Juste un avant-goût - Basta un assaggio

di JennyPotter99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La règle de la tranquillité- La regola della tranquillità ***
Capitolo 2: *** Le voleur et la chien- La ladra e il cagnolino ***
Capitolo 3: *** Le portrait et les pierres préciuesses – Il ritratto e le pietre preziose ***
Capitolo 4: *** Le casserole et le boycott de l’immoralité – La padella e il boicottaggio dell’immoralità ***
Capitolo 5: *** Lâchez prise- Lasciarsi andare ***
Capitolo 6: *** Je n’ai pas pu deviner ton préféré- Non sono riuscita ad indovinare il tuo preferito ***
Capitolo 7: *** La frénésie et la porte qui grince- L’abbuffata e la porta che cigola ***



Capitolo 1
*** La règle de la tranquillité- La regola della tranquillità ***


In un piccolo spiazzo di verde, nella campagna francese, ergeva la piccola città di Lansquenet.
Tra i cittadini, vigeva la regola della tranquillité.
Ogni abitante non si scostava mai dal suo compito.
Ci si alzava, si andava al lavoro e si seguiva la corretta via del matrimonio se si era sposati.
Ed ogni domenica, l’intera città si riuniva a messa, ascoltando i sermoni del giovane padre Henri che aveva appena sostituito quello vecchio.
Era un normale paesino con normali persone che non si scostavano mai dalla loro normale vita.
A mantenere l’equilibrio, c’era il sindaco, il conte Paul de Reynaud, così vigile sulla regola  della tranquillité da scrivere i testi lui stesso per il prete.
Al centro della piazza c’era la chiesa, con davanti l’enorme statua dell’antenato di Reynaud, con una smorfia molto triste: di fatti, era da generazioni che la sua famiglia vegliava sul paesino.
Il parrucchiere dove le donne madre si riunivano per spettegolare, una lunga fila di abitazioni e infine, proprio alla destra della chiesa, una vecchia catapecchia che molto tempo prima era stata una pasticceria, la pasticceria della signora Armande, ormai invecchiata.
In una tranquilla domenica di inverno, mentre tutti erano all’interno della chiesa per l’incontro settimanale, nessuno si aspettava che la loro vita sarebbe presto cambiata.
Da due barchette provenienti dal fiume Tannes, giunsero due donne con tre valigie e coperte da un mantello rosso con cappuccio.
Da nord volava un vento freddo e forte che addirittura fece spalancare le porte della chiesa.
Le due donne si avviarono a casa della signora Armande che stava riposando.
Aveva quasi raggiunto i 70 anni, di fatti i suoi capelli erano lunghi e bianchi, ma tendeva a legarli per nasconderli.
Aveva da sempre vissuto da sola, dopo la morte del marito e questo l’aveva resa, a primo impatto, antipatica e burbera.
Si mise gli occhiali per vedere meglio quelle due figure rosse che le si erano presentate in casa.
-Voi chi siete?- domandò, alzandosi dalla poltrona col bastone.
Una delle due si tolse il cappuccio sorridendole.- Salve, io sono Anouk e lei è mia madre Vienne.-
Anouk era una giovane ragazza sulla trentina, con una lunga chioma di capelli neri, le labbra rosse, le guance bianche e gli occhi scuri.
Vienne, invece, aveva i boccoli nocciola, un grande sorriso e gli occhi sempre ben truccati. -Siamo qui per comprare la sua pasticceria e anche l’appartamento soprastante.- continuò lei. 
Sapendo che le avrebbe fruttato un bel po' di franchi, Armande le condusse alla baracca vicino la chiesa, dove tutti se ne erano andati per via del temporale in arrivo.
Aperta una porta a vetri celeste, c’era un enorme salone con mensole tutte impolverate e vecchi utensili quasi arrugginiti.
-Trattatela bene.- borbottò infine Armande, andandosene con i soldi.
Vicino al bancone, salite le scale a chiocciola, c’era una piccola stanza con un letto matrimoniale, un divanetto e un armadio a due ante.
Le due donne si armarono subito di straccio e secchio pieno di sapone per dare una ripulita a tutto lo stabile.
Si riposarono solo per la notte, dato il lungo viaggio.
Vienne e Anouk venivano da Vienna, ancora prima avevano abitato a Pavia e ancora prima nemmeno se lo ricordavano.
Viaggiavano molto, erano in continuo movimento, come gli stormi d’uccelli che si muovono insieme a seconda del vento che tira.
La loro famiglia proveniva dalle antiche tribù Maya e perciò tutti i loro oggetti ricordavano vagamente quei tempi in cui gli indigeni si mettevano intorno al fuoco per raccontarsi le storie.
Sul comodino accanto al letto però, non poteva mancare il contenitore con le ceneri della nonna.
Arrivare in un nuovo posto significava sempre doversi abituare alle abitudini e alle persone del luogo e spesso quest’ultimi non li accoglievano proprio bene.
***
Il giorno dopo, mentre le due si apprestavano a pulire il pavimento e il bancone, entrò nel negozio il Conte Paul per dargli il benvenuto.
-Buongiorno, sono il conte de Reynaud.- disse ad Anouk, stringendole la mano.
-Molto piacere, io sono Anouk e lei è mia madre Vienne.- le disse la ragazza.
-Sono solo venuto a darvi il benvenuto e anche ad augurarvi buona fortuna.- ridacchiò l’altro, tra i suoi baffi neri.
Il conte de Reynaud teneva molto al suo aspetto: i capelli erano sempre ingelatinati, lo smoking grigio sempre ben stirato e i baffi ben curati.
In realtà non si sapeva come facesse, dato che erano mesi che sua moglie era in viaggio per l’Italia e a nessuno aveva mai detto quando sarebbe tornata.
Anouk sorrise con lui, ma in realtà non aveva ben capito la battuta.- In che senso, mi scusi?-
-Beh, è un po' azzardato aprire una pasticceria durante la quaresima.- commentò egli, tornando subito serio, come se gli si fosse toccato un parente caro.
-Oh, ma noi non apriremo una pasticceria.- replicò Anouk.
Il conte la guardò accigliato.- E cosa allora?-
La ragazza ne era parecchio entusiasta.- Sarà una sorpresa, buona giornata.-
Proprio per celare il tutto, su ogni vetro che faceva vedere il dentro da fuori, Vienne mise dei giornali.
Per una settimana le donne si misero in cucina preparando svariati dolci, con cioccolato e altrettanti ingredienti, di forme e sapori diversi.
I bambini che tornavano a casa dalla scuola tentavano sempre di spiare tra gli spiragli dei giornali, vedendo solo però Vienne che mescolava, impastava e macinava il cioccolato.
Perfino il cagnolino del signor Blerot, Charlie, tirava il collare per andare ad annusare ciò che c’era dietro la porta.
Quella domenica, in cui le due donne decisero finalmente di aprire, Anouk prese una scala e attaccò l’insegna: Cioccolateria Maya.
Tolsero i giornali dai vetri, scoprendo scaffali pieni di dolci al cioccolato.
Usciti dalla chiesa dopo la messa, i bambini iniziarono a giocare con la gomma di una ruota, facendola roteare per strada e rischiando che una signora, in compagnia di suo figlio, quasi inciampasse.
-Accidenti, fate attenzione!- esclamò ella, ripulendosi la gonna.
Era una signora molto elegante, con dei boccoli rossi e gli occhi azzurri.
Il bambino accanto a lei, probabilmente suo figlio, era pallido in viso e il suo ciuffo era biondo scuro.
Anouk aveva assistito a tutto.- Oh signora, mi spiace, sta bene?-
-Sì, non si preoccupi.-
-Mi chiamo Anouk e dentro c’è mia madre Vienne.- continuò la ragazza, stringendogli la mano.
-Io sono Caroline, la figlia della sua proprietaria e lui è mio figlio Luc.-
-Venite dentro, è caldo.- le disse Anouk, facendola entrare.
Vienne aveva appena preparato la cioccolata calda e la servì sul bancone.- Prego, assaggiate pure.-
Luc sarebbe stato molto tentato, ma sua madre lo guardò duramente, scuotendo la testa.- No, non possiamo, digiuno quaresimale.- rispose, stringendogli la spalla come se non volesse mollarlo.- Non vi ho visto stamattina alla messa.-
-Oh, no, noi non siamo praticanti.- spiegò Vienne.
Aver pronunciato quella frase, per i cittadini di Lansquenet, era pari ad aver venduto l’anima al diavolo.
Insieme alla piccola famiglia, era entrata anche una donna curiosa, sulla cinquantina, con il capo coperto da un fazzoletto blu.
Capendo che voleva saperne di più, Anouk prese un piatto con alcuni disegni delle tribù Maya e lo fece girare sul bancone.- Mi dica cosa vede.-
-Anouk è molto brava a capire i gusti delle persone.- commentò Vienne.
La signora posò gli occhi sul piatto che continuava a girare.- Ehm…Una donna su un cavallo selvaggio?-
Anouk prese quindi da una mensola un piatto pieno di cioccolatini triangolari.- Questo è quello che ci vuole per lei: piccanti, per accendere il fuoco nell’anima. Assaggi pure.-
Ella diede un morsetto e nella sua bocca, come aveva detto Anouk, le sue papille gustative presero a cavalcare.
Vienne fece girare il piatto anche per il bambino.- E tu cosa vedi?-
-Io vedo… Ossa…Sangue…Uno scheletro.-
-Molto amaro.- gli disse Anouk.- E’ il cioccolato che preferisci.-
-E che dovrà aspettare per altre 5 settimane ancora.- intervenne Caroline, attirandolo a se.- Grazie, ma ora dobbiamo proprio andare.-
-Quanto vengono quei dolci al peperoncino?- domandò l’altra signora.
-4,50 la scatola.-
-Può metterci anche un fiocco? Così faccio finta che sia un regalo di mio marito.-
-Ma certo.-
Mentre Anouk preparava il pacchetto, notò che una signora, dall’aria malconcia, dava un’occhiata alla vetrina.
-Quella è Josephine Muscat, balla una canzone tutta sua.- le disse la signora.
Vienne prese anche un pacchetto con altri cioccolatini.- E questi sono per suo marito, per risvegliare la passione.-
L’altra ridacchiò.- Si vede che non ha mai conosciuto mio marito.-
La donna le fece un occhiolino.- Si vede che lei non ha mai assaggiato questi.-
 

