Strangers In The Night

di Alice_g1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strangers In The Night ***
Capitolo 2: *** Lovers at first sight ***
Capitolo 3: *** Something in your eyes ***



Capitolo 1
*** Strangers In The Night ***


Strangers in the night exchanging glances
Wond'ring in the night what were the chances
We'd be sharing love before the night was through.
 
 
 
 
 
 
 
 
< Dovresti ricominciare a uscire. >
< Non vedo perché dovrei. >
< Perché sono quattro mesi che passi le tue serate sul divano e questo non può che farti stare ancora peggio. >
< Non rompere. >
< Lo dico per il tuo bene e anche per il mio….esci. >
< Sei insopportabile. >
< Lo so. >
 
 
Era stata una sua idea spedirmi in un bar qualunque alla periferia nord della città, quel venerdì sera, stanco di vedermi spalmato sul divano, mi aveva gentilmente cacciato fuori dall’appartamento lanciandomi le chiavi della macchina e, augurandomi un sarcastico “buon divertimento”, era sparito nella sua camera.
Eravamo amici da tutta la vita e più di una volta mi ero domandato che cosa avessi fatto di male per meritarmi un tipo tanto petulante, infondo non ci trovavo nulla di male nel passare le serate in solitudine, ero appena stato scaricato accidenti.
Sbuffai, ordinando una birra qualsiasi al ragazzino che, da dietro al bancone, seguiva la partita senza degnarmi di uno sguardo.
“ Stanno giocando male….perderanno sicuramente.” Mormorò infastidito mentre asciugava un bicchiere, il solito da almeno cinque minuti.
“ Non seguo il calcio.” Risposi alzando le spalle e dal modo in cui mi guardò, capii che il suo tentativo di conversazione si era già concluso.
Se lui fosse stato qui mi avrebbe sicuramente rimproverato per il mio modo così poco gentile di parlare con le persone.
 
< Dovresti imparare a vivere nella civiltà amico mio .>
 
Che cazzata…io sapevo benissimo vivere nella civiltà, ero solo poco dedito alle chiacchere inutili.
 
“ Potrei avere un Gin Tonic? ”
 Voltando lo sguardo notai una ragazza piegata sul bancone a pochi passi da me, il busto in avanti per farsi sentire dal cameriere, l’atteggiamento scocciato, il piede che batteva sul pavimento.
“ Scusami…potrei avere un Gin Tonic? ” Ripeté più forte cercando, invano, di attirare l’attenzione del ragazzino.
“ E che cazzo.” Sbofonchiò alzando gli occhi al cielo.
Risi sotto i baffi, beccandomi un’occhiataccia di fuoco accompagnata da un epiteto che somigliava tremendamente a un “ vaffanculo” e, balzando sul bancone, batté le mani in faccia al ragazzino facendo sussultare entrambi.
“ Posso avere un Gin Tonic? ” disse scandendo lentamente ogni singola lettera.
“ S…sì.” Bisbigliò lui completamente basito dal suo atteggiamento cafone.
“ Grazie.” Sorrise dolcemente sedendosi a una sedia di distanza da me, era una pazza furiosa.
Mentre si affannava a prepararle alla svelta il cocktail, la guardava di sottecchi, quasi sgomento all’idea di farle bere la sua creazione.
“ L’hai terrorizzato a morte.” Mi lasciai sfuggire guardandola in cagnesco.
“ Scusa? ” mi chiese girandosi a rallentatore verso la mia direzione.
“ L’hai terrorizzato a morte, secondo me sei stata molto maleducata.” Aggiunsi incapace di farmi gli affari miei, forse Tsu aveva ragione, non ero proprio capace di stare nella civiltà.
“ E secondo me a nessuno frega niente della tua opinione.” Ribatté acida spostandosi in modo teatrale una ciocca di capelli dalla spalla.
Era una zotica maleducata ma dovevo ammettere che, una volta che la sua chioma fu spostata indietro, la tizia qui era abbastanza carina.
“ Come ti pare.” Esclamai, già tremendamente annoiato dalle sue chiacchere.
Alla fine del primo tempo il ragazzino si dileguò tra le bottiglie, lasciandoci soli e nel più totale silenzio, l’assenza di suoni non mi era mai dispiaciuta, ma in quella circostanza sentii che il rumore era l’unico modo per evitare di guardarla.
“ Non sono maleducata.”
Spostai gli occhi su di lei, ma non gli diedi la soddisfazione di girarmi nella sua direzione, anche se non ne capivo il senso, intuivo che se l’avessi fatto le avrei dato potere.
“ Ho solo avuto una brutta giornata.” Aggiunse in tono greve, passando l’indice sul bordo del bicchiere.
“ Okay.” Cominciando a spostare lo sguardo ovunque tranne che sulla sua figura, la pubblicità di un dentifricio passava sullo schermo muto della tv, in basso a destra, le riprese dallo spogliatoio.
“ Pensi davvero che io sia una brutta persona?” Insistette in tono sempre più basso.
“ Non ho detto che sei una brutta persona, ho solo detto che ti sei comportata in modo maleducato…non potrei mai giudicare una persona che non conosco, non so nemmeno il tuo nome.”
Se c’era una cosa che avevo sempre odiato era farmi mettere in bocca parole che non dicevo, era un vizio che lei aveva sempre avuto : Sei infelice, non mi ami più, non andiamo d’accordo, tutte cose che io non pensavo, ma che Nyoko mi buttava addosso giornalmente.
Scacciai subito la sua immagine dalla mia mente, colpendomi una tempia con il pugno, da quando se ne era andata quattro mesi prima quel gesto stupido si era rivelato vincente per eliminare il suo ricordo.
“ Sana.”
“ Cosa?” domandai abbassando la mano chiusa sul marmo scuro del bancone.
“ Mi chiamo Sana.” Ripeté muovendo il busto in avanti.
Sospirai, cedendo sulla questione che mi ero costruito nella mia testa, non c’era nessun conflitto da vincere, era solo una ragazza sola che voleva parlare con qualcuno.
Mi voltai completamente nella sua direzione, incastrando i piedi tra le gambe della sedia e, afferrando la mia birra, la vidi compiere la mia stessa azione.
“ Ciao mi chiamo Sana e non sono una maleducata.” Disse alzando la mano all’altezza degli occhi, occhi che scoprii maledettamente belli.
Sorrisi scuotendo la testa, sembrava una scena da film dove i protagonisti si presentano in uno di quei gruppi per dipendenti anonimi.
“ Io sono Akito.”
“ Ciao Akito di cui l’opinione non interessa a nessuno.”
“ A te interessa.” dissi sbeffeggiandola con una certezza soddisfazione, “ se non fosse stato così non ti saresti sentita in dovere di spiegarmi il tuo comportamento.”
“ Touché.” Ridacchiò bevendo un sorso del suo drink e nel farlo, una goccia di liquido le scivolò dalla bocca, seguendo lento il profilo della sua mascella, lungo il suo collo niveo, andando a scontrarsi con la catenina in oro bianco tempestata di piccole lune.
Deglutii, immaginando quanto cazzo mi sarebbe piaciuto leccargliela via, ripercorrendo a ritroso quel viaggio per giungere alle sue labbra.
Allontanai subito quel pensiero libidinoso, fantasticare su una sconosciuta era la classica cosa che avrebbe fatto Sasaki, l’eterno sognatore del cazzo.
“ Perché mi guardi così?” mi chiese spostando la testa di lato, in un’espressione d’infantile curiosità.
Scossi la testa, abbassando lo sguardo per nascondere l’imbarazzo, pessima scelta, mi ritrovai a pensare un secondo dopo, le sue gambe lunghe e affusolate strette in un abitino di velluto nero, erano una distrazione ben peggiore della sua bocca.
“ Niente.” Farfugliai come un idiota, maledicendomi fino al midollo per aver assecondato quel coglione di Tsu.
“ Allora Akito…raccontami qualcosa di te.”
“ Devo proprio?” odiavo parlare di me, infondo nulla d’interessante nascondeva il mio passato.
“ No…ma puoi offrirmi un altro drink e continuare a fantasticare sulle mie gambe.”
“ Non l’ho fatto.” Ma la voce strozzata che mi uscii, fece decadere miseramente le mie parole.
“ Come dici tu Akito.” Ridacchiò bevendo ancora “ comunque…”
“ Comunque?” aggiunsi subito, quasi isterico, facendole nascere un sorriso malizioso che mi fece fremere fin dentro le ossa.
“ Non mi dispiace che tu mi guardi.”
“ Allora continuerò a farlo.” Stuzzicato da quel gioco tanto stupido quanto accattivante.
“ Ed io farò finta di non notarlo.”
La seguii in ogni suo movimento e anche se non ricambiò mai, il modo in cui agitava le mani, muovendo la testa da una parte all’altra, fece nascere presto in me la consapevolezza che entro un’ora avremmo finito per essere l’uno dentro l’altra.
“ Vi posso portare qualcos’altro?”
Controvoglia mi staccai da lei e guardando il barista che era magicamente riapparso da non so dove, ordinai un altro giro.
“ Un Gin Tonic per me e una birra per la signorina maleducata.”
Annuii, lanciandoci uno sguardo interrogativo e dopo aver ripulito velocemente il piano, appoggiò una birra davanti a lei e un tovagliolino sotto le mie mani.
“ Mettici uno di quegli ombrellini colorati.” Gli propose sporgendosi in avanti.
Il ragazzo mi guardò e, alzando le spalle, lasciai che quella sfacciata ragazzina di cui conoscevo a malapena il nome, minasse pubblicamente la mia virilità.
“ Mi piace rosa.” Aggiunse mordendosi il labbro come la più infantile delle bambine.
“ Stronza.” Bofonchiai tra i denti, reprimendo un sorriso gemello al suo.
Ci godemmo in silenzio la fine di una partita che, a conti fatti, non interessava a nessuno, il mio unico pensiero era scoprire quanto fosse effettivamente calda e morbida la sua pelle bianca.
Continuavo a fissarla, studiando ogni minimo dettaglio del suo corpo, scoprendo durante una rimessa laterale a fondo campo, che aveva quattro nei tra la caviglia e il ginocchio.
 “ Oh andiamo era decisamente un rigore.” Sbottò alzando le braccia al cielo.
“ T’intendi di calcio?” chiese il ragazzo caricando la lavastoviglie.
“ Io adoro il calcio.” Voltai il viso dall’altra parte per non scoppiare a ridergli in faccia, era così palese che lo stesse prendendo per il culo.
Il ragazzino iniziò a parlare a ruota libera di squadre, formazioni e schemi senza nemmeno rendersi conto che lei non lo ascoltava minimamente, annuiva ogni tre secondi, guardandosi le unghie smaltate di bordeaux.
“ Sono assolutamente d’accordo con te, insomma…é inaccettabile ciò che stanno facendo in campionato.”
Mi grattai il naso, reprimendo le risate che sentivo salire dallo stomaco, era proprio una vipera.
“ Tu che ne pensi ombrellino rosa?” mi chiese continuando a guardare la televisione.
< Ed io farò finta di non notarlo. >
Quanto era stupido quel gioco.
“ Penso che é così raro trovare una ragazza che s’intenda di calcio.”
Represse un sorriso, nascondendolo malamente dietro una smorfia che, ne ero certo, avessi colto solo io, d’altronde nessun altro la stava guardando con tanta insistenza.
Il fischio dell’arbitro annunciò la fine della partita e dallo sbuffo infastidito di lui capii che la squadra per cui tifava era quella che aveva appena perso.
“ E’ un’ingiustizia bella e buona.” Disse portando le braccia sotto il seno, una voglia a forma di fragola nella piega del gomito.
“ Lo so.” Aggiunse lui impilando i bicchieri uno sopra l’altro.
Andarono avanti per un'altra ora buona e più li ascoltavo e  più mi chiedevo come non facesse a capire che tutto quello che usciva dalla sua bocca erano cavolate che non aggiungevano niente alle sue parole.
“ Il goal annullato a Himoto? ”
“ Non mi ci far pensare. ” sospirò con forza grattandosi i capelli, sul mignolo, il segno di una vecchia cicatrice.
Rimanemmo con quel ragazzo fino all’orario di chiusura, offrendomi perfino di buttargli la spazzatura per alleggerirgli il lavoro.
“ Allora?”
Mi voltai, appoggiata alla porta del bar, mi guardava a braccia conserti.
Mi avvicinai piano, la strada deserta, il rumore di una saracinesca sbattuta dal vento.
“ Hai quattro nei sulla gamba, ad occhio e croce porti scarpe numero trentotto, una voglia sul gomito e una cicatrice nel mignolo.”
“ I drink c’é li ha offerti lui.” Disse indicando il ragazzo che, aldilà del vetro, stava accatastando le sedie sui tavoli.
“ Come sono andato?”
“ Mmm…ti do un sei.”
“ Un sei? Merito almeno un otto.”
Si staccò dal muro, percorrendo i dodici passi che ci dividevano.
“ Accontentati del sei.” Aggiunse frugando nella borsa alla ricerca di qualcosa che ipotizzai fossero le chiavi dell’auto.
“ Quando potrò alzare il mio voto? ”
Il tintinnio di un portachiavi a forma di luna batté contro la catenella, le piaceva l’astrologia e le borse piccole.
“ Dipende.”
“ Da cosa? ” domandai guardando il riflesso dei fari che lampeggiarono all’apertura delle porte.
“ Dalle fasi lunari.”
“ Allora domani comprerò un libro al riguardo.”
Non mi sarei arreso, ero troppo testardo per accontentarmi di una sufficienza.
“ Buona notte Akito.”
Mi avvicinai a un palmo dal suo viso, il suo respiro sul collo, il suo profumo aveva un vago sentore di pesca, un altro neo vicino al timpano.
“ Buona notte…Sana.”
La superai mettendo le mani in tasca e quando percorsi dodici passi mi fermai, i piedi ben piantati a terra, lo sguardo verso l’alto.
“ Sono quasi certo che venerdì prossimo verso le nove la luna diventerà piena.”
“ Ti sbagli….ci sarà un’eclissi a breve.”
Sorrisi, cercando dentro la giacca di pelle il telecomando della macchina, insieme ad esse, un ombrellino di carta pesta rosa.
Chiusi per un attimo gli occhi, beandomi della certezza che l’avrei presto rincontrata.
“ Allora ci vediamo durante l’eclissi.”
“ Akito? ”
“ Sì? ” le risposi continuando a camminare per la mia strada.
“ Te l’avevo detto che non sono maleducata.”
Alzai una mano facendole un cenno, lasciandomi indietro quella ragazza dai capelli leggermente rossi e gli occhi troppo grandi.
“ E’ troppo presto per dirlo Sana….ma é solo la mia opinione.”
“ La tua opinione non interessa a nessuno.” Mi urlò dietro, per farsi sentire.
Mi voltai di scatto, infilandomi tra i capelli l’ombrellino che mi aveva appena regalato, nonostante la distanza, il suo sorriso lo vidi chiaro come il sole.
“ T’interesserà presto.”
 
