L'ululato del lupo

di Keeper of Memories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Breve Vita Matrimoniale ***
Capitolo 2: *** Ordinarie giornate di caccia, più o meno ***
Capitolo 3: *** Una coraggiosa bambina che parla troppo ***



Capitolo 1
*** Breve Vita Matrimoniale ***


9:40 Era del Drago
 
Tell the tale of Tyrdda Bright-Axe, mountain maker, spirit’s bride
Free her people, forged in fastness, made in mountains, hardy hide
 
Sigrid cantava davanti al fuoco nel giorno delle sue nozze, la voce roca riverberava nella grotta. Alla sua destra, sua madre Dagmar sorrideva. Quanto era bella sua figlia con i capelli biondi intrecciati e l’abito cerimoniale! Aveva intagliato lei personalmente nell’osso ogni perla che adornava il suo capo e cucito la candida lana in quell’abito che avvolgeva le sue morbide forme femminili.

Maiden, spurning all requests
Tyrdda Bright-Axe, Dreamer’s Eyes,
Avvar-Mother, of her making.
 
Einar sedeva tranquillo ai piedi di Sigrid. Il giovane lupo grigio non capiva perché così tante persone era riunita attorno al fuoco, né perché la sua sorella umana stesse cantando. Forse era importante, si disse. Decise allora di unire la sua voce a quella di sua sorella, imitandone il tono con il suo ululato.
 
None shall break my tribe apart,
not with demon-words that kill,
fear my fury’s fiery rays,
Dream-words lie, their thirst unslaking.
 
Sigrid guarda con affetto Halvard, che alla sua sinistra armeggia con difficoltà con i nodi nuziali. Le piace Halvard, è forte come un orso e i capelli e la barba rossicci le ricordano il fuoco che divampa nei falò notturni e illuminano le notti a Picco del Lupo. Ricordava ancora lo stupore quando si presentò alla sua capanna e le annunciò la sua intenzione di portarla a Roccia Ursina, per farla diventare sua moglie. Come aveva fatto a convincere Einar a lasciarlo entrare, era ancora un mistero.
 
Blade of dragonbone now blooded, warrior throats wrung raw with cheers
Tyrdda stands, her bright ax blazing, leg still weeping battle tears
 
“Sconfiggimi e sarò tua” gli rispose e Halvard sgranò gli occhi. Non sarebbe andata altrimenti, si era detta. Non avrebbe mai accettato di lasciare sola sua madre per condividere il giaciglio con un uomo più debole di lei, nemmeno per seguire il suo cuore. Uscì dalla capanna e andò a parlare con il Thane del Clan, affinché gli dei stessi fossero testimoni di quello scontro.
 
Tyrdda Bright-Axe, proud her tribe, free from fallow fat below,
built in battle, fed on fighting, strong from struggle did they grow.
 
“Senza armi, affidatevi solo alla forza del vostro corpo” aveva sentenziato il Thane e così era stato. Una piccola folla di curiosi si era radunata per assistere allo scontro, inclusa sua madre Dagmar. Aveva fatto capire a Einar che doveva restare indietro e ora fissa il suo pretendente, i pugni alzati in guardia.
La folla esulta per quello scontro entusiasmante, i due grandi guerrieri che lottano sono uno spettacolo. Passa un’ora prima che il Thane li fermi, hanno entrambi botte e lividi ovunque ma Halvard è riuscito a bloccarla al suolo, non riesce più a muoversi.
Il Thane annuncia che l’unione di Sigrid e Halvard è voluta dagli dei e sotto sotto scopre di esserne felice.
 
Skyward, one last trek she made,
to her lover, dream-delivered,
raven feathered, reunited,
hearts both whole, now neither aching.
 
La voce si spegne e Sigrid guarda Halvard orgogliosa, mentre espone i nodi nuziali sciolti. Quattro nodi per quattro primavere insieme, così vuole la tradizione. Svarah Chioma Solare le si avvicina, sorride mentre le posa le mani sulle sue spalle. “Benvenuta nel clan dell’Orso di Pietra, Sigrid Dagmardotten” le dice e la folla esulta, irrompendo in canti e danze attorno al fuoco. Sigrid la ringrazia, ma non appena la Thane si volta è Halvard che cerca. Suo marito, Halvard Bardsen, il suo compagno di vita per i prossimi quattro anni, sorride dolcemente e le prende le mani tra le sue, enormi ma delicate. “Farò tutto ciò che è in mio potere per renderti felice” le dice, gli occhi scuri brillano di risolutezza. “Hai già iniziato bene” risponde lei sorridendo, prima di alzarsi sulle punte dei piedi e sfiorargli le labbra con un bacio.
 
