Wanderlust

di Razu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La città di Menzoberranzan era immersa nel silenzio e nel sonno.

Tuttavia, una figura si muoveva furtiva in mezzo alle case, attenta a non farsi vedere.

Non avrebbero scoperto la sua fuga almeno fino a che Narbondel non avrebbe iniziato il suo ciclo. O almeno, questo era ciò che l'individuo si augurava.

Sperava solo di avere abbastanza tempo. Già eludere le sentinelle della sua casa non era stato facile. Ci era voluto tempo, tempo e fatica, tempo che non poteva essere recuperato.

La figura sospirò, continuando a scivolare fra le case.

I minuti scorrevano lenti, interminabilmente lunghi in quella oscurità opprimente.

L'individuo tirò un sospiro di sollievo nel vedere i confini di Menzoberranzan. Si fermò lì, voltandosi indietro un'ultima volta.

Il ciclo di Narbondel stava lentamente iniziando. Il giorno e il risveglio dei Drow si stava avvicinando. Il tempo stava scadendo.

La figura si portò una mano al petto, stringendo un medaglione che portava al collo. Mormorò due parole, due lievi e impercettibili parole, che si persero negli oscuri tunnel che conducevano lontano da Menzoberranzan.

Guardò la città un'ultima volta, con sguardo triste e nostalgico. Poi, si voltò.

E si lanciò nel Buio Profondo.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Un leggero bussare interruppe il silenzio nel quale era immersa la casa.

-Avanti- disse una voce femminile.

La porta della piccola casa di pietra si aprì, lasciando entrare uno svirfnebli, uno gnomo del profondo.

Passò nell'entrata, che l'abitante della casa usava come sala da pranzo, dove notò un piatto pieno di cibo, intatto.

Lo gnomo fece una smorfia. Capì che lei non aveva mangiato. -Ci risiamo- borbottò.

-Dove sei?- disse in tono di rimprovero.

Sentì un sospiro. -Di qua-

Lo gnomo seguì la voce fino a una stanza piccola e spoglia, arredata solo da un'amaca. Seduta al centro della stanza, le gambe incrociate e le spalle rivolte verso l'ingresso, c'era una drow.

-Buongiorno, Faerie-

-Ciao Belwar...- Il tono della drow era spento, triste.

-Non hai mangiato- disse Belwar. Non era una domanda, ma Faerie annuì lo stesso.

-Non avevo fame...-

-Magga cammara, Faerie!- sbottò Belwar. -Non dirmi che è di nuovo per via della tua famiglia, sono passati cinquant'anni, che diamine! Ormai ti credono morta!-

La drow abbassò lo sguardo. -Lo so-

-E allora dammi una motivazione valida-

-Ecco... io...- deglutì. -Incubi- sussurrò. -Tanti incubi. Rivedo mio fratello con la bottiglia di acido, sento mia sorella e mio fratello che mi tengono ferma, sento di nuovo il dolore... e poi vedo mia madre... che ride e si prende gioco di me...- un tremito scosse le spalle di Faerie. La drow si portò le mani al viso, mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. -È sempre così- singhiozzò. -Quando credo di averli allontanati dalla mia mente tornano sempre. C'è qualcosa in questi incubi, ne sono certa, perché tornerebbero? Non li ho ingannati, stanno solo aspettando il momento giusto per...-

-Se sapessero che sei ancora viva avrebbero raso al suolo Blingdenstone da un pezzo, da' retta a me- tagliò corto Belwar in tono brusco. Poi, con tono più gentile, le disse: -So cos'hai passato, Faerie, anche io sono stato vittima della crudeltà della tua gente- allungò le mani, dove ora al loro posto c'erano un martello e un piccone. -Ma rifiutare il cibo non è la soluzione. Nessuno può liberarsi del proprio passato, tutto ciò che puoi fare è costruirti un presente e un futuro migliore, mi sono spiegato?-

Faerie si asciugò le lacrime. -Sì...-

-E ora fila a mangiare, altrimenti giuro che ti lego a una sedia e ti caccio il cibo a forza giù per la gola-

Faerie fece un piccolo sorriso. -E va bene- sbuffò.

Si alzò a fatica, tenendo il capo chino per non sbatterlo contro il soffitto. Nonostante il suo metro e mezzo di altezza, le case degli svirfnebli erano piccole perfino per lei.

I due amici giunsero nell'ingresso, dove Faerie era solita consumare i suoi pasti.

La drow prese il piatto abbandonato sul tavolo, e iniziò a mangiare.

-Ci sono novità?- chiese Faerie con la bocca piena. Belwar la guardò infastidito, espressione che si accentuò quando un pezzettino di cibo semi-masticato gli arrivò sul naso.

La drow cercò di trattenere una risata. -Scusa- disse dopo aver ingoiato il boccone.

-Mpf- borbottò lo gnomo, togliendosi di dosso la briciola sputata.

-Comunque, ci sono novità?- ripeté Faerie.

-Perché me lo chiedi?-

-Non saresti qui altrimenti-

-È bello vedere che mi consideri un amico- disse Belwar con sarcasmo. Il nero sulla pelle di lei si accentuò, come se fosse arrossita.

-Oh, cavolo, io non intendevo... è che mi hai detto tu stesso che di solito non esci mai...- Si interruppe nel vedere l'amico ridere.

-Andiamo, Faerie, ti stavo solo prendendo in giro-

Le punte delle orecchie di Faerie si scurirono, così come avevano fatto le sue guance poco prima. -Maledizione, Belwar!- esclamò.

Lo svirfnebli smise di ridere. -Comunque, per rispondere alla tua domanda, sì, ci sono novità.-

-Ovvero?-

-Ne è arrivato un altro-

-Un altro cosa?-

-Un altro come te-

Faerie guardò Belwar con gli occhi sgranati. -C-cosa? C-come è possibile? Come ha fatto a entrare? Vi farà a pezzi! Oh è venuto per me, lo sento...-

Lo gnomo prese una mano dell'amica. -Faerie, calmati. Non è venuto per te, non si è infiltrato nella città e non ha intenzione di ucciderci. Anzi, al contrario, ha già un gruppetto di ammiratori che ascoltano rapiti le sue avventure- disse ridacchiando.

La drow lo fissò, come se non potesse crederci. -Tu ti stai prendendo gioco di me... io sono l'unica, a essere diversa...- Ebbe un tuffo al cuore nel pensare che in realtà non era così.

Ma lui non può essere qui, me lo ha detto molte volte che non si sarebbe mai avventurato nel Buio Profondo... non può essere lui, no, no, no.

-A quanto pare non lo sei. Penso che dovresti uscire e conoscerlo-

-Stai scherzando, vero?-

-Lo so quanto detesti la tua razza, ma devi tentare. Lui è diverso, è come te-

-E tu come fai a saperlo?!- chiese Faerie con rabbia.

-Perché lui è quello che mi ha salvato la vita quasi poco più di dieci anni fa. E perché... beh, ho garantito per lui davanti al Re ed è mio ospite-

Questa volta anche la bocca di Faerie si spalancò. -Belwar, ma sei scemo?! Come puoi fidarti di lui?! Come fai a sapere che non ti taglierà la gola non appena sarai distratto?! E poi ti preoccupi per me che non mangio!-

-Ti ho appena detto che lui mi ha salvato la vita, sarei stato quasi certamente trucidato se non fosse stato per lui-

-Non puoi fidarti di lui! La mia razza è crudele, non vi è amore né amicizia, vi è solo profitto reciproco, niente di più, e appena non possono più usarti ti ammazzano nel peggiore dei modi, è questo che fanno!- esclamò indicando una cicatrice simile a un'ustione che occupava la metà destra del suo viso, orecchio compreso.

Il suo tono di voce si era alzato man mano che andava avanti a parlare, fino a che si ritrovò ad urlare in faccia a Belwar.

-Faerie, adesso calmati-

La Drow strinse i denti e i pugni, cercando di controllare il respiro. -Io voglio solo che tu stia bene, Belwar- sussurrò. -Sei un mio amico. Ricordo com'eri quando tornasti dopo l'attacco di quegli assassini, e io non voglio vederti mai più così.-

-Capisco la tua preoccupazione, ma ti posso assicurare che c'è da fidarsi di lui. Dagli una possibilità, ti chiedo solo questo-

Faerie si lasciò cadere il viso fra le mani. Iniziò a tremare.

-Faerie...-

-Lasciami in pace, Belwar-

Lo gnomo sospirò. -E va bene, ma sappi che gli parlerò e saprò se non sarai andata da lui. Inoltre è molto tempo che non esci, ti farebbe bene una passeggiata.-

-Sei sordo per caso? Ho detto che non lo voglio vedere neanche in una cassa da morto!-

-Ma non ti viene nemmeno un po' di curiosità?- insisté lui. L'amica lo guardò torva. Lui sospirò. -Ci conosciamo da cinquant'anni, so che lo farai-

E, detto questo, Belwar uscì.

Non appena la porta si richiuse, Faerie lanciò il piatto contro il muro, urlando di rabbia e di disperazione.

Belwar aveva ragione.

Faerie aveva veramente intenzione di incontrare quel drow.

~*~

Drizzt Do'Urden non la notò subito, intento com'era a raccontare ai giovani svirfnebli le sue avventure nel Buio Profondo.

Tuttavia, dopo aver finito di raccontare come avesse aiutato un gruppo di Pech a ritrovare la strada di casa, quando alzò lo sguardo intravide seminascosta fra le rocce una figura familiare.

Fin troppo familiare.

Drow? Cosa ci fanno qui? Mi hanno trovato? Devo avvertire il Re?

Istintivamente, Drizzt portò le mani alle else delle sue fidate scimitarre.

-Cosa c'è, elfo scuro?- gli chiese Seldig, seduto a gambe incrociate davanti a lui.

-Non vorrei allarmarvi ma... là dietro le rocce, c'è un drow-

Con tutta la calma di questo mondo, Seldig si girò, giusto in tempo per vedere il fantomatico drow ritirarsi fra le rocce.

-Oh, quello? È solo Faerie- disse tranquillo.

-Faerie?-

-Sì, è il suo nome. È arrivata qui cinquant'anni fa, in fin di vita. Non so come abbia fatto a convincere il nostro Re a farla restare, fatto sta che è diventata amica del nostro popolo. Gira voce che la sua famiglia la stesse cercando, anche se ha cessato le ricerche poco dopo il suo arrivo. Non so come si sia procurata la sua cicatrice, non ce lo ha mai voluto dire. Conoscendola, scommetto che non lo ha detto nemmeno ai guaritori quando le hanno medicato la ferita. Ma non lo so con esattezza, all'epoca non ero ancora nato-

-Cosa mi sai dire di lei?-

-Solo che è un tipo piuttosto solitario, sta quasi sempre nella sua casa, ma è una compagnia piacevole. Belwar è l'unico che ha un legame piuttosto saldo con lei. Ma ora ci racconti qualche altra avventura?-

Drizzt prese mentalmente nota di chiedere a Belwar di parlargli di lei mentre con un sorriso iniziava a raccontare.

Non dovette attendere il suo amico gnomo, perché a metà del racconto Faerie si unì al gruppo di ascoltatori, ma a differenza di loro rimase in piedi.

Drizzt rimase colpito dal suo aspetto: Seldig aveva ragione, la drow aveva un'ustione che le copriva tutto il lato destro della faccia, orecchio compreso, come se le avessero versato in faccia una qualunque sostanza corrosiva. Inoltre, l'occhio destro era bianco, senza iride né pupilla, ma l'altro occhio sorprese il giovane Do'Urden più di ogni altra cosa, poiché era viola, come i suoi.

Drizzt notò che le mancava il sopracciglio destro.

Faerie era alta all'incirca come lui, se non più bassa di qualche millimetro. La sua corporatura era impossibile da stabilire, dato che il suo corpo era interamente coperto dal piwafwi, il mantello mimetico dei drow. I capelli ricadevano morbidi e ondulati sulle sue spalle.

Faerie lo guardava con uno sguardo duro, come se non approvasse la sua presenza.

A racconto ultimato, prima che il gruppo di svirfnebli supplicasse Drizzt di raccontare altre avventure, lei disse in tono gentile: -Posso rubarvelo un momento? Vorrei scambiare due parole in privato con lui.-

Il gruppo protestò.

-Ci metterò pochissimo, lo prometto- disse la drow con un sorriso.

Tra mille sbuffi, gli gnomi acconsentirono.

Drizzt lanciò loro un sorriso fiducioso, come a dire di non preoccuparsi, e si apprestò a seguire la sua simile in un luogo più appartato.

Non appena furono al sicuro dagli occhi degli svirfnebli, Drizzt iniziò con le domande che lo assalivano fin da quando aveva visto Faerie: -Perché...?-

Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che la drow, con un gesto repentino, lo aveva preso per il collo e sbattuto contro il muro.

Il giovane Do'Urden cercò di liberarsi, ma scoprì a suo malgrado che lei aveva una presa piuttosto salda.

-Volevo solo avvertirti, sporco assassino- ringhiò lei. -Se oserai anche solo pensare di far del male a uno solo di questi gnomi, ritroverai la tua testa infilzata su una picca davanti a casa mia come monito ancora prima di poter dire "Lolth", sono stata chiara?-

Drizzt, non potendo parlare, annuì freneticamente. -Bene, vedo che ci siamo capiti- disse Faerie lasciando la presa.

Lui tossì un paio di volte prima di recuperare l'uso della voce. -Ti assicuro che non ne ho la minima intenzione.-

Lei lo guardò come se non credesse a una sola parola. Poi, si girò e fece per andarsene.

-Aspetta!- esclamò Drizzt afferrandole il braccio. -Chi sei? Vieni da Menzoberranzan? Cosa ci fai qui? Perché sei scappata? Come...?-

Lei si liberò dalla stretta. -Il mio nome è Faerie- disse in tono duro. -Non ti serve sapere altro-

E, detto questo, se ne andò.

Drizzt rimase lì alcuni attimi, senza smettere di pensare a lei.

Decise che avrebbe fatto di tutto per trovarla.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


-Va tutto bene? Sembri turbato- domandò Belwar a Drizzt quella sera, mentre cenavano nella casa dello gnomo.

-Mmmmh- fu la risposta. Lo svirfnebli guardò l'amico con un sopracciglio alzato.

-È successo qualcosa, oggi?-

-Perché non mi hai detto di Faerie?-

Lo gnomo non rispose subito. -Sei qui da pochi giorni Drizzt, non ce n'era motivo. Devi ancora ambientarti per bene. Te ne avrei parlato, a tempo debito.-

-Credo ti toccherà parlarmene ora che l'argomento è stato toccato.-

-Immagino di sì- sospirò Belwar.

-Innanzitutto, chi è lei? Da dove viene? Perché è qui? E come mai il Re le permette di restare?-

-Io non ero qui il giorno che arrivò a Bilngdenstone. Mi raccontarono che si era trascinata qui ferita e a un passo dalla morte. La cicatrice sul viso era fresca, e la stava lentamente uccidendo, anche perché l'acido non era ancora stato rimosso del tutto e stava ancora scavando nella sua carne.-

Drizzt rabbrividì nel sentire come Faerie si era procurata la cicatrice. Non c'era da stupirsi, quindi, che non si fidasse della sua stessa razza.

-Ebbe la forza necessaria a gettare le armi lontano da sé, poi svenne. Coloro che assistettero alla scena, mossi a pietà, decisero di guarirla prima di decidere cosa farne. La sentenza era morte, senza ombra di dubbio, ma lei riuscì a convincere il Re e i suoi consiglieri della sua bontà. Non so come fece, solo coloro che erano con lei quel giorno lo sanno. Comunque, dopo che le fu permesso di restare, si installò in una casa e lì rimase, senza mai uscire, se non raramente. Adesso è molto più socievole di allora, esce più spesso, nonostante sia ancora molto solitaria, ma è una compagnia piacevole, è sempre molto gentile ed è un tipo chiacchierone...-

Drizzt si sfiorò la gola, nel punto dove Faerie lo aveva afferrato. -Davvero? Non mi è sembrata nessuna di queste cose.-

Belwar lo guardò. -Vi siete incontrati?-

Il drow annuì. -Però... diciamo che non è stato proprio piacevole.-

Lo gnomo sospirò. -Non si fida di te.-

-Lo avevo intuito.-

-Pensa che tu sia un assassino, proprio come la tua gente, e teme che tu sia venuto per lei.-

-Perché dovrei essere venuto per lei? Non la conosco nemmeno!-

-Vedi, Drizzt, lei fuggì a causa della sua famiglia. Per quanto sia riuscita a raggirarli, teme ancora di venire trovata e riportata a casa. È molto paranoica su questo.-

-In realtà mi ha detto tutt'altro: ha detto che mi avrebbe ucciso se avessi fatto del male a qualcuno di voi.-

-Aggiungici anche quello. È molto riconoscente verso il nostro popolo. Non so quanto sia disposta ad ammetterlo, ma questa è la cosa più simile a una casa che abbia mai avuto in tutti questi anni. È naturale il suo desiderio di proteggerci.-

-Mi hanno detto che siete particolarmente amici, tu e lei.-

Belwar annuì. -Direi di essere l'unico in tutta Blingdenstone ad avere un legame così saldo con lei. È amica di tutti, tutti la conoscono, ma io sono l'unico con cui si confida, con cui parla, a cui vuole bene. O almeno, per quel che ne so io, ma dubito che Faerie abbia altri legami come il nostro.-

-Capisco...- disse Drizzt. Rimase in silenzio per un po', poi fece la domanda che lo attanagliava da quando aveva viso Faerie per la prima volta: -perché è scappata? Voglio dire, a causa della sua famiglia, certo, ma perché?-

-Questo te lo dirà lei, se lo vorrà.-

-Tu lo sai?- Belwar scosse la testa.

-Non me lo ha mai voluto dire.-

Drizzt sospirò. -E va bene- disse. -Sai dirmi dove abita?-

Lo gnomo annuì. -Certamente.-

~*~

Il giorno dopo, il giovane Do'Urden si presentò davanti alla casa di Faerie.

Bussò con tocco lieve alla porta. -Avanti- disse la voce della drow.

Drizzt entrò.

-Ci sono andata, Belwar- disse lei. Drizzt non la vide, perciò dedusse che fosse in un'altra stanza.

-Sono andata da lui, come mi avevi consigliato, ebbene sappi che...- la voce di Faerie si interruppe bruscamente non appena lei andò nell'ingresso.

Ringhiò alla vista di Drizzt.

-Che cosa vuoi?- sibilò.

-Voglio solo parlarti- disse Drizzt.

-E di cosa, di grazia? Non ho nulla da spartire con te! Sparisci!-

-No, voglio sapere chi sei.-

-Ti ho detto di andartene!-

-No, Faerie, non lo farò. Ascoltami, io...-

-Sei sordo per caso?!- esclamò lei spingendolo verso la porta.

-Io e te siamo simili!-

-Non osare insultarmi così, sporco drow, io non sono come te e la tua razza di assassini!-

-Guardami negli occhi! Capirai che ho ragione!-

-Che cosa avrebbero di speciale i tuoi stupidissimi...- lo sguardo di Faerie cadde sugli occhi di Drizzt. E il mondo parve fermarsi.

Tutta presa dalla sua rabbia, il giorno prima non ne aveva notato il colore: erano viola, proprio come i suoi, o meglio, il suo.

La sua pressione sul corpo di Drizzt diminuì. -Va bene- borbottò. -Supponiamo che in parte tu abbia ragione. Che cosa vuoi sapere da me?-

-Tutto- disse Drizzt. -Voglio capire perché te ne sei andata e chi sei, e non mi riferisco al tuo nome.-

Faerie sospirò. -Puoi chiedere ad altri svirfnebli, loro sanno la storia di come sono arrivata. Nel frattempo... posso offrirti un bicchiere di vino? Come cuoca faccio abbastanza pena, sarei capace di dare fuoco all'acqua.-

-Non è quello che voglio sapere, lo so già. E sì, grazie, gradirei del vino.-

Faerie prese da una credenza una bottiglia impolverata e due rozzi boccali. -Perché vuoi sapere queste cose?-

-Perché mi incuriosisci, perché credo che tu sia simile a me.-

-E come fai a dirlo? Non mi conosci nemmeno.-

-Intanto da come ti rivolgi a me: una drow normale mi avrebbe coperto di insulti e parlato con aria di sufficienza sin da subito. Tu no. Tu mi hai parlato come se fossi un tuo pari. E poi la tua fuga. Nessun drow scapperebbe da Menzoberranzan.-

Faerie non rispose. Rimase in silenzio fino a che non ebbe finito di versare il vino nei bicchieri.

-E tu?- gli chiese. -Perché sei scappato?-

-Diciamo che non amavo particolarmente né la mia famiglia né la mia società.-

Faerie rimase di nuovo in silenzio per qualche attimo.

-Comunque, non ti ho ancora chiesto come ti chiami- disse prendendo i boccali e girandosi verso Drizzt.

-Il mio nome è Drizzt, Drizzt Do'Urden.-

Si sentì un sonoro tonfo: Faerie aveva fatto cadere i bicchieri. La sua espressione divenne furiosa.

-Va tutto bene?-

-Esci subito di qui- ringhiò lei. -Ora.-

-Ma...-

-Credevi di potermi fregare, eh?! Cercavi di raggirarmi, eh?! Beh, ti sei tradito da solo, imbranato. Bella la bugia sulla tua fuga, davvero molto ben costruita. E i tuoi occhi? Incantesimi sicuramente, che altro dovevo aspettarmi?! Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!-

-Io non...-

Rapida come un fulmine, Faerie estrasse un pugnale dalla cintura e lo puntò alla gola di Drizzt. -Se non ti uccido- ringhiò -è solo perché sei amico e ospite di Belwar, ma sta pur certo che lo farò, perché lo so che tu vuoi la mia rovina. Ti hanno mandato loro, vero?!-

-Io non so di cosa tu stia...-

-Non fare il finto tonto! Sarai anche dalla loro parte, ma ora sei qui e vedi di fare il bravo o manterrò la mia promessa della testa sulla picca. E ora sparisci.-

-Ma...-

-Ho detto... SPARISCI!- urlò Faerie.

La porta si aprì da sola, come se fosse stato effettuato un incantesimo, e Drizzt si ritrovò catapultato fuori di casa.

-Non solo un assassino, anche un bugiardo! Vergognati!- sentì Drizzt mentre la porta veniva violentemente sbattuta.

In quegli attimi di stordimento, Drizzt si chiese: ma cosa ho fatto?

~*~

-Io non capisco- si lamentò Drizzt quella sera, a cena. -Stavamo tranquillamente parlando, ma quando le ho detto il mio nome è diventata una furia. Mi ha dato del bugiardo, e sembrava essere convinta che volessi ucciderla. Mi ha sbattuto fuori di casa intimandomi di sparire. Io non capisco, Belwar, che cosa ho sbagliato?-

-Mmmmmh- disse lo gnomo, pensieroso. -Non credo che tu c'entri qualcosa. Te l'ho detto, è molto paranoica...-

-Dubito che sia semplice paranoia. Se così fosse stato non si sarebbe fermata ad ascoltare le mie parole.-

-Può darsi che tu abbia ragione, ma bisogna parlare per...-

-Parlare?! Mi ha sbattuto fuori di casa, Belwar, e a momenti mi taglia la gola. Dubito fortemente che sia disposta ad ascoltarmi...- lo interruppe Drizzt in tono sarcastico. Belwar sospirò.

