No-One but You

di masquerade930
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A kind of magic ***
Capitolo 2: *** Is this the real life? Is this just fantasy? ***
Capitolo 3: *** As it began ***
Capitolo 4: *** Look up to the skies and see ***
Capitolo 5: *** Carry on as if nothing really matters ***
Capitolo 6: *** You don't know what it means to me ***
Capitolo 7: *** I'm going slightly mad ***
Capitolo 8: *** Incredible how I can see right through you ***
Capitolo 9: *** Lonely as a whisper on a star chase ***
Capitolo 10: *** With the dreams of the world in the palm of your hand ***
Capitolo 11: *** You're the best friend that I ever had ***
Capitolo 12: *** I'm happy at home ***
Capitolo 13: *** I’m a shooting star leaping through the sky ***
Capitolo 14: *** I loved the footsteps that she made ***
Capitolo 15: *** The White Queen walks and the night grows pale ***
Capitolo 16: *** You have found her, now go and get her  ***
Capitolo 17: *** White Queen - pt. 1 ***
Capitolo 18: *** White Queen - pt. 2 ***
Capitolo 19: *** Just gimme, gimme, gimme, gimme fried chicken! ***



Capitolo 1
*** A kind of magic ***


Il suono del telefono risuonava con insistenza nella stanza silenziosa, ancora avvolta nell’oscurità, sebbene i primi raggi del sole cominciassero a filtrare dalle persiane delle finestre.
“Chi diavolo è che mi chiama a quest’ora accidenti?” Fu questo il primo pensiero che attraversò la mente di Rossella mentre ancora assonnata cercava di raggiungere, senza scendere dal letto, la cornetta del telefono attraverso le acrobazie più improbabili.
- Ehi Ross? Ross ci sei? Mi senti? -
- Ah Cecilia, sei tu..che succede? Sono appena le otto del mattino… - chiese stupita l’amica, mentre con un occhio ancora chiuso osservava l’orologio posizionato proprio di fronte a lei
- Notizia bomba mia cara, notizia bomba! Ci hanno prese!- urlò Cecilia dall’altra parte della cornetta
- Prese? Prese dove?- replicò Rossella
- Ma come dove? Ricordi il concorso per ricevere una borsa di studio per proseguire gli studi all’estero? - Rossella restò ammutolita e l’amica proseguì - l’abbiamo passato entrambe, e siamo anche ai primi posti della graduatoria! Questo significa che tra qualche mese saremo a Londra…non mi pare vero Ross, poter vivere nella stessa città dove appena quattro anni fa i Beatles fecero il loro ultimo concerto dal vivo sul tetto degli uffici della Apple Corps...è un sogno, è una specie di magia - Cecilia era più euforica che mai
- Ouch..sai che non ci speravo? È una bella notizia..oddio..sono parecchio agitata però..- disse Rossella con voce titubante
- Non c’è tempo per preoccuparsi Ross..oltretutto ti sto chiamando dalla cabina telefonica dell’università e sto finendo i gettoni del telefono, ma una notizia così non poteva aspettare. Passo da te più tardi per festeggiare -  e così dicendo agganciò bruscamente il telefono lasciando Rossella sola con i suoi pensieri, in un misto di paura e felicità.
Rossella e Cecilia erano migliori amiche, si conoscevano fin da quando erano nella pancia delle rispettive mamme; in pratica erano come due sorelle, inseparabili ma allo stesso molto diverse tra loro. Rossella era una persona razionale, posata ma al contempo socievole e sempre pronta ad aiutare gli altri; Cecilia era più esuberante e istintiva…ma questa apparente esuberanza era un’arma per mascherare la sua timidezza. Nemmeno gli studi le accomunavano: la prima era all’ultimo anno di Infermieristica, la seconda invece studiava musica al Conservatorio e frequentava l’Accademia. Tuttavia erano legate da una profonda amicizia.
I mesi precedenti la partenza passarono in un batter d’occhio con una Rossella preoccupata e una Cecilia euforica.
- Ross..ci siamo! - esclamò Cecilia guardando dal finestrino dell’aereo - guarda laggiù…non è il Tower Bridge quello? - proseguì la ragazza mentre gesticolava per indicare il punto preciso all’amica
- Si è proprio lui..ma cerca di stare calma e allacciati le cinture..le hostess sono già passate due volte a verificare che ti fossi sistemata per l’atterraggio - replicò Rossella senza scomporsi.
- Va bene mamma -  rispose con tono beffardo l'amica, e mentre grugnendo si allacciava le cinture, mille pensieri le attraversarono la mente..paure, sogni speranze che si sovrapponevano creando una gran confusione nella sua testa.
In un attimo l’aereo atterrò.
Chissà quali sorprese le avrebbe riservato quella città pensava tra sè, mentre il vento londinese le accarezzava i capelli e il rumore del motore dell’aereo, fermo sulla pista d’atterraggio e oramai distante, faceva da colonna sonora.
E le sorprese in effetti non si fecero attendere.

Intanto, su un altro aereo

- Ma sto pilota non sa proprio guidare! Ero appena riuscito ad assopirmi accidenti! - furono queste le parole pronunciate, o forse sarebbe meglio dire urlate, da un ragazzo a seguito dell’ennesimo scossone dell’aereo. Di certo era un tipo particolare: capelli nerissimi lisci che gli sfioravano le spalle, abiti bianchi stravaganti e smalto nero alle sole unghie della mano sinistra. Mentre continuava a lamentarsi ad alta voce, causando l’ira dei passeggeri, un ragazzo all’apparenza timido, vestito in maniera meno appariscente dell’amico e con lunghi capelli castani cercava di tranquillizzarlo
- Su Freddie, non fare tutto sto fracasso. Oramai siamo arrivati, dai un’occhiata dal finestrino...stiamo proprio sorvolando Londra. Ti saresti dovuto svegliare comunque di qui a poco... - e aggiunse - poi mi sa che hai il sonno un po’ troppo leggero..guarda quei due come dormono tranquilli nonostante le turbolenze in volo e soprattutto le tue urla.
Freddie si girò di scatto, sollevandosi per un secondo dal proprio sedile per poi ripiombarci su con le ginocchia - ma che carini - esclamò - formano proprio una bella coppia.
Due ragazzi dormivano pacificamente appoggiando l’uno la testa sulla spalla dell’altro.
Povero Brian - disse John, - certo che è proprio giallo…questa storia dell’epatite non ci voleva -
- Vedrai che si sistemerà tutto in un batter d’occhio - lo rassicurava Freddie cercando in qualche modo di autoconvincere anche se stesso che le cose sarebbero tornate alla normalità di lì a poco.
Allacciate le cinture, sta per iniziare la fase di atterraggio.
- Ehi Roger! Roger mi senti? - sussurrò Freddie. L’amico però sembrava voler restare nel mondo nei sogni. - Roger! - esclamò Freddie alzando leggermente il tono di voce ma cercando di fare il possibile per non svegliare Brian. Questa volta finalmente l’amico aveva sentito; Roger con tutta calma si stiracchiò, si passò una mano tra i soffici capelli biondi e aprì infine i sui magnifici occhi azzurri - Ma che succede? Perchè mi avete svegliato? - disse infine con voce assonnata
- Stiamo per atterrare..bisogna allacciarsi le cinture -  gli disse Freddie; Rog però continuava a guardarlo con aria interrogativa
- Insomma ci sei o ci fai?!? Non vedi Brian come dorme sereno? Finalmente sembra essere riuscito a tranquillizzarsi un po’... -
Roger si voltò verso l’amico; una cascata di riccioli scuri oscillava seguendo i movimenti dell’aereo. Che tenero, pensò tra sè; alcuni boccoli gli coprivano parzialmente il viso ma, nonostante questo, riusciva comunque a scorgere i lineamenti finalmente distesi di Brian.
- Mi dispiace svegliarlo in anticipo per una sciocchezza simile…allacciagli tu le cinture, e fai piano mi raccomando - proseguì Freddie. Il biondino sembrava essersi incantato a guardare l’amico..fu John a riportarlo alla realtà sfiorandogli la spalla con la mano; Roger si voltò verso i due amici, aveva gli occhi lucidi e un’espressione indecifrabile - certo ho capito, provvedo subito..-  e così facendo gli allacciò le cinture mettendoci tutta l'attenzione e la delicatezza possibili per non svegliare il poveretto.
Dopo un quarto d’ora l’aereo era fermo sulla pista; - Bri, è ora di svegliarsi..siamo arrivati - sussurrò Roger all’orecchio dell’amico.

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Capitolo 2
*** Is this the real life? Is this just fantasy? ***


- Oddio..siamo a Heathrow, ti rendi conto Ross? Questa è la vita vera? O è solo fantasia? -  Cecilia sembrava in trance...seguiva Rossella in silenzio bloccandosi di tanto in tanto per fermarsi a guardare semplici scene di quotidiana vita aeroportuale ma che in quel momento le riempivano il cuore di emozioni: bambini che riabbracciavano la propria mamma ritornata da qualche trasferta lavorativa, piloti che rivedevano dopo lunghi viaggi le proprie fidanzate, addii in cui il tradizionale buona fortuna veniva sussurrato tra mille lacrime.
Rossella intanto era riuscita a raggiungere il nastro bagagli; “sì, deve essere questo” disse tra sé e sé..e aggiunse - mi raccomando Ceci, smettila di sognare ad occhi aperti e stai pronta ad afferrare la valigia- , - agli ordini capo! -  replicò Cecilia che iniziò a farsi largo tra gli altri passeggeri per avvicinarsi ulteriormente al nastro bagagli. In pochi minuti le due ragazze riuscirono a recuperare le rispettive valigie e si incamminarono verso l’uscita alla ricerca di un taxi.

- Ehi Brian, finalmente siamo a casa! Vedrai che ora in pochissimo tempo si sistemerà tutto - aggiunse John alzandosi dal proprio sedile e avvicinandosi all’amico ancora addormentato. Brian aprì faticosamente gli occhi... nonostante avesse dormito parecchie ore si sentiva stanchissimo, le gambe gli tremavano, il corpo sembrava ribellarsi alla sua volontà; ci mise tutto sé stesso per fingersi tranquillo e non allarmare ulteriormente i propri amici ma i suoi occhi nocciola esprimevano meglio di qualsiasi parola il suo stato d’animo. - Sto bene ragazzi, sto bene..sono solo un po’ stanco - e così dicendo tentò di alzarsi; era quasi riuscito a mettersi in piedi quando improvvisamente non sentì più le gambe. Roger e John che gli erano accanto lo afferrarono al volo - è stato solo un capogiro, ce la posso fare da solo, davvero... -  tentò di giustificarsi con un filo di voce - ma neanche per idea! - ribatterono Roger e John all’unisono e il biondino proseguì - non voglio mica avere un chitarrista sulla coscienza io? vedrai che all’ospedale ti daranno qualcosa che ti farà sentire immediatamente meglio ma fino ad allora, per tua disgrazia, sei nelle nostre mani - concludendo il suo sermone con un sorriso beffardo ma allo stesso tempo pieno di affetto.
- Roger ha ragione, non voglio mica rovinarmi la carriera per omissione di soccorso -  aggiunse Freddie con tono ironico. Il poveretto fece un sorriso tirato ma allo stesso tempo sincero in segno di gratitudine e i quattro si incamminarono così verso l’uscita dell’aereo. Una volta arrivati in aeroporto Fred iniziò a dare disposizioni su come dividersi i compiti  - io, John e Brian ci incamminiamo lentamente verso l’uscita, tu Rog corri a recuperare i bagagli e raggiungici il prima possibile. Ti aspettiamo al negozio di dischi, poco prima dell’uscita 7. 
Neanche il tempo di finire la frase che Roger iniziò a correre verso il nastro trasportatore; i suoi capelli biondi rimbalzavano soffici sulle spalle mentre i movimenti affannosi delle braccia gli sollevavano il già corto giubbotto di pelle, andandogli così a scoprire ad intermittenza parte della sua bianca schiena destando l’interesse delle ragazze presenti.
I tre intanto avevano raggiunto faticosamente il negozio di dischi e si erano fermati a contemplare la vetrina  - vedrete compagni, tra qualche mese ci saremo noi in questa vetrina...e non saremo semplicemente un gruppo famoso, ma una vera e propria leggenda, ve lo prometto - Freddie stava ragionando ad alta voce sul futuro della band quando fu interrotto da un trafelato Roger - Eccomi, ho recuperato tutto. Freddie che diavolo hai messo dentro alla valigia, pesa più delle altre tre messe insieme - 
- Non c’è tempo per lamentarsi, caro batterista, e poi mi sono semplicemente portato dietro tutto ciò di cui necessita una vera star -  ribattè il cantante atteggiandosi da prima donna: - meglio lasciar perdere, piuttosto incamminiamoci verso la stazione dei taxi - disse sconsolato Roger.

- Come diavolo è possibile che non ci sia nemmeno un taxi! Siamo nel più grande aeroporto di Londra, dove sono finiti tutti! - urlò Freddie con voce stridula - e ci sono pure tre persone in attesa..ma che caspita sta succedendo qui?!? -
Nel sentire queste parole Cecilia, che nell’attesa si era seduta a cavalcioni della sua gigantesca valigia, e Rossella, che era in piedi accanto all’amica, si voltarono simultaneamente. Un ragazzo vestito in total white, truccato in viso e dai capelli nero corvino si stava lamentando gesticolando in maniera molto teatrale seguito da tre ragazzi; uno portava un cappello nero un po’ storto da un lato che metteva in risalto i suoi capelli biondi, un altro aveva dei lunghi capelli castani e una giacca beige dalla quale spuntava una buffa camicia scozzese mentre il terzo... - Ross, ma quel ragazzo non sta affatto bene, guarda com’è giallo! Che cos’ha? - esclamò preoccupata Cecilia.
- In primis non urlare, anche se parli in italiano il tuo tono di voce non è di certo rassicurante per quel poveretto -  le fece notare l’amica, - oddio che figura, non ci avevo pensato! - rispose Cecilia coprendosi la bocca con la mano - ma che cos’ha? tu lo sai? -  aggiunse in maniera apprensiva - credo sia epatite.. anzi, ne sono praticamente certa - rispose con estrema tranquillità Rossella. Il terzo ragazzo era vestito totalmente di nero e portava un grande cappello, anch’esso nero, dal quale spuntavano bellissimi boccoli scuri; era molto magro e, nonostante fosse leggermente incurvato per farsi sorreggere dai due compagni, era il più alto di tutti.
Nel frattempo i ragazzi, capeggiati da Freddie, si erano avvicinati alle due ragazze. Entrambe avevano da poco compiuto ventiquattro anni; Rossella era piuttosto alta, capelli castano chiaro lisci che le coprivano praticamente tutta la schiena, occhi scuri leggermente a mandorla e vestiti sportivi, Cecilia era più bassa, probabilmente non arrivava al metro e sessantacinque, ma era molto ben proporzionata, vestiva in maniera un po’ dandy, aveva dei grandi occhi verdi e una cascata di morbidi boccoli castano scuro che le arrivavano quasi a metà schiena.
Vedendo i ragazzi avvicinarsi a loro, Cecilia, che spesso reagiva in maniera impulsiva, balzò nervosamente in piedi.
 

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Capitolo 3
*** As it began ***


Cecilia, istintivamente, fece un passo nella direzione dei quattro giovani e prima che Freddie potesse aprire bocca disse - Ho sentito che ti lamentavi per i taxi. Purtroppo prima di noi c’era una numerosissima comitiva di turisti…vista però la precaria condizione in cui vi trovate passate pure davanti a noi, non c’è alcun problema - concludendo la frase con un sorriso. Freddie la stava ringraziando per la comprensione quando fu interrotto da Brian che, guardandola negli occhi con uno sguardo da cane bastonato, sussurrò - ti ringrazio molto per la disponibilità, ma non è il caso…non sto poi così male -  il poveretto riuscì a malapena a concludere la frase che iniziò a tossire bruscamente. - In ogni caso noi non abbiamo alcuna fretta - disse lei poggiandogli delicatamente una mano sul braccio e sfoderando il suo sorriso migliore - anzi… c’è un piacevole venticello qui quindi vi cediamo più che volentieri il posto, non è vero Ross? - l’amica annuì e sorrise; - visto che insisti.. accetto volentieri - replicò Brian con un tono di voce sempre più debole e aggiunse - comunque piacere, io son… - il chitarrista non fece in tempo a finire la frase che fu sopraffatto dalle voci di altri due ragazzi - grazie anche da parte nostra! Siete davvero gentili ragazze! - un ammiccante Roger e un imbarazzato John si intromisero tra i due; Brian, dal canto suo, schiuse le labbra come per voler dire qualcosa, ma qualche istante dopo scosse lievemente la testa facendo rimbalzare i suoi riccioli scuri e, morendosi tristemente il labbro inferiore, abbassò il capo. Cecilia notò che sia lo sguardo di Rossella sia quello di Freddie erano altrove; la prima si era imbambolata a guardare il ragazzo dai lunghi capelli castani mentre il secondo stava fissando un tizio vestito di tutto punto con valigetta ventiquattr’ore e un giornale di economia e finanza sotto il braccio che li precedeva nella corsa al taxi. A dire il vero anche John si comportava in maniera strana, il suo sguardo continuava a rimbalzare da Rossella al marciapiedi; “qui gatta ci cova” pensò tra sé e sé la ragazza. Non ebbe il tempo di riflettere che la sua attenzione fu catalizzata nuovamente da Brian che, nonostante stesse letteralmente sudando freddo dalla fatica, tentò di ripresentarsi - dicevo, mi chiamo Br..-  ma il chitarrista venne nuovamente interrotto.
- Accidenti, certo che certa gente è proprio maleducata - sbottò improvvisamente Freddie, andando a coprire per la seconda volta la voce dell’amico; allo sguardo sconsolato di Brian, Cecilia rispose con un sorriso sincero e una lieve alzata di spalle ai quali seguirono uno scambio di occhiate complici e divertite. La ragazza, intuendo quello che stava per accadere, raggiunse in tre saltelli il cantante
- Ehi che succede? - chiese al ragazzo inclinando lievemente la testa da un lato
- Nulla mia cara, stavo constatando come certe persone siano degli emeriti st… -
- Basta Freddie non dire altro -  un imbarazzatissimo John irruppe nel bel mezzo dello sproloquio chiedendo mille volte scusa al tizio in giacca e cravatta dopo di che spiegò la precaria condizione di salute di Brian, del fatto che si era beccato l’epatite a seguito di una vaccinazione e che erano reduci da un lungo viaggio; parlò per almeno cinque minuti senza fermarsi e una volta illustrata la situazione tutto ciò che si sentì rispondere dall’arrogante uomo d’affari  fu - mi spiace per il vostro amico, ma io ho delle faccende ben più importanti da sbrigare che non pensare alla salute di uno stupido capellone -
Freddie iniziò a insultare pesantemente l’uomo, sfogando tutta la rabbia e la tensione che aveva accumulato nei giorni passati; John tentò di calmare il cantante il quale, per tutta risposta, lo allontanò spingendolo piuttosto vigorosamente indietro; il poveraccio si inciampò nella valigia di Cecilia e in un istante si ritrovò seduto a terra.
Rossella si precipitò immediatamente da lui chiedendogli se stesse bene; John arrossì in volto e annuì con la testa ma quando fece per alzarsi si accorse di essersi fatto male ad una mano. - Se ti fidi posso darci un’occhiata - disse timidamente la ragazza e proseguì - sai, sono all’ultimo anno di infermieristica - John naturalmente, seppur imbarazzatissimo, l’assecondò. Rossella afferrò delicatamente la mano del ragazzo, gli chiese di muovere singolarmente le dita, per verificare che non ci fossero fratture, e poi iniziò a tastargliela tutta chiedendogli ogni due per tre se nel punto in cui lo toccava aveva male. Notò che sui polpastrelli delle dita vi erano dei piccoli calli; glieli sfiorò delicatamente e sorridendo lo guardò dritto negli occhi facendo così avvampare le gote del ragazzo e chiese - sei un musicista vero? - John sgranò gli occhi stupito mentre la ragazza continuò - potresti suonare uno strumento ad arco, tipo il violino o il violoncello, però…- la ragazza si interruppe un istante - no, non mi sembri il tipo da violino disse ridacchiando - John dal canto suo sembrava più confuso che mai - suoni sicuramente la chitarra…o il basso. Ho indovinato? - chiese divertita Rossella. Il ragazzo strabuzzò gli occhi - effettivamente suono il basso, ma…com’è possibile che tra le mille professioni che ci sono al mondo… -
- I calli sulla punta delle dita non lasciano dubbi - lo interruppe sorridente la ragazza, poi sai suono anche io il basso, a livello dilettantistico, ma mi piace molto la musica e, appena ho tempo, mi diverto a strimpellare qualche strumento -
John ne rimase profondamente affascinato “una ragazza così simpatica e alla mano, con degli interessi non comuni così diversi tra loro” pensava tra sé mentre Rossella allungò le mani verso il ragazzo - Vedi? Anche io ho dei piccoli calli, non pronunciati come i tuoi ma l’origine è la stessa - il bassista, riportato alla realtà dalla voce della ragazza, sfiorò con le sue dita i polpastrelli della ragazza e sorrise.

Nel frattempo Cecilia non si dava pace “non può finire così, non può..non è giusto!” pensava tra sé e sé; se c’era una cosa che le aveva sempre dato fastidio era la prepotenza esercitata sui più deboli. La ragazza cercò di contare fino a dieci ma arrivata al sette si avvicinò a Freddie facendogli segno si smettere; il cantante, non capendo cosa volesse, si interruppe un attimo e la ragazza, approfittando del silenzio, con un’espressione impassibile e una calma non comune iniziò un lungo discorso nel tentativo di convincere l’uomo a cedere il posto ai quattro ragazzi. L’uomo la guardava sbigottita, come del resto tutti gli altri. Era riuscita anche ad interrompere la conversazione tra Rossella e John. L’unico ad avere in volto un’espressione da duro era Roger che decise di affidare Brian a Freddie per andare ad affiancare la ragazza lanciandole, una volta raggiunta, un’occhiata di approvazione; Cecilia, supportata dal biondino, continuò il suo discorso quando fu bruscamente interrotta - stupida ragazzina, smettila di darmi noia! - urlò seccato l’uomo.
La ragazza non si mosse di un millimetro e Roger intervenne all’istante minacciando di chiamare la polizia; dopo pochi istanti l’uomo sbraitò contro entrambi,  afferrò la sua valigetta ventiquattr’ore e se ne andò accompagnato da un lunghissimo e sonorissimo “fuck offfffff” da parte di Freddie.
Con la sua ennesima sbottata Freddie riuscì a strappare un sorriso a Brian; Rossella e John si guardarono reciprocamente e anch’essi sorrisero compiaciuti. Cecilia invece era come paralizzata “come diavolo ho fatto a dire tutto quello che pensavo al primo colpo, senza esitazione, senza alzare la voce? Non è da me..” pensava tra sé; mentre era assorta nei suoi pensieri improvvisamente si sentì afferrare la vita da due braccia robuste e poco dopo si ritrovò sospesa nel vuoto sorretta da un ragazzo che aveva appena conosciuto che saltellava con lei in braccio gridando - Evviva, l’hai fatto scappare! Grandissima! -  Roger era a dir poco euforico, continuava a saltare abbracciando la ragazza, mentre Freddie guardava divertito la scena.
Cecilia però si accorse di non riuscire a gioire come il ragazzo; certo era contentissima di essere riuscita a far scappare quel tizio ma i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da Brian il quale, dal canto suo, continuava a fissare il marciapiedi quasi come se volesse evitare di assistere allo spettacolo improvvisato del batterista.
- Ora basta ti prego, mettimi giù..mi sta venendo il mal di mare! - Cecilia supplicò Roger di farla scendere; naturalmente il biondino non eseguì l’ordine al primo colpo ma continuò a saltellare con la ragazza in braccio; si decise a posare la ragazza solamente alla sua terza implorante richiesta.
Freddie stava per iniziare le presentazioni ufficiali quando notò un taxi in lontananza.
- Ragazze, il taxi sarà qui in un minuto quindi sarò brevissimo. Oggi avete avuto la fortuna di conoscere quella che a breve diventerà una band leggendaria, noi siamo i Queen; io sono Freddie, il cantante, poi abbiamo il bravo ragazzo del gruppo al basso, ossia John, alla batteria non può che esserci il provocante Roger mentre alla chitarra il nostro “lemon boy” ovvero Brian. - E voi, come vi chiamate? -
- Io mi chiamo Rossella mentre lei è..-  la ragazza lasciò la frase volutamente in sospeso certa che l’amica sarebbe intervenuta con il suo solito fare energico a completarla, ma Cecilia sembrava in un’altra dimensione - dicevo, lei è ..-  e diede uno scappellotto all’amica che tornò quindi alla realtà - oh scusatemi mi ero distratta un attimo, io sono Cecilia, piacere! -
Nel frattempo il taxi aveva raggiunto il gruppo; iniziò quindi la fase dei saluti. Freddie fu il primo a salire in macchina e si sedette accanto all’autista, non prima di invitare le ragazze ai prossimi concerti - non sappiamo ancora quando riprenderemo a suonare in giro, dipende tutto dalla convalescenza di Brian; in ogni caso ci farebbe molto piacere avervi tra il pubblico -
Roger aiutò il taxista a caricare i bagagli dopo di che salutò le ragazze abbracciandole contemporaneamente; i suoi capelli biondi andarono ad accarezzare la guancia destra di Cecilia mentre i lunghi capelli di Rossella si impigliarono nella zip del giubbotto di pelle del ragazzo; - ora così sei costretta a venire con noi -  disse Roger con fare provocante facendo l’occhiolino alla ragazza.
- Roger, smettila di fare il cascamorto - intervenne con tono seccato John, lasciando così Brian da solo e aggiunse - piuttosto aiutala a liberarsi dalla tua zip -
- Perché non ci provi tu? ogni volta che tento di fare qualsiasi movimento le tiro i capelli.. -  replicò il biondino strizzando l’occhio al bassista il quale, imbarazzatissimo, cercò di liberare la malcapitata dalle mani e dalla zip di Roger. Cecilia guardava divertita la scena quando improvvisamente si sentì afferrare dolcemente il polso da lunghe dita affusolate; un Brian sofferente, oramai ai limiti delle forze, le si avvicinò e, recuperando le ultime energie rimaste le sussurrò - Grazie, grazie di tutto davvero -  e non staccando gli occhi da quelli della ragazza proseguì - mi farebbe molto piacere se venissi a sentirci suon.. - ma fu interrotto per la terza volta.
- Accidenti ma che state combinando, muovetevi a salire in macchina! -  urlò Freddie riportando tutti alla realtà.
Brian alzò gli occhi al cielo e Cecilia, sorridendogli, si liberò dalla debole presa del chitarrista per poi prendergli la mano e stringerla tra le sue - grazie per l’invito, verrò sicuramente -  un sorriso apparve sul suo volto stanco del ragazzo.
- Mi dai una mano ad accompagnare Brian in macchina? -  domandò Roger a Cecilia con tono divertito - certo, non sono molto robusta ma farò del mio meglio - rispose la ragazza voltandosi verso il batterista; il biondino nel frattempo si era sfilato il giubbotto di pelle rimanendo in camicia. Non si trattava di una camicia classica; il tessuto era lucido, forse raso o seta, e decorato con colorati arabeschi. La scollatura, parecchio pronunciata, e i primi bottoni, volutamente aperti, mettevano in bella mostra il petto del ragazzo; il fatto poi che fosse piuttosto attillata, metteva ulteriormente in risalto i muscoli del giovane. - Ma che diavolo ci fai in camicia, sei impazzito? Vuoi farti ricoverare anche tu assieme a Brian? siamo a settembre e siamo a Londra, mica a Barcellona.. fa decisamente freddo! - disse sconvolta la ragazza
- Sei molto carina a preoccuparti per me ma stai tranquilla baby, è tutto sotto controllo..poi ogni volta che mi muovevo la tua amica si lamentava perché le tiravo i capelli, così ho risolto il problema alla radice - replicò Roger con un sorriso ed uno sguardo ammiccanti
- Ho capito… dai accompagniamo Brian al taxi - rispose sconsolata ma allo stesso tempo divertita la ragazza. Il chitarrista si aggrappò con un braccio al collo di Roger e con l’altro si appoggiò alla spalla di Cecilia; quest’ultima sentiva premere sulla propria pelle le magre dita della mano di Brian, riusciva addirittura a sentirne il calore “che sensazione strana, pensava tra sé..”. Fu una sensazione breve; in pochi passi infatti i tre raggiunsero la portiera della macchina. Roger le rinnovò l’invito ai concerti ed entrò in macchina, Brian lo seguì ma prima di sedersi in macchina si voltò verso la ragazza, le afferrò nuovamente il polso e la guardò ancora una volta con quegli occhioni nocciola pieni di sconforto, in quanto era assolutamente consapevole del triste periodo che l’avrebbe atteso; Cecilia tutto questo lo percepiva molto bene e le riempiva il cuore di tristezza - sono felice di averti conosciuta, grazie di tutto -  disse infine stringendole le dita della mano con tutta la forza che gli era rimasta, la ragazza ricambiò la stretta e, con un sorriso dal quale traspariva, nonostante gli sforzi, un po’ di tristezza tentò di rincuorare un’ultima volta il chitarrista  - coraggio, rimettiti presto…non vedo l’ora di vedervi tutti e quattro in azione sul palco -
Nel frattempo John era finalmente riuscito a liberare Rossella dal molesto giubbotto di Roger, non senza attimi di imbarazzo: più volte infatti i due si erano sfiorati inavvertitamente le mani, e all’innocente contatto le loro gote erano diventate improvvisamente rosse; il tutto sotto lo sguardo sconsolato di Freddie. I due raggiunsero così Brian e Cecilia; il primo, dopo un’ultima stretta alle affusolate dita della ragazza, si sedette faticosamente in macchina aiutato da John che, pochi istanti dopo, sprofondò nell’ultimo posto rimasto libero accanto all’amico; un “a presto” collettivo mise fine a questo bizzarro incontro, la portiera dell’auto si chiuse e il taxi incominciò la sua corsa verso l’ospedale perdendosi, di lì a poco, nella nebbia londinese.

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Capitolo 4
*** Look up to the skies and see ***


- Non essere triste Ceci, è solo un arrivederci! - disse Rossella cercando di consolare l’amica
- Non sono triste, è solo…è solo che odio gli addii, ecco tutto - rispose Cecilia voltandosi verso la compagna d’avventura
- Innanzitutto non è un addio ma un arrivederci, in secondo luogo non sarai triste ma hai gli occhi lucidissimi.. ti conosco bene Ceci, non puoi mentire, almeno non a me - disse Rossella
- Quindi saprai anche che in questo momento non mi va di parlare - replicò l’amica
- Certo che lo so, ti voglio però dire che devi ritenerti fortunata ad aver conosciuto quei ragazzi - concluse Rossella; Cecilia la guardò con aria interrogativa, scosse il capo e si abbandonò ai suoi pensieri.
Il taxi non tardò ad arrivare; le due ragazze si sedettero nel sedile posteriore; Rossella era di buon umore, chiacchierava di voglia con il taxista, chiedendo informazioni sulla città, sui luoghi da visitare, sulle università, sulla vita notturna e su tutte le cose interessanti da fare a Londra. Cecilia invece guardava fuori dal finestrino, ma il suo sguardo era completamente assente; l’immagine degli occhi tristi di quel ragazzo era così vivida nella sua mente che non riusciva a pensare ad altro. Le due ragazze sembravano essersi scambiate i ruoli.
- Non ti sembra di esagerare? Hai l’opportunità di attraversare Londra in taxi, dovresti approfittarne! Non ti capiterà spesso di viaggiare per la città seduta comodamente sul sedile posteriore di un’auto sai? - con queste parole Rossella distolse l’amica dai suoi pensieri
- Forse hai ragione - rispose l’amica con un piccolo sorriso; all’immagine di Brian si sostituirono così Piccadilly Circus, la maestosa Regent Street, il Tower Bridge…il taxi percorreva lunghi viali alberati sui quali si affacciavano le tipiche case inglesi fatte di mattoni e dalle quali spiccavano i tradizionali bowindow. Poco a poco l’auto rallentò fino a fermarsi - eccoci arrivati - disse infine il taxista; le due ragazze lo ringraziarono e scesero dalla macchina che riprese immediatamente la sua corsa.
- Che meraviglia! - esclamarono all’unisono le due amiche; un’elegante casa in tipico stile neoclassico inglese svettava davanti ai loro occhi; il portone, in legno scuro, era incorniciato da due maestose colonne in pietra a base circolare sulle quali poggiava una trabeazione ricca di decorazioni sormontata da un timpano.
- Wow, sembra una casa costruita da John Nash! - esclamò sbalordita Cecilia
- Da chi scusa? - chiese stupita l’amica
- Per caso ti ho mandata in confusione pronunciando il nome John? - ribatté ridacchiando Cecilia e proseguì - comunque era l’architetto di corte di Giorgio IV, nulla a che vedere con il ragazzo dai lunghi capelli castani -
- Oh adesso smettila.. certo è un ragazzo molto carino, ma nulla più di questo -  intervenne Rossella, - Come voi tu, ma sappi che anch’io ti conosco bene e quello sguardo così sognante l’ho visto poche volte sul tuo viso mia cara…in ogni caso direi che ci conviene entrare, il cielo si sta incupendo e ho anche già sentito cadere qualche goccia - disse Cecilia mentre afferrava la valigia
- Hai ragione, il tempo sta peggiorando a vista d’occhio. Avanti, entriamo…l’appartamento è al quarto piano - rispose Rossella.
Il palazzo era molto ben tenuto e, nonostante non fosse proprio in pieno centro, presentava delle ricche decorazioni; aveva un aspetto molto austero, forse un po’ troppo per due giovani studentesse che decidono di proseguire gli studi all’estero, ad ogni modo le ragazze sembravano molto soddisfatte. - Eccoci finalmente arrivate al piano - disse Rossella aprendo la porta dell’ascensore; le ragazze, una volta uscite, si trovarono in un pianerottolo piuttosto ampio con tre porte - il nostro appartamento è quello - proseguì Rossella indicando la porta alla loro sinistra - allora non perdiamo tempo, entriamo! Sono proprio curiosa di vedere com’è dentro! - disse Cecilia.

 

- Può strattonare di meno per favore? ogni volta che frena la cintura di sicurezza mi stropiccia la giacca! - così Freddie si stava lamentando con il malcapitato autista che, con tono dispiaciuto, tentava di giustificarsi facendo notare al cantante la grande confusione dovuta all’ora di punta.
Mentre nei sedili anteriori del taxi si discuteva del traffico cittadino, nel sedile posteriore si respirava un’aria completamente diversa; Roger cercava di consolare Brian, parecchio depresso, mentre John guardava sorridente fuori dal finestrino.
- Come mai questo sorriso soddisfatto Deacy? - chiese Roger
- Nulla, semplicemente l’incontro di poco fa mi ha fatto decisamente bene - rispose John
- A me invece ha fatto esattamente l’effetto opposto -  intervenne con tono mesto Brian
- E perché scusa? - chiese John con fare stupito
- E me lo chiedi pure? Sai bene la difficoltà che ho nel relazionarmi con le ragazze, nel trovarne una che mi attragga anche a livello intellettuale e che riesca a catturare la mia attenzione - quando fu bruscamente interrotto da Roger
- Sì Brian, sappiamo quanto tu sia impacciato con le ragazze, anzi…direi che sei senza speranze! Non fosse che l’anno scorso hai avuto una breve storia con una ragazza penserei che tu sia asessuato, oppure un prete -  e proseguì - Io invece per non sbagliare me le faccio tutte…che studino medicina o lavorino in un pub -
- Sai bene quanto disapprovo questo atteggiamento - replicò con tono severo il chitarrista
- Oh Cristo santo, sei più noioso di mia madre! - sbuffò Roger
John si intromise tra i due
- Bri, so che sei una persona seria e matura in tutto, comprese le relazioni interpersonali…ma c’è qualcosa che mi sfugge. Perché sei triste? -
Il chitarrista si girò verso l’amico; il bassista non poté non notare gli occhi lucidi di Brian
- Ho appena conosciuto una ragazza che mi pare interessante e l’ho già persa… -
- Oh ma oltre ad essere palloso sei pure depresso. Perché persa? - intervenne Roger
- Beh, sto per essere rinchiuso in un ospedale chissà per quanto tempo, prima di poter salire nuovamente su un palco mi ci vorrà almeno un mese e mezzo...si ricorderanno ancora di noi? Non hanno nemmeno un nostro recapito. Certo sanno che ci chiamiamo Queen ma non…-
- Ed è qui che ti sbagli - lo interruppe John.
Il batterista e il chitarrista guardarono l’amico con aria stupita.
- Ecco oggi.. -  proseguì il bassista abbassando lo sguardo - oggi ho fatto una cosa che non è da me - Dopo di che si fermò a prendere fiato, quasi come a farsi coraggio
- Che hai combinato Deacy? - chiese Roger incuriosito
- Beh ecco, all’inizio ho dato solamente alcune informazioni a Rossella sui locali in cui di solito suoniamo… ma alla fin, ecco, alla fine…-
- Alla fine cosa? - incalzò il batterista con un sorriso sornione
- Alla fine… - riprese il bassista - alla fine le ho dato il nostro numero di telefono - disse tutto d’un fiato.
- Wohooo, hai capito il Deacy!?! -  strillò Roger mentre il volto di Brian improvvisamente si illuminò
- E tu hai un loro contatto? - chiese speranzoso il chitarrista
- Ovvio caro il mio lemon boy - disse John appoggiando affettuosamente una mano sulla testa del chitarrista scompigliandogli dolcemente i capelli - ma tu devi promettermi una cosa - proseguì il bassista - cerca di rimetterti in sesto e non appena sarai in forma ti darò il loro numero. In realtà volevo farti una sorpresa più avanti ma vedendoti così depresso ho pensato di dirtelo fin da ora -
- Non puoi darmelo subito? -  chiese Brian con fare ingenuo
- Ma ti è andato di volta il cervello? Vorrai mica chiamarle già stasera?! Da quand’è che ti comporti come Roger? - e proseguì -  Se davvero tieni a lei dai tempo al tempo e vedrai che tutto si sistemerà, te lo prometto - concluse John facendo l’occhiolino all’amico
- Grazie John, davvero -  gli occhi di Brian finalmente sorridevano.
- Ah, e così è questo che pensi di me eh? Ti ringrazio per la considerazione John - intervenne Roger con finto tono scocciato; i due iniziarono a punzecchiarsi reciprocamente fino a quando il cantante decise di intromettersi nella discussione
- Sembrate degli adolescenti in piena crisi ormonale. Adesso voglio capire meglio…Bri, cosa ti ha colpito di Cecilia? - chiese Freddie con tono serie
- Io non lo so. Forse quella spontaneità, quel fare un po’ ingenuo filtrato però dal suo carattere che mi pare invece piuttosto forte. Non abbiamo parlato molto e nonostante questo la sento molto vicina a me, forse siamo due persone empatiche -
- E fisicamente? - incalzò Freddie
- Beh ecco…il viso, incorniciato da quei magnifici boccoli scuri che mettono ancor più in risalto i suoi grandi occhi verdi. E le mani -
- Le mani? - si intromise Roger -
- Sì Rog, le mani… -
- E che cosa avrebbero di speciale le mani? -
- Semplici e affusolate, con le unghie corte…segno che è una persona che con le mani ci lavora -
- A me interesserebbe di più se lavorasse con la bocca -
- Cristo piantala - disse scocciato Brian
- Dico semplicemente quello che penso. Sai invece cos’ha colpito me?
- Non lo voglio sapere -
- Il suo fondoschiena perfetto. Un culo a mandolino che non vedevo da tempo -
- La vuoi piantare - disse il chitarrista buttando il capo all’indietro andando così ad appoggiarsi al poggiatesta
Roger però sembrò non sentirlo
- Una così me la farei al volo. Minuta ma tosta, mi piacerebbe provarla… -
- Sembra che parli di una macchina - commentò Brian spazientito, alzando gli occhi al cielo
- Scusa mammina -
- Ora basta Rog! - strillò Freddie e proseguì - e tu Deacon? -
- Io cosa? -
- Cosa ti ha colpito di Rossella? -
- Che vuoi dire Fred? -
- Lo sai benissimo -
- Beh ecco, la semplicità e la gentilezza -
- E fisicamente? -
- I lunghi capelli castani e quegli occhi scuri un po’ a mandorla -
- Le mani, i capelli…sembrate due nonnetti - sentenziò il batterista  - di Rossella invece mi hanno colpito le tette, saltano subito all’occhio - disse facendo l’occhiolino all’amico - però tra le due non c’è paragone, vince Cecilia alla grande, non solo fisicamente ma anche come carattere. Quindi, per concludere, mio caro Brian sei un buon gustaio -
Brian scosse la testa - io non riesco proprio a seguirli questi discorsi - e si perse nei suoi pensieri
John e Roger invece continuarono a punzecchiarsi finchè il taxi non raggiunse l’ospedale.
Una volta scesi dall’auto i quattro ragazzi si trovarono di fronte ad una grande struttura grigia in cemento armato; l’andamento della facciata era scandito da tante piccole identiche finestre, mentre al centro due grandi porte scorrevoli facevano da asse di simmetria. I giovani si avvicinarono timorosamente alle porte e, non appena si trovarono a due metri dai grandi vetri scorrevoli, questi si aprirono - coraggio ragazzi - disse Freddie dopo un lungo sospiro - dobbiamo entrare -
Prima di procedere però si voltò verso Brian. Il ragazzo aveva un’espressione davvero depressa; John strinse con un braccio la vita del chitarrista e gli sussurrò - Forza Bri, prima entri, prima guarisci…e una volta fuori di qui vedrai come ci divertiremo -
Anche Roger, dal canto suo, cercò di consolare l’amico - non guardarci in quel modo Brian, ti prometto che verremo a trovarti tutti i giorni…e chissà che nel frattempo non riesca a rubare il numero di telefono delle ragazze a John -
I tre ragazzi stavano cercando di rincuorare l’amico quando un’infermiera irruppe nella conversazione - scusatemi giovanotti, se dovete entrare, come d’altronde presumo viste le condizioni in cui si trova il vostro amico, vi prego di procedere altrimenti potreste gentilmente spostarvi dall’ingresso? Le porte scorrevoli non si chiudono se della gente vi sosta davanti -
Era una donna sulla cinquantina, piuttosto in carne, portava degli occhiali molto spessi e aveva i capelli raccolti in uno chignon; dall’aspetto sembrava una persona alquanto severa, ma il tono di voce utilizzato era molto cordiale.
- Ci scusi - disse John - comunque ha indovinato, dobbiamo proprio entrare -
- Allora vi prego di seguirmi - proseguì l’infermiera; in pochi secondi i ragazzi si trovarono  all’interno dell’ospedale.
Dopo aver sistemato la parte prettamente burocratica, Brian fu accompagnato nella sua stanza; era una camera doppia e un letto, quello vicino alla porta, era già occupato da un signore di mezza età mentre poco più in là, vicino alla finestra, un letto con una testiera in ferro e delle candide lenzuola aspettava il povero chitarrista.
- Hai visto come sei fortunato? Hai il letto con vista panoramica! - disse Freddie - così nei momenti di sconforto potrai guardare fuori dalla finestra e ti sentirai immediatamente libero - concluse il cantante
- Non mi sembra il momento di scherzare - intervenne John
- Ma io sono serissimo, davvero amico mio, nei momenti di difficoltà alza lo sguardo al cielo e vedrai! - replicò Freddie - appena entrato in camera sono rimasto affascinato dalla vista che c’è…è vero che si tratta di uno scorcio di città piuttosto industriale e che la finestra è parecchio piccola, ma mi piace molto, veramente! Se me lo concedi Bri, uno dei prossimi giorni vengo qui a fare un disegno dal vero -
- In effetti è piuttosto malinconica come vista -  constatò il chitarrista e proseguì - vieni pure quando vuoi, non può che farmi piacere - concludendo la frase con un sorriso.
I tre ragazzi aiutarono Brian a sistemarsi e decisero di rimanere con l’amico ancora per un po’, con la speranza di rendergli la permanenza in quel posto lugubre più piacevole.
Erano ormai le otto di sera quando un’infermiera, la stessa che li aveva accolti all’ingresso, entrò nella stanza - ragazzi, sono desolata ma ora dovete uscire… l’orario di visita è terminato -
Freddie, Roger e John salutarono affettuosamente l’amico e uscirono dalla stanza mentre Brian, dal canto suo, non tardò ad addormentarsi.

