Un'improbabile amicizia, un amore impossibile

di Estethell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era una placida notte di fine autunno, una di quelle serate dove i primi freddi dell’inverno mordevano la pelle e scuotevano pigramente le barbe. Nori, appollaiato sul tetto di una casa, inspirò pesantemente l’aria fredda e gradevole, emettendo un sospiro compiaciuto. Gli piaceva l’inverno, aveva sempre trovato molto gratificante fermarsi davanti il calore di un camino con una buona bevanda calda in mano, riscaldandosi e cullandosi nel piacere. Peccato che non avesse un camino, e le uniche volte che riusciva davvero a scaldarsi era quando entrava nelle varie locande disseminate per Belegost. Ma nonostante ciò, il nano color zenzero continuava ad amare la stagione fredda, soprattutto perché con tutti gli strati di vestiti che la gente era costretta a indossare rubare era relativamente facile.

Lentamente si alzò in piedi, guardandosi intorno. Si trovava su uno dei tantissimi tetti delle case di Belegost, un agglomerato di edifici costruiti sia nella pietra che con la pietra, che si ammassavano l’uno sull’altro creando spazi strettissimi in cui entrare o facili passaggi sui tetti da praticare. Nori doveva ammetterlo, quella colonia era il paradiso di ogni malvivente con tutti quei vicoli, quei passaggi senza uscita, nascondigli dove sfuggire dalle guardie. Era davvero il posto ideale dove vivere e dove praticare il loro discutibile mestiere che, per quanto fosse disprezzato, riempiva generosamente le tasche del nano senza troppo sforzo.

Da dove si trovava ora, non sembrava esserci guardie di pattuglia per le strade, o almeno troppo vicine. Con un balzo, atterrò su un altro tetto e iniziò a muoversi furtivamente, cercando di non fare alcun rumore. L’ultima cosa che voleva era allarmare qualche inquilino e attirare l’attenzione delle guardie. Perché se Belegost era ormai avvezza alla criminalità, soprattutto quella notturna, anche i cittadini lo erano ed erano più che preparati a rispondere ad essa. Nori ancora ricordava i lividi che aveva ricevuto quando, atterrando su un tetto, era scivolato ed era caduto vicino un gruppo di nani, che riconoscendolo subito come un ladro avevano cercato di linciarlo e farlo arrestare. Fortunatamente, il nano color zenzero era piuttosto veloce e agile, e riuscì a sfuggire alla furia della folla.

Mentre avanzava di tetto in tetto, passi felpati e movimenti veloci, iniziò a vedere le luci del suo obbiettivo: una locanda.
Nori non era quel genere di ladro grezzo e approssimativo che afferrava le persone, le gettava in un vicolo minacciandole di morte e le spogliava di ogni avere, tirando qualche pugno qua e là per puro divertimento. No, lui era un tipo più subdolo e raffinato, in grado di rubare senza essere visto, e soprattutto in grado di mascherare il misfatto. La sua tecnica, ormai perfezionata negli anni, era unica e finora rimasta infallibile; prendeva generalmente di mira gli ubriachi che uscivano dalla taverna, si avvicinava di soppiatto a loro e gli sfilava il borsello dei soldi, prendeva la maggior parte del bottino rimettendo a posto il borsello con solo qualche spiccio. Così facendo, Nori si assicurava un buon guadagno e il giorno dopo la povera vittima invece di essere stata derubata credeva di aver speso quasi tutto nel bere e nel gioco.
Era semplicemente geniale.

Si procurava di che vivere con questo metodo da molti decenni ormai, vantandosi di essere stato catturato e imprigionato pochissime volte. In realtà il capitano delle guardie Dwalin lo aveva beccato in flagrante un’infinità di volte, ma era quasi sempre riuscito a darsela a gambe. E le volte che finiva in cella, riusciva sempre in qualche modo ad evadere.

