Candy's Revenge

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ormai pensava di non avere più lacrime ***
Capitolo 2: *** la sua cortesia mi onora ***
Capitolo 3: *** strinse forte a sè la croce della felicità ***
Capitolo 4: *** Possibile che avesse ancora ricordi lieti? ***
Capitolo 5: *** uscì da quella casa per non rientrarvi mai più ***
Capitolo 6: *** mi benedica sorella ***
Capitolo 7: *** decise di deporre l'ultima maschera ***



Capitolo 1
*** Ormai pensava di non avere più lacrime ***


Disclaimer: questa storia è una fan fiction che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.



La lussuosa automobile si fermò davanti all’ingresso della villa dei Legan, e ne scese una elegantissima e giovane donna che suscitò uno sguardo di muta ammirazione in quanti la videro.
Neal Legan, in piedi sotto il portico che immetteva all’ingresso della casa fischiettò di meraviglia, e sua sorella gli appioppò una gomitata.
-Controllati imbecille!- gli disse sottovoce -Se vuoi infinocchiarti questa ricca pollastra non ho niente in contrario, ma c’è modo e modo.-
Sara Legan fece un grugnito come a richiamare il figlio, e poi sfoderò un sorriso tanto radioso quanto ipocrita.
-Benvenuta nella nostra casa signorina Engalls. Molto lieta di fare la sua conoscenza.-
-La ringrazio signora Legan.- rispose la giovane donna bionda porgendo la mano alla padrona di casa. -Sono molto lieta anch’io di fare la sua conoscenza.-
-Le presento i miei figli, Neal e Iriza.-
-Onoratissima signorina.- le disse Iriza accennando addirittura un inchino che la bionda ospite ricambiò
-L’onore è mio signorina Iriza.-
-Lasci che le presenti mio fratello Neal.-
-O-o-onoratissimo…-
Neal era rimasto semplicemente in bambola davanti alla sventola bionda che aveva davanti.
Quei capelli biondi sciolti sulle spalle e quegli occhiali dalla montatura così elegante, le conferivano un aspetto che lasciò il giovane Legan senza fiato.
-Signor Legan…- disse lei porgendo la mano come se si aspettasse un baciamano.
Un po’ in ritardo Neal capì e si inchinò a baciare la mano dell’illustre ospite.
Che mano ruvida, pensò il giovane Legan, non sembrava la mano di una signorina dell’alta società.
-Prego signorina Engalls, vogliamo accomodarci in casa?-
-Grazie signora Legan.-

Poco dopo i tre Legan e la loro illustre ospite, sedevano in un saloncino interno della villa dove una giovanissima cameriera servì loro il tè.
-Emily! È pronta la stanza degli ospiti?-
Il tono della signora Legan appariva inutilmente sgradevole.
-Sì signora, ho appena finito di sistemarla insieme a Nellie. Manca solo di portare su i bagagli della signorina.-
-Cosa aspetti allora? Valli subito a prendere e portali nella stanza degli ospiti!-
-Non si preoccupi signora Legan.- intervenne la signorina Engalls, -Ci penserò io subito dopo aver preso il tè. Sono abituata a fare da sola io. Sapete, non sempre nei miei viaggi trovo servitori e camerieri.-
-Capisco perfettamente signorina Engalls. Allora lascia stare Emily.-
Mentre prendevano il tè, la conversazione cadde sul motivo della visita della signorina Engalls a casa Legan.
-Mi levi una curiosità signorina.- chiese Iriza -Perché vuole vendere le sue fattorie in Messico, e perché ha pensato proprio a noi Legan! Noi fino a qualche tempo fa non sapevamo niente di lei.-
La giovane ospite sembrò soppesare la sua risposta per qualche secondo. Poi prima di rispondere accavallò le ginocchia con una mossa che sembrava studiata ad arte, scoprendo così ulteriormente le sue lunghe gambe e provocando un imbarazzo che i padroni di casa riuscirono a malapena a nascondere, soprattutto Neal.
-Vede signorina, gestire un piccolo impero economico è un impegno notevole per una ragazza sola come me.
Quando i miei poveri genitori sono morti qualche mese fa, mi hanno sì lasciato la loro immensa fortuna, ma anche un notevole carico di problemi. 
Il Messico poi è un paese molto particolare rispetto agli Stati Uniti, molto più selvaggio se vogliamo dirla tutta, ed essendo la mia famiglia originaria degli States, ho deciso di vendere tutto e tornare qui.
La vostra famiglia è molto nota in Messico per gli investimenti che vi ha fatto. Le vostre fattorie sono conosciute anche a Mexico City, dove abitavo io, e sicuramente voi siete molto più organizzati di quanto possa esserlo io per mandare avanti anche le mie fattorie.
Mi ci vede signor Legan a girare il Messico per curare i miei interessi? Molto meglio sbarazzarsene e vivere di rendita non trova?-
Neal fu colto di sorpresa e non riusciva a spiccicare parola. Si ritrovò a sudare freddo davanti a quella affascinante ereditiera.

Poco dopo la bionda ospite dei Legan si ritirò nella sua stanza con la scusa di controllare i documenti che doveva consegnare al signor Legan quando fosse tornato a casa tre giorni dopo.
La piccola Emily la accompagnò alla stanza degli ospiti.
-Ecco signorina, questa è la sua stanza. Da quella parte…-
-C’è il bagno, lo so.-
-Come fa a saperlo signorina?- chiese la bambina sinceramente sorpresa.
-Cioè… suppongo che quello sia il bagno… sai piccola, io viaggio molto e così…- 
-Capisco signorina.- disse poi mentre si accingeva ad andarsene.
-Aspetto un momento Emily!-
-Cosa… cosa posso fare ancora per lei?-
-È da molto che lavori in questa casa?-
-Da tre anni signorina.-
-Lavori per aiutare i tuoi genitori?-
-No signorina, io sono un’orfana. Fino a tre anni fa vivevo in un orfanotrofio di Chicago, e poi i signori Legan mi hanno offerto di lavorare per loro.-
Amanda Engalls rimase interdetta per un po’, sembrava quasi non riuscire a spiccicare parola.
-Come… come ti trattano qui?-
-Beh non posso lamentarmi. La signora Legan è severa ma tutto sommato è una buona padrona. Non mi pagano granché ma almeno ho un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare tutti i giorni.-
-E i figli?-
-La signorina Iriza mi ignora completamente. In tre anni mi avrà rivolto la parola tre o quattro volte. Il signor Neal è un po’ più gentile, a volte mi regala anche una moneta.-
-E il padre? Il signor Raymond?-
-Oh, quello non c’è mai in casa, e quando c’è si rinchiude nel suo studio.-
La giovane donna prese una moneta dalla sua borsetta e la diede alla piccola Emily.
-Grazie signorina!- trillò lei prima di rivolgere un inchino all’importante ospite e uscire dalla stanza.

Uscita la piccola cameriera, la giovane donna si avvicinò alla finestra. Davanti a lei si stendeva il viale d’ingresso alla proprietà dei Legan, in fondo era ben visibile il grande cancello, e un po’ spostate sulla destra c’erano le stalle.

-Dove stanno portando il mio letto?-
-Tu non dormirai più in questa casa.-
-E… dove dormirò?-
-Nelle stalle Candy!-

Candy appoggiò le mani sul vetro della finestra, e nonostante i suoi sforzi, non riuscì a impedirsi di piangere. 
Ormai pensava di non avere più lacrime, ma evidentemente si sbagliava.

 

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Capitolo 2
*** la sua cortesia mi onora ***


Candy era in piedi davanti al fiume. I pugni stretti fino a farseli dolere, le lacrime che sgorgavano copiose dagli occhi, l’ennesima umiliazione appena subita dai perfidi Legan le bruciava dentro.

-Non voglio più stare in questa casa! Voglio tornare alla casa di Pony!-

La barca ormeggiata sul pontile davanti a lei attirò la sua attenzione.

