Regina di Cuori

di Angel TR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ok, boomer ***
Capitolo 2: *** Veramente hai paura del mostro sotto al letto? ***
Capitolo 3: *** Venere ***
Capitolo 4: *** Sei una pessima insegnante! ***
Capitolo 5: *** Assídua Lettrice ***
Capitolo 6: *** Uno vorrebbe studiare... ***
Capitolo 7: *** È solo un gioco, dicevano... ***
Capitolo 8: *** Organizzare feste e coppie ***
Capitolo 9: *** La moda ai tempi del Covid ***
Capitolo 10: *** Poetessa maledetta imita Sharon Stone ***
Capitolo 11: *** Chi fa più paura tra Lili e la bambina de ***
Capitolo 12: *** Stay salty ***



Capitolo 1
*** Ok, boomer ***


Regina di Cuori


*


Io non so l'amore è guerra o pace
O collaborazione e grande partecipazione
Regina di cuori tra mille colori
Sei tu la più bella e della notte la mia stella
M'ami, ma m'ami, ma m'ami?
Litfiba - Regina di cuori


Questa raccolta nasce dall'esigenza di ORDINE XD ordinare tutto ciò che scrivo su Lili e Asuka, una coppia che ho un po' trascurato ultimamente.
Ci sarà di tutto. Detto questo, adiós!




15 Aprile: «Okay boomer»

Una pila di vestiti e accessori campeggiavano sul bancone cassa del negozio di lusso in pieno centro di Montecarlo.
Sulle guance di Asuka apparvero due chiazze rosse. «Davvero non è necessario, Oca bionda...» sussurrò per l'ennesima volta mentre Lili sfilava la carta di credito come un samurai sfodera la katana.
Il signore dietro di lei sbuffò. «Beh, ci vogliamo sbrigare? Le signorine qui dovevano rifarsi il guardaroba con i soldi del papà? Alla vostra età io pensavo a costruirmi un impero! Non ci sono più i monegaschi di una volta!»
Asuka si agitò, a disagio.
Lili restò impassibile. «Okay, boomer.» concesse, allungandosi per afferrare altri deliziosi orecchini dallo stand in cassa.

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Capitolo 2
*** Veramente hai paura del mostro sotto al letto? ***


18 Aprile: «Veramente hai paura del mostro sotto al letto?»


Drin.
È ancora lei!?

Asuka Kazama si rigirò nel letto e, sbuffando, afferrò il telefono. "Mi fai compagnia?" diceva il messaggio, coronato da una emoticon a forma di cuore.
"No. Dormi." digitò velocemente Asuka.
La situazione iniziava a diventare ridicola.
Drin.
"Per favore! Che ti costa!?"
Adesso basta! Asuka si alzò a sedere e accese la luce. «Oca bionda, sono letteralmente nel letto di fronte al tuo, cosa vuoi!?»
Lili, i lunghi capelli biondi scompigliati, mise il broncio. «Mi vuole mangiare. Se vieni tu, mangia te.» spiegò.
«Veramente hai paura del mostro sotto al letto?» sbottò la bruna.
Davanti al cenno di assenso di Lili, Asuka roteò gli occhi, scalciò le lenzuola e sciabattò fino al suo letto.

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Capitolo 3
*** Venere ***


28 Aprile: Venere


«Lunghi capelli biondi come spighe di grano, grandi occhi azzurri brillanti come zaffiri, pelle di panna…»

Lili batté le mani, facendo balzare il professore che interruppe la spiegazione. «Ma professore, parla di me!» esclamò, tutta contenta, davanti a un'intera classe di studenti giapponesi che si scambiarono occhiate stralunate.

L'europea è completamente fusa.

Asuka si nascose il viso tra le mani. No, si rifiutava di assistere alla scena.

Il professore si bloccò, incerto sul da farsi. «Signorina Rochefort, veramente parlo della Venere di Botticelli…» disse timidamente, quasi impaurito dall'irruenza della studentessa bionda.

Lili si appoggiò allo schienale, sul viso un'espressione di vittoria. «Beh, è chiaro che Botticelli si sia ispirato a me» affermò, sicura.

Asuka non poté trattenere una risata.

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Capitolo 4
*** Sei una pessima insegnante! ***


4."Sei una pessima insegnante!"


Un sottile sopracciglio di Asuka Kazama formò un arco perfetto e le sue labbra si strinsero in un'adorabile smorfia.
L'allieva, il mento poggiato sulla mano, trattenne a stento un sospiro. Adorava quando metteva il broncio e si innervosiva! E, siccome era terribilmente facile per lei farla andare su tutte le furie, nessuno avrebbe potuto rimproverarla se la provocava un po', vero? Insomma, chiunque avrebbe fatto lo stesso davanti a un'occasione ghiotta come quella.
Asuka bacchettò stizzita con l'indice sul foglio scribacchiato e proruppe: «Ma allora sei davvero un'oca bionda! Quante volte ti ho spiegato che il kanji per kasumi è diverso da quello per kazumi!? Il tuo unico neurone si è per caso impiccato?»
Lili dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere. Si sforzò di assumere un'espressione offesa: corrugò le sopracciglia, mise il broncio e batté addirittura una mano sul tavolo. Una recitazione da Oscar. «Non è colpa mia se sei una pessima insegnante! Grazie a chi sai dire "Lili è la mia dea" in francese, eh? E in quanto tempo te l'ho insegnato? Niente, un minuto!» si lamentò.
Non ebbe nemmeno bisogno di modulare troppo la voce: era una maestra di cintura nera nella Suprema Arte della Lagna. Nessuno avrebbe potuto distinguere il falso dal vero: a un battito delle sue lunghe ciglia e al suono della sua voce offesa, tutti si chinavano e obbedivano. Probabilmente perché la sua Mastercard avrebbe potuto comprarseli così come stavano ma Lili preferiva credere che fosse grazie alle sue splendide doti di attrice.
Asuka si ritrasse e piazzò le mani sui fianchi. «"Lili è la mia dea"!? Quando mai mi hai insegnato questo!? Avevi detto che significava "Lili è monegasca"!» sbottò, indignata, rendendosi conto di essere stata ingannata.
Ops. Si era data la zappa sui piedi.
Lili si portò una mano davanti alla bocca, ostentando stupore, e sbarrò gli occhi; ma non poté evitare che un risolino scappasse dalle labbra. «Ma davvero? Ti ho detto così? Ah, Asuka, devi scusarmi!» cominciò, ridacchiando.
Asuka non se la stava bevendo: ridusse gli occhi a due fessure.
Lili le scoccò un'occhiata maliziosa. «È che sono una pessima insegnante» concluse.

