Perduti

di Rosmary
(/viewuser.php?uid=190616)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi tersi, dita acuminate ***
Capitolo 2: *** Tessevano rovi e rose ***
Capitolo 3: *** Candore ***
Capitolo 4: *** Di puzzle e smistamenti! ***
Capitolo 5: *** Erano tele, erano colori ***
Capitolo 6: *** Nati così – per trovarsi viversi amarsi ***



Capitolo 1
*** Occhi tersi, dita acuminate ***


I personaggi presenti in questa raccolta sono proprietà di JK Rowling;
i racconti sono stati scritti senza scopo di lucro.
In alcuni racconti sono presenti anche miei OC.

 


Occhi tersi, dita acuminate
 
 
Louis aveva i capelli d’oro di una divinità pagana e gli occhi splendenti di un cielo terso, Rose lo aveva sempre saputo, e aveva accumulato indifferenza su insulti pur di allontanarlo da sé – ma gli esseri umani non hanno forza contro i peccati, e cedono ogni volta.
 
Sei uno qualsiasi.”
Prova a ripetertelo, potresti convincerti.”
 
Le labbra di Rose erano petali schiusi e le sue dita steli acuminati, Louis li aveva sempre ammirati da lontano, e aveva maturato la convinzione che avessero natura benigna – ma gli errori esigono tributi, e percuotono i ribelli.
 
Sei una qualsiasi.”
Non so che farmene del tuo parere.”
 
La prima volta l’aveva baciata per gioco, e s’era pentito sino a scorticarsi la bocca pur di dimenticarne il sapore, spoglio del coraggio d’incrociare il proprio riflesso e scovare aculei incastrati nelle pupille – ma i peccati non conoscono tregua, e assaltano i feriti.
 
Ammettilo, ti è piaciuto.”
Sei uno stronzo.”
 
La seconda volta era stato l’alcol a spingerlo a braccarla, e l’aveva baciata sino a mozzarsi il respiro, ebbro dell’euforia che accompagnava i folli al patibolo – ma a volte il folle sopravvive, e annaspa negli errori.
 
Non mi rifiuti mai.”
Va’ al diavolo, Louis.”
 
La prima volta gli aveva graffiato i gomiti, morso le labbra, avvelenato lo sguardo, ed era fuggita nell’eco di risate sporche di malizia e scherno – ma nessuno corre in eterno, e la corsa muore prima o poi.
 
Non farlo mai più.”
Non essere patetica.”
 
La seconda volta se l’era premuto contro, il loro sapore ovunque, ed era sprofondata su di lui ammutolendo ragione e morale – ma la coscienza non tace in eterno, e urla prima o poi.
 
Non deve saperlo nessuno.”
L’ho già dimenticato, Rose.”
 
*
 
Minuti – solo minuti.
Ore – solo ore.
Giorni – tante ore assieme.
Mesi – tanti giorni assieme.
Troppo.
 
*
 
S’erano ritrovati incastrati l’uno nell’altra senza motivo alcuno – non è amore, non è niente si ripetevano a oltranza, mentre lui svaniva tra le sue gambe e lei gli conficcava le spine ovunque.
 
Sei solo un passatempo, Louis.”
 
Strappavano il tempo per ricucirne brandelli in cui viversi, toccarsi come non avrebbero dovuto, vomitarsi contro il loro niente – è l’ultima volta mormoravano a ogni morso, bacio, gemito, mentre altri sussurri urlavano ancora.
 
E tu solo una scopata, Rose.”
 
Era stato lui il primo a crollare, sopraffatto da quei petali imbevuti di veleno e da un cuore affannato dal troppo mentire – non è amore, ma è qualcosa le aveva detto, il viso a un soffio da quello di lei e le mani sprofondate nei suoi rovi ramati.
 
Sei impazzito.”
 
Lei s’era negata per un tempo che le era parso fatto di millenni, quando non erano state che una manciata male assortita di giornate – non so cos’è qualcosa, ma mi manchi gli aveva confessato a denti stretti, con occhi furiosi, disorientati, incapaci di guardarlo e smarrirsi una volta ancora.
 
Siamo impazziti insieme.”
 
Una frase, due sorrisi.
S’erano ritrovati ingabbiati in una passione peccaminosa, un sentimento senza nome, e avevano ceduto – cedono sempre, i perduti.