-Con questa potrei discendere il fiume e…-

Già, e che cosa? Non poteva sapere dove portasse quel fiume, e poi… non c’erano remi in quella barca, come avrebbe potuto controllarla?-

Quando si fu calmata si rigirò su se stessa e tornò verso la stalla dei Legan.

 

Candy alias Amanda, uscì dalla stanza degli ospiti e si diresse verso la scala che portava al piano inferiore.

-Buongiorno signorina!- la salutò la piccola Emily 

-Buongiorno Emily!- con quella bambina Candy riusciva a dismettere la sua maschera e a tornare quella di un tempo.

-I signori la attendono nella sala pranzo per la colazione.-

-Grazie piccola, stavo giusto andando da loro. Non disturbarti a sistemare la mia stanza, ho già provveduto io.-

-Ma signorina, quello è il mio lavoro. Se la signora Legan lo sapesse…-

-E tu non dirglielo!- le rispose Candy strizzando l’occhio alla piccola cameriera.

Fossero tutti così gli ospiti dei Legan, pensò la piccola Emily, che tuttavia entrò lo stesso nella stanza degli ospiti.

-Caspita, qui è ancora più pulito e ordinato di come ho lasciato io ieri.-

-Emily!- la sgradevole voce della padrona di casa la fece sobbalzare.

-Sì signora Legan.-

-Cosa aspetti a sistemare la stanza degli ospiti?-

-Ehm… l’ho appena fatto signora.-

Sara Legan si affacciò nella stanza e constatò che era tutto in ordine.

-Bene piccola, mi compiaccio. Adesso raggiungi le tue colleghe.-

-Vado signora!-

 

-Candy adesso basta! Tu non resterai un minuto di più in questa casa! Fra pochi giorni un nostro uomo verrà dal Messico e tu partirai con lui!-

La voce della signora Legan non era mai stata gradevole quando si rivolgeva a lei, ma quella volta le suonò particolarmente aspra.

Quei due maledetti rampolli avevano avuto partita vinta: Candy era stata ingiustamente accusata di furto e doveva lasciare per sempre Lakewood!

-Non andrò in Messico.- aveva detto a Dorothy -Andrò da qualche altra parte.-

-No Candy, non puoi farlo!- le aveva risposto la sua amica -Se scappi via cominceranno a circolare brutte voci sui bambini della casa di Pony e nessuno vorrà più adottarne uno.-

Così Candy si era sacrificata ed era partita per il Messico insieme al rude signor Garcia.

 

Candy stava in piedi davanti alle stalle dei Legan, a poca distanza dal cancello d’ingresso. La sua espressione impassibile mal celava la rabbia che le covava dentro.

-Qualcosa non va signorina Engalls?-

La voce di Iriza Legan la distolse dai suoi dolorosi ricordi, e si voltò. Di fianco a lei c’erano i due fratelli serpenti, i due perfidi Legan che tanti problemi le avevano causato.

-Oh no signorina, stavo semplicemente guardando le vostre stalle, sa io sono un’appassionata di cavalli.-

-Neal, perché non accompagni la nostra gradita ospite a fare una cavalcata nei dintorni?-

Neal fu spiazzato dall’iniziativa di sua sorella.

-Oh certo! Ne sarei onorata signor Legan!- cinguettò Candy rivolta a quel ragazzo per cui non nutriva certo i migliori sentimenti.

-Ehm… sì certamente signorina… venga, la accompagno dalle nostre cameriere che le forniranno i vestiti più adatti per cavalcare…-

-La signorina Engalls avrà più o meno la mia stessa taglia, falle dare quelli che di solito utilizzo io.-

-La ringrazio signorina Iriza, la sua cortesia mi onora.-

-Prego signorina mi segua…-

-La prego Neal, mi chiami pure C… Amanda!-

-C-c-certamente Amanda, adesso sono io a sentirmi onorato.-

  

Poco dopo Neal e Candy erano giunti in vista del cancello delle rose di casa Andrew.

-Molto bello questo cancello Neal!-

Neal sembrava triste.

-Qualche problema Neal?-

-Scusami Amanda. Questo posto mi mette sempre malinconia.-

-Posso chiederti perché? O sono troppo indiscreta?-

Neal sembrò esitare.

-Questa è la villa degli Andrew, una famiglia imparentata con la nostra. Qui abitavano insieme alla zia Elroy, i nostri tre cugini, Anthony Brown e i fratelli Cornwell, Archibald e Alistear.

Avevano più o meno la mia stessa età.

Due di loro sono morti.-

-Mi… mi dispiace…- e le dispiaceva davvero a Candy. Aveva già saputo prima di recarsi a Lakewood del triste destino dei suoi amici, ma sentirselo raccontare le rinnovò il dolore. 

Ovviamente cercò di non tradirsi.

-Anthony morì a soli 15 anni cadendo da cavallo, e Alistear è morto durante la Grande Guerra. Si era arruolato come volontario nell’esercito francese…-

-Povero Stear…-

-Cosa hai detto?-

-Ehm… io?-

-Hai detto Stear, come fai a sapere che lo chiamavamo così?-

-Ehm… io… ho conosciuto un altro Alistear anni fa, Alistear Smith, e anche a lui lo chiamavano tutti Stear…-

Neal se la bevve, d’altronde che motivo aveva di non prendere come buona la scusa dell’affascinante ereditiera?

-Io e Iriza non andavamo molto d’accordo con i nostri cugini… eravamo ragazzi…-

Candy mordeva il freno: come sarebbe volentieri saltata addosso a quel viscido damerino impomatato!

-…soprattutto a causa di…-

Candy inarcò gli occhi, cosa stava per dire?

-Vieni Amanda, andiamo!-

 

Dopo un’ora che cavalcavano decisero di fermarsi presso un ruscello  per abbeverare e far riposare i cavalli, e si sedettero sull’erba.

-Prima hai parlato di tre cugini.-

-Sì certo.-

-Il terzo cugino dov’è adesso?-

-Oh lui è vivo e vegeto, abita a Chicago come noi, e si è sposato con Annie Brighton.-

Candy sussultò. Annie, la sua cara Annie aveva sposato Archie?

-Voi abitate a Chicago?-

-Sì certo, siamo qui a Lakewood solo per un periodo di vacanza e fra due settimane torneremo a Chicago. Sai, io lavoro nella banca di cui mio padre è presidente.-

-Già, la Banca di Chicago.-

-Ma i veri proprietari di quella banca sono gli Andrew.-

-Sai? Mi ha affascinato la storia del capo di quella famiglia, William Andrew. Che tipo è?-

-Quando lo abbiamo conosciuto ci è preso un accidente.- disse Neal ridendo -Tutti noi pensavamo che lo “zio William” fosse un vecchio barbogio ormai prossimo alla morte, e invece ci siamo trovati davanti un giovanotto poco più grande di me come età!-

-Ma perché si teneva nascosto? Non l’ho mica capito.-

-Quando suo padre, in un certo senso il vero “zio William” morì, la zia Elroy, che ne era la sorella, ritenne di dover tenere nascosta la vera identità dell’erede degli Andrew. Se si fosse saputo che il capo designato della potente famiglia Andrew era appena un bambino, il clima di fiducia intorno alla famiglia avrebbe potuto destabilizzarsi.-

-Quindi la signora Elroy decise di prendere in mano gli affari di famiglia e di far credere che il signor William fosse un anziano signore amante della solitudine.-

-Proprio così.-

 

-Mandiamola in prigione questa piccola ladra!-

 

La potente voce dell’arcigna donna risuonò nella mente di Candy.

-E ora che fa la signora?-

-La zia Elroy è morta un anno fa, ormai era anziana.-

-E la villa che abbiamo visto poco fa?-

-Quella è sempre vuota. Lo zio William ci viene ogni tanto per riposarsi e ritrovarsi, almeno così dice lui. Due servitori, marito e moglie, la tengono sempre in ordine, ma credo proprio che finirà in vendita prima o poi.-

 

Tornarono a villa Legan a metà pomeriggio, e consegnati i cavalli allo stalliere Candy si congedò dal suo accompagnatore.

