de vin et pétchés

di mercurioingocce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la riviére ***
Capitolo 2: *** la chambre ***
Capitolo 3: *** la tente ***
Capitolo 4: *** au revoir, mon comte ***



Capitolo 1
*** la riviére ***


~~Henri de Grandpré si svegliò di soprassalto. Era ancora notte fonda e il fuoco accanto a lui era sul punto di morire. Tutto intorno lo circondava il bosco: gli alberi gettavano le loro cupe ombre sulla piccola radura e i versi degli animali giungevano ovattati. Tentò di ritornare a dormire, ma ormai era sveglio e, dopo qualche minuto passato a rimenarsi sullo scomodo giaciglio di paglia, si tirò su. Accanto a lui c’erano Jean de Ponthieu, Henri de Bar e i loro scudieri, beatamente addormentati. Si accorse, con un pizzico di preoccupazione e smarrimento, che il letto improvvisato di Etienne de Sancerre era vuoto e con lui era scomparsa anche la sua spada.
Ormai sveglio, andò dagli altri conti e li scrollò, ottenendo ben magri risultati. Il vino di quella sera doveva essere stato più pesante del solito. Fortunatamente lui lo aveva a malapena toccato. Non volle invece svegliare monsieur Daniel e il giovane ragazzino accanto a lui, che parevano dormire come ghiri.
Decise quindi di andare a cercarlo da solo. Vicino al suo letto c‘erano delle tracce.
“E’ diretto al fiume…”
Proseguì lentamente e con cautela su quella strada. Dopo dieci minuti giunse infine al torrente, dove trovò la figura di Sancerre posata accanto a un albero.
“Anche tu sveglio, Etienne?”
L’altro trasalì e si voltò.
“Henri!”
Lo raggiunse e si sistemò vicino, tra due rami. L’acqua scorreva velocemente sotto i loro piedi.
“Facciamo un bagno, piccolo Henri?”
Lui la toccò con i piedi. Era gelida.
“E’ notte, Etienne. Dovremo essere entrambi a dormire.”
“Non ho sonno.”
“Nemmeno io.”
“Chi arriva per ultimo in acqua riordina il campo domani.”
“E va bene.”
Dopo essersi spogliati dei vestiti si gettarono entrambi in acqua, schizzandosi l’un l'altro e bagnandosi i capelli. Henri rabbrividì: era davvero fredda, nonostante l’aria fosse calda per una notte di fine maggio.
“Io vado fino al centro del fiume. Vieni?”
“E’ pericoloso… La corrente…”
“Sei o non sei un cavaliere?”
“Sono un cavaliere, non un imbecille.”
“Che mammoletta.”
Lui gli diede un pugno sulla spalla.
“Stai attento.”
“Ti ricordo che stai parlando con un Sancerre, piccolo Henri. Questa roba è aria per me.”
E si tuffò.
Henri lo seguì con lo sguardo, poi decise di tornare a riva altrimenti sarebbe morto ghiacciato. Si rivestì con calma e annodò tutti i lacci, poi con il mantello si asciugò fugacemente i capelli e infine si sedette. Guardò Etienne guadagnare lentamente il terreno con i capelli lunghi grondanti d’acqua. Quando arrivò si distese a pancia in su e respirò. I due non parlarono per un po’.
“E così Jean si sposa.”
“E che sposa! Un angelo.” Ribattè Etienne.
“Fortunato lui.”
Henri lo sentì rimestare accanto a sé. Si era rimesso la tunica e stava estraendo da una sacca una bottiglia.
“E quella dove l’hai recuperata?”
“Segreti del mestiere.”
“Etienne, non l’avrai mica rubata!”
“Mi deludi, non sono un ladro. L’ho solo presa dalla locanda di questa mattina senza che voi lo vedeste.”
Il giovane conte si rilassò e prese la bottiglia che Etienne gli offriva, poi si attaccò al suo collo. Si sentì stordito.
“E’ forte questa roba.”
“Non è certo per le dame.”
Anche lui afferrò il vino e ne tragugiò velocemente metà.
Si distesero sull’erba e osservarono le stelle, appena oscurate dalle fronde sopra di loro.
“Forse dovremo tornare di là. Magari sono preoccupati per noi.”
“Rilassati, non avranno nemmeno aperto gli occhi. Si sta bene qui.”
Henri non si mosse, seppure teso. Passarono minuti interi senza che nessuno parlasse.
“Etienne, tutto a posto?”
“Si, perché?”
“E’ strano il fatto che tu non dica una parola.”
L’altro si sollevò e si sedette.
“E’ che… non so spiegare.”
Questo era l’effetto che il vino faceva su Etienne de Sancerre? Lo rendeva quieto, quasi da rasentare la malinconia?
“Henri.”
“Dimmi.”
“Girati verso di me.”
Lo stava fissando. Il buio rendeva meno nitidi i contorni, ma lo sguardo era inequivocabile.
“Cosa…?” Deglutì.
“Sei ubriaco, Etienne.”
Lui non rispose, ma si avvicinò lentamente. Aveva un pesante odore di alcol. Allora il ragazzo intuì tutto.
“Che stai facen… no… non dobbiamo… è peccato… andremo al rogo...”
Lui non lo ascoltò e in un attimo le sue labbra furono su quelle del giovane conte. Henri era stupefatto e, prima di realizzare quello che stava succedendo, l’altro si staccò. Tutto era successo in una frazione di secondo. Alzò gli occhi e vide che Etienne era già in piedi, con la spada in mano.
“Allora, andiamo?”
Si diresse con passo traballante e sbandando un po’ verso il campo, e dopo un po’ Henri lo seguì.
Il giorno dopo Etienne pareva non ricordarsi di nulla.
 