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Quattro mesi passano, Halvard e Sigrid siedono attorno al fuoco assieme agli altri membri del Clan, mangiando lo stufato di carne e radici che i più giovani e i più anziani hanno preparato per tutti.
“Sigmund non ce la farà da solo” sente dire Svarah Chioma Solare.
Sigmund è il mercante del Clan e domani dovrà partire alla volta di Orzammar. I nani lo conoscono bene e di lui si fidano, per questo, per l’ultima volta in quell’anno, doveva partire.
Ma Sigmund è vecchio, troppo vecchio, suo figlio l’ha portato via l’Inverno pochi mesi fa e da solo potrebbe non essere in grado di fronteggiare i banditi che infestano le strade. Inoltre, l’augure li ha messi in guardia, parla di squarci nel cielo che si moltiplicano a vista d’occhio, che corrompono gli spiriti, traviando la loro essenza e allontanandoli dal loro scopo. “Le strade pullulano di demoni”, dice, “è troppo rischioso”.
“Andiamo noi con il vecchio Sigmund” li interrompe Halvard, alzandosi.
Eccolo Halvard, che non si tira mai indietro quando qualcuno è in difficoltà. È un po’ sciocco e alle volte si caccia nei guai per il suo altruismo, ma Sigrid lo ama anche per quello.
Svarah la guarda brevemente, come a chiedere la sua approvazione e lei annuisce. Se è per il bene del clan, partirà con loro.
 
Il vecchio Sigmund ha già caricato le sue merci nel carro quando Sigrid e Halvard arrivano, quella mattina. Borbotta un po', il mercante, non si sente vecchio e non gli piace essere aiutato, ma non protesta, anche lui sa che le merci che scambiano con Orzammar sono vitali per la sopravvivenza del clan e non può rischiare.
Partono presto e sono quasi a metà strada quando il sole inizia a tramontare.
Si accampano in una radura non troppo lontana dalla strada, accendono il fuoco, mangiano qualcosa e stabiliscono i turni di guardia. Sigrid insiste per fare il primo.
Halvard protesta, ma lei insiste, non ha molto sonno e ha delle cose da fare per passare il tempo. Suo marito annuisce e la lascia fare, sa bene anche lui che quando prende una decisione non c’è modo di farle cambiare idea.
Così, mentre Halvard e Sigmund dormono, lei si accovaccia accanto al fuoco, il muso di Einar posato in grembo a sonnecchiare, mentre con un coltello intaglia un pezzo di legno. Sta intagliando un piccolo lupo la giovane Sigrid, un giocattolo per quel bambino che un giorno non troppo lontano spera di avere da suo marito.
Chiede spesso consiglio agli Spiriti, ma l’augure dice che non è ancora giunto il tempo. Un po' le dispiace, ma sa che gli Spiriti sono saggi, quindi attende.
Guarda il piccolo lupo intagliato che stringe tra le mani, soddisfatta. Spera che suo figlio sia grande e forte e buono, proprio come Halvard. Per questo prende un altro pezzo di legno e riprende ad incidere, un orso questa volta. Sarà un bambino fortunato, protetto da una lupa e da un orso.
 
Non è neanche a metà dal completamento quando Einar si alza di scatto e scopre i denti, ringhiando. Silenziosamente, Sigrid si rimette in tasca il lavoro incompiuto e afferra Hilda, la sua fidata ascia da battaglia.
Non fa in tempo a muovere un passo che una freccia la colpisce all’addome, il suo grido di dolore sveglia Halvard e Sigmund che, armi in mano, si preparano per l’attacco.
Accadde tutto velocemente, troppo velocemente.
Vengono investiti da una pioggia di frecce, quindi qualcuno spegne il fuoco, lasciando solo la luna piena ad illuminare la radura. Come uno sciame, degli uomini appaiono dall’ombra e li attaccano con ferocia. Sono una ventina almeno, ma il buio non gli permette di dire altro, solo che la loro altezza è quella di un umano.
Sigrid rotea Hilda come una furia, piantando la lama sulle teste dei suoi nemici. Accanto a lei, Halvard scaglia lontano gli aggressori con il suo maglio da guerra ed Einar affonda gli artigli nelle loro tenere carni.
 