Si accovacciò sul tetto di una casa poco distante dalla locanda presa di mira, un posto piuttosto squallido in un quartiere altrettanto orrendo. Era una di quelle zone di periferia dove vivevano i nani più poveri della colonia, gente che viveva quasi di stenti con lavori miserabili o semplicemente con famiglie così numerose che nemmeno l’oro di Erebor avrebbe potuto risollevarli. In più, quel particolare quartiere si trovava vicino le miniere della città, dove ogni giorno brulicava una moltitudine di nani a lavoro o semplicemente in cerca di occupazione.

In effetti Nori non aveva alcun diritto di giudicare quella gente e il loro stile di vita, ma si ritrovò comunque ad arricciare il naso quando un gruppo di nani completamente ricoperti di chissà quale scoria da miniera, con i picconi in spalla, si avvicinò alla porta della locanda ed entrò. Non proveniva da una famiglia nobile, anzi la sua famiglia era piuttosto disastrata e per questo era stato quasi costretto a darsi alla malavita e al furto, ma ancora c’erano alcuni mestieri che proprio non sopportava. E lavorare in miniera era uno di quelli.

“Così degradante” Si ritrovò a sussurrare mentre si guardava nuovamente intorno per studiare il campo su cui avrebbe agito. Ancora nessuna guardia in giro - che serata fortunata! – e la strada era scarsamente illuminata offrendo molti punti bui dove avrebbe potuto agire.
L’unica cosa da fare adesso era aspettare qualche ignara vittima.

L’attesa non durò molto e prima della mezzanotte Nori riuscì a borseggiare con successo due nani pesantemente ubriachi, uno dei quali gli aveva quasi vomitato addosso in un impeto di nausea. Semplicemente disgustoso.
Anche lui era un amante della birra e delle bevute, come ogni nano del resto, ma ridursi in quel modo era a dir poco vergognoso. Alcuni individui non sapevano cos’era la dignità.

Poco tempo dopo la mezzanotte dalla taverna uscì un altro povero malcapitato, anche questo pesantemente ubriaco a giudicare dal suo andamento barcollante e dalle improbabili canzoni che urlava a squarciagola. Indossava un bizzarro quanto ridicolo cappello e portava in spalla un grosso piccone, simile a quelli degli altri minatori.
Un’altra povera anima a cui alleggerire le tasche.

Come sempre, Nori si calò velocemente giù dal tetto, il più silenziosamente possibile, e si affiancò al nano ubriaco, tenendosi sempre qualche passo dietro di lui nella penombra per non essere visto. Ma da quello che aveva potuto notare, quel nano non avrebbe visto nemmeno un olifante a pochi passi da lui.

“There’s an inn, a merry old inn, beneath an old green hill… (parole biascicate e incomprensibili) … on night to drink his fill!”

Oh Mahal proteggilo!
Ma la cosa più fastidiosa non era il palese lamento di morte in cui quel nano stava riducendo quella simpatica canzone, quanto il fatto che stesse girando su sé stesso, barcollando ovunque e trascinandosi vicino il muro della casa. Così facendo era quasi impossibile rendersi invisibili e derubarlo.
Perciò Nori decise di cambiare tattica.

Smise semplicemente di nascondersi alle spalle del nano e lo afferrò con una mano sulla spalla libera. Il nano sobbalzò immediatamente e si girò di scatto, andando quasi ad accasciarsi sul muro per essersi sbilanciato così velocemente.

“Oh, ciao amico, che bella serata vero? Vuoi qualcosa? Oh, ma siete in due, e siete incredibilmente uguali! Siete gemelli?” Disse con la bocca impastata e sgranando gli occhi velati dall’alcol.

Nori si ritrovò a ridacchiare alla moltitudine di domande sciocche del nano.

“Ciao, si! Vedi io e mio fratello siamo gemelli e ci stavamo chiedendo dove potresti aver nascosto le tue monete. Sai per una scommessa tra fratelli, s’intende!” Disse mentre sfoderava il suo più disarmante sorriso falso.