angolo dell'autrice:

questa storia mi è venuta in mente rileggendo Hyperversum per la 6 volta (credo), e non so perchè ho pensato che se fossero nel presente Etienne de Sancerre e Henri potrebbero anche essere bi (in particolare il mio piccolo Henri). Inoltre ho notato che la maggior parte delle loro conversazioni aveva riferimenti al vino. Ho cercato di non forzare troppo la mano con gayaggini fuori luogo, e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Anzi, se mi lascereste una recensione ne sarei più che felice :D E comunque si, lo so che è super cringe

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Capitolo 2
*** la chambre ***


~~Henri si stava dirigendo verso il corridoio del terzo piano.
“E’ sbagliato… proibito…”
Si ripeteva come una nenia mentre stava salendo le scale lentamente e con tremore.
“Dopo il banchetto, corridoio a destra del terzo piano. Ti aspetto.”
Gli aveva sussurrato fugacemente Etienne, passando dietro alle sue spalle e tornando poi a ballare con una dama dai capelli rossi. Forse era lui a pensare male, forse intendeva solamente fare un raduno tra amici dopo il banchetto. Fatto sta che a quelle parole lui era arrossito e aveva evitato di guardarlo, lasciandolo senza una risposta.
“Perché Etienne, perché?”
Lo aveva visto danzare tutta la sera, provando una punta di un’emozione che non riusciva a descrivere. Gelosia, forse.
“Sciocchezze, è un uomo. Come posso provare gelosia verso un mio compagno d’armi?”
Quell’emozione l’aveva accompagnato durante tutto il banchetto: l’aveva visto ridere, scherzare e infine guardare quella ragazza con desiderio, sentendosi rimescolare lo stomaco. Donna, si chiamava la ragazza. Era uno dei famigli di Jean de Ponthieu.
Lui, Henri, era rimasto in disparte con tre delle sue sorelle e si era alzato poche volte per chiacchierare con altri feudatari. Con un profondo senso di solitudine era rimasto ad osservare i suoi amici con le rispettive mogli o, nel caso di Sancerre, dame con cui fare “conoscenza”. Ciononostante, da un lato ne era felice, poiché odiava le danze e ogni volta che poteva le evitava.
Era seduto con monsieur de Chailly e il primogenito Ponthieu a discutere della guerra ormai prossima, quando era sopraggiunto Etienne, forsennato e decisamente su di giri, Aveva bevuto da un calice posato lì accanto, incurante se fosse il suo oppure no, lo aveva gettato sul pavimento e poi aveva posato il gomito sulla sua spalla. Henri aveva sentito una scarica di energia partire da quel punto. Non aveva dimenticato la notte di quattro giorni prima e il loro contatto e da allora aveva sempre provato una sorta di timore nell’avvicinarsi a lui.
Ormai era arrivato. Sentiva le gambe farsi deboli e si diede dell’imbecille.
“Piccolo Henri, puntuale come sempre!”
Lui lo stava aspettando davanti alla porta della sua camera, che aprì per farlo passare.
“Brindiamo?”
“Mi sembra che tu abbia già bevuto abbastanza.”
“Tu invece a malapena hai toccato un paio di calici. Dai, lo sai che io reggo benissimo l’alcol.”
