Il grande maestro

di Akiko chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sognando Camelot ***
Capitolo 2: *** Preparativi per l'arrivo di Lady Virginia ***
Capitolo 3: *** Arrivo alla corte di Uther Pendragon ***



Capitolo 1
*** Sognando Camelot ***


Questa fanfic l’ho iniziata molto tempo fa, poi abbandonata e ora ripresa. Perché ora? No so, il forzato arresto del Covid-19 mi ha fatto ritrovare vecchie passioni dimenticate nel cassetto.

La storia si inserisce (e da qui in poi la trasforma) quando Uther è ancora vivo, Morgana ancora la dolce sorellastra, Ginevra solo una serva infatuata del principe, Artù un giovane uomo arrogante e borioso, Merlino un potente mago in incognito...

 

 

CAPITOLO 1. SOGNANDO CAMELOT

 

Il piccolo promontorio dominava la rigogliosa valle pigramente accarezzata dai primi raggi del sole nascente. Il verde cupo del bosco lentamente si lasciava lambire dai raggi dorati trasformandosi, man mano che la luce si insinuava maliziosa tra i rami, in un verde sgargiante, rigoglioso di vita e forza. Gli alberi centenari si alternavano silenziosi agli arbusti, scendevano uniti in un tutt’uno lungo un declivio per sfumare in una bassa radura sfregiata dal calpestio di orde d icavalieri accompagnati dai passi fedeli dei loro servi e dal passo stanco dei loro destrieri. Giovani e vecchi, uomini e donne, ricchi e poveri che per secoli si erano recati o erano dipartiti da quelle nere mura che interrompevano bruscamente il dominio di una natura quasi incontaminata.

 

La figura ritta sul promontorio strizzò gli occhi inumiditi dall’aria tagliente del mattino e mise a fuoco, uno dopo l’altro, ogni particolare di quelle mura fortificate: i licheni rigogliosi abbarbicati come enormi mani sulla nuda roccia, le torrette minacciose ancora parzialmente adombrate dagli ultimi strascichi di quella lunga notte, le grandi porte che a distanza regolare si aprivano pian piano ai visitatori del mattino. Lì, oltre quella solida fortezza, vi era il tesoro più prezioso. Lì se ne stava colui che il destino le aveva assegnato come meta, la risposta a molte, forse tutte, le sue speranze, la chiave di un mondo a cui lei voleva, anzi doveva, assolutamente accedere. Per il suo popolo prima che per se stessa. Il cuore le palpitò in petto vivo e carico di aspettativa.

 

Il sole intanto continuava la sua ascesa nell’immensità del cielo, sciogliendo velocemente le ultime tenebre con serpeggianti lingue di luce rosata. I primi raggi di quel giorno memorabile incontravano i tetti delle case della cittadina ancora addormentata e sotto quella tenue luce, sembravano lastre d’oro perfettamente levigate.

 

-Ah ecco dove siete- la voce improvvisa dissolse quella calma assoluta e fece sussultare la giovane che si voltò di scatto portando repentina la mano al fianco in cerca dell’elsa della spada.

 

-Lancillotto- sbottò la ragazza rilassandosi all’istante -Quando la smetterai di apparirmi alle spalle in questo modo?- brontolò rincuorata nello scorgere le sembianze rassicuranti del suo fidato servitore.

 

-Perdonatemi Lady Virginia, non era mia intenzione spaventarvi- replicò il moro cavaliere senza celare un sorriso di compiacimento.

-Ah al diavolo..- sbottò lei voltandogli le spalle e decisa a non dargli soddisfazione. Lo sapeva benissimo che Lancilotto si divertiva un mondo a spaventare la gente con quel suo strano “dono” che lo faceva somigliare ad un gatto tanto era silenzioso nei movimenti.

 

Il cavaliere si portò a fianco della giovane donna e puntò lo sguardo nella stessa direzione- Camelot…- bisbigliò piano osservando la cittadina ormai completamente inondata di luce mattutina.

