The Last of Us

di LadyElle1203
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Corri. Respira. Tieni la mano sempre sul manico del pugnale.
Non fermarti se non quando tramonta il sole. Trova un rifugio sicuro, su un albero. Lontano dalla strada.
Non fidarti di nessuno. Tieni sempre gli occhi aperti, anche di notte.
Non fermarti mai nello stesso posto per troppo tempo.
Conserva i proiettili. Muoviti a piedi.


Le parole di Emyr risuonano nella sua testa come una filastrocca, mentre Alisia continua la sua marcia verso un punto indefinito. L’importante è non fermarsi, continuare a camminare, a cacciare. A sopravvivere.
Era rimasta sola, senza più nemmeno quell’unico punto fermo che era suo padre: erano passati anni, ormai, da quando aveva scambiato due parole con un essere umano. Si era ritrovata a poco più di quattordici anni sola in un mondo che, ormai, non esisteva più: intorno a lei solo zombie, morte e desolazione.
Suo padre, prima di morire, le aveva insegnato come sopravvivere, come cacciarsi il cibo, come accendere un fuoco non troppo visibile, come arrampicarsi su un albero: le aveva insegnato tutto questo perché sapeva che sarebbe morto. Non per mano di uno zombie, ma perché un fottuto cancro al cervello lo stava divorando ancor prima che si scatenasse l’inferno.
Sua madre, d’altro canto, aveva deciso di mollarlo quando scoprirono del tumore: se n’era andata così, di punto in bianco, senza nemmeno salutarla, quando Alisia aveva appena sei anni.
Lei e suo padre si erano ritrovati soli, a badare l’uno all’altro: i dottori avevano detto ad Emyr che non sarebbe sopravvissuto all’estate. Di estati, invece, Emyr ne aveva passate tante vincendo ogni singola battaglia, giorno dopo giorno, senza mai cedere. Ora, invece, consapevole che la sua dolce Alisia era in grado di farcela, aveva mollato.
Fargliene una colpa? E perché mai? Le aveva insegnato a stare al mondo, sia quello precedente che quello attuale. L’aveva instradata verso ciò che avrebbe potuto incontrare: mostri, umani, animali.

Corri. Respira. Tieni la mano sempre sul manico del pugnale.
Non fermarti se non quando tramonta il sole. Trova un rifugio sicuro, su un albero. Lontano dalla strada.
Non fidarti di nessuno. Tieni sempre gli occhi aperti, anche di notte.
Non fermarti mai nello stesso posto per troppo tempo.
Conserva i proiettili. Muoviti a piedi.


Alisia osserva la luce del cielo che sta cambiando, voltando poi lo sguardo verso Ovest. Intorno a lei il silenzio, interrotto di tanto in tanto dal gorgogliare di qualche zombie nei paraggi. Si osserva intorno, spostandosi dalla strada ed addentrandosi nella foresta alla ricerca di un albero abbastanza alto e protetto. Ma in quel lato della Virginia gli alberi sono bassi e sottili: impossibile arrampicarsi senza cadere e rompersi l’osso del collo.
- Merda. – bisbiglia Alisia, per poi sospirare e cominciare a scavare a mani nude. Tanto vale crearsi un piccolo accampamento in quella specie di radura ed aspettare che la notte passi in fretta.
Dopo aver scavato una piccola buca dove poter accendere il fuoco, Alisia si alza e comincia a radunare dei rametti e delle foglie, per poi gettarle nella piccola buchetta e, grazie ad alcuni fiammiferi, accende il fuoco. Quando poi calerà davvero il buio, quel fuoco dovrà morire: come suo padre, come il mondo civilizzato, come gli zombie. Come la paura. Come tutti.

Corri. Respira. Tieni la mano sempre sul manico del pugnale.
Non fermarti se non quando tramonta il sole. Trova un rifugio sicuro, su un albero. Lontano dalla strada.
Non fidarti di nessuno. Tieni sempre gli occhi aperti, anche di notte.
Non fermarti mai nello stesso posto per troppo tempo.
Conserva i proiettili. Muoviti a piedi.


La notte è arrivata, ed Alisia getta sulle fiamme la terra che prima ricopriva la buca. Si avvolge in un poncho di lana, si appoggia ad un albero ed osserva un punto nel buio, in attesa che arrivi il giorno: quella notte non c’è tempo di dormire. Domani, forse. Ma non stanotte.
Di notte la foresta sembra prendere vita, un’altra vita: i gufi cantano sugli alberi e svolazzano di ramo in ramo; gli zombie camminano sulla strada gorgogliando e spostandosi senza sosta. I fiumi scorrono lenti.
Ma Alisia rimane immobile come a diventare parte integrante di quell’albero che la sta sostenendo dritta, conficcandole nella schiena piccole schegge che, prima o poi, il suo corpo deciderà di espellere.
Respira lenta, silenziosa, mentre il suo cuore batte piano, lento, regolare: come un rubinetto che perde, goccia dopo goccia il suo cuore pompa la giusta necessità di sangue per il suo organismo. Suo padre le ha insegnato come stare al mondo, in questo mondo che ci vuole animali ma rimanendo comunque umani.

Nota dell'autrice
E' la prima volta che mi cimento in una FF ispirata ad una delle mie serie tv preferite, ovvero The Walking Dead. Ci ho sempre pensato, ma non ho mai trovato il coraggio di andare a "toccare" personaggi come quelli di questa serie. Ho voluto provarci, nella speranza di non aver fatto un disastro.