-Intendevo parlarci io, Drizzt. Sta' sicuro che lei non mi caccerà via.-

Drizzt fece uno sbuffo risentito, e continuò a mangiare.

-Domani andrò da lei- promise Belwar. -E vedrò se riesco a farla ragionare.-

-Grazie Belwar, sei un amico.-

L'elfo giocherellò con il cibo per qualche minuto prima di portarselo alla bocca. Era determinato a volerla conoscere: aveva sempre pensato che lui e suo padre fossero gli unici diversi nella caotica società dei drow, e invece quel giorno aveva scoperto che non era così. Sentì nascere la speranza nel suo cuore. Non sarebbe mai tornato a Menzoberranzan, ma la possibilità che non fosse solo gli riscaldava il cuore, anche se non poteva fare a meno di addolorarsi al pensiero di tutti quei drow come lui e Faerie, intrappolati in una società a cui non appartenevano.

Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri. Ci avrebbe pensato il giorno dopo.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Il giorno seguente, Belwar andò a bussare alla porta di Faerie. Stranamente, non ottenne risposta.

-Faerie?- bussò di nuovo, e di nuovo nessuno aprì la porta.

-Faerie, so che ci sei, apri questa porta, magga cammara!-

Dopo qualche attimo, la porta si aprì, e Belwar si trovò davanti una Faerie decisamente brilla: si reggeva a malapena sulle gambe, aveva i capelli scarmigliati e aveva in mano una bottiglia vuota. In più, puzzava di alcool.

-Oh, magga cammara...!- esclamò esasperato Belwar. -Che diavolo hai fatto?-

-M-mi sciono s-sciolo bevuta un b-bicchiere.-

-Davvero? A me non sembra, a meno che tu non abbia una diversa concezione di bicchiere.-

-V-va bene, f-forscie un b-bottiglia.-

-Magga cammara, Faerie! Lo sai che non reggi l'alcool, perché ti sei messa a bere?!-

Faerie lo guardò con un'espressione mesta, come se fosse dispiaciuta. -È shtata c-colpa shua- biascicò.

-Di chi?-

-Del tuo oshpite, Dint, Dritt, Dringt o qualcosha del genere.-

-Drizzt-

-Ecco, proprio lui.-

-E come ti avrebbe spinta a bere?-

Faerie non rispose. Le sue gambe tremarono più forte, minacciando di farla cadere. Belwar sospirò. -Appoggiati a me- disse. Lei eseguì. Lo gnomo la portò a riempire d'acqua la bottiglia e poi la accompagnò nella stanzetta che Faerie usava per dormire, arredata solo da un'amaca. Con cautela, la aiutò a stendersi. -Ora bevi- le ordinò -e rimani sdraiata.-

Faerie eseguì.

Bevve tutta l'acqua che c'era nella bottiglia, poi, si addormentò.

Belwar le rimase accanto, aspettando il suo risveglio.

Diverse ore dopo, un grugnito lo avvertì che Faerie era sveglia.

-Ho un mal di testa terribile- si lamentò lei.

-Non avresti dovuto ubriacarti- la rimproverò Belwar.

-Era solo una bottiglia!-

-Lo sai che ti basta poco per sbronzarti.-

Faerie non rispose. -Sarei dovuta fuggire...- sussurrò -...e invece mi sono trovata a bere per la disperazione. Certe volte mi chiedo se la mia famiglia non avesse ragione quando diceva che ero stupida.-

-Adesso smettila con questa storia! Lui non vuole farti del male.-

-È un Do'Urden! È ovvio che vuole uccidermi!-

-Non ti conosce nemmeno!-

-Proprio non ci arrivi, eh?-

Tra i due calò un breve silenzio, rotto dal sospiro esasperato di Belwar. -E a cosa non dovrei arrivare? Sentiamo!-

-I Do'Urden sono la mia famiglia, Belwar-

Questa volta, il silenzio che calò fra loro due fu molto, molto più lungo.

-Capisci adesso?- sussurrò lei. -Perché un Do'Urden sarebbe qui, se non per uccidermi? Non può essere una coincidenza.-

-Dubito fortemente che lui voglia ucciderti. Dice di non conoscerti.-

-E io non conosco lui. Deve essere nato dopo la mia fuga. Ma in ogni caso come faccio a sapere che mia madre non lo sta manipolando? Lei è capace di tutto. Rinnegherebbe Lloth pur di raggiungere i suoi scopi.-

-Dagli una possibilità. Se avrai ragione ti prometto che potrai ucciderlo. In caso contrario dovrai ammettere che io avevo ragione e...-

-E?-

Belwar non continuò la frase. In quanto suo amico, pensava che sarebbe stato un bene per lei conoscere qualcuno della sua razza che fosse come lei. Certo, conoscere qualche altra persona all'infuori di lui in generale le avrebbe fatto bene, puntualizzò lo gnomo nella sua mente, ma pensava che forse un suo simile le avrebbe giovato molto di più.

Ovviamente, però, non lo disse: Faerie avrebbe ribattuto aspramente di farsi gli affari suoi e che non spettava a lui decidere cosa fosse un bene per lei, e lui avrebbe ribattuto che invece sì, in qualità di suo amico lo era, o almeno di pensare cosa potesse giovarle. Quella discussione l'avevano ripetuta infinite volte, e Belwar non aveva intenzione di scatenarla per l'ennesima volta. Perciò, si limitò a non completare la frase, sapendo che già di per sé far ammettere a Faerie il fatto di essere nel torto sarebbe stata già un'enorme sfida.

-Niente, fa come se non avessi detto nulla- disse, facendo un ghigno. La drow gli lanciò un'occhiataccia.

-Mmmh- borbottò lei. Poi sospirò. -E sia, gli darò un'altra possibilità, ma che sia l'ultima. Sia chiaro, non lo faccio per lui, lo faccio perché voglio cancellarti quell'espressione trionfia dalla faccia!-

Belwar fece un sorrisetto di vittoria. -Ti aspetto a casa mia, non appena ti sentirai meglio.-

Faerie chiuse gli occhi. L'amico si girò per andarsene.

-Dannazione a te, Belwar Dissengulp!- esclamò lei prima che lo gnomo uscisse dalla stanza.

Belwar sorrise a quelle parole. Poi, se ne andò.

~*~

Drizzt attendeva nervoso l'arrivo di Faerie, seduto a gambe incrociate nell'ingresso di casa di Belwar.

-Calmati, amico mio- gli disse lo gnomo. -Non ti farà nulla sotto il mio tetto.-

-Io non ho paura di lei- ribatté l'elfo scuro.

-E allora come mai sei così nervoso?- gli chiese lo svirfnebli. Drizzt scosse la testa.

-Non lo so. Io non la temo, ma ha l'aria pericolosa, anche se sembra diversa. Ho sempre creduto di essere solo, specialmente dopo la morte di mio padre, e sapere che non è così...- Non continuò la frase. -Ad ogni modo, suppongo che il nervosismo sia dovuto alla delusione che proverei se le mie congetture su di lei fossero sbagliate-

Belwar sbuffò divertito. -Credi che sarebbe ancora viva, se fosse esattamente con i suoi simili?- disse, strappando un sorriso all'amico.

Passarono lenti minuti. Drizzt aveva preso a mordersi furiosamente il labbro a causa del nervosismo.

Poi, all'improvviso, sentì bussare.

Il suo cuore saltò un battito nel sentire quel lieve rumore, che lo aveva colto di sorpresa.

Belwar andò ad aprire, ma era solo Seldig che era venuto a chiedere se Drizzt poteva unirsi a lui e ad altri gnomi per andare alla taverna più vicina. L'altro gnomo fece segno di diniego con la testa, e mise a tacere l'interlocutore con un semplice ma deciso "è occupato".

Dalla faccia di Seldig si capiva che moriva dalla voglia di saperne di più, ma lo sguardo di Belwar lo indusse a tacere e ad andarsene via, non senza dei cortesi saluti.

L'attesa ricominciò, più estenuante e più lunga di prima.

Drizzt era talmente nervoso che si sarebbe messo a camminare in cerchio per la stanza, se il soffitto non fosse stato troppo basso per lui, nonostante la sua misera altezza.

Fu quasi tentato di chiamare Guenhwyvar, la sua fedele amica pantera, per distrarsi dal pensiero di Faerie, ma proprio mentre stava per tirare fuori la statuetta d'onice, tre colpi alla porta lo fecero sobbalzare.

Belwar andò ad aprire.

Questa volta era Faerie.

Drizzt li vide e li sentì parlottare nella lingua degli gnomi. Nonostante capisse molte parole di quella lingua, i toni di voce erano troppo bassi perché lui potesse sentire con chiarezza cosa si stessero dicendo.

Li vide annuire, poi Belwar si girò. -Io me me vado- annunciò. -Vi lascio soli.-

E, detto questo, uscì.

Faerie raggiunse Drizzt, guardandolo in malo modo. Si sedette davanti a lui, a gambe incrociate, senza cambiare espressione.

-Non voglio farti del male...- iniziò lui.

-Dimostramelo- sibilò lei. -Getta lontano le tue armi, e io farò lo stesso.-

-Potrei essere il migliore nel corpo a corpo per quel che ne sai.-

-Sono certa che tu non lo sia. Ora, se vuoi uccidermi attaccami e falla finita, sennò, deponi le armi, lontano da te.-

Con grande sorpresa della drow, Drizzt si slacciò la cintura alla quale erano assicurate le scimitarre e si sfilò il pugnale che portava nello stivale, poi, si alzò e li depositò davanti alla porta.

-Sorpresa?-

Punta sul vivo, Faerie non rispose. Si limitò a lasciare un pugnale e due sottili spade a una mano e mezza accanto alle armi di Drizzt.

-La tua frusta...?- chiese il Drow, perplesso, riferendosi alla frusta con le teste di serpente che caratterizzava le sacerdotesse.

Faerie lo guardò con sguardo di fuoco. -È sul mio letto nella mia vecchia stanza a Menzoberranzan, o almeno era lì l'ultima volta che l'ho vista. Spero che mia sorella ci si sia seduta sopra- sibilò.

Tornò a sedersi davanti a Drizzt.

-Allora- iniziò lui. -Perché mi hai attaccato quando ti ho detto chi sono?-

Faerie lo guardò ancora più male. -Perché i Do'Urden sono la mia famiglia.-

Drizzt la guardò con occhi e bocca spalancati. Passarono diversi minuti prima che riuscisse a dire qualcosa, tanto era sorpreso.

-Cosa c'è? Non ti hanno mai parlato di me?-

-Beh...- boccheggiò Drizzt. -No-

-Ah, no?- chiese Faerie inarcando l'unico sopracciglio che le rimaneva. -Non ti hanno mai detto "non fare come Faerie, la vergogna della nostra Casa, che preferiva stare sui libri che diventare una sacerdotessa, prendi esempio da Briza che invece riesce a staccare teste e a fare il suo dovere di sacerdotessa contemporaneamente, da bravo"?- disse in quella che sembrava essere un'imitazione della voce di Matrona Malice, la madre di Drizzt.

-Direi proprio di no.-

-Quindi nessuno ti ha parlato di me?-

-No.-

-Nemmeno...- Faerie si fermò, mordendosi il labbro inferiore. Non pronunciava il suo nome da più cinquant'anni. Era rimasto nella sua mente, e ora pronunciarlo le faceva male, come se collegasse brutti ricordi al suo portatore. -No, nessuno, lascia stare.-

-Ma...-

-Ho detto di lasciar stare!-

Drizzt alzò le mani in segno di resa. -D'accordo. Spiegami in quale modo siamo imparentati, che non riesco a capacitarmene.-

-Come faccio a saperlo se non so chi sei?- disse lei in tono acido. Poi sospirò. -Sono Faerie Do'Urden, figlia di Malice Do'Urden e Zaknafein. Secondogenita femmina della nostra Casa- disse in tono più dolce, cercando di ignorare il tremito che l'aveva scossa nel pronunciare il nome di suo padre.

Neppure questa volta Drizzt riuscì a trattenere la sorpresa.

-Cosa c'è?-

-Sono sorpreso, non mi aspettavo fossi anche tu figlia di Zaknafein.-

-Perché? Ne ha avuti altri, oltre a Vierna?-

-Sì, io.-

Fu il turno di Faerie ad essere sorpresa. -Tu? Figlio di Zaknafein?-

-Esattamente.-

Faerie lo guardò con curiosità. -Non ci credo... raccontami tutto.-

Drizzt sospirò. Dovresti essere tu a raccontarmi di te...

Ciononostante, iniziò a raccontare: le parlò della sua nascita, di come l'avesse superata per miracolo, della sua vita in casa Do'Urden, di Zaknafein, dell'Accademia, di Masoj, di Guenhwyvar, del complotto per ucciderlo e i motivi della sua fuga.

Tuttavia, vedendo come si illuminavano gli occhi di Faerie quando parlava di Zaknafein, decise di non dirle nulla circa la morte del loro padre. Intuiva che le avrebbe fatto male, e, per una qualche strana ragione, lui non voleva essere latore di quella notizia.

A racconto ultimato, Faerie lo guardò visibilmente sorpresa. -Davvero sorprendente, tuttavia non so ancora se crederti o no.-

Drizzt sospirò. -Cosa devo fare per fartelo capire?-

Faerie aprì la bocca per rispondere, ma venne interrotta dall'arrivo di Belwar.

-Abbiamo un problema- annunciò.

-Ovvero?- chiesero Drizzt e Faerie in coro, ma si ammutolirono nel vedere una dozzina di guardie della città, lance puntate, ammassate dietro a Belwar.

-Seguiteci- disse una di loro. -Il re richiede la vostra presenza per un'udienza-

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


-Vi ringrazio per essere giunti in modo tanto sollecito...- li salutò Re Schnicktick, il sovrano di Blingdestone.

-Ci si muove in fretta quando si hanno delle lance puntate addosso- ringhiò Belwar.

-...anche se non era necessaria la tua presenza, Faerie- aggiunse, scoccando un'occhiata alla drow.

-Diciamo che mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato- minimizzò lei. -Ma in ogni caso non me ne andrò.-

-E se io te lo ordinassi?-

-Ve lo chiedo per favore- si affrettò ad aggiungere Faerie. Il Re la guardò con un sopracciglio alzato.

-Mi chiedo cosa tu abbia da spartire con il nostro ospite.-

-Lui, mio signore, è mio fratello. Non ne ero a conoscenza neanche io prima della sua venuta.-

Re Schnicktick non riuscì a nascondere la sorpresa, ma decise di lasciar correre. Quei dettagli non erano rilevanti al momento.

Avevano cose più importanti di cui discutere.

-La mia guardia tende a eccitarsi un po', vi prego di non sentirvi offesi- disse rivolgendosi a Belwar.

-Nient'affatto- disse Drizzt. Faerie si limitò a una scrollata di spalle, accompagnata da un "ho passato di peggio".

Il Re le scoccò un'occhiataccia. Sapeva quanto Faerie fosse orgogliosa, ma questo non le impediva di assumere un atteggiamento consono davanti al Re.

-Spero tu abbia passato un periodo piacevole nella nostra città- disse il sovrano, rivolgendosi a Drizzt. L'elfo scuro annuì.

-Il vostro popolo è stato più cortese di quanto potessi chiedere o aspettarmi, vi ringrazio infinitamente.-

Il Re sorrise. -E tu ti sei rivelato un buon amico. Tuttavia, sono successi alcuni avvenimenti...-

-Magga cammara!- esclamò Belwar, facendo trasalire i presenti. -Volete cacciarlo!- ringhiò.

Re Schnicktick sospirò. -Purtroppo... non ho altra scelta, Belwar, credimi. Mi duole allontanare il nostro ospite e amico, ma non posso rischiare una guerra per un singolo drow.-

-Una guerra?- intervenne Faerie, confusa.

Il Re parve ricordarsi solo in quel momento della sua presenza. Sospirò.

-Avete sentito parlare della presunta attività drow nei tunnel vicino ai nostri confini orientali?-

-Sì- disse Drizzt.

-No- disse Faerie.

Il fratello la guardò interrogativo. -Cosa c'è?- disse lei sulla difensiva. -Non parlo con nessuno all'infuori di Belwar e non esco spesso di casa, come facevo a saperlo?-

Il Re diede un colpo di tosse, come a ricordare loro che la discussione non verteva su quello. -Crediamo di sapere quale sia il loro scopo.- Fece un respiro profondo. Dire quelle parole gli faceva male, ma era un re, e aveva un dovere verso il suo popolo.

-Il loro scopo sei tu, Drizzt Do'Urden.-

Il silenzio nella stanza di fece pesante.

-Mia madre mi cerca- disse Drizzt pacatamente.

-Ma non ti troverà!- ringhiò Belwar. -Non finché resterai a Blingdenstone!-

-E poi, dovrà passare sul mio cadavere- intervenne Faerie.

Il fratello la guardò interrogativo. -Fino a dieci minuti fa credevi fossi un bugiardo e un assassino.-

-Esistono le illuminazioni divine, Drizzt- sbuffò Faerie. -Scherzi a parte, diciamo che avevi iniziato a convincermi prima di venire qui. E poi ho riflettuto. Ero accecata dalla mia paura, per rendermi conto che eri sincero. Belwar non ti avrebbe mai accolto in casa sua se non si fosse fidato di te, così come il Re non ti avrebbe risparmiato per lo stesso motivo. Belwar ha ragione, ormai la mia famiglia mi ha dimenticata. Non verrà più a cercarmi. E poi... sono stanca di scappare, il tempo di nascondersi è finito.-

Drizzt la guardò colpito. Era lieto che avesse cambiato idea, ma non si aspettava lo facesse da sola e in così poco tempo, soprattutto.

-Belwar, calmati!- disse il Re. -Mi duole moltissimo mandarti via, credimi, ma non possiamo rischiare una guerra con Menzoberranzan.-

-Capisco. Raccoglierò le mie cose e me ne andrò entro un'ora.-

-No!- protestò Belwar. -Lui ci ha dimostrato amicizia! E noi come lo ricambiamo? Cacciandolo da Blingdenstone ed esponendolo agli attacchi dei drow. Che ne è stato della nostra lealtà?!-

-Belwar, adesso basta. La decisione è stata molto dolorosa da prendere, ma definitiva. Non posso rischiare la vita del mio popolo per un solo elfo scuro.-

-Ma non è giusto!-

-Belwar- era stato Drizzt a parlare. -Va tutto bene. Il Re ha ragione. Se i drow dovessero attaccarvi non me lo perdonerei mai: mi avete accolto e mi avete trattato con rispetto e amore. Sarebbe un gesto orribile da parte mia attirare tali calamità. Prenderò le mie cose ed entro un'ora me ne sarò andato...-

-Ed io verrò con te- disse Faerie.

I presenti la guardarono sorpresi.

-Ma...-

-Te l'ho già detto, Drizzt. Il tempo di nascondersi è finito. Inoltre, chi è nemico di Matrona Malice è amico mio. E poi siamo fratelli, giusto?-

-Non voglio metterti in pericolo- protestò debolmente Drizzt.

-Non possono farmi nulla che non mi abbiano già fatto. Io verrò con te, Drizzt Do'Urden, e questa è la mia ultima parola.-

Drizzt sospirò rassegnato. -E va bene- disse. -Vieni pure.-

E, detto questo, se ne andò dalla sala, seguito da Belwar e da Faerie.

~*~

-Sei pronta?- le chiese Drizzt, assicurandosi le scimitarre alla cintura.

Faerie annuì, mentre si legava alla schiena una faretra piena di frecce. In mano recava un lungo e possente arco.

Le sue leggere spade a una mano e mezza erano assicurate alla cintura, mentre il suo pugnale era infilato nella manica destra. Un meccanismo faceva sì che la lama uscisse ogniqualvolta la sua padrona lo mettesse in azione.

-Sicura di riuscirlo a usare?- le chiese Drizzt, alludendo all'arco.

-Non lo uso da tanto- ammise lei. -Quindi credo di essere un po' arrugginita- aggiunse incoccando una freccia immaginaria e lasciando andare la corda.

-Belwar non viene a salutarci?- chiese lui. La sorella fece spallucce.

-Non lo so. È strano.-

-Magari ci aspetta all'uscita della città.-

-Forse- disse lei poco convinta.

I due fratelli uscirono dalla casa di Faerie, dove erano andati per prendere alcuni effetti personali della drow, diretti ai confini di Blingdenstone dai quali Drizzt era passato, tanti giorni prima.

Una folla di svirfnebli li attendeva, venuta per salutare Drizzt, che ormai era una specie di eroe per loro.

Lo salutarono con parole buone e gentili, che commossero il drow. -Ci serviranno- sussurrò a Faerie. Lei annuì, grave.

Molte parole d'amore e di amicizia vennero rivolte anche a Faerie, che tuttavia non ebbe reazione alcuna, se non tenere lo sguardo basso e mormorare ringraziamenti.

Belwar, però, ancora non si vedeva.

-È ora di andare- sussurrò Drizzt. Faerie sospirò tristemente, e lo seguì con il cuore gonfio di dolore.

Per più di cinquant'anni Blingdenstone era stata la sua casa, l'unico posto in cui si era sentita protetta, amata e al sicuro, e ora la stava abbandonando alla volta dell'ignoto, senza sapere se sarebbe mai tornata.

Questo quasi le fece rimpiangere la sua scelta. No, si disse, non devo cedere. Drizzt ha bisogno di me, là fuori, ed è tempo che io affronti le mie paure. Non posso arrendermi.

Quel pensiero quasi rese meno dolorosa l'uscita dai cancelli della città.

Quando i pesanti battenti di pietra si chiusero, Faerie sentì una stretta al cuore. E così è cominciata...

I due fratelli rimasero a lungo fermi nell'oscurità, incerti e spaventati, persi in profonde riflessioni e oscuri pensieri.

Quasi istintivamente, Faerie prese la mano di Drizzt.

Lui la guardò sorpreso.

-Almeno questa volta siamo in due- bisbigliò lei. -L'ultima volta eri da solo, o sbaglio?-

-C'era Guenhwyvar con me...-

-Lei non conta.-

Rimasero in silenzio.

-Comunque hai ragione- concesse Drizzt. -È meglio se siamo in due. L'ultima volta ho rischiato di impazzire, credimi.-

-Immagino. Eri sempre da solo. Chiunque sarebbe impazzito.-

Rimasero di nuovo in silenzio, mano nella mano, ancora incerti se andarsene o no.

-Andiamo?- chiese Drizzt.

-Andiamo- rispose la sorella.

Senza lasciarsi le mani, i due fecero un passo avanti, ma non appena posarono il piede a terra, sentirono uno scalpiccìo provenire da dietro di loro.

Nello stesso lasso di tempo che Drizzt impiegò per sbattere le ciglia, Faerie lasciò la sua mano ed incoccò una freccia nell'arco.

Il fratello, invece, estrasse le scimitarre.

