Soffocato

di Voglioungufo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tulipano giallo ***
Capitolo 2: *** Camelia gialla ***
Capitolo 3: *** Papavero ***
Capitolo 4: *** Nontiscordardime ***
Capitolo 5: *** Trifoglio bianco ***
Capitolo 6: *** Fiore di veronica ***
Capitolo 7: *** Higanbana ***



Capitolo 1
*** Tulipano giallo ***


«Malattia di Hanahaki ( ) : Vomitare fiori.
La vittima tossisce petali di fiori quando soffre di amore unilaterale. Più si avvicina a un fiore sbocciato, più ci si avvicina alla morte. Oltre al ricambio dei sentimenti da parte dell’amato, non esiste una cura nota per questa malattia
 
Sasuke alza lo sguardo dal testo polveroso e guarda Sakura, il suo volto pallido e gli occhi gonfi dal pianto, la cornea macchiata rosso.
“Non esiste nulla del genere” dice.
 Ma il mucchio di fiori che gli porge con un singhiozzo dice il contrario.
Ha una fitta al petto, un dolore che si mischia al senso di colpa e gli blocca il respiro. Perché vorrebbe, ma non può amare Sakura come vuole lei, non ci riesce.
“Sakura…”
Scuote la testa, gli occhi umidi. “Non sono miei…”
Sono di Naruto.
 

 

 

 

Soffocato

 

 

 

 

1

Tulipano giallo

 

 

“Ehi!”
Naruto apre gli occhi e sorride, guarda la figura capovolta di Sakura contro il cielo e resta disteso sul prato smeraldo. Fa un movimento con la testa che potrebbe dire tutto e niente, ma Sakura capisce ugualmente e si stende accanto a lui, le spalle che si sfiorano, i capelli che si aprono come un ventaglio e macchiano l’erba di rosa.
Restano in silenzio per alcuni minuti, il cuore le rimbomba nelle orecchie mentre si chiede come domandarlo. Forse non è il momento giusto, una parte di lei non vuole rompere questo pacifico silenzio di un qualsiasi pomeriggio di primavera. È così raro il silenzio attorno a Naruto che sarebbe un crimine interromperlo.
Ma ha una missione. Deve farlo, Sasuke conta su di lei, è lei l’unica che può farlo ora.
“Naruto…” inizia e si morde subito le labbra con gli incisivi.
Ma ormai ha fatto il danno e Naruto ronza con quieto mmh con le bocca chiusa per spronarla.
Con le dita si aggrappa ai fili d’erba e inizia a strapparli, in gesti nervosi e inconsci.
“Noi due siamo migliori amici, vero?”
Naruto apre ancora gli occhi, ma questa volta sposta le iridi a fissare il suo profilo con una luce calda e affettuosa.
“Ma certo, dattebayo!”
Fa un sorriso, tranquillizzata dall’espressione squillante che riconduce alla loro infanzia, quando erano genin imbranati e l’unica preoccupazione era quel maledetto gatto fuggitivo. Sakura è felice dov’è ora, ma quei giorni continueranno a mancarle per sempre.
Il suo sorriso trema mentre pensa a quello che deve dire. La presa sui maltrattati fili d’erba si fa più serrata, nervosa.
“E… se fossimo più che migliori amici?”
L’espressione radiosa sfuma fino a corrucciarsi in esitazione e rammarico. Naruto non ha da dire altro mentre chiede scusa con lo sguardo e Sakura non può intimamente che sospirare di sollievo – non è lei che lo sta uccidendo – che di paura – chi è?
“Ti… c’è qualcuno che ti piace?” chiede arginando l’angoscia per tenere la voce asciutta.
Naruto la guarda triste. “Non mi piaci, Sakura” precisa.
“Lo so” replica suo malgrado stizzita, poi esita: “Intendo… in generale”.
Ora Naruto la guarda curioso, ma riesce a vedere anche il pizzico di preoccupazione che si muove tra le ombre degli occhi blu. Poi scuote la testa, un nuovo sorriso sulle labbra.
Sakura conosce quel sorriso: è quello finto che odia con tutta se stessa.
“No, Sakura. Non c’è nessuno!”
La voce squillante viene interrotta bruscamente da un colpo di tosse. Naruto strabuzza gli occhi e si porta una mano alle labbra, la tosse che scuote tutto il suo corpo mentre si mette a sedere. Sakura lo segue nel movimento, allarmata e terrorizzata. Appoggia una mano sulla sua schiena e cerca di aiutarlo in quel movimento, la tosse sembra dolorosa. Lentamente diminuisce, fino a diventare solo piccoli colpi e rantoli soffocati. Apre gli occhi guardandola esitante e lentamente allontana la mano dalla bocca.
Sakura sente il cuore riempirsi di sollievo quando vede che non ci sono petali. Con il pugno chiuso, Naruto si asciuga le labbra dalla saliva.
“Forse è meglio che vada” dice, la voce ancora strozzata e gli occhi lucidi. Li strizza un paio di volte mentre si alza. “Sì, direi di sì. Kakashi-sensei mi aspetta”.
Sakura prova a protestare, ma non riesce a dire nulla. I suoi occhi vengono distratti dal pugno chiuso di Naruto, ancora chiuso come se trattenesse qualcosa.
“Naruto…” lo chiama con il cuore in gola.
Ma lui si è già allontanato, tossendo ancora con forza a ogni passo, piegato su se stesso.
“Sto bene, Sakura-chan” promette. “Mi è andata solo della saliva di traverso”.
Gli occhi le cadono su un petalo viola, inzuppato di saliva, caduto sul prato. Lo afferra e il sollievo che provava fino a pochi minuti fa si annichilisce nell’angoscia.
 
Quella sera, dopo aver consultato dei libri, scopre che quel petalo viola appartiene alla digitalis purpurea, conosciuta comunemente come digitale, e che nel linguaggio dei fiori significa menzogna.

 

*

 

Naruto continua a tossire petali. Di nascosto, senza dirlo a nessuno, ogni volta che un attacco di tosse lo coglie si allontana da tutti e sparisce dove lo sanno solo gli dei. Sakura sente la tosse soffocata da dietro le porte degli uffici del palazzo e trova i petali di camelia spiegazzati nascosti nei cestini. A volte può vedere le nuance sulle labbra, lì dove i petali si sono premuti con così tanta forza da rilasciare il loro colore, come un rossetto sbavato in una bocca che desidera essere baciata.
Naruto è molte cose, ma non è sottile, non è in grado di nascondersi. Soprattutto non a lei, che lo conosce così bene. Cerca di essere discreto, fugge alle sue domande insistenti con una risata e ha sempre una buona scusa per la tosse. Non riesce mai a fermarlo, a smuoverlo dal mutismo in cui si è barricato.
“Sono il miglior medinin del continente”.
“Lo so, Sakura-chan”. E le sorride con orgoglio.
“Sono il medico della nostra squadra”.
Continua a guardarla sorridendo.
“Se hai un problema… devi dirmelo!” insiste e si sente sull’orlo del pianto.
Naruto continua a sorridere sereno, lo sguardo più morbido e dolce.
“Certo che te lo direi, se ci fosse un problema”.
“La tua tosse…”
“Non c’è niente di sbagliato in me” le assicura. “Ti prego, credimi”.
Lei gli crede, perché non può fare altrimenti. Ma ogni volta lascia sempre una scia di petali che Sakura raccoglie con cura e conserva, appuntando il tipo e il significato di ognuno.
C’è il ciclamino per l’addio e la rassegnazione, il garofano rosso per l’ammirazione,  la calendula per la crudeltà e la pena, il nontiscordardime per la fedeltà perpetua,
la camelia del sacrificio, l’erica della solitudine, la ruta per il rimpianto e l’achillea per la guerra.
Ma c’è un fiore che ricorre più degli altri, dai petali lunghi e sottili come le zampe dei ragni che sembrano essere stati intrisi nel sangue. Sakura non ci mette molto a riconoscerli, non dopo tutti quelli che ha portato al cimitero per Sandaime-sama, per Asuma-sensei e Neji.
Sono petali di higanbana.
Il suo nome specifico sarebbe lycoris radiata, ma i nomi più comuni sono altri: giglio ragno rosso per la morfologia atipica dei suoi petali,  fiore dell’equinozio poiché sboccia in autunno o giglio uragano –come un Uzumaki. Ma c’è un nome per cui è molto più famoso, che le fa accapponare la pelle in un presagio macabro e terribile.
Quello è il fiore dei morti.
Il fiore che, secondo la leggenda, sboccia quando incontri una persona che sei destinato a non rivedere mai più.

 

*

 
Sasuke è più discreto nell’indagare. C’è uno strato di persistente scetticismo nella sua mente, che gli impedisce di credere all’esistenza di quella malattia che sembra essere uscita da una delle fiaba che gli raccontava la mamma. Continua a ripetersi che Sakura si sbaglia, che quei petali che gli porta ogni giorno sono altro e non i sentimenti del suo migliore amico che hanno messo radici nei suoi polmoni per soffocarlo.
Deve vederlo con i suoi occhi per crederci.
Una notte in cui Naruto si è trattenuto con Kakashi fino a tardi e per le strade del villaggio non c’è nessuno, fatto per eccezione delle pattuglie lungo le mura. Sasuke lo segue a distanza, rendendo il proprio chakra impercettibile. Naruto fa solo pochi passi prima di piegarsi contro una casa e iniziare a tossire così forte che sembra stia per vomitare il suo stesso cuore. I singhiozzi echeggiano nella via vuota come rantoli di un moribondo. Sasuke guarda quelle spalle così forti – le spalle di qualcuno che ha preso carico di tutto il suo dolore – e desidera solo andare al suo fianco per sostenerlo, aiutarlo. Ma resta immobile nelle ombre, le ossa che stridono al ritmo della tosse.
Non è sorpreso come dovrebbe quando vede petali svolazzare a terra, uscire direttamente dalle sue labbra umidi di saliva.
L’hanahaki esiste davvero e sta uccidendo Naruto.
 
Il suo primo sospetto è che si tratti di Kakashi. Del resto si trovava con lui appena pochi minuti prima di essere colpito da quell’attacco di tosse floreale. Ma la scarta subito: se fosse Kakashi, Sakura se ne sarebbe accorta. Naruto ha gli occhi più espressivi che conosca, sarebbe impossibile per lui nascondere il desiderio nello sguardo. Se fosse Kakashi, chiunque stando nella stanza con loro se ne sarebbe accorto.
Ma allora chi? Sakura si è fatta avanti inutilmente e Naruto ha sempre chiarito di non amare romanticamente Sasuke.
Continua a seguirlo per scoprirlo. A differenza di Sakura, sa che Naruto piuttosto che ammettere il problema si lascerà soffocare da esso.
Vorrebbe così tanto poterlo affrontare, costringerlo a sputare fuori la verità come sputa quei petali; vorrebbe che smettesse di immolarsi in quel modo per non far preoccupare gli altri. Ma, soprattutto, prova un odio sottopelle che brucia le sue vene, sobilla al pensiero di quella persona che ha rifiutato l’amore di Naruto. Desidera capire chi è stato così folle da farlo, così crudele da lasciarlo soffocare con fiori nei polmoni, solo per costringerlo a ingoiare quei petali uno a uno.
Comincia a essere più attento al modo in cui Naruto si rapporta agli altri, paragona i suoi sorrisi a seconda di chi siano i destinatari. Ma non coglie niente, non trova quella persona che fa brillare gli occhi di Naruto di desiderio e amore. Anche attendere la delegazione di Suna con il Kazekage si rivela un buco nell’acqua.
O Naruto è diventato un esperto dissimulatore, o la persona che ama non è tra quelle che incontra abitualmente.
È così che capisce.

 

*

 
“So chi è”.
Sakura sussulta e la cartella clinica quasi le scivola dalle dita. Si volta e vede il compagno di squadra guardarla in modo quasi febbrile.
“Sa… Sasuke!” sibila a bassa voce. “Non puoi teletrasportarti così in ospedale”.
Lui non l’ascolta nemmeno, preme solo la mano sulla sua spalla con così tanta forza da farle fare una smorfia.
“So chi è, Sakura” ripete, più incisivo. “So chi è che ama”.
Ci vogliono pochi secondi perché capisca e gli occhi verdi si spalanchino di meraviglia e sorpresa.
“Chi?” sussurra.
Ha quasi paura a sapere la risposta. Si aggrappa alla cartella clinica con forza, come se fosse un’ancora di salvezza. Più secondi passano nel silenzio più il cuore le batte in gola. Chi è, che Sasuke è così riluttante a dirlo?
Aumenta la stretta sulla spalla.
“Adesso è da lui, vieni”.
Dovrebbe protestare, perché sta lavorando e ci sono medici alla sua dipendenza che aspettano ordini, ci sono pazienti che devono essere curati, shinobi che aspettano solo lei per poter uscire da lì. Ma tutto questo impallidisce fino a svanire, tutto viene inghiottito in secondo piano. In primo piano ci sarà per sempre e solo la sua squadra e non importa in quanti altri abbiano bisogno di lei.
Naruto e Sasuke vengono prima di tutto.
Sasuke non aspetta che annuisca, con il rinnegan viaggia tra lo spazio portando la ragazza con sé.
Sakura sbatte le palpebre quando si trova la luce del sole negli occhi. Le ci vogliono alcuni secondi di accecamento per riconoscere lo spazio aperto che ha davanti. Il luogo dove anni prima erano stati promossi a genin, lo spazio aperto dove è stato eretto il monumento commemorativo. Quello che Kakashi a guadava mentre dava loro la prima lezione, quella che ognuno di loro si porta ancora dentro come un mantra.
Naruto è davanti a esso, come molte altre volte. Naruto visita spesso quel luogo per salutare i suoi genitori, non capisce cosa ci sia di diverso questa volta.
Finché non inizia a tossire.
Inizialmente è solo un colpo di bocca che diventa un crescendo e si piega in se stesso, la schiena curva e la testa china sotto quei colpi. Petali gialli escono dalla bocca aperta, la mano che si tiene il petto come se stesse soffrendo. Sakura ultimamente ha passato abbastanza tempo sui libri di botanica da riconoscere il fiore a cui appartengono.
Tulipano giallo, amore disperato.
L’altra mano resta aggrappata alla pietra commemorativa, i polpastrelli che seguono un nome inciso in una carezza ugualmente disperata.
Sasuke sospira sconsolata e Sakura sente il cuore sanguinare.
Oh no, Naruto…
Il nome che sta accarezzando mentre i petali continuano a vomitare dalle sue labbra è quello di Uchiha Obito.
 
 
 

 

 

 

 
Note dell’autrice.
Immagino che chi mi conosce sapeva che sarebbe finita con quel nome. Well, fingerò comunque di avervi sorpreso.
Insomma, vengo con questa nuova idea molto angst che, vi avviso subito, non finirà a rose e fiori (per restare in tema). Mi è entrata in testa due settimane fa e ho sentito l’impulso di scriverla, Rekichan e Iky hanno poi spinto perché la sviluppassi ed è diventata una mini-long (sui sei-sette capitoli. E questa volta lo dico sul serio perché è praticamente finita, devo vedere se mi servono ancora due capitoli o invece di uno per terminarla hahaha).
Spero possa piacervi, l’hanahaki è un trope che mi affascina tantissimo e sarei molto felice se, per esempio, ispirasse qualcun altro a scriverci sopra c: perfavore.
Se mi lascerete un commentino vi regalerò un biscotto <3
Hatta.

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Capitolo 2
*** Camelia gialla ***


2
Camelia gialla

 

 

Naruto smette di tossire, si passa una mano sulla bocca per asciugarsi il mento dalla saliva e guarda il mucchietto di petali di tulipano. Sono così tanti… più del solito.
Sorride rassegnato e crolla a sedere sullo spiazzo, la mano ancora appoggiata alla lapide, a quel nome.
“Lo so che siete lì” mormora, la voce roca.
Non sposta gli occhi dai petali nemmeno quando Sakura e Sasuke si siedono ai suoi lati, tenendolo stretto. Sasuke si incastra lì dove della protesi, quel piccolo posto che è sempre stato suo, e Sakura appoggia la testa contro la sua spalla.
“Sto bene” mormora per rassicurarli.
“Stai morendo” lo contraddice Sasuke duro.
Sakura raccoglie i petali con delicatezza, li tiene come se fossero così delicati da sgretolarsi tra le sue dita.
“Da quando?” sussurra.
Sono così tanti. Quanto mancherà perché inizi a tossire boccioli, fiori interi?
“Qualche mese” dice con leggerezza. “Da quando l’ho realizzato. Voi?”
“Due settimane” ammette Sakura. “Ti ho visto tossire petali nel cestino”.
“Oh…” ride. “Dovevo stare più attento”.
Sakura stringe il pugno sui petali, li spiegazza e trema di rabbia. Non devi nasconderlo le resta incastrato nella gola.
“Va tutto bene” ripete Naruto rassicurante. “Supererò anche questa, vedrai”.
Restano in silenzio qualche secondo, lasciandosi cullare dalla dichiarazione audace, dall’ottimismo contagioso che è in grado di trasmettere con poche parole e per un momento sembrano dimenticarsi che non esiste cura.
Poi Sasuke fa la domanda che Sakura non ha il coraggio di porre:
“Perché lui?”
Le labbra di Naruto tremano in una piccola risata imbarazzata. Si gratta la testa e nel movimento entrambi scivolano ancor di più contro di lui.
“È così strano?”
Gli occhi verdi incontrano esitanti quelli neri prima di mormorare:
“Un po’”.
Naruto sorride a labbra chiuse, dolce, negli occhi quell’espressione emozionata che Sasuke ha cercato da giorni. Fa male che sia per una tomba.
“Sono entrato nella sua testa” mormora. “Ho visto, sentito… tutto di lui. Era ovvio succedesse” ride, ma si afferra i capelli quasi con disperazione. “Come poteva non succedere dopo che sono entrato così a fondo nel suo cuore? Tutto… i suoi sogni da bambino, i suoi desideri, l’affetto, la disperazione e la rassegnazione… il suo amore”. Non sta più ridendo. “Ha amato così tanto. E anche se quell’amore non era per me, ho desiderato lo fosse”.
Sasuke abbassa lo sguardo e ricorda quel momento, il tiro alla fune dove i chakra sono entrati in contatto. Ricorda la forza che lo trascinava nella coscienza del Jinchūriki del Jūbi, come non abbia voluto farsi risucchiare da essa mentre Naruto si gettava a capofitto, impulsivo come suo solito, lasciandosi travolgere dai ricordi estranei. Ma d’altronde se non l’avesse fatto non sarebbe mai arrivato così in profondità nel cuore di Obito per prenderlo per mano e dare quell’ultimo strattone definitivo al chakra dei cercoteri. Probabilmente se non si fossero incontrati in quel modo non avrebbero mai vinto.
“Naruto, ha ucciso i tuoi genitori”.
Sasuke non si sente crudele a ricordarglielo. Qualsiasi cosa purché non ci sia più  quell’emozione nei suoi occhi, qualsiasi cosa purché smetta di uccidersi con questi sentimenti.
“Lo so”.
“Voleva ucciderti”.
“Mi ha anche salvato la vita, due volte, e ha salvato Kakashi-sensei e ti ha riportato da me e Sakura quando Kaguya ti ha diviso da noi” ricorda. “Avrebbe riportato in vita tutte le vittime della guerra1”.
Sasuke rimane in silenzio, poi:
“È morto”.
Il sorriso di Naruto è triste.
“Per me”.
 
