Novità al 221b

di LaGeniaIncompresa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Il rumore degli spari avrebbe provocato agitazione ovunque, o meglio, in ogni luogo che non fosse il 221b di Baker Street.
Sherlock si annoiava, nulla di insolito. John leggeva una storia alla piccola Rosie, la bambina sembrava essersi talmente abituata agli spari che non sembrava farci realmente caso. C’era stato un periodo, un terribile periodo subito dopo la morte della moglie di John, nella quale non riusciva a sopportare anche solo l’idea di rivedere Sherlock. Ora si rendeva conto che non poteva avere nessun’altra alternativa,  una vita senza di lui equivaleva ad una vita mortalmente monotona e questo era il motivo principale del suo ritorno in quell’appartamento, lì dove tutto aveva avuto inizio.

-Ti serve davvero un caso.- disse John chiudendo il libro, Rosie si era ormai addormentata tra le braccia del padre.

-Tu dici?- sbuffò il consulente. Era annoiato, pulito da mesi e anche la pistola sembrava aver esaurito i colpi, decisamente una pessima combinazione.

-Già. Magari prima che Mrs. Hudson si lamenti ancora di come tratti i suoi muri.-

-In tal caso i suoi muri non dovrebbero istigarmi.-

Sherlock si alzò dal divano solo per sedersi teatralmente sulla sua poltrona, mettendosi così faccia a faccia con l’amico.

-Da quando la colpa è della vittima?- chiese John in modo sarcastico. Sherlock annoiato poteva anche sembrare fastidioso, ma doveva ammettere che lo divertiva. Era inoltre consapevole che il coinquilino era incoraggiato da questo suo essere divertito, non tutti avrebbero accettato di buon grado il suo comportamento, ma John Watson non era “tutti”.

-A volte potrebbe anche esserlo.- ipotizzò con aria di sufficienza e ritornò a sbuffare assumendo la stessa espressione che Rosie assumeva quando John la obbligava a mangiare le verdure, un broncio che qualcuno avrebbe anche potuto definire “adorabile”.

-E questa è una di quelle?-

-Perché nessuno si decide a commettere un bell’omicidio?- sbottò, si sentiva di umore davvero pessimo quel giorno.

-Già, davvero egoista da parte loro. Ma forse hanno un po’ pietà di noi- sorrise John accarezzando i capelli della figlia –dovremmo prima organizzarci con lei, sai? Intendo in modo definitivo.-

-È una pessima idea!-

Sherlock scattò subito in piedi, guardandolo oltraggiato: come aveva anche solo potuto pensare una cosa del genere, quella bambina era parte integrante della loro squadra!

-Non sai nemmeno cosa stavo per proporti!- protestò il medico, pur mantenendo un tono moderato per non svegliare la figlia.

-Oh, credi davvero?- alzò gli occhi al cielo –non voglio una tata a casa mia. Una persona estranea che si prende cura di Rosie. E se fosse una minaccia?-

-Te ne accorgeresti subito, Sherlock.- rispose calmo, con fare ovvio. Era ovvio che si sarebbe accorto di una qualsiasi cosa fuori posto di qualsiasi persona si azzardasse a entrare nel loro appartamento. Era ovvio che la cravatta fatta in quel determinato modo significasse che quella persona tradiva il coniuge ed era stramaledettamente ovvio che Sherlock lo capisse senza esitazione.

-Ma possiamo prendercene cura noi, come sempre!-

A John si sciolse il cuore nel vederlo protestare in quel modo, sapeva quanto Sherlock tenesse a Rosie e tutta quella reticenza nel farle avvicinare qualcuno ne era una prova.

-No, non possiamo- sospirò appena con un leggero sorriso sulle labbra –metterò un annuncio sul blog.-

-Vuoi davvero che sia un nostro fan a prendersi cura di lei? Nel nostro appartamento? Andiamo,  hai avuto idee più intelligenti.- disse lasciandosi ricadere nuovamente sulla propria poltrona, con le gambe su un bracciolo e la schiena appoggiata all’altro, una posizione apparentemente molto scomoda, ma al consulente investigativo sembrava andar bene.

-Bene, metterò un annuncio normale in anonimo. Se ti farà stare più sicuro sarai presente ad ogni colloquio.-

La verità che sapevano benissimo entrambi, era che anche John si sarebbe sentito infinitamente più sicuro nello scegliere con lui qualcuno che si prendesse cura della sua bambina, mai l’avrebbe lasciata ad una persona qualsiasi e Sherlock sembrava davvero divertirsi nel trovare i lati più scabrosi della vita degli sconosciuti in una sola occhiata.