 


Note dell’autrice: questa flashfic partecipa al mio evento un po’ contest e un po’ challenge Citazioni in cerca d’autore (Oscar edition)! – edizione speciale.
Coppia scelta: Louis Weasley/Rose Granger-Weasley.
Citazione scelta: “S’erano ritrovati ingabbiati in una passione peccaminosa, un sentimento senza nome”.
Questa raccolta credo si articolerà in cinque flashfic su coppie della nuova generazione, tutte ispirate alla mia long Paradiso perduto (una sorta di fanfiction sulla fanfiction) – difatti chi segue la long ritroverà in questi brevi racconti caratterizzazioni familiari (e qualcuno di questi potrà anche essere considerato un momento mancante della long – non questo, ovviamente!).
Louis e Rose sono una coppia insolita, credo addirittura inedita, ma l’idea di sperimentare a riguardo mi seguiva da troppo tempo per continuare a ignorarla.
Grazie a chiunque è giunto sin qui, spero che la lettura abbia meritato il vostro tempo.
Un abbraccio!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tessevano rovi e rose ***


Tessevano rovi e rose
 
 
Cercarsi era per loro due un moto naturale, istintivo, vitale quanto il respiro.
 
*
 
Parigi era bella, e la sua eleganza arroccata nei Campi Elisi commovente – in un’altra vita, Rose avrebbe potuto persino amarla.
In un’altra – solo.
In questa che le Moire tessevano per lei non v’era spazio per null’altro che lui, e se Rose avesse potuto avrebbe maledetto Lachesi – e il fuso e il filo.
E la condanna – ma no.
Non era in suo potere ribellarsi, non lo era mai stato. Poteva fuggire, però, e l’aveva fatto, sfoggiando una codardia indegna – una vergogna che aveva un nome.
James.
Con i suoi capelli neri e i suoi occhi blu capaci di annerirsi – nessun bianco ad avvinghiarsi all’oro.
Eppure.
Rose sarebbe annegata in quel buio un istante e tutta la vita, senza remora alcuna, e seguitava a cercarlo in ogni spazio e tempo – per fuggirgli ancora.
 
Ti ritroverò.”
Lasciami andare, James.”
 
Lo aveva sentito arrivare nonostante lo smog a oscurarle i sensi, il vociare del café che la ospitava, le iridi azzurre ricacciate nel niente – c’era magnetismo nell’aria.
Lui – sempre.
L’aveva trascinata via senza permesso, il polso stretto tra le sue dita e la vana resistenza a muovere i passi, e l’aveva chiusa in un abbraccio improvviso, a tradimento – mentre la Senna sfociava nell’Averno.
Nero – ancora.
Rose lo aveva baciato prima che lui potesse respirare, le unghie conficcate nel collo e il corpo svanito nel suo – un’immagine già scorta.
A oltranza.
James sorrideva tra un bacio e l’altro, l’eccitazione a schiavizzarlo e il bisogno di averne di più a scuoterlo – s’era smaterializzato con lei senza temere conseguenze.
 
Rosie, cosa provi per me?”
Ti amo, ti amo troppo.”
 
“Siamo a casa tua.”
Nostra.”
James correggeva quell’ostinazione ipocrita ogni volta – quella casa era loro, loro, sin da quando avevano smesso le divise di Hogwarts.
“Non puoi avere paura di me.”
Ma Rose trovava terrificante convivere con la certezza di essere disposta a tutto, mentire morire uccidere, per lui, perché non esisteva confine alcuno tra sé e l’altro – come se propria vita e James avessero natura equivalente.
“Ho paura di quello che farei per te.”
James aveva ingoiato a vuoto, le aveva carezzato il viso, aveva mosso l’ennesimo passo verso di lei e aveva sorriso quando i loro respiri s’erano trovati mossi dall’istinto – erano nati per quello, forse, perdersi e cercarsi e trovarsi.
“Sei tutta la mia vita, e io sono la tua. Scappa, se vuoi, so già che ti cercherò e ti troverò.”
“A volte sei stato tu a fuggire.”
Sì – quando s’era sentito fatto a pezzi e troppo esausto per ricomporsi. Momenti di follia pura, quelli, che James avrebbe maledetto per l’eternità se Rose non lo avesse inseguito, cercato, trovato – riportato a casa.
“E tu a cercarmi. Rosie… resta con me.”
Lei aveva tremato, mentre eccitazione e timore danzavano assieme, e aveva cercato le sue labbra, il suo sapore, quel calore tutto loro – irrinunciabile.
“Per tutta la vita.”
 