Etienne prese una bottiglia posata lì vicino e riempì due coppe.
“Non è certo quello dei tuoi feudi, ma è discretamente buono allo stesso modo. Assaggia, su.”
Gli porse il bicchiere.
“Agli sposi.”
“Agli sposi.”
Lo vuotò di colpo, mentre Henri appoggiò soltanto le labbra sul bordo.
“Avrei dovuto chiamare anche Henri de Bar, ma è con sua moglie, e di certo vorrà approfittare della camera.”
Scoccò un’occhiata maliziosa.
“Jean, poi, non se ne parla nemmeno, ovviamente, è la sua prima notte di nozze. Rimaniamo solo io e te, piccolo Henri.”
Lo chiamava così per distinguerlo da De Bar, ma in quel momento pareva che aggiungesse un significato quasi tenero.
Solo allora si accorse che erano soli. Non c’erano valletti o paggi e lui deglutì a vuoto, con un misto di timore e… non sapeva dirlo.
“Come mai non hai mosso un passo nella sala? Eppure c’erano così tante dame libere. Alcune di loro erano veramente incantevoli.”
“Preferisco lasciarle a chi trova maggior piacere nella danza. Io a malapena so ballare una carola e mi troverei sicuramente in imbarazzo.”
Etienne si sedette sulla poltrona.
“Ti perdi un sacco di divertimento.”
“Tu, invece, sembra che non abbia perso tempo.”
“Oh, si… una donna veramente amabile. Donna di nome e di fatto.”
“Non le hai staccato gli occhi di dosso.”
“Suvvia, non c’è niente di male nel fare un po’ di conoscenza reciproca. Tu come stai messo con le donne, Henri?”
Anche lui sedette di fronte ad Etienne, a disagio.
“Io… non lo so…”
Perché si stava comportando così? Perché una semplice domanda lo stava mettendo tanto in difficoltà e in imbarazzo?
“Ascolta, ti do un consiglio: divertiti più che puoi, che dopo rimani imbrigliato tra castello, moglie e figli.”
 “Etienne!”
“Certo, attento che dopo non vengano fuori brutte sorprese. Un figlio illegittimo sarebbe una rovina alla tua età. E dai, non fare quella faccia scandalizzata!”
Incurante del fatto che Henri aveva gli occhi spalancati si versò un po’ di vino nel calice e fece finire anche quello nella gola. Dopo un altro paio di calici di liquido alcolico biascicava e sussurrava parole senza senso.
“La guerra… vinceremo… viva la Francia…”
“Perché Etienne? Perché sei sempre ubriaco?” Sussurrò il giovane conte tra sé e sé.
Continuarono ancora un poco a parlare, anche se i discorsi del cadetto Sancerre si comprendevano a fatica.
Etienne pian piano reclinava la testa sul poggiolo della poltrona, fino a quando non si addormentò.Henri rimase a guardarlo per un po', poi gli chiuse la bocca e sistemò meglio il suo capo. Nel farlo, però sfiorò le labbra con il suo palmo.
“Oh, Etienne… cosa sto facendo…”
Gli prese il volto tra le mani e premette la bocca sulla sua. Solo dopo si rese conto di quello che stava succedendo.
“Oh, mio Dio… perdonami… perdona la mia lussuria…”
Ritirò le dita come se avesse toccato il fuoco e si scostò, poi raggiunse la porta. Doveva aver perso la testa, eppure quell’istinto era stato troppo forte per lui.
“Buonanotte Etienne.”
Se ne andò con il cuore in tumulto.
 

