Come tu mi vuoi

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vendetta! ***
Capitolo 2: *** Bisogni ed esigenze ***



Capitolo 1
*** Vendetta! ***


Eccomi qui con l’ennesimo delirio, in attesa di postare l’ultimo capito dell’altra fic Dal passato. Questa ff però è più leggera e più corta (solo due capitoli) e viaggia su tutt’altri toni :D
Se vi dico che mi sono divertita come una matta a scriverla, non vi direi una novità, spero però che alla fine piaccia anche a voi. ^_^
Buona lettura!




COME TU MI VUOI
 
 
 
 
Cap. 1 Vendetta!
 
 
Ryo era in bagno e svogliatamente si stava radendo davanti allo specchio.
Era fresco di doccia e indossava solo uno striminzito asciugamano, legato in vita, a nascondere le pudenda.
 
Faceva smorfie alla sua immagine riflessa e controllava le occhiaie, che quella mattina erano ben visibili sotto gli occhi; stava giusto pensando che, anche se non l’avrebbe mai ammesso, non era più un ragazzino, e tutte quelle nottate di baldorie lo stavano pian piano segnando: non era più il giovane rampante di un tempo, forse era il caso che rallentasse un po’.
Scosse energicamente la testa; no, no e poi no!
Lui sarebbe rimasto giovane per sempre!
Quegli scatti improvvisi, però, fecero finire un grumo di schiuma da barba sulla superficie liscia del vetro, che si affrettò a pulire nervosamente con una manata, altrimenti la sua socia chi l’avrebbe sentita?
 
Già che quella mattina gli era sembrata strana… lo aveva svegliato come sempre, con tutta la dolcezza che può avere un rinoceronte nella savana del Serengeti, però quando lui le aveva fatto la solita battuta per farla arrabbiare, dicendole che era un mezzo uomo e un travestito, lei non lo aveva preso a martellate, ma era rimasta interdetta e non aveva proferito parola.
Aveva girato sui tacchi e se ne era andata.
E lui, dopo aver tolto le braccia da sopra la testa, per ripararsi dall’inevitabile tramvata che lei gli avrebbe rifilato, non sentendola arrivare, si era voltato incredulo verso Kaori.
Perché non lo aveva colpito e se ne era andata via senza nemmeno strepitare, almeno un po’?
Il suo comportamento lo aveva profondamente stupito e, in ultima analisi, impensierito.
 
Quando Kaori faceva così, quando non reagiva istantaneamente come al solito, significava solo una cosa: che la sua vendetta l’avrebbe servita sul classico piatto freddo.
A quella constatazione si era sentito invadere da un profondo gelo, e la fronte gli si era imperlata di finissime goccioline di sudore…
Doveva aspettarsi qualcosa, prossimamente, doveva stare attento; forse, per quel giorno, sarebbe stato molto più prudente limitarsi un po’ con le battute e le prese in giro, finì per pensare.
 
Stava giusto facendo questi ragionamenti, quando la porta del bagno si spalancò e l’oggetto dei suoi pensieri entrò.
 
“Oh, Ryo, sei ancora qui?” esordì la bella socia con voce squillante “Credevo che avessi già fatto” e fece scorrere il pannello della doccia e aprì il rubinetto dell’acqua calda.
 
Poi incredibilmente prese a spogliarsi, con naturalezza, proprio lì davanti a lui.
Ryo non poteva crederci!
Ma era forse impazzita?
Come se niente fosse, la ragazza continuava a togliersi i vestiti, che gettava in terra senza tanto pensarci, e intanto discorreva così, apparentemente senza imbarazzo o vergogna:
 
“Sai, ho proprio bisogno di farmi una bella doccia, stamattina ho pulito sempre, e sapessi che sudata ho fatto!” e gli rivolse un sorriso disarmante.
 
Lui era rimasto pietrificato, voltato per metà ancora con il rasoio in mano; gli sembrava di stare ancora sognando, mentre lei proseguiva con:
 
“Non ti dispiace, vero, se entro nel box? Tanto siamo entrambi uomini e non ci imbarazziamo a vederci… a vederci nudi, no? Tu continua pure a farti la barba, che io mi faccio una doccia veloce” e si slacciò il reggiseno, facendolo cadere anch’esso in terra, seguito subito dopo dalle mutandine.
 
Per un attimo rimase completamente nuda davanti agli occhi del socio che, per l’occasione, erano diventati grandi come piattini, poi entrò fischiettando dentro il box della doccia, scomparendo alla sua vista.
 
Si sentì un tlic, come di qualcosa che urtasse la vasca di ceramica del lavabo.
 
Ryo, ormai senza saliva e senza sangue nelle vene, non riusciva a riprendersi dalla scena che gli si era svolta davanti; spostò il peso del corpo da un piede all’altro, e inevitabilmente il suo sguardo finì ai piani bassi, dove il suo amichetto occhieggiava felice da sotto l’asciugamano.
Si sentì svenire, gli girava la testa… possibile che…
Non riusciva nemmeno a formulare l’ipotesi, l’idea che… che la sua socia si fosse spogliata nuda davanti a lui, e che bellamente si fosse infilata nella doccia.
 
Pensò:
 
È deciso! Devo smetterla di bere! D’ora in poi solo succhi di frutta e spremute d’arancia!”
 
E mentre lo sweeper era ancora lì inebetito e visibilmente eccitato, la socia canticchiava sotto la doccia, lavandosi; e di certo pensarla in quel frangente non l’aiutava.
Quando poi la sentì chiedere: “Ryo? Ma sei ancora lì?” lui schizzò fuori dal bagno come un fulmine, così come si trovava, con mezza barba fatta e mezza no; ma non sarebbe rientrato in quella stanza per niente al mondo, anche se aveva un disperato bisogno di una doccia ghiacciata.
Doccia che, però, era già occupata dalla sua bellissima socia.
Nuda!
 
Raggiunse la sua stanza e vi si chiuse dentro, appoggiandosi con le spalle alla porta, con il fiato corto, ansante.
Fu colto nuovamente da una vertigine.
 
Devi stare calmo, devi stare calmo, Ryo” si ripeteva tempestandosi la testa di pugni; e quando il dolore delle botte auto-infertesi iniziò a farsi strada in quel marasma emozionale, riuscì a recuperare un po’ di lucidità.
Poi, quasi barcollando, si diresse al letto, sul quale si lasciò cadere con il cuore a mille.
Cercò di raccogliere le idee.
 
Cosa aveva detto Kaori, spogliandosi?
Perché aveva parlato… giusto?
Dannazione! Era così preso da quel suo insolito spogliarello, che non aveva capito poi molto.
Ragiona Ryo, ragiona” si ripeteva come un mantra tibetano.
Dopo vari esercizi di respirazione, ricapitolò così: Kaori si era spogliata davanti a lui senza pudore perché tanto, visto che le ripeteva in continuazione che era un mezzo uomo, un uomo mancato ecc. ecc., se si fosse fatta vedere nuda, non ci sarebbe stato nessun problema visto che erano uguali.
E il suo ragionamento non faceva una piega, anche perché lui aveva passato gli ultimi sette/otto anni a insistere che era l’unica donna che non lo eccitasse minimamente, quindi… perché no?
E adesso?
Come avrebbe dovuto comportarsi con lei?
 
Intanto pensò bene di vestirsi.
Era anche riuscito a domare il suo fratellino riottoso, che smaniava per vedere cosa c’era di nuovo nell’aria, ma che dovette arrendersi alle insistenze del fratello maggiore.
Ryo si passò una mano sulla mascella non rasata e sospirò frustrato.
Certo non poteva andare in giro con quella barba a metà, il suo aspetto ne avrebbe risentito e le donne avrebbero riso di lui.
Come avrebbe potuto correre dietro a quelle belle pollastrelle, con quella rasatura ridicola?
Anche Kaori avrebbe riso di lui?
Oddio, ecco che ritornava l’immagine del suo bellissimo e sinuosissimo corpo… nudoooooo!
E per fortuna che non si era atteggiata in movimenti sensuali e in ammiccamenti, e si era semplicemente spogliata, se no a quell’ora si sarebbe trovato già steso su una barella, con le coronarie scoppiate.
 
