C a p i t o l o
D u e
“Dislessica, esci!” - tuonò Sephora ridendo.
Melania si alzò, più per non sentire ancora la sua voce che altro. Non riteneva Sephora una di poca dignità e nemmeno le importava cosa faceva in classe in quei venti minuti di pausa. Oramai stava per farci l’abitudine. Erano da due settimane che continuava a entrare in classe assieme a quel ragazzo, scambiandosi effusioni amorose troppo spinte. Eppure non andava in giro a sparlare di ciò, rispetto alle altre ragazze del gruppo popolare. Scosse la testa. Decise di andare in cortile a prendere un po’ di aria pulita, ma una volta fuori qualcuno urlò. Alzando il viso notò Tara con un pallone da pallavolo in mano a pochi metri da lei.
“Per un pelo non ti hanno colpita. Scusa, non lo avrebbero fatto apposta.”
Melania rimase confusa ma ricambiò il sorriso. La rossa lanciò la palla alle amiche annunciando di non voler più giocare.
“Facciamo un giro?”
“Non credo sia una buona idea… Forse non lo sai ma Marco pratica il calcio perciò potrebbe essere sui campetti.”
Tara storse la bocca.
“Perché ne hai paura? I veri uomini non insultano le ragazze. - La ragazza abbassò lo sguardo, massaggiandosi la spalla destra. - Ma se non te la senti, stiamo dentro.”
La mora annuì e iniziarono a chiacchierare, camminando lungo i corridoi della scuola.
“Ti sei iscritta a qualche corso?”
“No, non penso di esserne capace. Tu?”
“Quello di ginnastica. Pallavolo per la precisione, penso sia molto bello, divertente e… boh.”
Melania sembrava divertita ma un suono attirò la sua attenzione.
“Che è successo?”
“Hey ragazza, tutto okay?”
Sebastian Donati, nonché compagno di squadra di Marco, si avvicinò.
“Meglio se vai via.”
Per quanto cercò di sembrare dura e forte, Lisa stava male e perdeva troppo sangue. Il ragazzo si abbassò posando un ginocchio per terra e alzando con forza il viso della bionda, notò il sangue fuoriuscirle dalla bocca.
“Lisa!” - urlò Melania avvicinandosi all’amica.
Tara spinse via Sebastian per guardare le condizioni dell’amica.
“Oh mio Dio, che ti ha fatto?”
Tara si sporcò le mani appena posò l’indice sul labbro della ragazza per constatare cosa fosse.
“Sto bene.” - ringhiò allontanando il viso da quella mano.
“E’ meglio portarla in infermeria.” - disse il ragazzo, attirando l’attenzione.
“Infermeria? Che cosa le hai fatto?!” - urlò Tara sconvolta di nuovo.
Era la prima volta che vedeva del sangue che non fosse il suo. Uno dei difetti di Tara era il fatto che, alcune volte, si faceva sopraffare dal panico o dall’ansia. O il fatto che la sola vista del sangue le facesse venire i brividi.
“Non sono stato io!”
“Ma stai zitto idiota.” - si intromesse la mora cercando di posare una mano sulla schiena dell’amica per aiutarla ad alzarsi.
Era la prima volta che Melania esprimeva quello che pensava davvero. Se lo avesse fatto anche tempo fa con Sephora, forse non sarebbe stata in quelle condizioni sociali allora. Sebastian aprì la bocca sconcertato.
“Io non stavo facendo proprio niente!” - provò a dire, ma ormai le ragazze erano lontane, e Lisa troppo debole per difenderlo.
“Dicono che Sebastian abbia picchiato la Caputo mandandola in infermeria.” - annunciò Marco al tavolo dei popolari.
Sephora scoppiò a ridere.
“Era l’ora che qualcuno facesse capire a quella stupida chi comanda qui! Chi si crede soltanto perché alcuni la trovano “carina”. Appena lo vedo mi complimenterò.” - aggiunse la ragazza dopo averci pensato.