 

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Capitolo 3
*** la tente ***


~~“Chi è che mi aveva chiesto il vino, qui?”
“Henri, meraviglioso ragazzo.”
“Champagne di ottima qualità. A noi e alla nostra vittoria, signori.”
La guerra era appena terminata e i cavalieri stavano rientrando nelle rispettive tende per curarsi e rifocillarsi. Dopo un’oretta passata nella propria Henri aveva deciso di uscire un po’, per quanto distrutto dalla battaglia. Aveva individuato velocemente quella dei Sancerre e si era precipitato dentro con una bottiglia in mano. Lo aspettavano Etienne e suo fratello Guillaume, distesi e attorniati da un paio di medici che stavano curando le ferite e le contusioni dei due. Prese posto e il cadetto Sancerre ordinò a un servo accanto di andare a prendere dei bicchieri.
“Grande mossa la tua, Henri. E’ a te che dobbiamo la vita e la vittoria.”
Iniziò il discorso Guillaume.
“Voi mi adulate, monsieur. Anche Jean ha avuto la mia stessa idea.”
“Siete stato voi, però, ad esporla al re.”
“Concordo con mio fratello.  Grazie, piccolo Henri. Senza di te non saremo vivi.”
Piccolo Henri, piccolo Henri…
“No. Non qui.” Si disse tra sé e sé il giovane conte.
“Allora facciamo un veloce rinfresco in onore di questa giornata, di certo il vino che hai portato non si beve da solo. Dove sono Jean e Henri “il grande””?
“Monsieur de Ponthieu è nella tenda con suo fratello, mentre De Bar è con il re.”
“Beh, brindiamo. Potrei avvisarli di venire qui non appena hanno finito. Che gusto c’è bere senza i propri compagni d’armi, altrimenti?”
Parlottò con un uomo accanto, che uscì velocemente dalla tenda. Il servo intanto versò il vino nei rispettivi calici e li porse ai tre cavalieri.
“Alla vittoria e alla Francia.”
I medici, avendo terminato il loro lavoro, uscirono dalla tenda per curare altri feriti, non senza premurarsi di consigli.
“Grazie, ma stiamo benone. Del resto ci vuole ben altro per scalfire uno come m…”
“Etienne!” Lo redarguì il fratello con un’occhiata severa.
“…volevo dire che starò attento ad evitare movimenti bruschi.”
“Scordati i tornei dei prossimi due mesi.”
“Guillaume, non sono più un bambino, non puoi trattarmi così!” gli disse indispettito.
“Fisicamente no, ma mentalmente sì, purtroppo.” Sospirò.
Henri trattenne la risata a quel battibecco.
Poco dopo arrivò un valletto a chiedere del primogenito Sancerre.
“Il nostro sovrano vorrebbe che lo raggiungeste nella sua tenda. Deve discutere con lei in privato di alcune formalità.”
“Va bene, arrivo. Monsieur de Grandpré, vorrei che vegliaste su mio fratello. Non sarebbe una bella sorpresa trovarlo ubriaco al mio ritorno.”
“Contateci, monsieur.”
Il conte uscì, mentre il servo guardò interrogativamente il cadetto.
“Va con lui.” Fece un cenno con la testa e indicò l’uscita, che il servitore si affrettò a raggiungere.
Rimasti nuovamente soli, continuarono a discutere della battaglia, quando improvvisamente scese il silenzio tra di loro.
“Donna?” Indicò Henri a disagio il nastro avvolto sul braccio sanguinante dell’altro. Lui lo sfiorò con delicatezza, e quel gesto sembrò così inusuale per il suo carattere esuberante.