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Capitolo 5
*** Assídua Lettrice ***


18."Non ci avevo fatto caso."

Lili le stava scoccando occhiate fiammeggianti da sotto le lunghe ciglia impiastrate di mascara. Un libretto dall'aspetto tenebroso, intitolato Les fleurs du mal, le nascondeva una parte del viso, fornendo una cornice perfetta per i suoi occhi maliziosi.
Per sottolineare le occhiate, ogni tanto inarcava un sopracciglio sottile o accavallava le gambe fasciate dalle calze scozzesi che le donavano un'aria da studentessa persa nelle brughiere o qualcosa del genere. Esistono studentesse perse nelle brughiere?
Asuka l'avrebbe pure trovata affascinante e sarebbe stata al gioco se non fosse stato per un piccolo dettaglio che rendeva il tutto assolutamente comico.
«Cosa leggi, Oca Bionda?» chiese, fingendosi curiosa.
Lei si impettì tutta, assumendo un'espressione da intellettuale da strapazzo. «Un classico della letteratura francese! Non vedi?» cinguettò, pomposa.
A quel punto, Asuka si sentì in dovere di prenderla in giro. «Vedo che è girato al contrario. Complimenti per l'attenzione!»
I grandi occhioni di Lili si spalancarono ma solo per un secondo. Si ricompose subito: a qualcosa servivano i salotti dell'alta società. Ostentando noncuranza, disse: «Non ci avevo fatto caso» e girò il libro.
Per un po' – giusto quaranta secondi – nessun'occhiata fiammeggiante provenne dall'assidua lettrice di Boudelaire.

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Capitolo 6
*** Uno vorrebbe studiare... ***


29. "Potresti abbassare il volume?"
- Things you said as we danced in our socks / Le cose che hai detto mentre danzavamo

«Quand elle me prend dans ses bras, elle me parle tout bas, je vois la vie en rose! »
La voce di Lili rimbombava nella stanza, amplificata dalle note di quella che sembrava una vecchia canzone francese che le casse dell'impianto stereo degno di una discoteca sparavano fuori a tutto volume.
Asuka si infilò le dita tra i capelli ormai arruffati e scoccò un'occhiataccia alla Bionda Senza Cervello impegnata a compiere giravolte avanti e indietro, avanti e indietro, proprio mentre lei cercava di studiare. Ma quale spirito maligno le aveva suggerito di accettare l'invito di Lili a casa sua per "prepararci meglio alla prova di matematica"? – nella sua testa la voce di Lili le risuonò squillante ed entusiasta, dandole ancora più sui nervi.
«Quand elle me prend dans ses bras… » continuò a cantare Lili, articolando bene le parole, nella vana speranza che Asuka capisse il francese. Le lanciò un'altra occhiata maliziosa da sotto le ciglia.
Asuka si nascose il viso tra le mani. Sarebbe tornata a casa sorda oltre che schizzata.
«Potresti abbassare il volume, per favore, Oca Bionda!?» esplose, finalmente, spalancando gli occhi. La sedia balzò in avanti e Asuka urtò il petto contro la scrivania. Ecco, stare con Lili era un attentato alla sua salute, al suo corpo, alla sua mente!
La bionda si fermò nel bel mezzo di una giravolta e, come in un film dell'orrore, la sua espressione mutò dal felice e spensierato al furioso. Si parò davanti alla scrivania dove Asuka era appena sbattuta e si chinò su di lei. «Ben ti sta!» soffiò come una gatta alla quale hanno rubato il posto al sole.
Asuka si stava ancora massaggiando l'area indolenzita. «Eh!? Bionda pazza! Che vuoi?» sbottò, stizzita.
Lili sbuffava fumo dalle narici. «Per avermi ignorata bellamente! Io ti dedico una canzone romantica e tu! Tu fai finta di niente!»
Asuka sbatté un paio di volte le ciglia per esprimere al meglio la sua confusione. «Oca, ti ricordo che io il francese non lo conosco. Come dovrei capire? E poi non dovevamo studiare?» urlò, gesticolando. La mente di Lili funzionava in un modo poco consono, diverso, bizzarro: Asuka era sempre più convinta che la ragazza fosse stata rapita dagli alieni e, quando era stata riportata sulla terra dopo molteplici esperimenti, i suoi neuroni erano ormai irreparabilmente danneggiati. Kaput.
Lili diede un colpo ai lunghi capelli con il dorso della mano, socchiudendo gli occhi. «E noi che stiamo facendo? Studiamo. Studiamo la cultura francese, monegasca, europea» rispose, convinta che le sue parole avessero un senso compiuto. «Se non capisci una frase in francese così semplice come "Quand elle me prend dans ses bras", come puoi capire la matematica!?» chiese, spalancando le braccia e gli occhioni azzurri.
Persino la penna dovette deporre le armi perché esplose tra le mani di Asuka, sporcando tutto il quaderno e, di conseguenza, il lavoro svolto. La ragazza la lanciò via, in un moto di stizza. «Basta, ci rinuncio» sbuffò, con grande gioia di Lili che batté le mani e alzò ancora di più il volume della musica.
«Vedi, io ti sto facendo un favore! Magari per il compito di matematica non sarai molto preparata ma potrai presentarti a X-factor Giappone e stupire tutti con una canzone in francese!» concluse la bionda, tutta contenta per il suo piano perfetto, prima di trascinarla per la mano e costringerla a unirsi nel suo ballo scatenato di giravolte e salti.
«Da vecchia dovrai ringraziarmi per tutto questo!» aggiunse Lili.
Quando Sebastian aprì la porta per portare tè e biscotti per merenda, trovò le due ragazze a saltare sul divano a ritmo di musica, il suono delle loro risate quasi più forte della canzone stessa. Lasciò il vassoio su un comodino e uscì con il sorriso sulle labbra. Finalmente, la sua signorina aveva trovato compagnia.

