Licenziata

di fradurso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sibilla ***
Capitolo 2: *** Il Pozionista ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***



Capitolo 1
*** Sibilla ***


<< Licenziata >>.
Quella parola le ronzava in testa come una mosca fastidiosa, la disturbava come il gracidare di una rana, cosa che, d'altronde, non si allontanava dal timbro vocale e l’aspetto della persona, o come la chiamavano tutti la rospa, che l’aveva pronunciata.
<< Nonostante non sia in grado nemmeno di prevedere che tempo farà domani, deve per forza aver capito che la sua penosa condotta durante le mie ispezioni e la mancanza totale di progressi avrebbero reso inevitabile il suo licenziamento >>
<< Hogwarts è la mia casa >>
<< Era la sua casa >>
Ricordando la conversazione per quello che poteva, data la grossa quantità di Sherry che aveva tracannato, le sali un brivido su per la schiena, un singhiozzo si fece strada per la gola facendola pizzicare fastidiosamente Ma Sibilla non voleva piangersi addosso, non di nuovo, tutto ciò l’avrebbe resa più miserabile di quanto non si sentisse già.

Si fece forza, si alzò dalla poltrona nella quale si era abbandonata per più di 2 ore, e si recò in bagno.
Aveva un aspetto terribile, le occhiaie di un colore nerastro. Sembrava che oltre ad averla colpita nel cuore la Umbridge le avesse tirato anche 2 pugni dritti negli occhi che avevano un colore rossastro per via del pianto ininterrotto degli ultimi giorni. Il trucco le scendeva per le guance, gli abiti stropicciati le cadevano come un sacco su quel corpo ossuto che si ritrovava.
Ma la parte peggiore erano i capelli. Sembravano un ammasso di paglia che le copriva quasi interamente il volto e la faceva sembrare ancora più magra di quanto non fosse già.
Sibilla non era mai stata insicura del suo corpo, o, per meglio dire non aveva mai dato troppo peso al fatto di non essere bella e attraente, non le sembrava un fattore rivalente nel lavoro che svolgeva e cosa più importante, riteneva che un giorno qualcuno l’avrebbe accettata così com’era.
La bellezza per lei era relativa.
Ma quel giorno non era mai arrivato.
Per un breve periodo si era autoconvinta di aver trovato quel qualcuno, ma, col passare del tempo i litigi aumentavano e, quando lui le chiese di adottare il suo cognome il giorno del matrimonio, lei fuggi.
Al suo cognome, forse l’unica cosa di valore che possedeva, non avrebbe mai rinunciato.

Per un periodo si era ritrovata a fare la veggente in un circo, girando tutta l’Inghilterra e vivendo in condizioni disumane.
Solo in quel momento della sua vita si era sentita come si sentiva adesso. Persa.
Si accorse che stava piangendo per via del riflesso distorto dalle lacrime del suo viso.
Si era lasciata trasportare dai ricordi.
Questa era la parte peggiore dell’avere la vista, I ricordi agli occhi di Sibilla non erano dei flash.
Ogni volta era come tornare indietro nel tempo; ricordava ogni parola, ogni battito di ciglia, ogni respiro.
Sibilla non era brava a guardare al futuro, ma per Dio se era brava a guardare al passato.
Certo se avesse avuto una vita felice, come quella delle famiglie nei programmi tv babbani che le piaceva tanto guardare, ricordare cosi vividamente non sarebbe stato poi così terribile.
Ma la vita di Sibilla era tutt’altro che semplice, figuriamoci felice.
Era per questo che beveva, lo Sherry la aiutava a rendere quei ricordi poco nitidi, proprio come quelli di tutti gli altri.
Ma tutto ha un prezzo, per far sì che i suoi ricordi fossero sfocati, anche il presente doveva esserlo e per quel che valeva anche il futuro.
 