 

-Eh già- non tentò neppure di nascondere l’esultanza che le rendeva la voce roca- Ci siamo mio caro Lancilotto…-

-Uhm…- brontolò laconico – Vi dovete andare a cambiare signora, se volete entrare a Camelot prima di mezzogiorno-

-Scherzi? Attraverseremo al galoppo tutto il bosco e poi mi preparerò al margine estremo prima della radura, un paio d’ore e saremo a Camelot…-

-Perdonatemi l’ardire, ma credo sia meglio che vi prepariate ora e che attraversiamo il bosco con calma al passo della vostra portantina…-

-No no e no!- protestò cocciuta sbattendo i piedi per terra -Così ci impiegheremo ore!-

-Non è improbabile incrociare viandanti diretti a Camelot, potrebbero vedervi e una principessa in abiti da cavaliere … beh ...non può certo essere accolta senza sospetti…- sentenziò Lancilotto guardando fisso la sua signora.

-Oh insomma! Sono mesi che agogno questo momento e ora non ho nessuna voglia di imbrigliarmi in bustini, nastri e velluti, salire su una lentissima portantina e metterci ore ad attraversare questo stupido bosco…-

-Lady Virginia- il tono del cavaliere era mutato e alla ragazza non sfuggì, Lancilotto stava per perdere la pazienza e questa sarebbe stata un’ulteriore perdita di tempo.

-Ho capito- sbuffò Virginia più rumorosamente che poté, per esprimere a chiare lettere il suo disappunto- Vado a cambiarmi ma sarò il tormento di quei poveri cavalieri che mi dovranno trasportare- disse scappando via di corsa lungo il ripido pendio che la portava al piccolo accampamento dove l’aspettava la sua scorta.

 

Lancilotto la seguì con lo sguardo finché non scomparve tra il fogliame, quindi volse il capo verso la città i cui rumori del risveglio erano ora udibili trasportati dalla brezza –Dannazione che promessa vi ho fatto re Urien? Vegliare su vostra figlia in questa follia che si appresta a fare è un’impresa disperata…- mormorò tra sé e sé il nobile cavaliere prima di volgere le spalle a Camelot e sparire nella stessa direzione della sua giovane sovrana.

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Capitolo 2
*** Preparativi per l'arrivo di Lady Virginia ***


-Insomma con quelle tende, possibile che non siano ancora montati?- sbottò Ginevra passandosi affannata il dorso della mano sulla fronte imperlata di sudore. Il salone del palazzo reale di Camelot era immerso nella confusione più totale. Il pullulare frenetico dei domestici ricordava un alveare in piena attività con lei come improbabile regina. Alcune serve si affaccendavano con spazzoloni e secchi di detersivo alla lavanda, altri servitori erano abbarbicati su instabili scale di legno, altri ancora intenti ad issare i pesanti tendaggi commissionati dal sovrano per l’occasione. Mancavano solo poche ore all’arrivo della principessa Virginia di Gore e Ginevra dubitava fortemente di riuscire ad ultimare tutto per tempo.



La ragazza sospirò rassegnata. Perché re Uther era così ansioso di tirare a lucido il palazzo? Chi era questa principessa e soprattutto perché veniva a Camelot? Nessuno lo diceva apertamente ma Gwen era convinta di sapere come stavano le cose. Probabilmente la nobile dama veniva a Camelot con un intento ben preciso: il principe Artù.



Varcò la porta finestra che dava sulla terrazza affacciata alla piazza di Camelot, l’unica che aveva già i preziosi tendaggi di velluto rosso rubino perfettamente allineati e fermati da fermagli intarsiati. Uscì nel terrazzo beandosi dell’ aria ancora fresca del primo mattino, che le donò un po’ di sollievo dal caldo afoso del salone. Il solo pensiero di Artù le chiudeva la gola e le faceva male al cuore. Eppure lo sapeva che quello era un amore impossibile, una principessa era il destino ineluttabile di Artù e molto probabilmente questa principessa stava arrivando. Ginevra si appoggiò alla balaustra e il suo sguardo corse all’estremità meridionale della piazza dove sapeva avrebbe trovato il suo principe. I suoi occhi abituati a cercarlo, non ci impiegarono molto ad individuare la sagoma familiare tra alcuni cavalieri della corte e, un po’ discosto, con le briglie del cavallo in mano, Merlino, il suo inseparabile servitore.