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Capitolo 2
*** Le voleur et la chien- La ladra e il cagnolino ***


 
Ogni volta che Anouk chiudeva gli occhi per andare a dormire, credeva che il giorno dopo si sarebbe rialzata in un letto diverso da quello della sera prima.
Era una tradizione di famiglia cambiare posto ogni volta che un irrequieto vento le soffiava accanto, scompigliandole i capelli, sfiorandole la pelle bianca.
Non si era mai abituata a nessun posto, né si era mai affezionata alla gente.
Una delle storie che Vienne gli raccontava da piccola, era proprio quella che spiegava le origini di tutto questo viaggiare.
Tra il 1910 e il 1920, un farmacista venne ingaggiato per una spedizione tra le tribù dei Maya per studiare le piante curative.
In particolare, i chicchi di cacao, imparando le loro proprietà.
In quello stesso villaggio, conobbe la madre di Vienne, che però, tuttavia, etichettata come selvaggia, non era adatta come sposa.
Il farmacista decise di non ascoltare le voci e con lei creò una famiglia.
Ma poi, una mattina d’inverno, si risvegliò da solo: madre e figlia erano partite, in giro per il mondo, esponendo a tutti le miracolosità del cioccolato.
Anouk non era mai stata molto d’accordo, lo faceva per sua madre, fin da quando era una bambina.
Però, lo spostarsi continuamente, stava facendo ammalare Vienne.
Quella sera, Anouk aprì gli occhi e notò che sua madre non le riposava accanto.
Vide che la luce della cucina, di sotto, era accesa, così scese a vedere.
A notte fonda, Vienne si era messa a cucinare altra cioccolata.
-Mamma, che stai facendo?- le domandò, mentre lei era tutta affaccendata.
-Come che sto facendo, sciocchina. E’ finita la torta al cioccolato e i brownies, li sto rifacendo.- rispose lei, come se tutto ciò fosse normale.
-Mamma, ma è notte fonda…-
Improvvisamente, Vienne afferrò la spatola per mischiare il cioccolato.- Io lo so cosa cerchi di fare! Vuoi farmi sembrare pazza! So che non ti piace viaggiare, ma dobbiamo farlo, tua nonna lo faceva e perciò anche noi!- esclamò, puntandogliela contro.
Vienne aveva uno stadio in avanzamento di Alzheimer, solo che Anouk non glielo aveva mai detto dal giorno in cui l’aveva saputo dai medici a Vienna.
Sapere di essere malata, avrebbe interrotto la tradizione e così, probabilmente, deluso la nonna.
-Mamma, no…Non voglio questo…Lo sai…- ribatté lei, accarezzandole lentamente le spalle.
Vienne incominciò a guardarsi attorno e poi scoppiò a piangere.- La nonna è morta…- singhiozzò, stringendosi alla figlia.- La nonna è morta…-
Anouk l’abbracciò stretta.- Sì, mamma, mi dispiace…- continuò a sussurrarle, riportandola lentamente al letto.
***
La mattina dopo, appena aperti, Anouk mise negli scaffali in basso i vassoi con i cioccolatini fatti da Vienne durante la notte.
Mentre era accovacciata, la donna dall’aria scompigliata entrò nel negozio furtivamente.
Probabilmente non aveva notato Anouk, perché, svelta, afferrò una scatolina di cioccolatini alla crema e se la mise in tasca.
Anouk non aveva idea di cosa affliggesse quella donna, ma dal suo aspetto non sembrava passarsela molto bene.
Lentamente, Anouk si alzò.- Buongiorno.- le disse, sorridendo: qualsiasi altra persona le avrebbe dato subito contro, ma lei voleva capire il perché stesse rubando. -Desidera qualcosa?-
Anouk aveva saputo che quella signora si chiamava Josephine e tutti la definivano un po' strana, esteriormente.
-Qui è caro e io non spreco io soldi.- borbottò a bassa voce, prima di uscire.
Quando aveva messo la mano in tasca, Anouk giurò di aver visto un grosso graffio tutto rosso e non sembrava una ferita da incidente.
Nello stesso istante, tre vecchie signore si fermarono a guardare la vetrina: si trattava della signora Odelle e le sue amiche.
La tipica signora elegante, con delle onde grigie nei capelli e quasi alcuna ruga.
Dietro di lei, il signor Brelot teneva stretto al guinzaglio il suo cagnolino che continuamente l’andava ad annusare.
Quella donna non era l’unica cosa che sembrava piacerle, dato che fu attirato anche dall’odore del negozio.
-No Charlie, lì no.-
Anouk ridacchiò e prese un biscotto a forma di pesce.- Prego, entri pure.- gli disse, dandolo all’animale.- Come si chiama?-
-Charlie, ha 15 anni…Che sarebbero 98 per gli umani. Gli rimangono così poche gioie.-
-No, non il cane, dicevo lei.-
-Oh, mi chiamo Guillame Brelot…Lei è molto gentile.-
Anouk aveva ben notato gli sguardi che si scambiavano lui e la signora Odelle.
-Che ne dice di acquistare qualcosa di speciale per la signora di cui il suo cagnolino è tanto invaghito?- gli domandò, cercando di stuzzicarlo a fare un passo avanti. -Credo che preferisca le mezze lune al cioccolato.-
-Oh, no, non posso…La vedova Odelle è in lutto per suo marito.- rispose l’altro.
-Oh, mi dispiace, quando è successo?-
-Durante la guerra…Nel ’17… Lei ne rimase sconvolta.-
Erano passati molti anni dalla guerra e Anouk capì che probabilmente quella era solo una scusa per giustificarsi del fatto che aveva paura a farsi avanti.
***
Quello stesso pomeriggio, con grande sorpresa, venne a fargli visita la signora Armande.
-Come avete arredato questo posto? Stile bordello pre-colombiano?- commentò, guardandosi attorno per poi sedersi al bancone.
Vienne la ignorò e le fece girare il famoso piatto davanti agli occhi.- Cosa ci vede?-
