For: To the Moon.

di Rainfell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** “Non l’ho mai detto a nessuno, ma.. Ho sempre creduto che fossero dei fari.” I ***
Capitolo 3: *** “Non l’ho mai detto a nessuno, ma.. Ho sempre creduto che fossero dei fari.” II ***
Capitolo 4: *** FOR: TO THE MOON - LA STORIA CONTINUA, 7 ANNI DOPO. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prima di iniziare a raccontare di come il vecchio Johnny realizzò il suo ultimo desiderio, bisognerebbe parlare di chi gli aveva permesso di poterlo fare. Infondo, come può un povero vecchio realizzare un così ambizioso sogno senza l'aiuto di qualcuno?

Era sera e sopra le loro teste si elevava una fantastica Luna piena che li accompagnava nel loro percorso in auto verso il paziente di quella sera, bisognoso del loro aiuto per realizzare il suo ultimo desiderio, apparentemente.
Gli scienziati Eva Rosalene e Neil Watts lavoravano per la Sigmund Corporation, una società che apparentemente esprimeva l'ultimo desiderio delle persone in fin di vita.
Come era possibile ciò? Non erano certo dei maghi o chicchessia, ma grazie ai loro studi scientifici e tecnologici, avevano realizzato degli impianti di ricordi artificiali che permettevano loro di introdursi nei ricordi dei loro pazienti e viaggiare a ritroso, a piccoli passi, nella loro vita, modificandone gli avvenimenti che in passato gli avevano impedito di realizzare i loro sogni nel cassetto; ovviamente cercavano di fare il possibile per non alterare troppo quelli reali.
Grazie a tutto questo, il paziente poteva morire senza alcun rimpianto.
C'era una leggera brezza che Eva, con il finestrino abbassato dal lato passeggero, si stava godendo in tutta tranquillità, ignorando i continui lamenti del suo collega alla guida e i suoi parallelismi insensati da nerd quale era. Difatti l'ultima sua chicca era stata paragonare la lunghezza del viaggio che stavano compiendo alla lunga battaglia tra Goku e Freezer, o qualcosa del genere, delle volte non riusciva davvero a stargli dietro e infatti più che zittirlo con un “Chiudi il becco e continua a guidare”, non fece, lasciando così che si lamentasse da solo. Ormai dopo così tanti anni di conoscenza, aveva capito come comportarsi; Neil era come un bambino, meno confidenza gli davi e meno capricci faceva, ignorandolo infatti avrebbe chiuso la bocca da solo.
Emise un profondo sospiro quando effettivamente sopraggiunse la quiete; momentanea.

La persona che li aveva contattati, aveva informato loro che il paziente si trovava fuori città, precisamente nei pressi della scogliera su cui era situato il faro.
Eva pensò a quanto fosse bizzarro il pensiero di poter abitare così isolati da tutti, ma era anche affascinata dal pensiero di un posto così silenzioso e tranquillo, lontano dal frastuono cittadino.
Quando iniziò a scorgere quella che si presumeva fosse l'abitazione del paziente, cercò di avvertire il suo collega che in tutta risposta elargì con un: “MERDA!” seguito da una frenata e girata di sterzo brusca, che li fece finire inevitabilmente contro un grosso albero.
L'impatto aveva azionato gli airbag contro di loro, ma per fortuna erano entrambi interi.
Con il cuore a mille per lo spavento e un po' indolenzita, Eva scese dall'auto prima controllando i danni subiti e in seguito il suo collega che in quel momento stava anche uscendo dall'auto imprecando, concentrato più che altro verso la strada, a differenza sua.
« Dove stavi guardando Neil?! Per poco non ci facevi ammazzare! » si accanì contro di lui, nonostante cercava di controllarsi e riprendere la calma perduta.
« Bhe, scusami, se ho schivato eroicamente quello scoiattolo! », non poteva davvero credere alle sue parole, battendo più volte le palpebre incredula del fatto che stavano davvero rischiando la vita per uno scoiattolo. Fece dunque il giro, per valutare la situazione e notando così che in ogni caso l'animaletto giaceva a terra privo di vita. Non aveva davvero parole per descrivere la stupidità di quell'uomo.
« ... L'hai comunque preso in pieno. » gli precisò, riportando in seguito lo sguardo verso l'albero e il davanti dell'auto distrutto. “L'hai preso in pieno e hai colpito un albero...”
« Ascolta, non preoccuparti, è la macchina della compagnia. » disse in tutta risposta con un movimento non-curante della mano e con una tranquillità tale che metteva davvero in discussione l'immensa pazienza che la scienziata possedeva, e si sistemò gli occhiali.
« Mi stai prendendo in giro? Il capo ci ammazzerà! » sbottò Eva.
« Hm. Gli potremmo dire che stavo salvando un cagnolino. Lui adora i cani, vero? » chiese lui per avere una qualche conferma, incrociando le braccia al petto, pensandoci seriamente alla questione.
« È più un tipo da gatti. » rispose, meravigliandosi di se stessa per averlo anche fatto.
« ... Perché il mondo deve essere così complicato? » il suo tono era di teatrale disperazione, era sempre stato un esibizionista. « Bene, qualunque bestia gli vada a genio, l'abbiamo salvata! », non era proprio così che era andata, ma ad ogni modo la scienziata lasciò nuovamente perdere l'altro emettendo un profondo sospiro massaggiandosi la tempia.
« Perfetto, dopo ricordati di scriverlo sul tuo resoconto. Prendi l'equipaggiamento dalla macchina e diamoci una mossa. » difatti per il gesto non-eroico del suo collega, stavano perdendo tempo prezioso che dovevano invece usufruire con il loro paziente che di certo non poteva aspettare loro ancora per molto.