*
 
Sakura riesce a convincerlo a fare un’ecografia, anche se costringe se stessa e Sasuke a giurare di non dirlo a nessuno. Naruto non vuole far allarmare Konoha, non vuole mettere in agitazione il Rokudaime quando c’è ancora molto da fare per la pace. Ci sono priorità e ha intenzione di non distogliere la sua attenzione da esse.
La stanza d’ospedale è vuota, Sakura ha fatto in modo che ci fossero solo loro tre e nessuno venisse a disturbarli. Ha iniziato una nuova cartella medica dove appuntare tutte le condizioni di salute di Naruto.
Non c’è cura continua a fare capolino nella sua mente, ma lei è una medi-nin, la migliore di Konoha, e la troverà a costo di notti insonni e troppe lacrime.
“Ti terrò sotto osservazione” mormora. “Appunteremo la frequenza della tua tosse, quando si presenta e quanto dura. A quali fiori appartengono i petali che vomiti e quanti sono. Cercheremo di prevedere il suo peggioramento e troveremo un modo per bloccare la crescita delle radici nei tuoi polmoni”.
Naruto si spoglia ed entra nella macchina per i raggi. Quello che si presenta sullo schermo lascia Sakura senza fiato.
“È come se tra le tue costole ci fosse un giardino” mormora.
Attorno ai bronchi e bronchioli sono avvolte radici e viticci, che si arrampicano fino al cuore, dove le radici sono più robustamente ancorate. Lo avvolgono e stringono a ogni battito. E i fiori… o meglio: i teneri boccioli arrotolati in se stessi come nell’inizio della primavera sono uno spettacolo commovente. Riesce a riconoscere alcuni tipi, soprattutto i gigli ragno rosso, così bizzarri…
“Non si possono estrarre con un’operazione?” chiede Sasuke.
Sakura scuote la testa sconsolata. “Non saprei… non ho mai sentito nulla di simile”.
“Ma è fattibile?” insiste.
“Non lo so” ripete più incisiva, picchietta sullo schermo. “Guarda queste radici, sono così avviluppate… i polmoni sono delicati, non sono un organo su cui si può intervenire senza sapere cosa si sta facendo… Dio, sono anche nei ventricoli, guarda. Mi chiedo come sia possibile, è assurdo!”
Sasuke osserva e tutto quello che sa è che vorrebbe strappare con forza quei fiori maledetti e dar loro fuoco.
“Dovremo… indagare ” mormora Sakura, mordicchiandosi la pellicina del pollice. “Non puoi essere l’unico, Naruto, qualcun altro deve… Devono aver tentato qualcosa”.
Non c’è cura. Non c’è cura. Non c’è cura.
Stampano l’immagine e Naruto può uscire dalla macchina. Prima ancora di rivestirsi l’afferra e osserva curioso quello che l’amore per un morto sta causando nel suo corpo.
“È bello però” mormora Naruto con un tono remissivo.
“È spaventoso” ringhia Sasuke.
Come amare, pensa Sakura.
 
*
 
Naruto non lo nasconde più a Sakura e Sasuke. Quando la tosse lo coglie ed è solo con loro non cerca scuse, non fugge. Si piega su se stesso e tossisce, vomita i fiori sul pavimento, sulla propria mano mentre il suo corpo si sforza e soffre per poter respirare. Sakura raccoglie sempre i petali e li conta, angosciata nel vederli ogni giorno aumentare.
Le sue ricerche in biblioteca non portano a nulla. Sembra che Naruto sia l’unico a essere stato colpito da quella maledizione e quando chiede a Tsunade se sa qualcosa sull’hanahaki la maestra la sminuisce come una romantica leggenda.
Ma non c’è niente di romantico nel vedere Naruto soffocare, diventare giorno dopo giorno sempre più debole e pallido per i fiori che succhiano le sue energie. Soprattutto è così reale.
Naruto continua a tornare a quella tomba, quel monumento – sotto non c’è neanche sepolto un corpo, è solo un nome – assiduamente, come se non si rendesse conto della pericolosità della sua azione. Continua a nutrire il suo amore ogni giorno, incauto e ingenuo.
“Basta che la persona che ami ricambi per guarire, non è vero?” mormora una volta.
Naruto ha dichiarato il suo amore mille volte. Ma i morti non rispondono.
 
*
 
Guarda il giallo morbido e burroso galleggiare nell’acqua con malinconia.
Camelia gialla, nostalgia.
Sorride fra sé e sente un sapore ferroso mentre passa la lingua sui denti. Nostalgia di cosa? Di qualcosa che ha potuto avere che per pochi preziosi attimi? Non dovrebbe mancargli così tanto, lo sa, ma ricorda quell’ultimo sorriso e si sente soffocare dal bisogno di rivederlo ancora una volta.
Qualcuno bussa alla porta del bagno e gli chiede di sbrigarsi. Naruto ingoia gli ultimi rimasugli di tosse, la gola che brucia e gratta per lo sforzo di tirare fuori dalla trachea  quei petali.
La camelia è un fiore bellissimo e per un momento folle pensa di conservare quei petali, come faceva con i primi che sputava. Li conservava e li portava al monumento commemorativo come un’offerta. Poi ha smesso: sono diventati troppi e la sua preoccupazione è stata nasconderli. Comunque continua a vomitarli davanti alla sua tomba.
Con rammarico preme lo sciacquone e osserva i petali girare nel vortice d’acqua, risucchiati nello scarico.
Quando esce fa un cenno di scuse all’uomo che attende il suo turno fuori, torna veloce allo studio dell’Hokage dove Kakashi è pronto a sfruttarlo con la scusa del suo tirocinio – come se uno degli Hokage precedenti abbia mai fatto tirocino, dattebayo.
“Che ti ha trattenuto così a lungo?” chiede al suo ritorno il Rokudaime.
Naruto geme a vedere la quantità di scartoffie aumentate in quei pochi minuti.
“Niente” scrolla le spalle.
“Naruto?”
Alza lo sguardo e sorprende l’ex-sensei fissare le sue labbra con cipiglio confuso, dentro di sé raggela ancor prima che chieda:
“Cos’hai sul mento?”
Si passa il palmo sulle labbra e sente qualcosa di morbido sfregare sulla pelle, guarda i petali gialli ipnotizzato e mentalmente si maledice per non aver controllato prima di uscire dal bagno di averli sputati tutti.
“Sembrano… petali?”
Ride genuinamente della confusione di Kakashi.
“Devo essersi appiccicati mentre camminavo”.
Il Rokudaime non chiede come sia possibile, è Naruto e ormai si aspettata tutto da lui. Osserva semplicemente il palmo e una piccola espressione malinconica si disegna sulla parte visibile del suo viso.
“Ah, camelia gialla…” riconosce. “Era uno dei fiori preferiti di Obito”.
Naruto sente che non può combattere il sorriso e il calore che gli inonda dolce lo stomaco, come quando beve il tè zuccherato con il miele. Si lamenta sempre che Kakashi lo trattiene nel suo ufficio per sfruttarlo, ma la verità è che lui adora restare con lui per cogliere i mozziconi di racconti che lascia su Obito. 
“Una volta,” continua rapito dal ricordo, “ne ha comprato un mazzo intero per Rin, ma non riuscì mai a darglielo…”
Lo so, vorrebbe rispondere, perché ha visto quei ricordi e li ha sentiti come se fossero suoi. Ma un colpo di tosse ostruisce la sua gola e si trova il petto soffocato da una pressione insostenibile. Chiude le spalle e porta le mani alla bocca, la fastidiosa sensazione che striscia nella sua trachea con violenza che lo fa rabbrividire in convulsi.
“Naruto?” chiede Kakashi preoccupato.
“Scusa, io…” La tosse lo interrompe brevemente. “Esco, un secondo…”
Non gli dà tempo di replicare, lacrimando si trascina in corridoio, in uno sgabuzzino vuoto, ovunque dove possa vomitare ciò che gli striscia in gola.
Entra dentro la prima porta disponibile e si accascia a terra in ginocchio, la tosse che non mostra un solo cenno di cedimento, nemmeno quando raddoppia ansimando. Non riesce a riprendere fiato.
Sente le lacrime di fatica e dolore bagnargli il volto, scivolare sul mento insieme alla saliva. Finché, finalmente, dalle labbra non si liberano i petali che svolazzano troppo colorati per il dolore che gli sta sconquassando il corpo.
Sono così tanti.  Le sue mani sembrano contenerli appena mentre continuano a cadere dalla sua bocca come una cascata di giallo. Sembra non finire più e alla fine, quando guarda tra i propri palmi, non si sorprende di trovare un bocciolo di camelia.
Oh.
Quanto più si avvicina a vomitare un fiore completo, tanto più le sue condizioni peggiorano, ma Naruto non riesce a trovare nulla di cui preoccuparsi. C’è Kurama che si muove inquieto nel suo stomaco, che rilascia chakra per guarirlo da queste ennesima ferita, per curare i suoi tessuti interni lacerati dal passaggio di quel piccolo bocciolo. Come può qualcosa di così bello e delicato essere altrettanto letale? Naruto non riesce davvero a pensarlo.
Raccoglie i petali, li conta uno a uno canticchiando. Sono così carini, così brillanti e profumati.  Rosa d’inverno, canticchia nella sua mente, è un altro modo in cui viene chiamato quel fiore. il bocciolo è così morbido fra le sue dita…
Immagina che le labbra di Obito fossero altrettanto morbide. Si preme i petali e il bocciolo sulla bocca, finge che siano le sue labbra ad accarezzarlo, che il bordo dei petali sia quella cicatrice che frastagliava il labbro inferiore; spera che il desiderio obnubili la sua mente al punto di credere di star davvero ricevendo un bacio. Ma non funziona e geme contro di loro, assapora il ferro del suo stesso sangue sui petali e si sforza di immaginarlo.
Ha così tanto amore da dare e non c’è nessuno a riceverlo, ha preferito morire.
Si preme i petali gialli contro la bocca, immagina labbra morbide e occhi rossi di sharingan e quei corti capelli bianchi e braccia che lo stringono e Naruto non prova altro che un assoluto rimpianto.
 
 
 
1. Nel caso qualcuno non si ricordi: Obito riporta il chakra di Kurama + quello del Gyuki e dell’Ichibi a Naruto quando Madara glielo strappa riducendolo in fin di vita; lo salva poi quando Kaguya prova a colpirli mortalmente nella dimensione con la gravità aumentata (dove muore) e sempre lì salva Kakashi annullando con il kamui il colpo che Kakashi si stava prendendo al posto di Sasuke; quando Kaguya capisce che servono sia Sasuke che Naruto per sigillarla li divide spedendo Sasuke in un’altra dimensione (in quel momento Sasuke non sapeva ancora che il rinnegan può teletrasportarlo tra le dimensioni) e Obito si offre di ritrovarlo usando il kamui, dice espressamente a Naruto che avrebbe riportato Sasuke da lui; infine, subito dopo la chiacchierata con Naruto e la perdita del chakra dei Bijū, Obito vuole sfruttare il rinnegan per riportare tutti in vita con il rinne tensei (come aveva fatto Nagato), ma Black Zetsu lo ferma prima che possa farlo e lo costringe a riportare in vita solo Madara.
 
Il significato più importante attribuito alla Camelia è il sacrificio. È un pegno e allo stesso tempo un impegno ad affrontare ogni sacrificio in nome dell’amore. Il significato che gli viene attribuito nel linguaggio dei fiori è il senso di stima e di ammirazione verso qualcuno. Il suo significato varia anche in base al colore dei petali, nella sua colorazione gialla è appunto quello della nostalgia.
 
 
Oddio ;__;
Non mi aspettavo che il primo capitolo incuriosisse così tante persone, ne sono davvero felice! Immagino sia anche il richiamo dell’angst >.< Vi ringrazio davvero tanto per aver letto il capitolo, soprattutto le personcine bellissime che hanno recensito *^* Spero che anche questo vi sia piaciuto!!
Forse può sembrare un po’ OOC questo comportamento di Naruto, ma sappiamo tutti che quando si mette in testa una cosa non c’è buon senso che lo faccia fermare dai suoi propositi, un po’ come è successo con Sasuke. Naruto mi dà sempre quella sensazione di una persona che si butta nelle cose senza cinture di sicurezza e senza preoccuparsi che possa essere pericoloso per se stesso. Anche qui si è lasciato andare alle emozioni senza troppe domande, seguendo il proprio cuore e istinto, e continua ad affogarci perché sente che amare è giusto.
Eee anche per la faccenda dell’ObiNaru, che magari per chi non mi segue può sembrare molto wtf? Okay, tralasciando che io li shippo follemente quanto e più (ecco, l’ho detto lol) del sasunaru, spero che non vi sembri così assurdo. Del resto ho inserito un po’ nel testo la motivazione: quello che è successo nella mente di Obito, mentre lottavano per il chakra dei Bijū, ha cambiato radicalmente il modo di percepirlo di Naruto. Prima Naruto odiava ferocemente Obito per quello che stava facendo, con lo stesso impeto di come ha odiato Pain; poi entra in contatto con i ricordi e le emozioni di Obito e i suoi propositi di sconfiggerlo cambiano. C’è proprio la parte dove i loro chakra si stanno scontrando e Naruto vede la morte di Rin e si mette a piangere per lui, al punto che perfino Kurama deve dirgli di non lasciarsi influenzare da quello che vede/sente. Ovviamente figuriamoci se quello l’ascolta e invece va proprio a fondo in Obito nella loro lunga chiacchierata, dove improvvisamente si vede che da “ti sconfiggerò e te la farò pagare per tutto” Naruto passa a “Tu devi stare dalla nostra parte, ritrova te stesso e combatti con me”. Al punto che continua a insistere anche quando Obito gli mette una mano alla gola e quando, alla fine dello scontro, Sasuke schizza per ucciderlo Naruto tenta di fermarlo ed è sollevato dall’intervento di Minato che ferma sia Sasuke che Kakashi dall’ucciderlo. Che sì, effettivamente è una cosa che è successa anche con Nagato, ma con Nagato Naruto non ha avuto la stessa reazione – quando si è sacrificato per Konoha era meno coinvolto e distaccato di quanto successo con Obito. Per non parlare di tutto il resto, quando lo rianima e lo scontro con Kaguya, quando si sacrifica per lui Naruto è davvero distrutto. Perfino Sasuke lo capisce e gli lascia del tempo per un ultimo saluto mentre si occupa lui di tenere impegnata Kaguya, c’è proprio uno scambio di sguardi tra loro dove Sasuke lo sprona a lasciar perdere ma poi vede che per Naruto è importante. E quando se ne va Naruto proprio esplode di frustrazione per non poter salvare Obito e c’è quella magnifica reazione di stupore al “grazie” che riceve da parte di Obito. Più aggiungiamo lo scatto di rabbia contro lo Zetsu nero che sta deridendo Obito e lui lo trancia a metà gridando che trova Obito “un figo da paura”. Sì, esatto.
Quindi, sì, ecco, non è poi così assurdo che sia innamorato di Obito, anche se lui è morto ;__;
 
...Okay, scusate per questo flusso di coscienza non richiesto. Ma ho bisogno di spargere motivazioni per cui gli ObiNaru sono bellissimi e si meritano un’opportunità T_T Che in questa storia non hanno………………… ribadisco: dolore.
Ci vediamo il prossimo lunedì ^^
Hatta <3

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Capitolo 3
*** Papavero ***


3
Papavero
 
 
 
