Surface

di Razu
(/viewuser.php?uid=957022)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Camminava con noncuranza e naturalezza per le vie di Menzoberranzan, attenta a non farsi notare, cosa che le riusciva alla perfezione.

Le strade che stava percorrendo risvegliavano in lei una marea di ricordi, man mano che procedeva. A un certo punto, a Faerie parve di vedere una bambina dal sorriso sbarazzino, due intensi occhi viola e un piccolo mantello con cappuccio a coprirle il volto e il corpo, correre per le strade ridacchiando. L'elfa fece un lieve sorriso al ricordo di se stessa, da piccola, che camminava meravigliata per le vie del mercato, curiosando fra le bancarelle e chiacchierando con qualunque mercante che non appartenesse alla sua razza. Ricordò anche le frustate di Briza, la sera stessa: una punizione per essere uscita senza essere vista e aver visitato un luogo e familiarizzato con razze non consoni al suo rango. Lei era una nobile di Casa Do'Urden, l'allora Decima Casa di Menzoberranzan. I nobili non avevano nulla da spartire con le razze e i ceti inferiori.

Nella sua memoria riaffiorarono tutte le vie e i percorsi della città. Faerie si diresse verso quella che per quasi un secolo era stata la sua casa.

No, si disse con fermezza, quella non era la mia casa, non lo è mai stata. Era la mia gabbia, la mia dannazione, la mia punizione per essere nata drow. Mio padre era la mia casa. Mio fratello era la mia casa. Belwar e Clacker erano la mia casa, non questo posto orribile.

Faerie proseguì. Poco dopo, giunse davanti ai cancelli del complesso Do'Urden, e rimase alquanto sorpresa nel vederli piegati e contorti. Lanciò un rapido sguardo in giro, ma non vide guardie di sorta attorno al complesso.

Corrugò le sopracciglia. Cosa cavolo è successo?

Si guardò intorno, per essere certa che nessuno la osservasse. Poi, superò i cancelli.

~*~

Un fetore terribile le assalì le narici non appena superò la terrazza che i nobili usavano per entrare. Faerie si portò una mano alla bocca per non vomitare.

Trovò i primi cadaveri nel corridoio, e intuì che dovevano essere loro la causa della puzza. Che diavolo è successo? Perché il cancello è mezzo distrutto? Perché è pieno di cadaveri? Perché...

Tese le orecchie, come a confermare la sua ipotesi.

...c'è tutto questo silenzio?

Proseguì, esplorando il complesso, stando bene attenta a dove metteva i piedi.

Altri ricordi le assalivano la mente, ricordi di una vita passata nella rabbia e nel dolore, sebbene fosse rischiarata da un solo individuo.

Padre...

Le parve di sentire una risata infantile in lontananza, una delle poche che aveva mai fatto durante i suoi anni passati a Menzoberranzan.

-Padre, hai visto? Sono riuscita a fare centro con l'arco! Vedi? La freccia è proprio lì, al centro!-

-Sei stata bravissima, Faerie, ma dovresti imparare a usare la balestra. L'arco è poco pratico, e ha una potenza minore...-

-Ma, padre, a me piace l'arco! La balestra la usa anche Nalfein!-

Faerie sorrise nel ricordare quella discussione, avuta quando lei aveva appena iniziato il suo addestramento.

Era talmente assorta nei suoi ricordi, che dimenticò di guardare dove stava andando. Inciampò in un cadavere e cadde a terra a faccia avanti, gridando una bestemmia nel mentre.

Maledisse se stessa per aver fatto baccano. Non poteva sapere chi o cosa fosse all'interno del complesso Do'Urden.

Borbottando mentalmente imprecazioni, si rialzò. Nel farlo, vide il viso del cadavere, e rimase di sasso. -Ilharess...- sussurrò nel vedere il volto sbarrato della drow che aveva preso come sua amante insieme al gemello, più di cento anni prima.

Nonostante fra le due non vi fosse stato null'altro che attrazione fisica, Faerie sentì una vampata di dispiacere arderle nel petto.

Le chiuse gli occhi con le dita, mormorando "spero tu abbia trovato la pace, ora".

Si rialzò in piedi, decisa più che mai a indagare, e anche a trovare il corpo di Quendar, il gemello di Ilharess, se ne avesse avuto il tempo.

Percorse i corridoi e le stanze vuote del complesso, rischiando più volte di svenire per la puzza, fino ad arrivare a un'altra terrazza. Lì, trovò due corpi decisamente più interessanti: uno lo riconobbe immediatamente, non senza un certo dolore. Si trattava di Vierna, sua sorella minore, l'unica per cui avesse provato un minimo di affetto. Di fianco a lei, il corpo trafitto da mille frecce, vi era una drow sconosciuta dagli abiti nobili. Faerie dedusse che fosse Maya, la sorella nata dopo la sua fuga.

La sua attenzione, però, era tutta sul corpo di Vierna, straziato in più punti sul viso e sul torso da quelli che sembravano morsi, ma tuttavia senza danni apparenti troppo gravi.

Riconobbe i morsi: erano quelli della frusta delle sacerdotesse. Faerie li guardò confusa. Di norma le sacerdotesse non andavano in battaglia contro gli altri casati.

Le accarezzò dolcemente le ferite sul viso, gli occhi velati di lacrime. Vierna emise un gemito non appena sentì le dita della sorella sfiorarle il volto. Faerie ritrasse di scatto le dita. È ancora viva...

La vide aprire a fatica gli occhi. Sollevò a stento la testa, come se fosse immensamente pesante. -Chi... sei...?- biascicò a voce bassissima, quasi impercettibile.

La sorella non reagì subito. Rimase immobile, non sapendo bene come reagire. La sua mente galoppava: avrebbe potuto portarla via, avrebbe potuto parlarle e farle conoscere una vita senza Lolth, avrebbero potuto crescere insieme come vere sorelle...

No, pensò osservandola, non posso fare un bel nulla per lei. Nostra madre l'avrà sicuramente fatta diventare come tutte le femmine della nostra razza. Non c'è nulla che io possa fare per lei.

Guardò di nuovo Vierna. Ormai aveva trovato le forze per alzarsi e appoggiarsi ai gomiti.

-Chi... sei...?- chiese di nuovo lei.

In realtà, pensò Faerie, in effetti c'era una cosa che poteva fare.

Sguainò una delle sue spade e la levò in alto, pronta a colpire Vierna al petto. D'altronde, cos'era solito dirle suo padre?

Più che un dono crudele, trovo che la morte sia per loro una salvezza da questa vita orribile. Non provo rimpianti per quello che faccio.

I loro sguardi si incrociarono. E fu in quel momento che tutte le certezze di Faerie crollarono.

Vierna era disarmata, sola e indifesa. Nessuno sarebbe venuto a salvarla, nessuno avrebbe avuto pietà di lei. In quel frangente, Faerie rivide se stessa: sola, tremante e impaurita nelle gallerie del Buio Profondo, il viso che doleva a tal punto da farle invocare la morte.

La lama di Faerie calò, ma non colpì mai il petto di Vierna. L'elsa urtò violentemente la tempia della drow, facendola svenire di nuovo.

Forse mi sbaglio, pensò l'elfa, forse Malice non ti ha rovinata del tutto. Forse sei ancora in tempo per redimerti. Forse questa volta farai la scelta giusta, chissà. Dopotutto io non sono stata al tuo fianco negli ultimi cinquant'anni, non posso prevedere come andrà a finire.

Le fece una carezza sulla guancia.

-Usa questa seconda possibilità con saggezza, sorella mia- sussurrò alzandosi.

Continuò la sua esplorazione. Con sua grande sorpresa, non trovò il corpo di Quendar. Magari si è schierato con gli attaccanti, chiunque essi fossero, si disse. Dopotutto la fedeltà non è una prerogativa della mia razza.

Si stupì non poco, inoltre, di non trovare i cadaveri dei suoi altri fratelli. C'è ancora una stanza in cui non sono stata..., pensò dirigendosi verso la cappella della casa.

La sua famiglia era solita riunirsi nell'anticamera della cappella, perciò entrò in quella stanza.

Non appena aprì le porte dell'anticamera, venne investita da un'altra ondata di lezzo, che le fece venire le vertigini e lacrimare gli occhi. Dovette fare uno sforzo tremendo per trattenere i conati di vomito.

Ciò che vide la riempì di rabbia ma anche di una gioia e di un sollievo mai provati prima: il corpo di sua madre era riverso a terra, senza vita, il torso e il viso dilaniati da ferite che Faerie conosceva bene. Le ferite inferte da una frusta a teste di serpente.

Faerie ringhiò il suo disappunto. Non ci voleva certo un genio per capire chi l'avesse privata della sua vendetta.

Io sono venuta qui per vendicare mio padre, si disse con rabbia. Ma essa si dissolse piano piano quando la drow realizzò che, con la morte di Malice, lei e Drizzt erano finalmente liberi: nessuno avrebbe più dato loro la caccia, nessuno li avrebbe più perseguitati.

Nella sua euforia, non pensò al fatto che Malice non era l'unica a voler vedere suo fratello morto.

Faerie fu assalita da un accesso di risatine, che si trasformarono in una risata vera e propria.

-Sembra che tu abbia avuto la fine che meritavi, vecchia arpia!- esclamò l'elfa.

Lanciò una rapida occhiata in giro, alla ricerca di Dinin. Fu molto sorpresa quando non lo vide da nessuna parte.

La faccenda iniziava a diventare strana. Se si era trattato di una guerra fra casati, nessun nobile doveva rimanere in vita.

Mi servono informazioni, devo solo trovare la persona giusta, pensò. Fece una smorfia nel realizzare l'identità dell'unica persona giusta nell'intera città.

Fece per andarsene, ma si fermò poco prima di uscire dalla stanza. Si girò lentamente verso il corpo della madre. Si avvicinò e si chinò su di lei. Estrasse la spada e, lentamente, iniziò a reciderle la testa.

Dopotutto, era venuta lì per avere vendetta.

Una volta finito il macabro compito, Faerie avvolse il capo della madre nel mantello da sacerdotessa di lei, per poi infilarlo nella bisaccia.

Si alzò in piedi e si diresse alla tesoreria della casa, sperando ci fosse ancora qualcosa.

Le informazioni che stava per carpire non erano certo a buon mercato.

~*~

-Mi stavo giusto chiedendo quando ti avrei rivista, Faerie Do'Urden- disse Jarlaxle, uscendo dall'ombra di una casa.

Faerie si irrigidì. -Non so di chi tu stia parlando- disse cercando di frenare l'impulso di tirarsi ancora più giù il cappuccio di quanto già non fosse.

Il mercenario rise. -Se vuoi evitare di essere riconosciuta, non dovresti tenere il tuo medaglione in bella vista sul petto, specialmente con quella bella spilla di Eilistraee appesa. Chiunque lo abbia visto addosso a Zaknafein può dedurre la tua identità, se ha abbastanza cervello per ragionare. I miei complimenti, a proposito: non avrei mai pensato che fossi capace di sfuggire alla morte e raggirare la tua famiglia per cinquant'anni. Sono sorpreso- disse ammiccando e sprofondando in un inchino.

L'elfa arrossì e fece una smorfia. -Ho bisogno di informazioni- disse.

Jarlaxle fece un sorriso scaltro. -L'indomita Faerie Daermon N'a'shezbaernon che ha bisogno di aiuto? Il mondo deve essere proprio impazzito. Ad ogni modo, sai che non do nulla per nulla...-

Non aveva nemmeno finito di parlare che Faerie gli lanciò un sacchetto pieno di denaro. Lui lo afferrò prontamente.

-Cos'è successo a Casa Do'Urden?-

-Mi aspettavo questa domanda- disse il mercenario con un ghigno. -Sai nulla del tentativo di tua madre di riprendere tuo fratello?-

-A mio malgrado, ne so più di quanto vorrei- ringhiò lei. Ricordi dolorosi le affiorarono alla mente.

-La tua casa ha fallito, e ha avuto ciò che si meritava. Era il volere di Lolth, dopotutto.-

-Chi li ha uccisi?-

Jarlaxle ridacchiò. -E anche se te lo dicessi, tu cosa faresti? Il tuo nemico sarebbe comunque troppo forte per una drow soltanto, seppur agguerrita come te. Non sono state strane creature, se è questo che intendi, ma un'esercito di drow-

Faerie non chiese nemmeno di quale casa. Jarlaxle aveva ragione.

-Ho un'ultima domanda- disse lei.

Il mercenario rimase in silenzio, come se fosse in attesa di qualcosa. L'elfa capì che non si trattava della sua domanda.

Sbuffò, e gli allungò un altro sacchetto di monete.

-Vai avanti.-

-Sai qualcosa su Quendar Olonrae e su mio fratello Dinin?-

Jarlaxle rimase in silenzio per alcuni minuti prima di rispondere, come a soppesare i rischi e i vantaggi della sua azione successiva.

Annuì lentamente. -Sono vivi e vegeti, entrambi servono nelle fila della mia compagnia.-

Faerie socchiuse gli occhi. -Molto bene...- sussurrò. Lanciò un altro sacchetto al mercenario, che lo accettò con una certa sorpresa. -Questo è per il tuo silenzio- disse. -Nessuno deve sapere che sono ancora viva e che sono stata qui.-

Jarlaxle fece un ghigno. -Non preoccuparti, giovane Do'Urden- disse. -Gli unici che sapevano della tua esistenza sono morti, a parte me ovviamente. Non tradirò il tuo segreto.-

-Non ora che ti ho pagato- rispose Faerie con un mezzo sorriso.

Jarlaxle le diede una pacca sulla spalla, ridendo, per poi avvolgerle le spalle con il braccio. -Vedo che hai centrato il punto.-

Lei si districò gentilmente dalla stretta. -Addio, Jarlaxle- disse con un sorriso.

-Arrivederci, Faerie Do'Urden- disse il mercenario.

Faerie gli lanciò uno sguardo strano, come se non capisse il motivo del suo saluto. Poi se ne andò.

Si girò un'ultima volta verso Jarlaxle, ma il mercenario era sparito.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Seduto con la schiena contro la roccia, Drizzt stringeva fra le dita la ciocca luminosa di Faerie, senza smettere di fissarla. Erano quasi due mesi che mancava, ma finché la luce non si fosse spenta, il drow era fermamente deciso a non muoversi da lì.

Sospirò, accarezzando i sottili capelli con il pollice. Si chiedeva quali sarebbero state le loro prime parole dopo tutto quel tempo. Faerie sarebbe tornata con il sangue dei loro familiari sulle mani, e, anche se Drizzt non li aveva mai amati, disapprovava la sua scelta. Come può essere così decisa nel togliere la vita?, si chiese rabbrividendo. Lui non riusciva a uccidere i suoi stessi simili, come poteva lei essere tanto indifferente alla morte?

Mentre era immerso in quelle riflessioni, sentì uno scalpiccio in lontananza nella grotta in cui si trovava. Scattò subito in piedi, sguainando le scimitarre. Rimase in attesa, guardingo e attento.

Lo scalpiccio continuò, fino a diventare un rumore di passi vero e proprio. La presa di Drizzt si fece più salda sulle sue armi.

Continuò a sentire quel rumore per pochi attimi ancora. Poi, Faerie Do'Urden emerse dall'oscurità.

L'elfo abbassò le armi. -Oh, sei tu- disse rinfoderando le lame, cercando di non mostrarsi troppo sollevato, nonostante fosse felicissimo di vederla. La disapprovazione gli impediva di gioire completamente del suo ritorno.

Notò che aveva un'espressione cupa sul volto, oltre che a essere più trascurata di quanto fosse solita essere, come se non avesse dormito, mangiato o curato minimamente la sua persona. Pareva stanca, come se non riposasse da giorni.

-Allora- disse Drizzt, cercando di non sembrare troppo contento. -Hai ottenuto quello che volevi?-

Faerie gli lanciò un'occhiataccia, ma non gli rispose. Aprì la bisaccia e ne tirò fuori un panno insanguinato che puzzava orrendamente di marcio. Lo lanciò con forza ai piedi del fratello, che dovette fare diversi saltelli per schivarlo e, allo stesso tempo, rimanere in equilibrio.

Lui le lanciò un'occhiata sospettosa, che lei ricambiò con un cenno del capo verso il panno. Drizzt continuò a guardarla con sospetto fino a che non si fu chinato per spostare i lembi della stoffa. Fece un salto all'indietro nel vedere il volto semi decomposto della madre. Guardò la sorella con occhi e bocca spalancati, inorridito da ciò che aveva appena visto.