Il resto del tavolo rimasse in silenzio, tranne Luca, che si alzò dal tavolo senza aver toccato cibo.
“Dove vai amore?” - chiese la sua ragazza girandosi.
“Non ho fame ora. Vado un po’ fuori.”
“Melania… tra poco iniziano i corsi pomeridiani e io dovrei andare…”
La ragazza annuì mostrando anche il pollice in su. Le lezioni pomeridiane erano solo dedicate alle varie ore pratiche dell’istituto, a cui Melania non partecipava. L’unica cosa buona di quel istituto erano le ore pomeridiane che aiutava i ragazzi a migliorare i propri talenti.
“Tranquilla. Resto io con Lisa.”
Tara prese il suo zaino e sorrise alle amiche prima di chiudersi la porta alle spalle. Lisa provò a sospirare ma il dolore all’addome era molto forte.
“Cristo, come ha potuto farti questo?!”
La bionda scosse la testa.
“Non… non è stato Sebastian.”
Melania rimase stranita, ma non disse nulla. Non trovava giusto dirle che l’intero istituto pensava ciò a causa di Marco che aveva visto quasi tutto.
“Il sangue sulla sua mano… era tuo no?”
“Cercava di aiutarmi. Melania… ti devo dire una cosa importante.”
La porta si aprì e due ragazzi entrarono dentro: Luca, tenendo il braccio sinistro stretto con l’altra mano e Sebastian che chiuse la porta dietro di sé.
“Cristo che male.” - sussurrò una volta raggiunto il posto.
“Così impari a camminare sui corridoi bagnati.” - rise l’amico per distrarlo.
Il biondo prese alcune garze e avvolse l’avambraccio del corvino, cercando di attenuare il dolore mentre l’altro guardò le ragazze.
“Così va meglio. Possiamo anche andare adesso.” - disse subito dopo, alzandosi dalla sedia.
Sebastian cercò di fermarlo, anche perché due garze non fecero il miracolo, ma fu irremovibile. Luca rivolse per un attimo lo sguardo a Melania prima di lasciare l’infermeria. Donati decise di rimanere.
“Ti raggiungo più tardi.”
Lisa si alzò a sedere con molta difficoltà. Melania si avvicinò per aiutarla a scendere. Cercò di guardare l’orologio appeso alla parete della stanza ma le lancette parvero troppo veloci e piccole per riuscire a capire qualcosa.
“Sono le due e mezza Melania. - sussurrò l’amica. - Dovresti andare a casa. Io me la cavo. Verrà mia madre.”
La ragazza arrossì.
“Ma non puoi… Che le dirai? Che sei caduta dalle scale?”
“Vai. A domani.” - salutò cercando di sorridere per rassicurare l’amica.
“Sei scema. Stai attenta.” - disse guardando il ragazzo biondo di fronte alla porta.
Melania lasciò la stanza e Sebastian si avvicinò alla ragazza. Ci furono alcuni minuti di silenzio prima che Lisa trovasse il coraggio di parlare.
“Perché sei rimasto?”
Lui sorrise di fronte a quella domanda.
“Volevo vedere come stavi.”
“Riesco a stare in piedi. Puoi andare adesso.”
Lisa si sarebbe morsa il labbro se solo il mal di testa non la stesse massacrando. Tendeva a pentirsi sempre di quello che diceva; era troppo impulsiva e lo sapeva.
“Ti giuro che non ti avrei fatto nulla. Ero preoccupato.”
“Meglio se tu non lo sia. - sbuffò, cercando di abbassarsi per prendere il suo zaino. - Vattene.”
Sebastian glielo prese, porgendoglielo. Lisa scosse la testa appena prese lo zaino. Aveva un casino di problemi già da sola, non voleva aggiungere un’altra pietra al sacco. Sapeva che si sarebbe pentita anche di quella scelta. Sebastian sorrise in modo imbarazzato aprendole la porta per uscire.