L'ispirazione mi è venuta trovando un'immagine tratta dal videogioco "The last of us" (da qui, infatti, il titolo). Si, okay, ho inserito Daryl tra i vari protagonisti...MA non è come può sembrare (e cioè che il nuovo personaggio va ad inciuciare con Dixon). No. Assolutamente NO. Daryl sarà una figura importante per Alisia, ma non in senso amoroso.
Nella speranza di aver stuzzicato la vostra curiosità, ci rivediamo al prossimo capitolo.
- LadyElle - 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Quando ormai il sole comincia a far capolino dalle fronde degli alberi, Alisia è già in cammino sulla strada diretta a Nord. Sa che lì da qualche parte c’era un centro abitato, una volta, ed ha bisogno di fare rifornimento di acqua potabile e di medicinali. Mano sul manico del pugnale, sguardo dritto avanti a sé ed orecchie tese; il suo zaino ben saldato alle sue spalle e tenuto fermo da una cintura in vita, scarpe ben strette alle caviglie. Passo veloce ma sempre alla solita andatura per evitare affaticamenti, respirazione regolare.
Qualcosa cattura la sua attenzione: con la coda dell’occhio, alla sua sinistra, ha notato un movimento diverso dal solito provenire dalla radura. Decide di non fermarsi e di proseguire: mai fermarsi di botto in mezzo alla strada. Ancora un movimento, un fruscio appena percettibile ad un orecchio inesperto: Alisia rallenta a malapena e volge di poco la testa verso sinistra. Un’ombra dietro i cespugli ai lati della strada: uno zombie? Un animale? Una persona?
Con la stessa velocità di un gatto Alisia si getta dall’altro lato della strada, sulla destra, rotolando sulla schiena e riparandosi dietro un cespuglio. Si accuccia ed estrae veloce il suo pugnale immobilizzandosi come una statua, gli occhi fissi sul lato opposto della lingua d’asfalto.
Nella sua testa comincia a contare i minuti trascorsi: se ne passano più di dieci senza che la situazione cambi, allora potrà nuovamente uscire allo scoperto e proseguire la sua marcia; in caso contrario, dovrà provvedere ad attrezzarsi per la notte.
Uno…due…tre…
Alisia controlla il suo respiro ed il suo battito cardiaco: in queste situazioni bisogna mantenere la calma. Può essere qualsiasi cosa: anche solo il frutto della sua immaginazione.
Quattro…cinque…sei…
Ancora fruscii, ancora movimenti strani.
Sette…otto…nove…
Dalla radura sbuca una mezza dozzina di uomini, tutti ben armati fino ai denti e con gli occhi spiritati. Sembrano abbastanza adulti, tra i quaranta e i cinquant’anni: forse solo un paio di loro hanno la sua età.
- Che fine ha fatto? L’hai vista? – domanda uno di loro: non troppo alto ma ben piazzato, pelle abbronzata ed occhi scuri come la pece, capelli neri corvini tenuti indietro da un elastico.
- Amico, secondo me l’hai sognata. Non vedi una passera da tempo, ormai. – risponde un altro ridendo di gusto: è biondo cenere, con gli occhi scuri ed una bocca grande coperta da una lunga barba bionda. E’ più alto dell’altro tizio, ma è meno muscoloso.
Gli altri sono in silenzio e si guardano intorno: tutti rimangono fermi immobili al centro della strada.
- Zync, andiamo…te la sei sognata. – il biondo si rivolge all’amico battendogli una mano sul braccio.
- Ti dico che l’ho vista, porca puttana! – risponde Zync, irritato. Volge lo sguardo frettolosamente intorno a sé, forse alla ricerca di un segnale del suo passaggio.
Merda, pensa Alisia senza però staccare gli occhi dal gruppo di uomini.
- Okay, okay…ma togliamoci dalla strada. Sicuramente la ragazzina sarà diretta a Nord, se si trovava a passare di qui. Andiamo verso Charleston…coraggio. – il biondo osserva l’amico dritto negli occhi, facendo però cenno agli altri di ricominciare a muoversi.
Zync volge ancora lo sguardo intorno a sé, per poi sospirare e ridere.
- Sì…hai ragione, Gil…sicuramente me la sono sognata. Andiamo!
Alisia li osserva mentre tornano all’interno della foresta, continuando a respirare e senza muovere un solo muscolo: ignora l’intorpidimento alle gambe, il sudore che le sta colando sulla fronte, il dolore alla mano per la presa solida sul pugnale. Rimane immobile, attendendo ancora qualche minuto prima di potersi sollevare di nuovo dritta. Ma sa di non potersi ancora muovere: alle sue spalle sente dei fruscii appena percettibili, ed un lontano gorgogliare di zombie.
Merda, pensa ancora senza però rialzarsi in piedi. Ancora fruscii, il gorgogliare che si fa sempre più vicino. E poi il silenzio, e di fianco a lei si materializza una figura.
- Ehi. – gli bisbiglia l’uomo, fissandola.
Alisia rimane immobile con gli occhi incollati sulla strada.
L’uomo sta per allungare un braccio verso di lei, ma Alisia è più veloce e gli punta alla gola il coltello.
- Non muoverti. – gli intima lei, occhi infuocati e mano immobile.
L’uomo la osserva senza una benché minima emozione negli occhi, eseguendo però la sua richiesta di rimanere fermo. Alisia lo osserva cercando di capire chi possa essere quell’uomo davanti a lei, con i capelli lunghi quasi a coprirgli gli occhi blu e quello smanicato di jeans. A giudicare dal suo aspetto dovrebbe avere all’incirca più di quaranta anni, ma di questi tempi l’età non ha più molta importanza. Di fianco a lui una balestra tutta ammaccata ma ancora decisamente funzionale, dato che ha atterrato uno zombie alle sue spalle.