Presto, una figura fu visibile, ma prima ancora che fosse completamente distinguibile, Faerie lasciò partire la freccia. Essa si piantò nella scarpa della figura, ma senza danneggiare il piede, inchiodandola a terra.

-Un po' arrugginita, eh?- sussurrò Drizzt.

-Sta' zitto- borbottò Faerie, ma il fratello riuscì a vedere un sorriso comparire sul suo volto.

-Magga cammaraFaerie!- esclamò la figura. -È così che tratti gli amici?-

I due fratelli si guardarono sorpresi. -Belwar!- esclamarono in coro, mentre Faerie correva ad abbracciare lo svirfnebli.

-Piano, piano- borbottò lui. -Non stringere così forte, non ho più le ossa così buone.-

Ma nonostante i brontolii, era contento che Faerie lo stesse abbracciando.

-Temevamo che non ci avresti detto addio- disse Drizzt.

-Non lo farò infatti- rispose lui.

Solo allora, i due Drow notarono uno zaino sulle spalle di Belwar.

Entrambi sbiancarono. -No, Belwar- balbettò Drizzt.

-Non possiamo lasciartelo fare- aggiunse Faerie, guardandolo spaventata.

-Non mi pare di aver chiesto il vostro permesso- osservò Belwar tranquillamente.

-È troppo pericoloso...- iniziò Faerie.

-Non avete idea di come io sia capace di affrontare i pericoli.-

-Se dovessi morire non me lo perdonerei mai...- disse Drizzt.

-Non succederà.-

-Belwar, ti supplico, torna indietro- disse Faerie.

-Hai un popolo che ti accetta e che ti vuole bene, sembra una cosa scontata ma non lo è- disse Drizzt.

-Sono d'accordo- disse Belwar. -Ma voi due invece avete un amico che vi accetta e che vi vuole bene, e che vi sta accanto. Perciò- disse staccandosi dall'abbraccio di Faerie -vogliamo andare o dobbiamo aspettare che la vostra famiglia venga a distruggerci?-

I due fratelli sorrisero.

-Da questa parte- disse Drizzt, avventurandosi nel Buio Profondo.

Faerie diede un colpetto sulla spalla di Belwar. -E comunque... sono contenta che tu sia qui- sussurrò, in modo che Drizzt non potesse sentire.

-Lo so, Faerie- disse lo gnomo con un sorriso. -Lo so.-


































 

Piccola nota
Se avete letto il libro noterete che alcune frasi dette dai personaggi sono prese dal libro, mentre alcune sono modificate (anche se il concetto è sempre quello).
Volevo semplicemente dire che non mi andava di copiare, però volevo tenere comunque i concetti, perciò ho modificato un po' riadattandolo al mio stile. Spero che capirete questa scelta.
Alla prossima!
Razu

 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Sentiva Drizzt e Belwar parlottare a proposito di un finto accampamento, accanto a lei.

Se erano inseguiti, era meglio depistare il loro inseguitore.

-E adesso? Da che parte andiamo?- chiese Drizzt, guardandosi intorno e grattandosi la testa. Belwar fece spallucce.

-Direi che una direzione vale l'altra.-

-Forse potremmo inoltrarci nelle regioni selvagge a ovest di Blingdenstone: saremo più lontani da Menzoberranzan.-

-E se dovessero attaccarci non coinvolgeremmo innocenti- intervenne Faerie, raggiungendo i due amici.

Drizzt annuì. -Giusta osservazione, Faerie- commentò.

I tre amici si incamminarono nella direzione decisa, Belwar in testa.

-Hai idea di cosa ti stia cercando?- chiese Faerie a Drizzt. Aveva detto cosa, non chi, notò il giovane.

Lui scosse la testa. -Nessuna. So solo che cerca me.-

Lei sospirò. -Devi aver fatto arrabbiare davvero tanto Matrona Malice se ti sta cercando così accanitamente- disse sogghignando.

-Credo di averle fatto perdere il favore di Lloth- ammise Drizzt. Il ghigno della sorella di accentuò.

-Come vorrei aver visto la sua faccia in quel momento.-

Drizzt si concesse un lieve sorriso, nonostante sospettasse che non fosse la prima volta che Faerie gioisse delle disgrazie altrui.

-Quando ero ancora sotto la sua volontà, Lloth non si sarebbe mai nemmeno sognata di averci in suo favore- disse con una punta di orgoglio nella voce.

-E ne vai così fiera?-

-Oh, si. Avrei dato qualunque cosa pur di cancellare quel ghigno orgoglioso dalla faccia di Malice. E posso dire di esserci riuscita.-

-Mi sorprende che tu sia vissuta così a lungo, allora.-

-Non ero destinata a farlo, infatti.-

-Che cosa intendi?-

Faerie si morse il labbro, come se stesse valutando quanto fosse conveniente rispondere a quella domanda.

Aprì la bocca per rispondere, quando Belwar fece loro segno di fermarsi. -C'è qualcosa laggiù- sussurrò, indicando un tunnel che si divideva in due.

Faerie e Drizzt si avvicinarono, cercando di non fare rumore.

-C'è un ingordone-

-Un cosa?- chiesero i due fratelli in coro.

-Semplicemente un grosso verme che ama nutrirsi di baruchi. È abbastanza pacifico, ma odia condividere il suo pasto.-

-Ama nutrirsi di cosa?- chiese Faerie, senza tuttavia ottenere risposta.

-C'è altro?- chiese Drizzt.

-Ha una bocca piccola, nulla di lui è pericoloso, a parte forse la grossa mole-

-E come lo uccidiamo?- chiese Faerie. Sia Drizzt che Belwar la guardarono storto. -Cosa c'è?- protestò lei. -Ho solo fatto una domanda!-

-Non ci mangerà, non è pericoloso- ribadì Belwar.

-Ma è enorme! Lo hai detto tu!- esclamò lei. L'amico sbuffò.

-Non conosco alcun modo per ucciderlo e in ogni caso è troppo grosso.-

-Possiamo sempre evitarlo, o aspettare il suo passaggio per poi proseguire- intervenne Drizzt.

Ma vennero interrotti da un rumore assordante e da un tremare di terra. Faerie sbarrò gli occhi. -VIA DI QUI!- gridò, sfrecciando verso l'altro tunnel. Scoprì che esso non era altro che una nicchia, fortunatamente abbastanza grande da contenere due drow e uno gnomo ma sufficientemente piccola affinché l'ingordone non vi entrasse.

Belwar la seguì, mentre Drizzt si girò appena in tempo per vedere un grosso bruco grigio dalle mille zampette brulicanti dirigersi a tutta velocità verso di lui.

Seguendo l'esempio dei suoi amici, Drizzt schizzò verso la nicchia.

L'ingordone lo seguì, sbattendo contro la roccia e facendo crollare l'entrata.

-E adesso?- ansimò Drizzt. -Cosa facciamo? Siamo intrappolati in un tunnel senza via d'uscita con un bruco gigante e inferocito alle spalle!-

-Intanto potresti cominciare togliendomi il gomito dalle costole- disse Faerie in tono sarcastico.

Il volto di Drizzt si scurì per l'imbarazzo, e si affrettò a spostare il gomito.

Belwar sbatté fra di loro il piccone e il martello che aveva al posto delle mani. -C'è un altro tunnel, possiamo arrivarci scavando in questa direzione- disse indicando un punto nella roccia con piccone.

-Ma ci metteremo secoli prima di arrivare dall'altra parte!- osservò Faerie.

Belwar la guardò con un sorrisetto, come se lei ignorasse un punto fondamentale.

-Bivrip!- ruggì lui. Un forte ronzio proveniente dalle sue "mani" si propagò nell'aria.

I due Drow si guardarono. -Cosa hai fatto?- chiese Drizzt.

Senza smettere di sorridere, Belwar picchiò il piccone sulla pietra. Una luce accecante si scaturì dall'utensile, costringendo Drizzt e Faerie a chiudere gli occhi.

Quando la luce svanì, permettendo loro di vedere, notarono che il colpo aveva ridotto in cenere diversi centimetri di roccia.

-Fantastico- sussurrò Faerie, impressionata.

-Belwar Dissengulp!- esclamò Drizzt meravigliato. -Sei proprio uno svirfnebli pieno di sorprese!- aggiunse con una risata.

-Lo sono davvero!- ruggì lo gnomo continuando a picchiare sulla pietra.

Faerie si sedette, guardando con un sorriso il suo amico lavorare. Drizzt la imitò.

C'erano tante domande che voleva farle, ma il rumore causato da Belwar era troppo forte perché loro potessero parlare normalmente.

E poi, qualcosa gli diceva che Faerie non gli avrebbe risposto.

In un giorno, furono fuori dal tunnel, e proseguirono la loro strada verso nord.

-Mi stavi raccontando della tua vita a Menzoberranzan, ieri- disse Drizzt, affiancandosi alla sorella. Lei lo guardò come per dire "e allora?"

-Vorrei che tu finissi-

Faerie rimase in silenzio. -Perché lo vuoi sapere?-

-Te l'ho detto: tu mi incuriosisci. E poi, se dobbiamo passare il resto delle nostre avventure insieme, tanto vale conoscerci un po', non trovi?-

Lei non disse nulla.

-Inoltre... siamo fratelli, dovremmo conoscerci per forza, o no?-

Faerie seguitò a non parlare. Teneva lo sguardo basso.

Drizzt la guardò.

-Bella collana- commentò, notando un medaglione appeso al collo di Faerie. Di fianco al pendente, vi era appesa una spilla raffigurante una dama drow che danzava davanti alla luna con in mano una spada. Lei sussultò, e si portò una mano al petto, stringendo il gioiello.

-Eh?-

-Bella collana- ripeté Drizzt. -Anche se la spilla è bella in egual misura, se non di più. Mi sembrano entrambe di ottimo materiale. È fattura drow, vero?-

Lei lo guardò come se volesse squartarlo pezzo per pezzo. -Cosa c'è? Cosa ho detto di male?-

-Non parlare mai più del mio medaglione, né della spilla, chiaro?- disse lei in tono duro.

-È un ricordo- intuì Drizzt. -Un ricordo molto doloroso.-

Un ringhio lo avvertì che si stava spingendo troppo oltre. Nonostante morisse dalla voglia di saperne di più, decise di non chiederle più nulla.

Faerie seguitò a non parlargli fino a che non si accamparono per dormire. Gli rivolse la parola solo per dirgli che avrebbe fatto il primo turno di guardia, poi si allontanò di poco da Drizzt e Belwar, e incoccò una freccia nell'arco, scrutando i tunnel immersi nel buio.

Il fratello rimase a fissarla a lungo prima di addormentarsi.

-Non provare rammarico, elfo scuro- disse Belwar. -Ti parlerà quando penserà che sarà necessario. Devi avere pazienza con lei. Anche io, a mio tempo, ho fatto fatica a conquistare la sua amicizia, e allora era messa molto peggio di così.-

-Cosa intendi?-

-Erano i primi tempi in cui viveva a Blingdenstone, non usciva mai di casa. Spesso si sentivano delle urla provenire da lì, causate dai bruschi risvegli dopo i suoi incubi. Ne aveva parecchi all'epoca, molti più di adesso, comunque. Io ero giovane, giovane e curioso. Doveva essere speciale, se le era stato permesso di rimanere. Così, decisi che avrei cercato di conoscerla meglio. Ci volle molto: non si fidava di me, pensava la odiassi e fossi venuto a farle del male. Non mi temeva e allo stesso tempo aveva una paura folle di me. Ci volle molto prima di farle capire che né io né il popolo degli gnomi le avrebbero fatto del male, a meno che non ce ne avesse dato motivo. Allora era anche molto più paurosa e introversa di adesso, credimi, ti ci vorrà molto meno tempo di me per mostrarle che non sei pericoloso.-

Drizzt non disse nulla. -Eppure ha deciso di seguirmi. Seguendo il suo ragionamento, non c'è posto più adatto di questo per ucciderla. Avrei potuto farlo in esattamente trentasette occasioni da quando siamo partiti-

-Hai veramente contato tutte le volte in cui avresti potuto ucciderla?- chiese Belwar perplesso. -Hai uno strano modo di dimostrarle il tuo affetto e di guadagnarti la sua fiducia.-

-Solo per poterglielo sbattere in faccia quando inizierà con la solfa "sei un bugiardo, lo so che in realtà non desideri altro che la mia rovina"- disse Drizzt con un sorriso.

I due scoppiarono a ridere.

Faerie si girò, guardandoli interrogativa, ma loro non le diedero alcuna spiegazione.

-Dovreste dormire- disse, inarcando un sopracciglio.

Belwar e Drizzt non smisero di ridere. Faerie sbuffò e si girò, tornando a guardare i tunnel.

Piano piano, i due amici si calmarono. Poi, finalmente, si addormentarono.

~*~

-C'è qualcosa laggiù- disse Faerie, tornando dalla sua esplorazione.

-Che cosa?-

-Non lo so esattamente, ho solo visto un bagliore verde. Sarei andata a vedere ma se ci fosse stato qualcuno e mi avesse vista avrei preferito avervi al mio fianco-

-Saggia decisione- approvò Drizzt.

-Strano che tu non sia andata all'attacco urlando come fai sempre- commentò Belwar, guadagnandosi una poderosa gomitata nelle costole da parte di Faerie.

-Quindi? Andiamo a vedere?- chiese lei.

-Mi pare ovvio- rispose Drizzt, sfoderando le scimitarre ed evocando Guenhwyvar.

Una nebbiolina nera si formò attorno a Drizzt, che si uniformò, fino a formare una pantera in carne e ossa: Guenhwyvar, una creatura del Piano Astrale.

-Impressionante...- sussurrò Faerie.

Non aveva mai visto Guenhwyvar prima di allora.

Drizzt sorrise compiaciuto. -Andiamo?-

Faerie annuì, e guidò i suoi amici verso il bagliore, che proveniva da un tunnel.

-Acido- disse Belwar sbirciando oltre. -Qualcuno deve aver compiuto un incantesimo troppo potente per essere controllato, non ho mai visto acido in natura. Immagino stia scavando la roccia sempre più in fondo-

-Almeno ha lasciato dei ponti- disse Drizzt, notando centinaia di passerelle, che si intersecavano e portavano ad altri tunnel.

Alcune erano strette, altre erano larghe, e sembravano abbastanza solide per reggere una pantera, due drow e uno gnomo del profondo.

-E se le passerelle non fossero sufficientemente solide?- chiese Belwar.

-Manderemo prima Guenhwyvar, è più pesante di tutti noi messi assieme.-

-E se dovesse cadere? Credi che l'acido la possa nuocere?-

Drizzt si strinse nelle spalle, come a dire "non lo so".

-Faerie, cosa ne pensi di...?- Si girò per guardarla in faccia, convinto che fosse dietro di lui, e si stupì non poco di vederla attaccata al muro, con un'espressione terrorizzata sul volto.

Drizzt inarcò un sopracciglio. -Faerie?-

Lei non gli rispose. Guardava in basso, atterrita.

-Faerie va tutto bene?-

Lei si morse il labbro, come se fosse indecisa su quello che doveva dire.

-Ecco... io... ehm... uh... promettimi che non mi prenderai in giro...-

-Lo prometto-

-Ecco... io... uh... ho una... mmmmh... paura terribile di...- Si interruppe, guardando in basso, verso la pozza.

Deglutì.

Nessuno, a parte Zaknafein, sapeva della sua folle paura delle altezze, e lui lo aveva scoperto per puro caso. Faerie non voleva che si ripetesse.

Sospirò, pronta a subire le risate di Drizzt e Belwar.

Drizzt guardò nella stessa direzione di Faerie. Poi, assunse un'espressione strana, come se avesse capito cosa voleva dire la sorella.

Si batté una mano sulla fronte. -Ma certo!- esclamò. -Come ho fatto a non pensarci? È ovvio che tu abbia paura dell'acido!-

Faerie lo guardò come se avesse detto una colossale stupidaggine, ma poi si rasserenò nel comprendere che il suo segreto rimaneva tale.

-Sì, sì- si affrettò ad aggiungere. -Tanta paura dell'acido, tantissima a dire il vero. Brutti ricordi, molto brutti, già già.-

Finse di tremare, cosa che non le riuscì molto difficile.

-Beh, puoi sempre prendermi per le spalle e chiudere gli occhi. Ti guiderò io.-

Faerie lo guardò come se fosse matto, ma prima di poter dire qualcosa, una nenia si levò dall'estremità opposta del ponte.

-Morte! Morte!-

Una strana creatura fece la sua comparsa: aveva la testa di corvo e il corpo di un umano. Era munito di lunghi artigli e aveva solo tre dita dei piedi.

-Dobbiamo andarcene di qui- disse Drizzt, vedendo che altre creature come quella stavano accorrendo.

Il grido "morte! Morte!" risuonava da tutte le parti.

-Forza Faerie, andiamo- disse Drizzt. Lei scosse freneticamente la testa.

-N-no! No! Ho paura!-

Drizzt non poté aggiungere altro, perché una delle creature lo attaccò alle spalle.

Venne prontamente salvato da Belwar, che assestò una martellata sul piede dell'animale, per poi spingerlo giù dalla passerella mentre era impegnato a gridare dal dolore.

-Dobbiamo andare ORA!- ruggì Belwar.

-Faerie, andiamo!-

Lei scosse la testa, atterrita. -N-non ce la faccio! Lasciatemi qui!-

-No! Io non ti abbandonerò!-

Una moltitudine di bestie attaccò i tre amici, così che Belwar e Drizzt furono costretti a combattere.

Riuscirono a ricacciarle indietro, allontanandosi da Faerie.

-Devi andare avanti, non puoi abbandonarli- si disse. -Avanti, è solo una pozza, c'è una bassissima probabilità che tu possa cadere. Sei agile, agile e veloce, ce la puoi fare.-

Strinse gli occhi. Le pareva di sentire la voce di suo padre nella testa.

Combatti Faerie! Combatti! Sconfiggi le tue paure, fai di ogni tua debolezza il tuo punto di forza! Combatti, Faerie, combatti!

Lacrime uscirono dai suoi occhi. Mi dispiace padre, pensò, non ci riesco, ho troppa paura. Ti ho deluso.

Un ruggito la riportò alla realtà.

Aprì gli occhi: Guenhwyvar stava combattendo qualche passerella più in là, Drizzt e Belwar combattevano schiena contro schiena nel ponte accanto al suo.

La sua passerella era sgombra.

Posso correre dall'altra parte...in caso di fuga sarei pronta, e poi tirare con le frecce da lì.

Tutto sommato le sembrava un buon piano. L'unico ostacolo era la paura.

Faerie chiuse gli occhi, iniziando a fare respiri profondi. Supera la tua paura, corri, non guardare giù, sarà un attimo, non te ne accorgerai nemmeno. Al tre. Uno, due...

Dovette contare fino a tre almeno otto volte prima di decidersi a partire.

Con uno scatto, attraversò la passerella, fissando il punto d'arrivo, senza badare ad altro.

E fece male.

Solo il grido "morte! Morte!" la avvertì del masso che stava precipitando su di lei.

Fece appena in tempo a scansarsi, prima che la pietra si schiantasse sulla passerella, rompendola.

Il masso e la creatura che vi stava sopra caddero nell'acido.

Faerie però, perse l'equilibrio, e iniziò la sua caduta.

Un grido disumano si propagò nell'aria.

La drow artigliò l'aria davanti a sé. Le sue dita incontrarono la dura e irregolare roccia, che le graffiarono la pelle.

Riuscì a tenersi aggrappata alla sporgenza. Urlò di nuovo.

-FAERIE!-

Faerie sentì un ruggito, poi il testone di Guenhwyvar comparve sopra di lei. La pantera sfiorò la spalla della Drow con il muso, afferrando dolcemente con i denti il piwafwi. La giovane si aggrappò al suo collo possente, tremando come una foglia. Guenhwyvar prese a indietreggiare, traendo in salvo Faerie.

-FAERIE, VIA DI LÌ!- Ruggì Belwar, vedendo che un'altra di quelle creature si stava preparando per buttarsi giù insieme a un masso.

Rapida come un fulmine, Faerie salì in groppa a Guenhwyvar, che la portò alla fine della passerella. Poi, la pantera tornò ad aiutare Drizzt e Belwar.

Faerie dovette fare diversi respiri profondi prima di calmarsi, poi incoccò una freccia.

La scagliò nell'occhio della bestia più vicina a Drizzt.

Una dopo l'altra, le creature caddero sotto i colpi di Faerie, ma ci volle poco perché lei esaurisse le frecce.

Si rammaricò di non poterle recuperare, ma c'erano cose più importanti del suo rammarico in quel momento.

-DRIZZT! BELWAR! DOBBIAMO ANDARE! HO FINITO LE FRECCE! NON POSSO PIÙ AIUTARVI!-

I due amici non diedero segno di averla ascoltata, ma iniziarono a dirigersi verso l'uscita. Le creature li inseguivano. Faerie lanciò il suo coltello nel petto di una che stava per affondare i suoi artigli nella testa di Belwar.

Le creature, stranamente, non oltrepassarono l'ingresso del tunnel. I tre amici, però, non smisero di correre, ansiosi di mettere la maggiore distanza fra loro e quelle bestiacce.

Si fermarono solo molto tempo dopo, quando furono sicuri di essere in salvo e ben lontani da quel luogo.

-C-ce l'abbiamo fatta- ansimò Drizzt. Faerie annuì.

Le tremavano le gambe, tanto erano state forti le emozioni appena vissute.

La vista le si annebbiò, il respiro si fece più lento, le gambe le cedettero, e Faerie Do'Urden cadde nelle tenebre.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Quando aprì gli occhi, le ci volle un po' perché potesse vedere nitidamente. Sbatté le palpebre un paio di volte, nel tentativo di mettere a fuoco.

Sentiva Belwar e Drizzt parlottare di fianco a sé. Di cosa, non lo sapeva. Parlavano a voce troppo bassa perché lei potesse capire cosa dicevano.

-Belwar...- sussurrò con voce rauca. -Drizzt...-

-Si è svegliata!- esclamò Drizzt.

Subito, i due amici entrarono nel campo visivo di Faerie, entrambi con espressione preoccupata.

-Magga cammara, Faerie! Ci hai fatto prendere uno spavento!- esclamò Belwar.

Subitaneamente, lei si mise a sedere, stringendo Drizzt e Belwar in un abbraccio soffocante.

Drizzt rimase stupito da quel gesto. Mai si sarebbe aspettato un abbraccio dalla sorella.

-Calma, Faerie- sussurrò Belwar. -È tutto finito, stiamo tutti bene. Su, fai un respiro profondo. Ecco brava. Tranquilla.-

Lei tremò. -E... e adesso?-

Belwar fece spallucce. -Direi di proseguire, dopotutto non c'è altro che possiamo fare.-

Faerie annuì. Si staccò dall'abbraccio e si alzò in piedi. -Da che parte?-

-Ce n'è solo una, Faerie- disse Belwar ridacchiando.

Faerie si irrigidì, punta sul vivo.

Sempre ridacchiando, Belwar le passò davanti. Lei si apprestò a seguirlo, tenendo il capo chino.

Drizzt rimase indietro, per poterle camminare accanto. Le sfiorò il braccio, con fare affettuoso. -Va tutto bene?-

Lei sussultò, come se fosse stata punta da un'ape. -Sì... sì- disse in fretta.

