Voci che ho finto di non sentire di arashinosora5927 (/viewuser.php?uid=821446)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sua ***
Capitolo 2: *** La mia ***
Capitolo 1 *** La sua ***
Non ero solito preoccuparmi per queste cose, perché a dire
la verità mi ero abituato, ma mancava un mese al mio
ventiduesimo compleanno e in tutto quel tempo nulla era mai cambiato.
Ormai ci conoscevamo da quasi dieci anni e cominciavo a riflettere sul
suo comportamento che mai mi era sembrato normale, ma che speravo
andasse scemando col tempo. Gokudera era il mio migliore amico, come
Yamamoto, ma con lui le cose erano sempre state diverse.
Sebbene avessi imparato a capire in che modo lui dimostrasse di
rispettarmi e volermi bene come amico e non come boss continuavo a
pensare che non avrebbe dovuto comportarsi come un perfetto stalker.
Gokudera era ovunque, la mia ombra ed era inutile dirgli che non era il
mio maggiordomo, né paragonarlo ad altre figure onnipresenti
perché rischiavo solo di ferirlo nel suo orgoglio di braccio
destro, il ruolo che aveva finalmente guadagnato.
Forse non avrei dovuto arrabbiarmi o provare tanto fastidio, ma non
trovavo del tutto normale che mi aspettasse fuori alla doccia con un
accappatoio pronto per asciugarmi o che mi portasse la colazione a
letto o che scegliesse i miei vestiti.
Niente di tutto questo era normale, non eravamo amici, non
più, stava diventando qualcosa di diverso e questo qualcosa
forse mi spaventava più di quanto volessi ammettere.
Sapevo che non c'era limite a quello che l'amicizia può
fare, è una forma d'amore dopotutto, ma nessun amico avrebbe
mai fatto per quello che Gokudera faceva nel modo in cui lo faceva ogni
giorno.
Non lo nascondo, mi sentivo soffocare. All'inizio in quell'enorme
stanza mi ero sentito terribilmente solo, ma ora che ci avevo fatto
l'abitudine bramavo ogni istante in cui potevo stare da solo.
Gokudera non conosceva più il significato della parola
privacy, sapeva solo dire che doveva prendersi cura di me e assicurarsi
che avessi tutto ciò di cui avevo bisogno.
La cosa più assurda è che io desideravo solo il
mio spazio, perché per quanto potessi apprezzare la sua
compagnia davvero mi sentivo continuamente invaso.
Quando glielo avevo fatto presente era tornato nella mia stanza con
tutti i DVD della saga di Star Wars dicendomi che avrei trovato tutto
lo spazio di cui avevo bisogno.
Sembrava davvero non esserci via di scampo per me, sembrava che non
avessi modo di staccarmelo di dosso anche solo per qualche ora. Per
questo la notte finivo sempre sveglio perché finalmente ero
solo, ero libero, nel mio spazio, con i miei pensieri e i miei
sentimenti.
E anche in quei momenti avevo il terrore di vederlo spuntare da qualche
parte, ma fortunatamente Gokudera non aveva ancora trovato il modo di
infilarsi nel mio letto.
Ero solo, ma mi sentivo i suoi occhi addosso, mi domandavo dove avesse
messo le videocamere di sorveglianza e se mi avesse messo un microchip
addosso, non mi avrebbe sorpreso.
Pensavo a lui giorno e notte e i miei pensieri andavano sempre verso la
stessa direzione. Io non volevo questa simbiosi con lui, ma Gokudera
sembrava davvero viverne e io non avevo il coraggio di spezzare il suo
sogno.
Mi convincevo che forse stavo esagerando io, che in tutto quel fastidio
c'era un mio disagio personale, perché sì, io
continuavo a fare finta di niente, a mettere a tacere le mie emozioni
ogni volta che si facevano vive e allora forse stavo scaricando tutto
nell'atteggiamento di Gokudera. Mi ci volle parecchio tempo per
arrivare a dirmi che erano vere entrambe le cose, tanto c'ero io con i
miei problemi, tanto c'era Gokudera che non conosceva il significato di
spazio personale.