-Che cosa hai fatto?!-

-Rilassati, Paladino dei Deboli e degli Oppressi- disse Faerie in tono sarcastico. -Era già morta quando l'ho fatto.-

-Morta? Ma allora...-

-Sono tutti morti- disse lei. -Tranne Dinin, ora serve nella Bregan D'aerthe, e Vierna, l'ho trovata svenuta sulla terrazza. Lei...- Faerie serrò le labbra. -Non ha importanza, ora. Non possono più nuocerci.-

-L'hai risparmiata, vero?- disse Drizzt in tono più dolce.

-Tanto se non l'ho uccisa io lo farà qualcun altro!- scattò la sorella. -È così che fa la nostra razza, giusto?! Nessun nobile deve rimanere in vita in una guerra fra casati!-

Piccoli rivoli di lacrime solcavano le sue guance nere. Se le asciugò con un gesto repentino del braccio. Drizzt si avvicinò a lei e la abbracciò. Lei ebbe un tremito, poi si sciolse in singhiozzi disperati.

-Stavo per farlo- sussurrò. -Stavo per ucciderla, per liberarla da quella vita orribile, ma lei ha aperto gli occhi e...-

Tacque. Le emozioni erano troppo forti per poter continuare.

-Ho rivisto me stessa- riprese dopo lunghi attimi di silenzio. -Ho rivisto me stessa, cinquant'anni fa, sola e indifesa nelle gallerie. Potevo togliere la vita in quel modo a colei che era stata simile a me?-

La sua stretta si fece più salda, le sue mani strinsero le spalle del fratello. -L'ho colpita, alla tempia, e lei è svenuta di nuovo. L'ho lasciata lì, sulla terrazza. Forse chi la troverà le riserverà un destino più crudele della mia lama, ma se riuscirà a salvarsi... spero che usi la sua possibilità con saggezza.-

Le dita di Drizzt affondarono nella sua chioma canuta. -Hai fatto la cosa giusta- approvò. -È in questo che sta la forza, sorella mia.-

Lei sospirò, tirando su col naso. Si staccò da lui. -Se non ti dispiace, ora dormirei volentieri. Sono due mesi che non riesco a dormire decentemente- disse.

-Aspetta- le disse lui. -Prima voglio farti vedere una cosa.-

La prese per mano e la portò all'entrata della grotta. -Guarda- le disse indicando il cielo stellato della notte. Faerie rimase senza fiato per la meraviglia. Allungò la mano, come se volesse toccarle.

-È bellissimo...- mormorò. -Che cos'è?-

-Se ben ricordo dalle lezioni dell'Accademia, viene chiamato "cielo". Non ho però idea di come si chiamino o di cosa siano quei piccoli puntini lassù.-

-Sembrano tante piccole lanterne- disse Faerie. Poi notò la luna, alta e argentea, che illuminava con la sua debole luce le montagne circostanti. La additò, stupefatta. -Quello cos'è?-

Drizzt si strinse nelle spalle. -Non lo so con esattezza. So solo che arriva quando cala l'oscurità. È come la sfera che verrà più tardi, ma meno potente.-

La sorella lo guardò, incuriosita. -Vuoi dire che la superficie non rimane così tutto il tempo?-

-No. Una gigantesca palla di fuoco si innalza nel cielo, se ben ricordo a ogni inizio di ciclo di Narbondel, e dopo molte ore scende. Se non vado errato, nella superficie le giornate vengono scandite così.-

-Una palla di fuoco? Ma gli occhi degli abitanti non si bruciano?-

-Evidentemente no, ci saranno abituati.-

Faerie lo guardò con la testa inclinata di lato. -Come fai a sapere tutte queste cose?-

-Semplicemente, sono stato qui dieci anni fa. E poi, stavo attento durante le lezioni. Tu no?-

-No- ammise la sorella. -Quando le maestre spiegavano la dottrina di Lolth o qualunque altra cosa, io scarabocchiavo i miei fogli di pergamena con disegni non propriamente lusinghieri su nostra madre. Oppure dormivo.-

-E non ti hanno mai beccata?- chiese Drizzt, divertito.

-Un paio di volte- disse Faerie. -Ma avevo sempre la scusa pronta, sono sempre riuscita a cavarmela senza troppi danni.-

-E nostra madre non ha mai saputo nulla?-

Un sorriso era apparso sul volto del drow.

-Non valeva la pena avvisare la matrona per queste quisquilie, specialmente se mentivo spudoratamente sul fatto che non era lei il soggetto dei miei disegni.-

Drizzt ebbe un tremito. Osservandolo più attentamente, la sorella notò che stava ridendo silenziosamente. Lei sorrise, e rimase ad osservarlo fino a che non ebbe finito. -Scusami- disse lui.

-Figurati- replicò lei senza perdere la sua allegria.

Tornò a scrutare i dintorni. -Cos'è quella cosa laggiù?- chiese indicando con un gesto della mano una macchia di alberi sottostante alla montagna dove si trovavano i due elfi.

-Non lo so- ammise Drizzt. -Non sono ancora andato a fare delle esplorazioni. Devo ancora abituarmi alla luce della sfera, e poi non volevo farlo senza di te.-

-Beh, possiamo sempre farle ora- disse Faerie facendo un passo verso il fianco ripido della montagna. Il fratello la fermò, prendendola per una spalla.

-Non sono sicuro di riuscire a ritrovare la strada per tornare indietro- disse. -E poi devi riposare, non dormi sufficientemente da due mesi, lo hai detto tu stessa.-

-Il sonno può aspettare- replicò lei sbuffando, ma si rannicchiò contro la roccia all'interno della grotta, non troppo lontana dall'ingresso. Drizzt rimase a osservare il cielo notturno ancora per un po', fino a che non sentì la sorella chiamarlo.

-Drizzt...-

-Sì, Faerie?- disse lui, girandosi.

-Ti dispiacerebbe...?-

Il fratello la scrutò per qualche attimo, senza capire. Poi il suo sguardo si illuminò. -Oh, giusto.- Le si avvicinò e, dopo essersi accomodato di fianco a lei, avvolse il suo corpo robusto fra le braccia.

-Grazie- sussurrò lei.

Sin da quando erano partiti da Blingdenstone, quel giorno che pareva più lontano di quanto in realtà non fosse, Faerie non aveva mai dormito da sola: di solito abbracciava Belwar prima di addormentarsi, e così rimaneva fino al risveglio, e più di una volta Drizzt si era svegliato con la sorella stretta al suo torso, senza contare tutte le dormite durante il viaggio che avevano intrapreso assieme per giungere in superficie. Faerie non lo aveva mai detto esplicitamente, ma aveva paura a dormire sola. Il perché, Drizzt lo ignorava, ma sospettava fosse legato al tempo che lei aveva trascorso nelle gallerie, sola e senza nessun aiuto. La sua ipotesi era rafforzata dal fatto che Belwar gli aveva raccontato che, dopo essere diventati amici, non c'era stata una notte in cui non avessero dormito assieme.

Le accarezzò i capelli. -Ti sveglierò quando la sfera di fuoco si alzerà in cielo- promise. -Così potrai iniziare ad abituarti alla luce sin da subito.-

Un lieve russare gli disse che Faerie si era addormentata. Lui sorrise. -E comunque, sono contento che tu sia tornata, sorellona- sussurrò prima di addormentarsi a sua volta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Il cielo nero si stava lentamente schiarendo, segno che l'alba sarebbe presto arrivata.

Davanti alla grotta, due elfi scuri sedevano sulle rocce, la schiena perfettamente dritta, lo sguardo perso oltre l'orizzonte. Uno dei due aveva in mano una lunga e sottile pipa, dalla quale fuoriusciva un filo di fumo. Ogni tanto, si portava il cannello alla bocca e aspirava silenziosamente, per poi fare anelli di fumo con la bocca.

Il sole si fece visibile ai loro occhi. Ne era sorta solo una minima parte, ma fu sufficiente perché gli occhi dei due drow iniziassero a dolere. Tuttavia, non si mossero.

La luce aumentava sempre di più man mano che il tempo scorreva. Gli occhi dei due fratelli presero a lacrimare, ma ancora, loro non si ritirarono.

Un sottile filo di fumo iniziò ad alzarsi dai loro mantelli. Drizzt spostò meccanicamente le mani al fine di proteggere il suo dalla distruzione, nonostante sapesse che era perfettamente inutile, mentre Faerie non si diede nemmeno la pena di provarci: il piwafwi, il mantello mimetico dei drow, era uno strumento dell'oscurità e del buio, non era fatto per il mondo di superficie. Ampi fori erano già presenti sui loro mantelli, e presto non ne sarebbe rimasto più nulla, e prima o poi anche le loro armi avrebbero subito la stessa sorte.

I due elfi socchiusero gli occhi. Il sole era a metà del suo percorso. I loro occhi bruciavano e dolevano, ma i drow non si mossero. Dovevano adattarsi se volevano sopravvivere.

Solo quando il sole fu alto nel cielo, Faerie desistette e rientrò nella grotta.

-Ti facevo più tenace- la stuzzicò Drizzt senza voltarsi.

-Il mio mantello si sarebbe distrutto- ribatté astiosa la sorella. -E dato che è la mia unica protezione contro il freddo di questo posto, ci tengo a tenerlo integro.-

Il drow non tentò nemmeno di replicare. Sapeva che non era così, o l'elfa avrebbe fatto qualche sforzo in più per tentare di preservarlo. Ha solo bisogno di tempo per abituarsi, si disse. Dopotutto era lì da prima di lei, aveva avuto più tempo per adattarsi, anche se non molto.

-Non vieni a dormire?- gli chiese lei.

-Preferisco sfruttare al massimo i momenti di veglia per abituarmi alla luce- rispose lui.

-Come desideri- disse Faerie soffocando uno sbadiglio.

-Non sei obbligata ad aspettarmi- le disse Drizzt. -La caccia di stanotte è stata faticosa. Riposa pure.-

-Stai scherzando vero?- replicò l'elfa. -Io da sola non ci dormo.-

Il drow sbuffò alla testardaggine della sorella. -Oh, sbuffa poco, tu- lo rimbeccò lei. -Vorrei vedere te a dormire da solo dopo...- Serrò le labbra.

-Dopo?-

-Bah, lascia stare. Non ho comunque intenzione di dormire fino a che non sarai rientrato.-

Drizzt alzò gli occhi al cielo, per quel che poteva.

Dopo un po' di tempo, però, anche lui si trovò costretto a desistere. Prima di tornare nella grotta, però, si tolse il piwafwi, che ormai aveva più buchi che stoffa, e lo lasciò cadere in un profondo burrone lì vicino.

-Ammetto di aver pensato diverse volte che tu fossi stupido, ma non credevo fossi così stupido- fu il commento di Faerie, che lo aveva visto nonostante gli occhi socchiusi.

-E quando mai pensi diversamente degli altri?- ribatté Drizzt, facendola diventare paonazza. -E in ogni caso era praticamente distrutto, averlo o non averlo non avrebbe fatto nessuna differenza.-

La sorella fece spallucce. -Se lo dici tu...-

Il drow si diresse verso di lei, per poi sdraiarsi al suo fianco, dandole le spalle. Non passò molto prima che le braccia di Faerie gli avviluppassero dolcemente il torso, congiungendogli le mani sul petto. Sentì il suo viso appoggiarsi all'incavo del suo collo.

-Faerie...-

-Sta' zitto.-

Drizzt ridacchiò sommessamente e le fece una carezza sulla guancia. -Non che non apprezzi la tua compagnia durante il sonno, ma non credi di essere cresciuta per queste cose?-

-Mettiamola così- gli disse lei. -Il giorno in cui io smetterò di dormire appiccicata alla gente sarà lo stesso in cui tu ti farai crescere un bel paio d'ali e imparerai a volare.-

-Potrei provarci.-

-Usare la magia non è valido- replicò Faerie. -Altrimenti sarebbe troppo facile.-

Il fratello ridacchiò di nuovo. -Buon riposo, sorella mia- disse prima di chiudere gli occhi.

-Buon riposo, fratellino- la sentì mormorare prima di cadere in un sonno profondo.

Al loro risveglio, la grotta era quasi completamente immersa nell'oscurità, anche se il sole non era ancora calato del tutto. La luce si stava tuttavia affievolendo, dato che il tramonto era già cominciato.

Faerie si sedette, stiracchiandosi. -Devo dire che preferisco questo momento della giornata- disse guardando fuori dalla grotta. -La luce non è troppo intensa ma nemmeno troppo debole. I miei occhi fanno sempre meno male quando la guardo.-

Sentì un gemito provenire dal fratello.

-Drizzt?-

-Oh, povero me- si lamentò lui. -Ricordami di non dormire mai più in questa posizione: mi dolgono tutte le ossa. Il tuo dolce peso mi ha schiacciato.-

-Il dolce peso del mio viso?-

-Non fare la finta tonta, ti sei letteralmente spalmata su di me mentre dormivi- disse Drizzt massaggiandosi il collo.

Faerie ridacchiò. -Scusa, non ho avuto sogni particolarmente piacevoli.-

Lo guardò per qualche istante mentre lui si stiracchiava.

-Facciamo un po' di esplorazione, oggi?- chiese. -Sono curiosa di vedere cosa c'è giù da questa... altura- disse, non sapendo bene come definire la montagna su cui si trovavano.

-Non saprei- disse Drizzt, dubbioso. -E se poi non riuscissimo a ritrovare la strada per tornare qui?-

-Vorrà dire che ci troveremo un'altra dimora- rispose la sorella.

-Mmmmh...- L'elfo scuro non pareva molto convinto.

-Oh, andiamo, Drizzt- lo stuzzicò Faerie. -Dov'è finito il tuo spirito dell'avventura? Prima o poi dovremo anche spostarci da qui, non possiamo rimanere qua per sempre, o sbaglio?-

-Non sbagli, ma prima preferirei essere perfettamente in grado di camminare sotto la luce senza bruciarmi gli occhi.-

-Ci saranno sicuramente altri ripari.-

Drizzt sospirò. -Prima sarebbe meglio mangiare, forse. Poi decideremo meglio cosa fare- disse dirigendosi verso il fondo della grotta, dove avevano lasciato la carne avanzata dal loro precedente pasto.

-Ehi! E tu cosa ci fai qui, piccolino?- sentì Faerie non appena il fratello fu davanti alle loro provviste. L'elfa si girò di scatto e vide Drizzt accovacciato davanti agli ormai inesistenti avanzi. In mezzo alle ossa spolpate, c'era un piccolo animale nero e peloso dalle striature bianche e una coda grossa e vaporosa. Digrignò i denti nel vedere il drow, e iniziò a ringhiare. -Tranquillo, non ti farò del male- disse l'elfo in tono rassicurante, allargando le labbra in un sorriso.

-Vuoi dire che non hai intenzione di dare nemmeno una sberla a quel piccolo bastardo che si è mangiato il nostro cibo?!- esclamò Faerie.

Il fratello la guardò storto. -Certo che no, e poi potrebbe essere più pericoloso di quanto in realtà non appaia.-

Il suo sguardo tornò sull'animaletto. Il suo sorriso si allargò. -Guarda che buffo che è, mi sta mostrando il sedere- disse ridacchiando. Ma non appena la bestiola sollevò la coda, il riso venne immediatamente cancellato dalle labbra di Drizzt.

Circa un'ora più tardi, i due fratelli erano fuori dalla grotta a percorrere sentieri che portavano più in basso, entrambi ben distanziati per non sentire uno la puzza dell'altra e viceversa, alla ricerca di una nuova casa.

-Non era così che mi aspettavo di iniziare l'esplorazione!- si lamentò Faerie.

-Già- borbottò Drizzt risentito.

-Che razza di odore! Nemmeno i calzini di Dinin dopo l'allenamento puzzavano così! Ci vorranno mesi perché vada via!- continuò lei.

-Hai veramente annusato i calzini di nostro fratello dopo un allenamento?-

-Non è questo il punto!- esclamò Faerie. -Spero di trovare un corso d'acqua alla svelta, non ne posso più di quest'odore!- si lagnò.

-Vuoi smetterla di lamentarti? Anche io puzzo e anche io spero di potermi lavare presto!- sbottò Drizzt.

La sorella lo guardò stralunata. Aprì la bocca, probabilmente per gridargli gli insulti più coloriti che il drow avesse mai sentito, ma subito dopo la richiuse. -Lo hai sentito anche tu?-

-Che cosa?-

-Questo rumore- rispose lei.

-Non sento nulla...-

-Certo, perché è flebile e tu stai parlando. Non lo senti? Sembra... uno sciabordio.-

I due fratelli tacquero, e il loro finissimo udito captò un lontano rumore di acqua che scorre. Si guardarono negli occhi e, senza dire una parola, si precipitarono verso la fonte del rumore.

-Chi arriva ultimo è un goblin!- esclamò Faerie ridendo e superando Drizzt con un balzo.

-Ehi!- esclamò lui, rincorrendola.