- Perché ti stavano seguendo? – domanda l’uomo continuando a mantenere lo sguardo dritto su di lei.
- Non lo so. E tu perché mi stavi seguendo? – risponde lei, senza muovere un muscolo del corpo.
- Non ti stavo seguendo.
- E allora perché hai ucciso quello zombie?
- Ti stava per attaccare.
- Lo avrei ucciso io. L’ho sentito arrivare. Come ho sentito arrivare te. Devi essere più silenzioso, se non vuoi farti scoprire.
- Non ti stavo seguendo. Sei tu ad essere entrata nel mio territorio di caccia.
- Niente è di nessuno, di questi tempi.
- Senti ragazzina, puoi abbassare il coltello. Non ho intenzione di farti del male.
- Scordatelo.
- Se ti avessi voluta uccidere, lo avrei già fatto.
Alisia non risponde e continua a fissare l’uomo davanti a lei che, lentamente, comincia a tirarsi su. Alisia lo imita continuando a tenere puntato il coltello davanti a sé, mentre con l’altra mano comincia a sfiorare il calcio della sua pistola, nascosta dietro la sua schiena.
- Vogliamo rimanere così? – chiede l’uomo, sempre senza agitazione o una particolare inclinazione della voce.
- Io riesco a resistere. E tu?
- Non ti stavo seguendo. – ripete l’uomo, questa volta indurendo il suo tono di voce. E, forse per la prima volta da quando si è ritrovata da sola in questo mondo, Alisia decide di non seguire le regole dettate da suo padre: decide che, forse, è arrivato per lei il momento di fidarsi di qualcuno. Quell’uomo ha ragione: se avesse voluto ucciderla, lo avrebbe già fatto, o magari avrebbe lasciato che lo zombie facesse il suo lavoro. Da quando lei gli ha intimato di non muoversi non ha minimamente accennato a prendere la sua balestra; non l’ha colpita alle spalle rubandole poi tutti i suoi effetti personali; non ha minimamente accennato a staccare lo sguardo da lei e dal suo coltello puntato alla gola.
Sta dicendo la verità? Forse.
Non la stava seguendo? Forse.
E’ una persona buona? Forse.
Alisia, lentamente, abbassa il coltello. – D’accordo. Non mi stavi seguendo. – dice, poi, allontanando anche la mano dalla pistola e riportandola lungo il fianco. Nell’altra mano, invece, il coltello continua ad essere pronto a scattare.
- Hai un gruppo? – domanda l’uomo senza muoversi di un solo millimetro.
- E tu?
- Rispondi alla domanda.
- No.
- Quanti zombie hai ucciso?
Alisia alza le spalle con noncuranza.
- E quante persone hai ucciso?
Alisia solleva l’indice di fronte a sé, ad indicare solo una persona.
- Perché? – chiede l’uomo, ancora.
- Per pietà. – risponde lei, indurendo i muscoli del viso e stringendo la presa sul pugnale.
- Dove sei diretta?
- Volevo andare a Nord. Ora mi toccherà cambiare strada.
- Non è sicuro qui.
- So badare a me stessa.
- Più vai a Nord e più non troverai queste foreste a proteggerti da persone come quelle lì.
- Cambierò direzione.
L’uomo sospira, per poi accennare a riprendere la sua balestra.
- Non muoverti. -  gli intima Alisia, rialzando il suo coltello.
- Non voglio usarla. Vorrei solo andarmene da qui.
- Pensi davvero che ora io possa lasciarti andare?
L’uomo si avvicina di un passo, quel tanto che basta per chinarsi alla sua altezza e bisbigliarle nell’orecchio.
- Se avessi voluto uccidermi, lo avresti già fatto. – sussurra, poi, tornando alla sua posizione.

Alisia segue quell’uomo distante un paio di metri, mentre ripercorrono la foresta verso Sud: mantiene gli occhi fissi sulle spalle grandi dell’uomo e su quelle ali cucite sul suo gilet.
- Hai un nome, ragazzina? – domanda l’uomo senza voltarsi.
- Alisia.
- Daryl.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

- Dì un po’, ti sei bevuto il cervello o cosa?
- Non sappiamo minimamente chi sia!
- Che cazzo ti dice la testa, eh?

Alisia è seduta su quei gradini da ore, ormai, e non può fare a meno di non sentire le urla provenire da quella casa.
Una casa. Due case. Almeno trenta abitazioni in quella città: Alexandria.
Quel Daryl le aveva detto che qui sarebbe stata al sicuro, ma quando sono arrivati davanti al cancello la reazione dei suoi amici non è stata piacevole: a lui lo hanno praticamente assalito, mentre a lei è stata sequestrata ogni cosa e le hanno legato le mani.
Per precauzione, ha detto una donna di colore, probabilmente il capo di quella comunità.
L’hanno trascinata fino a quei gradini, ordinandole di sedersi e di aspettare, mentre quel Daryl, la donna di colore, un prete ed una ragazza dai lineamenti latini sono entrati nell’edificio. Fuori, a tenerla d’occhio, c’è una ragazza bionda con uno strano tatuaggio sul collo.
Alisia sospira tenendo lo sguardo basso.
Sei stata un’incosciente, Ali. Non hai pensato. Hai preferito agire d’istinto…e adesso guardati: non hai più le tue armi, il tuo zaino, e per di più ti hanno anche legata.