Basta pensare a lei!
Non c’era solo lei nella sua vita, giusto?
 
Si riscosse dai suoi pensieri e, raddrizzando le spalle, si decise a scendere in cucina; aveva una gran fame e sperò con tutto il cuore che almeno la socia avesse preparato qualcosa, ma non fece in tempo ad aprire la porta che se la ritrovò lì davanti, che usciva giusto in quel momento dal bagno: indossava un accappatoio, che aveva lasciato negligentemente slacciato e quindi aperto, e che, ovvio, non nascondeva niente delle sue nudità.
Si frizionava i corti capelli con un asciugamano e, quando si accorse di lui, gli si fermò di fronte e disse, quasi cinguettando:
 
“Ah, Ryo, già che sei qui, mi presteresti qualcuno dei tuoi vestiti da uomo? Credo di non avere qualcosa di adatto a me nell’armadio. Tutte cose troppo femminili.” e gli fece l’occhiolino ammiccando.
 
Ma il socio rimase lì, sulla porta, impalato, incapace di muoversi e articolare parola, con la testa che vorticava all’impazzata.
Quel dannatissimo accappatoio… perché… perché non l’aveva stretto in vita?
Perché era così impudentemente aperto su… su…
Stava iniziando a balbettare anche mentalmente!
E quando la partner gli passò accanto per entrare nella sua stanza, e gli toccò lievemente il braccio per scansarlo, si sentì come bruciare da quel tocco.
Fu invaso da un calore indescrivibile, mentre contemporaneamente iniziò a sudare freddo.
 
Si disse:
 
Ecco, ora mi scoppia il cuore” e si portò una mano al petto.
 
Si costrinse a voltare appena la testa in direzione della socia, che canticchiando si aggirava per la camera, fra armadio e cassettone, con i lembi dell’accappatoio che svolazzavano impudicamente, mentre sceglieva la biancheria e i vestiti che potessero fare al caso suo.
E di nuovo, ai piani bassi, iniziò a percepire un po’ di trambusto.
 
Ci risiamo” imprecò mentalmente “Ma lei non deve vedermi, non deve capire che… che… che, santi numi… potrei saltarle addosso e prenderla lì, dove si trova” e per fermare i suoi pensieri impazziti si diede l’ennesimo cazzotto in testa.
Kaori, che se ne accorse, gli chiese candidamente:
 
“Ryo, c’è qualcosa che non va? Comunque questo è solo un prestito, sai? Oggi pomeriggio esco e mi vado a comprare qualche completo, dei jeans e delle magliette più maschie” e sorrise ironicamente, “Verresti con me? Così mi porti dove abitualmente ti servi tu, ti va?”
 
“Sì-sì, ce-ce-certo” balbettò, non completamente sicuro di quello che lei gli avesse appena chiesto.
 
Lui riportò lo sguardo davanti a sé, per non continuare a guardarla così, semi-discinta, aggirarsi nella SUA camera da letto, con quel profumo inebriante che esalava dal suo corpo caldo di doccia, e che aveva saturato l’aria.
Avrebbe voluto correre via più veloce del vento, tanto più che sentiva la stoffa dei pantaloni, all’altezza del cavallo, tirargli fino quasi a scoppiare… ma una forza arcana e potentissima lo teneva inchiodato lì, e lo rendeva incapace di fare anche solo un passo.
Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, di escludere tutti i pensieri, proprio come faceva in combattimento, quando diventava un tutt’uno con la sua fedele Phyton, quando era nel frastuono della battaglia.
Dopo vari tentativi riuscì a recuperare un po’ di lucidità, e stava giusto per girarsi in direzione della sua socia, dicendole: “Kaori, senti…” e chiederle delle spiegazioni, quando trovò la stessa che, reggendo per le grucce una camicia per parte, passandosele velocemente addosso e appoggiandosele sul busto, si rimirava allo specchio dell’armadio.
 
Sentendosi chiamare si voltò verso di lui e rispose:
 
“Sì? Dimmi?” e poi subito dopo: “Secondo te quale delle due ci sta meglio, con quei tuoi pantaloni neri?”
 
Inutile dire che Kaori si era tolta l’accappatoio, e questo giaceva ai suoi piedi, e che era sempre nuda, a parte un paio di boxer di Ryo, su cui erano disegnati dei corvetti stilizzati.
Di nuovo il socio si ritrovò riarso come un carovaniere nel deserto del Gobi, e inghiottì a vuoto.
 
Maledizione, ma che le è preso oggi, a quella pazza scatenata??? Mi vuole morto, sicuramente!
 
Ma la socia continuava a guardarlo con occhi innocenti, atteggiandosi davanti allo specchio, indecisa su quale camicia scegliere, fino a quando proruppe con:
 
“Hai ragione, forse è meglio una t-shirt, che ne dici?” e già faceva per riporre gli indumenti, appendendoli nel palo dell’armadio; ma lui, temendo di vederla ancora più nuda, si affrettò a dire:
 
“No no, direi che va bene quella!” e ne indicò una qualsiasi.
 
“Quale? Questa o questa?” e continuò ad alternarsele addosso, in quel conturbante gioco di vedo-non-vedo, del suo superbo seno.
 
Ryo si sentì venir meno e, prima di perdere i sensi, e stramazzare a terra, dal suo naso partirono due copiosi zampilli di sangue.
 
 
 
 
 
 
Quando si riprese dallo svenimento, si ritrovò disteso sul letto e, ritornando lentamente alla realtà, si convinse di aver solo fatto uno strampalato sogno; gli venne da ridere, pur ricordando l’imbarazzo e l’eccitazione provata, ma quando si passò la mano sul viso, e le sue dita inciamparono sui turaccioli nel naso, con terrore realizzò che no, non era stato un sogno, ma una stramba realtà.
Quasi si lasciò sfuggire un singhiozzo.
 
Ancora con la testa in subbuglio, si alzò da letto e lentamente raggiunse la cucina, dove un’indaffarata Kaori stava preparando il pranzo.
 
Notò subito che era vestita – e già questa era una buona cosa – ma soprattutto era vestita come sempre: un paio di jeans attillati e un semplice top scollato.
Non aveva indossato una delle sue camicie con cui, lo sapeva, sarebbe stata così sexy che non avrebbe resistito da strappargliela di dosso, ma anche così era l’immagine della seduzione… inconsapevole, certo, ma sempre seduzione era; a lei bastava così poco, bastava essere sé stessa.
Non poté impedirsi, però, di chiedersi se sotto i jeans indossasse ancora i suoi boxer, o fosse tornata alle sue stupende mutandine di pizzo bianco.
E già la sua faccia assumeva la solita smorfia da maniaco, quando si bloccò in tempo.
Quella mattina non aveva avuto bisogno di immaginarsele le cose: la realtà aveva superato di gran lunga la fantasia e doveva stare molto attento, perché la giornata non era ancora finita, e non sapeva cos’altro avesse in mente quella streghetta.
 
Forse quello era il suo modo di fargliela pagare.
E a quel punto si chiese se preferisse le martellate, o vedere tutto quel ben di Dio, come punizione.
Difficile scegliere…
 
 
 
Ryo si sedette al tavolo, cercando il più possibile di essere disinvolto e disinteressato, come di consueto, anche se continuava a spiare Kaori di sottecchi.
Lei, apparentemente, era serena e tranquilla come al solito, e tutto sembrava procedere come sempre: non c’era traccia in lei dell’avventura della mattina.
Però lo sweeper valutò essere più saggio non criticare la cucina della sua partner; in un certo senso non la voleva provocare.
 