*
 
Quando i perduti riuscivano a trovarsi, rovi d’oro s’intessevano con rose bianche.






 
Note dell’autrice: è un racconto scritto di getto, James e Rose mi conducono sempre in mondi perduti e decadenti – riecheggiando un racconto che ho scritto su di loro in passato. Come immagino abbiate notato, ci sono dei riferimenti alla mitologia greca, mentre il titolo e la frase conclusiva sono ispirati alla ballata Barbara Allen e in particolare alla strofa conclusiva, che recita “They grew and grew in the old churchyard | Till they could grow no higher | At the end they formed, a true lover's knot | And the rose grew round the briar”.
Grazie a chi è giunto sin qui e a chi ha deciso di seguire questo piccolo progetto, spero che ancora una volta la lettura abbia meritato il vostro tempo.
Un abbraccio!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Candore ***


Candore
 
 
E se ci fossimo solo io e te, sabato, ai Tre Manici?”
Possiamo rimandare, se preferisci...”
 
Se prima d’ora ti avessero chiesto di raccontare una giornata perfetta, avresti farfugliato alla ricerca di una risposta, ma oggi… Guardi Louis camminare al tuo fianco, le vostre mani intrecciate e la vicinanza a elettrizzarti – è così bello.
I pensieri indugiano sui ricordi più recenti – il tavolino apparecchiato per voi due, ore e ore a sorridervi e parlarvi con le sue dita incastrate nelle tue.
Ancora non ti è chiaro perché abbia voluto trascorrere l’intero sabato con te, sordo a qualsiasi altro richiamo, ma sai che vorresti rubare tutto il tempo del mondo affinché questa giornata proseguisse a oltranza.
“Domani ho gli allenamenti, vieni a vedermi?”
Sbatacchi le ciglia, credi di avere in viso un’espressione tanto sgomenta da echeggiare la ridicolaggine. Ma Louis ti sorride, e non puoi fare altro che annuire e sfoggiare il sorriso più luminoso che possiedi.
 
Ma a te farebbe piacere?”
Rimandare?”
 
Ariana è bella quando è radiosa, l’hai sempre pensato. I suoi occhi nocciola brillano di vitalità e le sue labbra fremono di aspettativa, e da qualche mese ti chiedi se aspettino te.
Quando ti accorgi che siete ormai nei pressi della sua Sala Comune, avverti un forte fastidio assalirti all’idea di doverla salutare – eppure hai camminato adagio e scelto il tragitto più lungo, questo sciocco buco comune non avrebbe dovuto palesarsi così in fretta.
“Ci sarai, allora?”
“Certo.”
Già la immagini applaudirti quando acciufferai il boccino d’oro in meno di dieci minuti, le piacerà guardarti, ne sei sicuro.
“Ci salutiamo, allora.”
Muovi le labbra verso l’alto e giocoso le rifili un no. È quando sfoggia un’aria interrogativa che la sproni ad allontanarvi da quell’inopportuno ingresso.
Forse sei sul punto di fare una follia folle, ma la spingi contro una parete e ti avvicini al punto da esserle a un soffio.
 
Uscire con me, soli.”
Oh… Sì, cioè no… Voglio dire, va bene!”
 
No.
Non vuoi arrossire né ingoiare a vuoto quando i tuoi occhi, traditori, indugiano sulle sue labbra schiuse tanto vicine alle tue.
Hai i crampi allo stomaco, il formicolio alle mani e la mente svuotata – come se non bastasse, le mura della scuola hanno iniziato a girare.
Quant’è bello il suo profumo?
“Respira.”
Come se fosse facile vorresti rispondergli, ma riesci solo ad annuire e tremare quando una delle sue mani ti accarezza la guancia e i vostri nasi si sfiorano.
“Louis.”
Lo chiami – per dire qualcosa.
“Sto per baciarti.”
Un sussurro che muore sulla tua bocca, che t’inebetisce.
I suoi occhi ti guardano mentre le labbra si sfiorano per la prima volta.
Non sai dove racimoli il coraggio, ma cali le palpebre, stringi le sue spalle tra le dita e ricambi ogni sua attenzione.
 
