The Rise of Frozen

di LetsCuddle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima. ***
Capitolo 2: *** Parte seconda. ***
Capitolo 3: *** Parte terza. ***



Capitolo 1
*** Parte prima. ***


Ogni volta che da qualche parte del mondo nasceva una bufera di neve, Jack Frost lo sapeva.
La maggior parte delle volte era lui stesso a causarle, ma quella sera ne sentì una davvero forte in Norvegia. Comandò le correnti d’aria come usava fare sempre e si fece trasportare fino ad un piccolo regno nascosto in un fiordo. Dall’alto vide un castello che sembrava quasi sospeso sull’acqua e con suo stupore notò che quel castello era proprio l’epicentro della bufera.
Man mano che iniziò ad avvicinarsi Jack cominciò a sentire delle urla di donna, lo Spirito si affacciò ad ogni finestra, voleva capire chi era ad urlare e perché, perlustrò ogni piano, finché non la trovò. La donna aveva dei lunghi capelli marroni, indossava una camicia da notte ed era stesa in un letto, teneva per mano un uomo alto e dallo sguardo preoccupato, attorno a loro altre donne le asciugavano la fronte, le tenevano la mano, la incitavano a spingere e Jack Frost tirò quasi un sospiro di sollievo quando capì che urlava per la sofferenza del parto.
Fece quasi per andarsene quando si ricordò il perché era lì: capire il motivo di quella bufera.
Sentiva che non era una tempesta qualunque, era insolito come i venti vorticavano proprio attorno le mura del castello, si chiese se non ne fosse proprio quella donna la causa, che avesse anche lei dei poteri come i suoi? Eccitato da un’idea del genere Jack tornò alla finestra e con gioia vide che la donna aveva dato vita ad una bellissima bambina. Nel vederla, il folletto capì subito che era lei la causa della bufera, avvertiva in quella bambina un grande potere, la vedeva scalciare e urlare e dietro di lui sentiva i venti infuriare. Non poteva sentire quello che le persone dicevo ma la curiosità in lui era troppa così entrò, passò attraverso la finestra e vorticò al capezzale della donna stremata.
“Vostra maestà, è in perfetta salute” disse un’anziana signora all’uomo dallo sguardo preoccupato mentre ridava alla madre la piccola avvolta in un telo.
“Guarda Agnarr, è bellissima” disse sfinita la donna guardando sua figlia.
Re Agnarr era commosso, guardò la moglie “è identica a te Iduna” e diede un bacio sulla fronte della neonata.
Il calore di quella scena fece dimenticare per un attimo a Jack perché fosse lì, si ricompose poi si avvicinò alla bambina: ogni tanto essere invisibile aveva i suoi vantaggi. La osservò bene e notò che i suoi pochi capelli erano già bianchi come la neve, proprio come i suoi, era tranquilla nonostante fosse nata da cinque minuti e questo fece ricordare a Jack che non sentiva più i venti infuriare contro la finestra, volò fuori per esserne sicuro e con sorpresa si ritrovò non più nell’occhio di una bufera ma sotto una candida e delicata nevicata di metà dicembre, proprio all’alba del solstizio di inverno. Tutto questo era così strano per lui, tornò subito dentro e osservò ancora più da vicino la piccola che ora sonnecchiava beata tra le braccia della Regina.
“Chi sei tu?” mugugnò tra se e se lo spiritello.
“Sai Agnarr, pensavo di chiamarla Elsa” propose quasi in un sospiro Iduna.
“Mi piace tantissimo amore mio” concluse il Re.
“Elsa” disse Jack senza staccarle gli occhi di dosso “Io e te ci rivedremo piccolina”.
Jack volò via, schivando la nevicata, oltre il fiordo, sorridendo al pensiero del miracolo a cui aveva appena assistito.

Il tempo passava e Jack tornava di tanto in tanto ad Arandelle - così aveva scoperto chiamarsi quel piccolo regno - per andare a trovare la giovane Elsa. Era fuori la finestra quando la principessa iniziò a gattonare e a scivolare sulle patine di ghiaccio che lei stessa formava, fu testimone dei suoi primi passi e degli atterraggi su dune di neve che spuntavano nel momento in cui perdeva l’equilibrio.

Quando Elsa aveva solo tre anni nacque la sua sorellina, Jack Frost era entusiasta all’idea di un’altra bambina con gli stessi poteri, già immaginava tutti e tre a volare nel cielo più su di ogni foresta o montagna, pattinare su del ghiaccio da loro creato nel centro di un lago, giocare a palle di neve anche con 20°C, finalmente poteva avere anche lui una famiglia!
Anna però, così chiamarono la nuova arrivata, non era come la sorella maggiore, Jack lo capì subito. Aveva gli stessi occhi azzurri di Elsa ma meno intensi, i capelli non erano bianchi neve ma di un biondo caldo che ricordavano la giornata d’estate in cui era nata, era una bambina vivacissima, ma in lei non c’era nessun potere magico.
“Poco male” pensò lo Spirito.