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Capitolo 7
*** È solo un gioco, dicevano... ***


2. "Non riuscirai mai a battermi"

Calci, pugni, urla. Un caos.
Sebastian, il maggiordomo, assisteva la battaglia e commentava educatamente: «Ottima mossa, signorina Kazama» oppure «Fenomenale, mademoiselle». Ogni tanto, offriva loro dei piccoli rinfreschi per recuperare le energie.
Le mani sudate ormai scivolavano.
Lili ridusse gli occhi a due fessure. «Non riuscirai mai a battermi, camionista!» fu il suo grido di battaglia.
Asuka non poté contenersi e roteò gli occhi. «Partendo dal presupposto che ti ho già battuta nella vita reale, devi davvero applicarti tanto per un videogioco?» sospirò, perdendo la presa sul controller a causa delle mani sudate. «Aspetta, non muoverti, mi asciugo le mani un attimo!» disse.
Sebastian le porse prontamente un asciugamano ricamato che Asuka osservò dubbiosa. Più che una partita ai videogiochi, sembrava stessero gareggiando per le Olimpiadi. Lili non sapeva fare le cose in piccolo.
Siccome le aveva dato le spalle, Asuka si perse il ghigno furbo che aleggiò sulle labbra di Lili.
«KO!» annunciò la voce meccanica del gioco.
Con un risucchio, Asuka si voltò, oltraggiata. «Sei sleale!» l'accusò. Persino in un videogioco, Lili badava al fine e non al mezzo.
Con un sospiro, la bionda pazza appoggiò la schiena al morbido pouf del divano, concedendosi il meritato riposo del guerriero. Afferrò la bevanda energetica che un aitante valletto le offrì su un vassoio d'argento. Lili le rivolse un sorriso pigro, negli occhi balenò una luce pericolosa. «Ma Asuka cara, hai mai visto un torneista concedere una pausa al proprio avversario perché questi aveva le mani sudate?» domandò, miagolante.
Asuka la fissò per un istante, ammutolita. Ogni tanto riteneva necessario un manuale d'istruzioni per esseri umani senzienti che le spiegasse come funzionava il cervello di Lili. «Ma quale torneo? Questo non è il Torneo del Pugno di Ferro…» tentò di controbattere ma la voce si spense quando Lili, un sorrisetto soddisfatto, le sventolò la custodia del videogioco davanti.
"Tekken" campeggiava a grandi lettere sulla copertina.
«Ti ho battuta finalmente, Asuka!» esultò Lili.

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Capitolo 8
*** Organizzare feste e coppie ***


8. "E me lo dici solo adesso?"
32. "È il miglior regalo che potessi ricevere!"
33. "Che tempismo!"
31. "Ho provato a chiamarlo, ma non mi ha risposto!"
19. "Non avevi visto il messaggio? Ma se hai sempre il telefono in mano!"
3. "No, aspetta... era una battuta? Non l'ho capita!"
Quella volta in cui: 1. "Il tuo personaggio ne contatta altri due (o più) per una rimpatriata. Ma...qual è il suo vero fine?"