-Bene.- concordò infine, seppur non del tutto convinto.

-Perfetto.-

-Ottimo.-

Incredibile, pensò John, come si ostinasse sempre ad avere l’ultima parola su tutto.

Il compromesso era più che ragionevole. Ancora una volta tutti avrebbero avuto quel che volevano: John qualcuno di affidabile al quale lasciare Rosie e Sherlock la sua, seppur minima, distrazione. Chissà se gli sarebbe bastata per lasciare in pace quel povero muro.

-John?- lo chiamò alzando appena la testa che altrimenti sarebbe stata a penzoloni.

-Dimmi.-

-Mi passi le munizioni sul tavolino?-

-Sherlock!-

Ma quella era solo una comune giornata al 221b di Baker Street.

 
 

 
 
Angolo dell’autrice
Salve a tutt*, è la prima volta che scrivo in questo fandom. Sinceramente sono molto nervosa, non sono certa di ciò che uscirà fuori da tutto questo. Fatemi sapere cosa ne pensate, sono riuscita ad incuriosirvi un po’?

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


CAPITOLO UNO
 
-È un disastro.-

-Non ho idea a cosa tu ti riferisca, io mi sto divertendo un mondo.-

John aveva un’aria a dir poco esausta, l’ennesima ragazza aveva lasciato l’appartamento, almeno quest’ultima non era scoppiata a piangere come molte altre. Al contrario, Sherlock sembrava essere deliziato da tutta quella situazione.

-È davvero necessario essere così scortese?-

-Bene, offrirò del thè alla prossima cleptomane che entrerà nel nostro appartamento.-

Avevano passato l’intera giornata a fare colloqui. Certo, qualcuno avrebbe potuto dire che somigliavano più a degli interrogatori di polizia, pura e semplice deformazione professionale.

-E dopo una cleptomane, una tossicodipendente, un’alcolista, una violenta e una fedifraga cos’altro ci aspetterà?- chiese il consulente con lo stesso entusiasmo di un bambino la mattina di Natale, curioso di sapere quali regali avesse ricevuto.

-Spero non una serial killer.- fu tutto quello che John riuscì a dire in un sospiro.

-Oh, sarebbe molto divertente invece, non trovi?-

-No, affatto.- sbuffò esasperato –La penultima, quella bionda… sembrava andar bene, non trovi?-

-Stai scherzando spero!- inorridì Sherlock –Le hai visto le scarpe?-

-Le scarpe, certo.- era ormai sull’orlo di una crisi di nervi -No, non le ho viste.-

-E la messa in piega, santo cielo.. credimi, è meglio così.-

-E Lilian? Lei mi sembrava davvero molto simpatica.-

-Un’intuizione, non ignoro mai le intuizioni, lo sai.- disse storcendo il naso.

-Ci metteremo secoli se continuiamo così.-

-Forse non ne abbiamo così bisogno!-

Era chiaro al mondo quanto Sherlock fosse protettivo nei confronti delle persone a lui più vicine, specie se queste facevano “Watson” di cognome. Mai avrebbe permesso a qualcuno di entrare a far parte della loro quotidianità così facilmente, mai, mai, mai.

-Scusatemi?-                                                         

Una ragazza fece capolino dalla porta dell’appartamento interrompendoli involontariamente. Ventenne, dedusse subito Sherlock appena la vide. Capelli ricci neri, molto lunghi, disordinati ma curati, evidentemente usava prodotti troppo costosi che non valorizzava: non li comprava lei. Corporatura minuta, ma non gracile: faceva sport. Zaino, camicia bordeaux piegata fino al gomito, jeans: informale, ma non sportivo, avrebbe giurato che aveva appena concluso le lezioni della giornata, sicuramente una studentessa. Occhi azzurri intenti a perlustrare velocemente l’ambiente circostante.

-Prego, entri, si sieda pure.- l’accolse educatamente Sherlock, mentre continuava ad osservarla e a dedurre.

-Ecco, io sono qui per..-

-Non perdiamo tempo, si sieda.- tagliò corto, forse suonando più brusco di quanto volesse.

-Sherlock!- lo riprese John portandosi una mano sulla  fronte con fare esasperato  -Lo perdoni, la prego. Ha un curriculum?-

-Veramente no, non pensavo che..-

-Ottimo inizio per un colloquio, non c’è che dire.- affermò sarcastico l’altro -In ogni caso non è necessario. D’altro canto è questa la parte divertente.-

-La parte divertente?- chiese confusa la ragazza.

