PoI ~ Pieces of Illusion ❥ ~ A collection of random stories ~

di Irene_Violet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Sweet Paradox ***
Capitolo 2: *** Missing Star, can you see me? ***
Capitolo 3: *** A Letter for you ***
Capitolo 4: *** Your Turn ***
Capitolo 5: *** Now... we're even ***



Capitolo 1
*** A Sweet Paradox ***


PoI ~ Pieces of Illusion ~ A collection of random Stories ~


 

Post del 06/0X/20XX
Oh? Siete già tutti arrivati?
Prendete pure posto e mettetevi comodi, inizieremo tra pochi minuti.
Benvenuti, nel mio piccolo angolo di mondo. Lasciate che vi esprima la mia gratitudine, per essere qui ad ascoltare le storie che ho intenzione di raccontarvi. Io sono la voce di questi frammenti, nati da vari sprazzi d'intuizione. Nel corso di questa narrazione, non vedremo solo “Lui” agire per il bene di “Lei”, e Lei che tra dubbi, litigi e magie di ogni genere, sarà ignara di essere sempre ad un passo dalla verità... No, assisterete anche a qualcosa di inconsueto, bizzarro, ma non voglio dire troppo... osserverete voi stessi; con la speranza che vi possa stupire, tanto quanto le meravigliose avventure del Mago del chiaro di Luna, preferito.
Siete pronti? Allora... Ladies and Gentlemen, please take a seat, and Enjoy the show! -K.


 

A Sweet Paradox.

I primi raggi del sole mattutino, presero il posto del oscuro manto notturno, attraverso il loro bagliore dorato, riempiendo il cielo di sfumature pastello che coloravano, come su di una tavolozza, quella che era una tiepida giornata di Marzo. Quando il colore delle coperte può essere sufficiente a non far pensare a neppure una buona ragione per alzarsi dal letto, perché accompagnato da una piacevole brezza, che ricorda solo lontanamente il freddo pungente dell'inverno concluso, ma lascia percepire anche il caldo soffocante ed insostenibile che giungerà in estate. Il momento ideale per abbandonarsi all'ozio, con gli esami finali che si avvicinano alla loro conclusione, seguiti dalla pausa primaverile. Insomma, tutto sembrava perfetto e nella mente del ladro fantasma, più chiacchierato dell'ultimo decennio, non si aggirava la benché minima preoccupazione. Tutto era come avrebbe dovuto essere... o quasi...

«E...Etchiù!» - il rumore sordo dello starnuto del padrone di casa Kuroba, risuonò fragorosamente tra le quattro mura che lo circondavano, questo si affrettò dunque a prendere in mano un fazzoletto ed a soffiarsi i il naso, per poi gettarlo nel cestino poco lontano da lui, posto accanto alla sua scrivania. Tirò su col naso di riflesso, mentre attendeva, avvolto tra le coperte, che quel dannato termometro elettronico suonasse. Per fortuna, la sua preghiera venne esaudita qualche istante dopo e l'oggetto venne dunque prelevato, ed esaminato con cura da un seconda figura, che era presente con lui, nella stanza in quel momento.

«Come pensavo!» - esclamò la voce femminile, leggendo ad alta voce i numeri sul piccolo display - «38,8 C°. E' proprio febbre. Pare che non ci sia proprio niente da fare, eh?» - disse poggiando lo strumento sulla scrivania e sciogliendo in un bicchiere d'acqua due pasticche di aspirina effervescenti - «Accidenti però! Si può sapere come hai fatto ad ammalarti da un giorno all'altro? Hai deciso di fare una nuotata notturna nel Fiume Teimuzu o qualcosa del genere per caso?» - gli domandò seccata mentre piegava alcuni panni che aveva ritirato dal asciugatrice poco prima.

«Ma sta un po zitta!» - ribatté Kaito in risposta, rivolgendo alla ragazza uno sguardo infastidito - «Ti ho detto che un tizio che stava innaffiando le sue piante con il tubo di gomma, si è distratto è mi ha inzuppato, che ci potevo fare? E...Etchiù!» - si lamentò il ragazzo, ripetendo la procedura di poco prima, per poi concludere la frase - «Tu che ci fai ancora qui comunque? Guarda che arriverai in ritardo a scuola, quindi muoviti e vattene!» - la intimò in modo burbero il mago, quasi fosse uno di quei vecchietti scorbutici, che non vogliono avere niente a che fare con i giovani ficcanaso, che curiosano circa le loro memorie.

«Guarda che lo so» - replicò lei, riponendo ciò che aveva piegato sopra la scrivania del ragazzo - «Che razza di ingrato, e pensare che Aoko si è preoccupata anche di ritirarti il bucato!» - si lamentò la castana per poi dirigersi verso la porta della stanza, prendendo la sua cartella - «In ogni caso, durante la pausa pranzo torno a prepararti qualcosa di caldo, okay?» - gli disse voltandosi indietro e sorridendo, per poi allontanarsi verso l'ingresso - «Vedi di riposarti intesi!»

«D'acchordo» - replicò Kaito, mantre si soffiava il naso, prima di poter sentire definitivamente, la porta d'ingresso di casa, chiudersi definitivamente, facendo piombare la casa nel silenzio più totale.
 

Kaito dopo qualche istante, si lasciò ricadere di peso sul letto, mettendosi a fissare il soffitto, prima di starnutire un'altra volta, facendolo sospirare di rassegnazione.

La sera precedente, Kid aveva fatto la sua apparizione ad un museo di Minato, dove si era ritrovato ancora una volta a dover “combattere” contro Hakuba. Il furto in sé non fu un grosso problema, quello che lo mise in difficoltà fu la fuga. Il detective infatti aveva smascherato il suo travestimento da segretario del direttore della mostra e lo aveva costretto a scappare verso l'entrata principale, cosa che ovviamente gli impedì la sua canonica fuga in deltaplano. Come se non bastasse, al solito, l'Ispettore Nakamori aveva piazzato agenti in ogni dove, cosa che sarebbe potuta andare a suo vantaggio, se solo Nakamori – o per meglio dire Hakuba, in quanto difficilmente una simile trovata, sarebbe potuta venir in mente al buon vecchio Ginzo – non avesse istruito i suoi uomini con una “parola d'ordine”, della quale però non ebbe il tempo di venire a conoscenza, dato che l'Ispettore non la pronunciò mai ad alta voce. Era dunque imprudente, gettarsi a capofitto tra gli agenti e rubare una divisa per camuffarsi, in quanto vi sarebbe senz'altro stato un trucco, che lo avrebbe messo ancor più nei guai. Probabilmente infatti non esisteva una sola “parola d'ordine”, ma più affermazioni o espressioni, applicabili a più situazioni differenti.

Quel idea, dunque Kid la scartò a priori e decise di usare i suoi fumogeni e le sue bombe abbaglianti, per defilarsi sotto gli occhi degli agenti e nascondersi facendogli credere si essere fuggito, spingendoli ad abbandonare il luogo il più in fretta possibile.

Per fare ciò, il ladro ebbe un'unica alternativa possibile: gettarsi nel laghetto artificiale, presente su retro del museo, utilizzando per respirare un boccaglio mascherato da fiore di loto, identico a quelli presenti all'interno del bacino come decorazioni. Stette lì per più di tre quarti d'ora, prima che Nakamori ritirasse gli agenti ed Hakuba decidesse a sua volta di levare le tende, convintosi che oramai il ladro non era più sul posto. Quando Kaito venne fuori dal laghetto era zuppo dalla punta del cilindro a quella delle scarpe, mentre scoprì che l'ambra che aveva sottratto, non era la pietra che cercava.

Conclusione: Tanta fatica per niente!

 

 

Kaito si rigirò nel letto sbuffando - «Bastardo di un Hakuba. Se non fosse stato per lui sarebbe stato tutto più facile, ed io non mi sarei preso il raffreddore» - disse per poi starnutire ancora una volta e tirar su col naso - «Merda... forse farei davvero meglio a fare un pisolino» - si disse e girandosi su un fianco, tentò di dormire almeno per un po.

Il ticchettio dell'orologio, scandì il tempo che passava nella stanza, mentre il ragazzo si era appisolato per via della febbre. Passò più o meno un ora, quando il silenzio dell'appartamento venne interrotto dalla suoneria del cellulare di Kaito, che questo teneva sotto il cuscino. Andò a tentoni per qualche secondo prima di riuscire a trovarlo ed accettare la chiamata, senza neppure preoccuparsi di leggere da chi provenisse, poiché troppo intontito per farlo.

«Pronto? Ah, sei tu Jii-chan...» - pronunciò debolmente il ragazzo portando il cellulare all'orecchio. Dall'altra parte Jii che era a conoscenza delle sue disavventure della notte precedente, si scusò per averlo disturbato, mentre riposava, prima di comunicare al suo giovane “superiore” il motivo della sua chiamata - «No è tutto a posto» - lo rassicurò, per poi imbeccare - «Allora? Di cosa si tratta?»

Kaito non riuscì a trattenere uno sbadiglio mentre Jii gli parlava; non ci capì poi molto, si limitò ad annuire e produrre suoni d'intesa verso il vecchietto al telefono, finché non distinse quattro semplici parole, in tutto quel parlottare confuso: «“Individuato... nuovo possibile... Pandora”»

«Ah...» - pronunciò Kaito, pochi istanti prima che il suo cervello processasse l'informazione, dopo di ché realizzò, ed urlò - «Eh... COSA?!?!» - quell'informazione lo spinse a catapultarsi fuori dal letto e vestirsi alla velocità della luce, per uscire di casa e raggiungere Jii al Blue Parrot, per discutere della faccenda a quattrocchi.

A quanto aveva potuto capire, durante degli scavi archeologici, ad opera di ricercatori Giapponesi su suolo Greco, era stato rinvenuto un gioiello davvero particolare: un quarzo rosa al cui interno erano presenti degli sprazzi di colore rossastro. Gli esperti avevano concluso che si trattasse di piccole quantità di Ematite, gioiello che in passato veniva ridotta in polvere ed usata dagli artisti per dare una colorazione rossa a mosaici e miniature pregiate. Questo favoloso gioiello venne ribattezzato con il nome di “Hydraimatos”, dall'unione delle parole greche “Idra”, nome del mitico serpente marino a nove teste e la parola “sangue”. Jii informò Kaito che questo particolare Quarzo, sarebbe stato esposto solamente per due settimane al museo di Beika e che data la rarità della gemma riscoperta, se volevano verificare o meno che si trattasse di Pandora, avrebbero dovuto agire in fretta. Il giovane Kuroba dunque percorse di corsa la strada fino al locale, e con il suo fidato braccio destro, cominciò ad esaminare le informazioni riguardo alla pietra ed il piano d'azione atto ad impossessarsene.

«Capisco, quindi queste due settimane, sono l'unico arco di tempo disponibile, prima che il Quarzo ritorni al sicuro nella sua Madrepatria, eh?» - constatò Kaito, mentre osservava sul suo tablet, ciò che Jii aveva potuto reperire in rete.

«Esattamente» - confermò l'uomo - «E' stata una concessione del tutto speciale, da parte del governo Greco, che ha ritenuto giusto che questa scoperta potesse essere apprezzata anche dai connazionali degli archeologi, che hanno effettuato la scoperta della gemme»

«Ma che gentili» - sogghignò il giovane ladro - «E' un vero peccato che così facendo, stiano praticamente invitando Kaitō Kid a compierne il furto.» - disse poggiando il dispositivo sul bancone del bar - «Bé, direi che è deciso.»

«Molto bene padroncino» - sorrise il vecchio Jii - «Allora preparerò il più presto possibile, tutto il necessario»

«Come sempre grazie di tutto, Jii-chan» - sorrise a sua volta Kaito per poi finire di bere la tazza di caffè che gli era stata offerta al suo arrivo al Blue Parrot. Una volta consumata la bevanda, Kaito alzò entrambe le mani richiudendole a pugno ed esclamò - «Me lo sento, questa sarà la volta buona! Troverò Pandora è la distruggerò e farò sbattere in cella anche i membri dell'Organizzazione che hanno, ucciso il Babbo, ad ogni costo!»

«Ben detto signorino è così che si parla!» - Jii fu a sua volta entusiasta della determinazione del ragazzo, incitandolo nei suoi buoni propositi, come di consueto.

«Dopo di ché...-» - Kaito, lasciò la frase a metà, proprio quando sembrava volesse concludere il discorso, attirando lo sguardo del suo collaboratore perplesso, che non appena notò la sua espressione sbiancò, mettendo le mani in avanti, ma fu troppo tardi -


«E...E... ETCHIÙ!»

 

Il rumore dello starnuto fu seguito da un fragoroso THWOK e poi il buio lo avvolse completamente il giovane Kuroba che poté sentire solo in lontananza la voce di Jii che lo chiamava, in tono disperato.

Il buio permase per un tempo indefinito, finché il ragazzo finalmente non riprese i sensi pian piano e da subito avvertì un forte dolore alla testa, che gli fece portare una mano alla fronte - «Che male!» - disse, tuttavia nel alzare il capo dal bancone notò che in realtà non provava proprio alcun dolore, cosa alquanto strana, dato il colpo che aveva preso - «Huh? Non fa male...» - riconobbe, per poi abbassare il braccio, cominciando a guardarsi intorno. Il locale era completamente deserto, non che ci si aspettasse altro a quell'ora del giorno, tuttavia anche Jii era sparito dal suo posto al bancone e questo lasciò perplesso Kaito, anche perché non udì nessn rumore di nessun genere, neppure provenire dal retrobottega.

«Jii-chan? Tutto a posto?» - domandò il ragazzo ad alta voce, che non ottenendo risposta di alzò ed andò a controllare di persona, affacciandosi sul retro del bar, ed aprendo di poco la porta, pronunciando - «Jii-chan, ci sei?» - la sua voce incontrò il nulla. Anche il retro del locale, dove Jii aveva il suo alloggio, sembrava sgombro.

A quel punto Kaito anche se un po perplesso, alzò le spalle. Forse era rimasto svenuto per troppo tempo ed il vecchietto era uscito a fare delle commissioni, senza però svegliarlo per avvertirlo. Seppur un po stranito, il giovane Kuroba, si prese un'altra tazza di caffè e cercò di riprendersi da quel sentore che ci fosse qualcosa fuori posto. Probabilmente era solo stanco a causa dell'influenza, si disse e lui stava finendo per vedere fantasmi dove non c'è ne sono... o magari due caffè di fila erano troppi. Una volta fissata quest'idea, Kaito alzò lo sguardo verso l'orologio posto sulla parete del bar, notando che erano circa le 12:30, ciò lo fece sussultare non appena ricordò le parole di Aoko di quella mattina:


Durante la pausa pranzo torno a prepararti qualcosa di caldo, okay?


«Diamine! Me ne sono scordato! La pausa pranzo è già cominciata! Se non torno a casa alla svelta, Aoko finirà col non trovarmi... e se comincia a lamentarsi e a riempirmi di prediche, ne avrò fino a domani» - sospirò il ragazzo, finendo il suo caffè per poi correre fuori dal locale, che riportava affisso il cartello con la scritta “Chiuso”, fuori da esso. Kaito dunque, raggiunse di corsa casa sua ed aprì la porta con la chiave, entrando in tutta tranquillità e richiudendosi la porta alle spalle. Quando si voltò nuovamente verso l'ingresso, notò che davanti al gradino erano poste due paia di scarpe, cosa alquanto bizzarra, dal momento che lui era l'unico, oltre a sua madre, ad avere le chiavi dell'appartamento.

Huh? Che strano...” - si disse Kaito osservando i due tipi di calzature - “Nessuno dei due è di Aoko.” - constatò ad un primo esame, per poi osservarli più nel dettaglio - “Un paio di scarpe da donna a tacco alto...mamma è tornata?” - ipotizzò, Kaito per poi spostare lo sguardo sul secondo paio di scarpe - “e... un paio di scarpe da uomo!?” - realizzò d'un tratto, mentre sentì delle voci provenire dalla cucina, che lo spinsero ad indagare sul fatto - Con chi potrà mai essere?”

Oramai incuriosito dalla faccenda, Kaito tolse le scarpe e si diresse adagio lungo il corridoio, dal quale, nascosto in un angolo, sbirciò da dentro la cucina, per capire cosa stesse succedendo.


«Quindi... sai dirmi per caso che giorno è oggi? Bé, probabilmente te ne sarai dimenticato, impegnato come sei» - sbuffò una voce femminile, in tono offeso.

«Non me ne sono affatto dimenticato, al contrario» - pronunciò una voce maschile, dall'interno della stanza, a cui seguì immediatamente una replica della donna che era con lui, che Kaito riconobbe senza alcuna difficoltà come sua madre.

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«Davvero? Allora hai qualcosa per me!» - esclamò dunque Chikage.

Che diavolo le salta in mente alla signora Chikage?” - si domandò mentre il discorso tra i due dall'altra parte proseguiva - “prima mi riempie la testa di aneddoti in cui non fa altro che ripetere quanto adori il Babbo e poi porta a casa un altro uomo, come se niente fosse? E' di pessimo gusto”

«... non potevo pensare ad altro, quindi ecco il mio regalo» - disse poi l'uomo, la cui voce parve famigliare al giovane Kuroba, che si porse leggermente per vedere meglio. Il “regalo” di cui parlava l'uomo consisteva in un biglietto aereo con destinazione Las Vegas, che Chikage fu felicissima di ricevere - «E' per il prossimo fine settimana, non vale tre volte il tuo regalo di San Valentino, ma per lo meno, avrai un po di tempo per te. E' chissà... se ti piacesse davvero, potremmo decidere di trasferirci lì, in futuro»

Non appena l'uomo ebbe finito di pronunciare quelle frasi Chikage gli circondò il collo con le braccia, visibilmente entusiasta per le sue parole e per il dono ricevuto - «Vale decisamente più di tre volte il mio regalo» - gli disse, per poi avvicinarsi al viso del suo interlocutore aggiungendo - «Ero certa che non mi avresti delusa... Darling!» - per poi schioccare un bacio sulle labbra dello sconosciuto.

In quegli istanti, finalmente l'uomo fu ben visibile dalla prospettiva di Kaito, che sgranò gli occhi stranito, al punto che perse l'equilibrio e cadde a sedere in maniera scomposta - “N...Non è possibile...” - pensò tra sé - “quello è...” - tremò Kaito, cacciando giù un groppo di saliva rimastogli fermo in gola.

 

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«...il B-Babbo?!»
 

Kaito rimase immobile, shockato, incredulo davanti a quella scena di vita quotidiana di una coppia sposata, nella cucina di casa propria; tuttavia il rumore del tonfo non passò inascoltato agli orecchi della coppia che si rivolse con lo sguardo verso il corridoio.

«Cosa sarà stato quel tonfo?» - domandò confusa Chikage, al marito.

«Non saprei...» - replicò Toichi a sua volta perplesso.

«Forse un ladro?» - proseguì la donna.

«Piuttosto audace, se fosse, a presentarsi a quest'ora del giorno ed in casa nostra per giunta» - ribatté il mago, sorridendo - «Vado a dare un'occhiata. Sicuramente si tratterà solo di un topo, oppure un colombo che ha battuto contro il vetro della finestra al piano di sopra» - ipotizzò Toichi, prima di muoversi.

Kaito al suono di quelle parole si riprese e si guardò intorno in modo da nascondersi alla vista di suo padre, o almeno di quell'uomo che sembrava essere in tutto e per tutto, suo padre.

Toichi qualche istante dopo si affacciò sul corridoio e vi dette una bella occhiata meticolosa, conclusa la quale gli parve tutto in ordine, dunque rientrò in cucina e Kaito lo sentì dire alla moglie - «Pare non ci sia nessuno. Probabilmente era davvero un colombo che ha picchiato contro il vetro di una finestra»

Il giovane Kuroba tirò dunque un sospiro di sollievo: per nascondersi aveva indossato uno dei giubbotti ed uno dei cappelli a bande larghe della madre, posti sull'attaccapanni all'ingresso e vi si era rannicchiato all'interno, appendendosi poi all'asta dell'attaccapanni stesso. Non appena il pericolo fu scampato, Kaito ripose il suo travestimento dove l'aveva trovato, per poi defilarsi tramite la porta d'ingresso, in punta di piedi, richiudendo lo stessa a chiave. Pervaso di adrenalina, fece una corsa in modo da allontanarsi da casa sua, quando ritenne di essere abbastanza distante, proseguì per un altro po a passo ciondolante, prima di appoggiarsi al palo di un cartello stradale, accovacciandosi al suolo.

Kaito rimase accovacciato contro il cartello, nel più religioso silenzio, per almeno venti minuti buoni, finché un colpo di vento, non fece sì che una copia del giornale odierno, avesse un incontro ravvicinato con la faccia del ragazzo, che dunque lo rimosse, leggendone la testata - «Il ladro fantasma KID, ha annunciato il furto dello Smeraldo Speranza. L'Ispettore Nakamori assicura: “La sicurezza è a prova di bomba”... eh?» - un sorriso flebile solcò allora il viso di Kaito - «Quel Ispettore non cambia proprio mai.»

Approfittando del fatto che stesse stringendo in mano un quotidiano, Kaito ebbe l'idea di leggervi la data impressa sopra, pensando che forse ci avrebbe finalmente capito qualcosa. Una volta compiuta questa operazione, Kaito tremò, non riusciva a credere ai suoi occhi. Se la data su quel giornale non era un errore di stampa, la deduzione che ne conseguiva, era qualcosa di completamente assurdo, ma perfettamente logico.

«Che... cosa... sta succedendo?» - mormorò Kaito ancora scosso. Nella sua testa frullavano un sacco di interrogativi e di perplessità, come era ovvio che ne avesse, in quel momento - «E' impossibile giusto? Dev'esserci un errore. Se questa data fosse esatta... allora starebbe a significare... che quell'uomo...» - il ragazzo prese un respiro profondo, prima di continuare a ragionare - «No, non può essere vero. Mio padre... Kuroba Toichi, è morto in un esplosione 10 anni fa!» - affermò ad alta voce il ragazzo, in modo da chiarirsi le idee, su quella situazione assurda - «Giusto... non ci sono dubbi... questo... non può essere reale...» - si convinse Kaito - «Dev'essere un sogno!» - detto questo Kaito pizzicò con quanta più forza possibile la sua guancia destra, più di una volta, ma nulla cambiò. Non si svegliò da nessunissimo sogno, anzi, il dolore che percepì dopo il pizzico, era più che mai genuino; questo fece correre un brivido lungo la schiena del giovane mago, che dovette accettare un concetto paradossale.

«Aspetta un attimo... non dirmi che... sono davvero tornato indietro nel tempo di 10 anni...!»