Sigmund è il primo a cadere, trapassato dalla spada di un bandito, ma Sigrid e Halvard non si fermano, roteando le loro armi, due cieche macchine da guerra senza freni.
Una freccia.
Una sola freccia trapassa la testa di Halvard e il mondo di Sigrid va in frantumi.
“NO HALVARD”, grida ma la sua voce si perde nella notte.
Un nemico ne approfitta e usa l’elsa della sua lama per tramortirla con un colpo in testa. Sente la testa pesare, la giovane Sigrid, barcolla un po' mentre il suo aggressore solleva la spada, pronto a far calare la lama sulla sua testa.
Quella spada però, non la colpì.
Einar si avventò sul suo aggressore, azzannandogli un braccio. Scattò di nuovo il lupo, non appena si accorse che la sua sorella umana stava per cadere a terra, facendola accasciare sulla sua schiena.
Incurante del peso della donna, Einar iniziò a correre, veloce e lontano dagli aggressori.
Ogni fibra del corpo di Sigrid bruciava, non sapeva quante volte era stata colpita ma non c’era nulla di più doloroso delle lacrime che le bruciavano il volto, prima di posarsi sulla pelliccia di Einar.
 
Non sapeva dire per quanto tempo Einar aveva corso, l’alba era ancora lontana quando il lupo la posò a terra, sul terreno roccioso di una grotta. Ha tre frecce ancora conficcate in corpo, una alla spalla, una al fianco e una al polpaccio, assieme a un numero non ben precisato di tagli e botte. Estrae le frecce e l’odore pungente di veleno le infastidisce il naso.
Ma Sigrid è fortunata, gli Spiriti non vogliono che muoia, poiché scopre che la sua borsa è ancora con lei, assieme al necessario per curarsi.
 
Passa un’intera giornata prima che Sigrid possa rimettersi in piedi. Einar non ha mai lasciato il suo capezzale, tranne per pochi minuti, costretto a cercare cibo per entrambi. Quando Sigrid si alzò, ancora provata per le ferite, il lupo la tirò per la manica del cappotto, cercando di rimeterla seduta.
Sigrid si sedette e guardò Einar negli occhi, affondando le dita nella pelliccia ai lati della sua testa.
“Ti prego, amico mio” lo implorò “devo trovare i corpi di Halvard e Sigmund o il loro spirito non avrà pace.”
Einar sembrò capire. Il lupo uscì dalla grotta e lei lo seguì, lentamente, fino al luogo dove era stata attaccata.
Sigrid s’inginocchiò sul corpo senza vita del marito, gli pulì amorevolmente il viso dal sangue e dalla sporcizia e posò le labbra sulla sua fronte gelida in un ultimo bacio d’addio.
Raccolse ciò che restava della tenda che avevano montato, la tagliò in due sezioni distinte che usò per avvolgere i due corpi, dopo averli smembrati secondo la tradizione. Su quello di Halvard, in particolare, posò Hilda, la sua ascia.
Quindi passò l’intera giornata a pregare, affinché la Signora dei Cieli accogliesse entrambi tra le sue braccia, che donasse sollievo alle loro anime, oltre che alla sua, che non riusciva a darsi pace.
 
Sigrid doveva essersi addormentata, proprio come stava facendo Einar, al suo fianco. I corpi però erano scomparsi, probabilmente sollevati in cielo dai corvi della Signora.
 
La notte era ormai vicina, di nuovo, quando sentì l’urlo doloroso e straziante di Sigrid, accompagnato dall’ululato di un lupo.

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Capitolo 2
*** Ordinarie giornate di caccia, più o meno ***


9:37 Era del Drago
 
La squadra di cacciatori avanza lentamente nel folto della foresta, asce in mano e frecce incoccate, alla ricerca di prede. Gerd fa un cenno silenzioso e tutti guardano nella direzione che ha indicato: una cerva, sola, probabilmente staccata dal gruppo.
Argos non perde tempo e a gesti da ordini all’intera squadra: Gerd va a sinistra e Sigrid a destra, mentre lui cautamente avanza. Eyra invece si sposta tra gli alberi, alla ricerca di una linea di tiro libera. Hanno circondato la cerva e aspettano solo l’ordine.

Sigrid stringe la sua accetta e avanza sul terreno dissestato, gli stivali avvolti negli stracci per non far rumore. Quando è abbastanza vicina prende la mira e aspetta, guardando Argos con la coda dell’occhio.

Argos dà il segnale e tre accette e una freccia colpiscono la testa della cerva, distruggendole il fragile cranio. La cerva stramazza al suolo.

«Direi che ce l’abbiamo fatta» osserva Eyra con un sorriso. Sigrid annuisce, si avvicina alla carcassa con un coltello e scuoia l’animale. Gerd, senza dire nulla l’aiuta, tagliando la carne della cerva in pezzi più piccoli e facili da trasportare. Gerd non dice mai nulla e a volte è difficile sapere cosa pensa veramente. D’altro canto, sua sorella Eyra parla abbastanza per entrambi e in qualche misteriosa maniera sembra sempre sapere cosa suo fratello pensa.