Più si guardava, più si accorgeva di odiare ogni particolare di sé. Questa volta però spinta forse dalla sobrietà decise di fare qualcosa al riguardo.
Prese delle forbici e incominciò a tagliare, più tagliava e più si sentiva leggera, le lacrime si asciugavano sul suo viso e quando finalmente taglio l’ultima ciocca, si senti meglio.
Aveva optato per un taglio sopra le spalle, non era ancora il massimo, ma dopo una bella doccia e qualche ritocchino almeno non sarebbe più parsa come una barbona.
Dopo una doccia bollente e aver scelto di indossare una vestaglia color beige che le lasciava scoperte le spalle, Sibilla lanciò un semplice incantesimo che rimise apposto tutto ciò che aveva lanciato quando la rospa le aveva bussato alla porta.
A ripensarci senti qualcosa salirle su per la gola, la tristezza era stata sostituita brevemente da una furia e impulso omicida nei confronti di quella sottospecie di troll rosa.
Come si permetteva, dopo 16 anni di leale servizio, La nuova insegnante di difesa contro le arti oscure aveva la faccia di sbatterla fuori, questo Sibilla non poteva sopportarlo.

Silente le aveva salvato la vita, di nuovo.
Subito dopo essere scappata dal circo in cui “lavorava” Sibilla decise di rivolgersi a lui come ultima sponda. Sapeva bene che il preside di Hogwarts era impegnato nella lotta contro Voldemort, ma anche lei voleva contribuire in qualche modo e se nel frattempo avesse guadagnato anche un posto di lavoro e un tetto sopra la testa ne sarebbe stata più che felice.
Si erano incontrati alla “Testa di Porco”.
A dire la verità non ricordava molto di quel colloquio, una volta seduti al tavolo lei aveva iniziato a raccontare della sua famosissima bisnonna Cassandra Trelawney e di come avesse ereditato i suoi poteri chiaroveggenti, aggiungere un po’ di pepe non guasta mai in un curriculum, no? Poi il vuoto. Non ricordava più nulla fino alle ultime parole di Silente: << Grazie Sibilla, ti farò sapere al più presto >>.
A dire il vero si era un po’ scoraggiata per la risposta ed era ritornata nell’albergo dove stava a testa bassa. Solo 2 giorni dopo l’incontro la lettera che confermava la sua assunzione arrivò e la settimana seguente si trovava già nella sua nuova casa, la torre Nord del castello di Hogwarts.
Era più di quanto potesse sperare, aveva un lavoro, un camino dove riscaldarsi, del buon cibo e un tetto che la riparava dalla pioggia, non le mancava nulla. Le mancava qualcuno.

Sibilla non era proprio in vena di lamentarsi, era stata più fortunata di quanto potesse sperare, ma la solitudine è una brutta bestia e senza avere qualcuno con cui parlare le fini per rifugiarsi sempre di più nei suoi ricordi senza riuscire ad uscirne.
Non si può dire che avesse davvero cercato di avere rapporti interpersonali, lei aveva sempre preferito rimanere sola. Tuttavia isolarsi quando si ha qualcuno dal quale ritornare è ben diverso dall’essere “forzati” a rimanere in solitudine.
Non che lei non avesse provato, il minimo indispensabile, ad avvicinarsi ai suoi colleghi.
Regalava predizioni a destra e a manca e si offriva sempre per leggere le foglie del tè nella sala professori. Sibilla era consapevole che la sua reputazione era quella di essere una ciarlatana e anche se lei si mostrava sempre sicura di sé e sicura di quello che diceva, in cuor suo sapeva di essere un’imbrogliona.
Non era neanche tanto sicura del perché Silente l’avesse assunta.

