Non potrei mai tradirti

di Dark Night
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio signore ***
Capitolo 2: *** Il prigioniero ***



Capitolo 1
*** Il mio signore ***


Controllo per l’ennesima volta i medicinali, non devo sbagliarne neanche uno.

Farlo arrabbiare di prima mattina è l’ultima cosa che voglio.
Do un ultimo sguardo anche alla colazione, tutto deve essere perfetto è dannatamente metodico in ogni cosa che fa.
Apro la sua camera ed entro in silenzio lui sta dormendo e io non voglio svegliarlo, sistemo tutto come mi ha sempre ordinato di fare uscendo poi di li.

Sono talmente teso quando sono li dentro che smetto di respirare, come se anche il semplice respiro che esce dalle mie labbra possa essere una noia per lui.

Inizio le varie mansioni giornaliere, io ho già fatto colazione anche questo è un ordine ben preciso, devo mangiare prima di lui per essere pronto a qualsiasi sua richiesta.
Ogni tanto mi chiedo perché sono così servizievole con lui, ma poi la mente mi riporta a qualche anno fa, quando fu obbligato ad accogliermi in casa.

Non ricordo quanti anni avessi ma non ho scordato come era vestito.

Portava una divisa, quella formale, coi capelli raccolti sotto al cappello ed un frustino in mano, ricordo anche che il cappotto segnava quel corpo esile, quasi come un guanto.

Forse avevo sui sette o otto anni, ma ricordo ancora che pensai che gliel’avevano cucito addosso, per quanto fosse stretta, per il resto non ricordo altro, solo quella divisa nera che rendeva la sua pelle ancor più diafana.
Scuoto la testa e torno con i piedi per terra, aumentando la velocità di esecuzione delle pulizie, ho sentito la sua porta aprirsi ma spero sia suggestione.
E invece no.

Riconosco i suoi passi ma mi chiedo cosa ci faccia a giro ha tutto quello che può servirgli in camera ho provveduto a tutto.
I passi proseguono verso la mia direzione ringrazio di essere già occupato a svolgere le mie mansioni quotidiane.

Quando si avvicina mi inchino, come in un rituale, e chino la testa davanti a quello che, per me, è diventato un Dio, restando in silenzio.

Quando sento un foglio frusciare davanti a me lo prendo e lo leggo, adesso capisco il malumore e il brusco risveglio.

Devi, no, dobbiamo presenziare ad una riunione, tu mi vuoi al tuo fianco, non puoi saltarne ancora, questa è obbligatoria, e so bene che, alla fine, userai me per sfogarti di tutto il malumore che ti buttano addosso.
Sospiro riprendendo a svolgere il mio lavoro, voglio fare le cose con calma, la fretta è una cattiva consigliera.
Controllo il mio lavoro svolto nel corridoio, ritrovandomi davanti alla tua camera da cui non proviene nessun suono, questo non mi fa stare per niente tranquillo.

Mi faccio coraggio e busso più volte alla porta ma non ricevendo risposta decido di entrare e ti vedo ancora steso a letto, la colazione e le pasticche sono intoccate.

Mi avvicino al letto e poi lo guardo, abbassando quel poco la voce, che mi possa sentire senza urtare i nervi già deboli per quella convocazione.
<”Signor Rosiel si sente poco bene? Non ha toccato la colazione che le ho portato.”>
La mia voce è calma senza nessuna sfumatura, attendendo una sua risposta.
<”Non voglio andarci Catan sono stanco di subire la loro discriminazione.”
Sento queste parole da una voce stanca e resa fragile dagli altri.

Può sembrare strano ma non è un uomo forte come fa credere agli altri, con loro porta una maschera dura e impassibile ma con me si fa vedere come è veramente, io solo so com’è il temuto e odiato Rosiel.
<”Non voglio contraddirvi, non lo farei mai, ma credo che siate obbligato a far presenza, capisco e comprendo il vostro stato d’animo.”
In un attimo ti alzi dal letto e ti dirigi verso di me tirandomi uno schiaffo.
<”Tu non conosci il mio stato d’animo, tu non sai quale disagio provo io a essere di fronte a loro!”>
Ti sento urlare mentre un piccolo rivolo di sangue si fa spazio sulla mia guancia la quale sta bruciando, credo mi abbia provocato un graffio con le unghie appuntite.

Sospiri e appena te ne accorgi mi sfiori la guancia togliendo il fiore che è nato sulla mia guancia, con la delicatezza che le è propria.
<”Finisco sempre per farti male Catan”> mi dici mentre continui ad accarezzarmi piano la guancia.