 

 

Kaito ci mise un bel po per rialzarsi da quel angolo di strada, per poi decidere una volta per tutte di tornare “sui suoi passi”. Tornò a casa sua una seconda volta, per accertarsi che non si fosse immaginato tutto, ma una volta lì, rivide i suoi genitori, come quella coppia felice ed affiatata che erano quando lui era piccolo. Rimase ad osservarli per un po, ma poi decise di andarsene, dopotutto, rimanere a fissarli, non avrebbe certo cambiato la sua situazione, ed in caso l'avessero notato, sarebbe stato complicato spiegare che non era un malintenzionato, bensì loro figlio, dieci anni nel futuro. L'intera situazione, era assolutamente assurda e Kaito aveva ben poco da fare in quelle circostanze, dal momento che in quell'ipotetica realtà, esisteva solo come un bambino di 7 anni. Kaito decise quindi di andare un po a zonzo per la città, durante il pomeriggio, passando per la biblioteca, dove per curiosità fece ricerche sui viaggi nel tempo ed i paradossi temporali, nonostante preferisse ancora pensare di star sognando tutto quanto.

Tra una cosa e l'altra, il ragazzo riuscì a far passare, anche se a fatica, le ore del pomeriggio, durante le quali, fece un giro per i quartieri del centro, notando che soprattutto le pasticcerie erano decisamente affollate. Non sapendo bene cosa fare, Kaito finì per tornare dunque sulla via di casa, passando per il fiume, che costeggiava sempre al ritorno da scuola, giusto per avere l'impressione, che le cose andassero come al solito.

«Però, che situazione fastidiosa!» - sbuffò il moro con le mani raccolte alla nuca, ad un certo punto del suo percorso - «Anche ammesso che sia, per qualche misterioso motivo, davvero tornato indietro nel tempo... perché proprio di 10 anni?» - si domandò alzando gli occhi al cielo - «...sarebbe stato decisamente più interessante finire dieci anni nel futuro, anziché passare una giornata in questo modo. Cavoli!»

Le lamentele di Kaito, vennero arrestate dal suono di un pianto, che proveniva da poco lontano e che attirò subito la sua attenzione, spingendolo a cercarne la fonte. Non dovette sforzarsi più di tanto: infatti, vide a pochi metri di distanza da lui, una piccola figura nei pressi del fiume. Incuriosito dunque gli si avvicinò per capire cosa fosse successo, scendendo i gradini che dal sentiero portavano verso il corso d'acqua. Lì poté notare che si trattava di una bimba dai capelli corti e castani tutti arruffati, che indossava un vestitino rosa chiaro – con evidenti macchie e fili d'erba su di esso – che se ne stava a piangere in ginocchio.

Il primo pensiero del ragazzo, fu che la piccola fosse caduta e si fosse fatta male, quindi non appena le fu vicino, si inginocchio di fronte a lei e le domandò - «Tutto a posto? Ti sei fatta male piccola?»

La bimba scosse il capo, mentre continuava a piangere con i dorsi delle mani volti a coprirle il viso - «Non mi sono fatta niente... sto-sto bene»

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«Oh, ma davvero?» - sorrise Kaito, ponendo la mano destra richiusa in un pugno morbido, mentre la piccola era impegnata ad asciugarsi frettolosamente le lacrime dagli occhi - «In questo caso, non ho bisogno di fare questo...» - disse, ed una colomba sbucò dal nulla e volò via, attirando lo sguardo stupito della piccola che guardò verso l'alto mentre il volatile si allontanava.

«Ah! Tu sei un mago!» - esclamò la piccola sorridendo in direzione di Kaito esclamando - «Fantastico!»

Solo allora il mago, riuscì ad osservare in viso la piccola. Quel suo sorriso ricolmo della meraviglia più pura, fecero sì che anche le sue labbra s'inarcassero in un sorriso - “Come immaginavo” - dopo pochi istanti di silenzio, Kaito prese la parola rispondendo all'affermazione della piccola - «Esatto, io sono un mago» - a quella rivelazione la bimba mostrò un espressione raggiante, dopo di ché Kaito le si rivolse domandando - «Quindi, come mai stavi piangendo signorina?»

La bimba sembrò indispettirsi a quell'interrogativo, infatti gonfiò le guance, affermando - «Non stavo piangendo!»

«Sì, stavi piangendo invece» - replicò Kaito, con voluta, aria di superbia, per dare contro alle parole della sua giovane interlocutrice.

«Non è vero!» - ribatté lei.

«Invece sì»

Lo scambio di battute andò avanti per un po, quando la bambina, decisamente seccata, sbottò - «Ti dico che Aoko non stava affatto piangendo!»

«Oh? Quindi è così. D'accordo, mi devo essere sbagliato. Adesso è chiaro: non stavi piangendo» - il giovane mago a quel punto, parve arrendersi e la piccola Aoko, finalmente liberò un respiro, convinta di “aver vinto” quello scontro verbale, se non ché Kaito, aggiunse ancora qualcosa, mentre si mise a sedere sull'erbetta fresca, che costeggiava il corso del fiume Teimuzu - «Però, signorina, sappi che mentire è il primo passo per diventare una persona cattiva...» - disse con aria seria - «Intesi?» - per poi ammiccare in direzione della piccola, che sobbalzò ed istintivamente rivolgendo lo sguardo al suolo con aria colpevole.

La piccola allora sospirò rassegniata, per poi avvicinarsi e sedersi silenziosamente accanto a lui, con le ginocchia raccolte al petto - «Stavo piangendo» - confessò infine Aoko, puntando lo sguardo sulla limpida superficie del corso d'acqua, che scorreva placido davanti ai suoi occhi.

«E per quale motivo?» - domandò quindi serenamente Kaito, lanciando un ciottolo verso il fiume, con un movimento del polso tale, che il sasso fece diversi saltelli prima di sprofondare nelle acque.

«Perché oggi, è il White Day» - rispose la bambina, provando a fare la stessa cosa, senza riuscirci e vedendo dunque il suo sassolino precipitare subito a picco, all'interno del fiume, cosa che parve renderla ancora più malinconica di quanto già non fosse.

«Il White Day?» - ripeté Kaito con aria interrogativa.

Non aveva mai fatto caso a questo genere di ricorrenze, ma durante quella giornata passata a bighellonare, ebbe modo di farsi un'idea a riguardo di quella festività.
Si trattava della controparte “maschile” della festa di San Valentino, in cui i ragazzi, per consuetudine, contraccambiavano il regalo ricevuto, regalando, solitamente del cioccolato bianco – in contrapposizione con il cioccolato generalmente scuso donato per San Valentino – oppure facendo alle ragazze un regalo che avesse un valore “tre volte superiore” a quello da loro ricevuto.

Come per San Valentino, esistono tre tipi di cioccolato:
 

  • Honmei-choco, il cioccolato che si regala alla persona amata.

  • Tomo-choco, il cioccolato regalato agli amici.

  • Giri-choco, cioccolato che si regala per convenzione sociale ai compagni di classe e colleghi di lavoro.

 

 

«Sì» - annuì la bambina cominciando a spiegare più dettagliatamente le ragioni della sua tristezza - «Oggi è il giorno in cui i ragazzi regalano il cioccolato alle ragazze, come noi abbiamo fatto il mese scorso... non c'è nulla di strano, è una tradizione. Anche nella vecchia scuola, in cui andava Aoko, ci si scambiava il cioccolato, in questi giorni, ma non è questo che mi ha reso triste» - fece una piccola pausa, prima di entrare nel vivo del suo racconto - «Ieri il maestro, aveva detto a tutti i ragazzi che avrebbero dovuto portare ognuno del cioccolato, per la propria compagna di banco, così da festeggiare il White Day tutti insieme... però...» - disse provando di nuovo a lanciare un sassolino sul pelo dell'acqua - «Oggi il mio compagno di banco, non è venuto a scuola...» - disse con un fil di voce, suscitando in Kaito, un espressione di sorpresa. Stava cominciando a capire, qual'era lo scopo, del suo regresso temporale.

Intanto Aoko continuò a tenere lo sguardo basso, mentre rievocava per Kaito, alcuni momenti di quella triste giornata:
 

«Bene bambini. Spero vi siate ricordati tutti di portare il cioccolato, come ci eravamo accordati» - disse loro il maestro, ricevendo un fragoroso “Sì” in risposta alla sua domanda - «Molto bene allora, adesso faremo lezione e all'intervallo, festeggeremo tutti insieme, d'accordo?»

«Sì!» - gli alunni, sedettero dunque ai loro posti e studiarono diligentemente, fino al suono della campanella, al ché il professore si alzò dalla cattedra e batté le mani per ricevere l'attenzione della classe.

«La lezione è conclusa. La celebrazione del White Day, può ufficialmente cominciare!» - annunciò il maestro, mentre i bambini, chi con più convinzione e chi con un velo di esitazione, estrassero dalla cartella il proprio cioccolato, per porgerlo alla compagna di banco.

Alcuni tra i più coraggiosi, fecero anche di più: portando con sé dell'altro cioccolato, con l'intento di regalarlo ad una compagna, che ritenevano più simpatica o più meritevole delle altre. Aoko osservò quelle situazioni dal suo banco, con un placido sorriso stampato sul volto, mentre tutte le altra bambine erano impegnate a ricevere, scartare ed assaggiare un pezzetto del loro dono; fino a quando Keiko non le si avvicinò, porgendole un cioccolatino, a forma di coniglietto, preso dalla scatola che portava con sé.

«Ecco» - disse Keiko poggiando il dolcetto, sul banco vuoto dell'amica.

«Huh?» - solo allora la bambina, distolse lo sguardo da ciò che la circondava, per osservare, con aria perplessa, ciò che le era stato posato davanti - «Keiko» - sorrise la piccola Aoko subito dopo, apprezzando il gesto altruistico da parte dalla compagna - «Guarda che non vale così. Devono essere i ragazzi a darci il cioccolato, non c'è lo si può regalare a vicenda in questo modo» - protestò la giovane Nakamori, sottolineando che quel gesto, in qualche modo vanificava il senso stesso della celebrazione del White Day.

«Però chi avrebbe dovuto portarti il cioccolato, è Kuroba-kun, giusto?» - osservo la bimba con i capelli raccolti in due codini e con occhiali da vista rotondi posti sul naso - «Ed oggi lui non è venuto. Quindi è giusto che questo lo abbia tu!» - sentenziò la bimba sorridendo alla compagna, per poi avvicinarle il cioccolatino di colore bianco lucido, ancora un po, incoraggiandola a prenderlo.

«Grazie Keiko. Allora-» - Aoko ricambiò il sorriso e si stava accingendo a prendere in mano il dono che le era stato fatto, ma fu presa in contropiede da una seconda mano, che fu più veloce della sua ed arraffò al volo, quel piccolo prodotto dolciario.

«Se tu non lo vuoi, allora me lo mangio io» - aveva detto un bambino, mangiandoselo subito dopo, impedendo alle bambine di dire o fare qualsiasi cosa per impedirlo.

«Ah! Sei cattivo! Quello non era per te Hinawa-kun!» - esclamò subito Keiko, infastidita - «Dovresti restituirlo!» - disse, in modo sbrigativo la bimbetta occhialuta, per intendere, che avrebbe dovuto offrire del cioccolato ad Aoko, per scusarsi di quello che aveva fatto.

«Mi dispiace, ma l'ho già dato via tutto. Quindi credo di non poterlo fare» - si giustificò il bambino, mostrando un incartamento vuoto di una pasticceria - «E poi, il maestro ha detto che noi ragazzi avremmo dovuto donare il cioccolato alla nostra compagna di banco, no? Non è certo colpa mia se Kuroba è assente»

Aoko a quelle parole, puntò dunque lo sguardo sul banco vuoto accanto a lei, per poi abbassare il capo con aria afflitta. In effetti, era rimasta un po delusa dalla sua assenza, questo non poteva negarlo, ma quando la Signora Chikage, quella mattina, le aveva detto che Kaito era stato male durante la notte, Aoko non aveva pensato neppure per un secondo alla ricorrenza e al cioccolato. Anzi, aveva augurato una pronta guarigione all'amico e si era incamminata verso scuola di buona lena, scordandosi della questione, fino all'arrivo in classe.

Keiko scambiò un altro paio di battute con il compagno così maleducato, dicendogli sempre in quel suo modo pacato che la contraddistingueva, che era stato ingiusto e che doveva assolutamente rimediare.

La discussione attirò l'attenzione di tutti in classe ed il maestro, si stava quasi per vedere costretto a intervenire di persona, imponendo che Hinawa come minimo si scusasse con la compagna per il suo atteggiamento, quando fu proprio Aoko a parlare, non lasciando spazio a nessun altro intervento.

«Va bene così, Keiko»

A quella frase la bambina occhialuta si voltò fino ad incrociare lo sguardo dell'amica - «Però, Aoko...» - tentò di ribattere lei, che si ritrovò di fronte ad una Aoko che continuava a sorridere, in modo accondiscendente. Keiko allora lasciò perdere e guardò la scatola che aveva tra le mani, mostrandola ad Aoko con amarezza - «Mi dispiace... era l'ultimo...» - pronunciò quindi sconfortata

«Va tutto bene ti dico» - ribadì Aoko, sorridendole per rassicurarla - «Tanto Papà mi ha promesso che stasera mangeremo insieme una torta enorme. Non ti preoccupare!»

Mentì: poiché suo padre, quella sera non sarebbe tornato a casa e non era certo il tipo da ricordarsi o celebrare una simile ricorrenza, ma non voleva far rimanere male né l'amica, né il Maestro, che aveva dipinta in volto un espressione rattristata. Dopo di ché aggiunse - «E poi, oramai l'intervallo è finito, dobbiamo cominciare la lezione, giusto Maestro?» - osservò Aoko, rivolgendosi verso il suo insegnante, che annuì debolmente alle sue parole, avrebbe voluto fare di più, ma per come stavano le cose, decise che era maglio rimandare la questione, anteponendo alla stessa, il bene della classe.

«Ha ragione ragazzi» - disse dunque l'insegnante - «Coraggio riprendete i vostri posti, la pausa è terminata. Riprendiamo la lezione» - disse, attendendo che i bambini fossero tutti ai propri banchi, prima di riprendere a spiegare.


 

«Capisco» - commentò dunque Kaito, una volta che ebbe abbastanza chiaro l'accaduto - «Quindi non solo il compagno che avrebbe dovuto portarti il cioccolato è a letto con la febbre, ma quel bulletto ti ha anche rubato, il cioccolatino che ti era stato regalato.» - riepilogò brevemente il ragazzo - «Che carogna!» - ringhiò a bassa voce tra i denti.

Aoko annuì in silenzio. Facendo una pausa dal suo racconto; lanciò poi un ennesimo sassolino in acqua, che però fece la fine dei precedenti, precipitando e venendo seguito da un flebile sospiro della piccola, riprendendo poi a narrare.

«Dopo scuola, stavo tornando a casa con Keiko, passando proprio di qui. Pensavo che la giornata non potesse andare peggio... volevo lasciarmi alle spalle tutto quello che era successo questa mattina... ma mi sbagliavo...» - disse Aoko con aria triste.



«Nakamori!» - il bambino di nome Hinawa in sella alla sua bicicletta, raggiunse Aoko e Keiko, che stavano camminando verso casa, percorrendo il sentiero che costeggiava il fiume - «Come ci si sente ad essere l'unica ragazza che non ha festeggiato il White Day?» - le si rivolse in modo provocatorio il compagno sorridendo.

«Smettila per favore Hinawa-kun, non sei divertente!» - aveva detto Keiko, in difesa dell'amica, mentre Aoko si era limitata a fissare la scena in silenzio.


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Il ragazzino la ignorò, continuando nel suo discorso - «In ogni caso non lo biasimo» - disse in maniera piuttosto vaga, spingendo Aoko a battere le palpebre confusa - «Anch'io fossi stato in Kuroba sarei rimasto assente, apposta per non doverti regalare il cioccolato.»

Keiko intervenne ancora, questa volta alzando la voce - «Basta Hinawa-kun, finiscila di inventarti storie!» - ma anche questa volta, le sue parole vennero ignorate.
 

«Sì... scommetto, che devi stargli davvero antipatica...» - il ragazzo pronunciò quella frase sorridendo, mentre Aoko sgranò gli occhi ed abbassò il capo di scatto, rivolgendo lo sguardo al suolo. Prima che di punto in bianco, se ne scappasse via lungo il sentiero, senza neppure degnare di un ascolto, i richiami di Keiko, che la imploravano di tornare indietro. Dopo quell'affermazione da parte del compagno infatti, ad Aoko tornò in mente una frase, pronunciata il giorno precedente proprio da Kaito, che le rimbombò alle orecchie, come a confermare che Hiwata, non aveva torto.
 

Chi regalerebbe mai del cioccolato ad un antipatica come te...
 

Non ci fece molto caso il giorno prima, quando Kaito pronunciò quella frase, ma ora tutto sembrava quadrare alla perfezione. Quindi Aoko corse senza fermarsi per un po, finché non inciampò in un sassolino che la fece ruzzolare giù, sull'erba, fino nei pressi del fiume, dove il liceale la ritrovò in lacrime, poiché non era riuscita a trattenersi dal piangere. Quando Aoko ebbe finalmente terminato il suo racconto, poggiò la testa sulla ginocchia dicendo - «E questo è quanto. Probabilmente Hiwata-kun aveva ragione, e Kaito in realtà non è venuto perché non voleva portare ad Aoko il cioccolato... ma non lo biasimo per questo, dopotutto Aoko gli causa sempre un sacco di problemi.» - disse rimanendo chiusa in quella posizione, non riuscendo così a vedere, il sorriso che solcò per un attimo, il viso del liceale seduto accanto a lei.

«Però, non è detto che questa sia la verità giusto?» - disse Kaito, in tono sereno, spingendo la piccola ad alzare il capo - «Voglio dire... è stato quel bambino a farti pensare che le cose stiano in questo modo dico bene?» - Aoko annuì, quindi il ragazzo proseguì - «Allora credo tu ti stia preoccupando per nulla.» - la rassicurò Kaito con un sorriso - «Tu ed il tuo compagno di banco siete amici giusto? E tra amici non si deve mai dubitare, se non si hanno prove sufficienti per farlo.» - disse - «Anch'io ho un amica a cui tengo moltissimo e se venissi mai a sapere che non vuole più avere a che fare con me da una terza persona, non mi accontenterei di certo...» - le spiegò Kaito, alzando gli occhi al cielo che si faceva cominciando a fare buio - «Se così fosse, vorrei che me lo dicesse in faccia, che non vuole più essere mia amica. Solo allora, sarei disposto a crederci davvero.»

Aoko nel sentire quelle parole, sembrò convincersi ed annuì - «Sì, hai ragione!»- affermò la piccola alzandosi in piedi e portando entrambe le braccia di fronte a sé, chiudendo le entrambe le mani a pugno - «Se Kaito ha qualcosa contro Aoko, allora deve dirmelo di persona!» - affermò con determinazione la piccola.

«Ben detto.» - la incitò Kaito - «”Che la tua rapidità sia pari a quella del vento” ed ”Assali ed aggredisci fieramente come il fuoco”... è la tattica più efficace» - sorrise citando due dei principi del Fūrinkazan, che poteva applicarsi bene anche a quella situazione. I restanti, decise di non rivelarglieli, perché non erano necessari al momento; e poi non voleva rischiare di rovinarle la sorpresa. Applicando così, di fatto il terzo principio.

«Vento... e fuoco...?» - ripeté perplessa la piccola Aoko.

Il ragazzo a quel punto annuì - «Esatto. E' una tattica inventata da un generale, da usare durante le battaglie militari, ma anche in questo caso può essere utile.» - le spiegò - «In poche parole, significa, “Non pensarci troppo ed affrontalo con decisione, in modo che non abbia il tempo di inventarsi storie”. In questo modo, saprai subito tutta la verità, non trovi?»

Aoko assunse un'espressione stupita ed annuì energicamente - «Certo! E' vero! Grazie mille signor Mago! Aoko farà così.» - sorrise la piccola, che adesso si sentiva più sicura, ed aveva bene in mente cosa fare.

«Figurati signorina, è stato un piacere» - disse dunque Kaito alzandosi e pulendosi dai piccoli residui d'erba secchi, rimasti attaccati ai suoi vestiti - «Sì sta facendo tardi, credo dovresti proprio tornare a casa adesso» - si raccomandò Kaito, ponendo le mani in tasca ed attendendo che anche la piccola si riportasse sul sentiero per incamminarsi verso casa - «Vedrai che dopo che avrete parlato, le cose si sistemeranno come per magia» - disse facendo apparire per lei una seconda colomba, che come la prima, volò sparendo velocemente allo sguardo della piccola. Fatto ciò , Kaito tornò sui suoi passi, voltandosi ed aggiungendo - «Arrivederci e a presto, signorina»

Kaito, riuscì ad allontanarsi di diversi passi da quel luogo, ma poco dopo udì di nuovo la voce di Aoko, che gli parlò da lontano - «Scusi, signor Mago!» - lo richiamò e quindi lui si voltò sorridendo.

«Sì? Cosa c'è?» - ribatté, questo.

«La tua amica, è una bella persona?» - gli chiese la piccola, con fare innocente.

Kaito non poté far a meno di sorridere, prima di rispondere - «Sì. E' una persona fantastica.»

«Allora... anche Aoko spera di diventare come questa persona in futuro» - disse sorridendo a sua volta la giovane Nakamori, prima di salutare il mago portando la mano destra verso l'alto ed agitandola ritmicamente da una parte all'altra - «Allora a presto Signor Mago! Bye-Bye!» - disse per poi correre via sparendo in lontananza sul sentiero e lasciando Kaito tutto solo, con i suoi pensieri.

Lo diventerai un giorno... di sicuro” - pensò tra sé Kuroba, mentre s'incamminò a sua volta, con l'intento di raggiungere il posto da cui quella strana storia aveva avuto inizio, ovvero il Blue Parrot - “Il resto lo lascio a te... me di quel tempo”.


Kaito finalmente ricordava con chiarezza, quell'episodio di ben 10 anni prima.

In effetti quel 14 Marzo, non era andato a scuola poiché aveva la febbre alta a causa di un virus passeggero, che gli fece passare una notte insonne ed a causa di ciò, purtroppo finì con il “rovinare” Il White Day alla povera Aoko. Quella mattina aveva addirittura discusso con sua madre, perché questa voleva costringerlo a portargliela a casa, al ritorno da scuola, mentre Kaito voleva fermamente rimandare alla mattina seguente, quando i due sarebbero andati assieme a scuola, come di consueto, così da non dover presentarsi a casa Nakamori, dovendo fare il tutto sotto gli occhi del padre di Aoko. Chikage e Kaito erano entrambi molto testardi, quindi alla fine non vennero a capo di nulla, rinchiudendosi ognuno nella propria convinzione e data l'assenza di Toichi, a causa di un colpo di KID previsto per quella sera, la disputa, se lasciata nelle loro mani, probabilmente non si sarebbe mai risolta. Per fortuna per loro, però Keiko venne in loro soccorso: dopo che Aoko scappò a causa delle parole del compagno, infatti Momoi si recò di corsa a casa dei Kuroba per raccontare a Kaito l'accaduto, cosa che aiutò madre e figlio a chiarirsi decisamente le idee sul da farsi. Quella sera, dopo cena, infatti Kaito, immaginando di trovare Aoko triste per le vicende accadute durante il giorno, sarebbe passato da lei, donandole il cioccolato come avrebbe dovuto; ma ancora una volta, gli eventi andarono incontro a Kaito, poiché fu Aoko a presentarsi a casa sua quella sera, senza alcun tipo di preavviso.