Quando i genitori di Elsa scoprirono i suoi poteri Jack era proprio lì, vicino a lei, aveva solo cinque anni e sotto i loro occhi aveva fatto nevicare sulla sorellina.
Con sorpresa di Jack i genitori si mostrarono particolarmente felici per la natura della loro primogenita, Iduna in particolare ne era quasi fiera.
Jack Frost era felice per la sua piccola amica anche se in cuor suo provava una sensazione di malessere, lui era lì, era sempre lì, giocava con lei come un fratello maggiore, ogni tanto credeva anche che Elsa potesse vederlo, si sentiva quasi parte della famiglia, ma in realtà nessuno si era mai accorto di lui.

Il giorno del suo sesto compleanno Elsa si svegliò all’alba e fu proprio quella la prima volta che vide Jack Frost.
La principessa si alzò di buonora per andare in corridoio, la sua intenzione era quella di abbellire le sale con dei cristalli di ghiaccio, ma mentre passava avanti ad uno dei balconi principali del palazzo con la coda dell’occhio notò fuori qualcuno. Forse qualcuno era un eufemismo per definire ciò che vide, poiché la persona in questione non era sul terrazzo, bensì era fuori, sospeso in aria, che giocava ad inseguire dei fiocchi di neve.
Basita la bambina non seppe resistere, spalancò la balconata ed uscì fuori sul terrazzo, i suoi piedi nudi non sentivano freddo nel toccare le mattonelle gelate ed anche se fosse stato così in quel momento era troppo presa da ciò che vedeva. Jack Frost non si rese subito conto del fatto che la sua piccola amica stava guardando proprio lui, era abituato all’idea di non essere visto quindi pensò che si era fatta prendere dalla curiosità per la nevicata.
“Ciao Elsa cosa fai già sveglia?” esclamò Jack entusiasta, il compleanno della principessa lo metteva sempre di buon umore, a palazzo era festa grande, anzi tutta Arandelle era in festa e a fine giornata Elsa dava un piccolo spettacolo di ghiaccio per i genitori e la sorella diventando ogni anno più brava.
“Ti piace questa? È il mio regalo di compleanno per te amica mia” il folletto non si aspettava una risposta ma andava orgoglioso della piccola nevicata creata per lei che le stava mostrando, l’aveva rinchiusa in una bolla di ghiaccio per potergliela dare in dono.
Non aveva ancora mai parlato con Elsa ma era comunque l’essere umano a cui era più affezionato al mondo.
Si avvicinò alla festeggiata porgendole il suo regalo ma lei fece una cosa che sorprese incredibilmente Jack: Elsa seguì con lo sguardo i movimenti del folletto, non aveva risposto alle parole di Jack ma solo perché era a bocca aperta.
Lo Spirito non era sicuro di quello che aveva visto, anzi non poteva credere a quello che aveva visto!
Si avvicinò ancora di più alla principessa e lei per riflesso condizionato si scostò quasi impercettibilmente, Jack si continuò a muovere per essere sicuro guardasse proprio lui, e ovunque si spostasse, su, giù, destra, sinistra lo sguardo di Elsa lo seguiva così ebbe la conferma che cercava.
“Tu puoi vedermi?” domandò in fine titubante. Elsa annuì, sempre a bocca aperta.
“Tu puoi vedermi!” esclamò entusiasta “Tu puoi vedermi davvero!” Jack prese a fare dei salti mortali in aria, poche volte era stato felice come la prima volta che Elsa lo vide “sapevo che eri speciale Elsa, l’ho sempre saputo!” le disse tornando da lei.
La piccola prese coraggio e finalmente parlò “Chi sei tu? Come sai il mio nome?” chiese determinata e incuriosita ma stranamente non spaventata.
“Oh Elsa ma è ovvio che io sappia il tuo nome! Io ti ho visto nascere, sei stata tu a guidarmi da te”
“Che vuol dire che sono stata io a guidarti da me?” Jack si portò proprio di fronte ad Elsa, si sedette a mezz’aria poggiandosi al suo bastone, incrociò le gambe e prese a parlare a raffica “Sei anni fa qui c’è stata una bufera di neve sorprendente ed è difficile che una bufera di neve mi sorprenda in fondo le creo io ma quella era davvero una bufera coi fiocchi! Così ho volato di corsa fin qui ho dato un’occhiata e ho visto te ho capito subito che la causa eri tu sei sempre stata speciale Elsa così da allora ogni tanto torno a trovarti ti ricordi quella palla di neve che colpì tuo padre ma che non lanciasti tu né tua madre? Fui io! Ah che scena divertente non ti eri chiesta da dove venisse? Si che te lo eri chiesto ti conosco ed invece ti ricordi quella volta che…” Jack avrebbe potuto parlare per ore ed Elsa spaventata all’idea lo interruppe: “Ok ho capito, va bene, ma quindi tu chi sei?”
Il folletto si riportò in piedi e fece un inchino alla festeggiata “Jack Frost a vostro servizio principessa, sono una sorta di Spirito delle nevi, almeno così dice l’uomo nella Luna, ho sentito chiamarmi un tanti modi diversi, la verità è che mi diverto con le nevicate qua e là, gioco con i bambini a palle di neve, nulla di più, ordinaria amministrazione”.
Il sorriso di Jack era caldo e rassicurante per Elsa, non era per niente spaventata, in fondo aveva sei anni e sapeva creare delle stalattiti di ghiaccio dal nulla perché quel ragazzo avrebbe dovuto farle paura? Ma decise comunque di metterlo alla prova.
“Va bene Jack Frost, ma allora perché se sei sempre stato qui, nessuno ti ha mai visto?”
Jack sapeva che Elsa era intelligente ed in quel momento si stava divertendo tantissimo, finalmente la sua amica lo vedeva: “In genere gli esseri umani non possono vedermi” fece spallucce.
“Allora perché io ora ti vedo?”
Jack sorride di nuovo “Perché tu sei speciale Elsa!”
“Ma allora perché non ti vedevo prima?” insistette la bambina.
“Oh piccolina tu fai troppe domande! Non basta divertirti?” Frost fece un salto di almeno tre metri ed atterrò sulla ringhiera con una capriola, poi agitò il suo bastone ed un vento freddo fece vorticare in aria Elsa. La bambina inizialmente ebbe un fremito di spavento ma quando si trovò a mezz’aria e vide tutta Arandelle dall’alto il suo cuore si riempì di gioia. Jack la portò a sorvolare tutto il regno e lei si lasciava dietro fiocchi di neve ovunque andasse.
Riatterrando Jack le carezzò i capelli e le disse: “Forse ora è meglio che io vada piccolina, devi festeggiare con la tua famiglia”
“Ti rivedrò Jack?” chiese Elsa già dispiaciuta all’idea di non vedere più il suo nuovo amico.
Jack si voltò a guardarla e le sorrise: “Beh, ora si, buon compleanno Elsa” e ancora una volta volò via.
Elsa rimase lì a guardarlo da lontano, sorridendo e salutandolo con la manina. Raccolse la sfera di ghiaccio regalatale dal folletto e rientrò nel palazzo. Quello sarebbe stato il loro segreto.