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Capitolo 5
*** Carry on as if nothing really matters ***


“Tre, due, uno..via!” facendo il conto alla rovescia le ragazze aprirono la porta del loro appartamento: un locale non particolarmente ampio ma piuttosto accogliente e luminoso apparve davanti ai loro occhi; sulla destra c’era una cucina a vista, mentre sulla sinistra due divani separati da un tavolino di cristallo creavano un piccolo angolo soggiorno che sia affacciava su un grande viale alberato. Una porta poi conduceva ad un disimpegno; da qui si poteva accedere ad un bagno e alle due camere, anch’esse piccole ma piuttosto gradevoli.
Una aveva le pareti azzurre ed era stata arredata utilizzando come colori principali il blu e il bianco; l’altra invece era principalmente bianca con degli imponenti tendaggi rossi che richiamavano le quinte teatrali ed altri accessori sempre in tono.
- Ti spiace se vado in quella azzurra? - chiese Rossella
- Certo! Poi lo sai che io amo il rosso…quindi affare fatto! - rispose sorridendo Cecilia.
Le due ragazze, spartitesi le stanze, iniziarono a sistemare le loro cose e, in un batter d’occhio, arrivò l’ora di cena. “Strano che Cecilia non sia ancora venuta a chiamarmi, solitamente è sempre affamata” pensò tra sé e sé Rossella “vorrà dire che approfitterò del momentaneo sfasamento dell’orologio biologico di Ceci per sistemare le ultime cose” e così dicendo riprese a riordinare i vestiti nell’armadio.
Passò un’altra ora, oramai erano le nove, ma di Cecilia nemmeno l’ombra. Insospettita Rossella si affacciò alla camera dell’amica
- Ehi, non hai fame? - chiese stupita la ragazza.
Cecilia era sul balcone che contemplava il panorama: all’orizzonte tante piccole luci brillavano vivaci nell’oscurità.
- Oh Ross, ti ringrazio ma questa sera non ho molta fame - rispose Cecilia con un tono di voce mesto
- Ohi ohi - intervenne Rossella - qui qualcosa non va: hai già piazzato sulla scrivania i carboncini, le matite e anche il foglio da disegno…questo significa che anziché mangiare questa sera disegnerai - e proseguì - ho sempre apprezzato il tuo modo di sfogarti, di esprimere i tuoi sentimenti. Fossi capace io a fare i disegni che fai tu! -
- Ma dai Ross, tu sai fare un sacco di altre cose…curi le persone, tiri di scherma, suoni il basso e ogni tanto mi aiuti a scrivere le canzoni, cosa vuoi di più!? Io mi limito a suonare il pianoforte, a strimpellare la chitarra, a comporre musica e a disegnare - rispose Cecilia sorridendole
- Eh no, hai dimenticato che io, a differenza tua, so anche cucinare - disse con tono di rimprovero l’amica
- In effetti… - ridacchiò Cecilia e proseguì - ma non è che non so cucinare, la verità è che non mi piace! -
- Lo so bene - l’interruppe l’amica  - le poche volte che ti sei messa ai fornelli hai fatto dei piatti deliziosi! E poi non è vero che non sai fare altro. Certo hai una predisposizione per le materie artistiche ma mi ricordo bene i tuoi voti al liceo, andavi avanti a colpi di nove e dieci in tutte le materie! Mi sono sempre chiesta come caspita facessi… eri sempre in giro a suonare! E se lo domandavano anche gli insegnanti! -
- Dai Ross, non esagerare…- intervenne Cecilia
- Non esagero affatto mia cara, non sai quanto ti invidiavo - ribatte Rossella e proseguì - ad ogni modo sei sicura di non voler mangiare nulla? -
- Sicura! - rispose Cecilia
- Allora ti lascio ai tuoi disegni, ci vediamo poi domani mattina alle 8 per la colazione - disse Rossella e aggiunse - mi raccomando non andare a dormire troppo tardi; oggi è stata una giornata molto pesante - e così dicendo uscì dalla stanza.

Erano passate da poco le due del mattino quando Rossella si alzò per andare in bagno; non appena raggiunse il disimpegno notò filtrare della luce da sotto la porta della camera di Cecilia. Cercando di fare il più piano possibile la ragazza aprì la porta della stanza e si affacciò; Cecilia era ancora seduta alla scrivania, con il walkman nelle orecchie, che disegnava. “Accidenti, quando si mette è proprio testarda!” pensò tra sé Rossella “chissà poi che diavolo starà disegnando. Conoscendola è meglio non immischiarsi e lasciarla stare” e così dicendo rientrò nella sua camera.
La mattina seguente Rossella stava già preparando la colazione quando Cecilia entrò nel soggiorno
- Oh, alla buon’ora! Buongiorno Ceci! - disse una radiosa Rossella
- Buongiorno a te - rispose con tutt’altro tono Cecilia e proseguì - ma come fai ad avere tutta quest’energia? io sto morendo di sonno -
- Forse perché io non disegno fino alle due di mattina? - replicò Rossella senza distogliere lo sguardo dal piano cottura
- Che ci posso fare, quando sento il bisogno di disegnare non riesco a fermarmi in nessun modo - disse con tono sconsolato l’amica
- A proposito…posso vedere il tuo capolavoro? -
Cecilia si svegliò improvvisamente
- Ehm Ross…è meglio di no -
- Dai, sono curiosa! - incalzò Rossella
- No davvero…è che, è che non mi è venuto poi così bene e allora…- tentò di giustificarsi Cecilia
- Poche storie - replicò Rossella avviandosi verso la stanza dell’amica
- No ti prego, fidati…domani ne farò uno più bello non…- disse con tono implorante Cecilia
- Secondo tentativo fallito - l’interruppe Rossella e proseguì - poi appena ti ho chiesto di vedere il disegno sei diventata tutta rossa, qui gatta ci cova -
I tentativi di Cecilia di bloccare l’amica furono vani. Quando Rossella raggiunse la scrivania dell’amica rimase come pietrificata; le uniche parole che uscirono dalla bocca della ragazza furono
- Oh mio dio! -
- Ecco, te l’avevo detto…- disse Cecilia
- Ceci, ma sono stupendi! - e proseguì - sei riuscita a cogliere tutta la tristezza e la malinconia di quel ragazzo! -
- Dici sul serio? - chiese stupita Cecilia
- Assolutamente! - esclamò Rossella mentre contemplava i due fogli da disegno.
Il primo più che un disegno vero e proprio era uno studio sugli occhi di Brian, disegnati più volte con espressioni e punti di vista differenti, il secondo aveva come protagonista sempre il chitarrista ma questa volta la ragazza aveva disegnato l’intero volto; il viso del ragazzo però era interrotto, poco dopo la metà, da una linea verticale nera, spessa e dai bordi nervosi, realizzata con il carboncino.
- Come mai hai deciso interrompere il volto? - chiese stupita Rossella
- Volevo dare l’idea di una maschera e poi - Cecilia si interruppe un attimo per poi riprendere con un tono di voce più cupo - e poi perché probabilmente non avrò più occasione di rivederlo, quindi volevo dare in qualche modo un significato di sospensione e interruzione anche al disegno -
- Speravo ti fosse passata la malinconia di ieri pomeriggio, evidentemente mi sbagliavo - disse con tono triste l’amica
- Tranquilla Ross, vedrai che a breve mi passerà. Lo sai il mio motto no? Vai avanti, vai avanti come se niente fosse… è questione di giorni, al massimo settimane vedrai -
- Sei strana, sai. Hai dato picche a quasi tutti i ragazzi che hanno provato ad avvicinarsi a te, li hai ignorati e rifiutati…ricordi, ti avevo anche soprannominata “la belle dame dans merci” - disse sorridendo l’amica - e adesso il tuo cuore di ghiaccio sembra si stia sciogliendo…per un ragazzo con cui hai trascorso a malapena dieci minuti. Cos’è successo Ceci? -
- Non lo so - rispose confusa l’amica - è una sensazione strana. So di avere allontanato quasi tutti i ragazzi che volevano conoscermi meglio, ma li sentivo distanti, non affini a me, superficiali…insomma, banali. Molti erano anche intimoriti dal mio modo di fare, così deciso e sicuro, almeno all’apparenza. Ieri dopo aver parlato con quei ragazzi mi sono sentita arricchita e incuriosita. Da tutti. Ognuno di loro era particolare e unico a suo modo. Poi ho incrociato lo sguardo di Brian…e sono sprofondata incuriosita nei suoi occhi. Non so spiegarti Ross, ho avuto immediatamente voglia di conoscerlo meglio -
- Non avrei voluto dirtelo, ma visto che sei così malinconica - disse Rossella
- Dirmi cosa? - l’interruppe stupita l’amica
- Ecco ieri - Rossella fece una breve pausa e proseguì - ieri…insomma, ieri John mi ha lasciato il suo numero di telefono -
- Che cosa? - strillò sorpresa l’amica
- E io gli ho dato il nostro - concluse Rossella con un sorriso
- Ma io ti adoro! Sei un genio! - disse Cecilia saltando al collo dell’amica
- Ehi ehi calmati! - Cecilia aveva le lacrime agli occhi dalla felicità.
- E posso avere il numero? - chiese facendo gli occhi dolci e imploranti all’amica
- Certo che no! Ti pare? Tu saresti così impulsiva da chiamarlo proprio ora; lasciamo passare qualche giorno e vediamo se si fanno vivi loro. Nel caso non sentissimo nessuno chiameremo noi, ma secondo me non ce ne sarà bisogno - rispose Rossella con un sorriso sornione
- Te l’ho già detto che ti adoro vero? - e così dicendo le due ragazze andarono a fare colazione.

Le giornate seguenti, per le due ragazze, passarono piuttosto velocemente.
Rossella aveva scoperto che l’ultimo anno di infermieristica in Inghilterra consisteva esclusivamente nel fare tirocinio in ospedale e che spesso, se lo staff medico rimaneva soddisfatto dal lavoro svolto dallo studente, a questo periodo di praticantato seguiva un’assunzione vera e propria, e questo la rendeva molto felice; Cecilia invece aveva iniziato a seguire i corsi all’Ealing Art College, una sorta di Accademia di belle arti, e alla Royal Academy of Music, dove studiava pianoforte e seguiva dei corsi di regia e composizione.
Entrambe erano riuscite a trovare un lavoretto part time in uno dei più lussuosi alberghi di Londra; questo era stato piuttosto facile in quanto la zia di Rossella dirigeva una delle più importanti catene alberghiere europee; Rossella si occupava del bar mentre Cecilia era alla reception. Per quest’ultima poter lavorare in questo albergo era stata una gran fortuna: nella sala ristorante infatti c’era uno splendido pianoforte gran coda nero, un Bechstein, sul quale la ragazza, avendo ricevuto il via libera dal direttore grazie ad una raccomandazione da parte della zia di Rossella, poteva esercitarsi.

La convalescenza di Brian intanto proseguiva senza difficoltà, anzi, vi erano già stati dei piccoli progressi. Tuttavia il ragazzo psicologicamente era a terra: essere costretto a letto in quel grigio ospedale lo abbatteva ogni giorno di più. Roger, pensando di aiutare l’amico, andava a trovarlo molto spesso portando ogni volta con sé una ragazza diversa, tutte piuttosto avvenenti; tuttavia questo non giovava affatto al chitarrista, il quale spesso rimaneva tutto il tempo immerso nei suoi pensieri mentre gli altri due finivano per flirtare tra loro, incuranti del poveretto. Altre volte invece le ragazze tentavano di imbastire dei discorsi con il convalescente che però si limitavano alla cucina, al tempo e al gossip; e questo per Brian era una vera e propria tortura.

Era passata da poco l’ora di pranzo e anche quel giorno Brian era appoggiato al davanzale della stanza con lo sguardo rivolto verso il mondo esterno che oramai gli sembrava così distante; fu John a riportare il ragazzo alla realtà.
- Come va oggi, lemon boy? Sei sempre meno giallo, tra poco non potrò più chiamarti con questo grazioso soprannome - disse il bassista sorridendo mentre appoggiava una mano sulla spalla di Brian, il quale voltandosi gli rispose con un sorriso e, poco dopo, si rimise a letto. Quel giorno il chitarrista sembrava distante; John ci aveva messo tutto il suo impegno per cercare di distrarlo ma non c’era verso di farlo parlare; il bassista si era ormai rassegnato quando, tutto d’un tratto, Brian ruppe il silenzio:
- John - chiese il chitarrista - sono trascorsi esattamente dieci giorni da quell’incontro all’aeroporto, si sono fatte vive le ragazze? -
John abbassò lo sguardo e scosse il capo; alla risposta negativa di Deacy seguirono altri minuti di silenzio fin quando quest’ultimo, vedendo Brian rannicchiato e con lo sguardo decise di rompere il silenzio
- Brian, alzati immediatamente - il chitarrista sobbalzò e guardò con aria interrogativa il compagno
- Capisci quello che ti dico o no? Alzati, forza! - ripeté deciso il bassista; Brian eseguì gli ordini - e ora seguimi - concluse John.
I due uscirono dalla stanza e si recarono nell’atrio. Era un locale piuttosto piccolo per la destinazione d’uso che gli era stata affidata; le pareti erano grigie e in parecchi punti scrostate, lungo il perimetro vi erano delle sedie imbottite alquanto malridotte, due tavolini con appoggiate un paio di riviste di moda e un distributore automatico di bevande e snack; in un angolo poi, appeso alla parete, c’era un telefono a gettoni. Il bassista attraversò questo triste locale con passo deciso fermandosi in corrispondenza dell’apparecchio telefonico
- Che hai intenzione di fare? - chiese Brian con fare sorpreso
- Mi pare ovvio - replicò Deacy facendogli l’occhiolino; al chitarrista si illuminò il volto.

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Capitolo 6
*** You don't know what it means to me ***


- Avanti, rispondete - disse John tra i denti mentre il telefono squillava inesorabilmente a vuoto
- Niente? - chiedeva intanto Brian mordendosi nervosamente il labbro inferiore
John stava per riagganciare quando una voce femminile ruppe la silenziosa attesa
- Pronto, chi parla? -
Il bassista trasalì.
- Ehm ciao, non so se ti ricordi di me…sono…sono John, sai, uno dei quattro ragazzi dell’aeroporto - disse balbettando il bassista
- Certo che mi ricordo! Come stai? - replicò con tono euforico la ragazza
- Ah, che bella notizia - disse John con voce impacciata mentre un sospiro di sollievo usciva dalla sua bocca e proseguì - Io sto bene, grazie. Perdonami ma non riesco a riconoscerti dalla voce, sei Cecilia o Rossella? -
- Indovina? - rispose decisa la ragazza; John lanciò un’occhiata a Brian confidando in un suggerimento, ma l’amico si limitò ad alzare le spalle
- Uhm…Cecilia? - disse alla fine il bassista
- Risposta errata, sono Rossella - replicò la ragazza
John diventò rosso come un peperone mentre Brian sorrideva divertito; il bassista tentò di giustificarsi
- Ti chiedo scusa, dal fare energico mi sembrava Cecilia -
- Vuoi forse dire che io sono una lagna? - disse con tono di rimprovero Rossella.
Il bassista, accortosi della gaffe che aveva appena fatto e preso alla sprovvista, rimase in silenzio; mille pensieri gli stavano attraversando la mente
- Ehi John, pronto? John ci sei? - chiese affannosamente la ragazza
- Ehm sì, ci sono… - rispose imbarazzatissimo il ragazzo
- Dai sto scherzando, mica te la sarai presa? -
- Chi? Io? No figurati, anzi… -John stava tentando di scusarsi quando fu interrotto da Rossella
- Piuttosto dimmi, come sta Brian? -
- Ti ho chiamata, anzi, vi ho chiamate proprio per questo. Perché uno dei prossimi giorni non venite a trovarlo? Domani ad esempio ci sarò sempre io a fargli compagnia in ospedale -
- Per me è perfetto, domani ho tirocinio alla mattina e poi sono libera - disse una radiosa Rossella
- Perfetto! Cecilia può? - chiese John rivolgendo lo sguardo verso quello di Brian; il ragazzo lo stava fissando con apprensione
- Ora è in accademia e non so se domani sia impegnata all’università o meno, in ogni caso per lei non è un dramma saltare una lezione - disse Rossella
- Siete davvero gentili! Sono sicuro che a Brian farà un sacco piacere rivedervi! - rispose John, e abbassando il tono di voce aggiunse - e anche a me…-
- Splendido! Allora a domani - disse la ragazza
- Non vedo l’ora! - rispose John.
Appena il bassista agganciò la cornetta, i commenti di Brian non si fecero attendere.
- Deacy, non ti facevo così intraprendente - disse sghignazzando il chitarrista
- Oh smettila Brian! E comunque l’ho fatto anche per te - rispose con finto tono seccato John
Punzecchiandosi reciprocamente i due si avviarono verso la stanza del chitarrista; erano quasi arrivati quando Brian si fermò di scatto e, girandosi verso l’amico esclamò
- Accidenti John! Non solo non le hai dato il numero della mia stanza ma non le hai nemmeno detto in che ospedale sono ricoverato! -
- Sono il solito imbecille! - disse John sconsolato coprendosi il volto con entrambe le mani.
I due ragazzi tornarono di corsa nella sala d’attesa, facendosi anche riprendere dalle infermiere per il rumore che stavano facendo.
John richiamò subito la ragazza che questa volta rispose dopo appena uno squillo.
- Ciao Rossella sono di nuovo io. Mi sono dimenticato di dirti in che ospedale si trova Brian e il numero della stanza - disse con tono affannoso il bassista.
Rossella per tutta risposta scoppiò a ridere aiutando così John a mettersi a proprio agio; la tensione iniziale si era definitivamente sciolta.
Terminata la chiamata, i due tornarono in stanza; il volto di Brian, nonostante la sofferenza per la malattia, sembrava finalmente sereno e aggiunse - Grazie John, davvero. Non sai cosa significhi per me quello che hai appena fatto -

Quello stesso pomeriggio Cecilia era a lezione all’università.
“Accidenti sono in ritardo!” pensava tra sé e sé la ragazza mentre correva in uno dei lunghi corridoi dell’accademia per raggiungere l’aula di disegno dal vero; una volta arrivata davanti all’aula la ragazza accostò l’orecchio alla porta “Maledizione! La lezione è già cominciata…e pensare che la pausa pranzo è finita da appena cinque minuti”.
La ragazza si fermò a prendere fiato “Coraggio Cecilia, devi entrare. Tre, due, uno…via!” e così dicendo spinse la pesante porta dell’aula
- Oh, a quanto pare la puntualità non è il punto forte degli italiani - una voce piuttosto stridula risuonò nella gigantesca stanza creando una sorta di eco
- Mi scusi - disse Cecilia avviandosi verso il fondo dell’aula.
Disegno dal vero era una delle materie più amate dalla ragazza, peccato che l’insegnante, una signora sulla cinquantina, dal naso arcuato e i capelli già brizzolati, fosse di un’antipatia disarmante; Cecilia stava percorrendo il lungo corridoio che tagliava l’aula a metà, quando vide in terz’ultima fila un cavalletto libero e decise di prendervi posto.
Aveva appena finito di sistemarsi quando qualcosa le colpì la schiena.
Si voltò di scatto e, poco distante dal suo sgabello, notò una gomma; si guardò attorno ma tutti sembravano concentratissimi a disegnare così poggiò la gomma sul suo cavalletto e si girò per proseguire il disegno; stava per appoggiare la matita sul foglio quando sentì chiamare il suo nome. Si girò nuovamente; dall’ultima fila un ragazzo si stava sbracciando da dietro un cavalletto; era Freddie. A Cecilia si illuminò il volto.
- Aspettami dopo lezione - bisbigliò il ragazzo facendole l’occhiolino; la ragazza gli sorrise entusiasta alzando il pollice e, così facendo, si mise a disegnare. In quel momento Cecilia si sentiva la persona più felice del mondo.
Le due ore di disegno passarono velocissime; Cecilia stava ritirando le sue cose quando una voce stridula la fece trasalire
- Ha davvero una bella mano signorina - disse l’insegnante; mentre la stava ringraziando per il complimento, alla ragazza scivolarono dalle mani dei fogli di musica
- Ah..ma quella è musica! Come si permette di studiare musica durante l’ora di disegno dal vero! Certo, ha una splendida mano, ma qui si tratta di rispetto! - la rimproverò la professoressa.
- Mi scusi, ma durante le due ore di disegno le assicuro che ho esclusivamente disegnato; ho tirato fuori dalla borsa questi spartiti solamente ora per poter sistemare meglio il materiale - tentò di giustificarsi Cecilia.
- Non me ne faccio nulla delle sue scuse, cerchi di comportarsi in maniera civile e porti rispetto per la mia lezione - strillò l’arcigna signora. La ragazza tentò nuovamente di difendersi
- Le chiedo scusa, è che -
- E’ colpa mia! - la voce di Freddie risuonò in tutta l’aula sovrastando quella di Cecilia.
- Signor Bulsara, nessuno l’ha interpellata - disse innervosita l’insegnante
- Sono io ad aver masso degli spartiti nella borsa della ragazza - continuò il ragazzo
- La smetta di dire sciocchezze! - replicò con tono severo la professoressa
- Sono o non sono un musicista io? - Freddie sembrava non aver alcuna intenzione di mettersi da parte. I commenti dell’insegnante non si fecero attendere
- Siete due irriverenti, pensate di potervi permettere qualsiasi cosa solo perché avete una mano splendida, ma vi sbagliate! - e così dicendo uscì dall’aula con passo deciso.
- Tutto a posto Cecilia? - domandò Freddie; la ragazza confusa annuì. Passarono alcuni secondi di totale silenzio finché Cecilia chiese al ragazzo
- Perché hai detto quelle cose? Tu non c’entri nulla.. è stata colpa mia, ho il vizio di portare con me sempre qualche spartito -
- Ti dovevo un favore - replicò un sorridente Freddie - e poi mi piace far innervosire l’insegnante -
- Un favore? Far innervosire l'insegnante? Ma cosa stai dicendo? - incalzò Cecilia
- Dico che tu non solo quel giorno all’aeroporto ci hai ceduto il tuo posto, ma sei riuscita anche a mandare via quel tizio con la puzza sotto il naso -
- Per così poco… l’ho fatto con piacere! - rispose Cecilia sorridendogli e aggiunse - a proposito, come sta Brian? -
- Perché non lo constati tu in prima persona? - replicò il cantante facendo l’occhiolino alla ragazza
- Io? - rispose confusa e imbarazzata Cecilia
- Sono le quattro e mezza, l’ospedale chiude alle otto e da qui ci si impiega circa un’oretta a raggiungerlo...forza, non perdiamo tempo! - e così dicendo afferrò Cecilia per un braccio
- Ehi, aspetta un attimo! - disse la ragazza cercando di divincolarsi dalla stretta di Freddie e proseguì - non so se Brian abbia voglia di ricevere delle visite inaspettate, oltretutto mi ha vista una volta sola mentre stava male, probabilmente non…-
- E nonostante questo si ricorda perfettamente di te - la interruppe il ragazzo facendole un sorriso sornione
- Beh se le cose stanno così… a me farebbe piacere rivederlo - disse la ragazza arrossendo e abbassando lo sguardo
- E allora andiamo! Non c’è tempo da perdere! - concluse un euforico Freddie, sicuro che Brian avrebbe apprezzato la visita.
Durante il tragitto il cantante le raccontò che stavano per finire il loro secondo album, gli raccontò degli esordi, della gavetta, del primo album e promise alla ragazza di portarla presto in sala prove; Cecilia, dal canto suo, gli raccontò della sua passione per la musica e per l’arte in generale.
- Ora che ci penso…ho una cosa da darti. Consideralo un regalo in segno di gratitudine e amicizia -
- Un regalo? Per me? - chiese sorpresa Cecilia
- Per te e anche per Rossella naturalmente - e così dicendo il cantante sfilò dalla sua gigantesca cartella un 45 giri nuovo di zecca e lo porse alla ragazza
La ragazza lo prese delicatamente tra le mani e rimase immediatamente affascinata dalla copertina
- Oddio, ma è il vostro album! Freddie, è magnifico, davvero! Se la copertina rispecchia il contenuto musicale sarà un disco a dir poco esplosivo -
Freddie intanto osservava la ragazza: quei grandi occhi verdi brillavano di felicità e di sincera ammirazione.
- E’ il nostro primo album. Nuovo di zecca my dear - e aggiunse - non puoi capire le peripezie per trovare la giusta copertina - disse il ragazzo
- Avete progettato voi anche la copertina? -
- Tutto Cecilia, abbiamo fatto tutto noi. Per la copertina… -
- Aspetta, non dire nulla - lo interruppe la ragazza - secondo me questi particolari effetti di distorsione li avete ottenuti mettendo della plastica colorata trasparente davanti all’obiettivo dell’ingranditore. O sbaglio? -
- Sono strabiliato - rispose Freddie - non solo sei una musicista ma te ne intendi anche ti fotografia!-
- Lo ammetto…è una mia grande passione! -
- Devo assolutamente dirlo a Brian -
- A Brian? E perché scusa? -
Stavano ancora discutendo vivacemente quando si ritrovarono di fronte a quel triste parallelepipedo di cemento; il cuore di Cecilia sembrava impazzito, batteva così velocemente e così energicamente che le sembrava stesse per esplodere.
- Lascia che ti faccia strada, darling - disse Freddie con fare ironico inchinandosi davanti alla ragazza e indicando l’ingresso dell’ospedale.
Una volta varcata la soglia di quel triste edificio, la mente di Cecilia fu attraversata da mille pensieri; la ragazza era terrorizzata e euforica allo stesso tempo. Chissà se era vero che quel meraviglioso ragazzo si ricordava di lei.
- Eccoci arrivati, la camera è quella laggiù - disse il cantante indicando la stanza numero 531.
La ragazza non ebbe tempo di sviluppare altri pensieri, in pochi secondi infatti si ritrovò nella stanza di Brian
- Caro lemon boy, devi essermi grato, oggi ho portato con me una fanciulla che sono sicuro ti farà piacere vedere - disse il ragazzo varcando la soglia della camera.
Una figura di spalle, slanciata, avvolta in un pigiama azzurro con delle sottili righe blu, era appoggiata al davanzale della finestra con lo sguardo rivolto verso il panorama; era Brian. Il vento gli smuoveva i soffici ricci, oramai poco definiti a forza di stare coricato a letto; nel sentire la voce dell’amico il chitarrista rizzò leggermente la schiena ma non si voltò e non proferì parola.
- Ehi, ma che ti prende? Come mai non mi saluti nemmeno? Qualche brutta notizia?- chiese con tono apprensivo Freddie.
Il chitarrista scosse leggermente la testa e, restando sempre voltato di spalle disse
- Da quando ti comporti come Roger? Sai bene che non mi interessa che mi portiate delle ragazze in stanza, anzi, se devo essere onesto la cosa mi ha sempre infastidito e da ora in poi non ho alcuna intenzione di darvi corda. L’unica cosa di cui sento la mancanza è la mia splendida rossa; quanto vorrei poterla abbracciare… -
- Sei un maleducato! - sentenziò Freddie; Brian non rispose.
Cecilia era pietrificata. Le ultime parole del chitarrista erano state taglienti come una coltellata “è ovvio che un ragazzo come lui abbia la ragazza” pensò tra sé e sé Cecilia “che stupida sono stata, come ho fatto a non pensarci”; fu l’uomo che condivideva quella triste stanza con Brian a fare chiarezza
- Scusate se mi intrometto…ma ogni volta assisto alla stessa scena e ogni volta mi ritrovo a rincuorare le ragazze. La rossa che lui desidera così tanto ardentemente riabbracciare altro non è che una chitarra! -
Cecilia sgranò i suoi grandi occhi verdi.
- Confermo darling, è la sua chitarra - ribadì Freddie.
La ragazza ci mise tutta la sua buona volontà per cercare di contenere l’entusiasmo, ma un sorriso di sollievo prese vita sul suo volto.
- E con questo? non ci vedo proprio nulla di male, smettetela di sfottermi! - disse seccato Brian
- Hai intenzione di darci le spalle ancora per molto? - lo punzecchiò Freddie, ma il chitarrista per tutta risposta non reagì e non si mosse
- Ti confesso cara che non l’ho mai visto così pensieroso… non so cosa gli sia successo -
Freddie stava cercando di consolare la ragazza quando John entrò nella stanza.
- Brian ecco il succo al pompelmo che mi hai chies - nel vedere Cecilia il bassista si interruppe e, dopo aver ripreso fiato, strillò stupito
- Cecilia! Oddio ma…sei proprio tu? Non sai quanto mi faccia piacere rivederti, permetti che ti abbracci? -
- Anche tu ti ci metti a sfottermi adesso, John? Ti credevo dalla mia parte - disse con tono seccato il ricciolo
La ragazza sembrò non ascoltare quanto detto dal chitarrista e rispose sorridendo a John
- Fa molto piacere anche a me! -
Quella voce. No, non era possibile. Brian trasalì e si voltò di scatto; Cecilia stava abbracciando John mentre Freddie lo guardava con aria sconsolata “accidenti che figura, è proprio lei” pensò imbarazzato, ma al contempo felice, il chitarrista mentre fissava con aria interrogativa Freddie il quale si limitava a fargli delle smorfie.
Nonostante il forte imbarazzo il riccio si avvicinò al gruppo.
- Cecilia, sei proprio tu? - chiese il ragazzo poggiando una mano sulla spalla della ragazza che, nel sentire nuovamente quelle dita affusolate sul suo corpo, fu percorsa da un brivido lungo tutta la schiena.
- Ehm… si sono io - rispose voltandosi Cecilia e proseguì - ti chiedo scusa per l’irruzione, ma ho incontrato Freddie all’accademia e -
- Accademia? - incalzò stupito Brian
- Si, frequento anch’io l’accademia di belle arti, sai, amo disegnare. E così oggi durante l’ora di disegno dal vero ho incontrato Freddie; è lui che mi ha -
Il ragazzo scrollò la testa e l’interruppe
- Non ti devi giustificare, sono felice che tu sia qui - disse il chitarrista con un tono di voce basso e pacato; il Brian scorbutico di qualche minuto prima sembrava essere scomparso.
- E non è tutto, mio caro amico lunatico. La qui presente donzella ha immediatamente capito il trucco da te utilizzato per ottenere quel particolare effetto di distorsione sulla copertina dell’album -
Brian sgranò gli occhi sorpreso
- L’hai fatto tu? Davvero? - chiese stupita Cecilia
- Si beh ecco…mi piace la fotografia e mi piace sperimentare. Sono sopreso però che tu sappia come l’ho ottenuto - disse con tono quasi demoralizzato il chitarrista
Cecilia tentò di giustificarsi e al contempo di rincuorare Brian
- E’ un procedimento molto interessante e per nulla banale; solo che essendo appassionata di fotografia l’ho sperimentato anch’io. Non sai quante ore ho passato nella camera oscura a sviluppare negativi e a sperimentare filtri artigianali -
Brian nel sentire quelle parole rimase imbambolato a fissarla senza sapere bene cosa dire. Non poteva crederci, quella ragazza lo stava affascinando ogni minuto di più. Sentiva il profondo desiderio di conoscerla meglio. Era ormai quasi certo che con lei avrebbe potuto condividere tante cose. Ma come fare? Era sempre stato così impacciato con le ragazze. Ma questa volta non poteva permettersi di lasciarsela scappare.
Fu John a interrompere l’imbarazzante silenzio che si era creato
- Probabilmente tu non lo sai ancora ma sei stata invitata qui anche domani - disse sorridendo il bassista
- Domani? replicò stupita Cecilia
- Sì ecco…poco fa ho chiamato a casa vostra per chiedervi di venire qui domani pomeriggio
- Non mi aspettavo di vederti già oggi - spiegò Brian tentando così di giustificare l’atteggiamento scorbutico di poco prima
- Non ti preoccupare lemon boy, la prossima volta ti avviseremo con un bel po’ di anticipo così avrai tempo di cambiarti il pigiama e di farti bello - intervenne Freddie.
Questa affermazione causò l’ilarità in tutti i presenti. Il cantante poi aggiunse
- Deacy, perché non offri qualcosa da bere anche a me? -
John guardò Freddie con aria interrogativa
- Su forza, andiamo - incalzò il cantante
- Ma Freddie - replicò il bassista  - Cecilia è appena arrivata, perch -
- Ho detto andiamo! Quando decido una cosa sai che non si discute! - disse con tono solenne il cantante, strizzando l’occhio all’ingenuo John
- Scusami Cecilia, quando Freddie decide una cosa è impossibile fargli cambiare idea; ci vediamo tra poco - disse il bassista sconsolato.
I due stavano per varcare la soglia della stanza quando una voce li fece fermare
- Scusate giovanotti, non è che potreste darmi una mano ad alzarmi? Avrei voglia di fare due passi anch’io - domandò il compagno di stanza di Brian
- Ma certamente! - replicò Freddie - il buon Deacy non vede l’ora di offrire qualcosa da bere anche a lei! - e così dicendo i tre uscirono dalla stanza lasciando Cecilia e Brian da soli.

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Capitolo 7
*** I'm going slightly mad ***


Cecilia seguì con lo sguardo le tre figure uscire dalla stanza. La ragazza era a dir poco imbarazzata; chi l’avrebbe mai detto, pensava tra sé e sé, che avrebbe avuto l’occasione di rivedere quel ragazzo. E ora non solo quel suo desiderio si era avverato ma si trovava nella sua camera d’ospedale, a pochi centimetri da lui e per di più da soli.
- Ti chiedo ancora scusa per prima, sono stato un vero maleducato - disse Brian non appena i tre chiusero la porta; Cecilia si voltò verso il ragazzo che ora si trovava proprio di fronte a lei.
La ragazza stava per aprire bocca quando il chitarrista proseguì
- E’ che il solo pensiero di avere per l’ennesima volta una ragazza sconosciuta nella mia stanza mi ha fatto innervosire più del solito - Cecilia lo guardò con aria interrogativa e Brian continuò
- Sai, Roger ha l’abitudine di venire a trovarmi ogni volta con una ragazza diversa… e nonostante gli abbia detto che la cosa mi infastidisce, lui continua imperterrito, e alla fine io mi annoio a morte e lui flirta tutto il tempo con la sventurata - il chitarrista fece una brevissima pausa come per riprendere fiato
- Sventurata…in realtà le fanciulle sembrano apprezzare molto il servizio. Insomma, l’unico a cui non importa niente di tutta questa faccenda sono io - disse sconsolato Brian.
Cecilia nel sentire quest’ultima affermazione scoppiò a ridere.
- Guarda che sono serissimo - intervenne il chitarrista - e oggi quando Freddie ha detto che aveva portato una ragazza non ci ho più visto, così… - quando fu interrotto da Cecilia
- Beh ma se ci pensi bene ha detto la verità; alla fine questa è la seconda volta che ti vedo, sono una sconosciuta anch’io - disse con tono ingenuo la ragazza ma sapendo in realtà bene dove voleva arrivare.
Nel sentire quelle parole Brian rimase un attimo smarrito, ma poco dopo si giustificò
- Ma con te è diverso - disse imbarazzato e proseguì - anche se ti ho vista solamente due volte è come se ti conoscessi da tempo. E’ una sensazione strana, non so nulla di te, eppure mi sembra di conoscerti e di sentirti affine a me -
Nel sentire queste parole gli occhi di Cecilia brillarono come non mai
- E’ la stessa cosa che provo io…sarà che tra musicisti ci si intende - disse scherzando la ragazza per celare l’imbarazzo.
- Musicista? Non mi dire che suoni anche tu! - esclamò con entusiasmo il ragazzo
- Beh, sì. In Italia frequentavo il conservatorio e poi -
- Ma è fantastico! - disse un Brian sempre più stupito interrompendo la ragazza e proseguì
- Ti spiace se ci sediamo? Sai, non sono ancora in piena forma e mi stanco facilmente -
- Accidenti ti chiedo scusa! Non ci avevo pensato - rispose mortificata Cecilia, e così dicendo i due si avviarono verso il letto del ragazzo.
La ragazza si sedette su una vecchia sedia di legno in corrispondenza della finestra poco distante dal letto di Brian; quest’ultimo, dal canto suo, mise due cuscini contro la testiera di ferro e vi poggiò la schiena, distendendo poi le lunghe gambe sul letto.
I due iniziarono a chiacchierare perdendo completamente la cognizione spazio-temporale; Brian le raccontò della sua passione per l’astrofisica, del college maschile che aveva frequentato, della sua chitarra, degli esordi musicali e di mille altre cose; Cecilia era sempre più affascinata. La ragazza, dal canto suo, parlò della sua passione per la musica, del pianoforte, del conservatorio, dell’accademia di belle arti, dello stile di vita italiano e di altre curiosità destando sempre più interesse nel ragazzo. Quest’ultimo ad un certo punto si interruppe per riposizionarsi i cuscini dietro la schiena, che nel frattempo erano scivolati via.
Cecilia approfittò del fatto che il ragazzo si stesse sistemando per osservarlo indisturbata; grazie alla casacca del pigiama, caratterizzata da una pronunciata scollatura a V, e al fatto che i primi bottoni erano slacciati, Cecilia poteva intravedere il petto del ragazzo: la pelle eburnea era messa ancor più in risalto dall’azzurro-blu del pigiama, e su di essa si potevano intravedere, senza alcuna difficoltà, la clavicola e le prime costole; era davvero magro. Tuttavia ciò che l’aveva colpita fin dal primo momento erano quei meravigliosi riccioli scuri, che rimbalzavano leggeri ad ogni movimento del giovane, e quegli occhi nocciola, non particolarmente grandi ma in grado di esprimere con una chiarezza inverosimile tutte le sensazioni e i sentimenti che gli attraversavano la mente.
- Cecilia? Terra chiama Cecilia, mi senti? - il chitarrista irruppe prepotentemente nei pensieri della ragazza la quale, presa alla sprovvista, replicò con la prima cosa che le passò per la mente
- Si si, stavo pensando che deve essere davvero difficile essere costretti a vivere in un ospedale. Sai già per quanto tempo dovrai rimanerci? - il ragazzo annuì tristemente e aggiunse
- Temo quattro settimane -
- Accidenti, mi spiace. Non pensavo dovessi restarci così tanto, scusami davvero non volevo…sono il solito impiastro - disse demoralizzata Cecilia abbassando lo sguardo.
Questa confessione così sincera fece molta tenerezza a Brian il quale cercò di confortare la ragazza - Non ti devi sentire in colpa, non potevi saperlo - disse con un sorriso; Cecilia tuttavia sembrò non sentire quelle parole. La ragazza continuava a maledirsi per aver rovinato quel magico momento a causa delle sue fantasticherie; Brian, percependo bene lo stato d’animo di Cecilia, allungò un braccio e appoggiò la sua mano sulla testa della ragazza. Nel sentire quelle dita affusolate scorrere sui suoi capelli la ragazza sollevò leggermente la testa e vide un sorridente Brian che si divertiva a scompigliarle i boccoli; si sentì immediatamente sollevata e rincuorata. Il chitarrista, non appena vide riapparire un sorriso sul volto di Cecilia disse con tono serio
- Tuttavia, non penserai mica di cavartela così?! - la ragazza sgranò i suoi grandi occhi verdi
- Dimmi, cosa posso fare? - chiese titubante Cecilia
- Ora, così su due piedi, non saprei; per trovare la giusta punizione devo pensarci su un po’- replicò sghignazzando Brian
- Oh accidenti a te! E io che ti stavo anche ascoltando seriamente - intervenne la ragazza e proseguì
- Se non fosse che siamo in un ospedale e che sei ancora debole ti prenderei a cuscinate -
- Una battaglia con i cuscini, ma è fantastico! - esclamò Brian sfilandosi un cuscino da dietro alla schiena e lanciandolo a Cecilia che, seppure perplessa, lo afferrò al volo.
- Tu sei matto, prima faticavi a stare in piedi e adesso vuoi fare a cuscinate? Capisco che qui le giornate siano noiose, ma una battaglia di cusci.. -  la ragazza stava cercando di dissuadere Brian quando questo l’interruppe
- Probabilmente sto diventando un po’ matto; avanti, colpisci! - e così dicendo fece uno scatto in avanti per colpire la ragazza, quando John, Freddie e il compagno di stanza del chitarrista aprirono la porta. Cecilia si accorse dell’incursione e voltò la testa verso di loro mentre Brian, eccessivamente preso dal gioco, non si accorse dell’arrivo dei suoi amici e colpì delicatamente Cecilia urlando
- Colpita! -
- …e affondata! - disse Freddie con tono sconsolato mentre attraversava la stanza
- Da quando è arrivato in ospedale, non l’ho mai visto così spensierato - commentò il signore che condivideva la stanza con il chitarrista
Una volta avvicinatosi all’amico, il cantante proseguì ridacchiando
- Ti è andato di volta il cervello? Da quando si colpiscono a cuscinate le ragazze? Senza contare che sei in un ospedale e che non dovresti affaticarti -
John nel frattempo aiutò il compagno di stanza di Brian a mettersi a letto e raggiunse i suoi amici
- Su ragazzi, posate i cuscini; cosa sarebbe successo se anziché noi fosse entrata un’infermiera? - disse il bassista con tono di rimprovero
- Vi chiedo scusa - disse Cecilia
- Chiedo scusa anch’io - disse Brian e proseguì  - comunque lei non c’entra nulla, sono io che mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo, lei ha anche cercato di dissuadermi! -
- Non ne avevamo dubbi - risposero all’unisono John e Freddie; quest’ultimo proseguì
- Ora capisco perché hai difficoltà a trovare una ragazza. Se le prendi a cuscinate… -
La conversazione fu interrotta da un’infermiera che fece notare ai giovani che l’orario di visita era terminato.
- Appena in tempo - sussurrò John; nel sentire queste parole Freddie, Brian e Cecilia scoppiarono a ridere.
- Caro il mio lemon boy, se riesco faccio un salto anche domani - disse Freddie incamminandosi verso l’uscita; il rumore dei tacchi del cantante sul pavimento risuonava fino in corridoio.
- A domani! - disse John facendo l’occhiolino a Brian e, rivolgendosi a Cecilia, aggiunse
- Verrete anche tu e Rossella vero? -
- Contaci - replicò sorridendo la ragazza
- Evviva - disse John e continuò - ora è meglio se andiamo, tra poco l’infermiera ripassa nelle stanze e se ci becca ancora qui ci fa una bella ramanzina -
Cecilia si voltò verso Brian, che era in piedi di fronte a lei, e sorridendogli disse
- Ti ringrazio per questo pomeriggio, è stato bello chiacchierare con te -
- Ha fatto molto piacere anche a me - rispose Brian
- Allora a domani - concluse titubante la ragazza non sapendo bene cosa fare.
John e Cecilia stavano per voltarsi quando Brian si avvicinò ai due amici, poggiò le mani sulle spalle della ragazza e, tirandola lievemente verso di sé, l’abbracciò stretta; Cecilia si sentì smarrita, mille sensazioni le stavano attraversando il corpo e la mente, ma, nonostante fosse realmente sconvolta, ricambiò la stretta. Il ragazzo la stringeva forte tra le sue braccia, accarezzandole la schiena con una delle sue affusolate mani. Cecilia si lasciò andare, accarezzò anch’essa dolcemente la schiena a Brian e poggiò la testa sul suo petto; in quella posizione poteva sentire il cuore del ragazzo battere forte. Quei pochi istanti, probabilmente una manciata di secondi, le sembrarono un’eternità.
- Grazie per essere venuta a trovarmi - sussurrò infine Brian all’orecchio della ragazza prima di allontanarla da sé e sciogliere quel piacevole abbraccio; Cecilia era davvero confusa ma gli rispose ugualmente con un sorriso, facendo del suo meglio per mostrarsi a proprio agio. In fondo, pensava tra sé e sé, qualche ora prima aveva abbracciato John quindi non c’era nulla di strano; tuttavia questo abbraccio era completamente diverso da quello che c’era stato con il bassista, e in cuor suo la ragazza ne era consapevole.
- Bene, ora che vi siete salutati direi che dobbiamo proprio andare - disse John rompendo il silenzio che si era creato; il bassista e Cecilia stavano varcando la soglia della camera quando Brian li raggiunse
- Vi accompagno fino all’ascensore - disse il chitarrista
Freddie lo guardò perplesso
- Hai paura che non troviamo la strada? - disse il cantante alzando un sopracciglio
Brian abbassò lo sguardo imbarazzato
- E’ che ora la camera mi sembra così vuota; ogni volta che andate via mi viene sempre un po’ di magone -
John passò un braccio attorno alla vita dell’amico e lo strinse a se sorridendo; anche Cecilia non poté fare a meno di sorridergli
- Questa sera sei particolarmente mieloso - commentò invece Freddie con fare ammiccante.
L’ascensore non tardò ad arrivare; mentre le porte dell’ascensore si aprivano, Brian ruppe il momentaneo silenzio che si era creato
- Ho trovato la punizione - disse tutto d’un fiato
John si voltò e guardò l’amico con aria interrogativa mentre Cecilia replicò con un - sentiamo -
Il bassista, nel sentire rispondere la ragazza con tono così deciso e sicuro, la scrutò in maniera perplessa.
- Se non è un problema vorrei - il chitarrista si fermò a riprendere fiato - vorrei che venissi a trovarmi più spesso - disse imbarazzato
- Per così poco - rispose sorridendo Cecilia e proseguì - lo farò! -
Gli occhi di del chitarrista si illuminarono; i tre amici intanto salutarono un’ultima volta Brian e svanirono dietro le porte scorrevoli dell’ascensore.