Quando anche la ragazza si sedette, dopo aver portato in tavola il cibo, iniziò a ciarlare spensierata e allegra, e in breve tempo il suo atteggiamento contagiò anche il socio, che si rilassò a sua volta e prese a chiacchierare con lei in maniera leggera, del più e del meno.
L’uomo però non poteva dimenticare quel suo atteggiamento strano e provocatorio, e soprattutto di averla vista come mamma l’aveva fatta; e se cercava di tenere a freno gli ormoni, almeno faceva lavorare la testa, rimanendo sempre vigile, e cercando di prevedere le prossime mosse della socia, se mai ce ne fossero state.
 
Dopo pranzo Ryo, velocemente, ripassò in  bagno per finire di radersi, poi si rintanò al poligono e vi passò quasi l’intero pomeriggio: sparò per una buona oretta, poi smontò, rimontò, pulì, controllò tutte le armi dell’arsenale; tirò a lucido tutto l’armamentario, pur di non stare di sopra con lei.
Sentiva di doverle stare lontano, ma non troppo…
Quando però la sentì gridare in cima alle scale:
 
“Ryo? Io esco! Vado a fare la spesa!” le rispose di rimando semplicemente: “Va bene.”
 
A quanto sembrava, Kaori aveva accantonato l’idea di andare a comprare vestiti da uomo, e di certo lui non l’avrebbe accompagnata… però, però…
Si bloccò di colpo.
Sicuro che sarebbe andata a comprare i viveri per casa?
Si era comportata in maniera così bizzarra quella mattina!
E se fosse passata dall’altra sponda?
In fondo le aveva sempre dato del travestito, insinuando che le donne la trovassero appetibile per quel suo fascino maschile, androgino… e se fosse andata in cerca di…?
No, no, fra i due il maniaco era lui! Però… però…
Non si sentiva tranquillo.
 
Decise di seguirla di nascosto: voleva vedere come si sarebbe comportata fuori casa.
 
In fretta, lasciò il poligono e cominciò a pedinarla.
Era una bella giornata di giugno, e il mondo sembrava migliore, illuminato dai caldi raggi del sole; Kaori si districava fra le bancarelle del mercato, fra saluti e chiacchiere con le massaie e gli ambulanti, fra acquisti oculati e sporte della spesa.
Aveva già comprato parecchie cose, alcune davvero voluminose, e anche se sicuramente le pesava la spesa, non si lamentava mai, né l’aveva vista fare smorfie; provò l’istinto di raggiungerla e magari aiutarla, ma con che scusa si sarebbe potuto presentare lì da lei?
 
Continuò a seguirla, ma non notò in lei nessun atteggiamento ambiguo né disdicevole, anche quando si fermava a parlare con tutte quelle belle mammine, – e ce ne erano certe che, se non fosse stato che era in incognito, gli sarebbe già saltato addosso – non le guardava con occhi cupidi, né gli faceva delle avances…
No, no, le donne non le piacevano, ancora.
 
Viceversa, quando lei si trovava di fronte dei conoscenti che le rivolgevano dei complimenti, o delle velate allusioni – e più di una volta era stato lì lì per estrarre la sua fedele colt e fare un bel buchino in fronte a quei bellimbusti – lei era arrossita fino alle orecchie, dimostrando di apprezzare le attenzioni degli uomini.
E certo!
Lei era una donna, fatta e finita, era normale.
 
Quando si diresse al Cat’s Eye, fu tentato di palesarsi ed entrare con lei, ma poi, si disse, sarebbe stato più interessante vederla interagire con la bella Miki a sua insaputa.
 
Fece il giro del locale e, attraverso l’entrata sul retro, entrò più silenziosamente che poté.
Sapeva che nei dintorni c’era Umi, e appunto per questo doveva stare attento, molto attento.
Ma Falcon, ormai diventato imbattibile nel sentire la presenza di chiunque, anche di chi, come Ryo, cercava di nascondere l’aura, lo individuò senza problemi, e afferratolo per il collo della giacca lo tirò su senza fatica:
 
“Dimmi un po’, cosa hai in mente stavolta, Saeba?” gli grugnì ad un centimetro dal naso.
 
“Sto lavorando. Sto facendo un pedinamento.”
 
“Ah, sì? E chi staresti spiando?”
 
“Non sono affari che ti riguardano” rispose sdegnato Ryo.
 
“E invece sì, se entri di soppiatto nel mio locale” puntualizzò il gigante.
 
Ryo decise di arrendersi; Umi era capace di fare un baccano infernale e non aveva voglia di farsi scoprire da Kaori, e insospettirla.
Temeva la sua reazione, quindi capitolò dicendo:
 
“Sto spiando Kaori…”
 
“Mmm…” rispose Falcon, ma non aggiunse altro e lo lasciò andare malamente.
 
Quei due erano la coppia più stupida che conoscesse: due innamorati così cocciuti e sciocchi che non valeva la pena interferire, nelle loro baruffe amorose, più di quello che lui e sua moglie, loro malgrado, avevano già fatto.
Ogni volta che i due soci litigavano, e la maggior parte delle volte avveniva proprio lì dentro, finivano per distruggere il locale, quindi meglio non chiedere.
Solo minacciò:
 
“Basta che non vada a finire come al solito! Ho terminato i lavori per risistemare il pavimento giusto l’altro giorno, quindi occhio!”
 
Lo sweeper, infastidito dal fatto che il suo amico ex-nemico gli avesse fatto perdere tempo prezioso, si dispose a raggiungere il bancone, vi si rintanò dietro e aguzzò le orecchie.
 
Le due amiche chiacchieravano allegramente sedute ad un tavolino, davanti alla vetrina; non riusciva a capire di cosa stessero parlando, ma ogni tanto scoppiavano a ridere e si portavano la mano alla bocca per trattenersi.
 
Un raggio di sole pomeridiano illuminava la figura di Kaori, accentuandole i riflessi ramati dei capelli castani, era circonfusa da una luce morbida e calda che la faceva risaltare sul resto del locale; sorrideva, e i suoi occhi erano pieni di pagliuzze dorate, era così bella, come non l’aveva mai vista prima.
 
Ryo si sentì pervadere da uno strano batticuore, che non era quello violento della mattina, quando l’aveva vista nuda, ma un altro che lo sconquassava tutto dal profondo, e che gli faceva vibrare l’anima.
Uno strano calore che partiva da dentro e s’irradiava fino all’esterno.
D’improvviso si sentì fragile, impotente, ma anche leggero e felice, e uno strano sorriso gli si disegnò sul viso, senza che se ne rendesse conto.
E Umi, che era arrivato in quel momento dietro al bancone, avvertendo quel suo cambiamento di aura, emise un: “… pivello” a mezza voce, in tono divertito.
 
Era troppo divertente sorprendere Ryo innamorato, e non si fece sfuggire l’occasione per stuzzicarlo un po’. Pestò violentemente il piede, calzato nell’immancabile anfibio, sulla mano dello sweeper appoggiata sul pavimento, stritolandogliela.
Ryo, preso alla sprovvista, si lasciò sfuggire un mugugno strozzato, che richiamò l’attenzione delle due donne.
Miki chiese a suo marito:
 
“Tesoro? Cosa è stato?”
 
“Oh, niente, era solo uno schifosissimo scarafaggio” rispose impassibile l’uomo, ridendo sotto i baffi.
 
Ryo, indispettito, fu sul punto di avventarsi sul polpaccio del gigante e prenderlo a morsi, quando, in quello stesso istante, Kaori si alzò annunciando:
 
“Bene, si è fatto tardi. Devo tornare a casa e pensare alla cena.”
 
E riprendendo le borse della spesa, sospirò:
 
“Miki sei fortunata ad avere Falcon, lui è così premuroso con te, va a fare la spesa, ti aiuta in casa e al locale… io invece…” fece una pausa, poi riprese: “Quell’invertebrato di Ryo, invece, non alza un dito per me!” e poi rivolgendosi al bancone, proseguì:
“E per lui sono una donna solo quando si tratta di lavori domestici. Per il resto…” e lasciò la frase in sospeso.
 