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Capitolo 2
*** Parte seconda. ***


Crescendo Elsa imparò sempre di più a gestire i suoi poteri, soprattutto grazie all’aiuto di Jack che oltre essere suo amico diventò il suo insegnate e punto di riferimento.
Era l’unica in grado di vederlo, neanche la sua adorata sorellina ci riusciva e di questo Elsa si rammaricò sempre.
“Sicuro che non sei solo il mio amico immaginario?” le chiese lei una volta per prenderlo in giro cercando di tiragli su il morale.
Lui le fece una linguaccia e poi le tirò una palla di neve in pieno viso: “Ti sembrava immaginaria questa?”
Era molto legata ad Anna, ma lo era anche a Jack e avrebbe voluto che anche loro due potessero parlare. Il folletto ovviamente si prendeva cura di Anna come di Elsa, la quale in fondo sapeva che a lui dispiaceva che la piccola principessa non ne fosse consapevole, motivo per cui quando erano tutti e tre insieme faceva sempre il possibile perché anche lui fosse felice.
Spesso si divertivano a far nevicare in casa quando fuori era piena estate o ad usare il letto come trampolino per dei tutti su montagnole di neve, per il compleanno di Anna, che cadeva il giorno del solstizio d’estate, la loro cameretta diventava una pista di pattinaggio personale, in inverno giocavano in cortile a palle di neve quasi ogni mattina e quando la sorellina più piccola non riusciva a dormire Jack e Elsa creavano per lei qualche fiocco di neve che le vorticava sopra la testa finché non prendeva sonno.

Jack era lì, presente anche quando avvenne la tragedia.
A otto anni mentre stavano giocando, Elsa per sbaglio colpì Anna con la sua magia, dritta in fronte.
La bambina era terrorizzata all’idea di perdere la sorella e urlò nel cuore della notte chiamando i genitori. Jack corse subito verso Anna ma come al solito le passò solo attraverso, mai si sentì impotente come in quel momento. Il re portò subito la sua famiglia nel bosco, dai troll, e Jack li seguì volando sopra i loro cavalli.
Tenne Elsa per mano tutto il tempo quando arrivarono, la bambina era così spaventata da sé stessa, guardava Jack con aria implorante, il quale non poté fare altro che starle vicino.
I troll cancellarono dalla memoria di Anna la magia che i tre avevano vissuto insieme e per la prima volta Elsa capì davvero fino in fondo quello che Jack provava tutto il tempo.
Lo Spirito delle nevi riaccompagnò la famiglia reale al castello, mise a letto Anna con i genitori e poi fece compagnia ad Elsa finché non si addormentò: “Jack ho paura” sussurrò lei prima di chiudere gli occhi.
“Non ti preoccupare piccola, non è stata colpa tua” disse lui accarezzandole la testa.
“Si invece, Anna è quasi morta per colpa mia”.
Jack rimase in silenzio, non sapeva proprio come rispondere a quell’affermazione. Sapeva che qualche umano ogni tanto perdeva la vita per via delle tormenta di neve che causava ma non era la stessa cosa, lui non li conosceva, non era intenzionale e a parte tutto questo Jack sapeva che quello faceva parte dei suoi doveri, glielo aveva detto l’uomo nelle Luna.
“Non li userò mai più, Jack”.
Jack sentì un brivido corrergli lungo la schiena, rischiava di perdere l’unico vero legame che aveva: “No Elsa, non dire così, i tuoi poteri sono un dono, ti insegnerò io a controllarli, a domarli”.
Ma Elsa non riuscì a sentire la determinazione di Jack, ormai dormiva già.
Quella notte Jack tornò nel bosco dei troll, essendo anche loro creature magiche potevano vederlo. Si rivolse a Gran Papà e gli chiese cosa avrebbe potuto fare per proteggere Elsa e sua sorella.
“Tu e Elsa condividete un dono Jack Frost, lei però è non è completamente uno Spirito come te, devi prima di tutto insegnarle a dominare i sentimenti, la paura, a gestire i suoi poteri, ma soprattutto devi aiutarla a stare lontana da Anna.”
“Gran Papà quella bambina adora sua sorella maggiore, sarà dura per lei” lo incalzò Jack.
“Sarà ancora più dura per Elsa nasconderle la sua vera natura”.