-Lei è un’universitaria. Dimostra qualche anno in più rispetto a quelli che realmente ha, ma la cosa è chiaramente voluta, forse per conformarsi ad un ambiente in cui lei sarebbe la minore. È naturale quindi pensare che sia avanti negli studi rispetto alla norma. Il suo inglese è davvero ottimo, ma si sente comunque l’accento italiano, eppure i lineamenti sono i classici anglosassoni. Probabilmente è figlia di inglesi emigrati in Italia, ma lei è qui ora per studiare e spera di trovare un lavoro per restare nonostante tenga ancora molto agli affetti che ha lasciato, come indica il ciondolo con le fotografie che ha al collo. Convive con una donna anziana, ma non è sua parente. Oh, in casa c’è anche un barboncino, non è così?-

Soddisfatto. Era questo il termine che più si poteva associare a come si sentiva Sherlock ad ogni singola deduzione corretta. L’avrebbe quasi comparata alla droga. Quasi.

-Se me l’avesse chiesto non avrei avuto problemi a dirglielo io stessa, sa?-

Non sembrava particolarmente colpita a differenza di John che cercava di ricostruire tutti gli indizi che avevano portato l’amico a fare quelle osservazioni.

-Già, ma avrebbe avuto problemi nel dirmi che fa uso di sostanze illegali.- aggiunse poi.

-Cosa?-

-Quello che ha sul braccio è il foro di una siringa, eroina, giusto?- osservò. Non era molto nascosto, una piccola macchia violacea sull’avambraccio, lì dove le vene sono più visibili.

-Dono il sangue.- disse immediatamente, perché tutti dubitavano quando diceva che era una donatrice? -Sì, beh, è un modo per risparmiare sulle analisi, se volete posso farvi vedere il tesserino dell’NHS*- continuò.

-Potrei?- si intromise John, con un filo di nervosismo nella voce -È della sicurezza di mia figlia che si sta parlando, sa..-

-Certamente, tenga.-

La ragazza semplicemente gli sorrise, si portò lo zaino sulle gambe, estrasse da una delle tasche il portafoglio e da lì tirò fuori una tessera che porse al medico.

-Grazie al cielo.- si ritrovò a mormorare sollevato, girandosi poi verso Sherlock - Quindi lei va bene? Non è una criminale o qualcosa del genere?- 

-Potrei esserlo.- rise lei, sarcastica.

-No, non lo è.- rassicurò il consulente investigativo per poi essere confermato anche dalla ragazza.

-In effetti non lo sono.-                                       

-È normale quindi?-

-Dr. Watson, potrei seriamente offendermi.- rispose ancora lei senza trattenere un sorriso.

-L’ultima parola sta solo a Rosie, non possiamo affidarla a qualcuno che non le piace, no?- fece notare Sherlock stupendo ancora l’amico che non aveva preso in considerazione il fatto che alla figlia non potesse piacere chiunque avrebbero scelto.

Proprio in quel momento si udì un pianto dalla camera di John che subito si alzò per andare a prendere la figlia in modo da poterla calmare, tutto sotto lo sguardo vigile di Sherlock.

John sussurrava parole dolci alla bambina mentre la cullava, il che sembrò funzionare dato che il volume degli strilli era diminuito.

-Provi lei.- disse, seppur reticente nel lasciare la figlia in braccio ad un’estranea. Anche Sherlock si fece molto più attento a quel punto.

La ragazza si alzò dalla sedia per poi avvicinarsi al dottore e prendere in braccio la bambina con molta attenzione. Era adorabile, pensò subito, avrà avuto un anno e mezzo, ed era bellissima oltre ad avere anche un fantastico tempismo. Nonostante la cullasse, il pianto non smise. Non finche Rosie non venne distratta dai lunghi ricci neri, li afferrò con una manina e concentrò tutta la sua attenzione su quei capelli.

-Beh..- iniziò Sherlock prendendo il tesserino abbandonato sul tavolino e leggendo il nome che riportava –Alexis Jones, benvenuta a bordo. Dico bene, John?-

-Una volta tanto.- sorrise, sollevato per essere riuscito a trovare qualcuno di sicuro, che fosse in grado di tenere d’occhio Rosie. Non aveva dato loro alcuna referenza, ma Sherlock Holmes aveva detto che quella ragazza sarebbe potuta andare bene e, vero tanto quanto il fatto che fosse la Terra a girare intorno al Sole,  John Watson  si fidava ciecamente di Sherlock Holmes.
 