«È un buon inizio ma non basta. Dobbiamo trovarne almeno altri due come questa cerva» osserva Argos pensieroso.

Un basso ringhio attira la loro attenzione. Un orso bruno un po' magro e chiaramente affamato fissa insistentemente la carcassa a terra, i denti scoperti. Sigrid porta istintivamente una mano alla schiena dove si trovava Hilda, la sua ascia, mentre l’orso si alza sulle zampe posteriori e ruglia, cercando d’intimorirli.

Eyra non perde tempo ed una freccia colpisce l’orso al muso, distraendolo mentre Argos e Sigrid scattano verso di lui e con un solo colpo lo decapitano, riempiendo il bosco con il clangore delle asce che si scontrarono a metà del collo. La testa dell’orso rotola a terra.

«Sei diventata veloce, Sigrid» osserva Argos sinceramente colpito, mentre pulisce la sua ascia nell’erba.
«Anche tu non sei stato male, ma ti ho visto fare di meglio cugino» lo punzecchia Sigrid, assicurando Hilda alla schiena e rivolgendogli un mezzo sorriso.
«Un’orso è sufficiente, cugino?» ridacchia Eyra, giocherellando con la freccia che ha in mano prima di riporla nella faretra.
«Beh, che avete voi due oggi?» Argos solleva un sopracciglio.
«Nulla, oggi sei solo particolarmente brontolone» risponde Sigrid riprendendo il lavoro sulla cerva «è da stamattina che hai le sopracciglia aggrottate.»
«Beh è ovvio, sono il più vecchio qui e il leader della squadra, dobbiamo…»
«Sono il più vecchio qui e il leader della squadra» lo imita Eyra, facendogli una linguaccia alla fine.
«Ehi ma… Gerd dì qualcosa!» Gerd si limita a fare spallucce.
«Grazie cugino, davvero. Dai scuoiamo questo orso e torniamo a casa, mi sembra abbastanza per oggi.»
«Si vecchio» rispondono in coro Sigrid e Eyra, ridacchiando tra loro.

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«Fratello! Fratello!»
Tyra, la sorella minore di Argos, corre loro incontro mentre risalgono il sentiero che porta a Picco del Lupo. È quasi sera e il sole si è già nascosto quasi completamente dietro le montagne.
«Che succede Tyra?»
«Asa, la lupa» risponde la giovane, ansimando «ha partorito. Il thane deve fare un qualche annuncio, sbrigatevi.»
I quattro guerrieri seguono Tyra fino all’incavo circolare della parete rocciosa dove siede Erman Hunsen, il thane del clan, già circondato da quasi tutti i cacciatori. Accanto a lui, l’augure scruta la folla in silenzio.
«Fratelli Avvar!» dice il thane, battendo il bastone a terra per richiamare l’attenzione «Oggi il nostro animale sacro, la lupa Asa, ha dato alla luce tre cuccioli, sani e forti come la loro madre.»
Grida di gioia e sollievo si levano dalla folla e il thane deve attendere diversi minuti prima di riprendere il discorso. La loro gioia è comprensibile, molte volte una gravidanza nelle Montagne Gelide porta alla morte e la morte dell’animale sacro è una delle peggiori disgrazie che può capitare ad un clan Avvar.
«I cuccioli di Asa non resteranno a lungo con la madre, ma verranno affidati ai più forti tra voi come compagni nelle più dure battaglie.»
Un silenzio stupito cade all’improvviso, interrotto da un fitto mormorio.
«Quando e come verranno assegnati questi cuccioli?» La voce di un cacciatore si leva tra folla.
«A questo posso rispondere io» dice l’augure muovendo qualche passo in avanti «Fra dieci giorni, alla decima alba, tutti i cacciatori che vogliono prendere parte alla prova si presentino qui. Gli Spiriti decideranno.»