Ben presto, i due elfi furono in vista di un torrente.

-Ha! Ho vinto io! Ho vinto io!- cantilenò Faerie ridendo e saltellando sul posto. Il fratello sorrise nel vederla così allegra e spensierata: sembrava una bambina, un'innocente bambina nel fiore della sua infanzia. In quel momento, sembrava che tutti i tragici eventi che l'avevano segnata non fossero mai avvenuti.

La drow si spogliò velocemente, ansiosa di togliersi la puzza di dosso. Si beò della sensazione che provò quando sentì l'erba sotto i piedi. Prese mentalmente nota di chiedere a Drizzt cosa fossero quegli steli verdi che le solleticavano la pelle, ma in quel momento il bagno aveva la precedenza. La luce della luna, ormai sorta, rese visibile qualcosa sulla sua schiena nuda: erano innumerevoli sottili righe bianche, tutte di lunghezza e orientamento differenti, come se qualcuno si fosse divertito a spargerle sulla pelle di Faerie. Con un brivido, Drizzt capì che quelle erano cicatrici. Voleva chiederle come se le fosse procurate, ma prima che potesse farlo lei si tuffò fra le acque illuminate dalla luna, schizzando tutt'intorno.

Si girò verso il fratello, che era rimasto sulla riva. -Dai, musone, vieni anche tu!- esclamò ridendo.

Lui la guardò, lievemente a disagio. Non aveva mai visto sua sorella nuda, né tantomeno ci aveva fatto il bagno, e temeva di disturbare la sua sensibilità nel farsi vedere privo dei vestiti. Per la prima volta nella sua vita, Drizzt si vergognò del proprio corpo.

-Beh, che c'è? Non sei stanco di puzzare?- gli chiese Faerie.

-Certamente- disse lui. -Ma, ecco, mi sento un po' a disagio... non vorrei urtare la tua sensibilità...-

Venne interrotto da una fragorosa risata. -È per quello che ti preoccupi? Dovresti vedere che razza di cose ho fatto con i miei amanti per più di vent'anni, ho visto decisamente di peggio di un corpo nudo. Dai, vieni, musone!-

Le parole di lei lo confortarono lievemente. Iniziò a spogliarsi, pensando che non sarebbe potuto accadere nulla di male. Dopotutto erano fratelli.

Faerie lo schizzò. -E muoviti!- esclamò.

-Arrivo, arrivo- sbuffò lui. La sorella lo aspettava con un sorriso sbarazzino dipinto sul volto. Non appena Drizzt si fu calato nel torrente, lei gli fu addosso e, con una spinta, lo fece cadere.

-Ma cosa...?- disse Drizzt, sputando acqua, dopo essersi tirato su.

-Battaglia!- gridò Faerie ridendo e schizzandolo.

-Ah, sì? Vuoi la guerra, eh? Ebbene, l'avrai!- esclamò lui afferrandola per un polso e tirandola verso di sé. La drow perse l'equilibrio e cadde in avanti.

-Ah, malnato!- gridò dopo essere riemersa. Si attaccò alle spalle di Drizzt con un balzo, sbilanciandolo. I due caddero nelle acque scure fra mille spruzzi. Il drow riemerse quasi subito, preparandosi a contrattaccare. Faerie, però, non tornava su.

-Faerie?- chiamò lui. La sorella non si fece vedere. -Faerie, non è divertente!- disse, iniziando a temere il peggio. -Faerie!-

Non fece in tempo a finire il richiamo, perché una mano lo afferrò alla caviglia e gli diede uno strattone, facendogli perdere l'equilibrio. Faerie riemerse con un sorriso in volto, mentre lui sprofondava fra le acque. Non appena riaffiorò dal torrente, afferrò subitaneamente i polsi di lei, immobilizzandola e guardandola con sguardo severo. Lei tentò di liberarsi, ma non ci riuscì. La presa era troppo salda. Il viso di Drizzt era a pochi centimetri dal suo. Entrambi potevano sentire i rispettivi respiri sulle guance.

-Non farlo mai più- sussurrò lui. -Mi sono spaventato a morte, non fare mai più una cosa del genere!-

Per tutta risposta, Faerie gli spruzzò in faccia un getto d'acqua dalla bocca. La presa sui suoi polsi si allentò, e lei poté liberarsi e spingere via il fratello, scoppiando in una fragorosa risata. -Ehi!- esclamò Drizzt sputacchiando acqua, una volta riemerso. -Così non vale!-

La drow non gli prestò attenzione, troppo impegnata a ridere per ascoltarlo. Lui la guardò imbronciato fino a che non ebbe smesso.

-Avresti dovuto vedere la tua faccia!- ululò lei fra le risate. L'espressione corrucciata di Drizzt si accentuò ancora di più.

Lentamente, Faerie smise di ridere. -Sarebbe ora di lavare i vestiti- borbottò il fratello, risentito. -La notte prima o poi finirà e per allora dovremo aver già trovato una nuova casa. Meglio non perdere troppo tempo- disse dirigendosi verso la riva.

-Oh, dai, ti sei già stancato?- protestò lei, ma seguì ugualmente Drizzt verso i loro vestiti. Presero gli abiti e iniziarono a strofinarli energicamente con le mani, tenendoli immersi nel torrente freddo, nel tentativo di lavarli.

Le cicatrici di Faerie luccicarono sotto la luce della luna. L'elfo si chiese di nuovo come se le fosse procurate. Le si avvicinò e, con un dito, percorse uno di quei segni bianchi. La sentì sobbalzare al suo tocco, poi, fulminea, lei si girò e gli afferrò il polso. Fece per torcergli il braccio, ma si fermò. Lo scrutò con sguardo rabbioso.

-Scusami- disse Drizzt. -Non avrei dovuto.-

La sorella lo mollò. -Scuse accettate.- Si girò e continuò a strofinare i suoi abiti.

-Come mai hai così tante cicatrici sulla schiena?-

La vide irrigidirsi. Poi, la sentì parlare. -Frustate- disse semplicemente.

-Anche io ne ho ricevute parecchie ai miei tempi- osservò il drow. -Ma non ho così tante cicatrici, ne ho molte di meno.-

Faerie non rispose subito. -Tu sei stato cresciuto da Vierna- disse. -Io no. Lei è nata dopo di me.- Sospirò. -Quando nacqui, Dinin aveva già completato il suo addestramento a Melee-Magthere da tempo. È inappropriato e disdicevole che un maschio educhi una femmina, per cui venni affidata a Briza.-

Drizzt vide un tremito percorrerle la schiena.

-Come ben sai, non era particolarmente paziente, né tollerava facilmente l'insuccesso, e io... diciamo solo che non ero particolarmente disciplinata o invogliata a essere sua allieva.-

Sospirò.

-Odiavo sottostare a lei, ma allo stesso tempo la temevo. I miei primi tentativi di ribellione furono soffocati sul nascere dalle frustate. Una volta compiuti dieci anni però...- Deglutì.

-Non ricordo cosa successe- disse. -So solo di essere stata posseduta da una rabbia irrefrenabile, e subito dopo ricordo di essermi svegliata nel mio letto. Non ricordo di essere svenuta o altro, ricordo solo questo: quando mi svegliai, nella mia stanza trovai Briza che aveva delle ustioni sulle braccia, e inveiva contro di me mentre Nalfein gliele curava. Nostra madre era invece agitatissima, non l'avevo mai vista così. Camminava avanti e indietro per la mia camera, borbottando qualcosa a proposito di maggior potere e altre cose che non ricordo. Nostro padre era seduto di fianco a me. Non appena seppero che non ricordavo nulla, mi dissero che avevo avuto un mancamento, causato forse dalle forti emozioni. Non ci ho mai creduto, nemmeno per un secondo.-

Fece una breve pausa.

-Dopo quell'episodio, Briza smise di avere pietà per me, se mai ne aveva avuta: ogni scusa era buona per poter avere la sua vendetta su quello che le avevo fatto, qualunque cosa fosse. Una persona di buonsenso non mi avrebbe provocata più, ma lei era troppo accecata dalla sete di vendetta per poterci pensare. A quel punto, iniziai a ribellarmi di più. Ormai era indifferente, sapevo che non avrei superato la giornata senza almeno una frustata. Se dovevo farmi male, preferivo farlo facendo qualcosa di cui poter andare fiera...-

-Ma ti saresti fatta ammazzare!- esclamò Drizzt, senza riuscire a trattenersi. Faerie fece un sorriso triste.

-Sarebbe probabilmente stato quello il mio destino, se non fosse intervenuto nostro padre.-

Il fratello corrugò la fronte. -In che senso?-

-Fu lui a insegnarmi a nascondermi, a celare ciò che ero in realtà- disse Faerie. La sua voce assunse una sfumatura strana, come se stesse cercando di non piangere. -Mi aiutò a fingere, a fingere che tutto questo mi piacesse, a fingere che mi importasse veramente qualcosa di nostra madre o del suo stupidissimo casato. Lui ha fatto tanto per me, e io l'ho ricambiato con dolore e sofferenza.-

Drizzt vide che stava tremando. Sentì un singhiozzo sommesso. Ne era certo, Faerie stava piangendo. Le appoggiò una mano sulla spalla.

-È per questo che te ne sei andata?- le chiese. -Non riuscivi più a sopportare la tua vita?-

-Sarei scappata molto tempo prima. Ma no, per quanto odiassi la mia famiglia, non potevo lasciare nostro padre da solo.-

-E allora perché sei fuggita?-

Faerie non rispose. Drizzt la sentì tirare su col naso.

-Credo che i miei vestiti non puzzino più così tanto, direi di aver finito qua- disse uscendo dall'acqua. Evocò qualche incantesimo per asciugare gli abiti, impiegando molta energia. Una volta arrivata in superficie, aveva scoperto che la sua magia era molto più debole rispetto a quando si trovava nel Buio Profondo: anche il più semplice degli incantesimi richiedeva il massimo sforzo per dei risultati minimi. Perfino le sue capacità innate erano pressoché inutilizzabili. Non era più capace di levitare (cosa di cui era grata) ed era faticoso evocare le fiamme viola rivelatrici e i globi di tenebre.

-Avvertimi quando hai finito, così asciugo anche i tuoi. Lasciami solo qualche minuto per riprendermi- disse sedendosi su un masso a osservarlo. Drizzt annuì. Non ci volle molto perché finisse di lavare i suoi abiti. Faerie ripeté lo stesso procedimento per asciugarli. Il fratello notò che delle piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte.

-Fatto- disse lei ansimando. Gli restituì i vestiti, che lui si infilò prontamente.

Si era appena assicurato le scimitarre alla cintura, che udì un rumore di rami spezzati . Si girò di scatto, giusto in tempo per vedere delle figure alte e grosse con l'aspetto di cani antropomorfi puntare le loro lance contro i due fratelli.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Le mani di Faerie si posarono immediatamente sulle else delle sue spade, ma Drizzt le afferrò un polso. -No- disse semplicemente. La sorella lo guardò con gli occhi spalancati.

-Ti sei bevuto il cervello?- sibilò. -Abbiamo degli stramaledetti gnoll addosso, le lance puntate contro di noi e tu mi chiedi di non reagire?!-

-Non sappiamo che intenzioni hanno- replicò Drizzt pacatamente. -Se gli facciamo capire che non siamo un pericolo ci lasceranno in pace. In caso contrario... beh, allora potrai usare le tue lame, ma fino ad allora...- Non terminò la frase. La drow sbuffò e tolse le mani dalle spade.

Gli gnoll li guardavano circospetti, senza abbassare le lance. Uno di loro, il capo probabilmente, a giudicare dalle grosse dimensioni, abbaiò qualcosa nella sua lingua. I due elfi si scambiarono un'occhiata confusa. Allora lo gnoll ripeté la stessa frase nella lingua dei folletti. Drizzt capiva la lingua dei folletti, ma la pronuncia della creatura era talmente diversa da quella a cui era abituato lui, che il povero drow non capì nulla di nulla, se non le parole "amico" e "alleato".

Si girò verso Faerie, pensando che anche lei fosse in difficoltà. Si stupì quindi non poco quando lei rispose allo gnoll nella stessa lingua con la stessa fluidità che aveva quando parlava con lui nella loro lingua madre. -Non abbiamo cattive intenzioni, ve lo possiamo assicurare- disse lei. -Mi scuso per la mia reazione poco fa, ho agito d'istinto- aggiunse.

Le creature li scrutarono, scettiche, senza accennare ad abbassare le armi. Quello che sembrava essere il capo, invece, ritirò la lancia. Guardava entrambi i drow con fare interessato. Gracchiò una frase che Drizzt non capì. Vide la sorella annuire rapidamente e replicare qualcosa nella stessa lingua. Gli gnoll esultarono alle sue parole, e abbassarono subito le lance.

-Che cosa gli hai detto?- sussurrò a Faerie.

-Che siamo loro alleati- rispose lei. -È l'unico modo per uscirne quantomeno vivi. Non ci avrebbero lasciati andare, non con il sospetto che le nostre parole fossero false.-

Il capo degli gnoll fece loro cenno di seguirlo. I due fratelli si unirono al gruppo, percorrendo insieme alle creature i sentieri montani, diretti verso la valle.

-Come fai a sapere la lingua dei folletti?- sussurrò Drizzt a Faerie durante il tragitto. Lei ammiccò prima di rispondere.

-Avrò pur impiegato il mio tempo in qualcosa, a Blingdenstone, o no?- disse ridacchiando.

-Hai passato tutti quegli anni a studiare la lingua dei folletti?!- disse il fratello, incredulo.

-E non solo- rispose la drow con una punta di orgoglio nella voce. -Oltre a quella, ho studiato quella degli gnomi, ovviamente, quella dei nani, quella dei duergar, un po' di quella dei goblin e tenuto in allenamento la mia lingua madre.-

Drizzt la guardò stupefatto. -Perché lo hai fatto? Avevi intenzione di lasciare Blingdenstone? Non sembravi intenzionata a farlo, quando ti ho incontrata.-

-Infatti non lo ero- disse Faerie. -Passavo molto tempo da sola, Belwar non poteva stare con me tutto il giorno, per cui mi ero trovata qualcosa da fare. O almeno, questo finché non ho iniziato a lavorare come maestra d'armi, anche se sarebbe più corretto dire che spiegavo agli gnomi i migliori modi per difendersi dai drow che non insegnare loro a usare le armi, ma non è questo il punto. In ogni caso, quando iniziai a lavorare il mio tempo per studiare diminuì notevolmente, ma non smisi mai. Non so perché iniziai proprio con le lingue, forse perché quando ero ragazza trovavo affascinante qualunque libro parlasse di cosa ci fosse fuori da Menzoberranzan o dal Buio Profondo, anche se non li prendevo molto sul serio.-

-Già, il nostro popolo non è molto affidabile quando si tratta di parlare di altri popoli o luoghi- commentò il fratello. -Comunque, dobbiamo ringraziare la tua passione- aggiunse poi con un sorriso. -Chissà come sarebbe andata a finire se non avessimo potuto capire le loro parole!-

-Ce la saremmo cavata in un altro modo, ne sono certa- replicò lei.

-Tagliando loro la gola?-

La drow lo guardò storto. -La smetti di leggermi nel pensiero?-

I due scoppiarono a ridere, guadagnandosi occhiate stranite e curiose dagli gnoll.

Il gruppo si arrestò improvvisamente, tanto che Faerie sbatté il naso contro la schiena di una delle creature. Lui la guardò accigliato, mentre lei bofonchiava delle scuse miste a imprecazioni nella lingua dei folletti. Massaggiandosi la parte dolorante (e soprattutto senza smettere di brontolare), si diresse verso il capo degli gnoll, seguita dal fratello. -Come mai siamo fermi?- chiese.

Il capo le indicò una fattoria, nella valle da cui non erano molto lontani. Le parlò con tono concitato, la voce che si faceva sempre più eccitata, come se la creatura fosse ansiosa di uccidere. Drizzt vide le sopracciglia di Faerie aggrottarsi. La sentì dire qualcosa, ma non capì cosa. Sentì lo gnoll risponderle con una sola parola, compresa anche da lui: nemici.

Faerie ripeté la frase detta precedentemente. Il suo interlocutore aggrottò le sopracciglia e disse di nuovo qualcosa in cui includeva la parola "nemici". Il drow vide la sorella irrigidirsi. Si girò verso di lui, guardandolo con una strana espressione. Non ebbe il tempo di interpretarla, però, perché il capo degli gnoll lo invitò ad avvicinarsi con un cenno della mano.

-Attaccheranno gli abitanti della casa- disse Faerie in tono cupo. La creatura annuì, intuendo le parole della drow. Drizzt intuì che la sorella non era entusiasta all'idea.