 
 


* NHS è in Inghilterra ciò che in Italia corrisponderebbe all’AVIS

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


CAPITOLO DUE
 
Era più di un mese ormai che Alexis aveva iniziato a far parte della routine del 221b di Baker Street. Finiva le lezioni all’università e correva all’appartamento, studiava quando Rosie dormiva, si prendeva cura di lei e si faceva delle gran belle chiacchierate con Mrs. Hudson. Era stata oggetto di osservazione continua per le prime due settimane, il consulente investigativo notava qualsiasi dettaglio, ogni cosa che potesse completare il quadro, doveva solo accumulare informazioni. Capì di aver passato il periodo di prova nel momento in cui i due uomini iniziarono a dare ascolto alle sue opinioni sui casi .Il signor Holmes e il dr. Watson le piacevano e la cosa sembrava essere reciproca. Si appassionava ai misteri che sembravano entrare ogni giorno in quella casa e si divertiva un mondo a risolverli insieme a loro, non che facesse piantonamenti o cose del genere, ma aveva davvero un’intelligenza fuori dal comune, nelle deduzioni era brava quasi quanto Sherlock. Inutile dire che il consulente investigativo adorava la competizione, forse per questo continuava a coinvolgerla. John era solo lieto che non fosse scappata urlando quando aprendo il frigo trovò dei bulbi oculari al posto del succo di frutta.

Quando quel giorno Sherlock e John ritornarono al loro appartamento dalla stazione di polizia trovarono Alexis che giocava con la bambina. Rosie rideva, si divertiva, era serena e John  sentiva che gli faceva davvero bene al cuore vederla così. Andò dalla figlia che fece dei piccoli salti quando lo vide, tanto era contenta. Anche qualcun altro in quella stanza sembrava davvero molto contento.

-Allora, com’è il caso?- chiese la ragazza interessata.

-Decisamente un otto.- rispose Sherlock soddisfatto.

-Addirittura?-

-Porte chiuse dall’interno, anche il vetro della finestra rotto dall’interno, sei coltellate e nessuna traccia.- l’uomo parlava come estasiato, era troppo tempo che i casi non superavano un banalissimo sette.

-Nessuna?-

-Il nostro assassino sembra essere stato molto prudente.- fece notare John mentre si mise a sedere sulla sua poltrona con la figlia in braccio.

-Che si sa della vittima?- domandò ancora, curiosa.

-Uomo, trentaquattrenne, un architetto. Nessuna colluttazione: conosceva l’assassino. Una relazione stabile ma mai portata alla luce.- riassunse in breve Sherlock.

 -Questo non l’hai detto a Lestrade.- appuntò il medico.

-È qualcosa a cui può arrivare anche da solo.-

-Una relazione pericolosa?- ipotizzò Alexis. Forse era un po’ cinica, ma adorava gli indovinelli e gli omicidi non erano altro che questo: intricati indovinelli.

-Potrebbe.-

-Ma perché dovrebbe?- considerò -Potrebbe essere stata l’amante, ma se così fosse il signor Holmes non lo riterrebbe un otto, no?-

-Il corpo è stato trovato dalla vicina perché puzzava, nessuno si era reso conto della sua morte per giorni. Che razza di fidanzata farebbe questo?- inorridì il dr. Watson.

-La relazione era più che segreta, dunque.-

-I colpi sono stati inflitti con molta forza, dev’essere stato un uomo.- disse ancora John.

-Un rivale in amore, chiaramente.- ipotizzò Alexis.

-L’assassino potrebbe uccidere anche la donna se non viene trovato alla svelta.- Sherlock era frenetico. Si muoveva nell’appartamento, non stava fermo, viaggiava veloce con la mente e gesticolava come un pazzo.

-Bisogna cercare le coppie molto vicine alla vittima.- azzardò John mentre faceva ridere Rosie toccandole ripetutamente il naso.

-Quell’uomo aveva un’intensa vita sociale, sicuramente conosceva molte coppie.- considerò Sherlock camminando per la stanza.

-Un’intensa vita sociale e nessuno che fosse a conoscenza della relazione.. assurdo.- ragionò il medico ad alta voce.

-La gente vede, ma non osserva. Un po’ come te, John.-

-Un po’ come tutti, signor Holmes.- fece notare la ragazza sorridendo divertita.

-Prego?-

Il consulente investigativo non ebbe tempo di capire a cosa si stesse riferendo Alexis prima che qualcun altro entrasse nell’appartamento.

-Cucù- fece capolino dalla porta la padrona di casa -ero di sotto quando una lettera è scivolata sotto la porta, è indirizzata a lei, mio caro.- disse gentilmente porgendo ciò che aveva in mano a Sherlock.

-Grazie Mrs. Hudson.- Sherlock prese la busta con l’intento di posarla da qualche parte per decidere se aprirla o meno in un secondo momento, ma nel farlo si gelò un momento, chi non l’avrebbe fatto se avesse letto “serve aiuto?” su una lettera anonima esattamente nel momento in cui, effettivamente, un aiuto non sarebbe stato disdegnato?