“Perché continui a trascinarti qui”.
Naruto sorride e del sangue cola dall’angolo delle sue labbra. Lo pulisce veloce prima che Sakura lo veda, passa la lingua sui denti e ingoia il sapore ferroso insieme ai petali rimasti nella bocca.
Trascinarti.
Sakura ha usato la parola giusta. Ha traballato fin davanti alla lapide mentre la tosse minacciava di spezzargli le costole, le vertebre, ogni osso del suo corpo.
Si tira dritto e gli sembra che la schiena scricchioli.
“Perché lui è qui, no?” ovvia inarcando le sopracciglia.
Ma Sakura non sta guardando il suo viso, gli occhi verdi sono puntati sulla lapide commemorativa e le si legge in faccia quello che sta pensando.
Obito non è sepolto qui. Obito è polvere sparsa in una dimensione dal cielo verde e la terra rossa che solo il rinnegan può raggiungere.
Quella che ha davanti è solo una pietra piena di nomi incisi, una consolazione sterile per i vivi.
Eppure è così dolce il modo in cui Naruto la sfiora con le dita, accarezzandola come se fosse un viso. La venerazione di quel gesto fa stare male Sakura, come una stretta alla gola e un peso sul cuore.
Lei non c’era, lei non sa cosa Naruto ha visto e non sa cos’è successo da far cambiare radicalmente Obito; lei è un’estranea e non può capire come sia possibile.
Sa solo che non è sano. Che deve smettere.
Però Sakura gli vuole bene e non riesce a essere come Sasuke, che non lascia scalfire il suo cuore di ghiaccio davanti alla tenerezza di Naruto. Non riesce come lui a prenderlo per il colletto, sbraitargli di svegliarsi e aprire gli occhi vomitando rabbia e frustrazione.
Si siede al suo fianco, una spalla sicura dove poter riposarsi. Naruto è stato così a lungo la sua ancora nei momenti più duri che è il minimo che può fare per ricambiare.
“A volte immagino che non sia morto e mi chiedo… cosa sarebbe successo” mormora Naruto, piano, e Sakura trattiene il fiato.
Fin’ora si è sempre limitato a rimanere in silenzio, in cui lei fingeva di essere a suo agio. È la prima volta che parla, che sembra voler condividere un pezzo di cuore con lei. Sente che è un regalo prezioso, qualcosa da accudire e tenere al sicuro, così fragile da poter essere facilmente rotto, e per questo non osa fiatare.
Cosa sarebbe successo… Sarebbe stato punito per i suoi crimini.
Riformato all’ultimo o meno, scatenare una guerra mondiale ninja non è qualcosa che i Kage avrebbero lasciato passare con una scrollata di spalle, nemmeno con la buona volontà di Kakashi-sensei e la comprensione di Gaara. Hanno dovuto lottare con le unghie per tirare fuori Sasuke dalla reclusione a vita quando i suoi crimini sono stati un granello di sabbia nel deserto degli omicidi di Obito.
Sakura ci pensa e rabbrividisce.
“Non ne ho idea” dice con tono forzatamente vivace, nella sua mente chiara la prigione nella Terra del Ferro dove sarebbe stato rinchiuso.
Naruto ha lo sguardo perso, dietro fantasie variopinte e irrealizzabili.
“Sarebbe stato un buon assistere per Kakashi-sensei” immagina. “Sarebbero arrivati in ritardo a ogni meeting dei Kage. Probabilmente sarebbe diventato un ANBU”.
C’è una lunga pausa, in cui gratta con le unghie il terriccio; sembra si stia scavando la fossa. L’espressione sognante si fa improvvisamente amareggiata, incerta.
“Mi avrebbe amato?” chiede in un soffio tremulo.
Quel tono esitante su Naruto è innaturale. Sakura si sente dilaniare tra l’orrore di vedere il suo migliore amico in quello stato, la frustrazione per la sua testardaggine nel lasciarsi uccidere e il bisogno disperato di rassicurarlo.
“Ma certo” vince quest’ultimo, perché lo crede davvero.
Ricorda come lo stava guardando nella dimensione del kamui, mentre gli restituiva il chakra di Kurama. Non aveva capito cosa fosse e tutt’oggi non può essere certa fosse quello che desidera Naruto ora, ma era qualcosa.
Sakura, cosa stai facendo…
È la voce della sua coscienza, gelida come quella di Sasuke, che la rimprovera per giocare con il fuoco. Non deve alimentare le fantasie di Naruto.
“Allora…” inizia cercando disperatamente un appiglio che lo porti via da lì. “Ho una certa fame. Ramen?”
Il ramen ha sempre funzionato. Deve funzionare.
Prova un sollievo lancinante nel vedere Naruto annuire. Significa che da qualche parte dentro quel pallido fantasma c’è ancora il suo migliore amico, che non si è lasciato divorare fino all’osso da quei sentimenti nocivi.
“È la prima volta che accetti un ramen solo noi due insieme” vocia allegro.
La malinconia di poco prima sembra essere spazzata via e perciò Sakura si permette di accigliarsi e dargli un colpetto alla testa, nella riproduzione dei vecchi schemi della loro infanzia.
“Non è un appuntamento” lo redarguisce.
Naruto ride e si massaggia il punto leso. Per un momento è facile ignorare le occhiaie e le labbra screpolate dalla tosse.
“Quindi non dovrò offrirti nulla!” replica con una linguaccia.
“Sei poco gentiluomo, sai?”
“Non è un appuntamento” le fa il verso prima di scappare via da un nuovo pugno scherzoso ma comunque letale.
 
Naruto atterra dal ramo leggero, come se non avesse peso. Acquattato guarda le schiene lontane di Sakura e del suo kage bushin mentre escono dal campo di allenamento. Fa un sorriso amaro e chiede perdono con gli occhi.
Sakura lo scuserà per essersi sostituito con un clone mentre non guardava.
Sente una fitta di senso di colpa, sa di comportarsi male e che non dovrebbe, che questo comportamento dovrebbe essergli estraneo. Non è lui il personaggio della tragedia che allontana tutti, si nasconde e si commisera nella propria tristezza. Non è così che ha deciso di essere, così che era descritto nel romanzo che gli ha dato nome. Non è così che Naruto deve essere.
Ma si sente molto stanco, con il respiro che raspa nei polmoni ostruiti dai fiori, l’energia succhiata dalle radici per creare petali brillanti e meravigliosi. Si sente così stanco che anche solo quel kage bushin gli prosciuga le energie.
Chiede scusa a Sakura, ma resta lì sull’erba a guardare la tomba e a crogiolarsi nel rimpianto.
Dovevo salvarlo.
Non ci è riuscito. Anche se è morto sorridendogli, non può che sentirsi sconfitto e amaro con il destino. La verità è che Obito voleva morire e questo fa male quanto le radici che gli stritolano il cuore.
Ha preferito la morte a lui.
A volte immagino che non sia morto…
Non è stato sincero con Sakura. Perché non immagina Obito aiutare Kakashi, perdere la cognizione del tempo e arrivare tardi agli incontri importanti con scuse stravaganti. Immagina un altro tipo di quotidianità, più intima e privata, fatta di bentornatoacasa e carezze, respiri ansimanti, bocche che vagano sul corpo e brividi caldi. Ha immaginato di baciarlo così tante volte da avere la convinzione di conoscere il sapore delle sue labbra. Se chiude gli occhi può sentirle anche in questo momento.
Immaginare le sue mani che tirano giù la zip lentamente, dita calde che disegnano percorsi sul suo ventre e labbra che mordono il collo, capelli ispidi che solleticano il mento e lo fanno sorridere.
Può sentire un corpo caldo premere sul suo, schiacciarlo e stringerlo fino a bloccargli il respiro nei polmoni e farlo ansimare.
E inizia a tossire.
Sgrana gli occhi e la gola brucia. Rotola di lato e si mette a carponi mentre si sente soffocare dal conato che gli lacera le delicati pareti interne. Le lacrime gli annebbiano la vista nel momento che il primo petalo – rosso come sangue – svolazza dalla sua bocca. Altri strisciano per la gola mentre tenta di rigetterarli, di liberarsi i polmoni e il cuore.
Il dolciastro dei fiori si mischia al ferro del sangue ed è un sapore così rivoltante da scatenare continue ondate di nausea e tosse. Per un momento teme di non fermarsi più e perciò continua a tossire anche quando la gola è finalmente libera, quando non mastica più petali e l’ossigeno può tornare a circolare nelle vene. Si affloscia tossendo per un riflesso spontaneo e osserva appena, con gli occhi stanchi e socchiusi, i numerosi boccioli socchiusi accanto al suo viso.
Papaveri.
Rendono dolciastro anche il sangue, un profumo narcotico che accompagna lentamente Naruto nell’incoscienza.
 
*
 
È notte quando Sai si affaccia al balcone della sua finestra, la maschera ANBU spostata di lato e la posa rannicchiata. In un’altra situazione Sakura lo rimprovererebbe, lamentandosi per il non aver bussato alla porta. Ma in un’altra situazione non regge Naruto esamine fra le braccia, con le labbra sporche di sangue e la pelle innaturalmente pallida.
Per un momento Sakura non respira.
Per un momento, che dura finché le sue dita non corrono al polso, teme di aver perso. Ma poi sente il flusso del sangue battere nelle vene, seguendo il ritmo lento e affaticato del cuore. Si accorge del respiro raspante che esce dalla bocca socchiusa e allarga la cassa toracica.
“È solo svenuto” dice Sai, nascondendo la preoccupazione dietro un tono apatico. “L’ho trovato davanti al Monumento. Ho preferito portarlo subito da te”.
Sakura non può che benedire la mente analitica di Sai. Non sa quello che sta succedendo a Naruto, eppure ha capito subito che la scelta più razionale fosse quella di lasciarlo immediatamente alle sue cure che all’ospedale.
Lo guida fino a farlo stendere sul tavolo della cucina, infila un cuscino sotto la sua nuca e accende tutte le luci. Il pallido olivastro del suo viso risalta le occhiaie blu, le labbra rosse di sangue rappreso. Senza esitazione gli apre la giacca e solleva la maglia a rete, scoprendo il busto allenato e piatto. Non ci sono ferite visibili, niente che possa lasciare intendere quello che all’interno del suo corpo lo sta distruggendo.
Chiude gli occhi per un breve secondo, raccoglie la concentrazione necessaria focalizzandosi sul flusso del suo chakra e annulla la presenza silenziosa di Sai al suo fianco. Alza le mani e appena sfiora le pelle tesa del petto brillano di verde, il chakra visibile a occhio nudo mentre sonda lesioni interne.
Può sentire qualcosa di vivo ed estraneo crescere dentro di lui.
Si morde la guancia fino a sentire il gusto del sangue, il piccolo dolore auto inflitto che l’aiuta a mantenersi lucida. Non può lasciare che la preoccupazione le faccia tremare le mani, deve rimanere ferma e precisa mentre guarisce le lacerazioni che i petali hanno provocato al loro passaggio.
Le prende più tempo del previsto, le consuma molto più chakra del previsto – i fiori sembrano nutrirsi di esso – e quando termina un giramento di testa la costringe a sedersi. Sai è ancora lì, è rimasto al suo fianco per tutto il tempo rigido come un soldatino.
“Che cos’ha?” chiede.
Sakura ricorda la promessa e una spina le si conficca nella gola.
“Una brutta tosse”.
Non è una bugia, ma non è tutta la verità.
“Perché il Kyūbi non lo guarisce? Credevo non potesse ammalarsi”.
“È una tosse particolare. Ma starà bene” lo dice solo perché ha bisogno di crederlo per non impazzire. “Grazie per averlo portato qui”.
Sai annuisce. Fa per uscire di nuovo e riprendere il suo turno di guardia al villaggio, ma quando è sul davanzale si ferma colto da un pensiero. Si volta a guardarla di nuovo, ma questa volta tiene qualcosa in mano.
Un bocciolo rosso.
“So che è strano”, inizia e la sua voce sembra esitare nella confusione, “ma vicino a lui ho trovato questo e molti petali”. Fa una pausa, una piccola contrazione delle labbra. “Sono sporchi di sangue. Sai se significa qualcosa?”
Sakura prende il papavero, è tutto spiegazzato e si sfalda fra le sue dita.
“No” mente dolcemente.
 
*
 
Sakura non dorme quella notte. Sposta Naruto nella sua camera da letto e gli pulisce la bocca dal sangue con un panno, poi resta in cucina dove si prepara una caraffa di caffè. Si siede al tavolo della cucina, stringe la tazza calda e fissa il bocciolo assente.
Più si vomita fiori completi più si avvicina alla morte.
Non esiste cura.
Ma deve esserci. Non può finire così, non dopo tutto quello che hanno affrontato, non dopo che sono sopravvissuti a una dea.
Si rifiuta di credere che Naruto possa finire così.
La testa le ciondola verso il sonno quando un improvviso formicolio di chakra la fa sussultare. Con il cuore in gola e l’istinto che la spinge alla difesa punta gli occhi sull’angolo della casa. Nel buio intravede la figura di Sasuke, il viola del rinnegan che scintilla nella penombra.
Si alza così velocemente da far cadere la sedia e non può evitare di guardarlo accusatoria.
“Dove sei stato?!” ringhia.
Non lo vede da giorni, Kakashi le aveva solo detto che aveva preso un permesso per uscire qualche giorno dal Villaggio. In quel momento lo aveva odiato, incredula che l’avesse abbandonata ad affrontare quella tragedia da sola. Spaventata che volesse scappare ancora una volta da loro, lasciare che Naruto morisse.
Non fare nulla.
Sasuke allunga il braccio fuori dal mantello da viaggio e appoggia un rotolo spesso sul tavolo con un sordo toc.
“Da Orochimaru”.
Il nome la fa rabbrividire, ma questa volta non stringe gli occhi e non lo rimprovera per essersi avvicinato di nuovo a quel viscido serpente. Questa volta guarda quel rotolo con una speranza che non osa avere.
“Orochimaru ha studiato l’hanahaki” dice Sasuke. “Questi sono tutti i dati che ha raccolto, compresa la cura”.
Scatta con la mano ad afferrarlo, lo apre quasi strappandolo mentre i suoi occhi febbrili leggono il contenuto.
Poi ride, ma allo stesso tempo vorrebbe piangere.
Questa è la cura, ma…
Ride e singhiozza mentre lo guarda disperata.
“Naruto non accetterà mai”.
 
 
 
 
 
 
La simbologia del papavero è molto ricca.
Per via della mitologia greca viene considerato il fiore della consolazione, perché legato alla figura di Demetra (la dei campi e del raccolto). Si racconta infatti che dopo la perdita della figlia Persefone la dea si sia consolata soltanto bevendo infusi di oppio.
Sempre per il suo legame con l’oppio il papavero è associato all’oblio, al sonno dei sensi e del cuore e al sogno/immaginazione. Infatti non è raro che il dio dei sogni Morfeo venisse rappresentato steso in campi di papaveri o con mazzi di questi fiori in grembo.
Durante il medioevo il papavero fu invece associato, per via del suo colore, al sacrificio di Cristo e alla sua morte, per questa ragione si trova spesso raffigurato in affreschi di chiese risalenti all’epoca medievale.
Mentre nel corso delle due Guerre Mondiali si è presa l’usanza di associare il papavero ai soldati/partigiani morti in battaglia per la patria, quindi possiamo dire ai martiri di guerra.
Questo fiore è stato anche simbolo di fedeltà, in quanto, un'antica credenza vuole che, messo in un palmo della mano un petalo di papavero rosso, se colpendolo con un pugno si sente uno schiocco, allora vuol dire che il proprio amato è fedele.
Per ultimo, nella sua colorazione rossa, è associata all’immagine di uomini influenti e potenti.  Questa tradizione risale ad una leggenda legata all'immagine di Tarquinio il superbo, uno dei 7 re di Roma, il quale, per insegnare al figlio il metodo migliore con cui impossessarsi della città di Gibo, fece abbattere i papaveri dal gambo più alto per dimostrargli che si dovevano abbattere per prima le persone di più alto rango e le cariche più importanti e potenti per poter raggiungere l'obiettivo.
 
Il papavero può avere anche altri significati, ma questi sono quelli che ho voluto intendere per questo capitolo e la storia in generale.
La consolazione sta perché quel monumento funebre con un nome inciso è l’unica consolazione che ha Naruto per sentirsi vicino a Obito.
Il sacrificio di Cristo in questo caso è il sacrificio che Obito ha fatto, la scelta di morire per salvare Naruto (e il mondo shinobi quindi) (senza contare tutti i suoi deliri dove si considera il Messia portatore di pace lol). Quindi sempre per la sua morte (anzi, entrambe le morti) nel campo di battaglia per proteggere i suoi compagni è legato al fiore dei partigiani.
Obito inoltre è stato una figura influente e potente, che ha giocato un ruolo decisivo negli ultimi quindici anni politici del mondo shinobi.
Mentre la fedeltà riguarda Naruto, che continua ad amarlo imperterrito e a non prendere nemmeno in considerazione l’idea di smettere di farlo.
E poi c’è il significato più importante per questo capitolo, quello che causato l’attacco di tosse. Ovvero il suo essere legato al dio dei sogni e dell’oblio, visto che in questo capitolo Naruto si lascia cullare dall’illusione di cosa sarebbe potuto essere.
 
Come potreste aver intuito, il papavero è il mio fiore preferito hahahaha
Spero che il capitolo vi sia piaciuto^^
Vi mando un bacino per le recensioni lasciate, siete carinissimi!
Hatta.

 

 

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Capitolo 4
*** Nontiscordardime ***


