una cosa, O´Connor… >> disse allora Abby, gettando la sigaretta in uno dei lavandini e arrivandole ad un passo dal naso. Era qualche centimetro piú bassa, ma la guardó dritto negli occhi.
<< Io non ho paura di te e né di nessun´altro in questa scuola. Ho faticato per arrivare dove sono, per essere chi sono.
Ho cominciato da zero – da qualcuno che nonostante avesse partecipato attivamente alla guerra, diventando solo un povero pazzo che dá fuoco alle cose, era stato dimenticato come si dimenticano i cani.
E James é mio. Io sono stata la sua prima cotta, il suo primo bacio e la sua prima volta. Io l´ho sostenuto quando ne aveva bisogno e sempre io, ogni cazzo di volta, gli tenevo la testa sul cesso durante una delle sue crisi esistenziali da figlio del salvatore magico. >> continuó, con il petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro affannato, puntandole un dito contro e svuotandosi come di solito si svuota un secchio della spazzatura.
<< Tu sei e sempre sarai la seconda sorella bisognosa d´aiuto, maltrattata dalla vita e dalle persone.
Ti considera il suo dovere da Potter, se ancora non l´hai capito. E quell´altra… quella Malfoy… >> la sua voce divenne stridula e Nally la guardó stranita sentendo pronunciare quel nome.
<< Lei non é altro che la sporca figlia di un Mangiamorte pentito, che per salvarsi il culo in questi anni ha finto di essere qualcuno che non é >>
E proprio come quando svuoti un bidone, alla fine di tutto quel casino, non rimane niente, se non qualche briciola disgustosa e un orribile puzza. Nel suo caso la puzza era del risentimento che si portava dentro… mentre le briciole la rabbia che le mangiava le viscere.
Afferró la borsa a tracolla e le diede le spalle, lasciandola sola con la sigaretta ancora a bruciarle tra le dita. Nally rimase immobile.
<< Evanesco. >> sussurró, succhiandosi la piccola scottatura.
Si guardó allo specchio. Nemmeno quando qualcuno le sputava in faccia quelle parole i suoi occhi riuscivano a diventare rossi dalla rabbia – come succedeva quando la parte vampiresca nei Diurni prendeva il sopravvento.
Come quando fu quasi uccisa. Anche in quel caso le sue iridi erano rimaste ambrate, tendente all´oro, suscitando il divertimento dei Vampiri che la stavano massacrando.
<< Oh, sei tu. Pensavo ci fosse Abby >> Nally alzó di scatto la testa, ritrovandosi davanti la figura di James.
Sembrava pure abbastanza fiacco, ma quello non le impedí di raggiungerlo a grandi falcate per schiaffeggiarlo con forza – fregandosene di potergli rompere anche la mascella – lasciandolo imbambolato con la mano sulla guancia e la bocca aperta, aprendo la porta del bagno e dileguandosi senza lasciar traccia.
Se non cinque dita stampate sulla sua faccia.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***



III. - 






Camélie Rosier aveva sempre avuto gusti molto particolari fin da bambina. Giá in tenera etá erano poche le cose che la spaventavano… e fin troppe volte, era come se fosse tutto un´ossimoro.
Viveva di contrari: allevava ragni, giocava con i serpenti e accarezzava i corvi – mentre era infastidita dal cinguettío degli uccelli e la presenza di altri bambini. A cinque anni aveva ucciso un cerbiatto con la magia. E a dieci anni, poco distante dalla sua tenuta in campagnia, erano stati ritrovati i corpi di due Babbani… due bambini, morti di cause sconosciute.
Samuél, in Spagna, aveva incontrato molte donne come lei. Macabre, innamorate della morte – e dopo il primo fuoco che lo aveva quasi bruciato, aveva preferito non rischiare piú, tenendosi alla larga da quei tipi di focolai. Ma gli era stato affidato un compito.
Qualcosa da cui non poteva tirarsi indietro e doveva tenerla d´occhio, cosa che gli risultava anche abbastanza difficile, nonostante fossero dello stesso dormitorio.
<< Cosa leggi? >>
Non era nemmeno bravo con gli approcci. Non lo era mai stato e l´essere stato inserito direttamente al settimo anno era stata una bella sorpresa per tutti; i Serpeverde non ci avevano messo molto a scoprire quello che era successo in Spagna – odiandolo per partito preso – e anche gli altri dormitori non ci erano andati leggeri con la Mcgranitt.
Molti genitori erano venuti a protestare per la sua presenza – ricordando alla Preside che non solo aveva permesso ad una Diurna di essere ammessa ad Hogwarts, ma oltretutto si era abbassata a prendere accordi con il Ministero Spagnolo che si liberava dei suoi scarti, scaricandoli come immondizia nella scuola.
Ma Samuél era molto di piú.
<< Incantesimi Oscuri e come domarli >> rispose Camélie, soddisfatta nel non vederlo indietreggiare o inorridire.
Giá. Samuél Sanches era molto di piú che un semplice ladro cacciato dalla sua stessa gente. O un pidocchio insignificante.
No.
<< Leggero >> sorrise verso la ragazza, ammiccando appena.
Samuél Sanches era un gentiluomo. E per quella sua piccola pecca – quel suo inguaribile difetto – stava rischiando la vita.
<< Mi piace sgomberare la mente prima delle lezioni >>
Sapeva che quella Rosier era una pazza scatenata. Aveva visto dossier interminabili su di lei al Quartier Generale, dove era stato portato a forza quando gli Auror avevano preso sua madre.
<< Non mi sorprenderebbe vederti girare con un gatto nero sulla spalla >>
O a trascinare un cadavere, pensó – tenendoselo peró per sé. E lei gli sorrise, abbassando lo sguardo come se qualosa potesse veramente imbarazzarla.
<< Che ne pensi della gita? >> Samuél cambió discorso, afferrando un pacchetto di sigarette alle rose – particolare invenzione di una certa Parkinson, a quanto aveva capito, che era famosa lí ad Hogwarts per alcuni intrugli magici.
<< Che sará un capolavoro >> sussurró Camélie, con gli occhi accesi di gioia – come una bambina il giorno di Natale. Chiuse il libro dolcemente, accavallando le gambe e guardandolo con le pupille dilatate al massimo.
<< Ah sí? Avete intenzione di divertirvi laggiú? Ma non era un castello vecchio e decrepito pieno di unicorni? >> rise Samuél, ora veramente nervoso. Tiró dalla sigaretta e con la vista annebbiata dai rivoli di fumo Camélie rise.
<< Oh sí. Peccheremo cosí tanto che gli unicorni nemmeno vorranno venirci vicino >> disse, maliziosa, badando appena ai primi che cominciavano ad affollare chiassosi la Sala Comune dei Serpeverde.
Non parlava di sesso, quello era sicuro. Ed era ancora piú sicuro il fatto che quei maledetti Auror della malora avevano ragione da vendere a pensare che sarebbe successo qualcosa durante quella gita. E non erano stati solo gli Indovini del Ministero Inglese ad aver captato qualcosa.
Quelli sapevano qualcosa di piú. E lo stavano mandando verso morte certa.
<< O a te non piace divertirti, Samuél? >> gli chiese, avvicinandosi appena – lenta – mentre lui a stento riusciva a deglutire. Aveva un forte profumo di fiori, come se avesse dormito in un campo di margherite fresche e allora lui spostó il viso per arrivarle ad un passo dal naso. << Penso solo che il nostro concetto della parola "divertirsi" sia un tantino diverso >> sussurró in risposta, soffiandole sulle labbra. In risposta, Camélie, gli leccó appena la mascella.
<< É proprio questo il bello >> disse, ridendo leggera e alzandosi dal divanetto di pelle nera dove quella mattina si era seduta per aspettare l´arrivo di suo fratello – che come tutti giorni l´accompagnava per la colazione. Samuél ricambió lo sguardo duro di Vincent, intento a scendere le scale che portava ai dormitori maschili, seguito da quello svitato di Zabini e Malfoy Junior.
<< Ehi, Samuélito >> rise Joshua, che come tutte le mattine sembrava essersi sniffato pure la cenere dei camini tanto era contento e pimpante.
<< Per curiositá… >> Samuél lo fisso con gli occhi nocciola leggermente socchiusi, veramente curioso quella volta. << Che ti fai? >> Albert Nott, un paio di passi dietro, scoppió in una fragorosa risata – senza riuscire a trattenersi. << Ahah, divertente >> sbuffó Joshua, scuotendo la testa.
<< Di tutto. Ma non mi faccio quello che pensi tu >> continuó, uscendo dal ritratto e sorridendo ad un gruppetto di ragazzine del primo – che ridacchiarono tutte assieme. << Cioé? >> non che Samuél fosse tanto estraneo alle droghe.
Era cresciuto a Madrid ed era Mezzosangue, non era stato rinchiuso come una zoccola in un recinto a undici anni e aveva frequentato persone non proprio raccomandabili per guadagnarsi da vivere. E Zabini, anche se non lo aveva sentito uscire dalla sua bocca, sapeva bene – come ormai tutto il resto di Hogwarts – chi era. Cos´era.
<< Che la tua roba Babbana puó anche essere forte, se sei uno stupido a cui piace stare con la lingua a penzoloni. Ma noi siamo Maghi, miriamo a qualcosa di piú del piacere di rilassarsi o quello dell´eccitazione. Alcune piante magiche hanno una composizione fantastica e sono in grado di regalarti ogni gioia di questo mondo. Dalla felicitá, alla calma, alla creativitá e cosí via.
Ed é tutto magnificamente naturale. A volte un pó aiutato dalla magia, ma niente di cosí dannoso >> disse, come se creare droghe a diciassette anni fosse normale. E non finí nemmeno di pensarlo sfiorandolo appena con le spalle, che Zabini gli rispose, quasi in automatico.
<< Non le creo io. La mia guru é Luna Lovegood. Lei é una grande Alchimista. Ha scoperto tantissime piante e ne ha create altre, cosa da mettersi le mani nei capelli! Io sono in affari coi suoi figli >>
<< Non te l´ho chiesto. >> mormoró Samél, guardandolo stranito, mentre quello lo guardava distratto – come se non avesse nemmeno capito le sue parole. << É uno sballo. Una volta sono andata a casa sua durante l´estate e sai cosa? Ha una serra incredibile. >> continuó Joshua, camminando quasi ad un metro da terra.
<< Domani c´é un Party. >> gli diede man forte Albert, prendendo posto lungo la tavolata dei Serpeverde. Si passó una mano tra i capelli neri, sbadigliando vistosamente.
E ci sarebbero anche riusciti a depistarlo – peccato che Samuél difficilmente non era attento a quello che gli succedeva attorno; dov´era cresciuto lui, se non si era perennemente vigili, si moriva. Specie con quei Mangiamorte – che arruolavano persone come lui per rubare profezie o entrare al Ministero senza essere registrati – cosa che succedeva a qualsiasi Mago registrato entrasse al Ministero dopo la Grande Guerra. E anche durante.
<< É la festa di Weasley. Mi aspetto grandi cose >> disse Nott, allentandosi la cravatta verde-argento. Si versó del caffé nero in una delle tazze sul tavolo, evitando la zona di Zabini, e addentó un toast svogliato. << Anche se ultimamente l´ho visto parecchio spompato >>
<< Parlare da soli é primo sintomo di pazzia, Alby, non te l´hanno mai detto? >> cinguettó Scorpius alle loro spalle, prendendo posto accanto a Joshua con una faccia piuttosto allegra per uno che era stato preso con le mani nel sacco. O nell´erba, nel suo caso.
<< E non chiamarmi cosí, tu >> sbuffó Albert, abbassando lo sguardo sulla tazza quando incontró per sbaglio quello di Syrma – giá seduti a tre posti di distanza da loro, silenziosa.
<< E perché? A me piace >> sbuffó Scorpius, afferrando una generosa porzione di uova strapazzate e versandosele nel piatto. Si leccó pure le dita, mugugnando il suo apprezzamento e Albert sogghignó. Quando era stato con sua sorella aveva imparato a voler bene a Scorpius – apparentemente freddo come tradizione Malfoy voleva, ma gli erano bastati un paio di mesi per conoscere un ragazzino allegro, impulsivo ed estremamente creativo.
<< Da quando non mangi? >> rise – togliendogli dalle mani il bacon. Sí, Albert aveva conosciuto un ragazzo fuori dal comune, come effettivamente era sua sorella. Syrma. La stessa Syrma che aveva adorato, ora lo guardavano come di solito si guardano gli insetti – con gli occhi cosí azzurri da sembrare ghiaccio impenetrabile.
Tossí un paio di volte, cercando di trovare il coraggio di dire quello che stava per dire. << Senti… come sta tua sorella? >> abbassó il tono, avvicinandosi appena, ma Joshua e Samuél riuscirono a sentirlo lo stesso. << Bene. O almeno credo. Non mi parla >> rispose Scorpius, facendo spallucce.
<< E perché? >>
<< Perché si stava facendo uno spinello alla Babbana chiuso nel cesso di Mirtilla Malcontenta insieme a quell´altro mentecatto di Potter >> snoccioló Joshua, guardando poi Scorpius con un sorriso che era tutto un programma.
<< Ti odio. >>
<< Io invece ti voglio bene >> rispose Joshua, soffiandogli un piccolo bacio con le punta delle dita e guadagnandosi l´ennesimo dito medio della giornata. Ed erano solo le nove di mattina! Proprio non riusciva ad immaginare il resto della giornata.
<< E proprio tu avresti fatto la spia? É un po´ ipocrita da parte tua, non credi?>> rise Samuél, quasi soffocandosi con il succo d´arancia. Zabini lo guardó un po´male, in veritá e allora mimó con le mani di cucirsi la bocca e gettare le chiavi.
<< Ecco, bravo, prezzemolino. Sta sul tuo. >> disse, prima di venire interrotto da una figurina davvero interessante. Grace Parkinson valeggió tra di loro con il suo solito sorriso tranquillo, balzando leggera sulla panca per accomodarsi tra le gambe di Joshua – ora compiaciuto.
<< Guarda chi riesco a vedere dopo giorni di assoluta noia >> rise Grace, allegra, scuotendo i capelli castani e ondulati. Alcune sfumature caramello catturavano il sole timido di quella mattina – mentre lei si sistemava meglio su di lui.
<< Giusto in tempo per la grande giornata! >> continuó, ammiccando poi verso Samuél – arrossito per la gonna diventata esageratamente corta in quella posizione.
<< Ciao, dolcezza. Quale buon vento ti porta da queste parti? >> disse Joshua, facendole brillare gli occhi. E che occhi. Non che fossero belli – ma sicuramente rari. La sua Midriasi ormai era patologica e se era un peccato per gli abbagliamenti, era interessante come nessuno riuscisse a capire di che colore fossero i suoi occhi. La pupilla aveva inghiottito l´iride e Grace sembrava appena uscita da un covo di Demoni.
<< Il tuo bel faccino >> sussurró la Parkinson, avvicinandosi cosí tanto da sfiorargli di poco la bocca. Joshua sorrise e Albert fischió, mettendosi le dita in bocca.
<< Sei diventato un Babbano, per caso? O sei ad una partita di Quidditch? >> sbottó Syrma – chiudendo con un tonfo il tomo di Pozioni che stava leggendo. << Cinque punti in meno a Serpeverde! >> continuó poi, facendo cadere la mascella ai primini.
<< Aggressiva come sempre. Cosí mi piaci, dolcezza! >> disse Grance, sbattendo gli occhioni.
<< Tieni le tue grinfie lontano da Zabini, Parkinson, ti conviene. >> disse Syrma, senza aggiungere altro, afferrando la sua borsa a tracolla e lasciando il tavolo – con una leggera minaccia nell´aria.
<< Ora che miss Perfezione é andata a fare in culo, ritorniamo al motivo per cui sono quí. >>
Per essere stata cresciuta da una donna che nella sua vita non aveva fatto altro che acalappiare uomini ricchi e Purosangue, Grace aveva una versione distorta di perfezione. Termine che sua madre cercava sempre di volerle affibbiare, senza riuscirci… perché allo stesso tempo l´atterrava con le sue critiche.
<< Parli di Weasley? Non dirmi che ti ha chiesto di movimentare la sua festa! >> si eccitó Albert, interessato alla faccenda.
I Party erano la sua specialitá e raramente i ragazzi di tutte le case del settimo riuscivano a riunirsi tutti assieme senza creare un casino enorme. Con espulsione a seguito. << No. Lysander non vuole correre il rischio e Lorcan gli dá corda, come sempre. Poi Weasley é dall´estate scorsa che ne vuole sapere niente, ancora deve andargli giú quello che é successo a Thomas. >> disse Grance, gelida, serrando le mascelle squadrate.
<< Chi é Thomas? >> domandó Samuél, curioso, incontrando solo sguardi bassi – tranne quello della Parkinson, che non esprimeva nessun´emozione, se non il fastidio. << Un idiota che ci stava mandando tutti nella merda, ecco chi. Ora, se voi signori vogliate scusarmi, ho alcune cose da fare prima dell´inizio delle lezioni; volevo solo dirvi che la festa questa sera é nella Stanza delle Necessitá, ma Sammy ha trovato un incantesimo che permette di usare una parola d´ordine per entrare. Cosí dovremmo stare al sicuro >> disse, allargando le gambe per scavalcare di nuovo Zabini e andandosene cosí com´era venuta. Con la bocca di Samuél che quasi toccava terra.
<< Ti piace Grace? >> Albert gli assestó due belle gomitate nelle costole, facendogli quasi sputare un polmone e Samuél tossí.
<< Chi cazzo é Thomas? >> domandó nuovamente, caparbio, facendo roteare gli occhi a Joshua.
<< Uno degli amici di James. É morto l´anno scorso. >> disse allora Scorpius, guardando dritto davanti a sé.
<< Era una persona a posto, ma non conosceva i suoi limiti. Un bel giorno si é sparato una bella dose d´oppio insieme all´anfetamina nel caffé. Era uno… uno degli esperimenti degli Scamander, la pianta era di Luna e sono successi un bel po´di casini. Luna ha dovuto chiudere per un paio di mesi le sue serre sotto ordine del Ministero della Magia. >> la voce di Scorpius era lenta – modulata, senza una sola increspatura ad incrinarne il tono.
<< Fu un bel cazzo di casino. É stato Sammy Paciock a trovarlo, in overdose, e non fu una bella scena per niente; James fece il diavolo a quattro e vennero perquisiti tutti i Dormitori. La Mcgranitt era furiosa. Non si era mai, mai sentita una cosa del genere quí ad Hogwarts. E aveva ragione.
Per questo i genitori hanno scatenato un casino… per loro sono stati i figli di Babbani a portare questo scompiglio a Hogwarts >> disse Albert, scuro in volto. Suo padre era stato uno di quelli che avevano protestato a voce alta e aveva rischiato grosso di non essere mandato a scuola, quell´anno.
<< Giá. E quella ha anche il coraggio di incolpare Lewis della merda che fanno circolare per i dormitori. >> si intromise Ethan Corner, che con la sua divisa Corvonero era alle loro spalle insieme ad Albus.
<< Thomas ha rubato dal comodino la fiala di Grece. O forse avete dimenticato che se la scopava solo per procurarsi qualcosa che lo eccitasse per il prossimo party o le gare sulle scope? Beh, io non dimentico. Lewis era giá morto. Non riusciva a trovare un equilibrio con se stesso e cercava di farlo con la droga… e non é cosí che funziona.
Quando la droga parla per te, allora… che sia magica o Babbana, significa che non funziona. E che sei cosí fottutamente disgustato da te stesso da soffocarti, cercando di cambiare personalitá. >> Joshua li fulminó con lo sguardo e con le parole, ora quasi incredulo. Lewis Thomas non era stato di certo un Santo. E non era morto da eroe. Era quella la veritá. Era stato cosí debole da farsi completamente sotterrare dai suoi vizi e dal suo desiderio di avere sempre di piú.
<<
 Ha ragione lui. Io non conoscevo questo tizio e mi dispiace, davvero, ma quando il mondo ti soffoca cosí tanto che hai bisogno di silenziarlo cosí… non sopravvivi a lungo  >> disse Samuél, afferrando le sue cose e alzandosi.
<< E ora muovete il culo tutti quanti che abbiamo Pozioni >>