“Faccio parte della squadra di calcio. Se hai bisogno, il pomeriggio sono ai campetti.”
E il fatto che un ragazzo che non l’aveva mai calcolata - e viceversa - fino a quel momento le stesse parlando, non aiutava la sua situazione.
“Ci devo andare per forza io?!”
Marina annuì, spingendo la compagna di squadra verso il campo da calcio. Sospirò prima di alzare una mano.
“Hey Palmieri!”
Il nominato si girò e notò Tara, sorridendo.
“Che vuoi?”
“Il nostro insegnante si è preso un giorno e quindi abbiamo bisogno della chiave del magazzino per prendere i palloni. La segretaria ha detto che tu hai la copia della chiave quindi…”
Il ragazzo scrollò le spalle.
“Okay. Ti accompagno.”
“Ma anche no.”
“Non posso affidare la chiave del magazzino alla prima bambina che passa. Perciò, felice o meno verrò.”
Tara si sentì più indignata nel rimanere per minuti assieme a quel ragazzo che per il fatto di esser stata chiamata bambina. Provò fastidio nel respirare la sua stessa aria, stargli accanto sarebbe stata una prova di coraggio e autocontrollo per la rossa.
“Va bene.”
Tara era lì solo da due mesi. Non aveva ancora capito bene quali fossero le persone di cui fidarsi o quelle meno, ma sapeva bene che Marco era uno di quelli che più alla larga ci si stava, meglio era. Non servivano esperti per constatare che il ragazzo aveva poca fiducia in sé. La prima volta che Tara lo vide, stava insultando le sue amiche in un posto pubblico e pieno di gente, la mensa. Il giorno dopo lo vide aiutare una signora anziana salire le buste della spesa lungo la scalinata del centro commerciale in quanto le scale mobili erano in disuso, senza fiatare. Che fosse una parente? Di certo non voleva pensarci. Una settimana più tardi entrò per sbaglio nello spogliatoio sbagliato e scoprì che Marco, oltre alle parole, usava le mani. Tara si sentì uno schifo per non aver detto nulla ai professori. Ed in quel momento, con quasi gentilezza e senza storie, l’aiutava a prendere i palloni.
Si risvegliò dai suoi pensieri appena sentì la porta scattare. Il magazzino era in fondo alla palestra interna alla scuola. Il portone era grande ed in ferro, con la vernice che si staccava a pezzi mostrando quanto fosse arrugginita e vecchia. Ebbe quasi paura quando entrò lì dentro dato che c’era una temperatura molto più bassa e un’aria molto più umida. Marco entrò ed accese le luci indicandole i palloni da pallavolo, in uno scatolone in fondo. Tara provò ad avvicinarsi ma inciampò su un attrezzo fuori posto a causa della scarsa luce, cadendo a braccia alzate, con un rumore simile a quello di un sacco di patate. Il ragazzo cercò di non ridere e si avvicinò.
“Tutto okay?”
Si sentì un tonfo, e quando la rossa si girò notò lo sguardo terrorizzato del ragazzo che tornò sui suoi passi.
“Porca miseria!” - imprecò dando un calcio alla porta.
“Che è successo?” - chiese l’altra, alzandosi da terra da sola.
“Siamo bloccati qui. - Tara credette di sentirsi male. – E sono claustrofobico.” - Poi lo seppe con certezza.
Sbiancò toccando il vecchio portone.
“Come sarebbe a dire?”
Il ragazzo sbuffò.
“E’ una fobia che ti fa-“
“Ho capito, so cos’è, non sono mica scema. Piuttosto, perché siamo chiusi qui dentro?!”
“Si apre solo dall’esterno, e poi… le chiavi sono rimaste attaccate fuori.”
“Perché si apre solo dall’esterno? Dovevi prendere le chiavi!” - continuò la ragazza, facendosi assalire dall’ansia.