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Capitolo 8
*** Incredible how I can see right through you ***


Erano oramai le nove passate quando Cecilia rientrò a casa. Rossella scrutò l’amica con sguardo interrogativo ma poi, ricordatasi della telefonata di John, fece un sorriso a tutto tondo.
- Che hai da ridere? - le chiese stupita Cecilia
- Non immagini cosa è successo oggi - replicò Rossella
- Mi spiace deluderti ma sicuramente è più sorprendente quello che è successo a me - ribattè Cecilia
- Mh…è una sfida questa? - incalzò Rossella e proseguì - allora sono certa di vincere! -
- Ti sbagli - rispose una sorridente Cecilia
- Ah si? - disse Rossella con finto tono di superiorità alzando un sopracciglio
- Benissimo. Dimmi allora, cara Ceci, che cosa c’è di più straordinario di ricevere una telefonata da parte di John e Brian che ci invitano domani in ospedale? -
- Forse incontrare Freddie all’Accademia, andare a trovare Brian in ospedale ed essere invitata di persona a ritornare domani? - rispose Cecilia
- Che cosa? - urlò Rossella incredula
- Ah…dimenticavo. Ovviamente c’era anche John - concluse Cecilia facendo l’occhiolino all’amica
- Mi prendi in giro? - chiese Rossella, Cecilia scosse il capo
- Allora mettiamoci a tavola! Ho già preparato tutto…voglio un racconto super dettagliato della tua giornata - concluse Rossella.
- E non è tutto - aggiunse Cecilia - Freddie mi ha regalato il loro primo album, naturalmente da condividere con te. Che dici…ascoltiamo? Sono troppo curiosa! -
Non appena finirono di cenare, le ragazze  andarono nel salotto dove, su di uno scaffale, vi era un giradischi. Impazienti vi sistemarono il disco; fu Rossella a spostare il braccio del giradischi così da permettere alla testina di raggiungere il vinile. Una sferzata di energia attraversò i loro corpi quando dalle casse iniziarono ad uscire le prime note di Keep yourself alive; Cecilia, alla fine del brano, non riuscì a trattenersi dal gridare sorridendo all’amica
- Do you think you're better every day?
La risposta di Rossella non si fece attendere
- No, I just think I'm two steps nearer to my grave -
Le due ragazze stavano ancora ridendo felici quando delle dolcissime note suonate al pianoforte con una delicatezza eccezionale le fecero ammutolire all’istante; Doing all right iniziò a propagarsi nella stanza, e le ragazze vennero cullate da una dolce melodia per alcuni minuti. Le canzoni si susseguirono senza sosta; era quasi mezzanotte quando le ultime note di Seven Seas of Rhye risuonarono nel salotto. Cecilia e Rossella erano strabiliate, consapevoli di aver avuto la fortuna di incrociare nel loro percorso, nella loro vita, una band che di lì a poco sarebbe diventata tra le più importanti al mondo e che avrebbe sicuramente lasciato un segno nella storia della musica.

Brian allungò un braccio raggiungendo la piccola sveglia che teneva sul comodino; le lancette fosforescenti indicavano le 2 e 15. “Maledizione” pensò tra sé e sé il chitarrista “sono le due di notte e ancora non sono riuscito a chiudere occhio”. Il ragazzo continuava a rigirarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno; era irrequieto, mille pensieri gli attraversavano la mente. L’incontro di poche ore prima l’aveva scombussolato. Quella ragazza, Cecilia, aveva portato una sferzata di energia alla sua vita e lui gliene era infinitamente grato; non si era mai sentito così euforico, così felice…almeno non per una ragazza. Era sempre stato piuttosto impacciato con le ragazze, anzi, a dire il vero non gliene era mai importato molto; la sua rossa era la sua unica vera passione. Era sempre presente, nei momenti di tristezza, di malinconia, di rabbia…lei c’era, era lì per lui, come un amico fedele, pronta ad assecondarlo, ad aiutarlo a sfogarsi e ad esprimere i propri sentimenti. Ma da quel giorno in aeroporto qualcosa in lui era cambiato, sentiva la necessità di prendere l’iniziativa, di mettersi in gioco, di iniziare a sbilanciarsi. Non voleva perdere quella ragazza, non questa volta; era incredibile come potesse vedere attraverso di lei. Questa Cecilia riusciva a fargli vedere le cose sotto una luce diversa, da una nuova prospettiva. Nonostante stesse entrando nella sua vita in maniera discreta, a piccoli passi felpati, Brian sentiva che con quella ragazza sarebbe potuta nascere non solo una semplice amicizia, ma un sodalizio artistico e umano indissolubile. E questo dipendeva anche lui, dal suo modo di fare, dal suo modo di porsi, dal suo carattere spesso troppo introverso. Era necessario cambiare, ed era necessario farlo subito.

Il pomeriggio seguente alle tre in punto Rossella era davanti all’ingresso principale dell’ospedale; una leggera brezza le scompigliava i lunghi capelli castani ma la ragazza sembrava non sentirla. Era troppo impegnata a pensare a che fine avesse fatto Cecilia; di certo il fatto che fosse in ritardo non la stupiva affatto, anzi…tuttavia questo era un appuntamento importante, e quando si trattava di appuntamenti importanti l’amica era piuttosto puntuale. La ragazza stava muovendo nervosamente un piede e guardando ossessivamente l’orologio quando una voce che urlava il suo nome la distolse dai suoi pensieri; Rossella si voltò di scatto e vide John e Roger sbracciarsi dall’altro lato della strada. In pochi istanti i due musicisti la raggiunsero; Roger non esitò ad abbracciarla vigorosamente sollevandola da terra mentre John, imbarazzato, fissava sconsolato il suolo. Rossella tuttavia riuscì a divincolarsi in fretta dal batterista, consentendo a John di farsi avanti
- Sono contento di vederti - disse sorridente ma allo stesso tempo imbarazzo il bassista e aggiunse
- Non pensavo che sarebbe accaduto così presto -
- Sono molto felice anch’io - replicò Rossella abbracciandolo; in quell’istante le gote di John diventarono incandescenti.
- Accidenti, ma sei congelata! - esclamò il ragazzo e continuò - da quant’è che sei qui fuori al freddo? - chiese preoccupato
- Non molto, sarà una ventina di minuti - rispose ingenuamente Rossella
- Venti minuti? - strillò John - ma non siamo mica in Italia! -
- Lo so - rispose imbarazzata Rossella - è solo che stavo aspettando Cecilia, non capisco perché stia tardando ad arrivare -
- Tu sei tutta matta - disse John aggrottando la fronte - avanti, entriamo o ti prenderai un malanno -
- John ha ragione, fa molto freddo in questi giorni. Non ti preoccupare per la tua amica, l’aspetterò io qui - disse Roger con un sorriso sornione - e ti prometto che mi prenderò cura di lei -
I due scossero sconsolati la testa e entrarono nell’ospedale; Roger dal canto suo sfilò dalla tasca del suo giaccone di panno rosso un pacchetto di sigarette, si sedette a cavalcioni sulla ringhiera che delimitava la zona pubblica dalla zona ospedaliera e iniziò a fumare.
Non appena entrò nell’ospedale, Rossella tirò un sospiro di sollievo
- Si sta decisamente meglio qui al calduccio -
John le sorrise felice e aggiunse
- Posso offrirti qualcosa di caldo da bere? -
Rossella lo guardò stupita
- Mi piacerebbe, ma dovremmo nuovamente uscire - disse con voce titubante indicando le due grandi porte scorrevoli dell’ingresso - e Brian ci starà aspettando, siamo già in ritardo - concluse la ragazza dando una rapida occhiata all’orologio
- Brian non è solo, c’è Freddie a fargli compagnia e poi - John si interruppe, guardò il distributore automatico di bibite, prese fiato e proseguì - non è molto raffinato ma se ti va c’è un ottimo distributore di bevande proprio alle tue spalle - disse sorridendo
- Se le cose stanno così, non posso rifiutare - concluse felice Rossella.
Brian e Freddie stavano discutendo di alcune canzoni quando sentirono aprirsi la porta della camera; entrambi si voltarono di scatto. John e Rossella entrarono nella stanza e quest’ultima salutò affettuosamente i due ragazzi; poco dopo, per sincerarsi delle condizioni di salute del chitarrista gli chiese di dare un’occhiata alla sua cartella clinica
- Sai, sono un’infermiera - disse Rossella - mi piacerebbe constatare di persona il decorso della malattia -
- Certo, fai pure - rispose sorridente Brian.
La ragazza si avvicinò così ai piedi del letto dove si trovava la cartella clinica quando un urlo stridulo la fece trasalire
- Non vorrai mica visitarlo? - strillò Freddie; la giovane infermiera e il chitarrista diventarono rossi come peperoni
- No, assolutamente no - replicò affannosamente Rossella - volevo solo dare uno sguardo alla cartella clinica -
- Mi hai fatto venire un infarto - replicò Freddie gesticolando in maniera teatrale e portandosi una mano sul cuore - ma se è così, via libera - concluse ridacchiando.
La ragazza stava leggendo le analisi contenute nella cartella quando Brian richiamò la sua attenzione
- Scusami Rossella se ti interrompo. Cecilia non c’è? - chiese con tono apprensivo il chitarrista
- Non ti preoccupare Brian - rispose la ragazza - è nel dna di Cecilia essere in ritardo, sono sicura che arriverà a momenti -
- Ti ringrazio -  rispose il chitarrista con uno sguardo un po’ triste
- Comunque non preoccuparti, Roger è sotto che l’attende - aggiunse John sghignazzando
- Che cosa? Avete lasciato Roger ad aspettarla? Deacy, ma da che parte stai? - disse affannosamente Brian sedendosi di scatto sul letto; il bassista tentò di giustificarsi
- Non ti agitare Bri, siccome Rossella si stava ibernando e Roger si è offerto di aspettarla, ho pensato ch -
Ma fu interrotto dal chitarrista
- Accidenti a te! Sai bene com’è fatto Roger -
- Non ti devi preoccupare Brian, Cecilia sa badare a se stessa…e soprattutto sa tenere testa ai marpioni come Roger - tentò di tranquillizzarlo Rossella e aggiunse - dalle analisi risulta che stai migliorando a vista d’occhio, vedrai che a breve sarai fuori di qui -
Il chitarrista le sorrise di cuore.
- Oh, guardate il nostro Roger come saltella… si starà congelando! - nel sentire le parole di Freddie, Rossella, John e Brian si affacciarono alla finestra; nonostante si trovassero al quinto piano riuscivano a vedere piuttosto dettagliatamente il batterista: il ragazzo per riscaldarsi stava saltellando sul marciapiedi quando, dopo essersi sistemato la sciarpa, decise di accendersi un’altra sigaretta.
Dopo un paio di tiri urlò qualcosa, lanciò la sigaretta a terra, saltò atleticamente la ringhiera e corse verso una ragazza che stava tentando di legare una bicicletta malconcia ad un palo stradale; era Cecilia.
Nel vederlo alla ragazza si illuminò il volto
- Roger, che piacere vederti! - esclamò sorpresa
- Non immagini per me…è da mezz’ora che ti sto aspettando qui fuori, mi stavo congelando! -replicò il batterista sorridendo
- Sono mortificata - disse Cecilia - purtroppo mi hanno trattenuta di più alla Royal Academy; mancava un pianista e mi hanno chiesto di rimpiazzarlo senza preavviso -
- Tranquilla, sto scherzando…è uno dei miei passatempi preferiti aspettare le belle ragazze - rispose Roger con voce da seduttore; Cecilia scoppiò a ridere.
Vedendo in difficoltà la ragazza, Roger si offrì di aiutarla nel chiudere il lucchetto; quando si avvicinò notò che le mani della ragazza erano molto rosse e impacciate nei movimenti.
- Oh cielo, ma tu hai i geloni alle mani! -
- Non ti preoccupare, è normale. Andando in bici con quest’aria gelida sarebbe strano il contrario. Il fatto è che oggi la pedalata è stata particolarmente lunga e io ho dimenticato i guanti a casa - rispose Cecilia
- Dai, lascia che faccia io - disse Roger con un tono di voce basso e pacato, sfilando dalle mani della ragazza il lucchetto non senza prima sfiorarle di proposito le dita.
Dopo aver legato la bicicletta, il batterista si alzò, si piazzò di fronte alla ragazza, si sfilò la pesante giacca rossa di panno, vi avvolse Cecilia e, guardando quest’ultima con uno sguardo tenero e sexy allo stesso tempo, diede un lieve strattone al pesante cappotto trascinando così a sé la ragazza per poi stringerla forte e abbracciarla.
Intanto nella stanza 531 al quinto piano dell’ospedale, nonostante i termosifoni bollenti, calò il gelo.

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Capitolo 9
*** Lonely as a whisper on a star chase ***


Passarono secondi, forse minuti…il tepore del corpo di Roger era così piacevole per la ragazza; Cecilia aveva poggiato la testa al torace del giovane e poteva udire il suo battito cardiaco. Inoltre il batterista aveva un profumo particolare, probabilmente vetiver, che le infondeva una strana sensazione di calma. Fu un’anziana signora, urtandole inavvertitamente la schiena con la borsetta, a riportarla alla realtà
- Tu sei tutto matto, vuoi prenderti una polmonite?! - esclamò confusa la ragazza allontanandosi dal biondo e restituendogli il giaccone
- Voglio solo riscaldarti - rispose Roger con fare ingenuo e ammiccante allo stesso tempo
- Ti ringrazio tanto, davvero, ma non vorrei averti sulla coscienza - replicò sorridendo Cecilia
- Non sono mica una ragazza sai…io resisto a tutte le intemperie possibili e immaginabili - ribatté il batterista tentando di catturare nuovamente la ragazza con la giacca
- Certo, certo…ma qui se non ci sbrighiamo ad entrare ci iberniamo tutti e due. Infilati subito il giaccone, svelto! - replicò Cecilia e così dicendo afferrò il ragazzo per un braccio e corse con lui verso l’ingresso principale.
- Ora si ragiona - esclamò con tono di sollievo la ragazza non appena entrata nell’atrio dell’ospedale
- Dovresti farti vedere le mani, sono rosse e mezze paralizzate - rispose il batterista con tono preoccupato afferrando dolcemente una delle mani di Cecilia e avvicinandola poi al suo viso, così da poterla osservare meglio
- Tranquillo, mi è già successo. Vedrai che non appena si scalderanno andranno a posto in un batter d’occhio - replicò la ragazza e aggiunse - piuttosto andiamo a vedere come sta Brian -
- Ai suoi ordini principessa - ribatté Roger togliendosi il cappello e facendo un inchino
- Sei sempre il solito - disse una divertita Cecilia; e mentre il ragazzo si lamentava del fatto che non lo prendesse sul serio, i due si incamminarono verso la stanza del chitarrista.
- Eccoci arrivati! Brian guarda un po’ chi ti ho portato? - disse un euforico Roger mentre varcava la soglia della camera; il chitarrista non rispose. Era seduto sul letto, le ginocchia contro il petto, un cuscino dietro alla schiena e la testa reclinata all’indietro appoggiata contro il muro.
- Tutto bene? - chiese Cecilia con voce titubante. Il ragazzo dai boccoli scuri questa volta si voltò verso di loro; aveva lo sguardo assente, gli occhi velati da un misto di tristezza e rabbia. Nel vedere quell’espressione Roger si precipitò verso l’amico chiedendogli cosa fosse successo mentre Cecilia restò immobile sulla soglia, come pietrificata.
- Brian, cosa succede? Ci sono brutte notizie? - chiese con tono di sincera preoccupazione il biondino, ma al chitarrista quelle parole sembrarono non arrivare. Roger intrecciò le sue dita con quelle affusolate dell’amico ma quest’ultimo si divincolò con rabbia e aggiunse con tono freddo
- Lasciami! -
Il batterista rimase attonito, non riusciva a credere a quelle parole che gli erano appena state rivolte in maniera così violenta; i suoi grandi occhi azzurri, dall’espressione incredula, cercarono quelli di Freddie, il quale cercò di smorzare un po’ la tensione
- Non farci caso Roger, oggi è stata una giornata molto pesante per il nostro amico, vedrai che domani andrà meglio - e così dicendo cinse con un braccio le spalle del batterista e uscì con lui dalla stanza. Prima di andarsene Roger incrociò lo sguardo di Cecilia: il ragazzo aveva gli occhi spenti, nulla a che vedere con la vitalità e la gioia che avevano sprigionato fino a qualche minuto prima.
Cecilia intanto non si era mossa dalla soglia della camera; che fine aveva fatto il Brian che conosceva? Doveva essere successo qualcosa di davvero grave per aver rivolto quelle parole così dure e taglienti a quello che era il suo migliore amico. La ragazza stava cercando di decifrare lo sguardo di Rossella per tentare di capire cosa fosse successo quando una voce la fece trasalire
- Non entri? - le chiese Brian con una flebile voce, che era al contempo dolce e triste.
Cecilia avanzò lentamente verso il letto su cui era seduto il chitarrista e, senza nemmeno togliersi il cappotto, si sedette su di una sedia che era situata proprio accanto al ragazzo
- E’ successo qualcosa? Ci sono delle brutte notizie? - domandò apprensiva; Brian scosse il capo.
- E allora perché ti comporti così? Hai trattato Roger con una freddezza e un astio incredibili. Non se lo merita -
Nel sentire quelle parole, con un colpo di reni Brian si sedette deciso sul letto e si voltò verso la ragazza
- A no? - disse con tono seccato; in quel momento Cecilia notò che gli occhi del ragazzo erano lucidi
- Scusami, io davvero non capisco. Eravamo così felici di vederti… - mentre parlava Cecilia gesticolava molto, quasi come se le mani, ancora semi paralizzate a causa del freddo, potessero aiutarla ad esprimere meglio quello che aveva dentro, quando fu bruscamente interrotta da Brian
- Stai bene? - domandò affannosamente il riccio
La ragazza sgranò i suoi grandi occhi verdi
- Cecilia, che ti è successo alle mani? - incalzò il chitarrista
- Alle mani? -
- Le tue mani. Le tue mani sono violacee! - concluse Brian sinceramente preoccupato.
La ragazza sorrise e alzò lievemente le spalle, come per rassicurare il ragazzo
- Ah, non preoccuparti. E’ che sono venuta fin qui in bicicletta e questa mattina ho dimenticato i guanti a casa. Pensa che quando sono arrivata avevo le dita completamente paralizzate così Roger mi ha aiutata a chiudere il lucchetto della bici. Si è addirittura tolto il giaccone per riscaldarmi - disse sincera la ragazza e proseguì
- Subito ho pensato che lo avesse fatto apposta a catturarmi con il suo cappotto, ma poi ho capito che era davvero preoccupato. E la tua faccia non è da meno, non sei molto rassicurante…fanno così impressione le mie povere mani? - concluse Cecilia avvicinando le mani al volto del chitarrista, facendo buffi gesti con le dita.
La ragazza riuscì a strappare un sorriso a Brian che, per tutta risposta, gliele afferrò dolcemente e le circondò con le sue
- Sicura che non sia il caso di farle vedere a un dottore? -
- Sicurissima - replicò Cecilia e aggiunse
- Vedrai che stando qui al caldo tra un po’ saranno come nuove -
- Allora lascia almeno che ti aiuti a riscaldarle - il chitarrista stese quindi le sue lunghe gambe, si riposizionò il cuscino dietro alla schiena e, tenendo sempre salde le mani della ragazza nelle sue, le appoggiò delicatamente sulle proprie gambe coprendole infine con la coperta del letto.
La ragazza provava un forte imbarazzo ma fece di tutto per mascheralo; Brian dal canto suo pensò a quanto fosse stato infantile a comportarsi in quel modo con Roger, e per di più di fronte a Cecilia e a Rossella. Tuttavia non riusciva a togliersi dalla testa la scena a cui aveva assistito pochi minuti prima…era davvero arrabbiato con l’amico. Certo, le parole della ragazza l’avevano rassicurato ma era comunque deluso, deluso dall’atteggiamento superficiale del biondino.
John e Rossella nel frattempo erano rimasti in disparte, fianco a fianco, vicino alla finestra; la schiettezza con cui la ragazza aveva descritto, ignara di tutto, l’incontro con Roger li fece sorridere entrambi. Senza volerlo, infatti, era riuscita a fare un po’ di chiarezza su quel bizzarro incontro che aveva mandato Brian in crisi, e di cui loro erano stati involontariamente spettatori.
Fu Cecilia a richiamare l’attenzione dell’amica, scusandosi con lei per non essere riuscita ad avvisarla del ritardo. Rossella si avvicinò così al letto del ricciolo, seguita dal bassista, in modo tale da poter chiacchierare senza disturbare il compagno di stanza del chitarrista.
Nonostante la conversazione fosse piuttosto divertente, John infatti si stava lamentando di come a casa gli altri ragazzi gli facessero fare le faccende domestiche, Cecilia percepiva un Brian diverso dal giorno prima, più teso, più distante. La ragazza decise di mettere da parte questa sua sensazione e di pensare ad altro; provò ad ascoltare con più attenzione le prodezze casalinghe del bassista, si sforzò di intervenire nel discorso facendo paralleli tra il ragazzo dai lunghi capelli castani e Rossella, mettendo in evidenza le numerose passioni che li accomunavano. Ci mise tutta la sua buona volontà, ma un alone cupo aleggiava su Brian e questo la faceva soffrire; così, non riuscendo più a trattenersi, irruppe nel bel mezzo della conversazione stringendo con forza le mani del ragazzo, che avvolgevano ancora le sue.
- Devi chiarire con Roger -  il ricciolo, sorpreso, sussultò, mentre John si ammutolì all’istante
- Chiarire cosa? -  domandò poi il chitarrista
- Non so cosa sia successo, ma si vede lontano un miglio che sei preoccupato per qualcosa - Brian abbassò gli occhi e strinse le labbra in un sorriso amaro; due bellissime fossette gli comparvero sulle guance
- E vista la reazione che hai avuto poco fa, scommetto che quel qualcosa è Roger - concluse la ragazza
- Per caso hai studiato anche psicologia? - disse Brian alzando un sopracciglio
- Non è necessario. Basta essere un minimo empatici per percepire il tuo stato d’animo -
- Scusami, sono stato un cafone. Prima con Roger e adesso con te -
- Non ha importanza - rispose Cecilia guardandolo dritto negli occhi
- Però ci terrei davvero tanto che parlassi con lui; ho incrociato il suo sguardo mentre usciva dalla stanza e non ho potuto fare a meno di notare la tristezza e il dolore presenti nei suoi occhi - la ragazza fece una breve pausa e aggiunse con tono basso
- E a quanto pare non è l’unico ad essere ferito. Anche tu stai soffrendo Brian, lo sento -  il ragazzo le sorrise, imbarazzato ma felice di questa dimostrazione d’affetto
- Hai ragione, gli parlerò, te lo prometto -
- Devi prometterlo a te stesso, non a me. E se vuoi un consiglio da amica, chiarisci subito. E’ inutile tormentarsi -
- La ragazza ha un caratterino niente male - disse Brian spostando lo sguardo verso Rossella
Scoppiarono tutti a ridere e la ragazza si mise a raccontare aneddoti scolastici in cui Cecilia teneva testa anche ai professori, in maniera sempre molto professionale, senza mai alzare la voce o scaldarsi.
- Meglio andare a cercare Roger e Freddie, l’orario di visita sta per terminare -  disse John e aggiunse - Vieni con me, Rossella? -
- Io…volentieri - rispose arrossendo la ragazza
Brian osservò Cecilia che nel frattempo si era voltata per seguire con lo sguardo i due amici uscire dalla stanza.
Era davvero carina; non era appariscente o vistosa, niente trucco pesante o lineamenti finti. Era una ragazza con un trucco acqua e sapone, e questo metteva ancor più in risalto i suoi meravigliosi occhi verdi. Quella cascata di boccoli scuri, che rimbalzavano ad ogni suo movimento, la rendevano unica. Qualche ciocca ribelle poi, contribuiva a creare un effetto sbarazzino; e questo a Brian piaceva da morire. Per non parlare delle affinità intellettuali; alcuni interessi erano comuni, altri diversi, ma con lei riusciva a discutere per ore di qualsiasi cosa con una naturalezza incredibile.
- Ti chiedo scusa per prima - il chitarrista ruppe il silenzio e la ragazza si voltò di scatto
- Ho avuto una reazione infantile, stupida; non è da me comportarmi così -
- Non devi scusarti, almeno non con me; è normale avere dei momenti di debolezza. Tu oltretutto sei rinchiuso qui da settimane, chi non avrebbe un cedimento psicologico ogni tanto? - rispose sorridendogli la ragazza
- Sai, mi sono sempre sentito un po’ diverso dagli altri, ho difficoltà a relazionarmi con la maggior parte delle persone. Spesso mi sento solo, solo come un sospiro in un inseguimento di stelle -
- Caspita, come… - la ragazza si interruppe per qualche istante distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore - come sei poetico - concluse Cecilia realmente affascinata.
Le gote del ragazzo diventarono purpuree. Percependo l’imbarazzo del chitarrista la ragazza si affrettò a proseguire la frase in maniera scherzosa
- Ma d’altra parte da un astrofisico cosa ci si può aspettare? -
Brian, nonostante l’imbarazzo, sorrise alla ragazza e riprese la sua confessione
- Tralasciando queste metafore astronomiche, che descrivono comunque bene il mio stato d’animo, quello che tentavo di dire è che a quelle poche persone con cui riesco a legare mi affeziono tanto, forse troppo. Quasi morbosamente. E divento possessivo; vengo pervaso da una gelosia a volte incontrollabile -
- Credo sia perché hai paura di perderle -
- Effettivamente ho paura che si allontanino da me -
- Devi dare fiducia alle persone; anch’io ho pochi amici. Ma di quei pochi mi fido e so che non mi tradirebbero mai -
Cecilia aveva appena finito la frase quando Freddie e Roger rientrarono in stanza.
- Roggie, devo parlarti - disse Brian abbassando lo sguardo
- Non ce n’è bisogno - rispose il biondo sorridendo dolcemente - ho capito tutto, ho agito d’istinto senza pensare che le mie azioni avrebbero potuto ferirti…ti chiedo scusa Bri -
Cecilia diede un’ultima stretta alle mani del ragazzo, come per infondergli coraggio, e fece per alzarsi per fare spazio a Roger quando il batterista, poggiando con fermezza una mano sulla spalla della ragazza, la bloccò
- Non spostarti, non è necessario - disse il biondino mentre si lanciava sul letto di Brian piazzandosi a cavalcioni sul chitarrista abbracciandolo con un’enfasi non comune
- Mi perdoni? - domandò poi Roger puntando i suoi grandi occhi azzurri in quelli del chitarrista
- Sei tu che dovresti perdonare me per come ti ho trattato prima - replicò il riccio mentre con le sue lunghe dita affusolate accarezzava il volto dell’amico
- Non vorrei sembrarvi bacchettone ma se un’infermiera dovesse entrare in questo momento…ecco, sarebbe alquanto imbarazzante - disse con fare impacciato John
Roger per tutta risposta si lasciò andare a peso morto su Brian che, non riuscendo a sostenerlo, in pochi istanti si trovò letteralmente sommerso dal batterista.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere; la tensione iniziale era finalmente svanita.
- Bene. Adesso che avete chiarito, come ci organizziamo per il rientro? - chiese Freddie e proseguì - si sta facendo tardi e io questa sera prima di tornare a casa devo sbrigare alcune faccende -
- Noi prendiamo l’autobus proprio la davanti - disse Rossella indicando con il dito un grande viale alberato
- Ross, io in verità sono in bici…come mai sei così distratta oggi? - replicò un’ammiccante Cecilia
- Fuori è già buio; se vuoi posso accompagnarti io - disse John rivolgendosi a Rossella
- E io posso accompagnare te - ribatté il batterista rivolgendosi a Cecilia e aggiunse sorridendo - tanto adesso ho fatto pace con Bri -
- Sarei felice se l’accompagnassi, Rog - intervenne il chitarrista
- Anche se andiamo in due sulla stessa bicicletta? - chiese il biondo con un’espressione ammiccante
- Ecco…- Brian fece un lungo respiro - Anche se andate in due sulla stessa bicicletta. Mi fido di te - disse il riccio guardando prima Roger e poi Cecilia
- In due sulla stessa bici? Povera me! Speravo ci tenessi alla mia incolumità - esclamò scherzando la ragazza
- Ti ricrederai dopo avermi visto in azione - sentenziò il batterista facendo l’occhiolino a Cecilia
- Bene, allora è deciso - concluse Freddie e proseguì - a domani Bri -
Il chitarrista fece un cenno con la mano per salutare il cantante, poi rivolgendosi alle ragazze disse
- Grazie per la visita. Mi ha fatto davvero molto piacere vedervi -
Le ragazze gli sorrisero felici e esclamarono all’unisono
- Anche a noi -
John poggiò una mano sulla spalla di Rossella, e delicatamente la spinse verso l’uscita.
Roger e Cecilia stavano per uscire dalla stanza accodati al bassista e all’aspirante infermiera quando Brian domandò diretto alla ragazza
- Ti chiedo ancora scusa per oggi. Tornerai comunque a trovarmi? -
- Ma certo, mi fa sempre piacere chiacchierare con te! - rispose Cecilia sorridendogli.

- Roger accidenti vai più piano, o finiremo per schiantarci da qualche parte! -
- Non preoccuparti piccola, sono il mago della guida -
- Sento che non arriverò a casa viva -
- Devi avere più fiducia in me, sai? -
Il batterista aveva appena finito di dire la frase quando, prendendo una curva di Regent’s Park un po’ troppo velocemente, la gomma della bicicletta scivolò su della ghiaia piuttosto fine e i due rotolarono, senza farsi eccessivamente male, sul prato.
- Cosa stavi dicendo? - domandò Cecilia divertita guardando dritta negli occhi Roger che nella caduta era finito sotto di lei.
- Almeno tu sei atterrata sul morbido - replicò il biondo facendo una smorfia
I due scoppiarono a ridere di gusto.
Il batterista ci mise tutta la buona volontà a non cadere in tentazione, ma sentire il corpo della ragazza premere contro il suo era troppo per lui. Pensò a Brian, sapeva quanto l’amico tenesse a Cecilia; senza contare che al chitarrista non era praticamente mai successo di perdere la testa per una ragazza.
Il solletico al viso e al collo provocato dai boccoli della ragazza lo riportarono alla realtà
- Stai bene? - domando Cecilia
- Cosa potrei chiedere di più? Mi è appena volata una bella fanciulla tra le braccia -
- Scusami! - replicò Cecilia, allontanandosi istintivamente dal petto del ragazzo; nel fare quel movimento, un po’ troppo rapidamente, un ginocchio scivolò sull’erba umida e la ragazza ripiombò, con irruenza, cavalcioni sul batterista.
Roger si morse un labbro e tentò di mantenere la calma. Stava sudando freddo. Cecilia era involontariamente scivolata con una certa forza sul suo basso ventre che, sensibile a certi richiami, aveva iniziato a pulsare con discreto vigore.
“Merda!” pensò tra sé e sé; avrebbe voluto dare sfogo ai suoi istinti più primitivi ma doveva trattenersi. Brian gli aveva dato fiducia e lui non voleva tradire l’amico.
Non sarebbe riuscito a controllarsi ancora per molto; doveva agire subito.
- Non resiti proprio al mio fascino eh? - disse ammiccando, sperando che la ragazza, a disagio, si allontanasse. Ed effettivamente funzionò
Imbarazzata Cecilia si sollevò dal corpo del ragazzo chiedendogli scusa.
“Ci è mancato poco” pensò tra se Roger
- Sicura di stare bene? - chiese poi alla ragazza
Cecilia annuì.
Il biondo si sedette accanto alla ragazza e aggiunse
- Te l’avevo detto, con me non ci si annoia mai -
Cecilia gli sorrise divertita.
- Mi concedi cinque minuti di pausa? - domandò infine Roger
- Anche dieci - replicò la ragazza e aggiunse - ti va una birra? - indicando un chiosco poco lontano
- Mi va eccome! - esclamò sorpreso il batterista spalancando i suoi bellissimi occhi azzurri
- Aspettami qui,  sarò di ritorno in un minuto - disse Cecilia alzandosi mentre cercava di ripulirsi dalle foglie secche che le si erano attaccate ai vestiti

- Hai freddo? - domandò John con tono apprensivo
- Non preoccuparti, per adesso resisto - rispose sorridendo Rossella
- Di solito gli autobus sono puntuali, non capisco perché questa sera stiano tardando così tanto - disse John con tono sommesso
- Non è mica colpa tua - rispose Rossella
Erano oramai venti minuti che i due erano fermi alla fermata dell’autobus e l’aria iniziava ad essere davvero pungente.
- Lascia che ti impresti la mia sciarpa -
- Non preoccuparti John, davvero sto bene -
- Tu non sei abituata all’aria londinese, è meglio che ti copri un po’ di più, altrimenti rischi di ammalarti -
- Davvero, io non… - rispose balbettando la ragazza quando John, vedendo Rossella in imbarazzo, si fece coraggio e, sfilatosi la sciarpa, la passò attorno al collo della ragazza
- Ecco fatto - disse poi il bassista, soddisfatto della sua intraprendenza
- Grazie, questo tepore è davvero piacevole - rispose felice Rossella
Passarono diversi minuti, quando la ragazza fu percorsa da un brivido.
- Tu non me la racconti giusta. Dici di non avere freddo ma, nonostante la mia sciarpa, stai tremando - disse con sguardo inquisitore John e proseguì - Vieni con me, all’angolo c’è un pub. Ci prendiamo qualcosa da bere e intanto ci scaldiamo un po’ -
- Veramente io - rispose Rossella con voce titubante
- Che succede? Qualcosa non va? - chiese preoccupato John
- Ecco vedi…io sono astemia - disse imbarazzata la ragazza
John le sorrise dolcemente
- Se è per questo nemmeno io amo gli alcolici, non sono mica come Roger - e proseguì - ci prendiamo un buon the, così ci riscaldiamo entrambi, e poi andiamo a casa. Dai, vieni! - concluse il bassista porgendole il braccio.
Rossella, rincuorata, afferrò delicatamente il braccio del ragazzo e aggiunse
- Sicuro che in un pub si possa bere del the caldo? -
John avvicinò ancora di più a sé la ragazza; la sincerità di Rossella gli scaldava il cuore
- Stai tranquilla, ti prometto solennemente che berremo unicamente del the - disse con fare principesco il bassista; Rossella scoppiò a ridere e i due si avviarono verso il pub.

John e Rossella erano appena scesi dall’autobus e stavano camminando uno accanto all’altro nel grande viale alberato che li avrebbe condotti a casa della ragazza quando furono interrotti da una voce familiare
- Ehi ehi ehi, spostarsi! Largo! Fate largo! - un Roger scatenato passò con la bicicletta tra i due malcapitati, costringendoli ad allontanarsi rapidamente, per poi frenare bruscamente e fermarsi pochi metri più avanti, facendo così sbattere il viso di Cecilia contro la sua schiena.
- Ti è andato di volta il cervello, per caso? - esclamò arrabbiato il bassista
- Piaciuto lo scherzo? - replicò Roger
- Per niente - sentenziò serio John
- Ma Deacy, io…- tentò di giustificarsi il biondo
- Deacy un corno. C’è mancato poco che ci facessimo male tutti. Prima di agire prova a riflettere qualche volta - concluse freddo il bassista
Roger sospirò rumorosamente
- E va bene, scusa - disse mortificato e aggiunse - anche Brian oggi mi ha detto la stessa cosa -
- A quanto pare fatichi a mettere in pratica i concetti - replicò secco John
- Su ragazzi, basta litigare - disse Cecilia intromettendosi nella discussione e aggiunse - perché non salite a mangiare qualcosina da noi? -
- Ad un invito a cena come si può dire di no? Da parte di due belle ragazze poi - disse Roger strizzando l’occhio alle due fanciulle
- Ma Ceci, sei impazzita! - strillò Rossella - Come ti è saltato in testa di invitarli a cena! Non abbiamo nulla di pronto - concluse affannosamente la ragazza
- Infatti, poi è già tardi. Meglio rientrare, se Freddie torna a casa e non ci trova si preoccupa - disse John con fare impacciato
- Ma io pensavo ad un piatto di pasta, una cosa rapida e informale - sbuffò Cecilia
- La casa poi è in disordine… - aggiunse titubante Rossella
- Oh Ross, andiamo, sono certa che la nostra casetta sia più ordinata della stanza di Roger -
- Grazie per la fiducia eh - replicò scherzando il biondino
- Sentite, perché invece non rimandiamo la cena a quando Brian uscirà dall’ospedale? E’ questione di un paio di settimane - disse John
- Affare fatto, così ci sarete tutti e quattro! - rispose prontamente Rossella
- E va bene - sbuffarono all’unisono Cecilia e Roger
Dopo aver aspettato che le ragazze aprissero il pesante portone di casa, i due musicisti si incamminarono verso il loro appartamento, svanendo, di li a poco, nella notte Londinese.