-Sherlock- si allarmò subito John -tutto bene?-

Non gli piaceva, quella reazione non gli piaceva decisamente. La tensione era schizzata alle stelle in un secondo, anche Rosie sembrava guardare attenta la figura di Sherlock.

-Ha a che fare con il caso.- spiegò brevemente osservando la busta: di carta, economica, probabilmente presa in una cartoleria. Era molto anonima, interamente bianca, il mittente deve averla consegnata a mano lui stesso.

-L’assassino ti ha scritto?- chiese ancora John.

-Non lui.. qualcuno che sa chi è. E questo qualcuno si vuole divertire, suppongo.-

-Qualcuno come Moriarty?-

-Chi è Moriarty?- si intromise Alexis.

-Nessuno di rilevante, non più. Non essere sciocco, John, non può essere lui.-

-Ho detto “qualcuno come lui”, non “lui”.- ci tenne a precisare il medico con una nota di disappunto nella voce, o era nervosismo? -Apri la busta e vediamo cosa ha scritto, forza.-

-“1-5-106 DC”- lesse semplicemente. Carta comune da stampante, cifre e lettere non scritte a mano, era decisamente un informatore cauto.

-Che significa?- chiese ancora.

-Può avere infiniti significati. Potrebbe essere un messaggio cifrato, un codice, una password, le pagine di un libro..-

-Ancora un altro libro?- sospirò John, memore della notte in bianco per il caso del banchiere cieco.

-Un criminale poco originale, che vuoi che ti dica?- alzò le spalle per poi girarsi verso l’anziana signora, sorridendole elettrizzato -Mrs. Hudson, prepari l’acqua per il thè, abbiamo del lavoro da sbrigare!-

-Non sono la vostra governante!-

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


CAPITOLO TRE
 
Erano ore che spulciavano tra i libri: avevano cercato tra ogni titolo e ogni autore che avesse come iniziale “D.C.”, si erano anche chiesti se non fossero riferiti ai fumetti. John a stento teneva gli occhi aperti mentre continuava la sua ricerca online.
 
-Dovresti tornare a casa.- fece poi lui rivolto alla ragazza.
 
-Cosa?- Si riscosse sentendolo, anche lei impegnata con la ricerca sul proprio cellulare.
 
-John ha ragione, sono le tre del mattino. Domani mattina hai lezione.-  concordò Sherlock.
 
-Ti scriveremo se scopriremo qualcosa.-
 
Cavolo, con una Rosie adolescente se la sarebbero cavata benissimo! 
Effettivamente la sveglia era programmata per quattro ore dopo e anche se era visibilmente scocciata di abbandonare il caso, doveva riconoscere che sentir parlare il professore di  biochimica analitica strumentale senza una dormita decente le avrebbe assicurato un pisolino sui banchi. Non che fosse totalmente colpa sua, lo smile disegnato sulla carta da parati aveva più enfasi di quell’uomo.
Alexis salutò i due uomini per poi uscire fermando un taxi per miracolo. Cosa avessero da correre i taxisti  poi, questo per lei sarebbe stato sempre un mistero irrisolvibile.
 
-Ludgate Hill 47, per favore.-
 
E forse era la mancanza di sonno, il miscuglio tra thè e caffè che aveva ingerito in quantità industriale, oppure solo la sua mente che non poteva non correre come un treno, ma quando passò davanti la cattedrale di Saint Paul tutti i  tasselli del mosaico si misero al loro posto da soli.
---
Quella mattina Alexis non andò a lezione. Non aveva nemmeno dormito, aveva semplicemente constatato la sua teoria, tutto aveva finalmente senso. Uscì dall’appartamento senza disturbare la sua padrona di casa o il suo cagnolino e raggiunse velocemente la strada, diretta verso la stazione metro più vicina.
Mentre camminava a passo spedito le si accostò un’automobile scura, molto elegante, sicuramente molto costosa. Alla prima traversa, la macchina le bloccò la strada. Scese una donna che non si scomodò nemmeno di alzare lo sguardo dal suo cellulare.
 
-La signorina Jones?-
 
-Scusi?- come diavolo era possibile che quella sconosciuta sapesse chi fosse o dove abitasse?
 
-Mi segua, prego.- disse con tutta la tranquillità del mondo rientrando in macchina lasciandole lo sportello aperto. Certo, la ragazza era intelligente, ma lo spirito di sopravvivenza si poteva dire fosse indirettamente proporzionale alla curiosità. Sarebbe morta di curiosità per qualsiasi cosa. Probabilmente sarebbe morta anche per curiosità un giorno.
 