“Così si evitano i furti, genia!”
Oltre che strano e claustrofobico, Marco era stupido.
“Qualcuno ci aiuti! Voglio uscire da qui!” - urlò il ragazzo, sbattendo i pugni sul portone.
“Calmati principino. Mostrati uomo e stai fermo.”
Tara sospirò sedendosi su una panchina, guardando Marco avvicinarsi.
“Tu! E’ tutta colpa tua. Che ore sono? Sono ore che sono bloccato qui dentro.”
“Guarda che sono passati solo cinque minuti. Le mie compagnie si accorgeranno che non sono tornata e verrano a cercarmi.”
“Ma Tara?”
Marina tornò dalla palestra, alzando le spalle.
“Ragazze, penso ci abbia abbandonate.”
“Eh?”
“Massì, ha visto quel figo di Marco e non voleva perdere l’occasione no? Non c’è nessuno in palestra. L’avessi avuta io…”
“Ma se l’hai mandata tu Marina.”
La mora le fece segno di stare zitta, poi si incamminò verso le panchine del campo.
“E meglio se andiamo via, tanto l’allenatore non c’è comunque quindi meglio evitare di farsi male a caso.”
“E Tara? Sicura di non averla vista?”
“Sì ragazze! Domani a scuola le chiederemo spiegazioni.”
Marina sorrise alla squadra, uscendo dal campetto. Di certo, nessuno poteva sapere che fu proprio lei a chiudere la porta del magazzino.
La rossa sospirò.
“Qualcuno ci apra!” - urlò il biondo facendole fischiare le orecchie.
Si alzò dalla panchina e girò il ragazzo con forza verso di sé, tirandogli uno schiaffo forte. Si creò una stampa rossa delle cinque dita della ragazza sulla guancia immacolata di Marco che aprì la bocca sconcertato. La guardò con modo superiore e alzò la mano.
“Non provarci e ascolta, razza di ragazzino viziato. Prima o poi verranno a tirarci fuori perché qualcuno si accorgerà che il capitano della squadra di calcio o una qualunque della squadra di pallavolo manca. E quando lo faranno, non ti troveranno intero se continui a piagnucolare come un bambino. Lo dirò a tutta la scuola se ora non ti calmi e ti siedi.”
E Tara credette di averlo calmato quando vide il suo viso rilassarsi.
“Ma hai il ciclo?” - chiese con una faccia da pesce lesso.
La ragazza ringhiò rinunciandoci, poi si strofinò le braccia per il freddo.
Kim sospirò guardando la preside negli occhi.
“Davvero ragazzino?”
La signora Mancini si alzò dalla poltrona per avvicinarsi allo studente. Fu quasi un incidente quello che Kim provocò in mensa, non fu di certo voluto.
“Hai provocato una rissa in mensa, e la sospensione sarebbe una giusta punizione. In questo istituto non si tollerano tali comportamenti."
Non poteva di certo dire che la compagnia di Sephora e Marco lo influenzavano molto. In modo negativo. Le loro famiglie donavano molti soldi alla scuola, quasi come una assicurazione per la promozione dei loro figli.
“Ho lanciato quel piatto, scatenando la rissa, perché Antonio Bianchi stava deridendo un ragazzino del primo anno e non mi sembrava giusto.”
“Questa non è una giustificazione, basta venire a dirlo dopo l’ora di pranzo.”
Il ragazzo rise sotto i baffi.
“E’ seria? Mi dica quante volte, quando qualcuno allarma gli insegnanti di atti di bullismo, fanno qualcosa per fermarli. La solita ramanzina non è acqua, è benzina sul fuoco.”
La preside sospirò.
“Però non posso lasciarti così Alonsi. Punirò te, così tutti gli altri vedranno che ciò che hai fatto non si deve ripetere. Però, se vedi o senti altri insulti rivolti ai miei studenti, vienimelo a riferire.”