4
Nontiscordardime
 
 
Naruto è un po’ stupito di svegliarsi nella stanza di Sakura, ma gli ci vuole poco per capire com’è successo.
Merda.
Si mette seduto sul letto ed esita qualche secondo, si mordicchia le labbra mentre Kurama conferma il suo sospetto.
Il tizio di Root ti ha trovato svenuto e ti ha portato dalla fragolina.
Per una volta non commenta il soprannome con cui chiama Sakura, concentrato nelle implicazioni.
Sai sa? Sakura sa che ora ha iniziato a tossire boccioli?
Circospetto estende la percezione nella casa, fino a incontrare non solo il chakra di Sakura, ma anche di Sasuke.
Non è pronto ad affrontarli, ma deve farlo. Come lui li ha percepiti, anche loro devono essersi accorti che è sveglio. Tutto quello che può fare è sorridere, convincerli e svincolare.
Posso farcela.
Scende dal letto, rabbrividisce nel sentire la pianta del piede nudo entrare a contatto con il pavimento freddo. Entra nella stanza principale con un sorriso assonnato, un’espressione studiatamente stropicciata nello stupore per sviare la loro attenzione.
“C’è stato un party di cui non ricordo?” saluta vedendo i due amici.
Ma ovviamente questi suoi trucchi hanno smesso di funzionare con Sakura e Sasuke.
“Siediti” dice seccamente quest’ultimo.
“Buongiorno anche a te” canticchia obbedendo. “Anche questa mattina quando ti sei svegliato hai infilato il tuo solito bastone a fondo nel culetto?”
Aspetta che Sakura lo riprenda esasperata, o che Sasuke stesso reagisca mordace, ma nessuno dei due lo fa. Brutto segno.
Il nervosismo comincia a formicolare nel suo corpo e ha quasi l’impulso di rubare la tazza che Sakura tiene tra le mani per giocherellarci, in alternativa comincia a tamburellare le dita sulla tavola in legno.
“Niente party quindi…” commenta distratto all’atmosfera tesa.
Sta per dire la prima cosa stupida che gli viene in mente, qualsiasi cosa che faccia reagire Sakura e Sasuke come dovrebbero, ma verso di lui viene spinto un rotolo. Il sigillo rotto non è quello di Konoha, ma di Oto. Nel vederlo Naruto si irrigidisce e ogni suo tentativo di scherzare evapora dalla sua mente.
“Cos’è?” soffia diffidente, incapace di fidarsi di qualsiasi cosa che sia collegata al viscido sannin.
“Le ricerche di Orochimaru sull’hanahaki” replica Sasuke gelido. “Qui dentro c’è tutto quello che ha scoperto, compresa una cura”.
Appena lo dice sente il cuore mancare un battito e un fiotto di sollievo sgorga in tutto il suo corpo, mischiandosi all’incredulità e alla speranza. C’è una cura, non morirà. Ma poi vede che è l’unico che sta sorridendo, che Sakura non riesce a guardarlo negli occhi e Sasuke ha un’espressione di funesta determinazione, come se si stia preparando a litigare.
“Ma?” indovina.
C’è un’esitazione in cui Sakura e Sasuke si guardano, riluttanti a dare la notizia. Alla fine è Sakura a parlare.
“I fiori possono essere recisi chirurgicamente in modo che non crescano più” spiega, “ed è un processo molto delicato con altissimo tasso di fallimento, specialmente se compiuto da una mano inesperta. A quanto pare Orochimaru l’ha operato moltissime volte nella sua ricerca e sicuramente ne sa molto più di me, quindi…”
“Quindi sarebbe meglio che lo faccia lui” indovina Naruto indurendo la mascella.
Si sforza a deglutire e si dice di essere ragionevole, per quanto l’idea di finire sotto i ferri del serpentone lo disgusti e spaventi allo stesso tempo si rende conto da solo che è la cosa più ragionevole.
“Va bene” si sforza di dire.
Però lo sguardo che Sakura gli lancia non è rassicurante.
“C’è un’altra cosa” ammette sottile. “Rimuovere i fiori dai ventricoli comporta… un effetto collaterale” deglutisce e si ferma.
Naruto la guarda e aspetta continui, ma non lo fa.
“Cosa, Sakura?”
Non voleva ringhiare, ma è quello che è successo, e Sakura sussulta.
“Perdere i ricordi che riguardano la persona amata e la capacità di amare”.
È sbagliato che sia Sasuke a dirlo, con quella sua voce innaturalmente fredda e discordante con quello che sta significando. Ma è allo stesso tempo così chiara che Naruto non può nemmeno fingere di aver capito male.
Perdere i ricordi che riguardano la persona amata e la capacità di amare.
“No” dichiara.
La sua voce è ferma come il suo sguardo, gli occhi blu scuri e minacciosi e determinati, le sopracciglia piegate in un’espressione di sfida, quella che ha indossato ogni volta davanti al nemico più ostinato. Si alza fluido dalla sedia, deciso ad andarsene e non assecondare quella follia.
“Naruto…” lo chiama Sakura, ma Sasuke è più veloce nel seguirlo.
“No?” ripete. “Come sarebbe a dire no?”
“Che non voglio!” spiega alzando la voce, sfidandolo con la gestualità del corpo. “Non potete davvero credere che io accetti questa cosa”.
“Non hai altra scelta!”
“C’è sempre un’altra scelta” lo contraddice. “Non puoi chiedermi di rinunciare all’amore, ai suoi ricordi!”
Dirlo ad alta voce è terribile. Provoca una scossa lungo tutto il suo corpo, uno shock al cervello e gli tremano le mani. Dimenticare… non essere più in grado di provare queste emozioni così travolgenti… Non poter più amare… non può succedere. Non si rendono conto di cosa gli stanno chiedendo?
Si porta una mano al petto, la familiare sensazione di un attacco di panico che pungola tra le sue costole, gli impedisce il respiro. Dimenticare Obito: no, mai. Non può farlo.
I ricordi sono tutto ciò che gli resta di Obito.
Tutto ciò che gli resta è quel “Grazie, Naruto” che ripete ogni notte nella mente prima di dormire, quel tono di dolce gratitudine e speranza che lo culla fino al sonno. Quello sguardo… proprio prima  del suo crollare in polvere, lo sguardo di una persona finalmente in pace, che ha trovato la fiducia in lui e si affida con fede incrollabile… uno sguardo così pieno di quel tipo di amore e riconoscimento che Naruto ha supplicato per tutta la sua vita.
Gli stanno chiedendo di dimenticarlo.
Il colpo di tosse esplode nel mentre che tenta di risucchiare l’aria. Si sente improvvisamente la gola piena e bloccata da qualcosa che tenta disperatamente di uscire.
Strabuzza gli occhi e si piega su se stesso, tutto quello che lo circonda si silenzia mentre solo la tosse senza fine romba nelle sue orecchie. Petali blu vengono sputati fuori dalla sua bocca, petali così piccoli da sembrare coriandoli… A ogni colpo di tosse escono dalla sua bocca spalancata e volano sul pavimento.
Ma c’è qualcosa di così grosso che striscia nella trachea da farlo quasi svenire, che gli fa malissimo. Si ficca le dita in gola, il più in fondo possibile e resiste al riflesso del vomito mentre riesce finalmente ad afferrare qualcosa di lungo e sottile. Gli graffia la pelle tenera e scivolosa, ma si sforza per tirare tutto fuori. Con un ultimo colpo di tosse, libera la gola da un lungo stelo pieno di piccoli fiorellini stropicciati.
Si appoggia alla parete, lo sguardo rivolto al palmo della mano e ancora straneo al mondo che lo circonda. Un lungo fischio gli riempie i timpani, come dopo un’esplosione. Si accorge solo che lacrime di fatica e dolore hanno iniziato a scivolare sulle sue guance. Guarda quello che ha sputato. I fiorellini hanno lo stesso blu macchiato di disperazione delle sue iridi.
Nontiscordardime.
No, mai.
Mai, mai, mai.
“Naruto!”
L’udito torna di colpo.
C’è Sakura che guarda con orrore l’erbacea e i fiorellini, completi, e il sangue che macchia i loro piccoli petali, che cola dalle labbra di Naruto mentre cerca di respirare come se temesse di non poterlo più fare da un momento all’altro. 
Lui non sa bene cosa fare, ancora frastornato, e la gola gli brucia troppo per provare a parlare. Può solo allungare la mano con il rametto, sperare che capisca la richiesta disperata del suo cuore, non dimenticarlo, perché non gli facciano fare qualcosa di così orribile.
Ma Sakura lo guarda come se stesse porgendo una maledizione contagiosa. Aveva sperato che almeno lei lo capisse, ma si sbagliava e rendersene conto lo fa sentire solo come quando era bambino.
Sasuke non dice niente, lo guarda solo carico di un silenzio giudicante, ma gli tremano le mani quando si accuccia a terra. Lo vede afferrare una manciata di petali, con rabbia brusca e distruttiva; li accartoccia tra le sue dita senza nessuna cura e Naruto vorrebbe urlargli di fare attenzione, che quei petali sono fragili… che non merita che i suoi sentimenti siano afferrati con un tale disprezzo.
Ma non riesce a dire nulla del genere, perché Sasuke glieli scaglia contro con forza e sfregio. Li sente colpirlo al viso, cadergli sui capelli e i vestiti.
“Non vedi cosa stai facendo?” sobilla Sasuke furioso, gli occhi di petrolio che sembrano voler bruciare con amaterasu ogni singolo petalo.
Sto amando, gli brucia nella gola ma non riesce ancora a parlare.
“Ti stai uccidendo!” corregge Sasuke quasi a leggerlo nella mente. “E hai il coraggio di rifiutarti? Tu farai l’operazione!”
“Non mi dici cosa fare” risponde roco, la voce che graffia la gola abusata.
“Invece sì, perché a quanto pare sei troppo stupido per decidere da solo” replica con rabbia crescente. “Ti stai ammazzando!”
“Non succederà, io…” Prende fiato, affaticato, ma sempre più sicuro nella propria voce. Alza gli occhi e lo stesso azzurro del nontiscordardime lo colpisce con determinazione. “Questi non sono affari che ti riguardano, stanne fuori”.
Sasuke non ci vede più. Il fiotto di rabbia gli colpisce la gola e intorbidisce la sua vista.
“Quindi tu puoi inseguirmi per anni per tutto il cazzo di continente per dirmi cosa fare, immischiandoti nei miei affari, mentre io non posso tentare di salvarti dalla tua idiozia?!”
Lo sguardo di Naruto balugina di rabbia. “Io non sono un nukenin” ringhia. “Non sto tradendo i miei compagni, i miei amici, il mio villaggio per distruggere il mondo”.
“Già, questo è quello che ha fatto Obito”.
Scatta prima che possa anche solo deciderlo. Ma Sasuke lo aspetta mentre lui è ancora indebolito dal colpo di tosse, dai fiori che si nutrono di tutta la sua energia per crescere rigogliosi. Viene bloccato e sono a faccia a faccia, che si lanciano sguardi di fuoco e sfida come quando erano genin frustrati con il mondo e il loro unico modo di comprendersi era sputare odio e veleno.
“È quello che hai fatto tu” gli ricorda Naruto. “Tu dovresti solo tacere, tu hai…”
“Non osare rinfacciarmi quello che ho fatto” lo minaccia. “Stiamo parlando di te adesso!”
“Preferisco morire piuttosto che smettere di amare!”
“Se proprio vuoi morire, allora sarò felice di accontentarti!”
I loro sensi da ninja li fanno agire prima ancora che possano rendersene davvero conto. Smettono di strattonarsi per i colletti e si acquattano veloci sul pavimento, appena in tempo perché una sedia voli sopra le loro teste e colpisca la finestra con una tale potenza da infrangere il vetro e far precipitare il tutto.
Con gli occhi sgranati si voltano verso Sakura. La sua postura è ancora tesa nel movimento del lancio, gli occhi verdi accesi di una luce irremovibile e il caschetto rosa gonfio dell’elettricità del chakra che sta continuando a fare scorrere nel suo corpo.
Quando fa il primo passo verso di loro entrambi hanno l’istinto di indietreggiare. Ma Sakura afferra prontamente Naruto e lo inchioda alla parete, lo sguardo contratto e un’espressione in grado di far indietreggiare anche Kaguya in persona.
“Tu credi davvero di poter morire?” sibila. “Che se anche te lo lasciassimo fare, tu possa farlo senza conseguenze?”
Non gli lascia nemmeno il tempo di replicare che inizia a elencare:
“Jiraiya. Tuo padre e tua madre. Nagato e Konan. Neji e tutti gli altri shinobi che sono morti per te. E non solo loro: anche Tsunade, i Kage, i Bijū, Kakashi… hai fatto una promessa a ognuno di loro. Hai promesso che avresti cambiato il mondo e creato la pace. Lo hai promesso anche a Obito! Vuoi rimangiarti la promessa?”
Naruto scivola lungo la parete, lo sguardo supplicante. Sakura lo lascia andare.
“No” mormora sedendosi a terra.
No, mai.
“E come puoi mantenere la promessa se muori?”
La guarda e si rende conto che è la prima volta che la guarda con quella silenziosa richiesta di aiuto che urla nel suo corpo. Per la prima volta non è lui ad avere una soluzione e non sa come fare.
Ti prego, ti prego aiutami.
“Non voglio dimenticarlo” e si sente sull’orlo del pianto. “Non voglio smettere di amare”.
L’espressione irremovibile di Sakura si frantuma lentamente, in crepe che lasciano trapelare tutta la paura e la dolcezza che sta cercando di trattenere nella sua corazza. Si inginocchia accanto, gli prende la mano e stringe forte per fargli percepire la sua presenza tangibile, vera e viva.
Non morta, assente, fantasma. Non quella che desidera.
“Non succederà, te lo prometto. Amerai ancora”.
È il suo turno di fare una promessa impossibile e non se ne pente. Per Naruto, per loro tre, può – deve – riuscire qualsiasi cosa.
Naruto ricambia la stretta.
“Come?”
Sasuke li guarda riluttante, ancora rivoltato da quello che si sono urlati dietro e i sensi di colpa che sono emersi. Ma poi li raggiunge sul pavimento, una macchia nera uniforme rispetto ai loro colori brillanti, ed entrambi gli fanno spazio. Tengono stretto Naruto con i loro corpi, impedendogli di smembrarsi a terra, tentano di essere il sostegno di cui ha bisogno.
“Toglieremo solo le radici nei polmoni” mormora la risposta.
Naruto lo guarda spaventato e si rende conto di non poter biasimare il suo terrore istintivo. Forse è per questo che si è arrabbiato tanto, perché sperava che Naruto fosse più forte di così, perché ha riconosciuto la sua paura da bambino: quando si è imposto di non amare più e seppellire uno dopo l’altro tutti i ricordi del suo adorato nii-san.
Ma poi lui ha potuto disseppellire tutto, per Naruto sarebbe irreversibile.
“Sono i fiori nei ventricoli i semi originari, dove si sono formate le prime radici. È nei ventricoli che si trova il principio della malattia. C’è scritto negli appunti”. Indica la pergamena. “È solo strappando le radici nei ventricoli che si ferma la malattia. Ma se togliamo solo quelle nei polmoni… Non smetterai di amare”.
“Ma non fermerà la malattia” sussurra Sakura.
“No, la rallenterebbe soltanto” conferma.
“Ci darebbe tempo però,” osa Naruto, “tempo per trovare un’altra soluzione”.
C’è un piccolo silenzio, in cui ognuno si chiede se ci sia davvero un’altra soluzione. Fino a poche ore prima non pensavano ci fosse nemmeno una soluzione, così sfiderebbero troppo la sorte. E per quanto tempo potrebbero andare avanti tagliando solo le radici nei polmoni prima che anche quello non sia sufficiente?
“È l’unica cosa che possiamo fare” dice Sakura, incerta.
Si guardando. È l’unica cosa che possono fare.
 
*

Il trasferimento al covo di Orochimaru è stato veloce e occultato. Nessuno deve sapere perché sono lì, cosa faranno. Soprattutto ora il segreto di Naruto deve essere mantenuto e Sakura non può fare a meno di chiedersi angosciata se stiano facendo la scelta giusta nel mettersi nelle mani di Orochimaru.
La paura che provò quel giorno nella Foresta della Morte è ancora impressa nelle sue ossa, arcana come l’istinto di sopravvivenza, e quando rivede quell’uomo pallido, dagli occhi da serpente e il sorriso strisciante – di chi sa di avere tutte le carte per vincere – non può che rabbrividire di disgusto.
Naruto anestetizzato sulla tavola operatoria, con le luci bianche che sottolineano le occhiaie e le guance smunte, le fanno credere di essere dentro il suo incubo personale.
“Cominciamo” sorride Orochimaru.
Prima che le sue dita pallide e lunghe come zampe di ragno sfiorino i suoi arnesi, il filo di una lama viene leggermente premuto sulla sua nuca.
Occhi gialli guardano ironici quelli glaciali dell’ex-allievo.
“Fai qualcosa di losco e ti decapito” vibra la voce seria di Sasuke, la presa ferma su kusanagi.
C’è la minaccia, ma c’è anche la paura e la protezione verso il compagno.
Orochimaru allarga il sorriso.
“Cominciamo” ripete.
 
Il nontiscordardime è un fiorellino di un bellissimo azzurro che cresce in primavera sbocciando su una piantina che viene chiamata “l’erba dell’amore”.
È un fiore che viene nominato fin dall’antichità nelle testimonianze di Plinio il Vecchio, che lo rende simbolo di salvezza da tutto ciò che può rattristare o addolorare poiché, anticamente, era ritenuta sacra. Inoltre con essa si otteneva una pozione capace di guarire gli occhi. Da questa informazione, giunta fino a noi dalla tradizione greco romana, possiamo comprendere come la virtù di giovare agli occhi e ai problemi legati alla vista del Nontiscordardime sia stata già interpretata, in antichità, da un punto di vista allegorico. Infatti, se può guarire gli occhi del corpo può fare lo stesso anche con quelli dell’anima.
Tradizionalmente si vuole che il nome di questo fiore provenga da una romantica leggenda germanica. Due giovani innamorati passeggiavano sulle rive del Danubio quando trovarono una moltitudine di fiorellini azzurri. Il ragazzo cominciò a raccoglierli e unirli in mazzetti da donare alla sua amata. Mentre però era intento a scegliere i fiori più belli, scivolò e cadde in acqua. Comprendendo che presto che la corrente lo avrebbero inghiottito e che sarebbe annegato, il giovane lanciò il mazzetto che teneva ancora in mano verso l’amata gridando: “Non ti scordar di me!“. Il fiore divenne così il simbolo dell’amore eterno che supera anche la morte.
Il poeta Novalis lo rese inoltre il simbolo del romanticismo, a rappresentanza del desiderio, l'amore e lo sforzo metafisico di accostarsi all'infinito e all'irraggiungibile, tratti tipici della corrente romantica
 
In questo capitolo ovviamente è preso nel suo senso letterale, del desiderio di Naruto di non dimenticare la persona amata, e quindi come l’amore eterno che supera anche la morte ma allo stesso tempo il suo sforzo di accostarsi a qualcosa che è irraggiungibile.
 
Anche il nontiscordardime è uno dei miei fiori preferiti, soprattutto proprio per il suo colore così azzurro e la forma dei suoi petali così delicata. È stato fin da subito uno dei fiori che avevo deciso per questa storia… e anche questo credo sia il mio capitolo preferito xD Che vi devo dire, mi piace vedere il team 7 che litiga e poi si rimette insieme >.<
Spero che sia piaciuto anche voi e che la storia continui a emozionarvi. Ormai siamo a metà (alla fine saranno sette capitoli, anche se l’ultimo non vuole proprio saperne di lasciarsi finire ;__;).
Vi ringrazio per seguire la storia, soprattutto ringrazio le belle personcine che hanno lasciato una recensione <3 vi abbraccio e regalo biscotti.
Hatta.

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Capitolo 5
*** Trifoglio bianco ***


5
Trifoglio bianco
 
 
Naruto non ricordava fosse così facile respirare: sentire l’aria scendere lungo la trachea, riempire i polmoni e rivitalizzare il sangue in tutto il suo organismo. Non sente ostruzioni, fiori che la bloccano e pungolano la sua carne, è facile come… be’, è facile come respirare.
Appena fuori dal lugubre nascondiglio di Orochimaru, dove l’Alleanza l’ha rinchiuso con l’illusione di tenerlo prigioniero e sotto controllo, la prima cosa che fa è arrampicarsi sulla cima dell’albero più alto. La fragranza del bosco – le foglie, il vento, la resina – lo colpiscono al viso come un inno alla vita e si trova a sorridere, a respirare più forte e sentire che non sta per morire.
Non sta per morire.
Uzumaki Naruto ha fregato la morte ancora una volta.
E sta amando. Ama visceralmente sentirsi vivo, poter respirare e stordirsi con i profumi della natura che lo circonda. Ama pensare a Obito in questo momento senza sentire il fiato bloccarsi nei polmoni, senza che all’ossigeno venga impedito di raggiungere il suo sangue.
È così bello che ride. Ride anche quando Sakura e Sasuke lo raggiungono sulla cima dell’albero. Sente di amare anche loro e che non smetterà mai di farlo.
Sakura ricambia la risata e gli strapazza i capelli.
Sasuke guarda il fondo del bosco, anche se non vede l’entrata del nascondiglio. Le risate dei suoi compagni gli fanno male, perché ripensa alle ultime maliziose parole di Orochimaru.
“Non potrete abusarne per sempre, l’hanahaki reagirà”.
 
