Songs of the Heart

di steffirah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 22 - Natural Wonders ***
Capitolo 2: *** Day 30 - Favorite Worlds ***
Capitolo 3: *** Day 16 - Angst + Day 31 - Goodbyes (pt. 1) ***
Capitolo 4: *** Day 16 - Angst + Day 31 - Goodbyes (pt. 2) ***
Capitolo 5: *** Day 17 - Fluff ***
Capitolo 6: *** Day 29 - Hitsuzen ***



Capitolo 1
*** Day 22 - Natural Wonders ***


L’ottava meraviglia







 
君がいつか教えてくれた
心の躍動が駆り立てる
未来までは奪われてない
それを知ってるから行ける


- “It’s” -







 
Il nuovo mondo in cui eravamo atterrati era meraviglioso. Non era quindi certamente un caso se Yuuko-san ne aveva parlato come “il Paese delle Sette Meraviglie”.
Tra alte cime innevate che sembravano innalzarsi fino al cielo, un vulcano attivo e aride distese montuose simili ai canyon già incontrati a Piffle, si aprivano due ampie cascate stanti una dirimpetto all’altra. Entrambe somigliavano a quella dell’ultima fase della Dragonfly Race, quella in cui Sakura si era gettata senza alcuna esitazione contro il muro d’acqua, inseguendo il vento. Tuttavia, le acque qui erano più trasparenti e brillavano come cristallo liquido. Erano inoltre dotate di rocce sporgenti, tramite le quali era possibile arrampicarsi per raggiungerne la cima; da lassù si poteva ammirare tutta la vastità verde, rosso-arancio e celeste di quel mondo, tanto ricco di fascino.
Come se non bastasse, le due cascate erano antitetiche: la prima che avevamo trovato era fredda e, dato che di giorno faceva caldissimo, era un piacere abbeverarsi con le sue acque o risciacquarsi dal sudore – soprattutto per Fay-san, considerando quanto poco tollerasse il caldo. Non che fosse eccessivo lì, ma era comunque lieto di bagnarsi in quella vasta sorgente – sebbene il suo maggiore diletto fosse spruzzare Kurogane-san e farsi inseguire da lui, coinvolgendo anche noi schizzandoci tutta l’acqua addosso.
La cascata di fronte, invece, dava origine ad una vera e propria sorgente termale, e dato che di notte la temperatura scendeva sotto lo zero era un piacere sostare nelle sue vicinanze, lasciarci avvolgere dal suo calore e rilassarci in essa, prima di andare a dormire. Grazie alle pietre che la dividevano in più gole, creando piccole pareti tra l’una e l’altra, ci era permesso farci il bagno tutti insieme. Così, mentre noi occupavamo uno spazio più ampio, Sakura e Mokona stavano alle nostre spalle, a chiacchierare amabilmente. Di tanto in tanto Kurogane-san e Fay-san continuavano a litigare, ma dopo tutto quel tempo avevo cominciato a farci l’abitudine e riuscivo ad ignorarli, finché non mi trascinavano con loro.
Dato che eravamo noi le uniche persone di quelle terre selvagge, e non erano molte le cose che si potevano fare eccetto esplorare, di giorno quando non ci dedicavamo a tale attività io e Kurogane-san ci allenavamo, oppure ci tenevamo impegnati con una dolorosa tecnica di meditazione, stando seduti immobili sotto l’irruento getto di acqua ghiacciata. Secondo lui doveva servire a temprarmi nel corpo e nello spirito e per imparare a controllare meglio la respirazione.
Nel frattempo, poiché Sakura aveva a sua volta espresso il desiderio di apprendere qualcosa di nuovo, Fay-san le stava insegnando come distinguere e raccogliere erbe, frutti e bacche commestibili, nuovi metodi per preparare decotti, come accendere il fuoco dalla pietra, e tutta una serie di azioni primitive utili a produrre utensili da utilizzare in cucina. Mokona, essendo stata cacciata brutalmente da Kurogane-san, se ne stava essenzialmente con loro e li assisteva come poteva.
Per il resto, ciò che avevamo scoperto fino ad allora grazie alla visione dall’alto era che al di là della catena montuosa priva di vegetazione non sembrava esserci nulla, quindi la piuma di cui percepiva l’oscillazione Mokona non poteva trovarsi verso nord. Ecco perché ci eravamo convenientemente accampati in prossimità dei corsi d’acqua, a metà strada tra l’arida gola e la lussureggiante vegetazione tropicale, oltre la quale si trovava un’ampia spiaggia. Attorno alla baia c’erano più di un centinaio di isolotti, quindi non era escluso che la piuma potesse trovarsi su uno di essi. O forse era in fondo al mare, le cui acque erano tinte di blu al largo, turchese e verde acqua lungo la costa. L’indomani avrei cominciato le ricerche proprio da lì.
Quel giorno, per cambiare un po’ metodologia, io e Kurogane-san decidemmo di sfruttare la florida natura che ci circondava per dare vita ad un allenamento speciale, basato su tutta una serie di ostacoli. A Kurogane-san non importava quanto fosse difficile o rischioso, perché sembrava pensare che fossi migliorato molto rispetto all’inizio – ciò mi consolava, visto che significava che sarei riuscito a proteggere più efficacemente Sakura.
Mi impegnai, pertanto, con tutto me stesso, e per quando finimmo era già giunto il crepuscolo. Secondo Kurogane-san mi ero meritato un buon riposo, per cui mi invitò a mettermi comodo e risollevare le membra, mentre lui e Fay-san sarebbero andati a raccogliere nuova legna da ardere e a cercare del cibo, insieme a Mokona che volle aggregarsi a loro a tutti i costi. Mi affidarono quindi a Sakura, la quale garantì che si sarebbe presa cura di me, assicurandosi che non avessi fatto ulteriori sforzi.
Non mi sentivo neppure tanto stanco, ma non importava cosa dicessi, Sakura sembrava non voler sentire ragioni. Sorrisi tra me nel vederla tanto presa dalla nuova carica assunta, sebbene una volta rimasti soli cominciò a riempirmi di un elogio dopo l’altro, imbarazzandomi.
«È incredibile il modo in cui sei riuscito a fare quelle capriole spettacolari! Sembrava quasi una coreografia, simili a quelle che si facevano al circo a Shara! Ahhh, vorrei così tanto esserne in grado anch’io!»
Ridacchiai per quel suo estremo entusiasmo, ma mi mostrai serio nel replicare: «Sarebbe pericoloso».
Mi fissò a lungo, prima di incrociare le braccia e sviare lo sguardo, imbronciata.
«Dici sempre così, però io sarei felicissima di imparare. Soprattutto da te», borbottò sottovoce.
Sorvolai sull’ultima affermazione e ignorai il batticuore che mi aveva provocato, facendole notare: «Ma principessa, a cosa vi servirebbe imparare queste cose? Se è per la vostra incolumità non dovete preoccuparvi, ci sono io con voi».
Lei si voltò spiazzata.
«No», ribatté debolmente, scuotendo appena la testa. «Non sarebbe per me stessa. Ma se…» Si fece piccina sul posto, chinando lo sguardo. «Se dovesse succederti qualcosa, e non ci sono né Kurogane-san né Fay-san, vorrei riuscire a proteggerti…»
La fissai ammutolito, non aspettandomelo. Eppure, avrei dovuto immaginarmelo da lei. Aveva sempre trovato un modo per proteggermi, da chiunque. A cominciare da suo fratello.
«Grazie», sussurrai accorato, prima che entrambi venissimo scossi da un brivido. Si stava alzando il vento, prevedibilmente visto che il sole era ormai sparito oltre gli alberi; tuttavia i nostri compagni di viaggio ancora non erano tornati ed eravamo a corto di legna.
Non essendoci alternative mi girai verso Sakura, indicando la cascata dietro di noi.
«Perché non fate un bagno? Resto io di guardia.»
Lei mi posò una mano su un braccio, guardandomi preoccupata.
«Ne avresti più bisogno tu.»
Scossi la testa, ma neppure stavolta sembrava volermi stare a sentire. C’erano momenti come quelli, in cui si comportava in maniera eccessivamente testarda, e caparbiamente non cambiava idea finché non si faceva quello che lei voleva. Chissà che non fosse un’indole intrinseca, dovuta al suo essere una principessa…
«In tal caso, ce lo faremo entrambi!» decretò infine, alzandosi in piedi con foga, senza mostrare alcuna vergogna.
La fissai come un pesce lesso, spiazzato. Non poteva dire sul serio…
«Ma -»
«Niente “ma”!» Mi afferrò per quello stesso braccio, costringendomi ad alzarmi, per trascinarmi verso la zona solitamente occupata da noi ragazzi. «Non preoccuparti, non guardo», promise, filando al suo lato.
Sospirai pesantemente, scuotendo la testa. Seppure avesse guardato, non ci sarebbe stato nulla di male – anche se dovevo ammettere che sarebbe stato alquanto increscioso. Se poi tenevo conto del fatto che si sarebbe spogliata anche lei…
Cancellai quel pensiero dalla mente e mi affrettai a spogliarmi, sentendomi già accaldato – e sapevo troppo bene che non era per colpa del vapore.
Sparii immediatamente in acqua, senza perdere ulteriore tempo, e posai la nuca contro la pietra tonda convenientemente levigata. Tentai di ignorare come potevo i rumori di stoffa e acqua che schizzava all’altro lato, preferendo concentrarmi sul cielo.
A quell’ora, esso diveniva la settima meraviglia. Non appena calava la notte, infatti, il buio si tingeva di scie acquamarina e celesti, lilla e rosate, oscillanti nell’aria. Oltre esse era parzialmente visibile un percorso serpentino, illuminato da miriadi di stelle, mentre a breve distanza tra di loro, stando una a nord e una a sud, roteavano due piccole lune color latte accerchiate da anelli dorati.
Seguii le regolari oscillazioni dell’aurora boreale con lo sguardo, e così riuscii efficacemente a distendere tutti i nervi, fisici e mentali.
Per lunghi minuti ci fu un silenzio interrotto unicamente dal regolare scroscio dell’acqua, un lontano sbattere di ali e il verso di qualche animale notturno, finché non sentii Sakura richiamarmi con un tono fievole.
Mi voltai prontamente, e la vidi affacciata da una roccia, con la testa e le mani che appena appena sbucavano dall’acqua. La raggiunsi in fretta, appoggiandomi con le braccia al lato opposto.
«Qualcosa non va?»
Lei scosse la testa, mordendosi il labbro. Si allungò timidamente per posare una mano sulla mia, sembrando angustiata.
«Prima hai detto che non devo preoccuparmi, perché ci sei tu con me...»
Annuii, ma mi impensierii percependo le sue dita tremare. Girai la mano e gliele carezzai, sperando di confortarla.
«Non avete nulla da temere.»
«… Però… non sarai con me per sempre, vero?»
Il suo tono di voce si abbassò di un’ottava, i suoi occhi si rattristarono e si posarono dappertutto tranne che su di me, forse per non mostrarmi la mestizia che la stava sopraffacendo.
«Principessa.»
Ottenuta la sua attenzione le rivolsi un sorriso, garantendole: «Finché mi vorrete con voi, io ci sarò».
«Per sempre», rispose prontamente, stringendomi le dita. «Resteresti per sempre?»
«Sì.»
Ricambiai la sua stretta e, finalmente, anche lei si aprì in un sorriso. Poi sembrò improvvisamente ricordare qualcosa e si portò la mano libera sugli occhi, voltandosi di lato.
«G-giuro che non ho visto nulla!»
Scoppiai a ridere, considerando che tra acqua, rocce e foschia a separarci non si vedeva assolutamente niente.
«Ah! Oggi l’aurora è più bella delle altre sere!»
Forse stava tentando anche lei di distrarsi così. Seguii la rinnovata traiettoria del suo sguardo, confermando, prima di riabbassare gli occhi su di lei. Lei, che aveva ancora il viso puntato all’insù, con aria piena di entusiasmo e stupore.
In quel mondo di meraviglie, Sakura ne era l’ottava.
Le luci della notte riflesse dall’acqua danzavano sulla sua pelle, illuminandogliela di fiochi bagliori. Senza controllarmi allungai la mano libera, in modo tale da spostarle alcuni capelli che le si erano appiccicati al viso, rendendomi solo parzialmente conto di starla guardando in maniera adorante. Lei abbassò lo sguardo, fissando i suoi occhi nei miei, e mi dedicò un minuscolo, dolcissimo sorriso. Schiuse le labbra, pronta a dire chissà cosa, e automaticamente i miei occhi caddero su di esse, quando udimmo Mokona trillare: «Aaaww stanno facendo di nuovo i piccioncini!»
Sobbalzammo e ci tirammo subito indietro, imbarazzati, voltandoci di spalle. A malapena mi ero accorto che ci eravamo avvicinati tanto. Mi portai una mano sul cuore, sperando decelerasse in fretta, udendo solo in parte Sakura che tentava di giustificarsi come poteva, con Mokona che la prendeva ancora in giro.
Sentii la legna cadere a terra e vidi Kurogane-san inginocchiarsi, adoperandosi ad accendere il fuoco mentre annunciava: «Abbiamo trovato molti ceppi asciutti stavolta, basteranno per tutta la notte».
Fay-san intanto ci fissava con un sorrisetto astuto, prima che si sedesse accanto a lui, esclamando gaio: «Preparo la cena! Ta-dan!»
E detto ciò ci mostrò dei conigli che avevano catturato, con grande orrore di Mokona.
«Sono stati brutali», piagnucolò, facendosi consolare da Sakura.
«Se non la pianti cuciniamo anche te», la minacciò Kurogane-san con un ghigno malvagio, proprio mentre cominciava a scuoiare la loro preda.
«Che cattivooo!»
Mokona continuò a farsi coccolare da Sakura e io ne approfittai per uscire dall’acqua, asciugandomi e rivestendomi in fretta, in modo tale da aiutarli.
Sakura ci raggiunse dopo poco insieme a Mokona, quando il pericolo era ormai passato e tutto era già finito in pentola. Ci sedemmo formando un cerchio attorno al fuoco, augurando buon appetito, e solo dopo esserci scambiati diverse chiacchiere ci addormentammo sui nostri momentanei letti di foglie ed erba, coperti come ogni notte dai nostri mantelli, cullati dai caldi sbuffi della cascata.
Il mattino seguente ci mettemmo finalmente in cammino e raggiungemmo la costa, alla ricerca della piuma, trovandola impigliata tra i coralli. Non fu facilissimo raggiungerla, visto che per suo effetto la corrente era fortissima, ma dopo diversi tentativi e stratagemmi ci riuscii. In realtà un grande aiuto mi era stato dato da Sakura stessa, che aveva parlato con l’acqua per calmarla, visto che come accaduto con il vento nel Paese degli Idoli ne avvertiva la sofferenza; in cambio essa era diventata totalmente immobile una volta recuperata la piuma, permettendoci di immergerci e nuotare tra coralli, stelle marine, e pesci esotici, facendoci scoprire anche le bellezze del mondo sottomarino.
Solo dopo che fummo ritornati sul litorale Sakura, del tutto entusiasta e soddisfatta dalle nuove scoperte, accettò di ricevere la piuma; così le restituii un nuovo ricordo e la afferrai in tempo prima che cadesse. Come sempre le permisi di dormire tra le mie braccia, avvolgendola del tutto col mio calore, desiderando con tutto me stesso di poter così sostituire ciò che quel terribile giorno avevano fatto le sue ali. E in cambio ricevetti il suo splendido sorriso, il dono più bello che potesse mai farmi.
