-No, invece-

Faerie non rispose. Drizzt decise di rispettare il suo silenzio, sapendo che forzarlo non avrebbe portato a nulla.

Lei guardava in basso, e camminava in fretta, come se cercasse di non farsi notare.

-La caduta ti ha spaventata così tanto?- chiese Drizzt.

Faerie alzò lo sguardo, e gli riservò un'occhiataccia degna di Matrona Malice.

-Fai un po' tu- disse lei sarcastica. -Ho rischiato di fare la fine che ha già fatto metà della mia faccia!- Il suo tono però non fu stizzito quanto avrebbe voluto, e Drizzt se ne accorse.

-Non è la caduta- dedusse. -È qualcosa d'altro che ti turba-

-Perché non mi fai un favore e non chiudi quella bocca?- gli chiese Faerie, con poca convinzione nel tono.

-Che cosa ti rende così... addolorata?-

Questa volta Faerie non rispose. Continuò a guardare in braccio, le sopracciglia aggrottate.

-Mio padre- sussurrò dopo molto tempo. -Volevi sapere cosa mi duole? Ecco, è questo che mi turba. Mentre ero là... pensavo a Zak, pensavo a lui che mi spronava a dare il meglio di me, che mi diceva di superare le mie paure... io non l'ho fatto, Drizzt, io l'ho deluso, anche se non è qui a vedermi.-

Faerie ebbe un tremito, poi iniziò a singhiozzare.

-Vorrei che fosse qui adesso- sussurrò. -A darmi una mano, a guidarmi quando credo di essere persa. Ma non c'è, e io mi devo arrangiare. Mi manca, Drizzt, mi manca terribilmente. È stato il mio primo amico, mi ha salvata da quell'inferno che era la mia casa. È stato l'unico che mi abbia mai amato lì dentro...-

Drizzt notò che gli occhi della sorella erano velati di lacrime. Istintivamente, le avvolse le spalle con un braccio.

Si aspettava un ringhio, o uno scatto da parte di Faerie, ma lei lo lasciò fare.

-Tu non sai come ci si sente...- sussurrò la drow. -Ho passato più di quarant'anni con il senso di colpa, per non essere riuscita a salvarlo da quell'inferno. Mi guardavo allo specchio e mi dicevo "guardati, Faerie, schifosa bastarda fortunata: tu sei qui, libera dal giogo di Malice mentre tuo padre è ancora là a subire le sue angherie. Vergognati".-

-Tu non devi sentirti in colpa Faerie, non è stata colpa tua. Credimi, anche io gli chiesi di seguirmi nel Buio Profondo e lui rifiutò. Non ti avrebbe seguita comunque.-

Lei rimase in silenzio.

-Drizzt...-

-Sì?-

-Come sta Zak?-

Drizzt rimase impietrito. Quelle due parole premevano per uscire dalla sua bocca, ma la razionalità dell'elfo gli diceva che in quel momento Faerie era ancora troppo turbata per ricevere quella notizia.

Non era pronta, non ancora.

E allora quando lo sarà?, sussurrò una voce nella testa di Drizzt. Lui la scacciò subito.

-Scusa se non te l'ho chiesto prima, ma avevo altre cose per la testa.-

Il giovane Do'Urden nemmeno la ascoltò. Lottava contro l'impulso di urlare Zak non sta bene! È morto, Faerie! Morto! Ucciso da nostra madre al posto mio! Non tornerà mai più! Tu non lo potrai mai più rivedere e io non lo potrò più riabbracciare! È morto, capito?! Morto!

Si morse il labbro per non farsi sfuggire quelle parole.

-Drizzt? Va tutto bene?-

No!, urlava la sua mente.

-Drizzt?-

-Ecco... Faerie... lui... come dire...-

Gli occhi di Faerie si ridussero a fessure. -Cosa stai cercando di dirmi? Gli è successo qualcosa per caso?-

-S-sì, cioè, no. Insomma Faerie lui...-

-Ehi, voi due!- li interruppe la voce di Belwar. -Venite a vedere!-

Fratello e sorella corsero verso lo gnomo, che per tutto quel tempo era rimasto diversi passi davanti a loro.

Belwar stava sul bordo di una sporgenza, guardando in basso. -Guardate- disse indicando il luogo sottostante: era un'ampia caverna, con un grande e profondo lago sotterraneo.

-Potremmo stabilirci qui- disse indicando delle piccole grotte alle sue spalle, con ingressi abbastanza piccoli per essere difesi.

-Il lago è pieno di pesci, e l'acqua è potabile, inoltre...-

Un gigantesco granchio uscì dalle acque, facendo schioccare le chele minacciosamente.

-Non credo che questa... creatura, sia disposta a lasciarci vivere qui- osservò Drizzt.

Belwar e Faerie si scambiarono uno sguardo d'intesa. -Spero tu stia scherzando, elfo scuro- disse lo gnomo sbattendo il martello e il piccone fra loro. -Quello è un granchio, ed è uno dei cibi più prelibati che esistano.-

-Non vedo come possa...-

-Lo facciamo insieme?- chiese Faerie a Belwar, interrompendo Drizzt. Lo gnomo la guardò con sguardo furbo, e sorrise.

-Chi sferra più colpi inutili, cucina!- esclamò Belwar.

Ridendo, lo gnomo e la Drow si lanciarono sulla bestia, mentre Drizzt scuoteva la testa al suono delle loro fresche risate.

Sul suo volto, però, aleggiava un sorriso.

~*~

-Dì quello che ti pare, Drizzt, ma Belwar è insuperabile quando si tratta di cucinare il granchio- disse Faerie leccandosi le dita, dopo essersi riempita la pancia della succosa polpa del crostaceo.

Drizzt fece un sorriso, finendo di mangiare la sua cena.

-Dici così perché l'ultima volta che hai provato a cucinare un granchio hai quasi dato fuoco all'acqua- disse Belwar sogghignando.

Drizzt scoppiò a ridere mentre Faerie lanciava un'occhiataccia all'amico. -Molto divertente, Belwar.-

I tre amici continuarono a raccontarsi aneddoti divertenti e a chiacchierare del più e del meno, fino a che Belwar non cadde addormentato accanto al fuoco che avevano accesso per cucinare.

I due fratelli rimasero a fissare le fiamme, in silenzio.

Passò molto tempo prima che uno dei due parlasse.

-Drizzt...-

-Sì, Faerie?-

-Non hai ancora risposto alla mia domanda-

Drizzt rimase in silenzio. Avrebbe voluto tacerglielo per sempre, ma non poteva.

-Lui... ecco...- fece un respiro profondo. -È morto. Nostra madre lo ha sacrificato a Lloth, al posto mio.-

Inizialmente Faerie rimase immobile, come la pietra. Poi, Drizzt la vide ringhiare e stringere i pugni. Rivoli di lacrime le scivolavano sulle guance.

-Lo ha fatto per salvarmi, si è offerto di morire al posto mio- si affrettò ad aggiungere l'elfo.

-Me lo aveva promesso...- sussurrò lei. -Mi aveva promesso che lo avrebbe salvato...-

Drizzt la guardò confuso, sentendo la gola che si seccava a quelle parole. -Cosa?-

-Lo aveva promesso...- disse lei, stringendosi la spilla appesa accanto al medaglione. Le lacrime scorrevano numerose sul suo volto.

-Faerie, chi te lo ha promesso?-

Lei non gli rispose. Si limitò a ringhiare di nuovo. -Lurida... puttana...- sibilò, alzandosi in piedi di scatto. -Si è portata via tutto da me, la mia vita, la mia libertà e ora anche mio padre! Oh la pagherà cara, oh se la pagherà!- gridò lei dando un calcio a un sasso.

Drizzt gettò un'occhiata a Belwar, temendo che la sorella lo avesse svegliato, ma lui si limitò a girarsi su un fianco, mugugnando.

-Faerie...- Il giovane Do'Urden tacque nel vedere lo sguardo irato che gli riservò la sorella.

-E tu!- esclamò lei. -Perché non me lo hai detto subito?! Ti divertiva così tanto vedermi sperare sapendo che era tutto vano?!-

-Cosa? No!- protestò Drizzt. Lei non lo ascoltò.

-Perché non me lo hai detto?!- gridò lei.

-Perché non volevo farti soffrire!-

Faerie rimase ammutolita. Il suo sguardo però continuava a essere rabbioso.

Si voltò, e uscì dalla grotta.

-Faerie!-

-Lasciami in pace, Drizzt!- urlò lei. -Lasciami in pace...- sussurrò, mentre le lacrime scendevano copiose sul suo viso.

Drizzt non la rivide per tutta la notte. La vide tornare solo al mattino, con gli occhi gonfi e rossi di pianto.

L'elfo scuro iniziò a farle domande, chiedendole dove fosse stata, che cosa aveva fatto, se fosse stata attaccata o altro, ma Faerie lo mise a tacere con una delle sue occhiatacce.

Senza dire una parola, lei si diresse verso il mucchietto di coperte che le fungeva da giaciglio, e vi si rannicchiò sopra, addormentandosi subito.

Drizzt andò da lei, e iniziò ad accarezzarla. -Non è stata colpa tua- sussurrò. -Né mia, non è stata colpa di nessuno-

E così rimase, fino al risveglio di Belwar.

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


-Avete sentito?- chiese Belwar, smettendo di lavorare alla porta per il loro rifugio che stava costruendo.

Drizzt alzò la testa, distogliendo lo sguardo dal secchio che stava riempiendo.

Faerie non diede segno di aver sentito. Era nella grotta, intenta a fumare una pipa dal lungo e sottile cannello e dal fornello piccolo.

Erano diversi giorni, più precisamente da quando aveva saputo della morte di suo padre, che se ne stava seduta nel loro rifugio, le gambe accavallate, l'espressione cupa e la pipa accesa in bocca.

Parlava di rado, e si muoveva solamente quando bisognava andare a caccia. Per il resto, si chiudeva in un guscio che nemmeno Belwar riusciva a infrangere. Drizzt aveva provato a chiederle più volte di chi stesse parlando quando aveva accennato a una promessa, ma lei era stata irremovibile. Non aveva mai emesso un suono, lanciandogli occhiate truci ogni volta che gli faceva una domanda in merito.

Drizzt estrasse le scimitarre. -Dobbiamo andare a vedere che cos'è. Faerie, tu vieni?-

La sorella lo guardò come se le avesse appena chiesto di diventare una sacerdotessa di Lolth. Tuttavia annuì, anche se si vedeva benissimo che non ne aveva voglia.

Spense la pipa, e la infilò in un'apposita borsa piccola e allungata, legata al cinturone che indossava. Con un sospiro, prese le sue spade sottili, e seguì Drizzt e Belwar fuori dal loro rifugio.

I tre amici entrarono nei tunnel. Sentivano in lontananza un rumore secco e ripetuto, come se ci fosse stato qualcuno che batteva sulla roccia.

-State pronti- sussurrò Drizzt -e non fate troppo rumore-

Appena lo disse, Faerie andò a sbattere contro la sua schiena, facendolo cadere. Le scimitarre fecero un clangore tremendo non appena toccarono terra.

-Ma che cavolo fai?!- esclamò il drow, dimentico del fatto che dovevano restare in silenzio.

Faerie gli lanciò una delle sue occhiatacce. -Potevi guardare dove mettevi i piedi!-

-Eri tu dietro di me! Al massimo tu avresti potuto guardare...-

-Basta!- intervenne Belwar. -Non è il momento di litigare! Quello che c'è nella galleria sta scappando!-

I due drow si zittirono all'istante. Sentirono un rumore di passi affrettati echeggiare nei tunnel, che si allontanavano sempre di più.

-Muoviamoci!- esclamò Drizzt, sfrecciando nella direzione in cui il rumore si faceva più forte.

Faerie lo superò con un ringhio. Sentiva la rabbia crescere in lei, non sapeva nemmeno perché. Sapeva da dove veniva, questo era certo. La rabbia per la morte del padre era dura a morire e ogni pretesto era buono per sfogarla e ogni volta che cacciava, sentiva quella sensazione di furore, che non lasciava spazio ad altro se non al suo unico obbiettivo: uccidere.

In poche grandi falcate, raggiunse la creatura, tallonata dal fratello.

La rabbia le impedì di realizzare che cos'era la creatura. La rabbia la rese sorda all'avvertimento di Drizzt.

Vide la mano artigliata solo quando le arrivò in faccia, aprendole diversi tagli sulle guance e sulla fronte, fortunatamente senza danneggiare l'occhio buono della drow.

Venne scaraventata all'indietro, e colpì la parete rocciosa con la schiena. Un lamento strozzato uscì dalla gola di Faerie. La vista le si annebbiò.

Iniziò a dimenarsi, presa dal panico. Prese ad agitare le spade a casaccio, in un goffo tentativo di respingere qualunque cosa si fosse avvicinata.

-Faerie! Faerie fermati! Va tutto bene!- esclamò la voce di Belwar.

-N-no! Non va tutto bene! Ci stanno attaccando!-

-Faerie fermati! Va tutto bene! È solo un pech!-

-I PECH NON HANNO GLI ARTIGLI!- urlò Faerie, in preda a una furia improvvisa e incontrollata. Sentiva di star lentamente riacquistando la vista.

-È colpa di un incantesimo! Un mago lo ha trasformato in un orrore uncinato! Calmati, Faerie, stiamo tutti bene!-

-BUGIARDO!- gridò lei, alzandosi di scatto in piedi, ma la sua testa aveva ricevuto una bella botta, e un attacco di nausea la fece crollare a terra.

Belwar corse da lei, ignorando il fatto che Faerie tenesse ancora le spade in mano.

La drow tremava e singhiozzava. Lo gnomo del profondo le appoggiò le mani sulle spalle, sussurrandole di stare calma.

Piano piano, Faerie smise di tremare. Belwar sentiva solo i suoi singhiozzi.

-Su, Faerie- mormorò. -Non fare così. Calmati, non è successo niente, stiamo tutti bene.-

Drizzt fece ritorno da loro, accompagnato da una grossa creatura ricoperta da un esoscheletro e munita di lunghi artigli letali: un orrore uncinato, proprio come aveva detto Belwar.

Drizzt guardò Faerie severamente, come se le rimproverasse il fatto di essere stata così imprudente.

Faerie gli lanciò un'occhiata velenosa e carica di rabbia.

-S-s-scusa- balbettò l'orrore uncinato. -C-Clacker non voleva fare del male... C-Clacker spaventato. C-Clacker adesso aiuta, Clacker adesso guarisce!- aggiunse cercando di sorridere, ma il becco che si ritrovava al posto della bocca glielo impedì.

-Non prenderla troppo sul personale, amico mio- disse Drizzt con gentilezza. -Ma questo è compito di chi ha mani più adatte ed esperte delle tue-

Clacker si guardò le mani, facendo dondolare il suo peso da una gamba all'altra. -O-oh- disse. -G-giusto-

Faerie mascherò la sua sorpresa con un'espressione furiosa. -È così che si chiama?- chiese con tono leggermente più astioso di quel che voleva.

Drizzt la guardò con sguardo duro. -Già, e sei pregata di essere gentile con lui e di avere pazienza.-

-Senti un po', razza di...-

-Adesso piantatela!- esclamò Belwar. -È da quando abbiamo lasciato il nostro rifugio che non fate altro che litigare, adesso basta! Faerie, controlla il tuo temperamento, e tu Drizzt vedi di covare meno risentimento. E adesso torniamo!-

I due fratelli si lanciarono un'occhiataccia prima di procedere per tornare alla loro casa.

Faerie si alzò rabbiosamente, dirigendosi verso il loro rifugio. Arrivò prima degli altri, e si sedette sul cumulo di coperte che usava come giaciglio. Non si diede nemmeno la pena di medicarsi le ferite, nonostante le facessero male e le sentisse pulsare.

Sentì i leggeri passi di Drizzt dirigersi verso di lei. -Vieni qui- le disse. Lei nemmeno si girò.

Lo udì sospirare, poi se lo ritrovò davanti con un panno bagnato. -Che cosa vuoi fare?- ringhiò.

-Di nulla, sorella mia, è un piacere curarti- le rispose il fratello in tono sarcastico, iniziando a pulirle le ferite.

Non appena il panno le sfiorò la carne, Faerie guaì e si dimenò. -Pizzica!- si lamentò.

Drizzt sbuffò. -E cosa ti aspettavi? Una dolce carezza? Ora stai ferma- disse continuando a pulirle il viso.

-Si può sapere che cos'hai?- chiese Faerie, scansandosi.

Il fratello la guardò con gli occhi di fuori. -Io?! Che cos'hai tu, piuttosto. Sei scontrosa e irascibile da quando siamo usciti, e sei maleducata con tutti. Si può sapere perché sei così? Capisco che tu sia addolorata per nostro padre, anche io ero così, so come ti senti, ma questo non...-

Faerie si alzò in piedi di scatto, ringhiando. -Tu non sai affatto come mi sento- sibilò. -Tu non hai vissuto come me, tu non sai niente, niente, né di me né di come mi sento. Non cercare di capirmi, perché non ci riesci!-

Anche Drizzt si alzò in piedi, guardandola con un cipiglio severo. -La vuoi smettere?- disse. -La vuoi smettere di essere così egocentrica? Non sei l'unica ad aver sofferto, qui, tutti abbiamo i nostri demoni e i nostri dolori, non crederti più importante solo perché pensi che il tuo dolore sia più forte del nostro!-

-Io non...-

-E sai una cosa? Puliscitele da sola, le tue dannatissime ferite, dato che non sai fare altro che lamentarti- disse gettando il panno bagnato ai suoi piedi.

Faerie si sentì pervadere da una rabbia incontrollata, una rabbia che voleva esplodere e travolgere tutto quello che si trovava lì vicino a lei. Provò l'irrefrenabile desiderio di lanciarsi sul fratello e straziarne il corpo con le spade, ma, stranamente, riuscì a controllarsi, e si limitò a lanciargli il panno umido sulla nuca.

-Vaffanculo, Drizzt Do'Urden!- gridò, prima di voltarsi e di correre via. -Vaffanculo...- sussurrò mentre le lacrime scivolavano copiose sul suo viso.

Corse fino alla riva del lago più lontana. L'accampamento non era visibile da lì.

Meglio così, pensò lei, io non posso vedere loro e loro non possono vedere me. Io non posso vedere le loro debolezze e loro non possono vedere le mie, pensò mentre si lasciava cadere in ginocchio sulle rive rocciose del lago.

Fissò a lungo il suo riflesso nelle acque fredde e profonde, mentre le lacrime cadevano come pioggia sulla superficie dello specchio d'acqua.

Ad un tratto, le parve che il suo riflesso fosse diventato quello di suo padre, che la guardava dolcemente. "Che cosa è successo, piccola mia?", pareva chiederle, "perché piangi?"

Faerie si morse il labbro inferiore, cercando di non piangere ancora, e diede una manata al riflesso.

Si rannicchiò sulle rocce, poco lontano dall'acqua. Poco dopo, senza neanche rendersene conto, si era addormentata.

E sognò.

Vide sua sorella Briza, che accarezzava la frusta. -Ti ricordi della mia piccola amica, sorellina?- disse lei con un ghigno sadico. -Ti ricordi come la facevo schioccare sulla tua schiena quando ti comportavi male? Ti ricordi le grida? Ti aspetto Faerie, noi tutti ti aspettiamo, e quando sarai tornata ciò che subirai ti farà rimpiangere le mie punizioni.-

L'immagine di Briza sfumò, e Faerie vide sua madre, seduta sul suo trono nero, che rideva. -Credi di essermi sfuggita, figlia mia?- Ridacchiò. -Credi che mi sia dimenticata di te? Ti sbagli, mia cara, non sai quanto ti sbagli. Presto ci rivedremo, e quando accadrà ti strapperò via tutto ciò che ami.-

Malice rise, una risata sguaiata e carica di malvagità. Faerie chiuse gli occhi, tappandosi le orecchie. Vattene, vecchia strega, supplicò, vai via dalla mia testa.

Quando riaprì gli occhi, si accorse di essere nella sua vecchia stanza, a Menzoberranzan. Deve essere un altro incubo..., pensò.

-Ussta dahlaril...-

Faerie si irrigidì nel sentire quella voce. Quella voce che l'aveva accompagnata per tutti gli anni della sua infanzia, della sua adolescenza e della sua giovinezza. Quella voce che l'aveva sempre spronata a dare il massimo e il meglio di sé. L'unica voce amica nell'inferno in cui era cresciuta.

Padre...

Faerie si alzò di scatto dal suo letto, guardando qua e là alla ricerca di Zaknafein.

Lo vide ai piedi del letto, in posizione eretta. Teneva le braccia incrociate, e il suo solito cipiglio severo era presente sul suo viso. Tuttavia, la sua espressione si distese nel vedere la figlia maggiore.

Faerie scese fulminea dal letto, precipitandosi ad abbracciare il padre.

-Ilharn...- sussurrò. Sentì le forti braccia di Zaknafein ricambiare il suo abbraccio.

-Mi sei mancato...- singhiozzò.

-Anche tu mi sei mancata, ussta dalharil- rispose lui, stringendola più forte.

-Dove siamo?- chiese lei. -È un sogno, non è vero?-

Zaknafein annuì, grave. -Sì, lo è.-

-Oh, padre!- esclamò lei. -Vorrei che fossi con me adesso!- singhiozzò. -Io mi sento persa! Persa e confusa! Non so cosa devo fare, e ho paura! Vorrei potermi fidare di Drizzt, ma temo di commettere un errore...-

Andò avanti a sfogarsi per quel che le parvero ore, piangendo disperatamente e stringendo forte suo padre. Esso non proferì verbo: si limitò ad accarezzarla sulla capigliatura mossa.

Sapeva che era un sogno, sapeva che presto suo padre sarebbe svanito e tornato nei recessi della sua mente. E lei non voleva.

Voleva stringerlo a sé per l'eternità, voleva portarlo con sé nel Buio Profondo, lontano dalla sua perfida famiglia.

Ma non poteva, lo sapeva benissimo: Zak era morto, e quello che stava stringendo Faerie era solo una proiezione della sua mente, un ricordo di quello che Zak era stato per lei. Un ricordo dolcissimo e allo stesso tempo molto doloroso.

-...ti prego, vieni con me, padre- mormorò infine Faerie. -Ti prego, abbiamo tutti bisogno di te: io e Drizzt abbiamo bisogno di te...-

-Non posso, Faerie...-

Il volto di Zaknafein iniziò a svanire, insieme alla stanza.

-NO!- gridò Faerie. -PADRE NO! TI PREGO RIMANI CON ME!- urlò protendendo una mano in avanti, prima di sentire il suo corpo cadere nel vuoto.

Faerie aprì gli occhi. Tremava.

-Ilharn...- sussurrò in lacrime.

Era stato solo un brutto sogno, nulla di più.

La drow si rannicchiò ancora di più su se stessa, mentre lacrime silenziose le rigavano il volto nero.

Sentì dei passi pesanti avvicinarsi a lei. Fulminea, si mise a sedere ed estrasse le spade.