Quant’era bello quel giovane principe. I capelli biondi rilucevano al sole come oro colato, i lineamenti delicati e nobili, le spalle larghe messe in risalto dalla semplice casacca da giorno che indossava, i fianchi stretti, le gambe muscolose pronte a scattare con inaudita forza. Ai suoi occhi tutto in Artù sprizzava virilità e, purtroppo per lei, che nobile non lo era affatto, i suoi regali natali.



-Gwen dove sei?- la voce familiare di lady Morgana la distolse bruscamente e rientrò di corsa nel palazzo –Sono qui, ero uscita a prendere una boccata d’aria- si scusò sentendosi presa in fallo. Ma Lady Morgana le sorrise con la consueta dolcezza -Oh non ti scusare cara Gwen, qui fa davvero caldo, vedo che i preparativi procedono celermente…-

-Dite? A me sembra ancora tutto in alto mare, non credo ce la faremo per mezzogiorno…-

-Sciocchezze cara, vedrai che in mezz’ora i nostri bravi servitori avranno sistemato tutto. Ero venuta a vedere se avevi bisogno di una mano, posso aiutare in qualche cosa?-

-Oh signora assolutamente no! Non dovete affaticarvi con queste inezie…-

-Non far niente mi affatica! In più questi incubi che non mi fanno dormire e così passo metà della notte e tutto il giorno a non far nulla!-

-Il rimedio di Gaius non ha funzionato?-

-No, ma mi ha mandato a chiamare sembra che abbia pensato ad un altro intruglio, ma sto perdendo le speranze, comunque sto andando da lui, vuoi accompagnarmi?- gli occhi della bella dama si illuminarono al pensiero di uscire dal castello e Gwen sorrise tra sé e sé. Da un po’ di tempo sospettava di un particolare interesse di Lady Morgana per il figlio adottivo di Gaius, Merlino. Eppure quell’amore le sembrava impossibile quanto il suo. Era vero che Lady Morgana era la figliastra del sovrano e non sarebbe mai stata regina, ma la sorella del principe ereditario non poteva certo sposare il servo di suo fratello! In ogni caso le faceva piacere vedere un po’ di colore sulle gote mortalmente pallide della sua signora. Quello che per Gwen era un punto buio, erano invece i sentimenti di Merlino verso Lady Morgana. Dubitava che il ragazzo si fosse accorto di questo interesse, anzi era certissima che Merlino non lo immaginasse neppure. D’altronde gli uomini non si potevano proprio definire intuitivi per certe cose anche se, doveva ammetterlo, Merlino disponeva di una sensibilità particolare. Era il suo migliore amico, nondimeno vi erano aspetti di lui che celava con cura ma aveva comunque la certezza che pure i suoi lati oscuri non potessero nascondere nulla di male, quel ragazzo era la persona più buona e generosa che lei avesse mai incontrato.



-Allora vado Gwen, sicura che non vuoi venire con me?-

-No signora non mi muoverò da qui sino a quando l’ultimo drappo non sarà sistemato e l’ultimo angolo addobbato…-



La giovane dama le rivolse un ultimo sorriso di commiato e con passo elegante uscì dalla stanza. Gwen guardò oltre la finestra, il sole era quasi alto e presto, troppo presto, la fine del suo sogno d’amore sarebbe giunta a corte.

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Capitolo 3
*** Arrivo alla corte di Uther Pendragon ***


Allo scoccare del mezzodì le trombe della porta meridionale squillarono a festa. Le note, alte e possenti, saturarono l’aria tiepida di quell’inizio primavera e, richiamata da quel suono allegro, la folla cominciò a riversarsi frenetica sulla larga via che dalla porta sud portava dritto al castello reale. L’arrivo della principessa straniera era stato annunciato da un messo a cavallo circa un mese prima e da allora più di mille illazioni erano state fatte nelle case e nelle taverne di Camelot e ormai, anche in assenza di una conferma ufficiale da palazzo, nella mente di tutti e nella bocca di molti, la donna in arrivo altro non era che la futura sposa del principe Artù. Il desiderio che ciò fosse vero era forte, poiché pur essendo ancora re Uther in piena salute e forza, gli anni passavano veloci e avere del tempo a disposizione per conoscere la futura regina, era un privilegio che gli abitanti di Camelot non disdegnavano.