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Nove albe passano e come tutte le mattine Sigrid e i suoi cugini si avviano verso il fitto della foresta, a caccia, questa volta però in un teso silenzio.
«Quindi parteciperai alla prova domani, Sigrid?» trilla Eyra, un sorriso stampato in volto, ignorando lo stato d’animo dei suoi cugini.
«Cosa? Ah, non lo so.»
«Certo che parteciperà» s’intromette Argos. Come sempre è in testa al gruppo e non si volta a guardarle mentre parla «parteciperò anch’io.»
«Pensi che io sia degna di portare con me uno dei figli della lupa Asa?» Sigrid solleva un sopracciglio ma Argos non la può vedere.
«Quello lo decideranno gli dei, ma perché non dovresti tentare?»
Sigrid cerca una risposta ma, Eyra la precede.
«Perché no? Sei una dei guerrieri più forti del clan.»
«Non lo so… non mi piace mettermi in mostra in realtà, preferisco fare il mio dovere e basta» risponde facendo spallucce «E comunque è Argos il nostro uomo migliore.»
Argos si volta di scatto, parandosi davanti a Sigrid in tutta la sua stazza, un’espressione esasperata in volto.
«Per gli Spiriti cugina, non dire stronzate! Se c’è qualcuno che potrebbe tenermi testa quella sei tu e sinceramente? Non vedo l’ora.»
Sigrid sorride, tutto inizia a diventare più chiaro mentre il freddo sole mattutino illumina i loro volti.
«È una sfida, cugino?»
«Assolutamente. Spero tanto in una scazzottata» risponde Argos, l’espressione esasperata lascia immediatamente il posto a un ghigno divertito.
«Se è così allora non posso certo tirarmi indietro.»
«Brava. Ora rilassati, è da quando siamo partiti che hai le sopracciglia aggrottate.»

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È l’alba del decimo giorno e Sigrid attende assieme ad altri trenta cacciatori, incluso suo cugino Argos immobile al suo fianco. Le tremano le mani, l’adrenalina scorre in ogni fibra del suo corpo, l’anticipazione della sfida imminente le fa battere forte il cuore nel petto.

«Fatevi avanti Avvar, il giorno è giunto!» urla il thane scandendo le parole con il bastone, l’eco delle sue parole si perde nelle Montagne Gelide. «Oggi gli dei saranno testimoni del vostro valore! Oggi gli spiriti sceglieranno coloro che saranno degni d’avere i figli della lupa Asa come compagni in battaglia!»

Sigrid si stropiccia le mani sudate, incapace di trattenere quel sorriso così ampio da arrivare ad illuminarle gli occhi. Alla fine, il momento è arrivato.

I cacciatori avvar seguono il thane lungo il sentiero che porta a valle, fermandosi davanti alla parete rocciosa che cade a strapiombo subito sotto l’incavo dove risiede il thane. Guardando in alto Sigrid riesce a scorgere il teschio di lupo che adorna l’arcata in pietra.

«Gli spiriti hanno deciso di testarvi con la Prova della Signora Dei Cieli ma non sarà così semplice» annuncia l’augure, facendo poi cenno ad alcuni sacchi alle sue spalle, tutti delle stesse dimensioni «svolgerete la prova portando sulla schiena uno di quelli per dimostrare di essere forti come la montagna.»

La prova è molto semplice, consiste nello scalare la parete rocciosa arrampicandosi sulla parete a mani nude, il peso sulle spalle ad aumentarne la difficoltà. La vittoria è di chi riesce per primo ad arrivare in cima.

Non essendoci sufficiente spazio, i cacciatori avvar vengono divisi in gruppi di sei e il vincitore di ognuno di questi prenderà parte all’ultima sfida, in cui gareggeranno per dimostrarsi degni di avere uno dei figli di Asa al loro fianco.

Sigrid è dispiaciuta, avrebbe preferito dei duelli singoli, con o senza armi, e lo stesso disappunto lo trova negli occhi del cugino. Però non è il momento di pensare a questo, hanno entrambi una sfida da vincere.

Sigrid si carica in spalle il sacco con le pietre e con l’aiuto di un altro cacciatore lo assicura, in modo che le pietre che vi sono all'interno non cadano durante la sfida. È pesante, molto pesante, ma non dice nulla e si avvicina allo strapiombo. Il thane dà il via e Sigrid inizia ad arrampicarsi cercando degli appigli sulla pietra e puntando i piedi, i muscoli che protestano ad ogni passo.

Quando arriva in cima, c’è solo l’augure ad attenderla. Le si avvicina con un sorriso confortante in volto.
«Complimenti Sigrid Dagmardotten, sei stata la prima ad arrivare.»

Sigrid rotola su un fianco, felice, tenta di sciogliere le corde che le legano alla schiena quel fardello mentre attende che gli altri arrivino in cima.
 
Il sole è già alto in cielo quando i cinque pretendenti si avvicinano di nuovo alla parete rocciosa, pesi in spalla e muscoli ancora indolenziti dalla prova precedente. Sigrid guarda accanto a sé, suo cugino Argos ha di nuovo quel ghigno di sfida che aveva la mattina precedente, quando l’aveva sfidata.
«Beh, che vinca il migliore» le dice soltanto.
«Che vinca il migliore, cugino.»