Organizzare feste e coppie


«Hwoarang, che tempismo, guarda! Ti stavo aspettando da mezz'ora!» sbottò Lili, afferrandolo per un braccio per trascinarlo in casa.
«Scusa, non ho visto» rispose lui, sornione, e sembrava tutto fuorché una scusa. Si infilò le mani nelle tasche e si guardò attorno: nell'ampio ingresso della villa Rochefort erano stipati pacchi e pacchetti sparsi, festoni, decorazioni, ghirlande, sketch di torte e vestiti… insomma, un caos. Hwoarang commentò con un fischio. «Però, Rochefort, tu sì che sai come organizzare una festa di compleanno!»
Lili lo fulminò con uno sguardo. «Non distrarmi! Com'è che non avevi visto il messaggio se hai sempre il telefono in mano? Cosa guardavi, eh? Ah, lo so: foto di Jin Kazama scattate chissà come. Sai che è illegale scattare foto senza il permesso del diretto interessato?» gli fece notare, alzando un sopracciglio, mentre iniziava a impilargli pacchi e pacchetti da abbellire tra le braccia.
Hwoarang ebbe la faccia tosta di non arrossire. «Io non rivendo le foto di Kazama, le tengo per me… come se tu non facessi lo stesso!» protestò.
Lili sembrò punta dal vivo. «Non è la stessa cosa! Io e Asuka stiamo insieme.» Posò forbici e nastri sulla pila di pacchi e poi batté le mani. «Su, su, datti da fare!» ordinò.
Hwoarang sollevò un sopracciglio ma obbedì. «Solo nella tua testa state insieme. Voi europei siete tutti così despoti?» fece, piccato. Rovesciò tutto il materiale sul tavolo nella stanza che gli aveva indicato Lili e si grattò la testa fiammante. «Ma quanti regali ha comprato la bionda a Kazama femmina?» domandò tra sé e sé, sbalordito.
La voce di Lili gli giunse più alta di un'ottava. «Ah!» finse una risata. «Aspetta, era una battuta? Non l'ho capita! Per tua informazione, Asuka mi ama» pronunciò la parola "ama" con particolare enfasi.
Hwoarang roteò gli occhi mentre cercava di sbrogliare la matassa di nastri e nastrini. «Sì, come no» commentò sottovoce. Non l'avrebbe mai ammesso a se stesso ma in realtà invidiava l'onestà e la sfacciataggine di Lili. Se anche lui avesse avuto un pizzico del suo coraggio… Gettò uno sguardo al telefono. E se avesse mandato un messaggino a Kazama? Scosse la testa: no, meglio di no. Affogò subito l'idea malsana tra i pacchetti di regali.
«Hwoarang!» chiamò Lili, improvvisamente. «A proposito del cugino di Asuka… sai, ho provato a chiamarlo ma non ha risposto. Comunque è sempre suo cugino, magari gli interessava darci una mano a organizzare la festa.»
La bionda sorrise astutamente quando sentì un certo trambusto provenire dal tavolo "di lavoro" di Hwoarang.
«Cazzo, Lili! E me lo dici solo adesso? Non sarei mai venuto se ci fosse stato pure lui, a meno che non avesse accettato di darmi la rivincita!» sbottò lui, nel panico più totale.
Lili ridacchiò sotto i baffi. «Beh, come puoi vedere…» cominciò ma fu interrotta dal suono del campanello della porta. Le sue dita smisero di annodare il fiocco e si bloccò, sconvolta. «Mon Dieu» fu tutto quello che riuscì a dire.
«Chi cazzo è, Lili!? Non farmi scherzi! Sono vestito una merda, non posso farmi vedere così da Kazama! Lili! Perché non mi hai avvisato prima!?» era il fiume di lamentele che proveniva dal tavolo di Hwoarang, improvvisamente fuggito verso il bagno per controllarsi prima di incontrare il suo acerrimo nemico – perché si sa, per darsele di santa ragione bisogna presentarsi in un certo modo, questione di rispetto, eh!
Stranamente elettrizzata all'idea di poter essere la Cupido del Giappone, Lili corse verso la porta e aprì senza nemmeno chiedere chi fosse. Le si spalancarono gli occhi dalla sorpresa quando vide Jin Kazama sull'uscio.
«Scusami per la chiamata, ho risposto subito al tuo messaggio dicendo che sarei venuto a dare una mano» salutò così lui, pacato.
Lili avrebbe voluto sfregarsi le mani. Hai visto, eh? Sei corso appena hai letto che ci sarebbe stato anche il rosso di Corea, pensò lei, stupita dalla genialità del suo piano. «Non preoccuparti!» finse il tono più mieloso che aveva. «Entra, prendi questi e vai nell'altra camera, c'è un tavolo dove puoi sistemarti» quasi strillò, frettolosa, rovesciandogli dei festoni e dei pennarelli glitterati tra le braccia. Avrebbe voluto spingerlo verso la stanza come aveva fatto con Hwoarang ma si trattenne e tornò saltellando verso le sue decorazioni. Attese pazientemente le urla che di lì a poco sarebbero giunte dalla camera.
E infatti…
«Kazama, che ci fai qua? La tua presenza è proprio il miglior regalo che potessi ricevere, vero, Lili?» arrivò forte e chiara la voce di Hwoarang. Fingeva di essere arrabbiato ma non poteva nascondere l'eccitazione nella sua voce.
Lili soffocò una risata. Chissà se tra un pacchetto e un nastrino…

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Capitolo 9
*** La moda ai tempi del Covid ***


6. "L'ho trovato scontato, non potevo lasciarmelo sfuggire!"
11. "Dovremmo approfittare di questa bella giornata di sole!"
34. "Arrivo, dammi il tempo di cambiarmi."
15. "Se non esistessi, bisognerebbe inventarti."

La moda ai tempi del Covid

Driiin!
«Pacco per Emilie Rochefort. Causa norme di sicurezza per il covid, ve lo lascio sul pianerottolo!»
«Va bene, lo ritiro io a nome suo.»
Una settimana dopo
Driiin!

«Pacco per Emilie Rochefort. Ve lo lascio sul pianerottolo.»
«Ok.»

Tre settimane dopo
Driiin!

«Signo', sapete già.»