Dopo quell’episodio Elsa ed Anna vennero divise. Dapprima condividevano tutto, anche la cameretta, ma in seguito ad Elsa ne fu assegnata un’altra.
Jack Frost era condannato a vedere la piccola Anna implorare per l’amore della sorella maggiore e Elsa che si costringeva a starle lontana.
Le principesse di Arendelle si vedevano sempre meno, Elsa passava le giornate con il padre che le insegnava a nascondere i poteri e le nottate con il folletto che le insegnava a gestirli mentre Anna era sempre sola, annoiata e per lei Jack non poteva fare nulla se non regalarle qualche nevicata in inverno con cui creare pupazzi di neve.

I giorni trascorrevano veloci, poi i mesi, poi gli anni.
Jack aveva un compito da svolgere in tutto il mondo ma ogni momento libero lo passava con Elsa, vide la ragazza crescere e reprimere il suo potere che cresceva insieme a lei, cercava di darle lezioni, di aiutarla a gestire la magia ma la ragazza aveva ancora troppa paura.
Jack conosceva bene la paura, l’aveva affrontata faccia a faccia.
E l’aveva vinta.
Poco dopo la morte dei genitori delle due sorelle, quando avrebbe dovuto starle più vicino che mai, Jack dovette affrontare una crisi imprevista: era stato convocato dai Guardiani per sconfiggere Pitch Black. Per fortuna dopo una luna battaglia, i Guardiani trionfarono e Jack diventò uno di loro, il Guardiano del Divertimento, conobbe Dentolina e finalmente altri bambini oltre Elsa iniziarono a vederlo; Jack non si sentiva più solo. Elsa però, rimaneva la sua migliore amica, la prima bambina che lo vide, la persona con cui condivideva un legame magico importante, non l’avrebbe abbandonata per nulla al mondo.
Sventata la minaccia dell’Uomo Nero, il Guardiano tornò di corsa ad Arendelle, lì trovò una Anna tutta sola e una Elsa più chiusa in se stessa che mai. Per Anna non poteva fare nulla perché la giovane ragazza continuava a non vederlo e da quando i troll le cancellarono la memoria fu ancora peggio, perse ogni tipo di legame con lei, Elsa invece era sempre più spaventata, senza l’aiuto dei genitori e con il regno sulle sue spalle la giovane donna aveva il terrore di rovinare tutto per colpa della sua magia. Da quel momento si rifiutò di continuare a prendere lezioni da Jack: “Elsa può solo farti bene allenare i tuoi poteri”.
“Tu non capisci Jack, i miei poteri servono solo a fare del male”.
“Ma non è vero! Puoi creare la meraviglia! Guarda me, ho quasi i tuoi stessi poteri e sono il Guardiano del Divertimento!”.
“Io e te siamo persone diverse Jack, tu sei abituato a gestire i tuoi poter…”
Jack la interruppe: “Pensi che io non abbia mai sbagliato? Pensi che io non abbia mai fatto del male a nessuno? Per colpa mia… Tutte quelle fatine hanno rischiato grosso, i bambini, i miei amici, tutti! Ho fatto un casino sì, ma poi ho rimediato!”
Elsa non degnò l’amico nemmeno di una risposta, si limitò ad abbassare lo sguardo e voltarsi verso il suo letto. Jack rimase lì immobile, incapace di aiutarla.

Tra i doveri come Guardiano ed il tempo passato con Dentolina, Jack non tornava più tanto spesso ad Arandelle, non perché non volesse, ma semplicemente si sentiva inutile lì, Anna che non desiderava altro che l’aiuto di qualcuno che le volesse bene non poteva vederlo, Elsa che invece poteva vederlo non voleva il suo aiuto. Si sentiva maledetto.
“Non puoi aiutarle a risolvere il loro problemi Jack, quello che puoi fare è solo starle vicino nel momento del bisogno”. Questo le disse Dentolina una sera in cui lo Spirito era ad aiutarla in servizio.