Ryo, che aveva avvertito il suono della voce della socia indirizzarsi verso di lui, si immobilizzò di colpo: che lo avesse scoperto?
Possibile?
Un gocciolone di sudore si formò al lato della tempia e trattenne il fiato.
L’aura della compagna, da dolce e rassicurante che era prima, si era fatta triste e delusa, e lui ne percepì il cambiamento.
 
Davvero non poteva far a meno di ferirla, di renderle la vita un tormento.
Non meritava di essere amato da una creatura sublime come lei…
Perché continuava ad amarlo, nonostante tutto?
 
 
 
***
 
 
 
Ryo non seguì la socia fino a casa; la lasciò andare, distanziandola un po’, dicendosi che l’avrebbe raggiunta solo per cena.
Aveva bisogno di starsene un po’ da solo e pensare.
 
Quando infine raggiunse il loro appartamento, entrando la chiamò così:
 
“Kaori? Sono tornato!”
 
Ovviamente se lei gli avesse chiesto dove fosse finito, lui avrebbe fatto il vago, come sempre.
In ogni caso, la voce squillante e allegra della socia lo raggiunse nella piccola anticamera, dove lui si stava sfilando le scarpe:
 
“Ryo, sei tu? Stasera, per cena, pizza, ti va? Non avevo voglia di cucinare…”
 
L’uomo ne rimase leggermente deluso, perché sperava di farsi una bella scorpacciata con una delle sue deliziose cenette, che avrebbe per altro invariabilmente criticato, giusto per abitudine, e perché amava farla arrabbiare; però alla pizza non sapeva mai dire di no, e allora andava bene lo stesso.
 
Stava per entrare, quando sentì suonare al citofono in fondo alle scale, e la sua socia esordire:
 
“Ah, deve essere il fattorino con la pizza. Scendi tu a prenderla? E visto che ci sei, potresti pagarlo tu, che non ho liquidi a portata di mano?”
 
Lo sweeper sbuffò pesantemente e si disse:
 
Ma guarda quella piccola impertinente. Come, non ha liquidi? Avrà speso tutti i soldi oggi pomeriggio, in giro a fare compere? E poi alla fine non ha nemmeno cucinato niente!
 
A voce alta invece le rispose acidamente:
 
“Ma certo, cara padrona!”
 
Quando ritornò su, stava giusto varcando la porta e chiedendole:
“Almeno, hai preso la pizza che piace a me? La super-bomba piccante, che è così tanto afrodisiaca e che mi piac…” ma si fermò di colpo e gli si rizzarono i capelli sulla testa, alla vista che gli si parò davanti.
 
Balbettando iniziò a dire:
 
“Ma-ma-ma co-co-me… come… ti sei vestita?”
 
La socia, che era sbracata malamente sul divano, con le gambe distese sul basso tavolino da caffè, indossava solamente i boxer di Ryo, quelli con i corvetti, e una sua larga canottiera bianca, che ovviamente addosso a lei scopriva, più che celare, le morbide linee del seno ben fatto; perché, evidentemente, era senza reggiseno.
 
La ragazza si voltò verso di lui, reggendo in mano una lattina di birra aperta, e con lo sguardo più innocente del mondo, gli rispose:
 
“Perché? Che vuoi dire?”
 
Il socio, recuperato un briciolo di reattività, ribatté:
 
“Come cosa voglio dire! Ti sei vista? Non vorrai mica andare in giro per casa così?”
 
“Così come? Spiegati, io proprio non ti capisco!”
 
E poi ingollò una generosa sorsata di birra e, appena staccata la bocca dalla lattina, si produsse in un potente rutto, prima di scoppiare a ridere, grattandosi la testa:
 
“Questa birra è una favola!”
 
Ryo non poteva credere ai suoi occhi!
Ma chi era quella, quella… creatura che se ne stava così scompostamente sul divano di casa sua?
Dove era finita la dolce, irascibile Kaori Makimura che da più di sette anni era la sua croce e delizia?
Chi era quella sottospecie di cavernicolo che ne aveva preso il posto?
 
Quando poi si accorse che, posata la birra, aveva preso in mano una delle sue riviste culturali ridacchiando compiaciuta, non resistette più: le fu addosso e gliela strappò dalle mani.
 
“Ehi, che ti prende?” protestò lei “Stavo giusto svagandomi con una buona lettura, e arrivi tu a rompermi le scatole!”
 
“Ka-Kaori ma che ti prende???”
 
“Cosa prende a te!” rispose piccata lei “Io voglio semplicemente divertirmi con un sano svago da uomini! Tu piuttosto, che intenzioni hai?” e lo guardò con occhi penetranti e indagatori. Ma lui non rispose, improvvisamente ammutolito.
 
Alla ragazza nacque spontaneo un sorrisetto ironico all’angolo della bocca, e soddisfatta riprese:
 
“Bene, se vuoi cenare accomodati.”
 
Lui, a quel punto, recuperò le pizze e si sedette accanto a lei, che si sistemò meglio; aprirono le scatole e si misero a mangiare.
 
Ryo non riusciva a spiccicare una parola, e mai pizza ebbe un tale sapore amaro e fu più indigesta di quella; dovette spingere parecchio per ingoiarla.
Kaori invece rideva spensierata davanti alla tv, che trasmetteva un programma insulso e demenziale: uno di quelli che guardava sempre lui e che, fino al giorno prima, lei deplorava aspramente.
 
L’atteggiamento della socia lo aveva totalmente spiazzato, e davvero non sapeva come comportarsi.
Avrebbe voluto prenderla per le spalle e scuoterla, urlarle di smettere tutta quella farsa, dirle che non era divertente e che il gioco era bello finché durava poco.
Ma poi, cosa le avrebbe detto ancora?
Se lei lo avesse messo alle strette – perché era quello che lei aveva intenzione di fare: spingerlo al limite, e costringerlo a mettere in chiaro quello che provava per lei – come sarebbe andata a finire?
Avrebbe dovuto ammettere che non solo la considerava una donna, e la più bella che avesse avuto la fortuna d’incontrare, ma che era anche follemente innamorato di lei, e che la desiderava come mai nessuna prima.
Non era sicuro di riuscirci.
Per anni si era trincerato dietro quella stupida balla che lei non fosse né femminile, né aggraziata, che addirittura fosse al pari di un uomo, tanto che lui non ne era minimante attratto… ed ora cosa avrebbe potuto dirle di punto in bianco?
 
Aveva capito la sua tattica: se lui la considerava un uomo, lei così si sarebbe comportata, in tutto e per tutto.
Ma lei non era un uomo!
Era una donna bellissima, sensuale e affascinante, e tutto in lei esprimeva grazia e dolcezza; e anche vestita in quella maniera ridicola e assurda, era più sexy che mai!
 
Si sentiva rimescolare tutto, anche solo guardandola di sfuggita: quando si muoveva la sua canottiera sformata ondeggiava per quelle dolci colline, e le cime, che premevano a volte sul tessuto, come bottoncini duri, gli facevano venir voglia di afferrarle con le dita.
Veramente Kaori si sarebbe potuta vestire anche con un sacco di iuta, o con una scatola per imballaggi, che sarebbe stata desiderabile lo stesso.
Quasi rimpianse quando si vestiva solo – si fa per dire – con minigonne vertiginose o pantaloni attillati, o con felpe enormi e maglioni anonimi… insomma, quando era semplicemente lei.
 