"Pacco" non cominciava nemmeno a descrivere la pila di scatoli accampati fuori la porta che Asuka Kazama osservava con un sopracciglio inarcato. Era… cosa? La millesima volta che Lili ordinava online da quando era iniziato il lockdown? Ormai persino il corriere la conosceva e l'apostrofava come se fossero vecchi amici.
Sbuffando, Asuka sciabattò fuori la porta e spinse la pila con il piede, nella vana speranza che si trascinasse magicamente da sola nell'appartamento. Quando vide che, ovviamente, l'incantesimo non si era realizzato, roteò gli occhi e, giungendo le mani a coppa ai lati della bocca, chiamò a gran voce: «Oca bionda! Vieni a prendere la tua robaccia!»
La voce di Lili rispose con dieci secondi di ritardo, in affanno. «Arrivo! Dammi il tempo di cambiarmi!»
Asuka corrucciò le sopracciglia e gettò uno sguardo incredulo all'interno. «Cambiarti? Dove devi andare, finta bionda? Siamo chiuse dentro, ricordi?» ribatté.
No, ma davvero: il governo giapponese avrebbe dovuto offrirle qualche seduta dallo psicologo appena quell'inferno fosse finito. Avevano idea di cosa significasse stare chiusi dentro casa con Lili ventiquattr'ore su ventiquattro? Parlava persino nel sonno, lei, il tè giapponese che puzzava – quello monegasco no, come se il tè monegasco fosse paragonabile… ma Asuka era pietosa e la lasciava vivere nella sua immaginazione; il casinò monegasco con le vallette in tiro, le mutande con il buco di Victoria's Secret e il Torneo rimandato causa pandemia.
«Eccomi!» annunciò Lili, richiamando la sua attenzione.
Asuka batté due volte gli occhi. «Oca bionda, ma cosa ti sei messa?»
Lili fece il suo ingresso – o, meglio, la sua uscita – avanzando verso di lei come se stesse sfilando per Versace collezione "A Casa-mi-sto", sicura di sé, incrociando le gambe slanciate e inchiodando i suoi occhi con uno sguardo ammiccante.
Asuka sospirò, semplicemente troppo stanca per commentare.
«Ho indossato un bell'abito da cocktail, adatto alla stagione. Dovremmo approfittare di questa bella giornata di sole, non trovi?» cinguettò, soddisfatta, come se fosse tutto normale.
Asuka l'osservò come se le fossero spuntate due teste. «Certo, chiaro. Abbiamo tantissime opzioni, scegli! Dove vorresti andare: nel soggiorno o nella cucina, oca bionda?»
Lili le gettò un'occhiata da sopra la spalla, come se non avesse colto il sarcasmo di cui erano intrise le parole di Asuka. «Gradirei recarmi nelle mie stanze dopo questa fruttuosa giornata di shopping, grazie» concluse. Si chinò teatralmente per prendere la prima scatoletta in cima alla pila, urtando Asuka con il sedere. «Oops, non l'ho fatto apposta» fece, malefica, prima di sfilare dentro con il pacco orgogliosamente teso tra le mani, nemmeno stesse trasportando la torcia delle Olimpiadi.
«Ma tutta questa roba a cosa ti serve, di grazia? A scendere a buttare la spazzatura?» chiese piccata Asuka, ansimando per il peso dei pacchi tra le braccia.
Finalmente le si liberò la visuale quando Lili l'aiutò a portare un altro scatolo dentro. La bionda inclinò la testa come se quella fosse un'affermazione perfettamente sensata. «Ma certo! È un mese che la butto con gli stessi panni addosso, cosa credi che penseranno i vicini? E poi ho trovato tutto scontato, non potevo lasciarmelo sfuggire! C'è qualcosa anche per te, Asuká. Ammettilo: se non esistessi, bisognerebbe inverntarmi!»

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Capitolo 10
*** Poetessa maledetta imita Sharon Stone ***


9. "Che carino! Quanti anni avevi in questa foto?"
13. "Ma che musica ascolti?"