Neil Watts era l'assistente – nonché amico di vecchia data – della dottoressa Rosalene. Era un giovane uomo caucasico dagli occhi verdi e occhialuto e dai corti capelli castani, di alta statura. Si definiva divertente e cinico, spesso e non-volentieri faceva battute e vari riferimenti alla cultura pop per alleggerire l'umore e rendere il lavoro meno stressante possibile. Almeno così credeva; da Eva veniva piuttosto descritto come sciocco e infantile, mettendo in evidenza anche quanto fosse insopportabile e terribilmente logorroico, con una propensione spiccata a interventi non richiesti – e che il più delle volte la mettevano in imbarazzo davanti lo staff e i clienti – mettendo così sempre a dura prova l'immensa pazienza che la caratterizzava. Lei era completamente l'opposto di lui. Era una bella e giovane donna dalla scura pelle, dagli occhi castani e lunghi capelli corvini; come altezza era nella media. Teneva molto al lavoro che con tanta fatica si era guadagnata, prendendola con molta serietà. Il suo temperamento era tranquillo, gentile quando si trattava di parlare con i propri clienti, nonostante fosse piuttosto riservata come persona, per di più nessun dettagli le sfuggiva, neanche il più frivolo. Probabilmente era considerata la migliore nel suo campo, anche se Neil direbbe sicuramente il contrario, auto-elogiandosi.