Nego, posando il volto sulla sua mano, chiudendo gli occhi.
<”Non è colpa vostra mio signore, me lo sono meritato vi ho mancato di rispetto.”> dico dispiaciuto.
Per un istante interminabile rimaniamo così come se fossimo bloccati nel tempo, solo un tuo impercettibile movimento mi fa risvegliare.

Ti passo un braccio attorno alla vita vedendoti crollare, con uno scatto ti prendo in braccio impedendoti di cadere, poi lo porto sul letto e lo faccio accomodare sui cuscini, sistemandoli nel modo più opportuno per farlo star comodo, l’ultima cosa che voglio è fare del male ad un corpo già debole come quello che ho di fronte.
Avvicino il vassoio e glielo poso delicatamente sulle gambe.
<”Dovete mangiare, il vostro corpo è ancora debole per star senza cibo mi dispiace obbligarvi ma è per il vostro bene.”>
Tu mi interrompi dicendomi <” Pensi solo al mio bene, Catan.”>
Arrossisco lievemente a quelle parole e poi dico timidamente
<”Se vuole le faccio compagnia ho già svolto i miei compiti.”>
Vedo un piccolo timido sorriso illuminare quel volto che tanto ammiro e amo.
Quel piccolo sorriso e il permesso che mi viene concesso dopo mi rallegrano il cuore.

Mi metto a fianco del letto in piedi, lanciando, ogni tanto, uno sguardo fugace, senza farmi notare, la paura che ho di perderlo mi accompagna ogni giorno, come un incubo da cui non ho mai risveglio.
Appena hai finito ti tolgo il vassoio e ti passo le pasticche frantumate assieme all’acqua.
<” Sei sempre un passo avanti a me Catan, sai sempre cosa fare in qualsiasi istante.”>

Ti sento sospirare
<”Sarei perso senza di te.”>
Queste ultime parole mi fanno arrossire vistosamente.
<”Le devo la mia intera esistenza mio signore, quello che faccio per lei è solo una piccola parte, lei mi ha fatto e continua a farmi da padre e da maestro, so che non dovrei dire queste cose ma sono onorato di poterla servire. Non era obbligato a prendermi in casa, eppure lo ha fatto”>
In volto sono rosso d’imbarazzo ma credo a tutte quelle parole che ho appena detto, ho un po' paura della sua reazione ma mi calmo appena mi accarezza la guancia ferita, come un soffio di vento caldo in una giornata gelida.
Durante il corso della mattinata riesco a convincerti ad andare alla riunione giurandoti che sarò li assieme a te e che non me ne andrò mai un solo istante, so quanto hai bisogno di me e io non tradirei mai la tua fiducia.
Durante il resto della giornata mi chiedi una mano per decidere cosa indossare, mi fa un po' strano lo ammetto, ma ne sono felice. Deciso mi dirigo verso l’armadio e ne estraggo quella divisa che affolla la mia mente, la poggio sul letto dopo averla tolta dalla protezione, adesso aspetto solo il responso.

Ma prima mi chiedi cosa ho intenzione d'indossare e li gioco la mia carta, volo nella mia camera andando ad aprire l’armadio e ne estraggo una gruccia con su un sacco di protezione color carne da cui non si vede il contenuto.
Torno nella sua camera e poggio il sacco sul tavolo libero.
<”Un po' di tempo fa mi sono permesso di fare una cosa spero non le dispiaccia”>
Vedo la tua faccia incuriosita.

Apro il sacco e estraggo una divisa simile alla sua ma più semplice senza nessun tipo di disegno, mentre la guardi torno a essere teso ma poi le tue labbra si aprono in un sorriso rivolto a me.
<” Ti faccio i miei complimenti Catan, ti do il permesso d'indossarlo, dopotutto devi essere vestito bene per non far sfigurare il tuo padrone.”>
Ti sento dire con una voce dannatamente sensuale che mi fa rabbrividire.
<”M...ma certo signor Rosiel n...non potrei mai farla sfigurare per colpa mia.”>
Il mio balbettare ti fa ridere e io mi sento avvolgere da quella risata così rara.
Finisco di svolgere i miei compiti, poi mi dirigo in camera e mi cambio, prima io, poi lui, come di routine.
Mi guardo un ultima volta e poi mi dirigo davanti alla tua camera dove entro dopo aver bussato, lo spettacolo che mi si para davanti mi lascia senza fiato, per fortuna la tua voce mi richiama all’ordine.

Sento che si è indurita ma me lo aspettavo.

