What color am I?

di Dream89
(/viewuser.php?uid=1106566)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The library ***
Capitolo 2: *** The gym ***
Capitolo 3: *** The house ***
Capitolo 4: *** The ranch ***
Capitolo 5: *** The club ***
Capitolo 6: *** The holiday ***
Capitolo 7: *** The hospital ***
Capitolo 8: *** The coffee shop ***



Capitolo 1
*** The library ***


Ciao a tutti! Questa è la prima fanficion che scrivo. Onestamente questa è un'idea che già gira da un po' nella mia testa (di fatto avevo già provato a pubblicare una cosa su questo sito, ma ne era venuta fuori una cosa che non avrei letto nemmeno al mio cane), tuttavia non essendo particolarmente dotata del dono della scrittura ho sempre tentennato. Ebbene ecco qui una cosuccia molto semplice che spero avrà la capacità di far passare a qualcuno qualche breve momento di relax. Detto ciò vi lascio a questo primo capitolo introduttivo, molte cose saranno poi svelate e chiarite in seguito.

Baci!

Ps: se qualcuno avesse voglia di farmi sapere che cosa ne pensa ne sarei felicissima, consigli e critiche costruttive sono sempre i benvenuti.

Era una bella giornata soleggiata, quel genere di giornate in cui i colori sembrano più intensi e caldi e il sole ti accarezza la pelle dolcemente e il profumo degli alberi da frutto fioriti si propaga nell’aria. Eowyn camminava a passo svelto, dirigendosi verso la biblioteca con una certa fretta, si erano tutti dati appuntamento alle due e mezza per prendere i posti migliori ed era già passa l’ora designata, e lei odiava essere in ritardo! Tirò fuori il telefono per controllare i messaggi, il gruppo di whatsapp suo e dei suoi amici segnava cinque notifiche. I suoi amici erano appena arrivati e avevano occupato i sedie in più per chi doveva ancora giungere.

“Ciao ragazzi, scusate l’audio ma se mi metto a scrivere va a finire che mi scontro con qualcosa. Comunque, io sto arrivando.” Disse, e poi inviò il messaggio vocale. 

Una volta arrivata alla biblioteca salì le scale per andare al primo piano (dove erano situate le aule studio) e si mise a cercare i suoi amici. Le aule studio erano simili a dei lunghi corridoi con addossati alle pareti grandi tavoli grigi, che potevano comodamente ospitare quattro persone.

Il cellulare vibrò. 

 

La compagnia: da Aragorn.

“Siamo in fondo al secondo corridoio.”

 

Così recitava il messaggio da parte di Aragorn, ed Eowyn si diresse in quella direzione.

Fu facile individuare i suoi amici: Aragorn, Legolas e Gimli costituivano un trio che non passava inosservato per diverse ragioni. All’apparenza sembravano non avere niente in comune né per caratteristiche fisiche, né per personalità. Aragorn era alto, occhi grigi e un accenno di barba sul viso, i capelli erano neri e scarmigliati. Legolas era ciò che tutti avevano definito come ‘oggettivamente bello’, snello e ben proporzionato, capelli biondi lasciati crescere indisturbati e occhi blu come il cielo. Ed infine veniva Gimli, più basso degli altri due, con una folta chioma rossa e barba incolta, sotto la quale nascondeva dei lineamenti decisi. I tre erano diventati coinquilini il primo anno di università, anche se l'amicizia tra Legolas e Aragorn aveva avuto origine ben prima, e da allora erano stati praticamente inseparabili.

Eowyn si avvicinò a loro con un sorriso. 

“Ciao a tutti ragazzi! Come state? Scusate il ritardo ma avevo dimenticato gli appunti e sono dovuta tornare indietro.” Disse tutto d’un fiato.

Gli altri la salutarono ed Aragorn disse: “In realtà non abbiamo ancora cominciato neanche noi, anzi stavamo pensando di andarci a prendere un caffè.” 

“Si vi prego! Devo svegliarmi da questo abbiocco” Borbottò GImli con gli occhi semichiusi.

Legolas sbuffò: “Sai, non staresti così se avessi mangiato di meno a pranzo.”

“Hei! quelle lasagne dovevano essere finite o sarebbero andate a male.- si difese il diretto interessato- mi sono dovuto sacrificare, dal momento che nessuno sembrava disposto a farlo.”

“Lo sai benissimo che non mangio la carne.” Lo freddò il biondo piccato.

“Ragazzi, buoni!- esclamò allora Eowyn divertita- quindi che facciamo? Andiamo o stiamo?” 

“Dai forza, avviamoci.” Esclamò quindi Aragorn sollevando di peso Gimli, che stava ancora guardando male Legolas.

“I posti per gli altri sono in quel tavolo lì.” Aggiunse indicando un tavolo vicino a loro dove erano stati posizionati tre quaderni in maniera strategica.

“Viene anche Arwen? Non aveva le prove per il concerto?” Domandò Eowyn, infatti lei sapeva che avrebbero dovuto raggiungerli solamente altri due componenti della loro compagnia, tra cui suo fratello Eomer.

“A quanto pare viene anche il fratello di Boromir oggi. Finalmente lo conosceremo.” Rispose Gimli mentre scendevano le scale. 

“Chissà com’è? Chissà se somiglia a Boromir.” Si chiese Eowyn soprappensiero.

“Io ci ho parlato un paio di volte, non sembra un cattivo ragazzo. Magari è il tuo tipo eh!” Le disse Aragorn con un sorriso. 

Lei sorrise di rimando.

“Certo, come no. Anche se lo fosse, lo sai che alla fine finisco per friendzonarli tutti.” Rispose la ragazza. “E comunque non sono alla ricerca di qualcuno, mi bastano i miei amici.” Aggiunse.

Ridendo e scherzando entrarono nel loro bar di fiducia, La contea, il loro punto di ritrovo da anni. Avevano ormai fatto amicizia anche col proprietario, Bilbo Beggins. Il locale era accogliente come sempre, con quadri appesi alle pareti e tavolini in legno chiaro con dei centrini di pizzo, in un angolo erano stati addossati degli scaffali zeppi di volumi, nel caso qualche avventore solitario avesse voluto immergersi per cinque minuti o un’ora in un’altra realtà. Eowyn e Aragorn andarono ad occupare un tavolo da quattro posti. 

“Va tutto bene quindi?” Le domandò lui.

“Mah, va come sempre, ho deciso di provare a dare statistica, ed è uno degli esami più difficili che mi sono trovata finora, cioè non è che ne abbia dati così tanti poi eh, ma questo è davvero un mattone. Che poi sarebbe anche interessante, ma il professore sembra che abbia fatto di tutto per rendere la sua materia odiosa.” Rispose lei, parlando quasi senza interrompersi. Le piaceva parlare con Aragorn, ma non capitava quasi mai che loro parlassero senza nessuno intorno. Lui sembrava voler evitare ogni situazione in cui loro erano completamente soli, lei sapeva il motivo e razionalmente non poteva certo biasimarlo. Era infatti accaduto, diverso tempo prima, che la ragazza si prendesse una colossale cotta per il moro, era quel genere di innamoramento che l’aveva resa cieca a tutto. Lui, essendo già fidanzato, non aveva fatto niente per incoraggiarla, ma ciò non era servito, e la situazione era degenerata in maniera tale che il ragazzo non aveva potuto far altro che dirle che non ricambiava i suoi sentimenti, e non avrebbe mai potuto farlo. Il cuore di Eowyn naturalmente, all’epoca diciassettenne, si era spezzato, ma il tempo l’aveva aiutata a capire i motivi del suo folle innamoramento e piano piano le cose si erano aggiustate in qualche modo.

Tuttavia, sebbene fossero passati quasi due anni dall’accaduto, Aragorn tendeva ancora a mantenere una certa distanza tra la ragazza e sé stesso sebbene ora i loro rapporti fossero semplicemente amichevoli.

Legolas  arrivò al tavolo con un vassoio su cui poggiavano cinque caffè, Gimli era andato in bagno.

Aragorn ed Eowyn lo guardarono interrogativi, chiedendogli il motivo per cui ci fosse un caffè in più. 

“E’ per quello là.- Rispose il biondo alludendo a Gimli- a quanto pare al suo cervello serve razione doppia di caffeina oggi.”

“Legolas non essere troppo severo con lui, fra pochi giorno ha un esame da dodici crediti; è comprensibile che ne abbia bisogno.” Repplicò Aragorn e il biondo scrollò le spalle. 

“Sarà, ma ci sono metodi migliori per far funzionare il cervello al meglio.”

“Ad esempio?” Si intromise Eowyn, con la sessione alle porte ogni stratagemma per far aumentare la funzionalità della sua materia grigia era ben accetto.

“Ad esempio dormire un numero decente di ore.” Rispose lui.

“Bah dormire è sopravvalutato.” Esclamò Gimli, che nel frattempo era tornato dal bagno, prendendosi i suoi due caffè.

“Ho notato che la pensi così! Stanotte hai tenuto lo stereo con gli ACDC a tutto volume fino alle due. Probabilmente i vicini avranno pensato di denunciarci.” Sbottò il biondo.