~
 
“Sei venuta ad assistere!”
“Come chiesto dal Capitano!”
“Preferirei fidanzato, ma scegli tu.”
Oh… Sì, cioè no… Voglio dire, va bene!”
 
*
 
Non te ne avvedi, di essere creta perduta tra le sue mani.






 

Note dell’autrice: rieccoci con Louis e Ariana Paciock (un personaggio di mia invenzione), spero che anche questa flashfic – meno cupa delle precedenti (perdonate la frase finale!) – sia stata di vostro gradimento.
Sono molto felice che questo piccolo progetto abbia riscosso dei consensi, vi confido che intervallare la stesura del nuovo capitolo della long con questi frammenti è rilassante. Anticipo il mio grazie per le recensioni al racconto precedente, cui risponderò prestissimo!
Un abbraccio! ❤

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Di puzzle e smistamenti! ***


Di puzzle e smistamenti!
 
 
25 dicembre 2016
 
Quando Lorcan ha insistito per andare da James alla Tana, non ha affatto considerato la mole esorbitante di familiari dell’amico. Ecco perché, fermo nei pressi dell’ingresso e salutato da odiosi bacetti sulla guancia e intontito da adulti che ripetono a lui e Lysander sciocchezze come quanto siete cresciuti! o, peggio, che carini i gemelli!, tutto ciò che fa è ciondolarsi impaziente sul posto e mettere su un plateale broncio.
Insomma, ma lei dov’è?
Gratta il naso mentre si guarda attorno, muove qualche passo incerto verso il salotto e finalmente la vede: seduta a terra, un maglione troppo grande indosso, e l’attenzione rivolta a qualcosa che copre una porzione di pavimento.
Un sorriso sbilenco gli solleva gli angoli delle labbra e una piccola corsa lo avvicina a lei.
“Ciao!”
“Sei Lorcan o Lysander?”
Lorcan non fa in tempo ad aggrottare la fronte offeso che Rose scoppia a ridere e gli strattona il maglione per costringerlo a sedersi accanto a lei.
“Sei buffo quando ti arrabbi!”
“Non mi sono arrabbiato!”
Rose inarca un sopracciglio e Lorcan le sorride furbo.
“Che cos’è?”
“Un puzzle,” risponde lei. “Mamma e papà me l’hanno regalato per Natale.”
“L’ho visto ai Tiri Vispi,” dice incuriosito. “Che disegno è?”
“La storia dei tre fratelli. Però questi pezzi sono dispettosi, guarda...”
Lorcan allora osserva i piccoli pezzi animati del puzzle sfuggire ogni volta all’incastro e mutare la propria forma per creare confusione e rallentare la riuscita del gioco.
Rose, sbuffando, cerca di costringere uno dei ribelli a restare al suo posto, ma quello si solleva e saltella via. È Lorcan ad acciuffarlo e a incastrarlo di nuovo, pensando bene di battergli un pugno sopra per fissarlo.
“Funziona!”
“Prendiamoli tutti a pugni,” incita entusiasta Lorcan.
Poco dopo, entrambi ridacchianti, sono impegnati a battere i pugni sulle tesserine del puzzle, costrette a restare ferme lì dov’è il loro incastro.
A distrarre per un istante Rose è un bacio fugace che le sfiora la guancia, ma quando si volta verso Lorcan lui è di nuovo impegnato a distribuire pugni tra un pezzo e l’altro.
“Ho un regalo per te,” dice improvviso. “Per il tuo compleanno.”
“Sono nata a gennaio, non oggi.”
“Lo so, me l’ha detto James, però io torno a Hogwarts a gennaio.”
“E cos’è?”
Lorcan sghignazza e tira via dalla tasca una piccola porzione di tenda strappata, capace di stranire Rose e di far impallidire Lysander, che li ha appena avvicinati.
“Ma quella è del nostro baldacchino.”
“Lys, zitto,” l’ammonisce Lorcan. “Non farti sentire.”
E mentre i due undicenni si guardano attorno circospetti, Rose studia perplessa il ritaglio di stoffa dai colori Corvonero.
“Ma cosa devo farci?”
“È un invito,” risponde lesto Lorcan. “La nostra Torre è la più bella, a te piacerebbe, l’anno prossimo devi solo dire al Cappello che vuoi essere una Corvonero!”
Lysander trattiene a stento una risata, mentre Rose sbatacchia confusa le ciglia.
“Ma no, noi Weasley siamo Grifondoro,” puntualizza lei. “Anche James dice che sono di sicuro una Grifondoro.”
Lorcan storce le labbra e, istintivo, anziché colpire l’ennesima tessera del puzzle batte il pugno sulla mano di Rose.
“L’hai fatto apposta!” sbraita lei, tirandogli i capelli un istante dopo.
“Ahi!”
“Non litigate,” pigola Lysander.
“È lei che litiga.”
“L’hai fatto apposta,” ripete. “Hai iniziato tu!”
“Grifondoro fa schifo,” dice Lorcan. “E tu sei nata tardi.”
“No, tu sei nato presto.”
Lorcan assottiglia lo sguardo e Rose lo imita, seguitando a guardarlo con l’aria di chi non sarà la prima a cedere – cedere a cosa, poi, nessuno dei due l’ha ben capito.
Lysander, più interessato al puzzle che a loro due, si sistema a terra a gambe incrociate e acciuffa un pezzo fuggiasco prima che finisca sotto al divano. È però costretto a sobbalzare, perché d’improvviso suo fratello e Rose scoppiano a ridere in maniera tanto fragorosa da far accigliare anche il papà di lei.
“Non sono nata tardi,” dice lei mentre ruba la tesserina dalle mani di Lysander, la incastra per bene e la fissa con un pugno. “Devi prenderle a pugni,” spiega proprio a Lysander, “altrimenti scappano.”
“Sì che l’hai fatto,” ribatte Lorcan, incitando a sua volta il fratello a collaborare al puzzle. “E a Corvonero ci sono io, ricordatelo.”
Rose osserva il profilo di Lorcan impegnato a confrontare il pezzo sbraitante che ha tra le dita con i vari incastri a disposizione. Il bacio che gli sfiora la guancia è fugace quanto quello che, ne è sicura, le ha dato lui poco prima – e lo vede sorridere un po’, anche se finge indifferenza.
Pochi minuti dopo, quando James rientra tutto sporco di neve e fanghiglia per aver giocato in giardino con Louis e gli altri, trova Rose, Lorcan e Lysander impegnati a ridere mentre battono i pugni sulle tesserine del puzzle.
 
