Bloom Later

di hikarigaoka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guess Monster ***
Capitolo 2: *** Satori ***
Capitolo 3: *** Don't take the money ***
Capitolo 4: *** Tsubasa ***
Capitolo 5: *** Blame it on the night ***
Capitolo 6: *** Still into you ***
Capitolo 7: *** Miracle Boy ***



Capitolo 1
*** Guess Monster ***


 

Guess Monster.


Volare è sempre stato uno dei desideri proibiti dell’uomo.
Quella sensazione dei tuoi piedi che fluttuano sopra al terreno, la pesantezza del tuo corpo che ti lascia e fare in modo che il vento faccia tutto il resto. Ma questo non era permesso agli uomini, rischiavano di avvicinarsi troppo al sole e di cadere come Icaro.
Sarebbe bello poter volare, vero?
Ma lei non ha voglia di volare.
Un tempo Yamashita amava volare, ma ora era tutto sfumato.
I suoi occhi vagano fuori dalla finestra della classe al terzo piano, la giornata è particolarmente soleggiata e non riesce ad aspettare per uscire.
Mentre guarda pigramente il cielo perfettamente azzurro, pensa ancora al volare e a quanto ne sia stanca.

“Perché sei qui?”

La ragazza volta lo sguardo ed incontra un paio di occhi che sembravano essere veramente stanchi.

“Che intendi?” gli chiede con voce neutrale.

“Dai su, è ovvio!” la incalza “perché sei qui in punizione?”

Oh giusto, è in punizione, se n’era quasi dimenticata.

“Perché sono una stupida e impulsiva stronza, e tu?”

“Perché sono uno stupido e impulsivo stronzo. E forse dovrei chiudere la bocca più spesso…”

E’ la prima volta per lei in punizione, di solito era una ragazza rispettosa e che seguiva le regole senza alcun tipo di problema, ma ogni tanto esplodere è necessario.

“Tu sei Yamashita, non è vero?”

“Sì, sono Yamashita”

“E’ facile riconoscere la migliore guardia tiratrice e schiacciatrice di pallacanestro della Shiratorizawa, ma non mi aspettavo di incontrarti qui!”

“Non mi definirei come la migliore guardia tiratrice e schiacciatrice”

Yamashita non vuole suonare come un’arrogante, è solo imbarazzata da tutte quelle attenzioni e quel ragazzo sembrava volesse dargliene molte.

“Oh avanti, nessuno riesce a fare tutti quei windmill* in una sola partita a parte te. Ti chiamano Aquila, dato che praticamente voli sul campo”

Le dita di lei picchiettano nervosamente sul banco di legno, i suoi occhi guardano insistentemente l’orologio, nella speranza che passino dieci minuti in due secondi in modo da far suonare la campanella in fretta ed evitare tutte quelle domande e affermazioni.
Ma forse spostare le attenzioni su un altro soggetto l’avrebbe aiutata di più che quel vecchio orologio.

“Tu sei Tendou Satori, giochi nella squadra di pallavolo, non è vero?”

Il ragazzo sussulta teatralmente a quell’improvvisa identificazione.

“Si! Sono il-”

“Guess Monster” lo interrompe bruscamente.

“Oh, lo sapevo che eri una mia segreta fan” scherza lui.

“Non sono una grande fan della pallavolo in generale, ma non mi dispiace”

“E allora perché vai alle partite se non sei così interessata? Per Wakatoshi-kun, ho indovinato?”

Un sorriso furbo si forma sul suo volto, convinto anche quella volta di essere riuscito a indovinare, ma Yamashita scuote la testa negativamente.

“Questa volta ti sbagli, vado per vedere Goshiki giocare”

“COSA? Sei la sua ragazza? E pensare che non me l’ha mai detto!”

“Non sono la sua ragazza, il fatto che siamo amici non implica necessariamente che siamo una coppia” risponde Yamashita, quasi offesa da quella supposizione.

“Oh, che delusione” sospira Tendou, ancora una volta con fare volutamente teatrale.

“Lo conosco da quando siamo nati, è un po’ come un fratellino minore per me”

Tendou non può fare a meno di sorridere, pensare a Goshiki come fratello minore è una cosa a cui è abituato da quando il suo kohai era entrato nella squadra, e trova buffo come non sia l’unico con questa visione nei suoi confronti.

“Non ti fa stare male?”

“Cosa?”

“Essere chiamato Guess Monster”

Il rosso viene colto alla sprovvista da quella domanda inaspettata.
Nessuno gli aveva mai chiesto come si sentisse nei confronti del suo soprannome e non ci pensava mai spesso.
Mentre lui si perde a pensarci su, Yamashita ne approfitta per rimuginare.
Tendou Satori è strambo, addirittura fuori di testa.
Insomma sì, diciamo che è anche simpatico, ma hai visto che occhi? Non fa un po’ paura?
Ma poi non si sa mai cosa gli passi per la testa, non ti sembra uno che fissa troppo la gente? Mah, per lo meno è bravo a pallavolo ed è il migliore amico di Ushijima, ma io me ne starei alla larga.
Queste sono le poche cose che Yamashita aveva avuto modo di sentire su Tendou Satori in giro per la scuola. Non credeva che nessuno lo odiasse veramente, veniva solo guardato con estrema circospezione, ma quei commenti non erano positivi.
La gente è certo più strana di lui, visto che quando il centrale entrava in campo tutti quanti immediatamente cambiavano idea, dedicandogli interi cori ed incitazioni, pensando anche solo nel momento di una sua azione che “in fin dei conti è figo”.
Lo guarda meglio, cerca di capire che cosa ha suscitato quelle reazioni da parte dei suoi coetanei e realizza che non ci capisce veramente nulla.
Non lo aveva mai guardato da vicino, di solito lo vedeva correre in giro per il campo da pallavolo bloccando un’azione avversaria dopo l’altra.
Yamashita lo guarda bene e pensa che Tendou sia...peculiare, ma non in modo spiacevole.
I suoi occhi sono grandi, o semichiusi o sgranati, nessuna via di mezzo, e gli danno l’aria di uno che non dorme da almeno un mese, ma sono naturali, quindi sono forse frutto della genetica.
Il suo sorriso ha perennemente una nota di malizia, come se potesse venire a conoscenza dei tuoi segreti più profondi solo con un breve sguardo.
Yamashita realizza che le piacciono i suoi capelli, sono di un colore rosso vivo, e la capigliatura tirata all’indietro gli dona un’aria vagamente selvaggia e fuori dal comune.
E’ alto, ma questo lo aveva già notato durante una delle partite, e i capelli certo contribuivano.
Chissà che cos’è che suscita nella gente tutta quella sfiducia, quella prudenza nei suoi confronti, non riesce proprio a venire a capo di quel mistero.
Ecco, Tendou Satori sembrava diverso, e forse era questo a insospettire la gente, ma comunque sente di non capire.
Dopotutto, non nega che lo trovi anche attraente, in una maniera strana.
Non è mai stata il tipo da negare la sua attrazione verso qualcuno, è sempre stata onesta con sé stessa e se pensava che qualcuno fosse affascinante o bello non se lo negava, perché non c’era niente di sbagliato nel farlo, ma ha sempre preferito tenersi quei pensieri per sé.

“Mi piace essere chiamato Guess Monster, è minaccioso ed è bello quando gli avversari mi temono, significa che sto giocando meglio di loro”

“Non credo mi piacerebbe se le persone mi chiamassero mostro, non sarebbe meglio qualcos’altro? Tipo, che so...Guess God?”

Tendou la guarda per qualche secondo interdetto, per poi scoppiare in una fragorosa risata, totalmente sgraziata, Yamashita non crede di aver mai sentito una risata del genere, ma la trova contagiosa visto che un piccolo sorriso divertito si forma sul suo volto.

“Hey, sono seria” dice in leggero imbarazzo, visto che il ragazzo non sembra voglia smettere di ridere.

“Sono onorato di essere chiamato Dio dalla capitana della squadra di pallacanestro”

“Non ho detto che sei un dio, dico solo che sarebbe più carino di monster

“Troppo tardi, mi hai già fatto arrossire”

Anche Tendou prende tempo per guardarla meglio.
Fa sempre così, ha sempre trovato divertente osservare le persone in ogni loro dettaglio, capire che cosa le passasse per la testa, come faceva nel campo da pallavolo.
Guardando Yamashita, lui capisce due cose.
La prima: Yamashita è illeggibile.
La seconda: Yamashita è intrigante.
Yamashita, solo un nome, Aquila, capitana della squadra di pallacanestro femminile della Shiratorizawa, guardia tiratrice.
Yamashita è proprio bella, ma sembra sempre così seria! E’ una un po’ sulle sue, ma i suoi amici ne parlano sempre così bene.
E poi hai visto come gioca, e che schiacciate? Non ho mai visto nessuno saltare in quel modo, ma per lei esiste la gravità? Lo credo che la gente la chiama Aquila, quella vola.
Certo però, che invidia! Bella, brava a pallacanestro, ottimi voti, e anche se è riservata gli amici non le mancano, c’è qualcosa che non vada in lei?
Mah, che fortuna, vorrei proprio conoscerla!
Ciò che la gente pensa di Yamashita è in netto contrasto con le opinioni su di lui, ma non gliene può fregar di meno.
E’ sicuramente una delle ragazze più discusse, c’è chi la ama e chi la detesta, sentimento che più che altro viene da quelle ragazze invidiose che desiderano avere un talento come lei, perché l’età per averne uno per loro è già finita.
Ma comunque lui la guarda e pensa che sia difficile da leggere, può solo soffermarsi sul suo aspetto fisico.
E’ indubbiamente bella, come dicono tutti.
Il taglio degli occhi è affilato come la lama di una katana, e il colore delle sue iridi è di un nero profondo come quello dei suoi capelli.
Tendou realizza che gli piacciono i suoi capelli. Arrivano appena fino alle spalle, sembrano morbidi e il modo in cui cadono perfettamente dritti sulle sue spalle è quasi ipnotizzante.
Il suo sorriso è timido ma sincero, esprime i suoi sentimenti ma senza esagerare.
E’ un po’ più alta della ragazza giapponese media, ma le ci vuole ancora molto per raggiungerlo.
Aveva già notato in precedenza il suo corpo tonico e allenato durante qualche partita di pallacanestro, ma non gli sembra il caso di rimirarlo ora.

“E a te? Ti piace essere chiamata Aquila?” le domanda, rigirando l’argomento

“E’ carino, le mie compagne di squadra mi chiamano così perché si fidano di me” gli risponde, pensandoci un po’ su.

“Eeeee anche perché sei probabilmente l’unico essere umano sulla Terra che vola in quel modo” aggiunge lui, con un sorrisino complice.

“Non è che volo veramente…” sussurra, leggermente in imbarazzo per le attenzioni che era tornato a rivolgerle.

“Fidati, la differenza tra saltare così in alto e volare è veramente sottile”

“Se insisti”

Il silenzio domina la classe di nuovo, e Yamashita si chiede come Tendou sarebbe riuscito a romperlo come aveva fatto prima.

“Non hai risposto alla mia domanda, comunque”

Un sorriso furbo si forma sul volto del ragazzo, mentre sprofonda nella rigida sedia di legno e appoggia scompostamente i piedi sul banco, oscillando avanti e indietro in maniera talmente precaria che Yamashita se lo visualizza con il culo per terra.

“Te lo dico se prima me lo dici tu” ribatte, lo stesso sorriso furbo di lui sul suo bel viso.

“Okay capitano, se lo desideri…

Semplicemente ogni tanto non penso quando parlo e potrei aver risposto male al preside”

“Che gli hai detto?”

“Niente, mi aveva convocato per uno di quei colloqui sul futuro e il lavoro sai...quelle robe tipo “e la pallavolo? Vuoi diventare giocatore professionista? Hai talento sai, Washijo lo dice sempre, e sei anche molto intelligente, però sei un po’ scostante con lo studio, insomma, a un test prendi il massimo e nell’altro lasci in bianco”
Te lo dico capitano, non avevo ascoltato neanche una parola, avevo la testa da un’altra parte, e allora gli ho detto “eh vabbé amico che ci possiamo fare?” e poi gli ho chiesto se quello fosse un parrucchino. Non mi ha risposto, quindi credo che la risposta sia scontata”

Yamashita si schiaffa la mano sulla bocca, in un tentativo poco vano di contenere la risata, e Tendou sorride perché pensa che sia una risata carina.

“Tu COSA?” esclama incredula.

“Non volevo fare lo stronzo, ma ogni tanto mi capita, non penso...e tu che hai combinato?”

Yamashita smette di ridere e il suo sorriso sparisce un pochino, il suo sguardo diventa dubbioso e insolitamente insicuro.

“Oh oh, qualcuno l’ha fatta grossa” dice Tendou con malizia.

“Sì, come ho detto prima, sono una stupida e impulsiva stronza”

“E va bene Aquila, spara!”

Yamashita giocherella nervosamente con la penna e la picchietta due volte sul banco, pensando a come buttare giù in maniera decente la storia della sua misteriosa punizione.
Decide finalmente di confidarsi con quel ragazzo, le stava simpatico per qualche motivo e non ci vedeva nulla di male, per altro non sembrava estraneo agli avvenimenti stravaganti.

“Stavo camminando per il corridoio della scuola dopo pranzo, era vuoto e c’era solo un gruppo di ragazze, una di loro urlava ferocemente ad un’altra mentre le sue amiche ridevano.
Ho sentito la prima gridare cose orribili all’altra, veramente meschine, era insopportabile, la insultava e tutte le altre se ne stavano lì a ridere.
Quella poveretta non aveva il coraggio di rispondere o di agire, se ne stava messa all’angolo in silenzio e non tentava nemmeno di rispondere.
Allora ho preso l’iniziativa e ho mollato un pugno in faccia alla stronza che la stava maltrattando per chissà quale motivo…le ho quasi rotto il naso”

Tendou sta in silenzio, non prende la parola forse per la prima volta. I suoi occhi già grandi sono ora sgranati, increduli, e smette di far oscillare la sedia avanti e indietro.
Yamashita distoglie lo sguardo, arrossendo e maledicendosi perché aveva deciso di aprirsi con una persona che a malapena conosceva e che ora penserà che lei è una ragazza violenta, che non si sa fare gli affari suoi e che piuttosto che parlare preferisce alzare le mani, una psicotica.

“Tu...tu hai mollato un pugno una bulla?” le chiede in un sussurro il rosso, ancora incredulo.

Queste sono le uniche parole che dice, niente più e niente meno, e Yamashita annuisce in silenzio.
La campanella della scuola suona rumorosamente e l’orologio segna finalmente la fine dell’ora di punizione.
Tendou si alza e cammina verso l’uscita della classe, lo zaino che pende dalla sua spalla pronto ad andarsene, mentre Yamashita rimane seduta lì al suo banco, non volendo muoversi finché non se ne sarebbe andato.
Si sentiva in imbarazzo e un po’ patetica, perché glielo aveva detto?
La sua faccia aveva comunicato ogni tipo di inquietudine, ma lei è fatta così, troppo impulsiva.

“Yamashita”

Sorprendentemente, Tendou parla di nuovo quel giorno ma lei non vuole guardarlo negli occhi. Non vuole sentirsi giudicata.

“Sei proprio cazzuta”

Detto ciò, Tendou se ne va con un sorriso.

*Il windmill è uno stile di schiacciata molto comune nella pallacanestro. Si effettua eseguendo nella fase di volo, prima di concludere la schiacciata, un movimento circolare del braccio (o delle braccia) che tiene il pallone. Prevede diverse varianti compreso il "Windmill-360" o il "Rock the Baby".
Note autrice:
Ciao a tutti!
Ho deciso di pubblicare questa fanfiction abbastanza di getto, ma le idee le avevo nella testa da un po'
Non sarà una storia lunga, ma spero che comunque vi trasmetta qualcosa!
Potete trovarla anche sul mio Wattpad "Hikarigaouka"
A presto!

 

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Capitolo 2
*** Satori ***


Satori.

L’aria del mattino punge il viso di Yamashita mentre fa stretching per prepararsi alla sua corsa mattutina. Piccole nuvole di condensa si formano dalle sue labbra lentamente. Che razza di freddo.
Il suo piede destro si muove in avanti pronto a partire, non riuscendo ad attendere oltre e riscaldarsi, ma una voce familiare la richiama.

“Anche tu vai a fare una corsetta, eh?”

La ragazza sa chi sta parlando, ricorda ancora la sua voce chiaramente dal loro primo incontro avuto in punizione in quell’aula del terzo piano.
E' stranamente felice di sentirlo.
Yamashita si gira e vede esattamente chi si aspettava di vedere. Tendou Satori, appoggiato sullo stipite della porta d’ingresso dei dormitori, per l’esattezza con addosso la tuta sportiva viola della Shiratorizawa.
Gli sorride.

“No, sto chiaramente andando alle famose lezioni delle sei del mattino in questo outfit appropriato” gli risponde sarcasticamente.

Tendou ridacchia e la segue.

---

“Okay, andiamo avanti con la squadra di pallavolo”

Yamashita si ferma di scatto.
Aveva immediatamente riconosciuto quell’insopportabile e squillante voce.
La stessa ragazza a cui aveva tirato un pugno tre mesi prima, la causa del suo attacco di rabbia e del suo conseguente mese di sospensione.
Sta lì con il suo solito gruppo di amiche, che erano quasi insopportabili tanto quanto lei, un branco di ragazzine piuttosto patetiche, e la cosa più imbarazzante è che sono quasi tutte del terzo anno.
Yamashita purtroppo, sa che cosa stanno facendo e preferirebbe andarsene, ma qualcosa la spinge a restare ed ascoltare. Diamine, perché non riesce mai a farsi i fatti suoi quando si tratta di quelle?

“Okay, primo, Ushijima. Credo che siamo tutte d’accordo che sia veramente un gran figo e praticamente perfetto, giusto?”

Yamashita crede di non vedere ragazze fare classifiche dei ragazzi più belli da quando era in prima elementare e sentire quel branco squittire e schiamazzare al solo sentir nominare il capitano della squadra di pallavolo le fa veramente storcere il naso.
Più che un branco di lupi, sembrano un branco di oche.
Passano cinque minuti filati a esclamare versi di approvazione e complimenti nei confronti di Ushijima. Povero ragazzo, pensa Yamashita, se sentisse questa conversazione o non capirebbe niente oppure andrebbe a incastrarsi la testa nella rete.
Yamashita stava silenziosamente in ascolto dietro la porta di una classe vuota.
Normalmente non farebbe una cosa del genere, sentire stupide ragazzine fare la classifica dei ragazzi più belli e fregni della scuola non è sicuramente nei suoi interessi, ma sa esattamente il motivo per cui lo sta facendo.

“Andiamo avanti…” dice la più grande, scribacchiando qualcosa su un pezzo di carta appoggiato al muro sotto una finestra del corridoio “...Tendou Satori”
Il branco di oche emette qualche verso di incertezza, chi direttamente di disapprovazione.

Yamashita sente lo stomaco contrarsi dal nervosismo.
Quanto vuole saltare addosso a quelle, neanche lo sa.

“Mh, no. Assolutamente no.

Sembra uno psicopatico con quegli occhi sgranati, ma dorme? Secondo me è fuori di testa, fa sempre lo strambo, ci credo che la gente lo chiama mostro

“Io credo che sia carino”

Il gruppo si gira improvvisamente nella confusione data dalla voce sconosciuta che aveva appena preso parola.
Yamashita sta lì in piedi davanti a loro, le mani strette a pugno anche se cerca di nascondere la frustrazione, e sul suo volto spicca un sorriso furbo, già pronto ad assaggiare tutte le provocazioni che la ragazza sta per fare alla bulla e alle sue amiche che già una volta aveva dovuto affrontare.