Quando finalmente lo sweeper riuscì a rilassarsi un poco, si prese del tempo per sbirciarla meglio: i capelli ribelli, le guance arrossate leggermente, le labbra piene che si posavano di tanto in tanto sul bordo della lattina per suggere…
Desiderò ardentemente essere quella lattina, e si ritrovò a guardarla intensamente, schiudendo la bocca, mimando il gesto di bere: inghiottì, perfino!
La sua attenzione era calamitata dalla bocca della socia che rideva, addentava la pizza con inconscia voluttà, masticava e rideva, rideva sempre.
E il suo amichetto, richiamato dai pensieri vividi dello sweeper, si era giustappunto risvegliato, felice e vitale, desideroso di partecipare alla festa che si annunciava, e non appena Ryo se ne accorse, era già troppo tardi; colto alla sprovvista, afferrò il primo cuscino a portata di mano e se lo portò alle ginocchia, poi vi si appoggiò sopra con i gomiti.
A quello scatto improvviso la ragazza si voltò a guardarlo interrogativamente, e lui bofonchiò qualcosa, in direzione dello schermo:
 
“Mmmm… interessante, davvero interessante!” nemmeno fosse stato un documentario della BBC sulle tartarughe delle Galapagos.
 
Però Kaori, nonostante tutto, non si accorse dello tsunami emotivo che stava provocando al suo partner.
Di sicuro tutto quel giochetto, perfido e sgangherato, la divertiva oltre ogni dire, ed era una bella rivincita quella che si stava godendo.
Lei era quasi soddisfatta dei risultati ottenuti, e le mancava solo un’ultima cosa da fare.
Certo, aveva dovuto fare violenza a sé stessa quella mattina, per trovare il coraggio di spogliarsi nuda davanti a lui ed entrare nella doccia; e anche dopo, quando lo aveva provocato mentre sceglieva le camicie in camera sua.
Ma era così determinata a fargliela pagare, così tanto stanca ed esasperata, che voleva colpirlo lì, nel suo punto debole.
Lei sapeva che, malgrado lui non la apprezzasse come donna, lei lo era, perbacco!
Uomini affascinanti come Mick le facevano la corte; il suo corpo era sbocciato e non era più una ragazzina acerba e informe: aveva tutte le curve al punto giusto.
Magari non poteva piacere a lui, ma era una donna, e si era rotta di sentirsi dire il contrario.
E poi, a pensarci bene, non era vero che lui non si eccitasse mai alla sua vista, perché era già successo in determinate situazioni; anche quella mattina lei non lo aveva lasciato indifferente, e lui si ostinava ancora a dichiarare il contrario.
Tutta quella pantomima era solo per metterlo a disagio, e forzarlo ad ammettere l’ovvio.
 
 
Ad un certo punto Kaori, alzando le braccia al cielo e stirandosi, proruppe con un:
 
“Bene, è ora di andare!”
 
Ryo fu immediatamente e totalmente rapito dalla visione che la socia gli aveva appena offerto, e cioè quel meraviglioso seno che occhieggiava dalla sua dannatissima canottiera, e che eseguiva una danza ipnotica ogni qualvolta lei si muoveva: sarebbe stato lì a guardarlo per ore.
Si riscosse solo quando lei gli ripeté la domanda:
 
“Allora, andiamo sì o no?”
 
“Andiamo dove?” e un gocciolone gli si formò al lato della tempia; lei non poteva leggere nei suoi pensieri e quell’andiamo non poteva avere lo stesso significato che gli dava lui, perché intravedere tutto quel ben di dio oscillante, gli faceva venire in mente una cosa soltanto.
 
“Usciamo!”
 
“Conciata in quel modo?” si allarmò lo sweeper.
 
“Ma certo che no, idiota! Mi vado a cambiare e poi usciamo per locali no?” e gli diede di gomito ammiccando, e non si mosse aspettando una sua reazione.
 

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Capitolo 2
*** Bisogni ed esigenze ***


Bene, eccoci al secondo ed ultimo capitolo di questa fic sgangherata. Il primo capitolo vi è piaciuto particolarmente e non immaginate quanto tutto ciò mi abbia reso felice ^_______^
Questo che vi state apprestando a leggere è un filino diverso dal primo :D e spero vivamente che non vi deluderà; m’è venuto così, tutta la storia è venuta così. E anzi sta fine mi ha fatto penare tantissimo e non capisco perché. Lo pubblico quasi per disperazione, che se lo riguardo ancora non lo finisco più!!!!
UN G*R*A*Z*I*E*  A LETTERE CUBITALI a TUTTI quelli che hanno letto, commentato, visitato, messo fra le preferite seguite ricordate, la mia fic, a chi c’è sempre, a chi passa e va, grazie.
Eleonora

 
 
CAP. 2 BISOGNI ED ESIGENZE
 
 
Quando, finalmente, il significato delle parole di Kaori si fece strada nel cervello del socio, con tutte le implicazioni del caso, lui proruppe con un:
 
“Non se ne parla nemmeno!”
 
“Non avrai paura di farti vedere in giro con me?” chiese lei, già pronta a dargli battaglia; poi aggiunse: “Dai, ci divertiremo: night club, spogliarelli, qualche drink” e gli strizzò l’occhio, dandogli di gomito nuovamente.
 
“Sei impazzita? Tu… con me… nei… miei locali? Impossibile!” disse Ryo, con gli occhi spalancati e lo sguardo stralunato, nemmeno gli avessero chiesto di andare a piedi sull’Himalaya.
 
“E va bene…” rispose conciliante la ragazza “Allora vorrà dire che io andrò in un altro tipo di locali” e guardandolo maliziosamente proseguì: “Ci sono locali adatti a quelli e quelle come me!
 
Aveva scoccato la sua freccia migliore, e fece subito centro.
 
Ryo balzò su come se fosse stato punto dalla tarantola, e con voce stridula gridò:
 
“Tu non vai da nessuna parte invece!”
 
“E perché no?” lo sfidò lei.
 
“Perché sì!” ribatté lui a corto d’idee.
 
“Senti, non sarai di certo tu ad impedirmi di uscire. Sono adulta, lo sai!”
 
“Ho detto di no. Chiusa la questione!” ribatté lui, cercando di mettere fine a quel penoso scambio di battute. Ma lei, ovvio, non era dello stesso avviso, perché riprese con:
 
“Ehi, socio, io ho i miei bisogni, le mie esigenze… devo uscire!”
 
“Ci penso io, ai tuoi bisogni e alle tue esigenze!” rispose lui precipitosamente, rendendosi conto di quello che aveva appena detto, quando ormai era troppo tardi.
Sbiancò e si portò una mano alla bocca.
 
Kaori non si aspettava quella riposta, ma resse botta e dissimulò l’improvvisa sorpresa; passò subito al contrattacco:
 
“E sentiamo, come faresti?” lo provocò.
 
Però, quando vide che lui non rispondeva, sprofondato nell’imbarazzo più totale e rosso come un peperone, la socia sorrise sardonicamente e pensò:
 
Come immaginavo. Arrivati al dunque è il solito codardo e vigliacco. Ma la partita non è ancora finita”.
 
 
Tirò su le spalle e, con atteggiamento fiero, fece per passargli accanto e lo scansò con una leggera spallata, dicendogli:
 
“Allora siamo d’accordo: ognuno per la sua strada e… buona serata!” e si voltò per lanciargli uno sguardo malizioso e strizzargli l’occhio.
 
Ma appena lo oltrepassò, sentì provenire da lui un’aura oscura, una tensione come quando sta per arrivare una tempesta.
Lui era furente, e si dominava a stento; sibilò fra i denti:
 
“Ho detto che tu non vai da nessuna parte!”
 
Per un attimo Kaori fu tentata di gettare la spugna e smetterla con quel giochetto, impressionata e un po’ impaurita dal tono di voce del socio, ma poi si disse che no, non era quello il momento di cedere.
Quasi si stupì lei stessa nel sentirsi dire:
 
“Allora dovrai impedirmelo, e non solo a parole.”
 
Quando però incontrò i suoi occhi, neri come la pece e profondi come la notte più scura, fu percorsa da un brivido, di cui non seppe capire la natura.
 
