Diario delle emozioni

di Fre Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Post ***
Capitolo 2: *** Secondo Post ***
Capitolo 3: *** Terzo Post ***
Capitolo 4: *** Quarto Post ***
Capitolo 5: *** Quinto Post ***



Capitolo 1
*** Primo Post ***


15 maggio 2013

E così, dopo aver aperto l’ennesima e-mail con l’ennesimo rifiuto, ho ripreso Te, piccolo grande “diario delle emozioni” che una donna di mezza età esperta a trattare con adolescenti, ha voluto che tenessi. Ricordo ancora come se fosse ieri: “puoi scriverci quello che vuoi, sai? E non deve essere per forza tutto in ordine, puoi cancellare, disegnare, ripetere sempre le stesse cose…” o vaffanculo! Sì, vaffanculo!  Devo averlo urlato nei miei pensieri, per poi estraniarmi del tutto, perché poi non ricordo più nulla di ciò che è successo.
Però ti ricordi? Poi ho camminato fino a casa e passando per la cartoleria, ti ho comprato! Mi sei pesato sulle spalle più dei miei quaderni di scuola, ed eri vuoto. Ho scritto per un giorno, due, tre… in breve tempo sei diventato il mio confidente e mi hai sul serio aiutata a mettere in ordine i miei pensieri. Poi mi sono diplomata, poi c’è stato Vincenzo, poi non ho più avuto bisogno di te, poi c’era la vita.     
E adesso eccomi qui. Una 25enne in piena paranoia sul futuro che non ha più nulla. Non c’è più Vincenzo, non c’è più quella vita che avevo, c’è il ritorno nella mia camera da ragazzina e ok, ti riprendo in mano. Se devo fallire, tanto vale fallire per bene, o no? Tanto vale andare giù, nell’abisso, toccare il fondo e solo allora decidere se risalire o rimanere lì, ad annegare. Pensieri profondi, eh? Comunque merito di Zarrillo, mi pare.   
Insomma, Vincenzo non c’è più, e con lui è andato via anche il sogno del negozio da aprire insieme, della casa da comprare in un quartiere vicino al centro ma tranquillo e quei due, tre bambini che mai avrebbero litigato tra loro, felici e starnazzanti che giocano, che aiutiamo nei compiti… oh, fanculo anche a quei bambini tanto desiderati! Chissà se lui parlava di quei bambini anche alla sua collega? Eh sì, perché la ragazzina che al liceo era un cliché: bassina, cicciottella, bruttina… è rimasta un cliché anche da adulta: bassina, cicciottella, bruttina, con un fidanzato che l’ha tradita per un anno intero con la sua collega del bar e sai cosa? Sono già andati a vivere insieme! O, per lo meno lui sta cominciando a realizzare quel sogno. Certo, quel sogno che una volta era anche il mio, ma a chi importa, no? “Alza le spalle e fregatene. Non era quello giusto” mi ha detto mia sorella, al telefono, mentre allattava Serena. Ma cosa ne poteva sapere lei di “non era quello giusto”, se ha avuto solo un fidanzato in tutta la sua vita?       
Ma il problema non è neanche Vincenzo, mia sorella, o il lavoro mollato e mai più trovato. No, il problema sono io, caro mio diario delle emozioni. Perché sì, oltre a essere rimasta bassina, cicciottella, e bruttina sono anche rimasta quella che va in paranoia per tutto, che si isola, che non si apre con il mondo esterno, che piange e non vuole risolvere i problemi. E allora sono anche felice per Vincenzo, davvero. Ma devo tornare a essere felice anche per me.        
Ma sai cosa c’è? Scrivere sulla carta, con la penna, con le varie decorazioni, con le frasi cancellate… insomma, non fa più per me. È roba per adolescenti, e io non sono più adolescente, anche se vivo di nuovo a casa con i miei, nella mia stanza e devo chiedere a loro i soldi per tutto. Comunque non sono più adolescente, sono un’adulta. E che fa un’adulta nel 2013? Affida i suoi pensieri a un blog. Così eccomi qua, con il mio diario dei pensieri virtuali pubblici.
Vecchia prof, guardami ora! Valeria è pronta per il mondo, anche se in maniera virtuale.