“Ancora tu, Yamashita?” le chiede la leader del branco, mentre le sue compagne stanno dietro di lei in ascolto, troppo deboli individualmente per fare un passo avanti.

“Sì e tu sei...Sumiko? Sumiko Harada, vero?”

“Wow, che onore, essere riconosciuta dalla capitana della squadra di pallacanestro? Tendi a memorizzare i nomi altrui perché tu ne hai solo uno?”

Tutte le altre ridono, ma il sorriso sul volto di Yamashita non sembra voler sparire.
Ma Sumiko non ha torto perché è vero, Yamashita è conosciuta solo per il suo cognome e da quando ha cominciato il liceo nessuno sembra sapere quale sia il suo nome proprio, persino i professori e durante le partite di basket nessuno lo pronuncia, era stata lei a chiederlo espressamente.
Solo Goshiki lo sapeva alla Shiratorizawa, e lui non lo avrebbe detto a nessuno per tutto l’oro del mondo perché si trattava della sua migliore amica, quindi fu inevitabile il crearsi di teorie e idee su quale sia il nome vero di Yamashita e sul perché non lo volesse rivelare a nessuno.
Ma al momento non le importa, le provocazioni di Sumiko non la sfiorano.

“No, è che solitamente ricordo il nome delle persone a cui do un pugno in faccia”

Bingo.
Le amiche di Sumiko si lasciano scappare qualche sussulto sorpreso dalla provocazione, mentre l’espressione furba e sicura della ragazza si contrae in una di rabbia e frustrazione.
Yamashita sente una forte soddisfazione nell’aver messo alle corde quell’impertinente, quasi più di quando le aveva sferrato quel pugno.

“Che cosa stavi dicendo su Tendou Satori, comunque?” rigira il discorso Sumiko, tentando di non far trasparire il nervosismo, cosa in cui fallisce.

“Beh, io credo che Satori sia un bel ragazzo, compresi i suoi occhi e quella che tu chiami faccia inquietante” afferma, senza imbarazzo e senza timore.

“Oh giusto, tu sei la sua ragazza, non è così? Me l’ero quasi scordato!” esclama Sumiko con ritrovata fiducia.

Yamashita sente il sangue salirle fino alle guance, un po’ per imbarazzo e un po’ per rabbia.

“N-non lo sono…”

Merda, ha vacillato.
Prega che Sumiko non se ne sia accorta e che non ne approfitti.

“Vedo sempre voi due allenarvi la mattina e parlottare tra di voi come due piccioncini, e andate sempre alle vostre partite, non è vero?
E il modo in cui lo guardi! Non dirmi che non c’è qualcosa tra di voi, perché mi deluderesti.
Siete la coppia dell’anno, i due psicopatici! Due stramboidi fatti l’uno per l’altra!”

Forti e acute risate riempiono il corridoio vuoto illuminato dalla luce del primo pomeriggio.
Ma vengono subito rimpiazzate da esclamazioni e urla nel momento in cui Yamashita afferra Sumiko per il colletto dell’uniforme e la scaraventa contro il muro, tenendola ferma, il suo viso che esprime ogni sorta di rabbia e rancore.
Guarda la ragazza negli occhi, sono spaventati e l’altra non osa dire niente.
Yamashita non è mai stata una violenta, tutti infatti si erano sorpresi quando avevano scoperto che le era toccato un mese di sospensione, i suoi numerosi amici in particolare.
Ma quando si ritrovava faccia a faccia con questa gente, con persone che definiscono psicopatico e mostro un ragazzo solo perché è diverso, che va fuori di se.
Dio, voleva sputarle in faccia e farla sentire miserabile.

“V-vuoi essere sospesa di nuovo? Lo sai che se mi colpisci un’altra volta ti cacceranno dalla squadra di basket?” le chiede Sumiko in un sussurro spaventato.

“Non l’avrei fatto neanche la prima volta se me ne fosse mai fregato il benché minimo cazzo” sibila Yamashita, la presa sul colletto che aumenta.

“Quindi è meglio se non ti vedo dar noie a nessun altro studente qui alla Shiratorizawa.
Specialmente con Satori.
Se ti sento parlar male di lui con le tue vallette un’altra volta io ti giuro che torno, finisco il lavoro e ti rompo il naso. Non devi dire il suo nome, non devi guardarlo e neanche solo PENSARE a lui, mai più.
Ci siamo chiariti?”

Sumiko, gli occhi ancora più sgranati di prima, annuisce nel terrore.
Yamashita prova conforto nel vedere come finalmente si era fatta piccola piccola, incapace di farsi valere.

“Bene” aggiunge fermamente, lasciandola andare.

“Yamacchan?” la chiama una voce da infondo al corridoio.

“Satori-kun…”

Tendou se ne sta in piedi in fondo al corridoio, un’espressione vagamente confusa gli incornicia il viso leggermente piegato verso destra e la sua figura alta domina la scena.
La stretta allo stomaco di Yamashita aumenta vertiginosamente.
Ha sentito tutto?
Ha sentito quelle ragazze dire quelle cose orribili su di lui?
Ha visto lei impazzire di rabbia e quasi aggredire Sumiko?

“Vuoi andare a pranzo oppure ci vai con le tue amiche?”

Grazie a Dio, non ha sentito niente.
A Yamashita non importava assolutamente niente se lui l’aveva sentita definirlo carino e un bel ragazzo, anzi, sotto sotto ci sperava che l’avesse sentito, sempre meglio che sentire delle stupide ragazzine insultare il tuo aspetto.

“No no! Arrivo!” esclama allegramente, nascondendo la sua precedente rabbia e dirigendosi verso il ragazzo.

Durante il pranzo nella mensa conversano normalmente come avevano sempre fatto insieme a tutta la squadra di pallavolo.
E’ stato carino da parte di Satori introdurla a tutti quanti, cosa che Goshiki non aveva mai fatto perché era sempre troppo timido e sapeva che i senpai lo avrebbero preso per il culo a morte se avesse portato una ragazza tanto bella al tavolo.
Quando accadde con Tendou, Semi credette di star per sputare tutti e due i polmoni dalla sorpresa, convinto che fosse la sua ragazza, mentre Ushijima sembrava l’unico ad averla presa normalmente.
Nonostante le conversazioni siano al momento le solite, Yamashita è ancora nervosa per l’incontro che ha avuto prima, e parla di meno.

“Vado a farmi un giro, vieni con me Yamacchan?” le chiede Tendou.

Yamashita deglutisce nervosamente, inghiottendo nello stesso istante l’ultimo boccone del suo bento.

“Sì! Ci vediamo in giro, ragazzi” dice, alzandosi e seguendo il ragazzo.

Camminano per il grande cortile dell’Accademia gremito di studenti impegnati in ogni tipo di conversazione, più che altro frivole, e il sole pomeridiano le colpisce il volto.
Alza lo sguardo per guardare Tendou, e capisce immediatamente che c’è qualcosa che non va in lui.
Non l’aveva più guardata negli occhi da quando erano andati a pranzo, e anche quando parlavano allegramente come di loro solito, i loro occhi non si incontrarono.
Ma Satori poteva dire lo stesso di lui, visto che Yamashita non si stava comportando differentemente.
I due si conoscono piuttosto bene ormai.
Yamashita non sa spiegare esattamente come si erano avvicinati, sa solo che era accaduto tre mesi prima da quando si erano incontrati nell’ora di punizione.
Dopo quella bizzarra conversazione, lui l’aveva notata mentre stava andando a correre e subito si era dimostrato particolarmente interessato a lei, e così avevano cominciato a correre insieme tutte le mattine.
Cominciarono poi a parlare di argomenti più seri, cercando di scoprire qualcosa l’una dell’altra.
Tendou ancora non riusciva a capire che tipo di persona fosse, sapeva solo che lo intrigava e che, forse per il fatto stesso che non riusciva a leggerla, era maledettamente interessante.
Sul suo volto vi era sempre un’espressione di apparente indifferenza, quasi come se tutto le desse fastidio, sembrava anzi scontrosa, ma in realtà era tutto il contrario.
Yamashita era una ragazza gentile, faceva ridere e sarebbe riuscita ad andare d’accordo con tutti, per questo i suoi amici parlavano sempre così bene di lei e Tendou non gli dà torto.
Per la sorpresa di entrambi, avevano tutti e due molto in comune.
Entrambi si scoprirono appassionati di Shonen Jump, più precisamente di My Hero Academia, e passavano ore intere a discutere su chi fosse il miglior personaggio, con Tendou che insisteva per Kirishima e Yamashita che non si sapeva decidere tra Mirio e Tamaki, ma alla fine optava sempre per il primo
Giocavano agli stessi videogiochi e anche lì, le conversazioni non finivano mai, e poi si perdevano a parlare delle loro serie preferite.
E in men che non si dica, si ritrovavano sempre a parlare nei corridoi e non solo di quello che guardavano e leggevano, ma anche di come era andata la loro giornata e se qualcuno aveva bisogno di parlare, erano sempre pronti ad ascoltarsi.
E poi lei si ritrovò a chiamarlo Satori e lui a chiamarla Yamacchan, anche se la prima volta che lei l’aveva chiamato per nome si era scusata nell’imbarazzo generale, e lui l’aveva presa in giro per tutto il giorno per quella reazione esagerata.
Ma la loro amicizia era appena cominciata.
Nonostante ciò però, Yamashita si sene diversa attorno a lui, in modo positivo.
Non sa esattamente che cosa sia, Tendou non è il suo migliore amico perché lei non rimpiazzerebbe Goshiki neanche tra un miliardo di anni, ma Tendou è qualcosa.
Si sente al sicuro attorno a lui, un po’ più felice del normale rispetto a quando sta con gli altri suoi amici, ma ogni volta che ci pensa concretamente e si domanda che cosa sia veramente, la sua testa le dice che sta solo esagerando, che non si conoscono ancora da abbastanza tempo e che è tutto nella sua testa.
Ma a lei piace sinceramente la sua presenza, le piace averlo attorno e ci passerebbe intere giornate, e ogni tanto le verrebbe da ringraziare Sumiko per averle dato il desiderio di colpirla in faccia e mandarla in punizione, altrimenti chissà quando Goshiki avrebbe trovato il coraggio di presentarla alla squadra, forse quando lei sarebbe passata al college l’anno dopo.
Ora, entrambi stanno seduti sulla panchina di pietra sotto ad uno dei diversi alberi di ciliegio della Shiratorizawa.
Yamashita non se la sente di parlare, ma Tendou lo fa al posto suo.

“Non devi farlo per forza, lo sai?” le dice, leggermente ingobbito a guardare in basso.

Yamashita sente il suo cuore sobbalzare.
Ha sentito.

“Che intendi, Satori?”

Ora lui guarda in alto, inarcando la schiena all’indietro e appoggiandosi sui palmi delle mani.

“Non devi attaccare briga così per me” non è arrabbiato, è estremamente, e stranamente, calmo “non mi importa di quello che dicono quelle ragazzine, ho imparato ad andare avanti e a ignorare queste cose. Non voglio che tu ci vada di mezzo e finisca nei casini a causa mia”

Aveva sentito.
Aveva sentito tutto ciò che quelle avevano detto.
Yamashita stringe le dita attorno al bordo della panchina di pietra.

“Non mi importa se mi chiamano mostro, io mi accetto.
Ho un’ottima carriera nella pallavolo davanti a me, ho Wakatoshi e gli altri miei compagni di squadra, e ho te. Non ho bisogno delle loro opinioni, che cantino pure.
No voglio che tu ti peni per me in quel modo, non voglio neanche che tu venga espulsa dalla squadra di pallacanestro.
Ma vorrei ringra--”

“Satori!”

Il rosso salta leggermente all’esclamazione della ragazza, che ha un’espressione profondamente seria sul volto.

“Co-” prova a dire, ma viene interrotto.

“Dimmi, se tu origliassi qualcuno parlar male di me e dire cose del genere, che cosa faresti? Staresti lì in piedi come un idiota a non fare niente?”

“Ma certo che no!”

“Visto?” l’espressione di Yamashita cambia, torna a sorridere e gli tira un pugnetto amichevole sulla spalla “è questo il concetto di amicizia. Non mi importa un’accidente se mi espellono dalla squadra o da scuola, preferisco quello che lasciare che degli idioti dicano brutte cose sul tuo conto ed essere un’amica pessima”

Satori rimane in silenzio qualche secondo.
Non aveva mai notato come i capelli neri di Yamashita brillassero sotto il sole e come contrastassero così bene con i fiori di sakura dietro di lei.
E la sua voce suonava così gentile mentre diceva quelle parole di amicizia.
Sente il battito del suo cuore aumentare di ritmo appena impercettibilmente.
E’ stata lei? O sono state quelle parole?

“Okay, lo accetto, ma ti prego non dare pugni a nessuno”

“E va bene, non lo farò”

“Insomma, me ne hai appena tirato uno, quindi non so se posso fidarmi di te…”

Ecco, il solito tono di malizia che sfoggiava quel ragazzo e che la faceva sempre divertire, insieme al sorriso che faceva sempre quando voleva provocarla.

“Se non ti togli quel sorrisetto furbo dalla faccia te ne tiro uno più forte”

Entrambi ridono, ed entrambi realizzano quanto gli piacciono le vicendevoli risate e quanto sia bello ridere insieme.
Yamashita sente un piacevole calore circondarla.
La sta abbracciando.
La mano di Tendou si appoggia sulla sua testa, le sue lunghe e nodose dita scivolano tra i capelli di lei e conducono il suo volto appena contro il suo petto.
La mano di Yamashita si appoggia anch’essa contro il petto di lui, sentendo ogni sensazione del suo respiro che faceva abbassare e alzare il suo corpo appena percettibilmente.
Il suo braccio libero circonda la vita di Satori, mentre quello libero di lui abbraccia la sua.
Tendou profumava di campo di pallavolo appena pulito, un’ odore netto e piacevole, mentre lei, in maniera complementare, ha lo stesso odore del campo di pallacanestro.
Era stato lui a iniziare l’abbraccio, ne aveva sentito bisogno.

“Grazie, Yamacchan” dice con un tono inusualmente calmo per lui.

Yamashita non sa che dire, sa solo che le sue guance stanno probabilmente andando a fuoco per il contatto fisico inaspettato, visto che è una delle rare volte in cui si abbracciano, e dato che non era qualcosa di premeditato, l’imbarazzo ci sta tutto.
E si sente bene.
Perché il mio battito cardiaco è così veloce?
Perché il suo calore è così piacevole?
Perché trovo che la sua voce sia così dolce?
Perché mi sento così?

“Non ti preoccupare, Satori-kun, ti copro le spalle”

Si pente di averlo detto perché subito dopo Tendou si separa da lei, ma rimedia mettendole una mano tra i capelli e scompigliandoglieli affettuosamente.

“Comunque, potreeeeeei aver già comprato il nuovo numero di Jump per tutti e due” dice, fingendo un’espressione ambigua.

“Giura!” esclama Yamashita, che si era già rassegnata a dover aspettare.

“Forse se mi segui nel mio dormitorio lo scoprirai” aggiunge, per poi alzarsi e dirigersi verso i dormitori con ancora quel tono falsamente ambiguo.

“Pari un violentatore se dici così” scherza lei, raggiungendolo

“Si ma sei tu che mi stai seguendo, è colpa tua”

“Quanto ti odio”

---

Tendou si gratta la nuca, la schiena ancora piegata in avanti a fissare lo schermo.
Si passa una mano tra i capelli rossi, sospirando.
Si gira e vede Wakatoshi, già sdraiato a letto a dormire tranquillo, ormai anche da un po’ contando che ci tiene a dormire tanto per avere energie il giorno dopo e allenarsi al meglio.
Ma Tendou non riesce, continua a guardare la schermata principale del sito, sulla quale capeggia a caratteri cubitali la scritta Università Natsume Soseki.
Poi chiude la scheda e ne apre un’altra, il sito praticamente identico al precedente, tanto ne aveva già visitati chissà quanti ed era abituato a vedere tutte quelle foto di edifici enormi circondati da prati di un verde accecante, giusto per dare l’idea che quello non è mica un posto per gente zozza.
Magari il suo problema fosse scegliere dove andare, la sua decisione l’ha praticamente già scelta.
Guarda l’orario, l’una, sospira e spegne il PC, poi le luci e si sdraia sul suo letto, senza neanche provare a infilarsi sotto le coperte.
Chiude gli occhi e prova ad assopirsi, ma il suo cervello non ne vuole proprio sapere di lasciarlo in pace.
Ma perché comincia a martellare a quest’ora? Che nervi… pensa rigirandosi e guardando dritto il muro bianco, sul quale vi è appesa qualche foto della squadra e degli articoli di riviste sulla pallavolo.
Ne fissa in particolare uno.

Satori Tendou: il centrale miracoloso della Shiratorizawa
E poi il sottotitolo chi è il giocatore che sembra stia rubando la scena a Wakatoshi Ushijima?
Guarda le due foto sotto, a destra, lui che salta e porta le braccia in avanti per bloccare uno schiacciatore con evidente soddisfazione sul volto, a sinistra, lui che alza un pugno vittorioso verso il pubblico con un sorriso smagliante.

Non sapeva di quell’articolo, non credeva che sarebbe mai apparso sulle pagine di una rivista come faceva sempre Wakatoshi, e quando gli misero in mano quel giornale con la pagina già aperta sul titolone, non aveva pensato ad altro per il resto della settimana.
Il centrale miracoloso, un ragazzo miracoloso, ecco perché ogni tanto azzardava di autoproclamarsi miracle boy.
Neanche guardare quell’articolo gli fa prendere sonno, anzi forse peggiora.
Si rassegna e prende in mano il cellulare, strizzando un po’ gli occhi quando la luce dello schermo gli sommerge il volto.
Manda un meme stupido che aveva trovato in giro a Yamashita, decidendo di aspettare la risposta il giorno dopo. Non era neanche particolarmente divertente, voleva solo trovare una scusante.

 

Che ci fai sveglio?

01:20

 

Sono un animale notturno, che ci vuoi fare?

01:20

 

Ma che animale notturno, te devi dormire,

non verrò domani mattina a buttarti giù dal letto di persona

per correre

01:22

 

Mi sa che ti dovrai rassegnare lmao

01:23

 

Dai Satori, c’è qualcosa che non va?

01:25

 

 

Sono solo un po’ riflessivo, tutto qui

01:29

 

Sicuro?

01:29

 

Sicurissimo capitana

01:30

 

Smette di rispondergli, sarà andata a dormire.
Beata lei che ci riesce pensa Tendou e beato anche quel gigante del letto sopra
Si fanno le due, ancora niente, ma perché deve continuare a pensarci?
C’erano giorni in cui era il re indiscusso dell’esticazzi e notti in cui pensava anche troppo.
Questa è una di quelle notti, purtroppo.
Intanto, Yamashita si ferma in mezzo al corridoio, ci ripensa e torna indietro, e poi avanza di nuovo e sospira.
Al terzo tentativo di tornare indietro, appoggia la mano sulla maniglia e apre la porta lentamente.
Un fascio di luce bianca si staglia contro il muro della stanza, l’ombra di Yamashita che si proietta contro di esso.
La richiude e fa attenzione a non fare rumore, neanche quando poi cammina in punta di piedi.
Guarda un attimo Wakatoshi e le viene un moto di sensi di colpa per la sorpresa che avrà il mattino dopo, ma sa che il capitano non si scompone facilmente.
Poi guarda Tendou, sdraiato sul letto nella sua grande maglietta bianca e pantaloncini neri, i capelli rossi che contrastano con la purezza dei colori.
Le dà le spalle, ma lei sa che non sta dormendo e sa anche che ha notato la sua presenza, ma comunque non si volta.
Yamashita infila una gamba sul materasso e poi l’altra, sdraiandosi e dandogli le spalle.