Mi ordini di farti una coda alta e di lasciare gli altri capelli sciolti e io obbedisco.
Ti vedo andare davanti allo specchio per ammirarti e anche io ti guardo, il mio cuore perde un battito quando ti vedo indossare il cappello ma ancora una volta la tua voce mi riporta a terra, solo che stavolta il tono è più duro e aspro.
Vado a prendere il foglio di stamani e usciamo di casa arrivando subito in quel luogo, la tensione è palpabile, sento tutti gli occhi puntati su di noi.

Me lo aspettavo ma è alquanto fastidioso.

Accompagno il mio signore al suo posto, io rimango in piedi dietro di lui ogni servitore lo deve fare, il padrone deve star comodo.
I brusii cessano quando la riunione ha inizio ma sento che qualcosa non torna e in poco la mia sensazione si rivela veritiera. Iniziano a parlar male di lui e questa è una cosa che non tollero, nessuno può giudicare il mio padrone.

In poco perdo la mia compostezza e mi infurio, iniziando a dargli contro, sento gli occhi di Rosiel addosso, ma sono troppo infuriato per riuscire a calmarmi e tacere come un servo deve fare.
In poco mi ritrovo le guardie addosso, i polsi bloccati e legati dietro la schiena, do un ultimo sguardo a Rosiel prima di essere portato via, spero solo che non sia deluso del mio comportamento.

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Capitolo 2
*** Il prigioniero ***


Vengo portato nelle carceri celesti,dove mi spogliano della parte superiore della divisa.

Cerco di non urlare quando mi aprono a forza le ali e ci piantano degli uncini.

Quelli nelle carni li sopporto, quelli nelle ali no, fanno male, tirano e strappano e le mie ali non sono forti come quelle degli altri angeli.
Vengo messo in ginocchio e legato mani e piedi con delle catene, semplici, ma so bene che non lo sono, è solo una copertura, sento il loro peso.
Tutte le volte che sento aprire la porta la speranza di vederti entrare accende il mio cuore, ma per mia sfortuna è sempre la solita guardia, e ad ogni ora la speranza svanisce così come svaniscono le mie possibilità di tornare a servirlo.

Il compito di quella guardia è quello di punirmi, picchiandomi, per farmi entrare in testa il buon senso, perché un servo non può alzare la testa, deve restare in silenzio. Chiudo gli occhi quando finisce, cerco di tenere duro perché so qual’è il compito di un servo, ma non tollero che il mio signore venga offeso in questa maniera.

Ho promesso che lo avrei protetto finché avessi avuto fiato.

Sono ridotto proprio male, il mio corpo è coperto da ferite e lividi. Altri uncini sono stati messi nella mia schiena e nelle mie ali.

Ho così tanta paura di perderle...
Deglutisco e un brivido freddo attraversa la schiena quando sento la porta aprirsi nuovamente, oggi doppio turno?
Rimango con la testa bassa finché una voce familiare raggiunge le mie orecchie.
<” Povero il mio piccolo Catan, guarda come ti hanno ridotto.”>
Alzo la testa beandomi di quella meravigliosa visione.

Inclino leggermente la testa quando la sua mano gentile si posa sul mio volto accarezzandolo dolcemente.
<”Mio signore… ”> mi perdo nei suoi occhi.
<” Mi dispiace di essermi comportato come un ragazzino, l’ho umiliata davanti a tutti, non dovevo pormi davanti a lei...”>
Abbasso nuovamente la testa, mi sento dannatamente colpevole.
Mi alza la testa e mi dona un bacio che per un attimo mi fa dimenticare i dolori che mi stanno portando alla pazzia.
<” Cerca di resistere ancora mio piccolo Catan, sto cercando una maniera per farti uscire.”>
Lo guardo <”Sto resistendo solo per lei mio signore.”>
Mi doni un piccolo sorriso e un bacio sulla fronte prima di andartene.

Vedo la mia luce sparire e le tenebre tornano ad essere le mie sole compagne.
I giorni passano e il mio corpo si indebolisce sempre di più.

Ma quelle parole che risuonano nella mia testa, mi danno la forza per andare avanti.
Una nuova alba si fa spazio fra le tenebre e io mi perdo a guardarla, mi ricorda tanto lui.

I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre, oggi si inizia presto.

Ma quando alzo lo sguardo non vedo il solito uomo ma bensì una ragazza che in fretta e furia mi comunica che domani verrò scarcerato.
Questa notizia torna a far ardere il mio spirito,domani potrò tornare a casa da lui.