La lezione quel giorno inizió giá male a dirla tutta. Dopo la morte di Lumacorno, avvenuta solo da pochi anni – pace all´anima sua – ,il suo posto era stato preso da un silenzioso Auror Italiano. Era uno dei migliori Alchimisti da decenni, aveva detto la Mcgranitt anni prima. E anche se sembrava molto giovane per i suoi quarant´anni, era davvero cosí.
Le sue lezioni erano appassionanti ed entusiasmavano; peccato che Lorenzo Calcagna non fosse cosí socievole come sembrava. Era un vero torturatore. Un sadico. E James, piú di una volta, si era ritrovato a pulire la dispensa della scuola perché a lui quel giorno cosí giravano. Un tiranno avrebbe causato meno scontento trag li studenti, ma almeno le ragazze potevano rifarsi gli occhi.
<< Oggi faremo un test a sorpresa >> esordí non appena entró in classe, con il suo leggero accento e il solito sorriso che presagiva guai.
<< Cosa?! >> la voce di una quindicina di studenti protestó all´unisono e a tono alto, causando cosí tanto scompiglio che constrinsero il professore ad urlare << Silencio! >> per zittire tutti quanti. La classe cadde nuovamente nel silenzio e i ragazzi si toccarono la gola, sconvolti. << Il prossimo che osa anche solo pronunciare una parola, si ritroverá sul treno di ritorno prima ancora di aprir bocca >> sibiló, abbassando la bacchetta.
<< Ora… >> e con un gesto della mano diede loro di nuovo la voce << ritorniamo a noi >> continuó, senza se e senza ma.
Si appoggió contro la cattedra, con il mantello che gli pendeva appena dalla spalla e il dolcevita nero morbido sul corpo asciutto e snello. << I migliori che saranno in grado di riprodurre esattamente la pozione dell´empatia, potranno considerarsi promossi per il primo timestre. E non fatevi ingannare dal nome, perché non é facile come sembra >> mormoró, facendo cadere con un colpo di bacchetta il velo nero dalla lavagna e mostrando cosí una serie di ingredienti scritti col gessetto.
<< Questa pozione ha pochi ingredienti, ma la fiamma del vostro calderone – i giri esatti orari e antiorari e il modo in cui sminuzzate il tutto puó cambiare in positivo o negativo ció che stiamo andando a preparare >> continuó, catalizzando l´attenzione dei ragazzi su di sé. Soddisfatto, incroció le braccia al petto.
<< Chi conosce gli effetti di questa pozione? >> domandó poi, gli occhi azzurri ora vivi, quasi accesi anche solo nel pensare a quella affascinante materia che altri non era Pozioni. Sammy Paciock, insieme ad Abby Finnegann e Syrma Malfoy, scattó con la mano in alto e il professore – con un cenno del mento – gli diede il permesso di parlare.
<< La pozione dell´empatia permette a chi la beve di poter, per circa un´ora, leggere nella mente di chi lo sfiora. Piú o meno come gli empatici magici – ma in forma piú leggera e non sempre precisa >> snoccioló, preparato come sempre, aggiustandosi gli occhiali tondi sul naso alla ponderosa e orgogliosa manata di James dietro le spalle.
<< Esatto! Nel 1900, una strega bevve questa pozione per scoprire i tradimenti di suo marito…il risultato fu disastroso. Sentí i suoi pensieri ad intermittenza e riuscí a capire – chissá come – solo che lui volesse ucciderla. E finí per ucciderlo lei >> raccontó Lorenzo, l´unico divertito da quella che doveva essere una storiella spassosa, ma che invece aveva tutta l´aria di essere un Horror.
<< Bene… con questo, avete due ore per preparare questa magnifica lezione e il piú bravo – oltre ad assicurarsi il primo trimestre, come vi ho anticipato – potrá averne una boccetta >> e con quell´incentivo in piú diede il via, scatenando un pandemonio.
Gli studenti si accalcarono per prendere gli ingredienti dal grosso armadio ai lati della stanza, per poi disporsi a due a due cominciando a lavorare frenetici. Syrma era seduta con Zabini, che come sempre parlava a vanvera. E parlava, parlava, gesticolando.
Lei, poi, concentrata com´era a stento gli prestava attenzione finché non arrivó a parlare della festa. << … dicono che sará una bomba >>
Syrma aggiunse la lavanda alla sua pozione, minuziosamente tritata a dovere, e la versó nel calderone – aumentando con un colpo di bacchetta la fiamma. << E tu ci andrai? >> domandó, senza nemmeno guardarlo in faccia.
Giró in senso orario due volte – buttandoci dentro una forma di Malachite, diluita giá prima.
<< Sí. Tu hai intenzione di onorarmi della tua presenza? >>
Syrma guardó alla sua destra e un sorrisetto un pó malsano le comparí sulle labbra piene – divertita. << Forse. >> mormoró – aggiungendo del reagente altico. Abbassó di una tacca la fiamma del calderone, sentendo su di sé gli occhi di Joshua.
<< Questa storia non mi piace per niente. Lui ti fará male. E anche le pillole, cominciano a diventare pericolose >> rispose il ragazzo di colore, impegnandosi giusto quel poco che gli avrebbe evitato un bel Troll in pagella.
<< Smettila di fare cosí. Lo sai che mi innervosisci >> sibiló Syrma, fulminandolo e sbattendo con un pó troppa forza il suo coltellino sul tavolo di ferro battuto messo a regola d´arte accanto al calderone. << Fare cosa? >> cinguettó Joshua angelico, sbattendo le lunga ciglia e provocandole l´orticaria.
<< Il coglione che sei, amore mio >> Zabini rise.
Poteva quasi considerarsi lusingato dal linguaggio forbito della Malfoy – perché lui e suo fratello erano gli unici a cui riservasse cosí tanta attenzione. Cosí tanti sentimenti da poterli esternare. Perché lei era stata cosí fin da bambina, era quella la veritá, e lui – con quel dono che tanto aveva odiato – era il solo che conosceva tutti i suoi segreti, le sue ragioni – e i perché.
<< Syrma… quello che stai facendo non é giusto. Tu non hai bisogno di dimostrare niente a nessuno e dovresti parlare con tuo padre… e dirgli quello che succede quando torni a casa. >> sussurró, mortalmente serio, provocandole un piccolo sussulto di sorpresa per aver tirato fuori l´argomento.
Il professore, che aveva cominciato a girare per i banchi, giró la testa nella loro direzione.
<< Che stai dicendo? Chiudi quella bocca! >> sibiló, furiosa, accigliandosi in presenza di cosí tante persone.
<< Sto dicendo che sei umana, cazzo! >> la voce di Joshua ora si alzó di un ottava e la faccia di Syrma divenne dura come la pietra. I suoi occhi – dalla leggera forma a mandorla – si assottigliarono cosí tanto che se avessero potuto uccidere… beh, Zabini sarebbe morto di sicuro.
<< Che succede quí? >> La voce del professore di Pozioni non placarono l´animo umanitario e coraggioso di Zabini, che fece spallucce.
<< Nulla. A Zabini oggi piace parlare >> disse Syrma – attirando l´attenzione della classe, che finse di ritornare ai fatti suoi quando Lorenzo li fulminó ad uno ad uno. << Di che cosa state parlando? >> ora era chino su di loro e non ammetteva scuse. Il tono di voce era basso, ma deciso.
<< Ci sono problemi a casa? >> questa volta si rivolse a Syrma, confermando di aver sentito le parole di quel cretino ed esortando il loro silenzio di tomba. La puntava come una preda, ma Joshua sapeva giá che non avrebbe parlato nemmeno sotto tortura.
<< No. >> rispose infatti, strappandogli un gemito di esasperazione.
<< Zabini? >> Joshua era cresciuto insieme a lei. I loro papá erano molto uniti – e piú di una volta gli avevano raccontato di aver passato il post Guerra insieme, in Italia, e che quello li aveva riavvicinati molto. Vacanze estive, Natale e co. erano una delle tante occasioni, senza contare compleanni e cene di lavoro; la sua empatia gli aveva permesso di leggere ogni pensiero della Malfoy… anche se lei – crescendo – aveva cercando di imparare l´Occlumanzia, era completamente inutile contro di lui. O contro gli empatici in generale.
<< Non lo so. >> disse, senza peró ricambiare lo sguardo del professore.
Erano anni che manteneva quel segreto, perché Syrma gli aveva ripetuto all´infinito che non erano affari suoi, ma guardarla ora… al settimo anno, con e pillole e poi quella cosa che aveva in mente… La stava mandando a morte certa.
<< Ritorneremo sull´argomento una volta finite le lezioni. Ora concentratevi! >> sbottó allora Lorenzo, mettendosi finalmente dritto. E Joshua, anche senza toccarlo per usare il suo potere, capí che non avrebbe mollato l´osso facilmente.
<< Questa me la paghi >> gli disse a bassa voce, per poi incrociare le braccia al petto e mettersi al suo posto a lavorare silenziosa.

Quasi due ore dopo, tra il mescolio dei mestoli e l´abbassare e alzare la fiamma a seconda del tempo prestabilito – l´odore e i vapori dei calderoni erano asfissianti, ma altrettanto dolci. Syrma aveva deciso che per quella mattinata ne aveva avuto abbastanza di Joshua, cosa frequente dato la sua fastidiosa predisposizione nell´infilarsi nella testa delle persone.
Adorava pozioni. Erano gli unici momenti che riusciva a dimenticare l´esterno e a concentrarsi – dimenticando i problemi. Le capitava sempre quando studiava ed era anche quello il motivo per cui si ammazzava di lavoro, trovando sempre qualcosa da fare.
<< Verrai lo stesso alla festa? >>
La rosa canina era l´ultimo ingrediente e Syrma lo aggiunse – soddisfatto del colore rosa pallido che assunse la sua pozione. << Sí. Carl fa rifornimento e a me servono le pillole >> disse, senza sbilanciarsi, stando bene attenta a tenere le distanze.
<< Ma anche la vostra pozione é viola? >> Samuél si sporse alle loro spalle, abbastanza preoccupato e Joshua si trattenne dallo scoppiargli in faccia quando vide la melma nel calderone.
<< No, Samuélito >> rise, allegro, chiedendosi dove si fosse nascosto fino a quel momento.
<< Non che la tua sia migliore, Josh, o sbaglio? >> sogghignó Syrma. Ed effettivamente, quel rosa schocking non era proprio come doveva essere.
<< Non sbagli >> La faccia di Lorenzo era tutto un programma: quasi si impietosí quando vide il pastrocchio che avevano combinato. << Lo sapete, vero, che il tempo é quasi scaduto? >> I ragazzi inghiottirono a vuoto.
<< Dovrei farvela bere per farvi capire lo scempio che avete combinato >> continuó, con voce sibilante, senza preoccuparsi di dimostrare il suo disgusto. << E voi sareste del settimo anno? >> si rimise dritto, scuotendo la testa. E se Samuél abbassó la testa, quasi in colpa, Joshua fece spallucce – conoscendo le sue abilitá nelle altre materie e senza preoccuparsi eccessivamente.
<< Giá, Zabini… continua cosí e non ci sará nessun professore a salvarti quest´anno. Gli esami saranno sostenuti da esperti esterni e io non ho intenzione di fare brutta figura. Ci siamo intesi? >> e questa volta si rivolse a tutta la classe, che non rispose.
<< Io pretendo il massimo dai miei studenti. Non m´importa chi siate o cosa vogliate dalla vita, ma dalla mia classe non usciranno asini incapace anche solo di preparare un the. >> sbottó, voltandosi e raggiungendo la cattedra, arrabbiato per quella mancanza di impegno a fine quadrimestre.
<< Ora fermi. Il tempo é scaduto. Prendete una fialetta della pozione e pulite i calderoni. Lunedí avrete i risultati del test >> li congedó, freddo, e gli studenti non se lo fecero ripetere due volte.
Syrma fu cosí veloce a lasciare la classe che James la fissó tutto il tempo, stranito, ma non cercó di avvicinarla. Aveva gli occhi di Abby puntati alla schiena come due bacchette scintillanti e l´ultima cosa che voleva era litigare con lei. O con Nally – che per qualche assurdo motivo aveva deciso di prenderlo a schiaffi.
Voleva solo risolvere tutto e fu proprio per quel motivo che, una volta consegnata la fiala, si affrettó a raggiungere Abby, intenta ad uscire dall´aula.
<< Possiamo parlare? >> l´afferró per un braccio, al volo, costringendola a voltarsi. Il suo profumo, come sempre, lo avvolse e James si lasció cullare quella volta… attirandola un pó verso di sé.
<< Cosa c´é? >>
James le accarezzó una guancia, sospirando. << Mi dispiace. Non dovevo parlarti in quel modo. >> sussurró, veramente pentito. Non sapeva cosa gli fosse preso e non era stato giusto rivolgersi cosí.
Il suo tocco delicato sembró fare effetto, perché Abby si rilassó impercettibilmente.
<< No, infatti >> rispose – con voce contrariata – fissandolo coi suoi occhi grandi e neri. Come due tunnel. Non riusciva mai a vedere la fine.
<< Andiamo insieme alla festa? >> le domandó, sporgendo leggermente le labbra verso l´alto in uno di quei suoi sorrisetti. Ed Abby abboccó, perché gli diede una spinta – ridendo.
<< Avevi dubbi? >>
No… da quando erano insieme, James non aveva mai avuto dubbi. Avevano superato parecchi ostacoli – e anche se in quel momento una voce nella sua testa sembrava andare controcorrente – era sicuro che ce l´avrebbero fatta anche quella volta.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV






Syrma Malfoy, al contrario di quello che si poteva pensare, non era mai stata una persona che amava ostentare. O esagerare. E anche se tutto ció che indossava era stato scelto e abbinato a regola d´arte, non era mai uscita fuori dai binari. Mai. E anche se qualche volta la tentazione era stata forte, non era mai riuscita ad andare oltre senza sentirsi ridicola.
<< Ma non hai qualcosa di colorato? >>
<< Mi dici chi ti ha invitato? >> Con occhi obliqui guardó Joshua Zabini spaparanzato sul suo letto – posizionato accanto al camino dalle fiamme verdi, mentre gli altri quattro erano disposti a cerchio. << Io da solo. >> sbuffó Josh, facendo spallucce, mentre guardava la sua figura avvolta da un sobrio tubino nero come se indossasse uno straccetto.
<< Beh, puoi anche andartene. Non ho bisogno della balia per vestirmi.
E soprattutto non ti ho ancora perdonato per quello che hai fatto. >> disse, ancora arrabbiata per il tiro basso che le aveva giocato. Alton Cribble rise, uscendo dal bagno sulla sinistra. << A me non dispiace la sua presenza >> cinguettó – valeggiando nel suo metro e ottanta per settanta e passa chili. Quel giorno portava i capelli ricci e vaporosi sciolti sulle spalle e un pantalone nero con camicia verde a completare l´armadio che era.
<< Grazie, almeno qualcuno mi apprezza. >> borbottó Joshua, mentre ad Alton brillavano gli occhi castani anche solo per il fatto che le rivolgesse la parola. Gli mandó un bacio volante prima di focalizzarsi su Syrma.
<< Guarda che il Weasley morto é un altro >> disse, gentile come sempre, ricordando ogni tanto che il gene maligno e stupido in lei esisteva. Anche se in quei casi era preferibile che stesse zitta. << Il tuo black humor non si smentisce mai, devo dire >>
Quello era uno dei tanti motivi per cui Syrma non aveva amici. Di serpi in seno ne aveva fin troppe… non aveva bisogno di aggiungerne altre – specie se si trattava di vecchie conoscenze, e abitudini, che erano dure a morire.
<< Ho trovato qualcosa di veramente fico! Ehi, tu, elfetto, che ne pensi di questo? >> Joshua si era messo a frugare nel suo baule ai piedi del letto e aveva tirato fuori un vestito rosso – cosí acceso che Syrma si chiese come ci fosse finito tra le sue cose. Oltre al bianco e al nero, il suo colore base era il beige, quindi quel capo le era totalmente estraneo.
<< E quello da dove viene fuori? >> mormoró, raggiungendo l´amico e strappandoglielo dalle mani – zittendolo con un gesto stizzito della mano quando quello cercó di protestare.
<< Questa é la cosa meno importante, ora. La festa é iniziata esattamente due ore fa e va bene arrivare in ritardo, ma cosí mi sembra un po´troppo. Sono ancora lucido alle unidici e mezza! >> Josh sbatté i piedi a terra, come un bambino capriccioso, incrociando le braccia al petto nel suo completo nero.
Effettivamente – con quel dolcevita panna e la giacca e i jeans neri, faceva la sua porca figura. << Se riesci a rimanerlo per un altro paio di ore vedrai che stasera riuscirai anche a scopare, elfetto. >> sogghignó, mentre lui la fucilava con lo sguardo.
<< Mettiti questo cazzo di vestito e andiamocene o ti lascio quí >> sbottó, uscendo dalla stanza e sbattendosi pure la porta alle spalle.
Syrma rise. Forse, ma proprio forse, Josh era un po´suscettibile sull´argomento. Forse.
La Serpeverde guardó il biglietto che era caduto sul letto quando Joshua aveva preso il vestito. Era di suo padre. Era stato lui a metterle quel vestito nel baule.
"Alla mia principessa e all´arcobaleno che porta con sé quando entra in una stanza.
Brilla.
Ti voglio bene, papá
"
Sorrise, addolcita. A volte… a volte non riusciva a capire come potesse suo padre essere lo stesso ragazzino egoista che aveva quasi ucciso il preside della scuola ed Harry Potter e i suoi amici. Quell´uomo… quell´uomo che l´aveva portata sul palmo della mano, non poteva aver commesso alcun crimine. Lui, che l´aveva protetta persino da suo padre stesso e chiunque osasse dirle qualcosa che non gli piaceva.
Lo stesso uomo che avrebbe dato la vita per lei e suo fratello, era andato contro la guerra. Con la guerra. E quel cognome che cercavano di portare in alto, era per sempre macchiato di sangue. E innocenza. Quella che lui non aveva.
Indossó il vestito cercando di non pensarci, cercando di allacciarlo da sola dietro la schiena. Le arrivava appena sopra le ginocchia ed era cosí stretto che se non avesse perso l´appettito negli ultimi tempi, sicuramente avrebbe dovuto trattenere il respiro.
Li conosceva i gusti di suo padre. Fin da piccola aveva sempre cercato di comprarla cosí – con le cose belle e costose – come a volersi comprare un affetto che non meritava. Ma non era vero. Syrma aveva amato Draco Malfoy dal primo giorno in cui era venuta al mondo e lui l´aveva presa tra le braccia, lasciando che i loro occhi si incontrassero, finalmente; era sempre stato cosí, tra loro. Anche se alcuni odiassero che fosse proprio lei la primogenita. Una femmina. Una piccola stella delicata, a seconda di suo padre, che andava protetta. Ed effettivamente lui non sapeva cosa succedeva sotto il suo stesso tetto, da quando aveva undici anni. Ma non amava pensarci. Non voleva pensarci. Perché si sentiva morire al pensiero che suo padre potesse vederla per quello che era.
Una femmina senza valori – senza poteri e voleri – incapace di reagire. Una Malfoy, sottomessa. Impaurita. E non piú una bambina… qualcuno di puro da poter amare. O anche solo voler bene.
<< Pronta? >> Joshua aprí di scatto la porta, pragmatico come sempre, strappandola dalle sue angosce – esprimendo poi il suo apprezzamento con un lungo fischio. << Se non sapessi che mordi, dolcezza, ci avrei provato di brutto stasera >> disse, con una mano sul cuore, mimando un infarto.
Lo scollo a cuore le pronunciava il seno prosperoso e i sandali dal tacco dodici erano la cornice di un quadro a dir poco perfetto. Il suo essere perennemente in iperattivitá dava i suoi frutti con quei vestiti e il rosso le stava a meraviglia su quella pelle di porcellana.
<< Mordo e sono anche velenosa! >> rise Syrma, afferrando la borsetta nera dal baule ai suoi piedi e raggiungendolo a grandi falcate. I capelli biondissimi erano sciolti lungo la schiena, con le punte leggermente arricciate, mentre le labbra piene erano rosse e lucide – tutte da baciare.
<< Non ti ho mai vista con l´eyeliner >> disse, avvicinandosi quel poco per innamorarsi – come sempre – dei suoi occhi.
<< Ti sta bene >> Syrma sorrise, prendendolo per mano.
<< Grazie, ma é carbone >> sussurró, baciandolo di volata sulla guancia.

La Sala Comune dei Serpeverde era semi- vuota, tranne per qualche solitario studente del quinto o qualcuno che cercava di imbucarsi alla festa. Syrma giá sapeva che Vincent e Camélie non si sarebbero mai fatti vedere ad una festa di un Babbinofilo come Weasley e sperava con tutto il cuore che Nott seguisse il loro esempio.
<< Nott, come lo chiami tu, si é giá avviato con lo spagnolo >> disse Joshua, guardandola di striscio, ricordandole perché fino a dieci minuti prima ce l´avesse con lui. << Santissimo Merlino, ma riesci a starmi fuori dalla testa per almeno stasera? >> sbottó, allontanandosi di scatto.
Uscirono dal ritratto senza che lui proferisse parola – cercando di fare meno rumore possibile. Indossarono entrambi un paio di occhiali da sole, proseguendo senza l´aiuto della bacchetta. In realtá, quegli occhiali, erano stati creati proprio dai Tiri Vispi Weasley e permettevano a chi li indossasse di vedere al buio – non dovendo cosí attirare l´attenzione con un Lumos. << Mi dispiace. Non posso farci nulla. Quando ti tocco tu mi entri in testa e io non posso non sentire >> bisbiglió Josh al buio.
Si sentí una merda. Era vero. Non ci poteva fare niente. Era nato cosí. E arrabbiarsi con lui per il meraviglioso dono che aveva era da stupidi; , era una stupida a disprezzare quello che molti altri invece ritenevano una vera e propria raritá.
<< Il Ministero ha piú indagato? >> gli domandó, tossendo appena per schiarirsi la voce.
<< La Mcgranitt é molto brava a farsi valere e finché io saró quí ad Hogwarts non mi succederá nulla >> rispose Joshua – bloccandosi dopo una decina di minuti che avevano camminato a passo svelto.
<< Ora… mi raccomando. Questa sera sará nostra >> disse, togliendosi gli occhiali e guardandola con un paio di iridi bluastre – che come due zaffiri brillavano al buio. << Perché Weasley é il nostro re! >> cinguettó, passando tre volte davanti ad un muro apparentemente vuoto. Syrma lo guardó tra il disgustato e lo strano, scuotendo la testa per tutto quel egocentrismo concentrato in una sola persona con i capelli rossi.
<< A quello se non lo ammazza nessuno, lo uccido io prima o poi >> borbottó, prima che Joshua l´afferrasse per un braccio sottile e la catapultasse nella Stanza delle Necessitá – ora finalmente viva in tutto il suo splendore. Era affollata. E rumorosa. Palloncini rosso e oro erano appesi ad ogni dove e se un paio di scalini scendevano, portando direttamente in una pista da ballo, ai lati della sala erano stati allestiti lunghi banconi con bevande e stuzzichini.
In fondo, su un padio, c´era un privé con le casse sparate dietro che era riservato al festeggiato e i suoi amici. << Devo dire che questa volta i Grifondoro si sono superati >> le urló Joshua all´orecchio, mentre lei annuiva distratta. Riconobbe un gruppetto folto di Corvonero, alcuni dispersi Tassorosso – mentre i suoi compagni Serpeverde, i pochi che avevano deciso di avventurarsi, erano giá sugli alcolici.
<< Mi sa che c´é quasi tutta la casa Grifondoro! >> urló una voce alla loro sinistra e Syrma si allontanó giusto di un paio di centimetri da Samuél, che le era apparso alle spalle con Albert al seguito. Comunque aveva ragione. Syrma aveva visto qualcuno del sesto ballare sulla pista e quello significava che qualcuno non era riuscito a tenersi il Passaparola per sé.
<< Da quello che ho sentito prima, é stato Paciock. Si é scritto la parola d´ordine su un foglietto e l´ha perso nella Sala Comune. Sfigato. >> rise Albert, cercando di intromettersi in quella specie di gruppetto che si era formato a pochi metri dalla pista.
I ragazzi lo guardarono in contemporanea, impietositi, e Syrma ci aggiunse anche un po´di disgusto, che non guastava mai. << Il solito cretino >> sbottó, facendo in modo che la sentisse, dandogli poi le spalle e raggiungendo il tavolo degli alcolci con la sua solita falcata elegante.
<< Ha due gambe… >> sospiró Samuél, con gli occhi a cuoricino, mentre Joshua lo colpiva con una ponderosa manata sulla spalla.
<< Giá. Ma smettila di sbavare, cominci a bagnare il pavimento >> rise, spingendolo poi proprio dietro la Serpeverde.
<< Questa sera voglio divertirmi, quindi… >> urló Zabini, afferrando una bottiglia di Jack Stregato e un paio di bicchieri. Distribuí il tutto, molto generoso quando si trattava di alcool e stupefacenti, e si scoló il suo tutto d´un fiato – senza nemmeno provare a fare un brindisi. << E allora? >> disse poi, versandosi un altro bicchiere. << Cosa state aspettando? >>
Al secondo giro bevuto cosí, Syrma decise di allontanarsi da quella cattivissima compagnia – ridacchiando come una svitata; con le stelline negli occhi si accorse che alla fine di quel lungo tavolo, la stanza era stata disillusa, quindi una grande finestra mostrava un immenso cielo stellato.
Syrma si appoggió contro il muro, sfilando dalla sua borsetta una sigaretta alle rose, la sua preferita. L´accese con la punta della bacchetta, ignorando Fred Weasley, che a due metri di distanza la fissava con il suo sorriso da ebete.
<< Nemmeno a regalartela, Weasley >> disse, quando lui la raggiunse ciondolando. Fred si mise una mano sul cuore – con faccia sofferente – mentre lei scuoteva la testa, divertita.
<< Cosí mi spezzi il cuore, principessa! >> Era sempre stato quello il suo soprannome. Principessa. E a casa, in presenza di suo padre, era cosí. Poi era entrata ad Hogwarts e quel nomignolo che aveva sempre adorato, era diventato il suo marchio. La sua condanna. La principessina Malfoy. Mantenuta di papino. Raccomandata. Falsa. Figlia di Mangiamorte. Codarda. Infame. Malfoy.
<< Cosa vuoi? >> gli disse, aspirando cosí forte dalla sua sigaretta che quasi la consumó – ciccando sul pavimento.
<< Solo dirti che sei uno schianto, oggi >> Syrma sogghignó, accettando di buon grado quando lui le offrí il suo bicchiere.
<< Cercavo Baston >> ora le luci la illuminavano ad intermittenza, mentre la musica diventava sempre piú martellante.
<< Continui a spezzarmi il cuore >> rise Fred, mettendosi le mani in tasca e rubandole la sigaretta dalle labbra carnose. Tiró prima di spegnerla sotto le scarpe da ginnastica, indicandogli poi il privé. << E lí. E sarebbe un´onore averti al mio tavolo, principessa >> disse, facendole il baciamano e strappandole un piccolo sorriso.
<< Auguri, Weasley. E grazie >> Si accorse di non passare inosservata con quel vestito rosso mentre raggiungeva il Privé, ma cercó di restare concentrata sul suo obiettivo. E James Potter alle sue spalle
<< Non posso crederci >>
Abby Finnegann la guardó arrivare con gli occhi infiammati – incredula. Si strinse ancora di piú a James, quasi a marcare il territorio, ma lei si fermó davanti a Carl, intento a scolarsi una bottiglia di Vodka Babbana.
<< Che ci fa lei quí? >> James fece spallucce, senza ribattere.
<< Non ne ho idea >> rispose, rollandosi una delle sue canne. Lunar. Si chiamava cosí, ed era veramente spaziale! Una cosa pazzesca – che rilassava il sistema nervoso senza collassare eccessivamente le terminazioni.
<< Io non la voglio tra i piedi! >> Abby sbatté i piedi per terra come una bambina capricciosa, stringendo i pugni. Era fasciata da un vestitino di seta blu, stretto, con le spalline sottili che le solcavano le spalle sottili.
<< Non posso cacciare la gente dalla festa, Ab! >> sbuffó James, accendendosi la sua tanto sospirata canna senza darle troppa corda. Fece un cenno a Tom Smith, uno dei suoi cercatori, che si sedette sui divanetti proprio insieme a loro. Carl e la Malfoy erano all´inpiedi del tavolino basso, di vetro, sommerso da bicchieri e bottiglie. E se Abby non le toglieva gli occhi di dosso, lei sembrava cosí presa da Baston che non prestava attenzione a nient´altro.
<< Sbaglio o é la prima volta che la Malfoy si fa vedere ad una festa? >> rise Tom, identico e preciso a suo padre – Zacharia Smith – con il suo naso sporgente e la faccia leggermente da topo. << Non sbagli. >> disse Abby, fredda come il ghiaccio, e James roteó gli occhi, cercando di mantenere la calma, fissandosi sulla figura di quei due – intenti a confabulare a bassa voce.
Il rosso le donava tantissimo. Glielo concedeva. Ed era stata una stronzata la storia che non avrebbe eccitato nemmeno un prigioniero di Azkaban di prigionia; quella… quella era la tipica ragazza della porta accanto, con gli occhioni azzurri e i capelli biondi – e tanto di aureola.
E con quel culo…
<< Balliamo! >> appena cambiarono canzone Abby lo prese per mano, costringendolo ad alzarsi per allacciargli le braccia dietro al collo. Ma i suoi occhi, oltre al culo favoloso della Malfoy, avevano visto anche qualcos´altro.
Aveva preso qualcosa da Carl. Si erano passati qualcosa, mentre lei muoveva i fianchi lentamente – a ritmo di musica – con i capelli che le sfioravano la schiena nuda.
<< Cazzo… >> sibiló, buttandosi Abby contro per non farsi notare, in piena fase rem con quella roba che ancora stava fumando. Syrma si era infilata qualcosa nelle coppette del reggiseno e aveva fatto ciao-ciao con la manina a Carl, che stava praticamente sbavando su tutto il pavimento, mezza brilla.
Cazzo