 
Angolino autrice:
Buonasera! Allora, come si evince dall'introduzione questa è una raccolta di 5 one-shot (forse 6, devo decidere se dividere la terza o meno) che sono per lo più what if o missing moments dell'opera originale. Non le pubblico in ordine di "tema", ma secondo un ordine a mio parere "cronologico". Le prime due, in realtà, avrebbero potuto essere interscambiabili, ma preferivo cominciare con un mondo nuovo piuttosto che con uno già visto. In questo caso, seppure abbia ripreso i mondi del manga (come il paese degli idoli), l'idea del "viaggio continuo" prende spunto dall'anime. 
Per immaginare questo mondo mi sono ispirata effettivamente alle meraviglie naturali che abbiamo (per la precisione al Mt. Everest, il vulcano Paricutin in Messico, il Grand Canyon, le Cascate del Niagara e Vittoria, la baia di Guanabara a Rio de Janeiro, la Barriera Corallina e l'Aurora Boreale).
Il titolo della raccolta l'ho scelto di getto, visto che tutte le one-shots sono aperte da canzoni (tant'è vero che l'ultima è una song-fic); la canzone presa qui è la seconda opening, di Kotani Kinya, e recita: "Tu una volta mi dicesti che il futuro non può esserci rubato, e poiché so questo, riesco ad andare avanti, coi battiti del mio cuore che mi spingono lontano" (traduzione mia).
Sperando vi sia piaciuta!
A presto :3

 

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Capitolo 2
*** Day 30 - Favorite Worlds ***