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Capitolo 10
*** With the dreams of the world in the palm of your hand ***


Brian era affacciato alla finestra di quel triste parallelepipedo di cemento armato, che da quasi un mese era diventato la sua nuova casa o, per meglio dire, la sua prigione. Era un giornata mite, piuttosto calda per essere inizio ottobre. Il ragazzo stava assaporando il tepore di quei raggi di sole con gli occhi chiusi; il vento gli scompigliava leggermente i capelli e sentire quell’aria tiepida sulla pelle gli infondeva una strana sensazione di libertà. Tuttavia la sua mente era attraversata da pensieri che erano tutt’altro che frivoli e volubili; il chitarrista infatti era piuttosto inquieto.
Erano oramai passate due settimane da quell’ultimo incontro con Cecilia e la ragazza non si era più fatta vedere. Rossella invece, che lavorava in un ospedale poco distante, spesso prima o dopo i turni passava a salutarlo, verificava il procedere della malattia e ne approfittava per passare un po’ di tempo con John.
La ragazza dai lunghi capelli castani, percependo una strana inquietudine nel ragazzo, aveva tentato di rassicurarlo più volte
“Cecilia ti saluta tanto; purtroppo in questi giorni sta studiando giorno e notte per un concorso alla Royal Academy. Si tratta di selezioni riservate agli studenti dell’Accademia per formare un gruppo di musica da camera. Sai, il programma che deve preparare è vastissimo, spazia da Beethoven a Webern, da Brahms a Schönberg…e ha davvero pochissimo tempo libero, è sempre in Accademia ad esercitarsi. Comunque ogni volta che rientro a casa dopo essere stata qui mi chiede subito di te, e io la aggiorno nei minimi dettagli”.
Quelle parole gli risuonavano nella mente, come un’eco lontano, come un mantra ossessivo…nel disperato tentativo di convincersi che Cecilia, nonostante quest’assenza prolungata, tenesse comunque a lui.
Nemmeno Freddie l’aveva più vista all’Ealing Art College; la sua musa sembrava essersi volatilizzata. E Brian aveva paura. Paura che questi impegni musicali, mettendola in contatto con altre persone, l’avrebbero allontanata da lui. Paura, soprattutto, di non piacerle, o almeno di non piacerle abbastanza.
Si stava torturando con questi pensieri quando la voce di Rossella lo riportò alla realtà
- Ora ti devo salutare Brian, l’orario di visita non è ancora finito ma vorrei essere a casa per quando Ceci rientra. Oggi pomeriggio alla Royal Academy c’erano le finali di pianoforte e sono certa che la nostra musicista sarà distrutta. Sai, anche se non lo da a vedere è una ragazza molto ansiosa, e i concorsi le mettono sempre molta tensione; troppa secondo me: le passa addirittura l’appetito e studia in continuazione, perdendo di vista la cognizione del tempo -
Il chitarrista si voltò verso la ragazza
- Non preoccuparti, sei stata davvero gentile a passare a trovarmi anche oggi - e, abbassando il tono di voce, aggiunse
- In verità la capisco. Anche io sono molto ansioso e rigoroso nello studio quando devo affrontare degli esami. A proposito, riuscite a farmi sapere i risultati? -
- Perché non chiami a casa? Sono sicura che a Ceci farebbe davvero piacere sentirti - rispose decisa Rossella
- Ne sono certo anch’io - disse John entrando nella stanza
Brian sorrise impacciato
- Si sta facendo tardi, sono quasi le 19 e il sole sta già calando. Meglio andare - concluse il bassista appoggiando delicatamente una mano sulla schiena di Rossella e spingendo dolcemente la ragazza verso l’uscita.

Una volta solo, Brian aprì il suo armadietto e, dal taschino di una giacca, estrasse un biglietto con un numero di telefono. Lo fissò per alcuni minuti, immobile, dubbioso sul da farsi fin quando, raccogliendo tutta la sua intraprendenza, decise di recarsi nella sala d’attesa in cui c’era il telefono a gettoni. Incerto, il ragazzo compose il numero; le dita gli tremavano e il cuore gli batteva all’impazzata: più il telefono squillava, più il battito cardiaco del ragazzo accelerava. Rossella sicuramente era ancora per strada, quindi la sola a potergli rispondere era Cecilia. Ma il telefono squillò a vuoto. Il chitarrista si sedette su di una sedia della sala d’attesa, poco distante dalla finestra e, dopo quasi mezz’ora passata a contemplare il vuoto, provò nuovamente a telefonare, ma inutilmente; anche questa volta, infatti,  nessuno rispose. Rassegnato Brian agganciò il ricevitore. Rimase a fissare l’apparecchio telefonico per alcuni istanti, sospirò rumorosamente e si voltò…ritrovandosi davanti a Cecilia che lo scrutava silenziosa.
Il suo cuore sobbalzò e le sue pallide gote si arrossarono leggermente
- Cecilia! Non…non mi aspettavo di vederti - esclamò sorpreso il chitarrista
- Ho fatto una corsa sperando di arrivare prima della fine dell’orario di visita. Ti ho cercato dappertutto, non riuscivo a trovarti - rispose la ragazza, ancora affannata per la corsa
Brian le sorrise dolcemente
- Sono felice di vederti - disse il ricciolo con voce pacata
- Anche io. E tra l’altro mi pare che tu stia decisamente meglio. Ross mi ha detto che tra meno di una settimana sarai finalmente fuori da questa prigione - replicò decisa Cecilia e, abbassando il tono della voce aggiunse
- Perdonami se non sono più passata ma…-
Il ragazzo scosse la testa e l’interruppe
- So tutto, Rossella mi ha raccontato delle selezioni alla Royal Academy. E mi ha anche detto che oggi c’erano le finali. Allora? - domandò curioso
- Sì, è stato un pomeriggio davvero pesante, ricco di tensione - rispose titubante la ragazza
- E, se non sono indiscreto, com’è andata? - incalzò il chitarrista
- Abbastanza bene - replicò incerta la ragazza
- Abbastanza…quanto? Non essere criptica - disse il ricciolo sorridendole dolcemente
- Beh ecco - la ragazza abbassò lo sguardo
In quel momento Brian si maledì per essere stato così insistente. Cecilia era in evidente imbarazzo, avrebbe dovuto capirlo subito che qualcosa era andato storto. Stava pensando a come uscire da questa situazione, a quali parole di conforto rivolgerle, quando la voce della ragazza lo riportò in un batter d’occhio alla realtà
- Ho vinto - disse Cecilia tutto d’un fiato fissando il pavimento
Brian, sorpreso, sgranò gli occhi
- E lo dici così, come se niente fosse, senza nemmeno fare un sorriso? - domandò stupito
- Sì sono contenta, è solo che -
La ragazza stava tentando di giustificarsi quando fu interrotta dal chitarrista
- Non essere modesta, devi essere orgogliosa dei tuoi successi - disse Brian sorridendogli dal profondo del cuore, mentre con l’indice della mando destra le sollevava dolcemente il mento per poterla guardare dritta negli occhi
- Ti ringrazio. Non so perché reagisco così…ho sempre avuto difficoltà nel raccontare agli altri dei miei successi, delle mie vittorie. Quasi me ne vergogno -
Istintivamente Brian allungò un braccio, lo andò a posare su una spalla della ragazza e la strinse delicatamente a sé
- Sono davvero orgoglioso di te. Conosco quelle selezioni, sono molto dure, ci partecipano tantissime persone e la commissione è severissima - disse il chitarrista mentre teneva stretta a sé Cecilia.
Gli occhi della ragazza diventarono lucidi
- Chiunque vorrebbe essere al tuo posto, hai i sogni del mondo nel palmo della tua mano. Sii felice di questo e sfrutta al massimo la situazione -
Una lacrima solcò il viso della ragazza. Era commossa. Commossa dalla gentilezza di questo ragazzo che in così poco tempo era riuscito a leggerle nel profondo dell’anima.
- E adesso cosa succede? Cosa comporta questa vincita? - chiese il chitarrista allontanando leggermente, ma sempre con estrema delicatezza, da sé la ragazza così da poterla guardare meglio in viso
- I ragazzi selezionati partiranno per una breve tournée in Inghilterra e in Scozia. Suoneremo alcuni quintetti, per due violini, viola, violoncello e pianoforte, di autori famosi -
- Sai già quando devi partire? -
- Venerdì -
Il ragazzo trasalì
- Tra tre giorni? - chiese apprensivo
- Esatto. Purtroppo non potrò esserci lunedì, quando ti dimetteranno. Mi spiace molto -
- Vorrà dire che ti aspetterò nella nostra sala prove non appena finirai questo tour de force - rispose Brian sorridendole
- Mi piacerebbe davvero tanto! -
- Sai già la data del tuo rientro? -
- Il 20 ottobre sarò a Londra per l’ultimo concerto alla Royal Albert Hall; dal 21 sono tutta vostra, anche se detto così suona un po’ come una minaccia -
Brian non poté fare a meno di ridere
- Allora affare fatto - concluse il chitarrista con tono deciso.
Un’ infermiera fece notare ai due ragazzi che l’orario di visita era terminato da un pezzo
- Ci vediamo tra due settimane - disse titubante la ragazza
- Ci conto! Buona tournée e ancora complimenti -
Brian avrebbe voluto avvicinarsi a Cecilia e abbracciarla stretta, ma la sua timidezza, ancora una volta, stava avendo il sopravvento.
La ragazza invece, dopo aver fissato il chitarrista per alcuni istanti, si avvicinò a lui, sollevò le braccia fino a raggiungere il collo magro del ragazzo e lo strinse a sé. Il ricciolo ricambiò sorpreso la stretta
- Grazie - gli sussurrò poi Cecilia all’orecchio, poco prima di sciogliere l’abbraccio e allontanarsi dal ragazzo
La giovane stava per entrare in ascensore quando Brian la bloccò
- Aspetta, seguimi! - disse il chitarrista mentre con la mano afferrava deciso un braccio della ragazza
Cecilia si voltò e lo guardò sorpresa
- Sono quasi le nove, se l’infermiera mi becca ancora qui come minimo mi uccide -
- Nel caso ti difendo io - replicò il riccio sorridendole e aggiunse
- Dai, è una cosa da un minuto -
Cecilia si guardò attorno e, non vedendo personale ospedaliero nei paraggi, decise di seguire Brian.
Il ragazzo entrò nella stanza, aprì l’armadietto, iniziò a rovistare tra i vestiti e, dopo alcuni minuti, girandosi verso la ragazza, le porse una collana dorata con all’estremità un ciondolo con due note musicali, due crome, anch’esse dorate.
Cecilia lo guardò stupita
- E’ il mio portafortuna - disse con voce ferma il chitarrista e proseguì
- Lo porto sempre in giro con me quando suono e mi infonde sicurezza. Credo però che in questo momento serva di più a te; me lo restituirai al tuo ritorno -
- Brian, ti ringrazio per il pensiero ma non posso accettare, è la tua collana, il tuo portafortuna - replicò immediatamente la ragazza
- E io la impresto a te - incalzò il ricciolo
- Davvero, grazie, ma non me la sento - rispose affannata Cecilia
- Insisto - replicò deciso Brian
- Ma io - la ragazza stava tentando di giustificarsi quando il chitarrista l’interruppe
- Se non la prendi mi offendo -
- Accidenti, come sei testardo! E’ bellissima ma -
- Niente ma. Piuttosto, fammi vedere come ti sta -
- Come scusa? - rispose confusa Cecilia
Brian oltrepassò rapidamente la ragazza e si piazzò alle sue spalle, lasciando una Cecilia smarrita a contemplare l’armadietto ancora aperto.
Poco dopo la ragazza sentì le dita di Brian sul suo collo e, di riflesso, si raccolse i capelli con le mani per aiutare il ragazzo ad agganciare la collana.
Quando Cecilia si scoprì il collo il cuore del chitarrista ebbe un sussulto e il suo corpo fu percorso da istinti primordiali che nemmeno pensava di avere. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla a sé, percorrere dolcemente con le labbra quel collo magro e riempirlo di baci, e intanto esplorare con le mani ogni centimetro quadrato del corpo della ragazza, facendo scorrere le sue lunghe dita sulla pelle chiara della ragazza. Ma non poteva. Non adesso almeno. Rimase turbato dai quei pensieri e, quando finalmente riuscì a metterli sottochiave in un cassetto del suo cervello, si piazzò di fronte alla ragazza per vedere come le stava la collana.
- Magnifico - esclamò soddisfatto
Cecilia sorrise prendendo con il pollice e l’indice della mano sinistra il ciondolo
- Sei sicuro? - chiese titubante
- Assolutamente - replicò il chitarrista accompagnando le parole con un cenno del capo
- Ti sta molto bene, con questo tessuto scuro risalta moltissimo, ma non starebbe male nemmeno con una maglia un po’ più scollata -
Cecilia strabuzzò gli occhi mentre Brian, non appena si rese conto di quello che aveva detto, si portò le mani alla bocca
- Scusami, Roger deve avermi contagiato - balbettò per giustificarsi
I due scoppiarono a ridere prima di salutarsi nuovamente con un abbraccio.
- In bocca al lupo - disse infine Brian dando un rapido bacio sulla guancia a Cecilia
- E grazie per essere venuta a trovarmi, non immagini quanto mi abbia reso felice la tua visita -
- E’ sempre un piacere parlare conte e con questa collana i concerti saranno un successo -  disse sorridendo la ragazza afferrando il ciondolo tra le mani, prima di fuggire a passo felpato dalla stanza per non farsi richiamare da qualche infermiera.

Il ragazzo si affacciò nuovamente alla finestra a contemplare l’infinito, ma questa volta con una consapevolezza diversa.
Era venuta da lui, Cecilia. Aveva avuto una settimana estenuante. Aveva finito quello stesso pomeriggio delle selezioni pesantissime. Era sicuramente stanca, anzi, stanchissima. Lo sapeva bene, Brian. Quando l’adrenalina cala si viene pervasi da una spossatezza tremenda. E lei nonostante tutto aveva pensato a lui. Anziché andare a casa a riposarsi. Anziché festeggiare con i compagni di corso. Anziché raggiungere Rossella a casa, lei era venuta da lui a salutarlo. Aveva pensato a lui prima di qualunque altro. Forse questa era la volta buona. Sì, doveva esserlo. Per forza.

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Capitolo 11
*** You're the best friend that I ever had ***


Rossella e i quattro ragazzi stavano chiacchierando nella stanza di Brian quando Roger, atleticamente, saltò il letto del chitarrista per lanciarsi sul telecomando ed alzare il volume della tv al massimo strillando
- Cecilia! C’è Cecilia in televisione! -
I ragazzi si voltarono di scatto.
Il telegiornale regionale stava trasmettendo un servizio sul J. R. Smith Prize, il concorso vinto da Cecilia e altri quattro strumentisti della Royal Academy.
Il giornalista stava intervistando i cinque musicisti che, la sera seguente, avrebbero inaugurato la loro tournée con un concerto a Bristol, quando la voce del cronista fu sopraffatta da quella del batterista
- Ma tu guarda che modi! Partire per una tournée senza nemmeno salutarci - sbuffò il biondino incrociando le braccia sul petto
- Noi ci siamo salutati all’Ealing Art College questa mattina - replicò Freddie
- abbiamo chiacchierato per più di un’ora al bar dell’università davanti ad una buonissima fetta di torta - concluse soddisfatto il cantante
- Io l’ho salutata ieri, quando ho accompagnato Rossella a casa - proseguì John
- E’ passata a salutarmi mercoledì sera, alla fine delle selezioni - disse timidamente Brian
- Ecco dov’era finita quella disgraziata! E io che pensavo fosse rimasta in Accademia fino a tardi - rispose con finto tono seccato Rossella.
Nel sentire quest’affermazione scoppiarono tutti a ridere, quando Roger sbottò
- Insomma, l’unico sfigato che non ne sapeva nulla sono io. E pensare che l’ho pure riaccompagnata a casa in bicicletta - replicò il batterista
- Roger caro…per conquistare una ragazza come Cecilia non basta mettere in mostra i pettorali, ma bisogna anche avere delle qualità intellettuali - replicò il cantante
- Vuoi forse dire che sono un cretino? -
- Non ho detto questo, dico solo che Brian ad esempio -
- Vaffanculo, Freddie! - urlò il biondo furibondo interrompendo il cantante
- Roggie, calmati - intervenne John e proseguì
- Ascolta quello che Freddie ha da dirti prima di sbottare in questo modo -
- Tanto so già quello che vuole dire! - strillò il batterista con gli occhi lucidi dalla rabbia
John cinse la vita di Roger con un braccio e lo strinse a sé
- Calmati, dai - gli bisbigliò poi all’orecchio
- Ascoltiamo il servizio in televisione e dopo tentiamo di riprendere la discussione in maniera civile, non reagire subito in modo così aggressivo - concluse il bassista.

In tv il giornalista, dopo aver parlato del prestigioso Premio e delle opportunità che una società antica come la Royal Academy of Music riservava ai giovani, iniziò ad intervistare in diretta dallo studio i cinque musicisti.
Daniel, il primo violino, era un ragazzo piuttosto simpatico e spontaneo, sempre sorridente, con dei grandi occhi verdi; i capelli, castani e di lunghezza media, presentavano una forte scalatura, e una frangia asimmetrica gli incorniciava il viso, perfettamente ovale
- Che carino! - esclamò Rossella non appena lo vide
John strabuzzò gli occhi ma non commentò, mentre Freddie sospirò rumorosamente alzando gli occhi al cielo.
Mark, il secondo violino, sembrava il tipico secchione: piuttosto impacciato nel rispondere alle domande che gli venivano poste, era molto magro, aveva i capelli corti, portava degli occhiali spessi e aveva diversi brufoli sulla pelle
- Questo invece è uno sfigato - sentenziò Roger
Alla viola c’era Elizabeth, una ragazza leggermente in carne, con i capelli rossi perfettamente lisci che gli arrivavano fin sotto alle spalle e che contrastavano con la sua pelle chiarissima; la violista indossava un abito corto di pizzo blu scuro piuttosto scollato, che metteva in risalto la sua generosa scollatura
- Non male - disse con un ghigno beffardo il biondino
Ma la sua risata si interruppe improvvisamente quando il conduttore presentò Stuart, il violoncellista: era il tipico bello e dannato, capelli biondo scuro che gli sfioravano le spalle, gambe divaricate, mano appoggiata al mento e sguardo sexy e penetrante
- Perbacco! - esclamò Freddie mentre gli altri ragazzi sembravano in trance.
Infine fu il turno di Cecilia; la ragazza indossava una dolcevita bordeaux abbinata ad una giacca sciancrata in velluto nero, che le metteva in risalto le forme, e un paio di pantaloni a zampa di elefante, anch’essi di velluto nero. Questo completo, dal taglio un po’ maschile, la rendeva aggressiva e decisamente sexy
- Se fossi stato al posto del cronista le sarei saltato addosso - commentò il batterista
- E ti saresti preso, come minimo, una potente sberla come ringraziamento - rispose secca Rossella roteando gli occhi
- Non darci peso cara, è un caso perso - replicò Freddie.
Brian, dal canto suo, continuava a fissare il monitor e a sorridere felice; su quel sotto giacca bordeaux una collana contribuiva ad illuminare il volto della ragazza e il chitarrista non poté non riconoscere il suo portafortuna.
Improvvisamente Roger si staccò da John
- Accidenti, mi sono ricordato di un impegno e sono già in ritardo. Ci si vede questa sera - disse il biondo con voce incerta mentre usciva rapidamente dalla stanza.

Il ragazzo, non appena fuori dall’ospedale, salì rapido sulla sua auto, una mini verde chiaro, e partì con una sgommata in direzione del Television Centre di White City, nella parte ovest di Londra, quartier generale della BBC.
Una volta arrivato, il batterista si trovò davanti ad un gigantesco palazzo moderno, ricco di vetrate e pensiline; senza indecisione raggiunse il guardiano che sorvegliava l’ingresso principale
- Mi scusi, saprebbe indicarmi dove trasmettono il telegiornale? -
L’anziano signore si voltò verso il ragazzo, squadrandolo dalla testa ai piedi; il batterista indossava dei jeans chiari a zampa di elefante con varie toppe colorate, un mini giubbotto, anch’esso di jeans, di color verde petrolio e dei Ray-Ban color bronzo.
- E tu chi saresti? - domandò poi il guardiano con tutta calma
- Io ecco…una mia amica pianista era in diretta poco fa al telegiornale -
- Ah…sei anche tu uno di quei musicisti! - replicò con tono scocciato il guardiano
- E' da due ore che i tuoi amici scorrazzano per gli studios. Comunque se non hai il pass non puoi entrare, devi aspettarli laggiù - concluse l’uomo indicando una grande porta a vetri che si trovava in una manica laterale dell’edificio.
Roger ringraziò l’anziano signore e si precipitò di fronte alla vetrata.
Un ragazzo stava fumando di gusto una sigaretta.
- Scusa - domandò il batterista - è da questa porta che si accede agli studi da cui trasmettono il telegiornale? -
- Purtroppo non lavoro qui, ma sono venuto a prendere delle persone che hanno preso parte all’edizione del notiziario delle 13; dovrebbero uscire a momenti - disse voltandosi verso la porta a vetri e aggiunse
- anzi, mi pare proprio di intravedere uno di loro quindi sì, sei nel posto giusto -
- Oh, il secchione - mormorò il biondino non appena vide il violinista
Il ragazzo si sfilò la sigaretta di bocca e fece una smorfia
- Sei anche tu della Royal Academy? -
Roger fece un sorriso compiaciuto: era riuscito ad arrivare in tempo.
- No, sono solo un amico di uno dei musicisti che hanno appena intervistato. Tu invece studi lì? - replicò poi incuriosito il biondo
- Sì, e per pagarmi gli studi sto collaborando con l’Accademia nell’organizzazione degli eventi. Non appena i ragazzi escono da qui, li carico su un pulmino e li porto a King’s Cross Station -
- Fai anche il tassista? - domandò stupito il batterista
- La collaborazione prevede anche questo, mi tocca - rispose con voce mesta il ragazzo, mentre il batterista annuì facendo un cenno con il capo.
- Ma dimmi. Chi è che conosci dei magnifici cinque? -
- Cecilia, la ragazza che suona il pianoforte -
- Fortunello, dovevo immaginarlo -
- Non è come pensi - il biondino aveva appena finito la frase, quando la grande porta a vetri scorrevole si aprì e apparve la ragazza.
- Roger! Che sorpresa! Che ci fai qui? - esclamò Cecilia saltellando verso di lui
- Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna - rispose accigliato il batterista
- Come scusa? - replicò stupita la ragazza
- Ero in ospedale, ho casualmente visto il telegiornale e ho scoperto di essere l’unico sfigato a non sapere della tua partenza. Non solo. Ero anche l’unico a non averti salutata -
- Accidenti, ti chiedo scusa! Ho avuto pochissimo tempo e, dovendo fare mille cose, mi è passato di mente. Pensavo te lo dicessero gli altri - rispose sinceramente dispiaciuta Cecilia abbassando lo sguardo
- Gli altri? - replicò triste il biondo e proseguì
- Io avrei voluto saperlo direttamente da te -
- Hai ragione. Sono stata maleducata a non avvisarti ma, credimi, non l’ ho fatto apposta. Mi dispiace tanto, lo sai che ci tengo a te! -
- E va bene - rispose il batterista cambiando completamente espressione in volto
- per questa volta ti perdono! -
Cecilia stava per aprire bocca quando Roger prese nuovamente la parola
- Ma - disse con tono solenne alzando l’indice della mano destra verso l’alto
- Ti perdono solo perché ti ho vista in TV ed eri una strafiga -
- Piantala! - replicò decisa la ragazza con tono di rimprovero.
Quelle parole, però, sembrarono non avere alcun effetto sul batterista
- E, tra parentesi, lo sei anche adesso - proseguì il biondo avvicinandosi a Cecilia e poggiandole una mano sulla spalla
- Ti prego Roger, smettila. Tu ti stai divertendo ma io con queste persone ci lavoro - rispose Cecilia, con le gote arrossate, guardandosi attorno imbarazzata.
Roger alzò lo sguardo e vide che i compagni d’avventura della ragazza li stavano osservando incuriositi
- Fine del teatrino - disse poi Stuart, affiancando Cecilia e, rivolgendosi al batterista, aggiunse
- E tu fattene una ragione, non gli interessi -
In quel momento la sicurezza di Roger vacillò ma il ragazzo tentò comunque di tenere testa al violoncellista.
- Ti faccio così paura? - replicò secco il batterista
- Tu? - ripose sghignazzando Stuart, guardando il biondo dall’alto al basso
- Adesso basta! Piantatela tutti e due! - gridò Cecilia
- Scusami - bisbigliò Roger - ancora una volta ho agito senza pensare e mi sono comportato come un cretino -
- Ben detto - commentò Stuart
Il batterista si voltò furioso verso il violoncellista quando sentì la mano della ragazza appoggiarsi sul suo braccio destro
- Cerca di mantenere la calma - gli sussurrò poi all’orecchio Cecilia
Roger si voltò verso la ragazza; quei grandi occhi verdi lo stavano implorando di trattenersi dal rispondere alle provocazioni di Stuart.
Il biondo fece un lungo respiro
- Volevo solo salutarti - disse con un sorriso triste guardando Cecilia diritta negli occhi e, voltandosi verso gli altri ragazzi, aggiunse
- Vi chiedo scusa per prima. Adesso è meglio che vada, in bocca lupo a tutti per la vostra tournée  -
Il batterista voltò le spalle al gruppo e iniziò ad allontanarsi a piccoli passi quando Cecilia sorprese tutti; con una rapida corsa raggiunse Roger e si piazzò davanti al ragazzo
- Io mangio un boccone con lui e vi raggiungo; ci vediamo davanti a King’s Cross Station tra un’ora e mezza - disse agli amici musicisti mentre prendeva Roger sotto braccio e attraversava il cortile degli studios
- Non me l’aspettavo - disse poi il biondo non appena furono fuori dal Television Centre
- Lo so - rispose sorridente la ragazza e aggiunse
- Ma volevo farmi perdonare, sia per come sono andate le cose poco fa e sia per non averti avvisato della mia partenza -
- E’ tutto a posto - bisbigliò il batterista cingendole con un braccio le spalle e aggiunse
- Se ti fidi di me, ti porto in un posto molto suggestivo -
- Mi fido, siamo solo un po’ stretti con i tempi e non vorrei arrivare tardi in stazione…a meno che tu non voglia accompagnarmi fino a Bristol - ridacchiò Cecilia
- Sarei anche capace di farlo sai - ribatté deciso Roger e aggiunse
- comunque il posto in cui pensavo di portarti è vicinissimo alla stazione di King’s Cross -
- Allora affare fatto - replicò entusiasta la ragazza
Il batterista fece accomodare Cecilia in macchina, infilò nell’autoradio una musicassetta dei Beatles e partì a tutta velocità facendo rombare il motore della sua auto.

- Eccoci arrivati - esclamò il ragazzo mentre, dopo aver frenato un po’ bruscamente, parcheggiava in un viale, cercando di sistemare l’auto tra due alberi.
Cecilia si guardò attorno: una strada trafficata costeggiava un ampio canale pieno zeppo di battelli colorati. Il corso d’acqua confinava poi con un muro di mattoni piuttosto alto al di là del quale si trovava la ferrovia
- Conoscevi già questo posto? -
La ragazza scosse la testa
- Lo immaginavo. Tuttavia…non mi sembri entusiasta -
- Non è che non sia bello, non fraintendermi…è solo che mi sembra un posto abbastanza anonimo -
Roger ridacchiò di gusto
- Apprezzo la sincerità - disse poi porgendo il braccio a Cecilia.
Non appena i due svoltarono l’angolo, il panorama cambiò radicalmente: una stradina pavimentata in pietra, molto ben curata e decorata con aiuole fiorite, costeggiava un piccolo canale dall’acqua limpida e sulla cui superficie qua e là spuntavano delle bellissime ninfee rosa. Dall’altro lato del canale invece vi erano dei tipici cottage in mattoni, caratterizzati da grandi bow-windows e porte d’ingresso colorate, accanto alle quali vi erano delle sontuose fioriere. Vi erano infine dei piccoli e graziosi ponti pedonali, che mettevano in comunicazione le due rive.
- Oddio ma è bellissimo - disse la ragazza mentre divorava il panorama con gli occhi
- Benvenuta alla chiusa di St. Pancras - disse Roger con tono soddisfatto
- Una chiusa? Non pensavo ne esistesse una a Londra! - esclamò stupita Cecilia
- Io so sempre come stupire le ragazze - ammiccò il batterista
- Sei sempre il solito - replicò ridacchiando Cecilia
- E va bene, se mi preferisci in versione professore serio e noioso eccoti soddisfatta: siamo sul Regent’s Canal, nel sobborgo di Camden a nord-ovest del Tamigi -
Cecilia gli sorrise
- Grazie Roger, è un luogo surreale, quasi fiabesco -
- E non hai ancora visto tutto - replicò il biondo mentre con un braccio invitava la ragazza a costeggiare il canale.
Durante il tragitto il batterista comprò alcuni panini in un chiosco e i due si fermarono a magiare in una piccola isola artificiale in mezzo al canale; anch’essa era pavimentata in pietra e alcune fioriere circondavano una panchina costruita in ferro e legno.
Cecilia e Roger stavano chiacchierando di gusto quando, sul volto del ragazzo, comparve un’espressione di stupore
- Lo sai che hai una collana davvero simile a quella di Brian? -
- Veramente è la stessa - replicò Cecilia arrossendo in volto
- La stessa? E’ impossibile! - il batterista prese fiato e proseguì
- Vedi, la collana di Brian ha una storia particolare. Gliel’hanno regalata i suoi genitori quando si è trasferito a Londra e l’hanno forgiata fondendo dei vecchi gioielli di famiglia, così che fosse qualcosa di unico, raro e inimitabile. Un po’ come è lui d’altronde, chi potrebbe mai riuscire ad imitare Brian Harold May? - concluse Roger sorridendo ma, non appena vide gli occhi di Cecilia diventare lucidi, il sorriso svanì dal suo volto e al suo posto subentrò un’espressione preoccupata
- Che succede piccola? -
La ragazza si asciugò gli occhi e non rispose
- E’ una storia commovente vero? Brian è molto legato alla sua famiglia e porta quel ciondolo sempre con sé, è il suo portafortuna. Sai, è anche un modo per sentirsi più vicino ai genitori ora che è lontano da casa. Non lo da a vedere ma il nostro chitarrista è un inguaribile romantico -
- Roger - disse infine Cecilia portandosi una mano sul petto e stringendo forte il ciondolo - questa è la sua collana -
- Che cosa? - strillò stupito il biondo facendosi così andare di traverso la birra che aveva in bocca
- Gliel’hai rubata in ospedale? - chiese poi titubante il batterista
La ragazza alzò gli occhi al cielo
- Certo che no! -
- E allora come fai ad averla? - concluse Roger con un fil di voce
- Mercoledì, quando sono andata a salutarlo, ha insistito affinché la portassi con me in questa breve tournée, come portafortuna; ho tentato in tutti i modi di dissuaderlo ma non c’è stato verso di fargli cambiare idea -
Roger deglutì, si portò una mano alla fronte e, prima di riprendere la parola, fece un lungo respiro
- Non immagini quanto Brian tenga a quel ciondolo -
- Dopo quello che mi hai raccontato è difficile non immaginarlo - rispose angosciata la ragazza e proseguì
- Cosa posso fare? Non me la sento di tenere un oggetto così prezioso, con un valore affettivo così importate per Brian -
Il batterista non rispose; era davvero confuso
- Ascoltami, se io la dessi a te…tu gliela restituiresti questa sera? - chiese poi dubbiosa Cecilia
- No. Lo offenderesti a morte. Se ha deciso di imprestartela è perché è felice che in questo momento ce l’abbia tu. E’ come se ti avesse donato un pezzettino della sua anima - bisbigliò Roger, prima di interrompersi per alcuni instanti per prendere fiato
- Questo gesto mi fa riflettere molto - proseguì il biondo mordendosi nervosamente il labbro inferiore
- è come se Brian volesse farti sentire la sua presenza e il suo supporto anche a distanza -
Il batterista chiuse un attimo gli occhi e inspirò profondamente
- Tu cosa provi per lui? - domandò poi serio il ragazzo
- Come scusa? - replicò confusa Cecilia
- Hai capito benissimo -
La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata
- Ci tengo molto - sussurrò infine
- Tanto…quanto? -
- Oh diamine Roger! -
- Voglio solo capire - rispose calmo il batterista e aggiunse
- Brian è il mio migliore amico e, sebbene sia l’incarnazione della perfezione, è un vero impiastro a relazionarsi con le altre persone, soprattutto se si tratta di ragazze e ancora di più se queste gli interessano -
- Non sei credibile -
- E invece è proprio così - rispose secco il biondo e aggiunse
- ma non cercare di cambiare discorso; lo vedo che sei in imbarazzo, e mi spiace vederti così tesa, ma davvero, ho bisogno che tu mi risponda con la massima sincerità - concluse il batterista appoggiando affettuosamente una mano su un ginocchio della ragazza
Cecilia chiuse un attimo gli occhi, espirò profondamente e si voltò verso Roger
- Mi ha colpita fin dal primo momento che l’ho visto, all’aeroporto, nonostante fosse stanco e provato dall’epatite; nel momento in cui ho incrociato il suo sguardo il mio cuore ha sussultato. Non so dirti il motivo, ma questo è quello che ho provato. Poi casualmente ho avuto la fortuna di rincontrarlo, di parlarci assieme e di scoprire tantissime cose su di lui che non hanno fatto altro che accrescere il mio interesse nei suoi confronti, rendendolo sempre più intrigante ma anche più distante -
- Distante? - chiese sorpreso il biondo
- Non saprei, mi sembra troppo…troppo perfetto, troppo geniale -
- Lui è perfetto e geniale, altrimenti non sarebbe Brian Harold May - rispose il batterista
- e anche tu lo sei - proseguì Roger sorridendo dolcemente
- quindi quando farete dei bambini diventerò zio di tanti piccoli Einstein - concluse il biondo
- Roger! - replicò Cecilia con tono di rimprovero dandogli un piccolo colpo sul braccio
- Che ho detto di male? - domandò ingenuamente il batterista
La ragazza fece una smorfia e alzò gli occhi al cielo
- Sei una ragazza speciale, una delle poche con cui riesco a parlare in maniera così spontanea, una delle poche in grado di tenermi testa, una delle poche - il biondo si fermò a prendere fiato e il suo volto si incupì - una delle poche che mi frequentano anche se non vogliono venire a letto con me, ma mi apprezzano per quel che sono -
Cecilia si gettò tra le braccia del ragazzo
- Non avrai mica cambiato idea? - disse Roger scherzando
Ma questa volta Cecilia anziché allontanarsi lo strinse forte
- Grazie Roggie. Sei il migliore amico che abbia mai avuto -
Il batterista ricambiò la stretta; era felice che la ragazza si fosse confidata con lui dandogli la massima fiducia. Tuttavia a lui Cecilia piaceva, anzi, piaceva molto. Ma quella volta si mostrò maturo e si accontentò di essere il suo migliore amico. Aveva compreso che i sentimenti di Brian erano più profondi dei suoi, e la ragazza sembrava proprio essere invaghita dell’amico chitarrista.
Era felice per Brian; felice che dopo le poche e negative esperienze sentimentali dell’amico, il riccio si fosse innamorato di una ragazza sincera e intelligente come Cecilia, e in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa per facilitarli nella loro relazione.
Fu la voce della ragazza a riportarlo alla realtà
- Roger, temo che il tempo a disposizione sia scaduto -
Il biondo diede una rapida occhiata all’orologio e non batté ciglio
- Tranquilla piccola, con un autista come me arriveremo a King’s Cross in un minuto -
E mentre Cecilia ridacchiava scrollando la testa, Roger l’afferrò per un braccio e iniziò a correre verso la macchina.

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Capitolo 12
*** I'm happy at home ***


Finalmente il fatidico giorno era arrivato; la prigionia di Brian sarebbe finita da lì a pochi minuti ma Roger, anziché essere in ospedale con Freddie e John ad aiutare il chitarrista a rientrare a casa, stava percorrendo a passo svelto Marylebone Road; i suoi lunghi e soffici capelli biondi, leggermente mossi dal vento, gli rimbalzavano sulle spalle, mentre il corto giubbotto di pelle che indossava, ad ogni movimento lasciava intravedere la sua pelle eburnea, suscitando l’interesse della quasi totalità delle ragazze che incrociava nel suo cammino.
Improvvisamente si fermò; una scritta bianca su fondo nero faceva capolino davanti ai suoi occhi: Royal Academy of Music. Prese fiato, sospirò rumorosamente e, dopo alcuni secondi di indecisione, salì i sei gradini di pietra che conducevano al maestoso portone d’ingresso.
Una sontuosissima hall si stagliò davanti ai suoi occhi: pavimenti finemente decorati con mosaici preziosi, colonne di marmo che reggevano delle imponenti volte riccamente affrescate e, sullo sfondo, una gigantesca scala elicoidale in ferro battuto che conduceva ai piani superiori.
Il batterista stava ancora contemplando l’architettura della più importante accademia di musica di Londra quando una voce un po’ stridula richiamò la sua attenzione
- Buongiorno, come posso aiutarla? - una giovane donna svolgeva le mansioni di portineria
- Ehm, buongiorno. Volevo…volevo sapere quali saranno i prossimi concerti -
- Qui in Accademia abbiamo una fitta attività artistica, trova tutto affisso a quella bacheca - rispose la donna indicando un gigantesco pannello ligneo che si trovava alle spalle del biondo.
Il batterista ringraziò e si mise a setacciare con lo sguardo la bacheca. La portinaia non poté non notare una certa irrequietudine nel ragazzo
- Cerca qualcosa in particolare? - domandò la donna sperando di poter aiutare in qualche modo il giovane
- Beh ecco, mi interessano i concerti per piccolo gruppo di strumenti - rispose affannato Roger
- Per ensemble, quindi? -
- Sì esatto, per ensemble. Non mi veniva in mente il termine preciso -
- Alla sua destra ci sono tutti i concerti di musica da camera -
- Musica…da camera? - chiese stupito il batterista facendo una smorfia
- Sì, la musica per gruppi strumentali non numerosi - rispose pacata la donna
- La ringrazio - concluse Roger sorridendo, per poi rimettersi a guardare, con una certa impazienza, le varie locandine affisse nella sezione della bacheca riservata alla musica da camera. “Maledizione, dovrà pur esserci la pubblicità di quei concerti!” pensò tra sé e sé il biondino, mentre da alcuni minuti scrutava ogni brochure presente sul quel gigantesco pannello di legno.
- Scusi se insisto, sta cercando un concerto specifico? -
Roger, un po’ imbarazzato, si voltò verso la giovane donna
- Ecco…ho saputo che recentemente ci sono state delle selezioni, e che i ragazzi che sono risultati vincitori sono partiti per una breve tournée -
- Ah, ma si tratta del famoso J. R. Smith Prize! - esclamò la portinaia
- Sì, il nome mi sembra quello - disse Roger sgranando i suoi grandi occhi azzurri e aggiunse - dovrebbe esserci anche una ragazza italiana tra i vincitori -
La donna piegò la testa da un lato e gli sorrise
- Sei un amico di Cecilia? -
- La conosce? - chiese sorpreso il batterista
- Ma certo, è una ragazza molto simpatica e disponibile. Oltre che è un vero talento! Si dice che sia uno dei migliori acquisti dell’Accademia degli ultimi anni -
Roger sorrise
- Allora? - incalzò la donna
- Allora...cosa? - chiese sorpreso il biondo
- Sei un suo amico o… no, non mi dire! Non sarai mica il suo ragazzo? -
- No no - ribatté rapido il biondo gesticolando con le mani e proseguì
- Sono semplicemente un suo amico -
- E, se posso, cosa ti spinge qui in Accademia? -
- Mi chiedevo se per caso ci fosse un depliant o comunque delle documentazione riguardante i concerti di questa tournée -
- Tu non ci vedi tanto bene eh? - disse la donna sorridendogli
- Come scusi?  -
La donna uscì dalla guardiola e si avvicinò al ragazzo
- Guarda lì - disse poi indicando con l’indice della mano destra un manifesto piuttosto grande
- Oh accidenti che imbrancato. Non so come avrei fatto senza di lei -
La locandina aveva le misure di un A2; una grande scritta recitava J. R. Smith Prize, i vincitori si presentano, seguita da una foto dei cinque musicisti. I tre ragazzi erano seduti al centro mentre le due ragazze, in piedi, si trovavo ai lati come a delimitare la foto. Cecilia questa volta indossava un abito smanicato con dolcevita di velluto nero, lungo fino ai piedi, che metteva in risalto il suo fisico davvero ben proporzionato.
Sotto l’immagine c’era la lista dei concerti: Bristol, Birmingham, Liverpool, Manchester, Leeds, York, Edinburgh, Glasgow, Oxford, Cambridge per poi concludere alla Royal Albert Hall di Londra il 20 ottobre prossimo.
Roger si appuntò su un foglio le varie località e le relative date. Il biondino poi, nonostante tutto, pensò a Brian e al fatto che gli avrebbe sicuramente fatto piacere avere un manifesto con una bellissima immagine di Cecilia stampata sopra; oltretutto la ragazza era venuta davvero bene in quella foto.
- Mi scusi, sarebbe possibile avere una di queste locandine? - chiese il batterista indicando il manifesto che le aveva indicato qualche minuto prima la donna
- Qualche copia in più ce l’abbiamo, però si tratta di pochi esemplari che l’Accademia tiene nel proprio archivio come documentazione -
Roger si appoggiò al bancone e tentò di persuadere la giovane facendo gli occhi dolci
- La prego, è per un mio amico che è appena uscito dall’ospedale. Se potesse darmene una copia gliene sarei infinitamente grato -
- Io veramente non so se -
- La prego, la prego, la prego - l’interruppe il biondino avvicinandosi il più possibile al viso della donna
La signora si guardo attorno e sospirò
- E va bene, ma non lo dica in giro - rispose a bassa voce
La giovane poi si abbassò sotto il bancone, tirò fuori diversi plichi di carta e infine sporse al batterista un manifesto arrotolato
- Grazie, è stata davvero gentilissima - rispose Roger sfoderando il suo sorriso migliore e aggiunse
- Posso offrile un caffè? -
- Apprezzo molto l’invito ma sono in servizio, magari un’altra volta -
- Certamente, lo consideri già fatto - replicò il ragazzo, e così dicendo uscì soddisfatto da quel maestoso palazzo.