-Lei chi è?- chiese una volta salita sulla vettura. Si guardava in giro, ma era tutto talmente informale che non era riuscita a cogliere nessuna informazione.
 
-Una segretaria.-
 
-Questo era evidente, ma per chi lavora?-
 
-Per qualcuno che vuole incontrarla.-
 
-Io avrei davvero questioni urgenti da sbrigare, se mi potesse dare più informazioni..-
 
-Anche lui ha faccende urgenti da sbrigare.-
 
-Devo essere preoccupata?-
 
-Ha qualcosa da nascondere?-
 
-Non che io sappia.-
 
-Bene.-
 
Una persona davvero di poche parole, non c’era alcun dubbio. Non che si aspettasse di fare conversazione o qualcosa del genere, ma non c’era nemmeno una radio a smorzare il silenzio! Cercò di guardare fuori dal finestrino, riuscì a riconoscere il Tamigi, poi un ponte a lei familiare, l’autista aveva poi girato a destra, poi a sinistra, ancora a sinistra e..
 
-Non è un rapimento, su questo può stare tranquilla.- parlò di nuovo la segretaria, evidentemente si era accorta del suo tentativo di ricostruire il percorso. Forse le era già successo altre volte.
 
-Sembra faccia spesso cose del genere.-
 
-È una persona che ama la discrezione.-
 
La macchina arrivò e la donna la invitò a scendere. Le sembrava di trovarsi in un enorme magazzino abbandonato o qualcosa del genere. Doveva ammettere che tutto quello era davvero molto teatrale, si sarebbe dovuta complimentare con questo fantomatico “lui”.
 
-Finalmente ci incontriamo. Mi scuso per il ritardo, ci saremmo dovuti incontrare più di un mese fa, ma sono stato davvero sovraccarico di lavoro. Sono lieto di conoscerla signorina Jones.-
 
Un uomo uscì dall’ombra della stanza. Davvero teatrale, ma a chi non piace un po’ di drammaticità? L’uomo camminava appoggiandosi ad un ombrello ma, ne era più che sicura, non ne aveva davvero bisogno. Era ben vestito, le mani curate erano segno di un lavoro d’ufficio. Aveva un sorriso glaciale sul volto, una maschera per non far trapelare più informazioni possibili? Ci avrebbe scommesso.
 
-Vorrei poter dire lo stesso, ma non ho idea di chi sia.-
 
-E non ne è allarmata?-
 
-Il manico del suo ombrello è una pistola, se avesse voluto farmi del  male l’avrebbe già fatto.- fece allora notare la ragazza -Lei chi è?-
 
-Una persona molto vicina a Sherlock Holmes. Conoscerà sicuramente il dr. Watson, indubbiamente un brav’uomo, ma ottuso nella sua lealtà. Suppongo non abbiano mai fatto il mio nome, non ne hanno alcun motivo. Tempo fa feci una proposta al dr. Watson, proposta che rifiutò. Vorrei che invece lei la consideri.-
 
-Mi dica pure.- concesse dopo pochi secondi di silenzio in cui rielaborava velocemente quanto appena detto.
 
-Informazioni. Informazioni su tutto ciò che accade all’interno del 221b. Faccia lei il prezzo.-
 
-Perché è così interessato?-
 
-Che ci vuole fare, mi preoccupo.-
 
Avrebbe potuto essere sarcastico, ma no. Quell’uomo era sinceramente preoccupato per Sherlock Holmes. Certo, avrebbe potuto utilizzare anche altri metodi, una telfonata?
 
-Mi perdoni, ma si dovrà di nuovo vedere la sua offerta respinta.-
 
-So che anche lei cerca delle informazioni.- continuò poi -Era andata a Baker Street per quello, no? Posso aiutarla io.-
 
-Posso risolvere le mie questioni anche da sola.- rispose prontamente, pur soppesando velocemente la nuova offerta.
 
-Bene.- sospirò quello -Forse sta imparando a scegliersi le persone con maggior attenzione. Anthea, accompagni la signorina Jones a Baker Street, non si dica che non sia un cavaliere. Ci rivedremo presto in ogni caso.- salutò facendo un cenno con il capo.
 
-Le credo sulla parola.- dopo aver ricambiato il gesto, salì in macchina.
 
La segretaria era già accanto a lei concentrata nell’inviare messaggi vari.
 
-Anthea, eh? Davvero un bel nome.- tentò la ragazza.
 