L’altra sospirò.- Ci vedo una signora troppo vecchia per i giochetti.-
-Molto bene, so io che ci vuole.- continuò Anouk, riempiendo una tazza di cioccolata calda, aggiungendoci una polverina.
-La sua cannella sembra rancida.-
-Non è cannella, è un tipo speciale di peperoncino.- le rispose, mettendo infine un cucchiaino di panna.
Armande alzò le sopracciglia.- Peperoncino nella cioccolata calda?-
-Assaggi.-
La signora prima l’annusò e poi bevve un sorso, senza fare commenti.- A sua figlia non dispiace tutto questo spostarsi?-
Anouk stava per rispondere, ma la madre l’anticipò.- No, io credo che le faccia molto bene.- rispose, accarezzandole la spalla.
-Io non sono sempre stata così, sa. Alla sua età…Q-Quanti anni hai?-
-27, signora.-
-E non chiamarmi signora, non sono tua nonna!- esclamò, continuando però a bere.- Mi ricordo, quando con mio marito, sono scappata di casa senza che mia madre lo sapesse. Era una bacchettona, mia madre. Nuotammo nudi nel Tannes per tutta la notte…E quando tornai a casa, al mattino, mia madre mi bussò dicendo: Svegliati dormigliona!- raccontò, scoppiando a ridere.- Non aveva idea che fossi stata fuori!-
Quel racconto fece ridere anche Anouk e Vienne, fin che da fuori la vetrina non intravidero padre Henri che dava un’occhiata.
Non si capì se fosse per spiarle o per vedere la merce.
Ad Anouk sembrava solo un giovane ragazzo spaventato, sicuramente sotto l’effetto del rigido conte.
Anouk si avvicinò al vetro e fissò quel piccolo uomo tutto rosso e con i ricci ingelatinati.
Di scatto, gli fece una linguaccia e lui sobbalzò, fuggendo via.
-Sicura che non ci hai messo del liquore, qui dentro?- domandò Armande, finendo la sua cioccolata in pochi sorsi.
-Assolutamente no.-
-Dovrebbe darne un po' anche a mia figlia.-
-Lei e Caroline avete qualche problema?- chiese Vienne.
-Non mi permette di vedere mio nipote. Secondo lei non sono adatta a fare la nonna. In verità, quel ragazzino non lo lascia mai in pace, ha sempre paura che si ammali o cos’altro, da quando è morto il marito. Ti assicuro, quel ragazzino non piscia senza che lei lo controlli.- spiegò Armande.
Ad Anouk sembrò molto ingiusto.- Mi spiace.-
Un’altra cosa che le sembrò ingiusta, era non sapere come mai Josephine avesse rubato nel proprio negozio.
Così, l’indomani, raggiunse il bar del marito Serge, il bar la Republique: fu facile trovarlo dato che era uno dei tre bar principali del villaggio.
Serge Muscat era un uomo dalla testa rasata, un accenno di barba e l’alito che sapeva sempre di alcool.
Solo entrando in quel posto, Anouk si accorse in che condizioni Josephine doveva vivere.
-Salve, le occorre qualcosa?- le domandò lui.
Anouk tirò fuori la stessa scatola di cioccolatini che la moglie aveva rubato.- Sua moglie ha lasciato da me questo, vorrei riconsegnarglielo.-
-Va bene, lo lasci qui e poi glielo darò io.-
Ma la ragazza non si fidava affatto.- Oh no, vorrei dargliela io stessa.-
Così, Anouk si avviò nelle cucine, notando che, Josephine, mentre puliva, aveva in dosso un prezioso braccialetto.
Anouk giurò di averlo visto alla vedova Odelle il giorno prima.
Non appena Josephine la vide, si fece seria e impaurita.- Che ci fa lei qui?-
-Sono venuta a ridarle questo.- le rispose, porgendole il pacchetto.
In quel momento, Josephine capì di esser stata smascherata.- Io non rubo…N-non di solito…- balbettò, stringendo le spalle.
Anouk le fece un sorriso tranquillo.- Chi sono io per giudicare? Avanti, assaggi, mi dica se ho esagerato troppo con la crema.-
Allora Josephine lo scartò e se lo mise in bocca.
Subito dopo, chiuse gli occhi con un grande sorriso, come se fosse la cosa più buona che avesse mai mangiato.
-Josephine!-urlò Serge dal negozio.
Improvvisamente, la donna sputò il boccone e lo gettò.- Arrivo!- gli disse spaventata, come se da un momento all’altro sarebbe venuto a tirarle i capelli.- Lui parla di voi…Dice che siete sfrontate…-
Anouk immaginava che un tipo come Serge avrebbe avuto da ridire.- Non sono tenuta ad ascoltare suo marito…-
Josephine scosse la testa.- Non lui, il conte…Va in giro dicendo calogne, dice di non avvicinarsi alla vostra cioccolateria…Dice: Povera quella ragazza illegittima e sua madre.-
Anouk strinse i pugni con rabbia: non voleva permettere oltre che il sindaco sparlasse male della sua famiglia.
Subito dopo, si avviò nel suo ufficio, accanto alla chiesa.
L’uomo stava tranquillamente correggendo uno dei sermoni di padre Henri, con accanto la foto di una bella donna, sua moglie.
Anouk aprì decisa la porta, poggiandosi alla scrivania.- Sto forse infrangendo qualche legge?!-
-Cioè vuole sapere la mia opinione?- domandò lui, tranquillo, senza che niente lo scalfisse.
-Sì, la prego, dato che non mi sembra che io stia facendo del male a qualcuno.- affermò Anouk, incrociando le braccia.
-Mi ascolti bene: mio nonno, il primo conte di questo villaggio, ai suoi tempi espulse tutti i ribello ugonotti. Mi creda, che prima della domenica di pasqua, la sua cioccolateria andrà fallita, è una promessa.- rispose lui, fissandola bene negli occhi.
Anouk non aveva affatto paura, anzi, gli fece un piccolo sorriso.- Lo vedremo.-

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Capitolo 3
*** Le portrait et les pierres préciuesses – Il ritratto e le pietre preziose ***