Una volta preso l'equipaggiamento dai sedili di dietro e lasciato l'auto mal ridotta al suo destino, si incamminarono verso l'abitazione del paziente, da cui potevano scorgere il tetto dalla loro posizione. Avevano un percorso da seguire, ma per fortuna vi erano le dovute indicazioni, senza il pericolo di perdersi. Per andare verso la cima della scogliera dovevano seguire le scale di pietra; intorno all'area circostante vi erano diversi alberi, alcuni di essi privi di foglie, su cui erano posati alcuni uccellini azzurri cinguettanti. Da lì, prestando un po' più di attenzione, si poteva ben sentire il suono delle onde del mare che si infrangevano contro la scogliera, rendendo un po' più piacevole quella scalata, almeno per Eva. Neil imprecava ogni tanto per via del peso dell'attrezzatura che era costretto a portare.
Durante la loro salita si ritrovarono davanti una masso che bloccava loro la strada o così apparentemente sembrava.
« ... Chi ha messo qui questa roccia? » si domandò Eva, osservandola confusa.
« Sarà il loro sistema di sicurezza. »
« Non essere ridicolo... non abbiamo tempo da perdere. Proviamo a spingerlo via dalla strada. »
« O forse potremmo trovare un ramo di un albero da usare come leva---, aspetta... » breve pausa, Eva era già pronta ad intervento fuori luogo. « Oppure, potremmo arrenderci subito e dare un taglio alla cosa! »
Ignorando completamente il resto del discorso altrui, assottigliò lo sguardo notando che ci fosse qualcosa di insolito in quella “roccia” che gli bloccava il passaggio, avvicinandosi dunque maggiormente ad essa per toccarla con mano e spingerla via come se fosse una piuma, o forse era meglio paragonarlo ad un palloncino. Difatti quello che aveva spinto via, e che ora rotolava via per la scalinata, non era altro che un grande pallone gonfiato che lasciò entrambi gli scienziati perplessi.
Ci fu un momento di silenzio.
« ... Che diavolo è successo? » chiese Neil, più sorpreso di lei.
« Io... non capisco... » fece una pausa. “sembrava quasi una specie di palloncino, ma era così realistico che non sembrava tale... »
Di nuovo silenzio.
« Uh, va bene, meglio che ci diamo una mossa. »
« Okaaay... »
Tornarono sui loro passi fino a raggiungere finalmente l'abitazione del loro paziente ritrovandosi davanti al suo giardino.
La casa era immensa e imponente e chiunque avesse avuto la pazienza di costruirla aveva davvero fatto un ottimo lavoro.
Aprendo il cancelletto, percorsero il giardino fino ad arrivare davanti la porta su cui Eva bussò.
« ... Non è un brutto posto dove ritirarsi, non trovi? », alla domanda di Eva, Neil posò momentaneamente la pensante attrezzatura a terra, guardandosi intorno con le mani posate sui fianchi.
« Avrei potuto trovare di meglio. », Eva non si meravigliò di quella risposta, roteando gli occhi rassegnata, non continuando la discussione. « Turni di notte: bene o male? »
« Sai benissimo la mia risposta, stupido gufo. » rispose questa volta seccata; ancora nessuno sembrava intenzionato ad aprirli, rimanendo così a fissare la porta chiusa.
« ... Ci vorrà tutta la notte, me lo sento. » sbuffò Neil ed Eva non poteva il contrario in quel caso.
« E dubito che abbiano il caffè... »
« Chiudi il becco. » lo esortò, iniziando a sentire dei passi provenienti dall'interno.
« ... Mentre le onde dell'oceano ci deliziano con la loro ninna-nanna...” riprese Neil, con il suo solito modo di fare da poeta da quattro soldi.
« Difficile sentirle col tuo continuo blaterare. » intervenì questa volta Eva.
« E le tue sopracciglia si--- » si voltò verso di lui con sguardo di fuoco, pronta probabilmente a mettergli le mani addosso, se non fosse che, proprio in quell'istante, la porta si aprì alle sue spalle. Lasciandolo perdere, di nuovo, si diresse verso l'interno dalle casa, nascondendo il suo nervosismo.
« Non dimenticare l'equipaggiamento, cretino. »
« ... non vengo pagato abbastanza per questo. »

Sarebbe stata una lunga e pesante notte di lavoro.

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Capitolo 2
*** “Non l’ho mai detto a nessuno, ma.. Ho sempre creduto che fossero dei fari.” I ***


Eva si fermò per un momento su quei tre gradini dell'ingresso che la introdussero nella casa più bizzarra che i suoi occhi avessero mai visto in vita sua. 
Nonostante la scelta di stile classico e la pavimentazione all'inizio fosse caratterizzata da delle mattonelle giallastre, ciò che le si parava davanti era adesso un parquet di un corridoio talmente ampio da ospitare persino un pianoforte, alle spalle di quest'ultimo regnava maestosa una grande finestra che occupava il centro della parete, ai suoi lati erano posti due quadri, seppur nascosti da due alti lumi.Questo fece sorgere in Eva la domanda sul perché appendere dei quadri per poi nasconderli con l'illuminazione... 
Su entrambi i lati del corridoio, sorgevano altre due piccole rampe di scalini che fungevano da entrata per altre stanze. 
Sulla sinistra, il ripiano ospitava una grande sala da pranzo, con una pavimentazione differente dalle due precedenti, seppur per la maggior parte coperta da un tappeto piuttosto semplice. Al centro, era posto un grande tavolo, adornato da una pesante tovaglia di un bianco candido, con un cestino di pane che fungeva da centro tavola, attorno al quale erano poste all'incirca sei sedie. 
In un angolo di questa sala, si potevano poi scorgere ulteriori scale,questa volta che portavano verso il basso. 
Un possibile seminterrato? E poi accanto una porta chiusa che non lasciava intuire cosa ci fosse oltre essa, ma probabilmente non era neanche nel suo interesse saperlo.
Lo sguardo della scienziata si spostò adesso sul lato destro. Salendo quei quattro scalini, ad accoglierla vi era una stanza - con una pavimentazione anch'essa differente dalle precedenti - dominata da una grande rampa di scale che portava al piano superiore. In questa stanza l'arredamento era misero, si riduceva ad un basso mobiletto, simil comò, un caminetto sulla sinistra - di cui non comprendeva l'utilità dato il poco spazio - e un lume e una pianta sulla destra. Ma a colpire principalmente l'attenzione di Eva fu il tappeto, in qualche modo era stato posto... incastrato probabilmente,sotto le scale. La domanda sorgeva spontanea... Com'era possibile?
Era anche probabile che lo avessero intagliato su misura... era la scelta più plausibile e credibile.
Tuttavia, quasi nascoste dalla rampa principale, vi erano altri piccoli scalini infondo alla stanza. Eva li raggiunse, trovandosi adesso in un piccolissimo stanzino, probabilmente doveva essere uno studio, oppure un piccolo soggiorno, o angolo lettura. 
Il pavimento era coperto da un tappeto che risultava essere la versione minuta di quello presente nella sala da pranzo, su di esso erano sistemati un tavolino rotondo con il suo rispettivo sgabellino -anch'esso rotondo ovviamente -, ad illuminare la piccola stanza, vi era una grande e unica finestra sulla sinistra, accanto alla quale era stato sistemato un orologio a cucù. 
Curiosa, davvero curiosa quella casa. E soprattutto... quante scale!
Perfino Neil se ne era reso conto e, quasi come se le avesse detto nel pensiero, constatò che neanche Hogwarts aveva così tante scale. Per la prima volta Eva aveva colto la citazione; chi era che infondo non conosceva Harry Potter?