Gimli era più che pronto a rispondergli per le rime, ma Aragorn gli mise una mano sulla spalla e cambiò prontamente discorso, parlando della prossima partita della loro squadra di basket.

Ad Eowyn piaceva vedere come interagivano quei tre ragazzi tra loro, avevano un equilibrio tutto loro. Aragorn era quello responsabile, che li rappacificava se litigavano, quello che parlava e le cui parole avevano un peso; Gimli era la testa calda del gruppo, più di una volta l’avevano recuperato col naso sanguinante e lividi qua e là per essere finito in delle risse, eppure, per quanto fosse arrabbiato con un suo amico, non ci avrebbe pensato due volte a difenderlo in qualsiasi occasione; e infine c’era Legolas, all’apparenza sembrava tranquillo, contento di badare solo ai fatti suoi, tuttavia più di una volta era stato capace di dire frasi vere e crude che lasciavano senza parole il suo interlocutore, ma nonostante ciò nutriva profonda lealtà e affetto per coloro che considerava amici. Eowyn a volte si trovava ad invidiare la loro amicizia, e in quelle occasioni si chiedeva spesso se lei avrebbe mai trovato delle persone con cui condividere quel tipo di rapporto, delle persone con cui essere completamente sé stessa.

“Eowyn- la chiamò Gimli- ci verrai a vedere venerdì vero?”

“Ovviamente sì, sono i quarti di finale, non mi perderei questa partita per nulla al mondo!” Esclamò lei. “Ma contro chi giocate?”

“Contro quelli dell’Erebor.” Rispose Legolas, e parve quasi incupirsi, o almeno così sembrò alla ragazza. Aragorn lanciò uno sguardo al suo amico biondo e poi tirò fuori dallo zaino l’occorrente per preparasi una sigaretta. “Chi ne vuole una? Gimli?” Chiese.

Il ragazzo sorrise: “Non si rifiuta mai una paglia offerta.”

Bilbo, il proprietario del bar si avvicinò. “Posso portare via le tazze ragazzi?” Chiese cortesemente e tutti annuirono.

“Come sta Frodo, Bilbo?” Domandò Aragorn. Frodo era il nipotino di Bilbo, spesso e volentieri lo si vedeva gironzolare nel bar rubando dolcetti credendo di non essere notato.

“Bene, grazie! Quel bambino sta crescendo così velocemente, mi sembra ieri che gattonava e ora non fa che scorrazzare in giro con i suoi amichetti.” Rispose l’uomo con un sorriso, quando parlava del nipote aveva sempre un luccichio negli occhi.

“Bilbo, fammi sapere se hai ancora bisogno di una babysitter. Io sono sempre disponibile.” Affermò Eowyn.

“Bhe, sai che  in realtà potrei davvero averne bisogno questa settimana?” Rispose Bilbo spostando il peso da un piede all’altro. 

“Per che giorno?”

“Sabato sera, se non è un problema. So che voi giovani uscite sempre nel weekend ma mi è capitato quest’impegno.. comunque se non puoi-” 

“Sabato va benissimo, non preoccuparti.” Lo interruppe improvvisamente Eowyn; la ragazza non voleva essere scortese, ma aveva avuto come il presentimento che l’uomo stesse, per qualche ragione, per ritirare l’offerta e si era quindi affrettata ad accettare.

“Oh bhe, se va bene per te allora..” Bilbo lasciò la frase in sospeso e sorrise.

I ragazzi si alzarono e raccolsero le loro cose mentre lei prendeva accordi sull’orario di sabato con Bilbo. Finito ciò salutarono e si avviarono fuori dal bar.

“Stai ancora cercando ogni modo per fare soldi, Eowyn?” Le chiese Legolas.

Lei lo guardò annuendo. “Sì, vorrei tanto cominciare a provvedere io alle mie spese, senza dover chiedere continuamente soldi a mio zio. E poi ho una specie di progetto personale.” Aggiunse in maniera enigmatica.

I tre ragazzi la fissarono con espressioni interrogative sui volti.

“Amici, non chiedetemi niente, tanto non approvereste.” Disse lei, senza rendersi conto che in quella maniera alimentava solo la loro curiosità.

“In che senso? E’ qualcosa di illegale? Ti sei messa in qualche brutto giro?” Domandò Aragorn quasi senza respirare fra una domanda e l’altra, l’istinto protettivo verso l’amica aveva preso il sopravvento.

“Che stai combinando ragazza?” Fece Gimli.

“Ed Eomer lo sa?” Concluse Legolas.

“Eomer sa cosa?” Esclamò una voce alle loro spalle e tutti sussultarono. 

“Niente!” Rispose in tutta fretta la ragazza. 

La voce infatti apparteneva al suddetto Eomer, arrivato proprio in quel momento.

“Dai Eowyn! Non avere segreti con il tuo fratello adorato!” Insistette circondandola con le braccia.

“Fatti gli affari tuoi. E levati di dosso!” Lo cacciò via la ragazza.

“Ragazzi me lo dite voi? Di che stavate parlando? Ha forse messo su il moroso?” Chiese quindi il ragazzo rivolgendosi all’intera compagnia.

“Ah guarda noi non sappiamo niente! Non vuole parlare.” Disse Gimli.

Dopo aver lanciato un’intensa occhiata alla sorella, Eomer si rivolse infine ad Aragorn: “Hai da accendere per caso?” E quello annuendo si frugò in tasca in cerca dell’accendino, mentre glielo passava chiese: “Senti, sai dove sono finiti per caso Boromir e Faramir? Ormai sono le tre passate e dovremmo seriamente metterci a studiare.” 

Eomer scosse la testa mentre si accendeva la sigaretta. “Non ne ho idea, ho sentito Boromir stamattina quando gli ho chiesto gli appunti e mi ha detto che sarebbero arrivati verso le tre e qualcosa perché prima avevano da fare.”

“Vabbè ma a questo punto ritorniamo verso la biblioteca. Voglio proprio conoscere questo famoso fratello di Boromir, visto che a quanto pare voi sapete già chi è.” Propose allora Eowyn e si incamminarono.

“Sorella, sappi che tanto non lo conquisterai con quell’orribile felpa che hai indosso.” La prese in giro il fratello, scoccando un occhiata alla sua felpa con sopra la faccia di Winnie the Pooh. Ok la scelta di quell’indumento non era stata tanto felice, ma era davvero di fretta quando era uscita e tutte le altre felpe erano nel cesto della biancheria sporca, si era dovuta adattare.

“E tu pensi di conquistare qualcuno con la testa che ti ritrovi?-sbottò poi- E poi perché tutti pensano che io abbia voglia di conquistare qualcuno? Non ho bisogno di nessuno io, sono una ragazza forte e indipendente.” La solennità di questa affermazione fu purtroppo rovinata quando, non vedendo un sanpietrino troppo sporgente, inciampò perdendo l’equilibrio e si aggrappò alla prima cosa disponibile; sfortunatamente la cosa era in realtà una persona. 

“Ma che cazz..” Esclamò il malcapitato voltandosi e cercando di scrollarsi di dosso il peso improvviso. Eowyn una volta riacquistato l’equilibrio fu assalita dall’imbarazzo, guardò il ragazzo a cui si era aggrappata, era alto, con occhi azzurri e capelli biondo scuro. 

“Oddio scusami! Sono inciampata in un coso per terra, mi dispiace averti disturbato e..” Aveva cominciato a blaterale a caso, non le piaceva ricevere aiuto da parte di nessuno, nemmeno se era un avvenimento del tutto casuale.

Tuttavia le sue scuse furono interrotte da Aragorn: “Faramir, come stai? Finalmente ci rivediamo.” Anche Eomer si era avvicinato per salutarlo. 

“Ciao, è bello rivedervi. Fra un momento arriverà anche Boromir, si era fermato dal tabaccaio.” Rispose il ragazzo.

E così questo era il famoso, ma neanche troppo in realtà, fratello minore di Boromir, pensò Eowyn, e lei l’aveva usato come appiglio, non male per una ragazza forte e indipendente eh.

“Vieni ti presento gli altri- stava dicendo nel frattempo Aragorn- loro sono Legolas e Gimli.” Faramir gli strinse la mano con un sorriso: “Ciao, sapete mio fratello parla spesso di voi.” 

“Ci credo.- disse Gimli- con noi fa le migliori partite di basket.”

“E la ragazza che ti ha quasi slogato un braccio è Eowyn.” Aragorn concluse quindi il giro di presentazioni.

Il ragazzo biondo sorrise e rispose: “Ma non mi ha fatto niente di che. Non preoccuparti.” Aggiunse poi rivolgendosi direttamente ad Eowyn e stringendole la mano.

“E’ un piacere incontrarti e scusami ancora davvero.” Disse lei, sperando con tutta sé stessa di non arrossire.