Il giorno dell’incoronazione di Elsa Jack tornò a trovarla dopo qualche mese che non si vedevano, per fortuna lei non si era dimenticata di lui.
“Perché non sei più tornato?” le domandò preoccupata.
“Credevo preferissi rimanere sola” rispose Jack rassegnato.
Gli occhi di Elsa si velarono di tristezza e abbassò lo sguardo: “Ho paura Jack”.
“Si lo so, lo ripeti spesso e io ti dico sempre che non devi” sbottò d’improvviso lui.
Elsa rialzò lo sguardo verso il vecchio amico visibilmente ferita da quella reazione inaspettata: “Beh non lo faccio di proposito! C’eri anche tu quella sera, sai che cosa ho rischiato! Ho perso già i miei genitori non posso rischiare di perdere anche lei!” presa dall’agitazione Elsa perse un guanto e una raffica di vento gelato sferzò per la stanza lasciando una brina ghiacciata sul pavimento e degli spuntoni di ghiaccio lucenti. La futura regina si tirò indietro impaurita da quello che aveva creato, anche solo un po’ di brina e del ghiaccio la spaventavano ormai: “Guarda cosa mi hai fatto fare!” gridò verso il Guardiano cadendo a terra.
Jack Frost a quella reazione non mosse un muscolo, conosceva Elsa da tutta la vita, la conosceva perfettamente e sapeva perché si comportava in quel modo, non capiva come potesse farsi frenare così, si teneva tutto dentro, non mostrava sé stessa a nessuno, reprimeva i suoi poteri in ogni modo possibile e così facendo li istigava solo di più ad uscire fuori.
Dov’era quella bambina di sei anni determinata e senza paura? Quella piccolina nata in una tormenta di neve scaturita dall’amore.
Non poteva sopportare di vederla in quel modo, era la sua migliore amica e avrebbe fatto di tutto per farla tornare quello che era.
Jack la abbracciò e le disse che sarebbe andato tutto bene, per una volta le disse quello che voleva sentirsi dire e non quello che avrebbe voluto dirle veramente: “Mettiti i guanti, rimani calma, il tuo potere sei tu, è una estensione di quello che sei, concentrati e potrai domarlo” come le aveva sentito dire dal padre milioni di volte.
Elsa sembrò tranquillizzarsi a quelle parole, erano il suo mantra “Celarlo, domarlo, non mostrarlo.”
Fece un respiro profondo, si infilò i guanti e si rialzò: “Sono pronta”.

Jack partecipò sia all’incoronazione sia ai festeggiamenti dopo, nessuno poteva vederlo quindi si aggirava indisturbato tra gli ospiti a fare piccoli scherzi congelando qualche bicchiere qua e là, con la coda dell’occhio controllava sempre l’amica, ma era fiero di lei, Elsa se la stava cavando egregiamente perciò quando Anna andò a chiederle la sua benedizione per il matrimonio Jack era dall’altra parte della sala e si accorse di quello che stava accadendo solo all’ultimo minuto.
Quando Elsa inizio a congelare tutto e tutti e a portare un inverno perenne in piena estate fu troppo tardi, nemmeno lui potette fare nulla per invertire quella magia.

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Capitolo 3
*** Parte terza. ***