-N-no!- esclamò Clacker, perché di lui si trattava, alzando le mani in segno di resa. -C-Clacker n-non vuole fare male! C-Clacker vuole parlare!-

-Scusami- disse Faerie rinfoderando le spade. -Pensavo fossi una creatura del Buio Profondo.-

Clacker si sedette vicino a lei. -Faerie triste?- chiese lui. La drow non volle nemmeno sapere come la creatura fosse venuta a conoscenza del suo nome.

Annuì. -Sì, sono triste. Triste e arrabbiata. Da quando sono nata la mia vita è stata un disastro e un inferno, e per questo devo ringraziare mia madre, mia sorella Briza e la mia stramaledetta società! Volevano che fossi una sacerdotessa, volevano che servissi quell'orrida dea, volevano che fossi un burattino nelle loro mani. Le mie sorelle credono di essere libere, ma non lo sono, sono solo burattini nelle mani di mia madre! Nessuno è veramente libero, in quel postaccio, nonostante si illudano di esserlo.-

Faerie rabbrividì e si strinse nelle spalle.

-Non so nemmeno perché ti sto raccontando tutto questo, onestamente. Tendo a fidarmi poco degli altri.-

-Faerie non deve essere arrabbiata- disse Clacker con semplicità. -Rabbia fa male, rabbia è dolore. Faerie deve sorridere, Faerie deve essere felice. Rabbia non è cosa buona.-

La semplicità della creatura fece quasi ridere Faerie. -Non è così facile Clacker...-

-Faerie ama Drizzt e Belwar?-

Lei sussultò, come se fosse stata colta di sorpresa. -B-beh, sono miei amici...- disse lentamente.

-Faerie ama Drizzt e Belwar, sì o no?- insisté Clacker.

La drow rimase in silenzio per molto tempo. -Sì- disse infine. -Li amo. Sono la cosa più simile a una famiglia che ho, e darei la mia vita, per entrambi.-

-Allora Faerie deve sorridere per loro. Deve smettere di essere arrabbiata. Rabbia è dolore.-

Faerie si concesse un lieve sorriso. -Credo di dovere delle scuse a qualcuno allora.-

Clacker fece schioccare il becco, in segno di approvazione. I due si alzarono e si diressero all'accampamento.

Drizzt e Belwar erano seduti attorno al fuoco, intenti a preparare da mangiare. Entrambi sollevarono lo sguardo nel vedere Clacker e Faerie.

Con una fitta di rimorso, la drow notò che il fratello la guardava ancora con quello sguardo severo, come se fosse arrabbiato con lei, cosa che in effetti era.

Sentì il dispiacere sgorgarle dal cuore e salire fino alle sue labbra.

-Mi dispiace- disse, guardando in basso. Non riusciva a reggere lo sguardo di Belwar, né tantomeno quello di Drizzt. -Mi dispiace- ripeté. -Sono stata... una vera stronza, e un'ingrata. Avevi ragione, Drizzt. Mi dispiace, spero che possiate perdonarmi.-

Sentì il fratello sospirare. -Vieni qui- le disse. Faerie alzò lo sguardo. Vide che Drizzt non sembrava più arrabbiato, perciò si avvicinò.

-Siediti qui, accanto a me-

Faerie eseguì.

Il fratello fece una cosa che lei non si sarebbe mai aspettata: non appena si fu seduta, la avvolse in un dolce abbraccio.

Inizialmente si irrigidì dalla sorpresa, ma poi ricambiò l'abbraccio.

Poco dopo, sentì le corte braccia di Belwar sulla schiena, e poco dopo ancora i duri e frastagliati arti di Clacker.

Rimasero abbracciati a lungo. Almeno fino a che non sentirono puzza di bruciato e le imprecazioni in lingua gnomica di Belwar mentre correva a salvare la loro cena.



























 

Traduzione parole in lingua drow:
Dalharil: figlia 
Ilharn: padre
Ussta: mio (teoricamente usst va usato come soggetto e ussta come oggetto o qualcosa del genere ma siccome nel dizionario c'era solo il maschile ho deciso di fregarmene e usare ussta per il femminile)

 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


Drizzt la scosse dolcemente, sussurrando il suo nome. -Faerie... Faerie...-

-Mmmmmmh- mugugnò lei nel sonno, senza aprire gli occhi.

Il fratello dovette scuoterla un altro po' prima di svegliarla abbastanza da farle capire le sue parole.

-Che cosa c'è?- chiese Faerie, cercando senza successo di reprimere uno sbadiglio.

-Noi andiamo a cercare il mago che ha trasformato Clacker, vieni con noi?-

-A quest'ora?! Ma è prestissimo...-

-Se fossimo a Menzoberranzan sarebbe già ora di pranzo-

-Appunto-

-Allora, vieni o no?- tagliò corto Drizzt.

Faerie sbadigliò di nuovo. -In tutta sincerità, fratellino, preferirei rimanere qua. Stranamente, non ho voglia di metter mano alle armi, oggi.-

Udì Belwar borbottare qualcosa di molto simile a "questa sì che è una novità", ma decise di lasciar correre.

Drizzt la guardò pensieroso. -Mi occuperò dell'accampamento mentre non ci siete e gli farò la guardia- disse lei.

-Ti ricordo che l'ultima volta che hai provato a svolgere delle faccende domestiche hai rotto metà delle tue stoviglie, pulito erroneamente il pavimento con la zuppa di funghi e usato l'acqua sporca per condire lo stufato- intervenne Belwar.

Drizzt e Clacker scoppiarono a ridere talmente forte che dovettero sedersi a terra per non rischiare di cadere.

Il volto nero di Faerie si scurì per l'imbarazzo mentre fulminava Belwar con un'occhiataccia. -S-sbagliando si impara- farfugliò lei, in un vano tentativo di far cessare le risate, con il solo risultato di aumentarle.

Faerie incrociò le braccia, imbronciata. -Beh, per quel che ne sapete potrei essere migliorata- disse, senza essere però ascoltata.

La drow allora allungò un braccio e diede un poderoso pizzicotto sul braccio di Drizzt.

-AHIA!- gridò lui, smettendo immediatamente di ridere.

-Allora, volete ascoltarmi sì o no?- sbuffò lei.

Il fratello la guardò storto, massaggiandosi il punto dolorante.

-Va bene, va bene, ho capito- borbottò.

Faerie fece un sorriso angelico. -Molto bene.-

-Comunque non sono molto d'accordo con il pensiero di lasciarti qui da sola. Siamo inseguiti, non sappiamo nemmeno se da una qualche creatura o semplicemente da un drow, non voglio che tu ti faccia del male.-

Faerie sbuffò sonoramente. -Mi hai forse preso per una sempliciotta incapace che non sa maneggiare neanche un bastone? Combatto da quando ho imparato a camminare, so difendermi perfettamente!-

-Ma non sappiamo con cosa abbiamo a che fare...- la interruppe Drizzt. La sorella gli lanciò uno sguardo di fuoco.

-Sono sopravvissuta in queste gallerie mentre ero prossima alla morte, con un quinto dell'energia che ho adesso, se non meno. Sono proprio l'ultima persona a cui fare questi discorsi!- disse lei con tono deciso.

Il fratello sospirò. -D'accordo, se ne sei così sicura. Resta pure qui, saremo di ritorno fra un po'.-

Drizzt, Belwar e Clacker si allontanarono, sparendo oltre l'ingresso del loro rifugio. Tuttavia, Faerie rimase ancora a lungo nel suo giaciglio, rimuginando sulla sua decisione di rimanere. -Forse a Drizzt e a Belwar avrebbero fatto comodo un paio di mani in più...- borbottò. Scacciò subito quel pensiero. Hanno Clacker e Guenhwyvar, dopotutto, non sono poi così indifesi, pensò alzandosi dal suo giaciglio.

Si stiracchiò, e si guardò intorno per vedere se c'era qualche faccenda da sbrigare. Notò che era finito il combustibile, perciò decise che sarebbe andata a cercarne altro. Prese con sé le armi e si avviò verso l'uscita del rifugio, diretta verso un piccolo giacimento di carbone che Belwar aveva scoperto poco tempo prima.

Fortunatamente molti pezzi erano già stati estratti, perciò Faerie non dovette fare altro che raccoglierli, utilizzando il drappo ornamentale che portava alla cintura a mo' di sacco.

Tornò canticchiando piano al loro rifugio, e sistemò il carbone nel cerchio di pietre che usavano come focolare.

Decise di lavare le coperte e gli indumenti di Belwar e di Drizzt, nonostante avesse una vaghissima idea di come si lavassero dei vestiti. Di solito era Belwar che le dava una mano con le faccende domestiche, dato che Faerie era talmente disastrosa che il suo amico gnomo non riusciva a vederla fare da sola. A Menzoberranzan, ovviamente, gli schiavi si occupavano delle pulizie e di tutto il resto.

La drow si grattò la testa. Innanzitutto dovrei bagnarli, disse prendendo una tunica di Drizzt, che puzzava enormemente di sudore. La cacciò in acqua, strofinandola nei punti più odorosi, nel vano tentativo di lavare.

E poi? Come diavolo si faceva? Ci andava del sapone? O no?, pensò tirando su la tunica, senza tuttavia farla uscire del tutto dal lago.

Direi che è fatta, disse tirando fuori l'indumento, soddisfatta. E adesso tocca ai tuoi vestiti, Belwar, pensò mettendo a bagno i vestiti dello gnomo. Peccato che si ricordò del sacchetto di monete che Belwar portava attaccato alla cintura solo quando lo vide sul fondo del lago.

Pazienza, pensò, non gli servono soldi qui. Capirà, si disse, anche se in cuor suo sapeva che non era così.

Distese i vestiti bagnati sulla roccia, di fianco al posto per il fuoco. Si guardò attorno, per accertarsi di aver fatto tutto. Saranno sicuramente affamati al loro ritorno, si disse Faerie.

Grattò dalle rocce un po' di muschio e se lo mise nella bisaccia, meditando di andare a cercare qualche rothe.

Si diresse nelle oscure gallerie del Buio Profondo alla ricerca di quei ruminanti, operazione che le richiese parecchio tempo.

Finalmente, dopo tanto girovagare trovò una rothe solitaria che si aggirava per i tunnel. -Ehi, bella!- esclamò la drow estraendo il muschio dalla bisaccia. -Guarda cos'ho per te!-

Il ruminante girò mollemente la testa verso la giovane, guardandola con espressione neutra, come a dire "e allora?"

-Oh, per favore, non costringermi a macellarti qui! Sarebbe una vera seccatura trasportare la tua carcassa fino all'accampamento!- si lamentò Faerie.

La rothe non si mosse di un millimetro.

Sbuffando e imprecando, l'elfa scura si diresse verso l'animale, agitando il muschio sotto il suo naso. La bestia allungò il collo, cercando di mangiarlo, ma Faerie fu svelta a tirarlo via. -Se lo vuoi devi venire con me- disse mentre arretrava di qualche passo.

Il trucco funzionò, e con quel sistema Faerie riuscì a portare la rothe fino all'accampamento.

-Bravissima- disse Faerie facendole i gratini sul testone e dandole il muschio. È quasi un peccato doverla uccidere...

Prima ancora che potesse fare alcunché, però, lo sguardo le cadde sull'accampamento: il muschio che le rimaneva le cadde dalle mani e il suo viso divenne una maschera di acuto terrore.

Le coperte erano state tagliuzzate e stracciate, le stoviglie che lei e i suoi amici avevano costruito insieme erano state frantumate e i cocci erano sparsi dappertutto nella grotta. Faerie iniziò a tremare riconoscendo la causa dei tagli nelle coperte: lame, lame affilate e mosse da mano esperta. Lame di drow.

Il tremito di Faerie si fece più forte, e lei cadde a terra in preda a violente convulsioni. Un grido di terrore le salì alla bocca, e lei non fece nulla per fermarlo.

Le sue grida riempirono la grotta.

~*~

-Hai sentito?- chiese Drizzt a Belwar, sentendo delle grida.

Lo gnomo gli lanciò uno sguardo preoccupato. -Veniva dal nostro accampamento.-

Drizzt, Belwar e Clacker si guardarono. -Faerie!-

Si lanciarono in una corsa frenetica, temendo per la loro amica. Quando giunsero nella grotta, trovarono Faerie rannicchiata a terra, che gridava.

-Faerie!- esclamò Drizzt correndo dalla sorella.

-S-sono qui- balbettò lei fra le grida. -S-sono arrivati, v-vogliono uccidermi, s-sono qui per me!-

-Cosa? Faerie cosa stai dicendo?-

-Elfo scuro!- esclamò Belwar. -Vieni a vedere!-

Drizzt si diresse verso l'amico, e rimase impietrito nel vedere lo scempio che tanto aveva terrorizzato la sorella. -Ci hanno trovati- sussurrò. Si voltò verso i suoi amici. -Dobbiamo andarcene di qui, e alla svelta.-

I tre amici raccolsero in quattro e quattr'otto alcune cose che si erano salvate, e, dopo averle riposte nei loro zaini, cercarono di tranquillizzare Faerie. Ci volle tutto il repertorio di parole dolci e confortanti di Drizzt e di Belwar per calmarla. Dopodiché, Faerie si alzò, prese le sue cose e seguì i suoi amici nelle profondità delle gallerie, chiusa in un silenzio di tomba.





















 

Spazio autrice
Scusate se questo capitolo è stato un po' noioso, ma mi serviva. E niente, spero vi sia piaciuto.
Razu

 

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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


-Ehi- sussurrò Drizzt, sfiorando il braccio di Faerie con dolcezza. -Va tutto bene? È da quando siamo partiti che non proferisci verbo.-

Faerie si limitò a guardarlo con sguardo triste. -Va tutto bene- rispose lei. -Non è successo nulla.-

-No, invece- disse il fratello, tranquillo.

-E anche se fosse? Cosa te ne importa?- ribatté lei stizzita. Quasi subito, però, parve pentirsi di quelle parole. -Scusami- disse. -Non avrei dovuto. È solo che... nulla.-

-È solo che cosa?-

Faerie si morse il labbro. -Io... non so... se riesco... a dirtelo.-

-Come mai?- le chiese Drizzt pacatamente. La sorella gli lanciò un'occhiata torva.

-Perché faccio fatica ad ammetterlo a me stessa, figuriamoci se riesco a dirlo a te!- ribatté in tono astioso. Subito dopo però, si scusò di nuovo.

-Non ti prenderò in giro- promise Drizzt. Faerie continuò a mordicchiarsi il labbro.

-Io... ecco... io...- Sospirò.

-Io continuo a credere di essere forte, me lo ripeto, all'infinito, come se dovessi rassicurarmi. E ogni volta ci credo, penso che sono abbastanza forte per riuscire ad affrontarli, penso di essere abbastanza forte per non mettermi a gridare e non rimanere impotente, penso di essere abbastanza forte da superare i miei demoni e le mie paure. Ma non lo sono. Ogni volta le mie convinzioni vengono distrutte da quella che è la cruda realtà: io ho ancora paura di loro, io non sono abbastanza forte per riuscire ad affrontarli. Io sono un fallimento, proprio come diceva nostra madre, e nostro padre si sbagliava se pensava che potessi valere qualcosa.-

Drizzt la vide chinare di nuovo il capo e vide le sue spalle tremare. -Forse sarò stata abile con le lame, ma in tutto il resto sono un vero disastro, Drizzt. Sono più debole di quanto voglio far credere.-

Faerie scoppiò in singhiozzi. Belwar rallentò e si voltò, chiedendo a Drizzt con lo sguardo cosa non andava. L'elfo gli fece cenno di avvicinarsi.

-Faerie...- sussurrò Belwar.

-I-io non sono forte, Belwar- singhiozzò lei. -Sono debole, debole e inutile. Sarei dovuta restare a Blingdenstone!-

-Assolutamente no!- esclamò lo gnomo. -Non sei assolutamente inutile. Senza di te, io e Drizzt ci avremmo lasciato la pelle contro quei mostri al lago d'acido! E inoltre, sei l'essere più coraggioso e indomito che abbia mai incontrato. Chi ha accettato di venire con noi, nonostante i pericoli sulla strada? Chi è fuggita dalla sua gente nonostante sapesse le conseguenze? Non sei né inutile né debole, Faerie.-

-Forse sarò forte con le lame, ma se non potrò mai definirmi tale se non sconfiggo i miei demoni- ribatté lei.

-E chi ha detto che devi sconfiggerli ora? Quando sarai pronta, lo farai- disse Drizzt.

Faerie aprì la bocca per protestare, ma il fratello la interruppe: -Hai passato cose indicibili, cose che ti hanno segnata profondamente. Datti tempo: non hai avuto occasione di metterti alla prova, e non puoi pretendere di riuscirci subito. Riuscirai a sconfiggere tutto ciò che c'è da sconfiggere.- E, detto questo, le fece un sorriso rassicurante. Anche Faerie sorrise.

-Grazie ragazzi- sussurrò. -Siete i migliori amici che si possano mai avere.-

Belwar sorrise, e tornò al suo posto dietro a Clacker, mentre Drizzt si metteva di nuovo in fondo.

Camminarono per interminabili giorni, fermandosi solo per riposare, allontanandosi sempre di più da quella che aveva fatto loro da casa. Non incontrarono grossi problemi, stranamente.

Il loro lungo girovagare li condusse a una gigantesca grotta piena di stalagmiti e stalattiti: non appena vi entrarono però, uno strano senso di disagio e di pericolo li assalì.

-Odio questo posto- sussurrò Faerie, rabbrividendo. Il silenzio regnava sovrano in quella grotta, un silenzio pesante e carico di morte.

Il solo pensiero di infrangerlo rendeva nervosi i membri del gruppo, come se farlo potesse attirare un qualche pericolo.

-Stare in questo posto è come essere nudi nel bel mezzo di un'arena da combattimento: non hai difese, non sei protetto. Sei vulnerabile come non mai- sussurrò Faerie stringendosi al primo che le capitò a tiro, ovvero Drizzt.

-Mi sento osservata- aggiunse.

-Dobbiamo andarcene, e alla svelta- sussurrò Belwar. -Non siamo soli qui.-

-Come sarebbe a dire?- disse Drizzt.

-Lo sento dalle vibrazioni delle pietre, c'è qualcos'altro qui.-

-Vado a controllare- disse l'elfo scuro sguainando le scimitarre, mentre la sorella sfoderava le spade.

-Fai attenzione- sussurrò lei.

Lo vide levitare alla ricerca di un posto adatto per un'eventuale imboscata, poi sparì.

Faerie strinse la presa sull'elsa delle spade, in attesa. Il silenzio pareva farsi sempre più opprimente a ogni minuto che passava.

Nulla si muoveva, nessun rumore si udiva. Faerie sentiva crescere il suo senso di disagio e la sua paura per Drizzt. Dove sei?, si chiedeva, dove sei?

I minuti che passavano parevano lenti come ore. Torna, pregò Faerie, ti prego, torna.

-Drizzt?- si arrischiò a chiamare Belwar, temendo per l'amico.

La fragorosa caduta di due scimitarre sulla roccia fu la risposta.

Faerie venne presa da un senso di panico. Dovette esercitare tutto il suo autocontrollo per non mettersi a urlare e a correre per la grotta cercando il fratello.

L'aria dietro alle scimitarre cadute iniziò a tremolare, come se si stesse aprendo un portale magico. E, con orrore, i tre amici videro un illithid, uno scorticatore mentale, la creatura più temuta di tutto il Buio Profondo.

Alto, la testa simile a una piovra con quattro tentacoli, si diresse verso il gruppo, lanciando un cono di energia mentale su di loro.

Belwar fu il primo ad essere colpito. Si afflosciò a terra, la mente in balia dei mostri. Clacker fu il secondo, ma la sua mente spezzata non cadde subito vittima del controllo degli illithid. Clacker riuscì a reagire e a uccidere un paio di quelle orride creature, prima di cadere a terra, sconfitto.

-DRIZZT!- gridò Faerie alzando lo sguardo e vedendo che due scorticatori mentali avevano preso suo fratello per le caviglie e lo stavano portando via.

Il suo istinto le diceva di correre da lui, mentre la testa gli diceva di rimanere a difendere i compagni a terra.

Sentì una grande rabbia scaturire dal suo essere: era impotente, era ferma davanti a una decisione che non poteva prendere, era bloccata davanti a una scelta che non avrebbe mai potuto fare. E per questo provò rabbia, una rabbia distruttiva e irrazionale.

All'improvviso, le parve che i movimenti degli illithid fossero rallentati, come se fossero stati tutti immersi nella melassa.

Gli occhi di Faerie brillarono di luce viola. Sentiva energia nel suo corpo, un'energia viva e pulsante come il suo stesso cuore.

Sentì il suo corpo sollevarsi da terra, i piedi separarsi dalla roccia. Vide una sfera violetta ma semitrasparente attorno a lei, come uno scudo, una protezione.

-Andate via- sussurrò. -ANDATE VIA!- gridò poi con più forza. La sfera si espanse, polverizzando gli illithid che incontrava sul suo cammino e sgretolando le stalattiti.

Faerie vide Drizzt rovinare a terra. Pregò che non si fosse fatto nulla.

Sentì piano piano il suo corpo scendere verso terra. La sfera era svanita e i suoi occhi erano tornati normali.

Si sentiva svuotata, debole. Non appena i suoi piedi si appoggiarono alla roccia, le sue gambe non riuscirono a sostenere il suo peso, e Faerie crollò a terra.

Li ho uccisi, pensò, ho salvato i miei amici...

Sentì la gola chiudersi come se fosse stata stretta da una morsa non appena vide che altri illithid stavano arrivando.

È stato tutto inutile...

Avrebbe voluto alzarsi e passare i mostri a fil di spada, ma era troppo debole. Quell'incantesimo, o qualunque cosa avesse appena fatto, le aveva prosciugato quasi tutte le sue energie.

Sentì le lacrime bagnarle gli occhi mentre l'oscurità si chiudeva su di lei.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


Buio. Troppo buio. Un buio innaturale la circonda, eppure lei sa perfettamente dove si trova: sente le urla, e le risate degli aguzzini. Sente lo schioccare della frusta, il sibilo dei serpenti e il fruscìo dei mantelli. Vorrebbe muoversi ma è paralizzata dalla paura che quei suoni provocano, vorrebbe sguainare le spade e salvare colui che sta urlando, anche se sa benissimo che non è possibile. I suoni si affievoliscono e davanti a lei compare una drow seduta su un trono nero a forma di ragno. -Malice...- vorrebbe sussurrare, ma la voce non le esce. Sente la gola seccarsi quando si rende conto che quella seduta sul trono non è Malice, bensì lei. Vestita come una Matrona, lo stesso sguardo gelido, crudele e calcolatore di sua madre e la stessa postura, guarda in basso sprezzante, verso la figura accasciata e scarmigliata ai suoi piedi.

-Sei un fallimento- dice Matrona Faerie con la voce grondante di odio e di disprezzo. La figura alza la testa, l'espressione disperata, il viso pesto e le lacrime che le rigano il volto. Faerie ha un tuffo al cuore nel vederla: sua madre, Matrona Malice.

-Vi prego, Matrona- implora Malice.

-La pietà non è prerogativa della nostra razza- dice Matrona Faerie in tono gelido.