Un mondo di ricordi








今はどんなに離れても
廻る奇跡の途中に
また向かい合うのだろう


- “Loop” -








Dopo essere andati ancora una volta nel Paese di Oto tramite le Dream Capsule – stavolta consapevolmente –, decidemmo di approfittare della pace e della vivacità di Edonis, godendoci tutte le giostre che il parco divertimenti aveva da offrire. Fortuna volle che incontrammo nuovamente i nostri amici lì, per cui anche dopo aver giocato nella realtà virtuale ed essere usciti dalle capsule restammo tutti insieme, gironzolando per il Fairy Park.
Dato che Yuzuriha-chan voleva assolutamente provare qualcosa che facesse venire i brividi propose di salire prima di tutto sulle montagne russe. Il nome non mi suonava del tutto nuovo, e ricordai che Moko-chan ne avesse parlato quando visitammo Piffle – anche se la sua spiegazione sul cosa fossero non fu del tutto esauriente.
Approvammo quindi incuriositi, sebbene non avessimo la minima idea di cosa si trattasse. Forse era una tipologia di catena montuosa? Bisognava arrampicarsi?
Kurogane-san in realtà non si fidava troppo, e sembrava comunque quello meno entusiasta all’idea di salire sulle attrazioni; per questa ragione Fay-san e Moko-chan lo stuzzicarono e tartassarono talmente a lungo che alla fine dovette cedere, tanto che fu addirittura il primo ad avviarsi nella direzione indicata da Kusanagi-san.
Egli aveva deciso di restare a guardare, affiancato da Soma-san, dichiarando che non riusciva a reggere bene quel tipo di giostre veloci. Inuki, il cane di Yuzuriha-chan, rimase con loro, mentre noi ci accingevamo a salire su una sorta di trenino separato in piccoli vagoni aperti, con delle ali tridimensionali sulla fiancata delle finte portiere.
«Io e Sakura-chan ci mettiamo avanti!» decretò Yuzuriha-chan per entrambe, facendomi accomodare in prima fila, sembrando su di giri.
Ryūō-san sembrò prendersela, perché si imbronciò, lamentandosi: «Non è giusto, volevo andare io avanti con Syaoran!»
«Non fa niente, vanno bene anche i secondi posti», cercò di mitigarlo, sedendosi alle mie spalle.
Mi voltai indietro, incontrando i suoi occhi, e gli sorrisi trepidante. Non vedevo l’ora di provare quante più esperienze possibili!
Lui rispose con un sorriso indulgente e si allungò in avanti, per farmi notare: «Principessa, sul cartello del regolamento c’era scritto che bisogna abbassare queste sbarre fino all’addome e tenersi alle maniglie ai lati».
Me la abbassò lui stesso e io lo ringraziai.
Tornò al suo posto dopo essersi assicurato che fosse scattata, facendo altrettanto con se stesso. Voltai solo di poco la testa per vedere gli altri passeggeri salire, con Fay-san che trascinava un riluttante Kurogane-san in terza fila, mentre Moko-chan si infilava nella giacca di pelle di quest’ultimo. Ci eravamo cambiati mentre stavamo qui, adeguandoci alla moda locale, non molto dissimile da quella di Piffle.
Spostai poi lo sguardo verso Yuzuriha-chan, che sembrava felicissima.
«Sono certa che ti piacerà!» esclamò convinta, battendo le mani.
«Neh, Yuzuriha!» Ryūō-san si pose tra di noi, sogghignando. «Facciamo una gara per vedere chi si spaventa.»
«D’accordo, chi grida prima dalla paura perde!» accettò, guardandomi ammiccante. «Noi due vinceremo di sicuro.»
«Non ne sarei così sicuro», asserì lui con certezza, scambiandosi un pugno con Syaoran-kun.
«Anche noi partecipiamo!» si intromise Moko-chan, esultante.
«E non abbiamo intenzione di perdere. Vero, Cagnolone?» ammiccò Fay-san.
«Vedi di piantarla con questo nomignolo o stavolta sul serio ti butto giù non appena arriviamo in cima!» abbaiò minaccioso, ricevendosi una risata ilare in risposta dall’interessato.
Sorrisi tra me per quelle scenette ormai abitudinarie, per poi spostare l’attenzione sull’addetta che abbassò anche un’altra asta orizzontale posta davanti a noi, sulle nostre gambe, prima di augurarci buon divertimento.
La giostra così partì e io mi tenni dove aveva detto Syaoran-kun, mantenendo gli occhi ben aperti per non perdermi nulla.
Il treno salì lungo la ferrovia seguendo una diagonale, arrestandosi sulla cima di essa per qualche secondo. Ne approfittai per osservare la conformazione della giostra dall’alto, con le sue bizzarre salite e discese, le curve sinuose e vertiginose e i cerchi che descriveva nell’aria, un tantino perplessa.
Non ebbi neppure il tempo di chiedermi come funzionasse che ecco che precipitammo, venendo spinti all’indietro. Il vento era potentissimo, quasi quanto quello del paese dei conigli, e per la velocità venimmo sballottati da una parte all’altra. Tutti gridavano, chi di eccitazione, chi di paura, e io e Yuzuriha-chan eravamo tra i primi. La vidi staccare le mani, alzandole al cielo, e la imitai, ridendo deliziata. Non era molto diverso dalla sensazione provata a volare a Piffle durante la Dragonfly Race, tutt’altro. E anche quando finivamo a testa in giù, percepivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, incendiandomi.
Purtroppo il giro attorno alla montagna e nella miniera finì prima del previsto, ma anche quando scesi ero eccitatissima.
Mi guardai intorno per poter condividere il mio fervore con qualcuno. Ryūō-san, Fay-san e Moko-chan ne erano altrettanto esaltati; Syaoran-kun, invece, sembrava avere qualche difficoltà a scendere, dichiarando che gli girava la testa.
Corsi immediatamente a sostenerlo, insieme a Ryūō-san, mentre Fay-san e Moko-chan sventolavano una mano di fronte a Kurogane-san, che sembrava essersi letteralmente pietrificato, artigliando la sbarra di sicurezza.
«E chi se l’aspettava! Hai avuto paura?» domandò Ryūō-san a Syaoran-kun, notando come me che quando lo lasciavamo le sue gambe sembravano instabili e traballanti.
«No, non paura. Non avevo previsto tutte quelle curve e rotazioni. Non a quella velocità, almeno.»
Si portò una mano alla fronte, chiudendo per poco gli occhi, prima di riprendersi di botto e guardarmi apprensivo. «Sakura-hime, voi come state? Vi sentite male?»
Scossi vigorosamente la testa, sorridendo da una parte all’altra del viso.
«È stato divertentissimo!» esultai, pronta a passare alla prossima scoperta.
Lui tirò un sospiro di sollievo e Moko-chan gli balzò in testa, tirandogli un colpetto per attirare la sua attenzione.
«Syaoran, Kurogane è svenuto!» esclamò drammatica.
Ci voltammo verso di lui e notammo che Yuzuriha-chan era andata a chiamare Kusanagi-san, in modo tale che potesse sollevarlo dal posto. Si passò un suo braccio su una spalla, allontanandosi rassicurando le persone che gli si erano accalcate attorno, e noi lo raggiungemmo fino ad una panchina. Qui lo adagiò per permettergli di calmarsi e Soma-san gli porse dell’acqua. Dopo buoni minuti per riprendersi e averla ingurgitata tutta Kurogane-san puntò rabbioso il dito contro la giostra, fulminando Fay-san.
«Te lo puoi scordare che io salga di nuovo su quel mostro di ferro!»
«Quante storie», fischiettò Fay-san per niente scalfito. «Parli proprio tu che sei un mostro di acciaio – Waah!»
Si riparò dietro me e Syaoran-kun, fingendo di piangere dopo che Kurogane-san gli aveva lanciato dietro la bottiglia.
«Bwaaah Kuro-wan vuole ammazzarmi!»
«Che cane rabbioso che cane rabbioso!» fece il coro Moko-chan, saltando sulla sua spalla.
Necessariamente dovettero scappare, perché Kurogane-san aveva appena estratto minacciosamente la sua spada dal fodero.
«Cerco di recuperarli», sospirò Soma-san, massaggiandosi le tempie.
«Vengo con te, non ce la faresti mai da sola», si propose Kusanagi-san, voltandosi un attimo verso Yuzuriha-chan e scompigliandole i corti capelli. «Voi continuate a divertirvi, ci rincontriamo qui più tardi.»
«Va bene! Baderò io a Ryūō!» promise a Soma-san che ridacchiò, mentre questi si offese.
«Hey, non ho mica bisogno di una balia!»
Ridemmo tutti e Yuzuriha-chan lasciò delle ultime carezze al suo cane – che intanto si stava facendo fare le coccole da Syaoran-kun. A malincuore si separò da noi, seguendo l’altro suo padrone.
«Ora dove si va?»
«Dovete provare gli aerei volanti!» decise stavolta Ryūō-san, facendoci strada verso una giostra circolare cui erano appesi tanti aeroplanini tondi colorati.
«Oh, questi assomigliano davvero ai Dragonfly di Piffle!» osservai ad alta voce, scambiandomi uno sguardo con Syaoran-kun che confermò.
«Lo stavo pensando anch’io.»
I due locali ci guardarono alquanto perplessi, non avendo idea di cosa stessimo parlando, ma non vi diedero troppo peso.
Salimmo così su questa giostra e, in seguito, io e Yuzuriha-chan occupammo prima due cavalli e poi una carrozza su un carosello, chiacchierando animatamente, ridendo spensieratamente. Ogni volta che completavamo un giro verso dove ci aspettavano gli altri salutavo allegramente Syaoran-kun, venendo ricambiata con un ampio sorriso che mi stringeva le budella; ma ecco che dopo il terzo giro notai Ryūō-san dare un colpetto col gomito a un suo braccio, dicendogli qualcosa che lo fece arrossire. E quando mi voltai verso Yuzuriha-chan trovai anche lei a ridere sotto i baffi, guardandomi con consapevolezza – sebbene non sapessi di cosa.
Forse fu a causa di quegli scambi visivi che, successivamente, Yuzuriha-chan parlottò in segreto col suo amico, prima di annunciare: «Bene, la prossima sarà la ruota panoramica!»
Dato che noi non sapevamo cosa fosse non rifiutammo, e solo quando ci mettemmo in fila la individuai. Si trattava realmente di una ruota, piena di luminose lucine sui raggi, con piccole cabine variopinte a due posti frontali. Era gigantesca, più alta di qualsiasi altra attrazione!
Quando toccò quasi a noi Yuzuriha-chan mi sorrise beffarda, sussurrandomi in un orecchio: «Qui ci possono entrare solo coppiette, perché si dice che le persone che vi fanno un giro completo staranno insieme per sempre».
Mi chiesi automaticamente se lei facesse coppia con Ryūō-san, visto che ero convinta che stesse con Kusanagi-san, e per questo non capii subito dove voleva andare a parare con quella sua allusione… perlomeno, finché non mi ritrovai sola con Syaoran-kun nell’abitacolo, con i due che ci salutavano restando fuori.
Mi feci tesa, stringendomi la gonna di quel vestitino smanicato tra le mani, col batticuore. Era vera quella diceria?
Guardai di sottecchi Syaoran-kun, notandolo del tutto a suo agio. Faceva scorrere lo sguardo sul parco fuori dai vetri, accogliendo tutto con meraviglia.
«A volte è strano pensare che l’uomo possa essere capace di inventare tanto», commentò meditabondo, rivolgendomi poi uno sguardo di scuse.
Gli sorrisi malgrado l’agitazione, spostando i miei occhi su quel vasto parco divertimenti.
«Sarebbe bello se ce ne fosse uno anche nel regno di Clow», osservai malinconica, spostando gli occhi sul tendone, tanto simile a quelli da circo. Ora proiettava un tramonto molto verosimile.
«Ne sentite la mancanza, non è così?» notò accorto Syaoran-kun, usando un tono di voce estremamente gentile. Forse anche nel suo vi era una nota di malinconia.
«Non saprei spiegarlo, è… una sorta di nostalgia di casa, sì.» Mi portai una mano sul cuore, cercando di capire cos’era che provassi.
«È del tutto naturale.»
Annuii e tornai a guardare l’esterno, sospirando.
«Credo sia per tutte le piume che stiamo recuperando. Ho così tanti ricordi adesso da sentirmi quasi completa. La mia mente è ricca di momenti e dettagli, eppure… eppure mi sento insoddisfatta.»
Mi morsi un labbro, chiedendomi come potessi spiegarmi per farglielo capire, senza necessariamente farlo preoccupare per me. Giocherellai col laccetto che mi arricciava la scollatura, facendo qualche tentativo.
«Credo di ricordare tutto ciò che riguarda mio padre, sebbene io abbia un vuoto totale su chi sia mia madre. Non ricordo né la sua voce, né il suo aspetto, né il suo nome. Non so nemmeno se c’è mai stata effettivamente una regina, e ho la sensazione che se ci pensassi troppo a lungo finirei soltanto col farmi venire un mal di testa inutile.»
Sollevai lo sguardo e lo vidi aggrottare le sopracciglia, sembrando pensieroso.
«Per cui mi sono detta che non fa niente. Nelle mie memorie mio padre ha funto anche da madre, quindi non mi pesa. C’erano poi mio fratello, il sacerdote, tutti gli abitanti del regno… Tutti mi hanno sempre dimostrato un affetto impareggiabile. Ricordo benissimo i loro sorrisi, i loro volti, quei giorni in cui mi venivano regalate le mele e le portavo a castello, quelle volte in cui andavo a rompere le scatole a Touya-niisama in biblioteca mentre studiava, appoggiandomi apposta a lui per dargli noia, e tutta la pazienza che lui ha sempre dimostrato nei miei confronti. Altre volte trascorrevo intere giornate con Yukito-san all’aperto, apprendendo la sua arte, e poi finivo puntualmente per addormentarmi sulle sue gambe dopo averci provato anch’io… Desideravo così tanto sfruttare al massimo il mio potere… E ricordo tutte le cose che mi ha detto mio padre quando era in vita. Tutta la sua gentilezza, tutto il conforto e la sicurezza che riusciva a trasmettermi. Ma mi rendo conto che basarmi soltanto su immagini impresse nella mia mente e sensazioni lasciate nel cuore non basta. Vorrei tanto incontrare mio fratello, il sacerdote, gli abitanti del regno e…» Mi interruppi, insicura. Non era detto che quell’altra persona fosse ancora lì. Eppure, era quasi sempre al castello, o nella città. Per molti anni c’era stata, quindi, a meno che non fosse svanita insieme a me, doveva ancora esserci.
Rivolsi un’occhiata a Syaoran-kun, trovandolo con lo sguardo basso, fisso nel vuoto.
«Sarebbe bello se Mokona qualche volta ci trasferisse lì», sussurrò appena.
«Oh!» Mi illuminai dinanzi a quella possibilità. Non era detto che non ci saremmo andati! «E magari, ripercorrendo fisicamente alcuni luoghi, riuscirò anche a capire chi era la persona con cui parlavo sempre…» ragionai, fissando di sottecchi Syaoran-kun, che non si mosse di un centimetro da quella posizione.
Presi una sua mano tra le mie e gliela strinsi, per attirare la sua attenzione.
Lui sollevò appena lo sguardo, fissando gli occhi nei miei, e io gli sorrisi, credendoci davvero.
«E magari capirò anche qual è il nostro rapporto.»
L’espressione che assunse in quel momento mi colse di sorpresa. Era agonizzante, disperata e allarmata. Niente di ciò che mi aspettavo.
Sviò lo sguardo, mormorando: «Principessa, non dovete sforzarvi tanto».
Gli strinsi nuovamente la mano, risoluta, costringendolo a guardarmi.
«Sappi che non ho mai approvato quello che fai per me.»
Sgranò gli occhi, ferito, e io mi affrettai a spiegare: «N-nel senso, sono felice che ti dedichi tanto alla mia causa, ma… ma sono le mie piume, dovrei pensarci io stessa».
«Io ho deciso di aiutarvi», mi rammentò.
«Lo so», replicai contrariata. «E per questo non hai alcuna cura di te. Ti getti nella mischia, affronti qualsiasi pericolo pur di recuperarle, senza preoccuparti di restarne ferito. E ciò mi rattrista. Dovresti… dovresti pensare di più a te stesso.»
La sua espressione mutò in stupore, prima di mostrarmi un minuscolo sorriso, garantendo: «Le prometto che d’ora in avanti farò più attenzione. Anche se sono disposto a tutto per recuperarle», aggiunse determinato.
«E ti ringrazio per questo. Ma vedi, è proprio perché ci tieni così tanto che sono convinta che tu… che noi non possiamo esserci conosciuti solo durante il viaggio. Non è possibile che tu abbia deciso di fare tanto per una principessa sconosciuta. Sicuramente devi avermi incontrata prima e… tu stesso mi hai detto che per un certo periodo hai vissuto a Clow, no? Quindi sono quasi sicura… No, sono sicura che ci siamo già incontrati. Non so perché non vuoi parlarmene, ma io e te eravamo già amici? O forse, eravamo persino in-»
Trattenni il fiato, la voce mi morì in gola. Tutto divenne buio, compresi i miei pensieri. Cosa stavo per dirgli? Di cosa stavamo parlando? Mi sentii precipitare, cascare sempre più giù nel nulla, nel vuoto più assoluto, finché non percepii delle mani afferrarmi. Delle braccia mi avvolsero, e dal loro calore, dalla loro familiarità, capii fossero quelle di Syaoran-kun.
«Sakura…» sussurrò in tono ferito, serrando le dita attorno alla mia schiena. «Ti ringrazio, per tutta la volontà che ci metti nel provare a ricordare. Ma non importa. L’unica cosa che mi interessa è che tu stia bene, quindi per favore… non farti più del male.»
Avrei voluto rispondergli, per chiedergli di cosa stesse parlando, ma la voce non mi usciva. Non riuscivo neppure a riaprire le palpebre. La mia volontà sembrava lontana, eppure la mia coscienza era lì.
D’altronde, non sembrava neppure che stesse realmente parlando con me.
Allentò la presa, e con la riduzione della sua percezione il mio conscio fluttuò sempre più lontano.