"Da me alle undici di stasera! Sono sola in casa" era il vergognoso messaggio che campeggiava sul suo telefono come una lettera scarlatta, con tanto di smiley con l'occhiolino.
È incredibile quanto la Bionda perda neuroni come perde bigliettoni da cento, rifletté Asuka, valutando la possibilità che, esagerando nella loro frequentazione, anche le sue cellule neuronali iniziavano a lanciarsi dal cervello per imitare quelli di Lili.
Solo quella poteva essere la spiegazione papabile per la quale alle ore undici di sera il dito indice di Asuka si ritrovò a bussare il campanellino della villa Rochefort. La voce di Lili trillò dal citofono: «Prego, mademoiselle». Asuka roteò gli occhi. Insomma, cos'era quella voce da femme fatale in erba? Eppure, non poté evitare che un angolo delle sue labbra si piegasse.
Quando spalancò il portone, il suo sorriso si tramutò in una smorfia sconvolta. Tipico di Lili! L'Oca si pensa che questo sia un appuntamento hot!
L'ingresso della villa Rochefort era illuminato da candeline aromatizzate che gettavano una morbida luce sugli ambienti circostanti e una musica vagamente malinconica riempiva l'aria in un dolce sottofondo. Dalla sala principale, proveniva la voce argentina di Lili che intonava: «Je suis malade, complètement malade, je verse mon sang dans ton corps».
Ora, Asuka non comprendeva una parola di francese ma era sicura che quella canzone non volesse dire nulla di buono e che fosse solo il preludio del malandato piano di seduzione di Lili. Fece il suo ingresso con le mani nelle tasche del cappotto di lana – quello buono, sì, per non sfigurare vicino a Lili. «Ma che musica ascolti, Bionda Pazza?» esordì, beffeggiandola. Però, poi, i suoi occhi caddero sulla figura slanciata della ragazza e la voglia di scherzare le passò via completamente. OK, ha ufficialmente battuto la testa.
Il corpo snello di Lili era sapientemente offerto in un gioco di vedo-non-vedo: sottili lacci attraversavano i suoi fianchi, la sua vita sottile, pizzi e seta scivolavano sulle sue spalle in una raffinata e seducente vestaglia da notte e i suoi piedi scalzi seguivano i passi di un valzer che sentiva solo lei e che si interruppe non appena le sue orecchie udirono quella frase amorale. Con un risucchio d'aria terribile, ululò: «Come osi? Questa è Dalida!» Nemmeno appartenesse allo chiccoso circolo dei poeti maledetti, giunse le mani e trasse un sospiro sconfortato, gli occhioni azzurri scintillanti fissi su qualcosa che solo pochi eletti potevano vedere. «In fondo, una profana come te cosa potrà mai capire degli oscuri desideri e delle tragedie della vita di una diva?»
Uno sbuffo scivolò dalle labbra piene di Asuka: la Bionda ora si credeva la figlia di Baudelaire. «No, per carità, ci mancherebbe altro. Posso sapere invece cosa ci fa una diva poetessa che canta lamenti francesi alle undici di sera con un filo nel sedere?» la canzonò, piazzandosi le mani sui fianchi.
Avanzando nel salone, lo sguardo le cadde sulle svariate foto che riempivano le mensole: c'era Lili in tutte le fasi della sua vita, in ogni momento della giornata. Ne indicò una dove indossava un vestito da principessa e intimava, con un gesto della mano, a chiunque la stesse osservando di inchinarsi – così despota già da bambina. «Che carina vestita da piccola dittatrice! Quanti anni avevi in quella foto?» chiese, ridacchiando.
In realtà, cercava di distogliere l'attenzione dal pornografico spettacolo che Lili le stava offrendo volteggiando su se stessa e piegandosi più del necessario per apparecchiare un tavolino dal quale provenivano profumi bizzarri. Cioccolato sicuro. La Bionda sta cercando di drogarmi con il cibo afrodisiaco?
«Ne avevo la metà di adesso» cinguettò Lili, mentre si indaffarava per versare un qualche vino aromatico europeo nei calici. «Sono sempre stata una principessa!» affermò, sognante. «Sei proprio sfacciatamente fortunata, camionista» concluse, come un'avvocatessa che ha terminato la sua arringa con successo.
Asuka scosse la testa. «Sei sempre stata una tiranna, volevi dire!» sbottò, girando la testa per scoccare un'occhiataccia. Peccato che non andò a buon fine: negli occhi azzurri di Lili brillava una luce birichina che affogò il tentativo di ramanzina di Asuka.
Appollaiata sulla tavola, Lili sfoggiava la sua mise succinta in tutto il suo splendore; le sue gambe snelle, appena accavallate, formavano un'elegante linea. I lunghi capelli biondi scivolarono lungo la schiena quando la inarcò, mettendo in bella mostra le svelte curve del suo corpo.
È andata, santi kami. «Oca, no, tu non sei Sharon Stone in "9 settimane e mezzo"» tentò di scherzare Asuka, ma la voce le uscì roca e si spezzò in più punti.
Sulle labbra di Lili aleggiò un ghigno di vittoria: sapeva di aver già vinto. «No, infatti: sono anche meglio» affermò e, inclinando il capo come una star dei film, iniziò a divaricare le gambe nude fino a rivelare il suo punto più sensibile. Poi, in un'imitazione della foto che dominava la mensola, – che parve quasi blasfema –, le intimò con un gesto della mano di inchinarsi ai suoi piedi.
Asuka roteò gli occhi e si accasciò teatralmente sul lucidissimo parquet proprio nel momento in cui la profonda voce di Dalida intonò: «Et je suis comme un oiseau mort quand toi tu dors».


N/D: non credo sia proprio necessario ma alzo il rating ad arancione... better safe than sorry

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Capitolo 11
*** Chi fa più paura tra Lili e la bambina de ***


26. "Il mio cervello si sveglia sempre un paio d'ore dopo il mio corpo."
40- Things you said with my lips on your neck / Le cose che hai detto con le mie labbra poggiate sul tuo collo
32- Things you said before you kissed me / Le cose che hai detto prima che mi baciassi
43- Things you said when we watched our first horror movie / Le cose che hai detto quando vedemmo il nostro primo film horror
23- Things you said at the back of the theatre / Le cose che hai detto sul retro del cinema (o del teatro)
26- Things you said while holding my hand / Le cose che hai detto tenendomi la mano
1 - Things you said when you were scared / Le cose che hai detto quando avevi paura