 
 





Note dell’autrice: rieccoci! Questo è a tutti gli effetti un piccolo missing moments di Paradiso perduto, un po’ più lungo di una flashfic e decisamente troppo breve per essere una oneshot come piace a me – insomma, forse c’entra ben poco con questa raccolta (ha anche troppe parole!), però non ho voluto rinunciarvi né pubblicarlo a parte.
Ringrazio Maqry che inconsapevolmente è stata fonte di ispirazione per questo episodio. Mi ha divertito così tanto ritrarli piccoli che potrei fare qualche altra incursione in questi anni!
Come sempre, spero che anche questo breve racconto abbia meritato il vostro tempo.
Un abbraccio! ❤

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Erano tele, erano colori ***


Erano tele, erano colori
 
 
I sognatori hanno quella capacità tutta loro di creare la vita persino agli Inferi.
 
*
 
Incontrarla era stato un caso, lasciarsi conoscere la tua audacia più grande – lo sgretolarsi lento ma continuo dell’impacciata timidezza che ti scorticava i polsi.
Parlarle, sorriderle, toccarla era naturale, un incastro senza spigoli né forzature, capace di sradicare radici rinsecchite al buio.
 
(Gwenda è un pasticcio di colori su una tela già imbrattata)
 
Amavi guardarla quand’era seppellita tra libri e pergamene, con le dita sporche di inchiostro e la birra ghiacciata che a volte dimenticava di bere.
Arrivava sempre il momento in cui sollevava gli occhi scuri su di te, ti sorrideva furba e seguitava a fissarti finché non balbettavi qualcosa arrossendo – colto in flagrante.
 