-Ti ringrazio Neal, ho trascorso una bella giornata insieme a te.- gli disse con un sorriso radioso -Ma adesso sento proprio il bisogno di riposarmi un po’. Inoltre devo finire di mettere in ordine i documenti che devo mostrare a tuo padre dopodomani. Ci si vede a cena Neal!-

Dopo aver assistito alla scena nascosta dietro un albero, Iriza si avvicinò al fratello.

-Allora? Com’è andata?-

-Bene direi, Amanda è una creatura… divina.-

-Sì, posso immaginarmi cosa ti suscita quella bionda, ma sei riuscito a sapere qualcosa di più su di lei?-

-Mi ha raccontato più o meno le stesse cose che ci aveva già detto, cioè che i suoi erano dell’Indiana, che si erano trasferiti in Messico per lavorare come consulenti di zootecnia e che lì hanno fatto fortuna, ecc. ecc.-

-Rimane abbottonata la pollastra eh?-

-Non chiamarla così, quella è una che sa il fatto suo. Mi ha fatto mille domande sullo zio William e sugli Andrew.-

-E tu?-

-Mi sono tenuto sul vago, gli ho raccontato di Anthony e Stear e stavo quasi per raccontargli di Candy.-

-Ma sei scemo?-

-Tranquilla, mi sono trattenuto. Figurati se vado a raccontare quella storia, non abbiamo certo di che esserne fieri.-

-Dì un po’, non avrai mica dei rimorsi…-

-Rimorsi? Naaa che vai a pensare?-

 

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Capitolo 3
*** strinse forte a sè la croce della felicità ***


Candy giaceva nel carro legata e imbavagliata. Il signor Garcia l’aveva abbandonata nelle mani di quei banditi per salvarsi la pelle. E adesso che ne sarebbe stato di lei?  Già andare in Messico era dura, ma dove l’avrebbero condotta quei banditi?

Un rumore la destò dallo stato di dormiveglia in cui versava. Alzò gli occhi e riconobbe la sagoma del signor Garcia che le faceva cenno di fare silenzio.

 

Candy si scoprì a odiarsi: come aveva potuto civettare in quel modo con quella carogna di Neal? Aveva forse dimenticato quello che a suo tempo le aveva combinato?

Poi si calmò: aveva agito solo per ingraziarsi quella maledetta famiglia. Sicuramente Neal spalleggiato dalla sua viscida sorella, puntava a condurla all’altare, lei e il suo patrimonio. Cominciò a ridere come una scema, e poi la risata si trasformò in pianto: che stava facendo?

Qualcuno bussò alla porta e lei si ripulì in fretta gli occhi con un fazzoletto prima di rispondere “Avanti”.

Entrò la piccola Emily 

-Signorina Engalls, la cena è pronta, i signori la attendono.-

-Sì certo, adesso arrivo.-

La bambina stava per chiudere la porta quando Candy la richiamò.

-Emily, aspetta un momento.-

Emily entrò nella stanza

-Che c’è signorina? Aspettano anche a me, devo servire la cena.-

-Sì lo so, solo una domanda Emily: tu vivi qui tutto l’anno?-

-No signorina, io seguo i Legan ovunque vadano, fra due settimane tornerò anch’io a Chicago.-

-Se i Legan dovessero mandarti via, dove andresti?-

-Non mi ci faccia pensare signorina! Probabilmente finirei in mezzo alla strada, non ho un altro posto dove andare.-

Candy annuì, poi decise di non far perdere altro tempo a quella bambina.

-D’accordo vai pure, scusami con i signori se tarderò ancora qualche minuto, ma… devo andare in bagno…- in realtà Candy voleva avere il tempo per calmarsi e ricomporsi.

 

Il signor Garcia salì sul carro e liberò Candy, poi si mise alla guida del carro e spronò i cavalli. Il carro si mosse rumorosamente svegliando i banditi che dormivano.

Questi saltarono sui loro cavalli, ma Garcia aveva tagliato i loro sottopancia e i fuorilegge ruzzolarono a terra.

 

Candy scese le scale nel suo sontuoso abito da sera, i lunghi capelli sciolti sulle spalle nude, e la vistosa collana che indossava le conferivano un aspetto radioso, e poco mancò che a Neal scappasse un altro fischiettio.

-Vogliate perdonarmi il ritardo signori.-

-Ci mancherebbe miss Engalls.- la lisciò Sara Legan -Lasci che le presenti il signor William Andrew, il capofamiglia degli Andrew, nostri vicini di casa e parenti.-

-Onoratissima signor Andrew, ho sentito molto parlare di lei.- 

-L’onore è mio signorina.- rispose lui con un elegante inchino.

Quell’uomo piacque a Candy, aveva un modo di fare cortese ma non sembrava uno di quegli uomini che non pensavano ad altro che a portarsela prima a letto e poi all’altare insieme ovviamente alle sue ricchezze.

-Lei viene dal Messico ma è originaria degli Stati Uniti, posso chiederle di dove?-

-I miei genitori erano dell’Indiana.-

Dell’Indiana, pensò il signor Andrew.

 

Mentre le cameriere, e Emily fra queste, servivano la cena, la conversazione cadde sull’affare che la sedicente signorina Engalls stava per concludere con la famiglia Legan.

-Perché vuole disfarsi delle sue fattorie signorina?- le chiese il giovane magnate

-L’ho già spiegato ai signori Legan: io sono una ragazza sola, ho appena venticinque anni, e al contrario del mio povero papà non ho l’esperienza per un lavoro simile, e credo proprio che manderei tutto alla malora. Perciò meglio affidare tutto in mani esperte come quelle della famiglia Legan, e mettermi a vivere di rendita, oppure investire il guadagno in una attività più congeniale a me, magari qui negli States.-

-Se non trovasse l’accordo con il signor Legan, noi Andrew potremmo essere interessati a rilevare almeno una parte delle sue fattorie signorina. Avrebbe nulla in contrario se partecipassi all’incontro di dopodomani?-

La giovane donna ebbe un attimo di smarrimento, ma subito si riprese.

-C-certamente signor Andrew, non ho nulla in contrario.-

Sara Legan intervenne a cambiare argomento

-Sa signorina, sarei curiosa di conoscere i motivi per cui i suoi genitori si trasferirono in Messico, degli esperti in zootecnia avrebbero facilmente potuto trovare di che lavorare anche negli States. 

Voglio dire, capisco una consulenza fornita per un certo periodo, ma loro poi si sono addirittura stabiliti in Messico.-

-Diciamo che… le circostanze imposero loro questa scelta.-

 

I banditi avevano comunque recuperato i loro cavalli e stavano facilmente raggiungendo il carro del signor Garcia.

-Stanno guadagnando terreno!- strillò Candy

-Tu resta sul carro! Ci penso io!-

Il signor Garcia aveva fermato il carro ed era sceso con una corda, l’aveva legata alla base di un albero e poi si era nascosto dall’altro lato della strada battuta. Appena i cavalli erano arrivati in prossimità della corda, l’aveva tesa con tutte le sue forze facendo stramazzare al suolo cavalli e cavalieri.

-Ce l’ha fatta signor Garcia!- gridò Candy.

Nel mentre che il signor Garcia si riavvicinava al carro, uno dei banditi prese la pistola e gli sparò.

 

Chiusa nella stanza degli ospiti Candy rivisse il doloroso ricordo della morte del signor Garcia, e strinse forte a sé la croce della felicità.

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Capitolo 4
*** Possibile che avesse ancora ricordi lieti? ***


Il Conestoga del signor Garcia varcò il confine con il Messico clandestinamente. I suoi occupanti non potevano certo dichiarare che avevano una bambina da vendere come schiava a qualche ricco “ranchero”.