Ero da poco rientrato da un allenamento sfiancante in cui Reborn si era
divertito a fare a pezzi la mia autostima e in tutta
sincerità avrei solo voluto crollare sul letto e
dimenticarmi del mondo.
In camera mia c'era Gokudera, un sorriso sulle labbra e lo sguardo
vigile.
"Vi ho preparato un bagno rilassante con i vostri sali preferiti,
così che il vostro corpo possa riprendersi."
Ero combattuto, in parte apprezzavo davvero quel gesto, per altri versi
invece ero davvero stanco di avere Gokudera addosso.
Lo ringraziai e mi lasciai condurre nella vasca ampia di cui disponevo
essendo stato investito ufficialmente col titolo di Decimo boss dei
Vongola.
Gli permisi di insaponarmi i capelli e di massaggiarmi le spalle,
dovevo ammettere di sentirmi davvero coccolato e non disdegnare tutte
quelle attenzioni.
"Perché sei così ossessionato da me?" gli chiesi
senza pensare, le parole mi uscirono dalla bocca senza pesantezza.
"Non la chiamerei ossessione, parlerei più di devozione,
Juudaime" mi rispose e io non ebbi cuore di obiettare.
Pensavo che ci fosse qualcosa di sbagliato nel modo in cui Gokudera si
relazionava con me, qualcosa di sbagliato nel suo idolatrarmi,
idealizzarmi, nel suo trattarmi come un dio e mettermi su un
piedistallo. Volevo solo stare al suo fianco, volevo che mi vedesse
come un suo pari e non mi mettesse pressione addosso nel vano tentativo
di soddisfare le sue aspettative, ma non era ancora successo.
Rimasi in silenzio a percepire solo il profumo dell'acqua, la mia pelle
a contatto e le mani di Gokudera tra i miei capelli, quello poteva
definirsi qualcosa di molto vicino alla pace, mi sarei anche potuto
addormentare.
Evidentemente fu quello che successe perché la voce di
Gokudera mi arrivò improvvisamente come una tenera carezza
all'orecchio, un flebile sussurro.
"Siete molto stanco, vero?" lo sentii domandare e risposi con un
leggero cenno del capo.
Mi sentii sollevare e avvolgere in un tessuto spugnoso e accogliente,
in quell'istante i nostri occhi si incontrarono e io dimenticai come si
parlasse.
Cercai di ignorare il battito che mi rimbombava nelle orecchie quasi
come se fosse distante e il senso di calore che pervase il mio corpo
arrossandomi il viso.
Dovevo ammetterlo, forse mi stavo innamorando di Gokudera-kun e questo
mi terrorizzava.
"Non possiamo andare avanti così" mormorai tra me e me,
Gokudera non mi sentì tanta l'incoerenza dei suoni che emisi
che dovette averli scambiati per mugolii del sonno.
Improvvisamente divenni particolarmente cosciente delle sue mani che
sfregavano il mio corpo per asciugarlo e sentii il bisogno di prendere
in mano la situazione.
"Faccio da solo..." dissi mentre la mia voce acquistava energia uscita
da quello stato di dormiveglia.
"D'accordo, prendo l'asciugacapelli allora."
Quel giorno mi convinsi che dovevo parlargli che quell'atteggiamento
non era normale e che volevo la mia libertà, che rivolevo la
mia identità.
Gokudera doveva capire che non eravamo un'unica cosa, ma due persone
diverse e a costo di ferirlo io dovevo riappropriarmi della mia
dimensione di essere umano singolo.
Stavamo in accademia, l'accademia che frequentavamo per formarci come
figure professionali nell'ambiente della mafia. Io avevo costantemente
tutti gli occhi addosso e in questo caso avere Gokudera accanto pronto
a ringhiare mi tornava decisamente utile.