Il nano rimase alcuni secondi a osservarlo abbindolato, come se la sua mente stesse elaborando chissà quale pensiero articolato, fissandolo con uno sguardo inebetito e un sorriso sciocco sul volto. Ma almeno il nano color zenzero ebbe il tempo di osservarlo più da vicino. Quello che sembrava essere un minatore non aveva la tipica barba folta e intrecciata di quasi tutti i nani di Belegost. Al suo posto invece c’era un piccolo pizzetto sul mento e due lunghi e ridicoli baffi arricciati, qualcosa di veramente inusuale per la loro razza. Inoltre, portava i capelli intrecciati in tre semplici trecce, due delle quali erano assurdamente tirate all’insù sotto quel buffo e sciatto cappello. Era vestito con dei panni piuttosto semplici e logori, una sciarpa che aveva visto giorni migliori attorno al collo.
Nori rimase discretamente deluso nell’osservarlo, come avrebbe potuto un disgraziato del genere avere anche una singola moneta di valore addosso? Aveva la tipica faccia di quei beoni che spendevano tutta la loro paga giornaliera in boccali di birra, inoltre non sembrava neanche lontanamente intelligente. Ma almeno non era troppo sgradevole allo sguardo.

Come per magia, il suddetto nano si ridestò dai suoi pensieri e con un largo sorriso iniziò a frugarsi nelle tasche.

“Ma certo, una scommessa! Ho anch’io un fratello sai, e anche molto grosso… (parole incomprensibili) … provare a scommettere con lui! Ah, eccolo qua!”

Tirò fuori da una tasca della tunica un piccolo borsello tristemente sgonfio e lo mostrò trionfante al suo interlocutore. Nori lo arraffò velocemente e lo aprì curiosando all’interno.

“Ahah simpatico, adesso ci sono due borselli!” Esclamò il minatore ondeggiando sul posto.

Come aveva previsto, il borsello conteneva non più di quattro monete, tre d’argento e una di rame. Lanciando un’occhiata veloce al minatore davanti a sé, Nori fece scivolare tre delle quattro monete nella manica della sua tunica con un movimento preciso e veloce, lasciandone soltanto una d’argento al suo interno. Non pensava che quell’ubriacone avrebbe potuto anche solo immaginare cosa stesse facendo, ma la prudenza non era mai troppa. Con un sorriso gentile chiuse nuovamente il borsello e lo restituì alla sua vittima.

“Grazie amico, a quanto pare ho perso. Beh, buona nottata!” Disse girando su sé stesso e allontanandosi velocemente.

Il minatore rimase immobile con il borsello in mano a guardare la strada ormai vuota con uno sguardo fisso e distante. Poi all’improvviso si riscosse e un grande sorriso si allargò sul suo volto.

“Bei capelli!” Esclamò ricominciando a ondeggiare per la strada diretto verso casa.

 

OoOoOoOoOoO

 

Il giorno dopo, Nori stava contando il bottino di quella nottata nel suo nascondiglio ricavato da un piccolo buco nella roccia viva. L’entrata era nascosta dal muro di una grossa casa a più piani, e non abbastanza grande da permettere a chiunque di entrare. Ma Nori non era un nano particolarmente corpulento, anzi nel suo lavoro era necessario essere leggeri e molto flessibili, svelti e silenziosi, e non pieni di muscoli come le guardie cittadine. Una volta entrati nel buco, si apriva un’ampia caverna che Nori aveva provveduto ad ampliare scavando la roccia e a rendere confortevole. Non che avesse bisogno di chissà quale comodità, ma un letto asciutto, un piccolo mobile per nascondere i suoi pochi averi e qualche candela per fare luce erano necessari.

Spargendo la refurtiva davanti a sé, iniziò a contare le monete con occhi brillanti. La nottata era stata molto proficua, aveva preso di mira più locande nel suo “giro di caccia” e aveva rapinato almeno una decina di persone. Certo, con alcune non era stato facile e una era quasi riuscito a beccarlo, ma per fortuna le sue abilità da ladro lo avevano salvato dall’essere percosso per bene.

Alla fine, si ritrovò davanti tredici monete luccicanti, due delle quali erano d’oro e sette d’argento, le altre quattro erano di un rame opaco. Erano più di una paga giornaliera nella maggior parte delle gilde della colonia. Nori prese una di quelle monete rossicce e se la rigirò tra le dita, facendola vorticare sopra le nocche con fare disinvolto. Era una delle tre monete che aveva sottratto a quell’idiota con il cappello strano davanti la locanda nel quartiere delle miniere, quel tipo a cui era riuscito a fregare i soldi davanti gli occhi.