 
 
 
 



 
Mie care ciao =)
Non chiedetemi il motivo, so bene che dovrei scrivere il nuovo capitolo, ma in questo sabato un po’ noioso, bevendo un bicchiere di rosso in giardino, una canzone ha scatenato in me questa piccola One Shot ( che tanto piccola non é stata considerando che ci ho messo sette ore a scriverla) e il pensiero é stato così prepotente che non ho potuto ignorarlo, é una cosa semplice lo so...prendetelo come un piccolo intervallo che spero possa strapparvi un sorriso, per me é stato così.
Vi bacio.
Con immenso amore.
Alice.
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Lovers at first sight ***


Love was just a glance away
A warm embracing dance away and
Ever since that night we've been together
Lovers at first sight in love forever
It turned out so right for strangers in The night.
 
 
 
 
 
 
Entrai nel locale in perfetto orario, l’orologio situato sulla torre più alta della città,  scandiva i canonici nove rintocchi e mentre l’ultimo ding dong riempiva l’aria, mi sedetti al solito posto, ordinando la solita birra.
Un sorriso, questa volta più sincero, si dipinse sul suo volto da ragazzino impacciato ma solare.
“ Stanno giocando male…perderanno di nuovo.”
Scrollai la testa, ancora non aveva chiaro che di calcio non ne capivo nulla.
Il ragazzino sorrise ancora, pulendo il solito bicchiere con aria distratta, se la sua squadra del cuore era così scarsa, poteva sempre tifarne un'altra.
Guardai con la coda dell’occhio l’orario sul suo polso, notando che, anche la scelta del suo Casio in acciaio, rispecchiasse perfettamente la sua giovane età.
 
< Sono quasi certo che venerdì prossimo verso le nove la luna diventerà piena. >
 
Probabilmente era stato stupido da parte mia credere che si sarebbe presentata lì, per me che non ero mai stato un asso nelle conversazioni, quel mezzo appuntamento chiesto in modo così confuso, forse non l’aveva colto o, peggio ancora, non aveva voluto coglierlo.

< Ti sbagli….ci sarà un’eclissi a breve. >
 
Ed era stata la verità, il mercoledì successivo il cielo si scurii improvvisamente e, durante quel momento, invece di guardare l’eclissi, cercai lei tra la folla, nonostante ci fosse una possibilità su un milione di condividere quel momento insieme, ci sperai fino all’ultimo secondo, fino a quando il sole, riprese il comando sulla luna.
 
< Esci di nuovo? Allora il mio consiglio é stato utile. >
< Punto uno: il tuo non é stato un consiglio ma un ordine e, punto due, ho voglia di una birra. >
< Se lo dici tu Akito. >
< Vaffanculo Tsu. >
 
Raccontare al mio migliore amico il bisogno impellente di rivedere una stramba sconosciuta non era stato facile, anche se dal modo in cui mi sorrise, aprendo il frigo pieno zeppo di birre, sembrò bastargli come spiegazione.
 