“Dormi ora, va bene?” sussurra, allungando il braccio dietro di lei.

Nessuno dei due si volta, ma lei sente la punta delle dita di Satori che sfiorano le sue.
Sente la sensazione delle sue dita e pensa che sia estremamente delicata, e poi della stoffa morbida, probabilmente si era dimenticato di togliere le fasciature dagli allenamenti.
Non vanno oltre, si limitano al tocco leggero dell’uno e dell’altro, si limitano a sfiorarsi le dita senza guardarsi e senza girarsi perché quella notte non ne hanno bisogno.

“Va bene” risponde Satori, che finalmente può definirsi tranquillo.

Chiudono gli occhi ed entrambi si addormentano.


 

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Capitolo 3
*** Don't take the money ***


 

Don't take the money.


Siamo fatti della stessa sostanza, Satori?
Forse sì, o forse no.

La schiena di lui è morbida e tiepida a contatto con la sua guancia, i movimenti degli addominali sono distinti e netti, e riesce a percepirli chiaramente tenendo le braccia avvolte attorno alla sua vita.
Il vento tra i suoi capelli rossi sembra fatto di una diversa sostanza.
E’ l’unica cosa che Yamashita pensa in quel momento, il solo pensiero che le passa per la testa.
I campi dorati fuori dall’area residenziale di Miyagi non erano mai sembrati così tanto dei fili d’oro come quel giorno, o forse, più che fili, delle onde sinuose e imprecisate che si mescolano perfettamente con la luce dorata del tramonto, mentre il sole sembra solo uno spettro bianco.
Ma no, è puramente un' illusione, perché il sole è dorato come non mai e pronto a nascondersi dietro ai confini della Terra per lasciare spazio alla luna.
Yamashita riporta la sua mente alla sensazione del suo corpo contro la schiena di Satori.
L’unica sensazione più forte, a parte la sicurezza che lui le infonde, è quella della durezza della bicicletta sulla quale sta seduta, le gambe appena raccolte alla sua sinistra.
Non si sente nessun rumore nei dintorni, perché quello dei raggi della ruota che girano è solo un suono bianco.
Satori è morbido, piacevole, conciliatore.
Anche se le orecchie di lei sono riempite dal suono della musica proveniente dalle cuffiette, il rumore del respiro di lui è più forte, non perché stia esalando con troppo affanno, tutt’altro, ma la sensazione della sua schiena che si alza e si abbassa contro la guancia di Yamashita dice tutto.
Quel suo respiro così profondo le manda dei brividi lungo la schiena, e realizza che è l’unica cosa che vorrebbe sentire per un po’.
E’ tutto così bello, accidenti.
I suoi occhi negano gli indeterminati campi d’oro che corrono affianco a loro, negano le montagne, il sole e la luna che solo adesso ha il coraggio di mostrarsi.
Mentre Yamashita tiene gli occhi chiusi, la stessa domanda le torna alla mente.

Siamo fatti della stessa sostanza, Satori?”

E poi, come sotto l’effetto di un incantesimo, altre domande le vengono alla mente.

Siamo fatti per lo stesso strumento?
Sei tu il sole? O io sono la luna?

I tuoi baci sono dolci come i miei?
La nostra pelle è la stessa?
Abbiamo lo stesso odore?

Probabilmente tu sei fatto per il violino, e io sono fatta per il pianoforte.
Tu sei il sole e io la luna.
I tuoi baci sono affamati e passionali, i miei sono dolci e delicati.
La tua pelle è soffice e la mia è dura.
Tu odori come il campo da pallavolo e io odoro come il campo da pallacanestro.
Yamashita realizza quanto vuole il suo corpo, ma questo non le è nuovo.
La sua attrazione fisica per il giocatore di pallavolo è qualcosa di innegabile, non lo hai mai fatto perché non riusciva a immaginarsi di non volere la pelle nuda di Satori contro la sua.
Ma non le importa, l’attrazione fisica non vuol dire niente.
Ma questa volta è diverso, il suo corpo è qualcosa di nuovo.
Yamashita non sta sperimentando le stesse cose di sempre.
Non vuole il suo corpo questa volta, lo desidera.
Desidera di stare nello stesso letto con lui, desidera le loro labbra unite insieme e desidera che anche i loro corpi lo siano.
E’ questo il desiderio.
Ma il sentimento che la travolge di più è quanto voglia essere della sua stessa sostanza.
Yamashita vuole sentirsi come si sente lui, vuole sapere tutto.

“Satori” sussurra, la sua voce che si mescola e si perde nell’aria.

“Si?” chiede Tendou, ed è sicura che anche la voce di lui si sia mescolata nell’aria e perché no, magari con anche la sua di voce.

Volta un poco il capo, non guardando la ciclabile davanti a lui mentre guida la bici.
Forse non gli importa.
Che si schiantino! Lui vuole solo sentire.

“Hai un buon cuore”

Tendou non risponde, non ci sono parole per farlo ma capisce al volo che cosa intende.
Continua solo a pedalare tra le onde dorate dei campi di Miyagi mentre il sole se ne va silenzioso.
Poi, reclina leggermente la schiena all’indietro, incrementando la pressione con la guancia di Yamashita.
Il movimento era quasi indiscernibile, ma la ragazza sente chiaramente quel avvicinamento ed è abbastanza per far saltare un battito al suo cuore.
Le sue braccia si stringono alla vita di lui ancora di più, mentre la sua testa affonda nella sua schiena come se fosse naturalmente fatta per quello.
Quel momento, quell’abbraccio non dichiarato, quel secondo in cui Satori si è avvicinato ancora di più a lei, era un gesto di gratitudine.
Era impossibilmente affettuoso e conciliatore.
Era un movimento così impercettibile ma che voleva dire solo grazie.
Lui si sente grato, aveva sentito le sue parole e ora Yamashita si sente sicura.
Il cuore di lei sfreccia come loro due su quell’oceano d’oro e la bicicletta di Satori è come una navicella spaziale senza destinazione.
Il vento tra i loro capelli è così forte, ogni sensazione sembra amplificata fino ad eliminare ogni cosa che li circonda, tutto è più netto che mai.
Anche i suoi sentimenti.

Sono innamorata.

---

Tendou ferma la bicicletta sul retro dei dormitori, facendo scorrere la ruota anteriore all’interno delle ringhiere metalliche arrugginite per parcheggiarla.
Mentre Yamashita scende dal portapacchi, che le aveva lasciato una sensazione che preferiva dimenticare sul didietro, Tendou volta lo sguardo e nota due facce a lui amiche che lo guardano e lo salutano allegramente.
Satori rimane confuso da tutto quell’entusiasmo nel salutarlo, e si ritrova a ricambiare gli slanci affettuosi di Leon e Semi con un saluto piuttosto incerto.
Ma appena capisce del perché di tutti quegli allegri convenevoli, gli viene voglia di sbattersi una mano in fronte o di metterle al collo dei due giocatori, che lanciano sguardi scherzosi sia a lui che a Yamashita, girata di spalle intenta ad aggiustarsi la gonna dell’uniforme ed ignara di tutto.
Il rosso si limita ad alzare un medio a entrambi, che si stavano cimentando in una buffa imitazione di una coppietta, mimando dei baci con le labbra nella loro direzione, e dire che erano loro quelli che ogni tanto gli davano del ragazzino delle medie!
Non appena la ragazza si gira e li nota, si ricompongono come se nulla fosse e salutano, andandosene con un bel sorrisetto tutto dedicato a Tendou, che ancora non osa abbassare il dito e l’intero braccio e fa in modo di direzionarlo verso di loro per farglielo vedere bene mentre gli altri due prorompono in fragorose risate.
Erano tutti e due ben consapevoli che tra Tendou e Yamashita corresse qualcosa, anche se il primo lo aveva sempre negato tentando di non creare imbarazzo.
In realtà non lo sapeva neanche lui che cosa provasse, era strano e sentiva che c’era qualcosa di diverso. Non ci aveva mai pensato concretamente, ma i suoi compagni di squadra lo facevano per lui, soprattutto dopo quella volta che Yamashita era sgattaiolata in camera sua e aveva dormito di fianco a lui.
Non c’era stato nulla di minimamente intimo, si erano limitati a sfiorarsi le dita a vicenda, voltandosi le spalle perché se anche solo uno di loro si fosse girato sarebbe stato troppo, ma Satori non aveva guardato il lato sentimentale di quella scena finché Ushijima, senza alcun secondo intento e mosso dalla pura ingenuità, aveva raccontato del loro incontro notturno alla squadra.
E dopo essersi nascosto il viso rosso come i suoi capelli tra le braccia, si era messo a pregare che anche le orecchie gli sparissero per non dover ancora sentire il vociare di Semi e Leon che prorompevano nelle più disparate esclamazioni, e quasi si strozzavano con la colazione.
Non erano cattivi, tutt’altro, erano molto incoraggianti, e per non dire invadenti e insistenti.
Era un continuo lanciare occhiate complici al centrale ogni volta che lo beccavano a conversare con Yamashita, e a piantargli gomitate nella milza quando la portava a pranzo al loro tavolo.
E poi i suggerimenti e i consigli, per l’amor del cielo, Tendou preferiva lasciar perdere tutti quei convenevoli e cliché che ogni volta gli proponevano quando gli facevano notare gli “occhi a cuoricino” che aveva mentre lanciava sguardi a Yamashita in lontananza.
Però, anche se non sapeva esattamente che cosa provasse per la ragazza, se una sincera gratitudine e immenso affetto o qualcosa di più, apprezzava gli sforzi dei due amici.
Dopo aver promesso a Yamashita, evidentemente confusa dal medio che il ragazzo aveva mostrato a Leon e Semi, che non fosse nulla di importante, le appoggia una mano tra i capelli e glieli scompiglia scherzosamente.

“Forza, non ho pedalato per tutta quella strada per non leggere Jump” le dice, incamminandosi insieme a lei verso il suo dormitorio.

Ormai quello era diventato il loro rifugio settimanale per immergersi nella lettura dei loro manga preferiti, a discapito del povero Ushiwaka che si ritrovava spesso sfrattato di prepotenza e ne approfittava per andare ad allenarsi, anche se ogni tanto riuscivano a convincerlo a farlo restare e a leggere con loro, e il capitano aveva preso anche lui Yamashita a cuore.
I due passavano l’intero pomeriggio sdraiati sul letto, a leggere ognuno il proprio numero che, non si sa come, riuscivano sempre a finire e a leggere con una sincronia spaventosa e commentavano le stesse scene ogni volta.
Quel giorno però fu sfortunato per loro due, che si ritrovavano con solo un numero in mano che Tendou aveva generosamente deciso di lasciare a lei.
La soluzione fu quella di sdraiarsi un po’ più vicini del solito e leggerlo dalle mani del ragazzo, che teneva la rivista in alto e scorreva le pagine con le sue lunghe dita
Yamashita le guarda meglio e si distrae, perché è appena arrivata alla conclusione che le piacciono particolarmente anche le sue mani. Non sa che cosa ci può trovare, non ha mai guardato le mani dei ragazzi con attenzione particolare, forse è l’ultimo tratto maschile che avrebbe suscitato in lei quel tipo di interesse, ma guardando le sue così bene si dice “sono proprio belle”.
Sono piuttosto grandi, tanto che fanno sembrare la rivista più piccola di quella che in realtà è, non sembrano morbide al tatto e forse è quello che le fa sembrare ancora più mascoline, nodose e dalle dita lunghe, come se fossero delle sottili radici, che intanto scorrono le pagine man mano che procede la lettura.
Yamashita, leggendo l’ultimo capitolo di My Hero Academia, si accorge di non star capendo niente di quello che succede e che si deve essere persa di almeno tre pagine.

“Aspetta, Satori-kun” dice, portando la mano verso la rivista per tornare indietro, facendo accidentalmente toccare il palmo con il dorso di quella del ragazzo.

Sente le guance prendere un delicato color porpora dall’imbarazzo di quel tocco, facendo scorrere le pagine all’indietro. Anche Satori è colto alla sprovvista e boccheggia nel tentativo di fare una battuta o qualcosa del genere, riuscendoci solo con qualche secondo di ritardo rispetto al solito.

“Stai perdendo colpi, Yamacchan” la incalza scherzosamente, approfittandosi del fatto che Yamashita stesse leggendo quello che aveva lasciato indietro per prendere in mano il telefono e cambiare canzone, visto che erano soliti ad ascoltare anche un po’ di musica dalla cassa bluetooth del ragazzo.

Odiavano come quei pomeriggi passati insieme a leggere Jump scorressero così in fretta.
Non si accorgevano nemmeno di aver finito la rivista che subito si ritrovavano a parlare di altro: di come se la cavassero ai loro rispettivi allenamenti, di quanto fosse divertente Ushiwaka quando faceva la faccia da uno che ci capiva poco o niente di quello che gli si stava dicendo se anche solo aveva una minima nota di sarcasmo, e di quanto fosse divertente prendere in giro Sumiko e le sue stupide amiche, divertendosi ogni tanto anche a farle qualche scherzo.
Ed entrambi ogni tanto si fermano e pensano ma quanto sto ridendo?
E il secondo dopo ma quanto sembriamo una coppia?
Yamashita se lo era sempre domandato da quando si erano avvicinati, senza necessariamente doversi questionare sulla natura dei suoi sentimenti, semplicemente era un fatto, loro due sembravano veramente una coppia e la cosa non era passata inosservata.
Molto spesso gli studenti gli lanciavano qualche occhiata stranita quando vedevano quell’inusuale duo insieme, così immersi nelle reciproche conversazioni.
Qualche studente mattutino li vedeva correre insieme alle sei del mattino, li avvistava ascoltare la musica dalle stesse cuffiette mentre lei si appoggiava con la schiena contro il fianco di lui, e poi li vedevano scherzare per i corridoi.
La cosa che aveva sorpreso di più la gente era come Tendou fosse riuscito a catturare la simpatia della capitana con così tanta rapidità e facilità, neanche gli amici di Yamashita se lo spiegavano. Come si erano affezionati, o meglio dire, trovati così facilmente?
In realtà Yamashita, anche se non lo dava a vedere, non era per niente una ragazza inavvicinabile, e quell’espressione sempre vagamente indisturbata sul volto, che ricordava tanto quella di Wakatoshi, lo nascondeva alla perfezione. Yamashita era una ragazza amichevole, su questo non ci piove, e così gentile, non farebbe un torto a nessuno neanche sotto minaccia, tranne a chi le fa veramente girare le scatole, e qui Sumiko è tutta da citare, quindi non c’era molto da meravigliarsi se lei e Tendou si erano avvicinati così facilmente. Però non era stato come le altre volte in cui aveva stretto un’amicizia nuova, l’interesse era nato immediatamente e ciò era innegabile.
Ancora adesso non si sa spiegare il perché lui abbia catturato la sua attenzione, è successo e basta.
Nessuno pensa che i due non dovrebbero passare il tempo insieme, nonostante quell’amicizia susciti alcuni dubbi poiché si tratta di Satori ovviamente, perché c’è qualcosa in loro due che fa sorridere gli altri e un po’ gli dà invidia.
E’ quanto sono in sintonia che non fa alzare obiezioni.
I sorrisi che hanno sulle loro labbra quando si parlano, il modo in cui si guardano, è una cosa a cui neanche gli altri riescono ad opporsi.
Per non parlare di quella volta in cui, per solo e puro divertimento, Satori l’aveva fatta sedere sul retro della sua bicicletta e poi era sfrecciato come un fulmine in mezzo al cortile della Shiratorizawa, entrambi urlando come due ossessi dall’ebrezza del momento e scoppiando a ridere quando Satori aveva azzardato un leggero scapellotto sulla nuca di Sumiko, che in quel momento era impegnata a pigolare chissà che cosa a un Ushijima evidentemente scocciato e che voleva solo fuggire.
Ne approfittò non appena la ragazza si era girata per inveire contro i due, ormai troppo lontani per sentirla.
Stanno bene insieme e si vede, poco importa che siano una coppia o no.
Beh, in realtà quest’ultimo argomento è stato dibattuto a lungo, finché gli studenti non erano giunti tutti a una conclusione (che per altro è quella sbagliata)
Certo, la capitana della squadra di pallacanestro della Shiratorizawa, l’Aquila, un mito quasi quanto Ushijima, condivideva questi momenti con il Guess Monster, Tendou Satori, un tipo indubbiamente bizzarro e l’ultimo che la scuola si sarebbe aspettato insieme a lei, ma era da tempo che ciò aveva smesso di preoccupare gli studenti.
Infondo erano anche azzeccati, la promessa della pallacanestro femminile e il miglior centrale della prefettura, se non tra i migliori della nazione intera, non erano poi così assurdi.
E Yamashita ci pensa molto, a loro due.
Si, sembriamo proprio una coppia, soprattutto dopo che hanno appena ingaggiato l’ennesimo scontro riguardo ai gusti di gelato, con Tendou che insiste con il suo amatissimo cioccolato e lei che storce il naso, battendosi per il caramello.
Anche quella volta il ragazzo, preso dall’impeto nel difendere il suo cibo preferito, aveva osato ingaggiare una battaglia scherzosa, finendo entrambi l’uno ai lati opposti del letto. Non può vedere la faccia di Tendou, ma Yamashita sa che se la sta ancora ridendo per la faccia che aveva fatto dopo che lui l’aveva colpita a tradimento in faccia con il cuscino.

“Cambia canzone, dai” gli dice, chiudendo gli occhi con ancora l’ombra di un sorriso sulle labbra.

Somebody broke me once
Love was a currency
A shimmering balance act
I think that I laughed at that
And I saw your face and hands
Coloured in sun and then
I think I understand
Will I understand?

Il piede di Yamashita dà due colpetti al ginocchio di Tendou, richiamando la sua attenzione.
Si mette seduta e anche lui lo fa, solo per vedere il sorriso furbo sul volto della ragazza.
Poi, lei si alza dal letto e lo guarda mentre la musica diventa man mano più alta.
Satori la guarda e pensa che nella sua enorme maglietta bianca, nei suoi shorts neri che la facevano sembrare in pigiama, e con i suoi capelli neri, è quasi ipnotizzante, ed è la stessa cosa che ha pensato quando l’ha incontrata per la prima volta.
Yamashita comincia a muovere i fianchi appena appena, in un timido accenno, i piedi che vanno a tempo con la canzone e lei si muove avanti e indietro porgendo la mano al ragazzo.

Will we fight, stay up late?
In my dreams I'm to blame
Different sides of the bed
Roll your eyes, shave my head
Now we're stuck in the storm
We were born to ignore
And all I got is a chance to just sit

“Oh, questa mi è nuova! Ma ti avverto, sono un terribile ballerino” dice Satori, prendendole la mano e alzandosi.

“E io pure” risponde lei, allungandosi per prendere l’altra sua mano e facendo muovere le loro braccia avanti e indietro.

(I’m in love and you got me, runaway)

Le sorride.