Quando mi ritrovai mi sentivo avvolta in morbidi coperte. Mugugnai contro esse rasserenata, con la sensazione che qualcuno mi avesse carezzato i capelli per tutto il tempo.
Per tutto il tempo…
Scattai seduta, sconvolta: «Oh no, mi sono addormentata di nuovo all’improvviso!»
«Buongiorno Sakura!» mi salutò Moko-chan, saltandomi tra le mani.
Ricambiai il saluto, e lei mi guardò preoccupata.
«Ti senti bene?»
Annuii, notando dalle pareti rosa salmone che mi trovavo nella stanza dell’albergo fuori il parco, in cui avevamo deciso di alloggiare. Mi accorsi che il sole sembrava alto nel cielo, ma io stavo indossando ancora lo stesso abito di ieri.
Impallidii, informandomi: «Quanto tempo ho dormito?»
«Da ieri pomeriggio ad adesso, e sono quasi le undici e mezza.»
Mi misi immediatamente in piedi, correndo a sciacquarmi.
«Faccio sempre così!» mi disperai, trafelata. «Che figuraccia ho fatto con i nostri amici.»
«Tranquilla, oggi abbiamo deciso di mangiare tutti insieme», mi rassicurò, spazzolandomi i capelli mentre finivo di rivestirmi.
Mugugnai parole incomprensibili, tristemente. Eppure pensavo di essere migliorata, da questo punto di vista. Non avevamo neppure recuperato alcuna piuma, quindi cos’era stato a farmi addormentare?
«Vado ad informarli che sei sveglia!» annunciò Moko-chan penetrando i miei pensieri, non appena ebbe finito di pettinarmi.
La ringraziai, continuando a correre tra il bagno e l’armadio, cercando di prepararmi nel più breve tempo possibile. Inciampai tuttavia nel mettere in fretta le calze, cercando di farlo in piedi, e capitombolai fino a terra, sbattendo con il naso sul pavimento.
«Ahi», mi lamentai di riflesso, massaggiandomelo.
Udii dei passi veloci sulle scale e la porta si spalancò bruscamente, rivelando un apprensivo Syaoran-kun.
«Principessa, che cos’è successo?»
Mi aiutò a rialzarmi e io ridacchiai imbarazzata, spiegando: «Sono inciampata».
«Vi siete ferita da qualche parte?»
Dato che il dolore al naso era scomparso scossi il capo, e lui tirò un sospiro di sollievo.
Mi accompagnò a sedermi sul letto, prima di chinarsi a prendere il collant che mi era sfuggito e porgermelo.
«Potete prendervela con calma, non è ancora ora di pranzo.»
«Ma Yuzuriha-chan e gli altri -»
«Non sono ancora arrivati», mi assicurò.
Risollevata mi affrettai ad indossare la calza che mi mancava, lisciandomele entrambe sulle gambe prima di indossare gli stivaletti e rialzarmi. Solo allora mi resi conto che Syaoran-kun s’era voltato verso la finestra, e aveva le orecchie in fiamme. Stavolta arrossii anche io, sebbene non fosse la prima volta che mi vestivo davanti a lui. Capitò già a Koryo, quando dovetti cambiarmi d’abito: essendo io ancora sonnecchiante, e correndo pertanto il rischio di addormentarmi da un momento all’altro, qualcuno doveva restare con me. Qualcuno che, eventualmente, avrebbe avuto la forza necessaria per sorreggermi, se avessi rischiato di cadere. E di certo non poteva trattarsi di Chun’yan – anche perché in quel momento non era neppure con noi. Così io mi spogliai, lasciando cadere i miei abiti a terra, con Moko-chan che li recuperava per portarli via e intanto informava Syaoran-kun sul mio stato, visto che era voltato di spalle. Quando gli chiesi di aiutarmi a mettermi la fusciacca perché non avevo alcuna idea di come si legasse lui esitò nel girarsi, finché non si alzò di scatto dal pavimento su cui si era seduto nell’attesa e mi mostrò un viso paonazzo che andava al di là della mia comprensione, mentre mi aiutava con pochi gesti.
Sorrisi tra me al ricordo, annunciando: «Sono pronta!»
Lui si voltò di poco per assicurarsene, prima di affiancarmi del tutto.
«Allora scendiamo?»
Assentii e mi avviai con lui, facendo scivolare la mia mano nella sua. Mi portai la mano libera al cuore, un po’ vergognandomi, ma lui mi tolse la mano, quasi ferendomi… solo per porgermi un braccio, come spesso faceva Fay-san.
Lo guardai a bocca aperta, e lui mi mostrò un sorriso impacciato.
«No?»
«Sì!» ribattei gioiosa, aggrappandomi immediatamente a lui, standogli più vicina possibile.
Quando scendemmo giù trovammo i nostri due compagni di viaggio immersi in un’accesa partita a quello che avevamo scoperto si chiamasse air hockey. Moko-chan si era schierata dalla parte di Fay-san, ma dato che la competitività di Kurogane-san era imbattibile finì con l’arrendersi. Notandoci, il primo ci si avvicinò chiedendomi se avessi riposato bene, e io lasciai automaticamente Syaoran-kun, rispondendogli affermativamente.
Intanto Syaoran-kun fu chiamato a giocare da Kurogane-san, visto che secondo lui sarebbe stato un buon allenamento per i suoi riflessi.
Trascorremmo così il resto della mattinata, osservandoli e facendo il tifo, finché non vennero i nostri amici e mangiammo tutti insieme. Mi scusai con loro per il giorno precedente, ma non sembravano essersela presa a male.
Il pomeriggio provammo altre giostre finché, quella stessa sera, Moko-chan non ci avvisò che era ora di partire.
Seppure non ci fosse alcuna piuma in quel mondo, avevamo deciso di restarci unicamente per divertirci, stavolta godendocelo davvero. Ecco perché, quando giunse il momento di salutarci, non fu doloroso come la volta precedente. Perché stavolta era più certo che c’era la possibilità che un giorno avremmo potuto rivederci. E mentre viaggiavamo nella dimensione successiva, mi accorsi che anche Syaoran-kun sembrava più sereno rispetto all’ultima volta in cui si era congedato da Ryūō-san. Sembrava felice, felice per davvero, e tanto mi bastava per sentirmi leggera come una delle mie piume.














 
Angolino autrice:
Buonasera! Speravo di riuscire ad aggiornare prima, ma come previsto il peso della sessione estiva comincia a farsi pressante e il tempo inizia a sfuggirmi di mano.
Dunque, per questo tema ero indecisa sul mondo da trattare, visto che ce ne sono tantissimi che rientrano tra i miei preferiti, ma considerando il tema successivo non volevo essere troppo angst (non che per questo manchi) e quindi ho optato per qualcosa di divertente, che mi sarebbe piaciuto vedere. Idealmente, è una sorta di "what if" se le cose non sarebbero andate come sono andate dopo Lecolt, anche perché immagino sia evidente che la Sakura qui trattata sia prettamente la "fanciulla forte e indipendente" del manga. Ho inoltre ripreso varie scene appena accennate, sia nella storia di per sé che dalle immagini di capitolo; una delle parti che più mi ha stupita quando l'ho scritta è quella riguardante la madre di Sakura, anche perché mi ha portato a chiedermi "In effetti, chi dovrebbe essere la consorte di re Clow?". Ma poi mi sono detta che è meglio non pensarci, o altro che emicrania.
Poi vediamo... non mi sembra ci sia molto altro da spiegare, solo la battuta che fa Fay sul fatto che Kurogane sia un "uomo di acciaio" è dovuta al suo nome stesso, che significa "acciaio nero"; per quanto concerne le parole giapponesi, dovrei aver utilizzato solo hime = principessa e onii-chan = fratellone (se ce ne sono altre fatemele notare, io ormai le dò per scontate). La canzone scelta qui è la prima ending dell'anime, cantata da Maaya Sakamoto, e traducendola (sempre per traduzione mia) dice: "Non importa ora quanto siamo lontani, ci ritroveremo sicuramente faccia a faccia a metà strada di un miracolo che gira".
Detto ciò, spero vi sia piaciuta :3
Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** Day 16 - Angst + Day 31 - Goodbyes (pt. 1) ***


Nel tuo cuore, sperduto







 
いつもいつも側にいるよ
どんな遠く君の心が迷っても


- “Synchronicity” -








“Svegliati! Se non ti sveglierai… la persona a cui tieni tanto non farà ritorno…”
La persona a cui tengo tanto…
A cui tengo tanto…
La persona per me più importante...
Syaoran-kun!
Syaoran-kun, ti prego fermati! Perché, perché non riesco a raggiungerti? Perché proprio ora veniamo separati?
Sbatto i pugni contro questa spessa parete, disperata. Sei ferito, sporco di sangue, gli abiti a brandelli, i tuoi occhi non sono più gli stessi. Non sono più quelli di un tempo.
Syaoran-kun! Syaoran-kun!!
Che cosa ti è successo? Perché mi rivolgi quello sguardo di ghiaccio? Perché ferisci gli altri, senza alcuna pietà? Perché non mostri più alcuna emozione?
Questo non sei tu… Non sei lo Syaoran-kun gentile che conosco. Eppure, sento che sei tu. Ed è per colpa mia che fai tutto questo. Per colpa mia compi queste turpe azioni. Per le mie piume.
Me la restituisci, ma io non voglio addormentarmi di nuovo. Non senza riuscire a trattenerti, a farti restare.
Mi attiri verso di te con un braccio, ma non è la stessa cosa. Non c’è alcuna delicatezza, alcuna cura. C’è solo freddezza sul tuo viso, apatia nella tua voce, spietatezza nelle tue azioni.
Syaoran-kun, ascoltami… Ti prego…
Il tuo corpo è così gelido, le tue labbra e le tue mani ricoperte di un sangue che non ti appartiene…
Questo non è il mio Syaoran-kun, eppure è il mio Syaoran-kun.
Per favore… Per favore, ascolta la mia voce… Non ho bisogno delle piume, ho bisogno di te…
Non rivolgere lo sguardo altrove… Non lasciarmi cadere… Non voltarmi le spalle…
Allungo disperatamente una mano, sentendo le forze abbandonarmi. Attraverso le lacrime, vedo soltanto te. Te, che stai per scivolarmi via dalle dita.
“Syaoran-kun… non andare…”
Ti vedo fermarti, voltarti verso di me, e io comincio ad intravedere un barlume di speranza. Forse riesco a raggiungerti, forse riesco a farti tornare… Ma anche se c’è un minimo cambiamento nei tuoi occhi, tu sei impenetrabile. Ti scrolli la mia mano di dosso, procedendo verso la tua nuova meta. Verso un mondo senza di me.
Sollevo con le ultime forze rimaste la mia stessa mano insanguinata, sentendomi debole.
E da quel momento in poi non faccio che precipitare tra aculei di ghiaccio, finendo segregata in una bolla di denso e soffocante inchiostro.




«Syaoran-kun!»
Scatto seduta, ansante, madida di sudore. Mi guardo le mani, notando che tremano incontrollabilmente. Le porto al viso, bagnandole delle mie lacrime, e mi stringo le gambe al petto, singhiozzando. Mi sento morire.
Ancora una volta, ho rivissuto quel momento. Ancora una volta il mio cuore si è spezzato, e la notte si è riempita della solitudine più cupa. Ancora una volta, i miei sogni sono stati costellati da senso di perdita e abbandono, da dolore e sofferenza.
Syaoran-kun…
Chiudo le palpebre, e rivedo il tuo volto. Quelle iridi gelide, simili ad un’affilata lama di ghiaccio, impossibile da sciogliere. Mi guardano impassibili, eppure io riesco ancora a vederla: c’è una scintilla. È piccola, minuscola, fioca, minaccia di spegnersi da un momento all’altro… Ma c’è. Io lo so che c’è. La nascondi dietro l’indifferenza, come hai sempre fatto con la tristezza e con tutti quei cupi sentimenti che mascheravi dietro un sorriso. Quelle ombre che, ahimè, non sono mai stata in grado di dissolvere…
Syaoran-kun…
Se ti avessi di nuovo qui con me, davanti a me, cercherei di rimediare a tutto. Metterei il mio cuore nelle tue mani, te lo porgerei, te lo donerei, se potesse servire a farti tornare. Se potesse riuscire ad infrangere le tenebre che hanno avvolto il tuo, rinchiudendolo in uno scrigno all’infuori della mia portata. E a te, in cambio, non chiederei altro che di abbracciarmi, e non lasciarmi.
Promettimi di non allontanarti più da me. Promettimi che mi terrai stretta, che potremmo restare così per sempre.
Non andartene…
Fa così freddo…
Senza di te, il mondo stesso sembra essersi congelato…
Non andartene…
Ti prego…
Abbracciami, con la stessa gentilezza di un tempo.
Cingimi di nuovo, come facevi una volta. Non così. Non lasciarmi di nuovo cadere… Non lasciarmi di nuovo indietro… Non lasciarmi di nuovo sola…
Restituiscimi la vita, ora che non so più cosa sia… Ora che tutto il calore rimasto in me, lo sento andare via…
Il buio vive attorno a me. Anche quando apro gli occhi, è tutto scuro, tutto perso nel vuoto. Perché anche se mi resta uno “Syaoran”, sono consapevole che non è il mio Syaoran-kun. Può avere lo stesso nome, lo stesso aspetto, la stessa voce, gli stessi atteggiamenti, lo stesso sguardo… ma non può riuscire a guarire il mio cuore.
Non è il mio Syaoran-kun.
Ora che non ci sei tu, nulla sembra più possedere colore. Ogni luce si è spenta, e io non sono più in grado di concentrarmi su nulla. Nel mio domani, non resta più nulla.
“Il vostro viaggio è stato pianificato da Fei Wang Reed.”
“Gli servono i ricordi del tuo corpo.”
“Se insegui quello Syaoran, agevolerai l’intento di Fei Wang.”
Non mi importa. Nulla più mi importa, né delle mie piume e della mia memoria, né del mio potere, né di quello che ne sarà di me, né di ciò che sarò costretta a fare per raggiungere il mio scopo. Anche se non riuscirò mai a perdonarmi ruberò dagli altri, farò del male ad innocenti, pagherò il prezzo giusto per le mie azioni e le mie colpe, cadrò lontano quanto te, camminando sulla tua stessa strada… Sperando che, un giorno, i nostri percorsi possano incrociarsi. E quando noi ci ritroveremo faccia a faccia ancora una volta, ti dirò tutto quello che non sono mai riuscita a confessarti.
Ho perso così tanto tempo, tutto questo tempo, e se solo potessi tornare indietro rifarei tutto da capo. Tenterei di aggiustare e rimarginare queste nostre sanguinanti ferite. Farei tutto questo, per riprendere il tuo cuore smarrito. Per recuperare il tuo animo che s’è perduto.
Ricordo ancora vividamente le parole che Karen Dayu disse nel Regno di Shara: “Quando desideri qualcosa devi cercare di allungare la mano per afferrarla, prima che questa sparisca per sempre”. E io, per quanto ci abbia provato, non ho fatto in tempo.
Tuttavia, Syaoran-kun, ti prometto che riuscirò a trovarti, e a salvarti, ad ogni costo. Perché io credo fermamente nella nostra connessione. Io lo so, che i nostri cuori sono legati. Che dovunque sarai, un giorno ti troverò. Che in un modo o nell’altro riuscirò a riportarti indietro. Che nonostante il ghiaccio nei tuoi occhi ora sembri inscalfibile, riuscirò a lasciarvi almeno una crepa. Che anche se il tuo cuore è diventato talmente gelido da dare l’idea di infrangersi e frantumarsi da un momento all’altro, io riuscirò a scaldarti. Anche se dovessi farlo attraverso le mie lacrime. Le verserò tutte per te, sanguinerò per te, ucciderò per te, soffrirò per te, con te, se può servire a riportarti da me. Non importa quanto sarai lontano nell’oscurità, ti seguirò, ci ritroveremo, perché il nostro legame è più forte di ogni altra cosa.
Anche se le cose non dovessero più essere le stesse, ti prometto che staremo sempre insieme.
Sempre.