“ Posso avere un’altra birra?” chiesi allungandogli sul bancone la prima ormai finita.
“ E anche un Gin Tonic.”
Sobbalzai, ma non le diedi la soddisfazione di girarmi indietro, era ritardo di un’ora.
“ Buona sera ombrellino rosa.”
“ Buona sera ragazzina maleducata che continua a esserlo.” Le risposi indicandole con un cenno, l’orologio a muro davanti a noi.
“ Non sono maleducata, ero solo curiosa.”
“ Curiosa?”
“ Di capire se staresti rimasto nonostante i miei sessantatré minuti di ritardo.”
La guardai a lungo e dal modo in cui mi sorrise, nascondendo una smorfia tremendamente soddisfatta, capii che non era arrivata in ritardo, si era solo nascosta aspettando il momento giusto.
“ Vuoi farmi credere che hai aspettato sessantatré minuti dietro un cespuglio?” le domandai con un pizzico di riluttanza, quella ragazza era folle!
“ Settantacinque in verità…ma chi li conta.” Borbottò alzando le spalle.
“ Tu sei fuori.”
“ Hai guardato l’eclissi?”
Sì….e l’ho fatto pensando a te.
“ Ero al lavoro.”
“ Peccato.”
Non so perché mentii così spudoratamente, sicuramente farle sapere che l’avevo pensata ogni giorno sarebbe stata la mossa vincente, invece quella menzogna uscii in modo così naturale, che non potei proprio fermala.
“ Io ti ho pensato invece.”
Invidiavo terribilmente il suo modo di vivere, in una frase tanto banale tutto il suo essere spontanea e senza filtri, arrivava forte e chiaro alle mie orecchie piene di pregiudizi e reticenze.
“ E cosa hai pensato?”
“ Che se ti avessi chiesto dell’eclissi, tu avresti risposto che l’avevi vista pensando a me.”
Mi maledii fino al midollo, ancora una volta mi ero comportato come un coglione che non diceva mai la verità.
Ti stavo prendendo in giro Sana, hai presente il dannato ombrellino che mi hai regalato? Beh…lo tengo sulla scrivania da quella notte.
“ Ti dai troppa importanza ragazzina maleducata.” Avevo sicuramente un deficit mentale, potevo essere più imbecille di così?
“ Per quanto ancora dovrò impegnarmi per farti smettere di chiamarmi così?” mugugnò battendo i piedi a terra.
“ E chi lo sa…” replicai bevendo un sorso di birra.
“ Sai che giorno é oggi?”
“ Venerdì? ” dissi con ovvietà, sapendo già che quella, era l’ultima fra le risposte giuste.
“ No.” Ribatté girando la cannuccia dentro il drink, “ oggi é il giorno in cui Marte si trova nella quinta casa.”
“ Cosa?”
“ Kei potresti portami delle patatine? Ho una fame.”
“ Certo Sana.”
Spostai lo sguardo su entrambi, più che disorientato dalle sue parole.
“ Si chiama Kei.” Accennando nella direzione del barista. “ Hai visto ombrellino rosa? Non sono così maleducata.”
Il fatto che lei, a differenza mia, fosse a conoscenza del suo nome, doveva farla sentire parecchio soddisfatta.
“ Sai il suo nome ed io no, hai vinto.”
“ Quindi ora non mi chiamerai più ragazzina maleducata?”
“ Ti sei tenuta in canna questa battuta per una settimana?”
“ Tra le altre cose…”
“ Mi dispiace Sana niente patatine, ma ho trovato del gelato.”
“ Evvai! ” esclamò felice, battendo le mani.
“ Se volevi le patatine perché sei felice del gelato? ”
“ Perché quando l’improbabile diventa probabile si apprezza di più.” Replicò portandosi il cucchiaino colmo di crema al pistacchio alla bocca.
“ Sei proprio strana.” Mormorai girando lo sguardo altrove, stringendo le gambe per nascondere qualcosa, che non potevo farle vedere.
“ Che cos’é questa cavolata delle case?” le chiesi cercando di distrarre il mio cervello e soprattutto il mio corpo.
“ Ma come? Non lo sai? ”
“ Se te lo chiedo…”
“ Sono certa che questa informazione era scritta in uno di quei libri che avresti dovuto comprare sabato.”
Alzai per un attimo il sopracciglio, quanto era complicato parlare con lei…
“ Sei proprio bravo.” Mugugnò, piantando con forza il cucchiaio nella coppetta di vetro.
Il suo tono tradiva una certa delusione, ma proprio non riuscivo a cogliere quel rimprovero.
Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, le imprecazioni di Kei verso la tv,  riempivano la stanza.
Marte? La casa? Il libro?
Solo il fischio dell’arbitro, riaccese la fioca lampadina nella mia mente.
 
< Quando potrò alzare il mio voto? >
< Dipende. >
< Da cosa? >
< Dalle fasi lunari. >
< Allora domani comprerò un libro al riguardo. >

 
Mi mordicchiai un dito, ricordandomi di quel guanto di sfida che le lanciai più per provocazione che per altro, volevo disperatamente rivederla e avrei detto qualsiasi cosa per convincerla, per darle anche solo un banalissimo motivo per farla tornare qui.
 