La bambina ruotò di trecentosessanta gradi la testa, offrendo il suo volto deturpato al pubblico che, seduto sulle comode poltroncine del cinema arredato secondo lo stile vintage, fu scosso da risolini che deridevano i loro stessi sussulti provocati dalla vista di quello scempio.
Lili, invece, sfruttando il momento, arpionò la mano di Asuka con la sua e affondò il viso nell'incavo del suo collo, poggiandovi astutamente le labbra. «Sono terrorizzata! Come può una bambina essere truccata tanto male!? Insomma, ma la make-up artist stava dormendo?» si lamentò, fingendosi spaventata.
Asuka Kazama, più divertita che altro dagli ormai atemporali effetti speciali del film horror, tremò a quel tocco. «Deve fare paura, Oca Bionda, non fare la sfilata di moda» sbottò. Scrollò le spalle per liberarsi di Lili. «E mollami!» protestò.
Un coro di "Ssh!" si levò dalle file dinanzi e Asuka, colta in flagrante, scoccò un'occhiataccia a Lili. «Per colpa tua ora ci cacciano dal cinema! Tu hai insistito tanto per vedere "L'esorcista", ora muta!» sibilò tra i denti, contrariata. Odiava essere ripresa per colpa della Bionda pazza!
Per nulla indispettita o colpevole, Lili abbandonò la schiena sulla comoda poltroncina, sprofondandovi e accavallando le gambe come una perfetta tronista. «E certo, mia sciocca bella! Guardare un horror al cinema in un freddo mese invernale è nelle liste delle cinquanta cose da fare con la propria fidanzata! Dovresti sapere il perché» spiegò paziente, come se fosse un'ovvietà e solo una provincialotta come Asuka non ne fosse al corrente. «Ah, camionista, ma a che ora ti sei svegliata stamattina? Sei ancora tutta intontito di sonno!» aggiunse, giusto per darsi delle arie mentre prendeva un sorso di tè verde, con tanto di mignolo alzato – "Non vorrai certamente comprare la Coca-Cola! Fa aria nello stomaco!" era stata la sua accesa giustificazione davanti allo sguardo sorpreso della ragazza.
Asuka avrebbe voluto sganasciarsi dalle risate: Lili era davvero uno spasso! Cosa c'entrava adesso il fatto che, siccome era l'unico giorno della settimana in cui poteva riposare, aveva dormito fino a tardi? Ma tanto con la Bionda non si poteva discutere: la sua mente ragionava in un modo tutto suo, i suoi neuroni dovevano girare in senso antiorario rispetto a quelli dei normali esseri umani. Asuka era sempre più convinta che la ragazza fosse stata rapita dagli alieni e, quando era stata riportata sulla terra dopo molteplici esperimenti, i suoi neuroni erano ormai irreparabilmente danneggiati. Kaput.
Così, decise di stare al suo gioco. «Eh, certo, ora sono le sei di sera, io mi sono svegliata alle dieci e mezzo perché, a differenza tua, non ho bisogno di un'intera giornata per prepararmi per andare al cinema!» soffiò, assestandole un colpo ben piazzato con il gomito.
Lili ridusse i favolosi occhi azzurri in due fessure. «Il fatto è, rozza camionista, che il tuo cervello si sveglia sempre un cospicuo paio d'ore dopo il tuo corpo. Sei in piedi dalle dieci e mezzo, sono le sei di sera e ancora non hai capito cosa fare» la rimproverò. Poi, come colta da un'improvvisa ispirazione, drizzò la schiena. «Ah! Non hai negato che siamo fidanzate!» esclamò, le guance così rosse da risultare visibili persino nel buio della sala.
Diverse teste si voltarono verso di loro, giurando un ghiotto pettegolezzo. Asuka voleva morire. «Ssh, abbassa la voce! Vuoi farti sentire da tutti?» la zittì, sporgendosi in avanti per coprirle la boccaccia con la mano.
Gli occhi di Lili fecero faville. Contro la mano della ragazza, le sue labbra morbide disegnarono archi gentili mentre canzonava: «Come siamo riservate, Kazama! Allora sarà un vero battesimo di fuoco per te eseguire il numero dieci della lista di cose da fare con la propria fidanzata!»
Annusando la trappola, Asuka si ritrasse. «Cosa sarebbe?» chiese tra i denti.
Lili si ricompose e dalle sue labbra scivolò un imbarazzato ma malizioso risolino. «Guardare un film horror era il numero nove; il numero dieci corrisponde alla mossa successiva, ovvero pomiciare nel retro del cinema!» rivelò, modulando il tono di voce per risultare seducente.
Asuka balzò sulla sedia, più spaventata da quella mezza pazza indemoniata che sedeva accanto a lei che dalla bambina effettivamente indemoniata nel grande schermo che, in quel momento, stava zampettando lungo le scale in modo poco consono. «Nemmeno morta!» protestò vivacemente, attirando altri cori di "Ssh!".
Lili le scoccò un'occhiataccia; stava letteralmente sbuffando fumo dalle narici. «Non osare darmi buca! Ho indossato il mio nuovo completino firmato "Agent Provocateur" appositamente per l'occasione!» esplose, battendo una mano sul bracciolo per sottolineare l'importanza di quel gesto.
Nella sala calò il silenzio; persino lei dovette essersi accorta di aver alzato un po' troppo la voce e si rintanò nella poltroncina per ripararsi dagli sguardi indagatori degli spettatori, ora decisamente più interessati alla loro storia che a "L'Esorcista".
«Dopo ne discutiamo» tagliò corto Lili in un filo di voce, a braccia conserte come una bambina capricciosa costretta a battere momentaneamente in ritirata.
Finalmente, dalle poltroncine numero 38 e 39 non si udì nemmeno più volare una mosca… fino a quando le occupanti delle suddette poltroncine sollevarono i regal deretani per avviarsi verso l'uscita che dava sul parcheggio situato nel retro del cinema. Lili ridacchiava, felice come una pasqua. «Finalmente mi sbaciucchierai, Kazama!» esultava – a bassa voce per non attirare ancora di più l'attenzione, visto che aveva notato diverse paia di occhi che le seguivano, curiosi.
«Dov'è la tua limousine, Lili?» chiese quasi impaurita Asuka, osservando il parcheggio buio e le schiene delle persone sfilare verso le loro macchine, abbandonandole alla sera ormai calata sulla città di Tokyo.
Lili scalpitava nel suo cappottino di lana, le mani infilate nelle tasche per riscaldarle. Il fiato le si condensava in una nuvoletta di fumo per il freddo. «E dài, Asuka, c'è un muretto, qui! Dovresti sollevarmi e piazzarmi lì per coccolarmi in questo freddo polare!» la istruì, spazientita. «L'ho letto su "Cosmopolitan"!» affermò.
Asuka roteò gli occhi. «Ti prego, smettila di leggere quella stupida rivista occidentale liberale, ti ucciderà gli ultimi due neuroni rimasti» borbottò, contrariata, eppure si avviò verso il muretto. Davvero non riusciva più a subirsi la voce argentina di Lili nelle orecchie per cui decise di togliersela di torno. In fondo, quanto poteva costarle quella tortura? Cosa vuoi che sia un bacetto su un muretto?
Lili la seguì, saltellando come un pinguino. Giunta davanti al muretto, allargò le braccia in un invito a sollevarla. «Su, Asuka, mostrami la tua forza da karateka!» comandò; lanciò un urletto gioioso quando la ragazza obbedì, mettendola a sedere sul muretto dove poté finalmente ondeggiare le gambe e riscuotere il suo premio agognato.
«Cosa viene dopo questo terribile e stupido numero nella lista?» chiese Asuka; ancor prima di sacrificarsi, voleva sapere cosa l'attendeva superato il terrificante numero dieci.
Una luce pericolosa brillò negli occhi di Lili. Chinandosi sulla ragazza, sussurrò a fior di labbra: «Ma è ovvio, ma chère: farlo nel cinema!»
Asuka aveva ancora la bocca spalancata quando Lili colmò la distanza tra di loro e la baciò – nonostante la lista riportasse che avrebbe dovuto essere lei a essere baciata… ma, si sa, con Emilie Rochefort non si seguono copioni.