La voce di suo padre le risuona nella testa come una punizione: perché non ha seguito le regole? Perché ha voluto seguire quell’uomo in un posto mai sentito nominare?
Alexandria. Che razza di posto è? Una comunità? Un covo criminale? E se adesso decideranno di ucciderti? E se decidessero di ributtarti per strada, ma senza le tue cose?
Merda.
- Michonne, non potevo lasciarla lì. – la voce bassa e roca di Daryl arriva in risposta ad una tale Michonne che, a giudicare dalla voce, dovrebbe essere la donna di colore.
- Da quando ti preoccupi di raccattare persone per strada? – la voce dovrebbe essere quella della ragazza dai lineamenti latini.
- Mi ricordava…lei
Alisia, sempre a testa bassa ad osservarsi la punta degli stivali, decide di mettersi meglio in ascolto: a quanto pare Daryl ha deciso di portarla lì perché gli ricorda qualcuno.
Merda, pensa ancora Alisia, sospirando.
- Daryl…- la voce di Michonne sembra dispiaciuta.
- Era in pericolo. Ed è sola.
- Daryl, come sai che era in pericolo?- un’altra voce maschile, forse del prete.
- Mentre ero a caccia ho assistito alla scena: la ragazza si è lanciata nella mia parte di foresta, e dopo qualche minuto sono sbucati fuori dei figli di puttana che l’avevano vista. Se ne sono andati, ma si sono diretti nella stessa direzione in cui stava andando lei.
- Cosa?! E se vi avessero seguiti?! – Michonne è furiosa.
Merda.
- Non ci hanno seguiti, Michonne.
Poi il silenzio, assordante e pressante.
Lasciatemi andare, porca puttana.
Dei passi, e la ragazza bionda la prende per un braccio tirandola su in piedi. Dall’edificio cominciano ad uscire le quattro persone entrate poco prima, che si mettono ad osservarla in silenzio: tutti con le braccia incrociate sul petto, tutti con gli occhi fissi su di lei.
Alisia li osserva ad uno ad uno cercando di capire quale potrebbe essere la prossima mossa.
Merda.
La donna di colore fa un passo verso di lei, fissandola in modo truce.
- Hai un gruppo?
- Ho già risposto al tuo amico.
- Non me ne frega un cazzo. Rispondi a me.
Alisia sospira. - No. Sono sola.
- Quanti zombie hai ucciso?
- Ho perso il conto.
- E quante persone hai ucciso?
- Una sola.
- Perché?
- Per pietà.
Michonne si volta lentamente verso Daryl, per poi tornare a fissare Alisia.
- Daryl ci ha detto che ti stavano seguendo. Chi?
- Non lo so. Dei tizi mi avranno vista sulla strada.
- Dove eri diretta?
- Perché tutte queste domande?
- Rispondi!
Alisia sospira sollevando appena la testa verso l’alto.
Tranquilla, Ali. E’ tutto okay. Stai calma e non reagire: sei disarmata, ricordalo.
- Andavo verso Nord. So che sulla strada c’era un centro abitato, una volta. Avevo bisogno di provviste.
- Perché ti stavano seguendo?
- Non lo so, già te l’ho detto.
Michonne la osserva dritta negli occhi con i muscoli tesi e la mascella contratta.
- Senti…se avessi voluto far del male al tuo amico lo avrei già fatto. Mi ero accorta della sua presenza molto prima che mi trovasse. – Alisia fa mezzo passo verso Michonne, bisbigliando e fissandola dritta negli occhi.
- Davvero…non lo so perché mi stessero seguendo. Riconsegnatemi la mia roba…ed io me ne andrò subito. Mi dimenticherò di questo posto.
Michonne rimane immobile a fissare quella ragazzina di fronte a lei, per poi voltarsi di spalle e raggiungere gli altri distanti qualche metro.
Alisia sbuffa e si agita in modo nervoso. – Oh, andiamo! – dice, scuotendo la testa.
- Sta zitta! – le dice la ragazza bionda parandosi di fronte a lei. Alisia intravede Michonne parlottare con Daryl e gli altri, e nel suo cuore comincia a farsi largo una strana agitazione.
- Ho il diritto di sapere cosa volete farmi! – prosegue Alisia in evidente stato di agitazione.
Ali, calmati e respira. Respira. Respira.
Alisia chiude gli occhi e comincia a respirare lentamente: non deve perdere la calma. Non ora. Non adesso che è disarmata.
Respira. Respira. Respira.
Dei passi verso di lei, e quando rialza la testa Michonne e Daryl sono di fronte a lei. Le tolgono la corda dai polsi, per poi riconsegnarle lo zaino ed il coltello
- Vogliamo fidarci. Daryl ha ragione: lì fuori è pericoloso, e tu sei sola.
- So badare a me stessa. – risponde Alisia riponendo il coltello nella fodera e sistemandosi lo zaino sulle spalle.
- Non siamo disposti a ributtarti lì fuori sapendo che quei tizi ti stanno cercando. Da come li ha descritti Daryl, meglio se non li incontri nuovamente.
-…ti prego…lasciatemi andare.
Michonne le mette le mani sulle spalle e, per la prima volta da quando si trova lì, accenna un sorriso.
- Sono io che ti chiedo di rimanere. Tutti noi vogliamo che tu rimanga.
Alisia fa correre lo sguardo prima su Michonne e poi su Daryl: entrambi sembrano tranquilli e sereni.
- Rimarrai qui, ma ad una condizione: sarà Daryl a prendersi cura di te. Se lui esce, tu vai con lui. Se sbagli, è lui a prendersi la responsabilità delle tue azioni.