Un secondo dopo era già lì che fuggiva a gambe levate, e lui dietro che la rincorreva.
Agile come una gazzella, evitò gli ostacoli del salotto, aggirò il divano, e stava per fiondarsi sulle scale, quando lui con un urlo, scavalcatolo, le fu addosso.
L’agguantò per i fianchi ed entrambi caddero lunghi distesi in avanti, e subito Kaori prese a divincolarsi per sfuggire alla sua presa; Ryo si ritrovò a trattenerla per l’elastico dei suoi boxer, ma tanta era la foga della socia nel dimenarsi, che l’uomo, suo malgrado, finì per sfilarglieli quasi totalmente, facendoli scorre giù.
 
Appena il sedere nudo emerse dal tessuto, lo sweeper si bloccò all’istante. E così pure la sua socia.
 
Un secondo dopo si udì uno stoc sul legno del pavimento.
 
I due sweepers restarono immobili per un secondo che parve eterno.
 
Kaori aveva perso tutta la baldanza con cui, per tutto il giorno, aveva condotto quel giochino al limite dell’assurdo; perché un conto era che lei si spogliasse di sua iniziativa, e un conto era che lo facesse lui a lei, seppur involontariamente.
E come avrebbe fatto, ora, a togliersi da lì senza mostrare altro?
 
Ryo, dal canto suo, era rimasto pietrificato, con le dita che sfioravano quella porzione di corpo per lui proibita, ma così tanto agognata.
Il suo amichetto si era già rimesso in moto entusiasta, e tanto era il desiderio di allungare le mani su quel sedere perfetto, che si stava trattenendo a fatica.
 
Ed infatti…
 
…ad un certo punto cedette.
 
Lentissimamente le sue mani si mossero, come animate di volontà propria, e andarono a sfiorare quelle morbide rotondità che sembravano chiamarlo come le sirene di Ulisse.
Il suo tocco fu delicatissimo e leggero come le ali di una farfalla, ma bastò per far sprigionare in entrambi brividi elettrizzanti, che li percorsero per tutto il corpo.
Ryo sentì le sue dita come scottare, mentre Kaori ebbe un guizzo, che fece tremolare appena i suoi glutei, esposti alla vista cupida e adorante del socio.
Questi, benché fosse immensamente turbato, percepì la reazione della partner, e sentì nascere dentro di sé una soddisfazione senza uguali.
Lei aveva apprezzato quella sua carezza, e non lo aveva ancora preso nemmeno a martellate.
Incoraggiato da quel pensiero, si spinse ancora oltre, e stavolta la carezza fu più consapevole: con una mano tracciò dei disegni immaginari su quelle dune voluttuose, poi aprì le dita e appoggiò tutto il palmo fino a comprendere totalmente una parte di quel sedere così perfetto.
Di lì a breve, anche l’altra mano si posò vicino alla prima.
 
Kaori non aveva mosso un muscolo, nonostante quelle carezze fossero per lei un piacevole tormento a cui peraltro non riusciva a sottrarsi; ma quando entrambe le mani del socio si posarono su di lei, sospirò deliziata.
Poco dopo però, la ragazza allungò le braccia ai lati dei boxer per afferrarne i bordi dell’elastico, e piano piano si ritirò su l’indumento; Ryo, a malincuore, allentò la presa per permettere alla socia di coprirsi, non senza lasciarle un’ultima carezza deliberata.
 
Quando Kaori si fu in qualche modo coperta, ruotò su sé stessa, e Ryo si staccò leggermente da lei per lasciarglielo fare.
 
Ora era stesa sotto di lui e si fissavano intensamente, senza parlare.
Alla fine fu la ragazza a rompere quel silenzio quasi imbarazzante, dicendogli:
 
“Volevi già riprenderti i boxer? Ma non me li avevi prestati?”
E ridacchiò, rossa in viso.
 
Ryo continuava a fissarla con sguardo enigmatico e magnetico, ma Kaori non abbassò il suo. Alla fine lui chiese:
 
“Kaori, cosa vuoi da me?”
 
Solo allora la socia si accorse che, a dispetto dello sguardo impenetrabile che lui stava sfoggiando, il suo cuore batteva all’impazzata; vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi, sotto la maglietta attillata.
Lui era emozionato quanto e più di lei, e questa constatazione la riempì di gioia; con tenerezza rispose:
 
“Niente Ryo, io non voglio niente” e sorrise.
 
Lui allora alzò una delle mani, con cui si reggeva sul pavimento per non rovinarle addosso, le sfiorò un ciuffo di capelli ribelle, e glielo spinse dolcemente dietro l’orecchio.
Le restituì il sorriso, timidamente.
Kaori non l’aveva mai visto così: indifeso, tenero, ma anche deciso; sembrava che non volesse più nascondersi, che volesse, per una volta, andare fino in fondo. Possibile?
 
Lui le chiese ancora:
 
“Cosa vuoi da me?”
 
“Una cosa semplicissima” rispose in un sussurro lei, sempre guardandolo negli occhi.
 
“Non so se sono in grado di accontentarti.”
 
“Allora… non chiedermelo più” disse lei, con una nota di delusione nella voce, che non sfuggì all’uomo.
 
Lui tacque per un attimo, e a quel punto Kaori si mosse a disagio, decisa a rialzarsi; ma lui si riscosse e le disse:
 
“No, voglio saperlo!”
 
Kaori non rispose subito, sembrava pensare a cosa dirgli.
Lui la vedeva tormentata, poteva intuire il marasma di pensieri ed emozioni che le stavano sfilando in testa, pur ignorandone la natura; poi la ragazza rialzò lo sguardo ad incontrare il suo, e con decisione rispose:
 
“Vorrei che ammettessi che sono una donna.”
 
Ryo trasalì; non si aspettava una riposta del genere.
Ma la sorpresa si stemperò all’istante in dolcezza, perché le disse:
 
“Tutto qui?” regalandole un sorriso che raramente Kaori gli aveva visto.
 
Lei, per tutta risposta, annuì semplicemente.
 
“Non mi chiedi chissà che… Comunque questo posso concedertelo” rispose leggermente divertito, con gli occhi che brillavano di uno strano luccicore.
 
Kaori si pentì all’istante di avergli fatto quella richiesta; lui l’avrebbe presa in giro per l’ennesima volta, l’avrebbe derisa… Peggio, magari gliel’avrebbe detto solo per accontentarla, senza capire quanto questo fosse importante per lei.
Era già pronta a difendersi dalla sua solita ironia devastante, quando lui la sorprese dicendole:
 
“Sì, sei una donna: la donna più bella e affascinante che io abbia mai conosciuto.”
 
Kaori spalancò gli occhi, indecisa se credergli veramente, o aspettarsi la solita battutaccia che sempre arrivava dopo il pur minimo complimento.
Ma lui attendeva che lei comprendesse il significato delle sue parole, e le sorrise di nuovo incoraggiante, scoccandole uno di quei suoi sguardi da far sciogliere il cuore.
 
Fece di più.
Tornò ad accarezzarle i capelli, lentamente, facendosi passare le ciocche dai riflessi ramati fra le dita, e riprese:
 
“Non mi credi? Sei la donna più donna che io conosca. Sei spiritosa, amorevole, testarda, materna, sei una pazza scatenata… ma sei anche coraggiosa e temeraria, soprattutto perché riesci ancora a stare con uno come me” concluse con un leggera risatina.
 
Gli occhi di Kaori si riempirono di lacrime; quello era molto di più di ciò che si sarebbe aspettata.
Lei voleva solo essere riconosciuta come essere femminile, e invece lui le stava aprendo il suo cuore e, finalmente, le diceva quello che provava per lei.
 
“Ryo… io… grazie” riuscì a sussurrare, ma lui disse:
 
“Perché mi ringrazi? Piuttosto grazie a te e… perdona il ritard…” però non poté finire la frase, che Kaori aveva raggiunto le sue labbra, e vi aveva deposto un bacio dolcissimo e struggente, e tale fu l’emozione, che Ryo ne rimase sbalordito.
Poteva, un semplicissimo sfioramento di labbra, avere il potere di annientarlo?
 