-È un vero peccato non poter vendere questa bambina sul mercato delle adozioni illegali, ce l’avrebbero pagata molto di più.-

-Troppo pericoloso: da una parte le autorità americane sono molto meglio organizzate di quelle messicane e il rischio di essere beccati era alto. Dall’altra avremmo rischiato di pestare i piedi a quella banda specializzata nel rapire bambini. Ne ho sentito parlare e sono tipi molto pericolosi, meglio non farli arrabbiare.-

-Hai già un’idea dei possibili acquirenti?-

-Sì certo, a poca distanza da qui c’è il rancho Dorado, di proprietà dei signori Lopez. Sono molto ricchi e totalmente privi di scrupoli, penso proprio che ci compreranno la bambina a un buon prezzo.-

Legata e imbavagliata nel carro, Candy aveva sentito ogni parola scambiata dai due banditi seduti a cassetta. 

Era sola, completamente sola. Persino Clean era scomparso, disperso dalle pistolettate dei banditi mentre cercava di ringhiargli contro.

Cosa ne sarebbe stato di lui, povero Clean… e di lei… cosa sarebbe stato di lei? Quali altre traversie avrebbe affrontato per colpa di… quei maledetti Legan!-

I suoi occhi si deformarono in un’espressione di autentico odio.

 

Candy trattenne a stento le lacrime, doveva scendere, non poteva rimanere in stanza come pure avrebbe preferito. Quindi inalò un profondo respiro.

Coraggio Candy, si disse, un ultimo sforzo e questo schifo sarà finito.

Uscì dalla stanza e incrociò la piccola Emily.

-Ciao Emily! Non disturbarti a riordinare la mia stanza, è già a posto.-

-Signorina, lei mi farà licenziare: che direbbe la signora Legan se lo sapesse?-

-Basta che non glie lo diciamo!- rispose Candy strizzando l’occhio alla bambina.

 

Scese le scale armandosi del suo miglior falso sorriso quando incrociò Iriza Legan.

-Buongiorno signorina Engalls! La colazione è già pronta.-

-Signorina Iriza, la vostra ospitalità è semplicemente deliziosa! Che nessuno osi mai parlarmi male della vostra famiglia!-

-La ringrazio signorina. Mio fratello ha dovuto assentarsi per un impegno con nostro zio William.-

-Oh che peccato, avrei volentieri trascorso una piacevole mattinata insieme a Neal, è un cavaliere delizioso…-

Iriza celò a stento un’occhiata compiaciuta. Quella pollastra stava cadendo in pieno nella sua rete. Una volta che si fosse sposata con quell’imbecille di Neal sarebbe stato un gioco da ragazzi appropriarsi delle sue ricchezze e poi liberarsene.

Candy non poté evitare di trascorrere la domenica mattina con le due Legan, ma dopo pranzo trovò una scusa per congedarsi dalle padrone di casa, che dal canto loro furono felici di levarsela dai piedi per un po’. Avevano il loro bel da fare in casa per organizzare la giornata e dare disposizioni per il ricevimento della sera successiva.

 

Candy uscì all’aperto e per lei fu come rifiatare dopo una lunga apnea: non ne poteva più di quella casa!

Si sentì stringere lo stomaco e si rifugiò dietro un albero vomitando e piangendo le lacrime più amare che potesse piangere.

-Che sto facendo maledizione?- Imprecò fra sé.

-Sto facendo la civetta con quei luridi vermi di Neal e Iriza, ma per cosa? Per cosa!!!!-

 

Candy tremava di paura davanti a quella donna dall’aria severa che la squadrava dall’alto al basso.

-Sì, è una bella bambina, ma sarà in grado di fare le faccende di casa? E poi non parla neanche lo spagnolo!-

-Lo spagnolo lo imparerà facilmente, e poi le guardi le mani signora Lopez, sono mani di una bambina abituata a lavorare.-

Quel cenno alle sue mani risvegliò vecchi dolori in Candy.

-È vero.- disse la signora dopo aver squadrato le mani di Candy -Ma il prezzo che ci avete chiesto è troppo alto.-

 

Infine i signori Lopez e quei banditi avevano trovato l’accordo e Candy era stata venduta. I primi tempi in quella casa erano stati molto duri per lei, ma poi le cose cominciarono a migliorare.

 

Candy lavorava nei campi insieme agli altri contadini, quella era la stagione della mietitura del grano. Ormai era più di un anno che si trovava nel rancho dei signori Lopez. I padroni erano due persone abbastanza avanti negli anni, solitamente molto duri con le persone che lavoravano per loro, ma Candy era riuscita a guadagnarsi la loro muta ammirazione lavorando sodo senza lamentarsi mai. Di norma lavorava in casa come cameriera, ma all’occorrenza dava una mano nei campi, e talvolta anche nella cura del bestiame. La sua abilità nell’uso del lazo aveva suscitato insieme ilarità e ammirazione nei vaqueros e nei peones al soldo dei Lopez. Una volta aveva anche salvato un vaquero rimasto a terra ferito che stava per essere caricato da un toro imbizzarrito. Con il lazo aveva accalappiato l’animale al collo e lo aveva atterrato lasciando senza fiato i lavoranti del Rancho Dorado.

Mentre trasportava una cesta ricolma di grano appena raccolto, la bambina sentì un grido provenire dalla sua sinistra.

-Diego!-

A urlare era stato Diego, un ragazzo poco più grande di lei, anche lui orfano, che lavorava da sempre per i Lopez.

-Diego che hai fatto?!!!- chiese Candy vedendo il ragazzo che si teneva il braccio.

-Mi sono tagliato con il machete, ma non è nulla di grave.-

-Fammi vedere!- in effetti il taglio non sembrava profondo

-Sarà meglio lavare la ferita e medicarla. I signori tengono dei medicinali in casa, andiamo da loro.-

-Candy ma che dici? Noi peones non possiamo entrare in casa!-

-Oh al diavolo! Tu sei ferito e devi essere medicato! I signori Lopez non sono poi così cattivi.-

 

La musica di una fisarmonica la distrasse dai suoi malesseri e dai suoi ricordi.

Riconosceva quella musica.

E per una volta fu presa da un ricordo piacevole: si rivide mentre ballava al suono di quella musica insieme agli altri servitori di casa Legan. Ricordò il cerchio mani nelle mani che si allargava e si stringeva al ritmo della musica. Ricordò se stessa che rideva felice.

Si avviò in direzione di quella musica, e dietro alcuni cespugli vide la servitù di casa Legan riunita a festeggiare la domenica.

 

Candy batteva il ritmo con le mani, mentre i suoi amici ballavano tenendosi per mano, poi Dorothy la coinvolse nel cerchio.

 

Un ricordo lieto, possibile che avesse ancora ricordi lieti? La piccola Emily la vide.

-Signorina Engalls, venga!-

Candy si sentì battere forte il cuore: quella voce, quella giovialità la riportavano indietro nel tempo, a sensazioni e piaceri che credeva ormai sepolti per sempre.

Si avvicinò ai servitori in festa e rimpianse di non essere con loro, di non essere come loro. Quando era una serva si sentiva prigioniera di quella casa, ma solo in quel momento capiva che paradossalmente era stata molto più libera allora che non nei panni della signorina Engalls.

Istintivamente cominciò a battere le mani al ritmo della musica fino a quando Emily la prese per mano e la condusse nel cerchio.

Candy si sentì di nuovo se stessa, si sentì di nuovo libera.

 

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Capitolo 5
*** uscì da quella casa per non rientrarvi mai più ***


-Così hai deciso Candy?-

Una Candy ormai sedicenne assentì alla domanda della signora Lopez.

-Sì signora Lopez, ho deciso di accettare l’opportunità che mi avete offerto, voglio studiare a Mexico City.-

-Sì è giusto. Crediamo anche noi che questa sia la cosa migliore per te. In questi anni ci hai cambiato molto Candy. La tua bontà, la tua gioia di vivere ci hanno trasformati.