Jack volava nel cuore della notte alla ricerca di Elsa, una bufera di neve più potente di quella della notte in cui nacque la bambina gli tagliava la strada, i suoi poteri non potevano niente per fermarla, ci provava, ma la magia di Elsa era stata oppressa per troppo tempo e ora infuriava violenta.
Si accorse che anche Anna era partita per parlare con lei ma perse presto le sue tracce.
Quando finalmente la trovò la bufera si stava calmando, si accorse di lei perché iniziò a sentire in lontananza una voce di donna che cantava, la seguì finché non la vide, in quel momento esatto Elsa lanciò in aria il guanto che le era rimasto e mise fine alla bufera, Jack provò ad avvicinarsi ma rimase incantato dall’amica che si faceva avanti con i suoi poteri dandone finalmente sfogo.
Eresse avanti ai suoi occhi un meraviglioso castello di ghiaccio, partendo da una lunga scalinata fino al portone che si apriva su un enorme ingresso ed una fontana ghiacciata, due scalinate laterali ed una cupola di ghiaccio decorata con un motivo di fiocchi di neve, lei stessa in fine si trasformò, la vide liberarsi delle sue paure, delle sue costrizioni, prendere in mano la sua vita finalmente.
Un brivido di eccitazione percorse il Guardiano da capo a piedi, era entusiasta, aveva aspettato quel momento fin da quando conobbe la piccola 21 anni prima.
L’ammirò fino alla fine prima di avvicinarsi a lei: “Elsa sei stata incredibile!”
“Oh Jack, che ci fai qui?”
“Secondo te che ci faccio qui?” non riusciva a stare fermo, continuava a fare capriole in aria, finché non atterrò seduto sulla punta del suo bastone come spesso faceva: “Sei incredibile! Questo posto è incredibile” continuò guardandosi intorno “è da quando eri piccola che aspettavo dessi così sfogo ai tuoi poteri, vedi cosa riesci a fare? E quel vestito è bellissimo, hai sciolto anche i capelli finalmente”.
Elsa arrossì ma finalmente si sentiva libera di essere se stessa, era pronta a vivere la sua vita come diceva lei, non aveva più intenzione di reprimersi ma comunque non voleva fare del male a nessuno: “Jack forse non dovrest…”
“Non dirlo nemmeno per scherzo” Jack sapeva già quello che Elsa voleva dirle: “Tu non puoi farmi del male, io sono la personificazione del ghiaccio e dell’inverno oltre che il tuo migliore amico, non ti lascerò sola”.
Elsa sorrise: “Ma non hai un lavoro da svolgere tu?” gli disse ammiccando.
Jack scese dal bastone e fece un giro della sala “Beh si, ogni tanto forse dovrò andare via per un po’”.
“E Dentolina?”
“Forse più di un po’… Però starò con te ogni volta che posso”.
Elsa comprendeva le intenzioni dell’amico e ne era grata; era grata di avere qualcuno come lui nella vita, senza si sarebbe sentita persa in più di un’occasione, ma sapeva che lui non poteva esserci sempre e che per essere finalmente se stessa doveva stare da sola: “Ti ringrazio Jack” concluse abbozzando un sorriso.
“Allora, come ti senti adesso?” chiese il Guardiano seguendo l’amica fuori il terrazzo.
“Bene, finalmente. Libera” affermò la Regina guardando l’alba sorgere sulla foresta.
“E’ così che volevo che ti sentissi”.
“Lo so Jack, finalmente capisco, è una sensazione meravigliosa poter essere me stessa”.
“Hai intenzione di restare qui?” la domanda del folletto rimase sospesa nell’aria, nonostante Elsa era entusiasta all’idea di riappropriarsi della propria vita, nel suo cuore c’era sempre la piccola Anna, che aveva lasciato da sola.
“Si, non posso tornare indietro e rischiare di fare ancora del male”.
Il Guardiano del Divertimento sapeva che non sarebbe stata la scelta più giusta, Elsa meritava di essere se stessa ma aveva anche bisogno dell’affetto di sua sorella, d’altro canto sapeva anche che insistere in quel momento con Elsa sarebbe stato del tutto inutile.
Il pomeriggio dopo Jack era pronto per ripartire, ma poco prima di saltare su una corrente d’aria lui e Elsa sentirono una voce provenire dall’ingresso: “Elsa! Sono io… Anna”.
Ce l’aveva fatta, Anna aveva trovato la strada per il castello di Elsa sulla Montagna del Nord.
La Regina fece il suo ingresso nel salone lasciando Anna di stucco “Oh Elsa, sei… cambiata. In meglio, davvero! E questo posto è meraviglioso”.
“Grazie, non mi rendevo conto di cosa fossi in grado di fare” rispose Elsa imbarazzata ma fiera allo stesso tempo.
Jack era seduto sul corrimano della scalinata, poco dietro Elsa, da quando ci fu l’incidente sperava solo che Anna ritrovasse la strada verso la magia della sorella e finalmente c’era riuscita.
“Mi dispiace per quanto è successo se avessi saputo… io non…”
“No, no, no va tutto bene. Non devi chiedermi perdono. Ma dovresti andar via, ti prego”.
“Ma sono appena arrivata!” esclamò Anna, ferita dal fatto che la sorella volesse ancora una volta scacciarla dalla sua vita.
“Il tuo posto è ad Arendelle” tentò Elsa, ritraendosi dalla sorella che iniziava a salire le scale verso di lei.
“Anche il tuo” continuò Anna con voce ferma.
“No Anna, il mio posto è qui. Da sola. Dove posso essere me stessa, senza far male a nessuno.” Elsa era proprio lì, in piedi vicino a Jack, che guardava la scena con una tale voglia di intervenire che era difficile per lui rimanere seduto.
“Veramente, a proposito di questo…” ma Anna fu nuovamente interrotta da una piccola voce: “Cinquantotto, cinquantanove, sessanta!” un pupazzo di neve dalle piccole dimensioni ma dal grande naso a carota fece il suo ingresso ridendo nelle sale del palazzo.
“Ma chi è?” chiese spaventata Elsa.
“Ciao, io sono Olaf e amo i caldi abbracci!” esclamò lui correndo verso Anna.
“Olaf?”
“Si mi hai fatto tu, non te lo ricordi?”
“E sei vivo?” la Regina sembrava ancora potersi stupefare dei suoi poteri, il piccolo Olaf era un pupazzo di neve che lei ed Anna fecero da piccole, proprio la sera dell’incidente.
“Elsa eravamo così unite. Possiamo esserlo di nuovo.”
Le parole di Anna combinate alla vista di Olaf portarono i ricordi alla mente di Elsa più vividi che mai: “No, non possiamo, addio Anna” disse terrorizzata la Regina chiudendosi nuovamente in se stessa.
“Elsa aspetta!” cercò di inseguirla la sorellina.
“No, cerco solo di proteggerti!”
Jack iniziò a sentire l’aria più fredda, una brutta sensazione prese il sopravvento su di lui.
“Non devi proteggermi, io non ho paura!” Anna continuava a salire le scale: “Non escludermi di nuovo dalla tua vita” la inseguiva cercando di spiegarle che non doveva scappare da lei ora che sapeva dei suoi poteri, che poteva aiutarla, che voleva solo starle accanto.
Elsa insisteva che Anna stesse esagerando, che per lei lì non c’era nulla, che senza di lei sarebbe stata meglio.
Jack le seguì fin di nuovo in balcone, dove poco prima stava per riprendere il volo, gli prudevano le mani, voleva intervenire, sostenere Anna, dire ad Elsa che si stava sbagliando e che la sorella aveva ragione ma in quel momento era come se nemmeno Elsa riuscisse a vederlo.
“Sai non è così Elsa, lì la neve è sempre di più”
“Cosa?”
“Hai portato un inverno perenne ovunque”
“Ovunque?” le paure di Elsa stavano tornando, Jack lo sentiva.
“Ma non fa niente, puoi sciogliere tutto”
“No, non posso! Non so come fare!” una piccola nevicata prese a scendere su di loro.
“Certo che puoi, io so che puoi”
“Ha ragione Anna!” sbottò finalmente Jack, ma nessuno lo sentì. Intanto la neve attorno ad Elsa prese a vorticare sempre più forte. Anna tentava ancora di convincere la sorella, ma lei non riusciva a pensare ad altro che al fatto che non sarebbe mai stata davvero libera e il turbinio di neve attorno a lei diventò fortissimo, una bufera di neve dentro la sala del palazzo. Jack guardava inerme la scena, come ogni tempesta creata dalle paure di Elsa, lui non poteva controllarla. Anna si avvicinava cercando di infondere fiducia alla sorella e lei che se ne distaccava sempre di più finché d’improvviso sopraffatta dai sensi di colpa riassorbì la tempesta e lancio delle schegge di ghiaccio ovunque, colpendo Anna.
Il sangue di Jack raggelò nelle vene, era la stessa scena vissuta 13 anni prima, ma questa volta invece di colpire la testa della giovane ragazza colpì dritto il cuore, proprio quello a cui Gran Papà aveva detto di stare attenti.
Elsa si rese conto di aver ferito la sorella e fu presa dalla paura, cacciò Anna, Olaf e un altro ragazzo che intanto era arrivato a soccorrere la principessa, la quale insisteva che poteva aiutarla.
“Come? Che potere hai tu per fermare questo inverno? Per fermare me!”.
“Anna penso sia meglio andare” si intromise il ragazzo.
“Penso anche io, amico” concordò Jack dietro di lui.
“No, non vado senza di te Elsa” si impuntò Anna.
“Si, invece vai” concluse determinata la Regina delle Nevi creando dal nulla un gigante di ghiaccio. “Oh andiamo, Elsa!” esclamò stizzito Jack.
Il gigante afferrò i tre intrusi, li buttò fuori dal palazzo e si assicurò che non tornassero indietro.
“Elsa, ma cosa diamine hai fatto!” Jack non ce la faceva più, era stato in silenzio troppo a lungo “perché li hai cacciati? E così in malo modo. Tu hai bisogno di tua sorella, non puoi stare da sola!”.
“Ma cosa ne sai tu?” Elsa era in preda al terrore, non sapeva cosa fare, come giustificarsi, si sentiva in colpa per Anna ma non poteva darlo a vedere a Jack “io non ho bisogno di lei! Io non ho bisogno di nessuno, nemmeno di te! Vai via Jack”.
“Elsa non…”
“Ho detto vai via!” un vento ghiacciato infuriò ancora, i poteri di Elsa non potevano fare del male a Jack ma il vento riuscì a farlo volare fuori dalla finestra.
Elsa, rimasta sola, continuava a camminare per la sala, il ghiaccio delle pareti da un freddo azzurro era diventato rosso porpora, la Regina era preoccupata e spaventata, più si ripeteva di non provare emozioni, più il ghiaccio delle pareti cresceva ed il castello mutava.
Jack era ferito. Non fisicamente ma nel cuore, come aveva potuto Elsa cacciarlo così? Decise di rimettersi in viaggio ma più si allontanava dalla Montagna del Nord, più si convinceva che quella non era Elsa, ma le sue paure che la guidavano. Mentre tornava indietro trovò Anna e i suoi compagni procedere per la via della foresta dei troll e non ebbe bisogno di vedere con i suoi occhi per sapere che Gran Papà avrebbe fatto il possibile per prendersi cura di lei.
Tornato a palazzo trovò una battaglia in corso, Elsa correva per le scale, inseguita da due uomini con balestre. Quando si ritrovarono faccia a faccia, uno dei due scoccò una freccia verso il viso della Regina ma Jack le fece da scudo con un blocco di ghiaccio.
Elsa ne fu sorpresa perché sapeva di non averlo evocato lei e che questo voleva dire solo una cosa: il suo migliore amico non l’aveva abbandonata nonostante il suo comportamento.
Elsa riprese in mano la situazione, iniziò a difendersi invocando del ghiaccio per colpire i suoi assalitori, ne bloccò uno al muro e spinse l’altro sul terrazzo con un blocco di ghiaccio. Jack era sorpreso da come l’amica riuscisse a destreggiarsi bene con la sua magia, evidentemente le sue lezioni erano servite a qualcosa.
La Regina però sembrava sempre di più in preda ad una furia, sul punto di uccidere entrambi i soldati e questo il Guardiano non poteva permetterlo, stava per dirle di smetterla, quando degli uomini entrarono nella sala ed il promesso sposo di Anna esclamo: “Regina Elsa, non siate il mostro che tutti temono!”.
Elsa si fermò, realizzando spaventata quello che stava facendo poi in un attimo la situazione cambiò: uno dei due uomini con la balestra le puntò una freccia ed il giovane uomo gli corse incontro per fermalo, la freccia colpì l’enorme lampadario sopra di loro e Elsa quasi ne finì schiacciata, per fortuna Jack la spinse via con una folata di vento dandole il tempo di scappare all’ultimo secondo.