You steal the air out of my lungs, you make me feel it
I pray for everything we lost, buy back the secrets
Your hand forever's all I want
Don't take the money
Don't take the money

E’ vero, non hanno la minima idea di come si balla, ma lo amano.
Il loro modo di ballare era un buffo tentativo di imitazione, un misto di mosse stereotipate, a volte lente ma appassionate, poi veloci ed entusiaste.
Ogni tanto si separano e cominciano a girare su loro stessi, il secondo dopo alzano un braccio oppure le alzano tutte e due, azzardando dei prima timidi salti e poi degli altri pieni di foga. Ci buttano dentro ogni tipo di mossa e ogni tipo di cosa già vista, Yamashita prende Tendou e lo fa volteggiare fino al suo petto, avvolgendolo nel suo braccio destro come un vero gentiluomo, e si lascia andare in un patetico casqué.
Poi, uno lascia cadere la testa all’indietro e sorride, e infine attentano un’imitazione di un twist in puro stile Pulp Fiction.
Tendou le prende i fianchi e poi la lascia, ridendo a più non posso dopo aver constatato di essere un pessimo John Travolta, e si ferma un attimo per guardarla.La vede in mezzo alla stanza, e per un attimo per lui la musica diventa ovattata, anche se continua ad essere sparata a tutto volume.
La vede che continua a girare su sé stessa, il sorriso più sincero del cosmo stampato sul suo volto mentre alza un braccio in aria e salta a ritmo di musica, i fluenti capelli neri che vagano un po’ ovunque, totalmente sgraziata ma la sua spontaneità è qualcosa di letteralmente allucinante.
Gli occhi di Tendou vagano un attimo verso le sue labbra, ancora piegate in quel meraviglioso sorriso.

Vorrei baciarla.

Si sorprende di quell’affermazione così inaspettata, ma continua a guardarla volteggiare senza curarsi di niente, e ci ripensa su.
Si, avrebbe voluto baciarla, fermarla un attimo da quell’ipnotica danza e unire le loro labbra in un impeto sconvolgente e poi lasciare che entrambi si abbandonassero sul letto a scambiarsene molti altri.

Hai un buon cuore”

Un altro pensiero gli saetta in testa, più veloce del primo.

Sono innamorato.


Note autrice:
Eccomi qui di nuovo!
Questi tre capitoli sono stati caricati molto di frequente poichè già scritti, potrei impiegarci un po' più di tempo per i prossimi ma non tarderanno ad arrivare.
Spero che stiate apprezzando la storia e se vi va lasciate anche una recensione!
A presto.
Kokuhaku

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Capitolo 4
*** Tsubasa ***


Tsubasa.


Tendou arriva a una conclusione.
La pallacanestro è senza dubbio più spettacolare della pallavolo.
Non che la preferisca, come potrebbe, è solo un dato di fatto.
Prima di conoscere Yamashita, il ragazzo ne aveva solo un'immagine stilizzata e quando ne sentiva parlare gli venivano solo due cose in mente.
La prima: Michael Jordan.
La seconda: la musichetta di Space Jam.
Tutto lì.
Non ci aveva mai fatto troppo caso e quelle poche volte in cui era andato a vedere una partita era perché era stato costretto dalla scuola, in segno di solidarietà tra squadre.
Non è che odiava la pallacanestro, semplicemente non rientrava nei suoi interessi e non capiva il perché sarebbe dovuto andare ad assistere a qualcosa non nei suoi interessi.
Però, quelle poche volte in cui aveva presenziato alle partite femminili, a Yamashita ci aveva fatto caso eccome, era inevitabile per tutti quanti, e ora si ritrova a riguardare momenti simili davanti allo schermo del suo portatile.
Aveva passato un mese a pregare in ginocchio Yamashita di prestargli il montaggio delle partite migliori della squadra femminile, che comprendevano sia quelle delle qualificazioni sia quelle della nazionale.
La squadra maschile non ci era mai arrivata fin lì, ma al secondo anno di liceo, proprio grazie a lei, la Shiratorizawa aveva fatto faville.
Tendou aveva immediatamente selezionato le migliori azioni di Yamashita, che nella schermata home del DVD era rappresentata a mezz'aria, la palla in una mano pronta ad entrare nel canestro in schiacciata, e di fianco a lei scritto il suo nome a sfavillanti caratteri cubitali.
Yamashita, solo quel nome e il sottotitolo Aquila.
Piuttosto che far inserire il suo nome proprio, aveva optato per il soprannome e Tendou non sapeva se sorridere oppure preoccuparsi.
Tutte le altre giocatrici della squadra erano indubbiamente brave, ma Yamashita era almeno tre spanne sopra tutte quante. Le altre ragazze brave, Yamashita aveva talento.
Si capiva che c'era qualcosa di diverso nelle altre giocatrici innanzitutto dal modo in cui veniva presentata a inizio partita.
Come detto già prima, la pallacanestro è molto più spettacolare della pallavolo per molti versi, e non solo per le evoluzioni dei giocatori.
Basti solo pensare a tutte le ovazioni che facevano prima di cominciare la partita! La cultura americana si faceva sentire parecchio, sopratutto ai nazionali.
Il modo in cui presentavano le giocatrici non aveva nulla a che vedere con la voce impostata da stazione dei treni che annunciava le squadre di pallavolo.
Tendou lo aveva sempre detestato perché per l'amor di Dio, non era in una gelateria, e aveva sempre sperato in un "Numero 5, Tendou Satori" molto più altisonante di quello.
Nella pallacanestro ogni giocatore veniva annunciato come se fosse il Papa in persona, con tanto di coreografia di ballo a precedere, musica a palla e delle luci stroboscopiche da attacco epilettico in ogni direzione, in ogni forma e ogni colore.
E Tendou dovette ammettere di essersi gasato parecchio quando il commentatore della finale dei nazionali femminili aveva annunciato Yamashita al grido di "Dulcis in fundo, la capitana della squadra, la guardia, la numero uno della Shiratorizawa, promessa della pallacanestro femminile, Yamashitaaaaaaaaa Eaaaaaaaaaagleeeeee!"
Addirittura il soprannome in inglese, aveva pensato subito, proprio americano.
Ma a fomentarlo ancora di più fu il vedere lei entrare.
Aveva fatto uno degli ingressi più trionfali del secolo probabilmente, correndo verso il campo battendo le mani a tutti quanti, le luci colorate tutte puntate su di lei, le grida incontenibili di chi era venuto ad assistere, e una volta raggiunte tutte le compagne aveva alzato un pugno verso il pubblico, cacciando un grido di puro trionfo anche se la partita non era nemmeno cominciata.
Tendou non seppe quale fu la reazione che gli arrivò per prima, se quel colpo al cuore da innamorato perso o il ritornello della canzone di Space Jam.
Il montaggio era sostanzialmente costituito dalle schiacciate di Yamashita, che in quella partita probabilmente aveva toccato terra per un minuto totale, e ogni volta che la palla entrava nel canestro il suono era volutamente amplificato dal montaggio come se la ragazza stesse sparando palle di cannone.
Yamashita si cimentava in ogni tipo di stile di schiacciata, dal più semplice windmill fino a un 360, facendo roteare il corpo in aria come se fosse senza peso, per poi atterrare tra le grida entusiaste dei presenti. Poi, rubava la palla e con una finta si faceva strada tra le avversarie, saltando più in alto che mai, facendo passare la palla tra le gambe e schiacciando con forza.
Tendou aveva notato che lei non era certamente la più alta in campo, ma i suoi salti erano qualcosa di inumano, e lui si era ritrovato a chiedersi quanto fosse fantastica.
Però, la cosa che gli fece battere di più il cuore, era il sorriso sul suo volto e le fiamme che aveva negli occhi ogni volta che si alzava in volo per schiacciare la palla nel canestro.
E adesso ci pensa ancora, fissando incantato lo schermo con un fermo-immagine di Yamashita sospesa per aria, e un colore purpureo farsi strada tra le sue guance.

"Satori-san, dovresti andare a dormire. Yamashita-chan puoi guardarla all'amichevole di dopodomani" dice Ushijima con voce baritonale.

Satori si prende un colpo e chiude lo schermo con forza, la faccia che era definitivamente diventata un tutt'uno con i suoi capelli.

"Wakatoshi-kun! Mi hai fatto cagare in mano!" esclama sfiatandosi e mettendosi una mano sul petto.

In realtà, più che spaventato, era in imbarazzo per essersi fatto beccare a guardare Yamashita con quella faccia ebete.

"Scusami, ma è mezzanotte, domani abbiamo l'allenamento intensivo ed è bene che ti riposi"

Grazie a Dio Wakatoshi non è come quei due idioti di Semi e Leon pensa Tendou, alzandosi e passandosi una mano tra i capelli.

"Va bene va bene, mamma" scherza il rosso con un sorrisetto.

Un rumore forte cattura la sua attenzione.

---

Yamashita cammina avanti e indietro nervosamente, guardandosi i piedi che ancora indossano le scarpe da allenamento.

"Allora tesoro, come vanno gli allenamenti?" le chiede la voce al telefono.

"Bene, mamma" risponde Yamashita, facendo uscire quelle parole quasi forzatamente.

"E i tuoi salti? Ho visto che sono alti come al solito alle ultime partite!"

"Sì mamma, sono alti come sempre"

"Beh insomma, non la vedrei troppo positivamente, si può sempre migliorare sai? Hai visto che ragazze c'erano ai nazionali l'anno scorso? Se quest'anno vuoi sperare di vincere, devi fare ancora di più, non lascerai che finisca come l'anno scorso!"

Yamashita stringe sia i denti che la presa sul cellulare, voleva riattaccarle in faccia in quell'esatto momento.
Non era stata colpa sua se alla finale la squadra aveva perso, anzi, non era stata proprio colpa di nessuno, era andata così e basta, la Shiratorizawa non poteva eccellere in tutto, no?

"Non credo di poter fare più di così" risponde lei secca.

"Invece sono convinta di sì, ti manca un po' di grinta ultimamente, sei sempre così seria alle partite. Non sperare che la WNBA ti richiami se fai così. Niente distrazioni mi raccomando, pensa a giocare, ma mantieni una buona media! Niente distrazioni, evita di comprare quel Jomp-qualcosa che ti leggi sempre e niente ragazzi, con le amiche solo il mer--"

Yamashita le riattacca il telefono in faccia e finalmente può allentare la presa sul telefono, ma i suoi denti sono ancora digrignati e la faccia guarda per terra, in un'espressione piena di rancore. 
La mano sinistra si stringe a pugno, e Yamashita la guarda tremare per un attimo.

Fanculo cazzo, fanculo.
Non la vedrei positivamente.
Non vorrai che finisca come l'anno scorso.
Non sperare che la WNBA ti richiami se fai così.
Niente distrazioni.
Pensa a giocare.
Gioca.
Gioca.
Gioca.

"FANCULO!"

Trasformando i pensieri in parole, Yamashita sferra un calcio a un bidone della spazzatura accanto, ribaltando tutto il contenuto e facendolo ruzzolare per qualche metro.
Guarda per terra, piegata a metà, il fiato corto per la quantità di pensieri che le scorrono nella testa.

"Siamo un po' arrabbiati vedo"

Yamashita si gira di scatto e sobbalza, vedendo Tendou solo a qualche metro da lei, un sorriso stranamente comprensivo sul volto.
Ottimo, bella figura di merda pensa, ricordandosi che non è esattamente l'ideale farsi beccare dal ragazzo che ti piace nel buio della notte a urlare imprecazioni e calciare bidoni della spazzatura.
Torna a guardare per terra dall'imbarazzo, infilandosi le mani nelle tasche della felpa, ma sa che Satori ancora la sta guardando.

"Forza, andiamo" dice, la voce rassicurante.

"Cosa?" domanda incuriosita la ragazza, guardandolo di nuovo.

"Aspetta un secondo" dice, allontanandosi un attimo sul retro dei dormitori.

Poco dopo, il rosso ritorna assieme alla sua bicicletta, ancora sorridente come prima.
Come fa a sorridere sempre? Lo fa perché gli faccio pena e non vuole che sia triste?

"Salta su e andiamo a farci un giro, mi sa che ne hai bisogno" dice, indicando con un gesto della testa il portapacchi della bicicletta.

E' mezzanotte e il giorno dopo aveva degli allenamenti intensivi, ma poi realizza che non gliene frega un cazzo e sale, mentre Satori comincia a pedalare.
Prende una strada diversa dalla solita, passando prima dalla campagna che dalla città, che ore prima era immersa nell'oro e ora giace nel silenzio della notte.
I primi minuti non parlano, godendosi solamente il vento che sferza tra i loro corpi, scaldandoseli a vicenda con il poco contatto fisico che hanno.
Yamashita appoggia timidamente la guancia sulla schiena di Satori, un gesto che aveva fatto un miliardo di volte, ma ora il ragazzo stringe la presa sul manubrio della bici e sente il battito incrementare vertiginosamente. Essere consapevole di avere una cotta per lei non aveva fatto altro che aumentare l'evidenza dei segnali e ora era tutto più difficile da nascondere agli occhi di Leon e Semi, che erano diventati ancora più assillanti di prima, a tal punto che si era ritrovato costretto ad ammetterglielo urlando.
Yamashita sente la schiena del ragazzo irrigidirsi e per un attimo ci rimane male perché pensa che la cosa non gli sia gradita, ma poi lascia stare quando la sente rilassarsi di nuovo.
Presto, l'immensa campagna e le intimidatorie montagne vengono rimpiazzate con gli alti edifici della città, Tendou ha evidentemente fatto un giro più lungo per passare sia dalla campagna che dalla città e lasciare più tempo a entrambi.
Satori è caldo attorno alle sue braccia, è familiare e accogliente. Lo adora.

"Allora, mi vuoi dire perché ha calciato quel povero bidone della spazzatura?" le chiede finalmente, le vibrazioni della sua voce che passano dalla sua schiena alla guancia di lei.

"E' stupido..." mormora Yamashita.

"Sono certo che se ti ha fatto venire voglia di calciare un bidone a mezzanotte e urlare, non era per niente stupido...oh, guarda!"

Tendou, poco dopo essere entrato nella pista ciclabile adiacente all'autostrada, indica alla sua sinistra oltre la strada e ciò che vedono è meraviglioso.
La città è interamente coperta dalle luci notturne, di ogni forma e colore, come un maestoso arcobaleno nel mezzo della notte.
I grattacieli non erano mai sembrati così alti, la città non era mai stata così bella e nessuno dei due sapeva che le luci notturne potessero suscitare sensazioni così sublimi in loro due.
Yamashita si sente grata, grata di essere lì accanto a Tendou in quel momento di puro smarrimento.
Vuole stringerlo più forte.
D'altro canto, anche Tendou si sente grato.
E' grato che lei lo faccia sentire protetto, al sicuro, capito, come se fosse su un altro pianeta.
Gira un attimo lo sguardo per bearsi del piccolo sorriso sul volto della ragazza, contornato dal riflesso delle luci notturne sul suo bel viso.
Poi, ritorna a guardare la strada in attesa di risposta.

"E' mia madre..." sospira Yamashita, e purtroppo è sicuro che il sorriso sul suo volto sia già sfumato.

"Si aspetta troppo da me e mi vede solo come la futura star della pallacanestro femminile, mi mette solo pressione. E me lo fa solo odiare, il basket..."

"Non le hai mai detto come ti senti?"

"No, la deluderebbe solo più di quanto non lo sia già"

Tendou non l'aveva mai sentita così triste, così scoraggiata e sconfortata.
Lo odia, odia il fatto che lei si senta miserabile.
Odia sentirle dire quelle parole e odia che si debba sentire così.
E allo stesso tempo, sente di capirla di più.
Capisce il perché suoni così incerta quando si parla del suo soprannome, capisce perché alle partite di pallacanestro di quell'anno sembra che di volare non ne abbia più voglia e capisce il perché non voglia dire il suo nome.

"Yamacchan..."

"Si, Satori-kun?"

"Qual è il tuo nome?"

Una domanda che non aveva mai osato porle, una risposta che voleva sentire così tanto.
Era egoistico da parte sua chiederlo?
O voleva solo sentirla, conoscerla, essere un pezzo concreto di lei?

"Il mio nome è Tsubasa"

---

Tendou esce dalla ciclabile dell'autostrada per svoltare a destra e prendere una strada differente, ma che non sembrava dirigersi verso scuola.
Al contrario, Yamashita comincia a sentire la pesantezza delle ruote sull'erba umida tipica dell'estate che si avvicina, e presto il ragazzo si ferma.

"Fermiamoci un attimo qui" dice, scendendo dalla bicicletta e lasciando che lei faccia lo stesso.

L'adagia per terra accanto a loro, e guardandosi attorno Yamashita si accorge che sono in un luogo molto diverso da solito, in una piccola collinetta erbosa dalla quale la città e le sue luci erano visibili in tutto il loro splendore, una di quelle in cui nei film anni '70 le coppie parcheggiavano la macchina per pomiciare.
Tendou era già seduto, il gomito del braccio appoggiato alla gamba destra piegata, a rimirare le luci.
Yamashita si siede vicino a lui, guardando anche lei quell'enorme distesa colorata che era diventata la Sendai notturna.
Pensa che se mai un giorno avesse voluto guardarla di nuovo quella vista, quella volta sarebbe dovuta essere con Tendou, un centinaio di volte.

"Tsubasa..." sussurra lui in un sussurro che la fa rabbrividire, perché era da tanto che non sentiva il suo nome pronunciato da qualcuno che non fosse Goshiki.

E poi, sentirlo dalla sua di voce era tutta un'esperienza nuova.
Sentirlo dalle sue labbra, come se fosse un segreto, è tutto nuovo.

"Tsubasa vuol dire "ali", giusto?" le domanda.

Tsubasa annuisce, non osando però guardarlo negli occhi.

"Hai negato il tuo nome per anni perché-"

"Sì" lo interrompe lei, e si maledice per essere sembrata scortese "perché non mi va più di volare alto, non voglio più avere le ali.
Voglio bene a mia madre, sappilo, ma da quando ha notato il mio successo nella pallacanestro pensa solo a quello.
Ho resistito per un po', anche se ho voluto accantonare il mio nome sin da subito.
Il peggio è stato dopo che la WNBA mi ha chiamata, poco dopo la finale dei nazionali dell'anno scorso, ha perso il controllo e si è montata la testa.
La pallacanestro non mi appassiona, Satori-kun.Non più. 
Volare non appartiene agli uomini, né tanto meno a me"

Il silenzio cade su di loro, ma in un modo diverso dal solito. Non è il loro solito silenzio riflessivo, accogliente, è severo e triste.

"Tsubasa..." sussurra per la seconda volta.

Il cuore di Yamashita salta un battito e il suo stomaco si contrae dolorosamente.
Perché la sua voce è rotta?
Perché suona così triste?
Perché lui?

"E se...e se a me non piacesse essere chiamato Guess Monster?"

Tsubasa non si concede nemmeno del tempo per pensare, e si volta subito verso di lui. Vedendo quello che si aspettava esattamente di vedere anche se aveva sperato di sbagliarsi.
Le luci notturne che poco prima mozzavano il fiato e meravigliavano i loro occhi, ora illuminano le lacrime che scendono inesorabilmente lungo le guance di Tendou.
E' così doloroso e triste che Yamashita vorrebbe alzarsi e correre via.
Non avrebbe mai desiderato vederlo così, anche se sembra più calmo che mai.

"Satori-kun..." è l'unica cosa che riesce a dire.

"Fin tanto che il Guess c'è, non è un problema" taglia corto lui "ma è quando lo omettono che cominciano i problemi"

La sua mano è inaspettatamente vicino a quella di lei.

"Io amo stare alla Shiratorizawa, non fraintendermi. Mi fa stare bene e mi sento al posto giusto.
Ho te, Wakatoshi, i miei compagni di squadra, i miei amici...niente va male, nessuno vorrebbe che io sparisca, neanche quelli che mi guardano storto per come sono fatto, credo che l'unica che passi il limite sia Sumiko ma sai che me ne frega, la gente di merda è ovunque.
Ma perché? E' la pallavolo?"