Da qualche parte dietro le sue spalle udì la voce di Legolas che diceva con voce serafica: “ E’ proprio un cliché”. Avrebbe voluto uccidere quel biondo con le sue mani, o, peggio, avrebbe voluto tagliargli tutti i capelli nel sonno. Ma l’arrivo di Boromir le fece accantonare i propositi di vendetta nei confronti dell’amico per quel commento neanche troppo falso, e tutti salutarono il nuovo arrivato con calore. Boromir era stato per un breve periodo in competizione con Aragorn, anche lui era un leader nato e quando aveva un’opinione la voleva far valere, col tempo aveva trovato anche lui come tutti un suo equilibrio all’interno del gruppo e ormai era parte fondamentale per la compagnia, incoraggiava tutti a dare il loro meglio per arrivare ai rispettivi obbiettivi. Una volta Eowyn e Boromir avevano fatto da babysitter Frodo e ai suoi amichetti, e la ragazza aveva scoperto con sorpresa che l’amico era davvero bravo con i bambini. 

“Bhe ragazzi, vogliamo salire? I libri mica si studiano da soli.” Esclamò Boromir.

“Guada che aspettavamo solo te per cominciare, dovresti esserci grati per la nostra premura.” Affermò Eomer, con Aragorn che annuiva vigorosamente al suo fianco sorridendo, mentre percorrevano i corridoi per ritornare ai loro tavoli.

“Seh come no, ogni scusa è buona per non studiare. E guarda che lo so che sei arrivato esattamente cinque minuti prima di me.” Ribatté il primo.

“E chi te l’avrebbe detto?”

“Eowyn.”

“Eh?” fece lei. 

“Davvero? Sorella traditrice!”

“Cosa?”

“Quando?”

“Perchè?”

“Ma io non ho fatto niente.”

“Ragazzi fate silenzio, state disturbando.” Intervenne Legolas sedando il caos che si era venuto a formare nel gruppetto.

Ritornò la calma e tutti si sedettero ai rispettivi posti.

“E comunque io non ho detto niente a nessuno.” Sentenziò Eowyn guardando male sia Boromir sia Eomer.

“E allora come faceva a saperlo?” Sibilò il fratello in risposta. 

“Perchè sono intelligente!” Fece Boromir, ma dopo aver ricevuto un’occhiata stralunata dall’intero gruppo si decise a dire la verità. “Va bene, d’accordo. Ho incontrato quella ragazza che abbiamo conosciuto l’altra volta a ballare, com’è che si chiamava? Qualcosa con la L credo.”

“Lothìriel.” Intervenne Eomer.

“Proprio lei. E mi ha detto di essere stata in tua compagnia fino a cinque minuti prima.” Concluse con un sorriso sornione.

“Eomer! Perché non mi dici che ti vedi con delle tipe?” Esclamò Eowyn a voce abbastanza alta da guadagnarsi un’ occhiataccia da parte di Legolas che stava studiando, incurante di ciò che stava accadendo intorno a lui.

“Tu non gli dici i fatti tuoi, mi pare giusto che lui non ti dica i suoi.” Si intromise Gimli.

“Ma da che parte stai, si può sapere?” esclamò la ragazza dandogli una pacca sul braccio. “Dopo mi racconterai tutto, sappilo.” Sentenziò tornando a rivolgersi al fratello. Lui le lanciò uno sguardo che significava: prova a costringermi, al quale lei rispose alzando un sopracciglio come a voler dire: non mi tentare. Questa era una cosa che loro due avevano sempre avuto, erano sempre riusciti a capirsi con uno sguardo, erano stati molto uniti quando erano piccoli e nonostante col tempo si fossero allontanati e ognuno aveva acquistato una propria individualità, erano rimasti legati, sempre pronti a guardarsi le spalle l’un l’altro nonostante i piccoli e frequenti litigi.

La voce calma di Aragorn li riportò alla realtà: “Ragazzi, occhi sui libri, forza.”

In tutto questo Faramir aveva osservato le interazioni fra i ragazzi del gruppo con un impercettibile sorriso sulle labbra, gli occhi che rimbalzavano da un interlocutore ad un altro. Aveva trovato un’altra cosa da invidiare al fratello, le sue amicizie.

 

 

Dopo ore passate ad evidenziare pagine su pagine Eowyn appoggiò la testa sul tavolo. 

“Voglio morire.” Sentenziò. Senza staccare gli occhi dal libro Aragorn allungo una mano e la posò sul suo capo facendole una lieve carezza di incoraggiamento. Era anche per questi piccoli gesti che lei, da adolescente, si era invaghita del ragazzo.

Con uno sforzo si raddrizzò, si alzò e si diresse verso il bagno.

I bagni di quel piano erano unisex, Eowyn non sapeva se la cosa volesse essere progressista o se semplicemente gli inservienti erano stati troppo pigri per appendere i cartellini con i simboli di maschio e femmina sulle diverse porte; tuttavia, fintantoché nessuno la  disturbava mentre faceva i suoi bisogni, l’assenza di etichette non le faceva né caldo né freddo. 

Si stava lavando le mani quando da una porta di uno dei cubicoli vide emergere Faramir, gli sorrise mentre pensava a qualcosa da dire.

“Stanca?” Disse invece lui.

Lei annuì piano.

“Sì, sai sto studiando duramente per quest’esame, è una materia in cui non sono un granché.”

“Che materia è? Cosa studi?” 

“E’ statistica, e frequento Scienze della comunicazione.”

“Bello.” Esclamò lui mentre finiva di asciugarsi le mani.

La ragazza rispose con un lieve sorriso stiracchiato. “Non è male. E tu cosa studi?”

“Lettere moderne.” Rispose.

Lei ne fu sorpresa, infatti parlando con Boromir aveva intuito che sia lui che il fratello sarebbero stati destinati a lavorare nell’azienda di famiglia, e gli studi di Lettere non erano certo l’ideale per mandare avanti un’azienda.

“E ti piace?”

“Molto, ogni materia è una scoperta nuova, non potrei fare nient’altro.” Lo disse con una tale convinzione che Eowyn sentì il desiderio di conoscere di più di questa sua passione per questo genere di studi, sentiva che lui non si applicava nello studio solo con l’intento di passare gli esami, ma lo faceva perché lui amava imparare. 

“Sei stato fortunato per aver potuto scegliere una facoltà che ti piace realmente.”

Faramir la fissò per un breve momento prima di rispondere: 

“Non è stato facile.”

Ed uscì dal bagno dirigendosi di nuovo verso l’aula studio. Lei lo seguì chiedendosi cosa significassero realmente le parole del biondo.

 

Mancava poco più di mezz’ora alla chiusura della biblioteca quando Boromir richiamò l’attenzione di Faramir. 

“Bro! Dobbiamo andare, papà ci ha chiesto di fermarci a fare un po’ di spesa prima di tornare.” Il fratello annuì distrattamente iniziando a raccogliere le sue cose. 

I due stavano per andarsene quando Aragorn li richiamò: “Ragazzi, domani sempre qui alla stessa ora? Vieni anche tu Faramir?” I due assentirono e poi li salutarono.

Quando l’orario di chiusura della biblioteca arrivò, uscirono; tutti, a parte Legolas, avevano occhiaie profonde sul viso a testimonianza della loro condizione di ‘studenti in sessione’.

“Bhe ragazzi- disse Aragorn rivolgendosi ai due coinquilini- stasera ci prendiamo una pizza? Non ho voglia di cucinare.”

“Assolutamente si. Io la prendo con il prosciutto.” Abbaiò Gimli tutto allegro.

“Bene ragazzi, andiamo anche noi che dobbiamo passare a prendere nostro zio al maneggio.” Disse Eomer ed Eowyn sorridendo li salutò con la mano.

Appena si furono allontanati di qualche passo la ragazza rivolse un sorriso malizioso al fratello ed esclamo: “E ora, caro Eomer, raccontami tutto di quella ragazza!”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The gym ***


Ciao a tutti!
Dal momento che in questi giorni non si ha molto da fare, ho continuato a scribacchiare cose. Prima di iniziare il capitolo vorrei specificare un paio di punti (questi chiarimenti sono skippabili, ma mi piace essere chiara): primo, ho messo OOC nelle note, perchè mi sono resa conto che nonostante i miei sforzi per mantenere i personaggi IC, essi non potranno mai esserlo, ho fatto comunque del mio meglio ma a volte le cose sfuggono di mano. Secondo, mi sono resa conto che in questi capitoli iniziali mi sono concentrata prevalentemente su Eowyn e Faramir; vogliate scusarmi per aver trascurato gli altri personaggi, ma amo troppo quei due!
Detto ciò, se ci sarà qualcuno che si avventurerà nella lettura di questo nuovo capitolo, gli auguro buona lettura!
Baci!


Faramir era comodamente disteso sul suo letto intento a leggere uno dei libri che gli erano stati assegnati per il corso di filosofia, rigirandosi una matita tra le dita e bevendo  di tanto in tanto un sorso di the alla pesca dalla lattina che appoggiava poi sul comodino. 

Era talmente assorto che non aveva badato minimamente all’ora.

“Faramir!” L’urlo di Boromir aveva probabilmente raggiunto i 130 decibel talmente era stato potente, il ragazzo infatti era entrato nella sua camera come un tornado, senza neanche bussare e con gli occhi che lanciavano fiamme.

Faramir dal canto suo era quasi caduto dal letto per lo spavento e si era rovesciato metà del suo the addosso; si mise seduto e fissò con fare interrogativo il fratello.