La situazione era grave: Anna aveva scoperto che l’unico modo per salvarsi era un atto di vero amore, così tornò di corse al castello di Arendelle per dare un bacio al suo futuro sposo, il quale intanto aveva portato lì anche Elsa. Ma Hans intanto, così si chiamava il ragazzo, aveva tradito entrambe. Jack si appuntò mentalmente che gliel’avrebbe fatta pagare.
Elsa intanto aveva dato vita ad una delle bufere di neve più forti di sempre, Jack non riusciva a fare nulla in quel turbinio, come sempre contro la magia di Elsa non aveva potere. Si sentiva inutile: invisibile e senza poteri, non poteva parlare con nessuno se non con Elsa, ma lei era troppo occupata ad ascoltare Hans per sentire lui: “Tua sorella è morta, per colpa tua” concluse in fine. Quelle parole sconvolsero la Regina a tal punto che cadde a terra e spazzò via la bufera con un gesto facendo volare lontano kilometri anche Jack.
Quando riuscì a tornare indietro si trovò davanti ad una scena spaventosa: l’aria era ferma, fiocchi di neve erano sospesi a mezz’aria, Anna era una statua di ghiaccio ed Elsa era aggrappata a lei in preda alle lacrime. Jack si avvicinò all’amica in punta di piedi, le si appoggiò accanto e l’abbracciò da dietro le spalle.
Qualche secondo dopo accadde l’impensabile, Anna riprese a sciogliersi, Jack se ne accorse subito, diede uno scossone ad Elsa la quale sopraffatta dalla gioia abbracciò di nuovo la sorella.
“Un atto d’amore scioglierà un cuore di ghiaccio” sussurrò Olaf.
A quelle parole Elsa realizzò che l’amore era quello che le serviva per rimettere a posto le cose, alzò piano le braccia ed il ghiaccio iniziò a sciogliersi: “E io che avevo detto?” esclamò Jack un po’ stizzito incrociando le braccia.
L’estate tornò ad Arendelle e Anna ottenne finalmente ciò che più desiderava: sua sorella indietro.