 
Angolino autrice:
Hello! Mi rifaccio viva a fine maggio (come previsto ç_ç), approfittando di un momento di relax dallo studio per aggiornare la raccolta.
Questi 2 prompt alla fine ho deciso di dividerli in due parti, quindi la seconda arriverà presto (spero domani), e lì spiegherò meglio la scelta del titolo.
Chi ha letto varie storie scritte da me si sarà reso conto che lo stile qui è piuttosto diverso da quello che sono solita utilizzare (nel prossimo sarà ancora più evidente), ma chi mi conosce sa anche che di tanto in tanto mi piace sperimentare. In questo caso, tutto segue la traccia del "sogno" iniziale, quindi anche se Sakura si sveglia è come se rimanesse parzialmente intrappolata in quel mondo onirico, e il fantasma del suo Syaoran continuasse ad essere lì con lei. C'è anche da tenere in considerazione che sia questa che la successiva sono state scritte subito dopo aver rivisto e riletto queste parti (in giapponese, quindi, al solito, se non ci sono corrispondenze precise con la versione italiana del manga non vi stupite), per cui la sofferenza era ancora fresca anche per me, e
ascoltando in loop la canzone "Falling inside the black" degli Skillet (da qui ho istintivamente tentato di replicare una sorta di struttura alla "brano musicale"). 
Quello descritto è un immaginario missing moment sospeso tra Tokyo e Infinity, quando Sakura comincia ad essere un po' più determinata e prenderà poi le decisioni che sappiamo che seguono.
I due versi iniziali sono presi dalla opening di Tokyo Revelations, cantata da Yui Makino (il che non mi fa piangere ancora di più, nono), e dicono: "Per quanto lontano il tuo cuore si smarrisca, sarò sempre, sempre al tuo fianco" (traduzione mia).
Grazie a chiunque avrà letto!
Steffirah

 

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Capitolo 4
*** Day 16 - Angst + Day 31 - Goodbyes (pt. 2) ***


Sperduto, nel tuo cuore







 
黒い涙の雨が降る


- “Kioku no mori” -








Cielo grigio. Pioggia incessante.
Bianco e nero.
I miei piedi. Le mie mani.
Bende e deserto.
Impronte insanguinate, eppure alcun dolore.
Il portale d’accesso al regno.
Case in mattoni, palme.
Tutto mi vortica attorno.
Mi ritrovo al suolo. Finisco in una pozzanghera e osservo il mio riflesso. In esso vedo me che guardo me che guardo me e ancora e ancora, all’infinito.
Mi chiedo chi sono io, ma ormai non ha più senso. Nulla ha più senso.



Non ho memorie. Le uniche cose che so per certo sono il mio nome, Syaoran, e il mio scopo: ritrovare le piume dei ricordi. I ricordi appartengono ad una principessa del deserto. Il suo nome è Sakura. Un nome che sembra cercare di risvegliare qualcosa di sopito in me, senza realmente riuscirci.
Il suo corpo serve per esaudire il desiderio di colui che mi parla. Lui mi ha creato, ho l’obbligo di eseguire i suoi ordini. La mia missione è recuperare le piume sparse nei mondi, a qualunque costo. Rubando quel che può servirmi allo scopo. Eliminando tutto ciò che mi intralcia.
Ed è quello che faccio. Se qualcuno prova ad opporre resistenza, se qualcuno prova a fermarmi, lo elimino. Distruggo tutto ciò che mi ostacola, e non appena porto a termine la mia missione procedo verso il mondo successivo.
Talvolta esito, prima di prenderne una, chiedendomi a che scopo recuperarle se non c’è un contenitore in cui inserirle. A Fei Wang Reed manca il corpo che desidera. Ma non mi ha chiesto di cercarlo, e io non lo farò.
Ciononostante, talvolta mi siedo tra cadaveri e macerie, sotto pioggia, vento, fuoco e acqua, incurante del sangue che mi macchia. E qualche interrogativo mi assilla.
Cosa se ne fa di queste piume?
“Non sei tenuto a porgerti domande.”
La mia mente si azzera, e io proseguo verso il mio obiettivo, incurante di tutto e di tutti.
Non provando e non pensando a nulla.
Ascoltando soltanto la voce del mio creatore.



Di volta in volta mi dà degli abiti per mimetizzarmi con gli abitanti dei mondi, ma nella raccolta delle ultime piume mi ha fatto indossare dei vestiti di base. Come quelli che indossava l’altro Syaoran.
L’altro Syaoran…
Ho vaghe memorie di lui. Anni fa era dinanzi a me. Allungava una mano verso di me. Mi aveva dato una parte di sé. Pronunciava delle parole, ma non riesco più a sentirle.
So solo che va eliminato, come tutto ciò che ci si oppone. Lui è un pericolo al nostro piano.
Ma è veramente il nostro…?
Non sono tenuto a pensare. Non sono tenuto a ragionare.
Cancello qualsiasi cosa dalla mia mente, seguendo unicamente le sue direttive.



“La prossima piuma è nel mondo dei sogni. Troverai una bella sorpresa.”
La prossima piuma è nel mondo dei sogni.
“Ci sarà la tua principessa ad aspettarti.”
Qualcuno mi aspetterà…
“Dovrò eliminarla?”
“Vedremo.” Si apre in un sorriso ambiguo, i suoi occhi scintillano di delizia mentre sorseggia del vino su quel trono da cui non si alza mai. “Sono pronto a scommettere che ci sarà da divertirsi.”



Il mondo dei sogni è buio, ma pieno di luce. Una luce rosata, riflessa da infiniti petali di ciliegio. Ciliegi, che portano il suo stesso nome.
Sakura.
Sakura è il nome della principessa che vuole Fei Wang Reed.
Sakura è lì, insieme all’altro me stesso. Il me originale, mi è stato detto. Se elimino l’originale, esisterò soltanto io. Io sarò l’unico Syaoran.
Ecco perché non esito quando mi viene dato il comando di eliminarlo. Soprattutto perché lui possiede una delle piume che sto cercando. E anche se Sakura dice che non le servono più, io so solo che devo riprenderle tutte. A qualsiasi costo. E non mi fermerò soltanto perché è lei a dirmelo.
Eppure, mi è inevitabile chiedermi, perché la sua voce riesco a sentirla? Perché mi raggiunge?
Perché lei non si sposta dall’altro me stesso? Perché anche se la minaccio, ci tiene tanto a proteggere “Syaoran”? Perché vederla stringerlo in quel modo a sé mi infastidisce tanto? Perché anche se la ferisco, non si separa da lui?
Attendo, che si scansi. Invece, lei poggia la mano libera sulla lama, chiamando il mio nome.
Qualcosa sussulta in me. Non mi piace. Questa sensazione, non mi piace.
Prima che possa apportarmi ulteriore sofferenza, estraggo la spada, in attesa.
“Ho solo bisogno del corpo. Dell’anima puoi anche sbarazzartene.”
Posso eliminarla, la fonte del mio dolore.
Cambio posizione per colpirla, ma la mia mano non si muove. Ci riprovo, due, tre volte, ma niente.
“Perché… non si muove…”
Faccio un altro tentativo. La lama trema, lei mi guarda, io ritento, ma qualcosa continua a bloccarmi.
Anche Fei Wang Reed sembra essersi stancato di questa situazione, e dà precedenza all’uccisione dell’originale. Concordo con lui. È necessario recuperare la piuma e liberarci di ogni interferenza, prima di ogni altra cosa.
“No! Se uccidi Syaoran, tutto avrà fine!”
Tutto? Fine?
“Anche quel che c’è stato tra me e te!”
Tra me… e lei…?
“Uccidilo!”
Porto avanti l’ordine e riesco ad ottenere la piuma, una volta che lo sconfiggo. Ciononostante, è insistente. Non lo lascerò vincere. Non posso farlo.
La battaglia continua, ma ciò che ne consegue è inaspettato.
Quel che la mia lama colpisce, ferisce, uccide, non è il vero Syaoran.
È Sakura.
Il suo sangue sgorga dalla ferita.
La mia mente si annulla.
Il mio corpo si pietrifica.
Fa male, dappertutto.
La mia spada… l’ha colpita…
Io… l’ho colpita…
“Syaoran!”
La sua voce cristallina, il suo sorriso, caldo come il sole primaverile.
Sta dicendo qualcosa…
“Io… sono come te.”
Lei… è come me. Ma se è come me, perché…? Perché le sto facendo questo? Perché il suo corpo si sta sgretolando? Perché il ciliegio si sta dissolvendo al vento?
Cade, verso di me. Non riesco ad abbassare lo sguardo, ma avverto la mia mano libera spostarsi. Cerca di cingerla. Cerca di fermarla. Cerca di non farla sparire. Cerca di proteggerla. Ma vedo solo altri petali che volano via.
Sakura…
Dice altre parole, ma io non riesco a risponderle. Non riesco a pronunciare nulla. Il tempo sembra essersi azzerato, fermato del tutto.
Percepisco il suo tocco leggero, sul mio braccio. Le sue labbra, accanto al mio orecchio. Il suo peso, evanescente.
Parti di lei, che mi scivolano via tra le dita.
No… ti prego, no…
“Io… ti a…”
Silenzio. Un silenzio assordante.
Non c’è più alcuna consistenza.
Sposto finalmente lo sguardo, sulla mia mano. Le mie mani, sporche di sangue. Tra esse, un unico petalo. L’ultimo respiro della sua vita.
Grida laceranti nella mia mente. Lo afferro, portandomelo sul petto. Il dolore si intensifica. Diventa insopportabile, tutto insopportabile.
E da quel momento, non capisco più nulla.



Fino a quell’istante, tutto era semplice. Eseguivo ordini che mi venivano dati, senza bisogno di riflettere. La mia mente era una tabula rasa, finché tu non sei sparita. Finché non ti sei dissolta nel vento. E tutti i ricordi sono tornati. Tutto ciò che abbiamo vissuto insieme. Tutto ciò che ci legava. Ho rivisto paesaggi lontani, distanti nel tempo e nello spazio. Ho rivissuto momenti felici della nostra vita. Ho risentito le nostre conversazioni quotidiane, illuminate dai raggi del sole. Le nostre risate. E ho capito tutto.
Non vedo più nulla, non sento più nulla. Talvolta, mi resta l’eco della tua voce, l’unica che sia mai riuscita a raggiungermi in questa foresta buia, che tuttavia svanisce in una spirale di ricordi. E mi chiedo, è un’illusione?
Eppure i tuoi occhi brillanti, la tua dolce voce, hanno sempre raggiunto questo cuore che non avrei dovuto possedere.
È in nome di questo legame che ho deciso di raggiungere io te, questa volta. Ho capito cosa va fatto. Continuerò a cercare le piume, e cercherò anche l’altro me stesso. E quando lo troverò, la faremo finita. E io farò la scelta necessaria per poterti raggiungere e ascoltare il seguito di ciò che allora non sono riuscito a sentire. Così potrò darti la mia risposta.