*

Per qualche tempo, hanno l’illusione che la tempesta sia passata.
Naruto può pensare liberamente a Obito, può andare alla sua tomba e addirittura parlarne senza che la sua gola venga riempita di petali. Naruto ama e non soffoca.
Dà quasi l’illusione che tutto sia stato solo un brutto sogno, qualcosa che hanno solo immaginato. Del resto è una malattia così strana, assurda, che Sasuke si chiede come abbiano potuto crederci.
Naruto sta bene. Va tutto bene.
Finché non tornano i fiori.
Finché un colpo di tosse non scuote la sua gola, subito dopo che Kakashi ha accennato qualcosa su Obito. Sasuke inorridisce quando Naruto tiene la mano premuta sulla bocca, gli occhi sgranati di consapevolezza, e borbotta qualche scusa prima di uscire di corsa dalla stanza.
Lui e Sakura lo seguono, ovviamente, e lo ritrovano in una stanza di archivio vuota, con una pozza di petali e saliva sul pavimento. Continua a tossire forte, come non succedeva da molto tempo, i petali gialli e larghi di un girasole che si fanno forza per uscire dalla sua gola.
Amore devozionale. Amore ossessivo.
Un altro significato del girasole è l’allegria e la solarità, tutto ciò che Naruto dovrebbe rappresentare. Ma in questo momento quei petali gialli, troppo brillanti, sono solo un promemoria di morte.
Non hanno fermato l’Hanahaki.
L’hanno solo rallentata.
 
*

Tornano da Orochimaru.
In un ciclo continuo Naruto compie l’operazione, riesce a respirare per qualche tempo, ma poi i fiori tornano e ogni volta sono sempre più aggressivi.
Sakura conta con angoscia i giorni che passano tra un’operazione polmonare e l’altra: di volta in volta, il tempo di pace si accorcia. Ma quel che peggio, è che ogni volta la malattia si presenta più esplosiva di quanto fosse stata all’inizio. Fin da subito Naruto tossisce quantità ingenti di petali.
Poi una volta, fin dalla prima tosse, nella sua gola si fa strada un bocciolo.
È come una diga. Hanno tentato di metterci una toppa, ma più il tempo passa più il fiume si ingrossa e l’acqua diventa troppa, sfondando ogni volta la loro patetica difesa, che per quanto tentino di volta in volta di ripararla, aggiustarla, diventa sempre più inutile davanti alla forza della corrente.
Il loro tentativo è troppo debole davanti all’amore che Naruto continua ad alimentare.
Ma per ora è tutto quello che possono fare.
 
*
 
“Dovevamo dirlo a Kakashi-sensei” si morde le labbra Sakura.
Dalla stanza d’ospedale dove sono nascosti possono vedere le porte di Konoha, le stesse porte da cui quella mattina Naruto è uscito in missione con una squadra.
Sakura non è preoccupata: è spaventata.
Conta i giorni dall’ultima operazione di Orochimaru sulle cinque dita delle mani.  L’ultima volta c’è stato uno stacco di soli otto giorni prima che ricominciasse a tossire. Ha paura che succeda in missione. Ha paura che l’hanahaki abbassi le sue difese e lo metta in pericolo.
“Sì, avremmo dovuto farlo”.
Sgrana gli occhi e si sente la gola punta da mille spilli.
Sasuke non doveva essere d’accordo con lei. Sasuke doveva rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, di avere fiducia in Naruto.
Si alza dalla sedia con uno scatto nervoso.
“Siamo ancora in tempo per dirglielo” propone concitata.
Ma Sasuke l’afferra bruscamente al polso quando tenta di andare.
“Glielo abbiamo promesso” le ricorda con voce stanca, gli occhi che brillano di ammonimento.
Fra loro tre non esiste nulla di più importante di una promessa. Loro tre sono frutto di una promessa. Non ne tradiranno mai una, anche a costo di morirne.
“Comunque, stai tranquilla” cerca di calmarla mentre torna a sedersi sul tavolino dove si sono raccolti. “Gli ho impresso un sigillo e ho parlato con il Kyūbi: se dovesse succedergli qualcosa, Kurama colpirà il sigillo con il suo chakra avvertendomi e mi basterà teletrasportarci dove si trova”.
È una soluzione semplice e Sakura è grata che Sasuke ci abbia pensato. La rassicura appena in parte, perché se succederà qualcosa loro potranno intervenire.
Incrocia le dita sotto il tavolo in una muta preghiera che non sia necessario.
 
*
 
Era da molto tempo che Naruto non lasciava il villaggio per una vera missione. Un po’ gli era mancato e sarebbe tutto molto bello se non fosse per il motivo per cui la stanno compiendo.
La guerra ha generato troppo pazzoidi.
Pazzoidi che venerano Kaguya come una vera divinità, che hanno dato via a un suo culto finalizzato al suo ritorno.
La Chiesa dello Tsukiyomi si è dichiarata fin da subito nemica dell’Alleanza ninja, reputata colpevole di aver impedito la sua venuta e l’ascesa a un mondo puro. Da quando si è formata viene cacciata da ogni nazione, ma non è mai stata un vero disturbo: all’inizio era solo un circolo di fanatici la cui unica minaccia era il lavaggio del cervello nella popolazione. Finché nukenin di rank-S, per lo più mercenari contrari al tentativo di pace, non hanno deciso di approfittare della sua esistenza per i propri scopi. Con la scusa di ricreare lo Tsukiyomi, hanno ripreso a cacciare i Bijū con l’intenzione di usarli come armi.
L’Alleanza ha iniziato a intervenire, stanando i loro nascondigli e affrontandoli. Purtroppo l’organizzazione della Chiesa a nuclei separati rende tutto il processo lunghissimo e spesso inconcludente.
Non che questo li fermi dal continuare, tutt’altro. Appena hanno localizzato una loro base nella Terra del Fuoco sono stati mandati per eliminarla. Soprattutto questa volta hanno la possibilità di dare un vero freno alla questione, dal momento che cattureranno una  delle menti principali della Chiesa.
Con lui, Sai, Yamato e alcuni chūnin credevano di avere una potenza di fuoco più che sufficiente.
Purtroppo non si aspettavano che quella base fosse guidata da nukenin S con un’abilità innata davvero preoccupante.
Una seccatura, direbbe Shikamaru.
Tutto è andato come previsto dal piano di Yamato, sono riusciti a costringere l’uscita dei due nukenin portandoli a ridosso di una parete rocciosa, costringendoli in trappola. A questo punto basterebbe anche solo Naruto in Bijū mode per metterli fuori combattimento.
Basterebbe, se non fosse per le abilità innate dei due nukenin che capeggiano il gruppetto. Uno, un nukenin di Kumo, è in grado di rimpicciolirsi fino a diventare così piccolo da essere invisibile e impercettibile. L’altro, un disertore di Iwa, indurisce il suo corpo di uno strato di cristalli così duri che nemmeno il legno di Yamato sembra scalfire.
Basterebbe, se non fosse per i fiori.
Naruto ha iniziato a tossire petali mentre correvano fra gli alberi, quando ormai erano già fuori Konoha, tutto solo perché ha pensato a quanto sarebbe stata incredibile una missione con Obito al suo fianco.
Non si è fermato e ha continuato la missione: sono solo petali, si è detto.
Ma ora si sente sfinito. Non riesce ad avere il giusto controllo sul proprio chakra per poter colpire il Kumo-nukenin, né i suoi rasengan sono abbastanza concentrati e potenti per distruggere la barriera dell’Iwa-nukenin.
Anche se come previsto dal piano, continuano a resistere tenacemente e a difendere il loro Cardinale.
“Lascialo a noi, Naruto” ordina Yamato quando anche l’ennesima bijūdama fallisce contro lo strato di cristallo dell’Iwa-nukenin. “Occupati dell’altro!”
“Roger” assicura nonostante la frustrazione che lo divora.
Se non ci fossero fiori nel suo cuore a nutrirsi della sia vita, del suo chakra, i suoi attacchi non sarebbero così deboli.
Digrignando i denti cerca di sfogare il suo senso di impotenza contro l’altro obiettivo, ma il piccolo stronzo si riduce prima che possa riuscire a colpirlo. Nemmeno con l’aiuto di Kurama riesce a percepirlo, forse potrebbe con il chakra naturale, ma non si sente abbastanza in forma da poter tentare un kage bushin. Sembra quasi una barzelletta, che proprio lui non riesca a usarlo, ma quando succede sembra che anche il clone sia affetto di hanahaki e sparisce dopo pochi istanti per via dei fiori.
Potrebbe provare raccogliendo chakra naturale lui stesso, ma per farlo ha bisogno di tempo e di una pausa dal combattimento. Per ottenere entrambi non gli resta che un’unica soluzione.
Talk no justu.
“Perché state facendo tutto questo?!”
Anche se rimpicciolito, ci sono alcune caratteristiche del ninja che restano uguali, come la forza e la voce. Naruto si trattiene a fatica dall’istinto di muoversi verso dove la sente provenire.
“Perché Kaguya-sama è la nostra madre, noi siamo i suoi figli. È così sbagliato desiderare di ricongiunsi con la propria madre?”
“Stronzate” ringhia, gli occhi che vagano per tutto lo spazio in cerca del più minimo segnale.
Fortunatamente ormai è diventato abbastanza abile ad assorbire chakra naturale da potersi permettere questi minimi movimenti o parlare.
“Kaguya è un cazzo di alieno che assorbirà tutto il chakra della terra per distruggerla!”
“Il chakra le appartiene, è lei che ce l’ha donato. Torneremo a essere uno con lei in un mondo perfetto!”
Naruto non sa se pensa davvero quello che dice, se alla fine abbia subito anche lui il lavaggio del cervello, o se stia portando avanti una recita. Sa solo che ha la nausea a sentire queste parole, queste farneticazioni.
“Quella sarà una pura illusione, il mondo perfetto che cercate può essere creato solo con la collaborazione e l’impegno di…”
Il senso di pericolo fa attivare parzialmente la sua bijū mode, una mano di puro chakra lo para dal colpo invisibile che stava arrivando. Purtroppo il kumo-nukenin si è dileguato prima che potesse percepirlo chiaramente.
Cazzo.
Cerca di ritrovarlo seguendo la risata fredda.
“Mi avevano detto che al Kyūbi no ko piace chiacchierare” dice derisorio. “Ma credi che le tue parole basteranno? Noi non siamo come quello sporco traditore…”
Sente freddo, nonostante il calore dell’energia naturale che si deposita su di lui come una seconda pelle, e spalanca gli occhi senza riuscire a trattenersi.
“Che?” sussurra.
Non stanno parlando di lui. Non possono osare parlare di lui.  
C’è una pausa e forse Naruto ha lasciato intendere troppo anche da quel semplice mormorio, o forse è la sua espressione, perché quando il kumo-nukenin risponde il suo tono è provocatorio.
“L’Uchiha traditore che ha rinunciato al sogno perfetto per marcire come l’insetto che era, incapace di portare a termine il suo compito… quella feccia priva di determinazione che ha voltato le spalle alla madre… Noi non falliremo!”
Naruto nemmeno ascolta l’ultima parte, la rabbia lo incendia e sembra far da catalizzatore al chakra naturale. Sente l’energia scorrere in tutto il suo corpo, mescolarsi al suo chakra e rinvigorirlo. Tutti i suoi sensi diventano ancor più acuti e perspicaci su ciò che lo circonda, come immaginava in quel modo riesce a percepirlo. Ed è contro quella piccola fiammella di chakra che percepisce che rigetta tutta la sua rabbia.
“Non osare chiamarlo feccia!”
Sorretto dalla forza del chakra naturale il pugno che colpisce il terreno provoca lo stesso effetto della forza bruta di Sakura, una cratere si apre sulla terra rocciosa esplodendo in detriti.
Ma nonostante tutto non è riuscito a centrarlo, la sua unica consolazione è di averlo ammaccato abbastanza da averlo costretto a tornare nella sua misura normale.  Naruto si raddrizza pronto a fare definitivamente il culo, a fargli rimpiangere l’aver parlato in quel modo ingiurioso, per aver sputato sul sacrificio di Obito… ma sente quella fitta.
Con i sensi ipersensibili del senjutsu, Naruto può sentirlo chiaramente.
Riesce a sentire il battito del suo cuore velocizzato dalla paura essere soffocato da radici. Riesce a sentire davvero per la prima volta la presenza dei fiori nel suo corpo, come la cosa estranea che sono, come il nemico da combattere. I polmoni bruciano, il muscolo cardiaco strida nel tentativo di continuare il suo dovere e fa così male mentre l’ossigeno diminuisce.
Si ritrova in ginocchio a tossire senza rendersene conto, la gola gonfia per tutto quello che la ingombra e non riesce a respirare. La tosse non è stata mai così forte e improvvisa, che sembra scavare direttamente nella gola, strappare ogni alveolo. Gli occhi gli diventano umidi mentre porta le mani alla bocca, alla gola, e tossisce nell’unico modo istintivo che il suo corpo conosce per liberarsi di quel male.
Sono solo gli anni di allenamento costante che lo salvano dal colpo imminente, ma la sua schivata è debole e lenta e sente comunque il chakra bruciargli il fianco.
“Patetico”.
Tra i singulti e i colpi di tosse la voce derisoria arriva a fatica alle sue orecchie. Tutto ciò che percepisce è solo la consapevolezza di star soffocando. I fiori, forse proprio rivitalizzati dal chakra naturale, sono più aggressivi che mai.
Sto per morire, realizza e si accorge di averne paura.
Questa morte sembra molto più spaventosa di quella che ha già sperimentato, dove lo shock di sentirsi privato del chakra di Kurama lo aveva reso incosciente prima che fosse consapevole di quello che stava per accadere. Ma ora lo sa, sente chiaramente come l’asfissia forzata lo sta lentamente uccidendo.
Rotola a evitare a malapena un altro corpo, i fiori che si arrampicano nella sua gola per poter finalmente sbocciare fuori dal suo corpo. Le raccapriccianti immagini che ha visto nel rotolo di Orochimaru sono stampate a fuoco nella sua mente.
“E questo sarebbe l’eroe delle nazioni ninja? Non riesci nemmeno a reggerti in piedi!”
Il nuovo colpo lo colpisce alla gamba, sente i legamenti lacerarsi e il dolore paralizzare i muscoli. Il sangue cola mentre la rigenerazione istantanea di Kurama non può intervenire, completamente impegnato com’è a non far collassare i suoi polmoni.
“Sei debole! Non riuscirai mai a contrastare il nostro sogno perfetto!”
Naruto stringe i pugni, digrigna i denti.
Un sogno perfetto…
Ricorda quando era un bambino paffuto di dodici anni, quando a testa bassa si gettava nel pericolo sicuro di non poter morire, perché non sarebbe morto finché non avesse raggiunto il suo sogno.
Sto per morire.
“Tu credi davvero di poter morire?”
La voce di Sakura gli risuona cristallina nella mente, sovrastando i colpi di tosse e i rantoli soffocati.
“Jiraiya. Tuo padre e tua madre. Nagato e Konan. Neji e tutti gli altri shinobi che sono morti per te. E non solo loro: anche Tsunade, i Kage, i Bijū, Kakashi… hai fatto una promessa a ognuno di loro. Hai promesso che avresti cambiato il mondo e creato la pace. Lo hai promesso anche a Obito! Vuoi rimangiarti la promessa?”
No, mai!
La tossa è insopportabile, le costole scricchiolano e i polmoni bruciano dal tentativo di sopportare lo stritolamento, il suo cuore fa sempre più fatica ogni secondo che passa.  Ma si alza in piedi. Unisce le mani al petto e riesce e raggruppare una barriera di chakra naturale prima che l’ennesimo colpo possa schiacciarlo. Anche se è lo stesso chakra che lo sta lentamente consumando dall’interno, che nutre i fiori. Anche se trattenerlo lo avvicina ogni secondo all’asfissia.
Lui completerà questa missione. Cattureranno quel Cardinale, cancelleranno la Chiesa dello Tsukiyomi e quell’incubo sarà finalmente concluso. Lui ha promesso.
L’ha promesso a Obito.
Chiude gli occhi, l’energia che lo abbandona ancora una volta, ma non può crollare. Davanti a lui, nel buio degli occhi chiusi, riesce a vedere l’immagine di Obito poco prima che morisse, la sua schiena bianca attraversata da crepe. Prova la stessa disperazione di allora e per un momento gli sembra di aver viaggiato nel tempo, di vedere davvero quello sguardo speranzoso e grato.
“Promettimi che diventerai Hokage a qualsiasi costo!”
Sakura ha ragione, se muore non può mantenere questa promessa. E quella promessa ormai non è più solo sua, quel sogno di diventare Hokage è sorretto da troppe persone che hanno creduto in lui, che lo hanno spinto a seguirlo quando da solo non poteva fare nulla. Ormai quel sogno è qualcosa più grande di lui, non ha più il diritto di arrendersi da molto tempo.
Riesce a percepire il chakra riavvicinarsi, il suo proprietario ancora troppo piccolo per essere visibile. Ormai ha esaurito tutte le forze, respirare è sempre più faticoso. Ma non è solo.
Kurama…
Lo so.
Con fatica trattiene il chakra rosso sulle sue dita, alza la mano a toccarsi la pelle dietro l’orecchio, dove un sigillo di inchiostro nero brilla ancora fresco.
Lo tocca.
Il secondo successivo è troppo debole per reggersi in piedi. Si lascia andare alla gravità, gli arti morti, ma qualcuno interrompe la sua caduta senza forza.
Sorride con gli occhi socchiusi, mentre osserva Sakura appoggiarlo delicatamente al suolo e al suo fianco Sasuke sguainare kusanagi.
“Scusatemi…” rantola roco, un sussurro appena percettibile negli spasmi del suo corpo.
“Non dirlo nemmeno”.
Basta loro un solo sguardo al campo di battaglia per trovare subito la giusta intesa. Sakura salta, il byakugō che si espande dalla sua fronte in linee sinuose di chakra e potere, e atterra davanti all’Iwa-nukenin. Subito lo colpisce con il pugno, che scalfisce la corazza di cristalli in mille schegge, senza davvero romperla.
Sasuke fa scudo al corpo di Naruto in cerca di quell’avversario apparentemente invisibile, subito dopo lo sharingan ruota nell’iride cremisi permettendogli di osservare qualsiasi cosa.
In contemporanea un sorriso si profila sulle labbra di entrambi.
Non importa quanto forte possa essere lo scudo dell’Iwa-nukenin, ogni arma ha un punto debole di rottura e Sakura l’ha già trovato. L’armatura inizia da un punto preciso del suo corpo, una sorta di fonte, per poi diramarsi lungo il corpo e racchiuderlo. C’è un posto dove l’avvolgimento di cristallo si chiude, incontrando due lastre.
Scatta ancora, questa volta più veloce e potente di prima, e con le nocche si scontra in quel punto fragile, lontano dalla fonte. Canalizza tutto il suo chakra distruttivo in quel colpo, così forte che l’uomo è costretto a piegarsi sulle ginocchia, il terreno sotto i suoi piedi frana. L’impatto è stato così potente non solo da spezzare tutte le ossa del braccio di Sakura – che sta già curando con il suo byakugō, ignorandone il dolore pungente – ma da disintegrare l’armatura che fin’ora ha protetto il nukenin. L’iwa-nin non è abbastanza veloce da riprendersi a quella batosta, ancora in movimento Sakura lo colpisce con il collo della caviglia alla nuca e lo sbatte a terra, privo di sensi.
Nel mentre Sasuke riesce a individuare il kumo-nukenin prima che quello, saggiamente, decida di scappare. A differenza di Sakura, decide che quella feccia non merita la sua fatica. Si limita a concentrare il chakra nell’occhio rosso, mentre questo come una girandola ruota fino a trasformarmi nella figura del Mangekyo.
“Brucia” sussurra solo, maligno, mentre Amaterasu sorge sul corpo minuscolo, impercettibile. Ma non importa la sua grandezza, se sia visibile a occhio nudo o meno: le fiamme nere continueranno a bruciare finché non sarà consumato.
Sakura torna al suo fianco nel momento esatto in cui rinfodera Kusanagi – tirata fuori inutilmente – e quando si girano verso il compagno scoprono che Yamato e Sai si sono adattati facilmente alla loro comparsa approfittandone per catturare il Cardinale.  Ma anche loro rivolgono appena un’occhiata al vecchio clerico, concentrati piuttosto sulle convulsioni del corpo steso a terra. Dalla bocca di Naruto stanno uscendo a cascata piccolo fiori bianchi morbidi, con i petali disposti in un modo che li fa sembrare batuffoli di cotone.
Trifogli bianchi…, pensa febbrilmente Sakura mentre si accuccia nel tentativo di fare qualcosa. Ma sa che non può niente, che la sua cura è inutile davanti a questa malattia.
I fiori sembrano star crescendo direttamente dalla bocca di Naruto, che tiene spalancata come un pesce fuori dal fiume.
“Sakura…” è la supplica di Sasuke, impotente più di lei.
“Ci sto provando” dice tra i denti, tentando di ricordare gli appunti che ha letto di Orochimaru e il suo complesso procedimento.
Ma sorprendentemente delle mani più grandi e callose si sostituiscono alle sue, allontanandole dal petto di Naruto.
“Faccio io” dice Yamato con tono sicuro, professionale, quello che usava quando erano ancora dei ragazzini inesperti.
Per questo Sakura quasi reagisce d’istinto nel ritirare le mani e lasciar l’altro fare. Con gli occhi sgranati osserva Yamato mentre muove le mani sul petto di Naruto, premendo la pelle e come ascoltando il suo corpo.
“Sakura, mi serve che tu faccia un taglio pulito e preciso proprio qui fino alla cassa toracica, riesci a farlo?” la richiama.
Annuisce confusa. Ovvio che può farlo, l’ha già fatto una volta durante la guerra, quando ha fatto battere il suo cuore a mano. Le punte delle dita brillano di verde mentre comincia a incidere, con il proprio chakra impedisce al sangue di fuoriuscire e mantiene il taglio pulito come richiesto da Yamato. Il quale infila le proprie dita, a sua volta illuminate di chakra, le tiene dentro alla ferita per qualche secondo, che a Sasuke sembrano minuti infiniti, finché Naruto non ha un annaspo e un forte risucchio d’aria sembra finalmente passare per i polmoni e la trachea. Il respiro è ancora debole, ma sta respirando.
Ha ripreso a respirare.
“Ma come…!” sbotta Sasuke incredulo mentre Yamato sfila le dita e Sakura ricuce il taglio con il chakra, facendo tornare la pelle intatta.
“Ho usato il mokuton per controllare la crescita dei fiori, per un po’ resteranno paralizzati” spiega con voce calma, per nulla impressionato da quello che ha visto. Tutto il contrario di Sai, che per la prima volta da quando lo conosce riesce a vedere nel volto dell’ex-ANBU un’espressione di puro orrore. Non può biasimarlo, tra le labbra di Naruto ci sono ancora quei fiorellini di trifoglio.
Lo sguardo Yamato invece è semplicemente preoccupato, ma di quel tipo di rassegnazione che hanno i veterani di guerra davanti a un arto che può solo essere amputato.
“Hanahaki, eh?” mormora ombroso. “Brutta storia. Davvero brutta”.
 