Immersa nei suoi pensieri non si era accorta che si erano già fatte le 8 di sera.
Verso l’ora di pranzo Minerva le aveva fatto portare qualcosa dagli elfi del castello: un piatto ripieno di verdure, pollo arrosto e purè di patate.
A lei non era mai piaciuto mangiare eccessivamente, prendeva quello che le bastava per andare avanti, ma ripensando a tutto ciò che aveva affrontato non se la senti di mandare giù neanche un sol boccone e il piatto mandato per supporto o probabilmente per pena dalla professoressa Mcgranitt rimase intoccato sul piccolo tavolo della “cucina” della torre.
Sibilla era rimasta sorpresa quando Minerva era accorsa ad aiutarla e soprattutto a difenderla, si sarebbe aspettato qualche sguardo impietosito o indifferente, dato l’astio che provavano l’una per l’altra, invece le era stato concesso addirittura di rimanere a vivere nel castello.
Da quel momento tutti i professori le erano venuti in contro, Pomona le aveva regalato una scorta a vita di te alla vaniglia –il suo preferito-, Madame Pince le aveva fatto arrivare diversi libri e a turno tutti i professori erano andati a farle visita. Ovviamente non erano mossi da nessun tipo di sentimento nei suoi confronti, gli incontri erano brevissimi, tutti sembravano voler essere in qualsiasi altro posto piuttosto di fermarsi per un tè e le facevano sempre le stesse domande: << Come stai oggi Sibilla? >>, << Ti serve qualcosa Sibilla?>> ,<< Sibilla, hai saputo del nuovo insegnante di Divinazione?>>.
Era ovvio che la loro fosse una mossa strategica, farsi vedere tutti uniti contro la decisione della Umbridge avrebbe contribuito, nel suo piccolo, a farle un torto.
Le poche volte che riceveva delle visite tutto il castello ne era a conoscenza e stranamente il tono di voce dei suoi ospiti era sempre più alto della media.

Ora che ci pensava bene però non tutti erano andati a trovarla, non che la cosa la infastidisse, era già tanto se uno solo di loro l’avesse ritenuta degna di qualche parola di conforto, ma Sibilla non poté fare a meno di rifletterci su.
Silente era impegnato, come al suo solito in qualche missione segreta, ma in fondo non era lui oggetto dei suoi pensieri e poi il preside aveva già fatto abbastanza per lei.
No il professore a cui pensava era Piton.
Non si aspettava di certo un abbraccio o una pacca sulla spalla ma si sarebbe aspettata una sua breve comparsa, giusto per apparire schierato contro la ranocchia rosata. Invece nulla, probabilmente sosteneva la decisione di licenziarla, come tutti d’altronde, ed aveva deciso di rimanere coerente con sé stesso non facendole visita.
Sibilla era sempre stata intrigata dalla sua presenza, poteva sentire che c’era qualcosa che non andava in lui, che non era la statua di pietra che appariva, la professoressa di Divinazione non sarà stata la migliore a leggere le mani, ma sapeva leggere le persone e anche se non sapeva bene cosa ci fosse di cosi strano in
Piton, era sicura che nascondeva qualcosa.
Nei 16 anni passati ad Hogwarts aveva sempre cercato di risolvere il mistero che si celava dietro quelle vesti nere e il viso austero, più volte aveva cercato di rubare la sua tazzina del tè dopo le riunioni degli insegnanti o di convincerlo a farsi leggere la mano ma lui l’aveva sempre respinta bruscamente accompagnando il tutto con una battutina sulla sua incapacità di prevedere cosa avrebbe mangiato il giorno dopo.
Lei non lo odiava, ma odiava il fatto di non sapere cosa nascondesse, con il passare degli anni però si era chiusa sempre di più in sé stessa, l’unico contatto umano che aveva era con i suoi studenti e le occasionali riunioni insegnanti, non scendeva neanche alla mensa, tranne che per il primo giorno di scuola e per natale, quindi aveva rinunciato al suo tentativo di risolvere il mistero irrisolvibile e aveva archiviato il fatto.

Ritornando al presente, Sibilla decise di abbandonare definitivamente l’idea di mangiare qualcosa, bevette un bicchiere di acqua gelida e si risistemò nella poltrona.
Aveva ancora un aspetto poco presentabile, ma non le importava più di tanto, almeno i suoi occhi non erano più rossi dal pianto. Pensò a lungo a cosa potesse fare, di certo non voleva addormentarsi, no, avrebbe rischiato di ricadere nel buco nero che era la sua memoria, o almeno doveva essere sfinita per riuscire ad addormentarsi.
Pensò e ripensò a lungo ma non c’era molto che potesse fare, fece un tour mentale della sua casa per cercare qualcosa con cui tenere occupato il suo tempo e un ricordo le riaffiorò alla mente.