-Grazie.-
 
-Molto particolare, significa “contrario” ma può essere interpretato anche come “fiore” a seconda del contesto. Strano il greco, non trova?-
 
-Già.-
 
Nulla. Era impossibile. Si arrese a passare il viaggio nel più completo silenzio.
 
-Eccoci arrivate.- disse Anthea quando l’auto si fermò.
 
-Grazie per la chiacchierata.- salutò la ragazza scendendo dall’auto.
 
Suonò alla porta alla quale andò ad aprire la padrona di casa che subito la salutò calorosamente.
 
-Alexis, buongiorno! Tutto bene, cara?-
 
-Magnificamente Mrs. Hudson.- le sorrise per poi correre per le scale.
 
-Ho capito il contenuto del biglietto!- esclamò entrando nell’appartamento mentre dallo zaino tirava fuori un libro molto voluminoso. -D. C.! Divina Commedia! Cantica 1, canto 5, verso 106!-
 
Le reazioni dei due uomini furono molto diverse: John si abbandonò sulla poltrona con una tazza di thè in mano, privo di qualsiasi energia; Sherlock sembrò animarsi di colpo.
 
-Geniale! Un informatore assolutamente geniale!-
 
-Buongiorno anche a te, Alexis.- la salutò il medico, molto più pacato -Di che verso si tratta quindi?-
 
-“Amor condusse noi ad una morte.” Ma la parte interessante viene dopo.-
 
-Non mi dire.- sbuffò appena John.
 
-“Caina attende chi a vita ci spense”- 
 
-Il fratello! Lo sapevo! Non ci si può fidare dei familiari!- commentò Sherlock.
 
-Come hai fatto?- chiese ancora John.
 
-Mi è venuto in mente vedendo la cattedrale di Saint Paul. Sa, Paolo e Francesca e tutta la storia.. Ma non dovreste correre da Scotland Yard?-
 
-Saremo lì in un lampo!- Sherlock sembrava un uragano nel mettersi la propria sciarpa e il classico cappotto.
 
John fu il primo ad uscire e mentre Sherlock fece per seguirlo Alexis lo chiamò.
 
-Oh, signor Holmes.-
 
-Sì?-
 
-Suo fratello è davvero uno strano tipo.- sorrise la ragazza.
 
-Un marchio di fabbrica.- rispose con sarcasmo per poi lasciare l’abitazione. Non che le avesse mai parlato di Mycroft, ma la cosa non sembrò stupirlo affatto. E dire che suo fratello si credeva così cauto.






Angolo dell'autrice
Perdonatemi! Speravo davvero di poter aggiornare prima, purtroppo ho sottovalutato la maturità a distanza. Spero che la storia vi stia piacendo!

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


CAPITOLO QUATTRO
 
 

-Quindi ha confessato?- chiese Alexis ai due uomini appena entrati nell’appartamento.

Era seduta sul pavimento e stava facendo il solletico a Rosie che rideva a crepapelle, finché poi non si tuffò tra le braccia della ragazza e non iniziò a giocare con i suoi capelli. Aveva una strana fissazione per quei lunghi ricci, forse le ricordavano quelli di Sherlock, chissà, davvero non ne aveva idea.

-Aveva l’arma del delitto in casa, non è che avesse chissà quale scelta.- rispose il consulente togliendosi il cappotto.

-Almeno non è riuscito ad uccidere ancora. La moglie ha rischiato davvero molto.- commentò lei.

-Il marito.- corresse John.

-Come?-

-Il marito ha rischiato molto.- spiegò  -Aveva una relazione con il marito del fratello.-

-Oh, ma andiamo! Era tutto esatto!- sbuffò scocciata.

-C’è sempre qualcosa che sfugge.- nel dire ciò, Sherlock aveva un sorriso appena accennato.

-Non dovrebbe.-

-Mi chiedo chi fosse il nostro informatore. Sembrava tutto così.. premeditato.- ragionò, spostando il discorso su un tema di cui nessuno aveva ancora parlato.

-Crede che qualcuno abbia spinto l’uomo ad uccidere il fratello?-

-La busta è arrivata a noi, non a Scotland Yard. Qualcuno sta giocando.-

-Sembra quasi che tu abbia una calamita per assassini psicopatici.- disse il medico alzando gli occhi al cielo.

-Tu sicuramente ce l’hai per i sociopatici iperattivi.- rispose senza celare un sorriso divertito.

-Adorabili.- commentò Alexis intenta a giocare con le manine della bambina.

-Non siamo una coppia.- si affrettò a chiarire John.