“Ho intenzione di chiederla in sposa appena arriverò a Chatel Argent. Devo anche farmi dare la benedizione da parte di Jean siccome è il suo tutore, ma non credo che ci saranno grandi problemi. Ne sarà felice, anzi. Quale cavaliere migliore di me potrebbe provvedere a una donna di un fascino del genere?”
Henri rimase zitto. Un immotivato dolore era sceso su di lui, accompagnato da una sorta di delusione.
Che c’è, Henri? Sorpreso? Eppure lo sapevi già dall’inizio che non era possibile…
Etienne, in barba ai divieti di suo fratello, aveva agguantato nuovamente la bottiglia e si stava versano il vino nel calice.
“Non farlo! Non bere un solo sorso in più!”
Lui lo guardò sorpreso.
“Henri, ma che ti prende? Non ti facevo così ligio alle regole di Guillaume.”
“No, non è per quello. E’ che… sono successe cose… sconvenienti per la nostra reputazione.”
“Spiegati.”
“No Etienne, non posso e non voglio dirlo. Rovinerei la mia e la tua dignità.”
Lui si alzò dalla seggiola e poggiò il calice sul tavolino lì accanto.
“Cose sconvenienti… tipo questa?”
Si avvicinò sempre di più, fino a sovrastare il giovane conte.
“Eri ubriaco… come…”
Etienne si abbassò fino ad arrivare vicinissimo al suo volto, poi si scostò e gli diede un bacio sulla guancia.
“Ti ho detto che reggo bene l’alcol, piccolo Henri.” rispose con un sorriso sornione.
Il giovane conte spalancò gli occhi e, quando l’altro si voltò, sfiorò con le dita il posto dove l’aveva toccato.
No, ne aveva abbastanza. Disdicevole o no, erano soli, sobri (anche se decisamente su di giri) e non avrebbero più potuto godere di un momento simile in futuro.
“Etienne.”
L’altro si girò e, prima di realizzare quello che stava succedendo, lui gli fu addosso sulle labbra. Etienne non si staccò, ma gli carezzò la guancia con tenerezza. Dopo pochi secondi Henri si accorse con orrore di quello che aveva fatto.
“Mio dio…cosa mi è preso… perdonami…”
“Va tutto bene, Henri.”
“No che non va bene! Stiamo andando contro tutti i precetti e il buonsenso… Contro natura, ecco quello che sono. Finiremo al rogo e poi all'inferno, noi e i nostri peccati!”
Lui gli poggiò una mano sulla spalla. Pareva stranamente calmo e ragionevole.
“Dimentichiamo tutto, va bene? Eravamo ubriachi, probabilmente nemmeno adesso siamo sobri.”
“Tu devi sposarti!”
Etienne si toccò il nastro che teneva legato al polso, poi osservò Henri con attenzione.
“Non posso fare altrimenti. Amo Donna.”
A Henri quella risposta parve insopportabile.
“Può rientrare nel divertimento quello che abbiamo fatto. E guarda, non abbiamo corso il rischio di sorprese indesiderate!”
"Tu lo chiami divertimento rischiare di finire al rogo?"
La tensione si attenuò un poco e a Henri sfuggì un sorriso. In quello stesso momento giunsero alla tenda Henri de Bar, seguito da Jean de Ponthieu.
“Signori, mi stupisco che abbiate voluto iniziare il brindisi senza di noi. Sono profondamente deluso.”
Jean interruppe il silenzio che vi si era creato. De Bar salutò i due con un freddo cenno del capo. Era ancora pallido.
“Non vi preoccupate. Henri il piccolo ha vigilato su di me in modo che non finissi subito il vino.”
Henri colse la provocazione e gli riservò un sorriso imbarazzato. I loro momenti di intimità erano finiti per sempre.
 