Erano lei e suo padre, in un grande salone luminoso con grandi finestre dalle quali si intravedevano la scogliera e il mare, era un giorno di primavera lo ricordava bene, un venticello le smuoveva l’ammasso di folti capelli che si ritrovava e che le arrivavano fino ai piedi, aveva all’incirca 6 anni.
Al centro del salone c’era un piccolo pianoforte a corda bianco, suo padre suonava una musica leggera e lei si avvicinò di soppiatto ammaliata da quella melodia, si sedette sullo sgabello e osservò incantata i movimenti delle dita sul pianoforte.
Il ricordo svaniva li, si sentiva di nuovo le guance bagnate ma questa volta sorrideva lievemente, aveva trovato qualcosa da poter fare.
Sibilla si alzó e si avvicinó al vecchio pianoforte che si ritrovava in camera, era un regalo di suo padre per la sua assunzione ad Hogwarts, ed era uno dei pochi ricordi che le erano rimasti del suo eccentrico papà, spostò le diverse palle di vetro che si trovavano sullo strumento e lo apri. Una nuvola di polvere si sollevò e la colpi dritta in faccia, lei tossicchió e con un incantesimo rimise a posto e ripulì il pianoforte.
Poggiò le lunghe dita sui tasti e si sforzò di ricordare come muoverle nel modo giusto.
Dopo un paio di fallimenti una melodia incominciò a prendere vita e a invadere la mente di Sibilla rimpiazzando i mille pensieri che la occupavano.
Per la prima volta non pensava a nulla.





Salve a tutti quelli che sono giunti fin qui, spero tanto vi sia piaciuta questa mia interpretazione di questo bizzarro personaggio. È la prima vera fanfiction che scrivo e ad essere sincera ero un po' indecisa se postarla o no. Comunque il danno é fatto e se vi è piaciuta abbastanza...vi aspetto per i prossimi capitoli! Spoiler : fará la sua comparsa il nostro adorato pozionista

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Capitolo 2
*** Il Pozionista ***


<< Avanti Severus, per quanto tu la odi, non possiamo permettere che Dolores Umbridge ci veda in disaccordo tra di noi >>.
Erano le otto di sera passate e da una mezz’ora piena la professoressa Mcgranitt cercava di convincere il professore di pozioni a fare visita alla povera Sibilla.
<< Non vedo come, non esprimendo un parere sulla questione, lei possa pensare che non sono dalla vostra parte. Per di più questa è forse una delle poche cose buone che ha fatto da quando è qui >>.
Il professor Piton non aveva alcuna intenzione di recarsi nella “torre dei matti” come la chiamava lui, per fare il premuroso con la professoressa di Divinazione.
Lei non gli era mai piaciuta.
Era una povera donna che cercava di fare tanto la saccente prevedendo la morte di qualunque creatura vivente si trovasse davanti.
Ma che era in realtà immatura e incapace di prendersi delle responsabilità che riguardassero la realtà e non quel mondo immaginario che aveva in testa.
Piton non la odiava, ne era semplicemente disgustato. La vedeva come un’alcolizzata, cosa che lo ripugnava enormemente.
Era incapace di svolgere il suo lavoro e per di più l’unica volta che era riuscita davvero a prevedere qualcosa ne era scaturita una catastrofe.
Riflettendoci il professore di pozioni avrebbe preferito passare un pomeriggio in compagnia del confetto rosa piuttosto che stare a sentire i piagnistei di quella povera pazza. Forse no, ma il punto era che avrebbe fatto di tutto pur di evitare quella visitina.