“ Sono un bugiardo del cazzo.”
“ Lo sei davvero.” Confermò pasticciando quel gelato che oramai aveva l’aspetto di un bordo verdastro.
“ L’ho fatto a fin di bene.”
“ E cioè? ”
“ La verità?”
“ Se sei capace di dirla…”
“ Volevo darti un motivo per tornare qui.”
Guardala negli occhi mentre quella spaventosa ma inventabile realtà usciva dalle mie labbra non era per niente facile, ma non potevo permettere che questa, almeno questa, lei la catalogasse come una falsità.
“ E chi ti dice che non sarei tornata a prescindere?”
“ Lo avresti fatto?”
“ Si…mi piacciono i drink che prepara Kei.”
Sorrisi, rassegnato all’idea che sentirmi dire determinate cose, non era fattibile nemmeno quella notte.
“ Marte é nella quinta casa e quando questo avviene, se anche Venere si trova nella stessa congiunzione, succedono cose…divertenti.”
“ Divertenti? In che senso?”
“ Le librarie sono aperte domani…”
“ Comprerò un maledetto libro di astrologia okay?”
“ Bene.”
“ Bene.” Quanto era testarda accidenti.
“ Facciamo un gioco?” mi chiese improvvisamente, ridendo come una bambina, i suoi continui sbalzi di umore e di conversazioni, mi facevano venire mal di testa.
“ Che gioco?”
“ Conosci John Bradshaw?”
“ Dovrei?”
“ E’ uno psicologo americano…secondo lui esistono quaranta domande scomode che una persona deve fare quando vuole conoscerne un'altra.”
“ Non possiamo semplicemente parlare?”
“ Ma così é più divertente.”
“ E va bene” sbuffai alzando gli occhi al cielo.
“ Qual è la prima impressione che hai avuto di me?” chiese incuriosita, avvicinandosi a me.
“ Vuoi una brutta verità o una bella bugia?” chiesi a mio volta, accorciando la distanza tra i nostri corpi.
“ Sorprendimi.”
“ Che eri una zotica con un bel visino.”
“ Immagino che questa sia la bella bugia.”
“ Forse…” mormorai dondolando sulla sedia, un sorriso aperto a un palmo dal mio viso, l’incisivo laterale destro leggermente sbeccato.
“ Qual é la parte del tuo corpo che ti piace di più?”
“ Non posso dirtelo.” Mormorai lascivo, guardandole la bocca.
“ Qual è la tua opinione sull’infedeltà? Sei mai stato infedele? ” aggiunse ignorando il mio giochino provocatorio.
“ Non ho mai tradito, ma non lo escludo.”
“ E perché?”
“ Perché penso che delle volte le persone facciano delle cose senza pensarci troppo.”
“ Sono abbastanza d’accordo.”
“ Prossima domanda? ”
“ Ne ho solo un'altra.”
“ Spara.”
“ Perché mi hai aspettato per sessantatré minuti?”
“ Sono quasi convinto che questa non sia una domanda di Bradshaw.” Obiettai abbassando lo sguardo verso il bancone, essere messo l’angolo, soprattutto quando si parlava di sentimenti, mi metteva sempre a disagio.
“ E tu che ne sai? Non hai mai letto i suoi test.”
“ Mi sembra un test un po’ troppo preciso.”
“ Mi rispondi?”
“ Posso evitarlo?”
“ Certo che puoi…vorrei che non lo facessi però.”
“ Okay…ma posso dirti un'altra cosa.”
“ Un'altra cosa?”
“ Mh mh.”
“ Lo sai?” esclamò piegandosi in basso nel tentativo di guardarmi negli occhi “ Non credo di volerla sapere.”
“ Perché?”
“ Perchè a quanto pare posso evitarlo.” Scimmiottando la mia risposta.
“ Me lo merito.” Costatai tra il divertito e l’offeso.
 “ Ovvio che sì.” Puntualizzò, raccogliendo con un dito il pistacchio che si era depositato nei bordi.
Non avevo mai desiderato tanto mangiare un gelato in vita mia…
“ Che ti prende?” mi chiese leccandosi via la crema dall’unghia smaltata, questa volta rossa e non bordeaux come la scorsa settimana.
“ Vuoi una brutta verità o una bella bugia?” l’occasione era troppo ghiotta per non approfittarsene almeno un po’.
“ Credo che opterò per la brutta verità.” Sorrisi, grattandomi il mento fresco di rasatura.
“ La brutta verità é che mi ritrovo a invidiare un gelato.” Buttai lì quella frase, tenendomi ben nascosto dentro il fatto che le avrei dato la solita risposta anche nel caso avesse optato per una bella bugia.
“ Due doppi sensi in meno di venti minuti, mi congratulo con te.”
“ Ti dispiace?” per quanto mi riguardava poteva aggiungerne anche un terzo alla sua stupida lista.
“ Sta a te capirlo.”
“ Cazzo, ho una voglia matta di baciarti.”
“ Okay.”
“ Okay? Questa é la tua risposta?”
“ Dovrei dirti che ne ho voglia anch’io?” gracchiò, controllando che la sua manicure fosse ancora perfetta.
“ Solo se lo pensi.”
“ Se lo dicessi ad alta voce non sarebbe più un pensiero Akito.”
“ Sei insopportabile porca puttana.”
“ Ciò non toglie che hai voglia di baciarmi.”
“ Almeno per dieci secondi avresti la bocca chiusa.”
“ Tecnicamente se tu mi baciassi in modo passionale, avrei la tua lingua in bocca e quindi…le tue parole non hanno senso.”
“ Ritiro tutto okay? Non ho più nessuna voglia di toccarti.”
“ Permaloso.”
“ Come ti pare.” Sibilai tra i denti, pentendomi amaramente di averle dato, ancora una volta, quel potere su di me.
“ Sei così sexy quando ti arrabbi.”
“ Fottiti.” Ringhiai fregandomene altamente dell’educazione e delle buone maniere da tenere con una signora, di signore in ogni caso, non ne vedevo nemmeno l’ombra.
“ Hey ombrellino rosa?”
“ Che vuoi?”
“ Ora sì che avrei voglia di baciarti.”
La ignorai bellamente, non sopportavo le prese per il culo, tanto meno da una ragazza appena conosciuta, certo, Sana era bellissima ed io morivo dalla voglia di lei, ma avevo pur sempre una dignità.
“ Mi prendi per il culo?” le chiesi guardandola dritta negli occhi.
“ No.” Rispose senza remore, potevo veramente crederle? Mi sembrava così brava a giocare con me che non sapevo se prostrarmi ai suoi piedi o piantarla lì e andarmene.
“ Mi piace sapere che non mi capisci.” Asserii con convinzione, giocherellando con un tovagliolo “ Le persone sono sempre così scontate.”
“ Se il tuo timore é quello di essere uguali agli altri non temere, non ho mai conosciuto una squinternata come te.”
“ Grazie.” Nel suo tono non c’era nessuna ombra di risentimento, era veramente felice di quell’offesa.
“ Prego.”
“ La partita é quasi finita.” Aggiunse guardando i minuti che scorrevano sullo schermo.
Inghiottii l’aria, consapevole che quelle parole, avevano un solo e unico significato, il nostro tempo era ormai finito.
“ Kei? ”
“ Sì? ” rispose spostando lo sguardo dalla tv, per posarlo su di me.
“ Mi chiamo Akito e…passami la spazzatura.”
M’incamminai verso l’uscita, sentendo il suo sguardo perforarmi la schiena e mentalmente cominciai a contare i nostri canonici dodici passi.
L’aria era più mite della volta precedente, le strade però, erano ancora deserte.
“ Allora? ”
Sorrisi, girandomi a rallentatore e, mentre sperai di trovarla nella stessa posizione, mi meravigliai di quanto mi facesse felice vederla nel solito punto.
Questa volta però, nessun quiz sui suoi nei o cicatrici, solo un desiderio martellante di seguire il mio istinto.
In tre lunghe e spedite falcate le fui davanti, l’odore di pesca era rimasto lo stesso, eravamo noi ad essere cambiati.
“ Allora?” incalzò spostando la testa di lato “ Nessun dettaglio nuovo? Nessuno studio anatomico? Nessun…”
“ Sta zitta.”
Registrai a malapena il suo sguardo maliziosamente divertito e la spinsi ancora di più contro il muro, baciandola in un impeto di disperata frenesia.
Le sue mani corsero tra i miei capelli, dandomi accesso alla sua lingua che sapeva di gin e pistacchio, un connubio talmente assurdo, da essere fottutamente perfetto.
Le afferrai una gamba e, portandomela su un fianco, le graffiai una coscia coperta da dei jeans che avrei odiato su qualunque altra donna, al di fuori di lei.
“ E’ tutta colpa di Marte.” Mormorò gemendo forte sulla mia bocca e anche se continuavo a non capire le sue parole, ringraziai mentalmente qualunque pianeta, satellite o universo esistente per averci regalato quel momento.
La baciai finché il respiro mi consentii di farlo, fino a quando la mascella iniziò a farmi male, reclamando un attimo di tregua che mai e poi mai, avrei voluto concedergli.
Lasciai la presa, ma senza allontanarmi di un centimetro, non ci sarei riuscito nemmeno volendo.
“ Ti ho detto una bugia prima.” Il respiro rotto, le labbra arrosate, “ c’era ancora una domanda che dovevo farti.”
Rimasi in ascolto, cercando dentro di me mille e una scusa per convincerla a venire a casa mia “ Pensi che io sia la tua anima gemella o non l’hai ancora trovata?”
“ Ti ho aspettato per sessantatré minuti ragazzina maleducata.”
“ Non é una risposta.”
“ Eccome se la é…ragazzina maleducata.”
“ Buonanotte Akito.” Bisbigliò liberandosi dalla trappola creata dai nostri corpi e, superandomi, cercò le chiavi dell’auto.
“ Il conto l’ho pagato io…devi decisamente rivedere le norme del galateo ombrellino rosa.”
“ Spiegami la storia di Marte.”
“ Guarda nella giacca.”
“ Come riesci a infilarmi le cose in tasca senza che me ne accorga? Sei una ladra? ”
“ Forse…puoi sempre scoprirlo venerdì prossimo alle nove.”
“ Voglio vederti prima di venerdì.”
“ Lo vuoi davvero?”
“ Sì.”
“ Succederà…ma non prima che la voglia diventi bisogno.”
“ Ti ho detto una bugia prima.” Esclamai prima di vederla chiudere la portiera.
“ Lo so…ero nella folla.”
“ Co…”
“ Buona notte Akito.”
Rimasi fermo, guardandola sparire a tutta velocità tra le strade di Tokyo.
Quella notte, prima di rientrare nel mio appartamento, camminai a lungo, arrivando fino alla zona portuale, dove alcuni pescherecci erano già al lavoro.
 
< Spiegami la storia di Marte.>
< Guarda nella giacca. >
 
Scrollai la testa, frugando nella tasca.
Un altro ombrellino rosa e un foglietto stropicciato che profumava di pesca.
Aprii lentamente i quarti angoli in cui era stato piegato, scoprendo che in realtà, quel pezzo di carta, era la pagina di un libro.
 
<< Marte è la forza attiva. Venere rappresenta la donna, la femminilità, il sentimento, il modo di amare e di donarsi agli altri, la bellezza, il gusto estetico, la predisposizione a ricevere ciò che viene offerto.
Le Case Astrologiche più gettonate per una forte intesa sessuale sono la quinta e l’ottava.
Affinché tra due persone ci sia una forte attrazione sessuale, l’ideale sarebbe trovare l’aspetto di congiunzione tra Marte di lui e Venere di lei. L’attrazione è forte, magica, perché lui si sente attratto fisicamente e catturato dalla bellezza di lei, che lo ama (anche sessualmente) nel modo che gli provoca più piacere. Lei si sente sedotta e conquistata da lui, che la fa sentire completa. >>
 
 
< Sai che giorno é oggi? >
< Venerdì? >
< Oggi é il giorno in cui Marte si trova nella quinta casa. >
 
“ Che stronza! ”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mie care ciao!
Mi avete chiesto in tantissime di continuare questa One shot e, siccome io in primis non riuscivo a togliermela dalla testa, eccoci qua.
Non chiedetemi perché abbia sviluppato questa ossessione per l’astrologia, forse la quarantena inizia a giocare brutti scherzi, ma qualunque sia la ragione, ho amato scrivere ogni singola parola.
Vi mando un grosso bacio, augurandomi che questa piccola sorpresa vi possa rendere felici =)
Sempre vostra.
Alice.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Something in your eyes ***


Something in your eyes was so inviting.
Something in your smile was so exciting.
Something in my heart told me i must have you.

Strangers in the night two lonely people we were.
 
 

Mi sentivo a mille da quando avevo scoperto, il giorno precedente, di quello strano e maledettamente coincidente fenomeno lunare, gli esperti la definirono << Luna dei fiori>> e, visto il periodo, trovai quel nome assai incalzante.
Bevendo un espresso sulla terrazza del MBL Cafe, quasi mi strozzai nel leggere quella notizia sul quotidiano abbandonato vicino alla mia sedia.
Scrollai la testa, reprimendo una risata, se qualcuno mi avesse visto ridere da solo, avrebbe sicuramente chiamato qualcuno per farmi internare.
 