Sono domande retoriche, e Yamashita lo realizza mentre le loro dita si sfiorano.

"Non credo che l'anno prossimo andrò avanti con la pallavolo.
E mi spaventa.
Se la pallavolo non è ciò che voglio fare nel mio futuro, mi sta bene ed è cosa giusta che io la molli, non devo continuare solo per il fatto che sono bravo.
E' che non voglio sparire di nuovo..."

Le loro dita si incrociano.

"Non voglio che la pallavolo mi definisca.
Non voglio che le persone mi accettino solo perché sono bravo a pallavolo.
Non voglio che che la pallavolo sia l'unica cosa che mi faccia stare bene"

Tsubasa si sente vicina a lui, in un modo inspiegabile, ma non se la sente di dirlo. Cosa ne sa lei del non essere accettati, del resto? Cosa ne sa lei dell'essere emarginati sia alle elementari che alle medie, quando è sempre stata quella sulla bocca di tutti? Ha diritto di parlargli?
Ma perché quelle parole le fanno così male?
Perché le brucia lo stomaco?
Sono le loro mani unite insieme, o è perché le sue parole sono così vere non solo per lui, ma anche per lei?

"Il prossimo anno, non sarò più il minaccioso centrale della Shiratorizawa, non sarò più il Guess Monster. Sarò solo Tendou Satori, quello strambo, quello fuori posto.
E anche se ora non me ne frega un cazzo, anche se ho sempre detto che fosse così, erano cazzate, perché mi spaventa immaginare come mi vedranno quando non sarò neanche il centrale migliore sul campo. Forse non sarò nessuna delle cose che ho detto prima, forse sarò proprio un nessuno"

La sua voce si spezza ad ogni parola piano piano, così lentamente e così dolorosamente. 
Le loro mani si stringono più forte, l'urgente bisogno di stare più vicini che li attanaglia e pulsa nei loro cuori infranti dalla loro condizione.
Tsubasa lo guarda, le sue guance sempre così impeccabilmente rosee rigate da lacrime salate che sgorgano in silenzio dagli occhi rossi e bagnati.
Il viso di lui ha lo stesso destino del suo, marchiato dalle lacrime che versa.
Tendou guarda Tsubasa con volto affranto.

"E se non mi piacesse essere chiamato Guess Monster?"

"E se non mi piacesse essere chiamata Aquila?"

Ecco, è arrivato, il punto di rottura per entrambi i loro cuori.
Non vogliono più nasconderlo, non c'è niente da nascondere a questo punto.
Mentre un primo singhiozzo sfugge dalle labbra di Tendou, Yamashita lo segue immediatamente.
La notte non è più silenziosa, è piena di tristezza di due anime che sono troppo giovani per sopportare tutto.
Due anime che singhiozzano disperatamente perché è tutto troppo per loro.
Ogni tanto, uno di loro due cerca di asciugarsele in fretta, ma poi è costretto a ricominciare.
Ogni tanto, uno di loro due prova a nascondere il volto tra le ginocchia, ma fallisce e finisce a buttare la testa all'indietro con un lamento, fronteggiando le luci notturne mentre ancora più lacrime sgorgano dai loro occhi con insistenza.
Il respiro di Satori è pesante, la sua gola e i suoi occhi bruciano, e la sua voce è solo un misto di singhiozzi e gemiti di miseria. Si sente come se non sarebbe mai riuscito a smettere di piangere con il cuore in mano.
Ma qualcosa, una luce di vaga speranza, lo fa tornare alla realtà.
Le loro mani erano unite, incatenate come i pezzi di un puzzle.
La delicata e morbida mano di Tsubasa è attorno alla sua e la stringe mentre continuano a piangere entrambi, e poi la stringe ancora di più come se stesse cercando qualcosa su cui contare.
Tendou smette di piangere per un momento.
La sua mano libera raggiunge la guancia della ragazza e vi appoggia il palmo sopra, le dita che si insinuano tra i suoi capelli.
Lei lo fissa per un poco, nuove lacrime che si formano sul suo volto e percorrono il dorso della mano di Satori.

"Tsubasa..." sussurra per la terza volta.

Si baciano.

Non c'è cosa più bella dei sentimenti, dicono.
E in quel momento gli sembra vero.
Le loro labbra, senza esperienza, si toccano, sfiorandosi timidamente.
Esplorano nuove sensazioni ed è tutto così sublime e travolgente per loro, per non menzionare nuovo.
Dopo qualche tocco sperimentale, Tendou decide che è abbastanza e preme con decisione le labbra su quelle di lei.
Tsubasa non sa come sentirsi.
La tristezza le riempie ancora il cuore, ma il bacio che stanno condividendo insieme sta disperatamente cercando di dominarla.
Sì, è un bacio disperato tra anime disperate che cercano solo il loro posto nel mondo.
Non sanno più che cosa importa in quel momento.
E' il loro primo bacio, in assoluto.
Sono entrambi senza esperienza ma nonostante ciò, per loro due è perfetto e giusto.
Le loro lingue si accarezzano lentamente insieme, sentendosi l'un l'altra.
Il labbro inferiore di Satori sfiora quello superiore di Tsubasa, si sente solo l'impercettibile rumore dei loro baci che si susseguono l'uno dopo l'altro.
E' tutto troppo, così tanto che vogliono piangere ancora di più e allo stesso tempo bramano il tocco l'uno dell'altra come mai prima, anche se finalmente sono stati accontentati.
Quando si separano, le loro fronti si toccano, premute insieme, e i loro respiri sono affannati.
I loro occhi si incontrano e, dopo aver lasciato scappare ancora qualche singhiozzo, le loro bocche lo fanno di nuovo, questa volta più affamate, più desiderose di contatto, più bramose.
Si baciano un milione di volte.


Note autrice:
ebbene sì, anche se ho detto che avrei aggiornato più lentamente mentivo, onestamente non ho nulla da fare.
Finalmente questi due si sono decisi a baciarsi ma vi assicuro che non è finita qui, credo che la manderò avanti per ancora 3 capitoli e concluderla, non avevo progettato di scrivere nulla di troppo lungo.
Spero vi piaccia anche il prossimo!
Kokuhaku

 

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Capitolo 5
*** Blame it on the night ***


 

Blame it on the night.


Tsubasa apre gli occhi lentamente e con inusuale fatica.
Ciò che vede non è la solita, flebile luce arancione che inonda la sua stanza appena si sveglia per andare a correre, ma è più che altro un misto di arancione, giallo, bianco, colori forti e accecanti per essere appena sveglia. Fatica ad aprire i sottili occhi scuri, emettendo un mugolio lamentoso nel mentre, e cerca di mettere a fuoco ciò che la circonda.
Vede due cose, la prima è l'erba verde e fresca bagnata dalla rugiada del mattino, la seconda è il corpo di Satori steso sopra di essa.
Ci mette un po' a notare che il suo corpo non è solo sdraiato di fianco a lei, ma addirittura intrecciato con il suo, il braccio destro del ragazzo è infatti avvolto attorno alle sue spalle e le dita lunghe e affusolate disegnano piccoli cerchi sulla sua schiena.
E' piacevole, un contatto che non avevano mai avuto prima anche se non si poteva ancora definire come vera e propria intimità. Pensando all'intimità, si ricorda della notte prima e ricorda il perché si trovino lì in quel momento. Non erano mai tornati a scuola, si erano addormentati su quello stralcio di erba che dava sui palazzi di Sendai e si erano baciati.
Ecco, ecco che cosa c'era di stranamente intimo tra loro che non fosse necessariamente quello stare abbracciati. Si erano baciati e lei ricorda esattamente quella sensazione delle lacrime sulle loro guance e del calore delle loro labbra.
Lo guarda mentre lui ancora rimane sdraiato pacificamente sul prato, gli occhi chiusi e se non fosse per le dolci carezze che le stava lasciando avrebbe pensato fosse addormentato.

"Satori-kun..." mormora Tsubasa, muovendosi impercettibilmente.

Tendou si immobilizza immediatamente, smettendo di cercare contatto con la sua mano destra e ritraendo il braccio.

"Y-Yamashita, dovremmo tornare a scuola" dice semplicemente lui, mettendosi a sedere e costringendo la ragazza a separare i loro corpi.

Yamashita.
Lei si ricorda di avergli detto il suo vero nome, Tsubasa, lo ha fatto perché è l'unico che sente in grado di chiamarla così.
Ma scaccia il pensiero in fretta, pensando semplicemente che è mattina molto presto e che lui ha passato mesi interi a chiamarla così, quindi non c'è nulla di cui preoccuparsi.

"Va bene" risponde lei.

Montano entrambi sulla bicicletta e ripartono all'alba.
La testa di Tsubasa fa male, le pulsa e desidera non aver passato tutta la notte lì a prendersi l'umidità dell'erba sulla nuca. Gli occhi sono ancora un po' rossi e bruciano, e anche qui desidera non essersi lasciata così tanto andare con le emozioni e avrebbe preferito far scorrere meno lacrime sulle sue guance. E poi, le sue labbra sono lievemente secche, ma qua non si pente di aver passato la notte a baciarsi con Satori.
Non si dicono niente mentre percorrono la strada verso scuola.
Tsubasa vorrebbe parlargli del bacio e chiedergli qualcosa, ma lei quella mattina sente che lui è strano e preferisce non dire niente per ora, meglio lasciargli del tempo per riposare da quella nottata insonne.
Arrivano a scuola con abbondante anticipo rispetto all'inizio delle lezioni, e Yamashita scende dalla bici come ha sempre fatto, aggiustandosi la gonna dell'uniforme ascoltando lo sferragliare della ruota contro la ringhiera del parcheggio delle biciclette.

"Satori?"

Non si gira, continua a smanettare con la bicicletta come se stesse cercando di fare chissà che cosa quando in realtà non sta facendo proprio niente.
Si mette dritto con la schiena, dandole le spalle e passandosi una mano tra i capelli rossi scompigliati dal mattino.

"Si?" le domanda, facendo finta di frugare qualcosa in tasca.

"No, niente" dice, la voce sommessa e pentita.

Stupida, stupida Tsubasa pensa tra sé e sé dovevi chiedergli perché non ti guarda.

---

La candida mano di Tsubasa fa roteare il miscelatore della doccia per mettere l'acqua a calore massimo.
Subito il vapore riempie il piccolo spazio che a turni doveva condividere con le ragazze del suo stesso dormitorio e pensa a quanto le manchi la doccia di casa sua. Lascia che l'acqua calda le scorra tra i capelli per pulirli dalla rugiada e da chissà che cosa aveva accumulato dormendo per terra quella notte, anche se più che altro si era infilata sotto la doccia per farsi passare il mal di testa e per pensare.
Dovrei pensare pensa, e il pensare che deve pensare le mette il nervoso e le fa stringere le braccia attorno al collo, toccandosi le scapole con le mani, per poi passare le punte delle dita della mano destra tra di esse.
Dovrebbero essere qui, le mie ali?
In questo momento non le va di pensare al volare, un altro pensiero le martella la testa che ancora non accennava a smettere di pulsare, anche se i vapori e l'acqua erano un gran sollievo rispetto a prima.
Pensa a lui, ma quello lo ha sempre fatto negli ultimi mesi.
Non aveva ancora visto i suoi occhi quella mattina, quegli occhi che molti definivano inquietanti per quella tonalità rossiccia che prendevano, quando in realtà lei li trovava solo estremamente belli e accattivanti.
Si sente strana, non guardarlo negli occhi la faceva sempre sentire così, se lo doveva incontrare quel giorno era obbligatorio che lo guardasse e anche se avevano passato insieme solo venti minuti quel mattino era già troppo per lei da reggere.
E poi, quel bacio, anzi, quei baci, le ronzavano nella mente come api in un alveare.
Accidenti, si era aspettata che il loro primo bacio sarebbe stato molto diverso.
Non è stato brutto, al contrario, le labbra di Satori erano esattamente come se l'era immaginate, e il modo in cui si erano unite alle sue era stato più che perfetto e l'aveva amato.
Non è stato come se lo era immaginato perché lei dopo si aspettava che sarebbe stata entusiasta, al settimo cielo, come se non avesse mai più voluto desiderare altro dalla vita perché era già felice.
E invece no, ora si ritrova infradiciata sotto la doccia a continuare a domandarsi cose.

Gli è piaciuto?
Perché lo ha fatto?
Perché abbiamo continuato a piangere?
Ma io gli piaccio?
Perché non mi guarda?

Getta la testa all'indietro sotto l'acqua calda e chiude gli occhi, godendosi la sensazione che le dà.
No perché insomma, lui mi piace da matti, ma non è detto che sia lo stesso per lui si dice potrebbe avermi baciata per qualsiasi motivo che non sia il mio stesso sentimento.
Ripensa al viso di Satori a un millimetro dal suo, al suo respiro sulle sue labbra prima di baciarla, alla sua lingua così bella da accarezzare con la propria.
Decide che ci avrebbe parlato...prima o poi.
Se magari si fosse degnato di guardarla.
Chiude l'acqua e si avvolge attorno all'accappatoio, asciugandosi i capelli con il cappuccio.
Accidenti però, vorrei baciarlo di nuovo, e vorrei capire che cosa gli passi per la testa.
Non si accorge neanche di aver seguito le lezioni, che già si ritrova nel campo da pallacanestro per gli allenamenti intensivi.
Aveva cercato di parlare con Satori a pranzo, ma le sue amiche e compagne di squadra l'avevano letteralmente trascinata al loro tavolo per parlare dell'allenamento.
Aveva provato in qualche modo a comunicare con il ragazzo dall'altro tavolo, ma non sembrava volesse guardare nella sua stessa direzione.
Improvvisamente, la palla le viene passata tra le mani, e subito scatta in avanti per tirare a canestro e magari ricavarci una schiacciata.
Riesce a superare le compagne con facilità e automaticamente i suoi piedi si librano in aria, il braccio proteso in avanti per schiacciare.
Ma proprio quando sta per entrare, nella testa di Tsubasa passa l'immagine di lei e Satori davanti alle luci di Sendai, entrambi seduti su quell'infausta collinetta a scambiarsi baci.

"Yamashita-kun!" esclama una voce femminile, una delle sue compagne di squadra.

Yamashita si accorge poco dopo di essere finita con il culo per terra, la palla arancione che rimbalza poco avanti a lei, e il retino del canestro perfettamente fermo poiché dentro non vi era passato niente.
Sto impazzendo si dice, mentre una delle ragazze le porge una borsa del ghiaccio da mettere sul punto della testa in cui ha appena sbattuto.

"Stai bene?" le chiede preoccupata la ragazza.

"Si Yoko-chan, tutto a posto" risponde lei, sorridendo per tranquillizzarla e pressando la borsa del ghiaccio sulla nuca.

"Grazie al cielo, è come se ti fosse venuta una visione. Non sarà mica che sei innamorata e ti distrai!" esclama Yoko in tutta la sua innocenza.

Al sentir dire innamorata tutte le compagne si illuminano come pali della luce e accorrono attorno a lei a tempestarla di domande.

"E' Tendou-san! Tendou-san! Il centrale della squadra di pallavolo!" esordisce una di loro.

"Sì, passate così tanto tempo insieme, tipo quella volta in cui siete andati in giro per la scuola come due pazzi in bici!" aggiunge un'altra.

"Ma piantatela! Sarà Goshiki-san, parla molto di più con lui!"

Qualcuno mi salvi per favore.
Fortunatamente, in soccorso della ragazza arriva l'allenatrice, che esorta tutte quante a tornare ad allenarsi e lasciare in pace Yamashita, dicendo a quest'ultima di andare nei dormitori a riposare.
Solitamente si opporrebbe e continuerebbe a giocare, ma per una volta decide di acconsentire perché con la testa così affollata di pensieri sarebbe finita per fare male a qualcuno.
Ma non può stare da sola, altrimenti avrebbe finito per impazzire con i suoi soli pensieri, e quindi può fare solo due cose.
La prima: cercare Tendou e parlargli.
La seconda: cercare Goshiki e sputare fuori tutto quello che le passa per la testa.
Opta per la prima, decidendo di dirigersi verso il campo da pallavolo, ancora nella sua divisa da pallacanestro viola e bianca.
Non appena entra nella palestra, subito viene accolta da numerosi saluti, soprattutto da parte di qualche primino con gli ormoni in circolo, ai quali Goshiki rivolge un ringhio di protezione nei confronti della sua migliore amica, la quale accorre da lui.

"Tsutomu-chan, hai visto Tendou?" gli chiede.

Goshiki si gratta il capo, pensieroso.

"No, oggi ha detto che stava male ed è andato nel suo dormitorio"

Tsubasa ci rimane male, ancora una volta non riesce a parlarci e si chiede perché la sfiga debba essere sempre dalla sua parte. Sbuffa e Goshiki la guarda incuriosito, per poi sussultare quando lei lo afferra per un polso e lo trascina fuori dall'allenamento.

"Hey, Tsucchan! Che fai, devo allenarmi!" esclama.

"E invece dirai a Washijou-sensei che anche tu ti senti male e che andrai a dormire!"

"Ma se mi trascini così non posso dirglielo!"

Dopo aver spiegato a Washijou di un "improvviso malanno" di Goshiki, i due si ritrovano nella stanza della ragazza, lui sdraiato sul letto sotto e lei su quello sopra del letto a castello, un braccio che penzola fuori.

"Goshikkun, posso raccontartela una cosa, vero?" gli chiede, la voce pacata e timida.

"Certo che me la puoi dire" risponde lui, rassicurante.

Tsubasa esita un attimo, le guance rosse solo a ripensare al fatto e a come buttare giù la cosa senza far venire un infarto al suo migliore amico, ancora troppo piccolo e suscettibile.

"Ieri notte io e Satori-kun ci siamo baciati" dice di getto.

Okay, non ci sa fare.
Lo capisce soprattutto sentendo Goshiki balzare per aria come uno di quei giocattoli a molla che saltano fuori dalle scatole a sorpresa.

"T-t-t-t-tu e T-T-T-Tendou-senpai?!" boccheggia, sconvolto.

"Sì, te l'ho detto un milione di volte che mi piace, che problema c'è!" ribatte lei, in imbarazzo.

"Nessuno, è che potevi dirmelo con più calma!"

Entrambi sospirano e si accasciano sui materassi.

"E che è successo?" chiede Goshiki, invitandola a proseguire.

"Ecco...oggi non mi ha guardata, neanche una volta, e credo si stia comportando in modo strano.
E' una mia impressione o no?"

Goshiki ci rimugina su un attimo, prendendo in mano un pallone da pallacanestro che giaceva sul pavimento e giochicchiandoci un poco sul letto.

"In effetti sì, oggi non ha parlato molto, il che è molto strano da parte sua, e non credo stesse veramente male quando l'ha detto a Washijou-sensei" dice.

Allora non è una mia impressione...
Beh, in effetti non è che lei si stesse comportando in modo tanto normale rispetto a lui, ma come minimo aveva la decenza di guardarlo negli occhi o di cercarlo, anche solo con lo sguardo.