-Una famiglia- gracchiò il canide. -Tre uomini. Due donne. Quattro giovani. Umano debole... schiavo. Uccidere il più vecchio. Prendere gli altri due- disse lentamente.

L'elfo scuro lo guardò, cercando di celare il suo disagio. -E i bambini?- chiese. Dallo sguardo della sorella intuì che non sarebbe stato riservato loro un destino clemente. Le sue mani si posarono allora sulle scimitarre, il ricordo della bambina elfa che aveva salvato ancora vivo nella sua mente, ma non fu lui a sferrare il primo attacco.

Faerie colpì per prima, piantando fulminea le sue spade nel petto del capo degli gnoll. Era morto prima ancora di toccare terra, senza avere avuto nemmeno il tempo di portarsi le mani alla ferita. Drizzt fece perno sui piedi e partì all'attacco delle quattro creature rimaste, seguito a ruota dalla sorella.

Uno di loro tentò di infilzarla con la lancia, ma Faerie schivò agilmente il colpo e piombò addosso al malcapitato, che non ebbe nemmeno il tempo di difendersi dalla sua furia cieca. Le spietate lame dell'elfa lo avevano trapassato prima ancora che lui se ne rendesse conto.

Con la coda dell'occhio, vide il fratello impegnato a lottare con una delle bestie, mentre da lontano, un'altra stava puntando la lancia verso Drizzt, pronto a scagliargliela nella schiena. L'ultima delle creature si teneva prudentemente a distanza, intimorito dall'abilità e dalla ferocia dei due elfi, non sapendo bene se scappare o prestare aiuto ai suoi compagni.

Faerie, fulminea, lasciò cadere a terra le spade ed estrasse l'arco. Incoccò una freccia, presa dall'armeria del complesso Do'Urden, e la scagliò in un occhio dello gnoll che stava per lanciare la lancia. Prima che potesse riprendersi dal colpo, ne scagliò un'altra nell'occhio lasciato sano, accecandolo. Fu in quel momento che il compagno si diede alla fuga.

La drow piombò sullo gnoll cieco, uccidendolo. Si girò verso quello in fuga e si lanciò al suo inseguimento, ma Drizzt, che aveva finalmente ucciso il suo avversario, la fermò. -Non puoi farcela, è troppo veloce- disse estraendo la statuetta di onice. -Pensaci tu, Guenhwyvar- sussurrò mentre un fumo nero usciva dalla statuina e prendeva la forma di una pantera.

-Inseguilo- le disse Drizzt facendole una carezza. Guenhwyvar lo guardò con i suoi profondi occhi verdi, poi si lanciò sulle tracce del fuggitivo.

Il drow la guardò scomparire oltre il suo sguardo, poi, cadde seduto a terra, ansimando. -Che cosa abbiamo fatto?- sussurrò. Faerie lo guardò accigliata.

-Ti riferisci al massacro?-

Il fratello annuì. -Noi non sappiamo nulla delle questioni fra loro e gli umani, magari non avevano avuto scelta, dovevano attaccarli...-

L'elfa lo guardò con sguardo rabbioso. Lo afferrò per i vestiti, mettendolo a forza in piedi e facendogli girare lo sguardo verso la fattoria. -Vedi quella casa laggiù, Drizzt? Vedi le sue luci spente? Ricordi cosa hanno detto gli gnoll? Una famiglia, una famiglia con dei bambini vive lì. Ti sembra onorevole attaccare una famiglia indifesa?-

-Ma magari...-

-Magari un corno!- esclamò Faerie, mollandolo. -Non importano le ragioni! Attaccare gli indifesi è sbagliato! C'erano dei bambini, Drizzt, dei bambini. Li avrebbero passati a fil di spada, o peggio! Per non parlare dei vecchi. Ricordi cos'hanno detto?! Te lo ricordi?! Volevano uccidere gli anziani e rendere schiavi gli altri! Ti sembra giusto?! Ti sembra onorevole?!-

-E tu cosa ne sai? Magari quegli umani avevano fatto loro del male...-

-Non importa!- ululò Faerie. -Avrebbero dovuto sfidarli in campo aperto, se proprio, ad armi pari!-

-Magari questi umani sono troppo potenti...!-

-Ma per favore!- sbuffò la drow. -Li hai visti anche tu dai picchi: passano il loro tempo a prendersi cura degli animali e delle piante! Esattamente in cosa sarebbero potenti? Nell'agitare i loro attrezzi? Non abbiamo fatto nulla di sbagliato, anche se tu avessi ragione: avrebbero ucciso o reso schiavi degli indifesi, e noi li abbiamo salvati da questo destino baro. Non c'è altro da dire.-

Drizzt rimase in silenzio. -Le tue parole hanno un fondo di verità- ammise. -Ma se non fosse così? Se fossero pericolosi anche i bambini? Dopotutto noi non sappiamo nulla degli umani.-

-Vaglielo a chiedere, se ci tieni così tanto a saperlo- replicò caustica Faerie. -Io non sento di aver sbagliato, e questa è la mia ultima parola. Solo, mi stupisco di te, Drizzt: non eri tu quello orripilato dal massacro degli elfi della superficie?-

Il fratello tacque definitivamente dopo quelle parole. Doveva ammettere che la sorella aveva ragione, ma il dubbio non smise di assillarlo. -Domani inizieremo a osservare quella famiglia di umani- disse dopo un lungo silenzio. -Dovremo pur iniziare a conoscerli se vogliamo conviverci.-

La drow lo guardò con sguardo strano. Intuiva che la ragione maggiore che spingeva Drizzt a prendere quella decisione era il bisogno di avere conferma di aver fatto la cosa giusta uccidendo gli gnoll, ma non disse nulla a riguardo. -Va bene- disse sedendosi ed estraendo la pipa, in attesa di Guenhwyvar.

Drizzt sospirò. Prese a due dei cadaveri gnoll i loro mantelli, dato che lui non aveva più il suo e di quello di Faerie era rimasto ben poco. Erano un po' sporchi di sangue, ma almeno li avrebbero tenuti al caldo, pensò mentre ne porgeva uno alla sorella. Lei lo accettò di buon grado, facendo un anello di fumo con la bocca.

Poco dopo, Guenhwyvar tornò, e Drizzt la rimandò nel Piano Astrale, non senza averla prima salutata. Si avvicinò poi a Faerie. -Andiamo?-

Lei annuì e si alzò dal suo posto. I due si avvicinarono alla fattoria, trovando riparo sotto i bassi rami di un pino, collocato in un punto che permetteva ai due elfi di vedere tutto il cortile della casa. Avrebbero atteso lì l'alba.

-Dovresti smettere di fumare- osservò Drizzt.

-E perché?- gli chiese Faerie indispettita.

-Perché vedere una pianta che fa anelli di fumo sarebbe alquanto strano, non trovi?- rispose il fratello ridacchiando. Lei sbuffò e gli tirò un leggero pugno sul braccio, senza però riuscire a trattenere un sorriso.

-Il risveglio degli umani è ancora lontano- disse semplicemente.

Passarono tutta la notte sotto il pino, poi, all'alba, tre uomini uscirono dalla casa: il primo era un vecchio dalla lunga barba grigia, il secondo era più giovane e sbarbato, mentre il terzo era ancora più giovane del secondo. Poteva essere un ragazzo da poco entrato nella maturità.

Iniziarono a lavorare nei campi che circondavano i tre lati del cortile, senza accorgersi dei due elfi. Essi vennero raggiunti dopo un po' da quattro bambini: una femmina, che sembrava essere la più grande, e tre maschi. Tutti e quattro si misero a lavorare in cortile, badando ai polli e ai maiali e togliendo le erbacce dall'orto.

-Non sembrano pericolosi- sussurrò Faerie.

-Aspetta a giudicare- replicò Drizzt. -E parla il meno possibile, non credo sarebbero molto felici di sapere che due drow li stanno osservando.-

Gli umani seguitarono a lavorare per tutta la mattina, interagendo poco o nulla. Il loro stato di quiete cambiò drasticamente quando una donna uscì dalla casa e iniziò a suonare una campana. A quel suono, i bambini scattarono verso la porta di casa, lanciando verdure marce alla sorella maggiore, che protestò sonoramente. L'arrivo tempestivo del più giovane degli uomini servì a sedare temporaneamente la lotta: i tre ragazzi schizzarono verso la casa, ma il più piccolo non fu abbastanza veloce. Venne acciuffato dal giovane uomo e lanciato nel trogolo dei maiali, fra le risate generali. Una donna anziana uscì dalla casa brontolando e agitando un mestolo davanti al naso del ragazzino, che stava cercando di rientrare. I due elfi intuirono che gli stava intimando di rimanere fuori fino a che non si sarebbe asciugato. Purtroppo per lui, quando i restanti due uomini tornarono dai campi lo gettarono di nuovo nel trogolo, ridendo di cuore. Il bambino incrociò le braccia e iniziò a brontolare.

Drizzt distolse lo sguardo ridacchiando a quello spettacolo. Era meravigliato da ciò che aveva visto, non solo per l'armonia che pareva esserci in quella famiglia, che lui non aveva mai visto, ma anche perché quello confermava che Faerie aveva ragione: non avevano sbagliato a evitare che gli gnoll trucidassero quel gruppo di umani. Il suo sorriso si allargò al pensiero che gli umani potessero essere come quella famiglia. Si girò per condividere i suoi pensieri con Faerie, ma rimase visibilmente perplesso nel vederle un'espressione cupa sul volto. Rimase ancora più confuso nel vedere una lacrima scivolarle giù per la guancia martoriata e nel sentirla tirare su col naso.

-Faerie, va tutto bene?- le chiese.

Lei si girò di scatto verso di lui, asciugandosi velocemente le lacrime con il braccio. -Certo, cosa te lo fa pensare?- disse bruscamente.

-Oh, sai- disse Drizzt con falso tono innocente -la gente si preoccupa quando vede i propri cari piangere...-

-Piangere? Io non stavo piangendo, nessuno stava piangendo. Te lo sarai sognato- ribatté lei. Il fratello sollevò un sopracciglio.

-Ah, sì? E allora perché ti sei asciugata gli occhi?-

-Mi è entrato qualcosa nell'occhio- disse Faerie con decisione. Il fratello sospirò.

-Faerie, non devi dimostrare nulla a nessuno, non siamo più nel Buio Profondo. Non sto cercando un tuo punto debole per poterlo usare contro di te. Puoi dirmi cosa ti turba, se vuoi- disse. Lei lo guardò storto, poi distolse lo sguardo e rimase in silenzio per parecchi minuti.

-Quando li ho visti giocare... ho pensato... ho pensato alla mia infanzia, a quanto sia stata piena di dolore. Loro sono così felici, così spensierati... in quel momento ho desiderato essere cresciuta anche io come loro. Ma non è stato così. Questo desiderio si è fatto così forte che...- Tacque. -Nessun bambino dovrebbe vivere come abbiamo vissuto io e te.-

Drizzt allungò una mano per farle una carezza sul braccio. -So che può recarti dolore, ma non soffermarti sul passato, soprattutto su cose come questa. Non serve a nulla, se non a chiudersi in un guscio. Pensa a ciò che sta succedendo adesso e a cosa puoi fare per mantenerlo.-

Lei appoggiò la mano su quella del fratello, facendo un lieve sorriso. Tornò a fissare la fattoria, l'animo rischiarato dalle parole di Drizzt. -Grazie- sussurrò.

Lei non lo vide, ma era certa che un sorriso fosse comparso sulle labbra di lui.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Un colpetto del fratello sulla spalla la riscosse dall'improvvisa sonnolenza che l'aveva colta dopo pranzo. -Mh?- borbottò Faerie allungando mollemente una gamba. Drizzt diede un colpetto di tosse.

-Come stavo dicendo prima che ti addormentassi...- iniziò lui, irritato.

-Stavo sonnecchiando, non stavo dormendo- borbottò lei.

-...il ragazzino si è allontanato dalla sua casa. È andato nella foresta.-

Dal suo stato tranquillo e mezzo addormentato, Faerie passò immediatamente a uno attento e guardingo, i sensi in allerta. -E cosa ci è andato a fare?- chiese, memore di cosa lei e Drizzt avevano affrontato nel bosco. Il fratello fece spallucce.

-Non lo so, immagino stia cercando di evitare di lavorare, ma mi chiedo perché ha deciso di andare proprio nel bosco...-

-Magari perché la casa è in mezzo a un bosco?- suggerì Faerie in tono sarcastico. Drizzt arrossì di colpo.

-Quello che voglio dire- disse, imbarazzato -è che avrebbe potuto benissimo nascondersi da qualche parte in casa o nel cortile. In ogni caso, non ha importanza. Dobbiamo seguirlo, potrebbe finire in guai seri.-

La drow annuì e seguì il fratello dietro il tronco di un albero vicino. Fortunatamente, il ragazzino fischiettava un allegro motivetto, così non fu difficile per i due elfi restare sulle sue tracce, nonostante a volte lo perdessero di vista. A un certo punto, il ragazzino si inginocchiò a terra, armeggiando con una scarpa.

-Credo abbia capito di essere seguito- disse Faerie tranquillamente, osservandolo da dietro un cespuglio.

-E tu come fai a saperlo?- sussurrò Drizzt.

-Chinarsi per allacciarsi le scarpe è il trucco più vecchio del mondo, Briza lo usava sempre quando capiva che la stavo pedinando: fingeva di controllare qualcosa alle scarpe oppure alle unghie, alla cintura o qualunque cosa potesse essere fuori posto. Lo faceva per farmi credere di essere vulnerabile e pronta a ricevere qualunque cosa volessi lanciargli, oltre che per pensare alla prossima strategia da adottare se non me ne fossi andata immantinente. Dubito che il ragazzo stia cercando di invitarci ad attaccarlo, perciò penso stia scegliendo la sua prossima mossa per depistarci. Anche perché, le scarpe di quel ragazzino non hanno lacci- spiegò lei.

Il ragazzino si alzò in piedi e riprese a camminare, stavolta senza più fischiettare.

-Credo tu abbia ragione, ha smesso perfino di fare rumore. Sta senz'altro cercando di depistarci- convenne Drizzt.

-Cosa facciamo? Lo assecondiamo?-

Il drow proseguì nel suo cammino, cambiando nascondiglio. -Assolutamente no- disse risoluto. La sorella lo seguì silenziosamente.

Continuarono l'inseguimento per lunghi e interminabili minuti, fino a che il ragazzo non sparì completamente dalla loro vista. -Dov'è finito?- chiese Faerie. Il fratello fece spallucce. Stava per azzardare un'ipotesi, ma un grido agghiacciante lo interruppe prima ancora che potesse emettere un qualunque suono.

I due fratelli si guardarono. Puro terrore si leggeva nei loro occhi. Senza pensarci due volte e sfoderando le armi, uscirono allo scoperto, correndo in direzione del grido. Drizzt si guardava febbrilmente attorno, temendo per la vita del ragazzo. Che stupidi erano stati a perderlo di vista!

-Dov'è?! Dov'è?!- esclamava a gran voce, diventando sempre più preoccupato mano a mano che proseguiva nella sua corsa frenetica.

-Non è strillando che lo ritroverai- borbottò Faerie, nonostante la preoccupazione, guadagnandosi un'occhiataccia dal fratello.

-Eccolo!- esclamò il drow, vedendo il piede del ragazzino spuntare da un crepaccio. I due fratelli si precipitarono verso di lui, temendo il peggio. Lo trovarono appeso a testa in giù a un tronco che fungeva da ponte fra le due sponde. Lui fece un'espressione a metà fra il terrore e la sorpresa. Aveva chiaramente sentito parlare degli elfi scuri, ma dal suo viso si intuiva che non si aspettava di vederne due esemplari così vicino a casa.

-Dobbiamo aiutarlo!- disse Faerie con decisione. Poi, in tono più dolce, si rivolse al ragazzino: -Non preoccuparti, piccolo, non ti facciamo nulla. Vogliamo solo aiutarti.- Fece un gran sorriso, nel tentativo di sembrare rassicurante. Il ragazzo non cambiò espressione e, per tutta risposta, oscillò avanti e indietro, fino a che non ebbe abbastanza slancio da afferrare un appiglio sul muro di roccia del crepaccio. Si issò sulla sponda quasi senza fatica, facendo precipitare il tronco. Strisciò sul sedere, allontanandosi dal bordo del precipizio, ma non si alzò per scappare. Rimase a fissarli, il viso spaventato ma con un velo di curiosità negli occhi.

Faerie si morse forte la lingua per non imprecare sonoramente. Aveva capito il suo gioco, aveva cercato di farli uscire allo scoperto ed era riuscito nel suo intento. Erano cascati nel suo trucchetto come degli ingenui e, come se non bastasse, ora il ragazzo sapeva della loro presenza nei boschi e difficilmente avrebbe tenuto la bocca chiusa.