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Capitolo 12
*** Stay salty ***


«Oca Bionda, il tuo gatto si è di nuovo mangiato il mio pranzo!» La voce di Asuka giunse più alta di un'ottava, stridula per la stizza.
Morbidamente reclinata sul suo letto queen size, tra le mani affusolate un libro dal conturbante titolo – "Hot Ice"¹... insomma, è ghiaccio o no? –, Lili si lasciò sfuggire una risatina. «Ma è normale! Tu lasci il sushi sul tavolo, incustodito! Salt è una gatta e tu le servi sushi! Cosa dovrebbe fare, scusa? Mangiarselo
«Quella gatta mangia di tutto, Lili! È troppo viziata!» urlò di rimando Asuka.
Lo sciabattare delle pantofole segnalò il suo avvicinarsi. Lili le rivolse uno sguardo divertito quando aprì la porta della sua stanza, i capelli arruffati, la divisa scolastica – che le donava meravigliosamente! Lili aveva troppo buon gusto, che dire: sapeva di aver scelto la scuola giusta quando aveva visto il delizioso basco sulla testa delle ragazze. Aveva solo tredici anni all'epoca e già chiare priorità – sbottonata.
«Dov'è quel ladro di cibo?» bofonchiò Asuka, scandagliando la stanza.
Davanti a quell'attitudine irragionevole, Lili roteò gli occhi. «"Ladra", è una femmina» corresse. «Dove vuoi che sia? Nella sua stanza, ovvio! Sai che Salt vuole la sua indipendenza, è una gatta adulta! » spiegò, come se stesse parlando a una bambina di tre anni.
Asuka sbatté gli occhi un paio di volte, chiedendosi quale demone si fosse impossessato di lei quando aveva acconsentito ad andare a vivere da Lili a Montecarlo. Oltre a subire l'Oca Bionda e il suo unico neurone a forma di palla di pelo, adesso doveva stare anche alle dipendenze della suddetta gatta, che, tanto per dire, aveva una stanza più grande della sua casa ad Osaka. Perché mai un gatto dovesse avere una stanza sua – con tanto di veranda, giochi e giochini, una dieta più salutare e varia di quella di un bambino medio – restava un mistero. Anzi, no, non era un mistero: era una gatta adulta, matura. Lili diceva che non vedeva l'ora di avere dei nipotini. Dei nipotini. Da un gatto. Era andata, gente, completamente andata. Ah, ecco, adesso Asuka sapeva perché Salt volesse la sua stanza: per stare il più possibile lontano dalla sua squilibrata padrona.
«Se vai nella dispensa di Salt, c'è altro sushi. È inutile che te la prendi con lei, cerca di attirare la tua attenzione!» continuò Lili, sottolineando le ultime parole con uno sguardo assassino, come se Asuka dovesse cogliere un significato recondito dietro quel "cerca di attirare la tua attenzione mangiando il tuo sushi".
Asuka allargò le braccia. «Il gatto che ha una vita migliore della mia mi fa i dispetti per attirare la mia attenzione!?» ripeté, incredula. Parlare con Lili prosciugava tutte le sue energie: era come tentare di comunicare con un alieno residente su Venere.
Lili le scoccò un'altra occhiataccia. «"Gatta"!» corresse nuovamente, indispettita. «Sei poco empatica, Asuka. Salt è sola» protestò, tutta risentita.
L'altra ragazza sbarrò gli occhi. «Sola? Ha una squadra di domestici tutta per lei!» esclamò, scioccata.
A quel punto, Lili chiuse il libro con uno schiocco secco. «"Domestici", appunto, non amici! Non ha nemmeno una fidanzata!» precisò, lamentosa, mentre si portava un braccio alla fronte e sprofondava tra i cuscini di raso, in un'impeccabile imitazione di una dama di un romanzo dell'Ottocento.
Asuka osservò quella sceneggiata a bocca aperta, sconvolta. «La fidanzata? Ma non è una femmina? Come li hai poi i nipotini?» domandò, cercando di cogliere un nesso logico nei discorsi di Lili. I suoi occhi ricaddero sul libro e, a quel punto, le sue sopracciglia s'inarcarono. «Ma che roba leggi, Bionda Pazza? "Hot Ice"? Come può il ghiaccio essere bollente?»
La bionda abbandonò la sua recita da dama disperata e le rivolse una smorfia, prima di lanciare addosso il libro che venne prontamente schivato. «Sei proprio una zotica! Esistono tante tecnologie per avere figli senza bisogno di fidanzati! E poi, ti ho già detto… Salt è proprio come la mamma».
E, quando sulle sue labbra spuntò un ghigno che prometteva le pene dell'inferno, Asuka seppe che era il momento di filare via da quella stanza.


N/D: LILI È GATTARA CONFIRMED. VABBÈ.
Era da un sacco che non aggiornavo questa raccolta ma il trailer di Lili mi ha invogliata ahahah è una sciocchezza ma ciao.
¹ "Hot Ice" è il titolo di un'antologia di racconti che vede protagoniste regine di ghiaccio che, alla fine, cedono alla passione per altre donne. È chiaro che la regina di ghiaccio in questione qui è Asuka che si rifiuta di cogliere i segnali! XD

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