Di ritorno dall’ufficio del sindaco, Anouk incrociò Luc sulle scalette che faceva un disegno ad un piccione morto.
Anouk diede un occhiata, pensando che fosse molto bravo.- Wow, è bellissimo.-
Luc si accorse di lei e gli sorrise.- Oh, beh, ho esagerato l’angolazione della testa…-
Anouk iniziò a riflettere su come avrebbe reso possibile far incontrare Amande con suo nipote.- Che ne dici di fare un ritratto? Quanto chiedi?-
-Oh, no, io non sono un professionista…Non potrei mai…- balbettò il bambino, arrossendo.
-Che ne dici di 50 franchi? E’ un prezzo ragionevole?-
-S-Sì, credo di sì.-
-Perfetto allora, verrai al negozio.-
Luc abbassò lo sguardo.- Il conte lo ha vietato… Mia madre lavora come sua segretaria, lei capisce che…-
Anouk annuì delusa e gli diede una pacca sulla spalla.- Capisco, certo, fa come vuoi.- gli disse, voltandogli le spalle.
-Aspetti!- esclamò Luc, facendola voltare.- I-insomma, dai, chi se ne frega.- ridacchiò.
Anouk gli fece un occhiolino e quando arrivò alle porte del negozio, notò Josephine ad aspettarla.
-Salve, da quanto tempo è qui?- le chiese, sorpresa.
-I-io ho dimenticato di pagarle una cosa l’altro giorno…- rispose, riferendosi al pacchetto di cioccolatini.
Ma Anouk non voleva farla sentire in colpa.- Non si preoccupi, era un regalo. Vuole entrare a bere un po' di cioccolata calda?-
La donna annuì e così Anouk la fece sedere al bancone, preparandone un po' per entrambe.
-Questo è per lei.- le disse, porgendole il famoso braccialetto.
-Grazie, è molto gentile, ma, per favore, non mi dia del lei.- le sorrise Anouk, dandole la tazza.
-Si dicono molte bugie su di me…Io non rubo, non di proposito…-
Anouk le mise una mano sulla spalla per rassicurarla.- Non ti preoccupare, lo so.-
-So che voi non andate in chiesa… Non durerete molto qui.- commentò, ridacchiando appena.- Vedi, se in questo villaggio non fai quello che ti viene detto, se solamente aspiri a qualcosa di più che… Che servire a tuo marito tre pasti al giorno, se non curi le tue aiuole…Se non stai…- singhiozzò, abbassando lo sguardo.-…Se non stai al tuo posto…-
Anouk aveva ragione: in quella cittadella c’erano molte restrizioni.
Josephine e il piccolo Luc erano solo alcune delle vittime.
-Serge non comanda il mondo, Josephine…Lei potrebbe avere una vita migliore.- ribatté Anouk.
Successivamente, Vienne scese dall’appartamento di sopra con aria confusa.- Anouk, dove sono i miei orecchini? Q-Quelli con la perla viola.-
La figlia le si avvicinò imbarazzata.- Mamma…Si sono rotti qualche mese fa, non ti ricordi?-
Vienne la guardò accigliata.- Ma che stai dicendo? Me li hai presi tu, vero?! Dammi i miei orecchini!- esclamò, facendola sobbalzare.
Anouk le strinse le mani, cercando di calmarla.- D’accordo, dopo li cerchiamo insieme, va bene?-
La donna annuì più volte.- S-sì, c-controllo nella valigia, magari son caduti lì.- mugugnò, tornando di sopra.
Anouk arrossì e tornò a sedersi davanti a Josephine.- Scusa…Alzheimer, primo stadio.-
-E tu ti prendi cura di lei tutta da sola?- le domandò Josephine, attonita.
-Lei non lo sa…Almeno credo.- spiegò la ragazza.
Sapeva benissimo, dentro di se, che prima o poi sarebbe peggiorata.
***
Quella stessa notte, mentre dormivano quasi profondamente, Anouk sentì bussare alla porta del negozio con forza.
Coprì bene la madre e poi corse al piano di sotto, aprendo ad una furtiva Josephine e la sua bicicletta.
-L’ho fatto! L’ho lasciato!- le disse, senza smettere di ridere. Anouk la fece entrare prima che facesse troppo freddo, notando che aveva con se una valigia.- Era ubriaco marcio e gli ho detto che volevo andarmene!-
Improvvisamente inciampò e cadde per terra, come fosse stordita e la sua borsa si aprì, rovesciando i pochi vestiti che possedeva.
Solo in quel momento, Anouk notò che la donna aveva una brutta ferita sulla fronte che aveva già creato altri lividi.
-Oh santo cielo, Josephine…- sussurrò Anouk, accarezzandole la testa.
-Sono una stupida…Certe volte non lo incolpo.- singhiozzò la donna, rannicchiandosi su se stessa.- O certe volte dimentico quello che è successo.-
Anche se la conosceva da poco, Anouk la strinse a se, strofinando una mano sulla sua schiena.
Non poteva lasciarla da sola, così decise di accoglierla in casa, sperando di poterle dare una nuova vita.
***
Anouk decise di assumere Josephine per vitto e alloggio, dato che gli attacchi di Vienne stavano diventando sempre più frequenti.
Il giorno dopo, non appena aprirono, Anouk e Vienne videro un gruppo di bambini che correvano al molo.
-Che cos’è tutto questo caos?- si chiese Anouk.
-Andiamo a vedere!- esclamò Vienne, notando l’entusiasmo dei ragazzini.
Anouk non ebbe molta scelta, dato che sua madre le afferrò il polso e corse dritta al porto.
Alla fine del boschetto, c’erano svariate barche attraccate alle piattaforme in legno.
Chi ci viveva sopra, aveva un aspetto malandato e sporco, così Anouk capì di chi si trattasse: zingari.
Non erano poi diversi da loro due: anche loro si spostavano per vivere, di paese in paese.
-Pirati!- ridacchiò Vienne, vedendo altri bambini, stavolta con i vestiti sporchi ed estrasse dal golfino dei cioccolatini.- Qualcuno vuole dei dolcetti?-
Anche se titubanti, le si avvicinarono e glieli presero dalla mano.
Successivamente, Vienne notò un signore sopra la barca che stava suonando la chitarra.-Lui deve essere il capitano!-
Vienne corse a bordo della barca e Anouk dietro di lei, tentando di fermarla per non fare brutte figure. -Benvenuto, capitano!- gli disse, ridacchiando.
-Ti prego, non fare così.- le mormorò Anouk, spingendola via prima che quell’uomo le notasse.
-Ha ragione, sono il capitano.- disse l’altro, sorridendogli dopo aver posato lo strumento.
-Lo sapevo!-
Anouk gli sorrise arrossendo.- Mi scusi.-
-Non si preoccupi.- rispose lui, togliendosi gli occhiali da sole.
Sotto quelle lenti, Anouk vide un uomo dallo sguardo affascinante, appena abbronzato, un accenno di baffi e pizzetto, un codino di capelli color marrone chiaro, robusto, in una giacca di pelle.
-Volete vedere il mio bottino?- chiese, mostrandogli un secchio pieno di pietre preziose colorate, legate ad uno spago per farne delle collane.
-Vediamo se indovino: sono in vendita.- continuò Vienne.
-Esattamente, per solo 30 franchi al pezzo.- rispose, facendo ridacchiare Anouk per il costo alto.- Ride? A Parigi me ne darebbero 50.-
Anouk alzò un sopracciglio.- Allora vada a Parigi.-
In quello stesso istante, la ragazza vide arrivare il conte che, da bravo padrone di casa, era venuto a controllare cosa stesse succedendo.
Vedere Anouk e Vienne parlare con quegli stranieri, lo avrebbe sicuramente seccato di più.
Così, Anouk decise di rimanere.- Facciamo che ne prendiamo due, che ne dici, mamma?-
-Assolutamente sì!-
Anouk diede un’occhiata nel secchio, senza riuscire a decidersi.- Sono così tanto belle e colorate, non so quale scegliere.-
-Si affidi alla sorte, chiuda gli occhi e scelga.- consigliò l’uomo.
Arrossendo per lo sguardo che quell’uomo le dedicava, Anouk chiuse gli occhi e pescò nel secchio una collanina a caso.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò in mano una curiosa pietra dalle mille sfumature rosse.
-L’agata. Si dice che riesca a migliorare l’umore e la vitalità di chi la indossa. E’ per le persone coraggiose.- spiegò egli, senza toglierle gli occhi di dosso.
Anche Vienne inserì la mano, prendendo una pietra azzurra.
-Il cristallo azzurro: idealista, leale e generosa con gli altri.-
Anouk si sorprese di come le due pietre coincidessero proprio con i loro caratteri.- E’ vero, è proprio lei, strabiliante!- commentò, estraendo il portafoglio per dargli i suoi soldi. Si accorse però che non le bastavano per entrambi i ciondoli.- Oh, non ho i soldi per tutti e due…- Notò poi lo sguardo deluso di sua madre e allora decise di lasciargli la pietra rossa.- Prendiamo solo questa azzurra, grazie.-
-Grazie a voi.- disse lui.- Oh, volevo solo avvertirla di una cosa…Se fa amicizia con noi, si inimicherà gli altri.-
Anouk scoppiò a ridere con timidezza.- Stia tranquillo, sono già a buon punto.-
L’uomo gli fece un piccolo sorriso e tornò a suonare la chitarra.
Anouk e Vienne risalirono il bosco, incontrando così il sindaco che stava squadrando gli zingari dalla testa ai piedi.
-Buongiorno conte.- gli disse Anouk.
Lui rimase serio.- So che state dando asilo alla signora Muscat.-
La ragazza alzò le sopracciglia.- La fa sembrare una fuggitiva.-
-Lo è, dai suoi voti matrimoniali. Loro due sono stati consacrati agli occhi di Dio.- ribatté Paul.
Se il conte avesse visto le ferite di Josephine, probabilmente avrebbe cambiato idea.
Così, Anouk lo condusse fino al negozio, invitando Josephine a mostrargli la fronte.
-Così è abbastanza consacrata per lei?- gli chiese, scansando i capelli ricci.
Paul abbassò lo sguardo.- Sono veramente mortificato. Serge risponderà delle sue azioni.-
Nonostante tutto, la donna gli sorrise leggermente.- Gli dica di farlo sulla testa di qualcun altro.-
***
Il conte aveva riunito tutto il sindacato per discutere dei nomadi appena arrivati.
Tuttavia, nessuna legge diceva che potevano essere cacciati via.
Ma Paul non si arrese: fece girare dei volantini per il villaggio, la quale spingevano i cittadini, soprattutto quelli che possedevano i negozi, di non venire a contatto con la gente estranea.
Il boicottaggio dell’immoralità, lo aveva chiamato.
Intanto, i giorni passavano e come promesso da Anouk, la cioccolateria non stava affatto  fallendo.
Ogni giorno c’erano dei regolari acquisti: il signor Brelot aveva perfino comprato le mezze lune al cioccolato per la vedova Odelle.
Tutte le volte che Caroline era impegnata, Luc sgattaiolava al negozio e faceva l’autoritratto della nonna, così che i due potessero avere un vero rapporto.
Sembrava tutto tranquillo.