Drizzt doveva aver fatto gli stessi pensieri, perché quando la guardò in viso era più pallido rispetto a pochi minuti prima, come se la prospettiva dell'essere stati scoperti fosse per lui fonte di un mare di guai. E, forse, era proprio così.

-Rinfodera le armi- bisbigliò lui, rimettendo le scimitarre nei foderi, nella vana speranza che il ragazzo si fidasse di loro. La sorella obbedì, riponendo il suo arco, che aveva preso poco prima, sulla schiena, dove era solito stare quando non lo utilizzava.

Il ragazzino lì guardò ancora per qualche attimo. Poi, si alzò e corse via.

-Dobbiamo inseguirlo!- esclamò Drizzt, prendendo la sorella per un braccio e attingendo ai suoi poteri di levitazione per aiutarsi nel salto oltre il crepaccio. Faerie, però, sbarrò gli occhi non appena il fratello superò il bordo della sponda. Puntò i piedi, presa dal panico, opponendo una fiera resistenza. Il drow venne strattonato all'indietro, e sarebbe certamente caduto nel baratro se non fosse stato per la levitazione, che essendo però indebolita dalla permanenza in superficie, riuscì solo a portarlo abbastanza vicino al bordo affinché lui vi si potesse aggrappare. Drizzt si issò faticosamente sulla sponda, ma non si concesse nemmeno un attimo per riprendersi.

-Ma che cosa ti è saltato in mente?!- esclamò, più sbalordito che arrabbiato, girandosi verso la sorella. -Sarei potuto morire!-

Lei lo fissò, il viso pallido e terrorizzato. Lui non capiva: perché lo aveva trattenuto? Perché ora sembrava spaventata?

-Non importa, ne riparleremo più tardi. Ora vieni, il ragazzo ha già un notevole vantaggio, dobbiamo raggiungerlo!- Faerie continuò a fissarlo, senza cambiare espressione. Scosse la testa, indietreggiando, come se temesse che dal crepaccio potesse saltare fuori una qualche creatura disgustosa.

Drizzt la guardò stupefatto. -Faerie, dobbiamo muoverci!-

Lei scosse di nuovo la testa. Il fratello non aveva tempo di discutere, ogni secondo che passava permetteva al ragazzo di scappare più lontano. Sbuffò, alzando gli occhi al cielo, poi si girò e si lanciò all'inseguimento del bambino. Avrebbe parlato più tardi con Faerie.

La drow rimase lì, immobile, come se fosse stata paralizzata. Fissava il bordo del crepaccio come se potesse prendere improvvisamente vita e inghiottirla. Si arrischiò a dare un'occhiata in basso, giusto per valutare quanto era profonda la buca, ma si pentì subito di averlo fatto: un forte e irrazionale senso di panico la assalì, e lei dovette allontanarsi in fretta e furia per calmarsi.

Prese a girare in cerchio, cercando di auto convincersi a saltare. Drizzt ha bisogno di me, non posso deluderlo. Drizzt ha bisogno di me, non posso deluderlo. Drizzt ha bisogno di me, non posso deluderlo, si ripeteva all'infinito. Lei doveva saltare. Lanciò un'ultima occhiata alla voragine, come per accertarsi che non avrebbe preso vita per farle del male. Deglutì un paio di volte prima di mettersi in posizione tale da prendere una bella rincorsa e superare il buco profondo.

E va bene, al mio tre. Uno, due...

Dovette contare al tre almeno quindici volte prima di convincersi a partire, e anche allora si diede lo slancio almeno tre volte, senza muoversi di un passo. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

Devo farlo. Non solo per Drizzt, anche per me stessa. Devo farlo.

Aprì gli occhi. E partì.

Non appena il suo piede fu sul bordo del baratro, si diede la maggior spinta possibile per arrivare dall'altra parte. Per sicurezza, anche lei attinse ai suoi poteri di levitazione. Atterrò sana e salva sull'altra sponda, nonostante le sue gambe non avessero retto l'impatto col suolo e l'avessero fatta cadere, causandole parecchi graffi.

Rimase lì, distesa, per lunghi minuti, ansimando. Si rimise in piedi a fatica.

Devo andare, Drizzt mi aspetta.

Si lanciò nei boschi, cercando il fratello. Lo trovò poco dopo seduto su una roccia a fissare il vuoto, pensieroso.

-Il ragazzo...?- chiese Faerie, non vedendolo in giro.

-L'ho lasciato andare- disse lui. -Ma non è questo di cui mi preme discutere. Che cosa ti è successo, prima?-

Lei ignorò l'ultima frase. -Tornerà- disse. -E stavolta non sarà da solo. Dovremo essere pronti.-

-L'ho pensato anch'io- disse Drizzt in tono sbrigativo. -Ora rispondi alla mia domanda.-

Lei continuò a ignorarlo. -Andiamo- disse, dirigendosi verso il posto in cui erano soliti stare.

-Faerie!- la richiamò il fratello, ma lei nemmeno girò la testa. -FAERIE!-

-È stato un momento di debolezza- disse Faerie meccanicamente. -Nulla di più. Ora torniamo.-

Non seppe di aver colpito il fratello più di quanto si immaginasse con quelle parole. Drizzt si paralizzò: cosa intendeva per debolezza? Voleva forse dire che in lei albergava ancora lo spirito malvagio della loro razza e l'aver rischiato di ucciderlo fosse stato una mancata repressione di quella natura? Ma poi il drow ricordò la sua espressione atterrita davanti al crepaccio, e scacciò subito il pensiero. Quel ricordo gli riportò alla mente tutti i momenti passati con lei fino a quel momento e si rese conto che era impossibile. Nessuno odiava i propri simili quanto lei. Tutto a un tratto, si sentì ridicolo per aver formulato quel pensiero, e si sentì molto più rilassato. Prese quindi a camminare con passo spedito dietro alla sorella, con il cuore un po' più leggero.

Nonostante tutto, sentiva che Faerie non gli aveva detto del tutto la verità.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


-Non riesco a credere che lo stesso ragazzino che è riuscito a metterci nel sacco in quel modo abbia escogitato un piano così facile da intuire- commentò tranquilla Faerie, osservando la ragazza che fingeva di raccogliere mirtilli a qualche metro da loro.

Come previsto dai due fratelli, il ragazzino era tornato, ma non da solo: aveva portato altri tre umani con sé, di cui uno era una femmina, la ragazza che avevano visto venire bersagliata dalle verdure marce il primo giorno. Li avevano visti prima, di sfuggita, addentrarsi nei boschi, per poi separarsi. La femmina era rimasta da sola, fungendo chiaramente da esca, mentre i maschi si erano nascosti.

-Stanno cercando di attirarci, su questo non c'è dubbio- disse Drizzt osservando la ragazzina, che aveva appena fatto finta di inciampare e aveva iniziato a lamentarsi, stringendosi la caviglia.

-Penoso- commentò Faerie con un risolino. -Perfino Briza sarebbe stata più convincente.-

Il fratello non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito. -Li assecondiamo?- chiese lei. Il drow annuì.

-Forse questa volta riusciremo a fargli capire che non abbiamo cattive intenzioni- disse lui.

-Oh, Drizzt- disse lei scuotendo la testa. -A volte sei troppo ingenuo e ottimista: la fama del nostro popolo ci precede, dubito fortemente che ci ascolteranno, ammesso e non concesso che capiscano la nostra lingua.-

-Ma dobbiamo provare- disse Drizzt, ostinato. La sorella sospirò.

-E va bene, ma non rimanerci troppo male se ci respingeranno- disse lei scivolando fuori dal loro nascondiglio e mostrandosi alla giovane ragazza. Lei sbarrò gli occhi nel vederla. Indietreggiò, strisciando sul sedere il più lontano possibile. Impallidì quando vide Drizzt affiancarsi a Faerie.

Gli altri tre ragazzi spuntarono fuori dal loro nascondiglio. Il più grande sguainò immediatamente una spada, puntandola sui due fratelli. Gridò qualcosa ai bambini, ed essi corsero dietro di lui. Drizzt e Faerie li guardavano con una calma innaturale, come se ritrovarsi minacciati da un giovane uomo fosse una cosa del tutto normale e totalmente priva di rischi.

Faerie si portò le mani alla fibbia del cinturone, guadagnandosi immediatamente l'attenzione del ragazzo più grande, che spostò la punta della spada nella sua direzione. Lei lo ignorò, e si tolse la cintura con foderi annessi, per poi lanciarla lontano da sé. Sia il fratello che il giovane uomo la guardarono interrogativi.

Lei continuò ad ignorarli, togliendosi di dosso l'arco e la faretra e rimuovendo il pugnale dal meccanismo che portava legato al braccio. Li fece cadere lontano da sé, poi si accovacciò a terra. Il ragazzo la guardava sempre più confuso: non capiva le sue intenzioni e temeva che stesse tramando qualcosa, ma non capiva cosa. Non era normale, secondo le sue conoscenze, che un drow si comportasse in quella maniera.

Faerie lo guardò dritto negli occhi. Senza interrompere il contatto visivo, si sdraiò lentamente a terra, a pancia in giù. Allungò piano piano una mano verso il piede dell'umano. Riuscì a sfiorargli la scarpa prima che lui spostasse bruscamente il piede, come se le dita dell'elfa fossero incandescenti. Gridò qualcosa nella sua lingua, ma lei non capì.

Drizzt decise di seguire il suo esempio: sfoderò le scimitarre, ma prima che il giovane potesse interpretarlo come un'intenzione a volerlo aggredire, lui le lanciò via. Si accovacciò a terra, senza però sdraiarsi, e chinò il capo, cercando di mostrarsi innocuo. Poco dopo, sentì una lama fredda sfiorargli la pelle del collo. Il ragazzo gli aveva puntato la spada alla gola.

Faerie iniziò a ringhiare.

Il fratello sollevò lo sguardo, e guardò l'umano dritto negli occhi. Lui non accennò a spostare la lama. Il ringhio di Faerie si faceva sempre più rabbioso. Un rivolo di sangue sgorgò dal punto in cui la spada pungeva la carne dell'elfo. Lei ebbe uno scatto, ma prima che potesse nuocere il ragazzo, Drizzt le parò una mano davanti al viso, fermandola, senza interrompere il contatto visivo con il giovane.

Lui indietreggiò d'istinto, allontanando la lama dal collo del drow. Faerie aveva smesso di ringhiare.

L'umano li guardò incerto, come se stesse cercando di scegliere chi attaccare per primo. Alla fine parve decidersi e si lanciò su Faerie, levando in alto la spada con la punta rivolta verso il basso, pronto a piantargliela nella schiena. Probabilmente si aspettava di essere molto veloce e di avere il fattore sorpresa dalla sua parte, perciò rimase molto stupito quando la drow schivò il suo colpo rotolando pigramente su un fianco, come a dire "tutto qui?". Il ragazzo non riuscì a fermarsi e piantò la spada nel terreno. Cercò di estrarla, ma l'aveva conficcata in profondità. Lasciò subito l'elsa, terrorizzato e avvicinò i pugni al viso, in quella che doveva essere una posizione di difesa. Colpì Faerie, che nel frattempo si era alzata in piedi, con un debole gancio destro, ma lei lo schivò, afferrandogli il polso nel mentre. Spostò il suo braccio verso l'esterno e vi passò sotto, il tutto con una rapidità che il giovane non avrebbe mai creduto possibile, trovandosi dietro di lui e immobilizzandolo semplicemente premendoglielo contro la schiena. Gli circondò il collo con il suo braccio, ma prima che l'umano potesse scoprire le sue intenzioni, Drizzt la fermò.

-Faerie, no!- disse in tono fermo. -È solo un graffio, e lui è solo un ragazzo.-

Lei non si mosse. Sentiva il giovane respirare affannosamente, spaventato a morte dalla vicinanza con la drow. Faerie allentò lentamente la presa, aspettandosi uno scatto, ma l'umano era paralizzato dalla paura. Allora lei emise uno sbuffo divertito e, prima di lasciarlo, gli depositò un lieve bacio sulla guancia, in un vano segno di pace.

Il ragazzo la guardò esterrefatto, iniziando a tremare. Gridò qualcosa ai suoi fratelli, poi tutti e quattro scapparono via alla velocità della luce verso la loro casa, lasciando la spada piantata nel terreno.

Drizzt chinò il capo, rattristato. Sapeva che non avrebbe dovuto aspettarsi una reazione diversa, ma venire a contatto con la dura verità non era stato meno doloroso, nemmeno con la consapevolezza che albergava nel suo cuore. Faerie, invece, si limitò a una scrollata di spalle. -Almeno ci abbiamo provato- disse.

Il fratello le lanciò un'occhiata di sbieco. -Ti importa così poco essere accettata come una di loro?-

Lei fece spallucce mentre estraeva la spada abbandonata. -Relativamente- disse. Drizzt la guardò con espressione stranita.

-Vuoi dire che non ti importa essere rifiutata per ciò che sembri invece che per ciò che sei?!- esclamò, stentando a credere alle proprie orecchie. 

-Mi importa- disse lei esaminando la lama. -Ma non tanto quanto a te. Vedi, Drizzt, io e te siamo molto diversi, ma anche molto simili: tu sei scappato perché la nostra gente non rispecchiava il tuo modo di vedere il mondo e i tuoi ideali, io l'ho fatto per salvare la mia vita, quella di nostro padre e perché odiavo tutti dal primo all'ultimo. Tu desideri trovare un luogo da poter chiamare casa, dove ci siano persone che ami e che rispetti e che condividano il tuo modo di essere. Io la mia casa l'ho perduta per sempre e nutro ben poche speranze di ritrovarla. Entrambi combattiamo in nome del bene e la giustizia, mista all'autodifesa, guida le nostre lame. Seguiamo tutti e due i dettami del nostro cuore, che sono diversi da quelli della nostra razza. Anche se dovessi venire accettata, queste creature hanno vita breve ed effimera. Vivrei oltre loro e sarebbe per me un dolore terribile perderle, se dovessi mai affezionarmi. Inoltre, non mi fido delle altre razze. Potrebbero benissimo fingere di essermi amiche per poi pugnalarmi alle spalle solo perché hanno paura di me. Perciò, per rispondere alla tua domanda, sì, mi importa essere accettata, ma allo stesso tempo ne temo le conseguenze.-

-Non esistono solo gli umani, Faerie- puntualizzò Drizzt, roteando gli occhi alla sua malfidenza.

-Hai ragione- rispose la sorella distrattamente, iniziando a menare qualche fendente con la spada. -Ma in ogni caso non voglio rischiare, nemmeno con una creatura millenaria.-

-Perché?-

Faerie non rispose. Durante la sua visita a Menzoberranzan aveva avuto il forte sospetto che i loro guai con la città non fossero ancora finiti. Dubitava che la sua razza fosse disposta a spingersi fino in superficie, ma la spiacevole sensazione nel suo cuore le diceva il contrario. Non sapeva perché non voleva confessare a suo fratello i suoi timori, forse perché non voleva guastare la sua speranza di una vita migliore. In ogni caso, preferì tacere.

-Che schifo di spada- commentò quando ebbe finito di provarla contro un nemico inesistente. -Pensava davvero di avere la meglio con questa?!- esclamò ridacchiando e facendo per rinfoderarla, prima di ricordarsi di non avere il fodero. -Vado a restituirgliela- disse.

-Intendi... adesso?-

-Precisamente, perché?-

-Visto e considerato che era lì lì per tagliarmi la gola e trapassarti la schiena da parte a parte non mi sembra una grande idea. E poi, cosa avresti intenzione di fare? Bussare alla loro porta e dire "scusatemi tanto, vostro figlio maggiore ha lasciato questa nel bosco. Venivo a restituirvela, a me non serve"?- disse Drizzt alzando un sopracciglio.

-L'idea era più o meno quella. Sto scherzando, sto scherzando- si affrettò ad aggiungere Faerie nel vedere l'espressione esterrefatta del fratello. -Sarò rapida e furtiva come un topolino, nemmeno si accorgeranno che sono stata lì.-

-Però si chiederanno da quando le spade hanno la capacità di farsi spuntare un paio di gambe e di ritornare dai loro legittimi proprietari- bofonchiò lui. La sorella ridacchiò sommessamente.

-Suvvia, fratellino, abbi un po' di fiducia!- esclamò incamminandosi in direzione della fattoria.

-Non è la fiducia il problema...- borbottò Drizzt guardandola allontanarsi. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Faerie si stava pulendo le unghie con il suo coltello quando sentì dei rumori nel bosco. Le bastò un'occhiata al fratello per capire che anche lui li aveva sentiti. -Sta' giù- le sussurrò Drizzt, acquattandosi dietro un cespuglio, anche se fu del tutto inutile, poiché l'elfa si era già nascosta prima ancora che lui aprisse bocca.