Dopo mezz´ora, James si ritrovó a girare come un´anima in pena per la festa, cercando di riprendere coscienza di sé – abbastanza almeno da capire ció che stava succedendo. Non era riuscito a scrollarsi Abby da dosso nemmeno quando le aveva quasi vomitato addosso tutta la Vodka che si era scolato, ma dopo l´ennesimo conato gli aveva concesso di andare al bagno senza la sua presenza.
E non era una scusa, stava veramente di schifo, ma c´era ancora una volta una piccola vocina fastidiosa che gli martellava nella testa. E tra il sudore, i corpi accalcati e la musica assordante, James era davvero in trip.
La testa gli girava e a stento si rese conto delle due ragazze che si baciavano alla sua destra – mentre i suoi occhi cercavano di focalizzarsi su una chioma bionda e un vestito rosso. Syrma.
Dove Merlino si era cacciata?
Sentí qualcuno spruzzarlo con dello Champagne Follettiano, ma la sua testa si bloccó davanti a lui, a pochi metri di distanza, dove il corpo di Nott copriva quello piccolo di un´altra persona. Le luci ad intermittenza lo confondevano – cercavano di tirarlo giú insieme alla droga, in pieno circolo.
I capelli si inzupparono sotto il getto dell´alcool, ma non si mosse. Rimase immobile. Le due ragazze cominciarono a toccarsi e Nott appoggió un braccio contro il muro, chiudendosi come un muro umano contro la Malfoy.
Era confuso, il cuore sembrava battergli a rallentatore nel petto, ma non era cosí fatto da dimenticare che lei odiava Albert Nott tanto quanto lui odiava Rosier.
Partí di quarta, accelerato al massimo, e invece di rilassarlo quella droga fece l´esatto contrario: lo eccitó. Vedeva nero e l´unico puntino rosso era quel bastardo di Nott – intento ad approfittarsi di una persona ubriaca. Il suo complesso da "figlio del Salvatore Magico", come adorava definirla Abby, venne alla luce come un vulcano di odio ed euforia – stordendolo fin nelle ossa.
Afferró Nott per la camicia nera che indossava, colpendolo cosí forte alla mascella da sentire l´osso sotto le dita quasi incrinarsi. Lo spinse di lato, lasciando che cadesse a terra, ma non si avventó su di lui. No.
La musica aumentó il suo malessere e James non vomitó per miracolo – ma se avessero potuto, i suoi occhi avrebbero sanguinato. Syrma Malfoy era contro il muro, con la faccia rivolta contro quella finestra finta – mentre il vomito quasi le cambiava il colore del vestito. Le sue pupille erano due spilli quasi invisibili e la faccia cianotica da far paura.
E in un attimo la faccia di Lewis si sovrappose alla sua. Rivide Sammy, terrorizzato, le mani piene di vomito e le braccia piene di morsi – che si era procurato da solo per non urlare quando aveva trovato il Grifondoro riverso con la schiuma alla bocca sulla tazza del cesso.
James rivide gli occhi vuoti di Lewis, la sua pelle nera di un verde innaturale – malsano – e il sangue alla bocca per l´Epilessia che la droga gli aveva causato prima dell´overdose.
Rivide le sue lacrime, risentí le sue urla e la corsa di Fred per chiamare aiuto. Insieme al martellare della musica risentí le sue mani sbattere ripetutamente sullo sterno di Lewis e la bocca di Carl che cercava di infondere vita ad un morto.
James giró appena la testa per guardare alla sua sinistra e c´era cosí tanto odio nei suoi occhi che per la prima volta in vita sua, davanti a quello che era sempre stato il suo migliore amico, indietreggió – spaventato.
Prese la Malfoy in braccio, alzandola da terra senza alcuno sforzo, e quella ciondoló la testa. Era inerme. << Tu! >> urló fuori di sé, rivolgendosi a Nott – ancora stordito dal pugno che gli aveva sferrato.
<< Alza quel cazzo di culo e chiama quello svitato di Zabini, Fred e quella spostata della Parkinson. ORA! >> e non gli diede il tempo di finire di parlare che era giá di spalle, mandando a gambe all´aria chiunque gli si ponesse davanti.
Uscí dalla Stanza delle Necessitá e al silenzio il suo fiato era cosí rumoroso da farlo traballare sulle sue stesse gambe. E cominció a correre cosí forte da sentire a stento la Malfoy sballottargli tra le braccia. << Resta sveglia, mi hai capito? >> sussurró a bassa voce, furioso, raggiungendo il bagno dei Prefetti – il piú vicino a loro.
<< Cerca di ritornare alla realtá >> disse ancora, snocciolando la Parola d´Ordine a quel cazzo di quadro. L´adagió sulle piastrelle gelide ai bordi di quell´immensa vasca, aprendo tutte le fontane il piú veloce possibile. << Non dormire, Malfoy, cazzo! >> urló ancora una volta, raggiungendola e prendendo il suo viso tra le mani. Era cosí piccolo che ci entrava perfettamente e a James sfuggí un singulto.
<< Guardami… guardami! >> Ora era lui che le stava impartendo ordini, duro, e nel mentre la giró su un fianco, per evitare che si strozzasse col suo stesso vomito. << Non farmi questo, maledetta Malfoy! >> sibiló, scuotendola come una bambola.
<< Merda! >> la voce di Grace Parkinson fece scoppiare la bolla di panico e dolore di James, che si giró di scatto verso di loro – furioso. C´era anche Carl.
<< Che cazzo le hai dato? >> urló, con la voce rotta. Sembrava l´ululato di un cane ferito e Baston indietreggió – terreo in volto.
<< Io… >> balbettó, senza riuscire a staccare gli occhi dal corpo rannicchiato ai piedi della vasca.
<< Zitti, zitti! >> sibiló Grace, inginocchiandosi ai piedi della Malfoy sentendole il battito. Scandiva i secondi a voce bassa – avvolta da un abito violaceo, che si sposava con la sua pelle in un modo quasi calcolato.
<< Bisogna andare nella dispensa del professore di Pozioni, il piú velocemente possibile. Lí c´é quella cazzo di pozione che hanno fatto l´anno scorso lui e Madama – proprio nel caso fosse successo un altro episodio simile. Dovete prenderla.
É ancora viva, dobbiamo solo eliminare il mix che si é calata >> disse, frettolosa, togliendole le scarpe e cercando di bagnarle il viso con l´acqua della vasca.
Fred fu il primo a muoversi e afferró Carl per una manica, trascinandolo con sé.
<< Falle aria >> Zabini si arrotoló la camicia sugli avambracci e si caló su Syrma, tappandole il naso e facendole la respirazione bocca a bocca, mentre James le massaggiava lo sterno. << Syrma? Syr, rispondi, cazzo! >> sbottó Joshua, chiamandola con quel nomignolo che lei aveva odiato fin da bambina.
<< Avanti, Syr! Lo so che mi senti, non farmi questo… rispondimi >> mormoró ancora, tra un respiro e un altro – cercando di trattenere le lacrime. << Non puoi farmi questo, hai capito!? Non puoi lasciarmi solo… Tu sei l´unica che mi sia rimasta… >> la esortó, accorato, ma Syrma non rispondeva.
Aveva gli occhi aperti e la mente persa chissá dove – mentre le mani subivano piccoli scatti. << E tu devi farla ancora pagare a quel fottuto figlio di puttana che ti ha torturata per anni, Syr! A lui e quell´altro vecchio bastardo! Ce l´avevi quasi fatta, mancavano pochi giorni… non puoi mollare ora >> la sua voce erano tanti piccoli pezzi di vetro che si sfrantumavano sul pavimento, graffiando le orecchie.
<< Avanti, Malfoy! Che razza di Malfoy si fa mettere k.o. da qualcosa? Reagisci! >> sibiló James, dandogli man forte, spingendo ancora sul suo cuore. Ma proprio quando smise di pronunciare quelle parole, la ragazza ebbe una piccola crisi.
<< Mettile qualcosa in bocca, stupido di un Potter o rischia di spezzarsi i denti! >> urló Grace, cercando di mantenerla ferma, spaventata quanto loro.
La situazione stava sfuggendo dalle mani e loro erano solo un branco di stupidi diciassettenni impauriti. Non erano Medimaghi o infermieri e lei stava morendo sotto i loro occhi.
James si tolse la maglia, infilandogliela tra i denti e cercando di non farle battere la testa sul pavimento. Aveva la pelle d´oca e la voglia di fuggire da lí, per dimenticare. Per lasciarsi tutto quello alle spalle.
<< Quanto ci vuole? >> sbottó Grace e proprio in quel momento, Fred si catapultó nella stanza con una boccettina trasparente tra le mani – bloccandosi alla vista della crisi della Serpeverde. Carl cominció di nuovo a tremare, pallido come un lenzuolo, mentre Joshua urlava contro Fred, anche lui sudaticcio.
Tutto si silenzió – e l´aria divenne pietra nei suoi polmoni. Era stato lui. Era colpa sua. Per la seconda volta. E l´ultima volta non era venuto nessun Dio a salvarli. James strappó la fialetta dalle mani di Fred, anche lui immobilizzato, e mormoró qualcosa a bassa voce – una formula – facendosi comparire una garza e una siringa tra le mani.
<< Che fai? >> la voce di Joshua tremava appena, ma il Grifondoro sembrava non sentire niente. Era un´automa. E con la stessa immobilitá negli occhi, con l´ago trasferí il contenuto nella siringa, spruzzando l´aria verso l´esterno.
<< Spostati >> disse verso Grace, inginocchiandosi nuovamente ai piedi della Malfoy. Senza nemmeno immaginare che non sarebbe stata l´ultima volta, e con un gesto secco le infiló l´ago nel collo – mentre Fred vomitava alle sue spalle.
Joshua si coprí la faccia con le braccia e Carl perse definitivamente l´equilibrio, cadendo in ginocchio. Forse sarebbe stato piú facile reagire dinnanzi ad un Avada Kedavra o un Crucio. Ma non quello. Non in quel modo. Non con lei.
<< Sí, avanti cosí >> mormoró James e sotto le mani, Joshua, sentí un piccolo spasmo. Il Grifondoro le sfiló la siringa e le crisi cominciarono a scemare, lasciando solo piccoli scatti dietro di sé.
<< Respira >>
I minuti trascorrevano cosí lenti che a James sembró morire… per poi rinascere, come fece Syrma Malfoy proprio in quel momento. Tornó alla vita. E tutti sentirono quando prese un lungo respiro, tornando a muovere le palle degli occhi.
<< Siamo nel bagno dei Prefetti… quí c´é il tuo amico Zabini con te… >>
Cercava di accompagnarla con la voce, per riportare la sua luciditá su binari giusti, accarezzandole la mascella con un pollice – delicatamente – come fosse di vetro e lei si visualizzó su di lui.
<< Ti sei sentita male. E stai ancora male. Abbiamo preso una pozione dalla dispensa del Prof. di Pozioni per farti stare meglio >> bisbiglió, avvicinandosi di piú al suo viso per renderle chiaro quello che le diceva.
I suoi capelli biondi erano fradici di sudore e le incollavano la fronte. Aveva le labbra leggermente meno violacee, ma cominció a tremare dal freddo; era cosí piccola lí, stesa su quelle piastrelle di marmo chiaro, come una bambina a cui avevano spezzato i sogni e le ali… costretta a restare piantonata sul terreno.
<< Va tutto bene… >> continuó James, afferrando la giacca che Grace gli stava passando con mano malferma. Ora Syrma respirava affannosamente, ma non staccava gli occhi dai suoi – persa. Intrappolata dalla sua testa, dai suoi ricordi, che si prendevano gioco di lei. << Ora rimaniamo quí finché non andrá meglio… ma devi rilassarti… >>
Una sola lacrima, una sola, le solcó la guancia e James, velocemente, la nascose – strofinandole con la mano il viso scarno. E la guardó veramemente – ancora una volta – chiedendosi quante personalitá, sfaccettature, angolazioni, potesse avere una singola persona. Per la seconda volta vedeva una nuova versione di lei – fragile, vuota, calpestata da un mondo molto piú grande, che la vedeva Leader e Padrone. Un mondo che comprendeva anche la sua famiglia, alla perenne ricerca di un erede… un´erede, non una persona.
<< Andrá tutto bene… >>
Syrma annuí prima di chiudere gli occhi, avvolta in un bozzolo di buio e aculei affilati. Per una sola volta, una sola, decise di lasciarsi cullare da quella voce rassicurante – calda – sicura. Lasció che James l´abbracciasse un pó, con le mani di Joshua ad accarezzarle le gambe, rimanendo in silenzio. Non disse nulla, ascoltando i respiri degli altri, ora meno affannosi, ora piú rassicurati.
<< Andrá tutto bene… >>
E fu con quella mantra che si addormentó. Come non le era mai successo nemmeno da bambina. Abbassó la guardia, le sue difese, le sue paure, i limiti… affidandosi alle braccia di James Potter – intento a ciondolare, simile ad una mamma che culla i suoi piccini.
Si addormentó con la falsa illusione che sí… forse sarebbe andato tutto bene.