Nori sospirò abbassando le spalle e posando la moneta tra le altre. Magari tutti i suoi obbiettivi fossero così stupidi da farsi fregare i soldi sotto al naso, così adesso sarebbe certamente ricco, soddisfatto e fuori dal giro. Invece era ancora costretto a rubare, perché non sapeva fare altro, e perché non aveva la volontà di imparare un mestiere onesto. Nonostante tutti i pericoli e gli inconvenienti, rubare garantiva una buona rendita.
E quei soldi servivano non solo a lui ma a tutta la sua famiglia, specialmente a Ori che stava ancora affrontando gli studi per diventare uno scriba. Dori poteva accusare i suoi soldi di essere sporchi quanto voleva, ma erano pur sempre soldi ed erano costanti, mentre Dori non sempre riusciva a garantire un guadagno fisso alla famiglia.

Ah, la sua famiglia.
Pensarci faceva sempre nascere un senso di oppressione nel suo stomaco, seguito da un senso di nausea. Era meglio non farlo, non voleva rovinarsi la giornata fin dalle prime ore (anche se era pomeriggio inoltrato, ma per una persona notturna come lui era come se fosse prima mattina), non quando doveva prepararsi per un’altra nottata di lavoro.

Infilò una mano in una delle innumerevoli tasche che aveva cucito nella sua tunica, tirando fuori una mappa della città piuttosto usata.
Aprendola a terra, rivelò ai suoi occhi un intricato sistema di puntini, linee rette, incroci e quadrati, molti dei quali cerchiati con il nero del carbone. Quelli erano i simboli che indicavano le varie locande dove il ladro poteva colpire, secondo gli accordi presi con l’organizzazione dei ladri della città. Incredibilmente, anche i malviventi erano organizzati secondo una struttura gerarchica che ricordava molto le corporazioni di gilda dei mestieri onesti. Nori si trovava discretamente in alto in quella piramide malavitosa grazie alle sue buone abilità da ladro.

Lentamente studiò il percorso che avrebbe fatto quella notte, tracciando con un dito linee invisibili sulla carta e mormorando tra sé. Il percorso che avrebbe fatto quella notte lo avrebbe portato a colpire locande diverse da quelle della notte precedente, ma a metà del percorso avrebbe ripreso di mira la locanda dei minatori. Certo, non era saggio lavorare per più notti sullo stesso obbiettivo, ma i minatori tendevano a ubriacarsi pesantemente perciò era sempre un affare sicuro rubare lì.

Chiuse velocemente la mappa e la infilò nella tunica, per poi sistemare i soldi in un sacchetto e nasconderli in una cavità nella roccia coperta dal piccolo mobile. Dopodiché si preparò per lasciare il rifugio e iniziare il lavoro.

Spero che anche stasera di incontrare idioti ubriachi come quel tipo col cappello si ritrovò a pensare tra sé.

Il ricordo del sorriso sciocco e dell’espressione così innocente e genuina di quel minatore lo fece sorridere e scuotere la testa con fare ironico.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Arrivò alla locanda nel quartiere delle miniere intorno alla mezzanotte. La nottata non era stata molto proficua, il ladro era riuscito ad alleggerire le tasche di due persone soltanto, riuscendo a mettere le mani su appena quattro monete d’argento. Certo non era male come bottino e la nottata era ancora lunga, ma il pensiero di aver già preso di mira due locande senza ricavarci molto lo sconfortava. Anche se quelle locande non erano in genere molto frequentate dalla popolazione.

Saltellando da un tetto all’altro, il nano color zenzero si fermò sul tetto davanti la locanda, nello stesso punto della sera precedente dove poteva tenere sotto controllo sia la strada sia la porta dell’edificio. Il quartiere era calmo e tranquillo, e non si sentivano molti rumori se non i passi di alcune guardie che pattugliavano la zona. Nori rimase nascosto sul tetto osservando mentre le guardie passavano ignare e impegnate a chiacchierare davanti la locanda.