 
Angolino autrice:
Una volta tanto riesco a mantenere la parola, yey!
Allora... Come preannunciato, qui spiego la scelta dei due titoli. Ripercorrendo dal precedente l'andamento di una poesia, l'obiettivo era creare un chiasmo con quest'altro titolo, unificando anche il contenuto, quasi fosse un riflesso specchiato. In entrambe le parti a perdersi è il cuore dell'altro (Syaoran prima, Sakura ora), ma, al contempo, sono i parlanti stessi (Sakura prima, Syaoran ora) a smarrirsi nel cuore dell'altro. 
Per quanto riguarda lo stile di scrittura, questa è stata la seconda parte del mio "esperimento": ho tentato di ricalcare il tono "fittizio/robotico/automatico" del parlato di Syaoran (più evidente in giapponese, con frasi brevi e secche, prive di connettivi, chiare risposte a "ordini" dati da "un'altra voce" - ossia, quella di FWR). 
Il breve verso iniziale è preso dalla ending di Shunraiki, cantata dalle FictionJunction, ed è molto semplice: "Piovono lacrime nere". 
A presto (spero) con missing moments dai toni più leggeri!
Steffirah

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Capitolo 5
*** Day 17 - Fluff ***


Un campo d’amore







 
夢の翼を捜しに行く


- “Yume no tsubasa” -








Da quando avevamo cominciato quella nuova vita, Syaoran era diventato estremamente affettuoso con me. Ogni sua singola azione, qualunque essa fosse, la compiva con tutta la delicatezza di cui disponeva.
Spesso mi prendeva per mano porgendomi la sua, come se ancora fossi una principessa, e ne baciava il dorso e le dita. Mi baciava, in realtà, dappertutto, ogni volta che ne aveva la possibilità, anche nella nostra quotidianità. Mi si avvicinava ad esempio mentre cucinavo, chiedendomi se non volessi farmi sostituire – essendo a conti fatti lui un cuoco migliore di me –, e intanto mi regalava un bacio su una guancia. Quando poltrivo più del solito al mattino e veniva a darmi il buongiorno, dato che tendevo a coprirmi fino agli occhi e lo imploravo di lasciarmi riposare ancora, lui riusciva a convincermi ad alzarmi con un semplice bacio sulla fronte. Talvolta, mentre facevamo passeggiate nell’immenso giardino della dimora ereditata dalla sua famiglia, mi sfiorava appena un braccio, con la punta delle dita, prima di chinarsi per baciarmi i capelli. E dopo che rimasi incinta del nostro bambino, sfruttava qualsiasi buona occasione per coccolarmi, viziarmi, massaggiarmi quando ero stanca, mostrarmi un’apprensione senza pari e lasciarmi dei baci sul ventre. Inizialmente mi faceva il solletico, ma poi cominciai ad abituarmici e, soprattutto, a rallegrarmene quando, col trascorrere dei mesi, il nostro bambino gli rispondeva calciando, o posando la manina contro la sua mano. Mi sembrava che quello fosse il suo modo per salutarlo, il suo modo per ricambiare il suo amore.
In altri momenti, Syaoran mi stringeva tra le sue braccia e mi cullava dolcemente, sussurrandomi dolci parole. E io adoravo ricambiare quella sua stretta, lasciarmi avvolgere del tutto da quel suo calore, come una volta avevano fatto le mie ali. Perché da quando ci eravamo ritrovati, lui stesso era diventato le mie ali. Mi cingeva, e io adoravo abbandonarmi contro il suo corpo, posando l’orecchio contro il suo cuore. Esattamente come stavo facendo in quel momento.
Era un piacevole e fresco giorno d’estate e noi tre stavamo riposando sul prato della nostra villetta estiva, dopo aver consumato un allegro picnic.
Tsubasa mi era seduto in grembo, totalmente coinvolto in un gioco di cui erano protagonisti dei pupazzetti animati da lui e suo padre, che aveva fatto sì che potessi appoggiarmi al suo petto con la schiena. Entrambi facevano un sacco di versi ed emettevano buffe esclamazioni drammatiche, imitando quella che sembrava una battaglia in cui Syaoran stava finendo col perdere.
Sorrisi dinanzi a quel nuovo aspetto di lui. Mai avrei immaginato che avrebbe dato la stessa quantità di affetto che riservava a me a nostro figlio. Non perché dubitassi di lui, ma perché lui era diverso da me. Tra di noi, era quello più stoico, serioso, diligente. In passato persino i nostri compagni di viaggio si erano lamentati del fatto che prendesse sempre tutto troppo sul serio e che, qualunque cosa leggesse, lo facesse senza sentimento, in maniera “scolastica”. Per cui non mi sarei mai aspettata che, stando a contatto con un bambino, potesse vivere quell’infanzia che sembrava non aver mai conosciuto.
Era piacevole guardarli interagire. Era piacevole ascoltare i progetti di Syaoran per il futuro, vederlo tanto eccitato all’idea che presto nostro figlio sarebbe stato pronto ad apprendere le arti marziali, e avrebbero potuto dare inizio ai diversi rituali cui doveva sottoporsi e alle prime lezioni magiche. Era bello vederlo pianificarle, chiedendosi allo stesso tempo se non fossero ancora troppo difficili per un bambino così piccolo, sebbene partisse da un apprendimento del tutto basilare e lui stesso avesse cominciato a quell’età. Era chiaro, comunque, che al di là delle sue preoccupazioni non vedeva l’ora di insegnargli tutto ciò che sapeva. E io, a mia volta, non vedevo l’ora che ciò accadesse.
Sicuramente Tsubasa ne sarebbe stato entusiasta, e ciò era chiaro dal fatto che, da quando aveva cominciato ad imparare a camminare, seguiva Syaoran in qualunque cosa facesse in giro per casa, osservandolo tacito, mostrando tantissima concentrazione. Probabilmente, nella sua mente, stava già imparando da lui. Stava memorizzando tutto ciò che vedeva e viveva.
Mi rilassai pertanto nel guardarli giocare, carezzati dai caldi raggi del sole pomeridiano, finché la testa di Tsubasa non scattò come quella di un felino in direzione della collinetta alla nostra sinistra.
Syaoran si sporse verso di lui, seguendo la direzione del suo sguardo.
«Che cos’hai visto?»
«Cos’è?» chiese innocentemente, puntando un dito verso l’erba, smozzicando le poche parole che aveva cominciato a padroneggiare.
Io e Syaoran ci scambiammo un’occhiata interrogativa, finché lui non fece spallucce, scuotendo la testa.
Ci rivolgemmo nuovamente al piccolo, vedendolo gattonare per circa mezzo metro, prima di ricordare che aveva appreso una nuova abilità. E ciononostante, entrambi eravamo molto cauti quando si alzava sulle sue gambine – anche perché i suoi passi continuavano ad essere incerti e il suo corpo oscillava pericolosamente, per cui in casa io gli stavo dietro, insegnandogli che per il momento poteva aggrapparsi a mobili e sedie. Qui, però, in mezzo a tutto questo verde non c’era nulla a cui appigliarsi.
Ansiosi ci affrettammo a raggiungerlo, ponendoci ai suoi lati, ma lui proseguì spedito, stupendoci entrambi. Solo sul pendio scosceso quasi ruzzolò giù, ma fortunatamente Syaoran riuscì ad afferrarlo in tempo. Posò le mani sotto le sue braccia per sostenerlo, e lui si fermò, indicando ai suoi piedi.
Sbirciai tra i corti fili d’erba, notando un campo di denti di leone.
«Oh!» esclamai stupita. Mi inginocchiai di fronte a lui, prendendone uno per mostrarglielo da vicino. «Sono dei fiori. Hanno tanti nomi, ma quello più conosciuto è “soffioni”.»
Lui ascoltò attentamente, provando a ripetere: «Shofioni».
Trattenemmo a stento una risata, mordicchiandoci le labbra. Syaoran ritrovò per primo il contegno e si aggiunse a noi, sedendosi dietro di lui.
«Vuoi sapere perché li chiamano così?»
Il piccolo assentì con la testa, e tutti e due mi guardarono con aspettativa.
Chiusi allora gli occhi, espressi un desiderio e soffiai sul fiore, facendone volare via tutti i semi; tuttavia, prima che si disperdessero del tutto, Syaoran usò un po’ di magia per farci volare attorno quei piccoli paracaduti, in modo tale che Tsubasa potesse vederli meglio. Ed effettivamente, mentre ne veniva avvolto e gli oscillavano lentamente attorno, aveva un sorriso enorme ad illuminargli quel viso tondo, pieno di meraviglia.
Dopo che Syaoran li lasciò volare via e lui li ebbe seguiti con lo sguardo ne adocchiò un altro, persino più grande del precedente.
Capendo dal suo sguardo determinato cosa volesse fare glielo misi tra le manine, e lui sorrise con entusiasmo. Provò quindi a soffiare, gonfiando al massimo le guance, senza ottenere alcun risultato. Frustrato si imbronciò, e io mi portai automaticamente le mani alle labbra, avvertendo i miei occhi farsi lucidi. Quanto poteva essere adorabile il nostro bambino?
Rivolsi questa muta domanda a Syaoran, ma lui era troppo impegnato ad osservare con attenzione ogni sua singola azione. Tornai pertanto dal piccolo e vidi che ci stava riprovando, soffiando più forte. Scontento di essere riuscito a farne volare via soltanto pochi semi parve prendersela, imbronciandosi persino di più, facendo a sua volta le lacrime agli occhi.
Per un attimo temetti potesse scoppiare a piangere, ma con mio stupore neppure una lacrima gli sfuggì; al contrario, si concentrò con tutto se stesso, serrò le palpebre, strinse un pugno e soffiò con tutte le sue forze.
Un leggero venticello si sollevò allora dall’erbetta, formando un vortice in miniatura, che oltre a far volare via tutti gli acheni dei soffioni attorno a noi e nella sua mano scompigliò anche i nostri capelli. Rimasi a bocca aperta, basita.
Tsubasa riaprì gli occhi e gioì del risultato, cercando la nostra approvazione.
Guardai automaticamente Syaoran, trovandolo sbigottito quanto me, ma immediatamente si aprì in un sorriso enorme, mostrando piena fierezza.
«Sei stato bravissimo!» esclamò, spettinandogli ulteriormente i capelli.
Tsubasa esultò, voltandosi verso di me con occhi brillanti.
Lo abbracciai senza esitazione, confermando.
«Come ha detto papà, sei stato così bravo! Siamo tanto orgogliosi di te.»
Gli carezzai i capelli, cercando di metterglieli in ordine pettinandoglieli con le dita, prima di poggiare la testa contro la sua. Da quella posizione sollevai lo sguardo, rivolgendolo verso gli occhi ambrati di Syaoran. In essi riuscivo a notare che, nonostante fosse contento di questa istintiva fuoriuscita di magia, ne era anche parzialmente preoccupato. E, ad essere onesta, preoccupava anche me.
Forse accorgendosi del mio adombrarmi, Syaoran si sporse per abbracciarci entrambi, stringendoci a sé.
«Andrà tutto bene», promise in un mormorio, non staccando lo sguardo dal mio.
Mi guardò intensamente, lasciandomi un muto messaggio, e io annuii, credendoci a mia volta.
Qualunque cosa sarebbe successa nel futuro che ci aspettava, noi avremmo protetto il nostro amato bambino. A qualunque costo.















 
Angolino autrice:
Buonasera e buona festa della Repubblica! 
Non penso ci sia nulla da spiegare qui, a parte il mio sclero per aver sempre desiderato scrivere di qualche momento in famiglia, coi cloni reincarnati genitori di Tsubasa, e finalmente l'ho fatto (quasi non ci credo TwT).
La canzone citata esiste in diverse versioni, ma naturalmente la mia preferita è quella cantata sia da Yui Makino (la doppiatrice di Sakura) che da Miyu Irino (il doppiatore di Syaoran), e la parte che ho preso è dal ritornello: "Vado alla ricerca delle ali di un sogno" (traduzione mia).
Alla prossima con l'ultima one-shot della raccolta T///T
Steffirah

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Capitolo 6
*** Day 29 - Hitsuzen ***


Un futuro perfetto







 
I found a girl beautiful and sweet
I never knew you were the someone waiting for me






Un desiderio che si realizza. Il nostro più grande desiderio che si realizza.