(Lysander è una tela bianca rovesciata su acquerelli bagnati)
 
Ti aveva baciato lei, una sera, a tradimento, e tu immobile con gli occhi sbarrati – troppo increduli perché potessero ridestarsi in fretta.
Il giorno dopo aveva finto indifferenza, costringendoti ad arrovellarti per tre lunghe giornate su quella che iniziavi a credere essere stata un’allucinazione.
 
(Insieme non sono che un miscuglio senza equilibrio alcuno)
 
Aveva una tale predisposizione all’ottimismo da ridurre in cenere la tua blanda positività e costruire sui resti arsi monumenti dalla facciata splendente e l’animo ilare.
Ti chiedevi spesso come avessi fatto a sopravvivere diciassette anni senza di lei – ignorando che oltreoceano vivesse una girandola dalle ciocche blu e il rossetto nero.
 
(Ma non sempre si precipita nel vuoto, succede che l’arcobaleno afferri i sognatori)
 
Ti aveva baciato ancora lei, un pomeriggio, mentre onde furiose ti scagliavano contro scogli neri – avevi chiuso gli occhi, quella volta, e lasciato che ti riportasse a riva.
Non capivi dove fosse meglio mettere le mani, se sulle sue spalle o sulla sua schiena, né come muovere le gambe, se avvicinarle o meno a lei, ma eri certo di non dover abbandonare le sue labbra.
 
(E se Gwenda è l’arcobaleno, Lysander in fondo è tutti i suoi colori)
 
Di lì in avanti guardarla senza arrossire e parlarle senza balbettare era stato complicato, e la tentazione di invocare l’aiuto di tuo fratello fortissima.
Ma Gwenda non si lasciava scoraggiare dalle tue insicurezze né dai tuoi patemi – gli Inferi per lei non avevano significato alcuno, erano solo un luogo tutto nuovo da colorare.
 
Lys, secondo te i fiori sono buoni da mangiare? Come le verdure, ma più profumati.”
Ma… ho portato le brioche per colazione, i fiori sono… Cioè...”
Sono? Cioè? Stai forse cercando di dirmi che ti sei deciso a corteggiarmi?”
Io… No, beh… Si mangiano, hai ragione, sono verdure profumate.”
 
Avevi scoperto tra un impaccio e l’altro cosa significasse armarsi di pennelli e creare paesaggi inesplorati – chiazze variopinte a coprire il buio.
L’avevi baciata tu, allora, infinite volte e improvviso, stringendola a te sprovvisto di remore, affidandole il tuo bene più prezioso, quell’amore custodito a lungo e timoroso di farsi avanti.
 
*
 
E mentre gli Inferi sbiadiscono, i sognatori dipingono cieli azzurri.
 
 




 
Note dell’autrice: questa doveva essere l’ultima flashfic, ma avendo aggiunto Di puzzle e smistamenti! i piccoli racconti della raccolta sono diventati sei, e il prossimo è l’ultimo.
Nel caso tra i lettori ci sia qualcuno che non ha letto Paradiso perduto, Gwenda è un mio personaggio originale, “all’anagrafe” Gwendolen Goldstein, americana, e Lysander l’ha conosciuta in un momento non proprio felice della sua vita – preciso che è volutamente inserito il termine birra e non burrobirra perché a Gwenda piace la bevanda babbana.
Anche in questo caso ho giocato molto con lo stile – mi sto divertendo parecchio a riguardo! – e ho fatto ricorso per la prima volta alle parentesi, che ho incrociato in racconti di altre autrici, ma che non avevo mai sperimentato a mia volta.
Grazie a chiunque sia giunto sin qui, spero che la lettura abbia meritato il tempo dedicatole.
Un abbraccio! ❤

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nati così – per trovarsi viversi amarsi ***


Nati così – per trovarsi viversi amarsi
 
 
Non ti chiedo di scegliere, ma cosa provi.”
 
Immobile dinanzi alla portafinestra chiusa, Lorcan osserva il tetto del mondo precipitare sotto forma di pioggia battente, annerito da nuvole dense di smog e dai torpori della notte.
Un sospiro abbandona le labbra quando il vetro vibra a un affondo più violento del cielo, mentre lo sporco desiderio di essere trafitto da scaglie appuntite lo costringe a ingoiare a vuoto.
New York è una prigione, e lo sta annichilendo.
Non avrebbe dovuto fuggire né deporre le armi, ma i sentimenti implosivi maciullano dentro, corrompono ogni respiro, irretiscono la ragione.
Se ripensa agli ultimi mesi, a quei balbettii incerti e a quegli occhi martoriati dai sensi di colpa, bile e strazio rischiano di seppellirsi in gola e soffocarlo.
 