Noi ti abbiamo comprata come una schiava, ma tu non sei questo.-

-Nessuno dovrebbe essere schiavo signora.-

-No, nessuno dovrebbe esserlo.-

 

Candy scese le scale, la macchina del signor Legan era appena entrata nella proprietà.

Trovò la servitù interamente schierata sotto il portico d’ingresso per dare il benvenuto al padrone di casa. 

-Ciao Amanda!- la salutò confidenzialmente Neal. -Dai, vieni qui accanto a noi.-

-Oh no Neal, non mi sembra opportuno: non sono certo una di famiglia. Mi metto qui, vicino a Emily.-

Come il signor Legan salì i pochi gradini d’ingresso che lo portavano sotto il portico, la servitù fece un inchino. 

Neanche fosse il re d’Inghilterra, pensò Candy senza nascondersi il profondo disprezzo che provava per quella famiglia. 

-Caro, lascia che ti presenti la signorina Amanda Engalls.- disse Sara dopo che lei e i figli ebbero salutato il marito.

-Finalmente ci conosciamo signorina, ero molto curioso di incontrarla.-

-Lei mi onora signor Legan.- rispose lei stringendo la mano dell’uomo d’affari.

-Prego, accomodiamoci in casa.- disse la signora Legan mentre la servitù tornava alle sue occupazioni.

-Ho fatto preparare il tuo salotto riservato caro.-

-Bene, possiamo accomodarci allora signorina.-

-Caro, stiamo aspettando William, voleva partecipare anche lui.-

-Sì, me l’aveva accennato. D’accordo, intanto che aspettiamo vorrei prendere un buon caffè.-

Sara fece un cenno a Emily.

-Sì signora, provvedo subito.- rispose la bambina prima di dirigersi verso la cucina.

Presero posto in un angolo del salone principale, già addobbato per il ricevimento di quella sera.

-Lei è davvero molto giovane signorina Engalls.- fu il primo scontatissimo commento di Raymond Legan.

-Ho venticinque anni signor Legan.-

-La stessa età di mia figlia Iriza.-

-Oh, sono entrata molto in confidenza con i suoi figli signor Legan. Loro e sua moglie sono stati dei padroni di casa deliziosi.-

-Non ne dubito affatto, conosco le capacità relazionali di mia moglie e dei miei figli. Anche se forse mia figlia Iriza non è ancora una donna d’affari abile come lei, non posso ridire nulla sulla sua abilità nell’intrattenere gli ospiti.-

Iriza e Sara Legan fecero una smorfia di disappunto mentre Candy sogghignava sotto i baffi.

-Signori.- disse una cameriera sopraggiunta nel momento -Scusatemi il disturbo, ma è arrivato il signor Andrew.-

-Bene, fatelo accomodare.-

 

Poco dopo, mentre finivano di sorseggiare il caffè, Candy si alzò.

-Vogliate scusarmi signori, ma devo andare nella mia stanza a prendere i documenti relativi alla nostra trattativa.-

-Certamente signorina, ci vediamo nel mio studio allora…-

-Prima vorrei mostrarle qualcosa qui signor Legan, e vorrei che sua moglie e i suoi figli fossero presenti.-

Raymond fu spiazzato dall’insolita richiesta 

-Va bene signorina, è una procedura un po’ insolita ma va bene.-

Dopo pochi minuti Candy era di ritorno portando con sé una voluminosa busta che consegnò al padrone di casa.

-Prego signor Legan, apra quella busta.-

L’uomo aprì la busta e rimase di stucco nel constatarne il contenuto: un’intera pila di fogli interamente bianchi.

-Cos’è? Uno scherzo?-

-No signor Legan, il vero scherzo ve l’avrei combinato facendovi firmare i fogli che avevo veramente preparato. Fogli relativi al passaggio di proprietà di fattorie inesistenti o comunque fallite da un pezzo.

Tutto quello che vi ho dichiarato sia per iscritto che verbalmente è falso signor Legan. 

Tutti i bilanci che dovevo farvi vedere erano falsi. 

Tutti i movimenti bancari relativi a quelle proprietà inventati o “modificati”.-

-Dovrei denunciarla signorina! Non mi piace perdere tempo!-

-Si immagini cosa avrebbe significato per la sua famiglia pagare un milione di dollari in cambio di niente! Forse non la rovina completa, ma di sicuro un robusto ridimensionamento del vostro tenore di vita. Senza contare l’inevitabile perdita di fiducia degli investitori. Che avrebbero detto i suoi soci di Ciudad Juarez o di Mexico City se avessero saputo che i Legan si erano fatti fregare da una sconosciuta? Che avrebbe detto il consiglio d’amministrazione della Banca di Chicago?

Magari questa bella casa avrebbe dovuto essere venduta.

Magari i suoi incapaci figli avrebbero dovuto trovarsi un lavoro.-

-Ma come si permette!- gridò Raymond Legan alzandosi in piedi. -Lasci immediatamente questa casa!-

-Aspetta un momento Raymond.- intervenne William Andrew -Sono curioso di conoscere i motivi che hanno indotto la signorina a comportarsi così.-

-Lei non può saperli signor Andrew, ma i suoi parenti sì.-

-Ma di che diavolo parla!- scattò Iriza -Noi non l’abbiamo mai vista prima d’ora!-

-Ne sei sicura Iriza?- disse Candy con una voce in cui Iriza e gli altri poterono sentire un odio profondo.

-Che diavolo sta dicendo? Certo che…- Poi si bloccò.

Candy si era levata gli occhiali, e quello sguardo, quegli occhi carichi d’odio, le richiamarono alla mente immagini passate, ma non osava pensare che quelle immagini corrispondessero a quello che stava pensando.

-Prova a immaginarmi con i capelli raccolti in due buffi codoni ai lati della testa.-

-CANDY!- scandì lentamente Iriza come paralizzata dall’orrore -Tu sei Candy!-

-E chi diavolo è Candy?- sbottò Raymond Legan.

-Non si ricorda di me signor Legan? Già, troppo indaffarato anche solo per mollare un sano schiaffone ai suoi preziosi figli quando se lo sarebbero meritato!-

-Sicuro… Candy! La ragazzina che prendemmo dalla casa di Pony e che scappò via durante uno dei miei viaggi di lavoro…-

-È questo che le hanno detto signor Legan? Già, era scomodo dire che i suoi rampolli nascosero dei gioielli fra le mie cose e mi accusarono di furto, e che la sua signora mi mandò in Messico per “punizione”!-

-Di cosa sta parlando questa ragazza?- chiese uno sconvolto Raymond ai suoi familiari.

-Sta mentendo!- dichiarò Sara Legan chiaramente in imbarazzo.

-No mamma, sta dicendo la verità.- disse inaspettatamente Neal

-Candy fu allontanata da questa casa per un nostro capriccio, e tu lo sai.-

Fu come se il gelo artico fosse entrato in quella stanza. Raymond Legan avrebbe volentieri schiaffeggiato tutti i suoi familiari, ma non voleva certo dare in escandescenze davanti a Candy e William!

-Signorina, nel porgerle le mie scuse per quanto accadde tanti anni fa, devo pregarla di lasciare immediatamente questa casa.-

-Sì certo, questa mattina mentre tutti dormivano, ho già portato le mie cose in macchina, sono pronta per andarmene.

Un’ultima cosa: non cercate i documenti falsi che dovevo farvi firmare, li ho distrutti. E non pensiate di potermi denunciare sulla base delle lettere che ci siamo scambiati signor Legan, portano la firma di una persona che non esiste e parlano di una transazione che non è mai avvenuta.

Ah dimenticavo: gli occhiali potete tenerveli, sono finti. Li avevo indossati solo per non farmi riconoscere.-

Ciò detto Candy uscì da quella casa per non rientrarvi mai più.

    

Poco prima di salire nella sua macchina Candy si sentì chiamare.