Una decina di agricoltori li sorpassò senza nemmeno notarli, immersi in quelle che sembravano amabili chiacchiere. Le armi che si portavano dietro, e soprattutto i cani da caccia che si portava appresso quello più grosso di loro, tradivano però le loro vere intenzioni.

-Ci stanno cercando- mormorò Faerie non appena furono abbastanza lontani da non poterli sentire.

-Lo avevo intuito- rispose Drizzt con un cenno di assenso.

-E ora che facciamo? Non sembrano molto disposti ad ascoltarci- disse la sorella.

-Io... non lo so- rispose il drow sconsolato. -Qualche idea?-

Lei scosse la testa. -Nessuna che non implichi uno scontro, purtroppo. Ho bisogno di più tempo per pensarci.-

Drizzt scrutò il punto in cui gli agricoltori erano scomparsi, rimuginando sulle parole della sorella. -Tempo...- borbottò. Si illuminò quando, dopo lunghi minuti, capì cosa fare. -Tempo... ma certo!- esclamò con un sorriso estraendo la statuetta di Guenhwyvar. Faerie lo guardò interrogativa, poi capì.

-Un diversivo?- sussurrò. L'elfo annuì.

-Esattamente. Avremo il tempo necessario a decidere la nostra prossima mossa- disse.

-Perfetto- commentò lei mentre il fratello evocava la pantera. Non appena le fu apparsa davanti, lui le fece una carezza sul testone, grattandola dietro le orecchie.

-Amica mia- disse -ho bisogno di un favore: quegli uomini laggiù ci stanno cercando, e non sembrano intenzionati ad ascoltare. Potresti distrarli per un po'? Almeno finché io e Faerie non avremo deciso cosa fare.- Guenhwyvar lo guardò con i suoi profondi occhi verdi. Gli leccò la faccia con la sua grossa lingua e poi partì con un balzo verso i contadini.

~*~

Lunghi minuti erano passati dalla partenza della pantera, eppure nessuno dei due aveva ancora trovato il modo di mostrarsi agli agricoltori senza causare troppo scompiglio. Ogni tanto l'espressione di uno mutava, illuminandosi di un largo sorriso, pensando di aver trovato la soluzione, ma quasi subito il viso tornava cupo e pensieroso, come se avesse realizzato che l'idea non era così buona come pensava.

Un ronzio li distrasse dai propri pensieri: entrambi sguainarono le lame, non capendo da dove venisse o a cosa appartenesse, ma prima che potessero anche solo pensarci il grido di Drizzt ruppe il silenzio. Faerie si avvicinò tempestivamente a lui, preoccupata. -Cos'è successo? Stai bene?- chiese, vedendo che il fratello si teneva il polso con la mano.

-Va tutto bene- borbottò lui spostando la mano e mostrando una piccola ferita da taglio. -È solo un graffio. Mi ha colto di sorpresa.-

Lei gli esaminò velocemente il taglio sanguinante, non senza un certo stupore. -Come puoi essertela fatta? Non c'è nessuno qui, a parte noi due. Mi domando...-

Una risata squillante e argentina la interruppe. I due drow si girarono verso la fonte del suono e videro uno spiritello piccolo, arrivava a stento al ginocchio di Faerie, che recava in mano un pugnale sporco del sangue di Drizzt e una delle sue scimitarre, che l'elfo aveva fatto cadere a terra quando era stato ferito.

-Ridagliela, sporco ladro!- esclamò Faerie, lanciandosi sullo spiritello. Ma prima ancora che potesse fare un passo avanti, esso era già corso via, così velocemente che in un battito di ciglia era sparito.

-Che diavolo era?!- ringhiò la drow.

-Non ne ho idea, non ho mai visto niente del genere in vita mia-

Faerie scrutò il punto in cui la strana creatura era sparita. -Non è un buon segno che ti abbia rubato la scimitarra. Cosa dovrà mai farci? O meglio, chi ha intenzione di uccidere?- disse.

Drizzt fece per rispondere, ma il latrato di un cane lo paralizzò. Si rese conto di aver fatto troppo baccano, sia con il suo urlo che con le parole che lui e la sorella si erano scambiati. Si girò di scatto, giusto in tempo per vedere un cane da caccia balzare su di lui. L'animale, però, non raggiunse mai il suo bersaglio, perché Faerie gli scagliò una freccia nella spalla, sbilanciandolo e facendogli perdere l'equilibrio. Il cane deviò la sua traiettoria e stramazzò a terra con un guaito, senza muoversi più per il dolore.

Un altro correva dietro di lui, anch'esso pronto a saltare addosso al povero drow. Ma, questa volta, Drizzt era pronto: quando il secondo cane saltò, si gettò all'indietro, la scimitarra davanti al viso. L'animale colpì di striscio la lama con il ventre, che aprì una lunga e profonda ferita. La bestia cadde a terra, oltrepassando il drow, con metà delle viscere riverse sull'erba.

-Dobbiamo andarcene da qui, e alla svelta- disse Faerie. Il fratello annuì. Non riuscirono a fare neanche un passo, però, perché un uomo grande e grosso, che i due drow riconobbero come il padrone dei cani visto poco prima, emerse dai cespugli con un ruggito. Si avventò su di loro, l'ascia levata, determinato a ucciderli entrambi. Gridò loro parole irate, incomprensibili alle loro orecchie, anche se potevano intuirne il significato.

L'uomo menò un poderoso fendente, cercando di affondare la sua ascia nel cranio di Drizzt. Lui parò il colpo, ma la forza con cui era stato scagliato era troppa per il povero elfo, che cedette con un urlo di dolore, dato che nel ricevere il fendente aveva piegato il polso ferito. La scimitarra gli cadde dalle mani, e lui non poté fare altro che allontanarsi dall'avversario con un balzo, mettendosi fuori tiro.

Il grosso umano ruggì di rabbia, e alzò di nuovo la sua pesante ascia, ma prima che potesse calarla su di lui, una freccia si piantò nel suo gomito, nella giuntura fra le due ossa, seguita subito dopo da un'altra, che si conficcò nello stesso identico punto della prima, solo nell'altro gomito. L'omaccione lanciò un grido di dolore e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Faerie lo fissava minacciosa, una terza freccia incoccata nell'arco.

-Azzardati solo a sfiorarlo, e sei morto- ringhiò lei.

-Faerie, è inutile! Non ti capisce!- esclamò Drizzt, non senza una certa esasperazione.

L'uomo sollevò di nuovo l'ascia, cercando di ignorare il dolore ai gomiti, ma la drow fu più rapida: in un battito di ciglia, gli aveva già scagliato due frecce, una in ciascuna giuntura delle ginocchia, facendogli perdere l'equilibrio. Lui urlò di dolore quando urtò violentemente il terreno con le ginocchia ferite. Rapida come un fulmine, Faerie scattò verso di lui e, prima ancora che lui potesse reagire, lei gli era già saltata a cavalcioni della nuca. Estrasse le spade, ma invece che ferirlo gli assestò un tremendo colpo sulla testa, facendogli perdere i sensi.

-Vieni!- disse a Drizzt prendendolo per il polso sano e trascinandolo via.

-Aspetta!- protestò lui. Raccolse la scimitarra e la ripose nel fodero, prima di essere di nuovo strattonato dalla sorella.

Corsero per quelle che sembravano miglia e miglia. Faerie lo condusse al pino dove erano soliti appostarsi, ritenendo che i loro inseguitori erano convinti che si trovassero nel profondo del bosco e che non li avrebbero mai cercati lì.

-Comunque il furto non mi piace- disse Faerie lavando la ferita di Drizzt e bendandola con un pezzo del suo mantello.

-Nemmeno a me se devo essere onesto. Cosa ha intenzione di fare?- disse il drow.

-Sicuramente non affettare il pane- disse l'altra. -E se volesse fare del male ai contadini? Non possiamo permetterlo!-

-Cosa hai intenzione di fare in quel caso? A parte per i nostri vicini, non sappiamo dove si trovino gli altri, e anche se lo sapessimo, non potremmo comunque vegliare su di loro: sono sicuramente troppo lontani per un'eventuale ronda, e poi, noi siamo solo in due. Potrebbero esserci dieci, quindici case per quel che ne sappiamo-

-Una- lo corresse lei. -Tu sei ferito-

-Guarirà, è solo un graffio.-

Faerie lo guardò scettica, poi, di scatto, gli piegò il polso all'indietro, strappandogli un grido di dolore. -"È solo un graffio"- disse con una smorfia, imitando la voce del fratello. Lui la guardò malissimo.

-Mi hai fatto male!- si lamentò. Lei non rispose.

-Tu non puoi combattere. Resterai qui, o da qualche altra parte se preferisci. Ma se ti vedo con la scimitarra in mano...-

-Non sta a te decidere cosa è meglio per me...!- protestò lui, anche se in fondo era contento che la sorella si preoccupasse per lui.

-Sono io la sorella maggiore, qui- disse lei ammiccando. -E sto facendo quello che una sorella maggiore dovrebbe fare: prendersi cura dei più piccoli. Perciò resta qui, stanotte, oppure ti lego.-

-E con cosa, di grazia?- chiese Drizzt, anche se non era realmente intenzionato a disobbedirle. Era quasi commosso dalla sua preoccupazione, e non si sentiva di darle un grattacapo in più.

-Non mi sottovalutare- disse lei con un sorrisetto scaltro. -Io veglierò sui nostri amabili vicini, dato che è l'unica cosa che posso fare. Tu stai qui- aggiunse in tono più dolce, facendogli una carezza sul viso. Poi se ne andò, lasciando il drow solo con i suoi pensieri.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


Dalla sua postazione nel cortile, Faerie Do'Urden dominava con lo sguardo l'intera fattoria, granaio compreso. La notte era calata da un pezzo, ma nonostante l'ora tarda due donne della famiglia, la madre e la nonna, erano uscite e si erano recate al granaio. Per fare cosa, Faerie lo ignorava, ma non aveva smesso di fissare intensamente la porta, come se temesse che potesse prendere vita e attaccarla.

Vedeva le luci accese nella fattoria, e gli uomini della famiglia seduti al tavolo. Immaginò stessero parlando, anche se non sapeva e non voleva sapere di cosa. Rimase immobile, accovacciata fra le piante, in attesa.

Uno scalpiccio la mise subito in allarme. Aveva avuto ragione a temere un attacco, la creatura vista quella mattina si stava recando alla fattoria! Scattò subito in piedi, incoccando una freccia e puntando l'arco in direzione del rumore. Si rilassò un poco nel vedere che era solo Drizzt.

-Ah, sei tu- disse, non senza una certa irritazione. Non gli aveva forse detto di rimanere sotto al pino?

-Grazie per esserti assicurato che stessi bene. Ora tornatene a dormire. Sei ferito, qui me la cavo da sola- disse con una punta di astio nella voce, nonostante la premura del fratello l'avesse toccata nel profondo.

Il drow però non si mosse.

-Non mi hai sentito? Torna indietro, non ho bisogno di te, e tu non devi sforzare troppo il polso, lo sai- lo rimproverò la sorella.

Drizzt si avvicinò al granaio, scimitarra alla mano. -Drizzt!- sibilò Faerie correndogli appresso. -Che diavolo fai?! Non dobbiamo farci vedere!- esclamò, cercando di non fare troppo rumore, afferrandogli il braccio per trattenerlo. Lui se la scrollò bruscamente di dosso.

-Drizzt?- disse lei, confusa. Nonostante lei e il fratello battibeccassero spesso, lui non si sarebbe mai sognato di rivolgerle gesti di quel genere. Qualcosa non andava. Faerie ebbe la spiacevole sensazione che quello non fosse affatto Drizzt.

Il drow non la degnò di uno sguardo e proseguì nella sua camminata verso il granaio. Lei gli corse dietro. -Drizzt! Ti sei rimbecillito?! Cosa diavolo stai facendo qui, a quest'ora, specialmente dopo che ti ho detto di riposare...- Si ammutolì nel sentire le voci delle due donne avvicinarsi alla porta. Vide gli occhi di Drizzt brillare di una luce strana, come se non vedesse l'ora di uccidere, di fendere le carni di quelle due poverette con le lame e assaporare il momento in cui la vita avrebbe abbandonato le loro membra inerti.

-Tu non sei mio fratello...- sussurrò lei. Lui non parve sentirla. La porta si aprì, e il falso drow levò in alto la sua lama, pronto a colpire. -No!- esclamò Faerie, facendo scattare il pugnale nascosto e colpendo la creatura al fianco. Essa emise un forte grido stridulo nel momento esatto in cui le due donne uscirono dal granaio. No, decisamente non era Drizzt.

-SCAPPATE!- gridò loro l'elfa, anche se sapeva che non potevano capirla.

Una rabbia terribile e incontrollabile divampò dal petto di Faerie. Già una volta si era trovata a combattere contro lo spettro di una persona amata, tirata fuori a forza dalla tomba e stregata al fine di compiere atti malvagi per conto di sua madre. Non osava nemmeno immaginare cosa avesse fatto a suo fratello, solo il timore che gli avesse fatto del male bastava a farla impazzire di rabbia.

-LUI DOV'È?!- gridò saltando addosso alla creatura. -CHE COSA GLI HAI FATTO?! OH, GIURO SULLA MIA VITA CHE TE LA FARÒ PAGARE CARA, MA MOLTO CARA!-

Il falso Drizzt la respinse con facilità, come se fosse stata un fastidioso insetto. Si girò verso la porta del granaio, dove le due donne si erano barricate. Afferrò la maniglia e, con uno strattone, scardinò la porta. Le due umane gridarono di terrore.

-NO!- urlò Faerie scagliandosi addosso al mostro. -TU NON FARAI DEL MALE ANCHE A LORO!-

Sguainò le spade dai foderi e le piantò nelle spalle del falso Drizzt. Lui emise di nuovo quel verso stridulo e si girò furibondo verso di lei. Aveva capito che non sarebbe mai riuscito a concludere nulla con la drow fra i piedi. La attaccò con ferocia, menando un poderoso fendente che Faerie schivò.

Tutto quel baccano aveva però attirato i tre uomini, che uscirono, le armi in pugno, pronti a fronteggiare la minaccia. Rimasero alquanto sorpresi nel vedere due drow combattersi a vicenda, ma la sorpresa non li trattenne a lungo. Si scagliarono contro di loro, pronti a difendere le due donne con la vita.

-NO!- urlò Faerie. -SCAPPATE! PORTATE AL SICURO I BAMBINI!- Ma ovviamente loro non potevano capirla.

Non appena la creatura li vide, i suoi occhi si illuminarono ancora di più. Voleva scagliarsi su di loro, ma la drow non glielo avrebbe permesso. Come tutti quelli della sua razza, era stata addestrata sin dalla più tenera età all'arte del combattimento: se il suo scopo era ucciderlo, o quanto meno ostacolarlo, non si sarebbe arresa tanto facilmente, e la creatura lo sapeva.

Lasciò perdere i contadini, almeno per il momento. Loro non potevano competere con lui, al contrario dell'elfa, a loro avrebbe pensato più tardi. Con un ruggito, si scagliò su Faerie a spada levata, menando un fendente con tutta la forza che aveva in corpo, che lei parò con facilità. Quando lo incassò, però, fu colta di sorpresa dalla forza incredibile del colpo. Nessun drow aveva una forza fisica tale, nemmeno lei, che era notoriamente forzuta. Capì in quel frangente che quella creatura non era nemmeno un elfo. Sicuramente era qualcosa d'altro, qualcosa di più grande, che nonostante la forma attuale conservava la sua forza.

Si sbilanciò, le gambe e le braccia tremarono all'impatto, e lei minacciò di cadere a terra, ma riuscì a reggere. Il falso Drizzt levò di nuovo la scimitarra, pronto a colpire di nuovo. Questa volta, invece che parare, Faerie schivò e fece un affondo, mancando il suo obbiettivo.

Sentì un grido di protesta, poi il ragazzo che la drow aveva immobilizzato nel bosco si scagliò sulla creatura. Riuscì a fendere la schiena del finto drow. Esso lanciò un grido stridulo e si distrasse il tempo sufficiente perché lei gli conficcasse le spade nel corpo: una nel cuore e una nello stomaco. La creatura la guardò stranita, come se non si aspettasse di morire per mano sua, poi ebbe un tremito e crollò a terra, senza vita.

Nella morte, il suo corpo iniziò a deformarsi: esso si ingrossò e si ingrossò, fino a diventare delle dimensioni di un enorme lupo. La pelle era violacea, le braccia e il corpo muscolosi, tanto che Faerie capì come mai anche da drow era riuscito a scagliarla via con facilità. Le dita erano munite di artigli lunghi e affilati, la bocca era irta di denti aguzzi.