Frequentavamo corsi diversi, per questo ci ritrovavamo in classi
diverse. Mancavo totalmente di coerenza quando dopo essermi lamentato
della sua presenza asfissiante lo andavo a cercare nella sua aula
sentendo che avevo ricominciato a respirare solo perché lui
era di nuovo al mio fianco.
Quel giorno come di consueto andai nella stanza dove si tenevano i
corsi di formazione per figure di rilievo come i secondi del boss, il
braccio destro, ma lui non c'era.
Era inusuale che non ci fosse, ma sapevo che doveva essere nella
struttura perché la mattina ci eravamo recati insieme.
Chiesi ai presenti se sapessero dove fosse, ma non era un mistero che
Gokudera non era bravo a farsi degli amici e quindi nessuno mi rispose.
Mi misi seduto a un banco ad aspettare e realizzai che in attesa della
prossima ora di lezione avevo finalmente il tempo per me stesso che
tanto sognavo.
Chiusi gli occhi per un istante e le immagini invasero la mia mente.
Il diciottesimo compleanno di Yamamoto,lo stavamo festeggiando nel suo ristorante, quando Tsuyoshi ci
portò una bottiglia del suo miglior sake e ci disse di bere
ora che ci stavamo trasformando in giovani uomini.
Ricordavo perfettamente quel piccolo brindisi che facemmo nella
timidezza e nella paura di approcciarci all'alcol, il bicchierino che
condivisi con loro fu il mio unico.
Gokudera e Yamamoto invece, si divisero la bottiglia fino a svuotarla
completamente. Gokudera disse di gradire davvero tanto il sapore ed
entrambi lo osservammo buttare giù praticamente tre quarti
della bottiglia un goccio dopo l'altro.
Ero preoccupato, Gokudera era fin troppo allegro e aveva iniziato a
fare battute, raccontare barzellette e ripetere più volte
quanto ci volesse bene.
Insomma non era in sé, ma ciò che mi
colpì di più fu l'atteggiamento di colpo
provocante che assunse nei miei confronti.
Mi sentivo sopraffatto dai suoi sguardi, dalle sue parole, dal tono con
cui aveva iniziato a rivolgersi a me e Yamamoto rideva, forse
perché ancora una volta per lui era tutto un gioco.
Quando Tsuyoshi disse di dover chiudere il locale ci offrì
di rimanere a dormire, ma sapevo che Reborn mi avrebbe fatto passare
l'inferno se non avessi fatto ritorno a casa come concordato quindi
rifiutai educatamente ringraziando.
Entrambi mi guardarono chiedendomi con lo sguardo "ci pensi tu?"
indicandomi Gokudera praticamente abbracciato alla bottiglia con la
testa appoggiata sul tavolo.
Sarebbe potuto rimanere da loro, ma dentro di me sentivo che non era
giusto lavarmene le mani, tornare a casa a dormire senza occuparmi
della persona che più si occupava di me al mondo, che con me era
premurosa come neanche mia madre lo era mai stata.
Quella fu la seconda volta che portai Gokudera sulle spalle, ma mentre
nella prima era privo sensi, stavolta era piuttosto vigile e
affettuoso. Si stringeva forte a me mentre potevo percepire il rossore
delle sue guance solo dal calore del suo corpo dato dall'alcol in
circolo.
Lo avrei riportato nel suo appartamento se non fosse che non avevo idea
di dove fosse e che avevo paura di lasciarlo da solo e che
probabilmente nemmeno lui ricordava più dove abitasse.
In quel momento mi resi conto di come il mio allenamento stesse facendo
effetto, di come più che un boss mafioso mi stessi
trasformando in una spia, dal passo felpato, io che un tempo non sapevo
neanche legare correttamente i lacci delle scarpe.