“Ma lo sai che ore sono? E’tardissimo!” Esclamò il maggiore.

L’orologio segnava le sei e mezza passate.

“Muoviti! Se vuoi venire a vedere la partita devi prepararti ora perché IO devo essere in campo a riscaldarmi fra venti minuti.” Continuò Boromir,  e si premurò di sottolineare il pronome personale.

Il minore lo guardò con calma e si alzò, in un attimo si cambiò la maglietta sporca. 

“Io sono prontissimo.” Disse mentre afferrava dallo schienale della sedia della scrivania un giubbotto in jeans e infilava in una tasca interna l’edizione tascabile di un libro.

“Ottimo allora, prendo le chiavi della macchina e andiamo.” Rispose Boromir improvvisamente calmo e allegro.

Mentre scendevano al piano di sotto Faramir pregò di non incontrare loro padre, Denethor, non sapeva se avrebbe retto alle ennesime frecciatine della giornata.

Le sue speranze furono ovviamente infrante quando l’uomo fece la sua comparsa dalla porta della cucina.

“Boromir!” Esclamò allargando le braccia. “Vai a far vincere la tua squadra?”

“Papà, se vincessimo non sarebbe solo per merito mio. Ogni mio compagno fa un grandissimo lavoro sul campo.” Rispose il ragazzo sorridendo.

“Sei troppo corretto. Non capisco ancora perché non sei tu il capitano. Perché nominano sempre quello là?” 

“Perché Aragorn è sempre stato ottimo a guidare me e i compagni verso la vittoria. Comunque ora dobbiamo proprio andare, siamo già in ritardo.” Boromir così dicendo si avviò verso la porta facendo un cenno al fratello.

Denethor fece un verso sorpreso. 

“Ah. Ti porti dietro anche lui stasera?” Disse indicando il figlio minore, il quale non parlò, e rimase immobile spostando lo sguardo dal padre al fratello.

“Ma certo! Serve sempre tutto il tifo possibile.” Affermò convinto il maggiore con un sorriso.

“Ma se non capisce niente di sport!- esclamò l’uomo- Beh, se è per questo non penso capisca qualcosa in generale.” Aggiunse poi con tono malevolo.

“Papà, smettila.” Intimò Boromir. Il padre stava guardando il figlio minore, con in volto quell’espressione che riservava sempre e solo a lui, disprezzo, odio forse.

Faramir scosse la testa e oltrepassò la porta di ingresso avviandosi verso il garage, tuttavia non potè fare a meno di sentire l’ultimo brandello di conversazione tra il padre e il fratello. 

“Credi davvero che i tuoi amici riescano a sopportarlo, uno come lui?” Invece che rispondere, il ragazzo pose al padre un’altra domanda.

“Perché devi fare sempre così con lui papà?” 

Tuttavia sapeva che questo quesito sarebbe rimasto senza risposta, e quindi si affrettò anche lui verso la macchina.

 

Faramir lo stava aspettando in piedi di fianco alla portiera del passeggero, aveva un’espressione insicura sul volto.

Boromir gli si avvicino e gli posò una mano sulla spalla.

“Non dare troppo peso alle parole di papà, sarà stato di cattivo umore per qualcosa successa all’azienda.” Disse mentre apriva l’auto.

Il minore non disse niente ma si limitò ad entrare in macchina e fu solo dopo che il fratello ebbe avviato il motore e fu partito che espresse i suoi dubbi. 

“Forse non dovrei accompagnarti davvero, magari ai tuoi amici neanche piaccio. Sarei di troppo.”

Boromir si voltò per un attimo nella sua direzione con le sopracciglia alzate.

“Non lo dire neanche per scherzo. Agli altri stai davvero simpatico.” Affermò con un tono che non ammetteva repliche.

“Ma mi hanno visto solo due volte, e ci siamo scambiati a malapena mezza parola.”

“Ma ciò è bastato per far capir loro che sei un bravo ragazzo, fidati mi hanno detto che sei adorabile!”

“Ma davvero?” Fece il minore sollevando un sopracciglio, scettico.

“OK in realtà no, ma non mi hanno nemmeno detto che ti detestano. E poi, se ti ricordi, è stato Aragorn stesso ad invitarti, quindi non puoi nemmeno dire di essere stato imbucato da me.”

“Aragorn è sempre gentile con tutti, persino con te, quando attraversavi quel periodo in cui eri egocentrico e arrogante.” Aggiunse Faramir con un mezzo sorriso.

Il maggiore alzò gli occhi al cielo e sbuffò a quel ricordo. 

“Ero un ragazzo abbastanza particolare ok? E comunque guarda che ore si sono fatte, Gandalf mi ammazzerà.”

“Gandalf?”

“Il mister.” Chiarì Boromir, e l’altro annuì.

 

Arrivarono alla palestra che erano le sette e cinque e Boromir schizzò alla velocità della luce nello spogliatoio a cambiarsi, lasciando al fratello il compito di parcheggiare in maniere decente la macchina.

Dopo che ebbe fatto ciò, Faramir entrò nella palestra, nel campo entrambe le squadre si stavano già riscaldando, in un lato del campo scorse Aragorn, Legolas e Gimli intenti a passarsi una palla, il primo gli fece un cenno di saluto quando lo vide, ricambiò con un sorriso e si avviò verso gli spalti. 

Il suo sguardo vagò alla ricerca di altri volti conosciuti, ma non ne individuò nessuno, non sapeva se essere sollevato o no per questa cosa, da una parte gli sarebbe davvero piaciuto far conversazione con qualcuno degli amici di suo fratello, ma dall’altra si sentiva frenato, come se quello non fosse il suo posto e lui dovesse starsene seduto da solo da qualche altra parte. In quei giorni si era ritrovato spesso a fantasticare a come sarebbe stato inserirsi in una compagnia come quella, poter avere qualcuno al di fuori di Boromir su cui contare. Scosse la testa scacciando quei pensieri e, dopo essersi seduto, tirò fuori il libro che si era portato dietro.

Stava cercando di capire un passaggio particolarmente difficile, quando improvvisamente qualcuno si sedette al suo fianco. 

“Ciao!” Esclamò una voce femminile, e lui si ritrovò a guardare una cascata di capelli biondo grano e un lieve sorriso.

Era Eowyn, la sorella minore di Eomer, fin da quando l’aveva conosciuta il ragazzo era stato colpito positivamente da lei, i suoi modi sembravano dolci e gentili, e lo mettevano a suo agio. Salutandola, le sorrise, le chiese come stesse.

“Sono agitata per i ragazzi, questa è una partita importante per loro. Inoltre se dovessero perdere Eomer sarebbe intrattabile per almeno tre giorni e io non ho davvero la forza per sopportarlo.” Affermò ridendo.

Anche Faramir rise. 

“Ti capisco benissimo, ti ricordo che io vivo con Boromir, che è intrattabile da quando è nato e io lo devo sopportare.”

“Una vera e propria impresa immagino.”

Lui rise e annuì e per qualche momento restarono in silenzio.

“Cosa stai leggendo?” Chiese lei interessata.

Lui rivolse verso di lei la copertina del libro cosicché potesse leggere il titolo.

“ ‘Il contratto sociale’ di Rousseau, cavolo deve essere una lettura impegnativa.” 

Il ragazzo chiuse il libro piegando leggermente la pagina a cui era arrivato per non perdere il segno

“In quest’opera Rousseau espone le sue idee politico-sociali.- spiega- Questo libro contiene delle idee che furono riprese anche dalla Rivoluzione Francese. Già in precedenza lui aveva teorizzato come agli inizi della società era stato stipulato un primo contratto sociale che però era ingiusto, poiché si basava sulla forza e non sul diritto. Così gli uomini fecero un secondo contratto sociale, che è quello che poi dà il titolo a questo libro, in cui essi trovano una legittimazione della proprietà, sostituendo il diritto alla forza. Rousseau si chiede quale sia la forma di associazione migliore che permette difendere i propri associati, ma al contempo permetta loro di mantenere la libertà con la quali sono nati.” 

Faramir si interruppe guardando la sua interlocutrice, lei lo fissava in silenzio.

“Scusami, probabilmente queste cose ti stanno annoiando.” Disse abbassano il capo.

“No, nient’affatto. In realtà eri riuscita a coinvolgermi e, ti assicuro, avevi la mia totale attenzione.” Esclamò lei. Non stava mentendo, le parole di quel ragazzo erano riuscite a suscitare in lei interesse per quell’argomento che mai si sarebbe aspettata, e il trasporto e la passione con cui l’amico ne stava parlando non facevano altro che istillare in lei una voglia maggiore di sapere. Sentirlo parlare era bello.

Il ragazzo sbatte le palpebre sorpreso, a parte i suoi compagni di corso, coi quali discuteva spesso riguardo i libri assegnati, non aveva quasi mai incontrato nessuno che lo ascoltava fare questo genere di discorsi.

“E cosa ha concluso alla fine Rousseau?” Domandò Eowyn 

“Che l’unica forma di associazione che risponde a quelle caratteristiche è lo stato democratico. Uno stato in cui il popolo è sovrano. Questo libro è stato pubblicato nel 1762, quando tutti gli stati d’Europa erano governati da monarchi, immagina quanto fosse in anticipo sui tempi.”