 
 
 
 
 
 
In virtù della sua colorazione brillante, il significato più tipico del girasole è quello dell’allegria, solarità e vivacità.
Un altro significato viene dalla sua caratteristica capacità di seguire il sole, ed è il desiderio di seguire e stare al fianco della persona amata.
In altri tradizioni lo si dono anche per esprimere gratitudine, rispetto e ammirazione.
Ma il significato a cui si riferisce questo capitolo (amore devozionale, ossessivo) viene dalla mitologia greca romana. Ovidio narra nelle Metamorfosi di una ninfa di nome Clizia innamorata del dio del sole Apollo, che ne seguiva con i suoi occhi i suoi viaggi sul carro nel cielo. Dopo nove giorni ad osservare il sole venne però trasformata in questo fiore. Fiore che orienta la sua corolla verso l’astro proprio come faceva la ninfa Clizia. Quindi, se da una parte il Girasole si erge a simbolo di profondo attaccamento ad un’altra persona, dall’altro, può sottintendere anche un amore non ricambiato. A seconda delle circostanze, quindi, può simboleggiare una vera e propria ossessione.
 
Il trifoglio invece generalmente simboleggia la fertilità (per la sua capacità di rendere fertili i campi in cui cresce), ma nella sua colorazione bianche assume il significato di promessa. In questo caso comincia a crescere letteralmente dentro Naruto per il suo forte desiderio di mantenere la promessa fatta a Obito e tutti gli altri.
 
 
Eeeeed eccoci qui. In ritardo di un giorno perché ieri, essendo il primo Giugno e l’inizio del Pride Month, ho preferito approfittarne per riprendere a pubblicare una storia a tematica LGBT che avevo iniziato a pubblicare l’anno scorso. Faccio la sfacciata: nel caso vi interessassero questi argomenti e vi piacerebbe leggere una storia ambientata nelle vicende che hanno portato alla creazione del pride, questa «Stonewall – the first pride was a riot».
Passando a questa storia, ormai siamo agli sgoccioli. Il tentativo di riparazione ha avuto i suoi brevi frutti e ormai non basta più. Senza contare che ormai sia Yamato che Sai sanno quello che succedendo (colpo di scena: Yamato conosce l’hanahaki).
Nel prossimo capitolo ci saranno parecchie rivelazioni e… be’, una scelta molto difficile.
 
Vi ringrazio di cuore per le recensioni e mi dispiace di non essere riuscita a rispondere! Tenterò di rimediare questo giro, promesso ^^ Sappiate che sono sempre molto apprezzate e che mi rendono davvero felice, siete dei tesori ;__;
Al prossimo capitolo!
Hatta.
 
 

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Capitolo 6
*** Fiore di veronica ***


6
Fiore di veronica
 
 
Quando Kakashi ha accettato di prendere il cappello come Rokudaime, ha fatto anche una semplice scelta: di prendersela con calma. Non si sarebbe stressato solo perché è l’Hokage, dal momento che era stato praticamente costretto a diventarlo, le cose potevano essere fatte a modo suo. Quindi, niente stress.
Solo perché ora è il Rokudaime non ha intenzione di invecchiare di colpo, rovinare la propria pelle perfetta in rughe di preoccupazione e ansia. Ha fiducia nei suoi sottoposti e sa di potersi comportare come il solito Hatake Kakashi: ritardi vergognosi, sguardi dolenti, poca voglia di fare e un libro porno sempre in mano durante una riunione.
Vana speranza.
Sicuro di essere invecchiato di colpo di almeno cinquant’anni dopo quanto ascoltato, chiede lento, dando a modo a chiunque di interromperlo e contraddirlo:
“Mi state dicendo che uno dei miei preziosi compagni soffre di una malattia mortale e voi due non avete detto niente a nessuno?”
Purtroppo nessuno lo interrompe o contraddice, e Sasuke e Sakura continuano a tenere lo sguardo lontano in una chiara ammissione di colpa. Se la situazione non fosse così grave potrebbe quasi sorridere per quanto assomigliano ancora a quei graziosi genin che si divertiva a prendere in giro negli allenamenti.
Ma la situazione è grave e al momento riesce a trattenersi a fatica dall’urlare.
“Da quante settimane?” chiede forzando la voce a restare pacata.
Sasuke si ostina a non guardarlo, anche se alla sua domanda i suoi occhi hanno un guizzo. È Sakura a rispondere, esitante.
“Sensei… ormai sono quasi quattro mesi”.
Kakashi aggrotta le sopracciglia incredulo a quella risposta, non era quello che si aspettava. Quattro mesi sono molto tempo, l’hanahaki è una malattia che non ci mette mai più di un mese a consumare la sua vittima, è quasi un miracolo che Naruto sia durato così tanto. Lancia uno sguardo alla porta d’ospedale, dietro cui Naruto si trova nelle mani di un’equipe medica guidata da Tsunade. Poi si volta a fissare Yamato, lo sguardo interrogativo.
Terminata la missione, sono tornati subito a Konoha sfruttando il teletrasporto del rinnegan e hanno portato Naruto in ospedale mentre Sai riferiva tutto all’Hokage. Kakashi è arrivato dalla sua squadra il prima possibile e per tutto il tempo in cui Sakura ha ammesso la condizione di Naruto, Yamato è rimasto in disparte.
La sua espressione è altrettanto perplessa.
“Probabilmente il chakra dei Kyūbi ha rallentato la malattia” osa.
“Non solo…” ammette Sakura e appena parla Sasuke le rivolge uno sguardo di ammonimento. Ma lei lo ignora, tanto ormai non ha più senso tenere qualcosa nascosto. “Orochimaru ha operato sui suoi polmoni, recidendo le radici negli alveoli. Abbiamo però lasciato intatto quelli nei ventricoli, perché Naruto non voleva…”
Kakashi alza una mano interrompendola.
“Ah, quindi a qualcuno lo avete detto” costata furibondo. “A un criminale di classe S tenuto sotto chiave dall’Allenza!”
“Orochimaru è stato l’unico a potermi dire qualcosa” protesta Sasuke.
“No! Orochimaru è l’unico al quale avete chiesto qualcosa!” corregge alzando la voce. “Se foste venuto da me, o da Yamato…”
“Tsunade-sama non mi ha creduta” sussurra Sakura.
“… noi vi avremmo creduto!” sbotta Kakashi.
 Non riesce ad aggiungere altro perché la porta della stanza si apre e rivela Tsunade.
La Godaime sembra stanca, con i capelli legati male e il camice spiegazzato.
“Yamato, puoi venire?” chiede brusca.
Con un cenno di assenso di Kakashi, l’uomo la raggiunge dentro l’altra stanza e Sasuke sembra intenzionato a fare lo stesso.
“Non così in fretta, Uchiha” lo ferma Tsunade spingendolo sul petto. “Voi aspettate qui”.
Ancora, in un’altra situazione si godrebbe l’espressione indignata sul suo studente più orgoglioso, ma si limita a sospirare rassegnato.
“Come sta, almeno?” chiede.
“Male” risponde diretta la donna. “Ci troviamo ad avere le mani legate finché tossisce, forse Yamato saprà darci un aiuto”.
“Va bene”. Si strofina stanco gli occhi, pinzando il ponte del naso. “Se si sveglia avvisaci”.
Kakashi riapre gli occhi quando sente la porta richiudersi e trova Sakura fissarlo esitante, curiosa.
“Non sei sorpreso dell’hanahaki… e Yamato-taichu la conosceva” mormora.
Gli occhi verdi di Sakura sono lustri di lacrime che sembra trattenere da mesi, i suoi capelli sono ancora arruffati e il suo abito sporco della polvere dell’ultimo combattimento. È più pallida di quanto ricordasse, con le labbra screpolate e mangiucchiate dal nervosismo e gli occhi macchiati di occhiaie. Sasuke riesce a trattenere meglio la sua preoccupazione, ma è anche lui cadaverico, con il viso più magro e le labbra piegate verso il basso.
Vedendoli in questo stato Kakashi non riesce più a essere arrabbiato – se mai lo è stato con loro – e sente solo il familiare desiderio di rassicurare i suoi preziosi studenti, di tenerli lontano dalla sporcizia del loro mondo crudele.
Allunga una mano ad accarezzarle gentile la testa, scarmigliandole ancor di più i capelli.
“L’hanahaki è stato a lungo un segreto di classe SS, conosciuto solo dagli shinobi d’elite. Per mia sfortuna sono considerato tale da quando ho tredici anni”.
“Ma quando l’ho accennato a Tsunade-sama lei non…”
Kakashi sospira, interrompendola. “Conoscere un segreto non equivale a crederci. Nemmeno io ci ho creduto finché non l’ho visto”.
La domanda negli occhi di Sakura è fin troppo chiara e si riflette nello sguardo di Sasuke, che discretamente si sta avvicinando a loro. Kakashi però non osa toccare anche lui, sapendo bene che l’Uchiha è sempre stato un gattino diffidente poco avvezzo al contatto fisico.
“Yamato ha sofferto di hanahaki quando eravamo nell’ANBU” ammette con un pizzico di colpa nel rivelare il segreto dell’altro mentre non c’è.
La reazione sorpresa è ovvia, la puntualizzazione di Sakura è comunque inaspettata.
“Ma Yamato è vivo”.
“Ovvio, ha riferito la propria situazione al Sandaime appena sono comparsi i primi petali e si è sottoposto subito all’operazione”.
Un singulto lascia le labbra di Sakura.
“Quindi lui non può più amare…”
Romanticamente” precisa con dolcezza Kakashi. “Può comunque provare affetto e amore verso i propri compagni e amici”.
Non sembra consolare la ragazza però, che ora sembra davvero dispiaciuta per il compagno di squadra più grande.
“E non ricorda nulla della persona che amava…”
Sospira e sente male fra le costole.
“Non è esatto. Yamato conosce ancora il suo ex-amore, ma non sa di averlo amato e quando si sono incontrati dopo la sua operazione, per lui quello è stato il loro primo incontro”.
Ringrazia la maschera che nasconde la piega amara delle sue labbra. È ancora doloroso essere l’unico dei due a ricordare che la prima volta che si sono incontrati è stato nei sotterranei di Root, non alla base dell’ANBU regolare, e che è stato lui ad allontanarlo dalle sgrinfie di Danzō.
“Sensei…”
Il tono esitante di Sasuke lo distrae dalla sua triste considerazione e si lascia sorprendere che alla fine Sasuke abbia deciso di parlare. Si è chiuso nel mutismo da quando sono all’ospedale.
“Perché è successo?” chiede e sembra quasi frustato nel dirlo. “Che cos’hanno avuto di diverso loro dagli altri amori non corrisposti? Perché Naruto soffre di hanahaki e altri no?”
“Oh, quindi Orochimaru non ha condiviso tutti i segreti dell’hanahaki con voi” tenta di scherzare, ma rinuncia al tentativo davanti all’occhiata omicida di Sasuke.
Non può dargli torto, la situazione è troppo tesa per provare ad allentarla, sarebbe solo fuori luogo.
Incrocia le braccia e prende fiato prima di dare la risposta.
“L’hanahaki è una malattia genetica del clan Senjū” spiega. “Lo stesso Shodaime ne ha sofferto ed è stata la causa principale della sua morte. I fiori avevano assorbito tutte le sue energie per via dei suoi Senjutsu e nel mezzo di una battaglia gli successe quello che è successo oggi a Naruto. Solo che non ci fu nessun altro utente del legno in grado di salvarlo e morì soffocato dai fiori”.
Sakura aggrotta le sopracciglia. “Ma Naruto non è un Senjū”.
“Hai ragione, è un Uzumaki” concorda. “Ma sappiamo tutti che gli Uzumaki sono imparentati con i Senjū da generazioni. Il solo fatto che Naruto si sia rivelato l’ultima incarnazione di Ashura dimostra che in qualche modo ha sangue Senjū”.
“Le cavie di Orochimaru non erano Senjū” obietta Sasuke.
Gli rivolge un sorriso indulgente. “Il clan Senjū non esiste più da generazioni, non sono stati gli stessi Hokage del passato a dirtelo? Nel tentativo di integrarsi nel villaggio il clan si è smembrato, unendosi ad altri clan ed espandendo in questo modo la propria genetica. Il clan Senjū si è estinto, ma il suo sangue scorre ancora in alcuni shinobi e civili della Terra del Fuoco. Fu il Nindaime a decretare l’hanahaki un segreto SS proprio quando il clan stava cominciando a indebolirsi. Inoltre l’unica cura che conosciamo è proprio quella che trovò lui…” concluse.
“Ed è davvero l’unica cura?” supplica Sakura.
“Sono costretto a dirlo, anche perché temo che l’unico che abbia continuato a indagarci sia stato Orochimaru. Con il passare delle generazioni l’eredità genetica dei Senjū si indebolì e il Sandaime sperò che questa maledizione non si presentasse più. Del resto per decenni è andata così, l’unica eccezione è stato Yamato, che è a sua volta un’eccezione…”
Sasuke annuisce, non conosce bene la storia del suo compagno di squadra, ma sa che è frutto di un progetto di laboratorio mirato proprio per ottenere il mokuton dello Shodaime.
“Non ha senso” sbotta però. “Perché rendere segreta una malattia così pericolosa e mortale? Soprattutto quando rischiava di colpire persone fuori dal clan Senjū?”
Kakashi sa del piccolo rancore che Sasuke ancora prova il Sandaime, nel suo cuore lo reputa egualmente responsabile della strage della sua famiglia e dalla sofferenza di suo fratello. È ovvio che istintivamente contrasti ogni scelta presa del vecchio Hokage.
“Perché è una debolezza” risponde. “Questa malattia mortale è una profonda debolezza per il villaggio, soprattutto se in grado di uccidere uno shinobi potente come lo Shodaime. Gli avversari avrebbero potuto tentare di usarla per conquistarci, seducendo i membri del clan e non ricambiando i loro sentimenti. Inoltre già durante la Terza Guerra Shinobi sembrava essere sparita dal villaggio, quindi era inutile allarmare i cittadini più del dovuto. Contava che se qualcuno avesse iniziato a tossire fiori lo si sarebbe riferito immediatamente all’Hokage”.
C’è un sottile rimprovero nell’ultima frase che fa abbassare gli occhi di Sakura.
“Ci ha fatto promettere, sensei” spiega affranta. “Non potevamo”.
“Immaginavo” sospira rassegnato.
Sa com’è fatto Naruto, la sua testardaggine e il suo spingersi al limite. Sa ancora meglio la fiducia che c’è tra loro, nemmeno la tortura di Ibiki li avrebbe fatti parlare.
C’è un piccolo silenzio, dove Sakura e Sasuke valutano le nuove informazioni con tristezza. Conoscerle non cambia molto la situazione, rende solo tutto ancora più reale e fatalistico.
Kakashi li lascia nelle loro elucubrazioni il tempo necessario, ma poi ottiene la loro attenzione con un lungo sospiro.
“Quindi?” chiede cercando di mostrarsi tranquillo. “Chi è?”
Ha dovuto mordersi le labbra per non aggiungere chi è il pezzo di merda che ha rifiutato l’amore del mio adorabile fratellino?
Lo sguardo esitante che i suoi due ex-studenti si scambiano lo lascia perplesso, in realtà si chiede come i due non abbiano provato ad assassinare la persona che sta portando Naruto alla morte. Può capire Sakura, diplomatica e razionale, ma Sasuke?
Sospetta che la risposta non gli piacerà.
“È Obito, sensei” mormora alla fine Sakura.
Gli ci vogliono molti secondi prima di registrare correttamente l’informazione e si accorge di accettarla senza combattere, nonostante la sua assurdità. Nonostante l’assurdità dà senso a tutte le volte che ha trovato Naruto davanti alla tomba commemorativa, a come scappasse dal suo ufficio ogni volta che si parlava di Obito e allo stesso tempo assorbiva avido ogni parola che aveva su di lui.
“Ma certo” dice fra sé, triste. “È ovvio”.
E ancora una volta, sempre davanti al cuore spezzato di un suo compagno di squadra, si pente di essere lui quello che è sopravvissuto.
 