La signora che aveva aperto loro la porta, chiuse quest'ultima per poterli osservare in religioso silenzio al centro del corridoio fin quando entrambi non riportarono l'attenzione su di lei, rivolgendo loro un cordiale sorriso.
«Il Dr. Watts e la Dr.ssa Rosalene, presumo. Grazie per essere arrivati in così breve tempo. »per Eva era sembrato molto di più, ma lasciò correre, tanto meglio che non avevano fatto ritardo, non li sopportava affatto a differenza del collega, lui era sempre in ritardo.
«Non si preoccupi, anche io non sono bravo a prevedere le morti. »intervenne Neil, facendo emettere un sospiro profondo alla ragazza,incredula del fatto di come potesse apparire così indelicato con le sue battute che non facevano ridere nessuno.
«Lei è la figlia del paziente? »chiese questa volta la scienziata, notando che comunque fosse piuttosto giovane.
«Oh no, sono solo la sua badante. »rispose, accennando una lieve risata. Improvvisamente passarono davanti a loro, di corsa, dei bambini che entrarono nella stanza chiusa della sala da pranzo. «...E questi sono i miei figli, Sarah e Tommy. »aggiunse voltandosi verso la direzione in cui erano spariti. «Non si tratta certo di un lavoretto part-time, per cui cui Johnny cilascia vivere qui. »
«Suppongo che questo Johnny sia il nostro uomo. »
«...Johnny? »Eva e la badante si voltarono verso Neil. «Ascolti,se stiamo parlando di un ragazzino, non credo noi siamo le persone di cui avete bisogno. »queste parole diedero conferma alla ragazza che il suo collega, come al solito, non si era documentato affatto, a differenza sua.
«No,no, è lui che preferisce essere chiamato così. »precisò la povera signora, mentre si dirigeva verso le scale che conducevano al piano superiore. «Adesso è al piano di sopra con il suo medico, seguitemi. »e dando loro le spalle, proseguì.
Eva si voltò un momento verso Neil, intimandolo di prendere nuovamente l'attrezzatura, mentre seguiva la donna al piano di sopra.
«...Quando un giorno mi si spezzerà la schiena, giuro che ti poterò in tribunale. »

Quando l'ingresso fu finalmente libero, i due bambini uscirono allo scoperto per poter correre verso il piano, facendo a gara per stabilire chi potesse suonare prima. Il primo fu il piccolo Tommy.
«Non è giusto mi hai spinto! »,si lamentò Sarah gonfiando le guance indispettita.
«Non è vero. »mentì il fratello.
«Fai come ti pare, tanto ti prendi le due stupide note. »
Una volta entrambi seduti sullo sgabello, iniziarono insieme a suonare una dolce melodia.