"Magari sta pensando a stanotte, come stai facendo tu. Tende a fare così quando pensa molto, sta in silenzio e stacca da tutto, ma domani gli passerà e ti guarderà di nuovo"

Quanto vorrei che fosse vero, Tsutomu pensa Tsubasa, due settimane dopo.
Sta seduta al tavolo della mensa insieme ad altri suoi amici, è da tanto che non si siede con la squadra di pallavolo, che ora si limita a guardare da lontano lungimirante.
Tendou non l'ha più guardata.
Non sono più andati a comprare Jump insieme, leggendolo dopo nei dormitori ascoltando ogni tipo di musica.
Non sono più andati a correre insieme la mattina.
Non hanno più parlato di quello che gli passava per la testa insieme.
Non hanno più fatto scherzi a Sumiko e alle sue amiche.
Non hanno più fatto quei lunghi tragitti insieme in bicicletta, con quella luce arancione del tramonto a imprimere il momento nella loro testa.
Tsubasa aveva cercato di parlargli, ma sembrava che ogni volta che ne aveva l'intenzione, Tendou sparisse magicamente come Houdini.
Era andato avanti così tanto, che alla seconda settimana lei aveva smesso di provarci, e ora si limitavano a salutarsi con un cenno nei corridoi quando si incontrano.
"Ciao, Yamashita" le disse una volta, e lei si arrabbiò così tanto che batté un piede per terra e cacciò un grido una volta assicuratasi che lui se ne fosse andato, lasciando stupiti i presenti.
Il loro allontanamento non era passato certo inosservato, tutt'altro, era sulla bocca di tutti.
Il duo inossidabile, Yamashita e Tendou, l'Aquila e il Guess Monster, non si parlavano più.
Non era passato inosservato a nessuno, neanche a Sumiko, che non aveva perso neanche un secondo a provocare Tsubasa per questo fatto, ovviamente alle sue spalle perché non voleva beccarsi un pugno in faccia e ormai aveva capito che la ragazza ne sarebbe perfettamente stata in grado.
Tendou Satori non mi vuole più realizza Tsubasa, guardandolo da lontano al tavolo della mensa.
Il bagliore negli occhi del ragazzo è sparito dal fatto, ma non per questo aveva smesso di comportarsi come il solito, vecchio Tendou, comportamento che aveva ripreso più di recente.
Quel giorno sarebbero dovuti andare a comprare Jump insieme come di consueto, ma ormai non avevano neanche più il coraggio di guardarsi.
Quel cazzo di bacio pensa Tsubasa, stringendo la forchetta nella mano e fissando con particolare insistenza il suo omurice.
Non se la sente di mangiare, in quelle due settimane non si era sentita di fare niente, nonostante le sue prestazioni fossero sempre eccellenti a pallacanestro. Però qualcosa in lei era diverso e i suoi amici lo avevano notato, anche se aveva cercato di mettere su una facciata più allegra possibile per non preoccupare nessuno, confidandosi solo con Goshiki.
Aveva smesso di contare tutte le volte in cui il suo migliore amico aveva minacciato di andare a picchiare il suo senpai se avesse continuato a farle del male in quel modo.
E' normale essere scombussolati dopo un bacio, è ovvio a quell'età, ma non era proprio il caso di sparire in quel modo, si era detta più volte lei.
Che cosa lo aveva spinto a tanto?
Era stato lui a baciarla, del resto, avrebbe avuto più senso una reazione contraria ma no, era stato lui a fare tutto e allora che bisogno c'era?
Non si accorge di star stringendo troppo la forchetta, tanto da averla piegata un poco.

"Yamashita-chan, tutto bene?" le chiede Ichisake, un suo amico e compagno di classe.

Tsubasa si sveglia da quella sottospecie di trance riflessiva che l'aveva colta, e va subito dalla cuoca a scusarsi per la forchetta anche se non era nemmeno sua la "gestione" delle posate.
Quel giorno, i suoi salti e le sue schiacciate erano meglio che mai, tanto la rabbia e la frustrazione la caricavano, azzardando un grido liberatorio ogni tanto.
Dopo essersi fatta la doccia negli spogliatoi e cambiata, controlla la borsa e si sbatte una mano in faccia quando realizza di aver dimenticato in classe il numero di Jump comprato quel giorno di prima mattina (senza di lui).
Si scusa con le compagne e subito si reca verso l'istituto, cercando di far in tempo per arrivare a casa con ancora le ultime luci arancioni della giornata che ora inondano il corridoio del terzo piano.
Una volta afferrata con soddisfazione la rivista che ancora giaceva al suo banco, si volta per uscire e nota con sorpresa una figura alta e slanciata a lei familiare camminare davanti a lei, piuttosto di fretta.
Non mi può sfuggire pensa Yamashita, affrettandosi fuori dalla classe ed entrando nel corridoio vuoto.
Come volevasi dimostrare, Tendou cammina in mezzo al corridoio piuttosto sovrappensiero, la luce arancione del tramonto che gli illumina qualche ciocca rossa.
Ora non può ignorarmi.

"Satori-kun!" esclama, e come aveva desiderato, Tendou si ferma.

Non si dicono niente per qualche secondo, l'uno a un paio di metri di distanza dall'altro, mentre il ragazzo rimane girato di spalle e leggermente ingobbito.
Le viene voglia di ricordargli di non stare così ricurvo, come aveva sempre fatto scherzosamente, ma poi si ricorda che ora non ne ha più il diritto.
Perché non ti volti?

"Satori-kun" ripete lei, lasciando intendere che cosa voleva che facesse.

"Stavo andando a recuperare un libro" le risponde, ancora senza voltarsi.

"Guardami" gli risponde lei, secca, senza volere giustificazione alcuna.

"Yama-"

"Guardami!" grida, la voce che rimbomba tra le pareti del corridoio vuoto.

Si sorprende di sé stessa e si pente inizialmente, ma poi realizza che no, non deve pentirsi di niente, perché è ora di smettere con tutti quei trucchetti.
Inizialmente il ragazzo si irrigidisce e alza le spalle, non avendola mai sentita gridare così e soprattutto non rivolta a lui, e sente una crepa attraversargli il cuore, ma poi fa come lei vuole e ha ragione a volere.
Tsubasa lo guarda di nuovo dopo due settimane, e nulla sembra cambiato in lui, forse le occhiaie erano leggermente accentuate ma ora non vuole pensarci.
Molte cose passano per la sua testa e molte emozioni, rabbia, tristezza, nostalgia, rancore...
Vuole dirgli tante di quelle cose e allo stesso tempo sente che gliene dirà solo la metà.

"Che ti prende?" gli chiede, ma sa che è troppo generica come domanda.

Rosso in volto, distoglie un attimo lo sguardo e cerca di riordinare i pensieri nella sua testa, ma come per lei, anche lui si trova in difficoltà.

"Non mi prende niente..." tenta di giustificarsi molto goffamente.

Lo sguardo sul volto di lei è severo, arrabbiato e anche se è così era da tanto che lui non si accorgeva di quanto fosse bella.

"E invece sì e lo sai. Perché mi ignori?" gli chiede Tsubasa, determinata.

Tendou sospira e sa che ormai non c'è più niente da fare, che non può continuare a fuggire come sta facendo da due settimane, che è da idioti, ma le parole gli muoiono in bocca ogni volta che tenta di pronunciarle.

"E' per via del bacio, vero?" gli chiede all'improvviso, colpendolo al cuore.

Ecco, o parla ora o non parla mai più.
Quel maledetto bacio pieno di ogni tipo di emozione, bello quanto letale per loro.

"E' stato un errore, Yamashita" dice Tendou, di getto.

Guardando come l'espressione di Tsubasa si rompe in un secondo, Tendou spera di non averlo mai detto.
Il volto di lei, prima pieno di determinazione, si era trasformato in uno di puro sconvolgimento, i tratti più rilassati ma in una maniera che lui avrebbe preferito mai più vedere.
Era ferita.

"Un...un errore?" mormora.

No, non lo è stato affatto, diglielo Satori ti scongiuro.

"Sì...eravamo entrambi sconvolti e pieni di tristezza e LO SO, che sono stato io a baciarti ma tu...in quel momento eri così bella e...ti sentivo così vicina che l'ho fatto senza pensarci troppo.
Mi dispiace"

Tsubasa, la bocca ancora semiaperta nella negazione, scuote il capo leggermente, dicendosi da sola un no, stai mentendo, dimmi che menti ti prego.

"Aspetta, tu mi hai baciata perché eri triste e io pure? Perché eravamo deboli entrambi?" gli chiede, la voce che mano a mano si spezza.

"Non so che cosa mi passasse per la testa in quel momento e te l'ho detto, mi dispiace"

Non avrei dovuto baciarti e sono stato stupido, molto stupido a prendermi gioco di te"
Ti prego, smettila di dire così e dille quello che pensi veramente. O come minimo, dille veramente il perché la stai spingendo via...

"Tu...mi hai baciata perché eravamo entrambi deboli? Mi spieghi il perché?! Perché, Satori?!"

Non vuole piangere, non vuole farlo, ma la sua voce via via sempre più rotta la tradisce.
Perché gli stava urlando addosso in quel modo? Perché non voleva smettere di farlo? Perché si sente così presa in giro?

"Senti, mi spieghi qual è il motivo per cui ci tieni tanto, a questo bacio?"

Tsubasa raggiunge il punto di rottura, quella domanda è troppo per lei da reggere.

"Sei tu! Sei sempre stato tu!" sfiata a gran voce.

"Perché tu mi piaci, Satori!"

Tendou sussulta, il corpo rigido, inerme, la testa incapace di pensare a qualsiasi altra cosa se non a quella frase.
Era vero? Erano vere le sue parole? Ovvio che lo erano, lei non mentirebbe come sta facendo lui da bravo codardo.
Quelle parole così semplici gli arrivano al cuore talmente forti che non solo aveva sussultato, ma era rimasto paralizzato a guardarla, i suoi grandi occhi sgranati nello sconvolgimento.
Io le piaccio.
Una domanda che si era posto tante di quelle volte che aveva perso il conto, così tante che aveva cominciato a pensare che fosse una domanda così stupida.
Lei aveva ricambiato il suo bacio quella notte, ma nulla gli garantiva che ricambiasse anche il suo sentimento.
E troppe volte si era convinto che non potesse essere.
E invece ora se lo sente dire in faccia, ma non nella maniera dolce che aveva sempre desiderato nei suoi sogni, glielo sta dicendo con rabbia e con immensa tristezza, perché ha dovuto portarla al limite per farlo.

"I-io..." boccheggia, incapace di parlare "...ti piaccio?"

"Si, ho una cotta per te Satori! Perché sei intelligente, mi fai ridere, ti trovo bello e non sai quanto cazzo sei interessante! Dio, ti ascolterei parlare per ore! E ogni volta che ero giù mi hai sempre ascoltata e non mi hai mai fatta sentire fuori posto o come se non fossi abbastanza, mai!
Ma te lo devo anche spiegare il perché mi sei sempre piaciuto?!"

Ti prego, piantala di urlare si disse da sola, le gambe che cominciavano a tremare non doveva andare così, non era così che avresti dovuto dirglielo.

"Io quella notte ho ricambiato il tuo bacio perché mi piaci, da morire! Stravedo per te e tu non lo hai mai capito, anche se era ovvio, e io sotto sotto pensavo, anzi, speravo che per te fosse lo stesso, che anche tu mi avessi baciata perché ti piaccio.
E invece sei sparito, per due settimane, e mi hai evitata, oggi compreso!
Mi hai baciata perché eravamo fragili entrambi, quando io ti ho baciato perché sei la mia persona preferita, anche se te magari non lo pensi, ma è così, sei la mia persona preferita e sei sparito, mi dici il perché?!"

Tsubasa si ferma, smette di pronunciare quelle parole taglienti e il fiato le rimane sospeso, incapace di formulare altro.
Era quello che aveva sempre voluto dirgli, anzi, che ogni tanto era anche stata tentata di dirgli senza dover scoppiare in un crollo mentale prima, ma non voleva andasse così, non avrebbe mai voluto dirglielo con quella rabbia in corpo che montava dentro di lei minuto dopo minuto.
Voglio solo essere qualcosa per te, Satori, non qualcuno su cui scaricare le emozioni, non voglio che mi baci solo perché siamo fragili entrambi, voglio che tu provi ciò che io provo per te.
Tendou rimane fermo, immobile, la bocca schiusa come se stesse per dire qualcosa e le sopracciglia piegate in un'espressione quasi di sofferenza, anche il suo di fiato si è fatto pesante.
Io le piaccio, le sono sempre piaciuto e non l'ho mai visto, e ora le sto facendo questo. Ormai è tardi, ho fatto il danno e non posso tornare indietro, se lo facessi le farei ancora più male. Non voglio continuare questa farsa ma forse è meglio per lei.
Guarda per terra e sente lo sguardo di lei penetrarlo, aspettare una risposta, e invece lui non riesce a parlare.
Diglielo, dille che per te è lo stesso, baciala di nuovo e smettila di fare così.
Ma sa di non poterlo fare più, che la sua occasione c'è stata e che ha mandato tutto a puttane, e che non può rimediare.
Non si torna indietro.

"Ti sto rifiutando, Tsubasa"

Che cazzo hai fatto, Satori, perché continui a mentirle.
Lo vede chiaramente, il cuore di Tsubasa che si spezza in due dopo aver sentito quelle parole, il suo nome e rifiuto.
Non è in grado di dirgli niente, non riesce a formulare nulla, lascia solo che le mani, prima strette a pugno, si rilassino e che le sue braccia si abbandonino lungo i suoi fianchi.
E' ancora più fragile, così bella e fragile sotto la luce aurea del tramonto che penetra in quel corridoio, ma è ancora così ferita.
Aveva sempre considerato questa possibilità, che lui non ricambiasse veramente i suoi sentimenti, perché nulla le dava il diritto di decidere, e si era sempre detta che se mai lui avesse pronunciato quelle parole, lei non avrebbe fatto niente, gli avrebbe sorriso, avrebbe capito e sarebbe stato tutto come prima, semplici amici.
Ma ora che se lo sente dire veramente, dopo che si sono scambiati quei baci pieni di qualsiasi sentimento possibile, è inconcepibile per lei accettarlo e dirgli okay, lo accetto, ti voglio bene comunque Satori.
Sa bene che se lo facesse, mentirebbe sia a sé stessa che a lui.
Non vuole far finta di non essere ferita, non vuole nascondersi mai più.
Ora non può più dirgli niente, non può urlargli nulla contro perché non può costringerlo a ricambiarla, non può dirgli stai mentendo.
Non ha il diritto di decidere l'amore degli altri, né tanto meno il suo.
Non importa che lui l'abbia baciata o meno, non importa che l'abbia fatto perché erano fragili, non importa che lui l'abbia evitata per due interminabili settimane, la sta rifiutando e basta, non sente quello che sente lei e non può farci niente, può urlargli addosso quanto vuole ma i sentimenti non cambiano.
No no, ti prego non farlo pensa Tendou, ora anche le sue gambe tremano.
Lacrime cominciano a sgorgare copiosamente dagli occhi di Tsubasa, lacrime che aveva trattenuto per tutto il tempo, che rischiavano di uscire quando la sua voce era rotta e venivano ricacciate indietro non appena tornava ad arrabbiarsi.
Ma ora non c'è più tempo per trattenerle e sarebbe da codardi farlo, e quindi si lascia andare in un pianto silenzioso, senza lamento, lascia solo che le lacrime sgorghino dai suoi occhi e vadano a picchiettare sul pavimento.

"Va bene..."

Tendou, anche i suoi occhi lucidi e pronti, allunga una mano verso di lei e le tocca una spalla, in un tentativo patetico di consolarla.
Lo lascia fare perché sa che non ha secondi fini, lascia che la sua mano che due settimane prima era intrecciata con la sua le accarezzi la spalla, anche se fa male.
Poi, si allontana da lui di scatto, lo guarda negli occhi per una volta e vede quello che aveva visto quella notte maledetta.
Vede dolore, vede tristezza, vede lacrime che non si azzardano a scendere.
Si volta di spalle e si allontana senza dire niente.

Note autrice:
naturalmente non potevo lasciare che filasse tutto liscio come l'olio e ho dovuto far combinare i casini, ma da me c'è da aspettarselo.
Per alcuni problemi e preferenze ho cambiato il nome della storia in "Bloom Later", di cui presto capirete (o potete già capire ora ) il significato.
Se siete curiosi di vedere come se la cavano ora con questo impiccio, aspettate il prossimo capitolo che pubblicherò a breve!
Grazie a tutti e se volete lasciate una recensione :)
Hikarigaoka (che sì, ha anche cambiato nome)

 

 

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Capitolo 6
*** Still into you ***


Still into you.


Tsubasa entra nella palestra e le sue orecchie vengono subito accolte da rumorosi schiamazzi ed esultazioni, rumori ai quali prima era molto familiare e che era da tanto che non le capitava di sentire così da vicino.
Si fa strada tra tutti i coetanei vestiti nell'uniforme bianca e viola della Shiratorizawa, guardandosi intorno alla disperata ricerca di una scodella nera tra tutta quella massa di gente.
Finalmente trova chi cerca, seduto in prima fila con aria particolarmente impaziente mentre attorno a lui tutti i compagni esultano al grido di "USHIJIMA!" e vari applausi.
Saluta Tsubasa con un cenno per farsi vedere meglio e lei lo raggiunge velocemente, sedendosi al posto che le aveva riservato.

"Grazie per il posto, Goshikkun" dice, sedendosi di fianco al ragazzo.

"Di nulla, anche se è stata un'impresa conservarlo" risponde.

Sfortunatamente, Goshiki si era preso una bella botta al ginocchio qualche settimana prima, cercando di buttarsi e salvare una palla, nonostante quel giorno avesse dimenticato le ginocchiere.
Anche se aveva passato l'intero giorno precedente alla partita a implorare Washijou di farlo giocare comunque, decisero che per quella volta non avrebbe giocato e avrebbe lasciato in pace il povero ginocchio, sul quale campeggiava un ematoma ormai quasi riassorbito.

"Che rabbia, non sai quanto istinto ho di scendere in campo" sbuffò Goshiki, guardando mestamente i suoi compagni riscaldarsi.

"Ringrazia che è solo la seconda partita delle qualifiche ai nazionali, poteva essere la finale delle qualifiche oppure la prima delle nazionali stesse" cerca di rincuorarlo Tsubasa.

"Mah, potevo benissimo giocare" insiste lui.

Aveva deciso di accompagnarlo alla partita per la solita questione di "solidarietà tra squadre", ma dato che voleva parlare un po' di come andavano le cose ultimamente si era staccata dalle sue compagne e si era seduta vicino al suo migliore amico.
Dopo poco, l'arbitro suona il fischio di inizio e la partita comincia.
Gli occhi di Tsubasa non si staccano un attimo da lui, e si sente in colpa e per non aggiungere ipocrita.
Ci prova seriamente a guardare il vero andamento della partita, ma proprio non ce la fa, e i suoi occhi rimangono incollati a Tendou come faceva prima quando era cotta per lui. 
Non che ora ogni sentimento fosse sparito dalla faccia della Terra, per carità, era stato solo soppiantato da altre emozioni decisamente più negative.
Sono proprio una ragazzina stupida pensa, i suoi occhi che vagano da una direzione all'altra in cerca di lui.
La partita prosegue per il meglio, ancora una volta la Shiratorizawa stava prevalendo sulla squadra avversaria come se fosse cosa da poco, sono veramente fantastici.
Ushijima è un uomo di un altro pianeta, una macchina da pallavolo praticamente indistruttibile, Shirabu pur essendo al primo anno si destreggia senza sforzo e Leon ha potenza da vendere.

"Goshikkun, guardare con così tanto rancore il campo non ti farà sparire il livido e materializzare in campo magicamente" scherza Tsubasa, un sorriso sarcastico sul volto.

"Guarda che lo so!" risponde l'amico, impettito "certo che oggi Tendou-kun è proprio una bestia, guarda che blocchi" aggiunge.