-…un babysitter?- domanda Alisia, sconcertata e visibilmente irritata.
- Daryl mi ha detto che nel bosco te la cavi…e lui comincia ad essere troppo vecchio per scorrazzare in giro. Ha bisogno di un successore. – Michonne la osserva decisa.
Alisia sospira e comincia a muoversi avanti ed indietro, braccia incrociate sul petto e occhi che schizzano sulla donna e sull’uomo.
- Rimanere qui…?
- Si. – risponde Daryl.
- Non…io non…
- Qui sei al sicuro. – dice Michonne, visibilmente più rilassata.
Alisia li osserva ancora per qualche minuto, per poi allungare un braccio verso la donna.
- Mi chiamo Alisia.
La donna le sorride. – Io sono Michonne. Benvenuta ad Alexandria.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Dai, ammettilo…in fondo qui non è poi così male. Da quanto tempo è che non incontravi persone “normali”? O meglio…da quanto tempo è che non incontravi “persone”? Guardati intorno! Ci sono mura perennemente controllate, case con acqua corrente, c’è cibo…insomma…sei a casa. Lo so, lo so…tuo padre ti ha sempre detto di non fidarti, di stare lontano dai pericoli, di camminare senza mai fermarti…ma prova a ragionare: se davvero tu avessi dato ascolto a tuo padre, probabilmente adesso saresti nelle mani di quei figli di puttana che hai incontrato qualche giorno fa. Sicura che saresti riuscita a tenergli testa? Quelli sì che ti avrebbero uccisa e rubato tutto quanto.
Insomma…guardali! Michonne ha due figli! E’ una madre! C’è un prete!
Davvero pensi siano cattive persone?


Alisia è seduta su quei gradini dall’alba: non è riuscita a chiudere occhio per tutta l’adrenalina che le scorre ancora nelle vene. Sono due giorni che è lì ad Alexandria, due giorni in cui ha la possibilità di dormire, eppure qualcosa nel suo profondo la continua a far rimanere sull’attenti, in guardia da chiunque le si avvicini anche solo per un “ciao”. Osserva tutti con occhi guardinghi, difficilmente prende parte alle aggregazioni di gruppo. Rimane ai margini sempre sorvegliata da Daryl che, però, spesso durante la giornata sparisce per poi ricomparire la sera. Risultato: Alisia è bloccata lì, su quei gradini di marmo, senza potersi muovere. Michonne è stata chiara: lei, ora, è una responsabilità di Daryl.
Ci mancava solo un babysitter. Merda.
Sbuffa, poi sospira, si passa una mano tra i capelli ormai divenuti lunghi, si stropiccia il viso e sbuffa ancora.
- Ciao.
Una voce giovane e cordiale la riporta bruscamente alla realtà, facendole mettere in pausa i mille pensieri e flussi di coscienza che l’accompagnano da quando è rimasta sola.
Di fronte a lei si materializza la figura di una bambina di circa sette, otto anni. Ha la pelle candida, occhi azzurri, piccole lentiggini sul naso e sugli zigomi. Ha i capelli castani, lunghi e con una treccia a sinistra. Indossa una camicia a quadri, stivali da cowboy ed un cappello da sceriffo. Alla cintura è legata una fondina con una Python più grande di lei, mentre sulla schiena tiene ben salda la fodera di una spada.
- Ciao. – risponde Alisia, osservandola dritta negli occhi. Quella ragazzina è abbastanza inquietante eppure così dolce.
Ma cos’è la dolcezza, al giorno d’oggi?
- Tu sei quella nuova, giusto? – le domanda, poggiando una mano sulla pistola. Ha lo sguardo duro, molto simile a quello che Michonne le aveva rivolto il giorno del suo arrivo.
- Esatto.
- Ti ha trovata mio zio.
- Tuo zio?
- Zio Daryl.
Alisia annuisce. Perché improvvisamente questa situazione mi sembra assurda?
- Sai dove è finito? Michonne mi ha affidata a lui. – domanda Alisia volgendo velocemente lo sguardo verso un punto alle spalle della bambina.
La bambina solleva le spalle con noncuranza. – Zio Daryl non si fermai mai molto, qui. E’ sempre in mezzo ai boschi.
- E Michonne lo sa?
La bambina annuisce.
- E allora perché mi ha affidata a lui, se lui non è qui a controllarmi?
La bambina alza di nuovo le spalle.
- Perché zio Daryl deve controllarti?
- Non lo so. L’ha deciso Michonne.
- Vuoi farci del male?
- Non sapevo nemmeno della vostra esistenza.
La bambina inclina la testa da un lato, continuando a fissarla in modo inquietante.
- Dì un po’, ragazzina…hai un nome? – domanda Alisia, sospirando e poggiando la guancia su una mano.
- E il tuo qual è?
Alisia abbozza un sorriso e scuote la testa. – Te l’ho chiesto prima io.
- Te lo dirò se prima mi dici il tuo.
- Alisia.
La bambina la osserva con la testa piegata da un lato. – Solo Alisia?
- Alisia McDougall. E tu?
- Io mi chiamo Judith Grimes.
- Piacere di conoscerti, Judith Grimes.
- Perché sei sola?
- Non l’ho scelto io di essere sola.
- Hai intenzione di scappare?
Alisia rimane in silenzio osservando ancora la piccola Judith: perché improvvisamente ha sentito un brivido lungo la schiena? Perché all’improvviso il suo cuore ha cominciato a battere forte?
Calmati, Alisia. Respira…respira…respira…
- Pensi questo? – domanda Alisia, dopo un lungo respiro e dopo qualche minuto di silenzio.