La ragazza annuì, pensosa, prese il libro dalle mani di Faramir e lesse la frase scritta sul retro della copertina:

        

            ‘L’uomo è nato libero, e ovunque si trova in catene’

 

“..e ovunque si trova in catene” sussurrò lei, gli occhi chiari le si erano improvvisamente oscurati e un’ombra sembrava esserle scesa sul bel volto, la sua mente ora pareva lontana.

Il ragazzo lo notò ed ebbe l’impulso di chiederle cosa l’avesse turbata, ma qualcosa lo trattenne, forse la confidenza non era abbastanza.

Come era arrivata questa improvvisa tristezza sembrò passare e dopo avergli restituito il libro ella guardò l’orologio e sbuffò.

“Ma quando inizia la partita? Sono secoli che si stanno riscaldando.”

“Secondo te è forte l’altra squadra?” Chiese Faramir per fare conversazione.

“Abbastanza- affermò lei- si sono già scontrati l’anno scorso con l’Erebor Basket e hanno vinto per un soffio.”

L’arbitro fischiò, decretando finalmente l’inizio della partita.

In campo quindi scesero Aragorn, Legolas, Boromir, Gimli e un quinto ragazzo che Faramir non conosceva ma che Eowyn disse che si chiamava Haldir.

Gimli sembrava stonare in mezzo a quel gruppo di ragazzi tanto alti, ma se l’allenatore l’aveva messo fra i titolari un motivo ci doveva essere, pensò il ragazzo.

Eowyn intanto seguiva la partita con attenzione ed incitava a turno tutti i suoi amici.

All’improvviso però vide un volto conosciuto in mezzo ai gruppetti di persone che si erano radunate sugli spalti.

“Guarda Faramir, c’è Bilbo.” Disse sorridendo.

“Chi?” chiese lui colto alla sprovvista.

“Non conosci Bilbo? Lui è il proprietario di quel bar vicino alla biblioteca, noi ci andiamo sempre. E’ una persona stupenda, vieni andiamo a salutarlo che te lo presento.” E detto ciò si alzò e fece un cenno di incoraggiamento a Faramir.

Mentre si avvicinavano Bilbo li vide e li salutò.

“Ehi! Stai tifando per noi vero?” Domandò la ragazza.

“Beh, ecco..per nessuno, non me ne intendo molto di pallacanestro. Anche se in realtà devo ammettere di essere stato invitato all’allenatore della squadra di Erebor.”

“Quindi fraternizzi con il nemico, e noi che ti consideravamo nostro fan.” Scherzò la ragazza.

“Non è come pensi, Thorin è solo un cliente del bar e..” L’uomo fu interrotto dall’arrivo di un bambino con riccioli neri e brillanti occhi azzurri.

“Zio! Me la apri?” e gli tese una bottiglia di Gatorade.

“E questa chi te l’ha data?” Domandò Bilbo sospettoso.

“Boromir. Ne ha data una anche a Sam. Dai zio aprimela, devo tornare a giocare con lui.” Trillò il bimbo.

Una volta ottenuto ciò che voleva il bambino schizzò via urlando: “A dopo zio, Ciao Eowyn! Sam, sto arrivando!”

“Che tesoro- disse affettuosamente Eowyn- ma a proposito Bilbo, lui è Faramir, è il fratello di Boromir.” 

I due si strinsero la mano.

“Si, effettivamente c’è una certa somiglianza con tuo fratello.” Disse Bilbo a Faramir.

Lui chinò il capo. 

“E’ una cosa che ci dicono in molti, ma le posso assicurare che riguarda solo l’aspetto.”

L’uomo annuì. Trascorsero il resto della partita a chiacchierare e ad incoraggiare i loro amici, Bilbo molto diplomaticamente non incoraggiò né l’una né l’altra squadra.

Ad un certo punto Eomer sostituì Haldir in campo ed Eowyn urlò degli incoraggiamenti nella sua direzione.

 

La partita finì, il punteggio era stato tirato fino alla fine, ma la conclusione era stata favorevole per la Gondor basket, che aveva vinto con un suo scarto di pochissimi punti. I ragazzi della Erebor sembravano abbastanza afflitti, avevano lottato duramente in quella partita.

Bilbo si congedò in fretta da Eowyn e Faramir, recuperò Frodo e il suo amico e si diresse a parlare con Thorin.

“Secondo te fra quei due c’è qualcosa?” Chiese Eowyn con tono cospiratori all’amico, mentre osservava i due uomini interagire.

“Non saprei davvero.” Rispose lui colto alla sprovvista. “Ma forse sì, mi sembra che stiano   un po’ troppo vicini, non rispettano l’uno lo spazio personale dell’altro ma non sembrano a disagio. Se c’è qualcosa probabilmente non ne sono ancora consapevoli.” Concluse il ragazzo.

“Non male come deduzione, Sherlock.” 

Aspettarono che gli altri finissero di cambiarsi e farsi la doccia, e quando li videro uscire finalmente dalla porta dello spogliatoio corsero loro incontro.

“Siete stati pazzeschi ragazzi!” Gridò Eowyn, e Faramir al suo fianco annuiva vigorosamente.

Quest’ultimo si avvicinò al fratello e gli strinse una spalla con un sorriso. Era sinceramente felice per questa vittoria e Boromir aveva giocato proprio bene.

“Ora dove si va a mangiare?” Si intromise Gimli, che dopo ore passate a correre da una parte all’altra del campo era davvero affamato.

“Perché non venite da noi? Prendiamo delle pizze nella pizzeria vicino casa. Poi abbiamo già le nostre riserve di birra.” Propose quindi Eomer.

Eowyn si avvicinò discretamente al fratello e gli parlò in modo che sentisse lui solo:

“Eomer, magari lo zio e stanco, ha passato tutto il giorno al maneggio. Magari non vuole sentire casino.”

“Ma staremo nella taverna, e non faremo casino. Vero ragazzi?- chiese rivolgendosi all’intero gruppo- Vero che non faremo troppo casino e non disturberemo nostro zio?”

Un coro di “Ma certo” e “Ovvio” si levò da tutti i presenti.

Eomer guardò quindi la sorella facendo gli occhi dolci.

“OK, d’accordo.” si arrese alla fine lei.

L’allegra brigata uscì quindi dalla palestra e furono accolti da una fresca brezza notturna.

All’esterno della palestra, illuminata da un lampione era parcheggiata una macchina lussuosa, addosso alla quale era appoggiata una delle più belle ragazze che Faramir avesse mai visto. Lunghi capelli corvini le incorniciavano il viso, la pelle candida faceva risaltare le labbra rosse e il corpo era snello e flessuoso. 

Il ragazzo vide Aragorn lasciar cadere la sua borsa da basket per terra e correre incontro alla ragazza.

“Arwen! Ce l’hai fatta alla fine a passare.” Disse prima di depositarle un dolce bacio sulle labbra.

“Devo ringraziare la sezione dei violini per aver fatto finir prima le prove. Suonavano così male che il Maestro si è indignato a tal punto che ha rispedito tutti a casa.” Spiegò lei.

“Arwen suona l’arpa in un’orchestra.” Affermò Aragorn che aveva notato lo sguardo interrogativo di Faramir. Allora Arwen tese la mano al biondo per presentarsi.

“Ragazzi ma come ci dividiamo con le macchine?” Domandò Legolas.

Gli automuniti erano: Eomer, Boromir e Arwen.

“Io vado con Arwen, così le dico la strada.” Disse Aragorn, prendendo la mano della ragazza e baciandole il dorso.

“E io posso salire in macchina con Boromir, se non sa come arrivare a casa.” Propose Eowyn.

“Io ti dovrei portare? Ma quando la fai la patente?” La prese in giro Boromir.

“Mai, mi farò portare in macchina da te per sempre perché guidi troppo bene.” Rise la ragazza.

“Che supplizio.” Esclamò lui.

“Allora ci becchiamo tutti a casa nostra. Noi arriveremo un attimo dopo perché ci fermeremo alla pizzeria. Eowyn hai le chiavi vero?” Eomer guardò la sorella che annuì.

“Scriveteci sul gruppo come volete le pizze, mi raccomando.” Aggiunse, mentre saliva in macchina, imitato da Legolas e Gimli.

 

La taverna della casa di Eomer ed Eowyn era arredata in maniera semplice, un divano e una poltrona disposti attorno ad un tavolino basso di fronte c’era una televisione piazzata sopra un carrello con le ruote con affianco una pila di dvd, dall’altra parte della stanza era stato addossato al muro un pianoforte e in un angolo pendeva dal soffitto un sacco da boxe.

“Non sapevo che Eomer tirasse ancora pugni.” Commentò Boromir.

“Infatti non lo fa più- rispose Eowyn che era intenta a prendere i giubbotti di tutti e a riporli su un attaccapanni accanto alla porta.- E poi quel sacco era mio.”

Faramir, Boromir ed Arwen la fissarono sorpresi.

“Per un po’di anni ho praticato kick-boxing, era divertente.” Si giustificò la ragazza stringendosi nelle spalle. 

“La nostra Eowyn è una tosta.” Commentò con approvazione Arwen.