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Capitolo 4
*** au revoir, mon comte ***


~~Etienne sentiva di soffocare tra quel trambusto di servitori e valletti che lo stavano vestendo e pettinando. Alla sua destra il suo scudiero stava porgendo gli accessori che avrebbero coronato il vestito, mentre dietro di lui i paggi si affrettavano a stirare con le mani la sua tunica blu e a stringere i lacci. Emise un sospiro profondo. Quel giorno era arrivato, finalmente, dopo tanta attesa e dolori. Quel giorno avrebbe sposato la persona che amava di più in tutta la sua vita: Donna. Si specchiò velocemente sulla lastra di metallo poggiata davanti alla finestra e scosse la criniera di capelli. Osservò la collana che portava al collo, quella che Donna gli aveva donato come pegno d’amore. Era una semplice e sottile collanina d’i metallo ma vederla addosso lo fece sentire l’uomo più ricco e nobile del mondo.
Sbuffò. Ne aveva abbastanza di sistemazioni e strigliature, di paggi che lo accudivano e gli ronzavano attorno e di uomini che gli elencavano i suoi doveri e diritti da marito.
Si udì bussare alla porta.
“Avanti.” L’ultima cosa che gli serviva era un ennesimo paggio che gli portasse altre cose da indossare.
“Sono venuto a salvarvi dall’agonia, monsieur de Sancerre!”
Etienne si illuminò a quella voce.
“Henri! Entra pure.”
Di fretta e non senza una certa insofferenza congedò tutti gli uomini e i ragazzi affaccendati intorno a lui, ottenendo numerose lamentele o sguardi stupiti.
“Teso?” chiese Henri.
“Un po’. E di sicuro questo non giova.” Indicò la porta da dov’erano usciti tutti. Vicino a loro era rimasto solo lo scudiero, con una corona di fiori nelle mani e uno sguardo allibito stampato in faccia.
“Andrà tutto bene. Ne sono certo.”
“Lo spero veramente.”
“Il nostro Etienne de Sancerre che ha paura di una cosa tanto futile come il matrimonio? Dovremo scriverlo sulla storia del casato per quanto è sconvolgente.”
“Ne parleremo quando ci sarai tu al mio posto.” Brontolò l’altro, sinceramente grato ad Henri per aver allentato la tensione.
Il giovane conte intanto stava facendo un giro completo intorno a Etienne per controllare se tutto fosse a posto.
“Non ti ci mettere pure tu… sono già stato controllato mille volte dai valletti e ho il mal di testa per quanto mi giravano intorno.”
“Ci vuole il mio occhio supremo per controllare i dettagli… e infatti.” Si fermò dietro allo sposo.
“Cos’hanno dimenticato di fare?”
“Questo bottone, non è allacciato.”
Con delicatezza scostò la criniera e abbottonò il colletto di Etienne. Provò una fitta allo stomaco ma decise di ignorarla.
“E adesso, signor conte de Sancerre, vi manca soltanto la corona. Datemi pure.” Si rivolse poi allo scudiero. Lui gliela tese e Henri la pose lentamente sui capelli. Poi scese con un dito e lisciò la sua criniera, con scarsi risultati, infine sistemò alcune pieghe sulla tunica. Un brivido lo percosse a quel gesto, così ritirò le dita.
“Adesso sei perfetto.”
“Vuoi diventare il mio valletto personale, per caso?”
“Non mi abbasso a tali livelli di umiltà.”
Lui rise e a Henri parve di rinascere.
“Come ti senti?”
“Teso come una corda di liuto.”
“Sei andato in guerra e hai paura di un matrimonio? Coraggio, andrà tutto benissimo. E’ la donna della tua vita, sposarla è quello che vuoi fare da quando l’hai conosciuta, o sbaglio?”
Henri provò un dolore sordo a dire quelle parole, ma si sforzò di ricacciarlo indietro. Quello per cui segretamente sperava era impossibile, anzi, maledetto doveva essere lui e i suoi pensieri impuri. Etienne, ignaro di quello che frullava nella mente del suo compagno d’armi, si illuminò.         
“Grazie piccolo Henri.” Gli diede un buffetto sulla guancia poi, improvvisamente, lo abbracciò, incurante dello scudiero spaesato accanto a loro. Henri ebbe l’impressione di avere il cuore fuori dal petto per quanto batteva. Ricambiò l’abbraccio con commozione e quasi si strinse più forte. Voleva assaporare quel contatto un’ultima volta, prima che lui si legasse per sempre con Donna. Una lacrima chiedeva di scendere dal suo occhio, ma lui la ricacciò indietro con prepotenza.
Si staccarono e Henri si diresse alla porta.
“Ci vediamo dopo. E cerca di non vomitare quando arrivi all’altare.”
“Ehi!”