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Capitolo 2
*** Secondo Post ***


16 maggio 2013
23 visualizzazioni. 0 commenti.
Il bello è che ieri, dopo aver inviato il post, mi sono detta: “Ok, non importa quale sarà il numero delle visualizzazioni o dei commenti, lo fai per te e lo fai online con la speranza di aiutare qualcuno.” Eppure sono due ore che aggiorno la pagina sperando in un cambiamento, in una salita dei numeri, e invece niente. Perché in un secondo è diventato così importante sperare che qualcuno possa complimentarsi con me? Cosa volevo? Vincere il concorso: “best seller del web”? Ovviamente i miei pensieri hanno cominciato a ripetermi che non valgo nulla, che non interesso a nessuno, ma va bene anche così, intanto 23 persone al mondo hanno letto. O meglio, potrebbero anche non aver letto per niente, aperto la pagina per sbaglio, o letto, sbuffato dopo le prime righe e chiuso. Fa niente, va bene anche così, no? Lo sto facendo per me stessa.               
 Un po’ come andare dal parrucchiere: lo si fa per se stesse, no? Il trucco, la ceretta, i vestiti stretti, i tacchi alti, tutto per se stesse, no? Ma andiamo! Quante bugie ci diciamo? Facciamo tutto per gli altri, perché stiamo bene con noi stesse solo quando abbiamo approvazione dagli altri. Immaginiamoci una modella: 178 cm, 50 chili, capelli splendenti, trucco perfetto, abiti da favola… che non viene vista, condivisa, applaudita o invidiata. Secondo voi continuerebbe con la sua dieta a base di niente? Con le ore dall’estetista? Con i massaggi serali a gambe e piedi dopo aver camminato sui tacchi tutto il giorno? Certo che no! Tornerebbe a casa a mangiarsi un gelato in pigiama in compagnia di un film romantico alla tv. 
Facciamo tutto per gli altri, e stiamo bene se veniamo apprezzati, ecco la verità. Viviamo in comunità, siamo strettamente collegati. Ciò che dico o faccio può influire sulla vita di qualcuno, e grazie al web anche sulla vita di uno sconosciuto che vive in un altro continente.
Se sei arrivato fino a qui, ora sai la verità: fai ciò che rende felice e appagato il prossimo. Pensaci un attimo: a cosa pensi la sera, o la mattina, quando devi scegliere come vestirti? A quel vestito che ti fa sentire più a tuo agio, o a quello che ti fa sembrare più attraente o comunque meno scemo? E no, non mentire, le due cose non sono collegate: perché la tuta ci fa sentire a nostro agio, ma di certo non ci rende attraenti.            
Forse è solo colpa mia, oggi sono rimasta in casa tutto il giorno, sono depressa e penso solo al quel 23 che non aumenta.               
Comunque domani uscirò e non mi porterò il telefono dietro, lo giuro.               

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Capitolo 3
*** Terzo Post ***


30 visualizzazioni. 0 commenti.

17 maggio 2013


Non ci sono riuscita. Giuro che ci ho provato con tutta me stessa, ma mi sono alzata dal letto solamente alle cinque del pomeriggio e il pensiero di lavarmi, vestirmi, aprire la porta per scendere e incontrare gli altri, mi faceva malissimo. Non ho voluto neanche incontrare i miei genitori, così sono rimasta in camera fino a sera e allora mi sono resa che è una grande fortuna avere il bagno in stanza.             
Certo, i miei genitori hanno bussato, e sono entrati in camera ogni tanto, ma io facevo finta di studiare, o di vedere un documentario sul cellulare. Mi credono sempre: sono così lontani dal mondo web che basta collegare le cuffie al telefono e si fidano di ciò che dico. Mi sento in colpa, sì, ma almeno mi creo l’immagine della ragazza che fa qualcosa.      
Comunque, tornando al fatto che non sono uscita, mi sento come se avessi fallito un obiettivo e come se lo avessi centrato, non so spiegarmi. Avrei voluto uscire, sì, ma non mi aspettavo di farlo sul serio, quindi non riesco a capire se è andata bene o male. Dicono che le cose non accadono standosene seduti sul divano di casa, dicono che uscendo si hanno più probabilità di cambiare la propria vita, ma non ti dicono come fare se si ha la paura di incontrare gente, o almeno non lo dicono a me.                
Cosa posso fare per farmi passare questa paura? Non riesco neanche a chiamare dei numeri di aiuto, per dire cosa? “Aiuto! Non riesco a uscire!” mi riderebbero in faccia. 
Non so se sono l’unica al mondo a sentirsi così, e non so neanche se tra di voi ci sia qualcuno che ha intenzionalmente aperto il post per sapere come mi va la vita… mi spiace comunque se ti sto gettando questa nube nera e tossica addosso, non è mia intenzione.  
Dovrei solo imparare a chiedere aiuto, ma come faccio a chiedere aiuto se mi sento come se avessi l’acqua a riempirmi i polmoni? Vorrei urlarlo, ma non riesco.              
Ora basta, sto piangendo e ho fame.