Durante la scalinata per raggiungere la mia stanza realizzai per la
prima volta che avevo portato una persona, per quanto obiettivamente
leggera, sulle spalle ed ero riuscito ad adagiarla sul mio letto. Di
certo i miei muscoli si erano sviluppati e forse sbagliavo proprio a
sottovalutarmi.
"Cerca di dormire" gli dissi sistemandogli una coperta addosso.
"Tutto qui?" mi domandò indispettito.
"Dove è il mio bacio della buonanotte?"
Sentii le guance scottare e mi chiesi cosa dovessi fare per farlo
smettere, perché non dicesse più quelle cose
così imbarazzanti.
"Potresti approfittarne, chiedermi e farmi qualsiasi cosa, non mentirei
e invece mi dici solo di dormire..." ribatté lui mettendomi
il broncio.
Pensai che potevo accontentarlo, almeno in parte, soddisfare anche la
mia curiosità.
"Allora c'è solo una cosa che voglio sapere realmente" la
stessa domanda che mi ritrovai a fargli anni dopo.
"Fammi indovinare... perché sono così
ossessionato da te, giusto?" domandò lui.
Annuii con un cenno del capo, non era una novità che
Gokudera sapesse leggere nella mia mente e lo stato di coscienza
alterata non modificava questa sua peculiarità.
Risi appena anche perché non sapeva più parlare
senza almeno un singhiozzo a spezzare le frasi.
Ero pronto a ricevere la mia risposta e ad accettarla qualunque essa
fosse.
"Perché ti amo."
No, per quello non ero pronto.
Le sue parole erano state come una freccia dritta al cuore, mi
mozzarono il fiato e annebbiarono la mia mente.
"Gokudera-kun, sei ubriaco" gli ricordai e lo ricordai anche a me
stesso perché in quel momento l'atmosfera era
così strana che non ero sicuro di cosa stessi facendo.
"Io sarò anche ubriaco, ma domani sarò sobrio e
non ci sarà differenza, sarò ancora innamorato di
te" disse lui accennando un sorriso.
"Una vita intera a cercare di mantenere un controllo che non vedevo
l'ora di perdere..." lo sentii sospirare come se stesse parlando a se
stesso più che a me.
Mi sentivo così sconvolto per quelle parole, pensai
scherzasse, che lo stato di ebrezza lo stesse facendo delirare o
forse me ne volli solo convincere.
"Sei decisamente ubriaco" gli dissi sforzandomi di ridere mentre gli
scombinavo delicatamente i capelli.
"E tu sei decisamente allettante" rispose guardandomi come se mi stesse
spogliando e volesse divorarmi.
Per un attimo mi chiesi se avessi ancora dei vestiti addosso e fui
sorpreso di scoprire che non erano andati da nessuna parte.
Credevo di non essere mai stato così imbarazzato come in
quel momento e se fossi stato più sincero nei miei confronti
forse mi sarei reso conto che quella sensazione non mi dispiaceva.
"E poi sei carino, sei così fottutamente carino!"
proseguì lui abbracciando il mio cuscino, mettendosi su un
lato senza mai staccarmi gli occhi di dosso.
Non sapevo perché mi sentissi così felice, ma
quei complimenti mi stavano scaldando il cuore e lo sguardo dolce che
mi rivolgeva era una carezza per la mia anima.
"Grazie?" domandai confuso su come proseguire perché era
chiaro che mi ero addentrato per un sentiero pericoloso.
"Perché non ti avvicini così ti posso baciare?
Non fare finta di non sapere che il mio fottuto corpo non risponde ai
comandi e non ce la faccio a mettermi seduto."
Gokudera era fuori controllo, completamente e io non sapevo come farlo
stare zitto specialmente dopo aver pronunciato le frasi che seguirono.
"Mi vuoi lasciare da solo in questo stato? Sono così
eccitato e non vuoi fare niente per me? Non sono abbastanza attraente?"
In quel momento nascosi il viso tra le mani perché nella mia
testa una voce mi ripeteva che per me Gokudera era il ragazzo
più bello dell'intero pianeta.