*
 
Restano in quella saletta per ore senza parlare, mangiati dal nervosismo dell’attesa. Fuori il sole cala, ma nessuno accenna ad andarsene. Perfino Kakashi ha cacciato ogni ANBU e Jōnin che è venuto a cercarlo nel tentativo di ricordargli le sue mansioni da Rokūdaime.
Aspettano e restano al buio.
Così quando Tsunade esce di nuovo dalla stanza di ospedale, la prima cosa che fa è accendere la luce e tutti scattano sul posto, in allerta.
La Godaime posa lo sguardo su ognuno di loro, scrutandone i visi pallidi e scarni di preoccupazione.
“È vivo” dice, rispondendo alla  muta domanda che alleggia nell’aria.
Non per molto, pensa.
Poi gli occhi di Sasuke si abbassano sul panno che tiene tra le mani. Con un sospiro, mostra i grappoli di fiori violetti e indaco tutti stropicciati.
“Quando si sveglia è per pochi secondi ed è per vomitare questi” spiega. “Ora sembra essersi calmato, ma non sappiamo quanto durerà. Sia io che Yamato siamo al limite”.
“Capisco” mormora Kakashi. “Grazie per quello che avete fatto”.
“Non c’è neanche bisogno di dirlo” afferma tremante, gli occhi nocciola che bruciano di preoccupazione per il suo ragazzino biondo e scemo.
Sakura le si avvicina e afferra lo stelo pieno di fiorellini.
“Sono fiori di Veronica” riconosce mesta e si chiede a chi Naruto stia offrendo il suo addio.
(Ancora una volta ha paura che lei, la squadra 7, Konoha non sia abbastanza per fermare qualcuno che ama a lasciarli.)
Sasuke non chiede nemmeno se possono entrare, semplicemente lo fa. Offrendo appena un altro sguardo al medinin, attraversa la porta a passo di marcia.
Dentro c’è un olezzo disgustoso che gli fa arricciare il naso: il tipico odore dei medicinali è mescolato a quello dolciastro di fiori appassiti o bruciati, con un retrogusto di ferro pungente.
Naruto è steso sul letto, sveglio, con tubicini infilati sul per il naso. Ha gli occhi pesti, incavati, non era così pallido dalla battaglia in cui si sono quasi uccisi. Eppure non mostra ferite, la sua pelle è intatta e priva di ematomi.
Tra le dita ha uno di quei fiori, ci gioca distratto e mesto, accarezzandone le corolle e il fusto. Quando si volta a guardarlo ha un’espressione così desolata, sperduta… sconfitta. Sasuke non credeva fosse davvero possibile sconfiggere Naruto.
Non hanno bisogno di parlare. Quello che vuole dire è chiaro sul suo viso e Sasuke non è così crudele da girare il coltello nella piaga, a fargli dire ad alta voce quella decisione.
Del resto non c’è altro che possano fare.
“Andrà bene” dice e non si sente falso.
Naruto non ricorderà niente di tutto questo, degli ultimi mesi, e non ricorderà di aver amato. Se non ricorderà non può soffrirne e il dolore che sente ora passerà.
Non soffrire, è questa la cosa importante ora. Desidera solo che Naruto smetta di soffrire e viva, perché quella stessa sofferenza la sente sulle proprie spalle e non può sopportarla.
“Come stai?”
La voce di Kakashi arriva alle loro spalle disinvolta, in quella sua nota allegra che frustra i nervi di Sasuke ogni volta.
“Sono stato meglio” concede Naruto con un sorriso.
Il momento di vulnerabilità è stato interrotto, è tornato nella sua solita espressione sciocca e allegra. Gli occhi azzurri però volano su Sakura, che sta controllando i dati che la macchina a cui è collegato emette. Ha le labbra mangiucchiate dal nervosismo e sembra che l’unica cosa in grado a non farla crollare sia scivolare nell’automatismo delle azioni mediche.
“La crescita dei fiori sembra essersi fermata” dice.
“Per poco” risponde Yamato, seduto su un angolo esausto. “Non abbiamo più di qualche ora”.
“Sarà sufficiente, il tempo di chiamare Orochimaru e farlo venire qui” replica pratica Tsunade e all’espressione infastidita di Kakashi sbuffa: “È l’unico che conosce correttamente la procedura di rimozione, è la persona più indicata”.
Naruto è tornato spaesato, un bambino in trappola tra tutti quegli adulti che parlano. Sasuke vorrebbe urlare loro di stare zitti, perché parlare del cuore di Naruto in quel modo pratico e freddo mentre può ascoltarli è crudele.
Naruto non potrà più amare.
Amare romanticamente, si impone di sottolineare. Qualsiasi cosa succederà fra poche ore, non intaccherà il loro legame. Saranno sempre Naruto e Sakura e Sasuke, saranno sempre loro.
“Naruto,” chiama, spinto dall’urgenza e quando gli occhi azzurri tornano su di lui si sente la gola secca, “non cambierà niente” promette.
Sakura si volta di scatto, in tempo per vedere il sorriso triste e per nulla convinto di Naruto. Si avvicina a sua volta e gli afferra la mano con forza.
“Noi saremo ancora qui” dice decisa. “Sasuke ha ragione, non cambierà niente”.
La presa sembra dare maggior convinzione a Naruto, che ricambia stropicciando i fiori di veronica tra le loro dita.
Ma la sua voce trema ancora quando chiede:
“Mi parlerete di lui?” Gli occhi si ristringono. “Lo farete, vero?”
Kakashi è il primo a reagire, si sporge ad appoggiare una mano sulla sua spalla, tentato di allargare le braccia e stringere i suoi tre studenti insieme.
“Lo faremo” promette. “Lo farò. Ti racconterò tutto quello che c’è da sapere”.
Naruto annuisce e tira su con il naso, un suono acquoso quanto i suoi occhi sempre più lucidi.
“Va bene” dice. “Andrà bene”.
Sarebbe più convincente se solo non piangesse.
 
 
 
 
 
Il fiore di Veronica deve il suo nome a San Veronica.
I suoi fiori hanno molte qualità curative, infatti vengono usate per curare disturbi all’apparato respiratorio. Nella tradizione questo fiore è conosciuto anche come Occhi Divini, per via della conformazione del fiore che ricorda piccoli occhi azzurri. Proprio per la sua colorazione azzurra è associato al cielo, mentre il significato che viene tradizionalmente usato è quello riferito alla parola addio. Chi la regala, infatti, spera che gli occhi divini veglino sul viaggio delle persone amate e sono costrette ad allontanarsi.
 
 
E anche il penultimo capitolo è andato ;__; manca solo l’ultimo, anche se ormai è chiara la direzione che ha preso la storia e tutti potete sospettare cosa riguarderà il prossimo. Il dolore puro.
Spero che vi sia piaciuto il modo che ho voluto legare l’hanahaki nella lore di Naruto, il suo legame con il clan Senjū. Ovviamente sappiamo tutti che Hashirama ha iniziato a tossire fiori dopo che ha creduto di aver ucciso Madara :P E spero che anche il piccolo inserto KakaYama vi sia piaciuto, bambini çwç Forse quando finirò questa storia farò una piccola one-shot sull’esperienza di Yamato con l’hanahaki hahahaha
 
Vi ringrazio per le recensioni e per aver seguito la storia fino a questo punto <3 ci vediamo con l’ultimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Higanbana ***