Quando il biondo rientrò a casa, trovò i tre ragazzi ad aspettarlo; John aveva quasi finito di preparare cena mentre Brian e Freddie stavano chiacchierando sul divano.
Roger salutò affettuosamente il ricciolo, quando quest’ultimo gli chiese
- Come mai non sei venuto anche tu oggi pomeriggio in ospedale? -
- Ti sono mancato così tanto? - rispose un ammiccante Roger
Il chitarrista alzò gli occhi al cielo
- Seriamente Rog, dove ti eri cacciato? - incalzò il riccio
- Avevo un impegno - replicò titubante il biondo
Brian alzò un sopracciglio, poco convinto della risposta dell’amico.
La conversazione fu interrotta da John, che li invitò a sedersi a tavola
- Oggi ho dato il meglio di me. Ho cucinato dei piatti davvero speciali per l’occasione - disse soddisfatto il bassista
I quattro stavano mangiando di gusto degli sfiziosissimi involtini vegetariani, preparati appositamente per il chitarrista, quando il telefono squillò
- Deve essere per me - disse Freddie alzandosi rapidamente
John, Brian e Roger si guardarono stupidi
- Darling! Che sorpresa sentirti! Non ci disturbi affatto, come stai?
Al tavolo intanto partirono le scommesse su chi ci fosse dall’altra parte della cornetta del telefono
- Secondo me è Mary - disse timidamente John
- Nah - rispose Roger e aggiunse - non sarebbe cosi sorpreso -
- Magari Rossella - replicò Brian con un sorriso sornione
- Ecco, questo è già più probabile - sentenziò il biondo accendendosi una sigaretta
- Ma certo, te lo passo subito - la voce del cantante echeggiò nella stanza
I tre interruppero all’istante le loro chiacchiere e si voltarono verso Freddie con sguardo interrogativo
- Brian, è per te - disse infine Freddie con finto fare distaccato e aggiunse
- E’ James, quel tuo compagno di astrofisica -
Brian lo guardò sorpreso
- Piantala di farti mille domande e rispondi al telefono. Ha saputo dell’epatite e vuole semplicemente sapere come stai. Muoviti - strillò Freddie mentre, portandosi l’indice sulle labbra, indicava al bassista e al batterista di fare silenzio
- Pronto, James? - disse il chitarrista con voce titubante
Nessuna risposta, solo una risata sincera
- Pronto! James, mi senti? -
- Mi spiace deluderti ma non sono James, sono Cecilia. Freddie deve averti fatto uno dei suoi soliti scherzi -
- Cecilia? -
Le gote del chitarrista diventarono purpuree mentre John e Roger scoppiarono a ridere all’istante.
- Accidenti ti chiedo scusa. Vai a fidarti degli amici - disse Brian fulminando Freddie con lo sguardo
- Dai, è stato simpatico! Scusami se ti disturbo, è oggi che ti hanno dimesso dall’ospedale vero? Volevo sapere come stavi -
- Sono felice a casa - replicò Brian
Il ragazzo le raccontò quindi della conclusione della sua prigionia e, alla fine, aggiunse
- Giovedì scorso ti abbiamo vista in televisione -
- Oh cavolo, che vergogna - esclamò con un filo di voce la ragazza
- Invece sei stata bravissima. Hai tenuto testa al presentatore meglio dei tuoi colleghi. E tra l’altro quel completo di velluto nero ti stava d’incanto -
Cecilia lo ringraziò timidamente, facendogli notare che indossava anche la sua collana portafortuna
- Non ho potuto non notarla - rispose Brian a bassa voce
- Dove sei ora? - chiese poi il chitarrista per portare la conversazione su un terreno un po’ più sicuro e meno imbarazzante
In quell’istante Roger schiuse le labbra e bisbigliò
- Liverpool -
Freddie e John lo guardarono stupiti e poco dopo sentirono il riccio rispondere in eco
- Liverpool, la patria dei Beatles. Che meraviglia! -
- Come facevi a saperlo, Rog? - chiese John
- Ho tirato a indovinare - rispose noncurante il batterista facendo spallucce
- Tu non ce la racconti giusta - disse Freddie
- Oh avanti, lasciatemi in pace - replicò secco il biondino portandosi alle labbra una bottiglia di birra.
Il chitarrista e Cecilia stavano chiacchierando da qualche minuto quando Stuart si avvicinò alla ragazza facendo segno di sbrigarsi; mancava meno di un quarto d’ora all’inizio del concerto
- Brian, scusami se interrompo così bruscamente la telefonata ma mi stanno chiamando; tra pochi minuti devo salire sul palco. Sono felice che tu stia bene e che sia finalmente libero. Ci sentiamo presto! E ricordati che appena torno abbiamo in sospeso una cena tutti assieme - disse la ragazza
- Grazie per la telefonata. E’ stata una bellissima sorpresa - rispose felice il chitarrista e, abbassando il tono della voce, aggiunse - e sappi che non mi disturbi mai -
Non appena il ragazzo agganciò il ricevitore i commenti non si fecero attendere.
John e Freddie stavano ancora prendendo in giro il ragazzo quando Roger sovrastò gli amici con la sua potente voce
- Visto che questa è la serata delle sorprese, per festeggiare l’uscita di Brian dall’ospedale, ho organizzato una gitarella fuori porta -
I tre lo guardarono perplessi
- Una gitarella…? - iniziò il cantante
- …fuori porta? - concluse il bassista
- Beh, che c’è di strano? Sono certo che a Brian farà più che bene stare qualche ora all’aria aperta - rispose deciso il biondo
- E dove vorresti portarci, Roggie? - domandò il ricciolo
- E’ una sorpresa - rispose sorridendo soddisfatto il batterista
Freddie alzò un sopracciglio
- Cosa stai tramando? - chiese poi guardando l’amico dritto negli occhi
- Almeno dicci dove vuoi portarci - incalzò John
- E’ una sorpresa. Non parlerò nemmeno sotto tortura - sentenziò Roger e aggiunse
- Accidenti, quasi me ne stavo dimenticando. Vestitevi abbastanza eleganti -
- Eleganti? - domandò stupito il chitarrista
- Che cosa hai architettato? - chiese timidamente John
- Basta, da questo momento non risponderò più alle vostre domande. Ho già organizzato tutto: partenza prevista mercoledì 17 ottobre alla mattina, diciamo verso le 10. E non si discute! -
I tre ragazzi si guardarono stupiti
- Tra dieci giorni? - esclamò Brian
- Da quando sei così organizzato, Roggie? - domandò Freddie
Il batterista non rispose, si portò nuovamente la bottiglia di birra alle labbra e, dopo aver bevuto un sorso, si voltò verso John
- Perché non inviti anche Rossella? - domandò con nonchalance
Il bassista spalancò gli occhi
- Come scusa? -
- Dall’espressione che hai in volto penso tu abbia capito benissimo - rispose deciso il biondo
- E cosa le dico? Se vuole unirsi a noi per andare a fare una gitarella fuori porta, non si sa dove, e di vestirsi elegante? Mi prende per matto - replicò il bassista
- Perché non le dici semplicemente che andiamo fuori Londra a festeggiare l’uscita di Brian dall’ospedale e le chiedi se vuole unirsi a noi? - rispose tranquillo Roger
- Ma è sola. Voglio dire, Cecilia non c’è - tentò di giustificarsi il ragazzo dai lunghi capelli castani
- Ed è un vero peccato. Ma, visto quello che ho programmato, sono sicura che apprezzerà comunque - concluse deciso il batterista.
Brian intanto abbassò lo sguardo. Pensava a Cecilia. Chissà cos’aveva fatto oggi a Liverpool prima del concerto. Chissà cosa avrebbe fatto dopo, per festeggiare. Magari sarebbe andata, assieme ai suoi compagni d’avventura, al Cavern, il famoso locale in cui i Beatles iniziarono la loro carriera. Chissà se stando a stretto contatto con questi giovani musicisti, si sarebbe poco a poco dimenticata di lui. Ma in fondo, nonostante la tournée, i concerti, gli amici…insomma, nonostante tutto, oggi si era ricordata di lui e l’aveva chiamato per sapere come stava. Tuttavia mancavano ancora quasi due settimane alla data del suo rientro. “Il 20 ottobre sarò a Londra per l’ultimo concerto alla Royal Albert Hall; dal 21 sono tutta vostra, anche se detto così suona un po’ come una minaccia” questo gli aveva detto la ragazza l’ultima volta che si erano visti, e quelle parole gli riecheggiavano spesso nella mente e in qualche modo sembravano tranquillizzarlo.
- Brian mi stai ascoltando? - domandò il batterista
Il riccio alzò velocemente la testa
- Scusami Roggie, mi ero distratto un attimo -
- Nessun problema. Avresti voglia di chiamare Rossella ed invitarla? -
- Io? Perche io scusa? -
- Perché sei tu il festeggiato -
- Sono sicura che Rossella preferirebbe se fosse John a telefonarle - replicò il riccio ridacchiando
- Lo credo anch’io, ma il nostro Deacy non mi pare intenzionato - rispose il biondo
- Perché non chiami tu Roggie? Sai essere sicuramente più convincente di me, ed è risaputo che le donzelle non resistono al tuo fascino - suggerì Brian
- Andate al diavolo, tutti e due! La chiamo io - sbuffò John
Il bassista si alzò e telefonò alla ragazza, che rispose dopo pochissimi squilli
- Pronto, chi parla?
- Ehm Rossella, sono John. Ti disturbo? Stavi cenando? -
- Non mi disturbi affatto, anzi, è un piacere sentirti - la ragazza si fermò a prendere fiato e proseguì
- Come sta Brian? Volevo chiamarvi per avere sue notizie ma avevo paura di disturbarvi -
- Tu non disturbi mai, ricordalo. Brian sta bene, è davvero felice di essere a casa. A questo proposito, ti chiamavo perché abbiamo organizzato una gita fuori porta per festeggiare la sua uscita dall’ospedale -
- Che bella idea! Dove andrete di bello? -
- Questo in verità non lo so ancora. Ma dobbiamo vestirci eleganti -
- Dovete vestirvi eleganti per andare a fare una scampagnata? - rispose perplessa la ragazza
John si stava arrampicando sugli specchi quando Roger, con uno scatto felino, si impossessò della cornetta del telefono
- Ciao Rossella, sono Roger - disse deciso il biondo
- Roger, ciao. Che succede? -
- Sono io che ho organizzato questa uscita e siccome voglio che rimanga una sorpresa fino alla fine sto cercando di dire il meno possibile. La telefonata era per chiederti se vorresti venire anche tu; sai, John ci terrebbe molto -
Il bassista sbiancò in volto, e diede uno scappellotto a Roger mentre Freddie e Brian ridevano di gusto
- A me piacerebbe tanto, davvero, ma non aspettiamo che Cecilia torni? Sono certa che le farebbe piacere! -
- Non immagini quanto piacere farebbe a me se ci fosse anche lei, ma purtroppo non c’è tempo -
I tre ragazzi si guardarono stupiti; non riuscivano proprio a capire che cosa avesse in testa il loro amico.
- Allora, sei dei nostri? - incalzò il batterista
- Se si torna alla sera va bene -
- Ma certo, entro mezzanotte sarai a casa come Cenerentola -
Il biondo stava per riagganciare quando, nel vedere Brian nuovamente pensieroso, domandò alla ragazza
- Già che ci sono ne approfitto per chiederti notizie di Cecilia. Come sta andando la tournée? -
Il riccio si voltò di scatto verso l’amico. Non riuscì a sentire la risposta della ragazza, ma il suo volto si illuminò nell’udire la risposta di Roger
- Ah, è un peccato che non si sia fatta viva. Sarà sicuramente molto presa. Speriamo di avere sue notizie presto - replicò il batterista.
Una volta riagganciata la cornetta, il biondo si avvicinò al chitarrista, con una mano gli scompigliò teneramente i capelli e, facendogli l’occhiolino, bisbigliò
- Devi avere più fiducia in te stesso, amico mio -
Brian gli sorrise dal più profondo del cuore.

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Capitolo 13
*** I’m a shooting star leaping through the sky ***


I giorni seguenti passarono abbastanza rapidamente per i quattro musicisti, che trascorsero moltissimo tempo in studio per preparare un concerto che avrebbe avuto luogo al Marquee Club, a Londra, il 20 ottobre prossimo, la stessa sera in cui Cecilia, sempre a Londra, si sarebbe esibita alla Royal Albert Hall.
- La solita sfiga - sbuffò deluso Brian nell’accorgersi che la data del loro concerto si sovrapponeva a quello della ragazza
- Non preoccuparti, vedrai che avremo modo di rifarci più avanti - rispose il biondo nel tentativo di rincuorare l’amico
- E poi domani si parte, non vorrai mica rovinare la sorpresa che ti ho preparato con tanto amore? - concluse il batterista con un sorriso a trentadue denti.
La mattina seguente, alle dieci in punto, i quattro ragazzi erano sotto casa di Rossella; John suonò il campanello e in pochi minuti la ragazza li raggiunse: indossava una camicetta bianca molto sottile, che lasciava intravedere il suo seno prosperoso, una giacca di panno nera, una gonna a pieghe grigia che le arrivava poco sotto il ginocchio e delle scarpe décolleté nere con il tacco basso; una collana dorata poi impreziosiva ulteriormente il completo. I lunghi capelli castani erano sciolti e, per tenerli più in ordine, la ragazza aveva deciso di indossare un cerchietto argentato, che richiamava la tonalità di grigio della gonna, che le incorniciava il viso.
- Ottima scelta darling! Questo look classico ma elegante ti dona molto - commentò Freddie
- Concordo; stai davvero bene - aggiunse John arrossendo in volto
- Hanno già detto tutto loro - proseguì Brian sorridendo alla ragazza e sollevando le spalle
- Esatto. Ma io aggiungerei che ti vedrei bene dietro una scrivania, come segretaria sexy - rispose un ammiccante Roger, facendo così arrossire la ragazza.
- Anche voi siete elegantissimi e originali - replicò poi timidamente Rossella.
Freddie era quello più estroso: indossava una casacca corta rosso vivo, la cui forma richiamava quella dei kimono giapponesi, abbinata ad una maglia nera con decorazioni arabescate sempre di colore rosso; i pantaloni, bianchissimi, contrastavano con i colori vivaci della giacca e una cintura, con una grande fibbia dorata, contribuiva a rendere il look più ricercato. Dai pantaloni, rigorosamente scampanati, spuntavano degli stivaletti bianchi e i suoi profondi occhi neri erano coperti da degli occhiali da sole color bronzo.
Anche Roger aveva optato per un completo che non passava certo inosservato. Il biondo indossava una giacca di velluto blu oltremare e dei pantaloni bianchi impreziositi, sui lati, da una striscia dello stesso colore della giacca. Una camicia beige e una cravatta color rame contribuivano a creare un look casual e al contempo elegante, che però contrastava con le scarpe da ginnastica argentate tempestate di paillettes.
- Perché mi stai fissando i piedi? Qualcosa non va nel mio aspetto? - domandò diretto il batterista dopo aver notato che lo sguardo della ragazza si era soffermato diversi secondi sulle sue scarpe
- No no, assolutamente nulla - rispose incerta Rossella
- Non sai mentire. Avanti, sputa il rospo - replicò divertito il biondo
- Ecco, diciamo che hai delle scarpe che si fanno notare e, forse, sono un po’ troppo stravaganti -
- E’ quello che gli ho detto anch’io - disse John intromettendosi nella discussione.
Lo sguardo di Rossella si posò quindi sul bassista, che aveva preferito qualcosa di più classico e meno appariscente rispetto ai compagni di gruppo. Il ragazzo indossava una giacca di panno nera, sotto la quale faceva capolino una camicia di tessuto lucido, probabilmente raso, dello stesso colore della giacca, decorata con piccoli pois bianchi e gialli che sembravano stelle, a cui erano stati abbinati dei jeans scuri e degli stivaletti neri.
Ma la sorpresa più grande per la giovane infermiera fu Brian: era la prima volta infatti, se si esclude l’incontro all’aeroporto, che Rossella vedeva il ragazzo non in pigiama ma con addosso degli abiti comuni. Al posto della casacca del pigiama il chitarrista indossava una giacca di velluto nero abbinata ad una maglia totalmente bianca con una scollatura molto ampia, quasi a barca, le cui maniche erano più lunghe di quelle della giacca, e il riccio, per ovviare a questo problema, era stato costretto a creare dei buffi risvolti fai da te. Per Brian non era facile trovare degli abiti di misura: il ragazzo era al contempo molto alto e molto magro e spesso gli indumenti avevano le maniche troppo corte oppure, se la lunghezza delle maniche era giusta, i vestiti risultavano essere poi troppo larghi per la sua corporatura. Dei pantaloni di velluto nero a zampa di elefante, perfettamente in tono con la giacca e da cui sbucavano degli stivaletti neri, contribuivano a slanciare ulteriormente il chitarrista, che probabilmente superava il metro e novanta. Per completare il look in maniera non banale e impreziosire il tutto, Brian aveva deciso di indossare una grande ed eccentrica collana girocollo dorata che gli illuminava il viso, sulla quale vi erano delle decorazioni che parevano orientaleggianti.
- Tutti a bordo, svelti! - sentenziò Roger ponendo fine alla sfilata di moda e sedendosi, naturalmente, alla guida della sua auto. Il batterista volle avere accanto a sé Brian, mentre fece accomodare Rossella nel sedile posteriore; affianco alla ragazza prese posto John, mentre Freddie si piazzò dietro al sedile del ricciolo.
- Allacciate le cinture, si parte! - urlò euforico il biondo mentre faceva sgommare le ruote dell’auto sul grigio asfalto londinese.

- 99, 100 e 101! - bisbigliò Cecilia. La ragazza era seduta sul letto della sua camera e aveva appena finito di contare a bassa voce i rintocchi della Tom Tower del Christ Church, uno dei numerosi collegi costituenti l’Università di Oxford.
La gigantesca campana suonava tutte le sere alle nove 101 rintocchi, lo stesso numero degli studenti del collegio, per segnalare a questi ultimi la chiusura di tutti i collegi facenti parte della cittadina.
Cecilia si trovava in una lussuosa e gigantesca stanza nella manica principale del Christ Church, il più importante e famoso college di Oxford; l’organizzazione aveva riservato a lei e agli altri quattro musicisti le camere migliori, quelle dove abitualmente venivano ospitati importanti professori emeriti chiamati, di tanto in tanto, a tenere seminari o approfondimenti su tematiche specifiche.
Era un luogo surreale, e la ragazza era affascinata soprattutto dai maestosi ed imponenti complessi architettonici; la Tom Tower, in particolare, era un magnifico e suggestivo esempio della maestria dell’architetto britannico Christopher Wren, e fungeva da cancello al gigantesco complesso architettonico seicentesco in cui i giovani musicisti alloggiavano. Cecilia amava l’architettura, era una disciplina che l’aveva stregata fin da piccola; e Oxford era un piccolo gioiello architettonico. Fu proprio questa cittadina a dare i primi due incarichi importanti all’allora giovanissimo Christopher Wren. Il futuro architetto della Cattedrale di Saint Paul a Londra era all’epoca professore di astronomia a Oxford, e progettò, oltre alla Tom Tower, lo Sheldonian Theatre, ad imitazione di un teatro classico romano. Questa struttura si trovava poco distante da Christ Church, ed è qui che i magnifici cinque, così erano stati soprannominati i giovani musicisti, si sarebbero esibiti la sera seguente.
C’era però un altro aspetto che contribuiva a rendere il luogo surreale: Christ Church era un ambiente elitario, riservato all’aristocrazia, a cui avevano accesso solamente i ragazzi; le donne, infatti, non erano ammesse. Cecilia era sbalordita e al contempo irritata da questo fatto; in Italia le università erano pubbliche e chiunque poteva accedervi. Perché qui in Inghilterra le migliori università dovevano essere riservate ai soli uomini? Era una cosa profondamente ingiusta: la cultura, infatti, doveva essere un diritto di tutti. La ragazza era molto sensibile a questa tematica in quanto, qualche anno prima, nel Sessantotto, militava in gruppi studenteschi e camminava nelle prime file dei cortei per criticare la connotazione classista del sistema dell’istruzione e denunciare l'autoritarismo accademico. Si trattava di manifestazioni pacifiche che puntavano il dito tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, poiché avevano rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente.
Avrebbe voluto sfogarsi e parlarne con qualcuno, magari con Brian, che dei quattro ragazzi le sembrava il più profondo e razionale, oppure con Rossella, anche se quest’ultima era più disillusa e meno agguerrita rispetto a lei.
Cecilia si alzò dal letto, scostò le pesanti tende di velluto color ottanio, e guardò fuori dalla gigantesca portafinestra che si affacciava sul cortile interno del college. Il panorama fiabesco che la circondava la rendeva malinconica e i suoi pensieri si spostarono su questioni più personali. La ragazza non riusciva a credere che tra pochi giorni, tre per l’esattezza, sarebbe rientrata a Londra; certo all’inizio non era stato facile abituarsi ai ritmi serrati dei concerti e delle prove ma, dopo i primi giorni, aveva incominciato a prenderci gusto, e l’ansia e l’agitazione che l’avevano pervasa durante i primi concerti erano poco a poco svaniti lasciando invece spazio a grinta, entusiasmo e grande complicità.
In queste due settimane, soprattutto durante gli spostamenti da una città all’altra, la ragazza aveva anche avuto modo di riflettere sulla sua vita più intima; aveva pensato a lungo ai quattro ragazzi incontrati all’aeroporto, a Rossella, e ad altri amici dell’Accademia; tutti gli erano in qualche modo mancati ma uno di loro continuava a ritornare con assiduità e costanza nella sua mente; non passava giorno che non pensasse a lui.
La ragazza era assorta nei suoi pensieri quando sentì bussare alla porta.
- Ceci, sono Elizabeth. Ci sei?
- Arrivo! - rispose la ragazza precipitandosi alla porta
Con Liz si era creata una grande complicità e amicizia e le due ragazze si erano confidate diversi segreti.
Quando Cecilia uscì dalla camera, trovò anche gli altri musicisti ad aspettarla
- Allora, l’arrangiamento è pronto? - chiese affannato Stu
- L’ho finito una mezz’oretta fa - rispose sorridente Cecilia e aggiunse
- Il tuo invece? -
- Non sono pienamente soddisfatto ma l’ho terminato. E tu Daniel? -
- Appena concluso! - rispose felice il ragazzo
Stuart, Daniel e Cecilia oltre ad essere dei musicisti straordinari avevano in comune il fatto di essere anche compositori: i ragazzi, infatti, scrivevano musica e producevano trascrizioni e arrangiamenti.
Siccome il 17 ottobre ricorreva il decennale dell’esibizione dei Beatles proprio allo Sheldonian Theatre, gli organizzatori avevano chiesto a ciascuno dei tre compositori di scegliere un pezzo del quartetto di Liverpool e di produrne un arrangiamento per due violini, viola, violoncello e pianoforte, insomma, per la loro formazione.
Daniel aveva optato per l’allegra Penny Lane, Stuart per la più melodica ed introspettiva Eleanor Rigby, mentre Cecilia aveva scelto l’energica Help!.
Ma non solo; vista la particolare ricorrenza, la direzione dell’Università di Oxford aveva dapprima domandato con gentilezza e successivamente, vista la riluttanza dei ragazzi, imposto ai cinque musicisti di cantare ciascuno un brano dei Fab Four a loro scelta. Non doveva essere un semplice karaoke, ma una loro personale interpretazione di uno dei tanti capolavori del quartetto di Liverpool, e i giovani musicisti avrebbero dovuto servirsi esclusivamente delle loro voci, dei loro strumenti e di una chitarra acustica.
- Con le canzoni invece come va? Avete scelto cosa cantare? - chiese titubante Cecilia
- Io ho optato per Blackbird - rispose Daniel e proseguì - avrò bisogno esclusivamente di un sottofondo ritmico e armonico realizzato dalle vostre voci e nient’altro -
- Io vorrei provare a cantare Lei it be - rispose timidamente Mark - mi potresti accompagnare al pianoforte Ceci? -
- Certamente, con piacere! - replicò decisa la ragazza
- Io mi butto su I’ve just seen a face - disse Stu - ma avrò bisogno di una chitarra. Dan, ci pensi tu? -
- Ma certo caro. E voi ragazze? Avete già deciso in cosa cimentarvi? -
- Io pensavo a From me to you - bisbigliò Liz
- Io non ho ancora deciso; sono una schiappa a cantare - rispose invece demoralizzata Cecilia.
Daniel si avvicinò alla ragazza e le appoggiò una mano sulla spalla
- Non sei affatto un disastro a cantare e, se vuoi un consiglio, pensa a una canzone che in questo momento senti particolarmente vicina a te; la rottura con il tuo ex ragazzo, un addio, l’inizio di un nuovo amore, un viaggio…ci sono infinite situazioni. Trova quella che ora come ora ti appartiene di più, e lasciati andare, timidona! - concluse il ragazzo dandole un buffetto sulla guancia.
La ragazza sorrise di cuore all’amico e, poco dopo, i suoi occhi si illuminarono
- Vedi che non era così difficile? - disse Daniel facendole l’occhiolino
Cecilia lo guardò sorpresa
- E’ assurdo; non ho realmente avuto modo di pensarci eppure -
- Non tenerci sulle spine! - l’interruppe Liz
- Sono perfino curioso io - sghignazzò Stu e aggiunse - cos’ha partorito la tua brillante mente in una manciata di secondi? -
- Ecco… mi è venuta immediatamente in mente If I fell - disse tutto d’un fiato la ragazza
- Ma è una canzone sull’inizio di un nuovo amore! - esclamò Mark
- Non sarà mica per quel biondo capellone? - domandò Stu aggrottando la fronte
- Vedo che non sei aggiornato - replicò Daniel intromettendosi nella discussione e dando una pacca sulla spalla al ragazzo
- E’ per il migliore amico del biondo capellone… - disse sorridente Liz
- …che a quanto pare è ancora più capellone di lui - concluse Dan con una risata sincera
- Oh avanti, smettetela - rispose Cecilia, che nel frattempo era diventata rossa in viso
- E dimmi - domandò Stu alzando un sopracciglio - sarà presente in sala il fortunato? -
- Certo che no - replicò rapida Cecilia
- E per fortuna! - aggiunse - altrimenti sono sicura che non mi uscirebbe neanche un filo di voce - concluse preoccupata la ragazza toccandosi la gola
Scoppiarono tutti a ridere e poco dopo i cinque amici si salutarono, rientrando nelle rispettive camere; l’indomani li avrebbe attesi un’intensa mattinata di prove e una serata più lunga del solito.

- Roger, piantala di sterzare in questo modo, non sei su un circuito di formula uno! - così per l’ennesima volta il bassista si stava lamentando della guida dell’amico, che si divertiva a prendere le curve a tutta velocità, sballottando così i tre malcapitati che si trovavano nel sedile posteriore.
Lo scopo del batterista era quello di far finire John addosso Rossella, e in effetti il biondo era riuscito più volte nel suo intento.
- Non apprezzi il mio stile di guida, Deacy? - rispose divertito il biondo
- Nemmeno un po’ - replicò secco il ragazzo dai lunghi capelli castani
- Sei proprio antipatico -  sbuffò con finto tono offeso il batterista, pigiando ancora di più sull’acceleratore
- Sono come una stella cadente che sfreccia nel cielo! - aggiunse poi il biondo gridando euforico, mentre John continuava a lamentarsi.
Brian, approfittando della metafora astronomica, si intromise nel discorso per tentare, con il suo solito fare garbato e con la sua voce pacata, di placare gli animi parlando di stelle cadenti e desideri.
Erano passate da poco le 13.30 quando la mini verde oltrepassò un grande cartello blu su cui spiccava una scritta gialla che recitava “Benvenuti a Oxford”.
- Roggie, che ci facciamo a Oxford? - domandò stupito Freddie mentre il biondo parcheggiava la macchina in un maestoso viale, poco distante dal castello della cittadina
- Hai forse deciso di abbandonare il London Hospital Medical College per iscriverti a qualche nuovo indirizzo di studi qui? - chiese apprensivo il chitarrista mentre scendeva dalla macchina
- Tranquillo Bri, senza di te non vado da nessuna parte - rispose sorridente il biondo chiudendo la portiera dell’auto
- E quindi adesso che siamo arrivati a Oxford cosa facciamo? - domandò stizzito il bassista allargando teatralmente le braccia, ancora seccato per l’atteggiamento superficiale di Roger
- Puoi fare quello che ti pare, anche perché se continui ad essere cosi antipatico non so per quanto tempo riuscirò ancora a sopportarti - rispose innervosito il batterista
- Piantatela tutti e due! - strillò Freddie e proseguì
- Sbaglio o questa deve essere una giornata per festeggiare Brian? - il cantante sia fermò a prendere fiato
- Mi avete davvero stancato con i vostri battibecchi! - concluse con tono deciso il ragazzo dai capelli corvini.
John, rendendosi conto dell’atteggiamento infantile che aveva avuto poc'anzi, diventò rosso in viso mentre Roger abbassò lo sguardo prima di aggiungere
- Avevo pensato di andare a mangiare tutti assieme al The Eagle and Child, il pub che un tempo fu il luogo di ritrovo degli Inklings - disse il batterista a bassa a voce
- Scusate se mi intrometto, chi sarebbero gli Inklings? - chiese timidamente Rossella
- Si tratta di un gruppo letterario formato anche da personaggi di una certa importanza come Tolkien e Lewis. Si dice che proprio qui siano circolare le prime bozze di The Hobbit, del Signore degli Anelli e delle cronache di Narnia - rispose pacatamente il batterista
La ragazza rimase a bocca aperta.
- Roggie, non ho ancora capito perché proprio oggi tu abbia deciso di portarmi a Oxford, ma già il fatto che tu abbia scelto questo pub mi rende felice - disse un sorridente Brian mentre con un braccio stringeva a se il biondo
- E questo è solo l’inizio - replicò Roger con fare ammiccante.

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Capitolo 14
*** I loved the footsteps that she made ***


Quando i ragazzi finirono di pranzare erano passate da poco le tre;
- Cos’hai programmato per il pomeriggio? - chiese un curioso Freddie
- Il prossimo impegno fisso è alle 20; diciamo 19.30 per sicurezza. Fino a quell’ora siamo liberi di decidere sul da farsi - rispose il biondo
John suggerì di andare a visitare il giardino botanico della cittadina, che era anche il più grande d’Inghilterra.
- Mi sono sempre piaciuti i fiori e le piante! Posso venire con te? - domandò Rossella
- Certamente! - rispose felice il bassista e aggiunse
- E voi che ne dite ragazzi, venite con noi? - domandò deciso
- Io veramente preferirei andare al Christ Church; ho sentito dire che c’è una strepitosa pinacoteca all’interno del College dove sono esposte opere di Tiziano, di Leonardo da Vinci e di altri autori italiani - rispose Brian
- Da quando ti interessano così tanto gli italiani? - sghignazzò Roger
- Da sempre - rispose il chitarrista alzando gli occhi al cielo e aggiunse
- La cultura italiana è una delle più antiche e profonde che esistano; e poi l’Italia è la patria dell’arte per eccellenza -
- Mi hai convinto, vengo con te - replicò con fare serio il biondo.
Pochi istanti dopo, però, sul volto del batterista comparve un sorriso beffardo
- Certamente l’arte mi affascina… ma mai quanto delle belle fanciulle aristocratiche. Chissà che girovagando per il college non faccia qualche incontro interessante - aggiunse con fare sornione Roger
- Rog, sei senza speranze! Il Christ Church è riservato ai soli ragazzi - rispose ridendo il riccio
- Stai scherzando? Ma è un’ingiustizia! Perché tra i mille college di Oxford vuoi andare in un college maschile? - sbuffò demoralizzato il batterista
- E tu Freddie? - domandò Brian
- Io, se non vi dispiace, ne approfitterei per andare a salutare alcuni amici al Trinity College; ho già visitato quella pinacoteca qualche anno fa ed è davvero molto interessante -
- Allora è deciso. Dividiamoci e l’appuntamento è alle 19.30 in punto davanti allo Sheldonian Theatre - sentenziò il batterista
- E’ per questo che dovevamo vestirci eleganti? - chiese sorpreso John
Roger annuì con la testa
- E cosa danno questa sera allo Sheldonian? - domandò incuriosito Brian
- Manca poco, lo scoprirai questa sera. Ma sono praticamente certo ti piacerà - e così dicendo prese l’amico chitarrista sottobraccio, e i due si incamminarono verso Christ Church.

Il bassista e la giovane infermiera stavano passeggiando fianco a fianco nel giardino botanico della cittadina. Ai due giovani sembrava di essere in un parco incantato o nel giardino di un castello descritto in qualche favola: antiche torri e guglie di vari college sbucavano qua e là tra gli alberi, rendendo il paesaggio surreale; numerosi erano i sentieri coperti da archi in ferro battuto finemente decorati e sui quali si arrampicavano le più disparate varietà di rose dai diversi colori; infine degli affascinanti labirinti di siepi di bosso, estremamente curate, creavano intricati e suggestivi percorsi che contribuivano a rendere lo scenario ancora più romantico.
- Ahia! - strillò improvvisamente John portandosi una mano sul collo
- Che succede? - chiese spaventata la ragazza
- Deve avermi punto qualcosa - rispose il ragazzo con un’espressione contrita in viso
- Ti fa molto male? - domandò apprensiva Rossella
- Diciamo che non è piacevole - replicò il bassista cercando, nonostante il dolore, di sorridere
- Permetti che ci dia uno sguardo? - chiese Rossella
Le gote del ragazzo diventarono purpuree
- Non preoccuparti, vedrai che tra poco passa - rispose timidamente il giovane dai lunghi capelli castani
- E’ meglio verificare che non sia rimasto piantato nella pelle un pungiglione, altrimenti rischi che la situazione faccia infezione e peggiori - replicò preoccupata Rossella
John tentò di giustificarsi, ma poco dopo fu costretto ad arrendersi alle cure della ragazza.
La giovane infermiera fece sedere il bassista su una vecchia panchina in ferro battuto che si affacciava su un piccolo laghetto i cui bordi erano circondati da narcisi bianchi e gialli che, mossi dal vento, parevano danzare.
Il ragazzo, nel sentire le affusolate dita di Rossella poggiarsi sul suo collo, fu percorso da un brivido; il volto della ragazza poi era a pochi centimetri dal suo e questo lo agitava non poco.
Tuttavia non aveva mai avuto l’opportunità di guardare il volto della giovane così da vicino e, vedendo quest’ultima impegnata ad osservare la puntura lasciatagli da qualche insetto, decise di approfittarne: la ragazza aveva un’incarnato chiaro, su cui facevano capolino alcune piccole graziose lentiggini. Gli occhi di colore marrone scuro, leggermente a mandorla, erano contornati da lunghe ciglia castane che conferivano allo sguardo una dolcezza particolare, caratteristica questa che si scontrava con il naso leggermente aquilino, che faceva invece apparire la giovane infermiera più seria e severa di quanto non fosse nella realtà. I lunghi capelli castano chiaro, infine, si arricchivano di riflessi ramati grazie alla luce del sole e, mossi leggermente dal vento, le donavano un aspetto quasi angelico.
Il ragazzo, riportato alla realtà da un improvviso pizzicotto, ebbe un sussulto
- Perdonami, non volevo farti male - si giustificò immediatamente Rossella
John, ancora confuso, non rispose e la ragazza proseguì
- Avevi un bel pungiglione piantato nel collo, ma con l’aiuto di questi semplici ma efficaci arnesi sono riuscita a togliertelo - disse sorridente la ragazza mentre mostrava soddisfatta a John delle pinzette con in punta il piccolo pungiglione, quasi come se si trattasse di un trofeo.
Il ragazzo non poté far a meno di sorridere
- Sei davvero un’abile chirurga - disse in tono scherzoso il bassista mentre alzava lo sguardo dalla pinzetta così da poter ringraziare la sua infermiera preferita guardandola negli occhi.
Il volto della giovane però era irrimediabilmente vicino a quello del ragazzo, anzi, troppo vicino per il timido e impacciato John, che non poté fare a meno di perdersi tra mille pensieri.
Ecco cosa non aveva osservato prima, penso tra sé il bassista: le labbra. Forse per timidezza, forse perché in cuor suo sapeva che se l’avesse fatto, il suo cuore avrebbe iniziato a battere all’impazzata. Forse era stata una forma inconscia di autodifesa. Il ragazzo deglutì. “Possibile essere così impacciati?” “Cos’avrebbero fatto i suoi amici in questa situazione?”. Roger si sarebbe di certo lanciato senza indugi, anzi, con foga, su quelle labbra così invitanti; Brian invece…beh, il geniale Brian Harold May non faceva testo, era imbranato almeno quanto lui. Rimaneva Freddie, che avrebbe sicuramente agito in maniera istintiva ma dolce, assaporandosi così ogni istante della situazione.
Il suoi occhi rimasero un po’ troppo a lungo posati sulle labbra della ragazza, che non poté non accorgersi di quello sguardo insistente ma al contempo sognante; così, mentre il bassista spostava a rallentatore il proprio sguardo verso quello dell’infermiera, un’impavida Rossella prese delicatamente tra le mani il viso del ragazzo e appoggiò con estrema dolcezza le sue labbra su quelle di Deacy. John inizialmente si irrigidì ma la delicatezza con cui la ragazza gli accarezzava le labbra riuscirono a metterlo in pochi istanti a proprio agio. Il bassista rispose al bacio, mentre portava una mano alla nuca della ragazza così da avvicinarla di più a sé.
Rossella si staccò per un istante e gli sorrise: un sorriso sincero, il più bello che John avesse mai visto. Istintivamente il ragazzo strinse a sé la sua infermiera, che si raggomitolò accanto a lui appoggiando la testa nell’incavo del suo collo, e i due rimasero abbracciati su quella panchina ad osservare i riflessi che il sole, oramai al tramonto, creava sulla superficie del laghetto di fronte a loro.

- Caspita, questo college è gigantesco! - esclamarono Roger e Brian all’unisono mentre attraversavano il cortile interno del Christ Church
- Sembra di essere in una fiaba - disse Brian e aggiunse - guarda, laggiù c’è una fontana con delle ninfee; ti va se ci sediamo lì a contemplare questo panorama surreale? -
- Certo! Sono venuto fin qui per te, per festeggiare la tua uscita dall’ospedale, quindi oggi decidi tu cosa fare e quando farlo. Ma non ti ci abituare troppo eh - concluse ridacchiando il batterista
Man mano che si avvicinavano alla fontana, collocata al centro del gigantesco cortile, i due sentivano una musica diventare sempre più forte
- Accidenti, ci stanno dando dentro! - esclamò sorpreso il chitarrista
Roger lo guardò perplesso.
- La musica. Si tratta di una sonata di Poulenc per violoncello e pianoforte, e chiunque stia suonando è davvero molto bravo -  disse Brian sedendosi sul bordo di pietra della fontana e chiudendo gli occhi, quasi come come se il buio lo aiutasse a concentrarsi meglio sul suono.
Improvvisamente la musica si interruppe, un tonfo sordo rimbombò nel cortile, alcune grida, una risata; i due giovani si guardarono sorpresi quando dal pianoforte iniziarono a risuonare le note del Fantasie Impromptu di Chopin. [https://www.youtube.com/watch?v=Gy5UHK4EeM8]
Una malinconia incredibile avvolse i due ragazzi.
- Certo che Chopin ci sapeva fare con l’anima delle persone, era un gran comunicatore. La sua musica arriva dritta al cuore - disse Brian sospirando
- E dimmi, cosa ti ha comunicato? - domandò teneramente il biondo
Brian si voltò verso l’amico ma non rispose
- Ti stai struggendo per qualcosa, lo vedo, i tuoi occhi parlano per te. Avanti… a cosa stai pensando? - incalzò Roger
- Non so come mai, ma questa musica mi ha fatto venire in mente Cecilia - rispose teneramente il ricciolo
- Perché è una musica romantica, mi pare ovvio - rispose prontamente il batterista
- Direi più malinconica. Ma comunque che c’entra? - chiese stupito il chitarrista
- Vuoi che ti faccia un disegnino? Non sono bravo come Freddie a disegnare ma un ragazzo e una ragazza che limonano… -
- Basta così! - l’interruppe bruscamente Brian e aggiunse
- Perché ogni volta ti ascolto sperando che tu dica qualcosa di sensato? Dovrei essermi abituato a te - concluse il chitarrista roteando gli occhi e sorridendo dolcemente sulle ultime note del brano.
La musica tacque. Questa volta definitivamente.
- Dai, andiamo a visitare la pinacoteca. Altrimenti rischiamo di fare tardi allo Sheldonian - concluse Roger
Brian restò affascinato da questa piccola ma preziosa mostra; in particolare rimase colpito dai disegni di Leonardo da Vinci. La capacità di questo artista di unire l’arte alla scienza lo incuriosiva non poco.
Quando i due musicisti uscirono dalla pinacoteca erano quasi le 18. Era una giornata di sole e diversi ragazzi avevano approfittato del bel tempo per studiare all’aperto.
I due ragazzi stavano camminando in un lungo corridoio vetrato del Christ Church quando delle voci attirarono la loro attenzione
- Guardate, ci sono due ragazze nel cortile? - esclamò un giovane ragazzo dai capelli rossi
- Cos’hai bevuto in mensa? Lo sai che questo è un college maschile! - replicò stupito un ragazzo che aveva tutta l’aria di essere un secchione
Un terzo ragazzo, probabilmente dell’ultimo anno, si avvicinò a loro
- Jim ha ragione! Ci sono due ragazze in cortile e devo dire che sono entrambe molto carine -  concluse il ragazzo dando una gomitata all’amico
- Ma sono Cecilia ed Elizabeth - disse un quarto ragazzo aggiungendosi al gruppo
- Le conosci? - strillò sorpreso l’amico
- No, ma ho visto il manifesto in giro per la città, e non sono niente male. Io non saprei proprio chi scegliere -
- Se fossi in te non mi porrei nemmeno il problema - sghignazzò un giovane dal bell’aspetto e dal fare altezzoso - non ti degnerebbero nemmeno di uno sguardo. Sono due musiciste fantastiche e se proprio ti interessa alloggiano nella manica principale del nostro college - concluse soddisfatto il ragazzo
- E tu come lo sai? - domandarono gli altri studenti in coro, ma non ottennero una risposta.
Brian e Roger istintivamente si avvicinarono ad una delle grandi vetrate per guardare chi fossero queste due ragazze che avevano destato così tanto interesse
- Merda, Roger! -
- Dimmi caro -
- Quella ragazza è Cecilia -
- Sì, ne parlavano poco fa quei ragazzi - rispose Roger indicandoli con un dito e proseguì - hanno detto che una si chiama Cecilia e l’altra Elizabeth -
- Non ci vedi proprio un cazzo eh? - rispose affannato il ricciolo
- Perché ti agiti tanto? E poi…non è da te utilizzare questo tipo di linguaggio. Che succede? - domandò con fare stupito il batterista
- Cristo Roger, quella ragazza è Cecilia! La nostra Cecilia! -
- La nostra…Cecilia? - ripeté confuso il biondo, e deglutì
Brian annuì con la testa
- Sorpresa finita - rispose deluso il batterista
- Tu lo sapevi? -
- Certo! -
- E perché non me l’hai detto?
- Volevo farti una sorpresa - si giustificò triste Roger e aggiunse - speravo di riuscire a mantenere il segreto fino al concerto di questa sera, non pensavo potessimo trovarla qui -
I due ragazzi si voltarono nuovamente verso il cortile
Cecilia era coricata sull’erba ed era assorta nella lettura di un libro piuttosto spesso. Il vento le scompigliava leggermente i capelli ma la ragazza sembrava non darci peso.
Improvvisamente chiuse il libro, si sedette sull’erba, poggiò il volume accanto a sé, e si abbracciò le ginocchia appoggiandovi sopra la testa; il suo sguardo sembrava assente e trasmetteva quasi tristezza.
- So sad her eyes - bisbigliò Brian
Roger guardò sorpreso l’amico
Liz raccolse alcune margherite, si avvicinò alla ragazza e gliele piazzò sorridente tra i capelli
- Stars of lovingness in her hair - sussurrò il ragazzo dai capelli ricci
Gli occhi del biondo diventarono lucidi
Poco dopo un ragazzo si avvicinò alle due giovani: era Daniel, il loro compagno di gruppo. Daniel si sedette qualche minuto con loro quando improvvisamente afferrò il libro di Cecilia. Quest’ultima gli sorrise e tentò, invano, di riappropriarsi del proprio libro.
- Smiling dark eyes - bofonchiò Brian
Daniel si alzò con scatto felino e iniziò a correre verso l’interno del college, proprio nella loro direzione, inseguito dalle due ragazze.
- Il ragazzo aprì la porta vetrata che dava nel corridoio un po’ violentemente, destando così l’attenzione di tutti gli studenti presenti nel corridoio; immediatamente si fermò e, aspettò che le due compagne di gruppo lo raggiunsero
- Fine dei giochi. Qui ci linciano! - disse un sorridente Daniel mentre restituiva la refurtiva a Cecilia.
Brian riconobbe immediatamente quel libro;
- E’ il giuoco delle perle di vetro di Hesse - sussurrò a Roger
- Non è il tuo libro preferito? - chiese stupito il biondo
Il chitarrista annuì con la testa.
I due ragazzi si appiattirono contro il muro cercando di dare il meno possibile nell’occhio in modo da non essere riconosciuti dalla ragazza.
Man mano che Cecilia e Elizabeth  avanzavano, il corridoio si faceva ricco di commenti; entrambe avevano gli occhi bassi, imbarazzate per gli apprezzamenti, alcuni anche un po’ troppo spinti, degli studenti del college
- I loved the footsteps that she made - mormorò infine con voce dolce Brian una volta che le tre figure svanirono nella tromba delle scale
- Potresti usare queste frasi sconnesse per una canzone - disse il biondo tentando così di distogliere il chitarrista dai suoi pensieri
- Sarebbe la canzone d’amore più triste mai scritta nella storia della musica - replicò rassegnato il ricciolo volendosi verso l’amico
- Ed è qui che ti sbagli - rispose Roger sorridendogli dolcemente e prendendo il viso di Brian tra le sue mani - la trama la decidi tu - .