Il suono armonioso del pianoforte al piano inferiore arrivò fino alle orecchie di Eva che si fermò un secondo ad ascoltare con un sorriso.
«...Quei bambini non sono niente male, per la loro età. »affermò con sicurezza, chiudendo per un momento gli occhi per lasciarsi trasportare con un sospiro rilassato, abbandonando anche la propria composta postura... cosa che comunque durò poco, data la presenza di Neil alle sue spalle. 
«Ehi, sei tu quella che ha detto che non abbiamo tempo da perdere. »la riprese. «E guarda caso, io sono quello che sta trasportando un affare che pesa come un meteorite. »
La scienziata emise un profondo sospiro, davvero seccata dalle sue continue lamentele, ma questa volta non poteva andargli contro.Aveva ragione, non potevano perdere altro tempo.
«Sì sì, andiamo. »

Entrando nella camera da letto, si ritrovarono davanti un signore con il camice, il medico curante presumibilmente, impegnato a controllare lo stato del loro paziente che giaceva dormiente sul letto. Non lo disturbarono, andando direttamente dalla badante messa di fronte alletto che ricacciava dalle labbra diversi pesanti sospiri. Eva immaginava che, nonostante tutto, ci fosse un forte legame con Johnny, dopotutto aveva accolto lei e i suoi figli in casa propria,non era per nulla cosa da poco.
«Al momento non reagisce. »iniziò il medico, rompendo il silenzio. «Ma da una panoramica della situazione, pare che sia ancora cosciente,difficile dire quanto tempo avete, ma meglio che vi sbrighiate. »
«Sì,ci vorrà un attimo. »difatti Neil, stanco anche del fatto di portare quella pesante attrezzatura da una parte all'altra, ripose il macchinario su una piccola scrivania di legno, aprendone il contenuto e passando poi il cavo ad Eva per poterlo attaccare alla corrente e farlo funzionare.
«...è sicuro che la comune energia elettrica di una casa sia sufficiente? »,chiese giustamente la badante, osservando come quell'impianto fosse abbastanza pretenzioso, stonava con l'intera casa.
«Non si preoccupi, noi siamo esperti.»rispose Neil, facendo segno alla collega di attaccare la spina e,quando questo accadde, ci fu per un momento un calo di corrente.
«Oh cavolo... »mormorò allarmato, tirando poi un sospiro di sollievo nel vedere che fosse tutto apposto. «Procedure standard... tutto come previsto! »rassicurò, azionando correttamente il macchinario.

Eva si avvicinò al medico. 
«Come sta andando? »chiese.
«Non molto bene. Salvo complicazioni, dovrebbe avere solo uno o due giorni. »
«È ben più di quanto ci occorre. »
«...E così voi due potete esaudirgli qualsiasi desiderio, huh? »chiese la badante.
«...o provarci, almeno. »precisò la scienziata.
«Ma noi ce la facciamo sempre, perché siamo fantastici. »aggiunse Neil che nel frattempo stava armeggiando con le impostazioni.
«Allora,qual è il desiderio? »chiese Eva, rivolgendosi alla badante, entrambe avevano completamente ignorato l'altro.
«La Luna. »mormorò in risposta.
«La Luna? »
«La Luna... lui vuole andare sulla Luna. »
«La senilità non fa che ammattire la gente, eh? »a quelle parole si beccò uno sguardo fulmineo da parte della scienziata, facendole così il gesto che avrebbe tenuto la bocca chiusa... nessuno ci credeva.
«Allora,siete in grado di riuscirci? »chiese nuovamente la badante, probabilmente anche lei aveva capito che andava semplicemente ignorato. Eva sospirò.
«...dipende. »
«Lei intendeva dire .»,non era durato molto.
«Perché non ci dice qualcosa sul nostro cliente? »
«Adire la verità... non so davvero molto di lui. Johnny è un uomo anziano. Nei due anni in cui ho lavorato qui, parlava molto raramente. Ha fatto l'artigiano per la maggior parte della sua vita,e sua moglie è deceduta due anni fa. »emise un sospiro finendo di raccontare con un tono malinconico,abbassando lo sguardo verso il pavimento, rammaricata. «...non conosco i dettagli. »
«Santo cielo, saprei più io di lui se fossi stato il suo postino. »disse con tono stizzito Neil.
«Sh,pensa a fare le tue cose. »lo riprese la ragazza, davvero innervosita da quei suoi interventi e dalla sua difficoltà a tenere la bocca chiusa quando era necessario.
«Beh...immagino che se date un'occhiata alla casa, trovereste più informazioni. »aggiunse la badante. «Non credo che a Johnny importerebbe, visto che ha fatto completamente affidamento a voi due. »era un'offerta bizzarra, ma avrebbe comunque aiutato nel loro intento sapere di più sulla vita di Johnny. Più sapevano e meglio potevano manipolare i suoi ricordi rendendoli più reali e credibili possibile.
«Hm,e così sia. »e dicendo questo, si avvicinò a Neil, ancora intento a configurare il macchinario. «Molto bene, chi di noi due gioca a fare il detective? »
«Lo farò io, una volta feci Sherlock Holmes in un musical alle scuole superiori. »sporgendosi dal macchinario, si rivolse alla signora, gonfiando il petto con orgoglio.
«...a me pare che tu facessi Watson »precisò Eva.
«Meh,sono la stessa cosa. »a quel punto si alzò dalla sedia su cui era per cederle il posto e sgranchirsi un po' le ossa. «Tu pensa a configurare questa cosa, io inizierò subito. »
Eva tirò un sospiro... non era poi così convinta che fosse stata una buona idea lasciarlo andare in giro per la casa, ma comunque prese posto mettendosi a lavoro.
«I miei figli possono farle vedere la casa. Probabilmente sono al piano di sotto a suonare il pianoforte. »