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Capitolo 4
*** Le casserole et le boycott de l’immoralité – La padella e il boicottaggio dell’immoralità ***


 
Una sera, durante la notte profonda, Anouk sentì un rumore provenire dal piano di sotto.
Preoccupate, sia lei che Josephine si alzarono per andare a vedere.
Serge aveva rotto il vetro della porta per aprire la serratura.
Era furioso e sembrava anche ubriaco.
-Vieni qui, stupida ingrata!- esclamò, afferrando Josephine per i capelli.
-Lasciala stare!- intervenne Anouk, tentando di scansarlo via.
Ma l’uomo era più forte di lei e l’atterrò, stringendole le mani sulla gola.
-Non ti immischiare!- gridò con forza, ridendo poi.- Quella stupida non sa usare nemmeno una padella e tu l’ammetti qui?!-
Gli occhi di Anouk si stavano appannando e non riusciva a respirare.
Improvvisamente, Josephine afferrò una padella e lo colpì alla testa talmente forte da farlo svenire, col corpo accasciato sulla ragazza.
Anouk tossì e se lo tolse di dosso.
-Chi dice che non so usare una padella?- commentò Josephine.
Non seppe come, ma Anouk scoppiò a ridere per il modo buffo in cui avevano risolto la situazione.
Solo dopo essersi alzata, notò sua madre attaccata allo stipite della porta, che tremava, probabilmente spaventata.
Anouk l’andò ad abbracciare.- Mamma, va tutto bene, sta tranquilla, è finita.-
***
Il giorno dopo, mentre Anouk toglieva i vetri con la scopa, raccontarono tutto alla signora Armande, preparandole la solita cioccolata calda.
Anche se era tutto finito, Josephine aveva ancora le mani tremanti sulla tazza.
-Il peggio è passato, ha scoperto di che pasta sei fatta.- commentò l’anziana.
-Anche io.- affermò Josephine, ridacchiando.
A quel punto, entrò Luc.
-Ciao, quanto tempo abbiamo?- gli domandò la nonna.
-Resta dal parrucchiere per un’ora.-
I loro incontri erano diventati delle vere e proprie fughe clandestine.
Quello che non sapevano era che Caroline non era dal parrucchiere, ma a distribuire volantini per i negozi riguardo il boicottaggio dell’immoralità.
Di fatti, quando passò per la cioccolateria, li vide insieme.
-Non prendertela con lui, l’ho corrotto con il cacao.- le disse Armande, sarcasticamente.
-Come hai osato, mamma?-
-Guardalo, è felice, sta bene!-
Anouk e Josephine rimanevano in silenzio, data la tensione.
-E tu, mamma? Stai bene?- replicò la donna, spingendola ad alzare la gonna.- Scommetto che si è volontariamente dimenticata di dirvelo. Forza, mamma, fai vedere!-
Armande sospirò e si alzò la gonna, mostrando dei lividi sulla coscia.
-Iniezioni di insulina…E’ diabetica.- affermò Caroline.- E lei sta lì…A darle dei dolci.-
-Caroline ha la tendenza ad esagerare.- continuò Armande.
-Deve stare in un posto dove si prendano cura di lei.-
-Il centro anziani? Preferisco l’inferno.- borbottò l’altra.
Caroline scosse la testa e afferrò la mano di suo figlio per andarsene.- Potresti finirci, mamma.-
Armande la ignorò e diede un colpetto alla tazza con il cucchiaino.- Me ne dia un’altra.-
-Armande, perché non me lo ha detto?- le chiese Anouk, da allora preoccupata.
-E’ la mia vita e ne faccio quello che voglio.- esclamò Armande, alzandosi nervosamente dalla sgabello.- Questa è una cioccolateria o un confessionale?!-
***
Come ordinato dal sindaco, tutti i negozi appesero sulle loro porte il volantino sul boicottaggio dell’immoralità e stava funzionando, dato che non acconsentirono nemmeno di dare un bicchiere d’acqua ad una bambina accompagnata dall’uomo delle pietre.
Mentre Anouk sistemava la vetrina, li vide passare.
Rivedere quell’uomo le fece venire uno strano brivido lungo la schiena.
Lo salutò con la mano e si avvicinò.- Ehi, ho appena fatto dei tartufi freschi, qualcuno ne vuole assaggiare uno?-
-Mi fa male il pancino.- mormorò la bambina.
-Ho giusto qualcosa che fa per te, entrate.-
L’uomo si guardò intorno, confuso.- E il boicottaggio dell’immoralità?-
Anouk gli sorrise appena.- Da noi non c’è, prego, venite.-
-Non mi sono presentato la scorsa volta, mi chiamo Roux.- le disse lui, baciandole la mano.
Nessuno le aveva mai fatto il bacia mano.- Io sono Anouk e mia madre è Vienne.- rispose lei, chiamandola dal piano di sopra.- Mamma, puoi dare a questa bambina una di quelle nostre foglie speciali?-
Vienne annuì e invitò la bambina a salire di sopra.
Roux aggrottò le sopracciglia.- Foglie?-
-Dall’albero di cacao, sta tranquillo, starà bene.- spiegò Anouk, per tranquillizzarlo.
A quel punto, l’uomo estrasse qualcosa dalla tasca.- L’altro giorno si è dimenticata questa.- le disse, mostrandole il ciondolo con la pietra rossa.
-Oh, no, non la posso pagare.- ribatté Anouk, scuotendo più volte la testa.
-Insisto. Starebbe molto bene con la sua carnagione.- replicò Roux, sorridendole.
Anouk arrossì, lasciandosi convincere e annuì.- Va bene, ma solo se la smetti di darmi del lei.-
Roux le scansò i capelli delicatamente e le annodò la collanina al collo.
Anouk poté sentire il suo respiro nell’orecchio, tanto che le fece venire la pelle d’oca.
Si ripeté tra se e se, però, che non doveva dargli troppa confidenza: Roux era una persona che si spostava molto, come lei e prima o poi avrebbero dovuto dirsi addio.
Per ricambiare, Anouk prese il vassoio pieno di tartufo.- Prendine uno, è il tuo preferito.-
Roux se ne mise uno in bocca.- E come fai a saperlo?-
-Sono brava ad indovinare i gusti delle persone.- rispose lei, quasi vantandosi.
L’uomo deglutì, assaporando bene il tutto.- E’ magnifico….Ma non è il mio preferito.-
Anouk ne fu sorpresa: non aveva mai sbagliato.
La bambina saltellò dalle scale, di nuovo in se, così che potessero tornare alla barca.
Mentre usciva, Roux notò i vetri rotti della porta.- Posso fartene una nuova, se vuoi, non in vetro, ma in legno resistente.-
-Ti ringrazio, ma insisto nel pagarti il tuo lavoro.- gli disse Anouk, notando che aveva l’angolo della bocca sporco di cioccolato.
Sapeva che era una scusa per rivederlo di nuovo.
Roux le sorrise, guardandola intensamente negli occhi.- Beh, allora siamo in due.-
Calò un tombale silenzio, in cui Anouk gli pulì gentilmente il labbro col dito, senza staccarsi dal suo sguardo.
-Andiamo!- esclamò la bimba, facendoli sobbalzare entrambi.
Sia Roux che Anouk scoppiarono a ridere e si salutarono.