-Aspetta Candy!-

-Che vuole signor Andrew? Non ho fatto niente ai suoi preziosi parenti, a parte svergognarli un po’.-

-Si sarebbero meritati ben altro, ma vorrei parlare un po’ con te Candy.-

-A che proposito signor Andrew?-

-Saliamo in macchina, ti porterò in un posto che potrebbe piacerti.-

Candy conosceva appena quel giovane uomo, ma decise che poteva fidarsi e lo fece salire nella sua macchina dal lato del guidatore.

In meno di venti minuti di guida, William Andrew la portò davanti a una casa nel bosco che sembrava abbandonata, e lì fermò la macchina.

Poco più in là si sentiva l’inconfondibile rumore di una cascata.

-Questa è una vecchia casa della mia famiglia. Ci abitavo insieme a mia sorella Rose, dopo la morte dei miei genitori. Rose era la madre di Anthony.-

-Quindi lei è lo zio di Anthony signor Andrew.-

-Ti prego Candy, chiamami Albert.-

-Albert?-

-Il mio nome completo è William Albert Andrew, e i miei amici mi hanno sempre chiamato Albert.-

-Mi sorprende che mi consideri tua amica. Con quello che stavo per combinare ai tuoi cari parenti…-

-Perché ci hai ripensato? Ormai era fatta! Dovevi solo incassare i soldi di Raymond e sparire per sempre.-

Candy taceva

-Non dirmi che hai avuto scrupoli…-

Candy iniziò a piangere.

-Cosa… cosa sono diventata… io… io non ero così! Non avrei mai fatto del male a nessuno!-

Albert fu spiazzato.

-E non lo hai fatto. Li hai soltanto svergognati.-

-Emily…-

-Parli della piccola cameriera dei Legan?-

-Cosa…  cosa ne sarebbe stato di lei…-

Albert capì. All’ultimo momento quella ragazza si era fatta prendere dagli scrupoli, certo non nei confronti dei Legan, ma dei loro dipendenti. Se i Legan fossero finiti sul lastrico i loro servitori avrebbero perso il posto, e per molti di loro sarebbe stata la fine.

Le posò una mano sulla spalla.

-Coraggio Candy, hai fatto la cosa giusta. La vendetta ti avrebbe portato solo la soddisfazione di un momento, ma avrebbe anche avvelenato la tua anima, ti avrebbe veramente trasformata in ciò che non sei.

Sei e rimani la stessa bambina che aveva conquistato il cuore di Anthony, Archie e Stear.-

Candy alzò lo sguardo verso il giovane magnate.

-Anthony Archie e Stear… loro erano buoni con me…-

-Non immagini quanto. Poco prima che Sara Legan ti mandasse in Messico, mi scrissero tre lunghe lettere. Mi imploravano di adottarti.-

-Adottarmi?- disse lei sgranando gli occhi.

-Sì, volevano che tu entrassi a far parte della famiglia Andrew, volevano sottrarti alla vita misera che facevi presso i Legan. E io lo feci.-

-Cosa?-

-Sì Candy, ci pensai un po’, ma poi decisi di accontentare i miei nipoti. Anche se non ti conoscevo, decisi di adottarti e di portarti a vivere nella casa degli Andrew.

Mandai un mio uomo a “prelevarti” dal carro di quel messicano, ma lui arrivò tardi. Trovò il messicano morto, ucciso da un colpo di pistola, e tu eri scomparsa nel nulla.

Feci anche fare delle indagini private, ma poi dovetti fermarmi.-

-A-aspetta un momento, quindi vorresti dire che io…-

-Che tu legalmente sei una Andrew.-

-Oh mio dio!- disse lei sbottando a ridere.

 

-Albert io ti ringrazio di quello che hai cercato di fare per me, ma francamente non mi sento di accettare il nome degli Andrew. Passi pure per Archie, che senz’altro andrò a salutare e ringraziare, ma che direbbero gli altri tuoi parenti a vedere una sconosciuta entrare nella famiglia e reclamare tacitamente una quota del patrimonio? Senza contare che si verrebbe a sapere di quello che stavo per combinare ai cari Legan!-

-In effetti…- dovette riconoscere Albert. -…quindi cosa farai adesso?-

-Metterò insieme la mia fortuna e… sparirò. Tornerò al mio vecchio orfanotrofio nell’Indiana e userò il mio denaro per mandarlo avanti, magari anche per ampliarlo e rimodernarlo.-

-Questo ti fa onore, e fa capire molto bene quello che sei veramente. Buttati alle spalle le esperienze amare che hai passato e i tuoi recenti errori, e torna alla vita Candy!-

Lei sorrise a quello sconosciuto che a suo dire era addirittura… suo padre!

-Questo rumore… è una cascata?-

-Sì, dall’altro lato dell’edificio. Vieni, andiamo a vederla.-

Raggiunsero facilmente l’altro lato della vetusta casa e Candy vide la cascata che si gettava nel laghetto.

-È lo stesso fiume che passa vicino casa dei Legan?-

-Sì Candy, è quello.-

-Sai Albert, quando stavo dai Legan, un giorno, dopo l’ennesima cattiveria dei due simpaticissimi rampolli e della loro degna madre, decisi di scappare. Vidi una barca abbandonata vicino ad un pontile e volevo prenderla. Poi mi accorsi che non c’erano remi e lasciai perdere.-

-Meno male Candy! Saresti finita sicuramente nella cascata, e anche se io fossi stato vicino, non avrei potuto salvarti.-

 

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Capitolo 6
*** mi benedica sorella ***


Candy fermò la macchina: la collina di Pony, la sua meravigliosa collina, stava lì, davanti a lei. Dall’altra parte c’era la sua casa di Pony, da dove un giorno di tanti anni addietro era partita sognando principi e favole, e ritrovandosi invece in un incubo.

E soltanto ora, dopo tanti anni, le sembrava di risvegliarsi finalmente da quell’incubo osceno che aveva sconvolto la sua vita.

 

“Carissima Candy

Forse sarai sorpresa del fatto che ti abbiamo nominato nostra erede, ma c’è una spiegazione:

Quando sei arrivata da noi, eravamo due persone acide e odiose, trattavamo male le persone che lavoravano per noi, e trattammo male anche te.

Ricorderai ancora la frustata che ti diedi sulla coscia quel giorno che facesti cadere un piatto per terra nello sparecchiare la nostra tavola.

Anche se in seguito mi hai concesso il tuo perdono per quel gesto infame, il ricordo di quel giorno mi brucia ancora.

Tu reagisti con compostezza a quella frustata, inghiottisti le tue lacrime e raccogliesti i cocci di quello stupido piatto.

In quel momento qualcosa dentro di noi morì per sempre, e noi diventammo due persone nuove.

Abbiamo deciso di lasciare a te tutto il nostro patrimonio, certi che ne farai un buon uso. I nostri peones e vaqueros sono brave persone, ma non saprebbero mai gestire quelle ricchezze, tu hai l’intelligenza e la sensibilità per farlo e per prenderti cura dei nostri dipendenti e tuoi amici nel modo migliore.

 

Conchita e Porfirio Lopez”

 

Recitando mentalmente a memoria la lettera di Conchita Lopez, Candy percorse l’ultimo tratto di quella strada che conduceva al rancho Dorado. Con quella lettera consegnatale qualche mese prima da un notaio di Ciudad Juarez, quei due anziani rancheros l’avevano nominata loro erede universale. Tutto il loro denaro depositato in banche e cassette di sicurezza a Mexico City, ora era suo, e lei era diventata a soli diciannove anni, anche grazie a sapienti ed oculati investimenti, una delle donne più ricche del Messico.

Anche se non aveva mai dato importanza al denaro, sentiva di doverli ringraziare. I primi tempi al Rancho Dorado erano stati molto duri per lei, la bionda yanqui che tutti trattavano come una schiava e alla quale venivano delegati i lavori più umili e pesanti. Ma poi gradualmente le cose erano cambiate, e Candy aveva conquistato il cuore di tutti, compresi i signori Lopez. 