 

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Capitolo 3
*** “Non l’ho mai detto a nessuno, ma.. Ho sempre creduto che fossero dei fari.” II ***


Neil in quel momento si sentiva davvero euforico. Quell'indagine che avrebbe eseguito in giro per poter cogliere più informazioni possibile sul loro paziente, Johnny, avrebbe reso il lavoro più interessante e divertente – marmocchi permettendo, non è che sopportasse tanto i bambini, ma erano utili allo scopo, quindi si sarebbe accontentato questa volta – e avrebbe ripagato anche tutto quel tempo in cui aveva portato in giro quel meteorite di macchinario sulle spalle.
Si stava sfregando le mani, con un ampio sorriso sulle labbra e impaziente di iniziare, ma mentre si avviava per uscire dalla stanza, il medico fece arrestare il suo passo facendogli cenno di avvicinarsi.
« Aspetti, venga qua un momento. Ho qualcosa da darle. » 
Emise un profondo sospiro a quelle parole, aveva interrotto il flusso di energia. Una volta che gli fu vicino, il medico si apprestò a consegnargli un monitor wireless che inizialmente lo scienziato osservò confuso, non comprendendo subito l'utilità. 
« Con quello è possibile vedere lo stato di Johnny », spiegò.
« Spero non abbia un pulsante di autodistruzione... ho sempre avuto un debole per quei cosi. » asserì, mettendosi il piccolo monitor nella tasca del camice, prima di allontanarsi e uscire finalmente dalla stanza. Ora la sua entusiasmante avventura poteva avere inizio.

Scendendo al piano di sotto intravide i due bambini al pianoforte, raggiungendoli e rivolgendo loro un falso sorriso per mostrarsi amichevole.
« Hei, vostra madre mi ha detto di farmi fare il tour della casa! »
« Forse lo faremo... » mormorò con tono mellifluo la bambina che continuava a suonare qualche nota sul piano, tenendo una postura composta, come se fosse una principessa.
« Forse...? » Neil non era molto contento di questo, iniziavano già con il piede sbagliato.
«... Penso che ci serva una spinta, tutto qui! » aggiunse con un'alzata di spalle. « Cosa ne pensi, Tommy? » chiese al fratello minore che fino a quel momento l'aveva osservata suonare. Sarah era poco più grande di lui e con più esperienza nel suonare il piano, per questo delle volte rimaneva a guardarla con ammirazione. Destandosi, si rivolse allo scienziato.
« Verissimo! » rispose alle parole della sorella con entusiasmo, era suo complice.
Neil nell'osservare quella scena davanti ai propri occhi non poté che avvisare mentalmente quel ragazzino di non farsi influenzare in quel modo da una donna... o poi si sarebbe trovato a portare pesi enormi al posto suo, letteralmente
L'aveva provato sulla propria pelle d'altronde. 
O ancora meglio spalle
Ad ogni modo, non poteva fare molto... doveva stare al loro gioco.
« ... e va bene, ditelo chiaramente. Cosa volete voi marmocchi? »
« Vogliamo... un trilione di dollari! » rispose il bambino alzando le mani al cielo.
« O il bastoncino di zucchero che la mamma ci nasconde.» continuò la sorella con un sorrisetto ruffiano.
« Già, o quello. » asserì il fratello, annuendo energicamente.
« Ehm, cosa?» a quel punto Neil era sul punto di un crollo nervoso, probabilmente, difatti – sollevando di poco gli occhiali – prese a massaggiarsi all'altezza della radice del naso.
« C'è un gigantesco bastoncino di zucchero su uno scaffale alto che non riusciamo a raggiungere... » spiegò la bambina. 
« Si trova in cucina. La mamma l'ha preso per darcelo quando facciamo i lavoretti. Prendicelo tu, e ti faremo fare il giro della casa! » aggiunse il fratello.
« Cosa ne dici? », in mente sua lo scienziato diceva che quello fosse un ricatto bello e buono, non si poteva far mettere i piedi in testa da due bambini.
« Beh... » prima di dare loro una risposta, assunse una teatrale posa da pensatore, sistemando bene gli occhiali. « Penso che se non mi farete fare il tour della casa, salirò al piano di sopra per parlare con vostra madre del fatto che mi avete ricattato per un tornaconto personale. Allora, che ne dite? »
Entrambi i bambini guardarono lo scienziato con espressione incredula e al tempo stesso terrorizzata al pensiero di come avrebbe reagito la madre a quella loro malefatta con gli ospiti di casa. Si guardarono fra di loro, prima di arrendersi alle parole dell'altro; in quel momento avrebbe voluto esultare per la sua vittoria, ma si trattenne.
« Bene, ora che siamo tutti d'accordo, da dove cominciamo?» 
« Io lo so! C'è una stanza buffa in cantina! » rispose Sarah per alzata di mano.
«... non mi piace quella stanza buffa.» mormorò il fratello, sbuffando avvilito. 
« Ehm, che tipo di " stanza buffa "» chiese, non comprendendo di cosa stavano parlando.
« La vedrai con i tuoi occhi. » asserì la ragazzina, scendendo adesso dallo sgabello del piano.
«È straaaaamba! » aggiunse il fratello, agitando le braccia per rafforzare il concetto, alzandosi anche lui.
Neil era frustrato al pensiero di essere quasi costretto a dover affrontare quel giro turistico con loro, infatti il più delle volte sospirava.
« Dobbiamo prendere la chiave, però » continuò la bambina. « Il vecchietto la teneva dentro un libro nel suo studio. » 
Dunque adesso, per loro, quell'avventura si era trasformata in una "fantastica" caccia al tesoro per poter accedere all'ambita stanza buffa, come la chiamavano loro.