“Una volta ho sconfitto Eomer.- Raccontò orgogliosa la bionda.- Era rimasto malissimo. Non ditegli che ve l’ho raccontato.”

“Allora eri tu che gliele aveva date! Mi ricordo che si era presentato ad allenamento con il naso mezzo rotto.” Rise Boromir

“No, quello fu perché era andato a sbattere contro un lampione.” Intervenne Aragorn facendo scoppiare a ridere tutti.

Faramir stava invece per chiedere notizie su chi usasse il pianoforte ma l’arrivo di Eomer, Gimli e Legolas col cibo li distrasse tutti.

 

La serata trascorse in modo davvero piacevole tra pizze.

“Eomer, finisci anche la mia pizza? Io sono stra piena.”

“Sorella ma perché mi usi sempre come un pattume per i tuoi avanzi?”

“Devo davvero risponderti? Ieri mi hai praticamente implorato per avere metà delle mie patatine.”

“Devo crescere, mi servono energie!”

“Hai ventitré anni!”

Birre.

“Legolas! Scommetto che riesco a bere un’intera bottiglia più velocemente di te.” 

“Non raccoglierò la tua sfida stasera, Gimli.”

“Ma non accetti mai. Hai paura di perdere?”

“Io non perdo, men che meno contro una mezza tacca come te.”

“Ehi biondo, attento a come parli! Un giorno sarai costretto ad accettare la mia sfida.”

“Non vedo l’ora.”

E giochi da tavolo.

“Aragorn, vendimi la società elettrica!”

“Così che tu poi ci faccia il culo ogni volta che ci passiamo sopra? Mai!”

“Dai, ti do in cambio Vicolo Stretto e Vicolo Corto, insieme."

“Ma ti sembro scemo, Boromir? Quelli non valgono niente. Voglio le tue due stazioni.”
“Non è uno scambio equo.”
“Prendere o lasciare.”

Erano ormai quasi le tre quando la compagnia decise che era giunto il momento di salutarsi. Arwen si era ovviamente offerta per riportare a casa il proprio ragazzo e i suoi due coinquilini, cosicché Boromir e Faramir potessero essere a casa senza fare deviazioni aggiuntive.

“Ti sei divertito stasera.” Disse Boromir, era davvero da tempo che non vedeva il suo fratellino ridere come aveva fatto quel giorno.

Faramir annuì, sebbene l’altro non avesse posto nessuna domanda, si sentiva felice, privo della pesantezza che sentiva sulle spalle e nel petto da mesi a quella parte; nella sua mente risuonavano ancora le risa e le battute dei ragazzi del gruppo.

Quando fu di nuovo in camera sua e si tolse il giubbotto, si accorse di aver dimenticato il suo libro a casa dei suoi nuovi amici.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The house ***


Ciao a tutti! Avete presente quando dicono: "mi raccomando, prima di pubblicare, lascia decantare un po' le cose che hai scritto, cosi saprai se sono davvero buone"? secondo voi lo sto facendo? ASSOLUTAMENTE NO. E avete presente invece il consiglio di far leggere lo scritto a qualcuno prima di metterlo online? Secondo voi lo sto seguendo? ASSOLUTAMENTE NO. Appunto per questo, dopo un primo entusiasmo iniziale mi stanno assalendo innumerevoli dubbi; i capitoli sono troppo lunghi? o troppo corti? Ci sono troppi dialoghi? Troppo poche descrizioni? I personaggi li ho rappresentati troppo insulsi? E'una storia troppo trash? 
Ma bando alle ciance e ,accantonando ogni insicurezza, ecco un altro capitolo. Spero possa piacere!

Un bacio!