Per l’ultima volta, il thane dà il via. Non c’è centimetro del corpo di Sigrid che non faccia male, anche sollevare semplicemente il braccio le costa fatica ma non è quello il momento di riposare. Si aggrappa al primo appiglio e, puntando i piedi, si issa verso l’altro, afferrando l’appiglio successivo. Un appiglio alla volta, un passo alla volta.

Sigrid vorrebbe urlare, tutto fa male, il dolore le annebbia il cervello e non riesce più a pensare lucidamente. Eppure, nella sua mente qualcosa prende forma, un ricordo che pensava di aver dimenticato.
 
Aveva dieci anni e stava tornando a casa, dopo aver affrontato il suo primissimo allenamento con le armi. Era giù di morale, non era affatto come se lo aspettava e aveva ricevuto tante botte per la sua goffaggine. Sua madre la fece sedere con lei accanto al fuoco, ricordava la sua voce dolce come il miele mentre le accarezzava teneramente i capelli.
«In momenti come questo, bambina mia, in cui vorresti mollare tutto e nasconderti dal mondo, ricordati il significato del tuo nome. In esso, con la benedizione degli spiriti, io e tuo padre abbiamo racchiuso il tuo destino.»
«Perché? Cosa significa il mio nome mamma?»
«Significa vittoria, figlia mia. Torna là domani e dimostra a tutti di essere all’altezza del tuo nome.»
 
Dimostra di essere all’altezza del tuo nome.

Quelle parole rimbombano nella sua testa mentre scala la parete rocciosa, mentre fa forza sulle gambe per andare in alto, ancora più in alto, per vincere. In quel momento non importa null’altro.
Quando Sigrid arriva in cima però non capisce subito se ha vinto, la luce del sole di mezzogiorno l’acceca ed è troppo stanca per sollevare il capo da terra. È Argos a comunicarglielo, con il volto prima ancora che con le parole.

«Abbiamo vinto, Sigrid. Siamo solo io e te quassù» le dice, accasciato a terra.
Sigrid, riversa su un fianco, sorride. «La scazzottata è solo rimandata, cugino.»
«Ovviamente.»
Gli echi delle loro risate risuonarono tra le montagne.

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Due giorni dopo il thane chiama i tre vincitori della prova e li conduce nella tana della lupa Asa, appena fuori dall’ingresso del villaggio.
Su cinque, solo in tre sono arrivati in cima quel giorno. Uno di loro è caduto all’incirca a metà strada mentre un altro non è nemmeno riuscito ad alzarsi da terra.

Ora Sigrid è lì, con suo cugino Argos e il terzo vincitore, Haric, un cacciatore poco più grande di Argos. Guardano i tre cuccioli di lupo rotolarsi a terra sotto gli occhi attenti della madre, si siedono a terra accanto ad essi ed attendono. Asa rivolge loro una breve occhiata, ma non si muove.

Sigrid si mette comoda, stendendosi a terra a pancia in giù, le mani che sorreggono il mento. Uno dei cuccioli le si avvicina incuriosito, un maschio con una macchietta nera sulla punta dell’orecchio destro. Avvicina il volto al suo muso e dopo qualche istante il lupo le morde il naso, i denti non ancora sufficientemente appuntiti da ferirla. Sa che è un gesto d’affetto comune tra i lupi ma si ritrae comunque, mettendosi seduta. Avvicina una mano al cucciolo e questo ripete il gesto, mordendole la punta delle dita con trasporto.

E' stata scelta da un guerriero, si dice, il suo nome sarebbe stato Einar.

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Capitolo 3
*** Una coraggiosa bambina che parla troppo ***