Superò la collina che la separava dal Rancho dei Lopez e vide le rovine abbandonate della casa dove aveva vissuto per quattro anni.

Un anno prima una banda di spietati bandidos l’aveva raso al suolo dopo aver fatto strage degli occupanti e trafugato tutto il bestiame e i valori che i Lopez tenevano in casa.

In seguito quei bandidos erano stati sgominati dall’esercito messicano, ma questo non aveva certo restituito la vita agli abitanti del Rancho Dorado.

Entrata nel recinto di quella che era stata la fattoria dei Lopez Candy sentì di non avere più lacrime da piangere, sentì che il suo cuore si era inaridito, e che da quel giorno in poi avrebbe vissuto solo per un obiettivo: la vendetta contro chi le aveva causato tante sofferenze.

In mente aveva un solo odiatissimo nome: Legan!  

 

La macchina di Candy percorse l’ultimo tratto di strada che la riportava al suo mondo, ai suoi affetti. Chissà come avrebbero reagito miss Pony e Suor Maria a rivederla!

Il suo arrivo suscitò la curiosità di un manipolo di bambini che giocavano davanti all’edificio. C’era anche un uomo insieme a loro, un uomo vestito da cowboy, chissà chi era.

Candy fermò la macchina proprio davanti all’ingresso della casa, e scese.

L’uomo, un giovane appena più grande di lei, la squadrò attentamente e poi sgranò gli occhi.

-CANDY!- disse infine scandendo il nome lettera per lettera.

-Ma chi… TOM! Tu sei Tom!-

Candy corse ad abbracciare quel Tom che per lei era stato come un fratello, e quando fu fra le sue braccia scoppiò in lacrime.

-Tom che succede?-

A quelle parole Tom e Candy si staccarono e guardarono Suor Maria che era appena uscita dalla casa.

-Ma… ma… - 

La suora guardò attentamente quella giovane donna, cercando in lei il ricordo di una persona a lei nota.

Il corpo e i capelli non le dicevano niente, ma gli occhi, quegli occhi grandi e chiari…

-C-C-C-

Non osava pronunciare quel nome, il nome di una persona tanto amata e perduta.

-Sì Suor Maria, sono proprio io: sono Candy. E sono tornata.-

Candy corse ad abbracciare quella donna che per lei era stata una madre, e Suor Maria credette quasi di essere morta e in Paradiso, per aver ritrovato la sua Candy.

 

-Così miss Pony è morta un anno fa…-

-Sì Candy, ormai era anziana e una polmonite le è stata fatale.-

Seduta in quello che ora era l’ufficio di Suor Maria, Candy si maledisse: se non avesse perso tanto tempo con i suoi inutili piani di vendetta avrebbe potuto rivedere anche lei.

-È morta chiamando il tuo nome Candy.- le disse Suor Maria prendendole la mano.

Candy sbottò a piangere e Suor Maria le accarezzò la testa.

-Mi… mi benedica sorella perché ho peccato, ho molto peccato…- disse davanti a degli stupefatti Tom e Suor Maria.

Poi si liberò di tutto quello che teneva dentro e raccontò tutte le sue traversie inclusi i suoi insani progetti di vendetta.

-Ho impiegato sei anni a preparare la mia vendetta, a studiare gli affari dei Legan e come poterli colpire più profondamente e poi…-

-Poi hai fatto la scelta giusta Candy! L’odio aveva avvelenato il tuo cuore generoso, ma adesso sei tornata quella di un tempo. 

Sei tornata a casa Candy!-

-Sono tornata per restare Sorella! Userò il mio denaro per mandare avanti la casa di Pony e forse anche per costruire altri posti come questo, io… non voglio che altri bambini soffrano quello che ho sofferto io…-

-Ecco cara, questi sono progetti sani, progetti degni di te bambina mia.-

Poi la buona suora guardò Tom scambiando con lui un doloroso sguardo d’intesa.

-Vieni con me Candy.- disse poi alzandosi -Devo mostrarti una cosa.-

Uscirono tutti e tre dalla casa e salirono sulla collina. Quando furono in cima Candy seguì Suor Maria e Tom aggirando il grande albero.

Da quella parte Candy vide una lapide solitaria.

-Non ditemi che miss Pony…-

-No Candy, miss Pony è sepolta nel cimitero del paese, questa è la tomba di qualcun altro, qualcuno che ti era molto vicino.-

-E chi sarebbe?- chiese Candy avvicinandosi alla lapide in modo da vederne la scritta, e quando la vide le si fermò il cuore:

“Clean”

Questo era il nome inciso sulla piccola lapide solitaria.

-Tanti anni fa, dopo che tu eri scomparsa, il piccolo Clean si presentò alla porta della casa. 

Era sporco, ferito, gli mancava anche un pezzo di coda.-

Candy rivide nella sua mente il piccolo Clean che cercava di sfuggire ai colpi di pistola di quei banditi e capì dove potesse aver perso quel pezzo di coda.

-Ovviamente lo curammo e lo tenemmo sempre con noi, anche se vederlo ci portava sempre più a tormentarci con il ricordo di te, capisci? Non facevamo altro che chiederci cosa potesse esserti successo Candy, cosa potesse aver visto il piccolo Clean.

Ha vissuto fino a quattro anni fa. Ogni giorno saliva sulla collina e sul grande albero, e per quanto possa sembrare assurdo scrutava l’orizzonte, forse sperando di vederti arrivare Candy…-

Candy cadde in ginocchio sulla piccola tomba e una volta di più si maledisse: se solo fosse tornata subito alla casa di Pony invece di odiare i Legan…

Tom e Suor Maria la lasciarono sola.

 

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Capitolo 7
*** decise di deporre l'ultima maschera ***


Nei mesi successivi Candy si impegnò a fondo nella realizzazione dei suoi progetti. 

Acquisì il titolo di proprietà della casa di Pony e del terreno circostante riscattandolo dal precedente proprietario, il signor Cartwright. Durante le trattative con l’uomo, conobbe Jimmy, anche lui cresciuto alla casa di Pony prima di essere adottato proprio dal signor Cartwright.

Un giorno conobbe anche Bob, un altro ex ospite della casa di Pony. Scoprì che era stato lui a incidere la lapide di Clean, fin da piccolo si era rivelato un buon falegname, e in effetti proprio il falegname di La Porte l’aveva preso a lavorare con sé finendo poi con l’adottarlo.

 

Intanto i progetti di Candy andavano avanti e l’orfanotrofio crebbe in dimensioni e numero di bambini ospitati. Candy ne aveva assunto la direzione con il consenso di Suor Maria, e aveva assunto due ragazze del paese che le aiutavano nell’accudire i loro piccoli ospiti.

 

Il tempo passò rapidamente, e all’avvicinarsi del Natale i progetti di Candy erano ormai realizzati e la casa di Pony era una realtà ben diversa da quella che la ragazza aveva lasciato tanti anni addietro.

 

Il Natale era ormai imminente, e alla casa di Pony fervevano i preparativi per festeggiarlo degnamente.

Candy era chiusa nel suo ufficio a sbrigare le consuete pratiche burocratiche quando sentì bussare alla porta.

-Avanti!-

Entrò una bambina che aveva più o meno la stessa età di Candy quando era partita dalla casa di Pony tanti anni addietro.

-Che c’è Sara? Avevo chiesto di non essere disturbata.-

-Mi scusi miss Candy, ma ci sono visite per lei.-

-Visite per me? Falle passare, non stare lì impalata!-

I bambini erano abituati ai modi un po’ bruschi di Candy e non se la prendevano a male, sapevano che la giovane donna si dimostrava burbera, ma aveva un gran cuore.