<< Stasera raggiungerà la fase di Luna piena e sarà una "Super luna", la quarta di quest'anno e l'ultima dell’anno. Il nostro satellite naturale si troverà a una distanza di "soli" 361.184 chilometri dalla Terra, contro una media di poco superiore ai 384mila chilometri. Questa "coincidenza" tra Luna piena e passaggio al perigeo (punto della sua orbita più vicino alla Terra), evento ormai popolarmente noto come " Super luna ", la farà apparire più grande e più luminosa del solito. La Super luna di giovedì è anche detta la "Luna dei Fiori", chiamata così dai nativi americani del nordest che nel mese di maggio la vedevano brillare sulle loro terre in piena fioritura. >>
 
Pensarla fu inevitabile, come inevitabile fu chiedermi se il pensiero di me, avesse sfiorato anche lei.
Avevo la presunzione di pensare che, la risposta, fosse un secco e sonoro sì.
Dal modo in cui mi aveva stretto a sé, mordendomi le labbra con una foga quasi disperata, non avrei facilmente creduto all’ipotesi che, quel contatto, era già svanito dalla sua mente.
Pagai il conto, lasciando una mancia alla ragazza che lavorava lì per pagarsi gli studi, lo sapevo perché Romi, questo era il suo nome, aveva pensato bene che, quell’informazione, fosse indispensabile per me.
“ Buona giornata Akito.”
Il solito sorriso, il medesimo ammiccamento che continuavo a fingere di non notare.
“ La sarà sicuramente Romi, buona giornata anche a te.”
Come avrebbe potuto non essere così, era venerdì…
Guardai in alto, l’orologio della piazza segnava un quarto alle sei, il che significava che fra poco più di tre ore l’avrei rivista.
Arrivando nell’ampio parcheggio, un pensiero mi colpì improvvisamente…il dannato libro!
Tornai indietro, cercando tra le vetrine, l’insegna di quel negozio esoterico che avevo scovato online.
Barcamenandomi fra i vari talismani e scacciapensieri che scendevano dal soffitto, raggiunsi la cassa, salutando la signora che, da dietro il bancone, era intenta a passare dell’incenso su delle rocce multicolore.
“ Ho ordinato un libro…il nome é Hayama.” Mormorai piano, cercando di apparire il più tranquillo possibile, mi vergognavo terribilmente di quell’acquisto, ma se volevo capire qualcosa di quella ragazzina stramba, batterla al suo stesso gioco, era l’unico modo.
“ Vado subito a prenderlo in magazzino signor Hayama.”
Tamburellai sul vetro del banco, guardandomi attorno come un ladro, se lei avesse potuto vedermi in quel momento, avrebbe riso a crepapelle, sbeffeggiandomi con fin troppo gusto.
“ Ecco qua.”
Afferrai il libro, nascondendolo sotto la giacca, mi sentivo come un  adolescente che aveva appena comprato la sua prima rivista porno.
“ Grazie.”
Se avessi potuto, avrei scelto la spedizione a domicilio, ma i tempi di consegna andavano ben oltre il mio tempo utile.
“ Potrebbe prestarmi una penna? ”
“ Certo.”
“ La ringrazio molto.”
Uscii da quel negozio assurdo, celando il più possibile il sacchettino che avevo fra le mani.
Non sapevo bene né come né quando, ma avrei trovato il sistema per fargliela pagare, dopotutto, se sarei stato costretto a leggere < Le dodici case di Sasportas: Volume per principianti. > un modo, l’avrei sicuramente trovato…
 
 
In meno di due ore uscii di casa, ignorando, per l’ennesima volta, le battute sarcastiche del mio coinquilino, se fossi riuscito a conquistarla, Tsu avrebbe dovuto chiedermi scusa in ginocchio.
Ero in anticipo di quasi un’ora, ma non mi dispiacque, avevo ancora un po’ di tempo per finire la mia lettura.
Sfogliai distrattamente le pagine, soffermandomi solo sulle parti relative a Marte e Venere, infondo, il nostro primo bacio, era stato merito loro.
Quando l’orologio sul cruscotto segnò le otto e quarantacinque scesi dall’auto, incamminandomi verso il bar.
“ Akito.”
“ Ciao Kei…come va?”
“ Stasera sono in forma, penso vinceranno.”
Sorrisi, scuotendo la testa, se io e lei avevamo creato un nostro rituale, pensai che anche quel ragazzino, né stava già inventando uno anche per noi.
“ Birra?”
“ Dammene due….a portar via.”
Ammiccò, annuendo piano, forse Kei era più scaltro di quanto credessi.
“ Offre la casa! Stasera é la mia serata fortunata.” Asserii lanciando uno sguardo allo schermo della tv, se quella squadra di perdenti cronici aveva una possibilità, forse, potevo averla anch’io.
“ Salutami Sana.”
Sì…Kei era decisamente più scaltro di quanto credessi.
Strinsi le bottiglie fra le dita, aspettando il suo arrivo nel posto dove lei, aspettava sempre me.
“ Buona sera ombrellino rosa.”
“ Ragazzina maleducata.”
“ Lo senti?” disse alzando l’indice verso l’alto.
“ Cosa?” l’unico suono che si udiva, erano i nove rintocchi dell’orologio.
“ Ascolta bene.” Replicò, sorridendo beffarda e, girandosi di tre quarti, indicò la torre di fronte a me.
“ La torre?” chiesi non capendo le sue parole, era inutile…nessun libro del mondo mi avrebbe mai aiutato con quella matta.
“ Sono in perfetto orario.” Affermò schioccando la lingua contro i denti.
“ Ma che brava.” Risposi ironico, avvicinandomi a lei.
“ Dove mi porti ombrellino rosa?” domandò, spostando lo sguardo verso le due birre che tenevo in mano.
“ In un posto dove forse smetterai di chiamarmi così.”
“ Mm…non credo succederà, non in questo pianeta almeno.”
“ Vorrà dire che ti porterò sulla luna.” Le sussurrai all’orecchio, superandola.
 “ Andiamo?” esclamai aprendo la portiera dell’auto, di primo acchito il mio sarebbe sembrato un gesto romantico ma, in realtà, volevo godermi la sua faccia una volta che avrebbe notato cosa c’era sul sedile.
“ Un vero galantuomo…un po’ stronzo e vendicativo, ma pur sempre un signore.” Esclamò, guardando libro di astrologia sapientemente girato nella sua direzione.
“ Non ho resistito.”
“ Sei proprio bravo Akito.” Sibilò fra i denti, incrociando le mani sotto il seno, quanto mi piaceva il modo in cui lo faceva.
“ Lo so.”
Finsi di non notare il suo sorriso splendente e, accendendo il quadro, mi diressi verso la meta che aveva scelto per quella notte.
 
Il viaggio fino ad Asakusa fu silenzio ma piacevole, forse la mia opinione su di lei non era del tutto esatta, era una ragazzina rumorosa solo perché voleva esserlo.
“ Non salirò sulla torre ombrellino rosa.” Esordì improvvisamente, capendo dove la stavo portando.
“ Soffri di vertigini?”
“ No…ma é talmente banale la tua scelta che potrei svenire per terra.”
“ Magari sono un uomo banale.”
“ No.”
“ No cosa? Non sono un uomo banale?”
“ Non esiste che tu lo sia con me.”
“ Che significa?”
“ Mi piace l’astrologia, hai comprato uno stupido libro per dimostrarmi chissà che cosa e ora mi porti a vedere le stelle su una torre? Sei più banale della banalità.”
“ Volevo portarti in una discarica, ma sfortunatamente chiudeva alle otto.”
 “ Non osare portarmi su quella maledetta torre.”
“ E dove vorresti andare?”
“ Ovunque tranne dove porteresti qualsiasi altra donna per fare colpo.”
“ Sei fuori di testa.”
“ Continua a guidare Akito.”
“ Ma…”
“ Sono certa che sai fare di meglio.”
 
Per quanto insopportabile, cafona e completamente pazza, perfino il suo modo di insultarmi mi piaceva da impazzire.
Più banale della banalità, Tzk, era solo un modo come un altro per farle capire che, nonostante il suo modo di essere era al limite del paradossale, non riuscivo a fare a meno di immaginarla nella mia vita.
In uno scatto repentino si girò verso di me, incrociando le gambe sul sedile.
“ Quando sono nata c’era?”
“ Cosa?”
“ Opzione uno: Quando sono nata c’era la neve.
“ Opzione due: Quando sono nata c’era uno ostetrica che si chiamava Misako.”
“ Opzione tre: Quando sono nata c’era luna in sagittario.”
 
Le dedicai uno sguardo sconvolto, soffermandomi meno di quanto avrei voluto sulla sua bocca leggermente bagnata.
 