Potrò ricominciare a servirlo devo solo resistere un altro giorno.
Sono così felice della notizia che non mi accorgo dell’entrata del mio aguzzino, solo quando mi sento prendere per i capelli mi accorgo di non essere più solo anzi oltre a lui ce ne sono altri due, tutto questo non mi piace per niente.
Vengo bendato e questo mi fa allarmare, sento le mani dei due uomini tenermi ferme le spalle e la schiena ma non capisco dove sia l’altro uomo.

Quando sento che le ali vengono tirate, realizzo che il mio incubo si sta avverando, inizio a urlare e a muovermi nonostante gli uncini mi stiano strappando lembi di pelle.
Sento il sangue uscire dalle ferite e poi eccolo il suono che non avrei mai voluto sentire.

Il suono delle ali che vengono strappate dal mio corpo lasciandomi ferito e vuoto.
I miei aguzzini si godono lo spettacolo di un angelo rotto mentre io mi accascio a terra, umiliato sia fisicamente che psicologicamente, rotto fin dentro l’anima, mentre giorno e notte si confondono davanti ai miei occhi, ormai nulla ha davvero un senso per me.

Tremo quando vedo i miei aguzzini liberarmi, non mi ricordavo nemmeno che sarei stato scarcerato, mi rivestono di peso, rimettendomi addosso quella divisa che in questo momento odio.

Mi riscuoto appena quando lo vedo, ma mi allontano appena quando mi ricordo che cosa mi hanno fatto, sono certo che non vorrà più un servo, un giocattolo, rotto, senza ali ed impuro come me.
I miei carcerieri mi portano davanti a lui, di peso, lasciandomi cadere ai suoi piedi. Tremo quando vedo che si china accanto a me e mi tira su.

Quella che vedo nei suoi occhi...è preoccupato...per me?
<”Sono così felice di vederla.”> un piccolo sorriso si fa spazio sul mio volto.
Mi aiuti a uscire da quel luogo che ci ha tenuto troppo divisi e che mi ha fatto cosi tanto del male.

Appena siamo fuori solo ti sento dire <”Anche tu mi sei mancato Catan”> un bacio si posa sulle mie labbra rovinate, io ricambio senza pensarci due volte.
<”Posso chiederle come torniamo a casa? Io non sono in grado di volare.”>
Mi guardi dicendo <” Ho già pensato a tutto, mio caro Catan. ”>
Appena finisce la frase appare il mezzo che ci porterà a casa, mi aiuta a salire ed io mi rilasso ad ogni metro che mi allontana da quel posto di dolore, anche se scatto, quando le ferite mi riportano alla realtà.

La schiena non riesco ad appoggiarla, le ferite non mi sono state curate e sento il sangue che ancora bagna la mia camicia.

L’idea di dover dirgli quello che mi è successo mi spaventa da morire, solo che non posso nasconderglielo.

Quando arriviamo a casa mi faccio coraggio e lo chiamo.
<” Signor Rosiel devo dirle una cosa ed ho una gran paura a farlo.”>
Tu mi guardi non capendo e mi inciti a parlare, così faccio un sospiro, sentendo la tensione che mi chiude lo stomaco.

Ho dannatamente paura.
<”Ieri una ragazza è venuta a dirmi della mia scarcerazione odierna, ero così felice finché tre uomini non sono entrati e… e...”> mi blocco.

Devo calmarmi, ma è così difficile da dire, tu mi inciti ancora una volta.

Decido per una mossa drastica.

Mi spoglio del pezzo sopra mostrando lo scempio che hanno fatto al mio corpo.
<”Mi hanno strappato le ali per puro divertimento…” dico con voce tremante.

Quando appoggi la mano sulla mia schiena mugolo di dolore.
<”Non sono più un angelo completo ma sono sempre io, la prego non mi mandi via.”> mentre pronuncio queste parole mi giro verso di lui e qualche lacrima silenziosa scende sul mio viso.
<”Mio caro Catan non potrei mai farti un torto del genere, sei ridotto così per aver aiutato me, non potrei mai e poi mai mandarti via.”> mi dici mentre mi abbracci con delicatezza sentendo delle parole che mai mi sarei aspettato di udire da te.
<”Ti amo, mio fedele angelo.”> Sorrido mentre arrossisco.

<” Anche io l’amo signor Rosiel.”>
Le tue labbra si appoggiano alle mie baciandomi, facendomi sentire a casa.

Devo dire una cosa.

Non bramo il paradiso perché lo vivo tutti i giorni con alti e bassi.

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