Il moro sapeva benissimo come sarebbe andata a finire, ma decise comunque di attaccare una cimice al vestito della piccola Aoko ed ascoltare tutto tramite il suo auricolare, quasi per assicurarsi che il tutto si svolgesse come lo ricordava.

 

«Quindi? Che c'è? Come mai sei venuta qui a quest'ora?» - domandò il piccolo Kaito con ancora una pezza sulla fronte, a causa della febbre alta che aveva avuto durante la giornata.

Di fronte a lui, Aoko lo fissava con un espressione determinata e seria, che andava a scontrarsi, contro la ancora fragile Poker Face, che l'apprendista mago, stava tentando di apprendere da suo padre. Non era ancora in grado di padroneggiarla, ma in quei momenti, pareva abbastanza per celare l'agitazione che il ragazzino, provava nell'animo. Keiko gli aveva raccontato tutto e l'ultima cosa che Kaito voleva era che Aoko credesse alle parole di quel Hiwata, che non rispecchiavano affatto la realtà dei fatti.
 

Che la tua rapidità sia pari a quella del vento˩
 

«Kaito... è vero che Aoko non ti piace?» - domandò la piccola, fissando intensamente l'amico d'infanzia, attendendo una sua qualche reazione.

«Eh?» - quella domanda mise leggermente in difficoltà il ragazzino, che non seppe cosa rispondere, per fortuna, non dovette pensare ad una risposta, poiché Aoko aggiunse qualcosa alla sua precedente affermazione.
 

Assali e aggredisci fieramente come il fuoco˩
 

«Sì. Voglio sapere se oggi sei rimasto a casa perché eri davvero malato o per qualche altro motivo. Se Aoko ti sta antipatica allora dillo chiaramente!» - detto questo Aoko restò a fissare Kaito a pugni stretti, in attesa di una replica da parte sua.

Kaito, sgranò gli occhi, non appena intuì a cosa lei si stesse riferendo la ragazzina; Aoko, infatti, stava rievocando un aneddoto, verificatosi il giorno precedente, subito dopo che il maestro, aveva annunciato, che avrebbero celebrato la ricorrenza, con le modalità che vennero stabilite.


 

«Che bella idea quella di festeggiare tutti insieme, vero Kaito?» - gli aveva detto tutta sorridente, mentre, una volta messa a posto l'aula, si stavano tutti preparando per tornare a casa - «Non sto più nella pelle!» - esultò Aoko, per poi aggiungere in tono serio - «E vedi di non dimenticare di portare il cioccolato, altrimenti faresti proprio una brutta figura.» - lo avvertì la bambina, mal celando le sue vere intenzioni, avvero l'interesse per il cioccolato, dal momento che andava pazza per i dolci.

«Sì, va bene» - sbuffò Kaito, mettendosi la cartella sulla schiena e dandole le spalle - «Tanto non mi pare di avere molta scelta, no?» - le fece notare un po seccato - «E poi, chi regalerebbe mai del cioccolato ad un antipatica come te...» - disse prima di allontanarsi da suo banco, venendo seguito a ruota da una Aoko lievemente indispettita, ma che non sebrava affatto essersi offesa a seguito di quella sua affermazione. Kaito, ipotizzò dunque, che, le parole di quel suo compagno, che l'aveva presa in giro, avevano fatto rivalutare ad Aoko il tutto, portandola a pensare, che lui l'avesse voluta evitare di proposito. La realtà tuttavia era completamente diversa da come Aoko se la immaginava, perché nel pronunciare quella frase, anche se lei non poté vederlo...

Kaito sorrise.

 

Il giovane Kuroba non emise un fiato alle parole dell'amica, anzi, si voltò verso la sua scrivania e la raggiunse e prese qualcosa da sopra essa, mentre Aoko spazientita gli gridò - «Allora? Almeno potresti darmi una risposta, no? Mi sei almeno stato a sentire?! Mi rispondi oppure-»

 

Fa che il tuo silenzio sia pari a quello della foresta.˩
 

Le sue lamentele si arrestarono di colpo, quando Kaito si voltò verso di lei, porgendogli un pacchetto incartato e dicendole - «Prendi» - la bimba eseguì meccanicamente, osservando la carta del pacchetto con un bigliettino che diceva “per Aoko”, per poi alzare lo sguardo verso l'amico, con aria incredula.

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Il pacchetto era piuttosto grande e quando lei lo aprì, scoprì che si trattava di una confezione di cioccolatini assortiti al cioccolato bianco, piuttosto costosa che aveva visto una volta nella vetrina di una pasticceria.
La particolare forma a quadrifoglio, le era davvero piaciuta e dalla prima volta che li vide, finì con il fermarsi presso quella vetrina, ogni pomeriggio al ritorno da scuola, anche solo per osservarli.
Aveva sempre desiderato assaggiarli, ma erano troppo cari, per le tasche di suo padre, quindi si convinse che non avrebbe potuto far altro che guardare quella confezione così sfarzosa ed il suo contenuto solo da lontano, ed invece, ora la stava stringendo tra le sue mani, come regalo da parte di Kaito per il White Day.

 

«Dicevi di volerli provare, no?» - disse Kaito, cercando di mantenere un espressione indifferente, mentre sentiva lo sguardo perplesso di lei, che lo scrutava attentamente - «Sono costati un bel po... quindi vedi di non finirli tutti subito, okay? Anche se sono il tuo regalo...»

La piccola Nakamori, sgranò gli occhi in un espressione di stupore, riconoscendo che si era fatta un idea sbagliata - “Kaito...”

 

Kuroba pronunciò questa frase voltato di ¾ rispetto ad Aoko e ad occhi chiusi, come a darsi un contegno, Tuttavia dal momento che dall'altra parte gli rispose il silenzio, si vide costretto ad aprire un occhio, almeno per capire se il regalo le fosse piaciuto o meno. Quando il suo sguardo incontrò il viso di lei, Kaito notò subito che Aoko aveva la tipica espressione di chi sta quasi per esplodere in lacrime, cosa ch lo fece tentennare un po - “Aspetta... p-piange?” - si domandò dubbioso, prima di rivolgersi direttamente a lei, con aria incerta - «Aoko?» - al pronunciare del suo nome, Kaito la vide produrre un leggero movimento con le spalle, come se stesse cominciando a singhiozzare, cosa che lo portò quasi a controbattere, che se non li voleva, allora se li sarebbe ripresi, ma non fece in tempo; Aoko infatti scattò di colpo in avanti abbracciandolo fermamente, cogliendo il giovane mago alla sprovvista.

«Evviva! Sono così contenta!» - esultò dunque Aoko, dissipando completamente i timori del giovane compagno. Le sue erano lacrime di gioia e tra loro due, era tutto come al solito. Aoko si sentì una sciocca ad aver dubitato di lui e si ripromise, che non lo avrebbe più fatto, senza un valido motivo.

«Va bene, va bene, ma ora dacci un taglio!» - sbuffò Kaito, dimenandosi, mentre tentava di occultare un pallido rossore sulle guance, dovuto all'abbraccio che si stava protraendo più del necessario, mentre pensava tra sé - “Stupida... quando ho detto quella frase, intendevo dire, che quel qualcuno, sarei stato io. Chi altri lo farebbe altrimenti... Ahoko...” 

Aoko, lo accontentò quasi subito, liberandolo ed allontanandosi di qualche passo, sorridendogli - «Ti ringrazio Kaito» - disse semplicemente; ma quelle tre parole, unite a quel sorriso radioso, fu un vero e proprio dardo scoccato inconsapevolmente, al futuro “Ladro di cuori”. La piccola, prese dunque con sé la scatola di cioccolatini e si diresse di corsa verso la porta, dicendo che si sarebbero visti l'indomani a scuola, mentre il giovane Kuroba, rimasto stupito, non poté che rallegrarsi, di quell'espressione felice che era riuscito a generare in Aoko.

 

Il Kaito liceale che aveva ascoltato tutto, mentre si avviava verso il Blue Parrot, sorrise a sua volta ricordando cosa accadde, il giorno seguente a quegli avvenimenti. il sé stesso di quel tempo, infatti, quella mattina, prima di entrare in classe, avrebbe preso da parte il compagno di nome Hiwata per fare una bella chiacchierata:

«Quindi? Ora mi dici che vuoi Kuroba? Perché mi hai chiesto di venire qui prima delle lezioni?» - domandò con aria di sufficienza il ragazzino un po paffuto, aspettando una spiegazione de

«Hiwata, a te piace Aoko, giusto?» - domandò senza preamboli di nessun genere Kaito, puntando uno sguardo serio verso il compagno che dal canto suo tentennò nel rispondere.

«M-Ma che dici? Devi avere ancora l'influenza» - sbottò il ragazzo irritato, arrossendo suo malgrado.

Kaito dunque scrollò le spalle passandogli accanto «Capisco...» - mormorò, per poi puntare una mano contro il petto del compagno,nella quale reggeva una stecca di cioccolato, che aveva nascosto nella manica della sua maglia, facendola comparire dal nulla - «Tieni e scusati con lei» - gli disse - «I compagni di banco devono andare d'accordo, no?»

Kaito da quella mattina, lasciò il suo posto che era sempre stato accanto ad Aoko, per cederlo al compagno Hiwata, spostandosi al suo posto, che si trovava proprio alla palle di lei. Hiwata si scusò con Aoko per il comportamento del giorno prima, offrendole il cioccolato per scusarsi, cosa che lei apprezzò, dichiarando pace fatta. Quella disposizione durò ben poco, dal momento che Hiwata dovette trasferirsi in un altra città a causa del lavoro del padre, dunque Kaito poco dopo, sarebbe tornato ad occupare il posto accanto alla giovane Nakamori, come aveva sempre fatto, ma non si pentì mai di quella buona azione che aveva realizzato, quel giorno.

 

Cullato dalla dolcezza di quei ricordi, Kaito aveva quasi raggiunto il bar di Jii, quando dalla parte opposta rispetto alla sua, notò in lontananza un uomo, la cui figura ed il quale portamento, erano per chi lo aveva conosciuto, qualcosa di assolutamente inconfondibile.

Kuroba Toichi, stava infatti percorrendo la via di ritorno a casa. Kaito aveva pensato molto “all'incontro” di quella mattina con i suoi genitori, e preda delle sue emozioni, aveva scritto un biglietto, che portava con sé nella tasca dei pantaloni della sua divisa scolastica. Sapeva che era sbagliato... ma aveva deciso si avvisarlo, dell'incidente al quale sarebbe andato incontro, di lì a poco, per colpa degli uomini dell'Organizzazione misteriosa. Dunque prese coraggio e proseguendo senza fermarsi, gli passò accanto come se nulla fosse, lasciando scivolare magistralmente nella tasca della sua giacca, il biglietto con su scritto il suo messaggio. Compiuto quel semplice lavoretto di destrezza,

Kaito tirò un sospiro di sollievo e ripose la mano in tasca, la quale però, si rivelò non essere vuota. Il giovane allora lo estrasse e si guardò indietro, ma suo padre, non c'era già più. Quindi Kaito, deglutì, prima di decidere a leggere il contenuto del biglietto.


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"L'effetto sorpresa e la suspanse, sono ingredienti essenziali, ai quali un mago non deve mai rinunciare. Anche durante i numeri più difficili.
Non importa quanto la situazione sembri delicata. Mai rivelare i propri trucchi prima del gran finale. Hai capito, Kaito?
"

 

Il ragazzo non poté far altro che sorridere di fronte a quel messaggio. C'era da aspettarselo dal più grande mago del mondo. Davanti a quel consiglio, Kaito proseguì nel suo cammino fino a raggiungere infine il Blue Parrot, nel quale entrò senza fare troppi complimenti. Lo ritrovò vuoto esattamente come l'aveva lasciato quella mattina. Con nonchalance, Kuroba si versò una tazza di caffè, senza neppure provare a cercare il proprietario del locale, per avvisarlo di ciò che stava facendo, dopotutto, anche se Jii l'avesse trovato lì ad armeggiare con la caffettiera, spiegarli cosa stesse facendo, sarebbe stata una passeggiata, in confronto all'assurda giornata che lui aveva vissuto.

Il giovane Kaito, si rilassò finendo il suo caffè per poi sospirare, alzando lo sguardo al soffitto - «Quindi... ora che ho risolto questa faccenda... cosa dovrei fare esattamente? Devo aspettare che succeda qualcosa di particolare... oppure-» - mentre ragionava ad alta voce, ponendo le mani alla nuca, Kaito poté vedere una piuma bianca volteggiare in aria e ricadere in direzione del bancone. Incuriosito, la prese tra le dita e l'osservò da vicino - «Huh? Ma guarda... deve essermi rimasta attaccata ai vestiti da prima» - si disse rigirandola nella mano, fu allora che Kuroba cominciò ad avvertire un lieve prurito al naso, il che gli dette una sensazione di Deja vù, non troppo piacevole; a ripensarci, non aveva starnutito, né aveva avuto il bisogno di soffiarsi il naso. Il che lo fece preoccupare - «Merda... di nuovo...»

 

«E...E...ETCHIÙ!!»

 

Le preoccupazioni di Kaito si concretizzarono poiché la sua fronte ebbe un secondo scontro ravvicinato con il bancone del bar, facendogli perdere nuovamente conoscenza. Fino a quando una flebile voce, non poté essere udita dal ragazzo in lontananza.

«Padroncino!» - ripeteva la voce, in tono apprensivo - «Padroncino Kaito!» - diceva scuotendo le spalle del ragazzo, sperando che ciò lo aiutasse a riprendersi - «Per favore, si svegli!»

Dopo diversi tentativi da parte di Jii di richiamarlo, il giovane Kaito finalmente riprese i sensi, aprendo pian piano gli occhi e rendendosi immediatamente conto del dolore provocato dalla botta, subita - «Ah, Jii-chan sei tu...A-Acc... che male...» - disse massaggiandosi la fronte dolorante.

«Come si sente Padroncino?» - chiese l'uomo porgendo al giovane Kuroba una borsa del ghiaccio, che Kaito si pose sulla fronte per attenuare il dolore, mentre Jii continuò a parlare - «Siete svenuto per più di dieci minuti. Mi avete fatto preoccupare, stavo per chiamare i soccorsi!» - confidò l'uomo mentre Kaito tentava di riprendersi. Si sentiva confuso, gli sembrava di essere rimasto svenuto per ore ed ore, durante le quali aveva sognato le sue vicende passate.

«Sì... sto bene... più o meno» - lo rassicurò Kaito, alzando poi lo sguardo verso l'orologio da parete del bar, mentre il suo “tutore”, continuava a parlargli.

Compiuta questa operazione. Il ragazzo sgranò gli occhi e si alzò di scatto, scatenando la perplessità di Jii - «Merda, sono già le 12:30! Se non mi sbrigo non farò in tempo...» - esclamò il moro poggiando la borsa del ghiaccio, che Konosuke gli aveva dato, sul bancone prima di scattare in direzione della porta, impedendo a Jii di chiarire le ragioni di quella sua strana ed improvvisa reazione - «Scusami Jii-chan... i dettagli finiamo di definirli un altra volta, okay? Adesso devo proprio scappare!» - disse Kaito per poi dirigersi di corsa fuori dal locale e da lì in strada.

Kaito corse al massimo delle sue capacità, per realizzare il suo intento, nel poco tempo che gli restava, prima che Aoko, riuscisse a percorrere la distanza presente dal liceo Ekoda, fino a casa sua. Quando Kaito fu a pochi metri da casa sua, purtroppo la ragazza era già lì, con in mano la copia delle chiavi del suo appartamento, pronta ad aprire la porta. Kaito fu quindi costretto ad entrare dalla finestra della cucina, correre nella sua stanza per recuperare il pigiama che aveva lasciato lì e rinchiudersi in bagno, appena in tempo perché Aoko riuscisse ad entrare all'interno dell'abitazione.

Una Aoko radiosa, si mosse poi all'interno della cucina, armeggiando con utensili ed ingredienti, per preparare una zuppa calda per Kaito, sperando che lo aiutasse a rimettersi in sesto più in fretta. Una volta che fu tutto pronto, la ragazza pose la zuppa in un piatto fondo, portandola su un vassoio, verso la stanza del ragazzo.

«Kaito! Svegliati! E' ora di pranzo!» - disse ad alta voce aprendo la porta, e notando solo in seguito che del ragazzo, non vi era traccia - «Huh? Non c'è!» - esclamò osservando attentamente la stanza: Il letto era disfatto, come se si fosse alzato in fretta e furia per correre da qualche parte. Inoltre ora che ci pensava, non gli parve di aver visto le sue scarpe all'ingresso, dove sarebbero dovute essere, il ché significava una cosa soltanto - «Quel Kaito... se n'è sicuramente andato da qualche parte!» - sbuffò la ragazza infastidita - «E pensare che Aoko è uscita da scuola apposta per venire a preparargli il pranzo! E' davvero imperdonabile! Quando torna mi sente!» - affermò Aoko, salvo poi sentir provenire diversi metri più in là, il rumore dello sciacquone del bagno che veniva tirato, che attirò a sua attenzione.

Qualche istante dopo, Kaito uscì dal bagno, sbadigliando avvolto nel suo pigiama. Ritrovandosi davanti la sua amica d'infanzia decisamente perplessa.

«Kaito...» - pronunciò lei, battendo le palpebre un paio di volte, mentre il ragazzo si copriva la bocca con la mano.

«Oh, Aoko» - disse subito dopo - «Ben arrivata... » - disse per poi sorridere - «Quello è il mio pranzo?» - domandò retoricamente aggiungendo - «Che tempismo, morivo di fame. Grazie» - disse prendendo il vassoio e dirigendosi verso il tavolo della cucina, dove appoggiò il piatto con la zuppa ed al quale si sedette, cominciando a mangiare.

Aoko a quel punto, ebbe un dubbio e si diresse quindi verso l'ingresso, dove trovò le scarpe di Kaito, che poco prima le parvero mancare, proprio lì al loro posto. Il mago aveva approfittato per sistemarle, mentre Aoko era impegnata a cucinare. La ragazza, constatato che in realtà era tutto in ordine, si tranquillizzò. Dicendosi che doveva essersi distratta, non notando che Kaito si era alzato per andare in bagno e credendo di non vedere le sue scarpe, che invece non si erano mosse di lì.

«Che te ne pare, della zuppa?» - domandò poi Aoko, una volta tornata in cucina, sedendosi a tavola con lui, nonostante non mangiasse, dal momento che aveva avuto tutto il tempo di mangiare il bentō a scuola, prima di raggiungere casa Kuroba.

«Direi che è passabile» - commentò Kaito, soffiando su un cucchiaio di zuppa, prima di portarlo alla bocca.

«Davvero? Mi fa piacere» - sorrise la giovane Nakamori entusiasta.

Kaito allora si sentì sollevato, a quanto pare era riuscito ad illuderla anche in quell'occasione, coprendo le tracce della sua uscita ed il suo bernoccolo, grazie ad un po di trucco, preso in prestito dalle cose che sua madre, aveva lasciato in casa; evitando in questo modo ad Aoko, preoccupazioni inutili.

«Allora io torno a scuola per le lezioni pomeridiane.» - lo avvisò Aoko, per poi ricordarsi di un dettaglio ed affermare - «Ah già!» - recuperandola dell'ingresso dove l'aveva lasciata ed estraendo poi dalla cartella, un sottile plico di fogli che poggiò sul tavolo accanto al ragazzo - «Questi sono gli appunti delle lezioni di stamattina.» - sorrise la ragazza aggiungendo - «Il resto te lo porto più tardi, okay?»

«Ve bene. Grazie di tutto Aoko» - gi rispose Kaito, tirando su col naso a causa dell'influenza, che era tornato a tormentarlo.

«Figurati. L'importante e che tu ti rimetta presto» - lo rassicurò la ragazza, per poi andare verso l'ingresso e mettersi le scarpe dicendo - «Allora io vado, a stasera Kaito!»

«Okay» - rispose lui, sentendo poi la la porta chiudersi alle spalle della ragazza.

Il giovane mago, finì poi di pranzare e mise le stoviglie sporche nel lavandino. Dette solo un'occhiata agli appunti delle lezioni della giornata, prima che il sonno lo cogliesse nuovamente, spingendolo a mettersi a letto; infatti, nonostante fosse svenuto, non poteva dire di sentirsi risposato, anzi, gli parve di essere anche due volte più distrutto di quanto non lo fosse quella mattina.


 

Intanto Aoko tornò a scuola in tempo per la fine della pausa pranzo dove trovò Keiko ad aspettarla agli armadietti all'ingresso dove la ragazza di cambiò le scarpe.

«Dì un po, come sta il nostro ammalato?» - domandò la ragazza con i codini, sorridendo all'amica.

«Sembrava stare un po meglio, o almeno non starnutiva più come stamattina» - disse Aoko buttando a terra il paio di scarpe che avrebbe dovuto indossare, mentre toglieva quelle che aveva ai piedi - «Forse dormire gli ha fatto bene»

«... oppure sono state le premurose cure da parte de suo “angelo in bianco” personale a farlo rinvigorire, chissà.» - sorrise Keiko, divertendosi alle spalle della ragazza - «Mi sa che devo proprio cominciare a mettere da parte un bel gruzzoletto, altrimenti non riuscirò a comprarvi un bel regalo di nozze, quando sarà il momento» - disse fingendosi profondamente assorta in quel pensiero.

«N-Non scherzare! Ma quali premure, e poi chi vorrebbe mai arrivare a sposare un tipo del genere!» - protestò come da programma Aoko, cercando di celare l'imbarazzo mentre richiudeva lo sportello dell'armadietto e si infilava le calzature “scolastiche”.

«Bé, non si può mai sapere no?» - ribatté Keiko sorridendo, mentre Aoko sbuffava e borbottava in merito alle sue affermazioni. Fu in quei frangenti, mentre Aoko stava finendo di indossare le scarpe, che Keiko notò uno strano oggetto, fare capolino dalla borsa che l'amica teneva in mano e curiosa decise di farglielo notare - «Ehi, Aoko, che roba è quella?»

«Huh? Di cosa parli?» - domandò quest'ultima perplessa.

«Ma sì, quella cosa che fa capolino dalla tua cartella» - specificò Keiko, in modo che anche Aoko focalizzasse lì la propria attenzione.

Quando lo fece, in effetti poté vedere che dalla parte superiore della sua cartella, accuratamente richiusa, spuntava però un bizzarro oggetto dalla forma quadrata e un po rigonfia, che lei non aveva notato prima - «Che strano... da dove salterà fuori?» - si chiese aprendo le fibbie che tenevano chiusa la borsa, per poi alzare la parte superiore di essa. Compiuta quell'operazione, Aoko estrasse lo strano oggetto, che era posto sopra tutti i suoi libri e quaderni in maniera perpendicolare e non appena lo osservò, sgranò gli occhi per la sorpresa - «Ma questi sono...» - disse interrompendosi, non appena realizzò realmente di cosa si trattasse.