9:25 Era del Drago

Non appena le sagome dei cacciatori apparvero al limitare del bosco, Sigrid uscì velocemente dalla casupola in legno in cui viveva con la madre e corse lungo la ripida discesa. Aveva solo cinque anni e un enorme cappotto in pelle un po' troppo lungo per la sua età.
Cadde a terra, ruzzolando lungo il sentiero innevato e quando si fermò aveva fatto ormai diversi metri rotolando. Non si era fatta molto male, anzi, decise di proporlo agli altri bambini il giorno dopo, sarebbe stato proprio un bel gioco!
Intravide appena suo zio correre in testa al gruppo reggendo qualcuno in braccio, ma non ci pensò più di tanto, non vedeva l’ora di riabbracciare la sua mamma. Quella era l’ultima caccia prima della fine dell’autunno e avrebbero passato insieme il rigido inverno delle Montagne Gelide a Picco del Lupo, assieme a tutto il resto del clan. Le aveva promesso che le avrebbe fatto vedere come si usano le asce e lei non vedeva l’ora!
Dopo pochi passi si ritrovò davanti agli altri due suoi zii, quelli con cui la mamma cacciava. Uno di loro la prese in braccio. Non si ricordava il suo nome ma aveva una folta barba ispida e a lei piaceva tanto, sembrava un nido d’aquila. Una volta gli aveva chiesto se da grande avesse potuto avere anche lei la barba, voleva farci vivere le aquile con le loro uova e i pulcini. Lo zio si era messo a ridere e non aveva risposto, ma Sigrid ci sperava davvero.
Quel giorno però, lo zio non rideva. Le disse che sua madre si era fatta male, ma anche che non doveva preoccuparsi, l’augure e la guaritrice l’avrebbero curata. Sigrid si fidava dello zio e anche la mamma le aveva spiegato che l’augure e la guaritrice erano molto bravi, quindi si limitò ad annuire.
Le dispiaceva non poter stare con la sua mamma, ma quella sera a cena la Skald del clan stava intonando le sue canzoni preferite, quella di Trydda Ascia Luminosa, Hryngnar Troll dei Ghiacci e Elorn Occhi d’Aquila. Chissà com’erano questi eroi, avrebbe tanto voluto incontrarli e sentire le loro storie. Voleva diventare come loro da grande!
Dopo la cena trotterellò allegra verso la sua capanna, sicura che la sua mamma l’avrebbe accolta a braccia aperte. Fuori dalla porta, lo zio con la barba folta stava parlando con l’augure. Era buio e Sigrid era perfettamente nascosta dai cumuli di neve che circondavano la casupola, così non la videro arrivare.
«Come sta Dagmar, augure?»
«Io e la guaritrice abbiamo fatto il possibile, la ferita è stata ricucita ma per l’infezione possiamo solo aspettare e pregare che la Signora dei Cieli non la voglia al suo fianco.»
«Abbiamo fatto il prima possibile, ma l’unico tra noi con il dono è rimasto ucciso da una bestia corrotta tre giorni fa. Eravamo molto lontani.»
«Spero che le cure che le abbiamo fornito siano sufficienti. Povera bambina, suo padre…»
«Mio fratello era un grande guerriero e cacciatore, augure.»
«Certo figliolo, ma nessun bambino dovrebbe crescere orfano.»
«Dagmar non è ancora morta. Mio fratello l’aveva scelta perché è forte come una roccia, non ci lascerà così facilmente.»
«Prego gli spiriti perché tu abbia ragione.»
«Se dovesse succedere, Sigrid starà con la mia famiglia, va già d’accordo con Gerd ed Eyra.»
Sua madre stava per morire. Sigrid non sapeva esattamente cosa significasse morire, ma sapeva che suo padre era morto quando era piccola e da allora non lo aveva più visto. Anche sua madre sarebbe andata via? L’avrebbe abbandonata per sempre?
Mentre quei pensieri prendevano forma, Sigrid da dietro quel cumulo di neve iniziò a singhiozzare, il petto le faceva male e gli occhi si stavano offuscando per le lacrime. Aveva paura, non voleva restare da sola.
Senza pensarci un attimo, uscì dal suo nascondiglio e si precipitò dentro casa, sgusciando agilmente oltre suo zio e la guaritrice.
«Mamma, mamma» strillava, la voce impastata dal pianto «ti prego non morire, non voglio stare da sola.»
Dagmar, la madre di Sigrid, era stesa sul lettuccio vicino al fuoco. Era pallida, ogni ombra di colore svanita dal suo viso. A Sigrid sembrò così piccola in mezzo a tutte quelle pelli. Si chiese se morire non significasse quello, diventare piccoli piccoli fino a sparire del tutto.
«Piccola mia…» la voce di sua madre uscì flebile dalle labbra sottili «Non ti lascerò mai. Mai, mi hai sentita? Sarò sempre al tuo fianco, proprio come tuo padre.»
Sigrid tirò su col naso e annuì con forza. Sua madre sorrise, allungando la mano per accarezzare la testolina bionda della figlia.
«Ehi, piccola Sigrid?»
Sulla porta l’augure stava chiamando Sigrid ma la bambina era titubante.
«Vai con l’augure piccola mia. La mamma deve riposare» le disse la mamma e lei ubbidì. L’augure s’inginocchiò accanto alla bambina e le rivolse uno sguardo dolce, paterno quasi.
«Vuoi venire a pregare gli spiriti con me? Sono sicuro che se glielo chiediamo entrambi, tua mamma starà meglio molto presto.»
«Gli spiriti mi ascolteranno?» chiese Sigrid, pulendosi la faccia con la manica del cappotto.
«Gli spiriti ascoltano sempre chi ha un cuore sincero, piccola. Ora andiamo?»
L’augure si alzò e porse la mano a Sigrid, che l’afferrò come meglio poté. Il vecchio augure disse qualcosa a suo zio, prima di condurla nella sua tenda.
 