È la seconda pattuglia che incontro questa notte, chissà perché improvvisamente le guardie sono raddoppiate! Pensò il nano mentre si rialzava lentamente, gli occhi fissi sulle schiene ormai lontane delle guardie.

Era davvero molto strano, di solito le guardie non pattugliavano così frequentemente i quartieri di periferia. Forse il capitano Dwalin si era finalmente accorto che anche lì vivevano dei nani che dovevano essere protetti dalla malavita, non solo nei quartieri residenziali della buona società e della nobiltà. Maledetto nano che baciava il culo al re ereditario e ai suoi parenti, di cui faceva parte tra l’altro.
Beh in realtà anche lui e la sua famiglia erano imparentati con la linea regale dei Durin, da parte di madre dato che avevano padri diversi. Ma era una parentela davvero molto lontana, inoltre loro non erano mai stati particolarmente interessati a trattare con sua madre, figurarsi con la sua prole bastarda.

Improvvisamente la porta della locanda si aprì lasciando trapelare luce e un’assordante musica da quattro soldi per la strada. Una figura tarchiata e larga uscì barcollando dall’edificio, il piccone in spalla e la pipa in bocca.
Niente cappello.
Nori lo osservò con un certo interesse, valutando se potesse essere una buona vittima da colpire.
Apparentemente era così ubriaco da non riuscire a camminare correttamente, inoltre si fermò a urinare nel vicolo più vicino.
Era perfetto.

Con movimenti agili e silenziosi, Nori scese dal tetto nel vicolo accanto la strada e, accertandosi che non ci fossero guardie o altre persone sgradite, si avvicinò furtivamente al malcapitato e lo borseggiò. Dovette evitare con un movimento veloce il piccone che il nano roteò con noncuranza attorno a sé mentre si girava, un colpo che se non schivato avrebbe potuto facilmente rompere la testa a qualcuno. Per il resto fu molto semplice appropriarsi di quella luccicante moneta d’oro, lasciando due monete di minor valore nel borsello.

Ritornando sul tetto, guardò con gioia la moneta rubata e la aggiunse al resto del bottino di quella sera. Di colpo la sua serata era migliorata esponenzialmente. E sembrava essere destinata a migliorare ulteriormente.
Di lì a poco la porta della locanda si riaprì e un grosso cappello dalla forma bizzarra fece capolino tra le luci soffuse e la musica del locale. Nori poteva vedere il sorriso largo sul volto del nano anche da quella distanza mentre si girava dopo aver salutato chissà chi ad alta voce. Come la sera precedente, il minatore sembrava così ubriaco da non riuscire a camminare dritto. Sbandava ad ogni passo ondeggiando pericolosamente, la punta del piccone sobbalzava sulle pietre della strada mentre veniva pesantemente trascinato.
Era davvero una scena patetica.

Nori sbuffò trattenendo a stento una risata alla vista di quel nano. Era così buffo che avrebbe fatto ridere chiunque, sicuramente era lo scemo del quartiere a cui tutti volevano bene.
Si calò velocemente dal tetto, puntando dritto verso il malcapitato. Se la sera prima non fosse stata un caso, con quel tipo non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a nessuna abilità speciale. Si avvicinò con fare vago e sfoggiò il suo più bel sorriso mentre attirava l’attenzione dell’ubriaco.

“Ciao amico” Disse toccandogli una spalla.

Il nano si girò di scatto, quasi inciampando su sé stesso quando il manico del piccone gli sbatté sulle gambe, rimanendo a fissarlo per qualche istante con gli occhi appannati dall’alcol prima di sorridergli.

“Ciao a te, amico. Non credo di conoscerti ma già mi stai simpatico!”

Il suo alito era così carico di alcol che Nori riuscì a sentirlo fin sopra la pelle del suo viso. Cercò con tutte le forze di non trasformare il suo sorriso in una smorfia mentre toglieva la mano dalla spalla dell’alto nano.