Quando James si alzó finalmente dal pavimento era l´alba e lasció che Joshua prendesse la Malfoy tra le braccia per poterla portare nel suo dormitorio e tenerla d´occhio almeno per le prime ventiquattro ore.
Grace si era addormentata in un angolino, con le ginocchie portate al petto e la testa appoggiata contro il muro – le palpebre abbassate e la bocca socchiusa, quasi come una Madonna in preghiera. Fred si era accoccolato al suo fianco e le loro teste quasi cozzavano, in netto contrasto l´una con l´altra.
Albert Nott, con una mascella violastra, era sdraiato ai lati estremi della vasca e muoveva appena l´acqua con le dita – increspandone la superfice. James guardó l´ultima persona rimasta nella stanza.
Era pallido e sembrava essere invecchiato di dieci anni all´improvviso.
Per la prima volta, anche dopo la morte di Lewis, lo vide come un estraneo. Non era piú lo stesso ragazzino che aveva conosciuto a undici anni, grande e grosso con la battuta sempre pronta e super orgoglioso di suo padre.
Non era il dodicenne che appena entrato in squadra aveva fatto dieci giri della morte sulla sua scopa – urlando vittoria come un forsennato. James fece un passo avanti, accorciando la distanza.
No.. Carl non era piú quel ragazzino di tredici anni, che negli spogliatori, durante ai mondiali – dove suo padre giocava come titolare – era scoppiato a piangere perché quest´ultimo lo aveva umiliato davanti tutta la squadra.
<< Tu per me sei morto >> sussurró, con gli occhi lucidi, le braccia inermi lungo i fianchi – senza espressione, sentimento, pietá.
Carl non era piú il quattordicenne che durante la sua prima cotta aveva appeso un grosso striscione che urlava "Vieni al Ballo con me, Chang!" beccandosi prese in giro per settimane. O il quindicenne dal cuore distrutto da quello stesso striscione – da dove tutto era iniziato.
No. Carl era un estraneo.
E lo era da quel momento in poi, dove lo sorpassó senza piú dire una parola, lasciandolo solo e con le lacrime agli occhi tremuli. Si lasció scappare un singulto, ma James uscí dal Bagno dei Prefetti con quella parola ancora ad echeggiare tra le mura di pietra.
Tu per me sei morto.

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V











Syrma appoggió i piedi sudi sulla moquette bianca e soffice, sbilanciandosi con il palmo delle mani sprofondato nel materasso in cui era seduta da una buona mezz´ora, decidendo, finalmente di alzarsi. Si mosse silenziosa mentre le sue compagne dormivano ancora profondamente, raggiungendo il loro bagno in comune. Lí le piastrelle erano gelide e i capezzoli – coperti da una leggera vestaglia di lino – si inturgidirono dal freddo; si guardó allo specchio, quello che prendeva tutta la parete di fronte a lei e cercó di trovare qualcosa di se stessa in quel riflesso scadente.
Era a pezzi. E aveva saltato la bellezza di due giorni di lezione – fingendo una febbre da cavalli con la Mcgranitt; grazie a Merlino, o qualsiasi altra simile entitá, non aveva mai saltato un giorno di scuola in sette anni e la Preside non aveva esitato nel crederle ciecamente.
Una fiducia che si era guadagnata dopo anni di duro lavoro e obiettivi sempre piú rigidi. Perché lei ne era sicura, nessuno dei professori o delle altre persone in generale non si sarebbe fidato di lei se non avesse dimostrato che non era come suo padre. O suo nonno. O come il suo bisnonno. O qualsiasi altro essere che avesse il suo stesso dna. Per quel motivo anno dopo anno aveva dato sempre di piú, fino a trovarsi a quel punto. Quel preciso punto dove lei si fissava allo specchio e non vedeva una studentessa modello, brillante, educata, professionale. Ma solo… un cadavere.
Un involucro martoriato, magro – malato – che aveva provveduto a torturare.
Lasció cadere la camicia da notte ai suoi piedi, notando con la coda dell´occhio la spina dorsale che sembrava voler bucare la pelle – cosí pallida da apparire trasparente. Aprí il getto della doccia, entrandoci velocemente, lasciando che il getto, sempre piú bollente, le inzuppasse i capelli aggrovigliati.
La veritá era che aveva paura. Non aveva il coraggio di affrontare suo fratello, che aveva rinunciato a partecipare al concorso per prendere parte alla gita per la sua scenata. Non aveva il coraggio di guardare Joshua negli occhi – che non aveva lasciato la sua stanza fino al giorno dopo, dove si era assicurato che aprisse di nuovo gli occhi dopo ore di coma profondo. E Weasley, la Parkinson, Carl. E James Potter.
Oh, James Potter.
Lei non avrebbe mai potuto dimenticare la sua voce, mentre vagava nel nulla assoluto – dove l´unico rumore e il battito incessante del suo cuore. E quello dei suoi ricordi. Syrma non avrebbe mai potuto dimenticare il suo cullarla fino alla fine, con dolcezza, gentilezza, amore. Come di solito si amano i bambini. E lei era rinata proprio cosí… ad un passo dalla morte. Con l´amore. Non era stato violento. Lui non l´aveva strappata dall´oblio… le aveva solo mostrato l´uscita. E sulla propria pelle, Syrma non aveva mai provato qualcosa di simile. Come se non essere mai stata amata l´avesse uccisa ancor prima della sua morte effettiva.
Con un gesto secco chiuse il getto d´acqua, uscendo dalla doccia e avvolgendosi in un grande asciugamano bianco; si asciugó i capelli con un colpo della sua bacchetta, poggiata sul grande lavandino di porcellana rosa, lasciando che cadessero in una morbida cascata lungo la schiena. Indossó velocemente la divisa, uscendo dal bagno per infilarsi il mantello con lo stemma Serpeverde ben visibile sul petto.
Senza un filo di trucco lasció la stanza con la sua borsa a tracolla – camminando silenziosa lungo i corridoi deserti della camerata femminile. Erano le sette di mattina e lei aveva bisogno di prendere aria prima che la calca di studenti invadesse Hogwarts – ancora dormiente. Uscí dai dormitori senza troppi intoppi e si diresse lontano dai sotterranei – per raggiungere il giardino principale della scuola.
Il sole aveva giá inondato le grandi arcate che antecedevano la Sala Grande, insieme al cinguettío dei passerotti. Erano alla fine di Novembre, ma le temperature erano ancora abbastanza sopportabili, quindi prese posto su uno degli scalini attorno la fontana magica, zampillante. Afferró dal pacchetto nella sua borsa una delle sue sigarette alle rose, accendendosene una con fare nervoso.
Il cielo non aveva una nuvola e sembrava un buon giorno per un nuovo inizio. O almeno per riparare qualcosa di rotto. Aspiró ancora una volta dalla sigaretta, socchiudendo gli occhi senza sentire nient´altro che un venticello freddo schiaffeggiarle leggermente il viso – colorandole almeno le guance scarne.
Era la stessa cosa che aveva pensato tre giorni prima quando aveva preso quella roba insieme all´Alcool e l´altro dosaggio di pillole che assumeva regolarmente. Che era un buon giorno per morire. O almeno per affrontare un nuovo inizio. Forse aveva bisogno veramente di aiuto. Era diventata autodistruttiva e quello che era iniziato come un "proteggersi" la stava portando esattamente dove non voleva arrivare.
<< Stai meglio >>
Syrma giró la testa di scatto, incontrando la faccia ancor piú pallida di Fred Weasley – fermo con le mani nelle tasche a pochi metri di distanza da lei. I capelli rosso fuoco facevano a pugno con le occhiaie violacee, ma sembrava piú tranquillo ora, mentre esaminava la sua faccia alla ricerca… alla ricerca dell´orrore che avevano vissuto l´altra notte. << Giá >> bisbiglió in risposta, con le labbra piene secche e sgretolate. Ciccó sul pavimento e Fred prese posto accanto a lei, ma sempre distante – come se non volesse rompere quella bolla di beatitudine con la sua ingombrante presenza. << Sono contento >>
Syrma sorrise appena, gli occhi due specchi di ghiaccio.
<< Sicuro? >> scherzó appena, bloccando le dita con l´altra mano nel tirare la sigaretta, cercando di tenere – come sempre – le sue emozioni sotto controllo. << Ci hai fatto prendere un grande spavento >> mormoró Fred, serio come non lo era mai stato in tutta la sua vita.
Guardó all´indietro, verso il cielo, facendo peso sui palmi aperti. << Non so perché lo hai fatto… se la situazione ti é sfuggita di mano o se lo hai fatto di proposito e non mi interessa. Ma credimi, non é cosí che risolverai le cose. >> la sua espressione era di pietra mentre afferrava una sigaretta dalla sua borsa coi libri, le mani sudate nell´accenderla.
<< E tu che ne sai? >> lo sfidó Syrma, accendendosi nel sentirsi giudicata.
<< Io sono il fantasma di un morto che non ho mai conosciuto. Ed é cosí da quando sono venuto al mondo, con questo nome e questa faccia. Sono quello che loro vogliano che io sia. Sono quello divertente, simpatico, energico. E mio padre, ogni volta che non assecondo qualche sua idea o battuta, mi guarda per quello che sono: un ragazzino stupido che vive nell´ombra dello zio morto >> disse Fred, stringendo appena i pugni nel parlarle senza freni, gli occhi ridotti a due fessure. << Come figlio non valgo niente e non sono nemmeno la metá di quello che era zio Fred, perché solo l´idea della guerra mi fa cagare sotto. Perché mi piace fare battutine, ma non il negozio dove mio padre vuole chiudermi dopo Hogwarts >> continuó, scuotendo la testa. Dalla rabbia passó alla tristezza cosí velocemente che Syrma se ne rese conto solo quando lo vide sorridere – come un miserabile.
Sí. Erano dei miserabili, era quella la veritá.
<< Io non conosco nessun altro Fred all´infuori di te. >> bisbiglió Syrma.
Non ci fu bisogno di dire o fare nient´altro, perché lui la guardó con gli occhi leggermente sgranati. << Ma ho conosciuto tuo padre, una volta… e sono sicura al cento percento che anche se lui ha avuto un altro Fred nella sua vita, vede te per quello che sei. Suo figlio >> continuó, alzandosi da quei gradini e spazzolandosi il retro del suo mantello. Lo guardó un´ultima volta e lui inclinó leggermente la testa per guardarla dal basso.
<< Beh… anche tu, per me, sei l´unica Malfoy che abbia mai conosciuto >> rispose, strappandole un altro piccolo sorriso, mentre lei lo salutava con un piccolo cenno della testa – per ritornare all´interno  e dirigersi verso la Sala Grande.
Il tavolo dei Serpeverde era ancora abbastanza vuoto e Syrma si sedette al suo solito posto, abbassando la testa sul piatto e cercando di mandare giú qualcosa anche se controvoglia. Erano giorni che non mangiava nulla. E stava male. La sua magia sembrava volersi spegnere insieme al suo corpo e in quel momento non poteva proprio permetterselo.
Si verso del caffé nero nella tazza, annusando l´odore quasi deliziata. Adorava l´odore dei chicchi e del caffé appena fatto – quasi le riempiva lo stomaco, oltre che le narici.
<< Ciao, bella addormentata >> Zabini prese posto alla sua destra, strappandole un piccolo sobbalzo sorpreso e anche il toast alla marmellata dalle mani. << Devi mangiare qualcosa di piú sostanzioso di un toast e il caffé >> cinguettó, minaccioso, afferrando una bella porzione di salsicce e uova e sbattendogliele nel piatto. << Tutto questo non riuscirebbe a mangiarlo nemmeno Hagrid >> sbuffó Syrma, ma Joshua non volle sentire ragioni.
Le passó una forchetta e si versó a sua volta il caffé, senza toglierle gli occhi di dosso. << O mangi o racconto a tuo fratello quello che é successo >> la sua voce era miele e cianuro, cosí Syrma prese quella maledetta forchetta e cominció a mangiare, furiosa. << Va bene cosí? >> disse, con la bocca piena e gli occhi pronti ad uccidere, e Joshua annuí, felice come un bambino.
<< Benissimo! >> rispose, avvicinandosi quel poco che gli permise di darle una leggera e maliziosa spallata. << Sai… Potter non ti toglie gli occhi di dosso >> le sussurró all´orecchio, facendole l´occhiolino. La ragazza non osó alzare gli occhi dal piatto – ingurgitando una sorsata di caffé per non strozzarsi, figendosi indifferente. << Stará pensando che ho qualche problema con la droga >> sibiló, ironica, facendosi guardare male dal ragazzo di colore – che con un gesto della mano sembró scacciarla via come una mosca molesta.
<< Quanto sei melodrammatica, santo Merlino! >> sbuffó, afferrando un pó di pancetta dal vassoio al centro della tavolata, che subito lo rimpiazzó con dell´altra pancetta fresca. << Tu gli piaci >> Syrma lo guardó impassibile.
<< Smettila di dire stronzate e mangia >> e con quello chiuse il discorso proprio con l´arrivo di Samuél, che prese posto accanto Joshua. << Potevi svegliarmi stamattina >> sbuffó, senza nemmeno dire buongiorno.
<< Non sono il tuo elfo domestico, Samuélito >>
Samuél si riempí il piatto con la sua colazione, rigorosamente fatta di crossaint e caffé – perché mangiare le uova di prima mattina non se ne parlava nemmeno lontanamente. << Ben ritrovata, Caposcuola Malfoy >> salutó Syrma con un gesto della testa, ma quella non lo calcoló nemmeno di striscio – sulle sue come sempre.
<< Sbaglio o Potter sembra molto interessato a quello che stiamo facendo? >> borbottó, guardandosi alle spalle con un cipiglio ad increspargli la fronte.
<< Sí. Penso che gli piaccia la progenie di Satana >>
Samuél lo guardó strano e Syrma non riuscí a trattenersi di colpirlo dietro la testa con la mano aperta. << Mi hai fatto male, mannaccia a te! >> disse Joshua, mantenendosi il collo.
<< Saresti tu la progenie di Satana? >> rise Samuél, per poi guardarsi ancora una volta alle spalle. << Mi sa che hai proprio ragione… ma non ha la fidanzata? >> continuó e rimase quasi di ghiaccio quando lei conficcó un coltello nel tavolo proprio a pochi centimetri di distanza da lui. << Se giri di nuovo quella testa di cazzo che ti ritrovi, giuro che il Crucio sará una carezza confronto a quello che ti faró io >> Samuél inghiottí a vuoto e mimó di cucirsi bocca con l´altra mano.
<< Cominci a perdere il controllo, principessa >> Joshua le scoppió a ridere in faccia, soddisfatto e Syrma evitó di mostrargli il dito medio proprio per non dargli alcuna soddisfazione. Prese la sua borsa e si alzó, scuotendo i capelli biondi con un gesto secco. Uscí dalla Sala Grande sapendo di essere osservata e si affrettó a raggiungere i bagni di Mirtilla Malcontenta – chiudendosi la porta alle spalle.
Si accese l´ennesima sigaretta, sospirando pesantemente. Aveva Difesa contro le Arti Oscure insieme ai Grifondoro da lí a quindici minuti e l´idea le piaceva poco e niente. Lei non doveva spiegazioni a nessuno e se Joshua lo sapeva, comportandosi di conseguenza, gli altri erano un´altra storia.
Tiró nervosamente, mentre l´odore di rose si espandeva per il bagno e la porta si apriva di scatto – mostrando un James Potter abbastanza affannato. << Sei quí >> disse, chiudendosi la porta alle spalle. E quel tonfo sordo le sembró il tonfo delle sbarre quando si chiudono – lasciandoti in trappola.<< Giá. >>
Era contro i lavandini, come a volersi proteggere, con la sigaretta tra le labbra piene e pallide.  << Stai bene? >>James cercava di incontrare il suo sguardo, inutilmente, perché lei guardava con continuitá la carta bruciare sotto i suoi occhi ogni volta che aspirava. << Sto bene >> rispose in un sussurro e allora lui annulló la distanza tra di loro, raggiungendola con due falcate e afferrandola per un polso sottile.
<< Perché non mi guardi? >> sbottó, scuotendola appena, come una bambola di stoffa.
<< Mi hai fatto prendere un colpo a quella cazzo di festa, lo sai? E ora vorresti anche fare l´indifferente? No, fiorellino, con me non funziona cosí >> era fuori di sé, con i capelli scompigliati e gli occhi simili a due lame. Allora lei alzó la testa per incatenare lo sguardo al suo. << E come funziona con te? >> lo guardó in segno di sfida e lui la strattonó ancora piú vicino a sé.
Stava per dire qualcosa quando furono interrotti dalla porta che si apriva e si girarono entrambi per scontrarsi con la figura di Nally O´Connor – che aveva un sopracciglio che quasi le sfiorava l´attaccatura dei capelli. << Ho interrotto qualcosa? >>
James la lasció andare di scatto e Nally rise, battendo le mani con scherno << Certo che a predicare bene e razzolare male voi Potter lo fate bene >> disse, con quel pizzico di perfidia che la distingueva.
<< Questi non sono affari che ti riguardano, O´Connor. O sbaglio? >>
Gli occhi di Syrma si scontrarono con quelli ambrati di Nally. Sembrava una lotta tra titani e nessuno delle due aveva intenzione di abbassare le armi. << É che non mi piacciono i bugiardi. Specie se poi la tua fidanzata viene a rompermi le palle… ma a quanto pare non aveva tutti i torti… >> disse la Diurna, scuotendo la testa, impietosita, e James congeló. << Ti ha detto qualcosa? >> domandó, prerentorio e l´altra lo guardó tra un misto di pena e disgusto. Chiedendosi come avesse fatto uno stronzo del genere a piacerle.
Lo aveva sempre visto con occhi diversi. Con occhi... innamorati. Offuscati. Chiusi. Perché lui non era lo splendido Cavaliere dall´armatura splendente. No.
<< Solo che la Malfoy é la figlia di un Mangiamorte pentito a cui piace fingersi Santa >> rise – senza peró suscitare nell´altra la reazione voluta. Syrma continuó a fissarla, immobile, le dita lunghe e pallide simile a ragni, le labbra strette in una linea sottile, pallida.
<< Credi davvero che io abbia paura di te? >> rise la Malfoy, lasciandosi andare con la testa all´indietro e mostrando i denti bianchi come perle simili a quelli di uno squalo. Erano poche le cose a metterle paura, a dire la veritá. 
Perché se non ti spaventa la morte, sono poche le cose che riescono a intimorire.
<< L´unico nemico impossibile da distruggere é la cara Signora con la falce, mio piccolo inutile scarto. E fin da piccola mi hanno insegnato il Crucio e lo Scherma, dolce mezza vampiretta >> continuó, mortalmente seria. Era cosí pallida da pareggiare con Nally e se non avesse sentito il suo cuore battere – la prima volta che l´aveva vista – avrebbe pensato che Syrma fosse una di loro. Un raro pezzo di marmo, con l´anima persa e dannata e le emozioni un ricordo relegato in un cassetto blindato. Come lei.
Un semplice mezzo morto che cammina tra la gente normale – che osserva il tempo scorrere inesorabile, senza essere in grado di fermarlo… e senza esserne vittima. << Te la scopi? >> Nally si rivolse a James, ignorando le sue parole, la sua sfida e quest´ultimo la fissó come se fosse impazzita.
<< Ma che cazzo stai dicendo? >> sibiló allora il Grifondoro, infuriandosi.
<< Deliri? Hai qualcosa che non va nel cervello? >> aveva le mani chiuse a pugni e l´aria di chi ne aveva abbastanza. << Sono stanco di essere giudicato per ogni fottuto passo che faccio! Voi non siete un cazzo di nessuno per dirmi chi essere o come comportarmi. Né tu, né Abby e né nessun altro! Non devo dare spiegazioni a nessuno. Io non sono mio padre e il mio nome non é Harry Potter, quindi faccio quello che voglio! >> e con quelle parole veloci – che inciampavano tra di loro in un mix di ansia e rabbia – uscí dal bagno, come una furia, mollando entrambe nel bagno.
Entrambe si guardarono prima di inseguirlo a passo svelto. Ma lui non sentiva richiami. Camminó spedito tra i corridoi come un pazzo assassino e nessuno osó fermarlo per chiedergli dove andasse – data la sua espressione – cosí arrivó senza alcun intoppo, senza contare le due ragazze alle sue spalle, nell´aula di Difesa Contro le Arti Oscure, tenute da Rawain Robberdars, una valorosissima ex Auror a cui la Mcgranitt aveva chiesto il favore di insegnare qualcosa di veramente concreto ai ragazzi e nello stesso momento proteggerli da qualsiasi pericolo.
Ma James sembrava non sentire ragioni. Aveva spento il cervello e a stento la vide quando entró in classe – proprio come non vide il resto dei suoi compagni – concentrandosi solamente sulla chioma liscia e corvina di Abby, seduta in prima fila come al solito. << Se pensi che io sia il tuo burattino, amore mio, hai completamente sbarellato sui binari >> disse, arrivandole ad un metro di distanza – quasi come se avesse paura di andarle troppo vicino, cosí tanto da poter perdere il controllo – mentre lei girava la testa di scatto e il resto della classe si zittiva, sconvolta.
<< O che io debba fare e dire quello che vuoi tu. Il mondo non gira attorno a te, principessa, e se al tuo fianco vuoi la fotocopia di mio padre… cosa cazzo devo dirti? Scopati mio padre, perché con me hai chiuso! >>
E James Sirius Potter fece click.