Tutto ebbe inizio quando, tanti anni fa, mio padre mi disse che mia madre aveva fatto un sogno. In quel sogno, vide che c’era una persona ad aspettarmi. E da bambino mi ero spesso chiesto chi mai potesse essere. Vi era davvero qualcuno lì fuori, in un mondo e una dimensione completamente diversi e distanti da quelli in cui avevo vissuto fino ad allora, che attendeva proprio me?
Dapprima fui mandato al cospetto di una strega, che chiamavano “Strega delle Dimensioni”. Dal suo negozio, fu ella stessa a trasferirmi là dove era destino che andassi. Là dove era inevitabile che vivessi.
Non appena fui giunto nel Paese di Clow, la prima persona che incontrai fu la principessa del regno. Sakura.
Già al nostro primo incontro, lei mi lasciò senza fiato. Mi rubò il cuore e il respiro, con un semplice sguardo di pura sorpresa. Pensai, senza neppure realmente concretizzarlo, che non avevo mai visto qualcuno che esprimesse una tale grazia e candore, con un viso tanto delicato, roseo, genuino. Un viso che assomigliava in maniera assurda a quello di mia madre, ma poi scoprii che anche quello era inevitabile. Perché lei era l’origine di mia madre. Lei era l’origine di ciò che io stesso ero.
Superata la sorpresa, le rivolsi la parola. E in particolar modo mi colpì quando sembrò rispondere ai miei dubbi, con un semplice interrogativo: “Vuol dire che anche il fatto che ci siamo conosciuti era inevitabile?”






 
'Cause we were just kids when we fell in love
Not knowing what it was
I will not give you up this time






Imparai a conoscerla, poco a poco. Allora lei stava portando avanti un rituale che le impediva di essere toccata o toccare altre persone, compresi i membri della sua stessa famiglia. Ciononostante, aveva trovato vari modi per creare un contatto tra di noi, trascorrendo le sue giornate con me, giocando con me, mostrandomi tutto ciò che le piaceva o la riempiva di meraviglia e condividendolo con me.
Ci facemmo anche una promessa: che non appena sarebbe finita la purificazione avremmo corso insieme, mano nella mano, prima che io andassi via; ma purtroppo quel momento tanto agognato non era mai giunto, venendo sostituito dalla più turpe delle azioni.
Il marchio della morte.
Sin dal mio arrivo lì avevo sperato che potesse essere Sakura, la persona che mi stava aspettando. Con quell’infausto evento, ne ebbi la conferma. Io l’avrei salvata, avrei trovato un metodo per impedire che morisse, qualunque fosse stato il prezzo da pagare.
Tornai quindi a Clow, impegnando il mio tempo con approfondite ricerche per poter trovare una cura, cercando tuttavia di trascorrere tutte le ore restanti insieme a lei, accompagnandola dovunque volesse. Seguivamo suo padre in biblioteca, leggendo con lui i libri che ivi conteneva – tra cui quelli di magia, ma lì, purtroppo, non ero riuscito a scoprire nulla. Visitavamo la città e il villaggio in periferia, insieme a suo fratello e al sacerdote di corte, e lì a Sakura venivano sempre regalate delle mele dagli abitanti. Erano il suo frutto preferito, soprattutto se cucinate per creare dei dolci tipici locali, chiamati pa-yu. Dopo che li ebbi assaggiati a mia volta, dovetti riconoscere che avesse buongusto.
In altre occasioni facevamo lunghe passeggiate con sua madre nel giardino botanico del castello, una vera e propria oasi verde in mezzo al deserto, ricca di stagni e uccelli dalle piume variopinte. Fu in quei momenti che Sakura cominciò a mostrarmi una parte del potere ancora sopito in lei, comunicando con esseri privi di un linguaggio. In particolare, sembrava che il suo legame più stretto, quasi intimo e confidenziale, fosse con l’acqua.
Quando si fece un po’ più grande e le fu concesso di uscire dal castello anche senza una scorta, mi condusse in una zona con delle rovine. Si trattava di antichi pilastri ormai segnati dal tempo, su cui s’erano formati sedimenti di rose del deserto, e, in mezzo ad essi, quasi costruendo un rettangolo perfetto, crescevano rigogliosi fiori bianchi in piccoli cespugli, grandi quanto il mio palmo.
Ci inginocchiammo in prossimità di essi, e io osservai: «Somigliano alle margherite del mio mondo».
«Oh, ci sono anche da voi?» domandò eccitata, volendone sapere di più.
«Non sono proprio uguali, le corolle sono più piccole e i petali più arrotondati.»
Lei mi ascoltò affascinata, chiudendo gli occhi, come se provasse ad immaginarli.
«Mi sento sempre contenta, quando mi parli del mondo da cui provieni», confessò poi, guardandomi piena di gioia.
Si voltò successivamente verso i fiori, facendo le dovute presentazioni, quasi fossero tutti suoi amici. Forse, per Sakura, considerando anche il potere che si ritrovava, era realmente così.
Vidi gli steli ondeggiare, a testimoniare la loro felicità nel conoscermi, e lei sorrise a trentadue denti, tornando a dedicarmi le sue attenzioni.
«Piaci anche a loro!»
«Anche?»
Arrossì di botto, agitandosi. In questo, era uguale a quando era bambina. A quel momento in cui mi disse che le acque della pozza sacra s’erano prese a loro volta una cotta per me. A loro volta, perché lei già mi amava. Io già la amavo, ma eravamo ancora troppo piccoli per poterne prendere piena coscienza e riuscirlo ad ammettere.
Crescendo, Sakura divenne sempre più raffinata, sempre più elegante, sempre più matura, ma restava inguaribilmente impacciata. Ed era un’imbranata cronica. Tutte quelle sue perfette imperfezioni, non fecero che alimentare ulteriormente il mio desiderio di proteggerla. L’avrei fatto, ci sarei riuscito, sfruttando tutte le mie forze, impiegando tutte le mie energie. Perché glielo avevo promesso.
Per questa ragione approfittavo di ogni istante in cui lei era occupata con la purificazione per studiare, prendendo in prestito libri dal castello, imparando da Yukito-san a distinguere erbe edibili da quelle velenose, a cavarmela da solo – sebbene i miei genitori mi avessero già preparato a questo, forse in previsione di ciò che sarebbe accaduto – e mi allenavo con la spada insieme al principe. Talvolta mi assentavo per brevi periodi, recandomi nei paesi vicini nella speranza di trovare indizi o risposte, invano.
Era sempre un piacere tornare ed essere accolto dai sorrisi intramontabili di Sakura. Dal suo dolce viso. Dai suoi amorevoli occhi. Dalla sua voce cristallina. Dalla sua vivacità. Dalla sua gentilezza. Dalla sua cura nei miei confronti. Dalla sua pacata timidezza. Dal suo meraviglioso coraggio. Dal suo costante desiderio di avermi al suo fianco, desiderio che condividevo, e avrei voluto realizzare già allora. Se soltanto non fosse mai giunto quel momento…
Se soltanto anni prima avessi afferrato quella mano in tempo…
No, era inutile continuare a disperarmi per le mie azioni: il mio destino, il nostro destino, non sarebbe cambiato. Perché era semplicemente stato inevitabile.
Inevitabile…
Era inevitabile che, quel giorno di tanti anni fa, io dicessi a mio padre che avrei fatto tutto ciò che andava fatto. Qualunque cosa ciò comportasse.
Era inevitabile che io, costantemente posto dinanzi ad un vicolo cieco, avessi fatto quelle scelte, abbattendo tutte le mura che mi venivano innalzate avanti. Erano le scelte giuste, anche se avevano apportato dolore, non solo a me, ma a tutti coloro che erano attorno a me. Avevo cambiato la vita di tutte le persone coinvolte, persone che non c’entravano nulla. Avevo infranto le leggi del tempo e dello spazio.
Avevo a lungo provato rimorso, per ogni singola cosa, ma allo stesso tempo non me ne ero mai realmente pentito. Tutto era accaduto cosicché io potessi salvare Sakura. Per non permettere che morisse. Per cambiare ciò che c’era stato, e creare un futuro migliore per noi.
Continuavo ancor oggi ad assumermene ogni responsabilità, sebbene il peso delle colpe che mi portavo sulle spalle non mi schiacciasse più come prima… perché tutti mi avevano perdonato. Secondo Fay-san, Kurogane-san, Mokona, Kimihiro, Syaoran, Sakura, e persino la famiglia reale, avevo già sofferto abbastanza con tutti i prezzi che avevo dovuto pagare. D’altronde, per riparare ad un mio errore avevo deciso di rinunciare a tutto ciò che possedevo. A una famiglia, amici, cari, parenti. Avevo dato via tempo e libertà. Avevo poi dato via la possibilità di stare per sempre con Sakura, decidendo di viaggiare, per non cancellare né la mia esistenza, né quella di coloro che la condividevano.
Secondo loro tutte quelle mie rinunce bastavano a ripagare tutto, anche se avevo infranto un grave tabù, anche se avevo commesso un peccato apparentemente impossibile da redimere. Ma forse, il loro perdono, il loro accettarmi per quello che ero, così come ero, persino la loro gratitudine per aver dato loro la possibilità di vivere quella vita, erano sufficienti a ripulirmi.
E ora che ero redento, ora che avevo finito di scontare le mie pene, noi tutti potevamo finalmente coronare il nostro più grande sogno. Potevamo finalmente mantenere tutte le nostre promesse. Potevamo finalmente stare insieme.






 
We are still kids, but we're so in love
Fighting against all odds
I know we'll be alright this time






Ricordavo ancora vividamente l’ultima volta in cui vidi Sakura, prima di quel viaggio durato anni. Quel giorno, in cui prese le mie mani, quasi non volesse lasciarmi andare – e sapevo che, in cuor suo, era ciò che realmente desiderava, perché anche io avrei voluto restare al suo fianco per sempre.
Quel giorno, quando la vidi svanire dinanzi ai miei occhi, memorizzai ogni singolo dettaglio. Ogni singola percezione. Insieme al suono del suo vero nome, inevitabilmente uguale al mio.
Da allora ci capitò più raramente di quanto sperassi di ritornare nel regno di Clow, ma ogni volta, per quanto breve, cercavamo di goderci appieno la nostra vicinanza. Cercavamo di riempire ogni vuoto, di recuperare il tempo perduto, per quanto possibile. Era una mera consolazione il fatto che, tramite Kimihiro, ovunque io mi trovassi noi due eravamo sempre connessi.
Ma stavolta, ero tornato per rimanere per sempre.