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Capitolo 5
*** Lâchez prise- Lasciarsi andare ***


L’inverno stava per finire, il che significava che mancava poco alla Pasqua.
Il sindaco continuava a digiunare come più della metà del paese.
Per un periodo di tempo, la signora Armande fu l’unica cliente della cioccolateria.
Come promesso, Roux tornò per riparare la porta e al posto del vetro che c’era prima, mise delle tegole di legno per non far entrare il freddo.
Mentre gli passava gli strumenti, Anouk notò il signor Brelot passare con Charlie e lo salutò con la mano.- Buongiorno Guilllaume…Ho una novità oggi, Charlie si leccherà i baffi.-
Ma il signore le sorrise soltanto, continuando a camminare come se niente fosse.
-E’ per me, ora vado.- intervenne Roux, credendo che non volesse avere niente a che fare con lei perché lui era uno zingaro.
Ma Anouk sapeva che c’era sotto lo zampino del conte.- No, non è per te.-
Improvvisamente, dalle cucine Vienne urlò e i due si precipitarono da lei.
-Questa cioccolata non si schiaccia! Perché?! Perché?!- gridò Vienne, agitando il coltello per aria.
Anouk le si avvicinò.- Mamma, sta tranquilla, continuo io.-
-No, è compito mio! Vattene!- esclamò l’altra, ferendola alla guancia con la lama.
Nel frattempo che Anouk si tamponasse la ferita, Vienne iniziò a distruggere le costruzioni di cioccolato che aveva fatto fino a quel momento.
Roux decise di intervenire e afferrò Vienne da dietro, togliendole il coltello dalle mani.
-Mamma, sta calma, ti prego.- continuò Anouk, facendola sedere.
Il respiro di Vienne rallentò e anche il rossore in viso.
-Bravissima, così.- le sussurrò, accarezzandole la guancia- Per favore, falla rimanere seduta, torno subito.-
Anouk salì di sopra e prese delle pastiglie effervescenti da sciogliere in acqua che l’avrebbero tranquillizzata.
Vienne le faceva sempre più paura: Anouk temeva che un giorno all’altro, non avrebbe potuto più farla cucinare.
La mano le tremò e le pasticche le caddero quasi tutte a terra.
Stanca, scoppiò a piangere.
Roux la raggiunse, avvicinandosi con cautela.- Ehi…-
Accorgendosi di lui, Anouk si pulì le lacrime.- Scusami, non volevo che assistessi a questo.-
-Ho visto di peggio.- commentò sorridendole, estraendo poi un fazzoletto per pulirle il sangue sul viso.
-E’ malata…Ha l’Alzheimer…- spiegò Anouk, tirando su col naso.
-Mi dispiace, vieni qui.- le mormorò, stringendola a se e cullandola.
Dopo tutto quello che Roux aveva fatto per lei, probabilmente per Anouk sarebbe stato difficile dimenticarsi di lui.
***
Quello stesso pomeriggio, Armande invitò Anouk a casa sua per un tè.
-Armande, tutto il paese è contro di noi.-
-E’ quel conte…Dobbiamo fargli capire che non ci scalfisce.- commentò Armande, accomodandosi sulla poltrone davanti a lei.
-E come?-
-Mercoledì faccio 70 anni. Mi organizzi una festa.-
-Armande, lei non sta bene, deve riconoscerlo.-
Armande lo sapeva bene.- Se mi serve aiuto, io lo chiedo. Ne ho bisogno da lei e le prometto che mi ricovero il giorno dopo.-
Anouk voleva davvero farle quel regalo.- Se organizzassi una festa in questo paese non verrebbe nessuno.-
L’anziana alzò le spalle.- Non serve che sappiano chi la organizza.-
***
Armande riuscì a convincere Anouk e in men che non si dica, lei e Vienne iniziarono a cucinare per il suo compleanno.
Ovviamente il menu sarebbe stato a base di cioccolato, mentre arrivavano inviti a tutti, perfino al piccolo Luc, che riuscì a nasconderlo dalla madre.
L’invito era alle 17: la signora Armande decise di invitare Josephine, la vedova Odelle insieme alle sue due amiche, la coppia che grazie al cioccolato aveva riacceso la passione, il signor Brelot e, con sorpresa di tutti gli altri, anche Roux.
Infatti, quando lui e Anouk portarono in tavola l’arrosto, i presenti lo fissarono male.
-E il boicottaggio dell’immoralità?- sussurrò qualcuno. -Se lo venisse a sapere il conte…-
-Il conte non è stato invitato.- aggiunse Armande, a capo tavola.
La tavola era stata allestita sotto un gazebo pieno di festoni, fuori nel giardino della casa dell’anziana.
Nessuno osò dire altro e nel frattempo che Josephine riempiva il bicchiere di vino, si accorse che Luc non era ancora arrivato.
Armande ne sembrò dispiaciuta.- Forse avrà altro da fare…-
Anouk e Roux tagliarono il tacchino, versandoci poi sopra un po' di cioccolato fuso.
Il connubio era perfetto.
Si sedettero poi l’uno davanti all’altro.- Buon appetito.-
Anouk si guardò intorno, vedendo che gli invitati avevano apprezzato la cena, soltanto dai loro sguardi.
Roux, invece, la guardò con un ghigno divertito, leccandosi le dita, come a stuzzicarla.
Anouk cercò di guardare altrove, arrossendo.
Per sbaglio, fece traballare il tavolo e cadere una forchetta.- S-Scusate.- balbettò imbarazzata, chinandosi per prenderla.
Roux fece lo stesso, ridacchiando sotto il tavolo.
-Smettila.- gli disse Anouk, allungandosi per dargli uno schiaffo sul braccio.
In quello stesso istante, giunse l’ultimo invitato con un pacchetto.- Buon compleanno nonna.-
Armande si pulì la bocca.- L’invito diceva alle 17 e senza regali.-
-Dovevo leggerlo più attentamente.-
L’anziana aprì il pacchetto, scoprendo un suo bellissimo ritratto che le fece venire gli occhi lucidi.
-Ti piace?-
-Mi hai reso più giovane, molto diplomatico.- commentò lei: non avrebbe mai ammesso che le piacesse da morire.
Una volta che il piatto di tutti fu vuoto, Vienne si alzò.- Ho due annunci da fare.-
Sua figlia la guardò sorpresa, dato che non aveva idea di cosa avesse da dire.
-Spero che la cena vi sia piaciuta e se vi è piaciuta vi invito alla mia festa della fertilità, che si svolgerà domenica.-
-La pubblicità la faccia quando non lavora!- esclamò Armande.- Cosa c’è per dessert?-
-E qui veniamo al secondo annuncio: non ci sarà dessert, qui, stasera. Perché è sulla barca di Roux.-
Anouk era ignara che Roux e sua madre si fossero messi d’accordo su questa cosa.
Perciò, quando calò la notte, si trasferirono tutti sulla casa galleggiante e gli amici di Roux iniziarono a suonare con lui, facendo ballare gli ospiti.
Luc afferrò le mani di Anouk e insieme fecero un girotondo a suon di musica.
Lei si stava divertendo così tanto ed era contenta di avere tutte quelle persone attorno, perché era consapevole di aver cambiato la loro vita in meglio.
Mentre ballava con il bambino, Anouk si accorse di una presenza nel boschetto: Caroline li stava guardando dispiaciuta.
Ma non che Luc non le avesse detto niente, ma che fosse più felice di quanto lo fosse con lei.
Allora, infine, decise di lasciarlo stare e se ne andò.
-Rallentate, ragazzi.- mormorò Roux al suo gruppo musicale.
Partì una canzone lenta e Roux si fiondò su Anouk.- Posso avere questo ballo?-
Lei arrossì e annuì, mettendo le braccia sulle sue spalle.
Roux poggiò la guancia alla sua e iniziò a dondolare con lei.
Dal modo in cui le stringeva i fianchi, Anouk capì che lui voleva qualcosa di più.
-Roux, io…Non posso…- gli sussurrò, abbassando lo sguardo.
-Non puoi cosa?- le domandò, incrociando i suoi occhi.
-Tutto questo…Io…Ho giurato di non legarmi a nessuno per non soffrire.- spiegò lei.
-Hai già perso, Anouk.- ribatté lui, abbracciandola da dietro, con la panoramica su tutte le altre persone che ballavano.- Sei riuscita a riunire Luc con sua nonna, hai riacceso la passione in una coppia sposata, hai spinto Josephine a prendersi cura di se stessa…E guarda tua madre, è così felice.-
Osservando i volti felici, ad Anouk cadde una lacrima.- Ma prima o poi dovremmo andarcene…Prima o poi tu, dovrai andartene.-
-Anouk, la casa è una persona, non un posto.- le mormorò all’orecchio, lasciandole infine un bacio sulla spalla.
Dopo che si fu divorato il dessert, Anouk sistemò sua madre e Josephine su un materasso di fortuna e lasciò che dormissero là.
Anche Armande e Luc tornarono a casa.
-Grazie Anouk, mi ricorderò per sempre questo giorno.- le disse Armande, abbracciandola.
-Mi raccomando, si riguardi.- rispose Anouk, lasciando poi che andasse a casa con Luc.
Calò un silenzio tranquillo e Anouk si mise a sistemare i piatti.
-Hai finito?- le domandò Roux.
-Devo raccogliere le posate.- gli disse Anouk, pulendosi le mani di cioccolata con un panno.
-Sì, hai finito, vieni.- replicò Roux, afferrandole la mano.- Ti faccio vedere una cosa.-
L’uomo la condusse fino ad una piccola scialuppa, che era stata coperta interamente con delle lenzuola bianche unite fra di loro.
Al suo interno, un materasso con delle coperte e alcune candele.
-Questa è la mia casa.-
Anouk si guardò intorno e sorrise.- E’ molto carina.-
-Quindi non ti dispiace? Tutto questo spostarsi?-
-Lo odio, in verità, ma non potrei mai dirlo a mia madre. E’… Una tradizione di famiglia.- spiegò la ragazza, sedendosi sul materasso con lui.
-Non hai mai pensato a come sarebbe rimanere in un posto? Crearsi una famiglia…-
Anouk scosse appena la testa.- E tu?-
-Io sono un topo di fogna.-
Lei lo guardò accigliata.- Non devi dire questo!- esclamò, dandogli una pacca sul petto.
Non appena lo toccò, Anouk si accorse della morbidezza della sua pelle e non riuscì più a staccarsi.
Roux le afferrò la guancia con dolcezza e senza chiederle nemmeno il permesso, la baciò con passione.
Ad Anouk piacque così tanto che decise di lasciarsi andare una volta per tutte.
Ma nessuno sapeva che, nell’ombra, qualcuno che non era d’accordo con tutto ciò, stava già agendo.