Judith solleva ancora le spalle, chinando la testa di lato e fissandola senza espressione. – Non sei obbligata a restare.
- Beh. Tecnicamente si: se tuo zio non ritorna, io da qui non posso muovermi.
- Parlerò con mia madre: la convincerò che sei a posto.
- E chi è tua madre?
- Michonne.
Alisia sta per rispondere quando, in lontananza, si sente il rombo di una moto: i cancelli vengono aperti ed una vecchia moto tutta ammaccata fa il suo ingresso ad Alexandria, a bordo della quale c’è Daryl con la balestra sulla spalla e carico di scoiattoli ed opossum. Parcheggia la moto poco dopo il cancello d’ingresso, per poi caricarsi sulla spalla il cibo cacciato e dirigersi, a passo lento ma deciso, verso loro due.
- Ciao zio Daryl. – dice Judith sorridendo.
- Ehi, Spaccaculi. – risponde l’uomo chinandosi alla sua altezza ed abbracciando la bambina.
Che io gli ricordi sua figlia?
- Dov’è tua madre? – le domanda.
- E’ al Consiglio.
- Bene. – poi osserva Alisia, ancora seduta sui gradini di casa ad osservare la scena. – Tu. Vieni con me. – dice, poi, indicando la ragazza.
- Perché? – domanda Alisia indurendo la mascella e sentendo i muscoli del collo irrigidirsi.
- Perché si. Andiamo. Questi scoiattoli non si scuoiano da soli.
Alisia sbuffa, alzandosi e seguendo Daryl.
- Dì un po’ Judith…tuo zio è sempre così scorbutico?
- Lo è. – risponde la bambina incamminandosi con loro verso un edificio di legno, dietro la chiesa. – Io ora devo andare. Piacere di averti conosciuta, Alisia McDougall. – dice, poi, Judith incamminandosi verso un altro edificio.
Alisia la segue con lo sguardo, rimanendo sempre più sconcertata da tutta questa situazione: quella bambina, ad otto anni, si comporta come un adulto. Lei, ad otto anni, pensava solo a giocare con le bambole. Come può il mondo essere cambiato così tanto? Davvero i bambini dovranno crescere in questo modo, ignari del vero significato di spensieratezza ed infanzia, perdersi quel bellissimo momento della vita di un essere umano fatto di piccoli capricci, di risate sguaiate, di “mostri del solletico”?
- Ehi. – la voce rude di Daryl la catapulta nuovamente nella realtà. Alisia lo osserva quasi disturbata, mentre l’uomo le porge il bottino di caccia osservandola con occhi socchiusi. – Va’ nell’edificio laggiù, di fianco al depuratore dell’acqua: lì ci sono le cucine comuni. Scuoia gli animali ed eviscerali.
Alisia lo osserva spaesata e senza capire: davvero è questo quello che dovrà fare? Scuoiare animali?
- Cos’è? Non sei capace? – prosegue Daryl con una punta di arroganza e superiorità.
Alisia non risponde, voltandosi di spalle e raggiungendo l’edificio indicatole da Daryl. L’uomo sbuffa, per poi entrare nell’edificio di legno e raggiungere il resto del Consiglio.
Sono tutti riuniti attorno ad un tavolo e stanno discutendo sul futuro di Alisia all’interno di Alexandria.
- Daryl. – lo accoglie il prete, inclinando la testa in avanti.
- Gabriel.
- Stavamo discutendo di Alisia. – dice Michonne con il solito tono autoritario.
- L’avevo intuito. – risponde Daryl sedendosi di fronte a loro. – Quindi?
- Quindi non ci convince.
- Perché?
- E’ qui da due giorni, ma non fa nulla per integrarsi.
Daryl abbozza un sorriso ironico. – E ti stupisci? Era abituata a stare sola.
- Sì, ma prima di tutto questo avrà avuto qualcuno…o pensi sia nata sotto una quercia? – domanda ancora Michonne, sarcastica.
- L’hai praticamente obbligata a restare. A te piacerebbe?
Michonne sbuffa e si tira all’indietro su una sedia scuotendo la testa.
- Sentite…lo dico a mio discapito ma…se Daryl ci ha visto qualcosa, in quella ragazza…voglio fidarmi. – dice la ragazza latina, fissando Daryl negli occhi ed accennando un sorriso.
- Grazie, Rosita. – Daryl inclina la testa in avanti.
- Dov’è adesso? – Gabriel si guarda intorno e punta lo sguardo fuori dalla finestra.
- L’ho mandata a scuoiare gli scoiattoli. – Daryl indica con la mano fuori dall’edificio. – Ma domani vorrei portarla fuori con me a caccia.
- No. – dice Michonne duramente.
- Perché? Hai detto che è una mia responsabilità…me ne occuperò io.
- E se dovesse aggredirti?
- Michonne, ma l’hai vista? Daryl è il doppio di lei. E lui è troppo furbo per farsi fregare così. – dice Rosita, senza nascondere un sorriso divertito.
- Voglio tenerla d’occhio.
- Allora tanto vale che la chiudi in cella.
- Daryl, solo perché ti ricorda Beth non significa che sia come era lei. – dice Michonne, visibilmente irritata. Daryl la osserva con occhi furenti, alzandosi lentamente e piazzandosi ad un niente dal suo viso.
-…non c’entra un cazzo…
- Non sei lucido. – sibila Michonne.