 

Dopo altri pochi strilli il drappello reale fece la sua entrata a Camelot, una ventina di cavalieri e una manciata di servitori precedevano una portantina in legno intarsiato che, per quanto riccamente ricoperta di seta bordata di velluto dorato, era pur sempre una sola. Coloro tra il popolo che si erano aspettati di vedere una sontuosa sfilata di dame ingioiellate e cavalieri fastosamente abbigliati, furono alquanto delusi da quel mesto corteo. Inoltre gli spessi tendaggi non lasciavano intravedere nulla della dama celata all’interno e così il popolo cominciò a rumoreggiare preso da frustrazione e in breve tempo, i più arditi, cominciarono a sgomitare per accaparrarsi uno spiraglio dal quale scorgere il momento rivelatore in cui la principessa sarebbe scesa per entrare a palazzo. Il popolo trattenne quasi il fiato quando i nobili cavalieri stranieri deposero la portantina ai piedi dell’imponente scalinata che portava a palazzo. Un bel cavaliere con un’armatura scintillante si fece avanti e scostò lentamente i tendaggi da cui spuntò una manina bianca che si abbandonò sicura nella mano guantata del suo servitore.

 

In cima alla scala re Uther seguiva tutta la scena con sguardo fermo, accanto a lui, alla sua destra il figlio ed erede al trono Artù dall’aria alquanto annoiata e, alla sua sinistra, la figliastra Morgana che esaminava la scena invece con vivace interesse.

 

Finalmente Virginia scese dal baldacchino. Il popolo si rianimò mentre osservava la lunga chioma dorata della principessa, semplicemente intrecciata sulla sommità del capo attorno ad un sottile diadema di pietre scintillanti. Un leggero vestito di un tenue color panna fasciava il corpo dalle forme delicate mentre un dorato mantello le drappeggiava elegantemente le spalle, ma ciò che lasciò il popolo ammutolito, o almeno quei fortunati delle prime file che poterono cogliere quel dettaglio, furono gli occhi di un blu così intenso da ricordare gli zaffiri più puri. Virginia alzò lo sguardo solo un attimo per poi abbassare pudicamente il capo di fronte al sovrano di Camelot.

 

Cominciò a salire i gradini con incedere lento ma sicuro scortata dal fido cavaliere che sembrava incollato al suo fianco, si arrestò a metà scalinata e si volse verso il popolo piegandosi in avanti in un lieve ma visibile inchino che infiammò gli animi, lusingati e sbigottiti da un tale privilegio, dopodiché volse loro le spalle e si concentrò sul re di Camelot -Saluto il sovrano di questa splendida città- recitò inchinandosi ora molto più profondamente in un gesto di dichiarata sottomissione.

 

Uther per quanto abituato a trattare con nobili dame, rimase colpito da tanta grazia e leggiadria e le perdonò all’istante l’inusuale gesto di inchinarsi al popolo prima che al re -Principessa benarrivata…- disse afferrando solerte la minuta mano della fanciulla e invitandola a sollevare il capo -Vi prego alzatevi ed entriamo a palazzo dove potrò presentarvi i miei figli, Artù e Morgana...-

 

Lady Virginia si accostò al fianco del re accettando il braccio che galantemente le veniva offerto mentre Lancilotto arretrava di un passo posizionandosi appena dietro le spalle della principessa. La dama sorvolò distratta sulle due figure accanto al re, per puntare tutta la sua attenzione oltre le spalle del principe Artù, attratta da un vecchio, dall’aspetto mesto e gli abiti austeri, che attendeva con le mani intrecciate in grembo accanto al portone del castello.