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Capitolo 15
*** The White Queen walks and the night grows pale ***


John e Rossella erano ancora accoccolati sulla panchina quando sentirono il campanile del Christ Church battere le 19.
- Accidenti, mi sa che dobbiamo incamminarci verso il teatro - mugugnò il bassista stiracchiandosi e  voltandosi verso Rossella - anche se preferirei di gran lunga rimanere qui - sospirò specchiandosi negli occhi della ragazza e dandole un bacio a fior di labbra.
Rossella gli sorrise dal profondo del cuore
- Anche io vorrei poter rimanere qui… - la ragazza fece una pausa come per prendere fiato - per sempre - concluse poi in un sussurro
John avvolse con il suo braccio sinistro le spalle della giovane infermiera e la strinse a se, baciandole teneramente i capelli.
- Adesso dobbiamo proprio andare - bisbigliò il ragazzo allontanando leggermente da sé Rosella - ma ti posso assicurare che ci sono dei bellissimi parchi anche a Londra - concluse facendole l’occhiolino e alzandosi dalla panchina.
- Permetti? - aggiunse poi timidamente, afferrando con estrema dolcezza la mano della ragazza.
Rossella, felice, annuì con il capo e i due si avviarono, mano nella mano, verso lo Sheldonian.

La piazzetta in prossimità del teatro era gremita di studenti, ma non fu difficile per la neo coppia trovare gli amici: Brian, grazie alla sua altezza non comune, risaltava tra la folla.
Mentre si avvicinavano al gruppo John si voltò verso la ragazza
- Ti va se non diciamo niente a loro? - disse abbassando il tono della voce e indicando con la testa i suoi compagni di gruppo
Sul viso di Rossella comparve un’espressione interrogativa.
- Non voglio tenerglielo nascosto, è solo che verremmo sommersi da un sacco di commenti e di domande e…e non sono ancora pronto, non questa sera almeno. Ci rovinerebbero sicuramente la serata -
- Certo, non preoccuparti - rispose Rossella stringendo un’ultima volta la mano del ragazzo.
In pochi istanti i due raggiunsero il resto del gruppo.
- Allora, si può sapere finalmente qual è la sorpresa? - domandò impaziente John
- Sono molto curiosa anch’io - disse Rossella - che cosa danno a teatro? -
- Quella piccola locandina non vi dice nulla? - ridacchiò Freddie
I due si voltarono nella direzione indicata dal cantante.
Un manifesto gigantesco faceva capolino sul portale d’ingresso del teatro
- Ma quella ragazza è Cecilia! - esclamarono all’unisono John e Rossella
Nella foto la loro amica indossava un lungo vestito nero di paillettes piuttosto sciancrato e, stretto tra le sue mani, vi era l’archetto di un violoncello, che la ragazza pareva utilizzare a mo di spada. Cecilia stringeva l’impugnatura dell’arco con le dita della mano destra mentre con la mano sinistra ne afferrava l’altra estremità. Stuart era seduto, con le gambe piuttosto divaricate, su di una poltroncina di velluto bordeaux e la ragazza lo abbracciava da dietro, appoggiando però alla gola del ragazzo l’archetto, quasi come fosse una lama affilata, pronta a tagliare da un momento all’altro il collo al suo compagno violoncellista.
Elizabeth invece sembrava in procinto di scagliare un violino sulla testa del povero Daniel che, dal canto suo, alzava teatralmente le mani come ad implorare pietà. Al centro Mark, serio, con le braccia incrociate e gli occhi rivolti al cielo.
I sorrisi sinceri e rilassati, uniti alla complicità di sguardi tra Cecilia e Stu, rendevano la foto meravigliosamente spontanea, e mettevano ancor più in risalto la sintonia che si era creata in così poco tempo tra il gruppo di musicisti.
- Certo che sembrano proprio affiatati quei due - commentò il bassista - e dire che è da pochissimo tempo che si conoscono -
- E’ quello che ho pensato anch’io non appena ho visto il manifesto - aggiunse demoralizzato Brian
John si rese conto della gaffe che aveva appena fatto, e tentò maldestramente di salvare la situazione
- No aspetta - replicò il ragazzo dai lunghi capelli castani - mi sono espresso male. E’ sicuramente il fotografo ad avergli detto di mettersi in posa in quel modo… così da sembrare ancora più affiatati, non è vero Freddie? -
Il cantante annuì con la testa mentre con lo sguardo fulminava il bassista “certe volte John era veramente un impiastro” pensò tra sé.
- Vi va se andiamo nei camerini a salutare Ceci? - domandò con impazienza Rossella nel tentativo di distrarre il povero Brian
- No - rispose secco Freddie mentre varcava la soglia del teatro - è meglio avvicinarci a lei dopo. E’ una ragazza molto sensibile e la nostra inaspettata presenza potrebbe in qualche modo destabilizzarla - concluse avanzando verso la sala.
L’auditorium, a pianta circolare, era sormontato da una particolare cupola ottagonale finemente affrescata. Le dimensioni non troppo elevate della sala creavano un’atmosfera intima e accogliente ma, grazie ai due ordini di gallerie, il teatro poteva accogliere un discreto numero di persone, circa mille.
I ragazzi presero posto proprio al centro della sala dove, secondo Brian e Freddie, l’acustica era migliore. In breve tempo il teatro si riempì e alle 8 e 15, con un canonico ritardo di quindici minuti, si aprì il sipario.
Cecilia indossava un abito nero lungo fino ai piedi; la parte superiore era totalmente di pizzo, e le maniche del vestito erano così lunghe che parevano coprirle le nocche delle dita. L’unico tocco luminoso, nella parte superiore, era dato da una piccola ma brillante collana, che le illuminava il viso e che Brian riconobbe all’istante: era la sua collana portafortuna. Una sottile e scintillante cintura dorata marcava l’inizio della parte inferiore del vestito: una gonna di tulle e seta lunga fino ai piedi, costituita da diversi strati di tessuto, dava vita ad un gioco di accattivanti trasparenze e, sul velo più esterno, vi erano dei preziosi ricami, delle delicate decorazioni realizzate in oro e argento che parevano imitare la volta celeste
- Bri, sembra che abbia scelto l’abito apposta per te - gli sussurrò all’orecchio il biondo
- Roggie, questa come ti è venuta in mente? - replicò il ricciolo sgranando i suoi bellissimi occhi nocciola
- E dai, non fare il finto tonto! Non sono costellazioni quelle decorazioni che ha sul vestito? - incalzò il batterista
Il chitarrista gli sorrise e annuì con la testa.
Per più di un’ora i ragazzi suonarono un vasto programma di musica classica che ripercorreva la storia della musica dall’età barocca fino al primo novecento.
- Riconosci Poulenc? L’abbiamo sentito oggi nel cortile del college - bisbigliò il ricciolo all’orecchio del batterista
Roger fece cenno di sì con il capo.
- Quindi era lei che questo pomeriggio suonava in cortile? - domandò poi, dopo qualche istante, in un sussurro il biondo
- Mi pare evidente, Watson! - replicò il chitarrista mentre con dolcezza dava un colpetto sulla fronte dell’amico
- Come sei antipatico - sbuffò fintamente scocciato il batterista
Brian era davvero affascinato; non aveva distolto nemmeno un attimo lo sguardo dal palco. E Roger era davvero soddisfatto della sua sorpresa.
Quando nell’aria risuonarono le note finali dell’ultimo brano inserito nel programma, uno scroscio di applausi, seguito da qualche urlo, inondò la sala.
Il rettore salì sul palco e, dopo aver ringraziato i giovani musicisti, annunciò il piccolo omaggio ai Beatles che i giovani musicisti avevano preparato; vennero prima eseguite le tre trascrizioni e, quella di Cecilia, era di gran lunga la più interessante in quanto la ragazza era riuscita a coniugare le tipiche melodie beatlesiane a sezioni dal carattere più improvvisativo tipiche della musica jazz.
Dopo essersi complimentato con i tre compositori il rettore, che per la serata ricopriva anche le veci di presentatore, annunciò l’omaggio canoro al quartetto di Liverpool segnalando che, per questo ultimo intervento musicale, i ragazzi si avvalevano della collaborazione con il dipartimento universitario di Arte Drammatica, che aveva pensato alla gestione delle luci e di eventuali effetti scenici.
I ragazzi iniziarono cantando a cappella Blackbird: Daniel era il solista, raddoppiato da Mark, mentre Elizabeth, Stuart e Cecilia si occupavano dei cori e della parte ritmica. Buio totale in sala con cinque spot a luce fredda puntati sui musicisti. Un brano solo vocale che sorprese molto positivamente il pubblico [https://www.youtube.com/watch?v=Y0PLClBlE1Y]
Dopo fu la volta di Mark, accompagnato al pianoforte da Cecilia. Interpretazione eccellente di Let it be, che però non presentava grosse variazioni rispetto al capolavoro beatlesiano originale. Questa volta i ragazzi del dipartimento di arte scenica optarono per delle luci viola e, grazie all’utilizzo del ghiaccio secco, crearono suggestivi effetti di fumo, così da rendere l’atmosfera onirica.
Fu quindi il turno di Elizabeth, che non si limitò a cantare l’allegra From me to you, ma creò anche delle piccole coreografie. Luci colorate a intermittenza per la ragazza, che si avvalse anche della collaborazione del pubblico, chiedendo a quest’ultimo di interagire battendo le mani. Una performance energica che però, un po’ come per Lei it be, non si discostava molto dal brano originale.
- Ceci, tocca a te - bisbigliò Daniel all’orecchio della ragazza
- Potrei svenire, lo sai? - rispose preoccupata la giovane musicista
- Nel caso ti prendo io al volo - sussurrò sorridente Stuart intromettendosi nel discorso e aggiunse - io e Dan saremo proprio accanto a te, stai tranquilla -
La ragazza lo guardò con occhi imploranti
- Non fare così Ceci, hai una voce meravigliosa. Oggi in prova mi hai profondamente commosso - concluse il ragazzo dai capelli castani.
Cecilia raggiunse il centro del palco, accompagnata dai due ragazzi.
Stuart imbracciò il suo violoncello e si sedette su di una sedia alla sinistra della ragazza mentre Daniel, dal canto suo, prese la chitarra e si sedette ai piedi di Cecilia, leggermente spostato sulla destra.
Buio totale in sala e una luce diffusa calda sui tre ragazzi, che sembravano creare un tableau vivant.
- Quando vuoi - disse infine il violoncellista accompagnando le parole con un occhiolino e colpendo con l’archetto la ragazza sul sedere
Cecilia sorrise, “che Dio me la mandi buona, speriamo solo di riuscire a controllare le corde vocali” pensò tra sé e sé, prima di rivolgere un ultimo sguardo ai due amici seduti proprio accanto a lei.
La ragazza chiuse gli occhi e mentre con la mano destra afferrava il microfono, si portò la mano sinistra sul petto e strinse con con tutta la forza che aveva il ciondolo di Brian.
Dopo qualche secondo di esitazione, iniziò a cantare sottovoce, quasi parlando, la romantica If I Fell. [https://www.youtube.com/watch?v=P5zcHGv2ZhE]
I primi versi sembravano una sorta di invocazione, sostenuti solamente da note gravi affidate al violoncello.

If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me understand
'Cause I've been in love before
And I found that love was more
Than just holding hands

Non appena Daniel iniziò a pizzicare le corde della chitarra, creando un accompagnamento più delicato, la voce della ragazza cambiò radicalmente, diventando sempre più acuta e raggiungendo un registro vocale in cui era difficilissimo controllare le variazioni di dinamica. Cecilia tuttavia pareva non avere alcuna difficoltà, riuscendo a modulare perfettamente il suono mantenendo una dolcezza e una leggerezza disarmanti. Sembrava la voce di un angelo.

If I give my heart to you
I must be sure
From the very start
That you would love me more than her

E fu proprio mentre la voce della ragazza iniziava la sua scalata verso le note più acute che i ragazzi alle luci crearono una sorta di volta celeste, di cielo stellato mobile: si trattava di un omaggio non solo all’interpretazione sognante della ragazza ma anche, e soprattutto, a Christopher Wren, l’architetto autore dello Sheldonian Theatre che aveva iniziato i suoi studi a Oxford studiando però astronomia e dove, qualche anno dopo, divenne professore della stessa disciplina.
Il cuore di Brian batteva all’impazzata e dei brividi percorsero tutto il suo corpo
- Tutto bene Bri? - domandò Roger quando le ultime note della canzone risuonarono nell’aria
Il ragazzo, ancora con la bocca semiaperta, si voltò verso l’amico
- E’ stata…è stata pazzesca. Questa voce così eterea…ho la pelle d’oca - disse sottovoce il chitarrista, il volto insolitamente colorito e gli occhi lucidi
- Anch’io - rispose il batterista sbottonandosi il polsino della camicia e mostrando all’amico il braccio, che presentava tanti piccoli rilievi cutanei.
- Ma dimmi - proseguì il biondo dopo alcuni secondi di esitazione - sei sicuro di avere solo la pelle d’oca? - soffiò all’orecchio del ricciolo con fare ammiccante mentre con lo sguardo gli fissava il cavallo dei pantaloni
Il chitarrista accavallò rapidamente le gambe e si voltò imbarazzato
- Lo sapevo! - continuò soddisfatto Roger mentre il volto di Brian avvampò definitivamente.
I due furono interrotti da uno scroscio di applausi, a cui si aggiunsero grida e apprezzamenti da parte di numerosi ragazzi.
Quando gli applausi si fecero più fievoli, Stu prese il microfono, si inginocchiò ai piedi di Cecilia e iniziò a cantare, con il solo sostegno musicale di Daniel, I’ve just seen a face. Il ragazzo si alzò progressivamente da terra fino a trovarsi faccia a faccia con la ragazza e, quando con la sua mano destra le sfiorò il viso, i due cantarono assieme il ritornello.
Stuart, da vero fenomeno da baraccone quale era, percorse poi ad ampie falcate il palco ammiccando a più ragazze che si trovavano tra il pubblico, scatenando la gioia di queste ultime; Cecilia invece si spostò al violoncello, dove fu raggiunta da Mark e Elizabeth, e i tre iniziarono a pizzicare le corde sugli strumenti ad arco.
Conclusa anche questa esibizione, i ragazzi diedero vita ad un gioco di inchini e il pubblico, entusiasta, applaudiva e gridava con foga. Tuttavia Brian sembrava assente; le sue mani si muovevamo ritmicamente per applaudire ma la sua testa era sicuramente altrove. Il chitarrista pareva come ipnotizzato.
- Terra chiama Brian May, terra chiama Brian May! Bri…non ti senti bene? - domandò apprensivo Roger
Brian dischiuse lentamente le labbra
- The White Queen walks and the night grows pale - sussurrò il ricciolo
- La regina bianca? - commentò il biondo spalancando i suoi grandi occhi azzurri - ma se è vestita di nero - proseguì il ragazzo appoggiando sconsolato la testa allo schienale della poltrona
- Non è l’abito che indossa, è la sua anima che è bianca, candida e pura. Il mio cuore ogni volta che vede quella ragazza muoversi, ogni volta che la sente parlare…. sembra alleggerirsi. Quando sorride, Roggie, il mio cuore vibra all’unisono con il suo. E questa sera, mentre cantava, la sua voce, che risuonava così limpida e delicata in questa sala, mi ha accarezzato l’anima; e più cantava, più dentro di me scompariva quel buio, quel tormento che troppo spesso mi accompagna. E’ una sensazione strana Roger, non mi era mai successo -
Il biondo poggiò una mano sul ginocchio dell’amico
- Brian Harold May - disse poi con tono solenne -  hai finalmente scoperto cos’è l’amore -.

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Capitolo 16
*** You have found her, now go and get her  ***


Il rettore salì un’ultima volta sul palco e, dopo aver ringraziato i giovani musicisti, annunciò al pubblico che ci sarebbe stata, in via del tutto eccezionale, una festa, o meglio, una sorta di rinfresco, nel cortile del Christ Church aperta naturalmente anche al pubblico.
- Non vedo l’ora di abbracciare Ceci! - urlò euforica Rossella alzandosi dalla poltrona - presto, andiamo nei camerini! -
- Eh no! - rispose deciso Roger afferrando la ragazza per un polso - non ci faranno mai entrare tutti e cinque nel retropalco, e siccome questa sorpresa l’ho organizzata io, ci andrò io nei camerini, assieme a Brian che è il festeggiato -
- Ma io…- si intromise Brian - non è meglio aspettare che finisca? - chiese titubante il ricciolo
- Quanto sei all’antica! - sbuffò il biondo - muoviti! - aggiunse poi attanagliando con le sue robuste mani l’esile braccio dell’amico e trascinandolo con forza verso il palco.
I due fecero pochi passi quando si bloccarono; i cinque musicisti si stavano già avviando verso l’uscita della sala accompagnati dal rettore e da alcuni studenti del college.
- Non si sono nemmeno cambiati! - esclamò stupito il batterista
- Mica sudano come noi sotto i riflettori - commentò Freddie - sono molto più composti e, anziché perdere tempo in docce e cambi d’abito, preferiscono godersi la festa -
“Maledizione! Questa non ci voleva” pensò tra sé e sé il biondo
- Seguiamoli a distanza senza farci notare - suggerì poi Roger agli amici con nonchalance
- Non potremmo avvicinarci e salutarli normalmente? - rispose il cantante alzando un sopracciglio
- Con il rettore e con quegli altri studenti tra i piedi, Cecilia non ci darebbe la giusta attenzione…aspettiamo che sia un po’ più libera. Ti prego, ti prego ti prego - pigolò il biondino circondando le spalle di Freddie con un braccio
- Come faccio a dirti di no quando fai così? - concluse Freddie sorridendo all’amico.

Il cortile del Christ Church aveva un aspetto totalmente differente dal pomeriggio: lunghi tavoli ricoperti da preziose tovaglie ricamate, eleganti gazebo bianchi, e un sottofondo musicale animavano quel cortile dall’aspetto fiabesco; il cielo era ormai scuro e un gioco di luci artificiali soffuse contribuiva a rendere l’atmosfera surreale, quasi onirica.
- Bri - bisbigliò il biondo all’orecchio dell’amico - non riuscirò a trattenerli ancora per molto, vai a salutare Ceci, rapido!
- Roger io… - rispose con voce incerta il chitarrista
- Roger cosa? - replicò il batterista voltandosi verso il ricciolo
- Roggie…Verresti con me? - domandò timidamente il ragazzo
- Oh cristo santo - commentò il biondo alzando al cielo i suoi grandi occhi azzurri e aggiunse - vuoi che le ficchi anche la lingua in bocca da parte tua? -
- Piantala! - replicò deciso Brian
- Ok, ti accompagno - rispose infine Roger - ma solo perché sei il mio migliore amico e ti voglio tanto bene -
- Grazie per tutto quello che stai facendo per me, lo apprezzo molto - gli sussurrò il ricciolo all’orecchio

- Che ne dite di prenderci da bere prima di andare da Ceci? - trillò poi il batterista agli amici
- Perché stai temporeggiando, Roggie? - domandò diretto Freddie
- Non sto prendendo tempo…ho solo voglia di bere qualcosa, ecco tutto - replicò con fare innocente il biondo alzando le spalle
Il cantante sbuffò sconsolato.
- Visto che hai organizzato tu questa giornata, va bene - rispose poi il ragazzo dai capelli corvini
- Avanti, non perdiamo altro tempo e mettiamoci in coda - commentò John intromettendosi nella discussione.
Roger attese che il tavolo in cui servivano le bevande fosse preso d’assalto, quindi afferrò saldamente Brian per un braccio e, approfittando della confusione, lo trascinò fuori dalla ressa con scatto felino e passo felpato.
- O adesso o mai più, muoviamoci! - asserì il biondo correndo nella direzione di Cecilia
La ragazza reggeva nella mano sinistra un bicchiere di birra e stava parlando con Liz e Daniel.
Il chitarrista e il batterista si avvicinarono all’amica, che dava loro le spalle
- Roggie, non è meglio se aspettiamo che finisca di parlare? - domandò sincero il ricciolo
- Stai scherzando vero? - tuonò Roger
Brian scosse leggermente la testa
- Brian Harold May, sei proprio un cacasotto! - sbuffò il biondo - You have found her, now go and get her; questo ti direbbero i nostri colleghi di Liverpool - gli soffiò infine all’orecchio il batterista mentre, prendendo alla sprovvista l’amico, gli appoggiava entrambe le mani sulla schiena e lo spingeva, un po’ troppo energicamente, contro Cecilia.
Il chitarrista finì addosso alla ragazza che, colta alle spalle di sorpresa, balzò a sua volta in avanti finendo contro Elizabeth, mentre Daniel, che aveva riconosciuto Roger, rideva di gusto.
- Liz scusami ti ho ricoperta di birra! - esclamò mortificata Cecilia
- Non è mica colpa tua - rispose sorridente l’amica
Nel sentire quelle parole Cecilia si accorse di avere le mani di qualcuno sulle proprie spalle. Quella sensazione…la ricordava benissimo; avrebbe riconosciuto quel tocco, così delicato e al contempo penetrante, tra mille altri.
- Perdonami, non volevo. Ti ho fatto male? -
E quella voce ne era la conferma.
Cecilia si voltò stupita.
Brian era lì, proprio davanti a lei; gli occhi nocciola del ragazzo, spalancati, la guardavano in maniera apprensiva e la pelle eburnea contrastava con il buio che li circondava, facendo apparire il viso del chitarrista quasi di porcellana. Il viso, nonostante i lineamenti fossero distesi e rilassati, mostrava ancora qualche segno di stanchezza dovuto all’epatite, ed era incorniciato da dei vaporosi riccioli scuri che, ad ogni movimento, gli rimbalzavano sulle spalle.
Per alcuni secondi la ragazza rimase con le labbra socchiuse a guardarlo, incredula.
Avrebbe voluto saltargli al collo, stringerlo a se con tutta la forza che aveva, ricoprire quel volto angelico di baci ma, come sempre, la sua timidezza e la sua insicurezza ebbero il sopravvento.
- Brian - riuscì poi a dire, o meglio, a bisbigliare con voce sorpresa
Il ragazzo le sorrise e aggiunse con tono mortificato
- Scusami per poco fa, ti ho fatto male? -
- No figurati, sto benissimo. Ho solo rovesciato addosso a Liz il bicchiere di birra che avevo in mano, ma non ci sono feriti - rispose scherzosa Cecilia voltandosi nella direzione dell’amica che però, nel frattempo, avendo capito che il ragazzo in questione era il ricciolo di cui tanto aveva sentito parlare in quei giorni, si era dileguata.
Cecilia si voltò nuovamente verso Brian
- Ti assicuro che qualche secondo fa c’era una ragazza proprio lì, a cui ho rovesciato una birra addosso - concluse stupita la ragazza
Brian rise di gusto.
- In realtà è colpa di Roger; è stato lui a spingermi con una certa foga contro di te - confessò il chitarrista - ma a quanto pare anche lui è scomparso - aggiunse guardandosi attorno.
Cecilia si avvicinò all’amico, si alzò sulla punta dei piedi e gli diede due rapidi baci sulle guance
- Sono felice che tu sia qui. Come stai? - domandò poi la ragazza e, dopo una breve pausa aggiunse ridacchiando - è la prima volta che ti vedo senza un pigiama addosso -
- Ti sbagli, è la seconda - replicò serio il riccio
La giovane lo guardò con aria interrogativa
- La prima volta è stata all’aeroporto. Te ne sei già dimenticata? - disse Brian con tono di rimprovero
- E come potrei - rispose sorridendo Cecilia - ad ogni modo…come stai? Ti trovo bene! - proseguì dopo alcuni istanti
- Mi stanco ancora un po’ troppo facilmente ma sto bene, mi sento davvero in forma - replicò il chitarrista e aggiunse
- Tra qualche giorno suoniamo a Londra, al Marquee Club, è il primo concerto che facciamo dopo questa pausa forzata, sono elettrizzato ma al contempo preoccupato di reggere tutta la performance - concluse il chitarrista
- E’ meraviglioso Brian! Sono sicura che ce la farai e che sarà un successo. Verrò sicuramente a sentirvi! - rispose euforica la ragazza
- Purtroppo non puoi - replicò mortificato il ricciolo
- Non…non posso? - rispose titubante Cecilia dopo alcuni attimi di esitazione
Brian scoppiò a ridere
- Hai fatto una faccia buffissima! - disse il chitarrista tra una risata e l’altra mentre la ragazza lo guardava stranita con un velo di tristezza negli occhi
- Scusami ma non sono riuscito a trattenermi. Mi farebbe molto piacere se ci fossi anche tu tra il pubblico, ma suoniamo il 20, e tu sei impegnata alla Royal Academy - concluse poi Brian, cercando di ricomporsi
- Ah già, il concerto conclusivo della tournée. Ma aspetta…come fai a sapere che il 20 suonerò a Londra? - domandò incuriosita Cecilia
- Me l’hai detto tu stessa in ospedale prima di partire, non ricordi? A quanto pare sei un po’ smemorata questa sera - rispose Brian prendendo scherzosamente in giro la giovane musicista.
Cecilia aveva una memoria formidabile ed era solita dare risposte brillanti, ma quando era agitata o a disagio per qualcosa, la sua apparente sicurezza e la sua memoria spesso vacillavano.
- Non mi aspettavo di vederti qui questa sera - continuò imbarazzata la ragazza e, riprendendo in mano le redini della discussione aggiunse decisa - ma dimmi…come facevi a sapere che suonavo qui a Oxford questa sera? Questo sicuramente non te l’ho detto -
- Giusta osservazione - rispose sorridente il chitarrista - Quando questa mattina siamo partiti per Oxford, tutto mi sarei immaginato tranne che incontrarti. E’ stata una sorpresa di Roger, perfettamente riuscita direi - concluse felice il ragazzo
- Aspetta! Non dirmi che… - disse poi la giovane, mentre un’espressione di preoccupazione le si disegnò in viso.
Brian la guardò stupito.
- Non dirmi che…? - continuò il ricciolo, ripetendo a sua volta le parole della ragazza e lasciando la frase volutamente in sospeso
- Che…che eri al concerto - concluse tutto d’un fiato la ragazza
- Mi pare ovvio - rispose il chitarrista
- Che vergogna! - esclamò Cecilia coprendosi il volto con le mani
Brian le afferrò dolcemente i polsi in modo da poter guardare la ragazza in viso e, non mollando la presa, aggiunse
- Stai scherzando vero? È stato uno dei concerti più belli a cui abbia mai assistito - disse con sincerità il ragazzo
- Hai sentito proprio tutto? - incalzò affannata la ragazza
- Cecilia, che domande fai? - chiese stranito il chitarrista
- Anche quando…- la giovane si interruppe
Brian scosse la testa da un lato con espressione interrogativa
- Anche quando ho cantato? - disse poi con un fil di voce
- È stata forse la parte più bella - rispose schietto il ricciolo
- Vorrei sparire - concluse angosciata la ragazza
Gli occhi di Cecilia erano sfuggenti, sembravano cercare disperatamente un appiglio nel buio del cortile del Christ Church.
Brian notò, incredulo, il disagio della ragazza; non riusciva proprio a capire perché una ragazza come lei, con le sue potenzialità, dovesse avere così poca fiducia in sé stessa.
Improvvisamente le lasciò i polsi, e mentre appoggiava con decisione la mano sinistra sulla spalla dell’amica, con l’altra mano raggiunse il mento affusolato della musicista, lo afferrò delicatamente con pollice e indice, e lo spinse verso l’alto, costringendo così Cecilia a guardarlo in viso.
Tuttavia gli occhi della giovane vagavano in una sorta di alone attorno al ragazzo, senza riuscire a trovare la forza di incrociare lo sguardo di quest’ultimo.
- Cecilia guardami, e promettimi di non dire mai più una sciocchezza simile - disse Brian alzando la voce, così da scuotere la ragazza
La ragazza sgranò sorpresa i suoi grandi occhi verdi
- E’ stato - Brian si interruppe come a riprendere fiato - è stato un concerto magnifico e quando hai cantato…io credo che nessuno non abbia potuto emozionarsi. E non immagini quanto mi dia fastidio vedere una ragazza come te, vergognarsi di una cosa…di una cosa che è stata bellissima. Il mondo è pieno di gente che se fosse in grado di fare anche solo un millesimo di quello che sai fare tu, o un millesimo di quello che hai fatto tu questa sera, si vanterebbe per il resto dei suoi giorni, e tu sei qui che te ne vergogni, preoccupata di chissà che cosa -
Brian parlava con decisione, la voce bassa ma ferma
- La maniera in cui riesci a trasmettere le tue emozioni è incredibile; non solo nel canto ma anche nella musica in generale. La Fantaisie-Impromptu che hai suonato oggi mi ha commosso; e non lo dico perché sei mia amica, lo dico perché lo penso fermamente -
- La Fantaisie-Impromptu? - lo interruppe la ragazza con la voce spezzata
- Oggi pomeriggio ero nel cortile del Christ Church, e sono stato rapito da quella musica che mi è arrivata dritta al cuore. Non sapevo fossi tu che suonavi, almeno non fino a questa sera. Ma ora ne ho avuto la conferma - rispose deciso il ricciolo.
Cecilia aveva gli occhi lucidi; ne era sicura, lo amava. Amava il modo in cui questo ragazzo si interessava a lei, di come mostrava curiosità nei suoi confronti, di come si infervorava per cose personali per aiutarla a migliorare; una lacrima le solcò il viso.
Brian, con il volto ancora arrossato a causa dell’impeto emotivo di pochi istanti prima, notò quella piccola goccia vagare sulla guancia della ragazza. Istintivamente le prese il volto tra le mani e asciugò quella lacrima solitaria con il pollice.
- Perdonami Cecilia, volevo incoraggiarti non ferirti. Ti chiedo scusa, mi sono lasciato trasportare troppo dalle emozioni - disse il ricciolo con un fil di voce, abbassando timidamente lo sguardo.
Cecilia scosse la testa. Il cuore le stava uscendo dalla cassa toracica per quanto batteva forte, le mani le tremavano…e l’anima della giovane, nel sentire il pollice del chitarrista sfiorarle la guancia per asciugarle il viso, non resse più. Alcune lacrime iniziarono a rigarle il volto, bagnando le mani del ragazzo e, dopo aver guardato quest’ultimo ancora una volta dritto negli occhi, si avvicinò rapidamente a lui abbracciandolo stretto.
Brian con un braccio le circondò saldamente le spalle, mentre con l’altro le accarezzò i capelli, come per rassicurarla; infine, dopo alcuni istanti, appoggiò il proprio mento sulla testa della ragazza.
Roger, come un deus ex macchina, apparve alle spalle della giovane con uno sguardo soddisfatto e un sorriso sornione, spronando a gesti l’amico a spingersi oltre.
Cecilia nel frattempo si era appoggiata, con gli occhi chiusi, al petto del chitarrista, e fu pervasa da una piacevole sensazione di calma e tranquillità; stare tra le braccia di quel ragazzo la faceva sentire protetta e al sicuro. Dopo qualche minuto la ragazza allentò la stretta e Brian, come ultimo gesto d’affetto le diede un rapido e delicato bacio sui capelli, prima di allontanarla leggermente da sé.
- Va meglio? - le chiese poi con la voce più calda e delicata possibile
- Ti ringrazio - disse Cecilia annuendo con il capo.
Brian le sorrise.
- Scusami, probabilmente ho accumulato un po’ troppa tensione in questi giorni. Comunque…- la ragazza si interruppe
- Comunque? - incalzò dolcemente il chitarrista
- Comunque…anche se non si direbbe visto che piango sempre, sono davvero felice che tu sia qui - concluse Cecilia, con le gote leggermente arrossate
- Sono molto felice anch’io. Hai una grandissima sensibilità, fuori dal comune… -
- E hai anche degli amici fuori dal comune! - gridò Roger abbracciando con enfasi la ragazza, sollevandola da terra, e interrompendo così Brian.
- Sono così contento di vederti - strillò poi il batterista, con la ragazza ancora in braccio
- Anche io, tanto! - rispose sincera Cecilia - ma adesso mettimi giù ti prego!

I tre ragazzi furono immediatamente raggiunti da Freddie, John e Rossella. Quest’ultima si lanciò al collo dell’amica, che per poco non finì a terra.
John la salutò in modo più pacato mentre Freddie prima l’abbracciò calorosamente e poi si complimentò per l’incredibile musicalità che aveva mostrato al concerto
- Mi hai emozionato. Tanto. Dovremmo fare un duetto io e te - concluse poi il cantante
- Se hai bisogno di un accompagnamento al pianoforte, volentieri! - rispose sorridente Cecilia
- Perché no. Ma io pensavo a un duetto vocale - replicò Freddie con fare ammiccante
- Vocale? - strillò stupita la ragazza - credo, di dover lavorare ancora un bel po’ con la mia voce per poter affiancarla alla tua - concluse con tono preoccupato Cecilia
- Se la tua voce è quella che ho sentito questa sera, possiamo duettare anche subito - concluse un incoraggiante Freddie.
I ragazzi stavano chiacchierando da più di un’ora quando Cecilia fu raggiunta dai suoi compagni d’avventura
- Oh finalmente ti abbiamo trovata! Stavamo per darti per dispersa! - disse Mark con tono apprensivo
- Sono venuti a trovarmi degli amici da Londra, anche loro musicisti - si giustificò Cecilia
- Non dirmi che quel biondo è un musicista - sentenziò sfrontato il violoncellista
- Stu, ti prego, smettila - replicò decisa la ragazza
- Che problemi hai? Sei forse geloso? - incalzò con tono strafottente Roger
- Roger, per favore, lascialo perdere - lo implorò Cecilia
- Vi conoscete? - domandò stupito Freddie
- Il giorno della partenza, Roger è venuto a salutare Cecilia agli studi televisivi. E’ lì che l’abbiamo incontrato - rispose educatamente Daniel intromettendosi nella discussione tentando di placare gli animi
- Sei andato a salutare Cecilia agli studi televisivi? - domandò sorpreso Brian
- Che palle, lasciatemi in pace! - sbuffò il biondo portandosi alla bocca un altro bicchiere di vino.
- Ehi, vacci piano con l’alcool, altrimenti sarò costretto a guidare io! - intervenne John con tono di rimprovero e aggiunse - non voglio fare il guastafeste ma si sta facendo davvero tardi, converrebbe avviarsi verso casa - concluse il ragazzo dai lunghi capelli castani
- Tornate a Londra già questa sera? -  chiese stupita Liz
- Perché non vi fermate? - incalzò  Cecilia e proseguì -  abbiamo delle camere enormi, nella mia c’è un letto gigantesco e anche un divano - concluse la ragazza
- Io sono favorevole - rispose senza indugio Roger - a patto che possa dormire nel tuo letto, assieme a te - aggiunse con fare ammiccante abbassando il tono della voce e facendole l’occhiolino
- Roger! - tuonarono all’unisono Brian e Freddie
- Ceci ha ragione. Le camere sono davvero grandi, possiamo organizzarci e lasciarvene una tutta per voi - rispose sorridente Daniel
- Ci piacerebbe molto, ma domani mattina Rossella deve andare a lavorare e noi nel pomeriggio abbiamo delle prove - replicò John
- E tu come lo sai che domani Rossella lavora? - chiese prontamente con tono provocatorio Roger nonostante l’elevata quantità di alcool in corpo
- Beh…me l’ha detto oggi - rispose con voce incerta il bassista
- Tu non me la racconti giusta - bisbigliò poi Cecilia all’orecchio dell’amica mentre la stava salutando.

I ragazzi si stavano per avviare verso l’uscita del Christ Church quando un ragazzo misterioso si avvicinò al gruppo: indossava un cappotto di panno beige lungo quasi fino ai piedi, una sciarpa nera che gli copriva non solo la bocca ma anche la punta del naso, e un cappello piuttosto ampio, anch’esso nero, che creava un cono d’ombra sugli occhi e che gli nascondeva, almeno in parte, i capelli
- Volevo farvi i complimenti, siete stati strepitosi -
Il misterioso ragazzo si avvicinò a Cecilia, si abbassò velocemente la sciarpa, le prese con un movimento rapido la mano e gliela baciò con dolcezza. La stessa scena si ripeté con Liz, in evidente imbarazzo.
- Ti ringrazio - disse Cecilia - perdonami la sfacciataggine, ma ci conosciamo? - chiese poi diretta la ragazza
Il giovane fece cenno di no con la testa. Alcune ciocche di capelli uscirono dal cappello: erano capelli scuri, probabilmente neri, non molto lunghi, lisci e incredibilmente lucidi.
- Piacere, Cecilia - incalzò la ragazza allungando la mano
- Piacere mio, ma belle - rispose il giovane
- Come ti chiami? - domandò Cecilia
- Non posso dirlo - rispose il ragazzo dal lungo cappotto beige
- Eppure ho l’impressione di aver già sentito la tua voce - bofonchiò con fare pensieroso Cecilia.
Il ragazzo aveva una voce dal timbro caldo e leggermente nasale, che le richiamava alla mente qualcosa o qualcuno ma, per quanto la giovane si sforzasse di ricordare, non le venne in mente nessuna persona in particolare.
Cecilia guardò i suoi amici, ma tutti alzarono le spalle ad eccezione di Freddie
- Anche a me la tua voce pare di conoscerla - incalzò il cantante
- Avete un ottimo orecchio voi due - constatò il giovane
Il ragazzo mosse la testa e, nonostante il cappello fosse piuttosto ampio, la flebile luce del lampione riuscì comunque ad illuminargli parzialmente il viso
- E quegli occhi! - proseguì Cecilia
Il ragazzo si sistemò immediatamente il cappello, calandoselo il più possibile sul viso
- Accidenti! I miei neuroni questa sera vanno a rilento ma quello sguardo, quegli occhi scuri leggermente spioventi, in particolare l’occhio destro…maledizione. Freddie aiutami! -
- Ci sto provando darling - replicò il cantante
- Questa attenzione per i dettagli è sorprendente - notò il ragazzo misterioso
- Io e Cecilia frequentiamo l’Ealing Art College, e siamo due grandi osservatori di particolari e di sfumature che alla gente comune risultano per lo più impercettibili - rispose Freddie
- Sono certo che ci rivedremo, e chissà…magari nel frattempo vi sarà venuto in mente chi sono - concluse il giovane misterioso allontanandosi e confondendosi tra la folla.
Per alcuni secondi tra i ragazzi calò il silenzio
- Scusatemi, sono mortificato ma dobbiamo proprio andare - intervenne John con tono mesto
- Siete sicuri di non volervi fermare? - chiese Daniel
- Per noi davvero non è un problema lasciarvi una camera - proseguì Liz
- Vi ringraziamo per la gentilezza, ma dobbiamo assolutamente rientrare - disse Freddie
- Che fretta c’è di tornare a Londra, me lo spiegate? - sbuffò il biondo, ma i ragazzi fecero finta di non sentirlo
- Mi raccomando siate prudenti - intervenne Mark
- E non fate guidare Roger - aggiunse scherzosa Cecilia
- Non preoccuparti darling, ci pensa John a portarci a casa sani e salvi, non è vero? - concluse Freddie
Il bassista annuì con la testa.
I ragazzi, dopo essersi nuovamente salutati, varcarono la soglia del Christ Church e si avviarono verso la macchina. Avevano percorso poche centinaia di metri quando sentirono alle loro spalle, in lontananza, dei passi affrettati e, poco dopo, una voce ben conosciuta
- Brian! Brian, aspetta! - gridò Cecilia
Il chitarrista si voltò stupito e andò incontro all’amica
- Cecilia, che succede? - chiese preoccupato il ricciolo
- Mi sono dimenticata di darti questo - rispose la ragazza slacciandosi la collana portafortuna e riponendola delicatamente nelle mani del chitarrista
- Ma hai ancora alcuni concerti da fare - replicò sorpreso il ragazzo
- Prima del 20 sicuramente non ci vediamo, quindi non riuscirei a restituirtela in tempo…e questa volta forse serve più a te che a me - rispose decisa la ragazza
- Comunque grazie, mi ha aiutata molto questo ciondolo. Soprattutto in certi momenti…è stato un grande sostegno - concluse Cecilia
Il ragazzo le accarezzò delicatamente i capelli con una mano
- Brian, sbrigati che è tardi - urlò il bassista richiamando l’attenzione del ricciolo
- Perdonami. Ci aspettano ancora diverse ore di viaggio, e se non raggiungo John in una manciata di secondi, mi terrà il broncio per il resto della settimana - concluse Brian abbassando prudentemente il tono della voce.
Cecilia gli sorrise.
- Scusami tu per avervi fatto perdere tempo, volevo solo restituirti la collana. E mi raccomando, fate attenzione - disse apprensiva la ragazza
- Non preoccuparti, siamo abituati a viaggiare di notte - rispose pacato il chitarrista
- Si ma - Cecilia stava tentando di giustificarsi quando fu interrotta da Brian
- Vai a riposarti, tranquilla - replicò con voce dolce il ragazzo
Il Christ Church iniziò a battere i suo 101 colpi, che per la serata erano stati posticipati di alcune ore - Rapida, torna nel college prima che le campane smettano di suonare, un po’ come Cenerentola - incalzò Brian sorridendole
Cecilia gli sorrise a sua volta e, voltate le spalle al ragazzo, cominciò a camminare a passo spedito verso il college.
Nonostante il buio, Brian riusciva a vedere allontanarsi la ragazza in quanto i ricami argentati e dorati della gonna, riflettevano le fioche luci dei lampioni e della luna.
Poco a poco, così com’era arrivata, Cecilia svanì nel buio della notte e Brian rimase per alcuni istanti imbambolato a contemplare il viale deserto, nella speranza di vederla apparire ancora una volta.