"Se non ti fossi ubriacato, avresti controllato meglio il tuo corpo e
forse mi avresti baciato, Gokudera-kun."
Non potevo credere a ciò che avevo appena detto e nemmeno
lui vista l'espressione che mi rivolse.
"Perché devo sempre fare tutto io? Se vuoi baciarmi fai
pure, non ti fermer-."
Dovevo farlo smettere stava diventando troppo imbarazzante.
"Stai zitto!" gli dissi coprendogli la bocca con una mano, mi sembrava
la soluzione perfetta invece era stato lo sbaglio più grande.
Sentii la sua lingua contro la pelle, infilarsi tra le dita e mentre mi
scoprii a osservarlo come se fossi stato ipnotizzato sentii le orecchie
fischiare prima di ritrarre la mano.
"Il tuo sapore... dammene di più" gemette con un tono tale
che nelle mie orecchie si tradusse come un enorme segnale di
pericolo.
Sfrecciai fuori dalla mia stanza e lo lasciai da solo, un secondo di
più insieme e non so davvero dire cosa mi sarebbe successo.
Probabilmente niente, Gokudera non era nelle condizioni di fare
qualcosa da solo, infatti più che di lui avevo paura di me
stesso.
Il giorno dopo non ricordava nulla e io di certo non gli avrei mai
detto cosa era successo.
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Capitolo 2 *** La mia ***
Riaprii gli occhi, ma quando li avevo chiusi esattamente?
Mi domandai perché avevo richiamato alla mente un momento
simile, un momento che avevo tanto cercato di dimenticare inutilmente.
Forse ci stavo dando troppa importanza visto che Gokudera non
aveva mai più manifestato atteggiamenti simili nei miei
confronti.
Che cosa era poi un giorno in confronto alla vita intera?
Forse però era proprio non averne mai parlato ciò che
più mi pesava.
Mi ci volle qualche istante per tornare in me, per ricordarmi, chi
fossi, dove fossi e che stessi facendo e in un attimo riconobbi la
felpa di Gokudera abbandonata su una sedia, quello doveva
essere il suo posto.
Mi avvicinai particolarmente attratto da un'agendina rossa incustodita, probabilmente doveva appartenergli.
Non so come me la ritrovai tra le mani, ma l'aprii senza neanche elaborare l'azione e la richiusi subito dopo
rimproverandomi perché non avrei dovuto invadere la sua
privacy.
Poi però sentii una voce nella mia testa domandarmi che diritto
avesse lui invece e la stessa mi disse che era giusto punirlo ficcando il naso nei suoi
affari. Le mie mani si mossero da sole accarezzando le pagine.
La mia intuizione stava parlando forte e chiaro e infatti era proprio
il suo diario, interamente scritto in italiano. Sfortunatamente per lui
l'italiano era diventata la mia seconda lingua dal momento che a Palermo ci vivevo ormai da quasi quattro anni.
Mi interrogai più volte su se dovessi o meno procedere, ma
alla fine cedetti.
Io e te siamo come fuochi d'artificio e sinfonie che esplodono
nell'universo
Il mio cuore aveva saltato un battito davanti a quella
nostra foto insieme scattata molti anni prima durante la notte di
Tanabata.
Le prime pagine erano interamente dedicate a cosa io fossi per lui,
erano scritte come se stesse parlando con me.
Con te mi sento vivo, è come se i frammenti del mio cuore
finalmente ritrovassero il loro posto
A pensarci bene sapevo molte cose di Gokudera, ma sentivo come se non
mi avesse mai aperto il suo cuore veramente e tramite quel gesto io mi
ci stessi violentemente intrufolando, forzando la chiave che avevo rubato in una
serratura che non era pronta ad aprirsi, per dare uno sguardo
approfondito all'interno nonostante non mi fosse concesso.
Forse avrei dovuto smettere, ma avevo perso il controllo delle mie mani
che scorrevano e si soffermavano accarezzando ogni ti amo impresso
sulla carta.