 
Darling, just hold my hand
Be my girl, I'll be your man
I see my future in your eyes






Mi trovavo lì, dove tutto era cominciato. Lì, dove ero apparso per la prima volta, conoscendola. Lì, dove l’avevo persa, per ben due volte. Lì, dove l’avevo ritrovata, a distanza di anni immobili per entrambi.
Non era un caso se mi trovavo proprio dinanzi a quelle acque. Quelle acque che, a detta di suo padre, mi avevano permesso l’accesso, accettandomi sin da subito al fianco della loro amata principessa. Quelle acque sapevano che avrei affrontato qualsiasi sfida, pur di giungere a questo momento. Pur di mutare la nostra fine in un nuovo inizio.
Per quel giorno, la pozza sacra ospitava anche altre persone: sulla scalinata c’erano il re e la regina, abbracciati l’uno all’altra, con un sorriso sereno sul volto. Il principe Touya sembrava alquanto contrariato, ma la cosa non mi stupiva. Per inseguire una speranza, avevo fatto soffrire tutti coloro che mi aspettavano, per cui sentivo di essermelo meritato il suo scappellotto quando avevo annunciato di aver fatto ritorno. Eppure, dopo essersela presa, pronunciò parole inaspettatamente confortanti: «Finché ci sei tu, Sakura è felice. A me basta questo». Il suo amore per lei aveva scavalcato di gran lunga l’astio che covava nei miei confronti. Capivo perfettamente come si sentiva: anche io amavo Sakura, e al suo posto avrei avuto la medesima reazione.
Poco dietro di lui c’era Kurogane-san a braccia incrociate, in attesa, con Fay-san che insieme a Mokona lo prendeva in giro per essere tanto teso, persino più di me.
Alla loro sinistra c’erano loro: c’erano Syaoran e Sakura. Lo Syaoran e la Sakura che avevano continuato a vivere dentro di noi.
Finalmente lo avevamo trovato, un modo per poter coesistere tutti e quattro. Senza dover più sacrificare la vita di nessuno di noi. Avevo continuato a viaggiare, proprio in nome di questo mio credo, e alla fine avevo avuto ragione: in un mondo dalla tecnologia avanzata, in cui era possibile restituire corpi ad anime già esistenti, eravamo riusciti a riportarli in vita, così com’erano. Il cuore di Sakura me lo ero fatto trasferire tramite Kimihiro, che se lo era fatto consegnare attraverso un sogno.
Una volta riottenute le loro sembianze li avevo abbracciati entrambi, chiedendo cosa avessero intenzione di fare; come noi due, anche loro desideravano unicamente avere un’altra possibilità, anche se fosse stata l’ultima, per poter vivere insieme, stavolta per sempre. Senza che nessuno minacciasse più la loro serenità. Senza più dover avere costanti preoccupazioni.
E così, avevano scelto di venire con noi e tornare a casa.
Mi rivolsero un sorriso sereno che io ricambiai, avvertendo poi un tintinnio poco distante. Distolsi lo sguardo da loro, spostandolo verso la cima delle scale, e trattenni il fiato. Si sollevarono brevi esclamazioni estatiche, di una meraviglia in cui io stesso mi ritrovavo.
Affiancata da Yukito-san, Sakura scese la lunga scalinata in maniera leggiadra, quasi fluttuante. Una mano era posata nella sua mentre lui la scortava, l’altra invece teneva delicatamente su l’ampia gonna, affinché non inciampasse. Ma anche se fosse accaduto, stavolta sarei stato pronto ad afferrarla al volo.
Ottenuta sicurezza nei suoi passi gli rivolse uno sguardo, prima di sollevare il viso, incontrando direttamente i miei occhi.
Ci incantammo entrambi, per un breve istante, ma immediatamente lei si riprese, aprendosi in un timido sorriso. Qualcosa mi si contrasse nello stomaco nel vederlo.
Stava per succedere davvero. Sembrava incredibile, ma stava accadendo davvero.
Lei era realmente lì, giunta dinanzi a me, avvolta in candide vesti coperte da un niveo mantello.
Io ero realmente lì, a guardarla annegando in tanta bellezza, cinto dagli abiti tradizionali del Paese.
Noi eravamo realmente lì, in un tempo che scorreva per entrambi, scandito dai battiti dei nostri cuori.
Yukito-san prese la mia mano, sciogliendomi da quell’incantesimo; la congiunse a quella di Sakura, sorridendomi gentilmente, con le iridi straripanti di commozione.
Procedette verso il bordo della pozza e noi lo seguimmo a piedi nudi, scivolando in acqua. Lei strizzò le mie dita con delicatezza prima che lo fronteggiassimo, stando a fianco a fianco. Ricambiai la stretta, stavolta convinto che quello non fosse soltanto un bel sogno.
Lo guardammo, e io percepii sia il mio che il suo cuore correre a mille all’ora. Ascoltammo taciti le parole sacre che costituivano il rituale, trattenendo negli occhi un’emozione che minacciava da un momento all’altro di sopraffarci. Riconobbi che avevano un che di magico nella loro cadenza, nel loro compito di unirci per sempre. D’altro canto era ovvio che fosse così, visto che questo era un rituale destinato alle sacerdotesse. Sua madre, prima di lei, lo aveva intrapreso, sebbene avesse dovuto affiancarsi ad una cerimonia ufficiale che coinvolgesse l’intero popolo, dovendo divenire regina oltre che moglie.
Ma a noi, quest’intimità bastava.






 
When I saw you in that dress, looking so beautiful
I don't deserve this, darling, you look perfect tonight






Non appena Yukito-san tacque io e Sakura ci guardammo, sorridendo pieni di gioia. Lei scoppiò in lacrime, io a stento contenni le mie.
Tutte le persone a noi care corsero ad abbracciarci e congratularsi con noi, prima di lasciarci soli per permettere che avvenisse anche la seconda parte della cerimonia: quella in cui l’ambiente circostante ci dava la sua benedizione.
Ci voltammo verso l’acqua, intrecciando le nostre dita. Le fiammelle continuarono a ondeggiare sulla sua superficie, le cascate a scivolare fluidamente giù dai bacini di pietra, finendo nelle vasche sottostanti, ma sottili scie cominciarono a prendere vita e fuoriuscirne, creando curve, nodi e fiori tutt’attorno a noi, insieme a impalpabili petali che volteggiano nell’aria.
«È così felice per noi», sussurrò Sakura, prendendone uno e portandoselo al cuore, commossa.
Allungò la mano libera, inguantata da sottili fili d’oro, e l’acqua gliela carezzò, scivolandole tra le dita. Da esse si trasferì direttamente alla mia mano sinistra, e anche io la rivolsi col palmo verso l’alto, permettendole di vorticarmi attorno prima di tornare ad esibirsi nella sua spettacolare espressione di giubilo.
Ci aprì un piccolo varco giusto al centro e Sakura mi spronò a spostarci lì, facendo scivolare via il mantello che la copriva.
Imitai le sue azioni, per poi fermarmi ad ammirarla estasiato. Accolsi totalmente tale visione, imprimendola sia nella mia mente che nel mio cuore.
Era di una bellezza senza pari. Candida, pura e genuina, come sempre. Ma era anche mozzafiato.
Indossava un abito bianco, col corpetto stretto contornato da gemme preziose rosate, guarnite da passamaneria dorata che vi si attorcigliava attorno come viticci. L’ampia gonna arrivava a coprirle i piedi e le due estremità laterali erano più lunghe, d’un tessuto talmente leggero da sembrare composto da tanti veli crespi sovrapposti. Le sue spalle erano scoperte, ma sulle braccia scivolavano sottili lembi di stoffa semitrasparente, che si aprivano sui suoi polsi; essi erano dello stesso tessuto del velo, appuntato al centro dei suoi capelli tramite un piccolo diadema dorato, mentre una collana e dei bracciali aurei le adornavano il collo e il polso destro. Altri fili d’oro le scivolano sulle tempie e attorno alla vita, con i soliti lustrini e medaglie a cui ormai ero tanto abituato. Eppure, non potei fare a meno di pensare che fosse bella ed eterea quanto una divinità.
Si trattava di abiti tradizionali, a quanto avevo capito, cuciti su misura per noi per questa occasione speciale. Io stesso indossavo una tunica con un soprabito e un pantalone dello stile tipico del regno, completamente bianchi, eccetto che per il colletto e i polsini ricamati, con fili dorati che pendevano dalla cucitura sul petto creando onde lungo tutto un lato del mio addome e fusciacche di dimensioni e sfumature diverse blu cobalto ad avvolgermi la vita.
Il mio cuore parve quasi fermarsi, mentre lei faceva qualche passo in avanti, verso di me. Riflessi le sue azioni, totalmente incantato, e lei mi guardò in trepidante attesa. Le porsi la mia mano e lei vi posò la sua in maniera leggiadra, facendo una piccola riverenza. Ricambiai, posando l’altra mano sulla sua vita, per poter dare il via a quella danza.
I movimenti erano particolari, non appartenevano a nessuna tipologia di ballo che già conoscevo. Erano pochi, semplici passi per quanto mi riguardava, e ad insegnarmeli era stato il sovrano stesso, dandomi un unico consiglio: «Segui lei, vedrai che ti risulterà naturale». Ed effettivamente, era così.
Cominciava come una specie di valzer, ma il ritmo erano molto più lento, molto più misurato; perché con ogni singola azione dovevamo scrivere la nostra storia, dovevamo ripetere i nostri voti, e lasciarli all’acqua affinché ci desse la sua eterna protezione. E poiché ad essa era dedicata, erano richiesti movimenti fluidi e leggeri. Sakura in particolare, doveva essere sinuosa e flessibile, proprio come l’acqua. Pertanto a tratti eravamo placidi, come un mare calmo, successivamente più scorrevoli, simili a dei torrenti, e travolgenti, come cascate; allora la facevo roteare tra le mie braccia, ripetutamente, e mi smarrivo nei suoi veli che ci fluttuavano attorno, disegnando figure nell’aria.
In tutta la mia vita, in tutti i mondi che avevo visitato, con tutte le mie esperienze, non mi era mai capitato di vivere un momento simile. Era un qualcosa di tanto magico, di tanto intenso, di tanto sopraffacente, di tanto spirituale e carnale, di tanto nostro.
Giunti alla fine la accolsi tra le mie braccia e lei ricambiò la stretta, ansante.
«È stato meraviglioso!»
Annuii, chiudendo gli occhi, continuando a dondolare con lei tra le mie braccia, non desiderando più lasciarla andare.
Dopo pochi secondi però la sentii ridacchiare.
«Cosa c’è?»
Scosse la testa, spiegando: «Niente, pensavo soltanto che sia una fortuna che in questa parte della cerimonia dobbiamo esserci solo noi. Se Touya-niisama ti vedesse adesso, andrebbe su tutte le furie».
Trattenni un sorriso, immaginando già che lì fuori stesse dando di matto, in attesa che noi uscissimo. Sapevo bene che non aveva mai visto di buon occhio il fatto che ci fossi io al suo fianco. Forse sperava di trovare qualcuno di migliore. O forse sperava che, intraprendendo la strada del sacerdozio, con me fuori dai piedi, Sakura non avrebbe mai dovuto sposarsi.
«Mi accetterà mai?»
«Oh, Syaoran, ma certo che ti accetta. Ti ha accettato già tantissimi anni fa, quando mi sono innamorata di te. E lui probabilmente l’ha capito persino prima di me.»
Posò una mano sulla mia guancia, carezzandomela, e io mi sentii un po’ più leggero. Riuscii a sorriderle di nuovo e lei ricambiò, facendo vagare il suo sguardo dappertutto sul mio viso, quasi stesse accogliendo una visione totale di me.
Feci lo stesso con lei, pronunciando con onestà: «Sei bellissima».
Vidi le sue gote farsi rosse, le sue labbra dischiudersi dalla sorpresa.
«Non ti aspettavi un complimento?»
Scosse la testa, chinando lo sguardo.
«No è che… è buffo, perché proprio in quel momento stavo pensando che tu sei bellissimo», bofonchiò vergognandosi, giocherellando col pizzo all’altezza del mio cuore. «Che coinc-»
Le posai due dita sulle labbra, scuotendo la testa.
«Inevitabile.»
«Inevitabile», ripeté accorata, contro i miei polpastrelli. Si aprì in un sorriso, intrecciando di nuovo le dita alle mie.
«Mi assicuri che non è un sogno?»
La attirai maggiormente a me, sorridendo tra i suoi profumati capelli.
«Te lo assicuro. È tutto vero», dissi con fiducia, a lei e a me stesso.
«Grazie, per essere tornato.»
Scossi la testa, replicando grato: «Grazie a te, per avermi aspettato».
«Lo farei sempre, anche per altri dieci, venti, trent’anni.»
«Ma ora non ce n’è più bisogno», ricordai ad entrambi, la voce mi usciva a stento. «Non andrò più lontano da te.»
«Sì…» Ricambiò la stretta, avvolgendo del tutto le braccia attorno alla mia schiena. «Ora possiamo stare insieme per sempre», sussurrò con dolcezza.
Mi scostai di poco, incontrando nuovamente i suoi occhi.
«Per sempre», le feci eco, chinandomi di poco.
Lei sollevò il viso, ed entrambi chiudemmo le palpebre, lasciando che fossero le nostre labbra ad incontrarsi.






 
I have faith in what I see
Now I know I have met an angel in person
And she looks perfect
I don't deserve this
You look perfect tonight














 
Angolino autrice:
Buonsalve! Ecco qui l'ultima one-shot di questa raccolta (T///T). Della serie, volevo concludere col botto, e quando mi sono ritrovata davanti il tema "hitsuzen" ho pensato solo a tutte le cose che sono state inevitabili... ma ero stufa dell'angst, e volevo finire bene. Con qualcosa che probabilmente non vedremo accadere mai (no, non è vero, ripongo ancora fiducia nelle CLAMP!).
Non penso ci sia nulla in particolare da spiegare qui, quindi vi lascio con questo momento sulle note di "Perfect" di Ed Sheeran, sperando che vi sia piaciuta tutta la raccolta. 
Grazie Kia85 per le recensioni, e grazie a tutti per aver letto, trascorrendo con me le vostre giornate. 
Un abbraccio, 
Steffirah

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