“ Tre.” Risposi senza pensarci nemmeno un secondo, l’immagine delle sue labbra aveva cancellato ogni altro pensiero.
Un pugno secco e preciso mi colpì sulla spalla, facendomi perdere per un attimo il controllo del volante.
“ Ma che cazzo fai?” sbraitai fulminandola con lo sguardo.
“ Sei talmente coglione da credere che siccome mi piace l’astrologia io sappia che cazzo succedeva nel cielo quando sono nata.” 
“ Più banale della banalità.” Esclamai arcigno, massaggiandomi la spalla.
“ Lo sei davvero.”
“ Al diavolo.”
“ Domanda numero due.”
“ Ancora?”
“ Sì….ancora.”
Sbuffai, cercando alla svelta un maledetto posto dove portarla.
“ Quando avevo dieci anni il mio film preferito era?”
“ Fammi indovinare…Psyco?”
“ Opzione uno: Cenerentola.”
“ Opzione due: Che fine ha fatto Baby Jane?.”
“ Opzione tre: Casablanca.”
 
Cercare di capire i suoi gusti era un’impresa ai limiti dell’impossibile, immaginandola a quell’età, l’unica fotografia che vidi fu quella di una bambinetta scalmanata e capricciosa che voleva essere come Ingrid Bergman.
 
“ Tre.”
 
Questa volta, invece che un pugno, mi beccai uno schiaffone sulla testa.
 
“ La pianti?”
“ Quale bambina di dieci anni guarda Casablanca?…cristo Akito.”
“ Vuoi farmi credere che era Cenerentola?”
“ Ovvio che sì.”
 
Mi passai una mano sul viso, esasperato e a corto di parole.
 
“ Ultima possibilità.”
“ Ma come…é già finito? Adoro questo gioco.” Replicai velenoso come mai ero stato in vita mia.
 
“ Da tre anni lavoro in un…?”
“ Manicomio criminale?”
“ Taci! Opzione uno : Lavoro in un negozio di vestiti.
“ Opzione due: Commessa in una libreria di articoli esoterici.
“ Opzione tre: Segretaria in uno studio dentistico.”
 
“ Considerando che sei fuori di testa e, probabilmente useresti il gas anestetizzante per farti una risata…Scelgo la numero uno.”
 
Il suo fisico slanciato e sensuale sarebbe stato l’amo perfetto per i clienti di sesso maschile, con me, avrebbe sicuramente funzionato.
Il suo silenzio m’inquietò non poco, o ci avevo preso, o stavo per ricevere una testa in bocca.
 
“ Ho vinto?” chiesi con cautela, cercando di capire dove, il prossimo colpo, mi avrebbe centrato.
 
“ Lavoro in una libreria di articoli esoterici.” Mormorò guardando fuori dal finestrino.
Scoppiai a ridere, battendo una mano sul volante.
“ Sei seria?” domandai, incapace di smettere di ridermela di gusto.
“ Sì.”
“ Miss banale più della banalità ama gli astrologia e lavora in un negozio di magia?”
“ Fottiti.”
“ E’ troppo divertente.”
“ Ah ah divertente…sono l’emblema di tutti i cliché del mondo, la tizia strana che lavora in un posto strano.”
“ Giuro su Dio che é la cosa più spassosa che abbia mai sentito in vita mia.”
“ Immagino.” Commentò in tono tagliente, la sua linguaccia pungente mi eccitava da morire.
“ Dai ragazzina non te la prende, posso accettare il fatto che tu sia così schifosamente banale.”
Ero sicuro che avrei trovato un modo per fargliela pagare, ma mai e poi mai avrei pensato che quella palla, me l’avrebbe servita così velocemente.
“ Sei uno stronzo.”
“ Lo sai che questa affermazione avvalora solo la mia tesi?”
“ E cioè?”
“ La ragazza che s’innamora dello stronzo, quanti film hanno fatto al riguardo? Duecento?”
“ Vaffanculo Akito.”
Mi morsi il labbro, nascondendo l’ennesimo brivido che mi procurava metterla a disagio e, continuai la mia corsa verso l’ignoto, fra le strade della città.
“ Sarai felice adesso.” Sibilò a denti stretti e, guardandola di sottecchi, strinsi la presa sul volante, la sua immagine sopra di me che compieva quel gesto, soffocando il piacere, accorciò lo spazio utile dentro i miei pantaloni.
“ No nel modo in cui vorrei.” Ribattei, consapevole che, quel doppio senso, l’avrei colto solo io.
Guidai a vuoto per una buona mezzora. Trovare il posto perfetto sarebbe stata un impresa, al diavolo lei e le sue teorie contorte.
Il click del gancio di sicurezza della sua cintura mi ridestò dai miei pensieri, la vidi armeggiare con l’autoradio, estraendo dalla sua borsetta una chiavetta usb.
“ Dimmi un numero da uno a venti.”
“ Dodici.” Risposi di getto, curioso di conoscere i suoi sicuramente strambi gusti musicali.
 
<< Sometimes you twist
Always insist that you know a way
Should I let go now
Would I even know how to anyway. >>
 
 
 
 
Sorrisi, riconoscendo già dall’attacco, il pezzo di Benjamin Orr.
Stay the Night 1
Appunto per il futuro, depennare un altro pregiudizio dalla mia lista.
“ Almeno sulla musica hai orecchio.”
“ Lo so.” Accompagnò quell’affermazione mostrandomi un elegantissimo dito medio.
“ Che signora.”
Non riuscii a cogliere la risposta, sicuramente acida che mi buttò addosso, a differenza del suo corpo che, lentamente, si chinava in avanti per appoggiare la testa contro il finestrino.
 
 
<< Stay the night
Trying so hard to hold onto you
Can you show me how
If I seem cautious
Maybe I'm lost
Can you show me now
And all that matters. >>
 
 
 
Le parole di Orr accesero in me un’idea, idea sicuramente malsana, ma che sospettavo che lei, avrebbe trovato geniale.
Feci inversione di marcia, puntando con sicurezza verso la zona periferica di Taito.
La musica continuava ad andare e, anche il pezzo successivo, rientrava, con non poca sorpresa, nelle mie corde.
Scesi lungo la statale, immettendomi nella corsia di sinistra, lanciandole qualche occhiata per captare una reazione.
“ Sapevo che avresti potuto fare di meglio ombrellino rosa.”
Commentò senza muoversi di un millimetro, anche se continuava a guardare fuori, il mio sguardo su di lei, lo aveva sicuramente sentito.
Parcheggiai l’auto dentro un magazzino abbandonato, appoggiando le mani sul volante.
“ E’ assolutamente e schifosamente perfetto Akito.” Annunciò, guardandosi intorno con un sorriso soddisfatto.
“ Scendiamo? ”
La vidi annuire, afferrando le due bottiglie di birra che giacevano ai suoi piedi.
“ Non é perfetto?” mi chiese nuovamente, sedendosi sul cofano. La sua voce riecheggiò fra le mura, in un eco lontano e quasi distorto.
“ Il sogno di ogni donna suppongo.”
“ Sei così scontato Akito.”
Lasciai andare quella frase, cogliendo solo il suono ovattato che le sue parole producevano e, parandomi davanti a lei, le spostai una cioccia di capelli dal viso, il suo neo, era esattamente dove lo ricordavo.
“ Opzione uno: Lavoro per un azienda di marketing.
Opzione due: Ho un negozio di abiti sportivi.
Opzione tre: Sono un giovane e brillante avvocato penalista.”
 
“ Mh…fammi pensare! Non hai l’aspetto di uno che s’intende di sport, anche se chiaramente passi molto tempo in palestra, la tua macchina é mediamente costosa e vesti in modo elegante ma non pretenzioso…Opzione uno.”
 
“ Sbagliato.” Replicai guardandola dall’alto verso il basso.
 
“ Quando andavo al liceo persi la verginità durante una festa.
Opzione uno: Camera dei genitori.”
Opzione due: Piscina sul retro.
Opzione tre: Bagno degli ospiti.”
 