Una volta accompagnato dai due bambini nello studio caotico del vecchio Johnny, seguendo le indicazioni di Sarah, Neil si mise a cercare la chiave che diceva essere nascosta nel libro più spesso dello scaffale in alto... beh, non era poi stata così tanto d'aiuto siccome c'erano tre scaffali stracolmi di libri di diverso spessore. Ma lui d'altronde si definiva lo Sherlock Holmes della situazione, no?
Scese i quattro gradini – si, ancora – per poter raggiungere la prima libreria che si era trovato di fronte, iniziando così a curiosare e imbattendosi nel primo libro di grosso spessore che aveva trovato: "I vestiti nuovi dell'imperatore" - di Hans Christian Andersen, la ricordava fin troppo bene quella storia. Parlava dell'imperatore che amava tanto avere sempre bellissimi vestiti nuovi da usare tutti i suoi soldi per vestirsi elegantemente e che possedeva un vestito per ogni ora del giorno. Alla fine fu ingannato dai dei tessitori che gli rifilarono un "vestito invisibile" da esibire davanti a tutti, facendosi poi umiliare da un bambino che vedeva ciò che effettivamente gli occhi gli mostravano, urlando all'imperatore che in realtà addosso non aveva nulla. Neil si era molto immedesimato, in quel bambino, sapeva avrebbe fatto lo stesso e avrebbe riso in faccia all'imperatore senza pensare alle conseguenze. Sarebbe stata una scena fin troppo esilarante... comunque sia, niente chiave in quel libro.

Passò alla libreria successiva che si trovava proprio accanto. 
Altro libro spesso. 
Questa volta il libro narrava la storia di una ragazza che si innamorava di uno zombie che emetteva un gradevole profumo di margherite quando colpito dalla luce solare. Beh, a quanto pare aveva trovato la copia ancora più brutta e ridicola di Twilight... forse con un pizzico di The Walking Dead? 
Era assurdo come quel vecchio conservasse storie classiche e poi possedesse anche roba simile, sempre se fosse suo... mai dire mai. Sfogliò rapidamente le pagine con nessuna intenzione di leggere il contenuto, sentendosi alquanto fortunato ed esultando quando trovò la chiave all'interno, pensando a come quell'uomo sapesse davvero come nascondere qualcosa. In effetti nessuno - tranne Neil per necessità, in questo caso - avrebbe mai letto roba simile, era troppo perfino per lui. E lui leggeva manga, di storie assurde ne aveva lette.