<< Si Severus, siamo tutti d’accordo che la professoressa Cooman sia una ciarlatana, ma è pur sempre un essere umano e non si meritava di essere trattata in quel modo. Non davanti a tutta la scuola>> continuava ad insistere la Mcgranitt.
<< E dimmi, da quando ti preoccupi per lei? Ricordo che poco più di una settimana fa l’hai descritta come una scopa con troppa immaginazione >>.
Ribattè acidamente Piton.
<< E diverso Sev- >> << Davanti a tutti i professori >> la interruppe lui.
Dopo essere sfuggito alle molteplici offerte di predizioni di morte Severus non si sarebbe certo consegnato così facilmente nelle mani della Cooman.
<< Se vuoi scusarmi, adesso avrei faccende molto più importanti di cui occuparmi >>.
Dopo quest’ultima affermazione il professore si girò di scatto e si diresse verso la porta dell’ufficio della direttrice della casata Grifondoro.
Aveva ancora una pila di pergamene da correggere e non si sarebbe fatto trattenere neanche un minuto di più, soprattutto se si trattava di discutere della professoressa di Divinazione.
Fece per uscire quando il suo piede fu bloccato da un animale, un gatto per la precisione, che presto riprese le sue vere sembianze, quelle della professoressa Mcgranitt.
<< Non sarebbe un peccato, se domani durante il secondo giro di ispezioni, la Umbridge scoprisse degli ingredienti e pozioni non esattamente “legali” che tieni nel tuo ufficio ? >>. Le si leggeva in faccia che questo era il suo ultimo e disperato tentativo di convincerlo a vedere la Cooman.
<< Mi stai ricattando? >> le rispose lui con un’espressione neutra.
<< Lo scopriremo domani >> ribatte lei con uno sguardo di sfida.
<< A meno che, nella strada verso i sotterranei, tu non decida di fare il giro lungo e salutare una certa persona >>.

Piton sapeva di avere più di una pozione alla quale stava lavorando che avrebbe preferito non rendere pubblica, non era certo di come la Mcgranitt ne fosse a conoscenza, probabilmente colpa di Silente.
Avrebbe potuto negare tutto, ovviamente, ma qualcosa nell'espressione della professoressa di trasfigurazione cambiò.
Lo sguardo severo si addolcì e con un tono che si userebbe per rimproverare un bambino lei disse:
<< Sono solo 5 minuti Severus, fallo in nome dell'odio che provi per la rospa >>
Quel soprannome gli fece alzare un sopracciglio divertito e infine decise che era troppo stanco per ribattere.
Se devo togliermi questo cerotto facciamolo subito, pensò infastidito.
<< Le chiederò come sta, non che mi interessi. E le chiederò se le serve qualcosa. Questa è la mia ultima offerta >> rispose Piton.
<< Mi sembra perfetto >> sorrise infine Minerva scostandosi per lasciarlo passare.
<< Ah e Severus. Non essere troppo duro con lei >>.

Non era certo che ci sarebbe riuscito, la voce e la presenza di quella scellerata lo infastidivano non poco.
Incamminatosi per la torre nord del castello Piton iniziò a pensare a tutti i modi in cui avrebbe potuto nascondere le pozioni non esattamente a norma di legge che possedeva.
Ma ne aveva così tante che ci sarebbe voluta tutta la notte e per di più, perso nei suoi pensieri ,era già arrivato sulla soglia delle scale delle stanze della Cooman.
Decise che ormai era troppo tardi e che sarebbe stato cosi acido che la prossima volta lei avrebbe rifiutato anche un suo saluto da lontano.
Salendo lentamente le scale, si accorse di un rumore proveniente dall’interno della torre.
Che fossero i lamenti di Sibilla?
Piton si immobilizzò e fece per tornare indietro quando si accorse che non erano lamenti, era una melodia.
Il suono delicato del pianoforte.
Lo avrebbe riconosciuto ovunque.
Sua madre adorava suonarlo, gli aveva anche insegnato qualcosa, finché Tobias, il padre, non ne era stato troppo infastidito ritenendolo un rumore infernale e aveva proibito a Severus e Eileen di suonarlo.
Piton si ricompose in fretta da quei pensieri, sali gli ultimi gradini e finalmente bussò alla porta della Cooman.