“ Ovviamente nella camera dei genitori.”
“ Sbagliato.”
“ Davvero?”
“ Sì…ultima possibilità.”
“ Sono pronta.”
Posai le mani sul cofano, avvicinandomi al suo viso contratto in una smorfia maliziosa.
“ Ho conosciuto una donna che mi eccita da impazzire.
Opzione uno: io la bacio perché non penso ad altro da tutta la sera.
Opzione due: lei mi bacia perché pensa la stessa cosa che penso io.
Opzione tre: Nessuno bacia nessuno perché sarebbe più banale della banalità.”
Le sue gambe corsero a stringere i miei fianchi, bloccandomi una morsa fatta di pelle, cotone e sangue.
“ Decisamente la tre.” Esclamò, strusciandosi lentamente contro le mie costole.
“ Decisamente la tre.” Replicai, passandomi la lingua sui denti.
“ Sarebbe più banale della banalità.” Incalzò, aumentando la sua stretta.
“ Così scontato da far schifo.”
“ Il cofano della tua auto é troppo liscio…sto scivolando.”
In uno scatto repentino me la tirai addosso, nemmeno l’aria avrebbe potuto passare a quella distanza, un piccolo gemito, scivolò fuori dalla sua bocca socchiusa.
“ Che stai aspettando ombrellino rosa?”
“ Che la voglia diventi bisogno.” Riportandole, con non poca soddisfazione, il medesimo discorso che mi fece il venerdì precedente.
“ Lo senti?” mi chiese lasciva, i suoi occhi cioccolato erano più scuri e dilatati del solito.
“ Io sento tutto.”
“ E cosa senti esattamente?” ansimò, respirando a fatica.
Avere il dominio era più dura di quanto pensassi.
“ Tutto.” Incalzai, scandendo ogni singola sillaba mentre le mie mani, mosse da volontà propria, percorrevano la cucitura interna dei suoi leggins.
“ Ti piacciono i miei pantaloni?”
“ Sono del settore.” Mormorai, spostando le dita verso il suo ginocchio.
“ E’ cotone traspirante.” Aggiunsi, tastandone il tessuto.
“ Allora ne comprerò un altro paio.” Tremò, contorcendosi su se stessa.
“ Attenta a non scivolare.” Guardare il suo corpo in allerta stava diventando insopportabilmente doloroso.
“ Non credo mi lasceresti cadere.”
“ Né sei certa?”
“ Al novanta per cent…”
La tentazione fu troppo forte e la spinsi giù, lasciandola precipitare verso il basso, afferrandola per il sedere pochi centimetri prima che cadesse al suolo.
Cacciò un urlo che rimbombò tra i vari scatoloni abbandonati e usurati sugli scaffali, quel suono, decretò la mia sconfitta...
“ Salvata in extremis.”
“ Sei un bastardo.”
“ Lo so.”
In uno scatto denso di mille emozioni la ributtai sul cofano, baciandola con una foga esasperante e violenta, le sue unghie piantate nel cranio, le sue gambe incrociate al mio corpo per sostenersi.
“ Questa volta é colpa di Venere?” le chiesi, succhiandole il labbro inferiore.
“ Sta zitto.” Ansimò, rimpossessandosi della mia lingua, ogni sospiro, ogni gemito, ogni suono prodotto dallo strusciare dei nostri vestiti, si perdeva nell’aria, riconsegnandomelo indietro in una vibrazione che mi pulsava fin dentro le vene.
Toglierle quell’inutile paio di calzoni fu così tremendamente facile, che non avrei potuto fermarmi nemmeno se l’avessi voluto.
Accarezzai, graffiai e pizzicai le sue gambe centimetro per centimetro, senza mai staccare gli occhi dal suo viso.
Era così bello guardarla in balia delle mie mani…
Mi feci spazio in lei, baciandola a pochi millimetri dal punto più caldo del suo corpo, le fitte si espandevano dal mio basso ventre come coltelli, non avrei retto ancora per molto, dovevo averla.
“ Akito.” Il mio nome sulla sua bocca sapeva tremendamente di disperazione, io per primo, ero sull’orlo del precipizio.
Non ci pensai un secondo di più e mi rialzai, bloccando con le mie ginocchia le sue, mai e poi l’avrei lasciata cadere.
Sbottonai in un secondo la fibbia della cintura e, il suono metallico, tintinnò attorno a noi, arrivando fino alle sue orecchie.
Il sorriso che le incurvò le labbra, fu l’unica risposta che desideravo sentire.
Al diavolo le congetture, al diavolo il fatto che erano a malapena tre le cose che conoscevo di lei, al diavolo le banalità più banali, non avevo mai bramato così tanto il piacere di una donna.
Slacciando uno a uno i bottoni della sua camicetta, notai che aveva un tatuaggio sul costato.
La costellazione dei pesci si estendeva verso l’alto, sfiorando il bordo del suo reggiseno in pezzo nero…alla fine, comprare quello stupido libro, era servito a qualcosa.
Sana doveva essere nata fra la venti di febbraio e il venti marzo, avrei dovuto ricordarmi di chiederglielo.
La guardai un ultima volta e, finalmente, entrai dentro di lei.
Gemetti per quel contatto così intimo e agognato, più spingevo a fondo, più i suoi ansiti mi bucavano lo stomaco.
Nemmeno fra un milione di anni avrei immaginato che possederla in un magazzino, fosse la cosa più perfetta che potesse capitarmi.
Più lei reclamava quel contatto, più l’eco prodotto dalle nostre azioni, mi fomentava a dismisura.
Puntellò i gomiti sulla carrozzeria, capendo subito che desiderasse un mio bacio.
Le guance arrossate, i lunghi capelli bagnati e leggermente arricciati dal sudore, le labbra rosse dai troppi morsi, Dio…era bellissima.
Continuai a spingere senza sosta, il suo corpo tremava a ogni colpo e la macchina dondolava sotto il peso della nostra folle passione.
Riuscii a togliermi appena in tempo per evitare l’inevitabile.
Per quanto avessi sperato che questo accadesse, non avevo portato nessuna protezione con me.
Lasciai andare un lungo sospiro nell’incavo del suo collo, felice di sentire che, profumava ancora di pesca…
Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, ma non era uno di quei silenzi pesanti o imbarazzanti, era solo il momento di bearci di quella nuova e stranissima consapevolezza.
“ Voglio farti sentire una canzone.”
Saltando giù dal cofano, aprii la portiera, girando la chiave ancora inserita nel quadro.
Il suono della chitarra dilagò e, come nel caso di stay the night, riconobbi subito l’artista in questione.
 
<< I heard she sang a good song
I heard she had a style and so I came to see her.
To listen for a while.
2 >>
 
 
 
Annuii piano, complimentandomi silenziosamente per la sua scelta musicale.
Il fatto che scelse la versione di Sinatra e non quella più nota e mainstream, me la fece apprezzare ancora di più.

 
<< Strummin' my pain with her fingers
Singin' my life with her words
Killing me softly with her song.

Killing me softly with her song. >>
 
 