- Tu non sai un cazzo. – sibila Daryl, allontanandosi ed uscendo dall’edificio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Beth. Quanto tempo è che non sentivi pronunciare quel nome? Mesi? Anni? Tu non l’hai mai dimenticata, amico. Mai. Hai ancora impresso nella memoria il giorno in cui siete scappati dalla prigione, ed avete trovato rifugio in quella capanna abbandonata. Quella litigata furiosa, in cui vi siete urlati di tutto. La sua rabbia, la sua determinazione. La sua voce: angelica e delicata, eppure così tagliente. Ricordi quando l’hanno rapita, e ti sei messo a correre per giorni? Il giorno in cui finalmente l’avete ritrovata…il giorno in cui è morta. Le senti ancora le urla di Meggy? Lo senti ancora il peso di quel corpo morto mentre esci da quell’ospedale abbandonato?
Dì un po’, Daryl…ti capita mai di svegliarti la notte e pensare che, forse, Beth poteva essere salvata?


Daryl osserva Alisia da lontano, intenta a scuoiare gli scoiattoli come le ha chiesto: occhi concentrati sulla punta del coltello, mani ferme e decise: è capace, e si vede.
Davvero ti ricorda Beth?
- Ehi ragazzina. – le dice, poi, scuotendo la testa e raggiungendola.
Alisia non risponde, continuando ad eviscerare lo scoiattolo.
- Ehi. – dice ancora Daryl, dandole un colpetto sul gomito.
Alisia si blocca, puntando il coltello nella testa dello scoiattolo e fissandolo con odio.
- Pensi di farmi paura?
- Fottiti. – sibila lei, tornando al suo lavoro.
Daryl sbuffa e, senza pensarci troppo, le strappa via il coltello dalle mani, puntandolo sul legno alle sue spalle; l’afferra per un braccio portandola lontano dalle cucine, per poi fermarsi e fissarla dritta negli occhi.
- Dì un po’…hai intenzione di continuare così ancora per molto?
Alisia non risponde e continua a fissarlo con odio: sguardo ridotto a fessura, mascella contratta e mani lungo i fianchi, serrate a pugno.
Mioddio…è uguale a Beth.
- E’ inutile che mi guardi così. Vuoi sapere una cosa? Michonne non si fida di te! Vuole rispedirti fuori da qui. E’ questo che vuoi, eh? Vuoi davvero tornare lì fuori ed imbatterti ancora in quel gruppo di figli di puttana?
Daryl urla, sente la gola bruciargli: proprio come quella volta fuori il capanno. Con Beth.
Alisia continua a non rispondere: sembra che le sue parole non la colpiscano minimamente.
- Rispondi, dannazione!
Alisia avanza di un passo, trovandosi ad un niente dal viso di Daryl: lo osserva con rabbia ed odio.
-…fottiti, Daryl. – sibila poi.
- Si può sapere quale cazzo è il tuo problema?!
- Perché mi hai portata qui? – Alisia parla con tono normale, apparentemente tranquillo.
- Saresti morta, lì fuori.
- So badare a me stessa.
- Ah sì? Anche con quelli lì?
- Non puoi saperlo.
Daryl sbuffa ancora e continua a fissare Alisia con rabbia.
- Dì un po’…chi era? – domanda poi Alisia, incrociando le braccia sul petto.
Daryl le rimanda uno sguardo interrogativo.
- La persona che mi assomiglia. Chi era?
- Non sono affari tuoi.
- Lo sono, invece. Ti sto mettendo nei casini con il tuo gruppo. Chi era?
- Con il mio gruppo è tutto a posto. Torna a scuoiare la cena. – Daryl le volta le spalle avanzando di qualche passo, ma la voce ferma di Alisia lo fa fermare poco dopo.
- Non ho intenzione di rimanere qui a scuoiare quattro scoiattoli! Se non mi dici chi era, te li scuoierai da solo.
Dio, è testarda come lei.
Daryl si volta osservandola sbalordito. – Stai scherzando?
- Secondo te?
Daryl le va vicino fermandosi ad un niente dal suo viso. – Attenta ragazzina…
- Mi chiamo Alisia. Alisia. Ficcatelo bene in testa. – sibila lei, con occhi infuocati.
- Stai mettendo a dura prova la mia pazienza.
- E tu la mia.
- Perché ti interessa tanto, eh?
- Secondo te?
Daryl indietreggia di un passo, per poi sbuffare come un toro: Daryl, adesso basta. Lei non è Beth.
- D’accordo…vuoi sapere chi era? Una ragazzina testarda come te. Una ragazzina che si è fatta ammazzare davanti ai miei occhi pur di salvare il nostro gruppo. Una ragazzina che pretendeva di sbronzarsi con una fottuta grappa alla pesca. Ecco chi era.
Daryl non ha urlato, ma bensì è rimasto calmo, anche se riportare a galla quei momenti gli ha procurato qualche battito cardiaco in meno.
Alisia lo osserva con la testa piegata da un lato, senza accennare alcuna traccia di emozione.
-…contenta? – prosegue lui.
Alisia s’incammina verso le cucine comuni. – Me lo farò bastare. – dice, poi, fissandolo con un mezzo sorriso.
Sì: è decisamente come Beth.
Daryl scuote la testa, per poi sospirare e seguire Alisia nelle cucine. La ragazza recupera il coltello, per poi guardare l’uomo con sguardo incuriosito.
- Ti do una mano. – borbotta lui, poi, estraendo il suo coltello ed afferrando un opossum.
Alisia lo osserva ancora per qualche minuto: capelli sugli occhi, sguardo concentrato sul coltello, mani ferme.
La ragazza sospira, per poi ricominciare a lavorare sul suo scoiattolo.
-…mi dispiace… - sussurra, poi.