Nella fattoria calò un silenzio di tomba mentre la drow rinfoderava le armi e si riprendeva la scimitarra rubata del fratello. I contadini la fissarono, puntandole le armi contro, non capendo le sue intenzioni. Si guardarono negli occhi per qualche attimo, senza muovere un muscolo. -Mi dispiace... per il trambusto...- disse Faerie, facendo scattare gli umani sul chi vive, pur sapendo che non potevano capirla. Poi, rapida come un fulmine, si dileguò nella notte nera.

Il più giovane dei maschi umani le corse dietro, ma inutilmente: in breve tempo, lei lo staccò e sparì nell'oscurità del bosco.

~*~

-Già di ritorno?- le chiese Drizzt in tono divertito, cercando di migliorare l'umore della sorella, che pareva decisamente cupo a giudicare dalla sua espressione. Nonostante il tono allegro, il drow non era tranquillo: il ritorno così anticipato di Faerie non poteva significare nulla di buono.

Lei lo guardò torva, poi lasciò cadere la scimitarra ai suoi piedi. -Abbiamo trovato il ladro- commentò, tetra. -O almeno chi lo aveva ingaggiato.-

-Che cosa è successo?-

-Un demone ha attaccato la casa dei contadini sotto mentite spoglie, fingendo di essere te. Voleva ucciderli, probabilmente tutti quanti. Sono riuscita a fermarlo, con... un piccolo aiuto- spiegò lei. Gli raccontò tutto nei minimi dettagli. Quando ebbe finito, il drow aveva un'aria preoccupata.

-Stava chiaramente cercando di incastrarci- sentenziò. -Ma non capisco perché.-

Faerie abbassò lo sguardo, fissando un punto indefinito per lunghi attimi, pensierosa. -Io direi che è arrivato il momento di scoprirlo- disse in tono deciso, alzando il capo e guardando il fratello dritto negli occhi. -Il demone non era sicuramente solo, di rado quelli così grossi sono senza seguito. Vieni, dobbiamo andarcene da qui. Aspetteremo che il tuo polso si sia ristabilito, poi...-

-No- la interruppe Drizzt. -Non c'è tempo. Non sappiamo quanti servi o alleati abbia questo demone, ammesso e non concesso che ne abbia. In tal caso, non ci metteranno molto a scoprire della sua morte e a vendicarsi, magari sui contadini. Dobbiamo indagare adesso.-

La sorella rimase in silenzio per lunghi attimi. -Hai ragione- convenne infine. Mise le mani sull'elsa delle sue spade. -Andiamo a stanare questo demone!-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


-Quei dannati elfi scuri hanno ucciso i miei cani!- sbraitò Roddy McGristle quando, il giorno dopo l'attacco del demone, si era recato insieme agli altri contadini alla fattoria della famiglia Thistledown.

-Ma ci hanno anche difesi dal demone- replicò Bartholomew Thistledown, per l'ennesima volta quel giorno.

Subito dopo l'attacco del demone, i Thistledown avevano avvertito il sindaco di Maldobar, il villaggio in cui abitavano. In pochissimo tempo, tutti gli abitanti si erano recati alla loro fattoria, senza nemmeno cambiarsi d'abito, ansiosi di saperne di più per decidere il da farsi.

Sin dal suo arrivo, Roddy si era messo a sbraitare sulla morte del suo cane, come se bastasse quello per marchiare una persona qualunque come un essere orribile. Aveva poi ribadito le solite nefandezze per le quali i drow avevano una cattiva fama, senza curarsi del fatto che l'interlocutore stesse cercando di fargli notare che, nonostante la presunta malvagità, erano stati proprio i drow a salvarli.

-Sono loro stessi dei demoni!- ruggì l'omone. -Uno ha ucciso il mio cane, l'altra mi ha bersagliato con le sue frecce troppo rapidamente per essere di questo mondo! Inoltre ha cercato di sedurre il tuo ragazzo, o sbaglio?-

-Mi ha solo dato un bacio sulla guancia...!- protestò Connor Thistledown, il figlio maggiore di Bartholomew.

-È sufficiente, ragazzo! I drow sono crudeli e spietati, sicuramente ti stava lanciando un incantesimo per renderti suo schiavo!-

-Ma veramente...- iniziò il giovane, cercando di dire che non si era sentito affatto ammaliato, anzi, se mai, si era sentito ancora più terrorizzato. Ma Roddy lo ignorò.

-Era bella, figliolo?-

-No, cioè sì. Insomma, difficile a dirsi, ero più occupato a difendere me e i bambini che a guardarla in viso, e poi aveva metà faccia sciolta...-

-Ah-ha!- disse l'uomo trionfante. -È sicuro che stesse cercando di lanciarti un incantesimo! Se non riusciva ad affascinarti con la sua bellezza elfica avrà usato altri mezzi...-

-Credo che mio figlio si sarebbe comportato diversamente se fosse stato stregato- lo interruppe Bartholomew. -E comunque, non è questo il nodo della questione-

-Cosa pensi di fare, Thistledown?- chiese Roddy, beffardo. -Invitarli a casa tua per un'amabile chiacchierata? Sono drow, non puoi fidarti di loro. E in ogni caso, i guardaboschi sono già stati chiamati e arriveranno a momenti. Cosa hai intenzione di fare?-

-Io non posso fare nulla, ma informerò i guardaboschi di quello che è successo. Hai ragione, sono drow, ma non possiamo nemmeno ignorare un fatto del genere- disse l'uomo con fermezza.

-Sono d'accordo con Bartholomew- intervenne il sindaco. -Questo comportamento da parte dei drow è decisamente inusuale, parrebbe quasi che cerchino di indurci a fidarci di loro, ma McGristle ha ragione: sono elfi scuri, dopotutto. Non intendo discutere oltre, la questione è risolta. Tornate alle vostre case!-

E, con un vociare indistinto, gli abitanti del piccolo villaggio si dispersero, diretti alle loro case. Nel guardarli andare via, Bartholomew Thistledown non poté fare a meno di chiedersi se quei due elfi, che avevano gettato tanto scompiglio, fossero realmente intenzionati a fare loro del male.

~*~

-Ahia!-

-Se stessi fermo, forse riuscirei a medicarti il polso- borbottò Faerie. -E non fare troppo rumore, potrebbero sentirti. Non siamo soli in questi boschi, a quanto pare-

-Stasera non sarai da sola, io farò la ronda dall'altra parte e...-

-Tu non farai un bel niente- gli disse la sorella.

-È solo un graffio!- protestò Drizzt. Lei strinse le bende improvvisate attorno al polso del fratello, per poi lanciargli un'occhiata dura.

-Credi che le sacerdotesse non abbiano imparato qualcosa sulla guarigione? La magia è il loro pane, e così la magia per guarire e resuscitare i soldati del Casato. Ho imparato che spesso le ferite sono mortali anche se piccole e apparentemente insignificanti-

Lui sbuffò. -D'accordo, te lo concedo, ma non credi di preoccuparti troppo? Non che non apprezzi, ma secondo me è eccessivo-

Lei non rispose.

-Fatto- disse dopo un po', stringendo le bende improvvisate col pezzi della sua manica un'ultima volta. -Ora cosa facciamo?-

-Innanzitutto troviamo gli alleati del demone, li uccidiamo e poi ce ne andiamo per sempre-

Faerie aggrottò le sopracciglia. -Andarcene? E perché mai?-

Il fratello si strinse nelle spalle. -Non sembriamo molto graditi qui, e anche se li liberassimo dai demoni, non credo cambierebbe di molto la situazione. No, dobbiamo andarcene e non fare più ritorno-

Lei sospirò. -Forse hai ragione. Allora, qualche idea per annientare quegli stramaledetti mostri?-

-Innanzitutto sarebbe utile trovare il ladruncolo. Come abbiamo già supposto, è un alleato del demone, saprà sicuramente dove si trova-

-Quindi suggerisci di catturare quel piccolo bastardo e interrogarlo?- 

-Esattamente-

Faerie annuì, in segno di approvazione. -Non sarà semplice, è dannatamente veloce. Ci serve qualcosa per sbarrargli la strada: la botta lo stordirà abbastanza da poterlo acciuffare senza problemi. L'unico interrogativo che rimane è l'oggetto in questione. Cosa useremo?-

Prima che Drizzt potesse rispondere, però, un rumore di rami spezzati catturò l'attenzione dei due drow. Si girarono di scatto in direzione del rumore e rimasero decisamente sorpresi nel vedere il bambino che qualche giorno prima li aveva scoperti.

In quel momento non aveva l'espressione terrorizzata che aveva assunto davanti ai due elfi scuri, ma anzi, un sorriso sbarazzino era dipinto sul suo volto. Nascondeva qualcosa nella giacca, che si rivelò poi essere un paio di pagnotte, che porse ai due fratelli.

Faerie inclinò la testa di lato, incuriosita e perplessa. Il bambino sorrise, tendendo ancora di più il braccio verso di lei, come a incoraggiarla a prendere il pane. Cautamente, lei lo prese. Lo annusò e lo spezzò, per vedere se nascondeva qualcosa, e infine ne assaggiò un pezzo, per assicurarsi che non fosse avvelenato. Poi sorrise e si chinò all'altezza del ragazzino. Gli tese la mano, che lui strinse. 

-Liam- disse con voce squillante.

-Che cosa ha detto?- chiese Drizzt, accettando con gentilezza la pagnotta.

-Credo sia il suo nome- rispose la sorella. Si indicò, e poi disse distintamente: -Faerie-. Poi, indicò il fratello e disse: -Drizzt-

Il volto di Liam si illuminò. -Drizzit!- esclamò.

-Drizzt- lo corresse il drow con pacata insistenza.

il bambino sorrise di nuovo. Poi si inginocchiò per terra e fece cenno ai due elfi scuri di avvicinarsi. Con il dito, tracciò nella terra un rozzo disegno che rappresentava una casa e un gruppo di persone. Indicò la casa e poi se stesso, poi il gruppo, infine fece un gesto con la mano in una direzione casuale, portando la mano verso di sé.

-Che cosa vuol dire?- chiese Drizzt.

-Hanno chiamato rinforzi- dedusse Faerie. -La casa, qui, è evidentemente la sua. Ha indicato queste persone e ha fatto il gesto di venire da questa parte. Sta arrivando qualcuno, probabilmente per noi. Avevi ragione, dovremo andarcene dopo aver risolto questa faccenda-

Si girò verso Liam, rivolgendogli un sorriso radioso. Poi, fugacemente, gli diede un bacino sulla guancia, non potendo esprimere la sua gratitudine a parole. Lui arrossì. Fece ciao con la mano e si girò per andarsene, ma Drizzt esclamò un "aspetta!" tendendo la mano in avanti e spalancandola. Il ragazzino si girò, perplesso.

-La creatura che mi ha ferito è molto veloce, ci serve qualcosa per fermarla. Se riusciamo a catturarla, ci porterà sicuramente dagli alleati del demone, o in alternativa potrà darci delle informazioni-

Liam lo guardò interrogativo. Faerie gli fece rapidamente segno di avvicinarsi, poi anche lei si mise a disegnare sul terreno: disegnò un mostro, cercando di farlo simile a quello che lei aveva ucciso. Lo indicò e poi, repentinamente, ficcò il pugnale nascosto nel terreno, in corrispondenza del petto. Poi, disegnò una mappa improvvisata e fece spallucce con espressione interrogativa, come a dire che non sapeva dove si trovasse. Disegnò poi una figura piccola e smilza, e la collegò al mostro con una linea. Guardò Liam, per assicurarsi che stesse seguendo. Lui aveva gli occhi ridotti a fessure, poi annuì. Faerie gli sorrise, poi disegnò la stessa figura nell'atto di correre e subito dopo fece con le mani il gesto di intrappolare qualcosa. Infine, disegnò un ostacolo e assunse di nuovo un'espressione interrogativa.

Liam rimase per qualche attimo fermo e zitto. Poi, come a riepilogare, indicò la figura smilza, fece il gesto di catturarlo, percorse la linea con il dito e tracciò una croce sul mostro. Dopo, sfiorò l'ostacolo, indicò i due elfi e fece un segno di diniego. Faerie annuì.

Il volto del ragazzino si illuminò, e fece loro cenno di seguirlo.

-È molto sveglio per la sua età- commentò Drizzt. -Ha capito alla perfezione, dubito che ci sarebbero riusciti in molti- 

Liam li condusse fino a casa sua, dove i due drow si fermarono bruscamente, scambiandosi occhiate preoccupate. Lui fece un sorriso e scosse la testa, apparentemente divertito. Indicò il retro della casa e vi si diresse trotterellando. I due fratelli cercarono di seguirlo il più silenziosamente possibile. Quando ebbero svoltato l'angolo, il ragazzino corse verso un vomere rotto che la sua famiglia aveva lasciato lì a prendere ruggine, ormai inutilizzabile.

-Direi che è perfetto- sussurrò Drizzt. 

Faerie si avvicinò cautamente all'aratro. Guardò Liam, incerta, poi vi appoggiò una mano sopra. Il ragazzino sorrise incoraggiante. L'espressione di lei si rilassò. Fece cenno al fratello di aiutarla a portarlo via, ma prima si avvicinò al bambino, si chinò e gli depositò un altro bacio sulla guancia. Lui arrossì e le gettò le braccia al collo. Lei si irrigidì e ricambiò goffamente l'abbraccio.

I due si staccarono. Faerie aiutò Drizzt a sollevare il vomere, che era tutt'altro che leggero, e poi i due si incamminarono verso la foresta. Si girarono un'ultima volta, giusto in tempo per vedere Liam salutarli con la mano. 

Loro sorrisero di rimando, poi sparirono fra gli alberi.

-Forza- disse Faerie con vigore. L'aiuto del ragazzino pareva aver risvegliato qualcosa in lei, una sorta di istinto materno di protezione. -Lo trancio in due quel piccolo bastardo!- esclamò con un sorriso che lasciava trasparire una certa furia.

Il fratello non disse niente, anche se, in fondo al cuore, era rimasto sconcertato da una tale affermazione di violenza. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


-Davvero fantastica l'idea di usare... qualunque cosa sia questo aggeggio per fermare quel ladruncolo- disse Faerie esaminando il vomere con curiosità. Non aveva mai visto un attrezzo del genere. -Ma nella fretta ci è sfuggito un piccolo dettaglio-

-Ovvero?- replicò Drizzt tirando fuori la statuetta di Guenhwyvar.

-Non abbiamo la più pallida idea di dove sia- rispose la sorella continuando a girare attorno al pezzo di aratro. -Se non fosse così pesante potrebbe essere usato come arma. Un solo colpo e ti manda al tappeto. Questo sì che sarebbe utile, altro che la balestra-

Il fratello ignorò la sua ultima osservazione. -Guenhwyvar lo troverà-

-E come? Non lascia impronte e non abbiamo un pezzo dei suoi abiti da fiutare, non possiamo rintracciarlo-

-Lui no, ma il suo amico demone sì- disse lui evocando la sua amica pantera. -Avrà lasciato sicuramente delle tracce venendo qui e Guen ci aiuterà a trovarle. Hai detto che era bello grosso, quindi c'è una forte possiblità che abbia lasciato impronte profonde e grandi nel terreno. Dovrebbero essere qui da qualche parte- aggiunse facendo una carezza al grosso felino, che era appena apparso accanto a lui.

-Giusto- concordò Faerie mettendosi in spalla il vomere, mentre Drizzt sussurrava qualcosa all'orecchio di Guenhwyvar. La pantera strusciò il muso contro la guancia dell'amico, poi si mise a cercare le tracce del demone.

La drow si incamminò dietro al felino, ma prima che potesse fare più di tre passi, il fratello la fermò. -Ti aiuto a portarlo- disse mettendo le mani sull'attrezzo.

-No- disse lei. -Io ho le mani occupate, se veniamo attaccati non potrò essere d'aiuto. Bisogna che almeno tu sia in grado di combattere-

-Dimentichi che c'è Guen con noi- le disse lui.

-Ci sono nemici che Guen non può affrontare- replicò lei.

-Giusto, ma dubito che ce ne siano qui-

-Non si può mai sapere...-

-E poi, puoi sempre buttare questo... attrezzo per terra e combattere in caso di attacco- le fece notare Drizzt.

Faerie lo guardò con fare seccato. -Il tempo è un fattore determinante in battaglia. Ora smettila di preoccuparti, ce la faccio, non è molto pesante. E ora andiamo, abbiamo già perso abbastanza tempo-

Il fratello però vide i suoi muscoli tesi per lo sforzo e minuscole goccioline di sudore iniziare a imperlarle la fronte. Capì che stava di nuovo cercando di ostentare una forza che probabilmente non aveva e che il suo orgoglio le impediva di rendersene conto. Sospirò, sapendo che se si fosse messo a discutere non sarebbe arrivato da nessuna parte. Prima o poi imparerà la lezione...