-Datemi un'altra possibilità, vi prego! Non vi deluderò ancora!-

-Io non do seconde possibilità, dovresti saperlo. Briza!-

Inorridita, Faerie vede la sorella maggiore avvicinarsi alla se stessa sul trono.

-Dammi la frusta- dice Matrona Faerie.

-Ma, Matrona...-

-Dammi la frusta!-

Briza le dà la frusta, e lei comincia a percuotere selvaggiamente Malice, ridendo e beandosi delle sue grida e del suo dolore.

Io non sono come lei, pensa Faerie con le lacrime agli occhi, io non sono come mia madre.

Vuole urlarlo, vuole scagliarsi sul suo clone maligno e toglierle di mano la frusta, vuole fermare quello scempio. Ma non riesce a muoversi, e non appena cerca di urlare dalla bocca le escono delle bolle d'aria, come se fosse immersa in un liquido. Si rende conto di essere sott'acqua. Si sente soffocare, non riesce a respirare...

Faerie si svegliò, inspirando rumorosamente e sputacchiando acqua. La prima cosa che sentì fu un dolore lancinante ai polsi. A fatica, girò la testa, notando di essere stata incatenata al muro.

Sentiva le voci profonde e gorgoglianti degli illithid di sottofondo. Si girò a guardarli. Vide che stavano parlottando fra di loro. Uno teneva in mano un secchio bagnato, vuoto.

-Si è svegliata- gorgogliò quello col secchio. I suoi disgustosi compagni si girarono verso di lei.

I ricordi della battaglia la assalirono con violenza. Ringhiò non appena uno di loro si avvicinò a lei. -Dov'è Belwar? E Drizzt?- sibilò. -Dov'è Clacker?!-

Le creature non si diedero la pena di rispondere. -DOVE SONO I MIEI AMICI?!- gridò non appena uno le mise una delle sue mani viscide sulla guancia.

-SE NON LEVI QUELLA MANACCIA LURIDA DALLA MIA FACCIA GIURO CHE TI...-

-Che mi?- le chiese pigramente il mostro, girandole la testa e controllandole la faccia. Il ginocchio di Faerie scattò con la stessa rapidità di un fulmine, colpendo l'illithid ai genitali. Con uno stridulo gemito di dolore, la creatura si piegò in due e cadde, prontamente sorretto dai suoi compagni.

-Avvicinatevi di nuovo e giuro che vi ritroverete il mio stivale piantato nella gola!- ringhiò Faerie.

Subito, i mostri le scagliarono addosso coni di energia mentale, che servirono solamente a stordirla, dato che la sua rabbia era tale che rendeva impossibile agli illithid un qualsiasi controllo.

Un altro si avvicinò a lei, prendendola per il collo e guardandola negli occhi. Non appena la sfiorò, però, un'esplosione lo scaraventò contro il muro.

-Interessante...- gorgogliò la creatura, non appena si rialzò.

-Avevamo ragione, lei ha il Dono. Questa va nell'arena- disse uno.

-No- disse un altro. -È una drow, deve andare al Cervello. Le sue mani sottili sono perfette per massaggiarlo.-

-Ci stiamo ponendo problemi inutili- intervenne un terzo. -Finché non è sotto il nostro controllo non possiamo fare nulla.-

Le creature si voltarono verso Faerie, che iniziò a ringhiare.

-Non sarà più così spavalda quando le verranno i crampi per la fame- decretò uno. E, detto questo, i mostri uscirono dalla cella, lasciando Faerie sola e al buio.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo undici ***


-Vieni da me, ussta dahlaril-

Suo padre è lì davanti, le tende la mano, con un sorriso. -Avanti, dammi la mano-

-Ilharn, sono in catene...-

-Dammi la mano- insiste Zaknafein, senza smettere di sorridere.

-Non posso...-

-Vieni con me-

Lacrime le rigano il volto. Lo stomaco lancia fitte lancinanti di dolore.

-Padre...-

-Vieni con me-

-Aiutami...-

-Vieni con me-

-BASTA!- grida Faerie. L'immagine di Zaknafein si dissolve. -AIUTATEMI!- urla. -QUALCUNO MI AIUTI! BELWAR! DRIZZT! CLACKER! VI PREGO! AIUTATEMI!- urla scoppiando in singhiozzi.

Il cigolìo della porta la strappò dai suoi incubi. Faerie alzò lo sguardo, lottando per tenere gli occhi aperti. Vide un illithid entrare, con un vassoio pieno di cibo. Il ventre di Faerie gorgogliò. Cercò di ignorare il dolore.

Il mostro si avvicinò. Le prese la faccia fra le dita viscide. Lei non oppose resistenza. La creatura prese a ispezionarle il viso. Soddisfatta della sua ispezione, tirò fuori dalle vesti una chiave, e aprì i legacci che tenevano Faerie attaccata al muro.

La drow era talmente debole, che cadde a terra. L'illithid la sorresse. A loro serviva illesa.

Delicatamente, la distese a terra e le avvicinò il vassoio. Faerie afferrò una pagnotta dura come un sasso, la prima cosa che le capitò sotto mano, e iniziò con foga a riempirsi la bocca.

Era talmente concentrata a mangiare, che si accorse del cono di energia mentale solo quando la investì in pieno. Sentì la coscienza dell'illithid occupare la sua mente, scacciando quella di Faerie. Presa dal panico, la drow ingaggiò una strenua difesa, ma era troppo debole per resistere. In pochi attimi, la mente di Faerie era stata svuotata. Non esisteva più né passato, né presente, né futuro. Esisteva solo il suo padrone.

Mangia, le ordinò telepaticamente l'illithid. Lei eseguì, senza lasciare nemmeno una briciola sul vassoio. La creatura le porse un'ampolla. Bevi, le disse. Faerie eseguì senza discutere. Sentì le forze tornarle nelle membra, e riuscì ad alzarsi in piedi. Seguimi.

Provava una strana sensazione, come se volesse a tutti i costi compiacere il suo padrone.

La creatura uscì dalla stanza, seguito meccanicamente da Faerie. Il mostro la guidò per i meandri del castello di roccia che gli illithid si erano scelti come abitazione, fino a una torre centrale.

-Tu starai qui- disse il mostro all'elfa -nel piano più basso.-

Faerie si limitò ad annuire.

I due continuarono a camminare. Entrarono nella torre. La drow venne condotta in una stanza circolare e spartana, al cui centro stava una gigantesca massa amorfa e molliccia, che pulsava: un gigantesco cervello, il coordinatore della comunità illithid.

Inginocchiati su una passerella, attorno al cervello, vi erano pochi schiavi: qualche nano duergar, due elfi scuri, due goblin e un pulciorso.

In circostanze normali Faerie avrebbe fatto battute acide sulla natura di quella massa pulsante accompagnate da versi di disgusto, ma con la mente occupata dalla coscienza del suo padrone, si limitò a guardare il tutto con espressione neutra.

Tu starai qui, le spiegò il padrone, massaggerai il cervello, il nostro dio e signore, e lo renderai felice, esattamente come faresti con me. Vieni, mia schiava, ti mostro dove starai. La creatura la scortò di fianco a uno degli elfi scuri. Inginocchiati.

Faerie eseguì. Non appena si fu inginocchiata, quasi distrattamente, si girò a osservare l'elfo che le stava di fianco. Le pareva familiare. Aveva già visto da qualche parte quegli occhi viola, quel naso e quegli zigomi alti. Anche i suoi vestiti le erano familiari. Le pareva di ricordare anche il suo nome. Iniziava con la D? O con la B? Oppure con la C? Era abbastanza certa che non iniziasse con lettere come la Z o la J.

Sentendosi osservato, l'elfo si girò a guardarla. I suoi occhi viola risvegliarono qualcosa nella mente di Faerie, ma prima che potesse capire cosa, l'illithid le comandò di iniziare a lavorare.

L'elfo tornò a massaggiare la superficie molliccia del cervello, con un'espressione lieta sul viso. Faerie appoggiò una mano sulla massa viscida, e improvvisamente la sua mente si trovò sommersa da tutto ciò che provava il cervello.

In quel momento, era insoddisfatto. La drow lo capì dal lieve dolore alla nuca che le era venuto non appena aveva avvertito l'insoddisfazione della creatura. Prese a massaggiare delicatamente, e avvertì il cervello rilassarsi e godersi le sue carezze. Faerie fece un lieve sorriso. Non avrebbe permesso che quella creatura si sentisse di nuovo scontenta.

~*~

Nel frattempo, nelle gallerie poco distanti dal castello degli illithid, una figura si aggirava instancabile. I suoi passi erano silenziosi e lo stesso individuo non emetteva rumore alcuno.

Vagava per le gallerie, cercando la preda che per tutto quel tempo aveva inseguito: Drizzt Do'Urden.

Arrivò nella grotta dove gli illithid avevano catturato il drow e i suoi amici.

Non sapeva che il cervello centrale lo aveva individuato e che quattro illithid erano nascosti nell'ombra, pronti ad assalirlo. Non lo sapeva, e anche se lo avesse saputo non gli sarebbe importato.

Nulla avrebbe potuto nuocerlo.

La figura continuò ad avanzare.

I mostri lo attaccarono contemporaneamente, ignari della natura dell'individuo. Essi trovarono però la morte tra le vorticanti lame dello sconosciuto.

Lui proseguì, implacabile e imperterrito. Il suo bersaglio aveva il tempo contato.









































 

Spazio autrice
Salve a tutti! Questo capitolo è stato un parto e mezzo, la parte finale soprattutto. Scrivo per scusarmi del fatto che non sono entrata nel dettaglio nel combattimento dell'ultima parte perché avrei dovuto copiare dal libro, e non mi andava. Spero comprendiate questa scelta. Alla prossima!
Razu

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici ***


Non avrebbe saputo dire quanti giorni fossero passati dal suo arrivo al castello degli illithid, e nemmeno le importava, dopotutto.

Ciò che importava veramente a Faerie era il benestare del cervello. Tutto il resto non aveva importanza.

Faerie guardò la massa molliccia e viva, massaggiandola con le sue dita affusolate.

Sentiva i pensieri lieti del cervello, e questo la rendeva felice.

Era del tutto ignara di quello che stava succedendo ai piani superiori del castello. Non sapeva nulla del tentativo dei suoi mostruosi padroni di soggiogare, fallendo, la sua amica pantera. Non sapeva che Guenhwyvar si era liberata, uccidendo coloro che l'avevano evocata e liberando Belwar. E, soprattutto, non sapeva assolutamente che il grosso felino si stava lanciando dall'alto sull'amato cervello.

Si accorse di Guen solo quando lei affondò nella massa rosa e gelatinosa, squarciandola con i suoi artigli possenti.

Subito, Faerie sentì un dolore acuto alla nuca oltre che al terrore emesso dal cervello. Cadde a terra contorcendosi, gridando e implorando che qualcuno facesse qualcosa per aiutare il suo padrone.

Ad un tratto, Faerie smise di dimenarsi, e iniziò a chiedersi che cosa diavolo stesse succedendo, oltre a ricordare poco o nulla di chi fosse.

-BLEEEEEEEEEAAAAAAAAAAAAAH! CHE SCHIIIIIIIIIIFOOOOOOOOOO!- gridò non appena si rese conto di essere ricoperta di poltiglia rosa e gelatinosa. Agitò freneticamente un braccio, nella speranza di togliersi di dosso quella disgustosa sostanza senza doverla toccare, colpendo Drizzt sotto il naso con una mano.

Drizzt imprecò sonoramente, portandosi una mano sotto il naso, che aveva preso a sanguinare.

-Ma che cavolo fai?!- esclamò lui, stringendo fortissimo la parte dolorante.

Faerie non lo ascoltò, tanto era intenta a levarsi pezzi di cervello dai capelli.

-CHE SCHIFO! CHE SCHIFO! CHE SCHIFO!- gridò.

-Faerie, accidenti ai Nove Inferni, datti una calmata!- esclamò Drizzt afferrandola per le spalle.

Quel metodo parve funzionare. La drow parve calmarsi, anche se la sua espressione disgustata non cambiò.

-Ti pulirai dopo. Adesso dobbiamo capire come andarcene di qui.-

Faerie annuì lentamente. -Hai ragione- ammise. -Ma non abbiamo armi per difenderci!-

-Possiamo fare senza. Ora, ascoltami, noi...-

Un grido interruppe la loro conversazione: l'altro drow presente nella stanza era stato attaccato da uno scorticatore mentale. I suoi tentacoli stavano lentamente strisciando verso la testa dell'elfo.

Faerie si lanciò in suo soccorso, seguita da Drizzt, che venne però ostacolato da un altro illithid.

Lei si lanciò sul suo bersaglio, aggrappandosi alla sua schiena. Infilò le braccia sotto i tentacoli, stringendo forte il collo e iniziando a tirare. Il mostro mollò la sua vittima, cercando un modo per annientare il nuovo avversario.

Con una mossa repentina, Faerie torse la sua testa, spezzandogli l'osso del collo.

-Scappa!- ruggì al drow che aveva appena salvato. Lui non se lo fece ripetere due volte, e corse verso l'unica porta della stanza.

Peccato che dalla stessa porta uscì uno scorticatore mentale, che avvinghiò l'elfo.

Faerie sbuffò. -GIÙ- gridò al drow. Lui, nonostante le braccia che lo tenevano prigioniero, riuscì a chinarsi, lasciando la strada libera al pugno della giovane, che fracassò il cranio del mostro.

-Possibile che ti debba salvare sempre?- disse lei, divertita.

-Ehi, voi due!- esclamò dall'alto una voce ben nota.

I due fratelli sollevarono lo sguardo, e sorrisero nel vedere Belwar in cima a una scalinata.

Lui lanciò loro le armi, che aveva recuperato durante il tragitto per arrivare da loro.

-Credo tu abbia racconti affascinanti per questa sera, amico mio!- esclamò Faerie sfoderando le sue spade.

-Lo credo davvero!- ruggì lo gnomo avventandosi su uno scorticatore mentale.

-Dobbiamo andarcene di qui!- esclamò Drizzt.

Guenhwyvar li raggiunse con un ruggito. I quattro amici si diressero verso l'uscita ormai libera.

La pantera li guidava per i corridoi, cercando di evitare le battaglie che gli schiavi, ormai liberi dal giogo del cervello, avevano ingaggiato.

All'improvviso, sentirono dei passi pesanti alle loro spalle. Faerie, Drizzt e Belwar si guardarono.

-Schiavi- disse Faerie.

-Dobbiamo muoverci- disse Drizzt.

-Sono d'accord-EHI!- esclamò Belwar, mentre Faerie lo sollevava e lo prendeva sulle spalle.

-Scusami- disse lei iniziando a correre. -Ma hai le gambe corte e dobbiamo andare veloci.-

-Senti chi parla, la signora dei perticoni!- si lamentò lo gnomo.

-Non è colpa mia se sei solo alto un metro!- protestò lei.

-Oh, e piantatela voi due!- esclamò Drizzt, senza però trattenere un sorriso.

I tre amici proseguirono, tallonati da Guenhwyvar, mentre i rumori dei passi si facevano sempre più lontani.

Si fermarono davanti a una scala a chiocciola solo perché uno scorticatore mentale li stava scrutando dalla cima. Prima che potesse azzardare un qualsiasi attacco mentale, però, la pantera balzò verso di lui, mettendolo in fuga.

-Brava, Guenhwyvar- sussurrò Faerie, che era rimasta notevolmente colpita dalla pantera, e ogni scusa era buona per esprimere apprezzamenti.

Si lanciò su per le scale, seguita da Drizzt.

-Ehi! Rallenta un po'!- brontolò Belwar, mentre veniva sballottato sulle spalle di Faerie. Lei si limitò a ridacchiare in risposta.

Si fermò davanti a una porta, alla fine delle scale. Le sfuggì una bestemmia quando scoprì che era chiusa a chiave.

-Faerie!- esclamò Drizzt, costernato. Sapeva che la sorella non faceva certo uso di un linguaggio particolarmente fine, ma non si sarebbe aspettato una tale blasfemia.

-Oh, sta' zitto, Drizzt!- disse lei. -Non è il momento di farmi la predica- aggiunse mettendo giù Belwar e spaccando la serratura con un poderoso calcio. Strinse i denti quando sentì un'esplosione di dolore al piede usato per il colpo.

Spinse la porta per aprirla e bestemmiò di nuovo quando essa si aprì solo di due centimetri.

-Dev'essere bloccata dall'altra parte da una sbarra!- dedusse Belwar, mentre Drizzt lanciava un'occhiataccia alla sorella.

-Ho un altro piede- si offrì Faerie.

-Non dire assurdità, non ce la faresti- le disse lo gnomo, poco prima di formulare l'incantesimo che avrebbe conferito forza alle sue mani.

-Vogliamo scommettere?- replicò lei pacatamente.

-Piantatela!- li redarguì Drizzt, mentre Belwar assestava un pugno sulle porte, riuscendo così ad aprire un varco sufficiente perché una mano potesse passarvi attraverso. Faerie infilò prontamente la sua. Provò a sollevare la sbarra, ma essa non si mosse di un millimetro.

-È infilata- borbottò, facendola scorrere con una mano e riuscendo a sfilarla dai suoi sostegni.

I tre amici e la pantera si infilarono subito dentro la stanza, richiudendo immediatamente le porte dietro di loro. Drizzt prese la sbarra, ma Faerie gliela prese subito dalle mani. -Faccio io- disse, iniziando a piegare il materiale ferroso di cui era fatta, nel tentativo di raddrizzarla. La mise al suo posto, poi ne piegò le estremità, in modo da renderla più difficile da rimuovere.

Drizzt la guardò con gli occhi spalancati, stupito sia dalla sua forza fisica che dalla naturalezza e dalla facilità che Faerie aveva impiegato per piegare la sbarra.

Lei lo guardò interrogativa, non dopo una scrollata di spalle. -Che c'è?-

-Dobbiamo andare- li richiamò Belwar.

-E Clacker?- chiese Faerie. Lo gnomo abbassò lo sguardo, mentre Drizzt lo guardò mestamente.

-Non so dove sia. Magari è scappato, potremmo trovarlo strada facendo...- ipotizzò lo svirfnebli.

-Dovremmo andare a cercarlo- disse lei. -È un nostro amico.-

-Non ne abbiamo il tempo. Potrebbe essere ovunque e il castello è nel caos più totale. È troppo pericoloso, potremmo morire...-

-Lui per noi lo avrebbe fatto- disse Faerie.

Belwar si ammutolì.

Un colpo alla porta serrata li fece sobbalzare.

-Faerie- disse Drizzt appoggiando una mano sul braccio della sorella. -Dobbiamo andare. Sono sicuro che troveremo Clacker nei corridoi. Come siamo fuggiti noi, può benissimo essere fuggito lui.-

Lei rimase in silenzio.

Ci fu un altro colpo alla porta. -Va bene- assentì Faerie. -Lo cercheremo strada facendo.-

-Andiamo, allora- disse Belwar, mentre Drizzt rimandava Guenhwyvar nel Piano Astrale.

I tre amici si lanciarono giù per una scalinata, schivando illithid e schiavi o tagliando loro la gola se tentavano di attaccarli.

All'improvviso, una figura grande e grossa si parò davanti a loro.

-Clacker!- ululò Faerie, lieta di vedere che il suo amico fosse sano e salvo. -Dove diavolo...?-

-N-non c-c'è t-t-tempo!- balbettò Clacker, ansante. -V-venite con me, c-conosco u-un'uscita sicura!-

I tre non se lo fecero ripetere due volte, e corsero subito dietro all'orrore uncinato. Tuttavia, Faerie aveva fatto solo pochi passi, che sentì dei rumori che le erano familiari.

Erano rumori di lame, lame che fendevano e tagliavano, lame che abbattevano le rozze armi improvvisate degli schiavi per dar loro la morte.

La drow si fermò, incurante del fatto che i suoi compagni la stavano distaccando. Si girò verso il rumore. E ciò che vide le bloccò il respiro.

Rimase ferma, immobile, a osservare una figura che si esibiva in una danza di morte con le sue lame. Essa si muoveva con grazia, rapidità e precisione. Fendeva le carni dei suoi avversari con estrema facilità e con calma implacabile. Faerie avrebbe saputo riconoscere quella persona fra mille.

-Faerie!- esclamò Drizzt, comparendo al suo fianco. Le prese una mano, tirandola verso di sé, in un vano tentativo di smuoverla. Lei si divincolò, senza distogliere lo sguardo da ciò che stava vedendo. -Cosa fai qui?! Dobbiamo andare via! Vieni!- le urlò il fratello, strattonandola. Ma lei non lo ascoltava.

-Drizzt...-

-Faerie, avanti, vieni!-

-Guarda...-

-Non c'è tempo! Dobbiamo andare!-

-Laggiù...-

-Laggiù cosa?! Dobbiamo scappare!-

-Drizzt, il guerriero laggiù è nostro padre-

 

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici ***


-PADRE!- gridò Faerie con un largo e radioso sorriso. Lacrime di gioia iniziarono a scorrerle giù per le guance.  -PADRE! SONO IO! FAERIE! LA TUA BAMBINA, RICORDI?!- urlò correndo verso di lui.

La gioia di saperlo vivo era tale che il pensiero che Drizzt avesse potuto mentirle non la sfiorò nemmeno.

Drizzt la seguì, sorridendo a sua volta. Sua madre gli aveva mentito, Zaknafein Do'Urden era vivo e vegeto, ed era venuto da lui!

Faerie era più avanti di lui. La felicità che aveva provato nel vedere suo padre le aveva messo le ali ai piedi. -PADRE! OH, PADRE, NON SAI QUANTO SONO FELICE DI VEDERTI! PENSAVO FOSSI MORTO!- gridò avvicinandosi a lui.

Zaknafein Do'Urden si girò verso di lei. La guardò con sguardo strano, come se non la riconoscesse, ma Faerie era troppo felice per notarlo. In compenso, lo notò Drizzt. Non appena il padre si girò verso sua sorella, capì che c'era qualcosa di sbagliato: se Zaknafein aveva amato la figlia, come poteva ora non riconoscerla? Come poteva non gettarsi fra le braccia sue e di Drizzt? Come poteva non abbassare le armi?

L'elfo comprese le intenzioni del padre un attimo prima che lui sollevasse la lama. -FAERIE!- gridò -VATTENE VIA DA LÌ!-

Ma Faerie era accecata dalla gioia per prestargli attenzione. La sua espressione mutò e divenne di stupore quando vide la spada del padre scagliarsi su di lei. Era talmente sorpresa, che non tentò nemmeno di schivarla. Se non fosse stato per Drizzt, che la tirò a sé prendendola per il mantello, sarebbe certamente morta. Purtroppo, questo non la salvò da una ferita al braccio.

Faerie urlò più forte del dovuto, più per le azioni di suo padre che per il dolore realmente provato. Lo guardò con occhi pieni di lacrime, confusa. -P-padre?- chiese.

Guardò quello sguardo implacabile, assetato di sangue e di morte. Quello non era suo padre. Zaknafein Do'Urden non aveva mai avuto quella luce maligna nello sguardo.