Le note si susseguivano dolcemente.
Si tenevano per mano creando una melodia che invadeva la stanza e che all’insaputa di Sibilla scappava da tutte le fessure.
Teneva gli occhi chiusi, non seguiva più uno spartito, i pensieri si traducevano in musica, passando prima per le mani.
Ripensava al suo quasi marito , alla sua bisnonna , al suo passato ad Hogwarts, a suo padre , alla porta che bussava.
Alla porta che bussava?
C’era qualcuno alla porta?
A quest’ora?
Probabilmente era qualche elfo domestico ,gentilmente mandato da Minerva, che le portava la cena.
Ripensò al piatto ancora pieno abbandonato sul piccolo tavolino della cucina e per un attimo contemplo l'idea di non aprire affatto la porta.
Provo ad ignorare l'ospite indesiderato e a riconcentrarsi sul pianoforte.
Questa volta però le note non riuscirono a distrarla dal pensiero che se avesse rifiutato in questo modo sicuramente l'elfo l'avrebbe riferito alla gentile mittente e lei ci avrebbe fatto una figura poco carina.
Decise allora di alzarsi dalla sua postazione e andare ad aprire.
Non si era curata di sistemarsi.
I capelli erano migliorati rispetto alla mattina ma erano ben lontani dall'essere presentabili.
La camicia da notte beige le arrivava fino alle ginocchia cadendole morbida sul corpo e lasciando le spalle parzialmente scoperte.
Ai piedi non portava nulla, come sempre, solo qualche cavigliera che gingillava ad ogni suo passo
Recatasi sulla soglia della porta, riusci a cogliere un suo riflesso da uno dei tanti specchietti appesi sui muri.
-Se é vero che l'elfo riferirà a Minerva é meglio che mi renda presentabile cosi da farli smettere di preoccuparsi tanto per me- pensó Sibilla mentre si legava intorno alle spalle uno scialle marrone scuro e cercava di dare una forma definita all'ammasso di capelli che si ritrovava in testa.
Quando raggiunse il risultato desiderato, poggiò finalmente la mano sulla maniglia della porta.
La apri velocemente e guardo subito in basso, assumendo l'espressione piú serena che poteva fingere.
Quello che vide peró non era un piatto pieno di cibo.
Nemmeno la faccia sorridente di un elfo da cucina.
No, quello che Sibilla vide erano un paio di scarpe nere.




Nota dell'autrice: Rieccomi finalmente! Dopo tanto tempo sono riuscita a dedicare una mezz'oretta a questa piccola storia. Si, sono consapevole che questo capitolo sia molto più corto rispetto a quello precedente, ma volevo mettervi un po' di ansia in attesa dell'incontro tra i due.
(che ho già scritto in parte, state tranquilli non sarà come una di quelle storie lasciate a metà).
Se siete curiosi anche solo un pizzichino lasciate una recensione che fa sempre piacere!
Spero vi stia piacendo l'interpretazione che ho dato a questi 2 e la loro immaginaria possibile dinamica.
Much love xxx

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Capitolo 3
*** L'incontro ***