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Capitolo 17
*** White Queen - pt. 1 ***


I ragazzi arrivarono a Londra che era quasi l’alba; la città era deserta e dai finestrini della macchina, leggermente aperti, entrava un’aria pungente.John aveva guidato per tutto il tragitto; Roger infatti, subito dopo la partenza da Oxford, si era addormentato come un bambino nel sedile posteriore, cullato dall’auto. Accanto a lui avevano preso posto Brian e Freddie; i due, per quanto si sforzassero di rimanere svegli e aiutare l’amico bassista a non sbagliare strada, a tratti sonnecchiavano. Rossella invece aveva tenuto compagnia al ragazzo dai lunghi capelli castani per tutto il viaggio e, ogni tanto, approfittando della stanchezza degli altri tre musicisti, aveva appoggiato la sua mano su quella di John.
- A che ora inizi il turno? - domandò quest’ultimo a bassa voce alla giovane infermiera
- Oggi attacco alle sei, sarò uno zombie - rispose Rossella stropicciandosi gli occhi con entrambe le mani
- Ascoltami - replicò dolcemente John - cerca di riposarti almeno due orette, io alle 5.30 sono sotto casa tua e ti accompagno al lavoro - concluse il ragazzo in un sussurro
- Ti ringrazio ma non se parla, è meglio se vai a riposarti anche tu. Non dimenticarti che al pomeriggio hai le prove del concerto! Io prendo l’autobus e mi riposerò poi nel pomeriggio, non appena rientro a casa - ribatté decisa la ragazza
- Tu hai a che fare con delle persone in difficoltà, con delle vite umane - replicò serio il bassista
- John davvero non preoccuparti, me la cavo benissimo da sola - rispose dolcemente Rossella
- Insisto - replicò con prontezza il ragazzo - e ti avverto, è inutile che tenti di dissuadermi, sono molto testardo - concluse il bassista con un sorriso malizioso
La ragazza scosse leggermente la testa
- Beh, allora grazie, lo apprezzo molto - rispose felice la giovane infermiera.
Alle 5.30 in punto John era parcheggiato sotto casa della ragazza e Rossella non tardò a scendere
- Sbaglio o stai usando la macchina di Roger? Non si arrabbierà? - chiese preoccupata la ragazza
- In questo momento è a letto che dorme come un angioletto, non se ne accorgerà nemmeno - rispose John ridacchiando, dando poi una bacio sulla tempia alla ragazza che nel frattempo era salita in macchina
- Allora mi dica signorina - proseguì il bassista - dove vuole che la porti? -
- John…- commentò teneramente la giovane infermiera
- Come sa il mio nome? Dovrebbe approfittarne, non le capiterà spesso di avere un autista tutto per sé - replicò sornione il bassista
Rossella si avvicinò al ragazzo e gli accarezzò dolcemente il viso
- Come fai ad essere così pimpante alle cinque di mattina? Qual è il tuo segreto? - sussurrò con tono scherzoso la giovane
- Solitamente sono molto più taciturno, ma da qualche ora il mio corpo è pervaso da una strana energia. Chissà perché? - rispose con finto fare ingenuo il musicista, guardando negli occhi l’infermiera
- Sono così felice - bisbigliò quest’ultima appoggiando la fronte contro quella del ragazzo
- Anche io, non immagini quanto - replicò il bassista stringendola stretta
John ricoprì il viso della ragazza di piccoli baci e, quando raggiunse le labbra, iniziò ad approfondire poco alla volta il bacio, che da innocente bacetto a stampo diventò sempre più appassionato.
Passarono diversi minuti finché John, quasi spaventato, si allontanò bruscamente dalla ragazza
- Che succede? - chiese preoccupata Rossella
- Nulla, ma se non mi muovo arriverai in ritardo a lavoro - replicò serio il bassista
- Ancora cinque minuti - mugugnò la giovane
- Avremo modo di rifarci più tardi, adesso dobbiamo correre - concluse il ragazzo, mettendo in moto l’auto.
John fece rombare il motore della macchina, pigiò il piede sull’acceleratore e partì velocissimo alla volta dell’ospedale. L’impavido bassista superò i limiti di velocità e non rispettò qualche semaforo; ma in questo modo riuscì ad arrivare nel parcheggio della struttura ospedaliera con ben dieci minuti di anticipo.
- Et voilà, siamo in perfetto orario - commentò soddisfatto
- Hai voglia di accompagnarmi all’ingresso? C’è un piccolo bar e potremmo fare una rapida colazione assieme - suggerì Rossella guardando l’orologio
- Non me lo faccio dire due volte - rispose sorridente John uscendo dalla macchina.
Il locale era praticamente deserto; un medico, seduto al bancone, stava leggendo un giornale, il Times, e nel frattempo sorseggiava una spremuta d’arancia mentre due infermiere chiacchieravano a bassa voce davanti a un piccolo vassoio di biscotti.
- Un cappuccino con panna - ordinò la ragazza rivolgendosi al barista
- Anche per me - aggiunse John -
- E due brioches - concluse Rossella
I due si sedettero ad un piccolo tavolino, in un angolo della sala
- Sai, non mi aspettavo proprio questo cambiamento - disse timidamente il bassista
- Nemmeno io - rispose felice l’infermiera - ma sono al settimo cielo - concluse sorridente
- Non dirlo a me - concluse John mentre beveva golosamente il suo cappuccino
- Ti va se organizziamo una cena non appena Ceci rientra? - domandò poi Rossella
- Mi piacerebbe molto - rispose sorridente il bassista
- Potremmo fare il 21, il giorno dopo il vostro concerto - suggerì la giovane e aggiunse - così da avere un momento condiviso per mettere tutti al corrente di… - Rossella si fermò a prendere fiato - si insomma…per annunciare di noi due, ecco - concluse balbettando la ragazza con le gote arrossate
- E’…perfetto - replicò John.
Ma il tono della voce del bassista sembrava esprimere tutt’altra emozione
- John… -  sussurrò Rossella prendendo una mano del ragazzo tra le sue - cosa c’è che ti preoccupa? -
- Io…nulla davvero. Sarà la stanchezza che sta iniziando ad avere il sopravvento - concluse imbarazzato il bassista
- Non mentirmi John - incalzò la giovane intrecciando le dita della sua mano con quelle del ragazzo
Quando quest’ultimo incontrò lo sguardo di Rossella, non riuscì più a fingere
- Ho paura della reazione che avranno i ragazzi - confessò tutto d’un fiato il musicista
- Sono tuoi amici e saranno sicuramente felici per te - lo incoraggiò la giovane infermiera
- Di quello ne sono certo, però… - il bassista si interruppe
- Però? - incalzò Rossella
- Preparati alle battute di Roger, non mancheranno sicuramente - concluse affannato John
- Lo sistemo io quel biondino, non preoccuparti! - rispose decisa la ragazza
Il giovane musicista le sorrise di cuore
- Però non voglio insistere, solo se te la senti - proseguì sincera l’infermiera
- E’ la cosa giusta da fare. Appena rientro li avviso - disse John, che sembrava aver riacquistato fiducia in se stesso
- Comunque penseranno che vogliamo annunciare che ci sposiamo - aggiunse poi il ragazzo dopo una breve pausa
- Per quello è ancora un po’ presto, ma chissà… - ammiccò Rossella
La ragazza lasciò volutamente la frase in sospeso, si alzò, diede un tenero bacio al ragazzo assaporando la panna che gli era rimasta goffamente sulle labbra e lo salutò
- Ora devo scappare, ci sentiamo questa sera? - domandò sorridente l’infermiera
- Magari anche prima. Anzi, perché quando finisci il turno non passi in studio? - chiese il ragazzo
- Oggi sono davvero stanca John, ho dormito poco più di un’ora e non stacco prima delle 14 - rispose mortificata Rossella
- Certo, hai ragione…non ci avevo pensato - rispose deluso il bassista
- Però un’altra volta molto volentieri, sono davvero curiosa di vedervi in azione! E sabato sera non andrò alla Royal Academy a sentire Ceci ma verrò al Marquee Club a fare il tifo per voi - concluse euforica la giovane
- Sei sicura? - domandò stupito il ragazzo sgranando i suoi dolci occhi grigio verdi
- Certo, Ceci capirà sicuramente - concluse l’infermiera facendogli l’occhiolino
John si alzò, si avvicinò a Rossella e le strinse dolcemente una mano
- Ora vai, altrimenti farai tardi. Noi ci sentiamo quando finisci - le bisbigliò all’orecchio il bassista.
Rossella, per tutta risposta, gli diede un ultimo rapido bacio a fior di labbra, per poi scomparire nei labirintici corridoi dell’ospedale.

Erano oramai le 11 quando Roger aprì gli occhi e si voltò verso Brian.
- Bri? Bri, dove sei? - pigolò il biondo vedendo il letto dell’amico vuoto
Nessuna risposta.
Il batterista si alzò faticosamente e raggiunse la cucina, che fungeva anche da salotto.
Brian gli dava le spalle, seduto al vecchio pianoforte a muro, e stava componendo.
- Quando mi sono alzato, alle 9, era già in piedi che scriveva - disse Freddie, accovacciato sul piccolo divano di tessuto rosso, mentre sorseggiava una tazza del suo adorato Earl Grey
- Ma non dovrebbe affaticarsi così…è uscito da poco dall’ospedale - fece notare con tono preoccupato il batterista
- Dovrebbe…è vero. Ma tu sai come fermare il dottor May quando è nel pieno della sua fase creativa? - concluse il cantante alzando le spalle
Roger si avvicino all'amico
- Brimi, cosa stai scrivendo? - domandò teneramente il biondo, con la voce ancora assonnata
Il ricciolo sollevò le mani dalla tastiera del pianoforte e alzò lo sguardo dal foglio pentagrammato, che era pieno zeppo di incomprensibili scarabocchi e annotazioni
- Una nuova canzone. Mi piacerebbe se riuscissimo a suonarla già dopodomani - rispose con voce ferma il ragazzo
- Che cosa? - strillò Freddie rovesciando, in parte, anche il the che aveva in mano
- Magari una versione semplificata dal punto di vista strumentale, ma vorrei davvero provarci - proseguì serio il chitarrista
Il cantante aggrottò perplesso la fronte
- Sei sicuro di farcela Brian? - domandò preoccupato il ragazzo dai capelli corvini - non voglio mettere in dubbio le tue doti, ma il tempo è davvero poco…e tu non dovresti mettere sotto pressione in questo modo il tuo fisico - concluse sincero il cantante
- Lo so, ma il grosso oramai è fatto - rispose soddisfatto il ricciolo - l’unica cosa è che avrei bisogno che la cantassi tu - aggiunse pacato il chitarrista voltandosi verso l’amico
- Non vuoi provare a fare il solista? - domandò teneramente Freddie - ti vedo particolarmente preso con questa tua nuova composizione - concluse il cantante
- La mia voce non è espressiva come la tua, e poi… - il ragazzo arrossì
Freddie notò l’imbarazzo e incalzò
- Di cosa parla la canzone? - aggiunse quindi il cantante alzando un sopracciglio
- Si intitola White Queen - rispose il ricciolo nel tentativo di eludere la domanda
Roger, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, sgranò i suoi grandi occhi azzurri
- White Queen? - ripeté sorpreso il biondo con un fil di voce
- E’ un omaggio al nostro gruppo? - chiese meravigliato Freddie
- Ecco veramente… - il chitarrista si interruppe
- Da un artista come te Freddie, non mi sarei mai aspettato un’ingenuità simile. Come hai fatto a non capire al volo che si tratta di una canzone per Cecilia? - disse sghignazzando Roger
- Per Cecilia? - domandò stupito il cantante
- La cui anima, citando in maniera letterale il qui presente Brian Harold May, è “bianca, candida e pura” - concluse il batterista con un risolino
- Roger! - esclamò il chitarrista
- Non ho forse ragione? - replicò prontamente il biondino con un sorriso malizioso
Brian sospirò rumorosamente
- Te l’ho detto io, per forza che hai ragione. Ma potresti esprimerti in maniera più comprensiva, senza sfottermi? - concluse infastidito il chitarrista
- E va bene, ci sto! Poi se è per Cecilia, la canto più che volentieri! - disse energicamente Freddie
- Come comincia? Hai già un’idea del testo? - incalzò il cantante
Brian iniziò a far scorrere sui tasti del pianoforte le sue dita affusolate e, dopo una breve introduzione strumentale, iniziò timidamente ad accennare con la voce la melodia

So sad her eyes
Smiling dark eyes
So sad her eyes
As it began

- Questo è il prologo - disse il ricciolo
- Wow, allegro - commentò Roger alzando gli occhi al cielo e trattenendo una risatina malefica
- Smettila Roger! - intervenne Freddie - a me piace! Non ne conosco il motivo ma questo riferimento agli occhi, agli occhi sorridenti in particolare, mi fa pensare alle stelle - concluse il ragazzo dai capelli corvini
- Le stelle e le persone, o più in generale l’astronomia e la vita, non sono poi così distanti. Se ci pensi bene… - il chitarrista stava rispondendo al cantante quando fu interrotto da Roger
- Bri fermati! - strillò il batterista - i pipponi filosofici alla fine, ti prego. Piuttosto, come prosegue la canzone? - domandò il biondo con impazienza
Il ricciolo si voltò nuovamente verso il pianoforte e riprese a suonare

On such a breathless night as this
Upon my brow the lightest kiss
I walked alone

- Ti riferisci a ieri? - domandò Roger
- Anche a ieri, sì - rispose impacciato Brian
- E ti ha dato un bacio sulla fronte? - chiese il biondo inclinando leggermente la testa da un lato
- Beh ecco…no, ma mi ha dato due piccoli baci sulla guancia e io le ho dato un rapido bacio sui capelli - rispose il chitarrista in un sussurro
Freddie aggrottò la fronte e si strofinò il viso con il palmo della mano
- Brian Harold May, sarai anche un geniaccio in astrofisica e un altrettanto pazzesco chitarrista, ma nei rapporti umani sei proprio un impiastro - mugugnò il cantante con voce rassegnata
- Grazie Freddie per ricordarmelo - rispose il riccio scuotendo la testa
- Dai, non te la prendere Bri - tentò di scusarsi il ragazzo dai capelli corvini e aggiunse - adesso c’è il ritornello? -
- Quasi. Prima ci sono ancora alcuni brevi versi - disse il chitarrista appoggiando le mani sulla tastiera d’avorio e riprendendo a suonare

And all around the air did say
My lady soon will stir this way
In sorrow known

- Sempre più allegra - commentò ironicamente Roger - se va avanti così nel ritornello moriremo tutti - proseguì il biondo rivolgendosi a Freddie che però, per tutta risposta, si appoggiò l’indice sulle labbra facendo segno al batterista di tacere
- Mi piace molto Bri, è veramente toccante - disse sincero il cantante e incitò il ragazzo a proseguire

The White Queen walks and the night grows pale
Stars of lovingness in her hair

- E qui c’è il climax - spiegò rapidamente il ragazzo al pianoforte prima di ricominciare a suonare

Needing - unheard
Pleading - one word
So sad my eyes
She cannot see

- Figata! - intervenne euforico Roger - questa parte la trovo davvero molto efficace, soprattutto il grido, angosciato, sulle parole needing e pleading. Sembra una richiesta di aiuto disperata; molto commovente, davvero - concluse il batterista
Freddie annuì con la testa
- Alcuni parti cantate dovrebbero creare delle armonie, come per imitare un coro angelico. Freddie, potremmo provare a registrarti in multitraccia. Che ne pensi? Se realizzate dalla stessa voce le armonie risultano più efficaci, in quanto acquistano una sonorità e un timbro particolari - spiegò il chitarrista
- Quello che amo di te, Brian, è che non pensi solo al testo, o soltanto alla melodia. Tu ha già in testa i suoni, le armonie…e soprattutto sai già come realizzare tutto questo. Ti invidio molto, hai avuto un’altra delle tue idee geniali - concluse Freddie sorridendogli dal più profondo del cuore

How did thee fare, what have thee seen
The mother of the willow green
I call her name
And 'neath her window have I stayed
I loved the footsteps that she made
And when she came

- Brimi, negli ultimi tre versi ti riferisci a quando eravamo seduti nel cortile del Christ Church? - domandò dolcemente Roger
Brian annuì con la testa
- Io invece pensavo che la frase I loved the footsteps that she made si riferisse all’altra sera, quando Cecilia ti ha rincorso per restituirti la collana - intervenne il cantante
Il ragazzo seduto al pianoforte, colto alla sprovvista, spalancò gli occhi
- Come…come facevi a sapere che le avevo imprestato la collana? - domandò poi timidamente, dopo alcuni, istanti il ricciolo
- Non sono mica cieco, sai - rispose il cantante, sorridendogli teneramente
- In verità ho sempre amato il rumore dei suoi passi, perché precedevano il suo arrivo - bisbigliò Brian
- Come siamo romantici oggi! - ridacchiò dolcemente Roger - vedo che la mia sorpresa ha avuto l’effetto desiderato - concluse soddisfatto il batterista
Il chitarrista si voltò nuovamente verso il pianoforte, pronto a smentire quello che l’amico aveva appena detto

White Queen how my heart did ache
And dry my lips no word would make
So still I wait

- Come non detto. Ecco che ritorna il pessimismo cosmico - commentò il biondino - Leopardi in confronto a te era un festaiolo - aggiunse sghignazzando
Brian questa volta non si interruppe per rispondere all’amico, e proseguì

My Goddess, hear my darkest fear
I speak too late
It's for evermore that I wait

Dear friend goodbye
No tears in my eyes
So sad it ends
As it began

- Gli ultimi versi sono una sorta di epilogo, e musicalmente questa sezione si rifà all’inizio, a quello che prima ho definito prologo - disse poi il ricciolo alzando le mani dalla tastiera del pianoforte e voltandosi verso i due amici, che lo stavano guardando esterrefatti.
- In sintesi la canzone parla di un amore non confessato - proseguì il ragazzo
- Di un amore non ancora dichiarato, semmai -  intervenne Freddie correggendo l’amico
Brian lo guardò triste
- Parla dell’amore provato nei confronti di una ragazza; un amore segreto, in quanto il protagonista non riesce a trovare il coraggio di dar libera voce ai propri sentimenti - concluse il ricciolo abbassando lo sguardo
- Ci riuscirai - lo incoraggiò Roger
Freddie si alzò, prese una sedia e si sedette accanto al chitarrista
- Brian, sei una persona eccezionale. Perché devi struggerti in questo modo? Non puoi avere dubbi sulle tue capacità. Cecilia è una ragazza splendida che… - il cantante stava cercando di confortare l’amico quando quest’ultimo lo interruppe
- Proprio per quello. E’ sempre sorridente, circondata da persone… io invece sono solitario, fatico a rapportarmi con la gente, quando le persone mi parlano spesso mi annoio o, se la ragazza in questione mi interessa, vado in panico e non riesco mai a dire o a fare quello che vorrei. Però con lei… - il ragazzo fece una pausa  - con lei è diverso; quando sono con lei mi sento a mio agio e il tempo sembra scorre così rapidamente…insomma, sto bene - concluse il ricciolo con gli occhi sognanti
- Tuttavia non sei un bravo osservatore - commentò Freddie
Brian scosse leggermente la testa, guardando l’amico con aria interrogativa
- Cecilia apparentemente è così come l’hai descritta tu, è una sorta di frontman, un po’ come me - disse sincero il cantante - sai, in pubblico devi essere carismatico, sorridente, sempre pronto a rispondere alle domande…in ogni gruppo ci deve essere una persona così e, vedendo in azione i ragazzi a Oxford, credo che Cecilia e Stuart si siano accollati questo onere. Ma ti posso assicurare che Cecilia, nel suo intimo, quando è sola, è una ragazza molto sensibile, timida, insicura…un po’ come me quando non ho i riflettori puntati addosso - spiegò il cantante
- Come fai a dire questo, Freddie? - domandò Brian
- La vedo all’Ealing Art College; passa ore e ore a disegnare da sola, su di un cavalletto un po’ appartato, nell'aula di disegno dal vero. E i suoi lavori sono molto introspettivi, molto personali. Comunque - il ragazzo si interruppe alcuni istanti per schiarirsi la voce - è questione di ore, forse di giorni…ma sono sicuro che tra poco sarà tua - concluse Freddie
- E se non fosse interessata a me? O se mi vedesse solo come un amico? - domandò preoccupato il chitarrista
- Credo anch’io che oramai sia solamente più una questione di ore - intervenne Roger, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad ascoltare
- Anzi - proseguì il biondo - ne sono certo. Ma sappi solo una cosa, Brian Harold May - il tono di voce del batterista si incupì e si fece serio - io voglio molto bene a quella ragazza, è la mia migliore amica, è l’unica ragazza con cui riesco a parlare con sincerità, senza finirci a letto. E sarei un ipocrita se ti dicessi che non mi piace. Trattala bene Brian, con i guanti, come se fosse la cosa più preziosa che hai, come il Piccolo Principe ha fatto con la sua rosa -
- Perché mi dici questo Roggie? - domandò timidamente Brian sbattendo ripetutamente le palpebre, come era solito fare quando qualcosa lo preoccupava
- Non interrompermi. Io credo sinceramente che tu sia la persona giusta per lei. Ma ricorda: se mai la dovessi ferire, far piangere o far soffrire…se ciò dovesse accadere non te lo perdonerei, e sarei il primo a tentare di consolarla - concluse con voce fredda il biondo
- Roger, che stai dicendo? - intervenne Freddie
Il batterista non rispose, si accese una sigaretta, voltò le spalle agli amici e si avviò verso la porta d’ingresso dell’appartamento.
- Invitala, Brian. Invitala ad uscire con te, voi due soli. Magari in un luogo leggermente appartato in cui tu ti senti a tuo agio -  suggerì il biondo, senza voltarsi, mentre con una mano tentava di aprire la porta
- Roger… - sussurrò Brian
- La risposta a parer mio è scontata - disse poi il batterista voltandosi verso gli amici e cercando di sfoderare, suo malgrado, il sorriso migliore
- A proposito di inviti - intervenne John uscendo dalla stanza stropicciandosi gli occhi
- Alla buon’ora! - esclamarono in coro i tre amici
- Buongiorno anche a voi - bofonchiò il ragazzo dai lunghi capelli castani
- A proposito di inviti…? - incalzò Roger
- Siamo invitati a casa delle ragazze domenica sera - rispose pacato il bassista
- Dopodomani? Ottimo - replicò con voce squillante Roger - non vedo l’ora - e così discendo uscì a prendere una boccata d’aria.
Freddie appoggiò una mano sul ginocchio dell’amico
- Non farci caso Bri, Roger ogni tanto esagera ma lo fa per spronarti - tentò di rincuorarlo il cantante
- Pensi davvero che non abbia rinunciato a Cecilia solo per gentilezza nei miei confronti? Forse dovrei rinunciarci anch’io - rispose tristemente il chitarrista
- L’amore non è a senso unico Brian, e un’apparente rinuncia non può cambiare quello che provi per lei - replicò dolcemente il ragazzo dai capelli corvini
- Lo so bene - rispose il ricciolo sospirando profondamente
- Sarà Cecilia, nel caso, a scegliere; ma sono certo che tu e lei siate due anime gemelle, non ci sono Roger o Stuart che tengano. Le vostre anime sono profondamente legate - concluse il cantante
- Grazie Freddie, lo spero tanto - bisbigliò Brian abbracciando l’amico.

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Capitolo 18
*** White Queen - pt. 2 ***


La sera del concerto, Rosella si recò al Marquee Club; si trattava di un locale piuttosto noto situato nel vivace quartiere di Soho, una delle zone prese d’assalto dai giovani londinesi nel fine settimana, ricca di pub e locali in cui trascorrere le serate. Sebbene fosse uno dei club più importanti della zona, a causa delle sue dimensioni piuttosto ridotte non poteva contenere moltissime persone. Ma nonostante questo, su quel palco si erano esibite alcune delle più importanti star musicali.
La giovane infermiera, come suo solito, arrivò in anticipo; mentre stava osservando con curiosità il basso fabbricato che ospitava il locale, la cui facciata era costruita quasi esclusivamente in ferro e vetro, da una piccola porta nera anch’essa in ferro situata proprio alle sue spalle, e più precisamente accanto al numero 90 di Wardour Street, uscì John che, stupito dal vedere la ragazza non poté trattenersi dall’abbracciarla e dal darle un tenero bacio sulla guancia.
- Che entusiasmo! - commentò sorridente la giovane infermiera
- Non mi aspettavo di trovarti già qui; ero uscito per recuperare una borsa che abbiamo dimenticato nel bagagliaio della macchina - commentò John indicando la mini di Roger parcheggiata proprio davanti al locale.
Dopo aver preso il borsone dall’auto, il bassista si avvicinò alla piccola porta da cui era arrivato e fece cenno a Rossella di seguirlo, ma quest’ultima sembrava titubante.
- Sei sicuro che possa entrare anch’io? - domandò timidamente la ragazza
- Stai scherzando vero? - replicò deciso John
- Non vorrei disturbarvi e poi…non so se gli organizzatori siano contenti che entri senza pagare il biglietto - rispose con voce incerta la giovane
- Ti preoccupi troppo - commentò John avvicinandosi a Rossella - goditi i privilegi derivanti dall’essere la ragazza di uno dei membri della band - concluse scherzosamente il bassista dandole poi un rapido bacio sulle labbra.
Rossella gli sorrise divertita. Amava il modo in cui questo ragazzo, grazie alla sua ironia, riuscisse sempre a metterla a proprio agio e a farla sentire al sicuro, infondendole una piacevole sensazione di tranquillità.
- Avanti, seguimi - disse infine il bassista poggiando una mano sulla spalla della giovane per incoraggiarla ad entrare.
In pochi minuti i due innamorati raggiunsero i camerini; l'infermiera rimase affascinata nel vedere il gruppo indaffarato con i preparativi pre esibizione.
“Se solo Ceci fosse qui con me” pensò tra sé e sé Rossella mentre osservava i ragazzi ripassare assieme la scaletta dei brani; era dispiaciuta per l’amica, sapeva quanto Cecilia ci tenesse al loro concerto, ed era assurdo che dovesse esibirsi anche lei proprio la stessa sera.
- Basta provare, siamo preparatissimi. Rilassiamoci qualche minuto! - sentenziò improvvisamente Freddie accendendo la tv.
Il cantante stava facendo rapidamente zapping quando la sua attenzione si focalizzò su quello che, ad una rapida occhiata, sembrava un tipico teatro all’italiana.
- Dov’è questo posto meraviglioso? - domandò poi il cantante ai compagni di gruppo; John scosse la testa mentre Brian e Roger alzarono le spalle.
L’inquadratura poco a poco si spostò e sullo schermo apparve una sala dall’inusuale pianta ellittica gremita di gente.
- Aspetta! La forma di questa sala è inconfondibile…è la Royal Albert Hall! - esclamò il ricciolo
- Ma è dove suona Ceci questa sera! - intervenne Rossella
- Non ditemi che è una diretta tv del concerto - trillò sorpreso Roger.
I ragazzi non ebbero il tempo di rispondergli; sulla schermo apparvero le immagini del backstage con i cinque musicisti che si stavano preparando psicologicamente all’esibizione.
Stuart stava facendo stretching con nonchalance, Mark era intento a ripassare sul suo strumento alcuni passaggi particolarmente difficili, Daniel e Cecilia camminavano avanti e indietro nel retropalco come due leoni in gabbia, quasi a voler creare un solco sul pavimento, mentre Liz era seduta in un angolo, concentratissima a solfeggiare alcune sezioni che le risultavano particolarmente ostiche.
- Tesi i ragazzi eh? - commentò il batterista
- Cinquanta secondi e dovete entrare! - disse un tecnico affacciandosi nel backstage.
Cecilia, che fino a pochi instanti prima sembrava terrorizzata, dopo aver fatto un respiro profondo iniziò a saltellare sul posto e a sfregarsi le mani per riscaldarle; i musicisti crearono poi una fila e la ragazza prese posto immediatamente dietro a Stuart, che faceva da apripista.
Un’inquadratura controluce mise in risalto le silhouette dei cinque ragazzi che entravano in scena e che, per l’occasione, indossavano degli abiti dorati particolarmente eleganti e raffinati.
I musicisti salutarono il pubblico e a turno presentarono il programma che avrebbero suonato di lì a pochi minuti. La prima a parlare fu proprio Cecilia che con un gran sorriso e una parlantina non comune, riuscì a incuriosire e ad incantare il numeroso pubblico.
- Sembra così a suo agio - commentò Brian con un fil di voce
- Sembra, hai detto bene - ridacchiò Roger - in realtà è tesa come una corda di violino - continuò il biondino senza staccare gli occhi dallo schermo della tv - un massaggio rilassante con le mie robuste mani l’aiuterebbe senz’altro - aggiunse infine con fare malizioso.
Brian si voltò verso l’amico scuotendo leggermente la testa e sbattendo ripetutamente le palpebre.
- Cos’è, sei forse geloso? - incalzò il batterista alzando un sopracciglio
- Roger! - tuonò Freddie, mentre il chitarrista sospirò rumorosamente.
Nel frattempo alla Royal Albert Hall i musicisti avevano finito di accordare gli strumenti; i ragazzi stavano per incominciare a suonare il primo brano quando al violino di Mark si ruppe una corda. Tutti andarono nel panico; Stuart segnalò al pubblico quanto era successo e, per riempire i tempi morti, Cecilia si lanciò nell’esibizione di uno dei brani pianistici più difficili in assoluto: la Polonaise in la bemolle maggiore di Chopin, conosciuta anche come ‘Eroica’. Una sferzata di energia inondò la sala; la ragazza sfiorava quegli ottantotto tasti con un’intensità pazzesca, sembrava danzare con il pianoforte, e gli spettatori rimasero avvolti e inebriati da quella cascata di note. Quando le ultime note della Polonaise risuonarono nell’aria, il pubblico applaudì con foga e, prima di un breve spot pubblicitario, le telecamere inquadrarono il viso di Cecilia, i cui grandi occhi verdi sembravano brillare di felicità e incredulità.
- Meravigliosa - bisbigliò Roger
- Mi ha lasciato davvero senza fiato - commentò Freddie - ora però tocca a noi - concluse il cantante spegnendo la televisione.
Brian aveva lo sguardo assente, sembrava perso nei suoi pensieri; il suo corpo era lì ma la sua mente stava vagando chissà dove.
- Brimi, è ora di prepararsi; tra poco dobbiamo salire sul palco anche noi - disse il biondo afferrando in vita l’amico.
Il chitarrista strinse le labbra in un finto sorriso.
- Ti chiedo scusa per poco fa, stavo scherzando. Le tue dita affusolate sono sicuramente più adatte ai massaggi… - concluse con tono ammiccante ma al contempo dolce il biondo, facendo arrossire Brian.
- Oh accidenti, l’esecuzione che hai appena sentito avrebbe dovuto caricarti di energia! Invece non reagisci nemmeno alle mie provocazioni, mi sembri…mi sembri vuoto, ecco - commentò preoccupato Roger.
Brian scosse la testa.
- Solo troppe emozioni contemporaneamente; sto bene, davvero - si giustificò il ricciolo con gli occhi lucidi.
In pochi minuti i quattro musicisti si cambiarono e Rossella rimase colpita dai loro abiti stravaganti. I ragazzi, imbracciati i loro strumenti, stavano per entrare in scena quando Brian si accorse di un guasto ad uno degli amplificatori. Il chitarrista e John fecero del loro meglio per risolvere l’imprevisto in tempi rapidi ma, nonostante questo, il pubblico iniziò a spazientirsi.
Lo spettacolo slittò di un’ora abbondante e, proprio quando l’irritabilità degli ascoltatori sembrava al massimo, le luci in sala si spensero e i ragazzi iniziarono a suonare Great King Rat. Così come aveva fatto Cecilia poco prima, Brian salì sul palco e iniziò un energico assolo con la sua ‘rossa’ per catturare l’attenzione del pubblico. Il ragazzo era avvolto nell’oscurità, illuminato solamente da una particolare luce blu che rendeva l’atmosfera onirica; con l’ingresso di Roger alla batteria la luce cambiò tonalità diventando rossa, un colore caldo che ben si addiceva al biondo batterista, e mutò ancora in verde non appena Freddie iniziò a cantare. Gli spettatori sembrarono dimenticarsi all’istante dell’estenuante attesa e iniziarono a dimenarsi e ad applaudire ritmicamente, trascinati dall’energia della musica.

- E anche questo è andato! - commentò sollevata Cecilia mentre si precipitava nei camerini della Royal Albert Hall assieme a Daniel e a Liz
- Ceci ho un’idea! - disse il ragazzo fermandosi improvvisamente.
Le due giovani lo guardarono stupite.
- Se non ci cambiamo e saliamo su un taxi, secondo me riusciamo a sentire ancora qualche canzone del loro concerto - concluse il violinista con fare deciso
- Uhm, temo che tu sia troppo ottimista - replicò delusa Cecilia
- Almeno proviamoci! - incalzò Liz
- E poi sai com’è, quei concerti iniziano sempre in ritardo a causa di qualche problema tecnico… - concluse Daniel.
I due amici trascinarono la ragazza in macchina e in meno di venti minuti furono davanti al Marquee Club.
- E’ proprio il caso di entrare? - chiese titubante Cecilia con il cuore che le batteva all’impazzata
- E cosa vorresti fare?! - replicò deciso Daniel scrollando la testa - non c’è un minuto da perdere! - esclamò il ragazzo mentre, dopo aver afferrato la ragazza per un braccio, la trascinava all’interno del locale
- Siete fortunati, il concerto è cominciato solamente pochi minuti fa. Stanno finendo di suonare ora la seconda canzone - disse il bodyguard all’ingresso - ma…come vi siete vestiti? - aggiunse poi guardando perplesso i tre ragazzi
- Non c’è tempo per spiegare, presto, entriamo! - replicò deciso Dan.
La sala era piuttosto angusta, le persone, ammassate, bevevano e fumavano ma i ragazzi, facendosi strada tra la folla, riuscirono comunque ad accaparrarsi uno spazio con un’ottima visuale.
Dopo qualche secondo nell’aria risuonarono le prime note di Doing All Right.
- E’ la canzone che preferisco del loro album - disse Cecilia ai due musicisti con voce sognante.
Una dolce melodia avvolse i ragazzi; la voce di Freddie, dal timbro così particolare, dal vivo risultava ancora più espressiva e riusciva a toccarle le corde più profonde dell’anima.
- Grazie amici, è meraviglioso - bisbigliò Cecilia all’orecchio di Liz e Dan
- Gli abiti che indossano sono davvero particolari - commentò Liz - sono dei veri e propri costumi di scena! - concluse euforica la ragazza.
Freddie emanava un’energia pazzesca; indossava una maglia nera molto attillata, con un pronunciatissimo scollo a V decorata con swarovski, dei pantaloni a zampa di elefante metà bianchi e metà neri, una collana girocollo argentata e un originale guanto di maglia metallica. I capelli, neri e lucidissimi, gli rimbalzavano sulle spalle mentre percorreva ad ampie falcate il palco danzando con l’asta del microfono.
Indubbiamente, tra i quattro, il cantante era quello con il look più eccentrico.
John, al contrario, era quello con un abbigliamento più sobrio; i pantaloni neri contrastavano con la maglia mezze maniche azzurra, anch’essa con uno scollo V, decorata con delle righe verticali nere che sembravano a sbalzo e che si intonavano con il grande papillon di velluto nero che portava al collo.
Roger, nonostante stesse suonando soltanto la terza canzone, era già sudatissimo; il ragazzo indossava una canottiera nera molto attillata di tessuto lucido, che metteva in risalto il suo fisico perfetto. Si riuscivano poi a intravedere degli aderenti pantaloni di pelle nera che, uniti alle polsiere, ad una collana piuttosto spessa doppio filo e ad alcuni bracciali metallici sui bicipiti, contribuivano a rendere il ragazzo dannatamente sexy.
Brian, agli occhi di Cecilia, sembrava un principe; look total black per il chitarrista che, oltre ai tradizionali pantaloni a zampa in velluto nero, indossava una mantella nera, con una parte girocollo piuttosto estesa di pizzo bianco, sulla quale alla ragazza parve di riconoscere la grande collana orientaleggiante che il ragazzo indossava a Oxford.
- Niente male il tuo principe azzurro - commentò scherzosa Liz
Cecilia annuì con la testa, troppo presa ad osservare i ragazzi sul palco.
I brani si susseguirono incessantemente: Son and daughter, Mad the Swine, Jesus, The Night Comes Down e Seven Seas of Rhye.
- Prima di salutarvi con un medley di alcune canzoni estratte dal nostro primo album, vi vorremmo presentare in anteprima un nuovo brano firmato dal nostro chitarrista, iniziato e concluso proprio in questi giorni - annunciò Freddie
- Si tratta di una canzone d’amore, di un amore totalizzante verso una ragazza…che questa sera purtroppo non è riuscita ad essere qui con noi - il ragazzo dai capelli corvini si fermò un attimo, come a prendere fiato - Sono però sicuro che, anche a distanza, questa dolce melodia le arriverà dritta al cuore! Signore e signori, White Queen! - concluse il cantante.
Cecilia ebbe una fitta al cuore: Brian aveva scritto una canzone d’amore per una ragazza. La giovane pianista si morse nervosamente un labbro; questo inaspettato annuncio era troppo doloroso da sopportare.
- Dan devo uscire - disse improvvisamente la ragazza
- Che succede Ceci? Non vuoi ascoltare la canzone scritta da Brian? - domandò perplesso il violinista
- E perché dovrei starmene qui a sentire una canzone d’amore scritta dal ragazzo che mi piace per chissà chi? - ribatté la giovane con le lacrime agli occhi
- E se fosse per te? - replicò con prontezza Dan
- Vaffanculo! - sbottò Cecilia
- Perché no, l’altra sera ti mangiava con gli occhi - disse Liz intromettendosi nella discussione cercando di rincuorare l’amica
- E poi tu avevi un valido motivo per non essere qui con loro questa sera - continuò Dan facendole l’occhiolino.
La ragazza non ebbe il tempo di rispondere che fu immediatamente rapita dalla dolcezza della canzone

On such a breathless night as this

- Si riferisce sicuramente alla serata di Oxford  - le bisbigliò Dan all’orecchio

My Goddess, hear my darkest fear

- Ed è anche un poeta - commentò affascinata Liz

It's for evermore that I wait

- Deve essere per forza una cosa recente - commentò Dan e aggiunse - Ceci, hai fatto centro! -

Un assolo di chitarra invase la sala. Non si trattava di uno dei soliti passaggi virtuosistici per mettere in mostra le abilità tecniche del chitarrista; questa volta la musica proveniva direttamente dal cuore di Brian. Il ricciolo, servendosi della musica, riuscì a dar libero sfogo ai suoi più profondi sentimenti, esprimendo in quest’assolo il tormento interiore che da un po’ di tempo a questa parte lo stava affliggendo. La chitarra sembrava imitare un grido disperato, straziante…una richiesta di aiuto a cui, però, solo una persona avrebbe potuto porre rimedio.
- Ceci? -
La ragazza non rispose.
- Ceci? - dissero all’unisono i due ragazzi voltandosi verso l’amica.
Cecilia era incantata a guardare i quattro musicisti sul palco e delle lacrime, incontrollate, le stavano rigando il volto. Liz e Dan l’abbracciarono teneramente.
- Che succede Ceci? - chiese dolcemente Dan
- Se non è per me - disse con voce rotta la ragazza.
Il violinista le diede un tenero bacio sui capelli.
- Ceci, calmati… - le bisbigliò poi all’orecchio il ragazzo
- Se non è per me - proseguì la giovane.
Liz strinse con forza l’amica in vita.
- Il mio cuore sta andando a pezzi - concluse singhiozzando Cecilia
- E dopo questa struggente canzone d’amore, per finire vi proponiamo ancora quattro canzoni dal nostro primo album, si tratta di Liar, Modern Time Rock ’n’ Roll, My Fairy King e Keep Yourself Alive - disse Freddie prima di lanciarsi nel medley conclusivo.
Mentre gli ultimi echi di Keep Yourself Alive stavano ancora risuonando nell’aria, sul palco calò il buio totale per permettere ai musicisti di uscire di scena, e poco dopo si accesero le luci in sala.
- Andiamo a salutarli! - disse entusiasta Liz
- Non me la sento - bisbigliò mogia Cecilia
- Ceci! - tuonarono all’unisono i due amici
- Ma io - tentò di giustificarsi la ragazza
- Niente ma - replicò deciso Dan
- Siamo venuti qui con te appositamente per sostenerti - proseguì Liz
- E non lasceremo che le tue paure prendano il sopravvento - continuò Dan
- Forza, andiamo! - conclusero assieme i due ragazzi, trascinando l’amica verso i camerini.