“No, infatti non credo. Ascolta amico, hai da cambiare delle monete? Mi ritrovo questa moneta d’oro ma vorrei cambiarla con dei pezzi d’argento, sai non mi fido dei locandieri, sono degli imbroglioni!”

Il trucchetto del cambio delle monete era relativamente affidabile, ma soltanto con quelli che non erano particolarmente bravi a contare. Ma data la situazione, non aveva alcun dubbio sul risultato finale.
Il nano bruno rimase nuovamente a fissarlo inebetito per alcuni istanti, innervosendo non poco il ladro. Ogni momento era prezioso quando si cercavano persone da derubare, perdere tempo significava perdere occasioni buone da poter cogliere e soldi.
Infine il minatore sembrò risvegliarsi dal torpore dovuto dall’alcol e si strofinò il naso con la manica della tunica.

“Hai davvero dei bei capelli” Esclamò guardando i suoi capelli sapientemente pettinati in tre punte e trecce “Mi ricordano una stella rossa!”

Nori rimase piuttosto sbalordito e seccato dal commento. Certo era molto fiero della propria pettinatura e del colore dei suoi capelli, e di certo quella non era la prima volta che riceveva un complimento a tal proposito -anche se spesso erano molto spinti- ma non era quello che voleva sentire al momento.

“Allora ce l’hai o no?” Sollecitò con una punta di irritazione nel tono della voce.

Il minatore annuì vigorosamente e gesticolò con una mano guantata di aspettare un momento mentre con l’altra si tastava le tasche della tunica e dei pantaloni, il piccone abbandonato a terra. Nori roteò gli occhi sbuffando per l’attesa e per la scenetta patetica. Non sopportava gli ubriachi e la loro triste pateticità, forse era dovuto al fatto che il suo stesso padre era un bevitore accanito ed era quasi sempre ubriaco. Ma non era quello il momento di pensare a quello sventurato di suo padre.
Finalmente il minatore riuscì a tirare fuori il suo deludente borsello e a porgerlo al ladro.

“Bofur, al tuo servizio” Biascicò quando Nori agguantò il sacchetto di pelle per aprirlo.

“Bene, lo terrò a mente” Rispose mentre contava i soldi al suo interno. Due monete d’argento e tre di rame, forse quello non era stato un giorno particolarmente fortunato nei giochi di carte.

“Non mi dici il tuo nome, amico?”

“Non vedo perché dovrei” Si limitò a rispondere il nano color zenzero facendo scivolare una moneta d’argento e due di rame nella manica. In realtà, in altre circostanze avrebbe preso le due monete d’argento e lasciato quelle di rame alla vittima, tant’erano di piccola taglia e praticamente inutili per acquistare qualunque cosa, ma in quel momento si scoprì inspiegabilmente magnanimo con quel nano.

Forse era la pietà che gli idioti tendevano a suscitare nelle persone che lo stava portando ad agire così, in fondo anche Nori aveva un briciolo di coscienza, o semplicemente era la consapevolezza di aver già derubato quel nano e di non volerlo dissanguare come qualsiasi altra canaglia nella città.

Un po’ a me e un po’ a te no? È così che agisco Si disse mentre porgeva con un sorriso il borsello al suo proprietario, ma il pensiero suonò più come un autoconvincimento che un’affermazione.

“Grazie amico, mi hai proprio salvato”

Stava per andarsene quando il minatore lo afferrò per il polso con una mano, facendolo voltale nuovamente.

“Posso offrirti una birra?” Chiese con la lingua impastata, lo sguardo supplicante.

Nori rimase a bocca aperta per la sorpresa. Di tutti gli scenari che aveva immaginato per le sue rapine, soprattutto per prepararsi le vie di fuga se qualcosa fosse andato storto, quello non era stato sicuramente contemplato. Chiudendo la bocca lentamente, rimase a fissare con un cipiglio il nano bruno davanti a lui. Il suo sguardo era ancora annebbiato dall’alcol ma ora era più brillante, il sorriso teso dal nervosismo. Sembrava davvero sperare in una risposta positiva, guardando Nori con uno sguardo quasi da cucciolo. Ma la cosa che più sconvolse il ladro fu il fatto che per qualche breve istante considerò l’idea di rispondere di sì.