Gokudera parlava di me e in quelle parole per la prima volta ci rividi
me stesso, senza limature. Gokudera davvero conosceva tutti i miei
difetti, non era cieco, vedeva ogni sbavatura.
Forse dopotutto il dio che venerava tanto era più terreno di
quanto me lo ero figurato.
Quanto sei bello nella tua fragilità con le tue
imperfezioni. Senza non saresti lo stesso, non saresti speciale
C'era una sezione interamente dedicata al nostro potenziale primo
bacio.
Tutti gli scenari lo vedevano fare il primo passo, preoccuparsi in
maniera eccessiva del suo alito, dell'angolazione tra le nostre teste,
perché il mio Hayato era un perfezionista, lo era stato dal
primo istante.
Avvampai, non potevo credere a come lo avessi chiamato.
Forse avrei dovuto essere preoccupato e spaventato dal fatto che sapeva
letteralmente di me ogni cosa, anche ciò che non gli avevo
mai detto, invece mi trovai addolcito.
Improvvisamente fui colpito da una consapevolezza che avevo
ignorato davvero per troppo tempo. Lo avevo letto in quelle pagine e
lui stesso me lo aveva detto e io? Io stavo realizzando in quel momento
che era tutto vero, che Gokudera era innamorato di me, come se la cosa
non mi avesse mai sfiorato prima.
Le pagine continuavano a scorrermi tra le dita e quando iniziai a
leggere alcune parole a sfondo sessuale chiusi di colpo l'agendina
e decisi che dovevo restituirgliela.
Scesi le scale della facoltà e realizzai che Gokudera
poteva essere solo in cortile a fumare, ero uno stupido per non
averci pensato prima.
E infatti era lì, la sigaretta tra le labbra e lo sguardo perso
all'orizzonte.
Avanzai a passo spedito verso di lui e senza riflettere gli tolsi la
sigaretta da bocca facendola cadere a terra e schiacciandola
prontamente con un piede.
Le mie dita sfiorarono nel processo le sue labbra morbide e in un
attimo ci ritrovai le mie.
Non era la prima volta che baciavo qualcuno, ma era la prima volta che
baciavo Gokudera.
Santo cielo, la sua bocca sapeva di fumo e caffè un sapore
così forte che mi dava alla testa e mi disgustava, ma al
contempo quel bacio forse lo avevo sognato troppo per dare
rilevanza alla cosa.
Avevo distrutto tutti i suoi piani, questo pensai quando guardai il suo
viso spaesato e arrossato.
Poi invece mi resi conto che avevo un attimo baciato il mio braccio
destro davanti a quelli che forse sarebbero stati i miei futuri alleati
o forse no e che avrei fatto bene ad acquisire l'abilità di
diventare invisibile nei prossimi secondi.
"Ti ho detto un milione di volte che non voglio perderti, smettila di
fumare!"
Non sapevo nemmeno io che stessi dicendo, perché gli avessi
puntato quegli occhi pieni di emozioni contrastanti addosso.
"E-Era...per farmi... smettere???" domandò lui confuso.
Scossi la testa noncurante delle voci che stavano sorgendo intorno a
noi.
"Questa ti appartiene, non dovresti lasciare le tue in giro,
Gokudera-kun" gli dissi porgendogli l'agendina.
"Non ditemi che... l'avete..."
"Sì, ti chiedo scusa... non avrei dovuto, ma ti
fai problemi a invadere la mia privacy e non sono riuscito a
resistere..." gli risposi.
Ero così confuso, dal mio comportamento, dal suo.
"Ho usato parole così indegne per parlare di voi,
Juudaime..." mormorò abbassando o guardo, gli occhi puntati
sul pavimento.
La cosa più indegna a mio avviso era tutto quell'inchiostro
sprecato per scrivere che non lo avrei mai ricambiato, che non aveva
possibilità con me.