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Capitolo 6
*** Je n’ai pas pu deviner ton préféré- Non sono riuscita ad indovinare il tuo preferito ***


A notte fonda, mentre si rivestivano, sentirono un odore strano nell’aria.
Roux attraccò vicino al bosco e fece capolino per controllare.
Era puzza di fumo e veniva dalla barca principale.
Spaventati, i due si precipitarono lì e videro che la barca aveva preso completamente fuoco al largo.
II bambini urlavano e il resto delle persone cercava di spegnere il fuoco.
Anouk si guardò intorno in cerca di sua madre.- Mamma?!- urlò, ma senza vederla.
L’ultima volta che l’aveva vista era sulla barca e temé il peggio.
Senza pensarci, si tuffò in acqua e nuotò in fretta verso di essa, non curante delle conseguenze.
Roux la seguì, cercando di impedirglielo.- Fermati, è troppo pericoloso!- le urlò, afferrandola.
-No, lasciami!-
Improvvisamente, ci fu un’esplosione e la barca si ruppe.
Ormai, semmai ci fosse stato qualcuno, era troppo tardi.
Roux la trascinò a riva, stringendola a se, mentre piangeva disperata.
-Perché mi hai fermata?- singhiozzò, rossa in viso.
-Era troppo tardi.- rispose lui, baciandole la fronte.
Ad un certo punto, udirono una vocina famigliare che la chiamò.
Anouk alzò lo sguardo e vide Vienne con Josephine.
-Mamma!- esclamò, alzandosi in fretta per andare ad abbracciarla.- Grazie a Dio!-
-Ho avuto tanta paura.- pianse Vienne, tremando.
-Lo so, mamma, è tutto okay adesso.-
***
La sera dopo, a notte fonda, Anouk stringeva a se sua madre mentre dormiva profondamente.
Dopo quello che era successo, Anouk si promise che sarebbe rimasta sempre accanto a lei e sarebbe stata sempre d’accordo con le sue decisioni.
La malattia peggiorava e Vienne aveva bisogno di aiuto.
Accarezzandole la guancia, Anouk sentì un rumore dalla finestra.
L’aprì e vide Roux lanciarle sassolini per ottenere la sua attenzione.
Così scese di sotto e lo fece entrare, notando che la porta faceva un fastidioso cigolio.
Anouk si sedette al bancone, Roux invece restò appoggiato al muro.
C’era tensione fra di loro e la ragazza sapeva bene cosa fosse venuto a dirle.
-Volevo solo venire a controllare che steste bene.- le disse Roux.
Anouk aveva ancora le borse sotto gli occhi per quanto aveva pianto.- Sì, stiamo bene…- gli rispose, giocherellando con delle briciole di cioccolato.
-Sono venuto a dirti che…-
-Lo so.- lo interruppe lei.- Ma come farai? Hai perso la tua casa.-
-No, solo un mezzo per andare da un posto all’altro.- commentò Roux, alzando le spalle.- Anouk, mi dispiace…-
Nonostante si fossero uniti in quel modo, Anouk sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. -Anche a me.- aggiunse, posando lo sguardo sul piatto disegnato.- Non ho indovinato il tuo preferito.-
Roux le si avvicinò lentamente, prendendole il viso tra le mani per baciarla dolcemente.- E’ questo.-
Anouk gli accarezzò la guancia e lo guardò negli occhi per un’ultima volta, per poi lasciarlo andare.
***
Le cose al villaggio stavano peggiorando.
Il giorno dopo, Anouk e Vienne vennero a sapere che Armande se ne era andata nel sonno, ancor prima di venire ricoverata.
Anouk si sentì tremendamente in colpa.
Probabilmente il cibo mangiato quella sera e il fatto di essersi stancata troppo, l’avevano avvicinata sempre di più alla fine.
Vienne sembrava molto più dispiaciuta di lei, durante il funerale.
Quello stesso giorno, Vienne volle tornare al molo ed Anouk ce la portò.
Soffiava uno strano vento fresco, anche se era giunta la primavera.
Vienne guardò il porto vuoto e versò una lacrima.- I pirati se ne sono andati…- mormorò, tra se e se, ma Anouk la sentì.
-Sì, mamma, mi dispiace…- le disse lei.
Ad un certo punto, Vienne la fulminò con lo sguardo.- E’ ora.-
Anouk sapeva benissimo cosa intendesse: dovevano andarsene.
Dopo quasi sei mesi, era giunto il momento di andare via, come comandava il vento.
Spesso Vienne diceva che era lo spirito di sua madre che la guidava.
Così, quel pomeriggio, iniziarono a fare le valige.
-Inizio io a cucinare qualcosa per la festa di domenica?- domandò Josephine, salendo di sopra e vedendole preparare le borse.- Che state facendo?-
-Partiamo, domani mattina presto.- rispose Vienne, raccogliendo la pochette in bagno.
Josephine si fiondò sulla valigia e ci si mise sopra.- Non te lo permetto…Se è per Armande, non è colpa tua.-
Anouk cercò di non far trasparire le emozioni: se l’era cercata, dopotutto, non doveva affezionarsi a nessuno.- E’ ora, tutto qui.-
-Se te ne vai, tornerà tutto come prima.- singhiozzò l’altra.
Anouk pensò invece che Luc fosse di nuovo senza una nonna, che il paese, grazie al conte, fosse ancora tutto contro di loro.
-E’ ancora tutto come prima.- commentò Anouk, piegando i vestiti.
-Non per me.- esclamò Josephine, correndo fuori.
Anouk, questa volta, non poté seguirla.
***
Il mattino dopo, nonostante ci fossero nuvole grigie e un vento tempestoso, Anouk e Vienne si alzarono per partire.
Mettendosi il mantello rosso, Anouk ripensò alle parole di Roux: e se per una volta fossero rimasti?
Se non avessero dato retta al vento e avessero piantato radici?-
Così, Anouk si tolse la mantellina.- Io non vengo.- affermò con decisione, risedendosi sul letto.
-Coraggio, non fare la sciocca, mettitela.- insistette Vienne, ma lei non si mosse e così l’afferrò per il polso.- Senti, ragazzina, tu fai quello che ti dico io, è chiaro?!-
Anouk si liberò dalla sua presa.- Non sono più una ragazzina!-
-Certo, che lo sei, hai 13 anni e fin che sei con me, fai quello che dico io!-
A quel punto, la ragazza sgranò gli occhi sentendo quella voce.- Q-Quanti anni ho?-
-13, sei una ragazzina!-
-No, mamma….Ho 27 anni.- singhiozzò Anouk: Vienne stava peggiorando sempre di più.- E tu sei malata, mamma, devi farti vedere da qualcuno!-
Vienne la riprese di nuovo per il braccio.- Non dire sciocchezze, muoviti, forza!-
Anouk si dimenò e inciampò per le scalette, rotolando giù insieme alla valigia che si aprì.
Improvvisamente, il contenitore con le ceneri della nonna si ruppe in mille pezzi, rovesciando le polveri sul pavimento.
Vienne si immobilizzò, non potendo crederci.
-O-oddio, mamma, scusami tanto.- piagnucolò Anouk, cercando di rimetterle al suo interno.- Vedrai, la prossima volta andrà meglio.- continuò, asciugandosi il viso col dorso della mano.- Sono pronta ad andare ora.-
Ma prima che qualcuno potesse fare un passo, udirono degli schiamazzi provenire dalla cucina.
Le due andarono a vedere e scoprirono che Josephine, Luc, Caroline, la vedova Odelle, il signor Brelot e la coppia di sposi stavano preparando le cose che loro avevano pianificato di cucinare per la festa della fertilità nella domenica di Pasqua.
Anouk e Vienne li guardarono sorprese: non si sarebbero immaginate una cosa del genere.
Josephine si avvicinò con un piccolo sorriso e una scodella piena di mandorle tritate.- Che dici? Le ho tritate abbastanza fini?- chiese a Vienne.
Anouk si immaginava, però, che fosse tutta opera di Josephine.
Vienne annuì alla sua domanda e per quel giorno, decise di non partire.