“Mi dispiace amico, magari un’altra volta. Devo andare”

Lo sguardo deluso e ferito del nano ubriaco scosse il ladro più di quanto fosse disposto ad ammettere. Il minatore annuì lentamente, come se stesse assimilando una tragica notizia.
Lo lasciò lì in piedi senza dire una parola, raggiungendo il primo vicolo buio che trovava e risalendo sui tetti delle case, quasi fuggendo dalla sua presenza. Lo guardò riprendere in spalla il suo piccone e barcollare verso la fine della strada, intonando una canzone che in principio non doveva essere così lenta e triste.

 

 

Quando tornò nel suo rifugio, si mise subito a contare il suo guadagno, cercando di scacciare la moltitudine di pensieri che gli affollavano la testa.
Una moneta d’oro, sei d’argento e otto di rame.
Perché diavolo mi ha invitato a bere una birra?
Poteva andare meglio ma non poteva lamentarsi.
Era così ubriaco da non capire cosa stesse facendo?
Ora doveva solo riuscire a rubare qualche altra moneta d’oro e sarebbe riuscito a mettere insieme i soldi necessari per pagare un altro ciclo lunare di apprendistato del fratellino Ori.
Perché cazzo gli aveva detto il suo nome? E soprattutto perché la sua delusione lo aveva sconvolto così tanto?

Alla fine, si arrese a tutte quelle domande che affollavano la sua mente e sistemò le monete nel solito nascondiglio, per poi sdraiarsi e guardare il soffitto mentre rimuginava.
Non riusciva a capire perché quell’episodio lo aveva colpito così tanto da lasciarlo turbato. Sapeva di non essere un nano spiacevole, e aveva avuto le sue diverse scappatelle, più per necessità che per passione, e non era nuovo ad approcci e tentativi di adescamento da parte di altri nani o nane. Inoltre, quel tipo era davvero ubriaco fino alle ossa, probabilmente aveva parlato più per colpa dell’alcol che per sua volontà. Ma c’era qualcosa nel suo modo di fare che lo aveva colpito positivamente. La sua innocenza nell’apprezzare i suoi capelli, quando altri avrebbero mostrato solo lussuria in ogni singola parola. La speranza di poterlo invitare a bere, quando tutti quelli che aveva conosciuto gli avevano offerto di condividere il letto senza tanti giri di parole. E soprattutto la delusione genuina del suo sguardo al suo rifiuto, quando altri avrebbero reagito con irritazione e sprezzo, tirandogli dietro qualche parola poco carina.
No, quello che aveva colpito Nori non era tanto l’azione in sé ma l’innocenza e l’ingenuità con cui era stata fatta.
Non era abituato a tanta gentilezza, non nel mondo in cui viveva e non con le persone che era costretto a frequentare, in realtà nemmeno con la sua famiglia per molti aspetti. Ma pensare di essere stato oggetto di tanta premura lo faceva sorridere e gli diffondeva nel corpo un senso di calore e leggerezza.
Forse era per quello che gli idioti piacevano tanto alla gente, stava cominciando a capire anche lui.

 

Trovarsi davanti alla locanda del quartiere delle miniere intorno alla mezzanotte divenne un’abitudine per il ladro. Arrivava poco prima per cercare di racimolare qualche soldo da qualcuno, poi aspettava finché non usciva il minatore che rispondeva al nome di Bofur. Ogni sera lo raggiungeva per portargli via qualche moneta e scambiare qualche parola con lui, per lo più prenderlo in giro in vari modi, ma una volta che se ne andava non rimaneva ad aspettare altre vittime e cambiava obbiettivo. Nori poteva negare l’evidenza fino alla fine, ma i suoi incontri con Bofur non erano più dettati dal furto, bensì dal semplice piacere di passare qualche momento in compagnia di quel nano e ascoltare le sue chiacchiere.
Finché il minatore non iniziò a frequentare molto meno la locanda.

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