Fu Freddie il primo a notare la presenza dei tre musicisti in prossimità del corridoio che portava all’ingresso artisti e al retropalco.
- Darling! - esclamò sorpreso il cantante.
Quest’ultimo però fu prontamente superato dal batterista, che si avvicinò rapidamente a Cecilia e ai suoi due amici.
- Purtroppo ho poco tempo da dedicarvi, questa sera ho da fare - disse Roger indicando con lo sguardo un’appariscente ragazza bionda vestita in abiti succinti
- Caspita, un impegno di gran classe vedo - commentò secca Cecilia alzando un sopracciglio
- Sei forse gelosa? - ammiccò il biondo.
La giovane pianista scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
Il batterista avvicinò quindi il proprio viso a quello di Cecilia
- Se ho il tuo benestare, allora vado. A domani, White Queen - bisbigliò il biondo all’orecchio della ragazza, utilizzando però di proposito un tono di voce abbastanza forte da farsi sentire da tutti i presenti e, facendole l’occhiolino, si allontanò nel corridoio.
- White Queen? - rispose sorpresa Cecilia.
Brian rimase paralizzato; era la sua canzone, la canzone in cui era riuscito ad esternare tutto il suo tumulto interiore. Perché Roger doveva mettersi tra i piedi nel tentativo di accelerare le cose con la ragazza? Lui aveva bisogno dei suoi tempi; certo, alcune volte forse erano eccessivamente lunghi, ma che ci poteva fare…era fatto così.
- Ragazzi, purtroppo non siamo riusciti ad ascoltare tutto il concerto ma siete stati fantastici - disse Liz rompendo l’imbarazzante silenzio che era calato dopo l’affermazione del batterista
- Quando…quando siete arrivati? -  domandò preoccupato Brian
- Poco dopo l’inizio di Liar - mentì Cecilia
Il chitarrista sembrò sollevato mentre Daniel lanciò un’occhiata che lasciava poco da intendere a Cecilia.
- Vi è piaciuto il concerto? - chiese Freddie
- È stato pazzesco…ho anche pianto, ma quella non è una novità - rispose Cecilia con gli occhi lucidi.
Liz e Dan abbracciarono Cecilia, e ben presto la ragazza fu raggiunta anche da Rossella.
- Mi piacciono le ammucchiate! - strillò Freddie gettandosi sul gruppo e trascinando con se Brian e John.
I ragazzi erano ancora ammassati gli uni sugli altri quando una voce li riportò alla realtà.
- Sbrigatevi a smontare il palco, non possiamo stare qui tutta la notte ad aspettarvi! - tuonò uno dei gestori del locale
- Ragazzi, noi tre vi lasciamo lavorare. Vi aiuterei volentieri a ritirare l’attrezzatura ma questa sera sono davvero a pezzi, deve essere l’adrenalina che sta scendendo - disse sorridente Cecilia
- Per domani sera tutto confermato? - domandò Freddie
- Certamente! - intervenne un radioso John
- Scusate ma…cosa c’è domani sera? - domandò stranita Cecilia
- Una cena a casa vostra, Rossella dovrebbe avertelo detto - rispose il bassista
- Veramente…non mi ha detto nulla. Come mai sei così distratta in questo periodo, Ross? - domandò con fare ammiccante la ragazza
- Te l’avrei detto questa sera, a casa - tentò di giustificarsi l’infermiera arrossendo in viso
- Noi togliamo il disturbo - intervenne Dan
- Alla prossima! - disse una radiosa Liz
- A domani! - concluse Cecilia
I ragazzi si erano allontanati di alcuni metri quando la voce di Brian richiamò la loro attenzione
- Cecilia, torni mica a casa da sola a quest’ora? - domandò imbarazzato il ricciolo.
La giovane gli sorrise.
- Ti ringrazio, ma non preoccuparti. Mi accompagnano loro - rispose la giovane indicando Daniel e Elizabeth, e aggiunse - mi spiace andarmene ma sono davvero molto stanca - concluse mortificata la ragazza.

- Non ci sono più dubbi - disse Dan una volta fuori dal locale
- Esatto. Ora non hai più scuse - incalzò Liz
- Vi siete messi d’accordo per caso? - domandò con finto fare scocciato Cecilia
- No, vogliamo solo aiutare un’amica un po’ imbranata - concluse Dan sghignazzando.
La ragazza espirò rumorosamente.
- E così ti ha dedicato pure una canzone, cara la mia White Queen -  commentò Daniel con un tono di voce insolitamente serio
- Dici che è per me? - chiese timidamente la ragazza
- Cavoli Ceci, Roger, con la sua malizia, è stato rivelatore - intervenne Elizabeth
- E lo sguardo di Brian, preoccupato prima e sollevato poi, dopo l’affermazione del biondo batterista? Inequivocabile! - proseguì Daniel.
I ragazzi stavano discutendo animatamente sul marciapiede proprio davanti al locale quando notarono Roger, appoggiato alla sua mini, intento a fumare una sigaretta.
- Rog? Che ci fai qui? - domandò sorpresa Cecilia
- Ti aspettavo - rispose il batterista gettando per terra la sigaretta che stava avidamente fumando e avvicinandosi alla ragazza
- Non avevi un impegno con quell’avvenente puttanella? - chiese schietta Cecilia, con una nota di acidità
- Oh, come siamo fini questa sera - commentò il biondo
- Effettivamente…ho fatto una scuola di bon ton - replicò pronta la ragazza.
Roger ridacchiò.
- Allora? - domandò il batterista
- Allora cosa? - rispose Cecilia
- Piaciuto il concerto? - incalzò Roger
- Dicevo prima a Freddie che ho anche pianto; siete stati fantastici! - replicò la giovane
- E che mi dici di White Queen? - chiese diretto il ragazzo dai capelli biondi.
Cecilia ebbe un sussulto.
- Siamo arrivati tardi, ce la siamo persa - intervenne prontamente Dan
- Ma davvero? - commentò Roger alzando un sopracciglio e proseguì - Cecilia non sa mentire, non appena ho pronunciato quelle due parole magiche le si è contratto il viso - concluse schietto il batterista
- Roger, sono stanca. Cosa vuoi? - domandò la ragazza
- Ripeto, piaciuta White Queen? - ribadì secco il biondo
- Bellissima canzone, struggente…con una tensione e un’espressività incredibili - rispose inquieta Cecilia mentre una lacrima le rigava il viso.
Il batterista si avvicinò alla ragazza.
- Non sembri contenta di essere la dedicataria - commentò quindi il biondo prendendole il viso tra le mani e asciugandole poi la guancia con il pollice.
Un brivido percorse Cecilia lungo la schiena.
- Sentimi bene Roger, sono stufa di essere presa per i fondelli. Brian…Brian mi piace. E mi fa male ironizzare… -
La giovane pianista non ebbe il tempo di finire la frase che fu interrotta dal batterista.
- Proprio per questo ora non dovresti essere qui con me a discutere sul marciapiedi, ma da Brian, a confessargli finalmente quello che provi per lui - replicò deciso Roger.
Il biondo, che aveva ancora le mani sul viso della ragazza, le accarezzò dolcemente le guance.
- Cecilia, il tuo viso per me è lo specchio della tua anima, e in questo momento non riesco a non percepire la preoccupazione, l’insicurezza e l’incertezza che ti stanno divorando… Tuttavia, sei tu la dedicataria della canzone, sei tu la fortunata ragazza che è riuscita ad entrare nel cuore di Brian, non so più come dirtelo! Dovresti saltellare per tutta Londra, invece sei qui a farti paralizzare dalla paura - concluse il batterista con la voce più dolce che potesse fare.
Cecilia guardò il ragazzo negli occhi, si gettò al collo e gli diede un dolcissimo bacio sulla guancia.
- Datemi un minuto, torno subito! - disse poi la giovane voltandosi verso Liz e Daniel prima di rientrare di corsa nel locale ancora con le lacrime agli occhi.
- Tutto è bene quel che finisce bene - commentò Roger accendendosi una nuova sigaretta - la biondona è tornata, vi lascio - aggiunse quindi salutando i due musicisti
- Roger aspetta! - gridò Dan facendo cenno al batterista di avvicinarsi nuovamente
- Pensavo ti piacesse, non credevo tifassi anche tu per quei due imbranati - commentò schietto il violinista.
Il biondo fece un sorriso amaro.
- Ad essere onesti…mi piace, mi piace eccome. Ma temo di non essere in grado di gestirla; io sono un tipo un po’ troppo libertino. Non so se riuscirei a cambiare le mie abitudini. Credo che il ragazzo giusto per lei sia Brian - replicò Roger con voce ferma. E così dicendo si allontanò sottobraccio alla piacente ragazza.

Il passo da bersagliere di Cecilia risuonò nei corridoi ormai vuoti del club.
- Darling, che ci fai qui? Hai dimenticato qualcosa? - domandò stupito Freddie
- Sai mica dirmi dov’è Brian? - replicò la ragazza con voce rotta
- E’ nel retropalco che armeggia con amplificatori, cavi e chitarre; è lui l’addetto - rispose il cantante
- Grazie Freddie. Posso raggiungerlo? - incalzò Cecilia
- Certamente cara. E’ successo qualcosa? - chiese perplesso il ragazzo dai capelli corvini
- Tutto a posto, non preoccuparti - rispose la giovane prima di svanire dietro la porta che conduceva al retropalco.
Brian era seduto su di una sedia, impegnato a sistemare tutta l’attrezzatura.
Era stanco; stanco di combattere con i suoi sentimenti, stanco di questa situazione ambigua che si era creata. Era necessario chiarire, ed anche al più presto. Questa condizione di stallo e di incertezza lo stava logorando.
Mentre cercava di districare i cavi dei vari amplificatori, si domandava perché avesse sentito così tanto il bisogno di scrivere quella canzone. Dare voce in qualche modo ai suoi sentimenti che da oramai troppo tempo gli crescevano dentro era stata quasi una necessità impellente.
Aveva gli occhi lucidi e sentiva farsi sempre più forte in lui la necessità di piangere, di sfogarsi.
Sentì dei passi piuttosto affannati diventare sempre più intensi. Avrebbe scommesso che fossero quelli di Cecilia ma la ragazza se ne era oramai andata da diversi minuti.
- Brian? -
Nel sentire quella voce il ragazzo ebbe un tuffo al cuore. Il ricciolo si voltò leggermente e, sollevando la testa, vide Cecilia proprio davanti a lui. Tentò quindi di alzarsi ma la ragazza gli fece cenno di rimanere seduto.
Cecilia guardò in viso il chitarrista, il cui sguardo era al contempo sorpreso e preoccupato.
I due amici rimasero qualche secondo in silenzio.
- Ci tenevo a dirti che mi piace molto come scrivi Brian, hai uno stile inconfondibile; le tue canzoni riescono ad arrivare dritte al cuore delle persone, trasferendo a chi le ascolta tutte le emozioni che hai provato tu mentre le componevi. E la comunicazione è fondamentale in questo lavoro - disse Cecilia tutto d’un fiato rompendo il silenzio che si era creato pochi istanti prima
- Ti ringrazio. Mi hai detto appena detto una cosa bellissima e, sentirla da te, mi lusinga davvero molto - replicò Brian sottovoce, con gli occhi lucidi
- E’ la verità - rispose la ragazza con un sorriso - e se non lo pensassi veramente non sarei tornata indietro a dirtelo - concluse la giovane
- Cecilia io… - il ricciolo si interruppe.
La ragazza lo guardò sorpresa.
- Io…ecco… - balbettò il chitarrista mordendosi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo.
“Maledizione Brian, che cavolo ti prende?” pensò tra se e se il ricciolo.
Cecilia si avvicinò al chitarrista, che era ancora seduto di fronte a lei. La giovane pianista gli accarezzò con dolcezza il viso con entrambe le mani, ricalcando delicatamente gli zigomi con gli indici. Nel sentire quell’inaspettato contatto, Brian sollevò la testa; la ragazza scostò quindi alcuni riccioli che gli coprivano la fronte e vi appoggiò sopra le proprie labbra. Un bacio dolce, delicato, che lasciava trasparire tutto l’affetto che provava per lui.
- Upon my brow the lightest kiss. Diceva così la canzone vero? - gli sussurrò poi teneramente Cecilia allontanandosi un poco.
Brian dischiuse lievemente le labbra e sbatté alcune volte le palpebre; non si sarebbe mai aspettato questo gesto da parte della ragazza e fu assalito da un’incontrollabile sensazione di ansia, enfatizzata anche dai battiti accelerati del suo cuore, che sembrava sul punto di esplodere.
- L’hai sentita - riuscì poi a bisbigliare il chitarrista con voce roca.
Cecilia lo guardò perplessa.
- White Queen intendo - aggiunse il ragazzo
La ragazza annuì con la testa.
- Prima…prima allora mi hai mentito. Perché? - domandò con tono preoccupato il ricciolo
- Mi infastidivano le battute di Roger, così…-
Cecilia stava tentando di giustificarsi quando fu interrotta dal chitarrista.
- E Lui? Lui ti piace? - intervenne il ragazzo con fare apprensivo
- Brian, che cosa…-
- Sinceramente Cecilia, cosa…cosa provi per lui - disse poi tutto d’un fiato il ricciolo afferrandole due dita della mano
- Perché ti interessi tanto di Roger? - chiese stranita la giovane
- Ho bisogno di saperlo, ti prego - concluse con voce ferma Brian, stringendo con forza le dita della ragazza.
Cecilia sembrò sorpresa.
- E’ un caro amico, un ragazzo che, sebbene voglia apparire agli altri come un Don Giovanni, sa essere anche davvero gentile e comprensivo. So che su di lui potrò sempre contare, è il mio confidente - la ragazza si fermò un istante e sorrise ripensando a quello che gli aveva rivelato il biondo pochi minuti prima - Ma perché mi -
- Sbrigatevi a smontare! Non possiamo stare qui tutta la notte per voi! - strillarono dalla sala interrompendo Cecilia e facendole sobbalzare il cuore
- E’…è meglio che ti lasci lavorare, i responsabili del club si stanno spazientendo - disse con voce incerta la giovane pianista, tentando di togliersi da una situazione che stava prendendo una strana direzione - in più Liz e Dan si staranno domandando che fine abbia fatto - aggiunse la ragazza voltandosi e avanzando verso l’uscita.
Brian strinse i pugni; non poteva lasciarla andare così anche questa volta.
- Aspetta, ancora una cosa - disse il ricciolo con un tono di voce insolitamente forte.
La ragazza si fermò ma non si voltò.
- Come hai fatto a capirlo - proseguì il chitarrista
- A capire cosa? - domandò la giovane voltandosi ed incrociando così gli occhi imploranti del ragazzo che nel frattempo si era alzato ed era propio davanti a lei
- Che la canzone era per te - rispose Brian in un sussurro.
Cecilia chiuse un attimo gli occhi, come per farsi coraggio.
- In verità…in verità non l’avevo capito - mormorò timidamente la giovane pianista.
La ragazza si interruppe, fece un respiro profondo e si voltò verso la porta aprendola di alcuni centimetri - ma è quello che speravo nel profondo del cuore - concluse poi tutto d’un fiato, imbarazzata.
Brian appoggiò una mano sulla spalla della ragazza e la tirò verso di se costringendola a voltarsi ancora una volta
- Non sono mai stato bravo con le parole in queste cose, così preferisco esprimere le mie emozioni servendomi della musica - bisbigliò Brian mentre con una mano accarezzava i capelli della ragazza sistemandoglieli dietro all’orecchio.
Cecilia deglutì e, prima di perdersi in quegli occhi nocciola che da troppo tempo desiderava e che in quel momento sembravano supplicarla, con un gesto rapido si inumidì le labbra.
Il ricciolo si chinò lentamente sulla ragazza, voleva godersi ogni istante; aveva aspettato così a lungo questo momento. Cecilia poteva sentire il respiro irregolare del ragazzo infrangersi sul suo viso; il cuore le stava esplodendo, era così agitata che le braccia e le mani erano percorse da dei formicolii. Nel sentire il ragazzo accarezzarle una guancia, la giovane si dimenticò di essere in uno squallido retropalco; in quel momento c’erano solamente lei e Brian. La ragazza dischiuse leggermente le labbra; il chitarrista la guardò un’ultima volta negli occhi prima di indirizzare lo sguardo su quelle labbra tumide e imploranti che troppe volte aveva sognato di baciare, quando la porta si spalancò violentemente.
- Brian, dove diavolo sei fini..- strillò Freddie prima di interrompersi e rimanere come paralizzato.
- Merda, vi chiedo scusa. Ho interrotto qualcosa? - domandò poi imbarazzato il cantante
- Nulla Freddie, stavo giusto per andarmene - replicò Cecilia che, nel sentire aprire la porta in maniera così rumorosa, si era allontanata rapidamente dal chitarrista - e se non mi muovo Liz e Dan mi uccideranno. A domani sera! - aggiunse imbarazzata la ragazza sgusciando dalla porta.
Dal retropalco i due musici potevano sentire i passi della ragazza allontanarsi.
- Ti chiedo scusa - disse Freddie - avrei dovuto riflettere prima di entrare - proseguì il cantante con tono mesto
- Ma dimmi…com’è stato? - aggiunse poi il ragazzo dai capelli corvini con fare malizioso
- Com’è stato cosa? - replicò demoralizzato il chitarrista
- Ma come cosa? Baciarla! - disse euforico Freddie
- Non l’ho baciata - rispose prontamente il ricciolo
- Non prendermi in giro, vi ho visti sai - incalzò il cantante
- Evidentemente hai dei problemi di vista - replicò secco il chitarrista
- Come sei antipatico! Non mi vuoi dire proprio niente? - piagnucolò il ragazzo dai capelli corvini
- Cosa devo dirti…se tu non fossi entrato così all’improvviso sicuramente l’avrei baciata e ora ti saprei dire di più - rispose sconsolato Brian
- Oh merda ti chiedo scusa! - strillò Freddie abbracciando l’amico
- Non preoccuparti sono comunque felice - cercò di rincuorarlo il ricciolo
- Che cosa? - gridò il cantante con voce acuta - Come fai ad essere felice! Stavi per baciare la ragazza di cui sei innamorato perso quando io, entrando, ho rovinato tutto - concluse visibilmente dispiaciuto il frontman del gruppo
- Non ho bisogno di baciarla, Freddie; non questa sera almeno. Pochi minuti fa ho avuto la conferma che anche lei prova qualcosa di grande per me, ora ne sono certo. E mi basta questo per essere felice - rispose con voce ferma e pacata Brian, con le gote imporporate dall’imbarazzo.
Freddie si portò teatralmente una mano sulla fronte.
- Il romanticismo di Brian Harold May, qualcosa che solo poche hanno avuto la fortuna di provare - concluse con tono solenne il cantante.

- Perdonatemi, vi chiedo scusa - rispose affannata Cecilia una volta uscita dal locale
- Due minuti eh…- commentò Daniel
- Ne sono passati quasi venti…cos’hai combinato nei camerini? - domandò con fare malizioso Elizabeth
- Nulla, io…- tentò di giustificarsi la ragazza
- Sputa il rospo! - sentenziarono i due amici
- Sono andata da Brian e -
- E… - incalzò Liz
- E niente, sono riuscita a farlo confessare - disse tutto d’un fiato la giovane pianista
- A fargli confessare cosa? - si intromise Daniel
- Che White Queen l’ha scritta per me -  replicò euforica Cecilia mentre delle lacrime di gioia iniziarono a rigarle il viso
- Dear friend goodbye, No tears in my eyes, So sad it ends, As it began - canticchiò un provocante Daniel e aggiunse
- Cara Ceci, è ora di cambiare gli ultimi versi di questa meravigliosa canzone - proseguì il ragazzo cingendo la vita di Cecilia
- E la cosa pazzesca è che l’unica ad avere il potere di farlo sei tu - concluse esultante Liz mentre abbracciava felice l’amica.

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Just gimme, gimme, gimme, gimme fried chicken! ***


- Benvenuti! - esclamò una radiosa Rossella mentre invitava i ragazzi ad entrare nell’appartamento.
I quattro musicisti varcarono curiosi la soglia di quello che era il rifugio delle due giovani.
Un open space, dalle dimensioni contenute ma al contempo caldo e accogliente, si stagliò davanti ai loro occhi: sulla destra vi era la cucina a vista, piccola ma ben accessoriata, e un tavolo da pranzo già apparecchiato; sulla sinistra invece due divani di colore nero, ricoperti da numerosi cuscini colorati e separati tra loro da un tavolino di cristallo, creavano un grazioso angolo soggiorno.
Dietro i divani dei tendaggi arabescati incorniciavano la porta finestra del balcone, da cui si poteva ammirare un maestoso viale alberato.
- Wow, molto accogliente! - esclamò Freddie - sono invadente se ti chiedo di farci fare un tour della casa? - domandò il cantante
- Molto volentieri! - rispose sorridente la giovane infermiera
- A me interessano soprattutto le camere da letto - commentò con fare ammiccante Roger
- Ma aspetta - proseguì il biondo con tono incerto afferrando delicatamente il braccio di Rossella - dov’è Cecilia? -
- Come mai questa associazione di idee? - replicò pronta la ragazza alzando un sopracciglio
- Sei forse gelosa che abbia pensato subito a lei? - ribatté senza esitazione il batterista
La giovane sbuffò innervosita.
- Smettila Roger, non sei divertente! - tuonò scocciato John
- Come sei noioso - rispose il biondo allargando teatralmente le braccia
- Non hai però risposto alla domanda, dov’è la nostra star? - domandò Freddie intromettendosi nella discussione e guardandosi in giro
- Dovrebbe essere qui a momenti - replicò l’infermiera avviandosi verso il disimpegno che portava alle due camere da letto
- Questa è la zona notte giusto? - domandò John
- Caspita, che perspicacia - bofonchiò ridacchiando Roger
- Esatto - rispose Rossella facendo finta di non aver sentito il commento del batterista - da un lato c’è la camera di Cecilia, mentre dall’altro la mia -
- Fammi indovinare le rispettive proprietarie - incalzò Freddie, che aveva una passione per le case e per l’arredamento.
Entrambi gli ambienti non erano particolarmente ampi, tuttavia erano molto armonici e ciascuno rifletteva in maniera chiara la personalità delle ragazze.
Una camera emanava una sensazione di calma e serenità: l’arredo, dal design classico e dal colore prevalentemente bianco, era messo in risalto dalle pareti tinteggiate di un azzurro tenue. L’altra camera invece era più dinamica: degli imponenti tendaggi di velluto rosso sembravano richiamare le quinte teatrali e gli arredi, anche in questo caso di colore bianco ma dal design più moderno, contrastavano con il rosso purpureo delle tende e di altri accessori sempre in tono.
Brian rimase affascinato dai disegni appesi alle pareti: si trattava principalmente di schizzi in bianco e nero, realizzati a matita o a carboncino, che rappresentavano statute, persone o particolari architettonici; il segno era così espressivo che pareva trasferire le emozioni provate dalla ragazza durante la realizzazione dei disegni.
Il biondo superò il chitarrista, che era rimasto rapito dai lavori di Cecilia, e si buttò sul letto della giovane musicista abbracciando il guanciale e inspirando a pieni polmoni.
- Un po’ di contegno, Rog - lo rimproverò Freddie.
Ma al batterista quelle parole sembrarono non arrivare.
- Potrei sapere cosa stai facendo sul mio letto, abbracciato al mio cuscino? -
Una voce risuonò nella stanza e il cuore di Brian ebbe un sussulto.
Cecilia era finalmente arrivata: la ragazza stava tamburellando nervosamente con le dita della mano destra sullo stipite della porta della sua camera
- Ceci! Da dove sei sbucata? - strillò stupita Rossella prima di interrompersi bruscamente
- Buongiorno dottor Byrne - proseguì quindi la giovane infermiera con un fil di voce e abbassando leggermente il capo
- Conosci Nicholas? - chiese sorpresa l’amica
- Il dottor Byrne è l’assistente del primario del reparto in cui faccio tirocinio - rispose la ragazza in evidente imbarazzo
- E tu piuttosto, come…come lo conosci? - aggiunse timidamente
- E’ il fratello di Elizabeth, la violista che ha condiviso con me queste intense settimane di tournée. La scorsa notte mi sono fermata a casa sua - rispose la musicista con nonchalance.
Il chitarrista, dopo aver deglutito rumorosamente, dischiuse le labbra ma non riuscì a dire nulla, sembrava come in apnea;  Roger, invece, si sedette di scatto sul letto.
- Che cosa? - strillò poi il biondino stringendo nervosamente tra le mani il cuscino
- Ieri sera eravamo stanchissimi, così, dopo essere venuti al vostro concerto al Marquee Club, siamo andati tutti a dormire a casa di Liz. E’ lì che ho conosciuto Nicholas - proseguì con voce pacata Cecilia
- E come mai adesso è qui? - incalzò il batterista
- Perché mi ha gentilmente aiutata a portare a casa le valigie, che sono grandi e pesantissime - rispose scocciata la ragazza.
Roger abbassò lo sguardo, mentre Cecilia si allontanò con il giovane medico e con Liz, che nel frattempo li aveva raggiunti.
- Vi chiedo scusa per questo teatrino, Roger a volte ha un modo di fare davvero insopportabile - sbuffò la ragazza alzando gli occhi al cielo
- E’ visibilmente geloso - constatò Nicholas
- Geloso? - replicò stupita Cecilia
- Non saprei definire la sua reazione con un termine più appropriato - replicò sorridente il giovane medico e aggiunse - ora ti lasciamo ai tuoi ospiti, vedo che la tavola è già apparecchiata… -
- Perché non vi fermate anche voi? Siamo un po’ allo stretto ma mi farebbe davvero molto piacere - incalzò la ragazza
- Goditi la serata - rispose Liz facendole l’occhiolino
- Ma… - tentò di replicare Cecilia
- Niente ma, ci siamo capite? - ribatté Liz sorridendo di cuore all’amica
- Mi mancherai - disse infine Cecilia con gli occhi lucidi mentre abbracciava la ragazza sotto lo sguardo stupito di Rossella e dei quattro musicisti che nel frattempo erano ritornati in salotto
- Anche a me! - replicò la violista e aggiunse - guarda però il lato positivo, domani pomeriggio saremo di nuovo in prova assieme, e puoi venire a dormire da noi quando vuoi! -
Nicholas diede quindi un buffetto sulla guancia a Cecilia e uscì dall’appartamento, seguito da Liz.
La ragazza stava ancora fissando la porta da cui erano appena usciti i suoi due amici quando una voce la riportò alla realtà
- Scusami per prima, non volevo - disse Roger con tono mesto
- Se solo contassi fino a dieci prima di parlare - replicò severa Cecilia voltandosi verso il batterista
- Dai non fare così… - incalzò il biondo avvicinandosi alla ragazza e prendendole una mano - per favore - aggiunse con voce bassa e con uno sguardo da cane bastonato.
Cecilia si morse nervosamente il labbro.
- E va bene - disse quindi la giovane musicista espirando rumorosamente - ma adesso sediamoci a tavola - proseguì la ragazza portando al tavolo lo sgabello del pianoforte e indicando al batterista di prendere un vecchio pouf di velluto rosso - sono affamata! -.
A capotavola presero posto rispettivamente Freddie e John. Quest’ultimo aveva accanto a se le due ragazze, che si trovavano sedute una di fronte all’altra; accanto a Rossella aveva preso posto Brian, mentre Roger si era seduto affianco a Cecilia.
- Cosa si mangia? - domandò senza mezze misure il batterista
La giovane infermiera stava per iniziare ad elencare i piatti che aveva preparato quando fu interrotta da Freddie
- Just gimme, gimme, gimme, gimme fried chicken! - strillò Freddie
- Pollo fritto? - esclamò stupita  Rosella - veramente non ho… - la ragazza stava tentando di giustificarsi quando fu nuovamente interrotta, questa volta da John
- Non preoccuparti Ross, a Freddie piace scherzare… - disse con voce pacata il giovane dai lunghi capelli castani
- Parlando di cose serie, qual è stata la data della tournée che ti è piaciuta di più? - domandò il biondo a Cecilia.
La ragazza prima di rispondere rifletté qualche istante.
- Direi Oxford - rispose infine, ancora assorta nei suoi pensieri
- Dillo che non puoi fare a meno di noi! - sghignazzò Roger
- Come prego? - replicò Cecilia corrugando la fronte
- Beh, a Oxford siamo venuti a trovarti - rispose prontamente il batterista
- Sì, certo. Effettivamente sono stata felice di vedervi…ma mi è piaciuta molto non solo per la vostra visita inaspettata, ma anche perché è stata una di quelle date in cui abbiamo avuto l’opportunità di fermarci un giorno in più e quindi abbiamo potuto goderci e assaporare, almeno in parte, la città -
- Tutte scuse! - rispose il biondo con un sorriso malizioso
- Sei insopportabile - sbuffò la ragazza roteando gli occhi al cielo e proseguì - anche Liverpool mi è piaciuta molto -
- Risposta scontata - replicò con prontezza Roger
- Sarà anche scontata ma come si fa a non rimanere affascinati dal Cavern Club, dalla musica dei Beatles che risuona in quasi tutti i pub della città, dall’architettura industriale dei docks da cui John, Paul, George e Ringo partirono alla volta di Amburgo… -
- Ma non è per questo che è ovvio - l’interruppe un esuberante Roger
- E si può sapere quale sarebbe il motivo? - rispose stupita Cecilia
- Non fare la finta tonta; da Liverpool ci hai chiamati! - sentenziò il biondo
La ragazza aveva gli occhio lucidi, e venne poco a poco travolta da una strana melancolia, la stessa che aveva provato a Liverpool.
Brian notò immediatamente il velo di tristezza che era apparso sul viso della ragazza; avrebbe voluto chiederle il perché di quell’espressione malinconica; mentre stava cercando le parole giuste per intervenire nella discussione il biondo prese ancora una volta la parola
- Colpita e affondata, non è vero? - incalzò con voce ammiccante il batterista
- Credo che potremmo finirla qui e cambiare discorso, non credi Rog? - disse Brian con voce ferma intromettendosi nella discussione e fulminando l’amico con lo sguardo.
Roger rimase un attimo confuso; fu solo dopo aver visto il ricciolo sgranare i suoi occhi nocciola che capì che qualcosa non andava e si voltò verso la ragazza.
Cecilia era ancora assorta nei suoi pensieri; quel giorno a Liverpool, mentre stava contemplando il Mersey seduta su una panchina in prossimità dei docks, il suono di una chitarra in lontananza richiamò la sua attenzione. Seguendo le note di quella familiare melodia, si era quindi avvicinata al parapetto e, proprio sugli scogli sottostanti, un ragazzo stava suonando alla chitarra Yesterday dei Beatles accennando timidamente la melodia con la voce. Fu in quel preciso istante che capì quanto Brian le mancasse e quanto avrebbe voluto condividere con lui ogni istante dell’esperienza che stava vivendo. Cecilia avrebbe voluto che ci fosse stato quel timido ragazzo dai capelli ricci a suonare quella toccante melodia sugli scogli, quel ragazzo che passo dopo passo era riuscito ad impossessarsi del suo cuore: fu proprio per quel motivo che a Liverpool, poco prima di salire sul palco, non riuscì a trattenersi dal telefonare a casa dei quattro musicisti per avere notizie del chitarrista, che era stato da poco dimesso dall’ospedale.
- E va bene, bando alle ciance. Iniziamo con un brindisi! - esclamò il batterista dando una lieve spinta sulla spalla a Cecilia, come per distoglierla dai suoi pensieri e riportarla alla realtà.
Tutti i presenti avevano rivolto lo sguardo verso il biondo quando John si alzò all’improvviso, sfregando rumorosamente la sedia sul pavimento
- Il brindisi vorrei proporlo io - disse il ragazzo dai lunghi capelli castani
- Prego Deacy, carta bianca visto che non parli mai - lo esortò Freddie
- Alle nuove amicizie - disse con voce ferma il bassista alzando in aria il bicchiere
- Alle nuove amicizie? Che razza di brindisi è? - commentò il batterista
- Va bene che ogni occasione è buona per bere, ma non sei mica disperato come Roger - sghignazzò il cantante
- Quindi io sarei disperato eh, grazie per la considerazione Freddie - rispose fintamente stizzito l’amico
- Seriamente ragazzi, in fondo ci conosciamo da poco quindi… - John aveva ripreso la parola quando fu nuovamente interrotto dal biondo
- Sono passati quasi due mesi Deacon, l’amicizia più che nuova potrebbe essere quasi conclusa -
- Roger! - esclamò Cecilia voltandosi verso il ragazzo
- Beh che ho detto di male? Dovremmo approfittare di questa bella serata e cogliere l’attimo, non si sa mai - replicò ammiccando il batterista
- Carpe diem…
Cogli la rosa quando è il momento,
che il tempo, lo sai, vola
e lo stesso fiore che sboccia oggi,
domani appassirà  - mormorò Cecilia persa nei versi che stava declamando
- Conosci Robert Herrick? - domandò stupito e al contempo affascinato Brian
- Al liceo adoravo letteratura inglese, ho divorato un sacco di libri, da Shakespeare a Coleridge, da Marlowe a Wilde. E questo è uno dei versi di Herrick che preferisco - rispose entusiasta la ragazza
- Ho sempre amato quella citazione. E’ eccezionale, ha una potenza incredibile - replicò il ricciolo in un sussurro e proseguì - l’uso delle metafore poi… -
Quando fu interrotto bruscamente da Roger.
- Che palle, mi sono seduto nella parte intellettuale del tavolo - sbuffò il biondo - ma sapete, anche io ho letto qualcosina di Herrick - continuò il batterista con nonchalance - e, se devo essere sincero, per voi vedo ancora più appropriato un altro verso -
Brian impallidì intuendo quello che stava per accadere, mentre Cecilia, incuriosita, punzecchiò il ragazzo.
- Sai Rog, per quanto mi sforzi, non ti ci vedo a leggere Herrick alla sera, prima di addormentarti - sghignazzò la ragazza
- Negli anni effettivamente ho cambiato abitudini - ammiccò il biondo - ma per voi ho fatto un tuffo nel passato -
- Sentiamo! - lo incoraggiò la giovane musicista.
Il batterista, prima di iniziare a declamare i versi, si schiarì la voce
- Scegli per me il tuo valentino
e sposiamoci subito dopo:
l’amore si consuma in morte
se a lungo indugiamo - concluse soddisfatto il batterista.
La ragazza stava guardando perplessa il biondino quando John, in un batter d’occhio, richiamò l’attenzione dei presenti
- A proposito di amore e matrimoni - disse con voce solenne il ragazzo dai lunghi capelli castani - avrei un annuncio da fare -
A Roger, che in quel momento stava bevendo, andò la birra per traverso; il ragazzo iniziò a tossire e a sputacchiare mentre Cecilia gli colpiva vigorosamente la schiena ridacchiando.
Brian, dal canto suo, benedì l’intervento di Deacy, che era così riuscito a spostare l’attenzione dagli imbarazzanti versi di Herrick a chissà quale annuncio.
Quando il batterista finì di tossire, il bassista riprese la parola
- Forse alcuni di voi se ne saranno accorti…ma da qualche giorno a questa parte ho iniziato a frequentare una ragazza -
- Hai capito il timido bassista? - sghignazzò Roger - e chi sarebbe la fortunata, se così si può dire? - concluse provocatoriamente il biondo
- Sono io - intervenne decisa Rossella
- Che cosa? - strillò Cecilia - e non mi hai detto niente? -
Brian e e Freddie fischiarono e applaudirono con foga, entusiasti della notizia.
- Bell’amica che ho! - commentò fintamente sconsolata Cecilia, lasciandosi cadere indietro con la schiena, dimenticandosi però di non essere seduta su una delle solite sedie ma sullo sgabello del pianoforte, che è invece privo dello schienale.
Nella stanza risuonò un grido stridulo e i presenti fecero solamente in tempo a vedere scomparire la ragazza seguita poco dopo da Roger che, con scatto felino, riuscì a fermare la caduta dell’amica.
I due si ritrovarono sospesi a mezz’aria: il batterista con una mano reggeva la schiena di Cecilia mentre con l’altra, appoggiata al pavimento, sosteneva il proprio corpo e quello della giovane musicista.
La ragazza, che in quei pochi secondi si era preparata alla caduta, aprì improvvisamente gli occhi e si ritrovò il volto di Roger a pochi centimetri dal suo
- Co…come hai fatto? - balbettò stupita la ragazza
- Semplice, ho dei superpoteri - rispose con noncuranza il biondo
Cecilia iniziò a ridere e Roger poteva sentire il respiro della giovane infrangersi sulle sue labbra.
Al ragazzo venne un nodo in gola, sentiva crescere l’eccitazione dentro di sé e non poteva, non doveva, fare nulla. Così, per smorzare la tensione, decise di ironizzare, come era solito fare quando una situazione lo metteva in imbarazzo.
- Capisco che fossi pazzamente innamorata di John ma non è il caso di attentare in questo modo alla tua vita - esclamò sorridente il batterista
Il ragazzo dai capelli castani divenne paonazzo e tutti i presenti risero di gusto; tutti eccetto Brian, che invece era pervaso da una grande inquietudine.
Il chitarrista si fece coraggio e decise di avvicinarsi ai due amici.
- Posso fare qualcosa per aiutarvi? Sembrate due contorsionisti - domandò il ricciolo vedendo come i corpi dei due ragazzi fossero incastrati tra loro.
Nel sentire la voce di Brian così vicina, Cecilia tentò di voltarsi nella direzione del chitarrista, andando quindi a sbilanciare Roger - che già si trovava in una situazione di equilibrio precario - e i due caddero goffamente a terra.
- Stai bene? - domandò preoccupato Brian alla ragazza, ancora coperta dal corpo del batterista
- Grazie per l’interessamento Brian, ma sto bene - commentò con voce roca Roger, che non perdeva mai la sua ironia
- Sì sto bene grazie - rispose Cecilia guardando però Roger dritto negli occhi
- Ti ho fatto male? - chiese poi apprensiva la ragazza
Roger le sorrise dal profondo del cuore.
- Neanche un graffio - rispose il batterista, sebbene la smorfia di dolore apparsa sul suo viso sembrasse dire esattamente il contrario
- La mano, Roger. La mano è tutta intera? - incalzò con affanno la giovane musicista
- Sta bene anche lei, non preoccuparti - rispose in un bisbiglio il biondo - e poi si è sacrificata per una giusta causa - concluse ridacchiando.
Solamente in quel momento Brian si accorse che nella caduta Roger aveva avuto la prontezza di proteggere la nuca della ragazza con la propria mano.
- Scusami Roggie, sono un cretino - disse quindi il chitarrista
- No, sei solo imbranato - replicò prontamente il batterista mentre tentava di rialzarsi in piedi, non senza qualche difficoltà
Brian allungò una mano verso Cecilia e l’aiutò ad alzarsi.
- Sicura di stare bene? - aggiunse poi Brian con un tono di sincera preoccupazione.
La ragazza annuì con la testa.
- Mi sono stiracchiata per bene la schiena, ma sono ancora tutta intera - rispose poi la giovane musicista
- Beh, così hai guadagnato qualche centimetro in altezza, ne hai bisogno - commentò il biondo facendole l’occhiolino
- Da che pulpito - replicò Cecilia, che si divertiva a punzecchiare il povero Roger
- Bella riconoscenza - rispose con finto tono offeso il batterista - io ti ho appena salvato la vita e tu mi sfotti - concluse il biondo mentre si sedeva nuovamente a tavola.

La cena proseguì piuttosto tranquillamente, tra piacevoli discussioni e spensierate risate; il tempo passò velocemente e quando fu l’ora del dessert era già mezzanotte passata.
- Ceci, puoi prendere i piatti per il dolce? - domandò Rossella all’amica
- Agli ordini capo! - rispose la ragazza alzandosi rapidamente dallo sgabello
Due ciotole erano nello scolapiatti, e la giovane le prese senza difficoltà; le altre invece erano state archiviate nell’ultimo ripiano della cucina.
Mentre la ragazza tentava invano di afferrare i recipienti, Freddie fece un cenno col capo a Brian, che immediatamente si alzò e andò in soccorso della giovane musicista ma, prima di intervenire, si fermò alcuni istanti ad osservarla: era davvero carina e ben proporzionata e i boccoli castani, che le rimbalzano sulla schiena ad ogni movimento, sembravano danzare. Tuttavia l’attenzione del chitarrista fu ben presto catturata dal lato b della ragazza che, in quella posizione, era messo in evidenza e la sua forma a mandolino risultava più accentuata del solito. 'Da quando pensi certe cose, sei forse impazzito? pensò tra sé e sé il ragazzo scuotendo nervosamente la sua chioma riccioluta, come se quel movimento lo potesse in qualche modo aiutare ad allontanare dalla sua mente certi pensieri.
Cecilia, sulle punte dei piedi, era protesa con tutto il suo corpo verso il ripiano ma, nonostante gli sforzi, i piatti per il dolce riusciva a malapena a sfiorarli; improvvisamente sentì delle dita affusolate accarezzarle fugacemente la mano ed afferrare, subito dopo, quelle famigerate stoviglie.
Nel sentire quel contatto la ragazza fu percorsa da un brivido lungo la schiena; mentre scendeva dalle punte indietreggiò leggermente andando così a finire addosso a Brian che, nel sentire il corpo della giovane contro il suo, si irrigidì immediatamente e cercò di arretrare il più possibile il bacino nella speranza di non fare sentire a Cecilia la sua crescente eccitazione.
Era il primo momento, dall’inizio della serata, che si trovavano solamente loro due da soli. Brian aveva ripensato tutta la notte a quanto accaduto la sera prima e a quello che sarebbe successo se Freddie non fosse entrato in quel maledetto retropalco.
- Ceci, hai trovato le ciotole per il dolce? - domandò Rossella
La voce della giovane infermiera distolse il chitarrista dai suoi pensieri.
- Sì Ross, sono riuscita a recuperarle. Le sciacquo rapidamente e arrivo - rispose l’amica allontanandosi da Brian e aprendo l’acqua del rubinetto.
- Ti aiuto ad asciugarle - disse Brian afferrando un canovaccio e avvicinandosi alla ragazza.
Cecilia lavò velocemente i recipienti e iniziò ad asciugarli assieme al ricciolo, che però sembrava in un’altra dimensione: era assorto nei suoi pensieri e continuava a strofinare lo stesso piattino.
- Non credo possa diventare più lucido di così - commentò la giovane musicista sorridendo al chitarrista - Dai, andiamo! - aggiunse quindi voltandosi per raggiungere gli altri.
‘Carpe diem’ pensò tra sé e sé il ragazzo poggiando una mano sulla spalla di Cecilia che, nel sentire quel contatto, si voltò nuovamente verso l’amico osservandolo con sguardo interrogativo.
Brian lanciò un’ultima occhiata verso il tavolo; i ragazzi stavano discutendo animatamente, nessuno sembrava curarsi di loro due.
- Sei libera domani sera? - domandò quindi diretto, tutto d’un fiato
- Domani sera? Sì, ho prove fino alle 18, poi sono libera - rispose stupita Cecilia
- Ti andrebbe… - il ragazzo si interruppe per un istante - Ti andrebbe di uscire assieme? Solo noi due intendo - concluse in un bisbiglio.
Cecilia deglutì rumorosamente.
- Certo, mi…mi piacerebbe molto - rispose con voce tremante la ragazza.
Brian le sorrise felice.
- Alle 18 davanti alla Royal Academy? - incalzò il ricciolo
- Darling, ma quanto ci stai mettendo? Vogliamo mangiare il dolce! - strillò Freddie
- Arriviamo! - rispose Cecilia.
La giovane musicista prima di raggiungere gli amici al tavolo guardò Brian negli occhi - Affare fatto! - sussurrò felice.

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