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Capitolo 7
*** La frénésie et la porte qui grince- L’abbuffata e la porta che cigola ***


Nel cuore della notte di quello stesso giorno, Anouk fece tardi in cucina per preparare le ultime cose.
Vienne era già andata a dormire quando si udì un boato, come di vetri che si erano rotti.
Preoccupata, Anouk uscì dalla cucina e vide che il conte era entrato dalla vetrina e si stava abbuffando voracemente di tutto il cioccolato in esposizione.
Aveva uno sguardo disperato, di chi non mangiava da settimane ed era caduto in tentazione.
Alla fine, anche Paul cedette alla squisitezza del cioccolato.
Anouk rimase in disparte a guardarlo scoppiare a piangere, forse con i sensi di colpa.
Infine, si rannicchiò su se stesso, tutto sporco di cacao.
Anouk sciolse in acqua una pastiglia che lo avrebbe calmato e gliela offrì.
Solo allora il sindaco si rese conto davvero di quello che aveva fatto e arrossì.- Sono mortificato…- balbettò, cercando di pulirsi, per quanto fosse possibile.
-Tenga, beva questo, le farà bene.- le disse Anouk, porgendogli il bicchiere. Intanto, il sole stava per albeggiare.- Deve darsi una ripulita, oggi è la domenica di pasqua.-
Paul abbassò lo sguardo.- Non ce la farò mai, non ho nemmeno finito il sermone…-
Tra Anouk e Paul non era mai scorso buon sangue, ma alla ragazza faceva troppa pena. -Per l’aspetto posso pensarci io, per il sermone…Sicuramente padre Henri si inventerà qualcosa, deve solo dargli un po' di fiducia.-
Allora, Anouk andò a casa del sindaco e lo aiutò a vestirsi per bene e a sistemargli i capelli, senza mettergli tutto quel gel che egli usava ogni giorno.
In quel momento, parve che tra i due calò una tregua.
Prima di andare in chiesa, il conte prese dal cassetto della scrivania un biglietto da visita.- E’ una buona clinica, ci lavora mio fratello.- le disse, porgendoglielo.
Anouk non avrebbe mai creduto che stesse facendo qualcosa di gentile verso di lei: probabilmente gli era arrivata voce della malattia di Vienne.
-Grazie.-
-E…Sarei molto contento se facesse la festa di cui parlava: magari farà bene alla gente di questo villaggio.-
Il cioccolato lo aveva completamente cambiato.
-E la regola della tranquillité?- domandò Anouk.
-Sono anni che sono tranquilli.- commentò Paul, facendo scoppiare a ridere entrambi.
Sicuramente il sermone di padre Henri, quel giorno, non fu il più eloquente che avesse mai fatto, ma fece capire ai cittadini di Lansquenet che stava girando un’aria nuova.
Proprio davanti alla chiesa, quella domenica, vennero appesi festoni e da tutto il mondo arrivarono carretti sta-colmi di cibo buono, tra cui, ovviamente, il cioccolato.
Giunsero anche artisti e giocolieri che intrattennero la gente del posto.
Caroline, una volta per tutte, decise di lasciare libero Luc e fu come se il bambino le trasferisse la sua gioia.
Anouk vedeva il conte un po' spaesato, così prese un pezzo di torta al cioccolato e gliela offrì.- Assaggi questa, è la sua preferita.-
Timidamente, lui la prese e diede un morso sorridendole.- Ha ragione,  lo è.- rispose lui.- Volevo anche dirle che sono molto dispiaciuto per quello che è successo al molo…Serge è venuto da me…Era arrabbiato con Josephine e ha commesso quel orribile peccato. L’ho bandito subito dal villaggio.-
Anouk gli fu grata per averglielo detto e gli diede anche un bicchiere di aranciata.- Alla sua, allora.-
***
Quella stessa sera, prima di andare a dormire, Anouk e Vienne sentirono che il vento del nord non si era placato.
Vienne aveva trovato sul comodino il bigliettino.- Hai ragione, credo che sia ora che qualcuno mi visiti…Prima che io peggiori….Prima che mi dimentichi di te.- le disse, con gli occhi lucidi.
Anouk la strinse a se.- Oh, mamma, tu non mi dimenticherai mai.-
Il vento fece spalancare la finestra e scompigliare i ricci di Vienne.
-Ti parla?- le domandò la figlia.
-Sì…Mi racconta di paesi lontani da esplorare…Le persone da aiutare.- rispose Vienne, prendendo le ceneri della nonna e, con grande sorpresa di Anouk, le gettò in aria. -Da qualcun’altro, la prossima volta.-
Ciò era la conferma che finalmente, per una volta, Vienne decise di restare.
***
Sembrarono tutti più felici nel villaggio dopo la festa, perfino la statua del vecchio conte, che aveva assunto una smorfia più contenta.
Un giorno di calda estate, mentre Anouk si apprestava a preparare della frutta fresca, qualcuno entrò nel negozio, facendo scricchiolare la porta ancora una volta.
-Sono venuto a sistemare quel cigolio.- le disse Roux, sorridendole.
Meravigliata, Anouk sgranò gli occhi e gli corse in contro, saltandogli letteralmente addosso.
Lui l’afferrò e la baciò con dolcezza.- Credo che ci vorrà tanto tanto tempo.- mormorò, guardandola negli occhi.
Questo fece capire ad Anouk che sarebbe rimasto per sempre.
Finalmente anche lei era felice, aveva tutto ciò che voleva.
Mentre Roux sistemava la porta, padre Henri entrò nel negozio.- Buongiorno, c’è qualche novità oggi?-
-Buongiorno padre, sì, abbiamo la macedonia al cioccolato.- gli rispose, aggiungendo una cascata di cioccolata su pezzetti di frutta dentro una scodella, sorridendogli poi.- Basta un assaggio.-
 
FINE.

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