Io… Ho bisogno di tempo.”
 
Affossa le mani nei capelli e abbandona la fronte contro il vetro, ha un disperato bisogno di anestetizzarsi, non può seguitare a impigliarsi nei ricordi.
Non sono che incubi, quelli, in cui si agitano mostri dagli occhi blu che gli strappano il cuore e lo calpestano una, cento, mille volte.
L’altro è sempre stato ingombrante, e lui stupido a non capirlo.
A tirarlo via dai pensieri è un suono improvviso, squillante, che lo obbliga a raddrizzarsi e condursi controvoglia alla porta d’ingresso.
Apre col congedo sulla punta della lingua, ma quando incrocia la figura sull’uscio le sillabe restano incastrate in gola e gli occhi si sbarrano.
 
Mi stai facendo a pezzi. Parto con Lys… È finita.”
 
Rose ha i capelli e gli abiti zuppi, trema di freddo e timore, e lo precede in casa senza dire alcunché.
Lorcan ha appena il tempo di chiudersi la porta alle spalle prima di ritrovarsi zuppo a propria volta – il corpo di lei contro il proprio, le sue braccia a stringerlo, le mani ad artigliargli la schiena, la bocca persa tra mento e collo.
Dovrebbe respingerla, e cacciarla.
Non ricambiare l’abbraccio, avvertire il senso di vuoto sbiadire, baciarle la guancia sino a screpolarsi le labbra secche.
Rose ride tra i riccioli biondi che sfiorano la nuca di Lorcan e il buio che l’ha resa schiava si frantuma a poco a poco.
 
Lorcan...”
 
“Ti amo, da sempre.”
Un mormorio, e Lorcan è scosso da un capogiro che rischia di farlo precipitare a terra. S’allontana solo per incrociarne gli occhi determinati e il sorriso tremulo di chi ha valicato continenti pur di ritrovarlo.
“Siamo solo io e te?”
Un fremito, e Rose è colta da una fitta che rischia di trafiggerle il petto. Gli stringe il viso tra le mani, lascia che i nasi si sfiorino e le bocche s’incontrino dopo un’attesa che è parsa infinita a entrambi.
“Solo noi... Se mi vuoi ancora nella tua vita.”
È incredibile come l’udito di Lorcan non riesca più a percepire il rumoreggiare del cielo – il mondo è chiuso fuori, a loro non serve.
“Ti amo anch’io, da sempre.”
 
*
 
Quando non venivano al mondo per smarrirsi, i perduti nascevano per trovarsi viversi amarsi – ancora, e sempre.
 
 
 
 


 
Note dell’autrice: eccoci arrivati alla fine di questa piccola raccolta. Avevo immaginato questa storia in un altro modo, poi ho iniziato a scrivere ed è venuta fuori così, e spero sia piaciuta a chiunque l’ha letta, io mi sono un po’ emozionata scrivendola. Mi rendo conto che sia molto legata alla long, ma Lorcan e Rose insieme per me non sono mai esistiti, non ci avevo davvero mai pensato, prima di scrivere Paradiso perduto – quindi quando penso a loro il tipo di legame che immagino è quello costruito nella “storia madre”. Nel caso ci siano tra voi lettori che non conoscono la long, specifico che l’altro – cui appartengono gli occhi blu – è James, una figura fondamentale nella vita di Rose.
Non mi dilungo troppo, altrimenti rischio di annoiarvi!
Vi saluto, quindi, ringraziando chi mi ha accompagnata recensendo, leggendo, inserendo la raccolta tra le preferite/ricordate/seguite, è sempre prezioso il vostro riscontro. E aggiungo, per chi attende l’aggiornamento della long, che continuo a scrivere e revisionare, e che quando inizierò a rispondere alle recensioni al Capitolo Ventidue (ho già anticipato il mio grazie in qualche missing moments pubblicato, ma lo rinnovo qui: grazie!) vorrà dire che sarò sul punto di aggiornare – sarà il mio modo di avvisarvi che l’attesa è quasi finita.
Un grande abbraccio! ❤

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3905921