Si sedette dietro la sua scrivania e le saltò agli occhi la cartella della Callegari. Quella madre era davvero troppo insopportabile e insistente, soprattutto in quel momento che la signora Mancini aveva altro per la testa. Le balenò un’idea in mente e sorrise.
Bingo.
“Ragazzi avete visto Marco?” - chiese Sebastian appena finiti gli allenamenti.
Tutti negarono.
“Strano, non salta mai un allenamento.”
“Vado a cercarlo io? L’ultima volta l’ho visto entrare nella palestra interna.” - disse Sandra, indicando il posto.
Che Sandra Rossi, figlia di un noto allenatore provinciale, avesse una cotta per il capitano della squadra di calcio era evidente a tutti tranne che al diretto interessato. Per quanto Marco fosse popolare o ricco, non aveva mai avuto una ragazza. Non riusciva a relazionarsi con l’altro sesso senza insultarlo o ferirlo. No, non si credeva superiore, era solo un fattore di timidezza che cercava di nascondere in tutti i modi mostrandosi molto più lunatico e scorbutico di quello che voleva. Sebastian annuì, posando tutti i palloni in una sacca. Nel frattempo la ragazza corse all’interno della palestra iniziando a cercare, finché non si accorse della chiave nella serratura del portone del magazzino.
“E questa? L’avrà dimenticata?” - si chiese girando la chiave.
Aprì il portone e il suo cuore perse un battito. Marco era quasi incollato a Tara, una ragazzina di prima, con gli occhi lucidi e le guance rosee nonostante la bassa temperatura della stanza. Fu la prima volta che la ragazza vedeva la sua cotta abbracciare qualcuno che non fosse Sephora o i suoi compagni di squadra. O vederlo con quel viso terrorizzato. Decisamente, non fu da lui.
“Oh finalmente! Qualcuno ci ha aperto!”- esclamò la rossa, scrollandosi di dosso il capitano.
Evitò la mora senza nemmeno ringraziarla, correndo fuori dalla palestra come se fosse inseguita dalla peste. Sandra si rigirò notando che Marco era tornato come prima. Il solito ragazzo dalla faccia divertita. Più da idiota.
“Cosa ci facevi avvinghiata a lei?”
Marco non si accorse della voce strozzata di Sandra, o almeno, non volle farci caso.
“Secondo te? Lo sa tutta la scuola che sono claustrofobico.”
“Non mi convince.” - ringhiò la ragazza incrociando le braccia.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo frustrato. Non gli piacque quel modo suo di essere gelosa. Sandra certe volte sapeva essere troppo possessiva nelle cose. Decise così di non rispondere e riprendersi la chiave, chiudendo il portone.
Melania era già a casa. Salutò i suoi genitori e corse in camera, non volendo parlare della sua giornata. L’incidente di Lisa l’aveva stravolta, in più non sapeva cosa la sua amica volesse dirle, ma aveva un brutto presentimento.
La mattinata successiva si svegliò male, avendo pensato tutta la notte alla sua amica. Sospirò preparandosi per andare la scuola, ricevendo un messaggio da Lisa.
Si fermò sul marciapiede vicino alla stazione dell’autobus. Lisa si sbracciò per farsi vedere, correndole poi incontro. Melania la abbracciò forte, inalando il profumo che emanava.
“E’ giunta l’ora che io ti dica qualcosa di importante. Ma promettimi per favore che non darai di matto.”
La più bassa annuì, incamminandosi verso la scuola.
“No aspetta, saltiamo la prima ora. Andiamo a fare colazione.”
“Lisa per favore, mi uccidi così. Non ho dormito tutta la notte.”
La bionda si morse il labbro, non capendo come iniziare il discorso.
“Qualche settimana fa ho fatto dei controlli, perché avevo dei dolori strani.”
“Che tipo di dolori?”
Lisa mosse un po’ la testa di lato, guardando ovunque ma non l’amica.
“Lisa!”
“Ho un problema al cuore.”
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