Tsubasa ci mette un poco più del solito a reagire, perché lo sa già perfettamente che Tendou stava giocando al massimo della sua forma quel giorno, ma anche perché è ancora difficile sentire quel nome e Goshiki lo nota subito.

"Oh...scusami" dice imbarazzato.

"No, tranquillo!" risponde lei, portando le mani in avanti e sorridendo.

Ma è vero, Tendou sta giocando da Dio, bloccando ogni schiacciata che gli arrivava dall'altra squadra come se non ci fosse cosa più facile al mondo. Corre da una parte all'altra del campo senza problemi, ogni sua predizione si dimostra corretta ed esulta insieme ai suoi compagni.
Sembra veramente felice pensa tra sé e sé lei.
Goshiki aveva visto Tendou sfoggiare certi sorrisoni solamente in poche occasioni, il campo da pallavolo e la compagnia di Ushiwaka erano tra queste, ma forse la più lampante era quando stava con Tsubasa, per il resto la maggior parte dei suoi sorrisi erano sornioni o maliziosi.
Tsubasa aveva sempre notato il sorriso costantemente stampato sul suo volto ogni volta che giocava a pallavolo, e come si allargava pieno di soddisfazione ogni volta che vedeva un altro giocatore guardarlo preoccupato dopo essere stato bloccato.
Lo aveva sempre ammirato quel sorriso, perché anche se lui non voleva diventare un pallavolista professionale, nonostante avesse tutte le carte in regola per farlo, amava giocare a pallavolo più di ogni altra cosa al mondo.
Lui glielo aveva sempre ribadito che la pallavolo lo faceva stare bene e lo rendeva veramente felice.
E solo dopo quella conversazione avuta nelle luci della notte, Tsubasa aveva capito che lui non voleva che le cose stessero così per sempre, anzi, glielo aveva detto lui stesso.
Tendou non voleva che la pallavolo lo definisse, voleva essere felice per tante altre cose e stare bene non perché è il Guess Monster, ma perché è semplicemente lui.
Avrei dovuto capirlo prima...
Il tempo passa con una velocità preoccupante per lei, i suoi occhi sempre impegnati a guardare i movimenti del ragazzo a cui il mese prima aveva confessato i suoi sentimenti, e ogni volta che si accorge di starlo guardando troppo si maledice da sola.
All'improvviso, Tendou blocca l'ennesima palla schiacciata a tutta potenza, facendola cadere nel campo avversario e segnando un altro punto.
Tsubasa lo vede sorridere e poi dire qualcosa al suo rivale, probabilmente schernendolo, a giudicare dall'espressione completamente nera dello schiacciatore che se ne andava imprecando sotto lo sguardo soddisfatto del ragazzo.
A Tsubasa scappa una risatina, ricordandosi nostalgicamente di quante volte gli aveva detto di non attaccare briga con gli avversari, e lui ogni volta si giustificava dicendo che li stava solo provocando un pochino.
Tendou è sempre stata una persona così gentile e buona, ma quando entrava in campo diventava un vero e proprio grattacapo sia per i suoi compagni di squadra che per gli avversari, nonché particolarmente tedioso e minaccioso.
Le era sempre piaciuto questo suo lato, ma non la trovava certo una buona scusa per provocare le squadre avversarie.
Non appena si accorge di star ridendo si ferma subito, portandosi una mano sulle labbra, un po' per smetterla e un po' per capire attraverso quel contatto se davvero si fosse messa a ridere.
E' stato come se non fosse mai successo niente.
Per non preoccupare ulteriormente Goshiki, si ricompone in fretta e si schiarisce la gola, sistemandosi a braccia conserte sul suo sedile, loro due gli unici seduti tra tutte le persone che stavano assistendo.
Lei aveva detto che sarebbe stata seduta per non far sentire il suo migliore amico come l'unico beota tra tutti, ma era stata anche un po' la paura a farla rimanere in disparte.
La paura e l'imbarazzo di farsi vedere da lui.
Dopo qualche punto segnato da Ushiwaka, la partita arriva quasi al match point, che avrebbe decretato il vincitore, e la Shiratorizawa sembrava ben intenzionata a prendersi quei punti e avanzare ancora una volta, come aveva sempre fatto.
Pochi punti prima della partita, Tendou scatta in avanti e salta, portando le lunghe braccia in avanti, e tutti sussultano vedendo la palla roteare contro i suoi polsi, ancora carica di energia e che sperava disperatamente di passare quel muro invalicabile.
Nessuno avrebbe mai indovinato che la palla sarebbe andata in quella direzione, eppure Satori poteva farlo e lo aveva fatto, spostando le braccia nel punto più improbabile e fermando quella palla di cannone che aveva tutta l'intenzione di segnare.
Immediatamente, tutta la squadra lancia un grido di sorpresa e felicità perché avrebbero scommesso tutto che quella palla avrebbe toccato il loro campo, ma no, Tendou era stato ancora una volta migliore.
Tsubasa sente un brivido correrle lungo la schiena e le guance arrossire.
E' fantastico.
Seguendo i suoi amici, anche Satori si lascia scappare un grido di esultanza, stringendo i pugni in aria per aver confermato ancora una volta le sue capacità da indovino.
Poi, grida una frase che tutti, anche dagli spalti, riescono a sentire.

"Miracle Boy...Sa-To-Ri!" grida, raggiante.

Non è neanche l'ultimo punto per lui, non è neanche il punto che ha decretato la loro vittoria, eppure è così felice.
Anche i compagni di scuola esultano per quel punto impossibile, saltando in aria come molle.
Poi, facendo rimbombare il tamburo e improvvisando i loro soliti ritmi da tifosi, la Shiratorizawa prorompe in un coro tutto per lui, cheerleader comprese, le quali cominciano ad agitare i loro pom pom viola.

"Tendou! Tendou! Tendou!"

Goshiki vede l'espressione di Tsubasa mutare, dalla sorpresa e un vago piacere, alla...rabbia?

"Non li ho mai sopportati" dice seccata, stringendosi nel felpone della sua squadra e affondando ancora di più nella sedia.

"Che intendi?" chiede Goshiki, sorridendo divertito nel mentre guarda Tendou salutare il pubblico più raggiante che mai.

"Questi coretti idioti, non mi piacciono" sbuffa, cercando di non incontrare lo sguardo incuriosito dell'amico che ora la guarda.

"Oh? Non sarai mica gelosa delle cheerleader!"

"Macché! Ti sembro il tipo?"

"E allora perché dici così? Non ti piace che Tendou abbia dell'attenzione?"

"Ma no è che...sono ipocriti. Questa è la gente che a scuola lo guarda storto e pensa che sia uno stramboide, e ora lo acclama come se fosse uno dei Beatles appena arrivato in città.
Insomma, prima se ne tengono lontani per chissà quale motivo e ora tutti a morire per lui"

Non lo aveva mai detto quello che pensava della gente e delle loro opinioni su Tendou, aveva sempre preferito esprimerlo in maniere molto più vaghe, ma ora si sente proprio di dirlo.
Non voglio che la pallavolo mi definisca.
Non voglio sparire.
Ricordarsi delle sue parole le aveva fatto sputare il rospo e non se ne pente neanche un po'.
Goshiki rimane interdetto per un attimo, elaborando quello che ha appena detto mentre il pubblico ritorna alla "compostezza" precedente, cessando di gridare il nome di Tendou nelle orecchie di entrambi.
Tsubasa evita ancora il suo sguardo, fissando un punto indefinito del campo e sperando che lui non ci pensasse su troppo, ma si sbaglia di grosso.

"Sai, non credo sia per forza così" esordisce Goshiki.

La ragazza si volta, e finalmente trova il coraggio di guardarlo di nuovo, sembra pacato e sicuro di sé, cosa che non le capitava tanto spesso di vedere.

"Davvero?" mormora, pregando veramente di sbagliarsi.

"Sì, lo dico davvero. Insomma, è sempre stato così, quando qualcuno è diverso tutti tendiamo a tenercene lontani, e Tendou-senpai è una persona che spicca. Ma penso che nessuno ne abbia veramente paura o lo detesti, perché fidati che quando poi hanno modo di conoscerlo veramente se lo prendono a cuore e capiscono che è un bravo ragazzo. Quindi credo che quando fanno così, quando esultano per lui, penso proprio che lo intendano veramente"

Tsubasa rimane inebetita per qualche secondo, a elaborare le parole di Goshiki nella sua testa, e a chiedersi chi fosse la persona davanti a lui e che ne avesse fatto del suo migliore amico.
Scuote il capo e arrossisce.

"Sì ma insomma...l'importante è che non giri tutto intorno alla pallavolo, che non lo definisca"

Goshiki, che prima parlava con sicurezza mai avuta, crede di non aver afferrato l'ultima parte e Tsubasa se lo era aspettato.
Aveva usato le stesse parole di Tendou, quello di cui lui aveva più paura e il motivo per cui era convinto si sarebbe trovato da solo.

"Comunque, è bello che ti preoccupi ancora per lui, nonostante non vi parliate più"

Un fischio, più forte che mai alle sue orecchie, le trapassa la mente e la fa svegliare da qualsiasi cosa, ma forse ciò che l'aveva fatta svegliare di più tra tutto erano state quelle parole.
Mentre tutti quanti attorno a lei saltano e si abbracciano per la vittoria appena guadagnata, Tsubasa rimane immobile e sente che lo spazio attorno a lei si fa sempre più rarefatto, come l'aria.
Il suono delle grida si fa ovattato, il volto di Goshiki sfuma, la sedia su cui poggiava era svanita e ora era tutto sfocato.
Nonostante non vi parliate più.
E' la prima volta che realizza veramente quanto lei e Satori si siano allontanati.
E' la prima volta che si rende conto che tutto è finito, che parlando di lui si possono usare solo verbi al passato, che Tendou non fa più parte della sua vita.
Si ricorda della sua voce che le sussurra ti sto rifiutando, si rende veramente conto di come non sia come nelle più belle storie d'amore dove lui ama lei e lei ama lui, Tendou non prova quelle cose per lei. Pensa a come lei era convinta che lui lo sapesse, che il ragazzo fosse consapevole che lei avrebbe dato tutto per lui, e forse per questo l'avesse baciata.
Prende coscienza del fatto che si siano baciati e che non ricapiterà più, che non ci saranno più seconde occasioni.
Solo ora capisce cosa voglia dire veramente stare lontani, non essere più la spalla su cui piangere, non leggere più Jump insieme, non andare più a correre al mattino, non salire più sulla sua bicicletta e stringersi a lui, non ballare più come se fosse l'unica cosa che gli era rimasta.
Dopo un mese lontani, sente di capire solo ora tutto ciò, che tutto quello che prima dava per scontato ora non c'è più.
Anche se non vi parlate più.
Non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbero arrivati a tanto.
Il tempo comincia a scorrere di nuovo, intatto come prima, nulla è cambiato se non per qualcosa dentro di lei.
Sente le lacrime salirle agli occhi, e senza esitazione, senza neanche darle il tempo di ricacciarle indietro, scendere sulle sue guance copiosamente.
Vorrebbe tanto piangere silenziosamente come aveva fatto quel pomeriggio, in quel corridoio, quando Tendou aveva posto fine al tutto e le aveva appoggiato una mano sulla spalla per darle conforto, ma sa che non riesce, e comincia a singhiozzare.
Sono singhiozzi forti, dolorosi, urlati senza fiato e che tutti pensano semplicemente siano per la gioia nel vedere la squadra vincere, ma nessuno sa il vero motivo.
Vuole fermarsi, vuole smetterla, raccogliere le lacrime e far finta che non siano mai cadute, eppure continuano a scendere ancora e ancora, e la sua voce continua a lamentarsi come la notte in cui aveva potuto baciare Satori.
Goshiki la vede digrignare i denti in un tentativo di fermarsi, e poi prorompere in un altro singhiozzo strozzato, e le sue lacrime che scendono inarrestabili.

"No...no no no dai, non fare così" mormora, mettendo le mani sulle sue spalle e accarezzandole in un vano tentativo di rassicurarla "dai, andiamo via, stai tranquilla"

La fa alzare, mentre ancora nessuno si azzarda a fermare le loro esultanze, e le stringe le spalle amichevolmente come aveva sempre fatto quando stava male, accompagnandola fuori dagli spalti.
Tsubasa osa voltarsi, gli occhi offuscati dalle lacrime, ma vede con precisione lui.
Satori, in mezzo al campo nel quale i suoi compagni si abbracciavano felicemente, rimane fermo, gli occhi sgranati, la bocca aperta nell'incredulità e le braccia che gli cadono a peso morto lungo i fianchi.
Si guardano, e lei capisce solo dal suo sguardo il perché lui fosse così in forma quel giorno.
L'aveva vista subito quando era entrata negli spalti, aveva passato tutta la mezz'ora prima dell'inizio a fissare quel punto nella speranza di vederla apparire, e Dio solo sa quanto il suo cuore aveva cominciato a battere quando l'aveva vista entrare e sedersi di fianco a Goshiki.
Si sentì al settimo cielo quando la vide ridere, e si chiese del perché di quella faccia quando la scuola aveva cominciato a esultare per lui.
Ora la vede andare via in lacrime.
Sa che è colpa sua.

---

Tendou si abbandona sul suo letto, sospirando profondamente e cercando di riordinare i pensieri nella sua testa.
Ripensa ancora a quando l'ha vista andare via in lacrime scortata da Goshiki, ripensa a lei che piange in quel corridoio vuoto e che se ne va via senza dire niente.
L' ha fatta piangere due volte e non riesce a perdonarselo.
I suoi pensieri vengono distratti dalla porta che si apre e da Wakatoshi che entra, la sua figura possente che domina la stanza e lui che si va a sdraiare sul letto sopra al suo per riposare un po' dopo gli allenamenti.
Nota immediatamente che l'amico non aveva fatto una piega quando era entrato, che non lo aveva accolto con uno dei suoi soliti e improbabili sproloqui su qualsiasi cosa, e capisce che qualcosa non va.

"Stai bene, Tendou?" gli chiede.

Di tutta risposta, il rosso sospira e si rigira nel letto sotto al suo.

"Non direi, Wakatoshi-kun" mormora.

"E' ancora per Yamashita-san?"

"Sì, chi vuoi che sia..."

"Non hai provato a chiederle perché stesse piangendo alla partita, o come minimo chiederlo a Goshiki?"

Tendou scuote la testa, consapevole dell'inutilità della cosa.

"Non credo proprio che voglia vedermi, e Goshiki non mi direbbe niente su di lei neanche sotto tortura"

"Capisco...posso farti una domanda?"

A Satori pare strano tutto quell'interesse da parte del suo migliore amico, del resto non si era mai interessato troppo a quello che succedeva nelle vite altrui e non perché non gliene importasse, semplicemente perché si sentiva di impiccio o invadente.
Però è piacevole per Satori sentire Ushijima cercare di capirlo meglio.

"Sì, dimmi tutto Wakatoshi-kun"

"Ma se lei ti piace e tu piaci a lei, la soluzione mi sembra abbastanza semplice"

Tendou sorride, più ironicamente che altro, perché è una domanda che si era posto un miliardo di volte, ma è anche l'innocenza con cui l'amico glielo domanda che lo fa sorridere.

"Vorrei che lo fosse"

"Ma lo è"

"Vedi è che...non credo di andare bene per lei"

L'asso si zittisce, cercando di elaborare quello che l'amico gli ha appena detto, e decide di scendere e di sedersi accanto a lui sul letto di sotto per guardarlo meglio in faccia.
Satori si mette a sedere e pensa ancora.

"Che intendi, scusami?"

"Intendo dire che insomma...non mi sento abbastanza per lei. Mi piace tanto Yamashita, fidati di me, è solo che l'anno prossimo tornerò ad essere un nessuno e non voglio che venga guardata male, voglio che stia bene e non credo di essere quello giusto per lei. Ci sarà un motivo se la gente mi guarda storto, no?" si porta in avanti con la schiena, poggiando i gomiti sulle ginocchia "Dopo che lei ha ricambiato quel bacio, ho avuto paura che sarebbe successo un casino se avesse scelto me e quindi ho finito per combinarne uno ancora più grande. Le ho mentito, quando le ho detto che l'ho baciata solo perché eravamo entrambi fragili, l'ho baciata perché mi piace veramente e l'ho lasciata andare perché non volevo darle problemi"

Dopo aver buttato fuori tutta la causa scatenante del suo allontanamento con Tsubasa, crede di sentirsi meglio ma la malinconia lo assale nuovamente, e si ritrova ancora a chiedersi se stesse facendo la cosa giusta o no, soprattutto dopo averla vista piangere in quel modo.
Si è domandato per tutti i giorni successivi il perchè avesse fatto ciò che aveva fatto, e si era sentito una merda totale, per non parlare di tutte le elucubrazioni mentali che erano state scatenate dopo, e gli era venuta più volte la voglia di prendersi a pugni da solo.
Poi si chiedeva se effettivamente l'avesse fatto perchè era la cosa giusta, e se ne convinceva, per poi smentirsi subito dopo.
Non era stata una scelta premeditata, questo era certo, era stata una decisione dell'ultimo secondo presa dopo che lei aveva richiamato la sua attenzione.
Neanche il suo allontanamento era stato premeditato, qualcosa nel suo cervello da perfetto idiota lo aveva mosso a farlo perchè forse il rancore in lui non era ancora sparito del tutto.

"Ti sbagli di grosso"

Tendou sussulta impercettibilmente, volgendo lo sguardo verso quello stoico di Ushijima.

"Ti svaluti incredibilmente e credo solo che tu abbia paura ad amarla"

Satori rimane di stucco alle affermazioni dell'amico, che non aveva mai immaginato potesse uscirsene con una cosa del genere.
Insomma, l'impassibile Wakatoshi Ushijima che si ritrova improvvisamente a dare consigli sull'amore? E anche consigli che sembrano sensati?

"Non credo sia vero che tu non vai bene per lei, perché se tu le piaci vuol dire che è già sicura che tu sia abbastanza. E smettila con questa storia dello sparire, perché non accadrà. Perciò cerca di non avere paura di stare con lei e dille veramente ciò che provi"

Le parole pronunciate dall'asso sono poche, semplici, ma comunque parole che Tendou non si era ancora sentito dire al riguardo della situazione.
Ho paura di amarla?
Forse è così, forse è vero che lui ha solo paura perché crede di non essere abbastanza e non vuole amarla, quando ora è proprio per questo che lei continua a piangere.
Forse dovrebbe solo accettare che ormai è così, si piacciono e non importa chi siano o che cosa saranno.
Se prima si sentiva stupido, ora è anche peggio, ma si sente meglio.

"Scusami, ma tu da quando è che conosci così tante cose sull'amore?" gli domanda Tendou, sorridendo sarcasticamente.

"Non conosco l'amore, ma conosco te"

Quello per Tendou è già abbastanza, e allora il suo sorriso sarcastico si trasforma in uno vero e sincero, di gratitudine verso il suo migliore amico che finalmente è riuscito a fargli aprire gli occhi anche con quelle poche e semplici parole.

"Grazie, Wakatoshi-kun" dice.

"Prego, Satori-san...comunque Semi-san mi ha detto che Goshiki-san gli ha detto che Yamashita vuole chiederti di venire alla finale delle qualificazioni ai nazionali"

Tendou sbianca immediatamente mentre il suo cuore comincia a palpitare.
Vuole vedermi?

"Ha...ha davvero detto così?"

"Sì, forse vuole darti un'ultima possibilità per vedere se ci tieni a lei"

"Forse è così...ho deciso, Wakatoshi, ci andrò e chiariremo le cose una volta per tutte, per capire se sarà disposta a perdonarmi o meno"

L'altro annuisce, un lieve sorriso sul suo volto si forma nella felicità del vedere il suo migliore amico con la sua solita determinazione.