-Chi sei tu?- sussurrò Faerie, tenendosi il braccio. -Che cosa hai fatto a mio padre?!-

La rabbia si stava impossessando di lei. Suo padre era lì, di fronte a lei, ma allo stesso tempo non era lui. La drow ignorava ciò che suo padre era stato costretto a diventare, ignorava che nel corpo di Zaknafein Do'Urden risiedeva Zin-carla, ignorava che sua madre lo stava controllando al fine di distruggere suo fratello. Ignorava tutto questo, ma sapeva che c'era qualcosa di sbagliato. Quello non era suo padre.

-Chi sei tu?!- ripeté alzandosi. -CHE COSA NE HAI FATTO DI MIO PADRE?!-

Si lanciò su di lui, le spade spianate. -CHI SEI?!- gridò, menando colpi furiosi. -CHI SEI?!-

Zaknafein non rispose e contrattaccò. Parava ogni suo attacco, schivava ogni suo affondo, instancabile.

La ferita di Faerie le lanciava fitte dolorose al braccio, ma la rabbia era tale da non farle sentire nulla. Quel braccio però si stava lentamente intorpidendo, e la drow era sempre più debole a causa della perdita di sangue.

Zaknafein si scagliò contro la sua difesa con tutta la forza che aveva in corpo. Faerie, ormai stanca, si lasciò cadere a terra, sapendo che se il padre avesse superato la sua parata l'avrebbe uccisa.

Zaknafein perse l'equilibrio e cadde su Faerie. Lei racimolò tutte le forze che le erano rimaste e gli sferrò un potente calcio nei genitali, pensando di metterlo fuori gioco almeno un po'. Con sua enorme sorpresa, suo padre nemmeno si accorse del colpo.

Lui sollevò la lama, pronto a uccidere la figlia. Lei gli afferrò il polso, cercando di fermarlo. La sua forza, però, non era sufficiente a contrastarlo. Faerie stava lottando per non svenire.

Ad un tratto, vide una lama spuntare dal petto del padre. Vide Drizzt, ansante, il volto arrossato e l'espressione addolorata, dietro di lui. Pareva dire "mi dispiace padre".

Il fratello sfilò la lama. Zaknafein ebbe un tremito, ma non cadde a terra senza vita come avrebbe fatto una qualsiasi creatura. Si alzò lentamente in piedi, e si girò verso il figlio.

-Che cosa sei tu?- sussurrò lui. Il padre lo attaccò.

Faerie si rialzò a fatica, gemendo per il braccio.

-FAERIE!- ruggì Belwar. -VIENI VIA!-

Lei lo guardò con sguardo devastato. Non capiva cosa stava succedendo, non capiva perché suo padre, o qualunque cosa avesse preso il suo posto, si comportava così. Un dolore sordo nacque nel suo cuore, le salì su per la gola e le arrivò agli occhi, dove le lacrime furono la sua unica manifestazione.

La drow non si mosse. -Drizzt ha bisogno di me- balbettò.

-DA MORTA NON GLI SARAI DI ALCUNA UTILITÀ- gridò lo gnomo avvicinandosi a lei. Faerie mosse qualche passo incerto verso l'amico, ancora sconvolta dagli eventi.

Belwar le strappò un pezzo del suo piwafwi e lo utilizzò per bendarle la ferita.

Lei lo guardò con aria assente. -Grazie- mormorò quando ebbe finito. Si girò per tornare da Drizzt, ma Belwar la trattenne.

-Lui sta combattendo perché non voleva che tu morissi- disse. -Sei ferita e quel guerriero pare invincibile. Se vai, vanificherai i suoi sforzi!-

-Ma non posso lasciarlo da solo!-

-Ci penseremo io e Clacker- tagliò corto Belwar. -Ma tu non ti devi avvicinare a...-

Un rumore terribilmente familiare interruppe la loro conversazione: un rumore simile a un risucchio, che aveva soggiogato le menti dei quattro compagni non più tardi di qualche giorno prima.

-DRIZZT!- gridò Faerie girandosi di scatto. Inorridita, vide il fratello cadere a terra, vittima dell'energia mentale scagliata su di lui da uno scorticatore mentale. Essa non parve avere effetto su Zaknafein, che sollevò le lame, pronto a uccidere il suo unico figlio.

-NO!- urlò Faerie, correndo verso di loro, ma, prima che potesse fare più di qualche passo, sentì un urlo provenire da Clacker, e un muro di pietra si erse fra Drizzt e Zaknafein.

Belwar e Faerie guardarono l'amico, stupefatti. -Come...?- iniziò lei

-Poteri da pech- disse Clacker con semplicità. -Ma ora non c'è tempo per le spiegazioni. Dobbiamo andarcene!- disse prendendo in braccio Drizzt, incosciente. -Correte- disse. -Correte come se aveste la morte alle calcagna!-

Faerie si caricò Belwar in spalla, fra le proteste di lui, e corse dietro a Clacker. Finalmente non parevano esserci più ostacoli fra loro e la salvezza.

~*~

Non appena Zaknafein si girò verso la figlia, Malice Do'Urden emise un grido di rabbia e sorpresa allo stesso tempo. Era talmente scioccata, che si alzò fulminea dal trono.

Le sue figlie si guardarono allarmate, temendo qualche cattiva notizia.

-Che è successo, Matrona?- si arrischiò a chiedere Vierna. -Zin-Carla ha fallito?-

Malice emise un ringhio rabbioso, senza ascoltare la domanda.

-Faerie...- sibilò, furibonda.

Briza e Vierna si scambiarono uno sguardo stupito. Erano cinquant'anni che quel nome non veniva pronunciato nelle sale del complesso Do'Urden.

Maya si limitò a guardare le sorelle confusa. Aveva scoperto per caso l'esistenza della sorella maggiore, morta molto prima della sua nascita. Si disse che probabilmente sua madre stava perdendo il senno, dato che non riusciva a capire come Faerie potesse essere implicata in quella faccenda.

-Tu!- ruggì Matrona Malice, voltandosi verso Briza. -Non avevo detto a te e a tuo fratello di ucciderla?!-

-Ma è quello che abbiamo fatto, Matrona!- esclamò la figlia. -Vi abbiamo riportato il suo cadavere, ricordate? È impossibile che sia ancora viva!-

Matrona Malice guardò la figlia, furibonda. Si portò le mani alla testa, realizzando che tutto ciò non aveva importanza. Non più almeno.

-Ormai non ha più importanza- sibilò.

Fece un ghigno sadico. -È stata una fortuna saperlo proprio ora- disse. Si risedette sul suo trono. -Vorrà dire- proseguì -che le lame di Zin-Carla assaggeranno il sangue di due rinnegati invece che uno.-

Briza e Maya si concessero un ghigno, mentre Vierna abbassò il capo. I ricordi di sua sorella le stavano assalendo la mente

 

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici ***


Drizzt aprì a fatica gli occhi. Inizialmente le immagini gli apparvero sfocate, ma dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, riuscì a mettere a fuoco il volto della sorella sopra di sé.

-Dove siamo?- sussurrò. -Che cosa è successo?-

-Siamo al sicuro- disse Faerie. Drizzt notò che i suoi occhi erano tristi e spenti, il suo tono di voce era basso e mesto. La guardò, e gli sembrò che tutta la sua forza le fosse stata risucchiata via, e che il peso di tutti quegli anni di sofferenza che aveva vissuto si fosse riversato sulle sue spalle. Nonostante il viso di lei fosse perfettamente liscio e senza rughe, al giovane elfo sembrò che la sorella fosse invecchiata di colpo.

-Bevi- gli disse Faerie, porgendogli una ciotola con dentro dell'acqua. Il fratello obbedì, e bevve avidamente.

Lei rimase inginocchiata davanti a lui, le mani sulle cosce. Drizzt le prese dolcemente la mano. Lei non si mosse.

-Cosa gli è successo?- sussurrò Faerie. -Cosa gli hanno fatto?-

Calde lacrime scivolarono giù per le sue guance d'ebano.

Il fratello strinse più forte la sua mano. -Non lo so- disse. -Ma temo che nostra madre c'entri in un qualche modo.-

L'elfa strinse i pugni. -È ovvio che c'entra lei- sibilò. -Oh, la pagherà cara, ma molto cara quando stringerò le mani attorno a quel suo sinuoso collo!- esclamò. Ebbe un tremito, e tornò a singhiozzare.

Si rannicchiò accanto a Drizzt, stringendosi a lui. Appoggiò il viso al suo petto, senza smettere di piangere. Tremava. Emetteva piccoli lamenti, intervallati di tanto in tanto da un singhiozzo.

Drizzt allungò la mano sulla sua chioma canuta, non senza un lieve imbarazzo, e prese ad accarezzarla goffamente. Non si aspettava un tale bisogno di conforto dalla sorella.

Rimasero lì per un tempo interminabile, in silenzio, fino a che l'elfo non domandò: -Dove sono Belwar e Clacker?-

Faerie sollevò lo sguardo. -Sono andati a cercare qualcosa da mangiare- disse. -Torneranno fra poco.-

Calò di nuovo il silenzio più totale fra loro due, rotto di tanto in tanto da Faerie che tirava su col naso.

-Faerie...-

-Sì?-

-Come si è concluso il combattimento? Ricordo solo di aver visto l'illithid e di essere svenuto.-

La sorella fece una smorfia. -È stato Clacker a salvarti- disse. -Non so come, ma ha eretto un muro di pietra fra te e... quella cosa. Ti ha preso in braccio e siamo corsi via.-

Drizzt tacque per lunghi istanti. -Ti ricordi quando ti ho detto della morte di nostro padre?-

-E come dimenticarlo?- ribatté la sorella con voce stanca.

-Hai detto che qualcuno ti aveva promesso che lo avrebbe salvato.- Girò la testa verso di lei. -Che cosa volevi dire con questo?-

Lei non rispose subito. -Non ha importanza- disse.

-E invece sì-

-No! Non ce l'ha!- esclamò Faerie. -Quello sarà anche il corpo di nostro padre, ma la mente e l'anima se ne sono andati da un pezzo! Zaknafein non era... non era... Zaknafein non era un mostro! Ormai nostro padre se n'è andato- disse scoppiando in lacrime.

Il fratello le fece qualche carezza sulla testa. -Vorrei comunque saperlo-

Lei non rispose. Sentì i suoi singhiozzi cessare piano piano. Sentì il corpo di lei abbandonarsi sul suo. Un lieve russare, simile al frinire di una cicala, lo avvertì che la sorella si era addormentata. La sua presa si fece più salda.

Un rumore di passi unito a un basso chiacchiericcio li avvertì che Belwar e Clacker erano tornati.

-Ben svegliato, elfo scuro!- esclamò lo gnomo con un sorriso. -Era ora che ti svegliassi! Cominciavamo a temere che non lo avresti mai fatto!-

Guardò Faerie addormentata, e scosse tristemente la testa.

-Drizzt!- esclamò Clacker, gioioso, mettendo giù la rothe dal collo spezzato che recava in braccio.

L'elfo fece un debole sorriso. I suoi occhi, però, esprimevano un grande dolore.

-È per quello che è successo alla caverna, vero?- disse Belwar, notando la sofferenza negli occhi dell'amico. Lui annuì lentamente.

-Faerie ci ha raccontato del drow che avete visto. O meglio, siamo riusciti solo a cavarle fuori che è vostro padre. Non ha parlato molto da quando siamo scappati.-

-Quello non era mio padre- disse Drizzt, d'impulso. -O meglio, lo è, il corpo è senz'altro il suo, ma non so quale razza di mostro mia madre lo abbia fatto diventare. Lui è morto, lo so per certo.-

-E allora che cos'era?- chiese Belwar.

-Non lo so- mormorò Drizzt, sconsolato.

Rimasero di nuovo in silenzio.

-Faerie mi ha detto che Clacker mi ha salvato ergendo un muro di pietra- disse l'elfo dopo un po'. -Come hai fatto? Poteri da pech?-

Clacker scosse la testa, sedendosi accanto a Drizzt. -No, elfo scuro- disse. -I pech sentono la pietra, le parlano e l'aiutano, e così fa lei. Gli svirfnebli sentono il suo canto, mentre noi pech possiamo parlarle direttamente. In quel momento, tutto ciò che desideravo era salvarti, e la pietra mi ha ascoltato e aiutato. Normalmente, un pech da solo non sarebbe capace di farlo, ma io l'ho fatto! Nel castello degli illithid mi sono sentito più pech di quanto sia mai stato in vita mia, m-ma o-ora... o-ora s-sento che... c-che...-

-Il tuo vero io sta svanendo, l'incantesimo del mago sta trasformando in un orrore uncinato anche la tua mente- completò Belwar.

Clacker annuì freneticamente. Improvvisamente, ebbe uno scatto, e la sua mano artigliata partì per colpire Faerie addormentata. All'ultimo momento, però, la mano deviò, come se il suo proprietario si fosse reso conto di cosa stesse facendo.

-M-mi d-dispiace!- esclamò. -N-non v-volevo! I-io...!-

-Non preoccuparti, amico- disse Drizzt, scuotendo leggermente Faerie per svegliarla.

-Che succede?- biascicò lei.

-Meglio se stai sveglia- le consigliò il fratello, per poi spiegarle rapidamente la situazione.

-Oh...- disse lei a spiegazione ultimata. Lanciò un'occhiata preoccupata a Clacker. -C'è nulla che possiamo fare per lui?-

-U-u-uccidermi s-sarebbe la s-soluzione m-m-migliore- intervenne il pech.

-Qualcosa di meno drastico- disse Faerie.

-N-non a-a-avete alternative! S-s-serve u-un m-mago p-per poter spezzare l'i-incantesimo, e n-nessuno d-di noi lo è!-

I quattro amici piombarono nel silenzio più assoluto.

Dopo diversi minuti di riflessione, il volto di Drizzt si illuminò. -Un mago- disse. -Ma certo!-

-Ti sei appena ricordato di averne uno in miniatura nella tasca?- gli chiese Faerie con un leggero velo di sarcasmo nella voce. Il fratello la guardò storto.

-No. Rifletti, Faerie: qual è il posto che brulica di più di maghi?-

-La superficie?-

Drizzt fece uno sbuffo spazientito. -Chi ha mai parlato di maghi umani?-

L'espressione di lei si fece corrucciata, mentre scambiava un'occhiata con Belwar. Entrambi giunsero alla stessa conclusione nello stesso momento.

-Menzoberranzan?- sussurrò lo gnomo.

Drizzt annuì. -Esattamente-

-Tu sei pazzo- disse Faerie. -Devo ricordarti che sei ricercato? E devo ricordarti che se scoprono che sono ancora viva mi aspetta una lunga serie di torture raccapriccianti sulla pubblica piazza? Per non parlare del povero Belwar o di Clacker: conosci meglio di me le tensioni fra le due razze, oltre che alla rapidità che hanno i nostri simili nell'uccidere orrori uncinati. No, Drizzt, noi non andremo laggiù. Non ho lasciato Blingdenstone per vedere i miei amici morire per mano della mia maledetta razza.-

-Clacker non ha altra via di scampo! Lo vuoi capire?!- ringhiò Drizzt, sentendo montare la rabbia alle parole della sorella.

-Elfo scuro, Faerie ha ragione. Inoltre come pensi di passare inosservato? Clacker è piuttosto grande...- intervenne Belwar.

-E non hai contato la Bregan D'aerthe- aggiunse Faerie. -Quei mercenari sono anche ottime spie, abilissimi a nascondersi. Quanto pensi che ci metteranno a informare Jarlaxle o chiunque possa pagare bene per una tale informazione?-

-A quello penseremo dopo- ribatté Drizzt. -Prima pensiamo ad arrivare a destinazione.-

-Elfo scuro, capisco il tuo desiderio di salvare Clacker, ma anche se riuscissimo a trovare un mago senza farci scoprire, cosa avremmo da offrirgli in cambio di un tale servigio? La tua razza è avida, non si accontenterà di poco- disse Belwar.

Il drow strinse l'elsa delle scimitarre. -La sua vita- disse. -Ecco quale sarà la nostra offerta.-

Belwar e Faerie si guardarono, dubbiosi.

-È troppo pericoloso...- iniziò lei.

-Dobbiamo tentare- replicò il fratello. -Lui per te lo farebbe.-

Lei si irrigidì.

-Non è forse a questo che servono gli amici?-

-E va bene, andiamo- borbottò lei. -Ma resta il fatto che sia un'idea stupida e pericolosa.-

Belwar sospirò. -Probabilmente ci faremo ammazzare- disse. -Ma preferisco morire al fianco dei miei amici che vederne morire uno.-

Drizzt sorrise. -In marcia, allora- disse.

Clacker li guardò uno per uno. -G-grazie, a-amici miei- disse.

Loro gli sorrisero. -Che la fortuna ci assista- mormorò Faerie.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici ***


Faerie emise un gemito nel vedere un familiare bagliore verde in lontananza. -Oh no, non di nuovo...- mugolò.

-Questa volta sarà diverso- le disse Drizzt per tranquillizzarla. -Non ci fermeremo a combattere, a meno che non sia strettamente necessario. Correremo dritti dall'altra parte del ponte, e saremo così veloci che i loro maledetti massi non ci schiacceranno. Vedrai, saremo dall'altra parte prima ancora che tu possa dire "Lolth scannata"- aggiunse con un sorriso.

Lei lo guardò come se avesse appena detto una colossale stupidaggine, ma non proferì verbo.

-Hai veramente intenzione di attraversare quel pozzo? Clacker non ha mai combattuto contro i corvi, non sa i loro trucchi e le loro tattiche- disse Belwar.

-Ammesso e non concesso che si possano definire tali- borbottò Faerie, sprezzante.

-Le sue dimensioni potrebbero scoraggiarli...- iniziò Drizzt. Lo gnomo sbuffò sonoramente.

-Non li ha scoraggiati Guenhwyvar, pensi che lui lo farà?-

-Non abbiamo altra scelta: a Clacker non rimane molto tempo, presto sarà completamente trasformato in un orrore uncinato. Non possiamo trovare un'altra strada!-

Un colpetto di tosse li distrasse dalla discussione. -Non vorrei interrompere- disse Faerie. -Ma il nostro simpatico amico sta andando verso il pozzo. Ho cercato di fermarlo dicendo "pech", ma non ha funzionato.-

I due amici smisero immediatamente di discutere e si lanciarono verso Clacker, che li aveva già distanziati di diversi metri.

-Clacker!- lo chiamò Drizzt, cercando di non fare troppo rumore per non attirare le creature. -Clacker!-

Il suo amico si girò non appena fu sulla soglia del pozzo. -C-Clacker a-avanti- disse semplicemente.

-Clacker, no!- esclamò Belwar correndo verso di lui, ma le gambe corte dello gnomo gli furono di ben poco aiuto contro i lunghi passi dell'orrore uncinato.

Clacker uscì allo scoperto, mentre i suoi amici lo guardavano agghiacciati, troppo spaventati da quello che stava per succedere per correre da lui.

Stranamente, non accadde nulla. Nessun corvo si avventò su di lui.

-Andiamo!- esclamò Drizzt, vincendo la paralisi iniziale. Faerie gli strinse il braccio con una morsa di ferro, facendogli emettere un gemito di dolore. -No, Faerie, non ti lascio. Tieniti stretta, non guardare giù, e vedrai che saremo dall'altra parte in un battibaleno.-

-Ehi! Vacci piano con quella mano!- si lamentò Belwar. La drow gli aveva artigliato la spalla, terrorizzata.

Il trio si avviò sul ponte. Faerie camminava con rigidità, tenendo i denti stretti. Le sue dita stringevano sempre più forte il braccio del fratello e la spalla dell'amico.

-Faerie, rilassati, magga cammara- gemette Belwar. -Mi stai facendo male!-

La presa sulla spalla dello gnomo si allentò di poco, ma non fu sufficiente per far cessare il dolore.

Clacker sparì dalla loro vista, entrando nel tunnel che aveva designato come via di uscita. Inquieti, i tre amici accelerarono il passo, temendo che potesse succedere qualcosa di male in loro assenza. Un grido e uno schianto gelò loro il sangue nelle vene.

Si fermarono, guardandosi negli occhi, paralizzati dalla paura. Un milione di domande e ipotesi affollavano le menti dei tre amici, ma una era predominante: cosa era successo?

Sentirono dei passi. Erano lenti, cadenzati, come se non avessero fretta di giungere a destinazione, come se fossero sicuri che la loro preda fosse spacciata e non avesse più nessun posto in cui scappare. Quella sicurezza scatenò una sorta di angoscia nei cuori dei tre amici, un'angoscia soffocante e paralizzante.

I passi continuarono, e dalla galleria che stava loro di fronte emerse Zaknafein Do'Urden.

La stretta sul braccio di Drizzt si fece così salda che il drow lanciò un urlo di dolore.

-Dannato assassino!- esclamò Belwar, cercando di liberarsi dalla presa di Faerie e prepararsi alla battaglia, ma lei non lo lasciò.

-No!- esclamò Drizzt. -Zaknafein vuole me! Andate da Clacker, lui ha bisogno di voi!-

-Non ti lascerò, elfo scuro- rispose lo gnomo caparbiamente.

-Ti prego- lo supplicò il drow. -È un nemico molto al di sopra delle tue possibilità. E tu, Faerie, non puoi affrontarlo in queste condizioni. Andate! Me la caverò!-

Fece una lieve carezza sulla mano della sorella. -Vai- le disse dolcemente. -Andrà tutto bene.-

Lei lo guardò. Da nero, il suo viso era diventato grigio, come se fosse impallidita di colpo. Nonostante questo, Drizzt lesse rabbia e determinazione nei suoi occhi.

Faerie lasciò andare Belwar, che corse verso Clacker, ma non il fratello.

Zaknafein nemmeno badò a lui. Il suo obbiettivo era Drizzt.

-Che stai facendo?- le chiese lui sbigottito. -Vai! Non puoi combatterlo con la paura che hai in corpo! Devi andare!-

-Non sei l'unico che ha dei demoni da affrontare- disse lei con malcelato timore.

-La tua ferita è ancora fresca! Si riaprirà!-

La sua mano lasciò il suo braccio, ma lei non se ne andò. Sguainò le spade.

-Avanti, mostro senza cuore- disse gelida. -Vuoi mio fratello? Allora vieni a prendertelo.-

Con un urlo, Zaknafein Do'Urden si lanciò su di loro.

-Padre- disse Faerie menando un fendente. -Non ti ricordi di me?-

Una lacrima solitaria le scivolò sulla guancia. Il padre non parve udirla. La attaccò, sordo alle sue parole.

-Non ti ricordi di come ci allenavamo insieme?- sussurrò lei. -Non ti ricordi quando mi hai salvata dalla furia di mia madre, quella volta che mi ero ribellata a Briza?-

Zaknafein seguitò ad attaccarla, senza ascoltarla. Le lacrime si fecero più numerose, piccoli rivoli di dolore su un viso già stanco e provato dalla vita.