Severus non ne poteva più di aspettare.
La sua voglia di fare visita alla Cooman era sotto zero e se lei avesse tardato ad aprire la porta ancora un altro minuto, lui avrebbe girato i tacchi e sarebbe ritornato nei sotterranei.
Al diavolo le minacce di Minerva.
Fece per andarsene quando di scatto vide la porta aprirsi. Le sue narici furono pervase da un forte odore di incenso e profumi vari che gli fecero storcere il naso.
La Cooman era solita tenere accese nelle sue stanze almeno 5 candele, diverse per profumazione.
Affermava che aiutavano il suo occhio interiore. In altre parole, erano un modo in più per tenere lontano qualsiasi visitatore.
La sua voglia di rimanere a fare “due chiacchere” con la pazzoide scese a -100.
Impaziente di portare a termine l’infausto compito Severus cercò di assumere un atteggiamento quanto più irritante possibile squadrandola dall’alto al basso. Sibilla però pareva intenta a osservargli le scarpe.
Aveva un’espressione a dir poco paurosa.
Forse cercava di apparire serena, ma il sorriso forzato e le sopracciglia innalzate davano l’impressione che si stesse sforzando per… beh era chiaro per cosa.
Era ovvio che non si aspettava una visita dal temuto pozionista, a giudicare dallo sguardo attendeva qualcuno di molto basso. Filius? No, molto probabilmente un elfo domestico.
E data l’espressione della Cooman, mandato da qualcuno che si “preoccupava” per lei, Minerva. Altro che occhio interiore.
Nonostante Severus odiasse l’occlumanzia, credeva fermamente che sarebbe stato un veggente più capace di lei.

A Sibilla bastarono pochi secondi per capire che quella sera non avrebbe ricevuto un altro piatto ricolmo di cibo.
Sapeva benissimo a chi appartenevano quelle scarpe.
Forse avrebbe fatto meglio a ritrarsi nelle sue stanze e chiudere la porta a chiave.
Se avesse saputo, avrebbe fatto finta di dormire o di piangere, l’ultima opzione avrebbe di certo dissuaso Piton a rimanere anche un solo minuto di più.
Si sentiva il suo sguardo inquisitore addosso e contrariamente a qualsiasi aspettativa decise di alzare gli occhi e sembrare quanto più sicura di sé quanto le era possibile indossando un pigiama che le lasciava le spalle scoperte.
Il danno era fatto, tanto valeva continuare quel teatrino.
Magari se si fosse mostrata abbastanza in forma e rigenerata non avrebbero più sentito il bisogno di farle quelle visite a dir poco penose.
Ad essere onesta era incuriosita dalla visita.
Il professore aveva reso abbastanza chiaro il suo fastidio nel ritrovarsi a dovere scambiare due parole con lei.
Chissà quali minacce lo avevano spinto a raggiungere la torre nord del castello e chissà quali parole di conforto era stato costretto ad imparare a memoria per poi recitare.
Lui continuava a guardarla fissa negli occhi.
Era un giochetto che faceva con tutti. Piton era sempre l’ultimo a distogliere lo sguardo.
Non che fossero in molti ad avventurarsi a parlare con lui, figuriamoci a guardarlo fisso negli occhi.
Girava voce tra gli studenti che i suoi occhi neri come la pece erano come gli occhi di Medusa, chiunque incrociava il suo sguardo finiva istantaneamente pietrificato.
Sibilla poteva affermare che, in un certo senso, era vero.
Era pietrificata, aspettava la prossima mossa di Piton come una gazzella aspetta l’attacco di un leone.
Consapevole di essere spacciata.
Questa volta però non era impaurita, solo rassegnata.
Poi accadde qualcosa di bizzarro.
Fu lui a distogliere lo sguardo e lei lo guardò stranita.
Non aveva ancora pronunciato una parola. Sibilla era ben consapevole del perché.
Voleva farla sentire a disagio cosi che lei avesse rifiutato ogni sua visita futura, se mai ce ne sarebbero state.
La strategia di Piton avrebbe funzionato in giorni normali, ma Sibilla era troppo stanca per sentirsi in imbarazzo, tutto quello che voleva era ritornare al suo amato pianoforte.
Lui sembrava averci preso gusto a squadrarla da capo a piedi con fare sprezzante e quando i suoi occhi ritornarono al viso di lei, lo vide alzare un sopracciglio divertito.
La veggente decise a quel punto di rompere il silenzio.
Sapeva bene che lui le avrebbe concesso due misere parole di “conforto” e il desiderio di ritornare alla musica combinato con i ricordi di nuovi spartiti le diedero il coraggio necessario per iniziare la conversazione.