"E dimmi, quando sarebbe la partita?" gli domanda, sdraiandosi di nuovo sul letto.

"Oh...oggi, credo che siano già al secondo tempo"

Satori scatta in aria, non sbattendo per poco la testa contro il letto sopra di lui, e facendo prendere un bello spavento a Wakatoshi, ostentato solo con un leggero sussulto.

"Wakatoshi-kun, mi prendi per il culo!" esclama il centrale, alzandosi di scatto a cercare le chiavi della bicicletta e a indossare le scarpe, inciampando nel mentre.

"Scusa, mi era sfuggito di mente"

"Non so se oggi ho più voglia di baciarti o di ucciderti!"

"Tendou-san, lo sai che la pallavolo viene prima-"

"STAVO SCHERZANDO CIAO!" e detto questo, Tendou chiude la porta dietro di lui e comincia a correre fuori dal dormitorio.

Prende immediatamente la bici e, appena montatovi sopra, parte a razzo, non curandosi della gente che stava quasi investendo e che gli imprecava contro.
Doveva raggiungere Tsubasa il più in fretta possibile, scusarsi per tutte le cazzate fatte e dette e sperare che lei lo rivolesse indietro.
Non era molto sicuro dell'ultima, ma ci voleva comunque provare, almeno avrebbe saputo che era sinceramente pentito.
Anche solo la sua presenza sarebbe bastata, per farle capire che lui questa seconda opportunità l'aveva colta perché teneva a lei più di ogni altra cosa.
Pedala a per di fiato verso il palazzetto di Sendai, cercando al contempo di non cadere o investire nessuno.

Gli viene da piangere.

Non sa il perché, ma gli viene da piangere.
Stare così lontano da lei non gli aveva fatto bene anzi, lo aveva distrutto e cercare di ricongiungersi con Tsubasa lo fa sentire in mille modi diversi.
Si sente felice nel tornare da lei, arrabbiato con sé stesso, coraggioso per la sua intraprendenza e triste per essere stato così lontano.
Ora basta però, non importa se lei lo accetterà o meno, se lo riaccoglierà, basta che lei sappia che gli dispiace.
Mentre pedala a perdifiato, si asciuga qualche lacrima e sorride

---

Tsubasa osserva per un attimo la palla tra le sue mani.
Da quanto è che il tempo aveva smesso di scorrere? Da quanto era rimasto bloccato a quei 7 secondi dalla fine della partita?
Si chiede perché avesse giocato così male quel giorno, tanto da aver permesso agli avversari di passare in vantaggio di un punto. Si chiede perché continua a guardare quel posto vuoto di fianco a Goshiki e a sperare.
Dopo che Tsutomu l'aveva accompagnata fuori dalla partita di pallavolo, aveva passato tutto il suo tempo a consolarla e a parlare di come stava veramente, e aveva preso una decisione, ovvero di dare una seconda possibilità a Tendou.
Se lui si sarebbe presentato alla finale delle qualifiche, allora forse si poteva ricostruire tutto, altrimenti era il caso di lasciare andare. In un primo momento le parve una cosa infantile, dare un ultimatum a un'amicizia, ma ora che è sul campo e lui non c'è sente che in fin dei conti non lo è poi così tanto e ogni secondo spera che lui sia lì.
Ma non c'è, e lei crede di non sentire più le sue ali.
Sa che la gente guarda, che la scuola aspetta solo che lei cominci a correre e salti in mezzo a tutte le avversarie, protendendo un braccio in avanti e schiacciando con tutta la forza in suo possesso, ma sente che i piedi sono incollati alla terra e che le sue ali le sono state strappate via.
Le vengono in mente le parole di sua madre, e poi quelle di Tendou e ancora una volta la mano sulla sua spalla che la tocca e l'accarezza, dopo quel va bene di sconfitta.
I suoi occhi lanciano un ultimo, disperato sguardo verso quella sedia vuota, e ancora una volta lui non c'è.
Vuole lasciare la palla, farla cadere e chiudere tutto ancora prima di quei dieci secondi.
Forse è meglio così.

"TSUBASA!"

Tendou Satori, il fiato corto e le gambe stanche, si regge alla ringhiera degli spalti e la guarda dritta negli occhi.
Tsubasa nota tutto di lui, la forza con cui ha gridato il suo vero nome, la stanchezza nel suo corpo ma la voglia di vederla nel suo sguardo, nonostante lo abbia guardato solo per un fugace secondo.
Lo aspetta, lo guarda e aspetta che parli ancora.

"Tsubasa significa ali, non è vero?! E allora vola più in alto che puoi!" grida Satori, aggrappandosi con tutte le sue forze alla ringhiera e strizzando gli occhi.

E quando vede qualche lacrima che si azzarda a comparire sul suo volto, capisce che non è più il momento per smettere di volare.
E' lì per lei, è lì per dirle questo e allora ciò vuol dire che è giusto.
E allora ricomincia a sentire il tempo che scorre, la sensazione della palla ruvida contro la pelle delle sue mani, vede le avversarie correre verso di lei e il timer che arriva a 3 secondi alla fine.
Ma al contempo, sente i suoi piedi che si scollano dal parquet di legno, le scarpe che strisciano contro di esso producendo quel suono acuto a lei tanto familiare, e non le importa se altre tre ragazze le stanno venendo contro, continua a correre.
Palleggia un poco, padroneggiando la palla senza perderla d'occhio, e si avvicina al canestro.
Dispiega le ali.
I piedi si staccano dal terreno, e poco importa se sente qualche braccio tentare disperatamente di afferrarle le gambe, Tsubasa vola e sente di non averlo mai fatto così in alto.
Prende la palla con entrambe le mani, piega all'indietro le braccia e la porta dietro la sua nuca, il corpo inarcato all'indietro, un sorriso sparito da tempo sul suo volto.

"E' SLAM DUNK! UN TOMAHAWK DA PAURA! L'AQUILA SEGNA E PER LA SHIRATORIZAWA E' VITTORIA"

Tsubasa non sente neanche la voce assordante del cronista della partita, rimane ancora appesa al canestro, guardando le gambe piegate in avanti nell'incredulità, mentre sente la pressione delle dita che non vogliono sentirne di mollare la presa.
Poi, guarda alla sua destra, e incontra il suo sguardo di nuovo, il sorriso smagliante sul suo volto mentre tiene le mani tra i capelli in visibilio e Goshiki lo abbraccia.
Si sorridono.
Quel sorriso scambiato fu l'unica cosa che la spinse a staccarsi dal canestro per atterrare nuovamente, e mentre le sue compagne sono piegate in avanti a esultare, continua a guardare Tendou che si stava facendo strada tra i sedili per raggiungerla.
Allora Tsubasa sa che deve seguirlo, venirgli incontro, tornare da lui perché nella voce che le aveva gridato quelle parole non c'era più la freddezza di quella che l'aveva rifiutata in quel corridoio.
Le sembra lo stesso Tendou che l'ha baciata quella notte davanti alle luci notturne.
E quindi corre verso di lui, che intanto ha raggiunto le prime file tra lo sconcerto dei presenti, e senza badare a niente e a nessuno tenta di ricongiungersi a lei.
Finalmente, si abbracciano stretti.
Tsubasa riesce a sentire di nuovo il calore del suo corpo, quel calore così conciliante che aveva sempre amato, sente il profumo del campo da pallavolo.
Tendou la stringe e la bacia forte tra i capelli, stringendo gli occhi quasi fino a che non gli fanno male, e la dondola dolcemente avanti e indietro.

"Mi dispiace" dice, con le labbra ancora tra i suoi capelli, per poi lasciarle un altro bacio sullo stesso punto.

Tsubasa sorride sinceramente, e sente le lacrime cadere dalle sue guance, stavolta piene di gratitudine.

"E' tutto okay"


Note autrice:
Ciao a tutti!
Finalmente questi due si sono decisi, sono contenta di averli fatti riappacificare.
Purtroppo il prossimo capitolo, che sarà un po' un epilogo (di conseguenza non tanto lungo), sarà l'ultimo.
Vi aspetto!

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Capitolo 7
*** Miracle Boy ***


Miracle Boy.


You're home where I wanted to go
ClocksColdplay

Il tramonto è il loro momento.
E' sempre stato il loro momento.
Il tramonto era sempre presente, era presente quando si erano resi conto di amarsi, quando si erano lasciati andare e quando si erano ritrovati.
Il tramonto andava da un campo di grano, a un corridoio vuoto, fino al tetto della scuola.
Si rendono conto solo in quel momento di quanto il tramonto sia di reale importanza per loro.
Tendou si guarda le gambe penzolare nel vuoto, facendole oscillare avanti e indietro e guardandole con una certa curiosità.
Poi, guarda Tsubasa, in piedi di fianco a lui abbastanza precariamente, ma sa che non si lascerebbe mai cadere per distrazione e che in caso contrario, lui l'afferrerebbe. 
Si sente comunque in dovere di ammonirla.

"Tsubasa-chan, se non ti siedi mi farai venire un colpo"

Quel giorno è sorridente, molto più del solito, e sembra che per questo non lo ascolti, ma se il prezzo per non farsi ascoltare è vederla sorridere gli va più che bene.
Restano in silenzio, lasciando che la brezza serale gli sfiori il volto e glielo accarezzi dolcemente.
E' un dei loro silenzi preferiti, uno di quei silenzi in cui si capiscono e quindi non hanno bisogno di parlarsi perché fa già tutto da sé.
Si erano dati appuntamento lì per trovare un luogo tranquillo in cui parlarsi, dopo gli avvenimenti della partita di Tsubasa di qualche tempo prima, ed era stato lei a proporlo, aggiungendo che fosse un po' cliché ma che in effetti non le importava molto.
Stanno lì da un po', azzardando qualche frase di circostanza ogni tanto, non sapendo esattamente da dove cominciare.

"Tsubasa-chan, quel giorno non mi sono mai congratulato con te per la WNBA" dice Satori, rompendo il silenzio che li dominava da un po'.

Tsubasa non sembra sorpresa, continua a sorridere e si domanda se non sembri stupida, poi si risponde di sì e alza mentalmente le spalle.
Lo guarda e lui fa lo stesso, e allarga premurosamente quel sorriso.

"Grazie, Satori-kun, ma credo che ci sono molte cose che non ci siamo detti, negli ultimi tempi"

Satori sorride ironicamente, perché sa che ha ragione, e getta la testa all'indietro lasciando che la luce arancione gli inondi il volto e gli illumini le ciocche rosse.

"Sai, dopo che mi hai gridato quelle parole alla partita, dopo che hai detto che Tsubasa significa ali e che devo usarle per volare, mi hai dato molto coraggio.

E' una cosa che sapevo già, ma detta da te, in quel momento, aveva tutto un altro significato"
Tsubasa Yamashita, un nome nuovo alla Shiratorizawa.
Nessuno seppe mai il perché così, all'improvviso e dopo tre anni, la capitana della squadra di pallacanestro avesse deciso di rivelarsi, e presto la voce si era sparsa.
C'era chi l'aveva scoperto già prima, sentendo Tendou Satori gridarlo a squarciagola negli ultimi secondi della partita decisiva delle qualifiche ai nazionali, e il giorno dopo si era ritrovato a sentire quel nome sulla bocca di tutti.
Il giorno dopo, la ragazza si era presentata davanti a tutta la classe, con qualcosa di nuovo nel suo sguardo.
"Vi prego, da oggi chiamatemi pure Tsubasa" aveva detto, suscitando lo stupore di tutti, per poi girarsi e scrivere il suo nome alla lavagna.
Nessuno l'aveva mai vista così, con quella serenità nel volto che aveva sempre ostentato tutta quella indifferenza.
Ora non era solo più Yamashita, un'incognita vivente, leggenda metropolitana della scuola, era diversa e diventata qualcosa di più.

"Ho parlato con mia madre, quel giorno, e le ho detto quello che penso.
Le ho detto che è il mio di nome a voler dire ali, e non il suo, e che ora mi sento pronta a volare veramente ma per me stessa.
Finalmente ha sentito di capirmi.
Non smetterò con la pallacanestro, è una parte troppo importante della mia vita e sento che è ciò che voglio fare veramente. Se il giorno in cui ho pianto davanti a te per la prima volta dicendo che non volevo più volare hai creduto che volessi smettere di farlo, beh non è così, ora sento di volerlo fare più di prima.
Tra due anni entrerò nella WNBA, per giocare negli Stati Uniti, e sento che è ciò che voglio fare e credo sia grazie a te"

Tendou ricambia il suo sorriso.
Aveva capito da tempo che ciò che aveva fatto non aveva comportato la sua felicità, anzi tutto il contrario, ma ora ne ha la vera conferma.

"Mi dispiace, per quello che-"

"Satori-kun! Dai basta, ti sei già scusato abbastanza" lo rimbecca scherzosamente Tsubasa, sedendosi accanto a lui con una fretta che gli fa prendere un colpo.

Tsubasa guarda anche lei i piedi che penzolano dal cornicione e per un attimo pensa a che cosa succederebbe se cadesse, e si rincuora pensando che non è molto alto e che si fratturerebbe al massimo una gamba.
Le viene da ridere, a pensare a queste cose in un momento del genere, quando Tendou siede accanto a lei e guarda un punto indefinito davanti a sé.

"A che pensi, Satori-kun?" gli domanda, curiosa.

Tendou si volta verso di lei, e sorride vagamente malinconico.

"Penso a quanto sono stato stupido, a dirti quelle cazzate" sospira.

"Ma guarda che se non ti piaccio non te ne devi fare mica una co-"

"Ti sbagli"

Questa volta è stato lui a interromperla, con una fretta che quasi quasi la sorprende.
Quel giorno Satori pensa tanto, Tsubasa lo capisce dal suo sguardo e dal modo in cui si pone.
E quando pensa tanto, si lascia sempre prendere la mano e sbaglia tutte quelle intuizioni e prefigurazioni mentali che si era fatto nella testa.
Sta pensando sì, ma a come dire le parole che gli stanno per uscire di bocca.

"Io quel giorno, Tsubasa, non ti ho baciata perché eravamo fragili"

Cos'ha il suo sguardo?
Perché la guarda con una tale intensità?
Perché Tsubasa sa che cosa sta per dire eppure le fa paura e allo stesso tempo si sente felice?
Non può fare altro che ricambiare il suo sguardo.

"Ti ho baciata perché sono innamorato di te"

E' quello che lei aveva sempre aspettato e sperato di sentirsi dire, eppure ora che sente veramente quelle parole non riesce a dire niente.
Sarà perché lui ha ancora qualcosa da aggiungere.

"Posso anche dirti esattamente il momento in cui è successo, ed è stato quando abbiamo ballato per la prima volta insieme nella mia stanza, ti ho vista ballare e avevo capito di essere innamorato perso.
E' strano e anche un po' brutto forse avere un momento in cui capisci esattamente di essere innamorato, ma per me non è così.
Io ti ho baciata perché mi piaci così tanto e quando ti ho vista piangere ti ho sentita così vicina che non ho resistito, e me ne sono poi andato perché non mi sentivo abbastanza.
Ma ho mentito, tu mi piaci tantissimo, Tsubasa, e ti seguirei ovunque, anche se dovessi andare negli Stati Uniti verrei con te perché sei dove vorrei sempre stare."

Mentre parlava, non si era accorto che la ragazza aveva allungato una mano a sfiorargli la guancia.
Si guardano attentamente in volto, e lei nota ogni cosa.
Gli sfiora uno zigomo, e poi scende e lo guarda nei suoi occhi rossici e li trova bellissimi, guarda come sia delicato il suo naso e si sofferma a guardare anche l'attaccatura dei capelli, sfiorandone alcuni con le dita.
Poi, nota le sue labbra che aveva dimenticato da tempo, e si vergogna un po' nel farsi vedere mentre le guarda.
Si accorge, troppo tardi, che il suo viso è pericolosamente vicino a quello di Satori e che la strada per farli toccare è davvero breve.

"Io...mi sono innamorata di te lo stesso giorno" sussurra, nell'incredulità totale.

"Tsubasa...posso baciarti?"

Neanche si accorge di aver annuito, che Tendou la bacia.
Le sue labbra, che prima sembravano così lontane, ora non lo sono più e può sentirle ancora.
Sono come se le ricordava, tiepide, sottili, dolci, ma meno disperate della volta precedente.
La bacia una volta, poi una seconda e ci si sofferma più a lungo, e poi una terza.
Entrambi sorridono nei loro baci, a momenti diversi ma finalmente possono farlo.
Quando si separano, Tsubasa appoggia la testa sul suo petto e lui la stringe a sé con il braccio destro, entrambi rossi in volto e con un imbarazzo che la prima volta non avevano avuto, ma è meglio così.

"Credo che quella notte non ci siamo detti quello che dovevamo realmente dirci" esordisce lei.

"Lo credo anch'io. Non avremmo dovuto piangerci addosso, avrei dovuto dirti quello che ti ho detto alla partita, che Tsubasa significa ali e che sono le tue di ali, per volare dove vuoi tu"

"E io avrei dovuto dirti tutt'altro.
Non avrei dovuto piangere, avrei dovuto dire che non c'è possibilità che tu l'anno prossimo scompaia perché non sei il Guess Monster, e che se anche tu un giorno ti saresti sentito sparire ci avrei pensato io a portarti indietro"

Ridacchiano entrambi, pensando a quanto fossero stati stupidi e di quanto abbiano bisogno di stare insieme.
Allunga la mano del braccio che la circonda per prendere quella di Tsubasa, accarezzandola e riscaldandola, massaggiandole il palmo con il pollice, per poi sorprenderla con un bacio tra i capelli neri e un altro sulle labbra, poi sulla guancia, sulla punta del naso e infine sulle labbra, per poi sfiorare anche la sua fronte sentendola ridere.
Quando lei torna a guardare davanti a sé, non si decide di smettere di guardarla.

"Il talento non è qualcosa che fiorisce subito, bisogna aspettare. L' anno prossimo troverai il tuo talento, che sia ancora la pallavolo o meno, e ti farai riconoscere per quello.
Lo decidi te, quale sarà questo talento e lo farai fiorire con il tempo, non saranno gli altri.
Quindi sii chi vuoi essere, sii fiero di te"

"Lo stesso vale per te, Tsubasa-chan"

"E comunque..." si volta e si sorridono "a Guess Monster preferisco Miracle Boy"

---

"Satori-kun, ora come lo diciamo alla squadra?"
"Non ne ho la minima idea, ma non vedo l'ora di vedere la faccia di quei rincoglioniti di Semisemi e Leon!"
"Io ero più preoccupata per Wakatoshi"
"Fidati, sarà il modo migliore per fargli capire che è l'ora di trovarsi una ragazza!"
"Rinuncia, quello è sposato con la pallavolo"
"Dai, non essere così critica, te non sei sposata con la pallacanestro, Miss. WNBA?"
"Ti butto giù"
"Provaci stronza"
"Come hai detto?!"
"Niente"
"Satori-kun"
"Sì?"
"Puoi darmene un altro, di bacio?"
"E va bene"


 

Note autrice:
E così questa storiella si conclude.
Mi ha fatto veramente un sacco piacere scriverla e ammetto di andarne piuttosto fiera, anche se non è niente di che.
Tendou è un personaggio che adoro e trovo che abbia molto da dare nella scrittura, ma sono certa che non sarà l'unico su cui scriverò!
Grazie a tutti coloro che hanno letto e apprezzato questa storia, spero di avervi lasciato qualcosa :)
Alla prossima!
Hikarigaoka

 

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