-Se lo dici tu...- disse incamminandosi.

Non ci misero molto a trovare la traccia del demone: come Drizzt aveva previsto, le impronte che aveva lasciato erano grosse e profonde. Inoltre, il mostro non si era premurato di passare in terreni duri o quantomeno di cancellare le orme al suo passaggio.

-Sembra quasi che volesse essere trovato- osservò Drizzt.

-Pensi che si sarebbe comportato così anche al ritorno?-

-Probabile. Non si è curato di far perdere le sue tracce all'andata, perché farlo al ritorno? Anche perché non è certo una creatura piccola e leggera, anzi. Dovremo essere più cauti: e se il demone e i suoi compagni stessero aspettando il nostro arrivo? Dopotutto mi hanno rubato la scimitarra e hanno cercato di incastrarci-

-Ha importanza?- chiese Faerie, scrollando le spalle. -Moriranno comunque, a prescindere dalle loro ragioni. Hanno cercato di uccidere degli innocenti, e ora la pagheranno-

-Dicevo solo che dovremo fare più attenzione, tutto qui. Se ci stanno aspettando saranno preparati- le rispose il fratello. Lei non disse nulla. Si sistemò meglio il vomere in spalla e continuò a seguire le impronte.

Dopo un lungo camminare, scoprirono che le orme portavano verso una zona rocciosa, con precipizi profondi e altissime pareti.

-E tanti saluti alla nostra traccia- disse Faerie, amareggiata.

-Forse no- replicò Drizzt, individuando un sentiero, ma si dovette ricredere quando vide che il sentiero sembrava non essere stato percorso da anima viva da tempo immemore. Scrollò le spalle. -Rimane comunque l'unica via possibile- 

-L'unica via possibile per noi- lo corresse la sorella. -Che ne sai che non si è arrampicato?-

-Data la sua mole, lo vedo molto improbabile. Ad ogni modo, noi non possiamo arrampicarci, non con quell'affare appresso. Dobbiamo seguire il sentiero-

Faerie annuì e, assieme a lui, si diresse verso la selvaggia stradina.

-Ho un piano per catturare il ladruncolo- le disse lui.

-Illuminami, allora-

-Noi non sappiamo con esattezza quanto sia veloce quell'essere, sappiamo solo che è estremamente rapido, giusto? Abbiamo bisogno di saperlo per sapere quando sbarrargli la strada. Perciò ecco il piano: fingerò di ostacolarlo, lui schiverà e proseguirà il suo cammino. Guen lo aspetterà più avanti, non è rapida quanto lui ma gli darà filo da torcere. Quando capirà di non poter passare, tornerà indietro. Nel frattempo, io avrò calcolato quanto tempo ci mette a schivare, lo ostacolerò di nuovo e, al mio segnale, tu calerai quell'aggeggio. Pensi di poterlo fare?- disse Drizzt. Lei lo guardò con uno sguardo irato, come se trovasse scandaloso che lui pensasse che lei non fosse capace di fare qualcosa. Aprì la bocca per parlare, ma un ronzio la interruppe.

-Ci siamo- mormorò il drow. Sussurrò qualcosa a Guenhwyvar, che girò l'angolo davanti a loro.

Faerie si mise in posizione, imitata dal fratello, che sfoderò una scimitarra e la tirò in avanti di scatto. In un lampo, essa venne scagliata di lato da una figurina minuscola ed estremamente veloce, che poi proseguì nella sua corsa.

-Stai pronta- disse Drizzt a bassa voce alla sorella. La sua presa sulla scimitarra si fece più salda.

Una serie di ringhi li avvertirono che la pantera aveva assolto al suo compito. Il ronzio si fece di  nuovo più forte e ancora il drow fece scattare in avanti la scimitarra. -ORA!- gridò pochi secondi dopo.

Rapida come un topolino in fuga, Faerie calò il vomere, e un sonoro "dong" fece loro capire che il piano era andato a buon fine. Senza perdere neanche un secondo, l'elfa si gettò sulla creaturina stordita dal colpo, approfittando della sua momentanea perdita di coscienza. La strinse in una mano, bloccandole le braccia, mentre con il polso dell'altra faceva scattare la lama nascosta e gliela puntava alla gola.

-Attento alla tua prossima mossa, sporco ladruncolo da quattro soldi- ringhiò Faerie nel linguaggio dei folletti, lo stesso usato da lei e Drizzt per comunicare con gli gnoll, al piccolo esserino, che aveva iniziato ad agitarsi non appena si era risvegliato. -Hai una lama puntata alla gola e una drow incazzata che ti stringe nel pugno: posso spezzarti le ossa e sventrarti come un lurido maiale in qualunque momento-

La creaturina smise di agitarsi, valutando le minacce della drow e stabilendo che sarebbe stato da sciocchi prenderle alla leggera.

-Cosa sei?- gli chiese Drizzt. Il piccolo essere iniziò a parlare, ma era così veloce che i due elfi sentirono solo dei versi indistinti e acuti. 

-Parla più lentamente!- sbraitò Faerie. -Fidati, non ti conviene provocarmi- aggiunse stringendo la presa.

-Sveltelfo!- trillò lui.

-E che diamine è uno sveltelfo?- chiese lei.

-Non è importante- la interruppe Drizzt. -Come ti chiami? Hai mandato tu quel demone a uccidere i contadini? Siete alleati? Ce ne sono altri? Perché lo hai fatto?-

Lo sveltelfo gli lanciò un'occhiataccia. -Io-Tephanis- disse, sforzandosi di parlare lentamente. -No-sì-sì-c'è-Kempfana-voi-avete-ucciso-Ulgulu-

-Non hai risposto all'ultima domanda- disse Faerie stringendo leggermente la presa. Vide i piedi di Tephanis muoversi alla velocità della luce, ma gli era di ben poca utilità visto che era sospeso per aria.

-Noi-siamo-alleati- disse lo sveltelfo, il panico che dilagava nei suoi occhi. -Loro-mangiano-umani-per-crescere-poi-tornano-a-Gehenna- disse.

-Ce li rispedisco io, di questo non devono preoccuparsi- ringhiò la drow. -Dove si trovano questi due figli di elg'caress?- La creaturina, spaventata a morte, iniziò a darle indicazioni, ma era talmente spaventata che riprese a parlare a velocità della luce, cosa che gli valse un'aumento della pressione del pugnale sulla sua gola.

-Non hai niente da temere, se parli lentamente- minacciò l'elfa. Tephanis deglutì e ripeté le indicazioni, questa volta facendosi capire. Faerie annuì soddisfatta. -Visto? Non era difficile. Ora, un drow adesso ti torturerebbe per mero divertimento, ma per tua fortuna ho sempre disprezzato le usanze del mio popolo. Ciò non toglie che non possiamo rischiare che tu vada ad avvertire i tuoi, o meglio il tuo padrone- disse guardandolo negli occhi. Lo sveltelfo iniziò a tremare e a dimenarsi. -Mi dispiace, ma non ho altra scelta- disse scagliandolo nel burrone. Drizzt sentiva che avrebbe dovuto fermarla, ma scoprì di non averne nessuna voglia. Anche se non era riuscito nel suo intento, la creatura aveva deliberatamente cercato di uccidere degli innocenti e probabilmente avrebbe cercato di far uccidere anche loro una volta libero.

-Che mi venga un colpo se non si salva- commentò la sorella, sprezzante, strappandolo dalle sue rivelazioni. Sputò nel crepaccio. -Bah, disgustoso verme. Spero che non mi capiti più a tiro o ci faccio uno spezzatino.- Diede una scrollata di spalle. -Andiamo a stanare quelle bestie?- 

Il fratello annuì con aria assente e la seguì verso la tana del demone.

~*~

-Sono in tanti- osservò Faerie nel vedere dalla loro posizione sopraelevata un incredibile numero di goblin che entrava e usciva dalla tana del demone. -Credi che saranno un problema?-

-Indubbiamente- disse Drizzt. -A meno che non siano stati avvertiti del nostro arrivo. Hai sentito il mostriciattolo, queste creature hanno bisogno di mangiare prima di tornare nel loro piano d'esistenza. Probabilmente è questo il loro scopo: inscenare tutta quella devastazione per spingerci a cercarli e riuscire a mangiarci-

-Ma qualcosa è andato storto- sogghignò la sorella. -E, anche se fosse andato tutto liscio come il Donigarten, voglio proprio vederlo un demone che cerca di mangiarmi, ha!-

-Non sottovalutarlo- la ammonì lui. -Non è da escludere che sia più potente di quanto immaginiamo, se è così sicuro di sé da aspettarci nella sua stessa tana. Non dobbiamo dare nulla per scontato-

-Ma ho ucciso l'altro- protestò la drow.

-Con un piccolo aiuto. E comunque non è detto che siano forti allo stesso modo- ribatté ostinato Drizzt.

-Va bene, va bene- sbuffò lei. -Abbiamo un piano?-

Il fratello parve scoraggiarsi. -Purtroppo no. Non conosciamo il luogo, ma se mi dai un attimo...-

-Molto bene- disse Faerie alzandosi in piedi e imbracciando l'arco. -Io miro agli occhi, tu lo finisci con le scimitarre- disse scendendo dall'altura su cui si trovavano. Il drow sentì la gola seccarsi.

-Faerie, fermati! Che diavolo fai?!- disse andandole dietro per fermarla. Le afferrò il polso. Lei lo guardò con un sopracciglio alzato. 

-Vado a uccidere quel pezzo di fa'la zatoast, perché?-

-Così? Senza nemmeno un piano d'attacco?-

Lei fece uno sbuffo spazientito. -L'unica cosa che possiamo fare è entrare in quella grotta e piantare due dardi in faccia a quel mostro. Non conosciamo bene il territorio e non possiamo mandare Guen in perlustrazione, la vedrebbero. Lui vuole che andiamo da lui? Bene allora, assecondiamolo. Avrà pane per i suoi denti- 

Drizzt dovette ammettere che in fondo aveva ragione, non c'era molto di diverso che potessero fare.

-E poi- proseguì Faerie con un sorrisetto -abbiamo un vantaggio: una buona parte del suo piano è andato in fumo, sarà furioso...-

-...e offuscato dalla rabbia potrebbe commettere qualche sciocchezza- completò il fratello con scarsa convinzione. -Può essere, ma non abbassare mai la guardia- le disse. Lei scrollò la testa e, una freccia incoccata nell'arco, si diresse verso la grotta.

Non appena la videro, i goblin sbiancarono e si dileguarono, facendole capire che non avevano ricevuto l'ordine di attaccarli. Non erano stupidi, attaccare un drow significava morte certa nel maggiore dei casi, se potevano evitare di farlo lo facevano con piacere. Perfino i due che stavano di guardia alla tana del mostro scapparono a gambe levate nel vedere i due fratelli. 

Faerie incoccò una freccia e si preparò a scagliarla mentre entrava nella grotta. Drizzt sguainò le scimitarre. Varcarono la soglia e si trovarono in una stanza spoglia e spartana, al cui centro stava un trono di pietra. Comodamente seduto fra quelle rocce, vi stava il grosso e scarlatto demone di cui Tephanis aveva parlato loro. Li osservava con un ghigno, leccandosi le labbra di tanto in tanto, come se già si pregustasse il sapore di elfo scuro sulla lingua.

Non appena lo vide, Faerie lasciò partire la freccia, centrandolo proprio in mezzo agli occhi. Sarebbe stato un colpo letale, se non fosse che il dardo oltrepassò il cranio del mostro e sbatté violentemente contro la pietra, rimbalzando indietro, rivelando così che la bestia era solo un'illusione. Lei strabuzzò gli occhi. -Dov'è?- ringhiò, guardandosi velocemente attorno. Non c'era posto dove nascondersi in quella stanza, a parte dietro il trono. Stava per andare a controllare, quando uno spintone di Drizzt la fece cadere a terra e la spostò di parecchi centimetri. Lui le crollò addosso durante la spinta, mozzandole il respiro. La drow aprì la bocca per dirgli un fiume di insolenze, ma la richiuse subito quando vide il demone, quello vero, interrompere un incantesimo di levitazione e scendere a terra quasi con ferocia.

Si sentì avvampare quando realizzò che il fratello le aveva appena salvato la vita. Da un lato era indispettita e grata allo stesso tempo, come sempre quando qualcuno la salvava, ma dall'altro ne era piacevolmente stupita e quasi lusingata. Non sapeva se fosse stato il suo istinto, l'affetto fraterno o un misto di entrambi a sollecitarlo a spingerla via, ma Faerie sentì di essere contenta di sapere che teneva a lei.

Scosse la testa, non era il momento di abbandonarsi a quelle riflessioni. Drizzt si districò dalla sorella e attaccò la bestia, mentre l'elfa scura rimetteva velocemente a posto l'arco e sguainava le sue spade sottili a una mano. Si alzò in piedi e, con un urlo selvaggio, si avventò sul demone.

-Voi avete ucciso Ulgulu!- ruggì lui nella lingua dei folletti, sferrando un pugno in direzione di Faerie, che, nell'impeto dello slancio, non riuscì a evitarlo e lo prese dritto in faccia. Lei sentì un dolore sordo al naso, ma fortunatamente nessun rumore di ossa rotte, e il suo corpo alzarsi da terra. Volò dall'altra parte della stanza e sbatté la schiena contro il muro. Emise solo un grugnito quando sentì la botta e il male che ne scaturì. Sentì il sangue colargli dal naso sulle labbra. 

Barcollando, si alzò in piedi, fremendo di rabbia. -Sì, inutile e grosso bestione, l'ho ucciso io il tuo maledetto compagno!- gridò nella stessa lingua. -Avanti, vendicati se ne sei capace!- disse scagliandosi su di lui. Le gambe le tremavano per il colpo ricevuto, ma lei non avrebbe ceduto, non in quel momento. Il mostro rise, mentre Drizzt gli assestava un bel colpo al fianco, ma sembrava che non l'avesse neanche sfiorato. L'elfo lo attaccò, furente, ma prima che potesse straziarlo con le sue lame, il demone aprì una porta extradimensionale e vi sparì al suo interno, sbilanciando il drow, per poi ricomparirgli dietro subito dopo usando un'altra porta. Lo afferrò con la grossa mano e lo sollevò, ridendo.

-NO!- urlò Faerie, mentre il mostro si girava verso di lei. Ghignò nel vederla, e la sua espressione fu talmente terrificante che lei si immobilizzò sul suo posto, furiosa. Un sonoro schiocco e un urlo di dolore la avvertirono che la bestia stava stringendo la sua presa su Drizzt, spaccandogli un osso, o forse anche più d'uno.

-LASCIALO SUBITO ANDARE!- gridò lei, avanzando a spade spianate. Schivò la grossa mano del bestione che cercava di afferrarla e gli colpì con forza il palmo. Lui ululò di dolore e Drizzt urlò di nuovo. Iniziò a dimenarsi, come se gli mancasse l'aria, ma non si perse d'animo e mise a segno una rapida serie di colpi, tagliuzzando il polso del demone. Lui non parve nemmeno accorgersene.

Si avvicinò velocemente il drow alla bocca enorme per divorarlo in un sol boccone, prima che potesse mozzargli il braccio, ma lui gli piantò le scimitarre in gola e spinse con tutte le sue forze, mentre, nello stesso momento, Faerie gli procurava profonde ferite alle gambe, che gli fecero perdere l'equilibrio.

Il demone cadde in ginocchio, mentre il sangue colava copioso dalla sua bocca e la morte lo stava lentamente portando via con sé. Rovinò a terra, allentando la presa su Drizzt, ma sbattendolo anche violentemente a terra. 

-Drizzt!- gridò Faerie, correndo subito da lui. Lo liberò dalle dita del bestione. Vide che si sforzava di rimanere sveglio, doveva aver battuto la testa nella caduta.

-Temo di avere un paio di costole rotte- sussurrò lui,prima di svenire.

-Non parlare- mormorò lei. -Dobbiamo andarcene di qui- disse rimettendo le spade e le scimitarre del fratello nei rispettivi foderi. Gli mise un braccio sotto le ginocchia e l'altro sotto la schiena, poi lo sollevò. Sentì un dolore acuto alla schiena, che la fece lacrimare, ma strinse i denti e cominciò a camminare.

-Non preoccuparti, fratellino- sussurrò. -Veglio io su di te- 

Minacciando di cadere a ogni passo, un po' per il fardello e un po' per la schiena il cui dolore era riapparso dopo la furia della battaglia, si avviò lentamente fuori dalla grotta.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3908003