 

Lasciò che il sovrano di Camelot la conducesse oltre le porte del castello continuando a seguire con la coda dell’occhio i movimenti di quel canuto personaggio che aveva accentrato su di sé tutto l’interesse della giovane principessa. Intanto il piccolo corteo era giunto nel salone principale dove Uther la fece accomodare e cominciò a presentarle la corte: i cavalieri principali, le loro mogli, i nobili e finalmente Virginia vide avanzare l’anziano. Gli occhi della giovane non tralasciarono alcun dettaglio dell’uomo che le si stava avvicinando, certo non se lo era immaginato così modesto ma poco male, era consapevole che spesso le apparenze non rendevano giustizia al reale valore di un uomo. Mentre il vecchio si inchinava al suo cospetto la ragazza strinse forte le mani a pugno per reprimere l’istinto di gettarsi ai piedi di quell’uomo che da tanto lontano era venuta a cercare. Nessuno nella corte si accorse del suo turbamento, uno dei primi insegnamenti che una dama di corte era tenuta ad acquisire era celare sempre i propri stati d’animo … -…e questo è il nostro fidato medico di corte Gaius-

Virginia corrugò appena la fronte trapassata da una cocente delusione -Come avete detto sire?- chiese attonita cercando veloce altri vecchi nel salone.

-Il nostro medico Gaius- ripeté Uther guardandola sorpreso -Qualcosa non va, Lady Virginia?-

 

La principessa corrugò la fronte e socchiuse gli occhi, al diavolo l’etichetta di corte! E poi che fesseria era non far vedere quello che provavi?

-Sire scusate la mia sorpresa ma pensavo questo vecchio fosse qualcun altro ...-

Il re la fissò incuriosito -E chi se mi è lecito chiedere?-

-Vedere sire mi è giunta voce che alla vostra corte vi sia un saggio uomo, ecco come dire il più saggio…- non ritenne prudente pronunciare la parola “mago”, le era giunta voce dell’avversione di Uther per la magia anche se non riusciva a capire come mai Lui avesse scelto un re che non amava la magia come suo sovrano, eppure così aveva fatto e la sua saggezza non era discutibile. Probabilmente Uther fingeva di non amare la magia per poi accaparrarsi il più potente mago di tutti i tempi, ma per un motivo che ora le sfuggiva, preferiva fingere di essere contrario alla magia, quindi non era sicura che lui volesse far sapere alla corte di avere tra i sui fidati consiglieri un mago.

 

-Non capisco di chi state parlando, il più anziano e saggio uomo di corte è Gaius- insistette il re e il vecchio si inchinò ringraziandolo con un a significativa occhiata per quelle parole lusinghiere.

-Sto parlando dell’anziano Merlino- proferì la ragazza spazientita.

-Merlino? – ripeté il re senza capire – Qui a corte non vi è alcun vecchio con quel nome...-

Il cuore della ragazza perse un battito, sicuramente stava mentendo, le sue visioni non sbagliavano, non aveva mai fallito nella lettura delle rune!

-Nessun uomo di nome Merlino?- ripeté confusa.

-No mia signora, nessuno-

-Ma padre un Merlino c’è a corte-

Virginia si volse immediatamente verso il ragazzo che aveva parlato, il principe Artù. Finalmente si concesse di esaminare il giovane principe che sino a quel momento non aveva degnato di uno sguardo. Era poco più alto di lei ma decisamente ben proporzionato, le spalle larghe e il petto muscoloso denotavano forza e agilità con la spada, il volto imberbe contornato da folti capelli castani schiariti dal sole, gli occhi chiari che brillavano di una luce maliziosa e beffarda. Virginia allacciò per un attimo lo sguardo del principe e il suo cuore ebbe un sussulto -Lo sapevo!- esultò felice incapace di contenersi oltre- E dov’è?-

-Ve lo chiamo subito Milady – disse Artù sogghignando divertito, quella principessa era davvero bella ma non lo aveva degnato della benché minima considerazione e non si sarebbe lasciato scappare l’occasione di una piccola vendetta anche se non riusciva proprio a capire perché lei fosse così turbata - MERLINO- chiamò il giovane sovrano – Vieni avanti Merlino-

Un giovane allampanato dall’aspetto mesto si fece avanti -Avete chiamato Artù?- chiese umilmente.