-Non ti ricordi tutte le volte che sei corso in mio aiuto? Non ti ricordi quando ho perso il mio occhio? Eri lì, seduto sul letto, al mio fianco. Non ti ricordi quando sono scappata al mercato? Io sì, il tuo viso preoccupato che diventa sollevato quando hai visto Jarlaxle che mi riportava indietro è ancora scolpito nella mia mente, e nel mio cuore...-

I fendenti e gli attacchi del drow si facevano sempre più potenti e feroci. Faerie sapeva che non avrebbe resistito a lungo: il suo braccio le stava mandando fitte sempre più dolorose. Presto sarebbe stato impossibile da sopportare. Inoltre, ogni mossa del padre era come una pugnalata rovente al suo cuore già dilaniato. Avrebbe voluto accasciarsi a terra e piangere, lasciandosi consumare dal dolore.

No, si disse, io non posso cadere. Non adessoDrizzt ha bisogno di me. Belwar e Clacker hanno bisogno di me. Io non posso cadere ora.

Guardò il padre negli occhi con furia rinnovata. Quando i loro sguardi si incrociarono, la drow sentì una scarica di rabbia attraversarle il corpo. Una rabbia potente, potente e devastante. Una rabbia diretta verso sua madre e la sua famiglia, la causa di tutti i suoi mali.

Con un urlo, parò un attacco di Zaknafein e spinse la lama verso di lui. La sua forza fu tale, che il drow barcollò all'indietro, allontanandosi dai due fratelli. -ORA BASTA!- ruggì Faerie. -TU NON SEI NOSTRO PADRE!-

-No...- biascicò lo spirito-spettro. -Io sono vostra... madre!- disse lanciandosi di nuovo all'attacco.

I due fratelli non ebbero nemmeno il tempo di rimanere sbigottiti dalla risposta, poiché le lame di Zaknafein calarono su di loro.

Faerie e Drizzt pararono le stoccate prontamente, ma ancora non capivano cosa stesse succedendo.

Seguitarono nella loro danza di parate e affondi, un'eterea danza di morte così meravigliosamente letale.

-Aspetta un attimo...- sussurrò Drizzt dopo lunghi ed estenuanti minuti di lotta. Eseguì una doppia stoccata bassa, sperando di risvegliare qualcosa nei suoi ricordi, se lui era veramente suo padre. Approfittò della posizione per tirargli un calcio in faccia, ma lui, come a prevedere quella mossa, si scansò.

-Tu sei Zaknafein!- esclamò Drizzt sbigottito. Faerie si lanciò sul padre, ma lui la trattenne. -Ferma!- le disse. -Lui è nostro padre, ma Malice deve avergli fatto qualcosa!-

-Che cosa, allora?!- esclamò lei. -Che cosa ti ha fatto quella maledetta di mia madre?!- gridò. Lo spirito-spettro ebbe uno scatto, come a volerli attaccare, ma non si mosse.

Per alcuni attimi, Zaknafein sembrò in lotta contro se stesso: cercava di mantenersi fermo, ma degli scatti improvvisi tradivano il suo bisogno di uccidere.

-Attacchiamo adesso- disse Faerie. -È la nostra unica possibilità- aggiunse partendo all'attacco.

-Faerie, ferma!-

Zaknafein si irrigidì nel sentire quel nome. Si girò lentamente verso la figlia, che si fermò non appena i loro sguardi si incrociarono.

-Fa... e... rie...- rantolò, come se non lo ricordasse.

-Sì- sussurrò lei. -Sono io, sono tua figlia.-

-Dr... izzt...- articolò lo spirito-spettro, volgendo la testa verso il figlio.

Il suo viso cercò di stirarsi in un sorriso. -Drizzt- disse. -Faerie- ripeté. -Figli miei...-

Con un gesto rapido e fluido, rinfoderò le spade, ma le sue mani avevano ancora degli scatti. Zaknafein doveva lottare per impedire loro di afferrare le else.

-Padre...- mormorò la drow. I due fratelli si mossero per abbracciarlo, ma lui li fermò con un gesto della mano.

-Non avvicinatevi- li avvertì. -Non so per quanto riuscirò a trattenerla.-

-Chi?- gli chiesero i due drow.

-Vostra madre- spiegò Zaknafein. -Mi ha riportato in vita per i suoi ignobili scopi. Controlla il mio corpo. Non avvicinatevi.-

-Ma tu sei qui!- insisté Drizzt. -L'hai sconfitta!-

-Solo per poco- rispose suo padre. E, come a dimostrazione delle sue parole, ebbe un altro scatto.

Guardò i figli con gli occhi pieni di lacrime. -Faerie...- sussurrò. -Sei viva...-

-Lo sono sempre stata, padre- mormorò la figlia in risposta. Rivoli di lacrime le rigavano le gote nere.

-Mi sei mancata- le disse il maestro d'armi.

-Anche tu- rispose Faerie. -Non c'è stato giorno senza che io provassi rimorso per tutto il dolore che ti ho causato. Tu mi hai amata, sei stato al mio fianco per quasi un secolo, e io ti ho ripagato in questo modo. Mi dispiace, padre!-

La drow cadde in ginocchio, singhiozzando. -Mi dispiace così tanto...-

-La gioia di saperti viva dopo tutti questi anni supera di gran lunga la sofferenza che ho passato- rispose Zaknafein con la voce rotta dal pianto. -Ti voglio bene, figlia mia.-

Si rivolse a Drizzt. -Combatti bene, figlio mio, meglio di quanto mi ricordassi, o di quanto osassi sperare- disse.

Zaknafein ebbe un altro scatto, che per poco non fece sì che lui si avventasse sul figlio. -No!- esclamò lui. -Ti prego, padre, contrastala! Non posso... non possiamo perderti di nuovo!-

-Non posso!- gridò lo spirito-spettro. -Voi dovete scappare! Malice non si fermerà fino a che non ti avrà riportato a Menzoberranzan, Drizzt, insieme a tua sorella, ora che sa che è viva! Dovete scappare!-

La volontà del maestro d'armi cedette di poco, ma fu sufficiente perché esso saltasse in avanti, intenzionato ad attaccare Faerie. Fortunatamente, riuscì a fermarsi appena in tempo.

-Vi voglio bene, figli miei- sussurrò. -Lo faccio per noi!- esclamò poi con voce squillante. Si girò verso il bordo della passerella.

-PADRE, NO!- urlò Faerie, capendo cosa voleva fare. Si alzò di scatto e corse verso di lui, la disperazione e il dolore che le dilaniavano il cuore. Allungò una mano per afferrare qualcosa, qualunque cosa, potesse fermare il padre. Ma arrivò troppo tardi. La sua mano afferrò il vuoto: Zaknafein Do'Urden era già saltato giù dalla passerella.

Non ci fu nulla di umano nell'urlo di Faerie.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici ***


Sentiva Belwar e Drizzt parlottare a bassa voce di fianco a sé. Non capiva cosa dicevano, né voleva capire. Era rannicchiata sulla roccia, dando le spalle ai suoi amici. Fissava dritto davanti a sé, lo sguardo perso nel vuoto.

Aveva visto suo padre morire, lo aveva perso senza poterlo salvare per la seconda volta, terza se si contava la sua fuga, cinquant'anni prima.

Dopo il suo urlo, era rimasta a fissare il punto in cui Zaknafein era sparito, il punto dove il corpo del suo maestro era affondato e si era sciolto. Non si era mossa nemmeno quando Drizzt le aveva avvolto le spalle con le braccia e le aveva sussurrato dolci parole di conforto. Non aveva reagito quando suo fratello l'aveva implorata di parlargli. Non aveva nemmeno guardato Belwar mentre la stringeva in un abbraccio. Non si era spostata di un millimetro quando Drizzt le aveva detto che era ora di andare. Era rimasta sorda alle parole dei suoi amici che la imploravano di dire qualcosa, di reagire. Tutto ciò che sapeva era che voleva rimanere lì col suo dolore, per sempre.

Drizzt aveva dovuto prenderla in braccio per poter permettere a tutti e tre di andarsene. Si era rannicchiata contro il suo petto, fissando un punto indefinito davanti a sé.

Una volta attraversato il ponte, avevano appreso da Belwar che Clacker era morto: la mente completamente divenuta quella di un orrore uncinato, aveva attaccato l'amico gnomo che si era visto obbligato, per aver salva la vita, a ucciderlo. Nella morte, il corpo di Clacker aveva abbandonato la sua forma mostruosa ed era tornato ad essere un piccolo pech.

Faerie non aveva reagito a quella notizia, il cuore già dilaniato dalla morte dell'amato padre.

Avevano proseguito. Per dove, Faerie non lo sapeva: non aveva ascoltato i discorsi dei suoi amici, la mente troppo occupata in amari ricordi e dolorosi pensieri.

Non si era mai mossa, né aveva parlato. Drizzt aveva dovuto portarla in braccio tutto il tempo, facendo parecchie soste per riposare. Durante queste soste, sia lui che Belwar avevano cercato inutilmente di smuoverla dal suo torpore, preoccupati, ma nessuno dei loro tentativi aveva cambiato qualcosa.

Ora erano fermi, di nuovo, e Faerie pensava. Tutto ciò non sarebbe mai successo se Drizzt non fosse scappato da Menzoberranzan, le era capitato di pensare, ma puntualmente si rispondeva che non era stata colpa sua. Suo fratello era come lei e suo padre, ma mentre loro due erano riusciti a nascondersi, lui aveva rifiutato di farlo. Faerie si era sempre reputata coraggiosa e indomita, ma non era riuscita a ribellarsi quando ne aveva avuto l'occasione. Perché io avevo Zaknafein, si disse, sarebbe morto se non mi fossi nascosta. Drizzt no.

Ma nonostante tutto, non riusciva a biasimare suo fratello. No, lui non c'entrava nulla con la morte del loro padre. Aveva solo fatto ciò che era giusto. Ilharn era d'accordo con lui. Pur di vedere suo figlio salvo, avrebbe sacrificato non solo se stesso, ma il mondo intero. Si morse il labbro. Ed è quello che ha fatto: si è sacrificato per permetterci di vivere.

No, decisamente non era colpa di Drizzt.

Un'idea le guizzò in testa, ma scivolò via con la stessa rapidità con cui era venuta. Faerie andò indietro con i ricordi, indietro di quasi cinquant'anni. Strinse la spilla appesa al suo collo, quella spilla che per lei aveva significato una promessa. Una promessa che non era stata mantenuta. Eppure, sapeva che non c'entrava nulla, perché sapeva che sarebbe finita in quel modo. Dobbiamo essere cauti quando siamo nel dominio di Lolth, non possiamo salvare tutti, le era stato detto. Fu grazie a questo, se un pensiero fulminò la mente stanca di Faerie: Malice. Era stata Malice, non Drizzt, a sacrificare suo padre. Era stata Malice, non Drizzt, a resuscitarlo e a mandarlo alle calcagna di suo fratello. Era stata Malice, non Drizzt, a uccidere suo padre.

Non c'entravano né Drizzt né la promessa. Tutto partiva da quella sporca dea, era il suo volere, ricordò. Ma mentre contro Lolth non posso nulla, a mia madre posso sempre tagliare la gola, pensò.

Emise un basso ringhio a quel pensiero.

Drizzt e Belwar si girarono di scatto nel sentirlo, increduli. Erano giorni che Faerie non emetteva suoni di sorta.

-Faerie...? Stai...?- azzardò suo fratello.

Lei scattò in piedi.

-Stai meglio?- le chiese lo gnomo. Sia lui che il drow erano enormemente sollevati nel vederla finalmente muoversi dopo tutti quei giorni, anche se erano ben consapevoli che ciò non significava che stesse bene.

-Io torno a Menzoberranzan- disse lei in tono duro. Scioccati, i due amici balzarono in piedi.

-Cosa?- chiese Drizzt, incredulo.

-Ma non puoi!- esclamò Belwar.

-Malice si è presa la mia vita e quella di mio padre. Ora io mi prenderò la sua- proseguì lei senza guardarli in faccia.

-Faerie, capisco che tu sia arrabbiata e in lutto per la morte di nostro padre, ma cercare vendetta non è la soluzione. Questo sentimento ti logorerà e ti consumerà, e non ti porterà nessuna gioia. Inoltre, ora Malice si aspetta che tu torni da lei, se ti conosce bene quanto crede: morirai di sicuro- tentò di farla ragionare il fratello.

-Le sono scivolata fra le dita una volta, posso rientrare senza essere notata- ribatté Faerie.

-Allora non capisci- si infiammò lui.

-No, tu non capisci!- esclamò l'elfa girandosi di scatto verso il drow. -Non lo faccio solo per vendetta! Ricordi le ultime parole di nostro padre?! Malice ci darà la caccia fino alla morte e oltre! Se la uccido, potremo finalmente vivere in pace!-

-Nostro padre ha detto di scappare, non di andare a cercarla, e sono sicuro che lo ha detto per una ragione. Non abbiamo speranze contro di lei!-

-Io devo andare!-

-Faerie, se vai, vanificherai il sacrificio di nostro padre.-

Quella frase sortì sulla drow lo stesso effetto di uno schiaffo in piena faccia. Guardò Drizzt e Belwar, senza trovare parole per replicare. Il fratello si avvicinò a lei e le prese dolcemente il viso fra le mani.

-So che sei arrabbiata e triste, lo sono anche io, ma nostro padre si è sacrificato perché noi potessimo vivere. Vivere, Faerie, non lanciarsi in missioni suicide. Ho già perso lui e Clacker, così come Belwar. Non possiamo perdere anche te.- E, detto questo, la avvolse in un tenero abbraccio, al quale si unì anche Belwar.

-Magga cammara, Faerie, sei cinica, acida, sarcastica e insopportabile. Ci sono giorni in cui vorrei solo colpirti con una padella, ma sei pur sempre una mia carissima amica, con un cuore grande così e che mi ha aiutato nei momenti del bisogno. Non buttare via la tua vita in questo modo- disse lo gnomo.

-Ha ragione- concordò Drizzt. -Sei pur sempre mia sorella dopotutto.-

Lei li strinse a sé. -Grazie- sussurrò. -Ma la mia decisione è presa: io avrò la mia vendetta, e metterò fine alla vita di quella disgustosa vecchia meretrice una volta per tutte.-

Drizzt si staccò da lei. -Allora non mi hai ascoltato...-

-Ti ho ascoltato perfettamente, invece. Tuttavia, non puoi farmi cambiare idea. È una cosa che devo fare.-

Il fratello e lo gnomo aprirono la bocca per protestare, ma lei li zittì con un dito sulle labbra. -Apprezzo ciò che avete fatto per me, per farmi restare, ma non posso, non posso proprio. Non preoccupatevi, non morirò.-

Tolse le dita dalle loro labbra. -Non credere di averci convinto a tenere la bocca chiusa, ti assillerò per il resto del viaggio- disse Belwar.

-Quale viaggio? Io andrò da sola.-

-Stiamo tornando a Blingdenstone- disse Drizzt. Il suo sguardo si era fatto improvvisamente imbronciato. -E tu verrai con noi.-

-Ora che non c'è più pericolo, il re vi permetterà sicuramente di restare. Tu, Faerie, ci accompagnerai fin laggiù, e ti fermerai con noi: dovrai pure studiare una strategia o un piano per la tua vendetta, o sbaglio?- disse lo gnomo nel vederla aprir bocca. -E non farti illusioni, ti assillerò comunque per farti cambiare idea- la minacciò bonariamente muovendo la mano a forma di piccone.

Faerie sospirò. -E va bene, verrò- concesse. -Ma starò solo per poco.-

-Ottimo allora! Possiamo proseguire. Da questa parte!- disse lo svirfnebli incamminandosi nel tunnel, affiancato dall'amica. -A proposito, Faerie, ti ho mai parlato delle alte probabilità di insuccesso che hanno le missioni di vendetta?-

-Oh no, non ci provare!-

-Te lo giuro! E sai quanti di questi insuccessi portano alla morte?-

-Belwar è ridicolo...!-

Drizzt rimase diversi passi indietro, a guardare i due amici avanzare, sentendo le loro voci affievolirsi pian piano. Rimase lì per un tempo indefinito, rischiando di perdere di vista entrambi. Poi scosse la testa, e li seguì.

~*~

Nonostante il pericolo fosse stato scongiurato, Re Schnicktick concesse loro di rimanere solamente per una settimana, con gran disappunto di Belwar, che non perdeva occasione di rimarcare quanto fosse scontento di quella decisione.

In quei giorni, Drizzt e Faerie parlarono poco, ma pensarono molto: Faerie passò la settimana a studiare il suo piano per infiltrarsi a Menzoberranzan, mentre il fratello la osservava con sguardo cupo, come se fosse deluso da lei. Si parlavano solo lo stretto necessario, per il resto si ignoravano completamente.

Quando, a settimana ultimata, Faerie si disse pronta a partire, Drizzt la sorprese con una notizia. -Andrò in superficie- disse la penultima sera. Sia la sorella che Belwar lo guardarono sorpresi.

-In superficie?- ribadì la drow. Il fratello annuì.

-Sono stato lì, una volta. Se non fosse stato per uccidere innocenti creature, avrei dei bei ricordi legati a quel posto.-

-La superficie non è posto per uno svirfnebli- commentò Belwar. -Ma se tu andrai, io verrò con te.-

-Non hai bisogno di andartene. Quando avrò annientato Malice...- intervenne Faerie.

-Se annienterai Malice- la corresse Drizzt, irritato. -Nulla è certo quando si tratta di lei. E comunque, ammesso e non concesso che tu la uccida, sono sicuri che altri bramano di immolarmi a Lloth. Non sarebbe comunque finita.-

La sorella rimase in silenzio per lunghi istanti. -Allora verrò con te.-

-Rinunci quindi ai tuoi piani di vendetta?- le chiese lui speranzoso.

-No. Prima andrò a Menzoberranzan e strapperò il cuore marcio di mia madre dal suo petto rinsecchito, e poi ti raggiungerò in superficie. Dopotutto hai ragione: anche eliminata Matrona Malice saremmo comunque braccati. Il re non mi vuole a Blingdenstone, e senza di te non c'è posto in cui io possa andare.-

-E poi ci raggiungerai- la corresse Belwar. -Non starete mica pensando di lasciarmi indietro, vero?-

Drizzt lo guardò con affetto. -Amico mio- disse dolcemente. -Tu non puoi venire: la superficie non è posto né per me né per te, ma tu soffriresti lontano dalla pietra. Noi no. Noi drow non siamo legati a nulla, non come i pech o gli svirfnebli. Certo, patiremmo comunque molte sofferenze, ma è nulla paragonato a ciò che abbiamo già passato. Tu soffriresti molto più di noi.-

Fra loro calò il silenzio. Lo gnomo convenne che il suo amico aveva ragione: per quanto lui desiderasse seguirlo, la sua casa era il Buio Profondo e non poteva né voleva lasciarla. Tirò fuori dalla tasca una spilla luminosa che portava sempre con sé. -Prendete questa, allora- disse. -E non dimenticatemi.-

-Mai- disse Drizzt.

-Né ora né alla fine dei tempi- aggiunse Faerie.

~*~

Il giorno della loro partenza arrivò. Fu doloroso separarsi da Belwar: Faerie lo avvolse in un abbraccio che durò dieci minuti buoni. Gli sussurrò dolci ma tristi parole d'addio all'orecchio, parole che Drizzt non riuscì a sentire. Promisero di rivedersi, se mai i due fratelli sarebbero passati di nuovo da quelle parti. L'unica che credeva, e che sperava, fermamente in quella possibilità era Faerie.

I due drow uscirono dalle porte di Blingdenstone con il cuore gonfio di tristezza, ma la loro malinconia era alleviata dallo spirito avventuroso che aveva preso posto nei loro animi e dalla speranza di poter avere una vita migliore, una vita che era stata negata loro sin dall'inizio della loro esistenza.

-E così ci separiamo, Faerie- disse Drizzt srotolando la mappa del Buio Profondo che Belwar gli aveva donato e illuminandola con la spilla. La sorella scosse la testa.

-Abbiamo solo una mappa- disse. -Non potrei raggiungerti senza. Ti accompagnerò fino in superficie, poi tornerò indietro e compirò la mia vendetta. Infine, tornerò da te.-

Il drow annuì, concordando con lei. -Hai ragione- convenne. -In marcia, allora!- disse forzando un sorriso. La disapprovazione per la decisione della sorella gli lasciava ancora l'amaro in bocca.

Faerie sorrise di rimando. -Guidami, allora, mio esploratore- disse ridacchiando.

I due si misero in cammino, alla volta della superficie.

Il loro viaggio durò trentatré giorni, durante i quali non incontrarono mostri o altre creature di sorta, al punto che Faerie prese a raccontare qualche storia buffa di sua invenzione, almeno fino a quando Drizzt non le chiese di smettere, poiché trovava il suo umorismo davvero becero.

-Non è il mio umorismo a fare schifo, sei tu che sei noioso- borbottò lei, le guance improvvisamente annerite, come se fosse arrossita.

-Vogliamo scommettere?- replicò lui.

-Assolutamente sì!-

E così cominciò una vera e propria gara di storielle, che Faerie perse miseramente. Mostrò il suo disappunto tenendo il broncio a Drizzt per un giorno intero.

Finalmente, il trentatreesimo giorno di viaggio, sentirono l'aria farsi più fresca e meno ferma rispetto a quella del Buio Profondo. -Ci siamo quasi- disse Drizzt, inspirando a pieni polmoni. La sorella lo imitò. -Lo senti quest'odore? È quello della superficie, della libertà. Sei sicura di voler andare? Qui sarai libera e non avrai il peso della morte della nostra famiglia sulla coscienza.-

-Ho già ucciso innumerevoli volte prima di loro- replicò Faerie. -Questa non sarà l'ultima.-

-Ma è diverso!-

-No, Drizzt, non lo è. Tu forse avrai pietà di loro e li compatirai, ma loro mi hanno portato via troppe cose perché io possa perdonare. Non ci sarà alcun rimorso in me, né dolore.-

Il fratello sospirò. Lei non avrebbe mai cambiato idea.

-Allora qui ci separiamo, sorella mia- disse in tono cupo, senza guardarla negli occhi. Lei gli sollevò dolcemente il viso con le mani.

-Non preoccuparti per me. Sopravviverò e tornerò. Lo faccio sempre, in un modo o nell'altro- disse guardandolo negli occhi viola. Gli fece un sorriso e lo baciò teneramente sulla fronte. -Andrà tutto bene, fratellino- sussurrò. Lo abbracciò forte.

-Ti aspetterò- le promise lui.

Faerie si staccò da lui e, tirata fuori una delle due spade, si tagliò una ciocca di capelli. La strinse fra le mani, sussurrando un incantesimo. I canuti capelli di lei iniziarono a brillare di una fioca luce bianca. -Se sarò in pericolo- disse -la luce che illumina questa ciocca diventerà più forte. Non venire a cercarmi, non voglio che sacrifichi la tua felicità per me. Se morirò, la luce si spegnerà. Allora saprai che non dovrai più aspettarmi.-

-Ma tu non morirai- le disse Drizzt cercando di non usare un tono troppo astioso. -Lo hai detto tu stessa.-

Lei fece una risatina mesta. -Ci sono cose che la mia arroganza mi impedisce di vedere- disse semplicemente.

-Arrivederci, fratello mio- disse dopo che lui le ebbe dato la mappa. -Porterò i tuoi saluti a nostra madre anche per te.-

E, detto questo, si voltò e sparì, inghiottita dall'oscurità.

 

FINE

 

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