 
***

 
<< Mi dici cosa ti é saltato in mente? >>
James quella volta non riuscí ad abbassare gli occhi, continuando a sostenere quelli duri della Mcgranitt, seduta come un´imperatrice su quella grande poltrona. Silente era alle sue spalle e lo osservava silenzioso, come tutte le volte che si era ritrovato in quell´ufficio per un motivo o per un altro. << Prendi un biscotto >> gli ordinó e l´altro non fece domande, abituato a quel comportamento strano – afferrando uno zuccotto dalla scatola, masticando controvoglia.
<< Ultimamente sembra che tu mi stia dando piú problemi del solito, Potter >> disse, burbera, con gli occhialini appena calati sul naso. La Mcgranitt aveva tutta l´aria di essere centenaria, con quelle rughe che le solcavano il volto e lo sguardo di chi ha visto piú del dovuto; aveva le spalle ricurve, come se vi ci avesse portato il mondo, e i sorrisi rari di una madre severa. << Dice la Professoressa Robberdars che hai urlato contro la signorina Finnegann qualcosa a proposito di tuo padre >>
Se Silente aguzzó le orecchie, fingendo come sempre che il fatto non gli riguardasse come una vecchia pettegola, James questa volta distolse lo sguardo – come un bambino arrabbiato. << Tutti si aspettano chissá cosa da me solo perché sono il figlio del grande Harry Potter >> la sua voce era bassa, capricciosa e le mani si tormentavano tra loro – nervose.
<< Ma… io sono solo James. >> bisbiglió, alzando appena gli occhi nocciola su di lei che gli sorrise, addolcita. La Mcgranitt si tolse definitivamente gli occhiali dal naso, sospirando. << Anche tuo padre era solo Harry, quando ha varcato le soglie di questa scuola – spaventato come un pulcino e disorientato.
Sono le scelte che facciamo a stabilire chi siamo, James, non le nostre radici. E tu sarai anche la fotocopia sputata di tuo padre e tuo nonno, ma non sei loro >> gli disse, poggiando una mano nodosa sulla sua. << E proprio come per tuo padre, io voglio solo il meglio per te. Quindi vedi di comportarti come si deve o potrai dimenticarti della gita al Castello dei Cronos >> e non scherzava.
Ma la sua mano era ancora lí. Salda, ferma. Solida come un´antica roccia. << Grazie, professoressa Mcgranitt >> mormoró, alzandosi dalla poltroncina con il biscotto ancora tra le mani.
<< Non cosí in fretta, James. Tuo padre sta arrivando. >>
James la guardó con occhi fiammeggianti, ma era troppo tardi: il caminetto alle spalle della donna giá scoppiettava – annunciando la faccia stanca di suo padre. << Ottima mossa! >>
<< Ehi, tu! Non osare rivolgerti alla preside in questo modo! >> sbottó Harry, cercando di togliersi di dosso tutta quella polvere volante – rendendo il tappeto persiano sotto i loro piedi un vero e proprio schifo. << Che ci sei venuto a fare quí? >> James incroció le braccia al petto ed Harry, ancora in divisa, lo guardó con gli occhi verdi contratti.
<< Continui a fare l´idiota, James? Ti avevo avvertito che ne avevo abbastanza! >> era davvero arrabbiato e sembrava sfinito, con una barba incolta di un paio di giorni e le occhiaie.
<< Di questo ne abbiamo discusso prima del tuo arrivo, Harry. Ha giá chiesto scusa e non credo che questo sia il motivo della tua visita >> disse la Mcgranitt e a quelle parole James lasció andare le braccia lungo i fianchi.
<< É successo qualcosa a casa? >>
Non era stata lei a convocarlo per la scenata di quella mattina. Era stato lui a chiedere di poter venire a scuola e indossava ancora la sua divisa di Auror, questo stava a dire che non era tornato a casa. << No. Avevo bisogno di parlarti. Avrei chiesto anche la presenza di Al, ma ho saputo che non é stato ammesso con i test >> rispose Harry, sfilandosi il mantello dalle spalle e lasciandolo andare sul pavimento. James annuí, tenendo omesso – con faccino assolutamente innocente – che era stato lui a minacciarlo, constringendolo ad andare male dopo la faccenda con l´erba. << Poi mi dirai cos´é successo, visto che anche Malfoy non é stato ammesso. >> continuó, sorridendo angelico, come se davvero non conoscesse cosí bene i suoi figli da non sapere quando mentivano o meno.
<< Chiedilo a lui >> rispose James, facendo spallucce – visto che non erano affar suoi – spingendo il mento in avanti, come a volerlo spronare a sputare il rospo.
<< C´é una cosa che devi fare per me >> Harry fece un paio di passi avanti, preoccupato, mordendosi appena le labbra sgretolate. << Una cosa importante. >>
James lo guardó confuso, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare; erano poche le volte che suo padre si era presentato a scuola in tutti quegli anni e anche quella richiesta suonava strana alle sue orecchie – abituato al fatto che lui non chiedesse aiuto nemmeno con una bacchetta puntata alla gola.
<< Ho bisogno che tu tenga gli occhi aperti durante questa gita. C´é qualcosa che si muove, un´aria pesante in giro e io non mi fido per niente degli Spagnoli >> i suoi occhi smeraldini si spostarono su Silente, che lo guardó penetrante attraverso gli occhialetti a mezzaluna. << I Malfoy sono nei guai… hanno aggredito casa sua l´altro giorno >> sbuffó, scuotendo la testa. La Mcgranitt guardó James, preoccupata.
<< Niente di grave, solo per questo la signorina Malfoy non é stata informata. É stata una scelta dei suoi genitori >> disse frettolosa, strappandogli un sospiro di sollievo, come se la corda che gli aveva stretto la gola fosse scomparsa improvvisamente. E suo padre non ci mise molto a fare due piú due. << C´é qualcosa che devo sapere? >>
James alzó gli occhi al cielo.
<< Se anche ci fosse, non sono affari che ti riguardano >> ma suo padre non era un cane che lasciava facilmente l´osso, per questo poggió le spalle al muro e incroció le braccia. << Ti sto chiedendo aiuto, James. E so che per te sembra tutto un gioco, ma non lo é >> la sua voce era dura e James odiava quando faceva cosí. O quando diceva che per lui niente aveva significato. Che amava distruggere, dare le cose a fuoco, calpestare i castelli di sabbia.
Quando diceva che era un bambino capriccioso incapace di prendersi le proprie responsabilitá. E James proprio non riusciva a capire di quali cazzo di responsabilitá parlasse. << Syrma ha avuto un periodo duro con… >> tossí, furioso con se stesso. << con se stessa e io sto cercando di andarle dietro >> sibiló – distogliendo lo sguardo.
Harry lo guardó sorpreso.
<< Oh. >> disse, sbattendo ripetutamente gli occhi << beh, questa é una bella cosa >> continuó, mentre Silente annuiva, con quel sorriso enigmatico che non aveva nemmeno mai cercato di decifrare. << Ritornando al discorso di prima… ci saranno alcuni Auror con voi e anche se abbiamo cercato di prendere persone piú estrane ai fatti, potresti vedere qualcuno di conosciuto. Quindi profilo basso >> James annuí, con sicurezza, e suo padre lo raggiunse in un paio di falcate, poggiando una grossa mano sulla sua spalla – che a quell´etá non era nemmeno cosí tanto grande – con i capelli come i suoi sparati in aria e la consapevolezza che sarebbe stato sempre casa. Ovunque fosse andato.
Oltre qualsiasi rancore provato.
<< Tieni d´occhio la Malfoy e tieniti lontano dai guai, ci siamo intesi? >> finí, facendogli una fugace carezza sulla guancia. James lo guardó preoccupato, ma non proferí parola. Rimase muto, mentre la sua testa lavorava impazzita, inondata di nuove informazioni ed enigmi.
Cosa stava succedendo? E perché doveva tenere d´occhio proprio lei?
<< Ora vai in classe >> lo esortó Harry e cosí James – dopo un ultimo e veloce abbraccio – salutó la Mcgranitt e uscí dall´ufficio per la scala a schiocciola, lasciandoli soli. Agitati. 
<< Spero solo di non dovermene pentire… >>
<< Oh, andiamo! Devi avere fiducia dei tuoi ragazzi, Harry >> Albus Silente ridacchió appena, sospirando. << Mi ricordano entrambi te alla tua etá… anche se devo dire che James ha ereditato la forza di sua madre. E il suo prendersi cura degli altri senza volere nulla in cambio >> continuó, mentre Harry sbuffava.
<< Vorresti dire che io voglio sempre qualcosa in cambio? >>
Silente scoppió in una risata divertita, scuotendo la testa.
<< Proprio cosí, ragazzo mio. Lascia stare quel ragazzo e vedrai che andrá tutto al proprio posto >> cinguettó, giovale come sempre. Harry sorrise, triste. << Io mi fido di James. É delle altre persone che non mi fido. E questa situazione mi puzza. Prima gli Spagnoli ci mandano questa soffiata, con tanto di esca perfetta, poi attaccano gli Zabini e infine i Malfoy…
Qualcosa si sta muovendo e non é qualcosa di positivo >> sibiló, guardando fuori dalla finestra – dove il cielo azzurro faceva bella mostra di sé – con occhi lontani, persi altrove.
Ovunque e da nessuna parte.
<< Sta arrivando una tempesta, professor Silente e sará meglio correre ai ripari prima che sia troppo tardi >> bisbiglió, sfiorandosi la cicatrice con mani tremanti. Lui la ricordava la guerra. E ricordava quell´aria che sapeva di zolfo e paura. Aspettativa ed eccitazione. Ansia e libidine.
Lo sentiva scorrere nel sangue, simile all´adrenalina, e l´odore di morte era cosí tangibile da avvertire il gelo nell´aria.
Il vento stava cambiando. Harry James Potter sapeva com´era. Cos´era. Che forma avesse. Quale volto o voce. E non poteva fare a meno di rispondere.
<< Faremo a turni, gli Auror presenti sotto copertura ci diranno tutto quello che succede all´interno e appena succederá qualcosa, noi entreremo in azione >> disse, deciso, impugnando la sua bacchetta e sentendola sfrigolare tra le dita. Viva. Eccitata.
<< Non succederá nulla >> la Mcgranitt aveva gli occhi severi puntati su di lui ed Harry annuí, speranzoso << lo speró anch´io >> sospiró, mimando poi un mezzo inchino.
<< Grazie per avermi permesso di venire quí, professoressa Mcgranitt. Il prossimo appuntamento per uno degli incontri all´Ordine é stato fissato per martedí. Ci sará anche Kinglsey >> la informó, dedicandole un ultimo saluto prima di afferrare la polvere volante e immergersi nuovamente in quel casino che era viaggiare con il camino.
Cercando di non rispondere a quel richiamo di sangue che gli ribolliva dentro, convincendolo sempre di piú che qualcosa stava andando irrimediabilmente storto.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI






Quella mattina, James Sirius Potter, si era alzato alle sei in punto. Sbadigliando si era infilato un paio di pantaloni, i calzini – una felpa scura – e le scarpe, afferrando di volata l´occorrente per farsi una canna, uscendo i punta di piedi dai dormitori.
Aveva gli occhi gonfi di sonno, il cappuccio ficcato sui capelli estremamente scompigliati e l´espressione morta quando uscí fuori – annaspando per l´aria gelida che le schiaffeggió il volto. Guardó in alto: c´era nebbia, quella mattina, e al di sotto di quella foschia bianca, nuvoloni neri cominciavano ad addensarsi carichi d´acqua.
Mancavano esattamente due giorni alla gita e James era sempre piú agitato: non parlava con Carl, Abby e suo padre gli aveva messo in testa un sacco di cose sugli Spagnoli. O almeno su uno in particolare.
Superó la fontana, sedendosi al principio del sentiero che portava alla casa di Hagrid, ormai in pensione, sull´erba alta bagnata di rugiada. Cominció a tritare, rollare e leccare fino a ritrovarsi una delle sue sigarette magiche tra le labbra – sicuro di poter incontrare una sola persona a quell´ora in giro per Hogwarts.
E quella persona non tardó ad arrivare, con la sua tenuta sportiva e i capelli legati in una coda alta. Rovesció il capo fino ad incontrare i suoi occhi azzurri come il ghiaccio – ancora piú pallidi sotto quella luce – e sorpresi.
Si alzó, spazzolandosi l´erba dai pantaloni e tirando dalla sigaretta, con gli occhi come le foglie in autunno. James la raggiunse, sorridendole appena << ho pensato di allenarmi, stamattina >> mormoró con voce bassa, roca, di una persona appena sveglia e lei si lasció sfuggire un risolino.
James, piú di una volta, a guardarla aveva pensato ad un entitá angelica, pura, intatta. Gli aveva sempre dato l´impressione di essere stata creata proprio per incarnare un angelo – o almeno una statua con quelle fattezze.
Ma quando andava a fondo, quando scavava, nei suoi occhi azzurri – quasi bianchi – gli sembrava di scorgere un immenso inferno nero e infinito, pronto a prometterti e regalarti esattamente ció che hai pensato di fare. Perché era quello il potere che dava quel volto, quando lo osservavi.
Il potere di un bene capace di essere spezzato… ma che in realtá spezza, frantuma – distrugge.
<< Se riesci a tenere il mio ritmo >> sussurró lei, sorridendo appena, avvicinandosi cosí tanto da poterle sentire l´alito di menta e il profumo di tutto ció che poteva piacere al mondo.
Cazzo.
<< Avanti! >> lo esortó, staccandosi per cominciare a correre, facendolo quasi spiaccicare con la faccia nel pavimento. << Ti conviene veramente mettere le ali al piede, Malfoy! >>  urló allora, inseguendola, accorgendosi solo all´ultimo di una faccia conosciuta alle sue spalle. E si fermó, quasi come a rallentatore, con il cuore che decelerava insieme a lui.
Si giró, con i pugni chiusi e fissó l´altro con una tale rabbia negli occhi da poter uccidere con uno sguardo, tanto che Syrma lo raggiunse – cauta.  Erano giorni che non si rivolgevano la parola, senza nemmeno guardarsi e ormai erano arrivati ai ferri corti.
Non avevano mai litigato cosí. Mai. Nemmeno dopo la morte di Lewis.
<< Possiamo parlare? >> Carl quasi lo supplicó con uno sguardo, ma James sogghignó, scuotendo la testa bordata di cappuccio. << Mi sembra di averti detto tutto cio che dovevo dirti… o sbaglio? >> disse con disprezzo, le labbra piegate in una smorfia.
Erano due completi estranei – come se non avessero mai dormito nello stesso letto o mangiato nello stesso piatto. C´era cosí tanto rancore tra loro due, come se non si fossero mai guardati le spalle come due fratelli, uniti dallo stress di quel padre asfissiante, rigido e pretenzioso.
Era andato davvero tutto perso? Tutto quello non era contato nulla? Alla stregua di un´infanzia andata male.
<< Puoi dirgli che non é colpa mia? >> urló allora Carl, verso Syrma, disperato, con gli occhi lucidi di lacrime. << Non é stata colpa sua >> mormoró allora lei, in risposta, annuendo alle sue parole, senza peró guardarlo in faccia. Ma quello che ottenne fu solo una risata che sembrava il suono di uno specchio che va in frantumi. Il pianto di un cane.
<< No? Chi le ha dato quella merda, hm?
Chi cazzo é stato? >> urló allora, come un pazzo, perdendo definitivamente la ragione e raggiungendolo in un paio di falcate, afferrandolo per il collo con l´affanno di uno che ha corso chilometri senza fermarsi.<< Tu e questa merda, che continua ad uccidere gente! Come cazzo fai a non vederlo? >> gli sibiló ad un passo dalla faccia, scuotendolo con rabbia.
Era come se vedesse rosso e James non riusciva proprio a capire come facesse lui a non ragionare. E tutto quello che avevano passato insieme sfumava come fumo a vento, sparendo completamente davanti alla sua faccia. Tutto quello che riusciva a pensare era la faccia di Lewis sovrapposta a quella della Malfoy…e che avrebbe potuto sovrapporsi ancora alla sua, che esagerava quanto loro.
Quanti amici avrebbe perso ancora cosí? Collassati nel proprio vomito per la paura di vivere.
<< James, lascialo >> Syrma era alle sue spalle, ma fu troppo tardi: aveva caricato una testata cosí potente che la ragazza si morse le mani per non urlare quando sentí un crack disumano.
Un corvo gracchió, prendendo quota e James afferró di nuovo l´altro, con la fronte sporca di sangue, per colpirlo ancora.
<< James, smettila! >> Syrma cercó di staccarlo da Carl, spingendolo, ma fu lui a spingerla lontana. Si accaniva, senza vedere nient´altro, e Baston non reagiva, con la faccia grondante di sangue e gli occhi nonostante tutto disperati.
<< Experlliarmus! >> il suo incantesimo fu cosí potente che mandó James a gambe all´aria, mentre lei si avventava su Carl – prendendogli la faccia tra le mani giá macchiate di suo – cercando di mantenere il controllo.
<< Fammi vedere >> mormoró con voce flebile, mentre James affannava alle sue spalle. Aveva il naso rotto e la faccia ridotta un mezzo macello, ma continuava a guardare il ragazzo alle sue spalle.
<< Tu devi essere impazzito! >> Syrma si alzó, aiutando anche l´altro – traballante sulle gambe. Aveva le mani che tremavano, cosí James la guardó… riuscendo a trovare la paura.
L´aveva spaventata. Aveva perso il controllo e ora i suoi occhi sembravano argendo liquido – come un cielo irrimediabilmente rovinato.
<< Io… >> mormoró, ma lei lo stoppó alzando una mano come a volerli distanziare. << Non mi interessa. Ma non ho intenzione mai piú di assistere ad una cosa del genere. Mai piú! >> e con quelle parole gli diede le spalle, trascinandosi Carl appresso nonostante pesasse il triplo di lei.
James si guardó le mani, cercando di muovere le dita indolenzite, guardando la schiena di entrambi allontanarsi – continuando a non riuscire a dare un senso alla sua intera esistenza. Ma la Malfoy aveva ragione.
Stava impazzendo.
 