Virginia lo esaminò sconsolata. E quello chi era? Un ragazzino della sua età o poco più, un servo, un lacchè insignificante? No quello era uno scherzo di cattivo gusto!

Guardò infuriata il giovane principe -Vi sbagliate principe, questo non è il Merlino di cui ho chiesto-

-Ma a corte non vi sono altri Merlino signora- la canzonò Artù senza neppure tentare di nascondere il piacere che provava nel vedere la delusione sul bel volto della donna. Così imparava a non degnare di uno sguardo il bellissimo e valentissimo Artù!

 

Intanto i musici di corte, ignari di quel teso scambio di battute, iniziarono a suonare i loro strumenti e i cortigiani solerti presero posizione per gli attesi balli di gruppo.

 

-Vi va di ballare principessa?-la voce calda del sovrano le arrivò all’orecchio.

 

-Veramente…non ora- declinò mentre mille cupi pensieri le si affastellavano nella mente.

 

-E quando?- protestò il re sollevando stupito un sopracciglio- Via Milady sono sicuro che Artù vi farà divertire. È un ottimo ballerino, conteso da tutte le dame di corte…-

 

-Davvero sire non ne ho voglia, perdonatemi ma sono molto stanca… il viaggio…-

 

Uther la scrutò perplesso, era davvero spiazzato da tanta volubilità ma ritenne più prudente accondiscendere -Se è così non posso insistere oltre, ritiratevi, Ginevra vi mostrerà la vostra stanza-

-Grazie sire, mi ritiro per riposare. Lancilotto andiamo- chiamò il suo fido servitore che si materializzò dal nulla al suo fianco.

-Veramente non vi serve la guardia del vostro cavaliere, qui a a palazzo siete al sicuro- protestò il re, ma che voleva fare quella principessa? Ritirarsi nelle sue stanze con un giovane cavaliere?

-Non ho dubbi in proposito sire, ma non faccio un passo senza Lancilotto, così mi ha ordinato mio padre e non verrò meno al suo volere-

 

-Come desiderate- pronunciò glaciale il sovrano voltandole le spalle per nasconderle la sua ira -Ginevra guidate la principessa e il suo cavaliere nelle stanze assegnate-

 

Non appena la principessa e Lancilotto si furono allontanati Artù si affiancò al padre – Non mi piace questa storia Artù. Quella principessa non mi sembrava affatto interessata a te nonostante la proposta del padre fosse chiara e lei sembrasse concorde. E poi quel cavaliere sempre attaccato…Artù scopri che legame c’è tra loro. Non voglio che la mia futura nuora conceda le sue grazie ad un servo prima che al suo legittimo sposo-

 

Il principe sbuffò infastidito -Padre come state correndo… non è detto che quella viziata principessa diventi mia moglie-

Ma chi si credeva quella? Indifferente a lui. Artù Pendragon l’uomo più ambito di tutti i regni conosciuti, il più… - Seguila ho detto! Se non vuoi farlo direttamente tu fallo fare al tuo servo o a Ginevra!- sbottò il sovrano squadrando il figlio e un sorriso gli piegò le labbra -Possibile che il tuo fascino infallibile dovesse fallire giusto con lei?- lo provocò schernendolo sicuro di ottenere dal suo cocciuto figlio molto di più in questo modo. E infatti il colpo andò a segno. Artù sollevò le spalle fingendo indifferenza ma a Uther non sfuggì il luccichio di sfida che fece fremere lo sguardo limpido del figlio.

 

Ne era sicuro se non per amore sicuramente per orgoglio Artù avrebbe fatto capitolare la principessa, l’unione con il regno di Uriel era troppo importante per il futuro benessere di Camelot. E il cavaliere dall’armatura scintillante ci avrebbe pensato lui a toglierlo di mezzo.

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