Cinque luci danzavano attorno al fuoco nella tenda dell’augure, o così sembrò a Sigrid, lei sapeva contare fino a cinque, che le avevano detto essere un numero grandissimo. Di sicuro c’erano tante luci.
«Sono questi gli spiriti? Devo parlare con loro?»
«Vieni sediamoci vicino al fuoco» le disse l’augure, sedendosi sulle ginocchia e intrecciando le dita in grembo.
«Va bene» disse Sigrid, imitando malamente la sua posizione «Devo parlare? Che cosa devo dire?»
«Puoi parlare se vuoi, ma quello che c’è dentro di te è più importante. Gli spiriti guarderanno il tuo cuore.»
Sigrid annuì e chiuse gli occhi.
“Vorrei che la mamma guarisca. Per favore Spiriti, non portate via la mamma. Per favore. Per favore!” pensò, più forte che poteva.
“La tua non è una richiesta da poco” disse qualcuno.
Sigrid aprì gli occhi di scatto. Era ancora nella tenda dell’augure, ma l’augure non c’era. La tenda stessa era strana, come se si trovasse in riva a un lago e la tenda fosse sott’acqua, solo le luci che danzavano attorno al fuoco erano nitide come se le ricordava.
“Chi ha parlato?”
Sono qui, accanto a te.
Solo in quel momento Sigrid notò l’enorme lupo grigio che riposava al suo fianco, gli occhi gialli puntati sul suo viso.
“Chi sei?”
Io sono Coraggio.
“Sei un lupo che si chiama Coraggio?”
No, giovane umana. Sono Coraggio. Assomiglio a un lupo perché ho scelto di apparire così ai tuoi occhi.
“Non ho capito…”
Io sono lo spirito che incarna il coraggio che c’è nei cuori di ogni membro di questo clan.”
Gli occhi di Sigrid si illuminarono. “Ho capito! Sei uno degli spiriti che ci protegge! Puoi far guarire la mia mamma?”
La sua anima ha già iniziato il lungo cammino che la porterà dalla Signora dei Cieli. Sarà difficile.
“Per favore, Coraggio…”
Tua madre non sarà più la stessa. Il suo corpo è diventato debole, non combatterà più come gli altri e forse non potrà insegnarti a usare le asce.”
“Non importa!” strillò Sigrid, alzandosi in piedi con uno scatto e stringendo i piccoli pugni, nascosti sotto il cappotto “Posso imparare a usare le asce da sola, così combatterò anche al posto della mamma!”
Credo davvero in quello che dici?
“Si! Combatterò anche per la mamma, se devo, non importa! Vorrei solo che guarisca, il resto non importa, non importa.”
Va bene
“Lo farai davvero?”
C’è molto coraggio nel tuo cuore, piccola Sigrid.
Il lupo si alzò, si avvicinò a Sigrid e posò il muso contro la fronte della bambina. Sigrid provò ad allungare una mano per accarezzare il folto pelo grigio ma un’intensa luce stava già avvolgendo l’animale.
“Ehi! Aspetta!”
Non preoccuparti, piccola Sigrid. Veglierò su di te.
 
Sigrid si svegliò all’improvviso. Si trovava ancora nella tenda dell’augure ma era stesa su un mucchio di paglia e aveva una grossa pelliccia addosso come coperta. La luce del sole filtrava dal soffitto, facendo ballare il pulviscolo attorno alle luci, ora immobili a mezz’aria.
«Coraggio? Sei qui?» disse ad alta voce, ma nessuno rispose. Aveva davvero mantenuto la promessa? Decisa a scoprirlo, Sigrid si alzò e corse più veloce che poté verso la sua casa.
Sua madre era seduta sul letto, circondata da pelli e coperte, non lontano dal fuoco. Era pallida, ma stava bene e quando la vide arrivare la accolse con uno dei suoi soliti sorrisi.
Sigrid si gettò su di lei, stringendo le piccole braccia attorno al suo collo e lasciandosi andare in un pianto di gioia.
«Mamma, mamma! Stai bene!»
«Sto bene, piccola mia, sto bene» disse, accarezzandole la testolina bionda.
«Ho pregato gli Spiriti mamma! Mi hanno ascoltato.»
«Sei stata bravissima, Sigrid.»
«D’ora in poi combatterò anche per te, mamma. Vedrai! L’ho promesso agli spiriti» disse Sigrid, sedendosi al fianco della madre.
Dagmar non capì subito cosa volesse dire sua figlia, ma mai come in quel momento gli occhi di Sigrid avevano brillato con così tanta determinazione.

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