- Di cosa? – risponde lui, brusco.
- Per prima. E per la ragazza.
- Fa parte del passato. Non ha importanza.
Alisia annuisce in silenzio: non ha il coraggio di guardarlo negli occhi, non dopo il diverbio che hanno appena avuto.
- Se vuoi andare via da qui…proverò a parlare con Michonne. Posso provare a convincerla a lasciarti andare.
- No.
Daryl si ferma e la osserva curioso. – No?
Alisia posa il coltello e solleva la testa: i suoi occhi sono velati di lacrime.
- Non…io non…io non voglio andare via.
Daryl sospira e tira la testa all’indietro: nella sua mente di nuovo l’immagine di Beth, in lacrime, fuori da quel sudicio capanno.
Mio Dio, Beth…lasciami in pace, ti prego!
Posa l’opossum da una parte, appoggia il coltello sul tavolo e, goffamente come al suo solito in queste situazioni, avvolge le spalle della ragazza con un braccio.
- D’accordo. A Michonne non dirò nulla. Promesso.
Alisia annuisce chinando la testa in avanti: sente improvvisamente ogni sua difesa abbandonarla, si sente improvvisamente alleggerita di un peso non più sostenibile per lei. Quel suo goffo tentativo di consolarla le ha riportato alla mente il momento in cui suo padre, moltissimi anni prima, le spiegò come mai sua madre non sarebbe più tornata a casa. Ricorda ancora il suo essere impacciato, il suo continuo tormentarsi le mani, il suo sorriso in netta contrapposizione con gli occhi tristi.
Alla memoria le è tornata la tristezza provata all’inizio, il sentirsi sola, abbandonata.
Ma quell’abbraccio da parte di Daryl, uno sconosciuto che ha evitato che lei finisse uccisa da quel gruppo di figli di puttana, le ha improvvisamente ridato il calore che le mancava da tempo: nel suo imbarazzato tentativo di consolare una giovane ragazza preda di una crisi di nervi, Alisia ha rivisto suo padre alle prese con la sua preadolescenza, con i suoi sbalzi d’umore dovuti al ciclo mestruale.
Alisia solleva nuovamente la testa, asciugandosi le lacrime dal viso e staccandosi dal braccio di Daryl: abbozza un sorriso ed allunga una mano verso di lui.
- Ricominciamo da capo…tregua. Io sono Alisia.
Daryl la osserva dubbioso, per poi annuirle e stringere la sua mano con determinazione.
- Tregua. Io sono Daryl.

Michonne osserva quella scena nascosta dietro un edificio: è strano vedere Daryl preoccuparsi di una sconosciuta, anche se dannatamente simile a Beth. Daryl è sempre stato un lupo solitario, difficilmente si ferma a lungo in un posto, è perennemente nascosto nei boschi alla ricerca di solo lui sa cosa. Ed ora eccolo, il cacciatore solitario: impacciato nel consolare quella strana ragazza venuta da chissà dove, urlarle contro il rimorso per aver lasciato morire Beth, quei suoi occhi affilati eppure tristi e velati di malinconia: c’è tanto nella mente di Daryl, eppure nessuno è stato mai in grado di leggervi dentro. Nessuno, ad esclusione di Carol.
Michonne sospira, improvvisamente malinconica al pensiero che, in questo momento, Rick avrebbe saputo aiutarla, darle un consiglio: l’avrebbe sicuramente fatta ragionare, ed avrebbe fatto di tutto per fare in modo che Alisia rimanga lì, con loro.
Se Daryl ci ha visto qualcosa, sicuramente c’è da fidarsi. E allora perché continua ad essere sulla difensiva? Perché non riesce a sciogliersi da questo stato d’animo combattivo? Perché sente che questa ragazza nasconda qualcosa?
- Mamma…- la voce candida di Judith la riporta subito alla realtà. Michonne sorride e si volta a guardare la bambina.
Ha il suo sorriso.
- E tu che ci fai qui? Dovresti essere a casa con tuo fratello.
- C’è Rosita, con lui.
- Torna a casa, Judith.
- Tu che stai facendo?
Michonne sospira, voltandosi di nuovo verso Daryl e Alisia: si stanno stringendo la mano.
- Non ti piace, vero? – domanda Judith, incrociando le braccia ed osservando la madre con un sopracciglio alzato.
- Non mi fido di lei.
- Zio Daryl però si fida.
- Può anche sbagliarsi.
- Lui non sbaglia mai.
Michonne sospira ancora, osservando sua figlia con ironia. – Ah no?
Judith scuote la testa. – Perché non ti fidi di lei?
- Non sono cose che ti riguardano.
- Sì invece.
- Judith…ascoltami… - Michonne si piega sulle ginocchia, poggiando le mani sulle spalle della bambina e guardandola dritta negli occhi. – Ci sono cose di cui i bambini non dovrebbero preoccuparsi. Alisia è una di queste.
Judith sospira, per poi guardare sua madre dritta negli occhi. – Ti prego, mamma. Non mandarla via.
Michonne abbassa la testa, per poi sospirare ed osservare nuovamente sua figlia.
- Perché lo vuoi così tanto, Judith?
- Perché è sola. Ed io mi fido di lei.
Ha i suoi occhi: stessa determinazione, stesso coraggio, stessa dolcezza.
- D’accordo, Judith. Darò ad Alisia una possibilità. Ma dovrà comportarsi bene, ed ascoltare ciò che le viene detto. Ma avrò bisogno di una mano. Che ne dici…?
Judith sorride, annuisce ed abbraccia la madre con dolcezza. – Ti aiuterò io, mamma.

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