Il packaging era cambiato nel tempo, ma la marca e l'illustrazione del prodotto sulla scatola, non lasciavano spazio a dubbi. Erano quei cioccolatini tanto costosi, dietro ai quali Aoko aveva smaniato tanto da piccola e che se non fosse stato per un unica occasione, forse non li avrebbe mai potuti assaggiare. Erano stati il regalo del White Day, più bello che avesse mai ricevuto e che adesso, le portava alla mente un mare di ricordi, che la fecero sorridere istintivamente e stringere la confezione di plastica al petto - “Kaito”.

Intento Keiko, si sporse leggermente per vedere di cosa si trattasse e quando ebbe riconosciuto anche lei, la rinomata marca di dolciumi, sorrise - «Accipicchia, altro che “pari a tre”!» - esclamò la ragazza occhialuta, riferendosi alla tradizione correlata al White Day - «Eh già...» - asserì Keiko mentre si allontanò dagli armadietti e dall'amica in tutta calma - «Devo proprio cominciare a risparmiare parecchio, se voglio fare bella figura! Vediamo.. quale negozio potrei scegliere per comprare i fiori d'arancio?» - domandò retoricamente la giovane Momoi, camminando con aria spersa, in direzione della 2-B.

Aoko, fu ridestata dai suoi pensieri, grazie a queste parole, e vedendo Keiko allontanarsi, prese la sua cartella e le corse dietro, visto che rischiavano anche di fare tardi a lezione - «Aspetta Keiko!» - pronunciò Nakamori, mentre la raggiungeva - «Cavoli sei sempre la solita! La pianti con questo genere di scherzi una buona volta!» - la supplicò la ragazza in tono esasperato.

«Va bene, va bene. Scusami tanto...» - annuì Keiko in maniera accondiscendente, per poi controbattere subito dopo, come se nulla fosse - «E la data per quando è fissata?» - suscitando in Aoko un esclamazione contrariata.
 

In difesa sì inamovibile come una montagna˩

 

«Ti dico che ti sbagli! Le cose non stanno affatto come credi!» - urlò quindi Aoko, la cui voce rimbombò, mentre lasciavano l'atrio.

«E va bene, se lo dici tu...» - si arrese infine Keiko, liberando in Aoko un sospiro di sollievo, ma tempo qualche secondo ed aggiunse - «Hai già pensato alla luna di miele?»

«Uffa basta con questa storia!» - affermò infine Aoko, poco prima di entrare in classe con la compagna, che si era decisamente divertita a sue spese.

La giovane Nakamori, sospirando si sedette al suo posto, era sempre dura avere a che fare con Keiko, quando cominciava a prenderla in giro, in maniera prolungata riguardo certe situazioni. Ed Aoko puntualmente, dopo ogni disputa, finiva con il sentirsi distrutta. In quei pochi attimi che ancora rimanevano, prima dell'inizio delle lezioni, Aoko lasciò scivolare lo sguardo sul banco vuoto accanto al suo, quello che solitamente era occupato da Kaito. Una leggera malinconia, avvolse la ragazza mentre prendeva i suoi libri dalla cartella, nel pensare che anche 10 anni prima, quel banco fosse rimasto vuoto, ma subito dopo, una sensazione di calore le riscaldò il petto, nel vedere la confezione di cioccolatini, che aveva poggiato proprio davanti a sé e che ripose in cartella, in maniera che non rischiasse di dimenticarsene.

 

Giusto... è proprio tutto, come quel 14 Marzo di 10 anni fa... “ - pensò Aoko puntando lo sguardo fuori dalla finestra - “Spero... che sia così anche tra 10 anni.” - si auguro la ragazza sorridendo - “A te va bene vero... Kaito?”


 

Fine.



 




Dunque gentili lettori, cosa ve ne è parso?
La storia è stata di vostro gradimento?
Fatemelo sapere, se vi facesse piacere. Io sono sempre aperta a tutti i vostri suggerimenti ed alle vostre critiche.
Dunque, con questo vi saluto. Ma prima di lasciarvi ho una domanda per voi:
Che tipo di cioccolato credete che sia quello che Kaito ha regalato ad Aoko? Honmei o Tomo-choco?
Sono curiosa di saperlo! Ebbene con questo è davvero tutto.  See you next time. Bye-bye! -K











L'Angolo dell'Autrice
L'idea per questa One-short, è partita dall'illustrazione trovata su Pinterest della piccola Aoko che piange e di Kaito inginocchiato di fronte a lei (la fonte dell'immagine è tra i riferimenti).

Mi sono letteramente innamorata di questa illustrazione e mi sono detta: "Ehi, perché non ci scrivo qualcosa su", ed eccomi qui.
Ripensandoci, all'interno di Magic Kaito, ci sono davvero pochi momenti, in cui si può vedere il rapporto di Kaito ed Aoko da bambini, quindi ho provato ad immaginare come potrebbe essere.
All'inizio il Fūrinkazan non era previsto... ma sembrava starci bene e quindi l'ho inserito a muzzo.
(≧▽≦)✿







Riferimenti:
Ispirazione
•Immagine di Aoko da piccola e Kaito liceale.
Fonte: https://www.pixiv.net/member_illust.php?mode=manga&illust_id=57795086



Testo
• OAV n° 9 di Detective Conan.
• EP n° 516-517 (564-565-566) di Detective Conan.

Immagini
•Chikage Kuroba, EP n° 24 di Magic Kaito 1412
•Toichi Kuroba, EP n° 472-473 (512-513) di Detective Conan
•Aoko, EP n° 6 di Magic Kaito 1412

Originali
•Biglietto di Toichi Kuroba.

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Capitolo 2
*** Missing Star, can you see me? ***


 
Post del 15/0X/20XX
Bentornati miei cari amici.
Come state? Vi sono mancata?
Tranquilli, non dovete rispondere, non vi agitate.
In ogni caso, sono qui con un nuovo frammento per voi, sarà più breve rispetto al precedente, ma sento che sia giusto così.
Non sempre servono tante parole per esprimersi nella maniera giusta, d'altro canto, dico bene?
Questa volta saranno portati alla luce del sole i sentimenti più profondi del nostro inespugnabile Mago; oppure potremmo tentare di sbirciare attraverso la sua maschera?
Then, now... Ladies and Gentlemen, please take a seat, and Enjoy the show! -K

 

 

Missing Star, can you see me?

 

 

Anche questa notte ho rubato un gioiello differente.

Ma ancora una volta, non era Pandora.
Sono tornato in volo fino a casa e sono rientrato dalla finestra della mia stanza, annunciandotelo, come spesso di capita di fare.


Mi chiedo se non sia meglio lasciar perdere, dopo tutte queste ricerche infruttuose.

"Ne esistono diverse copie, ma solo una è quella autentica”
Facile a dirsi. Anche se un impostore, dovrebbe essere facilmente distinguibile dall'originale.
E' difficile trovarlo, se non si sa che aspetto abbia.
Questo mi ricorda qualcosa.

 

Alle volte, mi chiedo per quale motivo ho cominciato a fare il ladro.
Di tanto in tanto mi chiedo se ne valga la pena, e la risposta, ogni volta che mi guardo indietro, non cambia.


 

La ragione, per cui ho cominciato a fare il ladro, è una sola. Sei tu.

Che ora mi stai fissando dall'altro lato della stanza, con quell'aria sempre composta e pacata.
Dall'alto della tua figura rispettabile, magnifica... quasi magica.

 

Sapevi sempre stupire ed impressionare. Sembrava che tu avessi sempre il controllo su tutto, che potessi fare di tutto.
Come se avessi tutte le risposte o riuscissi in qualche strano ed arcano modo, a prevedere il futuro.

 

Sapevi sempre tutto in anticipo.
Sapevi che un giorno sarei arrivato a scoprire, che persona straordinaria eri e cosa ti aveva portato a fare le tue scelte.
Per questo mi hai lascito le istruzioni necessarie a diventare un vero mago, assieme al tuo segreto più grande.
Avevi previsto tutto sin dall'inizio.

 

Non hai mai sbagliato... se non un unica volta.

 

Ed io, non ti ho più rivisto da allora.

 


Quello spettacolo fu un fuori programma. Un'improvvisata.
Sarebbe dovuto essere, un semplice numero di escapologia, come tanti altri, dal quale però non sei più tornato.

 

La notizia la ebbi al ritorno da scuola.

Il mio mondo è letteralmente caduto a pezzi quel giorno.
Tu eri la mia roccia. Il mio modello da seguire. Il mio obbiettivo, che da un secondo all'altro era scomparso.

 

La tua morte, fu un mistero per alcuni giorni, massimo qualche settimana e dopo il tuo nome entrò subito nella leggenda.
Un incidente, un malfunzionamento delle montagne russe, dicevano; ma era chiaro che qualcosa non tornava.
Un esplosione non era prevista in nessun numero del genere e l'attrazione era stata meticolosamente controllata e non erano stati riscontrati problemi di nessun tipo.
Con il senno di poi, certo è più facile tirare le somme.

 

Il giorno del funerale, accorsero molte persone.


Molte delle quali, io non avevo mia nemmeno sentito parlare.
Molti erano maghi che avano lavorato con te. Molti semplici conoscenti, ed altri, sconosciuti che avevano sognato, vedendoti su di un palcoscenico, proprio come me.
Piangevano e facevano le condoglianze a me ed alla mamma; stupendosi di non vedermi piangere per la tua scomparsa.

 

Non che non fossi triste, anzi ero a pezzi, il fatto e che... io non potevo piangere.

Se l'avessi fatto, avrei tradito i tuoi insegnamenti.

 

"Anche nei momenti difficili, non dimenticare mai la Poker Face”.
E' questa una delle cose più importanti che mi hai insegnato.
Ed io non posso dimenticarlo.

 

Inoltre, durante il funerale... qualcuno pianse molto per te.

Lei, il cui sorriso e la quale felicità mi è sempre stata a cuore, ha pianto per te.
Per tutto il tempo.
Ed anche per questo non potevo crollare.
Il suono del suo pianto, mi ha fatto capire che dovevo essere forte, almeno abbastanza per confortarla.

Ha pianto sulla mia spalla quel giorno. Ha pianto per me.
Ed è allora che mi sono ripromesso di proteggerla.

 

Come tu diventasti Kaitō Kid per proteggere la mamma.

 

Anche se la mia situazione, è leggermente più complicata!

Mi manchi.
Mi mancano le tue parole ed i tuoi insegnamenti.
Mi manca come rendevi speciale ogni piccola cosa, con il solo intento di stupire il pubblico.

 

Di sicuro, ora sei una stella nel cielo, proprio come lo fosti quaggiù.
Puoi vedermi? Credi che riuscirò a volare alto e raggiungerti?

Non so se sarò in grado di superarti un giorno, ma qualunque cosa accada, sappi questo: Io continuerò a provare. Non ho intenzione di arrendermi.
Questa è la strada che ho scelto, è dunque l'affronterò a testa alta.


Un giorno, chi ti ha ucciso pagherà per i suoi misfatti.
La pietra che sto cercando, diverrà solo un ricordo.

E KID non sarà niente più che un intrattenitore, un creatore di sogni, un maestro delle illusioni, al chiaro di luna, ovvero quello che avrebbe dovuto essere sin dall'inizio.


Stammi a guardare ed un giorno, io Kuroba Kaito, ti mostrerò la magia più strabiliante che tu abbia mai visto; ma fino ad allora, tu continua a vegliare su di me, d'accordo...

 


…Babbo?


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T h e E n d

 

 

 

 

 

Bene, miei cari lettori, anche questo frammento, si conclude qui.
Vi invito a dirmi cosa ne pensate, io sono sempre qui per accettare ciò che avete da dirmi.
Spero che lo stile un po diverso non vi abbia deluso. Per il resto lascio la parola a voi.
Ma prima di lasciarvi, ho una domanda da porvi: anche voi avete una stessa che vi guida quando vi sentite smarriti? Fatemelo sapere, se vi va.
Detto questo vi saluto e vi rimado alla prossima.

See you next time. Bye-bye! -K















L'Angolo dell'Autrice
Questa Short non dovrebbe essere qui.
Mi è venuta in mente ascoltando una canzone durante il tragitto da casa-scuola.
Spero di aver colto nella maniera giusta i sentimenti di Kaito.
Tra le altre cose, trovo il personaggio di Toichi davvero stupendo,poiché adoro i personaggi che sono in grado di influenzare il destino di altri anche dopo la propria dipartita.
Mi auguro, come al solito, che possa trasmettervi qualcosa,nonostante tutto e vi rimando alla prossima occasione.  -Irene_Violet

 

Riferimenti:
Ispirazione
•Quando una stella muore di Giorgia

Testo
•Background della serie di Magic Kaito
•Charater Song Starry Sky Illusion

Immagini
•Toichi Kuroba, EP n° 7 di Magic Kaito 1412

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Capitolo 3
*** A Letter for you ***


Post del 21/0X/20XX

Salve Salve! Come vi vanno le cose?
Qui tutto come al solito... ci si annoia un sacco.

L'altra sera, mentre stavo morendo dal caldo guardando una serie Tv, una di quelle soap opera smielate dove ci sono intrecci tremendi di relazioni tra liceali. In una scena, una delle protagoniste, ha deciso di prendere coraggio e confessare i suoi sentimenti ad un ragazzo, scrivendogli una lettera! Niente di strano giusto? E' molto romantico, non lo pensate anche voi? Peccato che ormai le “Love Letter”, non le scrive più nessuno. 
Eppure paradossalmente nessuno pensa ad una e-mail o ad un SMS se si parla di “Love Letter”, giusto? Il metodo antiquato, dopotutto fa sempre colpo.

 


A Letter for you




POV Ran Mōri

L'episodio scatenante risale, alla primavera di circa tre anni fa. Io e Shinichi eravamo penultimo anno della scuola media Teitan, ed era passato all'incirca un mese dall'inizio delle lezioni: tutto procedeva a gonfie vele. Presenziammo alla cerimonia di apertura del nuovo anno, seguivamo regolarmente le lezioni e svolgevamo esercitazioni, che ci avrebbero preparato alla prima sessione di esami, come ogni altro studente, frequentate il nostro stesso anno. Shinichi era il solito fanatico del giallo, che si vantava a destra e a manca delle sue abilità investigative – “abilità” che all'epoca non erano ancora di dominio pubblico e che erano sostenute solo dal fatto che il padre di Shinichi fosse un famoso scrittore di gialli; per cui nessuno perdeva troppo tempo a pensare se queste fossero reali o meno, semplicemente, ci credevano e basta. Come se aver letto un enorme quantità di romanzi, ed il riuscire a fare qualche deduzione su situazioni o persone, lo rendessero automaticamente un investigatore provetto, quando in vero, quel presuntuoso non aveva ancora risolto il minimo caso, come era ovvio, essendo un semplice studente delle scuole medie –. Fu in quel periodo più o meno che s'incaponì sulla questione, più del dovuto, dal momento che continuava a ripetere come un disco rotto: “Vedrai, un giorno diventerò un grande detective, al pari di Sherlock Holmes!”.

Un sospiro di rassegnazione, non me lo toglieva nessuno, ogni volta che saltava fuori questa proclamazione, ma non nascondo che ero felice, di vederlo così motivato... per quanto il suo continuo inneggiare ad Holmes, era a tratti piuttosto irritante! Per quanto riguarda me, decisi più o meno anch'io in quel periodo, che una volta entrata al Liceo, mi sarei iscritta al club di Karate. Questo sport mi affascinò fin da subito – considerando anche che mio padre, era stato nel club di Judo durante il liceo, quindi la vedevo come una specie di “tradizione di famiglia” che mi sarebbe piaciuto portare avanti – ed era anche un'ottima “arma”. Lo ripetono spesso dopotutto: “Una ragazza deve sapersi anche difendere da sola”, questo mantra, in effetti, fu una delle motivazioni che mi spinsero a scegliere questo club come attività extra scolastica. Un'altra ragione, era quella che desideravo avere anch'io qualcosa a cui dedicarmi con tutta me stessa, come faceva Shinichi rispetto la sua ambizione di diventare un detective. Vederlo sempre così preso, fece venire voglia anche a me di mettermi in gioco. Con il senno di poi, credo sia stata un'ottima scelta, perché mi ha aiutato anche ad avere molta più fiducia in me stessa. Oltre che dal togliermi da parecchie situazioni scomode per la verità – alle volte me lo chiedo e finisce che proprio non so come avrei potuto cavarmela in alcune di esse, se non ricorrendo a calci e pugni! –. A proposito di club, all'epoca, Shinichi faceva ancora parte del club di calcio. Era una vera e propria punta di diamante sul campo. Acclamato come una celebrità. Sembra addirittura che qualche talent scout, l'avesse avvicinato, proponendogli una borsa di studio all'estero, per questa sua abilità, ma Shinichi aveva rifiutato senza troppi complimenti, perché – come mi disse in seguito –, il calcio per lui era solo un esercizio utile a prepararlo in quanto detective. Eppure, sono ancora convinta, che si sia perso una gran bella occasione, quello scemo!

Come ho detto, la sua bravura, lo metteva piuttosto in vista, più di quanto non facessero la fama dei suoi genitori o lui stesso, con le arie da “grand'uomo”, che si dava. Le stesse arie, che avevano portato alla fondazione, da parte di un gruppo di ragazze, che apprezzavano i suoi successi sportivi, del “Shin'ichi Kudō Fan Club”. Un vero e proprio club dedicato alle “ammiratrici” del mio amico d'infanzia, la cui presidentessa, si mantenne anonima, ed i quali membri del club, non avevano un quantitativo preciso. Più che un club, somigliava più ad una specie di setta, se volete la mia! Ma non facevano nulla di male, se non “tifare” per un loro compagno, inoltre avevano tutti i requisiti perché fosse considerato effettivamente un club – un minimo iniziale di cinque membri ed un programma di attività definito, sul quale non sono informata –. Ho sentito voci che parlavano perfino dell'esistenza delle “tessera del fan club, che ti identificava come membro ufficiale”. All'epoca non prestai molta attenzione alla cosa, ma ora capisco meglio i commenti di alcune compagne, che si dicevano confuse o irritate all'idea. Ma ripeto: non hanno mai fatto nulla di male. Come gruppo erano anche abbastanza discreto. Non che ci abbia mai avuto a che fare, con i loro membri – anche perché, ho la sensazione che non sarei stata ammessa, se mai avessi provato ad entrarvi –.

Con la creazione del club, divenne chiaro a tutti, quanto Shinichi, fosse oggetto delle attenzioni delle ragazze, cosa che probabilmente dava fastidio anche a qualche compagno, ma nessuno gli creò mai problemi a riguardo. Certo, poteva esserci un po' d'invidia, soprattutto quando cominciarono ad arrivare le prime lettere. Lettere di ammiratrici, che venivano ritrovate nel suo armadietto delle scarpe di tanto in tanto. Come era normale che fosse, Shinichi si sentì lusingato da tutte quelle attenzioni, la popolarità non l'aveva mai cercata, ma non faceva neppure nulla per “evitarla” quando questa bussava alla sua porta. Molte di queste erano semplici lettere sdolcinate, piene zeppe di complimenti e di elogi alla sua abilità, del tipo che scriverebbe una fan, appunto. Altre invece erano vere e proprie lettere d'amore. Dal contenuto romantico, che proponevano a Shinichi di incontrare la scrivente, la quale desiderava confessargli il suoi sentimenti... o almeno, immagino fosse così. Lui non mi ha mai parlato dell'esistenza o meno, di lettere di questo tipo, preferiva vantarsi delle valanghe di lettere piene di elogi, anziché, parlarmi di certe cose, non so bene, per quale ragione, però.

Una volta glielo chiesi e la sua risposta fu la seguente:

 

«Le love letter sono una vera stupidaggine! Anche se ne ricevessi non le considererei più di tanto. Se davvero pensi o provi qualcosa per una persona, penso sia molto più educato dirglielo in faccia, anziché scrivergli una lettera. Tu non credi, Ran?»

 

Ammetto che di base, ero d'accordo con il suo ragionamento, ma gli urlai contro che era un'insensibile e che non era bello ignorare in questo modo, i sentimenti di qualcuno, che ha messo tutto se stesso, nel scrivere una lettera, indirizzata a te. La conversazione, iniziò e finì in poco tempo, Shinichi continuava a dirsi, “non interessato” alla cosa, ed io continuavo a dargli dell'insensibile. Saremmo potuti andare avanti per ore, e non concludere nulla. Quindi semplicemente l'argomento e la mia curiosità in merito, scemarono. Di tanto in tanto però, l'armadietto delle scarpe, con le sue sorprese all'interno, destavano il mio interesse – anche se si riempivano spesso alla fine di una partita di calcio e potevo immaginare, fossero in gran parte lettere di elogio – mi chiedevo, se tra quelle, ci fosse una qualche lettera d'amore e se mai Shinichi avesse potuto cambiare idea, ed avvicinarsi ad una di quelle ragazze, che tanto diligentemente, gli dedicavano le loro attenzioni. Come se non bastasse, ci si metteva anche Sonoko ad enfatizzare la cosa. Ed in quelle rare occasioni che l'armadietto si riempiva al punto da far riversare decine di lettere sul pavimento – sapevo che Shinichi era popolare, ma non potevo fare a meno di sorprendermi, ogni qual volta che l'armadietto delle scarpe, finiva con il “rimettere”, una quantità eccessiva buste dai vari colori e decorazioni –, in quei casi Sonoko, mi prendeva da parte e mi sussurrava:
 

«Hai visto che roba? Dovresti tenere gli occhi aperti Ran, o va a finire che un giorno o l'altro, il tuo bel marino, scapperà via con un'altra ragazza!»
 

Altra buona dose di sospiri per me!
Fin dall'asilo, Sonoko aveva sempre smaniato, per sostenermi nei confronti di Shinichi, ma non potevo certo “impormi” o impedirgli di interessarsi a qualcuno. Ho sempre voluto molto bene a Shinichi e per tanto, non mi sentivo in diritto di dover interferire con le sue scelte. Anche se in cuor mio, speravo sempre, che Sonoko sbagliasse le sue “deduzioni”.


Non aspettatevi alcun risvolto romantico. Pare che Shinichi abbia continuato ad ignorare, quel genere di missive, ed abbia rifiutato un paio di dichiarazioni, fatte da alcune ragazze che molto coraggiosamente, erano riuscite a vincere l'imbarazzo e fronteggiarlo, come lui voleva; in fin dei conti, non cambiò niente dopo quelle dichiarazioni e la vita continuò a scorrere come al solito. Il Fan Club a lui dedicato, sopravvive tutt'ora, ed è più attivo che mai, soprattutto da quando il loro beniamino, è sparito a causa del difficile caso, che ha per le mani; – ho scoperto di non essere per loro una Chimera da eliminare, anche se, come pensavo, a qualche membro, non sto troppo simpatica. Oh, bé, pazienza... –. Non mi hanno mai dato fastidio, comunque – almeno non fino a quando, Shinichi non se ne veniva da me, tutto sorridente, sbattendomi dozzine e dozzine di lettere ad un palmo dal naso, ridendo come un perfetto idiota. Giuro che non lo sopporto, quando si atteggia a quel modo –.