Lungo le strade della cittadina si respirava aria di festa: in tutti i palazzi erano stati posati dei fiori colorati e delle bandiere con gli stemmi dei casati di Sancerre e Ponthieu, mentre tra le vie erano presenti delle bancarelle imbandite con il cibo per la gente comune, che riempiva chiassosamente il paese spettegolando o curiosando. Il clima era sereno e un bel sole faceva capolino tra le nuvole, quasi a voler essere partecipe anche lui dell’occasione importante che si stava celebrando quel giorno: il matrimonio tra dama Donna Barratt e il cadetto del feudo, Etienne de Sancerre. Dentro la Chiesa, piena di gente, lo sposo stava aspettando la sua amata davanti all’altare con una tensione incommensurabile, torturandosi le mani dall’ansia. D’un tratto alzò gli occhi all’ingresso e la vide: Donna, la sua Donna. Era più bella che mai, con il suo vestito blu ricamato tono su tono e i capelli lasciati liberi. Il suo cuore gli si riempì di gioia.
Poco dopo la sposa fecero il loro ingresso i compagni d’armi dello sposo, tra cui Henri. Avanzarono e si sistemarono nei primi posti uno accanto all’altro.
La cerimonia si concluse nel coinvolgimento di tutti: alcune dame si asciugarono le lacrime, commosse da “quel piccolo, pestifero Sancerre che ora era diventato uomo e marito” e i cavalieri si misero sull’attenti. Al termine della messa Etienne scostò il velo alla sua sposa e la baciò davanti agli occhi di tutti e, in particolare, di Henri de Grandprè, che li osservava con aria che agli osservatori più attenti sarebbe potuta apparire malinconica, nonostante l’imperturbabilità della sua espressione. Una lacrima scivolò sulla sua guancia. Era finita. 

Angolo dell'autrice
Beh, che dire cuties. Mi sono divertita un sacco a scivere questa piccola fanfiction con protagonisti due dei personaggi che amo di più e che la mia testa malata ha deciso di shippare insieme. Ovviamente è una storia da prendere con le pinze vista l'impossibilità che questo sia avvenuto (zia Cecilia si metterebbe le mani tra i capelli se lo leggesse) però lo sappiamo che nella mente di noi lettori tutto è possibile. Anyway, mi mettereste una piccola recensione, sia negativa che positiva please? Ci terrei molto, davvero.
PS: ho appena comprato l'ultimo, unknown, e penso già di amarlo alla follia, come tutti gli altri.

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