 ***


Erano le sette di mattina e Samuél si era ritrovato ad essere trascinato fuori dal letto da due bracce fragili – che in pigiama l´avevano trascinato per tutta la scuola, fino ai bagno di Mirtilla Malcontenta. Lui non sapeva nemmeno come ci era entrata Camélie nel dormitorio maschile, anche se sospettava che non era stata la sua prima volta, quella, e ora la guardava confuso mentre lei lo trascinava in uno dei bagni, chiudendosi la porta alle spalle con un sorrisetto sulla bocca.
Indossava giá la divisa e si allentó la cravatta con la mano destra, mentre con la sinistra lo costringeva a sedersi sulla tavoletta – baciandolo di getto. Era seduta su di lui quando gli infiló la lingua in bocca, sbottonandosi la camicetta e muovendosi lenta, come un serpente che dondola per incantare la sua vittima.
Mangiandosela viva.
Gli abbassó i boxer quel poco da permetterle di penetrarsi da sola – diretta – lasciva, senza nemmeno dargli il tempo di riprendere fiato. Aveva le mani sul suo collo e stringeva, scendendo verso il basso con le unghia per ricomincare da capo – partendo dai capelli scompigliati.
Spingeva il bacino verso di lui secca, quasi danzando, gemendogli nell´orecchio apposta. Samuél allora cercó di prendere il controllo, bloccandola per i fianchi e affondando le dita nella carne pallida – cercando di lasciarne l´impronta, come un cane che marchia il territorio.
Con una mano salí dietro la schiena, sfiorando la spina dorsale per arrivare dietro la nuca e tirarle i capelli – cominciando a farla muovere, decidendo lui come e quando con le dita salde.
La sentiva ansimare veloce proprio come il battito del suo cuore, che sembrava volergli uscire dal petto insieme a quei gemiti. Aumentó il ritmo, impazzendo nel sentirla cosí bagnata e calda mentre stringeva i muscoli interni attorno a lui.
Camélie rise e Samuél spinse l´ultima volta prima, trasformando quella risata in un urlo, prima di sentire l´orgasmo scuoterlo dall´interno. Il tempo rallentó e i granelli di polvere quasi si fermarono mentre lui le divorava la bocca, esplodendo.
Continuó a ciondolare su di lui, respirando a fatica e allora Samuél se la strinse contro – nell´imitazione di un abbraccio squallido. Si staccó, spingendolo e alzandosi, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
Si riabbottonó la camicia sotto il suo sguardo incredulo, in silenzio. Si passó una mano tra i capelli disastrati dalle sue dita, aprendo la porta,
<< Grazie >> disse prima di uscire, lasciandolo solo ancora seduto sulla tazza del cesso.
<< Ma a che gioco stai giocando? >> le urló dietro, rialzandosi i boxer e i pantaloni, seguendola con le scarpe da ginnastica ancora slacciate. Ma Camélie era andata giá via, lasciandolo come un cretino in pigiama a parlare da solo.
Rientró ai dormitori dopo essersi beccato un cazziatone dalla Mcgranitt, che gli aveva naturalmente chiesto cosa Merlino ci facesse di prima mattina in giro per la scuola con addosso il pigiama – insultandolo quando gli venne la brillante idea di risponderle che era sonnambulo.
Sonnambulo un corno. E cinque punti in meno a Serpeverde.
E buongiorno, mondo!
Ma naturalmente le cose non andarono affatto come aveva pensato: perché l´idea di rientrare nella sua stanza per una doccia veloce – e gelida, soprattutto – non gli era parso cosí tanto assurda, ma quando varcó la soglia di quella camerata, regnava il caos.
Rosier urlava come un matto, rosso in faccia e in piena crisi, mentre proprio sul suo letto un povero disgraziato se ne stava con la faccia gonfia e sporca di sangue tra le braccia di nientepocodimeno Syrma Malfoy; Joshua cercava di capire il danno, esaminandolo con mani delicate e Samuél si chiese dove diavolo fosse capitato.
Ma… dormiva?
Prima Camélie lo trascinava fuori per scoparselo sopra ad un cesso in disuso poi tornava in stanza e sembrava di ritrovarsi su una scena gangster Babbana, dove con le mani si risolvevano i vecchi problemi.
<< Ma cosa cazzo… >> mormoró e tutti si girarono di scatto verso di lui, straniti dal pigiama e i capelli sconvolti, i segni rossi sulla faccia e l´espressione da ebete. << Ci mancava solo lo Spagnolo >> sputó Vincent, afferrando la sua giacca color cammello e uscendo – non prima peró di avergli dato una spallata, mandandolo quasi a gambe all´aria.
<< Buongiorno anche a te, stronzo >> sbuffó e Joshua lo guardó con aria maliziosa. << E allora? Dove sei stato, Samuélito? >> cinguettó, come una di quelle vecchie somare che vivono di pettegolezzi.
<< Con sua sorella >>
Per un attimo i tre lo guardarono, anche lo sconosciuto con la faccia passata sotto un tritacarni, e lui si chiese cosa avesse detto di male. << Non dirmi che ti sei fatto la Rosier! >> masticó il moribondo, tenendosi la mandibola.
Samuél cercó di osservarlo meglio e dopo ben due minuti si rese conto che quello era Carl Baston – il portiere dei Grifondoro. Uno dei Cavalieri della Brigata di Potter. Quello che vendeva droga insieme a quell´altra mezza squinternata di una mezza Vampira.
<< Ma che ti é successo? >>
Carl sospiró e Joshua lo guardó con occhio critico. << Quello che meritava, probabilmente >> disse e Syrma scosse la testa – stanca di prima mattina. Ma cosa credevano di fare, tutti e due? Aveva la strana sensazione di aver superato una linea immaginaria con James Potter e non riuscire piú a tornare indietro.
Quella mattina, per un attimo, aveva risentito la sua voce ricullarla e io suoi occhi inghiottirla – trascinandola in un turbine pericoloso. Era come lanciarsi a metri di altezza, ma con la bracatura giusta.
<< Non é colpa di Carl >> ripeté le stesse parole che aveva urlato poco prima, cercando di fermare invece la parte cattiva di Potter – dirompente e brusca, come quella di una bestia. E aveva avuto paura di lui, di quelle stesse mani che l´avevano stretta, riportata alla vita, stavano invece cercando di distruggere quella di qualcun´altro.
Aveva davvero creduto che quella linea potesse non ferirla, una volta superata?
<< Io sapevo cosa facevo. >> bisbiglió, sorridendo appena – senza particolare inflessione. Joshua volse la testa verso di lei, che non ricambió, continuando a fissare la T-Shirt bianca di Samuél.
<< L´ho fatto apposta. Volevo provare qualcosa. Qualsiasi cosa. Io volevo che la mia mente reagisse – che dimenticasse – che non mi opprimesse!
Era questo che volete sentirvi dire? Sí, sono malata >> sputó allora, velenosa, staccandosi da Carl con rabbia e alzandosi di scatto – ancora in pantaloncini e felpa. << Guardami. Guardami negli occhi e dimmi cosa cazzo vedi! >> continuó, il petto che si alzava e abbassava per lo sforzo di non urlare. Si slegó i capelli innervosita.
<< Io non ci vedo piú un cazzo da quando ho preso coscienza di me stessa. Da quando quell´uomo ha cominciato ad insultarmi giorno dopo giorno, umiliandomi a cene di famiglia e Party esclusivi. In me non ci vedo niente da quando ha cominciato a bacchettarmi dietro la schiena quando i miei genitori non c´erano – perché ero femmina e non meritavo niente >> la sua voce andava crescendo e Samuél e Carl la guardarono, ammutoliti.
Syrma rise e Joshua sentí il cuore andare in mille pezzi nel vedere quanto effettivamente fossero vuoti i suoi occhi. E spenti. Proprietari di un nulla cosmico che non avrebbe fatto altro che ferirla. Ucciderla. Sotterrarla viva.
<< Io non provo piú niente da quando mi é venuto il primo ciclo e questo non ha fatto che affermare la vergogna di essere quello che ero. E allora lui mi ha messo le mani addosso perché essere donna voleva dire anche quello… avevo undici anni. E quasi mi sono scorticata la pelle con la spugna ruvida in doccia >>  e lo rivide insieme a lei, con la faccia distorta dalle paure di una bambina, nelle vesti di un mostro che non meritava nemmeno di vivere sul suo stesso pianeta.
Joshua lo sapeva. Lo aveva visto nei suoi occhi, sentito con le sue orecchie, vissuto con il suo cuore… e non aveva mai detto niente. Era sempre stato in silenzio, cercando di tenerla piú lontana possibile da quella casa, perché aveva paura. Perché era un bambino con un potere pericoloso e il Ministero non voleva fare altro che rinchiuderlo da qualche parte per esaminarlo.
E aveva avuto paura per lui stesso e poi perché non sapeva cosa fare. E quando lo aveva capito, una volta abbastanza cresciuto da sputare in faccia ai lecchini del Ministro, lei lo aveva costretto ad un Incanto Fidelius – impedendogli di parlare con Draco di quello che succedeva sotto il suo tetto da anni, ormai.
Sarebbe impazzito e Syrma lo sapeva, proprio per quel motivo non aveva mai parlato – preferendo tenere al sicuro suo padre da se stesso; ed era cresciuta nell´ansia, nel terrore di ritornare a casa. Perché suo padre aveva cercato di tenere a bada quell´uomo, ma lei non era mai stata abbastanza „Malfoy“ da contrastarlo – come sarebbe dovuto essere di fatto.
Perché forse… nascere uomo sarebbe stato diverso. Sarebbe stato il primogenito perfetto, che avrebbe portato avanti il nome e il prestigio di famiglia; e invece no, era femmina e aveva tolto spazio a suo fratello. Non sarebbe mai stata in grado di gestire alcunché.
Perché era solo un involucro, un contenitore – un corpo e una faccia da esibire ai colleghi e agli amici. Lei non poteva provare sentimenti o emozioni. A lei non erano dovuti diritti, ma solo doveri.
Una schiava, ecco cos´era.
Aveva due catene che gli stringevano mani e gola, strozzandola, e non si sarebbe mai liberata finché quel cognome le avesse gravato sulla testa come una spada di Democle.
<< Quindi non é stato Carl, ma sono stata io. >> mormoró, lasciando cosí la stanza e loro in un silenzio allibito, distrutto, annichilito.
Carl non proferí parola. Lui era un Purosangue, sapeva come funzionava in quel tipo di famiglie: una mentalitá retrogada che rimaneva piantata come una radice velenosa – rendendo cosí i suoi rami e frutti giá marci ancor prima della nascita.
<< Lucius? >> chiese, guardando Joshua con gli occhi pesti – che intanto fissava il punto dove prima c´era Syrma. << No. Il vecchio Lucius era sempre tenuto d´occhio da Draco… troppo concentrato su di lui per vedere altro >> rispose, senza potersi sbilanciare ulteriormente.
<< Perché non hai mai detto niente? >>
Joshua quella volta non pianse, no. Gli sembrava di averlo fatto cosí tanto in quegli anni da non riuscirci piú. << All´inizio avevo paura, poi mi ha messo sotto incanto Fidelius. >> bisbiglió – provando quasi compassione per se stesso.
Se non avesse aspettato cosí tanto… forse, forse sí, quella storia non sarebbe continuata cosí a lungo come invece era successo. E in quegli anni si era fatto carico di quel segreto che un pó, insieme a lei, lo aveva ucciso dentro – facendolo sentire impotente, inutile. Quasi un parassita.
<< Perché l´ha fatto? >>
<< Forse temeva che suo padre sarebbe stato capace di ucciderlo. Oppure teme di essere giudicata e inamata, come qualcosa di rotto che poi butti nella spazzatura >> disse Joshua – mentre Samuél se ne stava in silenzio. La testa gli frullava di informazioni, pronta a scoppiare, ma era sicuro: lui avrebbe fatto qualcosa.
<< Ora pensiamo prima alla tua faccia, Baston. E dopo cercheremo di risolvere quest´altro problema. >> fu pragmatico come sempre e prese la situazione in pugno. Cercarono di recuperare qualche incantesimo e pozione per aggiustargli la faccia, insultandosi di tanto in tanto.
<< Certo che non si puó fare granché >> borbottó Joshua, ficcandogli in gola l´ultima pozione rubata dall´Infermeria. Carl gli mostró il dito medio e Samuél fece un passo indietro per osservare la sua opera.
<< Beh… se vai a dire in giro che stamattina eri ubriaco e andavi a sbattere contro i muri… forse… >> disse e Carl lo scansó per andare nel bagno e guardarsi: l´occhio era verdastro, verso la guarigione e la mascella mezza martoriata, ma tutto sommato sembrava davvero che avesse sbattuto contro tutta la stanza.
<< Meglio di prima >> sospiró, ritornando sui suoi passi. Erano leggermente in imbarazzo, ma uscirono dalla stanza insieme – parlando del piú e del meno per raggiungere la Sala Grande, evitando l´argomento che martellava la testa di tutti quanti, in quel momento.
Ma Samuél non aveva mentito. Non quella volta. Quindi, una volta finita la colazione, invece di andare con gli altri ad Hogsmeade – visto che era Sabato – si diresse nell´ufficio della Preside.
<< Sorbetto al limone >> disse, una volta davanti al Gargoyle di pietra che proteggeva l´entrata; quello si spostó, lasciandolo entrare e Samuél salí le scale a chioccola cercando di rimanere calmo.
<< Salve. >>
La faccia rugosa della Mcgranitt, di primo acchitto, lo aveva spaventato. Aveva l´aria di quelle vecchie bastarde che avevano cercato di portarlo piú di una volta lontano da sua madre. Poi ci aveva parlato e lei – con voce brusca – gli aveva ordinato di prendersi un biscotto. E i suoi occhi si erano addolciti.
<< Ho bisogno di raggiungere il Quartier Generale >>
La Mcgranitt annuí. << Ti aspettano >> disse, mostrandogli con una mano la polvere magica sul ripiano di legno – posizionato proprio appena un paio di centimetri sul camino. Samuél ne afferró una manciata, ringraziandola con un cenno del capo e con tutto il fiato urló << Grimmauld Place numero 12! >>, sentendo il familiare strappo all´ombelico di quando viaggiava in quel modo.
Quel vortice di colori e suoni gli metteva sempre la nausea e una volta sparita la faccia della Mcgranitt non ci mise molto nel cascare a faccia in giú, come letteralmente sputato dal camino, su un tappeto rosso molto soffice e costoso.
Samuél tossí, cercando di riprendersi – ma prima che provasse anche solo a rialzarsi, ancora accecato dalla polvere, due mani lo tirarono sú, traballante. << Ti senti bene, ragazzino? >>
La stanza cominció a prendere forma, con le pareti tappezzate d´oro e fotografie  appese ogni dove – e i mobili di cedro scuro che richiamavano il vero padrone di quella casa. Un Black. Perché era proprio con i gusti del suo padrino che Harry Potter aveva riarredato il Quartier Generale dell´Ordine della Fenice.
Samuél ci aveva parlato poche volte con quell´uomo e gli era parso subito sulla difensiva. Ma come dargli torto? Per loro, lui era solo un ladro. Un ragazzino che si era fatto fregare dagli Auror Spagnoli come un novellino – un cambia bandiera. Una mina vagante, ecco.
<< Cazzo >> disse, quando riconobbe l´uomo che lo aveva tirato su senza sforzo. E come avrebbe potuto non riconoscerlo? Alto, distinto e vestito completamente di nero: il volto era sfilato e dal mento leggermente aguzzo, i capelli di un biondo particolarmente platino e due occhi grigio piombo che lo sondarono straniti quando si lasció sfuggire quella sua particolare riflessione a voce alta.
Era Draco Malfoy. Il motivo per cui aveva trascinato il suo culo secco fin lí.
<< Ma porca pu… >> continuó, venendo poi interrotto da una seconda voce. Harry Potter infiló la testa nel salottino giusto per ritrovarsi davanti la sua faccia terrea e l´espressione impietrita di Malfoy. << Lo hai giá spaventato? >> borbottó, critico.
<< Io non gli ho detto proprio niente, San Potter. É lui lo strano. Sta dicendo „cazzo“ da quando mi ha visto >> disse Draco, guardandolo un ultima volta con superioritá e poi dandogli le spalle per raggiungere l´ex compagno di scuola nella piccola cucina.
<< Beh, ha capito tutto dalla vita, Malfuretto >> sbuffó allora Harry. << Vieni o no? >> e con quello lo invitó in cucina – dove attorno un lungo tavolo erano sedute altre cinque persone.
Un bel mazzo di gigli bianchi erano al centro e una donna dai capelli rossi li aggiustava meticolosamente, con addosso un grembiule rosa da cucina: aveva appena poggiato un vassoio pieno di dolcetti e caffé e quando alzó gli occhi, Samuél non ci mise molto a fare due piú due.
Aveva gli occhi di James Potter. Lo stesso nocciola macchiato di verde, l´ardore, il fuoco che sembrava rendere vive quelle iridi. << Lei deve essere la signora Potter. Assomiglia molto a James >> disse, abbassando il capo in segno di rispetto. E lei sorrise, con qualche efelide sul naso piccolo e i capelli rossi come lingue di fuoco a danzarle attorno al viso.
<< Non me l´ha mai detto nessuno >>
Giá. Effettivamente, con una forte miopia e senza occhiali, da lontano James era la fotocopia del signor Potter. Ma quegli occhi e la bocca a forma di cuore non potevano che essere della donna che gli stava di fronte.
<< E allora? >>
Samuél vide il Ministro Schacklebolt seduto a capo tavola a sorseggiare il suo thé e un´altra donna dai capelli ricci e folti seduta al suo fianco – rigida. << Ti siedi o no? >> e non se lo fece ripetere due volte, sedendosi proprio vicino all´uscita. Ginny sogghignó, divertita.
<< Io… >>
Un altro uomo dai capelli rossi lo guardava seduto proprio a due posti di distanza e Samuél tossí, imbarazzato. << Sono andato a letto con la Rosier, stamattina >>
Il Ministro sputó il suo thé tutto in faccia all´uomo dai capelli rossi, mentre Harry cominció a sbattere ripetutamente la fronte contro il tavolo di legno. << Beh, poteva andare peggio >> borbottó Draco Malfoy, incrociando le braccia al petto e afferrando il suo caffé rigorosamente nero e senza zucchero.
<< Cioé… non sono venuto quí per dirvi questo. Ma comunque avevate ragione, perché mi ha detto che ci sará da divertirsi alla gita >> continuó ed Hermione Granger scosse la testa riccioluta – sospirando pesantemente.
<< Quella ragazzina non fará altro che causarci problemi! >> sibiló, nel suo Tallieur rosa pesca, mentre il resto annuiva. Aveva un´aria familiare, ma non riusciva a collocarla da nessuna parte. Gli occhi erano grandi e bruni e la linea del collo sottile.
<< E… >> la sua voce si bloccó e Samuél tossí. Tutti lo guardarono, interdetti, e lui cercó di farsi piccolo sulla sedia dove si era seduto. Lui… voleva solo fare qualcosa di buono per qualcuno.
Era vero. Aveva sbagliato e continuava a sbagliare. Non aveva avuto bandiere e riguardi nelle altre persone – pensando solo al proprio benessere e quello della sua famiglia; aveva perso il controllo, era quella la veritá.
Non era riuscito a fermarsi quando era il momento e a soli diciassette anni si era ritrovato con lo sterco fino al collo, pronto a sommergerlo. Ma doveva farlo. Se quello poteva significare salvare l´anima di una persona.
<< C´é un problema con la Malfoy. >>
La stanza si ammutolí. Draco Malfoy alzó di scatto la testa, pallido come un cadavere ed Harry Potter si giró per guardarlo di scatto – come a volergli guardare dentro, leggendogli il pensiero.
<< Io… l´ho tenuta d´occhio, ultimamente – insieme al suo amico Zabini. E penso che voglia uccidere una persona >>
Oh… se un volto potesse rappresentare la parola paura, quello di Draco Malfoy sarebbe stato perfetto in quell´esatto momento. I suoi occhi plumbei erano una tempesta di emozioni, ma il suo corpo era immobile – calmo, inflessibile come quercia centenaria.
<< Di che stai parlando? >> la voce di Hermione Granger era un sussurro e allora Samuél si passó le mani sulla faccia, con l´aria che sembrava volergli venire meno nei polmoni.
Come… come spiegare una vita di sopprusi? E scelte sbagliate? Era come essere picchiati dalla vita, ingiustamente e poi ricambiare a colpi di ascia – passando nel torto piú totale.
<< Ha cercato di uccidersi perché qualcuno abusa di lei da … beh, praticamente da sempre >> era strano dirlo ad alta voce. Ma era quella la realtá: la Malfoy si era calata cosí tanta roba cercando di stordirsi cosí tanto da poter dimenticare.
E Draco Malfoy lo guardó ancora, ora confuso. Sbatteva ripetutamente le palpebre, come se non riuscisse a realizzare nella propria testa le sue parole. E allora Samuél decise di ricambiare quello sguardo, una mano sul petto e gli occhi decisi.
<< Io non so´chi sia questa persona e l´unico che ne é a conoscenza … é sotto incanto. Ma vuole vendicarsi, capisce? E se Zabini non é uno stupido, lo fará durante questa gita.
L´unico pezzo di anima integro che le é rimasto andrá in frantumi nello stesso momento in cui metterá fine alla vita di una persona. Anche se quella persona é un pezzo di merda che merita di morire nelle piú atroci sofferenze! >> disse, cercando di strappargli un barlume di luciditá nella rabbia che stava crescendo in quell´uomo.
In quel padre.
<< Che cosa cazzo stai dicendo? >>
La voce di Draco Malfoy sembrava uscita dall´oltretomba, ma Samuél non si lasció intimidire. Non quella volta. Non quel giorno.
<< Le sto dicendo che un maiale ha picchiato sua figlia da quando lei ne ha memoria. E poi ha cominciato ad abusare di lei quando era abbastanza grande da poter dire all´1800 che é la comunitá Magica che era stata lei a provocarlo >> e fu cosí duro che Hermione Granger sobbalzó sulla sedia, inorridita.
Ginny Weasley in Potter si portó le mani alla bocca, pallida come un cencio, ma nessuno osó parlare oltre lui. Samuél poggió una mano su quella dell´uomo – con gli occhi di quel bambino che non era mai cresciuto.
Che non era mai potuto crescere, perché era cosí che funzionava dalle sue parti.
<< Tu… tu sei l´unico che puó aiutarla, ma non come pensa. Sono venuto quí perché mi serve aiuto. E tu devi rimanere lucido e soprattutto libero per farlo >> continuó e allora Draco Malfoy annuí, cercando di tenere ferme le mani da quel tremolio.
<< Pensi che siano collegati agli attacchi a Malfoy Manor degli ultimi tempi? >> gli chiese Harry, ma l´altro scosse la testa – lasciando che un ciuffo di capelli gli coprisse lo sguardo tormentato.
<< Io ho un piano >> disse Samuél e tutti puntarono gli occhi su di lui.
Beh… se c´era da ballare, bisognava farlo bene, no?

 
 
 
 

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