Presto Shinichi ci fece l'abitudine nel ricevere missive e la sua notorietà crebbe man mano, consolidando in un colpo solo la sua “fama” ed il suo ego. Anch'io feci l'abitudine ai suoi scoppi di egocentrismo e la vita scolastica, procedette come al solito, tra lezioni ed attività dei club, fino ad arrivare al liceo, dove una volta diventato a tutti gli effetti un detective, la sua popolarità praticamente sarebbe esplosa. Ora come ora, lo conoscono praticamente tutti alla Teitan e non solo, Shinichi è famoso in tutto il giappone ed il numero delle sue fan, negli anni è lievitato a dismisura; ma ho cercato di non dare poi molto peso alla cosa ed essere felice per il suo successo, come amica d'infanzia, era mio dovere dargli man forte, giusto? Quanto a lui, ha ricambiato il favore diverse volte, assistendo alle mie gare, quando qualche “imprevisto”, non lo richiamava al suo dovere di “consulente investigativo”.

 

Lo stesso dovere che mi ha portato ad avere una copia delle chiavi di casa sua, dove mi recavo periodicamente a spolverare e dare una rinfrescata – quando ancora non era arrivato il signor Subaru, a caricarsi delle incombenze domestiche, in quanto "ospite" in casa Kudō –. In quell'occasione ero sola, Sonoko aveva un appuntamento – all'epoca ancora non conosceva Kyōgoku il suo ragazzo – quindi disse che non poteva venire ad aiutarmi e che, per dirla in modo carino, dovevo “arrangiarmi da sola”.

E' stato mentre spolveravo l'immensa biblioteca, piena di gialli appartenenti al padre di Shinichi – mi sorprende sempre pensare a quanti volumi ci siano su quelli scaffali, e dire che Shinichi è riuscito a leggerli tutti –, che ho urtato per sbaglio qualcosa, facendolo cadere a terra, quindi mi sono affrettata a raccoglierlo, scendendo dalla scaletta. Quando mi sono inchinata per raccogliere l'oggetto, mi sono accorta di cosa fosse: una lettera. Avvolta in una busta rosa, con su il simbolo di un quadrifoglio, con su scritto:
Dear Kudō-senpai. La busta aveva i bordi un po consumati, segno che non si trattava di qualcosa di recente. Decisi di poggiarla sulla scrivania al centro della stanza e di tornare sulla scaletta per finire di pulire. Nel terminare il mio compito di house keeper , notai che nascosto tra un paio di grossi volumi, c'era un plico di lettere, aventi tutte la medesima busta, con alla loro base, un elastico consumato che aveva finito per rompersi. Dovetti tirarle fuori in modo da pulire anche quella sezione di scaffale, e mi parve strano, perché avevo rassettato, già diverse volte la biblioteca prima di allora, eppure, era la prima volta che mi imbattevo, in questo plico di carta colorata, indirizzata al detective liceale, che conoscevo, da tutta una vita.

Una volta finite le pulizie, misi a posto la scaletta, appoggiata in un anfratto della parete, di fianco ad uno degli scaffali della libreria, andai poi a prendere il sacco contenuto all'interno del cestino dei rifiuti, doveva avevo buttato i panni in microfibra che avevo usato per spolverare e dove avevo raccolto tutta la sporcizia accumulata, dal togliere ragnatele che si erano accumulate alle finestre a agli angoli degli scaffali e delle imposte delle finestre. Andai a disfarmi della spazzatura, dopo di che, tornai in biblioteca, passando per la cucina, prendendomi un succo, che portai con me. Arrivata, mi sedetti alla scrivania ed aprì un cassetto, prendendo un elastico nuovo per raccogliere le lettere, la cui pila era ritta, proprio di fronte ai miei occhi. Inclusa quella che avevo raccolto, c'è ne dovevano essere più di una ventina. Tutte aventi la stessa busta, con l'effige del quadrifoglio e la stessa intestazione. Sul retro della busta, non vi era riportato il nome del mittente, ma sicuramente non erano da parte di sua madre o qualcuno che conoscevo.

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Avendole lì di fronte, ammetto di essermi fatta trasportare dalla curiosità! – E sì... lo so bene che non bisognerebbe leggere la posta altrui. Non è educato, e di solito non lo faccio. Ma, sarebbe stata solo una al massimo due... non le avrei certo lette tutte! – Poi avanti, mettetevi almeno per un secondo nei miei panni: io e Shinichi siamo amici da sempre e parliamo di un sacco di cose, eppure, non mi aveva mai neanche fatto un accenno a queste lettere... insomma, con chi si vede o con chi si scrive, sono affari suoi certo... però... Ero davvero troppo curiosa!

Raccolsi con l'elastico di colore rosso, che avevo preso, la pila di lettere, lasciando fuori, solo quella che avevo lasciato cadere, per sbaglio, che misi di fronte a me. Ero agitata all'idea di ficcare il naso, in qualcosa di privato, tra Shinichi ed un'altra persona, ma dopo un respiro profondo, la curiosità ebbe la meglio e l'aprì, estraendo un singolo foglio di carta, rosato. Gli detti una rapida occhiata prima di mettermi a leggerlo. Era riportata la data di tre anni prima, in testa alla massima. La calligrafia della ragazza, era davvero elegante e pulita, aveva scritto non con una penna normale, ma con dell'inchiostro di china, in modo che risaltasse maggiormente, sullo sfondo pastello. Notai che anche sulla carta da lettere era presente lo stesso simbolo del quadrifoglio che vi era sulla busta, ai quattro angoli del foglio. La carta era leggermente ruvida, e piacevole al tatto.

Dopo questo piccolo "esame" del foglio, lo poggiai sulla scrivania e ponendo i gomiti sul piano ed il viso tra le mani, cominciai a leggere ad alta voce.

«Dear Kudō-senpai,
Mi dispiace disturbarti con questa mia lettera ma...»

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"Dear Kudō-senpai,
Mi dispiace disturbarti con questa mia lettera ma...
è l'unico modo in cui sono sicura che riuscirei a parlarti, in modo chiaro e senza troppi giri di parole. Spero mi perdonerai, per questo.
Innanzi tutto mi presento, il mio nome è Ōno Miyuki, appartengo alla sezione C, frequento il 1° anno. Sono una ragazza un po' introversa... per questo, non credo di riuscire a parlarti di persona. Quel che volevo dirti e che ammiro moltissimo il tuo modo di giocare a calcio. Insomma sono una tua fan
– con tanto di tessera che lo certifica in maniera ufficiale! –. Lo so, può sembrare sciocco, ma io, ammiro davvero l'energia e la grinta che ti vedo dimostrare in campo. Sembri instancabile, cosa che mi è davvero d'ispirazione. Alle volte sai... quando le attività del club finiscono prima, vengo di soppiatto al campo da calcio, per vedere se sei ancora lì ad allenarti e quando succede, ti guardo in silenzio. Adesso, mi considererai un po' strana vero? Come darti torto! E che... non mi oso, di provare a parlarti, non ci riuscirei; a me basta, vederti impegnato, vederti dare il massimo... a palleggiare o provare tiri in porta. Mi basta solo questo. Sono sicura, ti arriveranno un sacco di lettere come la mia ed a quest'ora, scommetto che l'avrai già appallottolata e gettata nel cestino. Però... se per ipotesi, tu non l'abbia stracciata, ti prego, accetta i miei sentimenti... accetta quest'unica frase: Io, ti amo, Kudō-senpai!
Volevo dirtelo da tanto tempo. Ho pensato tanto a cosa scriverti, prima di farlo, ma in fin dei conti, ho già detto tutto ciò che mi frullava per la testa, ogni qual volta che ti vedevo. Ed adesso, mi rendo conto che forse ti sembrerò ridicola, ma... questo è tutto ciò che provo, volevo solo fartelo sapere. Spero di vederti ancora dare il meglio, sul campo da gioco, anche per la prossima partita. Solo un'ultima cosa... sarei molto felice, se decidessi di rispondere alla mia lettera, se ti andasse di farlo. Grazie mille, se hai avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui.

Con affetto,

-Ōno Miyuki, 1-C".

 

 

 

Quando ebbi finito di leggere, detti un occhiata alla pila di lettere poco distante. Shinichi... lo stesso Shinichi che considerava le Love Letter una frivolezza, aveva risposto a quell'ultimo appello della ragazza e le aveva scritto a sua volta. Più e più volte. La curiosità, s'impossessò nuovamente di me, volevo sapere cosa diceva la seconda lettera della pila, così avrei potuto dedurre il contenuto della sua risposta. Esatto... pensai sarebbe stata una buona scusa, anche in caso, vedendo l'elastico cambiato al suo ritorno, Shinichi avesse cominciato a fare domande del tipo: "Allora, dì la verità... le hai lette?"

Sicuramente non avrebbe avuto troppo da ridire, se avessi spacciato la cosa, per un "esercizio di deduzione", o quanto meno, forse non se la sarebbe presa più di tanto.
Dunque presi dal plico anche la seconda lettera e l'aprì, cominciando subito a leggerla:


«Dear Kudō-senpai, [...]»

"Dear Kudō-senpai,
sono davvero molto felice, tu abbia deciso di rispondere alla mia lettera! Ti ringrazio davvero di cuore! Non me lo aspettavo; come non mi aspettavo, che tu avessi capito che sono un membro del club di calligrafia, semplicemente, leggendo l'intestazione apposta sulla busta! C'è stato qualcosa in particolare, che te lo ha fatto credere? Sono davvero curiosa di saperlo, me lo diresti?
Credo sia davvero un peccato però, che per te il calcio, non sia nulla di più che un allenamento, potresti diventare un vero Asso; però dato che hai capito al volo, di che club facevo parte, anche come detective, saresti davvero formidabile, ne sono sicura. In ogni caso, spero giocherai almeno fino all'anno prossimo, credo che la squadra, andrebbe a rotoli, senza di te in campo. Oh, non preoccuparti comunque, lo sapevo o meglio, ho fatto due più due, quando sono passata a dare un'occhiata al campo da gioco, quel pomeriggio stesso. Ho considerato di ritirare la lettera dal tuo armadietto delle scarpe, però ho deciso di non farlo. Perché, non volevo che tutto il resto della lettera, andasse sprecato. Ed a quanto pare ho fatto bene, visto che hai deciso di rispondermi!
Significa davvero molto per me, ti ringrazio. Ah, e grazie anche per gli auguri rispetto alla competizione del mio club, però, devo comunicarti che è già finita. Ci siamo classificati terzi. Non male, ma il prossimo anno, punteremo ad essere i numeri uno.
Visto che l'uno* ci ha dato il suo sostegno.
Ancora una domanda, prima di salutarti: tu dove credi possa sparire un gatto soriano, piuttosto paffuto? Lo abbiamo cercato ovunque, ma quella peste sembra essersi volatilizzata nel nulla. Hai qualche idea per caso?
Ti lascio con questo ultimo difficile enigma signor investigatore. Chissà che tu non riesca a trovarlo...
Spero mi risponderai, e grazie mille davvero.

Con affetto,

-Ōno Miyuki"

 

 

Nota di Ran:
*Ha usato un gioco di parole sul carattere "ichi", che in giapponese significa "numero uno"

 

 

Terminata la lettura mi ritrovai ad avere gli occhi lucidi. Shinichi doveva averla rifiutata come aveva fatto con altre ragazze prima di lei, ma Miyuki, non si era persa d'animo e gli aveva continuato a scrivere, sperando di coltivare con lui un rapporto d'amicizia, meno distaccato, di quello tra un "fan" ed il suo "idolo". Mi commossi, e dovetti asciugarmi gli occhi con un fazzoletto. A questo punto, avrei voluto davvero continuare a leggere, ma mi accorsi che si stava facendo buio, ed avevo ancora la spesa da fare per cena. Quindi mi affrettai, a rimettere le rispettive lettere nelle loro buste, e ad unirla al fascio, che rimisi dove lo avevo trovato, nascosto nella libreria. Dopo di che, mi assicurai di chiudere tutte le finestre e le porte, raccolsi le mie cose ed uscì chiudendo la casa a chiave, per poi allontanarmi in direzione del kombini, per prendere qualcosa da mangiare, cercando di tornare a casa, prima che si facesse troppo tardi.

E' passato del tempo, ed ho finito per dimenticarmi di quel pomeriggio, in cui trovai quelle lettere. Anche se di tanto in tanto, ancora mi domando, cosa abbia potuto scrivere Shinichi nella sua risposta, per trasformare una fan avente una cotta per lui, in un amica di penna, senza spezzarle il cuore.



 





 

POV Shin'ichi Kudō


«No, non sono affatto d'accordo! Queste ragazze, hanno comunque speso del tempo per scriverti Shinichi. Quindi, credo dovresti almeno avere la decenza di rispondere! E poi... non è sempre facile... confrontarsi con i propri sentimenti...» - ribatté Ran alla mia affermazione.
 

Pur mantenendo la mia vena d'orgoglio, ammetto di essere stato d'accordo con Ran. Infatti, semplicemente non lo ammisi, ma le lessi tutte man mano che arrivavano, dalla prima all'ultima. Gran parte di quelle lettere, erano da parte di membri dal mio Fan club, quindi mi bastava “inviare” loro un bigliettino, nella loro aula, per ringraziarle del loro sostegno, quasi dopo ogni partita. Quanto alle dichiarazioni d'amore... non volevo dare alle ragazze che mi scrivevano, false speranze, per questo ero sempre restio nel rispondere loro. Lo feci solo quando notavo, che si facevano parecchio insistenti o quando qualcuna di loro, prendeva coraggio, venendo a confessarmi apertamente ciò che provava per me. Mi trovavo davvero in difficoltà, in quei momenti, dovendo spiegare che non potevo accettare i loro sentimenti, perché avevo già, una ragazza di cui ero (sono) innamorato. Sarei potuto passare per un mostro o un'insensibile, ma sono tutt'ora convinto, sia meglio dare una delusione a qualcuno, essendo sinceri, piuttosto che mentire facendo vivere l'altro in un illusione – per questo, ho intenzione di raccontare a Ran tutta la verità, una volta che avrò risolto il problema dell'Organizzazione degli Uomini in Nero, una volta che saremmo tutti al sicuro –.

Tuttavia, di tanto in tanto, tra le varie lettere piene di complimenti ed elogi, alcune riuscivano davvero a colpirmi, lettere da parte di ragazze, che nel loro scrivere quanto per loro fossi, degno di ammirazione, mi incoraggiavano, si raccontavano, in maniera più profonda, quasi a voler stabilire un legame con me. Queste, erano missive, in cui decidevo davvero d'impegnarmi a rispondere, per ringraziare la mittente in modo più esteso. Visto che appunto, si erano prese del tempo, per raccontarsi a me, quindi trovavo giusto sdebitarmi, allo stesso modo.

Una tra queste, che mi stupì parecchio, erai Ōno Miyuki, della terza sezione del primo anno. Trovai la prima delle sue lettere, nell'armadietto delle scarpe, dopo un pomeriggio in cui mi ero trattenuto, più del dovuto, al campo da calcio della scuola, dopo l'allenamento, per fare qualche tiro, in vista di una partita che si sarebbe svolta qualche settimana più tardi. Non appena la trovai, mi accorsi subito che la ragazza che l'aveva lasciata era un membro del club di calligrafia. Sulla busta, la dicitura, era scritta con una biro di colore blu. La scrittura infatti, era davvero pulita ed aggraziata, ma quello non fu l'elemento decisivo, ciò che me lo fece notare, fu una piccola macchia di china, che si trovava sul retro della busta, che deve essere caduta sul piano di lavoro, su cui poi avrà poggiato la busta, senza rendersene conto. Presi la lettera con me e non appena arrivai a casa, la aprì e cominciai a leggerla. Come immaginavo, il testo era scritto con la china, e l'uso di un pennino, poiché il tratto era sottile, ma molto ben definito. La ragazza mi fece sorridere, si vedeva che aveva messo su carta tutti i suoi sentimenti, magari anche rimuginandovi parecchio su. La sincerità che traspariva dalle sue parole, mi portarono a decidere di prendere a mia volta carta e penna, per accogliere la sua richiesta di avere una risposta. Per l'ennesima volta, avrei dovuto deludere le aspettative, di un'ammiratrice, ma trattandosi di una lettera, sarebbe stato più semplice e decisamente meno imbarazzante, spiegarle, che purtroppo non avrei potuto corrisponderla, ma che in ogni caso avevo davvero apprezzato molto, le sue parole.

 

Scrissi sulla busta: To Ōno Miyuki-san, 1-C.
 

“Cara Ōno Miyuki-san,
Ti ringrazio davvero moltissimo per la tua lettera.
Non sono molto abituato a scrivere, quindi ti chiedo scusa se non sarò così spigliato, al contrario di te, fai parte del club di calligrafia, oppure di quello di letteratura? Mi fa piacere sapere che sei un appassionata di calcio e ti ringrazio dei complimenti, sei davvero gentile. E' vero, mi impegno molto questo, però non farò dello sport la mia carriera per il futuro. Lo sport per me è solo una preparazione, che mi porterà a realizzare il mio sogno, quello di diventare un grande detective; ma apprezzo molto il tuo sostegno Miyuki-san. Quanto hai tuoi sentimenti, sono lusingato, ma temo proprio di non poterli accettare, perché ho già una ragazza che mi piace. Mi dispiace davvero molto. Però, questo non significa che non possiamo essere amici. Ti va?
Potresti comunicarmelo con un'altra lettera. Ne sarei felice. Intanto, mi impegnerò al massimo, nella prossima partita. Ti ringrazio, nuovamente.

 

-Kudō Shin'ichi”

 

Quando la seconda lettera arrivò, ammetto che ne fui sorpreso. In fondo avevo pur sempre rigettato una dichiarazione, però stando alle sue parole, Miyuki, non era risentita, anzi, affermava di saperlo, di averlo capito, passando dal campo di calcio. Ripensandoci, in effetti, Ran passo a trovarmi, chiedendomi di tornare a casa insieme. Deve averci visto allora. Fui felice nel leggere che, seppur avendo pensato di riprendersi la lettera, alla fine non l'avesse fatto. Sarebbe stato davvero un peccato, e chissà avrebbe sofferto anche di più, convivendo con il dolore di non aver avuto neppure l'occasione, per dar voce ai suoi veri sentimenti. Ci scrivemmo per più di un anno, fino a quando non dovette partire per l'Europa a causa del lavoro dei suoi genitori, mi scrisse un'ultima lettera, spiegandomi che le dispiaceva partire, sopratutto perché questo avrebbe interrotto la nostra corrispondenza, “vecchio stile”. Di tanto in tanto, quando mi aggiro per la biblioteca, per rileggere uno dei romanzi, rileggo alcune delle lettere, e mi chiedo come stia o cosa stia facendo.

Non ho mai detto nulla a Ran di queste lettere, chissà se ha finito con il trovarle spolverando la biblioteca. Non credo, me lo avrebbe sicuramente detto, conoscendola. In ogni caso, non che ci sia stato nulla tra noi, quindi, perché tenerlo nascosto?

Bè... 
Ran non deve per forza sapere tutto sul mio conto... giusto?


 





 

 

POV Ran
 

Come mai mi sono ricordata di questa vecchia storia, dopo tanto tempo?

«Sono a casa!» - affermai, una volta tornata dall'allenamento di Karate. Andando a posare in camera mia, il kimono e la borsa, attraversando il soggiorno rapidamente e gettando il tutto alla rinfusa sul letto - «Ah! Ho proprio bisogno di fare una bella doccia...» - dissi, per poi slacciare la cravatta della divisa scolastica ed abbandonare anche quella con il resto, assieme alla giacca, sbottonando il primo bottone della camicetta.

Avanzai con calma in soggiorno e notai la casa decisamente troppo silenziosa, così processai un dettaglio a cui non avevo fatto caso, pochi attimi prima: nell'entrare non vidi né le scarpe di mio padre, né quelle di Conan, inoltre non vidi luci provenire dall'Agenzia investigativa, salendo le scale, quindi poteva voler dire solo una cosa: Erano usciti, senza dirmelo. In ogni caso, chiamai dal soggiorno ugualmente; Papà poteva essere a dormire nella sua stanza, ubriaco fradicio e con ancora le scarpe ai piedi, anche se non sentivo il caratteristico suono del suo russare, mentre Conan, poteva essere in bagno, poteva essersi sporcato le scarpe di fango giocando a calcio e questo era il motivo per cui, non erano all'entrata, nonostante non si sentisse rumore di acqua corrente.

«Otōsan? Conan-kun? Ci siete?» - chiamai ad alta voce, non ottenendo risposta.

Mentre avanzava in salotto, sul tavolo trovai un foglietto, con scritto:

To Ran-nēchan:
Ran-nēchan, il professor Agasa ha detto che ha un nuovo gioco da farci provare, quindi passerò la notte da lui. Se cerchi tuo padre è andato a giocare a Mahjong con dei suoi amici, ha detto di non volere la cena. –Conan”
 

Sorrisi, scostando i capelli dietro l'orecchio, prendendo il bigliettino. Per fortuna che Conan-kun, aveva pensato a me lasciando qualcosa che mi avvisasse dei movimenti suoi e di mio padre, che aveva semplicemente lasciato casa, addirittura lasciando le luci accese! Mi spostai, schiacciando una lattina di birra vuota, abbandonata sul pavimento.

«Huh?» - alzando lo sguardo, notai che il pavimento attorno al tavolo era cosparso di lattine di birra schiacciate, almeno un dozzina in tutto, quasi mi sentì mancare, tanto non credevo ai miei occhi - «Oh no! Uffa! Otōsan sei uno stupido!»

A dir poco di mal umore e borbottando su come finiva sempre con l'essere la stessa solfa, raccolsi tutta quella sporcizia e riordinai il soggiorno, buttando tutto nella spazzatura, sbuffando rumorosamente.

Mi diressi poi verso la camera da letto, prevedendo di trovare anche lì il solito disordine imperante. Come aprì la porta infatti, mi ritrovai di fronte la cabina armadio aperta, il letto sfatto ed indumenti sparsi ovunque, come calzini e cravatte, neanche in quella stanza fosse appena scoppiata una bomba nucleare.

«Tsk!» - sbuffai esasperata portandomi una mano alla fronte, ma rassegnandomi presto a dover mettere in ordine anche quella stanza - «Accidenti Otōsan» - mormorai - «Non devo controllare in questo modo neppure Conan-kun, e lui è un bambino delle elementari!» - mi lamentai, mettendo a posto le lenzuola e tutta la confusione, che albergava in quella stanza.

Quando ebbi finito, passai il braccio destro sulla fronte e sospirai sollevata - «Fiù... finalmente ho finito. Ora una bella doccia calda, non me le toglie proprio nessuno!»



Mi dissi voltandomi verso la porta e facendo per uscire, quando l'occhio mi cadde sulla scrivania che era posta nella stanza, sopra di essa vi era una busta rosa con sopra disegnato un coniglietto ed una scritta che recitava:
Per Edogawa Conan-kun

Accanto ad essa vi era invece una busta bianca semplice, già sigillata con su scritto:
Per Amane Miki-chan, 1-A.