La bambina si scostò ed entrarono due uomini nella stanza, uno era William Albert Andrew, e l’altro…

-Che diavolo ci fa qui signor Legan?-

-Ciao Candy, lo so che la mia presenza qui non ti è gradita, e che vorresti solo cacciarmi via a calci nel sedere, ma vorrei parlarti.-

-Signor Andrew, la sua visita è apprezzata ma quella del suo parente…-

-Vorrei solo chiederti scusa Candy.- la interruppe Neal.

Candy sogghignò in un modo che non era da lei.

-Chiedermi scusa dice? E per che cosa? Per avermi costretta a inginocchiarmi davanti a lei? Per avermi chiamata “bastarda di un’orfana”? Per avermi derisa mentre facevo i lavori più umili e faticosi in casa sua? Per avermi mandata a dormire nelle stalle? O per avermi fatta spedire in Messico dopo avermi accusata di furto?-

-Per tutte queste cose Candy. E per altre ancora. Sono stato un mascalzone con te e mi dispiace tanto.-

-Le dispiace…- rise in un modo che la faceva sembrare la strega cattiva delle favole -E le dispiace anche che a causa sua io sia stata rapita da dei banditi e venduta come schiava in Messico? Le dispiace anche che mi sia rovinata l’esistenza in cerca di vendetta?-

-Più di tutto mi dispiace di vederti così Candy. Che tu sia cattiva con me posso anche capirlo, e sinceramente non mi aspettavo certo che mi buttassi le braccia al collo, ma quella bambina di poco fa… c’era bisogno di trattarla così bruscamente?-

-Io lavoro tutto il giorno per questi bambini, come si permette lei di giudicarmi? Che ne sa lei di cosa vuol dire lavorare per gli altri?-

-Niente Candy, non ne so niente. Io non sono niente davanti a te. Ci tenevo a dirtelo. Adesso andrò a dormire in paese e domani prenderò il primo treno in partenza da qui.

Addio Candy e spero che tu possa perdonarmi un giorno…-

Neal uscì dalla stanza e Candy strinse i pugni fino a farseli dolere, poi cominciò a piangere.

Sentì la mano del signor William Albert posarglisi sulla spalla.

-Coraggio Candy! Neal ha gravi colpe d’accordo, ma su una cosa ha ragione: tu non sei così.-

In uno sprazzo di lucidità Candy decise di deporre l’ultima maschera che si era imposta e uscì dalla stanza di corsa.

-Bambini, dov’è andato quel signore?-

-È uscito dalla casa miss Candy!-

Candy aprì la porta e lo vide che camminava in direzione del paese, lo rincorse e lo raggiunse in breve.

-Aspetti un momento signor Legan.-

Lui si fermò e si voltò verso di lei. La vide diversa da come l’aveva conosciuta negli ultimi mesi. Non era più la donna viscida e falsa che complottava per rovinare lui e la sua famiglia, e la vide diversa anche dalla donna dura e glaciale che aveva visto poc’anzi nel suo ufficio.

In quel momento le sembrò molto più simile alla bambina solare e spontanea che aveva abitato a casa Legan tanti anni addietro.

-Io… non posso certo dire di essere contenta di vederla signor Legan, ma non posso lasciare che lei se ne vada a piedi sotto la neve fino al villaggio. Per cui la prego di accettare l’ospitalità della nostra casa.-

-Candy, io…- abbassò gli occhi e iniziò a piangere come un bambino.

Candy gli si avvicinò e dopo un istante di esitazione lo abbracciò.

Lui ricambiò l’abbraccio continuando a piangere.

-Perdonami piccola Candy! Perdonami!-

Dopo aver cercato tanto a lungo la vendetta, Candy trovò infine la riconciliazione e il perdono.

 

Rientrarono in casa insieme e Candy si rivolse alle due ragazze che lavoravano nella casa.

-Angie, Katie, per favore preparate una stanza per i nostri graditi ospiti. E voi bambini venite tutti qui, voglio stare un po’ con voi.-

-Ma miss Candy, non deve lavorare?-

-Al diavolo il lavoro, quello può aspettare un po’. E tu Sara, scusami per prima, ero un po’ nervosa.-

-Non fa niente miss Candy. Lo sappiamo che lei lavora tutto il giorno per noi.-

Candy abbracciò la piccola Sara e Suor Maria non riuscì a trattenere una lacrima: Candy era finalmente e definitivamente tornata quella di un tempo!

 

-Come sta Emily?- chiese Candy a Neal

-Bene direi, è stata adottata!-

-Cosa? Ma è meraviglioso! E chi sono quelle anime buone che l’hanno adottata?-

-Ehm… ecco… sono brave persone…-

-Neal non vuole dirti che Emily è stata adottata da lui.- intervenne Albert.

Candy rimase a bocca aperta: come aveva mal giudicato quel ragazzo!

-Ma… ma… tua sorella… tua madre…-

-So cosa stai pensando, ma non preoccuparti: io e mio padre le teniamo in riga. Non hai idea di quello che è successo il giorno che te ne sei andata dalla nostra casa di Lakewood!-

Candy rise sotto i baffi all’idea, e poi abbracciò di nuovo Neal.

-Mi dispiace di aver portato tanto scompiglio in casa tua Neal.-

-Non dartene pensiero: era la cosa migliore che potesse capitarci.-

-Quanto a Emily, salutamela tanto, e trattamela bene mi raccomando!-

-La prossima volta che verrò a trovarti la porterò con me.-

-Ci conto Neal, ci conto.-

 

La primavera ormai tendeva all’estate, e la casa di Pony rifulgeva di luce e di vita.

Candy era una direttrice severa quanto bastava, ma anche comprensiva e solare con i suoi bambini.

Quando aveva un attimo di tempo libero saliva sulla collina e si sedeva accanto alla tomba del piccolo Clean a leggere all’aria aperta.

Quel giorno doveva leggere un po’ di lettere dei suoi amici di Chicago, William o Albert che fosse, Archie, Annie e Neal.

Tutti la invitavano ad andare a Chicago, ma lei sentiva di non poter abbandonare la casa di Pony, Suor Maria stava invecchiando e non stava più tanto bene di salute, e lei non si fidava ancora appieno delle due ragazze.

Dopo aver letto le lettere dei suoi amici, ai quali più tardi avrebbe senz’altro risposto, si lasciò cullare dal venticello leggero che spirava  dalla vallata sottostante. Quanti pensieri e ricordi le suscitava quel vento.

Ormai si sentiva padrona dei suoi ricordi, di quelli belli e di quelli brutti, e sentiva che non sarebbe mai più stata travolta da quest’ultimi. 

Con la mente ne rivisse una buona parte, fino ad arrivare al ricordo più misterioso di tutta la sua vita: il principe della collina.

Quante volte aveva ripensato a quel ragazzo: chi diavolo poteva essere? Come faceva a somigliare così tanto al povero Anthony? Dov’era in quel momento?

Come a rispondere alla sua domanda, una musica risuonò alle sue spalle.

-Ma questa è… una cornamusa! Questa musica… la suonava…-

Guardò alle sue spalle e lo vide: il principe della collina era lì, a pochi metri da lei! 

-Ma… ma come è possibile?-

Mentre il misterioso personaggio si avvicinava lei ne focalizzò meglio il volto.

-A-Albert?!?!?-

William Albert Andrew, era lui il misterioso principe della collina. Sicuro! Lui era lo zio del povero Anthony!

Ecco perché gli somigliava tanto!

-Il tempo del dolore è finito Candy.- le disse lui. -Adesso puoi ricominciare a vivere.-

Senza una parola Candy corse fra le sue braccia e scoppiò in un pianto dirotto. Candy era veramente tornata alla vita.

 

Da dietro un cespuglio venne fuori una piccola figura. Era un procione, un piccolo procione con la coda mozzata che si fermò a guardare quella scena.

Rimase fermo lì finché non vide quei due umani allontanarsi insieme scendendo dalla collina.

Poi, con gli occhi che sembravano umidi di lacrime, si rituffò nella vegetazione e scomparve in un alone di luce.

 

FINE

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