-Ne è sicuro?- sorrise con un occhiolino per poi alzarsi con la piccola ancora in braccio -Porto fuori Rosie per una passeggiata, tra un’ora al massimo torno.-

Dopo aver ricevuto un cenno d’assenso dai due andò in camera del medico per sistemare la bambina. Uscì molto velocemente, mentre i due uomini erano rimasti in silenzio trovandosi qualcosa da fare nel tentativo di dissimulare un imbarazzo più che palpabile. John era sulla sua poltrona con un libro in mano, Sherlock suonava il suo violino mentre era affacciato alla finestra. Forse Vivaldi poteva smorzare quel silenzio. O forse John poteva farlo anche meglio.

-È con noi da un mese, come ha potuto pensare che siamo una coppia? È ridicolo.-

-Non proprio.- rispose Sherlock smettendo di suonare, posando poi il violino sul tavolino.

-Cosa?-

-Se ci pensi non è ridicolo: viviamo nello stesso appartamento e cresciamo tua figlia. Certo, tu in questo sei più bravo, ma la mia dose di pannolini cambiati e pianti nel bel mezzo della notte l’ho avuta.- spiegò -Non che mi sia mai dispiaciuto, adoro Rosie.- si affrettò poi ad aggiungere.

-Non ne ho mai dubitato.- sorrise intenerito il medico.

-E poi sono il suo padrino. È mio dovere prendermi cura di lei quando tu non puoi.-

-Finché non diventi un padrino alla Francis Coppola.-

-Aspetta che inizi ad andare a scuola per quello.-

Risero entrambi. Certamente quella bambina non sarebbe riuscita ad avere vita facile con loro, bisognava solo sperare non sarebbe finita con il detestarli.

-Ha conosciuto Mycroft.- disse poi Sherlock.

Voleva informarlo di tutto. Non voleva che si sentisse escluso in caso fosse uscito fuori l’argomento e lui fosse stato l’unico a non saperlo.

-Che fortunata.-

-Sicuramente avrà rifiutato, chissà cosa le ha offerto.-

-Tuo fratello dovrebbe solo telefonarti più spesso.-

-Cielo, assolutamente no!-

-Okay, sai, non vi crede più nessuno.- alzò gli occhi al cielo -Questa cosa del “non ho sentimenti” non regge più. Non ha mai retto a dir la verità.- 

Il che era vero. Entrambi i fratelli Holmes reprimevano i loro sentimenti, ma si tradivano continuamente.

-Sciocchezze.-

-Certo.- lo assecondò, seppur in tono palesemente sarcastico.

Il rumore dei passi e il cigolare dei gradini delle scale furono chiaramente udibili, seguiti poi da un suono che sembrava essere una corsa sul legno scricchiolante.

-Mrs. Hudson! Faccia più piano per le scale, è tremendamente fastidiosa!-

-Sherlock..-

-Cosa?-

-Mrs. Hudson è andata a fare la spesa, non è in casa.-

Entrambi si scapicollarono per vedere chi si fosse intruso, si congelarono quando videro una lettera appena fuori la porta del salotto. Fu Sherlock a prenderla, ma come la volta precedente non riuscì a trarne molte informazioni.

-Cosa diavolo è quella?-

-Di nuovo l’informatore.-

-È entrato dentro casa nostra! È entrato e non ce ne siamo accorti!-

John era a dir poco fuori di sé. Come poteva ora lasciare sua figlia in quell’appartamento se un estraneo psicopatico era in grado di entrare a suo piacimento?

-John, calmati. Non ricapiterà.-

Era una promessa quella di Sherlock. Gli aveva posato una mano sulla spalla, il contatto fisico avrebbe aiutato a calmarlo, no?
Sembrò funzionare, dopo un respiro profondo John si tranquillizzò e si accostò al coinquilino per osservare quanto scritto sul foglio.

-Un altro codice. Solo numeri.-

Il medico lo lesse, che fosse un messaggio criptato era ovvio, ormai non se ne stupiva più.
“10131051031513161210135142010. 22103151014221512751815410161021”. Erano queste le cifre scritte, cosa avrebbero dovuto significare?

-Puoi decifrarlo?-

-Certo che posso.- rispose offeso -È una sciocchezza potrebbe riuscirci anche Lestrade. Le cifre hanno una corrispondenza con le lettere dell’alfabeto. Banale. Forse non vuole farci vedere subito di cosa è capace, certo non che..-

-Cosa dice?- lo interruppe prima che si avventurasse in qualche sproloquio senza fine.

-“I miei complimenti. Vi coinvolgerò di più.”- interpretò il consulente.

-Secondo te cosa intende?-

-Nulla di buono.-

 

 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti! Spero la storia vi stia interessando.. cercherò di rendere le cose più interessanti nei prossimi capitoli!

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