Poi Kaori gli gettò le braccia al collo, e lo attirò a sé per potergli regalare un altro bacio favoloso, a cui Ryo si abbandonò totalmente.
 
Labbra vogliose si cercarono e si trovarono, in un bacio infinito e trascinante; da quanto tempo entrambi sognavano quel momento sublime?
 
Quando si separarono, ancora ansanti e ebbri delle sensazioni appena provate, si sorrisero teneramente; poi Kaori si mosse, con l’intento di volersi alzare.
 
Seppure il desiderio che Ryo stava provando in quel momento fosse quasi devastante, l’accontentò.
Avrebbe tanto voluto fare l’amore con lei, proprio lì, dove si trovavano, ma per la loro prima volta, pensò che sarebbe stato infinitamente meglio un comodo letto; quindi, un po’ a malincuore, si scostò da lei – dio quanto era eccitante averla sotto di lui, con i loro corpi così a stretto contatto! –  le diede la mano e l’aiutò ad alzarsi.
 
Non avevano smesso per un solo attimo di guardarsi; lui le aveva messo un braccio intorno ai fianchi, e in silenzio si erano diretti di sopra, alle camere da letto, ma quando furono davanti alla porta di Kaori, questa si voltò verso di lui, e si allungò sulla punta dei piedi per baciarlo con passione e tenerezza, e tale ne fu l'intensità, che lo disorientò oltre ogni dire; sulle labbra gli sussurrò:
 
“Grazie, ora posso ritenermi soddisfatta: hai ammesso che sono una donna e… sono felice.”
 
E mentre il socio ancora cercava di capire quella strana frase, inebriato dal profumo della ragazza e dal tocco delle sue labbra, lei gli scivolò via dalle braccia e scomparve dentro la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Lasciandolo inebetito, ma… fuori.
 
 
 
Quando Ryo si riprese, provò un terribile senso di mancanza, perché non si aspettava di dover rinunciare così presto a lei, dopo che aveva assaggiato il paradiso con quei baci travolgenti, e proprio ora che le aveva aperto il suo cuore dimostrandole di desiderarla come mai nessun’altra prima.
Allo stesso tempo, capiva le sue remore; era successo tutto così in fretta, e lui soprattutto si era esposto così tanto, quasi all’improvviso, quando appena il giorno prima non la considerava neanche e la irrideva in mille modi diversi.
Poteva credergli?
L’uomo  sapeva anche che era molto timida e voleva rispettare i suoi tempi, non voleva essere precipitoso né spaventarla.
Sì, lui poteva attendere; in fondo, lei lo aveva aspettato per più di sette anni, glielo doveva.
 
Aveva, però, la spiacevole sensazione che ci fosse una nota stonata in tutto questo, e non riusciva a darsi pace.
Perché lei gli aveva rivolto quelle parole sibilline?
Come, tutta quella messinscena di vestirsi e comportarsi da uomo, era finalizzata solo a fargli ammettere l’ovvio, e poi più niente?
Eppure si erano baciati, Kaori aveva risposto alle sue carezze, anche lei lo desiderava, lo sentiva.
Perché allora era scomparsa così, in camera sua, senza nemmeno… cosa?
La speranza che ci sarebbe stato un seguito?
Per come aveva parlato, sembrava quasi che a lei bastasse solo quello, possibile?
Però… visto che c’era, non poteva concedergli ancora un altro bacio, magari uno della buona notte?
Perché Ryo, in realtà, la voleva fortissimamente e subito, ma… era anche un gentiluomo, lui; se doveva aspettare, l’avrebbe fatto.
Poteva farcela!
 
Forte di questa risoluzione, si sedette, a gambe incrociate e a braccia conserte, davanti alla sua porta, serissimo, in attesa; ma dopo nemmeno un minuto, saltò su e si mise a bussare e chiamare:
 
“Kaori? Ma… mi lasci qui così?” e avrebbe tanto voluto aggiungere “insoddisfatto, sedotto e abbandonato.”
 
La ragazza poté scorgere nella voce del socio un leggero tono di supplica e ne gioì interiormente sorridendo soddisfatta.
Le piaceva essere desiderata da lui, e questa sensazione nuova se la voleva gustare fino in fondo, anche se non era sua intenzione farlo penare troppo, infatti subito gli disse:
 
“Ryo, ma che hai?”
 
“Credevo che tu… che io… che noi…” e non finì la frase.
 
Lo sweeper, ora che aveva dato la stura ai suoi sentimenti, improvvisamente voleva vederla, parlarle, toccarla e… va be’, baciarla e tutto il resto… ed era così crudele restarsene chiuso fuori, piagnucolò mentalmente.
 
Ma subito la ragazza rispose:
 
“Un attimo! Mi sto cambiando!”
 
A quelle parole, Ryo si riscosse improvvisamente, e perse all’istante quella sua aria da cane bastonato; allarmato chiese:
 
“Perché ti stai cambiando?? Non vorrai mica uscire lo stesso?”
 
“Eh, cosa? Scusa non ho sentito… che hai detto?”
 
“Ho detto che ci avrei pensato io, ai tuoi bisogni e alle tue esigenze, ricordi?”, rispose lui, alzando leggermente il tono della voce per farsi sentire meglio, ma una nota di panico trapelò da quell’affermazione.
 
Se prima non l’avrebbe lasciata andare nei locali che frequentava lui nemmeno vestita da uomo, ora non se ne parlava nemmeno che vi andasse come era vestita sempre, o peggio con uno di quei bellissimi abiti che le aveva regalato Eriko.
No no no, Kaori era sua! Era una donna da perderci la testa, e non le avrebbe permesso di andare a mostrarsi a quei libidinosi degli avventori.
 
Sentì nascergli dentro una gelosia mai conosciuta prima.
Provò ad entrare, girando il pomello della porta, ma non ce ne fu bisogno, perché questa si schiuse e un attimo dopo sbucò la testolina rossa della sua socia.
 
Lei gli sorrise, arrossendo, e questo fece svaporare tutta la sua animosità.
Ryo si sentì come uno scolaretto davanti alla bambina con cui voleva fare coppia.
La ragazza aprì lentamente la porta, mostrandosi completamente a lui.
In effetti, si era cambiata, e non indossava più la canottiera sformata del socio e i suoi boxer, ma un completino di biancheria intima in pizzo nero.
Era lì, ritta al centro della stanza, con le braccia incrociate dietro la schiena, rossa come una peonia, e quando non riuscì più a reggere lo sguardo di Ryo, abbassò il suo, in un eccesso di vergogna.
Lui, che aveva perso tutta l’urgenza e la sicurezza di un attimo prima, era rimasto impalato all’entrata, con tanto di occhi, incapace di proferire parola.
Poi, la sua espressione da allibita si fece via via più tenera e amorevole, e sussurrando un: “Posso?” mise un piede dentro la stanza e timidamente avanzò all’interno.
Passo dopo passo le fu davanti: a quel punto Kaori si decise ad alzare gli occhi verso Ryo, e ciò che vide riflesso in quelli dell’uomo, la emozionò infinitamente.
Vi scorgeva il desiderio, certo, ma anche tanto amore; un sentimento che non credeva fosse così potente in lui, tanto da percepirlo altresì nell’aria, e nella sua stessa aura, e che ora l’avvolgeva come in un caldo abbraccio.
Quasi le sfuggì un singhiozzo commosso.
 
Infine lui si decise a parlare:
 
“Sei… sei bellissima.”
 
E lei rispose con un grazie, appena sussurrato.
 
Restarono lì a guardarsi, semplicemente, incapaci di dire o fare altro, mentre il tempo sembrava essersi fermato, fin quando Kaori, di nuovo, raccolse tutto il suo coraggio e, un po’ per darsi un tono, un po’ per spezzare quello strano silenzio, disse:
 
“Ora che lo hai finalmente ammesso, posso mostrarmi così a te.”
 