I bambini che nel frattempo si erano messi a giocare tra di loro a batti mani, senza dare il minimo aiuto allo scienziato, vedendolo avvicinarsi a loro con il "trofeo" fecero un applauso, scendendo successivamente dal divanetto su cui si erano seduti.
« Adesso possiamo aprire la stanza buffa nella cantina! » esclamò la bambina con entusiasmo, prendendo per mano il piccolo fratello per poter uscire di corsa dallo studio, tutta eccitata. 
Neil li seguì, scendendo dunque le scale poste nella sala da pranzo, curioso ora anche lui di vedere cosa ci fosse all'interno della fantomatica stanza buffa, anche per comprendere la scelta di un nome così bizzarro! 
Se al contrario poi non ci fosse stato nulla di speciale, deludendolo, avrebbe pensando bene a come sbarazzarsi di quei marmocchi che gli avevano fatto perdere del tempo prezioso. 
Ovviamente si scherzava. 
O forse no.
Tutto dipendeva da quella stanza.

« Qua ci giochiamo a nascondino, sai? » parlò Sarah, una volta scese le scale verso la buia cantina.
« Accendo la luce prima di inciampare su qualcosa. » difatti Tommy, orientandosi nella stanza semi-buia – la luce del salone facilitava un po' il compito – riuscì con successo ad accendere la luce senza inciampare da nessuna parte... e per fortuna altrimenti chi avrebbe sentito la madre? Erano sotto la responsabilità di Neil dal momento in cui aveva accettato di portarseli in giro.
Quella cantina era piuttosto spoglia per come se l'era immaginata, ma era umida e... « Una volta qui si trovavano un sacco di robacce! Libri ammuffiti, secchi ammuffiti, formaggio ammuffito... un sacco di roba davvero! » e con la preziosa informazione di Tommy, Neil comprese perché puzzasse anche così tanto... aveva la nausea e si capiva anche dalla sua espressione disgustata, ma cercò di ricomporsi.
« La stanza buffa si trova lì! » Sarah si trovava proprio di fronte la porta che adesso gli indicava. Inizialmente non ci aveva fatto caso, forse l'odore nauseabondo gli offuscava la mente. 
Ad ogni modo si prese di coraggio, estraendo la chiave che aveva messo all'interno della propria tasca del camice e, avanzando verso la porta, la fece scorrere all'interno della serratura con estrema calma. 
La temperatura sembrava essersi abbassata... sentiva il proprio respiro come in quei momenti di suspense nei film, dove lo spettatore urla davanti lo schermo al cretino di turno consigliandogli non aprire quella dannatissima porta! 
Eppure girò lo chiave, fino a quando non sentì il "click" della porta sbloccata. Trattenne per un momento il respiro, il fatidico momento era giunto, avrebbero scoperto la verità sulla stanza buffa e sarebbe passato alla storia nei secoli e nei secoli ...

« Ma insomma! Quanto ci vuole ad aprire una porta! » la voce acuta della bambina, fece trasalire Neil impegnato a fantasticare e rendere quel momento ricco di pathos. Si era anche portato una mano al petto dallo spavento, mentalmente la stava davvero maledicendo.
« Va bene, va bene! » disse stizzito con un grugnito, avvicinando la mano alla maniglia della porta per poterla finalmente aprire.
Non si vedeva assolutamente nulla, ma grazie alla luce della cantina, allungo la mano verso l'interruttore della luce, accendendola.
Da quell'esatto momento comprese il significato della stanza buffa.

« Ma che diavolo...? » 

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Capitolo 4
*** FOR: TO THE MOON - LA STORIA CONTINUA, 7 ANNI DOPO. ***


FOR: TO THE MOON - LA STORIA CONTINUA, 7 ANNI DOPO.
 
Questo spazio lo dedico a voi ringraziandovi per le recensioni positive, per le visite arrivate a più di mille, di voi che l'avete salvata fra i preferiti, le ricordate. Nonostante tutto.
I capitoli si rinnovano nuovamente.
Gli anni passano e la scrittura si evolve sempre, sperando che la lettura sia molto più piacevole di quella precedente. 
Tengo molto a questo mio piccolo progetto e spero di dargli il giusto valore che merita. 
Il gioco merita, infatti vi invito come al solito a giocarvelo e di godervi meglio che potete l'esperienza.
Vi invito a rileggervi i capitoli precedenti, sempre se ne avete voglia. Sono stati riscritti da zero, da un'altra prospettiva e con qualche aggiunta in più per arricchierla e renderla più scorrevole in attesa del nuovo capitolo che non tarderà ad arrivare.
Questa volta è una promessa.
Rinnovo i miei ringraziamenti per voi... Grazie davvero per la vostra pazienza, di tutto.

Everything's alright ... 

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