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Capitolo 4
*** Quarto Post ***


35 visualizzazioni. 0 commenti. 1 messaggio.
Messaggio da Unique: mi ricordi me sette anni fa. Mi spiace tu stia così, ma ti assicuro che giorno dopo giorno andrà meglio.
18 maggio 2013
 
Unique è un ragazzo di trent’anni. Abbiamo parlato molto via messaggi, e abbiamo scoperto che viviamo nella stessa città, anche se lui è originario di Perugia. Si è trasferito a Roma dopo il liceo perché ha sempre sognato di andare a Londra, così ha voluto provare l’esperienza nella capitale italiana per almeno due anni e non l’ha più lasciata.                


Abbiamo deciso di vederci. Sì, lo so, non dovrei fidarmi di una persona conosciuta su internet, blablabla. Ma che differenza avrebbe fatto se lo avessi incontrato per la prima volta dal vivo, in modo del tutto casuale? Cioè,lo avrei potuto incontrare in un parco, parlarci e poi prenderci un caffè il giorno dopo, no? Questa cosa che internet è il male assoluto deve finire. E poi è gay, quindi non corro nessun rischio di cuore spezzato.
Insomma, mi ha chiesto di uscire, è effettivamente uno sconosciuto (e a volte è più facile parlare con uno sconosciuto) ha passato ciò che sto passando io, può aiutarmi e male non fa, no? Non andremo in un posto isolato, ok, è gay, ma potrebbe essere comunque un serial killer! ;)      


Scherzo, Unique. Non dirò il suo vero nome per privacy, e non vi nascondo che sono un po’ in ansia. Non ho accettato subito, l’ho fatto dopo ore e ore di chiacchierata via chat. Lui mi ha fatto questa domanda: “Cosa potrebbe accadere? Se non mi sopporti puoi sempre andartene, bloccarmi e non vedermi mai più. Continueresti la tua vita come al solito, non hai nulla da perdere tesoro.”           


Ha ragione: non ho nulla da perdere.   
Quindi ci incontreremo domani a Piazza del Popolo. Abbiamo deciso il nostro segno di riconoscimento, ma non sarà lo stesso facile con tutti quei turisti. Rido già all’idea!
 
p.s. ho deciso di dividere i paragrafi con lo spazio sotto consiglio di Unique.

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Capitolo 5
*** Quinto Post ***


20 maggio 2013
120 visualizzazioni. 0 commenti.

Wow. WOW. Unique è una persona favolosa e se ho saltato un giorno, è solo perché mi sono dovuta riprendere un po’. Siamo andati in un locale del centro dove lui conosce i proprietari, quindi praticamente abbiamo mangiato e bevuto senza limiti. Mi ha parlato della sua vita –che ovviamente non riporterò- e devo dire che è molto simile alla mia. È stato così dolce a ripetermi costantemente che merito ogni felicità, che durante ogni crisi bisogna solo prendere una decisione e andare avanti. All’inizio devo dire che lo stavo odiando, insomma: frasi fatte, ottimismo non richiesto, ma poi ha detto una frase che non è sfuggita alla mia mente: “Come hai fatto una volta, farai la seconda”.             

Mi sono svegliata con queste parole, ed è vero! Ho avuto un’illuminazione! Ho guardato il soffitto ripensando alla mia vita, agli errori, alle cadute… Sono caduta più volte, poi mi sono trascinata a lungo e alla fine mi sono rialzata. Per ricadere un’altra volta, ok, ma stavolta potrei saltare la parte del trascinarmi e rialzarmi subito, no?

Da bambini, quando impariamo a camminare cadiamo e ci rialziamo, cadiamo e ci rialziamo, sempre. Non pensiamo a quanto ci stiamo mettendo. Rimaniamo concentrati sul nostro obiettivo e riusciamo. Quando avviene il cambiamento? Quand’è che iniziamo a focalizzarci più sul tempo che impieghiamo per raggiungerlo? Perché iniziamo a dirci: “Devo finire di studiare entro i 25 anni”, “Devo sposarmi entro i 30”, “Devo trovare il lavoro della vita entro quest’anno”… invece di pensare solo al traguardo? Non vivremmo forse in maniera più tranquilla? “Ho deciso che nella vita mi sposerò”. Non ho dato un ultimatum alla mia mente, può succedere ora o tra dieci anni, non è quello il problema.  

Se la smettessimo di rincorrere le cose “per tempo”, se ci fermassimo, se prendessimo fiato, se capissimo che camminando la meta viene raggiunta lo stesso, allora capiremmo meglio tutto ciò che abbiamo attorno. Conosceremmo le diverse sfumature della realtà che ci circonda, saremmo più umani. Più felici.

Mi ha invitata a lavoro da lui, lunedì. Cioè, non è stato un vero e proprio invito, è andata così: “Tu verrai a lavoro da me, lunedì. Non accetto scuse, prendilo come un impegno.”
 
P.S. Comunque gli amici di Unique sono simpaticissimi e hanno deciso di seguire questo mio blog. Forse devo a loro l’aumento delle visualizzazioni.

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