Ryo, che senza fiato, ancora non riusciva a parlare, quasi senza rendersene conto, allungò una mano a sfiorarle la guancia con una carezza così dolce, che la ragazza fu percorsa da un intenso brivido.
Non immaginava che il suo compagno potesse essere così tenero e… impacciato.
 
Lei socchiuse per un attimo gli occhi.
Quando li riaprì, lo sweeper si perse in quelle pozze di ambra liquida, e il sorriso che lei gli rivolse, gli fece provare uno strano sfarfallio nello stomaco; si sentiva leggero e quasi euforico.
 
Le chiese: “Per me?” ancora incredulo di poter assistere a quella visione celestiale e conturbante al tempo stesso.
 
“Sì.”
 
Lui accorciò ulteriormente la distanza e le posò una mano sul fianco, attirandola ancora di più a sé; nell’aria c’era una strana tensione, e l’atmosfera era cambiata quasi di colpo; ora era più rarefatta, calda e avvolgente.
Continuavano a guardarsi negli occhi, e sembrava che volessero dirsi tutto ciò che si erano taciuti per anni, ma le parole non uscivano, forse non ce n’era nemmeno più bisogno, perché i loro corpi anelavano a trovarsi, unirsi, e avrebbero parlato per loro.
 
Ryo si chinò a sfiorare le labbra della ragazza leggermente schiuse e la baciò con trasporto, ma nonostante l’urgenza che rischiava di spingerlo ben oltre, si contenne; voleva che fosse lei a dettare i tempi e le regole, e non voleva assolutamente metterle fretta.
Sentiva, infatti, che la partner si stava lentamente rilassando, prendendo confidenza con lui, e con la sua fisicità, acquistando sicurezza.
 
Quando lei partì in esplorazione del corpo dell’uomo, con carezze sempre più decise e possessive, lui si sentì avvampare da un piacere mai provato, da una felicità che lo faceva vibrare.
Si era sempre imposto di non fantasticare su come sarebbe stato stare fra le sue braccia, nonostante la sognasse tutte le notti; ma quell’esperienza così conturbante che stava vivendo con lei, Ryo, essere sensuale e disinibito come pochi, non l’aveva mai sperimentata.
Kaori gli stava dando molto di più di tutte donne che aveva conosciuto, e se ne inebriò.
 
La ragazza, scoprendosi e stupendosi, lei per prima, dell’audacia che stava dimostrando nell’amare il suo socio, si sentì finalmente realizzata.
Ora era finalmente libera di dimostrargli tutto l’amore che nutriva per lui, e di dare libero sfogo a quel desiderio che si era fatto via via più impellente, perché sentiva che lui non aspettava altro; gradiva ogni suo più piccolo gesto, ogni sua carezza o bacio, e questo spazzava via anni e anni di derisioni, battutacce, prese in giro… e seppe che, per tutto quel tempo, lui le aveva sempre mentito.
 
Quando, dopo una serie infinita di baci sul collo, Kaori si avventurò a mordicchiargli il lobo dell’orecchio, Ryo mugolò di piacere, e lei, galvanizzata dall’ascendente che scopriva di avere su di lui, si sentì autorizzata a proseguire nella sua esplorazione; ad un certo punto però, si accorse che Ryo faceva ben poco, ed era come se si trattenesse, allora gli sussurrò all’orecchio:
 
“Ryo, amami… come ami le altre donne.”
 
E nonostante quella voce roca, così sensuale e piena di desiderio, che mai aveva udito dalla sua bocca così allettante, lo avesse mandato in estasi, riuscì a rispondere:
 
“No-no, non posso.”
 
La ragazza si staccò improvvisamente da lui, e lo guardò incredula; stava per rabbuiarsi, e già un leggero dolore s’irradiava nel suo cuore, quando lui, prendendole il mento con le dita, e fissandola negli occhi con quanto più amore avesse, precisò:
 
“Non come con le altre donne, perché tu non sei come loro. Tu sei unica: sei la donna della mia vita.”
 
E il cuore di Kaori si sciolse, e lacrime di gioia traboccarono dai suoi occhi luminosi.
Non credeva che lui l’amasse fino a quel punto e, presa da un moto improvviso, lo baciò con urgenza e passione; quindi lo prese per mano e lo condusse al suo letto, dove lo fece sedere.
 
Sostarono un momento a guardarsi intensamente, in silenzio, sempre tenendosi la mano; il desiderio era palese e potente in entrambi, ma Ryo voleva essere sicuro e non voleva rovinare tutto con la sua solita faciloneria. Si decise a parlare:
 
“Kaori, non immagini quanto tu sia importante per me, e quanto ti desideri, ma posso aspettare se tu…” ma non fece in tempo a finire la frase che lei gli mise un dito sulle labbra, e sempre guardandolo con amore e con una leggera aria di sfida gli rispose:
 
“E tu pensi che dopo averti atteso così tanto, io, adesso, non sia pronta?” e i suoi occhi ridevano, al pari della bocca che, mai come in quel momento, era stata così eccitante e tentatrice.
 
Nel bel viso di Ryo si disegnò un sorriso divertito, e l’attirò a sé; poi, adagiandola sul letto, riprese a baciarla con gioia, e prima che perdessero totalmente i contatti con la realtà, Ryo le chiese con il suo solito fare ironico:
 
“Mi piace questa tua nuova biancheria intima, non l’avevo mai vista prima.”
 
E lei, fintamente offesa, ma sempre sorridendo:
 
“Quando la smetterai di frugare nei miei cassetti?”
 
“Mai” rispose, riprendendo poi possesso delle sue labbra. Ma lei continuava a ridere divertita, e allora lui fra un bacio e l’altro chiese:
 
“Piuttosto, perché ti sei cambiata? Non che mi dispiaccia questa tua mise, ma eri estremamente sexy anche con le mie cose” e sospirò di piacere.
 
Kaori rispose:
 
“Be’, mi sono cambiata perché tu non pensassi di dover andare a letto con un uomo!” e ridacchiò maliziosa.
 
“Ahhhh, Kaori Makimura, tu mi farai impazzire, prima o poi!” e catturò di nuovo la bella bocca della socia con la sua, e ben presto le risate della ragazza si trasformarono in gemiti e mugolii, che riecheggiavano quelli dell’uomo.
 
Si ritrovarono nudi, sul letto, intenti ad amarsi teneramente, con calma, saggiando l’uno la pelle dell’altro, con baci e carezze sempre più audaci, passando dalla curiosità della scoperta, alla consapevolezza del piacere dato e ricevuto.
 
E si amarono a lungo, gioiosamente, con naturalezza, passione e desiderio, con voluttà certo, ma soprattutto con totale abbandono.
Si amarono con il corpo e con l’anima, fiduciosi, sapendo che quello era il loro destino, a cui avevano girato intorno, assurdamente, per tutti quegli anni.
 
 
 
 
 
 
Molte ore dopo, quando ormai, piacevolmente stanchi, si concessero un po’ di riposo, poco prima di cedere al sonno Ryo le sussurrò:
 
“Allora? Hai ancora intenzione di uscire?”
 
Kaori, che si era leggermente assopita, non fu sicura di aver capito bene.
Cosa voleva dire, Ryo?
Uscire?
A quell’ora della notte?
E per andare dove?
Chiese con la voce impastata dal sonno incipiente:
 
“Co-cosa stai dicendo?”
 
“Non ti avevo forse detto che avrei provveduto a soddisfare i tuoi bisogni e le tue esigenze?” chiese con un tono di voce velato di ironia, che svegliò completamente la ragazza.
 
Lei si mosse appena e gli rifilò un debole colpo sul petto, ma si lasciò sfuggire una risatina divertita e soddisfatta.
 
Inutile, Ryo non sarebbe cambiato mai! E le andava bene anche così.
 
Allora lui concluse:
 
“Ora sono qui per te, e… come tu mi vuoi.”
 
 

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