 

Rimasi a bocca aperta per qualche secondo, fu allora che mi ricordai delle lettere che avevo trovato da Shinichi anni a dietro. Il ricordo di quel evento, ed la vista delle due lettere allineate sulla scrivania, mi fece tenerezza e sorrisi compiaciuta. Prima di spegnere l'interruttore, detti un'ultima occhiata verso il mobile, poi lo premetti e mi chiusi la porta alle spalle, andando nella mia stanza, per prendere l'occorrente per recarmi in bagno subito dopo. Avevo proprio bisogno di rilassarmi.

Mentre frugavo nei cassetti in cerca di un cambio, mi lasciai sfuggire una risatina dalle labbra - “Capisco... quindi anche Conan-kun è popolare tra sue compagne, eh?” - pensai tra me e me.

«Proprio come Shinichi.» - l'associazione, si affacciò spontanea nella mia mente, avevo avuto questo dubbio diverse volte, ma il mio intuito, finiva per dimostrarsi fallace; mi faceva davvero piacere, sapere che il piccolo Conan, fosse al centro di così tante attenzioni femminili, mi rendeva orgogliosa, proprio come una sorella maggiore - «Capisco, capisco» - continuai a ripetermi, mentre mi dirigevo canticchiando, verso la stanza da bagno, allegra e soddisfatta della mia nuova scoperta.











L'Angolo dell'Autrice:
Finalmente una One-short su una coppia diversa dal solito.
Mi andava proprio di scrivere qualcosa, anche di picciono sulla ShinRan, per quanto la coppia, per fortuna, non ha bisogno di Fanfiction
 
♡ 
o(◠‿◠)o  La EN n° 43 di Conan, mi è sempre piaciuta, soprattutto per la canzone di Mai Kuraki, ma anche le brevi clip, mi hanno colpito.
Quindi dopo aver rivisto le clip, ho voluto provare a buttar giù questa breve storia, di silenzi innocenti tra i due amici d'infanzia.   
Spero vi piaccia 








 

Riferimenti:
Ispirazione
•Ending n° 43, Detective Conan

Immagini
•Lettera della Kōhai  a Shinichi, Endng n° 43 - Detective Conan;
•Ragazza misteriosa, Endng n° 43 - Detective Conan





 

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Capitolo 4
*** Your Turn ***


Post 16/0X/20XX

 Bentornati a tutti! Sapete, in questo periodo mi è venuto in mente uno strano pensiero. Le ragazze sono più inclini alle confidenze, soprattutto, quando trovano un argomento in comune. Ma secondo voi come potrebbe essere una confidenza, tra due ragazzi orgogliosi, che sono parte di due schieramenti opposti, in continua competizione tra loro, un po' come Tom e Jerry? Non sarebbe interessante vederli confrontarsi sui propri problemi personali, in un momento di pausa? Ci sarà da ridere.
Then, now... Ladies and Gentlemen, please take a seat, and Enjoy the show! -K
 

 

Your turn

 

«Da che parte è andato?» - domandò la voce di un poliziotto affacciandosi nel corridoio più esterno del museo.

Dalla finestra di fianco un altro agente urlò - «Non si vede il suo deltaplano! Probabilmente è ancora all'interno, nascosto da qualche parte!»

«Allora cercate ancora, non fatevi abbindolare da quel criminale!» - sbraitò l'Ispettore Nakamori dalla radio.

««Sì!»» - risposero i due agenti, che si misero a correre in direzioni differenti.

 

Uno dei due, prese un corridoio rivolto ad Est e non appena ebbe girato l'angolo si fermò, sospirando per poi sorridere - «Giusto giusto, “non lasciatevelo scappare”, ma prima che ve ne accorgiate, sarò...» - Kaitō tornò verso la finestra ed attaccò il suo rampino al davanzale, per poi premere il grilletto e gettarsi già, scendendo pian piano lungo la facciata posteriore del museo. Una volta con i piedi per terrà, si precipitò lungo un aiuola, dove aveva nascosto la sua moto, che accese e con la quale partì a tutto gas, sgommando in strada a più non posso, liberandosi del travestimento da poliziotto, sfruttando la velocità del mezzo - «scomparso nella notte, all'ombra della luna!» - sorrise compiaciuto il ladro, che si allontanò dal museo, verso la periferia del quartiere Beika.

Il rombo del motore della moto, fu un ottimo sottofondo, per coprire quello del motore turbo, che si teneva ad una distanza di sicurezza di almeno una decina di metri. Anche il suo inseguitore, dietro le lenti degli occhiali da inseguimento che indossava, sorrideva soddisfatto, seguendo l'ombra del mantello del mago, che si spiegò come una bandiera al vento.

Kaitō fermò la moto posteggiandola in diagonale all'incrocio tra due strade. Fu allora che il suo inseguitore fu costretto ad inchiodare bruscamente, quando si rese conto di dove fosse arrivato seguendolo, ma anche dopo un istante di sorpresa, ricomparve sul suo viso, un'espressione soddisfatta.

«Che ne dici di salutarci qui, Grande Detective?» - gli fece cenno il ragazzo, a cavallo della sua moto dalla carrozzeria rosso fuoco - «Dopotutto. sei arrivato a casa...»

«Già...» - convenne il rimpicciolito Kudō, alzando lo sguardo verso l'alto, verso la finestra dallo stabile, che riportava la scritta: “Mōri, Agenzia Investigativa” - «Ora è chiaro il perché di tutte quelle deviazioni, ammetto che non capivo a quale scopo... visto che non hai neppure tentato di seminarmi; non so cosa credi di poter ottenere ma, questa volta non mi scappi...» - sorrise il piccolo, ponendo la mano, sull'interruttore della sua cintura spara-palloni, pronto a premerlo, con l'intenzione di stendere il ladro.

«Sembri piuttosto determinato...» - replicò il giovane con monocolo e cilindro, che una volta intuite le intenzioni del rivale riprese - «Fossi in te non lo farei, Grande Detective» - sorrise - «Se mai dovessi rompere una finestra, come credi potrebbe prenderla, la tua fidanzata?»

«Non sarebbe la prima volta...» - sorrise il piccolo detective - «E pur di catturarti...» - disse sparando la palla fuori dal gadget - «...correrò il rischio!» - disse calciando il pallone in direzione del mago, che apparentemente rimase fermo senza far nulla, cosa che in effetti confuse Conan - “Eh?”
 

Quando il pallone colpì quello che avrebbe dovuto essere Kid, si innescò un esplosione che fece cadere e rotolare a terra il piccolo, che tentò di ripararsi dall'urto con l'asfalto; una volta che si fu ripreso da quell'inaspettata mossa, il piccolo con gli occhiali, guardò in direzione della zona in cui si era verificata l'esplosione e sospirò, pallido in volto - «C'è mancato poco!» - si mise a sedere ridacchiando per eliminare le tracce della sorpresa, mista a spavento - «Merda, ma quando è scappato? Piuttosto... c'è mancato veramente un soffio...» - disse passandosi una mano tra i capelli - «Mah, suppongo che anche questa volta, dovrò lasciar perdere.»

Conan rimase seduto sull'asfalto per un po’, finché il rumore di un motore e ruote in avvicinamento lo fecero alzare ed accostarsi alla strada, una voce familiare lo raggiunse e osservando la vettura, vide Ran con la testa sporta fuori dal finestrino, cosa che gli fece avere un breve Deja vù.

«Conan-kun!» - la ragazza non appena il Taxi si fermò, si affrettò a scendere ed ha raggiungere il bambino con gli occhiali - «Ma dove eri sparito?! Mi sono preoccupata tantissimo! Quante volte devo ripeterti di non andare via senza dirmi niente»

«Ah- Mi dispiace Ran-nēchan!» - il ragazzino si subì la ramanzina da parte della liceale ancora concentrato sul fatto che per l'ennesima volta, il ladro gli fosse scappato da sotto il naso.

Kogorō rimediò al piccolo un bel bernoccolo con un energico pugno in testa. La famigliola si ritirò poi in casa; era tardi e faceva freddo fuori.

«Conan-kun, tra un attimo ti preparo il bagno dopodiché va dritto a dormire, Intesi?!» - lo ammonì la ragazza poco prima di andare in camera sua.

«Sì!» - rispose il bambino con gli occhiali per poi prendere il suo cellulare e scrivere al professor Agasa che prossimamente gli avrebbe portato a riparare l’orologio spara aghi che nell'esplosione di poco prima in strada, era rimasto danneggiato a causa dell'onda d'urto.

 

«Ah- Sonoko? Sì…

Lo abbiamo trovato. Deve aver seguito Kaitō Kid…

Sì… dev'essere passato per Beika.

Sento le sirene della polizia proprio in questo momento…

Bè… immagino. Ed il signor Jirōkichi? Come l'ha presa?

Ah… davvero? Guarda che Kyōgoku-san sarebbe davvero poco felice di questo tuo pensiero sai? Pensa un po’ di più ai suoi sentimenti ogni tanto!»

 

Le due liceali parlarono per una decina di minuti, prima che uno strano statico cominciò a disturbare l'audio della telefonata, così che le due avessero difficoltà di comunicazione.

«Eh? Sonoko? Ti sento male-»

Conan sentendo quella frase da parte di Ran, il ragazzino alzò lo sguardo verso il soffitto e si diresse verso la porta, salendo le scale, arrivando dunque sul tetto. Aperta la porta, il bambino si scontrò subito con l'aria fredda dell'esterno. Come pensava, c'era qualcuno sul tetto, che era la fonte primaria di disturbo del segnale.
 

«Fue- ci sono un sacco di pattuglie…  tornare a casa stasera sarà più difficile del previsto» - sospirò il mago, grattandosi la testa da sotto il cilindro, standosene seduto sul bordo del tetto dell'Agenzia con le gambe a penzoloni.

«Ehi! Hai il “disturbatore di segnale” acceso. Ran e Sonoko non riescono più a sentirsi...» - lo avvisò il ragazzino, chiudendosi la porta alle spalle.

Il giovane vestito di bianco, estrasse dunque il dispositivo dalla tasca e notò la lucetta rossa che lo identificava come “attivo” - «Huh? Ah- È vero...» - provvide subito a spegnerlo, per poi voltare lo sguardo verso il suo rivale.

«Che ci fai ancora qui? Pensavo fossi scappato» - Conan gli si avvicinò e rimase in piedi di fianco al ladro.

«Era quello che avevo intenzione di fare, ma… Guarda!» - Kid indicò la strada con pattuglie con lampeggianti attivi che andavano e venivano.

«Woah. Certo che c'è uno spiegamento di forze impressionati…»

«Vero? Mentre fuggivo ho incrociato una decina di pattuglie ed ho fatto dietrofront. Il disturbatrore di frequenze l'ho usato per sviare gli agenti. Mi sono rifugiato quassù perché più vicino e poi riuscirei a fuggire abbastanza in fretta prendendo in prestito la faccia di “qualcuno”» - con un sorriso beffardo Kid alluse proprio al piccolo detective che cogliendo il riferimento, sbuffò roteando gli occhi

«Non sarebbe tanto rapida come fuga, se Ran o Kogorō dovessero vederti. In ogmi caso puoi rimanere qui fin quando non si calmano le acque… consideralo un gesto di altruismo incondizionato, data la fatica che hai fatto stasera.»

«Apprezzo molto la tua generosità.»

Intercorse tra i due un breve silenzio prima che il ladro esternasse un sospiro  mandandolo in pezzi.

«Certo che… tu sei proprio fortunato, grande detective...» - disse Kaitō alzando gli occhi al cielo.

«Huh? Che intendi dire?» - ribattè confuso Shinichi, sporgendosi per sbirciare l'espressione del ragazzo, che gli si rivolse lo sguardo subito dopo.

«Della tua situazione… trovo che ti sia andata piuttosto bene, tutto considerato»

«EH?!? Io? Fortunato?» - ripeté seccato il ragazzino - «Questa sì che è bella! Mi hanno fatto ingerire una strana sostanza, che avrebbe dovuto uccidermi ed invece mi ha rimpicciolito ed ora mi ritrovo imprigionato in questo corpo di bambino a dover combattere contro un'organizzazione criminale. Dove sarebbe la “fortuna” in tutto questo?»

«Per cominciare, non sei morto» - sorrise furbamente il criminale.

«Questo è vero… però-»

«E poi… Anche se sei ridotto così, sei comunque vicino alla tua fidanzata per proteggerla. Non credo che tu sia messo poi tanto male dopotutto.»

«Lo dici come se mentirle continuamente fosse qualcosa di buono...» - sottolineò il detective - «Bè, essendo tu un ladro, immagino che ormai ci abbia fatto l'abitudine»

Kaitō assunse un'espressione ebete in viso, ridacchiando in maniera ironica - «I miei trucchi puntano a divertire lo spettatore; non significa che mi piaccia mentire!» - replicò per poi aggiungere - «Comunque, menti per non metterla in pericolo, dopotutto quei tizi sono pericolosi. La tua ragazza è sveglia. Capirà.»

«Sembri saperla lunga…» - lo guardò il piccolo con aria truce.

«L'informazione è fondamentale per un ladro.» - sorrise Kaitō.

«Anche per un detective!»

Conan si sentì quasi offeso dal fatto che avessero quel dettaglio in comune, e s'imbronciò ponendo una mano sulla guancia destra, per poi cambiare di colpo espressione come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa - «Oh. Giusto Kid...»

Richiamato di colpo dalla voce della sua namesi il moro si voltò - «Huh? Cosa c'è?»

Con un'espressione estremamente seria in viso il ragazzino occhialuto domandò - «Ma tu c'è l'hai la ragazza?»

«Prego?»

«Ripeti continuamente “la tua ragazza” o “la tua fidanzata”, quindi mi sono incuriosito. Allora, c'è l'hai o no una ragazza?»

Quella domanda apparentemente semplice mise in difficoltà Kaitō che si grattò la guancia con l'indice guardando altrove - «Sì… bè… in un certo senso...»

«Non c'è l'hai vero?» - lo incalzò con un'espressione divertita in viso.

Kaitō sorrise in maniera forzata per ribattere - «Non sono affari tuoi detective...»

«Come no?» - Conan ridusse gli occhi a due fessure fissando il liceale in costume posto di fronte a te - «Tu hai sempre ficcato il naso nei miei affari, almeno rendi la cosa equa! Gioca pulito per una volta.»

«Senti un po’, io non sono un imbroglione come quelli del caso dei tesori di Ryōma, io gioco pulito! E in caso avessi una ragazza non vedo perché dovrei venirlo a dire a te!» - sbottò il ladro infastidito, incrociando le braccia al petto.

«Non c'è l'hai quindi?» - ripeté ancora una volta Conan.

«Già» - Kaitō sospirò abbassando il capo e continuando a guardare le macchine passare, un po’ sovrappensiero.

Il bambino si accorse subito di aver toccato un tasto dolente, ma era davvero troppo curioso di approfondire l'argomento, quindi dopo un po’ prese di nuovo la parola.

«Allora… C'è qualcuna che ti piace?» - chiese guardandolo con la coda dell'occhio.

Kaitō si accigliò appena prima di rispondere - «Continui? Ti sei fissato Grande Detective? Stai diventando un’amante del Gossip oltre che di misteri?»

«Che c'è di male… tu nella relazione tra me e Ran hai sempre ficcato il naso. Io te lo sto semplicemente chiedendo, ecco tutto...» - replicò Conan, con aria indifferente.

«Nah, non ci casco!» - scosse la testa Kuroba - «É un bluff! Aspetti che mi lasci sfuggire qualcosa di indicativo, così che tu possa scoprire la mia identità ed arrestarmi. Mi dispiace ma non ci casco mio caro detective!» - rise in maniera enfatizzata, quasi ridicola, per mascherare il nervosismo che provava.

«Scemo! Se volessi fare una cosa del genere, mi basterebbe stordirti e consegnarti all'Iispettore Nakamori; cosa che per la cronaca non posso fare, visto che si è danneggiato a causa della tua fuga esplosiva. Per questa volta non ho intenzione di indagare chi sei in realtà. Voglio solo che le cose tra noi siano alla pari. E poi, nulla toglie che tu possa mentirmi. È semplice curiosità, non farò nulla di strano. Hai la mia parola» - disse il piccolo mettendo una mano sul cuore.

«Hmph!» - il ladro sorrise - «Bè, se proprio ci tieni… scoprire le cose però è il tuo lavoro Kudō. Se sei così curioso allora prova a fare un'ipotesi.»

Anche in quell'occasione a Conan s'illuminò il volto e con un sorriso quasi da orecchio a orecchio - «Giusto! Mi basta dedurlo!»

Il mago parve visibilmente confuso da quella reazione e quindi battè le palpebre per poi ridacchiare e pensare tra sé - “Ed ora cos'è questa reazione esaltata?”

«Vediamo… se non sbaglio, hai detto che Ran era il tuo tipo, vero?» - domandò Conan, poggiando le dita sul mento.

«Bè, sì potrei averlo detto» - rispose lui cercando di fare lo gnorri.

Conan innalzò un sopracciglio. Si ricordava benissimo che lui l'avesse detto, visto che la cosa l'aveva infastidito non poco - «Dunque… quindi ipotizzando che sia una liceale con la stessa struttura fisica di Ran sarebbe alta circa 160 centimetri e con un fisico proporzionato, magari atletico, se è giapponese è molto probabile abbia i capelli castani…»

Kaitō rimase in parte stupito. In realtà avendo a disposizione Ran Mōri, come modello per formare un ipotesi, il detective si trovava giustamente avvantaggiato, conoscendo la sua amica d'infanzia, poteva facilmente assimilarle, usando la prima come materiale di confronto.

«Se somigliasse a Ran, sarebbe certamente molto carina. Che cosa dici? Si avvicina all’immagine della ragazza che potrebbe essere il tuo tipo?» - li domandò il bambino.

Kaitō ascoltando la sua descrizione pensò tra sé - “Mah, è vero che si somigliano molto, ma rispetto alla tua bella, Aoko ha giusto qualche misura in meno” - poco dopo si rese conto della sua domanda e si affrettò a sviare le deduzioni del suo interlocutore - «Huh? Ah-... Bè, potrebbe però, tu hai dato per scontato che somigliasse alla tua ragazza, come ogni bravo innamorato farebbe. Magari la ragazza che mi piace non le somiglia per niente.»

Conan lo guardò di traverso - «Dici che non si somigliano allora? Tsk, potevi dirmelo prima...a che pro farmi perdere tempo a pensare?»

«Bè sai, mio caro detective, non tutti possiamo essere così fortunati come te e poi volevo testare le tue capacità» - rise divertito il ladro.

«Ancora con questa storia?» - sbuffò il ragazzino - «Se è per il fatto che sei un ladro ed il tuo destino sarà la prigione, non la chiamerei “sfortuna”, hai fatto una scelta. Quindi non puoi ritenerti in una condizione peggiore della mia per una cosa del genere. Avresti dovuto pensarci prima, non credi? È ovvio che questa tua attività avrebbe creato problemi. Nessuna ragazza con un po’ di buon senso sarebbe felice di mettersi con un ladro, che presto o tardi avrà le manette ai polsi.» - ragionò Conan, mettendo poi le braccia dietro la nuca.

«Non è certo l'essere arrestato la mia prima preoccupazione  piuttosto lo stai dando per scontato… di nuovo» - grugnì Kaitō guardando male il ragazzino.

«Certo, perché ho intenzione di metterti sotto chiave personalmente, così che non ne possa più uscire.»

«Ma grazie. Mi fai onore… eheh.»

«Quindi? La tua prima preoccupazione?» - ribatté deciso Conan e senza dare il tempo al ladro di cambiare argomento.

«Sei seccante lo sai!»

«Scusa tanto, ma se mi dai spunti per interessarmi, io lo faccio. Dopotutto sono un detective...»

Kaitō ridacchiò di nuovo, per rispondere - «La mia preoccupazione maggiore è che che una volta scoperto che sono Kid, lei mi odi davvero.» - sospirò - «Come te, anch'io vorrei tenerla lontana da certi tizi poco raccomandabili, che mirano al gioiello che sto cercando. Le ho già fatto correre troppi rischi anche se lei per fortuna non ne è a conoscenza. Ho le mie ragioni per fare quello che faccio, però… da quando ha rischiato di scoprirmi, sono ancora più convinto che le cose potrebbero mettersi male se sapesse. Non voglio che si preoccupi...»

«Eh… Sembri proprio messo male in effetti. Per “odiare davvero” intendi, che non le piaci in quanto Kid?» - cercò di chiarire il ragazzo; quando poi venne a sapere che il ladro era stato quasi stato smascherato, saltò su come se la cosa lo riguardasse da vicino - «Sul serio? Ti ha quasi smascherato?!  Accidenti…»

«Esatto. Non le piace l'idea che sia un ladro e spera sempre che faccia un passo falso così che possa venire arrestato. Da questo punto di vista, potrebbe essere una tua alleata. Non che la biasimi per questo, anche se la cosa è fastidiosa...» - replicò il ladro dal mantello bianco - «Già, ci siamo trovati intrappolati in un trabocchetto. La credevo svenuta, invece si è ripresa ed è riuscita a sfilarmi il cilindro! Mi sono preso un colpo, per un attimo il mio cuore ha saltato un battito, credevo di morire. Per fortuna l'ha liquidato come un travestimento, altrimenti non so cosa avrei potuto fare. Avevo la mente completamente in bianco. Ah, naturalmente sì è arrabbiata, poi però visto che dovevamo uscire di lì abbiamo finito con il collaborare, ma è stato davvero un brutto colpo.» - con ciò, rivolse uno sguardo di disapprovazione verso il detective rimpicciolito chiedendo - «Soddisfatto, Tantei-kun? Forse non sei nella migliore posizione al mondo, ma per lo meno la tua ragazza, potrà arrabbiarsi, ma dubito arriverà mai ad odiarti per le tue scelte. Prima di lamentarti, ricorda sempre che c'è chi sta peggio di te!»

«Sì, sì… va bene, forse non me la passo poi così male.» - ammise il bambino poggiando la guancia sulla mano ed il gomito al ginocchio - «Ma non ha tutti i torti a volere che tu venga messo dietro le sbarre.» - sorrise divertito Shinichi.

«Senti un po’...»

Kaitō era sul punto di urlare contro al suo rivale. Si sentiva quasi preso in giro nel avergli raccontato qualcosa di così personale con l'intenzione di pareggiare i conti, per poi non sentirsi minimamente spalleggiato. Avrebbe voluto dirgli: “Come sarebbe? Tutto qui il tuo spirito di cameratismo?”, ma una voce proveniente dall'interno dell'edificio, molto probabilmente dalle scale, interruppe la loro conversazione.

«Conan-kun!! Dove sei?!? Il bagno è pronto? Guarda che l'acqua si raffredda!!»

Shinichi ebbe un sussulto a quelle parole e si affrettò a rispondere - «Ah, arrivo subito Ran-nēchan!!»

Kid allora sorrise divertito ed insinuò in tono malizioso - «Sono d'accordo è meglio che ti sbrighi detective, non vorrai farla aspettare.»