Hayato era la mia tempesta irascibile che si trasformava in una dolce
brezza estiva, ma solo per me.
Aveva colto quanto fossi speciale o almeno mi ci aveva fatto sempre
sentire laddove tutti avevano fallito.
La mia testa era in fermento, c'era una tale confusione, non sapevo con
quale parte del mio essere stavo facendo più a botte,
probabilmente con l'intero.
Hayato era tante cose, ma solo io conoscevo quel lato
tanto tenero di lui e di questo non solo ero orgoglioso, ma anche molto
geloso.
Non capivo, che mi stavo dicendo, stavo forse dicendo di ricambiarlo?
Lo baciai di nuovo, al diavolo il resto di presenti, tanto comunque un
giorno mi avrebbero dovuto portare rispetto.
Era la conferma che stavo aspettando? Era questo che desideravo provare
quando Gokudera prese coraggio e mi strinse a se facendosi cadere di
mano l'agendina?
L'espressione sul viso che aveva era indescrivibile, incommensurabile.
Un misto di felicità, confusione e quel rossore che dava il
colore giusto a completare il quadro.
Io ero senza fiato e la mia bocca bramava ancora la sua. Avevo trovato
la mia risposta, la mia conferma e il coraggio per guardarla in faccia,
quello di cui avevo bisogno.
"Gokudera-kun, è giunto il momento che tu capisca che siamo
due persone diverse. Non so quanto di questo discorso ti
entrerà in testa in questo stato attuale, ma ho bisogno che
tu mi conceda e che tu rispetti il mio spazio. Non voglio vederti o
sentirti ogni istante della mia vita né condividere tutto
con te e questo non riduce o cambia in alcun modo quello che provo per
te. È solo sano, è sano che possiamo essere al
contempo due cose diverse, ma sempre unite e connesse e quando vogliamo
invece anche una cosa sola."
Gokudera ascoltò ogni parola e questo a punto notai i nostri numerosi
spettatori che stavano seguendo con attenzione.
"Ho capito e lo so..." rispose facendo difficoltà ad
articolare la frase.
"È solo che vivere in simbiosi era per me un modo per
illudermi e uccidere quel malessere che provavo ogni volta che mi
rendevo conto di non avere il ruolo che voglio realmente nella tua
vita."
Ascoltai il suo discorso e rimasi colpito
perché mai avrei pensato che ci fosse questo dietro a quel comportamento
eppure adesso che me lo aveva detto sembrava così ovvio.
"Ora questo ruolo puoi averlo, probabilmente lo avresti avuto molto
prima se mi avessi lasciato un attimo da solo per pensarci" gli dissi
senza battere ciglio.
Il suo viso si illuminò ed ero piuttosto sicuro di aver
rotto qualcosa in lui, che avesse smesso di funzionare come una pagina
internet che mostra l'errore 404.
Quello che non mi aspettavo era di vederlo cadere ai miei piedi
afferrandomi le mani baciandole entrambe e ancora meno l'applauso
che scoppiò intorno a noi.
Hayato era felice e lo ero anche io.
Ora avevo capito che quel senitmento che io avevo chiamato a lungo
ossessione non era altro che amore.
Bonus:
"Ma hai letto proprio tutte tutte le pagine?"
Gokudera mi pose quella domanda almeno una decina di volte al giorno in
quelle che furono le settimane a seguire e io mi convinsi che c'erano
cose che era meglio non sapere. Non avrei mai più curiosato
nel suo diario, specie dal momento che finalmente aveva imparato a
rispettare il mio spazio.
Lo avevo rassicurato un miliardo di volte, ma quando alla mia risposta
seguiva il suo "menomale" dovevo ammettere che la curiosità
mi mangiava vivo, così un giorno cambiai la risposta.
"Perché non me lo racconti? Potresti anche leggerlo se ti
va."
Forse dovevo imparare a soppesare le mie parole con Gokudera.
"Oppure potrei mostrartelo."
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