7
Higanbana
 
 
Svegliarsi con il mal di testa non è mai un buon segno, soprattutto se aprendo gli occhi la prima cosa che vedi è l’ospedale.
Che diamine?
Sbatte le palpebre, sentendo che tutto il corpo – ma soprattutto la zona del torace – gli fa un male dannato. Anche se non è il tipico dolore che prova quando è stato pestato da Sakura o Sasuke, è più… come quando dormi troppo a lungo in una posizione strana.
Prende un grande respiro e un forte odore di arance lo colpisce al naso. Curioso volta la testa di lato e vede su una sedia d’attesa Kakashi, intento a pelare proprio uno di quei frutti arancioni.
“Oh, sei sveglio” commenta allegramente senza alzare gli occhi.
Perplesso di vedere proprio il Rokudaime al suo capezzale – quando non ha nemmeno idea di come sia finito in ospedale – si alza a sedere in cerca di risposte. Ma prima che apra la bocca Kakashi gli sta porgendo uno spicchio di arancia. Lo prende titubante e quando lo porta alla bocca si accorge di star morendo di fame.
Da quanto tempo sono qui? Perché sono qui?
“Kakashi-sensei…” chiede ingoiando lo spicchio. “Cos’è successo?”
L’uomo canticchia invece di rispondere, continuando a dividere l’arancia in un lavoro meticoloso che lo fa snervare. Sta per sbottare qualcosa quando finalmente parla.
“Naruto caro, sai che giorno è oggi?” chiede sereno.
Aggrotta le sopracciglia alla domanda strana.
“L’ultima data che ricordo è il sedici Giugno, sensei” risponde.
Kakashi annuisce soddisfatto e gli porge il resto degli spicchi.
“Ottimo, Naruto, molto bene” lo loda. “Vedi, oggi è il venticinque Ottobre”.
Il tono allegro l’ha totalmente fuorviato, perciò capisce cosa ha effettivamente detto solo quando ha già l’arancia in bocca e dalla sorpresa si ritrova a sputare gli spicchi mangiucchiati.
“Ottobre?!” ripete soffocandosi.
Trovandosi in ospedale si era aspettato di essere rimasto fuori combattimento per qualche giorno, ma addirittura quattro mesi?
“Cos’è successo?” chiede ancora, più incisivo e preoccupato.
Cos’è successo che l’ha fatto restare svenuto per quattro mesi?  E perché non ricorda assolutamente nulla?
“Mangia la tua arancia, Naruto” lo riprende Kakashi poco impressionato dal suo sguardo omicida .
Ma è alla fine è sempre stato un ragazzo ubbidiente e si ficca in bocca tutti gli spicchi rimanenti, gonfiando le guance come un criceto.
“Allora?” bofonchia appena comprensibile.
Kakashi annuisce.
“Cos’è l’ultima cosa che ricordi?”
“Tu che mi schiavizzi nel tuo ufficio” risponde veloce. Del resto è quello che ha fatto per tutta l’estate quando non era in missione.
“Io non ti schiavizzo” protesta. “Ti insegno solo come si comporta un futuro Hokage, mio dolce studente”.
Lo guarda diffidente, perché se c’è una cosa che ha capito dopo tutti quegli anni è che quando Kakashi usa quel tono zuccheroso e spensierato c’è solo da preoccuparsi.
“Altro?” chiede.
Aggrotta la fronte, cercando di ricordare, ma per qualche motivo è difficile.
“A fine giornata ti ho accompagnato alla lapide commemorativa, così salutavo con te i miei genitori e…”
La ruga sulla sua fronte si accentua mentre si sforza, perché è certo ci fosse qualcun altro su quella lapide che dovevano salutare, ma non riesce proprio a ricordare chi. Non conosce nessun altro nome inciso oltre quello dei suoi genitori e lo stesso vale per Kakashi.
Scrolla le spalle poco preoccupato, del resto se non ricorda ben quattro mesi è normale che si confonda.
Kakashi attende dica altro, ma al silenzio prolungato annuisce fra sé.
“Proprio come ha detto Tsunade” borbotta.
“Perché?” sbotta ormai esasperato. “Che cosa mi è successo?”
Per un momento teme che non risponda, ma poi sospira e per la prima volta da quando si è svegliato vede nel suo sguardo preoccupazione e mestizia.
“Come ti senti?”
Naruto è vicinissimo a mettersi a urlare.
“Sto bene” dice incisivo, lasciando che tutta la sua esasperazione si legga in faccia. “Starei meglio se mi dicessi che ci faccio qui!”
 “Comprensibile” gli sorride, poi si alza dalla sedia pigramente. “C’è un cambio di vestiti nel comodino. Indossali e raggiungimi fuori dalla stanza. Ti spiegherò tutto per strada”.
Naruto lo guarda imbronciato mentre esce, ma poi sospira rassegnato e fa come dice. I muscoli e le ossa scricchiolano mentre si rimette in posizione eretta e per un momento ha un giramento di testa che lo costringe ad appoggiarsi al muro.
Prende una lunga boccata d’aria cercando di tornare stabile sulle proprie gambe.
Ma a parte questa debolezza, sicuramente causata dal suo essere rimasto svenuto troppo a lungo, si sente bene.
C’è solo una fitta costante al petto, che non riesce a capire da cosa esattamente provenga. Sembra dal cuore, ma non è come se il muscolo fosse affaticato nel contrarsi. No… è qualcosa di diverso, simile a una consapevolezza: ci deve essere qualcosa ma qualcosa non c’è.
È simile a quando aveva tredici anni e Sasuke era appena partito: si voltava sicuro di trovare Sasuke al suo fianco e Sasuke in realtà non c’era. È lo stesso tipo di dolorosa consapevolezza, che manchi qualcosa che dovrebbe esserci.
Kurama, cosa sta succedendo?, chiede allarmato nella propria mente.
Ma la Volpe non sembra voler parlare con lui, si è rintanato in un punto lontano della sua mente accoccolato nelle sue code.
Te lo dirà lo spaventapasseri, è l’unica spiegazione borbottata di malavoglia.
Naruto è certo di star per impazzire e ora è davvero preoccupato. Perciò quando esce dalla stanza d’ospedale non può far a meno di chiedere come prima cosa:
“Sasuke sta bene?”
Kakashi sembra sorpreso dall’impeto della sua domanda, i suoi occhi pigri lo guardano leggermente confusi.
“Mai stato così in forma” lo rassicura.
Ma Naruto non si convince, resta mangiato dal nervosismo.
“Sakura allora?”
“Sana e bella come al solito”.
“Sai?”
Kakashi ora lo guarda preoccupato.
“Che dire di Sai… il solito. Sta bene”. Fa una pausa dove lo studia con apprensione. “Stiamo tutti bene, Naruto” lo rassicura.
Annuisce, anche se si sente la gola secca e il cuore dolorante.
“Cos’è successo?” chiede ancora e, davvero, si sta stancando di ripeterlo.
Kakashi gli appoggia una mano sulla spalla e lo invita a uscire dall’ospedale. Fortunatamente non resta in silenzio troppo a lungo.
“Circa una settimana fa, sei stato mandato in missione fuori dal villaggio. Lo ricordi?”
Naruto aggrotta le sopracciglia, forzando la memoria per cercare questo ricordo. Nel farlo stringe le labbra e ronza con la gola.
“Credo… di sì” dice incerto. Ha come una sensazione di verità, sa che è stato mandato in missione fuori dal villaggio, ma non se lo ricorda.
“Se dico Chiesa dello Tsukiyomi aiuto in qualche modo?”
Lo sguardo di Naruto di adombra. “Sì,” ringhia, “sono i pazzoidi che vogliono riportare Kaguya”.
Kakashi annuisce. “Esattamente. Abbiamo trovato una base principale qui nella Terra del Fuoco, sei stato mandato con una squadra per catturare il loro Cardinale. Ma…”
“Qualcosa è andato storto” indovina funesto, quel qualcosa andato storto deve essere il motivo per cui si trovava in ospedale senza memoria.
“La missione è stata un successo” garantisce il Rokudaime, “ma tu sei stato colpito da un potente jutsu sconosciuto. Tsunade credeva che potesse aver intaccato la tua memoria e, come hai dimostrato, aveva ragione”.
È il turno di Naruto di annuire, soddisfatto di avere più chiara la situazione. Forse dovrebbe essere preoccupato per essere stato colpito da questo jutsu sconosciuto, ma se è sopravvissuto è qualcosa che può gestire.
“Quindi, tutto qui? Tutte queste storie perché non mi ricordo gli ultimi quattro mesi?” chiede e assottiglia gli occhi quando Kakashi gli lancia un’occhiata incredula.
Forse si aspettava una reazione meno tranquilla a quel fatto, ma davvero non è un grande problema. Qualsiasi cosa sia successo in quell’estate possono raccontargliela Sasuke e Sakura e tutti gli altri. E poi se la missione è stata un successo non c’è davvero niente di cui preoccuparsi. Ogni tanto si rompe un braccio o una gamba, questa volta ha una leggera amnesia: sono shinobi, succede.
“In realtà crediamo abbia colpito anche altri ricordi… molto specifici” continua Kakashi, indica la strada che stanno percorrendo. “Stiamo proprio andando a verificarlo”.
Prestando finalmente attenzione alla zona attorno a lui, Naruto riconosce la direzione: stanno andando al monumento commemorativo. Per qualche motivo questa scoperta gli appesantisce il cuore e si sente nervoso, perciò fa il resto della strada in silenzio, chiedendosi perché tra tutti i posti stiano andando proprio lì.
Il monumento è sempre la solita lastra di pietra di nomi incisi al campo di allenamento. Appena sono lì Naruto chiude gli occhi e piega il capo in preghiera versa i suoi genitori.
Kakashi è dritto al suo fianco, le mani dentro le tasche dei pantaloni nella solita posa indolente.
“Quindi?” spezza il lungo silenzio.
Kakashi annuisce, come ricordando che sono qui per un motivo ben preciso.
“Tra queste persone c’è il mio migliore amico” dice e, per quanto Naruto si senta triste per il suo sensei a scoprire questa cosa, continua a non capire cosa c’entri con la sua memoria.
“Mi dispiace” dice comunque e lo tocca su una spalla per essere di conforto.
Kakashi fa un’espressione amara, poi scuote la testa.
“Cosa ricordi della battaglia con Kaguya?”
Ancora una volta, la domanda lo prende in contropiede e il desiderio di urlare perché non sta più capendo niente si fa sempre più forte. Ma si fida di Kakashi, sicuramente in qualche modo contorto tutto questo deve avere un senso, quindi si sforza.
“Allora… ci ha trasportato in una dimensione diversa e ho scoperto di saper volare” inizia. “Poi Sasuke è stato davvero stupido con te e Sakura, ma siamo riusciti a mettergli un po’ di sale in zucca. Quindi ho provato il mio fenomenale jutsu definitivo!” si anima, salvo poi ridacchiare nervoso. “Non ha propriamente funzionato… Kaguya ha cambiato dimensione e ha allontanato Sasuke da noi, trasferendolo in un’altra ancora. Quindi per farlo tornare abbiamo…” si interrompe mentre la sua voce sfuma.
Socchiude gli occhi e sporge il labbro inferiore, nella sua classica e buffa espressione pensosa. Ma dopo una manciata di lunghissimi secondi concentrato in quel modo sgrana gli occhi e torna su Kakashi esitante.
“Io… non ricordo come abbiamo fatto” ammette. “E anche dopo, quando Kaguya ci ha trasferito nella dimensione della gravità… lì è successo qualcosa, vero?”
Si sente terribilmente smarrito e per qualche motivo il petto fa male, il cuore sembra troppo stretto nella gabbia delle costole. Si porta una mano ad afferrarsi la maglietta, quasi a voler fermare il battito accelerato. È successo qualcosa lì che non ricorda e per qualche motivo pensarci gli fa desiderare di piangere.
Kakashi lo afferra saldamente, le mani sulle sue spalle.
“Tranquillo, Naruto, va tutto bene” dice con voce calda, rassicurante. “È il jutsu, va tutto bene. Vieni, sediamoci”.
Naruto segue il sensei mentre lo spinge a sedersi sul prato e allo stesso tempo cerca di regolarizzare il proprio respiro, di lasciarsi calmare dalle parole tranquillizzanti di Kakashi.
Il quale attende si sia calmato prima di porgere un’altra domanda.
“Ricordi il secondo Madara?”
Un lampo di rabbia e odio passa sugli occhi blu, scurendoli.
“Sì” ringhia, il corpo rigido al ricordo.
“Ottimo” annuisce Kakashi. “Ricordi anche quando sei riuscito a rompere la sua maschera?”
Il flashback di quella battaglia passano nella sua mente, insieme al ricordo della rabbia e della frustrazione che aveva provato nel combattere contro quell’individuo che si proclamava nessuno.
“Sì” ripete nello stesso tono.
“Ricordi anche chi ci fosse dietro quella maschera?”
Naruto socchiude la bocca e si irrigidisce. Per quanto riesca a vedere il momento in cui l’ha colpito in faccia con il rasengan, frantumando quell’odiosa maschera, il resto diventa vuoto e nebuloso come nei ricordi con Kaguya.
“No…” mormora confuso.
Il sospiro rassegnato di Kakashi aumenta solo la sua preoccupazione. C’è qualcosa che non va, qualcosa che gli fa battere dolorosamente il cuore nel petto. Non capisca perché gli faccia così male, come se fosse stata aperto da bisturi, come se fosse vuoto.
“Non credo ci sia un modo facile per dirlo” considera fra sé Kakashi, poi torna a guardare la tomba. “Sotto le spoglie di Uchiha Madara, c’era Uchiha Obito”, una pausa, “il mio migliore amico”.
È un’informazione troppo grande perché Naruto riesca a coglierla nel suo pieno, ha così tanti significati e implicazioni che rischiano di fargli scoppiare il cervello per le domande che emergono quasi autonomamente.
Torna a guardare la lapide, tentando di fare ordine nella testa.
“Quel migliore amico lì?” chiede. “Ma non capisco, ‘tebayo! Quelli non sono i morti della Terza Guerra? Che cosa…”
Si interrompe e stringe gli occhi, perché davvero si sta sforzando di ricordare e più ci prova più fa male. Ma non alla testa, come se fosse un’emicrania, come se fosse il suo cervello a essere bloccato. Quello che sembra incapace di aprirsi è il cuore, è quello che fa male nello sforzo di superare l’ostacolo del puro vuoto.
Kakashi gli offre la sua presa, salda e sicura.
“Non sforzarti” dice. “È il jutsu. Più ti sforzi, più provoca dolore”.
“Perché non ricordo queste cose?” singhiozza con il respiro traballante. Sta cercando di calmarsi, ma non ci riesce. Come ha potuto dimenticare qualcosa di così importante? “Perché non riesco a ricordare la Quarta Guerra?!”
“Respira con me” evita le sue domande. “Segui il mio ritmo. Espira, inspira, espira…”
Naruto cerca di concentrarsi, di restringere il ronzare dei suoi pensieri solo al proprio respiro. Se è il jutsu, allora si sforza di pensare a tutt’altro. La sua mente vola facilmente al ramen, al pensiero che dopo tutta questa merda si merita un bis doppio.
Ancora una volta il ramen gli salva la vita e sente il sangue tornare placido, smettere di ribollire per tutto il corpo impazzito. Fa un solo cenno a Kakashi per fargli capire che va tutto bene.
“Perché il jutsu ha colpito proprio questi ricordi?” chiede.
Può capire che abbia cancellato dalla sua mente gli ultimi mesi, ma perché ha intaccato qualcosa di così specifico? Perché fra tutti i suoi ricordi ha scelto la fine della Quarta Guerra?
Kakashi lo osserva in silenzio per alcuni secondi, gli occhi vigili e attenti al minimo segnale di debolezza.
“Abbiamo solo una teoria” inizia lento, incerto. “Probabilmente il loro obiettivo era farti dimenticare cosa sarebbe successo se il fiore divino fosse sbocciato, così da eliminare la tua volontà di contrastarli. Ma qualcosa è andato storto, forse la presenza del Kyūbi ha influito, e invece hanno rimosso solo alcune parti della guerra. Per esempio contro chi stessi combattendo”.
Naruto abbassa lo sguardo, valutando attentamente questa informazione. Ne capisce il senso, è logico, perciò nonostante le fitte al petto che continuano a insistere annuisce.
“Va bene. Ho capito”. Fa una pausa, poi lo guarda speranzoso. “Torneranno mai? I miei ricordi?”
Non serve che risponda, l’espressione desolata nelle iridi grigie basta da sola.
“Oh”.
Non sa come sentirsi in merito. È frustrante non ricordare, avere questa barriera di nebbia, ma allo stesso tempo… non ricorda. Non ne sente una mancanza, non sa cos’ha perso. Forse è per questo che appena sveglio ha provato quella sensazione angosciante.
“Ti racconterò com’è andata”.
La voce di Kakashi lo riscuote e si ritrova a osservarlo spaesato. I suoi occhi espressivi traboccano di affetto e determinazione.
“Ti racconterò di come hai fermato Madara, Kaguya e… di come hai cambiato Obito”.
Inclina la testa di lato, incuriosito dal tono. Ma poi si allarga in un sorriso luminoso, già deciso ad abbandonare questa spiacevole situazione alle spalle. È uno shinobi, sopravvivrà anche a questo.
“Davanti a una tazza di ramen?” offre sornione.
Kakashi sbuffa, come quando erano sensei e genin.
“Maaa, se non si può evitare…”
 
 
Sasuke osserva cupo dal ramo, i suoi occhi seguono le figure di Naruto e Kakashi uscire dal campo di allenamento. Sembra essere andato tutto bene, Naruto sembra aver creduto alla loro articolata bugia.
Ignora la fitta al petto a quel pensiero, si sforza di ricordare che non potevano fare altrimenti. Qualche giorno fa, quando Naruto si è svegliato dopo l’operazione, lui e Sakura hanno provato a dirgli la verità.
L’hanno rotto.
Naruto si è accartocciato in se stesso aggrappandosi al petto, piangendo e tremando dal dolore. A quanto pare, dopo l’operazione, ogni tentativo di ricordare l’amore perduto costringerebbe il cuore del paziente a uno sforzo insopportabile, tale da sovraccaricare e danneggiare il sistema di chakra. Sasuke ha dovuto usare un genjutsu per calmarlo.
Hanno riprovato, questa volta decisi a non dire la verità a Naruto, così hanno inventato il jutsu della memoria e tutto il resto. Neanche questo ha funzionato. Naruto era lì che li guardava così fragile e Sasuke non ce l’ha fatta. Non può mentire a Naruto, ogni fibra del suo essere striderebbe per qualcosa di così innaturale. Naruto ha capito subito che c’era qualcosa che non andava e la stessa scena si è ripetuta ancora una volta. Sasuke l’ha addormentato con un genjutsu e Sakura ha distrutto una stanza d’ospedale dalla frustrazione.
Questa volta Kakashi sembra esserci riuscito. È riuscito a mentire a Naruto, ad arginare immediatamente ogni rischio. Forse è giusto così: del resto è lui il loro sensei, loro sono bambini sperduti che sanno solo farsi del male e ritrovarsi.
Naruto li perdonerà.
Naruto lo perdonerà se non ci riesce, se la sola idea di partecipare a quella farsa gli attorciglia le budella. Se la sola idea di mentire spudoratamente, guardarlo negli occhi e tacere su quello che gli hanno fatto – non puoi più innamorarti – gli fa desiderare di bruciare ogni cosa. Sa che non durerà a lungo, che prima o poi esploderebbe per dirgli la verità. Gli farà male.
Non rivolge più uno sguardo alle due figure. Salta tra i vari rami e tetti fino ad arrivare alle porte di Konoha.
Anche se non ha avvisato nessuno nel tentativo di allontanarsi senza spiegare, non si stupisce di trovarla seduta su una di quelle maledette panchine. Sembra la replica di un ricordo che ancora lo fa vergognare.
“Te ne vai”.
Non è una domanda quella di Sakura, è una costatazione rassegnata, come se ormai avesse accettato di non essere in grado i trattenerlo. E nonostante la sua decisione di andarsene di nascosto, senza farlo a sapere a nessuno, sente il bisogno di giustificarsi agli occhi verdi e tristi.
“Non posso sopportarlo” ammette.
 “Lo so”.
“Quello che gli abbiamo fatto è orribile”.
“Lo so” ripete ancora. “Ma era l’unico modo”.
“Non lo saprà mai. Non saprà mai cosa gli abbiamo tolto” insiste, quasi non la stesse ascoltando.
“Era d’accordo”.
“Ma lui non voleva dimenticare”.
Sakura non risponde e restano in silenzio. Sasuke ripensa ossessivo a quello che ha appena visto: nessuna reazione da parte di Naruto al nome di Obito, i suoi occhi non hanno avuto quello sguardo. Quello sguardo innamorato, quell’emozione che vibrava in lui e lo illuminava nonostante il dolore, non ci sarà più. L’hanno strappata via, come un’erbaccia fra i fiori.
“Non posso sopportarlo” ripete piano, più dolce.
I loro chakra sono collegati, il chakra che il Saggio dei Sei Sentieri ha offerto loro richiama continuamente la propria metà. Sasuke sente il vuoto che è stato scavato in Naruto e se Naruto non lo soffre perché non ricorda, perché non capisce, Sasuke sì. Ne sente le conseguenze come se avesse la ferita aperta, sanguinante, davanti agli occhi. È egoista ma non può sopportarlo, ha bisogno di distogliere lo sguardo prima che monti la nausea.
Sasuke aspetta, finché Sakura non alza gli occhi di nuovo su di lui. Capisce cosa sta aspettando e scuote la testa.
“No” nega. “Non te lo chiederò”.
“Non vuoi venire con me?” chiede e spera che non si senta il sollievo nel suo tono.
Ha bisogno di stare da solo, di metabolizzare questa cosa. La solitudine è l’unica panacea che conosce.
Sakura scuote la testa, il caschetto ondeggia.
“Ho promesso a Naruto che sarei stata qui al suo risveglio” dice. “Ha bisogno di me”.
“Non puoi aggiustarlo, Sakura” l’avverte. “Lo abbiamo rotto”.
La ragazza canticchia, evitando lo sguardo e sorridendo triste fra sé. Si alza dalla panchina e sembra esitare nel chiedere:
“Se quei fiori fossero stati miei…”
Non termina la frase e Sasuke si sente male. La guarda e supplica, il cuore che si stritola nel senso di colpa, nella sensazione di non poter essere mai abbastanza per i suoi compagni.
Lei sorride e scuote la testa, come a voler scacciare via le parole appena dette.
“Hai ragione. Scusa, è stato crudele”.
Non risponde e Sakura nemmeno si aspetta che lo faccia. Gli rivolge un ultimo sorriso, un cenno con la mano prima di andarsene.
“Fa’ buon viaggio, Sasuke” dice. “Torna presto”.
Sasuke la guarda allontanarsi lungo la strada, la cornice delle sue spalle che nonostante i muscoli sembra così esile nella sua maglietta rossa. Quando è diventata così alta?
“Sakura” la chiama e non deve nemmeno alzare la voce perché lei lo senta.
Si ferma brevemente e si gira di profilo incuriosita, in attesa che dica altro.
“La prossima volta” dice Sasuke. “La prossima volta ti porterò con me”.
Sente l’eco della piccola risata raggiungerlo.
“Ci conto, Sas’ke-kun” scherza con tono zuccheroso. Poi si gira e si allontana ancora, questa volta più velocemente.
Sasuke non la ferma più, lancia un ultimo sguardo a Konoha – lì, verso il punto che percepisce il chakra di Naruto – e poi si gira.
Ha attraversato tante volte questo cancello, ma per la prima volta si immagina delle mani che lo trattengono per le spalle. Per la prima volta sente di abbandonare qualcosa.
Tornerò, si dice. Tornerò a casa.
 
Sakura fa quattro passi prima di girarsi e vedere Sasuke scivolare oltre il cancello, una figura nera che spicca nei colori autunnali.
Chissà quanti fiori di higanbana sono sbocciati nei campi.
Ci pensa solo un secondo, un po’ malinconica. Non è arrabbiata con Sasuke, lo capisce: anche lei scapperebbe via. Ma non può farlo, è sempre stato il suo compito rimettere insieme i pezzi.
Non puoi aggiustarlo, le risuonano le parole di Sasuke.
Forse è vero, ma Naruto merita di essere amato anche se non sa più farlo. Merita di avere una famiglia, qualcuno che si prenda cura di lui, qualcuno che può credere di amare.
Spera che Naruto la perdonerà per quello che sta per fare, ma ormai ha deciso.
Con un ultimo sguardo alle porte di Konoha, riprende a camminare alla ricerca di Hinata.
 
 
You left me to die
I believed in love one day
while petals hushed me.
Fine.
 
 
 
 
;__; Anche questa minilong è andata.
Prima di tutto, mi dispiace per la lunga assenza di Giugno: la sessione estiva non perdona e ho avuto un esame davvero tosto che mi ha prosciugato tutta la forza, anche solo scrivere qualche pagina per Stonewall è stato uno sforzo immane. Anche se avevo questo capitolo scritto, mi mancava l’ultima parte, il dialogo tra Sasuke e Sakura; infatti ho paura di averlo scritto male, di non essere riuscita a renderlo pienamente.
Come forse avete capito la mia intenzione è stata quella di collegarla comunque al canon, magari proprio precedente a The Last (per quanto mi abbia fatto schifo quel film): Naruto ha persona la capacità di amare romanticamente, ma non quella di provare affetto/attrazione sessuale, quindi mi immagino Sakura convincerlo che è sempre stato innamorato di Hinata (come succede nel film alla fin fine). Dai, questo spiegherebbe anche perché si è svegliato di botto xD
Miei headcanon a parte, spero che questo finale vi sia piaciuto. Anzi, che l’intera storia vi sia piaciuta vi abbia emozionato! Io di certo ho lasciato qualche lacrima nel corso della scrittura xD
Vi ringrazio tantissimo per averla seguita fino alla fine e se vi andasse di farmi sapere cosa ne pensate, insomma lasciare un commentino, io ne sarei davvero felice ^^
Un bacio.
Hatta.
 
(La poesia finale: https://hellopoetry.com/poem/2588559/hanahaki/)

 

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