I giorni passavano, arrivò giugno, portando con sé il caldo e altra ansia per i poveri universitari in sessione, la vita trascorreva tra pomeriggi in biblioteca e caffè veloci nel bar.
Arwen fu svegliata da un raggio di sole che filtrava tra le tende chiuse, si strofinò gli occhi e voltò il capo per guardare il ragazzo che ancora dormiva placido di fianco a lei.
Un piccolo sorriso le aleggiò sul volto, gli carezzò una guancia prima di scostare il lenzuolo ed alzarsi. Guardò l’orario sul cellulare, e constatò che aveva un po’ di tempo per fare colazione e passare da casa con calma per prendere gli spartiti necessari prima di recarsi al conservatorio.
Prese spazzolino e dentifricio che teneva in un astuccino in borsa e andò verso bagno.
Conosceva abbastanza bene la casa di Aragorn da saper come muoversi a proprio agio.
L’appartamento in cui abitava Aragorn era di proprietà del padre di Legolas, il quale lo aveva dato al figlio quando egli aveva cominciato gli studi universitari; si trovava all’ultimo piano di una palazzina, ed era composto da un salotto abbastanza ampio, che era stata arredato con un grande divano e una poltrona al centro della sala e addossato alla parete di fronte si trovava un mobile con la televisione; da un angolo cottura, dov’era stato posizionato anche un tavolo rotondo circondato da quattro sedie; tre camere da letto e un bagno. La sala riceveva molta luce naturale grazie a una grande finestra che arrivava fino al soffitto e che dava sulla strada.
Vide Legolas uscire dalla sua stanza, già vestito di tutto punto con pantaloni e una t-shirt verde scuro.
“Faccio del caffè, ne vuoi una tazza?” Le domando e lei annuì.
Dopo aver finito in bagno andò sedersi al tavolo, dove il biondo si muoveva leggiadro da una parte all’altra  della cucina borbottando e rimettendo piatti e stoviglie negli appositi spazi 
“Gimli non svuota mai la lavastoviglie. E’ una cosa che odio, che cosa gli costa, mi chiedo io? Quella, comunque, è la tua tazza.”  E indicò una tazzina appoggiata sul tavolo.
“Come mai sei sveglio così presto? Non sono neanche le sette.” Lei afferrò un biscotto integrale dal pacco che il biondo aveva messo sul tavolo e prese il suo caffè.
“Devo passare al campo di tiro prima di andare in biblioteca.” Legolas praticava tiro con l’arco da quando era un bambino, ed era anche piuttosto bravo, l’anno prima era arrivato persino alle nazionali, quell’anno era determinato ad ottenere un risultato ancora migliore.
“E tu come mai così mattiniera? Lezioni al conservatorio?”
La ragazza annuì, le mancava così poco per diplomarsi, si chiese come sarebbe stata la sua vita dopo, che opzioni avrebbe avuto.
Legolas appoggiò sul tavolo un piatto con la propria colazione, per lo più composta da frutta, e si sedette.
“Sai già cosa farai dopo il diploma?” Chiese quindi il ragazzo come se avesse letto nella mente della mora.
“In realtà non ne ho la minima idea. Qualche tempo fa ho fatto delle audizioni per un paio di orchestre, ma solo una mi ha risposto. Ed è ‘quell’orchestra’, Legolas.” Gli confidò.
Lui sgranò gli occhi. 
“Ti hanno presa alla Valinor Symphony Orchestra! Ma è meraviglioso. Non è una delle più prestigiose del paese?”
“Sì, lo è. E lì per lì sono stata così contenta, ma ora sono presa da mille dubbi. Non so se accettare, ci sono così tante cose da considerare.”
“E con ‘cose’ intendi Aragorn, vero? Glielo ha già detto?”
“No, stavo per farlo ieri, ma mi sono bloccata. Penso di sapere già cosa mi dirà.”
Legolas annuì, conosceva il suo amico da abbastanza tempo da poter prevedere certe sue reazioni.
“Fai come ti senti, Arwen. Ma ti consiglio di parlargliene al più presto.”
Detto ciò finì la sua colazione e si alzò in fretta, correndo a prendere tutto il necessario per andare al campo di tiro.
Prima di andare si rivolse alla ragazza: “Salutami Aragorn quando si sveglia e digli che lo raggiungerò in biblioteca in tarda mattinata. Ah, e se vedi anche Gimli, comunicagli che ho nascosto la sua tazza con il disegno delle asce e che non la riavrà finché non imparerà a svuotare la lavastoviglie.” Dopodiché la salutò e si chiuse la porta alle spalle.
La ragazza sospirò, aveva omesso una cosa all’amico, infatti la decisione era già stata presa, sapeva cosa il suo cuore le diceva, sapeva qual era il suo posto.
Da quando aveva incontrato Aragorn, l’aveva sempre saputo.
All’epoca del loro primo incontro erano entrambi così giovani che non avrebbero potuto prevedere dove la vita li avrebbe condotti, ma lei era convinta che qualunque direzione presa, l’avrebbero presa assieme. Si erano giurati fedeltà nel profondo del loro cuore ed erano stati felici, lo erano ancora. 
L’oggetto dei suoi pensieri fece la sua comparsa improvvisa attraverso dalla porta della sua camera con un sorriso sul volto.
“Sei cosi bella.” Disse mentre si avvicinava per baciarla.
“Avresti potuto dormire ancora un po’, ti avrei svegliato io quando me ne fossi andata.” Arwen sapeva che il ragazzo, che si destreggiava fra lavoro, università e vita sociale, era in seria carenza di sonno.
“Non è un problema. Tu ti eri già alzata, e io avevo fame.”Affermò Aragorn mentre apriva il frigo per vedere cosa c’era da mangiare, l’ultima spesa l’aveva fatta Legolas, quindi probabilmente avrebbe trovato solo cibi salutari.
Arwen prese un bel respiro, ce la poteva fare.
“Amore, dovrei dirti una cosa.”
Il ragazzo, che aveva appena addentato una pesca, quasi si strozzò, conversazioni che iniziavano così non promettevano mai niente di buono.
“E’ una cosa grave? Mi devo preoccupare?” Chiese in tono cauto.
“No, certo che no. Però vieni a sederti qui.”
Nonostante la rassicurazione, nella mente di Aragorn si stavano costruendo i peggiori scenari possibili: Arwen stava morendo e le restavano pochi mesi di vita; Arwen era incinta; Arwen voleva lasciarlo.
Cercando di mantenere un comportamento calmo e sicuro si sedette e attese che lei parlasse.
“Dunque..mi è arrivata una lettera.. non fare quella faccia preoccupata, io sto bene e, se te lo stai chiedendo, no, non sono incinta.” Vide il suo ragazzo abbandonare il suo corpo contro lo schienale della sedia, improvvisamente più calmo, aveva fatto bene a specificare quei due punti prima che gli prendesse un attacco di cuore.
“Dicevo, mi è arrivata una lettera. Ti ricordi quell’audizione che avevo fatto il mese scorso per la Valinor Symphony Orchestra? Bene, ho scoperto che mi hanno presa. Però sono intenzionata a rifiutare.” Aveva parlato tutto d’un fiato, timorosa che lui la interrompesse.
L’espressione del ragazzo passò dal gioioso all’accigliato, quando udì l’ultima frase.
Arwen non poteva essere seria, non poteva gettare al vento un’opportunità simile, espresse quindi le sue obiezioni a voce alta.
“Sapevo che avresti detto così, ma ci saranno sicuramente altre occasioni. Senti, amore, ci ho pensato bene e penso davvero che sia meglio così.”
Il moro si alzò, dirigendosi verso il lavello e le parlò dandole le spalle.
“Lo pensi ora, ma fra un anno o cinque, sarai ancora della stessa opinione? Arwen, anche se non lo dici a voce alta, io lo so perché hai preso questa decisione, ed è per questo che ti dico che stai sbagliando.”
A quelle parole scattò in piedi anche lei, scostando la sedia violentemente.
“In cosa starei sbagliando? A mettere al primo posto l’amore? A preferire noi, te, invece che un posto in una stupida orchestra?” Mentre lei parlava Aragorn continuava a tenere lo sguardo basso, fisso sui piatti nel lavandino, le parole della fidanzata lo riempivano di gioia e tristezza contemporaneamente.
“Io ti ho scelto, e il mio posto è con te. -Continuò lei -E guardami quando ti parlo!”
Lui finalmente levò gli occhi sul bel viso della ragazza, ciò che vide fu amore, determinazione, sicurezza, tristezza.
Lei era destinata alla grandezza, e vi stava rinunciando, per restare con lui.
Voleva stringerla a sé e non lasciarla più andare, tuttavia quando parlò le sue parole erano intrise di fredda logica.
“Arwen, pensaci ancora, parlane con tuo padre. Tu devi accettare il posto, Probabilmente questa è un’occasione unica per avere ciò per cui hai lavorato per così tanti anni. E diciamocelo, io che cosa ti posso offrire? Nessuna certezza, mi arrabatto fra università e lavoretti vari, non ho risparmi, non ho nemmeno una casa mia. Io ti amo, ed è per questo che ti dico che devi accettare.”
Arwen sentì le lacrime che salivano agli occhi, non poteva credere di aver udito simili parole, possibile che lui non capisse? Non le importavano i soldi, la carriera e la casa; niente aveva importanza se al suo fianco non c’era lui.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Tu stavi cantando una canzone. Mi spiegasti che il testo racconta di una fanciulla immortale che però rinunciò alla sua immortalità per amore di un semplice uomo. Quello stesso giorno capii che io stessa, come lei, avrei preferito vivere una semplice vita mortale con te, che campare dieci secoli senza di te. Non puoi impedirmi di fare le mie scelte.” Aveva uno sguardo deciso negli occhi e le guance arrossate.
La ragazza si diresse quindi in camera e raccolse in fretta le sue cose, Aragorn crollò seduto su una sedia prendendosi la testa fra le mani.
Quando ella tornò in cucina lui non si era ancora mosso. Lo guardò.
“E’ la mia vita, ed è mia la scelta di donarla a chi preferisco.” Disse infine, prima di aprire la porta ed uscire.
Aragorn sbatte una mano sul tavolo imprecando. Non voleva lasciare Arwen, ma non voleva nemmeno che lei rifiutasse un’ottima occasione come quella a casa sua. Erano già stati separati per un lungo periodo quando lei era andata in Erasmus all’estero, ed erano stati dei mesi lunghi e difficili da affrontare quelli senza di lei. Lei era la sua luce, la sua stella, una boccata d’aria quando i pensieri quotidiani rischiavano di schiacciarlo. L’amava così tanto e di un amore così profondo che avrebbe affrontato la discesa nell’inferno se lei glielo avesse chiesto; il suo cuore era spaccato in due, lasciarla andare e permetterle di avere fama e grandezza o rispettare la sua decisione, consapevole che la vita sarebbe stata incerta?
Scosse la testa cercando di schiarirsi i pensieri, sentiva un improvviso peso nel petto.
La suoneria dei messaggi lo distrasse dalle sue riflessioni. Era Eomer che gli comunicava che sarebbe andato in biblioteca con Faramir, digitò velocemente sullo schermo del telefono che li avrebbe raggiunti lì e andò in camera a cambiarsi. La sua stanza era spartana, l’arredamento era composto da un letto, l’armadio e  una scrivania. Le pareti non erano arredate da quadri o poster, ma al muro opposto alla finestra era stato appeso uno stendardo nero con raffigurato un albero bianco con la chioma sormontata da sette stelle, bianche anch’esse che quando i raggi del sole filtravano attraverso i vetri e le colpivano, esse sembravano brillare come diamanti, l’oggetto era appartenuto a suo padre ed era particolarmente caro al ragazzo. Egli frugò nell’armadio fino a trovare dei jeans,  che indossò insieme a maglietta rossa, raccolse tutti i libri necessari mettendoli nello zaino e uscì di casa.

Era più di un’ora che rileggeva la stessa pagina ancora e ancora eppure non riusciva a cavare un ragno dal buco, i significati delle parole si confondevano e le frasi parevano insensate, muoveva il ginocchio con irrequietezza, come un tic nervoso. Con uno sbuffo Aragorn chiuse il libro e si accasciò sulla sedia.
“Niente ragazzi, io faccio un attimo pausa e vado a fumare. Torno su tra un po’” 
Si allontanò con passo svelto e silenzioso. Eomer e Faramir (il quale aveva preso l’abitudine, accolta con gioia da tutti, di andare a studiare con loro) si erano accorti dello stato d’animo del loro amico, ma avevano preferito non chiedere niente, se il moro avesse voluto condividere ciò che gli passava in testa l’avrebbe fatto. 