Quella sera Elsa e Jack si ritrovarono a parlare sul terrazzo dove 15 anni prima di ci fu il loro primo incontro: “Allora, qualcosa mi dice che ti devo delle scuse” bisbigliò Elsa alzando gli occhi al cielo. “Eccome se me le devi!” esclamò Jack dandole una piccola spinta con il gomito.
“Va bene, va bene, scusami, avevi ragione”.
“E…?”
“E?”
“Andiamo Elsa! Se non fosse stato per me ora non saremmo qui”.
Elsa si girò verso il suo amico: “Scusami? Ma se in tutto questo non hai fatto proprio nulla” “Proprio nulla?”.
Jack saltò sulla ringhiera e ci si accovacciò “Io ho avuto un ruolo fondamentale in questa storia, ho fatto la cosa più importante di tutte: ti sono stato accanto.” Sorrise dolcemente il Guardiano.
“Beh forse hai ragione” ammise Elsa.
“Certo che ragione. Ti ho sempre detto che i tuoi poteri sono spettacolari, che dovevi solo essere te stessa, senza paura e guarda cosa è successo quando ci sei riuscita! Sei la Regina, tutti ti adorano, tua sorella per prima e tu non dovrai mai più nasconderti”.
“Hai ragione Jack, non posso darti torto, e scusa ancora per averti cacciato”.
“Tranquilla, è acqua passata”.
“Certo che però avresti potuto fare qualcosa di più sostanziale in battaglia”.
“Prima di tutto ti ho difeso dalla freccia e ti ho salvato dal lampadario, poi sarò pure l’incarnazione del ghiaccio ma quando dai vita ad una di quelle maledette bufere non riesco a fermarle!” si giustificò Jack.
Elsa scoppiò a ridere, quella conversazione era così strana per lei, ma era felice finalmente e non sarebbe stato lo stesso senza il suo migliore amico.
All’improvviso Jack raggelò, il volto pietrificato, Elsa gli sentì sussurrare un “Oh cavolo.”
“Cosa?”.
“Avevo appuntamento con Dentolina oggi.”
“Oh – oh” Elsa ancora non aveva conosciuto la compagnia del suo migliore amico, sapeva che era dolcissima ma che se si arrabbiava poteva mettere Jack nei guai: “Forse è meglio che tu ora vada”.
“Già forse è meglio” Jack saltò all’indietro nel vuoto con il suo bastone in mano e rimasi a mezz’aria, salutò l’amica ed iniziò a volare vero la luna.
“Jack” si sentì chiamare alle spalle “Grazie. Ti voglio bene” la Regina aveva un sorriso sincero sul suo volto.
“Ti voglio bene anche io!” disse salutandola con la mano ancora una volta.
“Ci vediamo presto amica mia” pensò tra se e se, mentre volava via nella notte.

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