Piton aveva anche un’altra regola, non parlava molto, ma quando sapeva di doverlo fare era sempre il primo ad aprire bocca.
L’aveva squadrata bene.
Con solo quella veste addosso sembrava più magra del solito.
Le occhiaie erano sempre al loro posto e i capelli. I capelli erano diversi.
Se li era tagliati. il pozionista suppose strappandoseli per la frustrazione.
Nonostante tutto almeno così sembrava meno “una scopa con troppa immaginazione” come l’aveva descritta gentilmente Minerva.
Al ricordo alzò un sopracciglio divertito.
Quando il suo sguardo ritornò agli occhi di lei, non sembrava spaventata.
Aveva un’aria stanca e allo stesso tempo viva, come se fosse impaziente di fare qualcosa.
La vide prendere un respiro e prepararsi a dire qualcosa, ma lui la interruppe.
<< Sibilla >> le disse senza muovere un muscolo.
<< Severus >>.
Come sempre l’aveva preceduta, avrebbe dovuto ricordarlo.
Se c’è da parlare la prima e l’ultima parola vanno sempre a lui.
<< A cosa devo la tua visita?>>. Gli chiese lei con tono pacato. come se non lo sapesse già.
<< Forse sarebbe più opportuno dire, a chi devi questa visita? >> le rispose lui.
Sibilla sapeva che c’era dell’altro e rimase in silenzio.
<< Minerva mi ha… persuaso a venire a farti visita. Ho acconsentito a 2 domande. Non sei tenuta a rispondere, anzi se tu non lo facessi mi faresti un grande favore >>. Piton cercò di essere quanto più conciso possibile.
Non era stato scortese e per di più era riuscito a contenersi dal dire “anche perché le tue risposte mi interesserebbero poco”.
Sibilla non lo ascoltava, si sentiva stanca e nonostante indossasse gli occhiali la sua vista si era fatto sempre più annebbiata.
Una fetta di pollo arrosto non le avrebbe fatto così male dopotutto.
Severus le aveva detto qualcosa riguardante Minerva, forse gli aveva chiesto di farle visita, si probabilmente era cosi. Sibilla cercò di sforzarsi ma non sentiva più nulla, solo un rumore sordo che le faceva scoppiare la testa.
Era stata all’in piedi per troppo tempo. Tutto iniziava a girare intorno a lei, si senti cadere ma si aggrappò allo stipite della porta.
Cercò di raggiungere la poltrona sistemata all’interno delle stanze e vi si accasciò.

Tutto quello che doveva fare era rispondergli che aveva capito, lui le avrebbe fatto quelle due domande e si sarebbe volatilizzato.
Non si era curato di guardarla mentre le esponeva ciò che doveva fare e solo quando ebbe finito di parlare si accorse che lei non era più davanti a lui.
Cercava di raggiungere una poltrona barcollando.
Era ubriaca ne era certo. Questo lo fece infuriare ancora di più.
Avrebbe voluto girare i tacchi, sbattere la porta della torre e ritornare alle sue amate pozioni. Ma prima di fare ciò le avrebbe impartito una lezioncina, l’avrebbe fatta sentire un disastro.
Dopo tutto quello che era accaduto, dopo che Silente le aveva concesso di rimanere nel castello, perdonando quel suo stato pietoso lei continuava a bere.
Per un attimo Piton vide suo padre al posto di Sibilla.
Le si avvicino e squadrandola le disse << Vedo che non impari mai >>.
Finalmente poteva lasciare quel manicomio per sempre.
Si girò di scatto e fece per allontanarsi quando lei disse qualcosa.
<< Non sono ubriaca >>.





Dopo un'infinità di tempo finalmente eccomi qui! Spero tanto che il capitolo,pur essendo cortino rispetto agli altri, vi sia piaciuto.
La storia, in realtà, è già completa, aspetto solo di ricevere un po' più di "feedback" per postarla tutta.
Quindi se siete curiosi di conoscere le sorti dei personaggi e soprattutto se la storia vi è piaciuta, lasciate una recensione!
-much love, Fra

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