«Come sarebbe a dire?» - gli domandò, Conan non realizzando cosa significasse l'espressione che Kid aveva in quel momento montata in faccia, ma quando finalmente ebbe capito, saltò su rosso in viso, quasi ringhiandogli contro - «Bārō!! (Baka yarō), non è affatto come credi!»

«Finalmente il traffico si è smaltito. Bè, buon divertimento Tantei-kun. Fa che questa conversazione, rimanga tra noi; oppure qualche colombo potrebbe rivelate quest'ultima informazioni alle orecchie sbagliate.» - detto questo Kid aprì il deltaplano e si mise in volo allontanandosi dall'agenzia - «Alla prossima Grande Detective.»

«Ah- Merda...» - il ragazzino lo guardò andarsene, per poi alzarsi, ed avviarsi verso la porta del tetto, e mentre scendeva per rientrare in casa, Shinichi pensò tra sé - “Ti sbagli Kid… se avesse la certezza che sono Shinichi rimpicciolito, anche Ran potrebbe odiarmi o addirittura uccidermi, per molto meno… Mah… andiamo a fare una doccia e poi a dormire”.




L'Angolo dell'Autrice
Salve salve! 
Ammetto che nella mia testa questa short veniva fuori molto più simpatica e più consistente, ma evidentemente i miei deliri notturni, non sono stati sufficientemente solidi.
Mi faceva comunque piacere buttarla giù, dal momento che credo che per un bel po' non scriverò nulla.
Vi auguro un sereno 2019 (anche se è cominciato da un pezzo) e spero di farmi sentire con qualcosa di bello. Un saluto  -Irene_Violet

 

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Capitolo 5
*** Now... we're even ***


Post del 31/1X/20XX

Ho avuto l’ispirazione dall’ascolto di una canzone. Vi siete mai chiesti come ci si sente a prendere il posto di qualcun altro? Siete mai stati tentati di farlo? Forse e meglio restare al proprio, o almeno questa è la mia modesta opinione. Ladies and Gentlemen, please take a seat, and Enjoy the show! -K

 

 

 

 

Now... we're even.

 

Le previsioni del tempo non avevano torto. Sulla città di Tōkyō, aveva preso a soffiare un forte vento salmastro, proveniente da Nord dalla zona dell’Hokkaido. La ragazza dovette chiudere almeno una palpebra, per sopportare la sensazione dell’aria sul viso, nonché del freddo che aveva cominciato a penetrarle nelle ossa. Con le mani in alto e la testa inclinata appena verso l’alto, spostò brevemente lo sguardo verso il limite del palazzo, sul cui tetto si trovava in piedi. Sarebbe stato facile scappare gettandosi nel vuoto, peccato non avesse intenzione di farlo. Si voltò dunque verso l’interno della zona del tetto, osservando il gruppo di uomini vestiti di nero che le puntavano le pistole addosso. Non pensava di certo le cose sarebbero andate in quel modo, quando era andata al museo quella sera; però ormai era andata! Doveva affrontare le conseguenze delle sue scelte.

 

«Hai solo due scelte… cercare di fuggire, sapendo però che ti abbatteremo oppure consegnarci Pandora e sperare di avere salva la vita.»

 

Snake con un sorriso sadico sulle labbra e la sua fida Beretta stretta tra le mani, osservò con gli occhi luccicanti, l’esile figura che aveva di fronte. Era impaziente di premere il grilletto, lo avrebbe fatto non appena avesse messo le mani sulla gemma. Dopotutto, era scontato: in nessun caso avrebbe l’avrebbe lasciata in vita. I testimoni oculari sono sempre una variabile pericolosa e quella ragazza l’aveva vista più volte bazzicare nei luoghi in cui venivano esposti i Big Jewel. E per giunta essendo vicinissima ad un ispettore di polizia, se avesse ottenuto i necessari permessi per frugare tra i database dei ricercati internazionali, avrebbe potuto facilmente associarne l’aspetto a quello che era il suo nome ed in quel caso, non sarebbe bastato essere cauti, avrebbe rischiato di compromettere la sua posizione.

«Vi ripeto che state commettendo un grave errore! Non l’ho presa, non ho fatto in tempo! Ed uccidermi non farà che peggiorarvi le cose...»

 

«Se non l’hai con te, allora dovrai sbrigarti a dirci dove la nascondi… oppure, saltare di sotto.» - rispose Snake senza mostrare un briciolo di esitazione, tirando indietro il cane ed armando quindi la pistola, la prossima mossa sarebbe stato piantarle una pallottola in pieno petto - «E questa volta, nessuno Zaffiro indiano, potrà impedirti di morire... »


Lo sguardo serio della ragazza non si smosse minimamente, mentre fissava la canna scura della pistola, sarebbe stata una questione di secondi, poteva ancora salvarsi, non aveva ragione di farsi prendere dal panico. Proprio durante quei pochi istanti, però accadde qualcosa: la porta che dal tetto conduceva all’ultimo piano della costruzione, si spalancò scricchiolando pigramente. La stanza in questione era piena di oggetti sparsi, era chiaramente in fase di ristrutturazione, con latte di vernice e pennelli abbandonati sul suolo polveroso; sembravano il tipo di scenario consono ad accompagnare la campana dell’allarme antincendio. Chiunque fosse doveva aver pensato fosse un buon modo per attirare l’attenzione, difatti per strada si sentivano distintamente delle sirene spiegate avvicinarsi; il cigolio spinse la castana a guardare in quella direzione, portandola a sgranare gli occhi per lo sconcerto. Un uomo ansimante ed avvolto nel suo caratteristico completo bianco, si era affacciato sulla porta con in mano la sua particolare pistola. Ansimava ancora, mentre alzò il braccio nella sua direzione. Sparò. Un asso di fiori colpì la mano del criminale il quale era in procinto di fare lo stesso, allontanandone così l’arma di diversi metri. Snake percepito il dolore, si voltò di scatto con aria truce.

 

«Che diavolo significa tutto questo…?! K-Kaitō KID… tu!»

 

Egli non proferì parola, continuò a fissare in quella direzione, respirando in modo pesante, con lo sguardo, puntato verso l’ostaggio che per altro gli stava restituendo un’espressione a dir poco terrorizzata. Non poteva fare altro: alla sua vista le si era congelato del tutto il sangue nelle vene, si sentiva quasi come fosse diventato di colpo di sasso. L’unica funzione del suo corpo che ancora poteva dirsi coerente, era il pensiero, anch’esso però limitato, nient affatto pragmatico… Ne aveva vissute parecchie, ma poche volte aveva finito con il bloccarsi non avendo la minima idea di cosa fare. Possibile non avesse notato le decine di uomini armati che avevano provveduto a puntare le loro armi dalla sua parte? Anzi, tanto per cominciare non avrebbe dovuto farsi vedere, non doveva essere lì! Cosa diavolo stava pensando?

Quello scambio di sguardi, durò pochi secondi, che parvero quasi un’eternità e per tutto il tempo, sperò con tutta sé stessa che i suoi pensieri potessero raggiungerlo:

“Corri… Veloce… Scappa…! Sbrigati, prima che sia troppo tardi! Se chiudi la porta ora e fuggi, nascondendoti da qualche parte… allora… Ti prego mettiti in salvo… Aoko!”

 

 

【Qualche ora prima...】

 

 

Erano ormai pomeriggio inoltrato tra non molto il cielo avrebbe cominciato a tingersi di un bel colore aranciato, quando Aoko si ritrovò a stirare le braccia verso l’alto con un gemito, per poi accasciarsi contro lo schienale della sedia. Sentiva un disperato bisogni di fare due chiacchiere con qualcuno o anche solo di ascoltare un discorso non inerente alla nemesi di suo padre, o a qualunque episodio di attualità. Doveva staccare la spina, e quale persona poteva essere più indicata per una situazione del genere, se non la mamma del suo amico d’infanzia, con le sue storie di viaggi e ricordi di “gioventù”. Il lato negativo – per lo meno a detta del figlio – però era che una conversazione simile poteva durare ore ed alla fine ci si sentiva quasi totalmente spossati. La liceale sospirò soddisfatta alzando lo sguardo verso il soffitto della camera: si sentiva totalmente svuotata, libera da ogni pensiero superfluo o stressante.

 

“Come immaginavo, Kaitō è il solito… Se solo si degnasse di ascoltare come si deve Chikage-san, non avrebbe motivo di lamentarsi!”

Non era sorpresa che il ragazzo esagerasse, era un modo come un altro per attirare l’attenzione. Tornata a sedersi composta sulla sedia, la ragazza dette uno sguardo fuori dalla finestra… Cosa le aveva chiesto esattamente di fare Chikage, a proposito di casa Kuroba. Aoko fece mente locale, cercando di rammentare quale fosse la richiesta della donna, mescolata in mezzo a tutti gli argomenti che avevano trattato nella loro video-chiamata. Ci mise un po’, ma infine batté la mano destra sul palmo aperto della sinistra.

 

«Oh, giusto! Ecco cos’era!»

 

Più o meno la conversazione era andata in questo modo:

 

«” Aoko-chan, se non ti chiedo troppo, puoi controllare che il mio Kaitō non metta tutto in disordine. Nell’ultima chiamata di qualche giorno fa, sembrava che nella sua stanza fosse esplosa una bomba! Bé, non mi sorprende essendo un adolescente che vive da solo… chissà cosa potresti trovare lì in mezzo al suo disordine! A pensarci bene, lascia stare, fai anche troppo per lui. Fa’ finta non ti abbia chiesto nulla! Allora dicevamo… eravamo in un bel ristorante francese… [...]”»

 

Chikage Kuroba aveva praticamente lanciato la pietra e nascosto non solo la mano, ma il braccio intero, impedendo alla ragazza di dare la sua disponibilità, anche volendo, tuttavia la castana si era detta che non fosse per lei di chissà quale impiccio, fare una capatina nella casa di fronte, per dare una mano. Era più o meno, fin dalla morte del padre di Kaitō, che non vi metteva piede, o per essere precisi che non aveva più l’occasione per mettervi piede, per ovvie ragioni. In pratica il ragazzo passava più tempo in casa Nakamori che nella propria e di contro lei, sapeva sarebbe passato da lei a meno che non l’avvisasse del contrario o non fosse bloccato a letto con uno dei suoi proverbiali raffreddori da “14 febbraio”. Senza contare che quelle poche volte in cui si trovava di passaggio, le condizioni della casa, non erano poi tanto tremende da invocare un tocco femminile.

 

«… però, devo ammettere di essere un po’ curiosa.»

 

A giudicare dai movimenti intuibili sbirciando nella finestra di fronte alla propria, Kiatō non era in casa. La liceale decise dunque di uscire dalla propria abitazione, resto diversi minuti a fissare la facciata della famigliare casa a due piani, si guardò intorno piuttosto circospetta… quasi avesse paura di essere notata, prima di avvicinarsi alla porta principale e provare a bussare, non ottenendo risposta. Poco dopo si inginocchiò, tastando la parte inferiore del telaio della porta, stando alle parole della donna, Tōichi Kuroba, aveva nascosto da quelle parti una copia delle chiavi. Non ci mise molto a trovarla, le bastò dare qualche colpetto qui e là e l’oggetto cadde a terra come fosse piovuta dal cielo. Per quanto ci fosse abituata, essendo cresciuta al fianco del figlio di un mago, quella famiglia, era sempre in grado di stupirla in qualche modo, cosa che rafforzò la curiosità della giovane, nell’infilare la chiave nella toppa.

 

«Uhm… mi sento un tantino in torto a entrare non invitata… però… C-Chikage-san mi ha chiesto aiuto, perciò...» - si dette quella giustificazione, girando la chiave e sbloccando quindi la serratura - «O-Ojama shimasu!» ; (Con permesso/Scusate per l’intrusione)

 

Si chiuse la porta alle spalle, per poi togliersi le scarpe lasciandole all’ingresso, conosceva quegli spazi come le sue tasche, eppure si dette uno sguardo attorno, quasi stesse esaminando tutto per la prima volta. Passò prima in cucina e la trovò assolutamente linda, neppure una posata fuori posto, o un piatto nel lavello. La cosa la spinse istintivamente al sorriso; a dire il vero, anche parlando del semplice ordine o della pulizia degli ambienti, non avrebbe avuto nulla di particolare da segnalare. Passò dunque al piano di sopra, ignorando la stanza matrimoniale ed il bagno, per dirigersi di filato verso l’unica stanza, per cui era giunta ad intrufolarsi come una ladra in perlustrazione. Stava per allungare la mano verso la maniglia della porta in questione, quando la colpì proprio quel pensiero. Non era forse questo il modus operandi di un ladro? Osservare o prendere informazioni su un dato luogo, accedervi furtivamente in modo da programmare una via di fuga ed eventuali trucchi, per poi tornarvi una seconda volta per effettuare il furto…

Il corpo della ragazza ebbe un fremito, era più forte di lei, si sentiva mortalmente in colpa anche solo all’idea.

 

“Do solo un’occhiata… vedo se la stanza è davvero in disordine e torno indietro. Sicuramente Chikage-san si sarà sbagliata. Ma sì, forse aveva il letto sfatto o qualche foglio sparso e lei ci avrà visto un disordine madornale! Non c’è altra spiegazione… Quindi… Ehm… solo una sbirciatina e toglierò il disturbo...”

 

Nonostante l’ennesimo tentativo di auto-convincimento, Aoko serrò le palpebre nel suo afferrare la maniglia rivolgendola verso il basso, spinse poi la porta in avanti aprendosi uno spiraglio, dunque vi si avvicinò con il viso, cautamente quasi con la paura di venire colta in flagrante da una presenza invisibile di qualche tipo. Deglutì, decidendosi quindi ad esaminare le condizioni della stanza. Né il pavimento, né la scrivania presentavano traccia di essere in cattiva condizioni, mentre il letto aveva le lenzuola a posto e ben tirate. Era una stanza perfettamente ordinaria ed ordinata al punto giusto. Solo allora la cosa le parve ovvia: anche fosse stata in disordine in quel dato momento, non poteva rimanerlo per i giorni a venire, per altro Chikage deve averlo ripreso, quindi il diretto interessato si sarà sentito in dovere di rimediare a quella situazione. Era stata una sciocca ad arrivare a qual punto, per semplice curiosità; per altro cosa pensava di trovare? Era quasi pronta a chiudere la porta quando in effetti notò una cosa fuori posto: il quadro che ritraeva il padre di Kaitō. Lì dove doveva esserci il dipinto dell’uomo in completo sorridente, non era ben visibile, era in qualche modo storto. Quel dettaglio la spinse a rompere il suo schema, ed entrare nella stanza del ragazzo senza pensarvi troppo. Avvicinandosi fu in grado di confermarlo, la cornice non era fissata al muro, anzi sembrava più un pannello mobile che un quadro.
 

Rimase quasi a bocca aperta nel constatarlo, pose dunque una mano sullo spessore della cornice, tirandolo indietro, c’era uno spazio lì nel mezzo, piuttosto buio per cui la ragazza dovette sporgersi per sperare di poter distinguere qualcosa, dato che la luce che filtrava dalla finestra finiva con l’essere bloccata dalla sua presenza, però quel poco che riusciva a superarla, dava l’impressione della presenza di ombre difficilmente distinguibili. Si fece nuovamente più avanti con il busto, ma in questo modo, finì con il perdere la presa sulla cornice del dipinto ed il pannello si sentì legittimato a richiudersi alle sue spalle, dandole un energica spinta verso l’interno dello spazio misterioso. Si ritrovò nel giro di qualche secondo a precipitare nel vuoto, verso una destinazione ignota, per cui spaventata a morte, non riuscì a trattenersi dall’urlare a squarciagola, anche se nessuno avrebbe potuto sentirla.

 

«AAAAAAAAAH!»

 

L’impatto del busto su qualcosa di morbido al punto da farla rimbalzare, la spinse ad aprire lentamente le palpebre. Per qualche secondo ebbe la vista annebbiata dalle lacrime di paura, ma quando queste scivolarono sulle sua guance, Aoko capì di essere su di una sedia rivestita di pelle rossa, vi era finita in maniera scomposta, intanto che tentava di prendere una posizione più consona, la castana cominciò a guardarsi intorno: la stanza era illuminata da una serie di riflettori. Era una stanza che pareva essere interrata, ma nonostante ciò aveva una grande dignità. Pavimento a scacchi ed i muri erano ben tenuti, non avevano traccia di presenza di umidità o muffa, l’arredamento non era esagerato, ma vi erano davvero molti oggetti esposti, tanto da sembrare una specie di “cantina”; le parve di intravedere una tuba ed un mazzo di carte, mentre tornava a raddrizzare la schiena, tra le cose che però saltarono più all’occhio vi era una sfavillante auto parcheggiata, ed un Jukebox, posto proprio di fronte a dove si trovava in quel momento. Non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo: le bastò sedersi come si deve che la poltrona fece uno scatto inaspettato in avanti, lasciando la sua passeggera sbigottita.

 

«Eh? EH? Che succede?»

 

Si guardò d’istinto alle spalle e notò un paio di binari che si congiungevano con la poltrona in questione, non trovò modo di stupirsi in tempo, poiché subì uno scossone, simile a quello di una frenata brusca, difatti la sedia si fermò. Alle sue spalle si udì un rumore che Aoko non seppe definire, ma era ovviamente successo dell’altro, quindi si voltò sicura avrebbe assistito a qualche altra stranezza. Si sentiva pronta, anche se nulla l’avrebbe preparata per quello che avrebbe visto. Una piastrella del pavimento si era sollevata rivelando una cabina rettangolare, ed al suo interno, giaceva un completo a lei piuttosto familiare. Giacca, pantaloni, e scarpe bianche con in coordinato un cilindro con una striscia di tessuto di colore blu, in tinta con la camicia del completo con una cravatta rossa ed infine un paio di guanti candidi ed un monocolo dalla cui cordicella pendeva un triangolino nero di plastica con stampato su un quadrifoglio. La castana si sentì d’un tratto molto debole, dovette sorreggersi la testa, perché le parve la stanza avesse cominciato a girare.

 

Non era possibile, non era normale che da uno spazio segreto del pavimento di una stanza nascosta, spuntasse fuori un costume di quel genere, senza che vi fosse un significato profondo dietro. Era decisamente troppo per essere il lavoro di un semplice estimatore. Sembrava piuttosto una sorta di Bat-caverna personalizzata. Una volta che riuscì a riprendere il controllo sul suo equilibrio, sentì il bisogno di spostarsi e guardare per bene quegli oggetti presenti nella stanza, nel tentativi di trovare un qualche indizio che urlasse chiaramente:

“È solo un elaborata prova di ammirazione nei confronti di un mago fan di un altro “mago”, le cui abilità venivano usate però nel modo sbagliato”.

 

Trovò una singolare pistola che ricordò di aver visto in TV durante uno dei vari servizi riguardanti il ladro. Vi erano diversi set di strane palline, alcune piccole e di colore bianco, altre più grandi e scure. Non aveva idea di a cosa servissero, ma le rimise a posto non volendo rischiare di combinare qualche guaio. Aoko dunque dopo aver dato un’occhiata sommaria, aggirò la cabina contenente l’abito per raggiungere il Jukebox, leggendo i titoli dei vari dischi, la curiosità le stava imponendo di schiacciare un tasto qualsiasi, per capire cosa contenessero quei vinili, ma la castana scosse la testa resistendo alla tentazione. Qualunque cosa fosse quella stanza, non voleva averci nulla a che fare, anzi doveva trovare il modo di uscire di lì! Tornò dunque verso la sedia, per capire se e dove fosse posto il meccanismo in grado di muoverla e se ci fosse un modo con il quale risalire il condotto per spuntare nuovamente fuori da dietro il dipinto in camera di Kaitō. Si inginocchiò per esaminare la parte inferiore della seduta ed i lati con estrema cura, era talmente concentrata in quel compito, dunque non ebbe modo di accorgersene… uno dei tasti del Jikebox si attivò, azionando il meccanismo che portò un vinile a poggiare sul supporto metallico e dunque la puntina sul primo solco presente sul disco. Una lieve musica tranquilla cominciò a riecheggiare, spingendo la ragazza ad alzare la testa di scatto, colpendo involontariamente il bracciolo della sedia.

 

«Ah...ia! Che male… Ugh...» - mugugnò la liceale portandosi le mani a protezione della zona in cui aveva accusato il colpo, mentre una voce conosciuta, che non udiva da molto tempo, cominciò a parlare come previsto da quanto inciso sul supporto.

 

«”Ascolta Kaitō e fallo attentamente… [...]”»

 

Per la seconda volta in pochissimo tempo le iridi limpide della castana si riempirono di sconcerto. Era la voce del padre dell’amico d’infanzia, chiara e limpida e ciò che disse fece tremare il cuore della giovane più di qualunque altra cosa al mondo. Dovette ammettere di non essere per nulla sicura di aver capito tutto, difatti aveva colto poche ed essenziali frasi che alludevano a gente pericolosa alla ricerca di un gioiello e come lui avesse dovuto “sparire” per evitare spiacevoli complicazioni. L’ultima parte dell’incisione era una specie di avvertimento, che le fece venire letteralmente i brividi:

«[…] “Non abbassare mai la guardia… potrebbero colpire quando meno te lo aspetti”»

 

 

Il pomeriggio in questione Kaitō uscì presto di casa, verso le quattro per recarsi al museo in cui avrebbe compiuto il prossimo colpo in programma quello stesso tra un paio di giorni. Aveva comprato un bentō da portare con sé e si era travestito dalla sua amica più stretta per facilitare il suo ingresso all’interno. Dall’ultima volta in cui quel criminale che c’è l’aveva con sua madre, aveva preso un’enorme granchio, pensando alla ragazza come successore del KID scomparso otto anni prima, si era detto di limitare quel travestimento ai casi di emergenza, proprio per limitare al minimo il coinvolgimento della ragazza in situazioni pericolose. Certo, la sua vicinanza era preziosa, ma mai quanto la sua fiducia oppure la sua incolumità. Per questo, voleva proteggere il suo segreto ad ogni costo, per non ferirla in alcun modo. Nonostante ciò, aveva ritenuto opportuno prendere in prestito la sua faccia per quel sopralluogo, sapeva che il gioiello in questione era protetto su più fronti e non solo da Nakamori, ma anche dal proprietario del gioiello in questione che era risaputo avesse un debole per il “gentil sesso”, quel che era peggio e che giravano voci, per cui avesse un debole per le giovani di forme acerbe e l’aria innocente. E per sua (s)fortuna Aoko rispondeva bene a tali requisiti e dal momento che non avrebbe mai lasciato la sua amica alla mercé di un potenziale predatore – non sopportava di vederla con Hakuba, che sapeva essere un semplice damerino di prim’ordine, figurarsi se avrebbe permesso ad un tizio tanto viscido di avvicinarla – per cui non aveva altra scelta, se non mettersi in gioco in prima persona.