“ Suoni la chitarra? ” le chiesi mentre faceva forza sui palmi per risalire sul cofano.
“ Cosa?”
“ La canzone…parla di questo.”
“ Davvero?” domandò sinceramente incuriosita.
“ Sì…parla di una donna che suona il brano del…” mi bloccai a mezz’aria, notando lo stupore nei suoi occhi.
“ Ma almeno li ascolti i testi?”
“ Mi piaceva il suono delle parole.” Borbottò, facendo spallucce.
“ Sei assurda.”
“ Ciononostante ti eccito da impazzire.”
“ Oh sì.” Sorridemmo entrambi, godendoci le ultime note che uscivano dallo stereo.
“ Killing me softly, mh…senti come suona bene.”
“ A differenza tua conosco molto bene questa canzone.”
Mi dedicò una linguaccia, bevendo l’ultimo sorso di birra e, cercando anche la mia, mi accorsi che nel trambusto del nostro amplesso, era caduta a terra, rovesciandosi sul pavimento.
“ Che sfiga.”
“ Cosa?”
“ La mia birra…si é rovesciata.”
“ Hai sete?”
“ Un po’ ”
Con uno scatto improvviso, la sua bocca fu sulla mia.
Sgranai per un attimo gli occhi, non aspettandomi un bacio in quel momento, anche se, dovevo ammettere che quel contatto a tradimento, non mi dispiaceva per niente.
“ Meglio?” mi chiese ad un palmo dal viso.
“ Direi di sì.” Le risposi maliziosamente, leccando via le gocce di birra che quel tocco avevano depositato sulla mia carne.
“ Lo vedi ombrellino rosa? Bisogna sempre essere positivi.”
“ Ah sì?”
“ Se tu mi avessi portato dove volevi portarmi, nulla di tutto questo sarebbe successo…per non parlare del fatto che, se avessi avuto ancora la tua birra, non avresti potuto usufruire di un mio bacio.”
“ Sei proprio brava lo sai?”
“ A fare cosa?”
“ A giustificare ogni tua azione.”
“ Preferisco definirlo pensiero positivo…sai, il karma e quelle cose lì.”
“ E quelle cose lì.” Ripetei sbeffeggiandola in noto dolce.
“ Dai pessimista! Andiamo a cercarti una birra.”
Saltammo giù dal cofano, caricandoci le bottiglie in macchina e, accendendo l’auto, posai una mano sulla sua gamba intrecciando le mie dita nelle sue.
“ E questo cosa significa?” mi chiese guardando prima me e poi la sua coscia.
“ Non posso toccarti?”
“ Non se lo fai come un coglione innamorato.”
“ Possibile che devi sindacare su tutto?” sbottai al limite della psicosi.
“ Devi giurarmi una cosa.” Asserri balzando in avanti, costringendomi a guardarla negli occhi.
“ Potrei riavere indietro la mia faccia?”
“ Akito devi giurarmelo.” Replicò alzando la voce di un’ottava, le sue unghie, graffiavano dolorosamente la mia mascella.
 “ Cosa? Che cazzo devo giurarti? ” urlai spingendole via la mano.
“ Che non diventeremo mai una fottuta coppietta da cenette fuori e film sul divano.”
“ Tu sei malata.”
“ Giuramelo.”
“ Ma…”
“ Non voglio essere un cazzo di cliché ambulante, ho fatto sesso con te perché mi hai portato in un magazzino di merda, cristo noi…noi dobbiamo essere diversi.”
“ Diversi come?” era la conversazione più assurda che avessi mai avuto nella mia vita.
“ Giuramelo e basta Akito.”
“ Va bene, okay, va bene! Ti giuro che non ti porterò mai a cena né al cinema, non ti regalerò mai dei fiori per il tuo compleanno, che per inciso non so nemmeno quand’é e continuerò a comprarti birre da quattro soldi, scopandoti in magazzini e discariche pubbliche…contenta? ”
“ Ottimo…ti ringrazio.” Sospirò sollevata, baciandomi la mano per poi tornare seduta e composta sul seggiolino.
“ Dio.”
“ Andiamo a trovare Kei?” mi chiese con un sorriso dolcissimo che la fece sembrare ancora più psicopatica.
“ E andiamo.”
Facemmo il viaggio di ritorno nel più totale silenzio, più ci pensavo e più non capivo perché, quella squinternata da manicomio, fosse già diventata così importante nella mia vita, impedendomi categoricamente, di mandarla a quel paese.
“ Raccontami del tuo più grande amore.”
“ Non né ho mai avuto uno.” Replicai monotono, guardando la strada davanti a me.
“ Non ti sei mai innamorato?”
“ C’é stata una volta, Nyoko…mi ero quasi convinto che fosse quella giusta, ma poi ho capito che era solo sicurezza.”
“ Sicurezza?”
“ Una vita lineare, una donna che mi aspettava a casa, un letto sempre caldo…non era amore.”
“ Decisamente no.”
“ E tu?”
“ Sì…sono stata innamorata.”
Quelle parole rimasero sospese nell’aria, nonostante il pensiero che il suo cuore potesse ancora appartenere a un altro mi faceva bruciare le budella, non indagai oltre.
Se c’era una cosa che sapevo fare bene, era non porre domande a chi non voleva dare risposte.
Entrammo nel locale di Kei che ci accolse con un grande sorriso, la sua squadra, finalmente, aveva vinto.
Rimanemmo a parlare del più e del meno, offrendoci, nonostante il mio disappunto, un giro di drink.
“ Hai qualcosa per me?” gli chiesi sporgendomi oltre il bancone.
“ Due sacchi pieni.” Ribatté alzando la spazzatura in modo che potessi vederla.
“ Urrà.”
Mi diressi verso l’uscita, sentendo, come la volta precedente, i suoi occhi su di me.
Contai i soliti e ridicoli dodici passi, trovandola, come prevedibile, appoggiata al suo muro preferito.
“ Allora?” le chiesi anticipandola, dopotutto, quella era una notte tutta alla rovescia.
“ Qualche anno fa stavo con un ragazzo, si chiamava Hiroto e…io ero pazzamente innamorata di lui.”
“ Il termine pazzamente ti si addice molto.”
“ Una volta ero molto diversa.” Commentò alzando le spalle.
“ Diversa come?” io non riuscivo ad immaginarla in nessun altro modo.
“ Era una ragazza cliché.”
Annuii, captando al volo dove volesse andare a parare.
“ Ero la classica persona che amava i fiori, le passeggiate, i film romantici.”
“ E poi che é successo?”
“ E’ successo che Hiroto ha capito che era sicurezza e non amore.”
“ Quindi ti sei trasformata in una matta che offende i baristi e abborda gli sconosciuti?”
“ Ho sofferto molto per Hiroto, ma poi ho capito che essere diversi da speranza.”
“ Che vuoi dire?”
“ La me di un tempo non sarebbe mai andata in un bar da sola, avrebbe bevuto un bicchiere con le sue amiche, chiacchierando di sterili e inutili pettegolezzi da quartiere e poi, si sarebbe rifugiata nel suo appartamento, comprato con lo stipendio da segretaria di uno studio dentistico.”
“ Quindi tutta quella sceneggiata in macchina sulle opzioni era una balla?”
“ Volevo solo capire chi eri.”
“ E chi sono secondo te?”
“ Un uomo regolare che vorrebbe non esserlo.”
“ Potrei diventare come te?”
“ Ma così saremmo uguali.”
“ Fidati…non sarei mai uguale a te.”
“ E non pensi che sia questo il motivo per cui ogni venerdì sei qui?”
“ Io…”
“ Quando ci siamo conosciuti tu mi hai zittito con Kei, mi hai definito una…cafona maleducata? ”
“ Lo sei stata.”
“ Ed é proprio per questo che mi piaci da impazzire.”
“ Perché ti ho detto che eri una cafona maleducata?”
“ Perché ti é importato farmelo sapere.”
Mi avvicinai a lei, accarezzandole lentamente il viso.
“ Ti ho mentito prima.”
“ A che proposito?”
“ Io non voglio giurarti che non ti porterò mai a cena, che non avrò il desiderio di portarti al cinema o regalarti un mazzo di fiori in una giornata senza senso e soprattutto, non voglio prometterti che non muoio dalla voglia di fare l’amore con te fra le mie lenzuola.”
“ Non farmi questo Akito.”
“ Perché?”
“ Perché non voglio perderti.”
La guardai a lungo, il suo sguardo mal celava la paura, aveva davvero paura che io sarei stato un altro Hiroto.
 “ Aspettami un attimo qui.”
 Corsi verso l’auto con il cuore che batteva a mille, tutto quello che avevo pensato di lei, si era rivelato essere un enorme blob di pregiudizi e strafottenza.
Lei non era stramba, aveva solo paura della vita.
Afferrai il libro che avevo comprato, sorridendo come un idiota che si stava lentamente fregando con le sue stesse mani.
“ Akito quel libro…”
“ Zitta.” La ammonì dolcemente, allungandolo nella sua direzione.
“ Aprilo.”
Sbuffò esasperata, portandosi una ciocca di capelli dietro il collo.
“ Leggi.”
Mi guardò in modo greve, aprendo la copertina rigida blu notte.
“ Ho perso tre giorni a cercare un fottuto libro per svitati, vergognandomi fino al midollo all’idea di dover spendere i miei soldi in questo modo.
Tengo da quasi tre settimane i tuoi ridicoli ombrellini rosa sulla scrivania, sorridendo ogni volta che ci passo davanti.
Ho guardato l’eclissi, sperando che tu fossi in mezzo alla folla, desiderando ardentemente di guardarla insieme a te.
Ho letto interi capitoli su Marte e Venere solo per poter capire se quel bacio, era solo merito loro e, ora che finalmente é arrivato il nostro giorno, ti farò una battuta pessima sulla luna perché già so, che questo stupido modo di chiamarmi, tu non lo avresti abbandonato se non in altro pianeta.
Ps: Fingerò di non notare quanto tu sia bella mentre sorridi leggendo queste parole.”
 
“ Sei proprio bravo ombrellino rosa.”
“ Non devi temere ragazzina maleducata, non ho nessuna intenzione di diventare come gli altri.”
“ Me lo prometti?”
“ A patto che tu venga a cena con me domani sera.”
“ Okay, ma…ognuno paga per sé e se oserai prendermi la mano ti butti giù tutti i denti.”
“ Vieni a casa con me?”
“ No.” Sorrisi…era davvero più banale della banalità.
“ Posso almeno aver il bacio della buonanotte?”
“ Hai capito una sola parola di quello che ti ho detto Akito?”
“ Sì…é solo che la tua faccia imbronciata mi eccita da morire.”
“ Buonanotte ombrellino rosa.”
La guardai mentre si allontanava, stringendo forte a sé, il libro le avevo appena regalato.
“ Hey.” Le urlai dietro, facendola bloccare in mezzo alla strada.
“ Dov’é il mio ombrellino rosa?”
“ Secondo te?”
Tastai la giacca, sentendone la consistenza legnosa contro l’anca, quella consapevolezza, mi fece sentire al sicuro.
“ Ti ho detto una bugia prima.”
“ A che proposito?”
“ La playlist…non conosco nessuno di quei cantanti, volevo solo dimostrarti che non sono più banale della banalità.”
“ Domani sera alle otto…ci incontriamo qui? ”
“ Come ti pare.”
“ Un’ultima cosa.”
“ Cosa?”
“ Anche tu mi piaci da impazzire.”
 
 
 
 
 
 
  
Carissime, eccomi tornata da voi.
Lo so che avrei dovuto smetterla con questa dannata storiella, ma ormai questi due si sono impossessati del mio corpo =(
Giuro che mi sto impegnando affinché il prossimo capitolo di The Weeding Date esca presto allo scoperto, ma trovare le parole giuste, é molto peggio di quanto pensassi.
Spero che nel frattempo, il continuo di questa storiella, perdoni almeno un pochino i miei blocchi mentali.
Vi mando un grosso bacio
Augurandovi una serata e splendida settimana.
Vi voglio bene.
Alice.
 
Ps: Vi lascio i link per ascoltare le due canzoni che ho inserito qui sopra, anche se penso ( e spero ahahaha) che conosciate perfettamente i due geni che mi hanno ispirato =)
  1.  https://www.youtube.com/watch?v=9JciBwqKWR4
  2. https://www.youtube.com/watch?v=8tbP3f3i03E
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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