 

Raggiunto il museo, il mago dopo aver consegnato la cena all’ispettore, cominciò a gironzolare tra le varie opere per poi cominciare a gironzolare distrattamente attorno al proprietario del gioiello, in finti tentativi maldestri di civettare mostrandosi interessato a come l’uomo avesse ottenuto il gioiello. La polizia aveva naturalmente limitato gli ingressi ai visitatori, eppure c’era comunque un numero nutrito di comuni visitatori, quindi non avrebbe avuto difficoltà nel far perdere le sue tracce ne avesse avuto bisogno, per poi riprendere successivamente i panni dell’amica. Ad un certo punto della sua “recita”, Kaitō ebbe un presentimento orribile, come se lo stesse tenendo d’occhio con fare minaccioso, si guardò brevemente intorno, ma non individuò nessuno di sospetto.

 

“Che me lo sia immaginato?”

 

Il giovane Kuroba fece spallucce e tornò ad intrattenersi con quel viscido omuncolo, non sapendo di avere maledettamente ragione. Tra quelle sale si aggirava furtiva una sua conoscenza, con soprabito e cappello nero che mal celavano il suo sguardo truce e l’apparenza sospetta, Anche l’organizzazione misteriosa era a caccia di quella pietra e i suoi quella ragazza dai capelli castani, l’avevano già vista almeno un paio di volte, nei luoghi in cui quell’impiastro di KID aveva fatto la sua comparsa. Tenerla d’occhio era il minimo, essendosela travata tra i piedi, che fosse per via di una pura coincidenza o per chissà quali altri motivi. Kaitō dal canto suo una volta fattosi un’idea piuttosto chiara degli spazi, la collocazione di tutte le telecamere, nonché delle trappole predisposte attorno al gioiello, si allontanò verso il bagno degli uomini assicurandosi di non venire notato, per liberarsi momentaneamente del travestimento, mentre cominciava ad abbozzare quello che sarebbe stato un buon piano d’azione. In tutto ciò, Snake gli stette alle costole, Approfittando di non essere visto da nessuno, il giovane prestigiatore si sfilò la maschera per darsi una sciacquata al viso, aveva avuto i sudori freddi stando accanto a quel tale. Una volta tanto poteva dire con certezza di capire come si sentisse Aoko al netto di tutte le sue sbirciatine alla sua biancheria ed accidentali palpatine e quello era nulla, in confronto alla sfacciataggine dimostrata dal proprietario di quella pietra.

 

«Ttaku… ci sono certi individui davvero rivoltanti a questo mondo.» - sbuffò, non preoccupandosi per nulla di modulare la voce - «A questo punto mi sento ancora più motivato a dare il massimo per rubarlo, così la sua unica fonte di orgoglio svanirà assieme allo “stuolo” di ammiratrici che dice di avere. Se fosse anche il gioiello che cerco… darebbe al tutto un valore aggiunto kekeke!»

 

Snake con ciò ebbe sentito abbastanza, e si allontanò dalle toilette con tutta l’intenzione di impedire una volta per tutte il furto agendo in maniera preventiva. Attese che la ragazza, anzi Kaitō KID tornasse all’interno della sala e si trovasse in una zona poco frequentata da quei pochi visitatori, per avvicinarsi alle sue spalle, puntandogli la pistola alle spalle. Avrebbero chiuso la faccenda una volta per tutte, così pensava. Però in quel frangente ebbe una sorta di illuminazione, perché limitarsi a dissuadere il ladro, quando poteva sfruttare situazione a suo vantaggio. L’uomo in nero dunque si pose alle spalle della sua preda premendo contro la sua schiena la canna della pistola e dicendo a bassa voce.

 

«Ti consiglio di non muovere un muscolo e starmi a sentire attentamente, oppure sarà peggio per te!»

 

Kaitō si paralizzò sentendo la sagomatura dell’arma premergli contro la pelle e riconoscendo al volo a chi appartenesse la voce in questione: “Snake! Allora… non era frutto della mia immaginazione. Non va bene...”
 

«E-Ehm… c-credo lei abbia sbagliato persona signore… io-»

 

«No, non mi sbaglio affatto. So che stai tastando il terreno per rubare l’ambra, lascia che ti proponga un accordo. Tu la ruberai per noi consegnandocela senza fare storie, e noi eviteremo di prendercela con la giovane che stai impersonando. Che ne pensi? Non mi sembra un’offerta tanto malvagia»

 

Il moro si morse con forza il labbro per inferiore per la frustrazione, non credeva che quelli dell’organizzazione sapessero dove lei vivesse, ma anche solo l’ipotesi gli fece ribollire il sangue nelle vene. Erano talmente senza scrupoli da coinvolgere anche un’innocente; il ragazzo sbuffò appena, esternando un risolino.

 

«Va bene, affare fatto… Sempre se si tratta della vostra amata Pandora, è chiaro.»

 

In quel caso l’avrebbe distrutta davanti ai loro occhi, mandando in frantumi i loro propositi. Mettendosi in una posizione di rischio ancora maggiore, ma non aveva importanza, preferiva avere anche un esercito contro, a patto che nessuno osasse fare del mele a delle persone a lui care.

 

Non fu difficile; gli bastò fare altre due moine al proprietario per permettergli di vedere da vicino il minerale, con naturali proteste da parte dell’ispettore Nakamori indignato dal fatto che il proprietario stesse infrangendo deliberatamente i protocolli di sicurezza, a quel punto il mago fece cadere una delle sue sfere abbaglianti e diversi fumogeni, facendo sparire la pietra dalle mani del suo proprietario e sotto gli occhi dei presenti, dileguandosi nel nulla. Subito Ginzō urlò ordini a destra e a manca per far inseguire KID che aveva lasciato a terra uno dei suoi foglietti in cui dichiarava di “aver avuto un impegno imprevisto per il giorno del furto” e che quindi aveva dovuto anticipare il colpo, anche in maniera piuttosto raffazzonata, cosa di cui si scusava. Ciò di cui non si era accorto l’uomo baffuto, mentre sbraitava ai suoi uomini di fermare il ladro in fuga, era che Kaitō aveva riposto la pietra con un secondo biglietto, nella tasca interna della sua giacca, con ulteriori scuse ed un breve messaggio:

 

“Sono stato costretto ad attuare questa messa in scena a causa di un’interferenza indesiderata. Comunque glielo restituisco, anche se questo prezioso il suo proprietario non lo merita, si fidi”, ciò seguito dalla classica firma stilizzata tipica del ladro fantasma.

 

Dunque una volta uscito dalla cortina fumogena, Il ragazzo si diresse sul tetto come Snake gli aveva imposto. Una volta lassù, a circa quattro piani dal suolo, sarebbe stato in una posizione di totale immobilità. Il furto non era stato programmato per quel giorno e quindi Kaitō non si era preso la briga di indossare il suo completo, aveva solo un paio di trucchi in quella borsetta a tracolla che si era portato dietro per rendere il suo travestimento fedele a 360°, ma nulla gli avrebbe garantito di uscire illeso da uno scontro con quel criminale, come quando era al pieno delle sue possibilità. Nel percorrere le scale, il cellulare posto nella borsetta a tracolla squillò, lo trasse fuori rapidamente per vedere chi lo stesse contattando proprio in quel momento tanto critico. Di tutte le persone, doveva essere proprio lei… Accettò la chiamata prendendo prima un respiro profondo, tentando di suonare il più naturale possibile.

 

«Ah- Aoko? Scusami, ma non posso parlare ora, sono un attimo impegnato, è urgente?»

 

La voce rimbombò attraverso la tromba delle scale, pregava non facesse domande e troncasse sul nascere la conversazione, non voleva mentirle e doveva tirarsi d’impaccio da quella situazione… sapeva di rischiare grosso. Comunque sarebbe andata a finire, non voleva che quella conversazione fosse un cumulo di bugie. Non se lo meritava.

«”Ah… No, va bene, non era niente di importante… Verrai a cena?”» - domandò la voce dall’altra parte.

 

«Non lo so ancora, ti scrivo più tardi appena riesco a liberarmi» - replicò a sguardo basso e con un sorriso sofferto sulle labbra.

 

«”Sì… allora a dopo.”»

 

Digrignò i denti abbassando il braccio destro che aveva portato all’orecchio per rispondere alla chiamata, doveva ricomporsi. Anche nelle situazioni peggiori, non poteva scordare la Poker Face. Gli occhi azzurri bruciarono di determinazione nel fissare la porta che conduceva al tetto, preceduta da un pianerottolo pieno zeppo di materiali per la tinteggiatura ed il rimodernamento dell’ambiente, come pannelli di compensato ed una scala, tutto accatastato in un angolo. I lavori dovevano essere stati sospesi a causa della presenza delle forze dell’ordine, cosa che tornava utile in quell’occasione. Il liceale afferrò la maniglia trovandosi d’innanzi ormai il sole tramontato e la volta celeste oscurata, di un profondo blu scuro. Snake non era solo. Probabilmente utilizzando le scale antincendio, erano arrivati almeno una dozzina e più di suoi scagnozzi, armati di semi-automatiche ed un paio di mitragliette. Seguì le istruzioni dell’uomo dai baffi folti, camminando verso il bordo della struttura con le mani in alto. Perfettamente consapevole, che avrebbe potuto anche rischiare di saltare la cena.

 

 

Aoko rimase per un po’ appollaiata su quella sedia rossa, con raccolte al petto le ginocchia sui cui poggiava la fronte, aveva voluto ascoltare un vinile dopo l’altro e ormai era chiaro. Ogni messaggio conteneva un diverso insegnamento che un mago abile come lui o suo figlio potevano applicare, ogni cosa in quella stanza, più che smentire, confermava invece i suoi sospetti. Frugando in un paio di cassetti aveva trovato diversi tipi di maschere di lattice e parrucche, colle, spray fissanti e molto altro ancora, alcune cose non aveva neppure idea di a cosa servissero esattamente. Ebbe un impulso fortissimo di mettere a soqquadro la stanza ed accanirsi su quel costume ad un certo punto, almeno finché non le tornò in mente la frase riprodotta dal Jukebox, allora prese una decisione folle, trovò un borsone e raccattò un paio degli oggetti che aveva identificato, ed il completo, tornando su in camera del ragazzo e notando che ormai il sole era calato quasi completamente. Uscì da casa dei Kuroba in gran fretta con una sensazione sgradevole a rivoltarle le viscere, tornò a casa a prendere il proprio smartphone ed auricolari, per poi precipitarsi in strada, dopo essersi assicuratasi di aver chiuso per bene le porte. Sentiva che doveva raggiungere suo padre, sapeva che KID aveva annunciato un colpo, quindi le venne spontaneo correre lì. Quando arrivò, mentì dicendo agli agenti all’ingresso che aveva portato un cambio a suo padre, per poi entrare nel museo tentando di evitare almeno il proprio genitore. La ragazza si nascose con la roba in un bagno piuttosto isolato ed una volta lì, cominciò a tirare fuori dal borsone gli abiti presi in prestito, una maschera ed una parrucca. Era un’idea assurda, non era neanche sicura del perché lo stesse facendo; seguì semplicemente il suo “istinto” o quello che poteva essere descritto come un attacco di follia. Neanche dopo circa una decina di minuti, sentì urla distinte e molta confusione tra cui un chiaro:
 

«È KID, svelti cercatelo! Non può essere andato lontano!» - urlato dalla voce rabbiosa dell’ispettore Nakamori.


Fu allora che Aoko prese il cellulare, selezionando il numero del suo amico d’infanzia, aveva bisogno di sentirlo… magari aveva preso davvero un gigantesco abbaglio, poteva ancora essere. La voce dall’altro capo del telefono rimbombava, come se fosse in un posto vuoto, privo di mobili o barriere architettoniche significative. Aveva sentito dire che in quel museo era in corso un ammodernamento dei piani dal 2° al 4° , cui erano stati completamente svuotati e la mostra poteva essere ospitata dunque solo al piano terra ed al 1° dove le migliorie erano state effettivamente concluse… Era un ragionamento forzato, ma in quel momento le parve avere più senso di qualsiasi altra cosa al mondo. Non appena cessò il trambusto per il corridoio, la ragazza vestiti quei panni insoliti, si mise a correre a perdifiato su per le scale, urlando il suo nome, ma vedendosi restituire solo un eco della propria voce in risposta, dallo spazio vuoto. Continuava a ripetersi che forse stava facendo la figura dell’idiota, fino a quando non giunse, quasi senza fiato in fondo alle scale per la terrazza del tetto. Il genere di porta che presenta una finestrella per poter sbirciare verso l’esterno. Perse un battito: un gruppo di persone erano schierate in quello spazio ed insieme a loro c’era… Lei, con le mani in alto intenta a ribattere alle parole di chissà chi. Le parve di intravedere che quelle persone fossero armate, motivo per cui “Aoko” teneva le mani bene in vista. Il cuore nel petto cominciò a palpitarle e si ritrovò in pochi minuti a tirare fuori la bizzarra pistola dalla giacca del completo, sparando un colpo. Una carta uscì dalla canna colpendo la mano dell’uomo più vicino alla ragazza identica a lei, riuscendo forse per una qualche sorta di miracolo a fargli perdere la presa sulla pistola. Per tutto il tempo, tenne gli occhi fissi su una sé stessa scioccata, tanto quanto si era sentita lei, poco prima di dirigersi al museo.

 

«Che diavolo significa tutto questo…?! K-Kaitō KID… tu!» - ringhiò un uomo dai folti baffi ed occhi furenti.

 

La falsa Aoko colse quel momento di confusione per gettare a terra diverse palline che esplosero in una nuova cortina di fumo bianco, poi cercò sotto la gonna uno specifico oggetto un contenitore con polvere paralizzante che liberò nell’aria ed essa travolse gli uomini in completo nero in poco tempo grazie alle folate di vento piuttosto forti, per poi urlare quasi in modo isterico:

 

«Svelto trattieni il respiro e mettiti in salvo! Muoviti!»

 

Snake tossì, proteggendosi subito la bocca, mentre molti dei suoi caddero a terra incapaci di muoversi - «Merda...» - sbottò e recuperò una pistola che scivolò ai suoi piedi, sfuggita di mano ad uno degli scagnozzi. Poco importava da dove provenisse, la impugnò e la puntò nella direzione in cui ricordava essere la porta - «Dannazione… non so cosa stia succedendo… ma ti avevo avvertito… questo è solo ciò che meriti!»

 

Kaitō non aveva perso tempo, proteggendosi la bocca ed il naso con un fazzoletto si mise a correre a più non posso verso la porta, quando il suono di uno sparo ed un gemito soffocato furono da lui udibili. Un ondata di adrenalina gli fece superare la cortina di fumo, oltre la quale, KID appoggiato alla porta di metallo, con una palpebra abbassata, perdeva sangue dalla spalla sinistra. Gli corse incontro senza esitare, prendendone la mano destra e tirandola all’interno della struttura, chiudendo la porta con forza e poggiando nel mezzo della maniglia la scala a pioli, prima di portare la sua copia ferita al riparo dietro un pannello di compensato. Lì lo mise a sedere stando alle sue spalle, premendo sulla ferita aperta, che per fortuna non stava generando una copiosa fuoriuscita di sangue. Dall’altra parte della porta si avvertivano colpi molto forti a quanto pare una buona parte degli scagnozzi e forse anche Snake stesso, stavano precipitandosi con il proprio peso corporeo contro la superficie, per poter darsela a gambe prima dell’arrivo dei pompieri o di chiunque altro potesse riscontrare la loro presenza. La scala dopo vari colpi, barcollò e cadde su di un lato, rendendo possibile la fuga dei membri dell’organizzazione.

 

Non li cercarono, lì superarono senza batter ciglio ed a Kaitō andò più che bene, visto che aveva ben altro a cui pensare. Senza una parola fece poggiare “KID” con la schiena contro il muro per poi andare ad osservare il tipo di ferita, liberando il braccio sinistro dalla manica di giacca e camicia, con la massima attenzione pur cercando di fare in fretta. Per sua fortuna la ferita non era grave, il proiettile aveva colpito solo di striscio. Strappò un lembo del vestito che indossava in virtù del suo personaggio e tentò di fasciare nel modo migliore la parte, naturalmente serviva una buona medicazione, difatti si affrettò a mandare un messaggio al vecchio Jii, chiedendogli di farsi trovare alla svelta sul retro del museo, con un auto ed una cassetta del pronto soccorso.

 

«Al solito hai una fortuna sfacciata, tu! Si può sapere cosa diavolo credevi di fare? Avresti potuto farti male sul serio; accidenti a te Ahoko!»

 

Tentò di sembrare calmo e controllato, per non peggiorare la situazione, mentre le sfilava di dosso la maschera madida di sudore. Quel Kaitō che aveva davanti la ragazza benché vestisse i suoi tratti, era autentico, era sé stesso al cento per cento. Niente maschere, niente sotterfugi, stava ammettendo a cuore aperto, quello che avrebbe voluto raccontarle da così tanto. Di contro il mago, sapeva che era inutile fingere ora che lei indossava quel costume, aveva perfino trovato la maschera e la parrucca giusta a sembrare tale e quale a lui, tanto quanto lui incarnasse lei. Erano, per così dire, sulla stessa lunghezza d’onda.

 

«È vero … sono stata proprio fortunata… haha.» - sorrise debolmente Aoko - «Non lo so… ma ha funzionato, è questo che conta.»

 

Il moro ribatté indignato, dicendole che lei non avrebbe neanche mai dovuto arrivare su quel tetto, per poi chiederle per altro, come diavolo avesse fatto non solo a prendere le sue cose, ma ad entrare in casa sua, in primis.

 

Le sue domande e lamentele vennero ignorate in toto; nonostante il dolore della ferita, Aoko rivolse nei confronti del moro un unico sorriso abbagliante - «Visto?» - disse facendo cenno in direzione della sua ferita con il capo, per poi allungare la mano destra verso di lui, più precisamente verso il basso ventre del ragazzo, sfiorando la stoffa del vestito azzurrino che indossava per impersonarla - «Anche Aoko… può sopportare una cosa del genere. Ormai… siamo pari.»

Kaitō si ritrovò a portare lo sguardo verso il grigio pavimento, prendendo la mano della ragazza tra le sue annuendo. Tra tutte le reazioni che poteva aspettarsi, non avrebbe mai immaginato di assistere ad una scena del genere.

 

«Già… lo siamo.»

 

Proprio allora il cellulare del ragazzo notificò l’arrivo di Jii alla posizione richiesta, era stato davvero una scheggia! In ogni caso, dovevano darsi una mossa e sparire, visto che a breve di sicuro sarebbero arrivati i pompieri. Stavolta fu Kaitō a sorreggere lei per le spalle almeno fino alla scala antincendio esterna, per poi prenderla in braccio per scenderle il più in fretta possibile. Tra il rumore del metallo che veniva calpestato freneticamente, la voce di Aoko si fece sentire nuovamente, flebile e dolce, verosimilmente distrutta per tutto ciò che aveva dovuto assorbire e subire in quel breve periodo.

 

«Kaitō...»

 

«Mh? Cosa c’è?»

 

Intercorse un breve silenzio, in cui gli occhi limpidi della castana vagarono dalla manica bianca macchiata di rosso, al viso che le rassomigliava ed appariva concitato, pur nascondendo i suoi veri tratti. Prese un respiro, per poi sorridere appena.

 

«Quando saremo al sicuro… Mi arrabbierò molto, sappilo.»

 

Senza neanche rivolgerle lo sguardo, il liceale sorrise.

 

«Sì, lo so. Sopporterò tutti i tuoi micidiali pugni dal primo all'ultimo, fin quando non sarai stanca! Solo… ti sarei grato se evitassi di uccidermi, sai com'è, da morto non potrei più ripagarti per avermi salvato la pelle.» - liberando anche una risatina ironica.

 

«Certo che non ti uccido, per chi mi hai presa Bakaitō! Ci sono un sacco di cose che devo sapere… diverse cose, piuttosto importanti...»

 

Arrossì appena, oltre che desiderare risposte, sentiva di dover e potergli finalmente dire quanto quel davvero significasse per lei, quali erano i tuoi veri sentimenti, ora che finalmente, quella sottile, ma invalicabile sensazione di distanza tra i due, era stata colmata una volta per tutte.

 

 

Prima che Kaitō potesse rispondere, il suono penetrante e fastidioso della suoneria di un cellulare, gli impose di aprire gli occhi. Il ragazzo allora tastò la parte superiore della testata del letto alla ricerca del dispositivo, avvicinandolo all’orecchio dopo aver accettato la chiamata quasi senza pensare, poiché ancora mezzo addormentato.

 

«Yawn… Sì, pronto, chi parla?»

 

«”Ma si può sapere dove sei?!”» - domandò indispettita la voce di Aoko dall’altra parte del dispositivo - «”Sono già le dieci passate!”»

 

«Ah?» - esternò suo malgrado un secondo sbaglio.

 

«”Ah”? Un corno! Era oggi no? Il giorno in cui ci eravamo accordati di andare in campeggio insieme! Se non ti sbrighi perdiamo il treno e dovremmo rifare i biglietti! Ti stiamo aspettando da più di mezz-! Huh? Eh?”»

 

Il suono dell’interferenza dovuta ad un passaggio di mano del cellulare della ragazza, fece sbrinare lentamente la mente del moro, fino a svegliarlo completamente nel sentire chi avesse preso la linea:

 

«”Se pensi di non farcela, c’è ne andiamo anche senza di te. Ti sta bene, Kuroba-kun?”»

 

L’ironia portata dal tono la riconobbe senza esitazioni e non si trattenne affatto nel replicare, anche piuttosto irritato - «Chiudi il becco Hakuba! No, che non mi sta bene! Non osate andarvene senza di me! Arrivo al volo!»

«”Immaginavo lo avresti detto”» - ridacchiò il detective, prima che si udisse un nuovo passaggio di mano.

 

«”Ah, sì? Guarda che sei hai le mani occupate, puoi anche tardare un po’, Kuroba-kun”» - fu il commento dispensato dalla voce di Akako, verso la quale il ragazzo sollevò un sopracciglio, per poi sbottare anche contro di lei.

 

«Sono liberissimo! Ho detto che arrivo, subito!?»

 

Con ciò riattaccò bruscamente la telefonata e saltò giù dal letto, ormai sveglio e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, si adoperò come un pazzo per farsi una doccia veloce, vestirsi, prendere il borsone che aveva preparato il giorno prima e saltare in sella alla sua moto per raggiungere gli altri in stazione. Aoko aveva organizzato questa gita nel verde, dalla settimana prima invitando anche i loro compagni di classe; peccato lui avesse fatto tardi la sera prima, per studiare al meglio il piano per il prossimo furto in schedule, finendo con il non svegliarsi neanche con le potenti urla provenienti dalla finestra della vicina di casa. Si ritrovò a sbuffare una volta per strada, dando gas a più non posso, per via della fretta.

 

«… Tsk… era tutto solo un sogno. Bé, questa vacanza, è proprio quello che ci vuole per scacciare via i brutti pensieri! Andiamo!»

 

- Fine -

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Quindi che dire? Sono ancora qui ed ogni tanto riesco a scrivere qualcosaina! In questo periodo, anche più del solito, pur non pubblicando da un po’. Come va? Spero sia tutto a posto, spero le cose siano andate ed andranno tutto sommato nel migliore dei modi, d’ora in poi. Mi auguro, questa short KaiAo, vi piaccia ♥

 

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