Una volta fuori dall’edificio Aragorn si accese una sigaretta e aspirò una lunga boccata cercando di calmare i propri nervi. Si sentiva…non sapeva nemmeno lui come si sentisse. Chiuse gli occhi un momento ed espirò lasciando uscire il fumo dai polmoni; Arwen continuava a dirgli che avrebbe dovuto smettere di fumare.
Un tocco gentile sulla spalla lo riportò alla realtà, aprì gli occhi e si ritrovò a fissare quelli blu e interrogativi di Legolas, il biondo doveva aver finito gli allenamenti mattutini al campo di tiro con l’arco.
Se c’era qualcuno con cui Aragorn poteva parlare quello era Legolas.
Si erano salvati la pelle, metaforicamente parlando, più volte a vicenda nel corso della loro amicizia. Era stato Aragorn la persona dal quale Legolas era andato quando, anni prima, sua madre era morta di tumore, e il moro non aveva potuto fare altro che stare in silenzio e abbracciarlo per un tempo infinito; Legolas dal canto suo gli aveva offerto una stanza nel suo appartamento quando Aragorn era alla disperata ricerca di un posto dove stare, quando i soldi dei risparmi che gli avevano lasciato i suoi genitori non bastavano più, e non gli aveva mai chiesto un centesimo per l’affitto. Persino sul campo di basket l’uno cercava sempre l’altro con lo sguardo e viceversa.
E quindi parlò, gli raccontò della conversazione avuta quella mattina con Arwen, gli espresse i suoi dubbi e i suoi pensieri a cuore aperto.
E Legolas lo ascoltò senza interrompere, comprensivo.
“Aragorn, io capisco quello che provi, davvero. Ma prova a metterti nei panni di Arwen, accettare il posto in quell’orchestra significherebbe trasferirsi in una città lontana, andare in tournée, e ritornare qui solo per le festività; e questo non durerebbe pochi mesi come il suo Erasmus, ma anni. E no, non sta rinunciando alla carriera per stare con un spiantato come te, lei sa di essere brava e sa che le capiteranno altre occasioni, forse saranno inizialmente meno allettanti di questa, ma alla fine ce la farà.”
“Vorrei poterle dare di più, se lo merita.”
“Mi sembra che metti sempre la questione sul piano economico. Tu le hai donato te stesso, la tua fiducia, la tua speranza. Sì amico, perché nonostante tu cerchi di negarlo, tu porti speranza ovunque vai. Hai salvato me, hai salvato Eowyn…Diamine, hai perfino salvato Boromir.” 
Mentre parlava gli si era avvicinato e gli aveva poggiato una mano sulla spalla, stringendola con forza. Il biondo guardava il moro fisso negli occhi, avrebbe voluto che l’amico potesse vedere quello che vedeva lui: un giovane uomo la cui vita lo aveva messo alla prova più volte e troppo precocemente, ma che aveva imparato a rimboccarsi le maniche senza mai abbattersi, un individuo forte che forniva un appiglio a chiunque ne avesse bisogno senza chiedere niente in cambio. Legolas era certo che, una volta che avesse terminato gli studi, un grande destino avrebbe atteso l’amico.
Aragorn scosse il capo, ma si sentiva rincuorato.
“Arwen ti ama-continuò Legolas- e il vostro è quel rapporto che è difficile da trovare. Non siete la perfezione, essa non esiste, poiché si sono sempre delle difficoltà. Devi solo scegliere con chi affrontarle. E voi vi siete scelti.” 
“Sai, suo padre, Elrond, mi aveva avvertito che questo giorno sarebbe arrivato. Mi disse che ci sarebbe stato un momento in cui Arwen avrebbe dovuto scegliere fra me e la sua carriera, ma all’epoca, come uno sciocco, non l’ascoltai.”
Il  moro avrebbe aggiunto altro forse ma l’arrivo di Eomer e Faramir lo fece desistere.
Rifletté però su quello che il suo amico gli aveva detto. Si sentì fortunato ad avere nella sua vita l’amore.
Ritornò con la mente al giorno in cui si erano incontrati per la prima volta. Era appena diciottenne ed era stato assunto da Elrond come tuttofare nell’azienda dell’uomo, L’Imladris&Co. Era intento a spostare degli scatoloni cantando a bassa voce una canzone dolce, quando vide una ragazza dall’aspetto angelico passare. Come rapito dalla visione, si era avvicinato a lei. Il suo volto era giovanissimo, non poteva avere più di sedici anni, la sua figura era chiara, luminosa e leggiadra. Quando Aragorn incontrò i suoi occhi vide in essi una sorta di saggezza precoce che non avrebbe pensato di trovare in una fanciulla così giovane.
Si presentò a lei ed quella, stringendogli la mano, disse di essere la figlia di Elrond e di essere venuta a trovare il padre. Quel giorno parlarono tutto il pomeriggio ed Aragorn dimenticò i suoi doveri. Si incontrarono anche i giorni a venire, e, prima che fosse passato un mese, Aragorn seppe di aver trovato la sua persona, e che non avrebbe potuto esserci nessuno al di fuori di lei.
Perso nei suoi pensieri seguì gli altri che si stavano dirigendo al loro bar preferito per prendere un panino, dato che era arrivata ora di pranzo. Si sedettero ad uno dei tavolini disposti fuori dal locale e attesero l’arrivo di Bilbo per ordinare.
L’uomo però non si vedeva da nessuna parte e i ragazzi lo cercarono con lo sguardo. 
Lo notarono appoggiato ad una parete del locale con fare rilassato mentre parlava fitto con un uomo, di tanto in tanto rideva e si portava una mano dietro la nuca, a volte l’uomo gli sfiorava il braccio con la mano.
“Ragazzi, ma quello non è…- cominciò Eomer.
“L’allenatore della Erebor basket!” Completarono la frase Legolas e Aragorn.
Videro quindi Bilbo che guardava fisso negli occhi Thorin, la distanza fra i due era molto ridotta.
“Apperò! Bilbo ha trovato qualcuno!” Osservò Eomer sorridendo.
Bilbo notò che l’intero gruppo era intento a fissarli con curiosità, imbarazzato si staccò dalla parete e si affrettò a dirigersi verso il loro tavolo, un lieve rossore che arrivava fino alla punta delle orecchie.   
Guardò a turno i ragazzi, che ricambiarono il suo sguardo con sorrisi maliziosi sui volti.
“Oh e fatela finita” Esclamò l’uomo facendoli scoppiare a ridere. 
Prese  i loro ordini e ritorno dietro al bancone per preparare il cibo necessario.
I ragazzi ingannarono l’attesa parlando del finale de Il trono di spade, Faramir aveva finito di recuperare quella serie giusto due giorni prima e ci teneva a condividere le sue impressioni col gruppo. 
L’animo di Aragorn si era alleggerito un po’ da quella mattina e ciò fu un cambiamento che i suoi amici accolsero con piacere.
Quando i loro panini arrivarono i ragazzi vi si fiondarono sopra, affamati.
“Tu non mangi, Legolas?” Domandò Eomer notando che il biondo non aveva ordinato niente. E quello con un’alzata di spalle affermò di non avere fame.
Faramir lo fissò incredulo.
“Ma sei sicuro di essere umano? Non mangi, non sudi, non ti sbrodoli con il caffè. E giuro che non ti ho mai visto andare in bagno!”
Il gruppo scoppiò a ridere. 

Dopo un’intensa giornata di studio i ragazzi tornarono a casa, Aragorn e Legolas avevano invitato gli altri due al loro appartamento per cenare insieme, consapevoli che Gimli non avrebbe avuto niente in contrario, e fare un torneo di Fifa. Stavano giusto decidendo cosa ordinare d’asporto mentre Legolas cercava nella borsa le chiavi per entrare nell’appartamento, quando la porta improvvisamente si aprì ed comparve Gimli, con un’espressione molto turbata sul volto.
“Ragazzi! Meno male che siete qui. Ho cercato di fermarla ma non ha voluto sentire ragioni.” Si disperò il povero ragazzo .
“Ma di chi stai parlando?” Domandò Aragorn, turbato.
“E’ venuta a trovarci Eowyn- spiegò il rosso, Faramir sentendo quelle parole parve illuminarsi-  e appena ha saputo che sareste tornati, supponendo che sareste stati stanchi dopo una giornata in biblioteca ha pensato di fare qualcosa di carino.”
“Non mi dirai che…” Eomer sapeva ciò che l’amico stava per annunciare, ma non voleva crederci, non di nuovo.
“Lei sta..” Aragorn non riuscì a finire la frase.
Gimli annuì gravemente.
Gemiti afflitti si levarono da tutto il gruppo, fuorché da Faramir che con espressione confusa chiedeva spiegazioni di quella disperazione generale.
“Eowyn sta cucinando.” Chiarì allora Gimli.
“E non è una cosa buona?” Frequentando quel gruppo da poco tempo il ragazzo non era ancora a conoscenza di tutti i fatti che riguardavano gli amici.
“Noi non lasciamo mai cucinare Eowyn.” Affermò Eomer cupo, Legolas annuì, il ragazzo stava sperando vivamente che l’amica stesse preparando un piatto contenente carne, così, grazie al suo essere vegetariano, aveva un ottima ragione per evitare il pasto senza offenderla.
“Non è brava ai fornelli?”  Insistette Faramir. 
Aragorn gli assicurò che l’avrebbe scoperto presto lui stesso e con un sospiro rassegnato aprì la porta.
La casa era pervasa da un odore di cavolo bollito che gettò i ragazzi in uno stato di costernazione ancora maggiore. Affaccendata nell’angolo cottura c’era Eowyn, i capelli biondi raccolti in una coda e con adesso un grembiule con sopra un disegno di una fetta di pizza e sotto la scritta ‘My precious’. La ragazza rivolse loro un gran sorriso di benvenuto salutandoli.
“Che cosa stai preparando?” Domandò Aragorn cauto, dopo aver ricambiato il saluto.
“Una zuppa vegetariana.” La risposta fu accolta con sconforto da tutti, e con sommo orrore da parte di Legolas, tuttavia i ragazzi, non volendo scoraggiare l’amica, finsero dei sorrisi, o sarebbe meglio dire smorfie, contenti.
Quando tutti si furono accomodati con facce lugubri e preoccupate attorno al tavolo, Eowyn servì ciò che aveva cucinato, nei piatti c’era un brodo di un decisamente poco attraente color grigiastro nel quale galleggiavano dei pezzi di verdure, Aragorn potè riconoscere patate, cavolo, broccoli e..
“Hai usato anche il mio tufo biologico?!” Esclamò Legolas senza riuscire a contenere lo sdegno, arricciando il naso contrariato e infastidito. Eowyn annuì serafica.
“E perché nel mio piatto c’è un uovo intero? Non è neanche sbucciato.” Gemette Eomer, stava amaramente rimpiangendo di non essere figlio unico.
Aragorn molto coraggiosamente riempì il proprio cucchiaio e lo portò alla bocca, gli altri lo guardarono con un misto di ammirazione e pietà, la ragazza invece sorrise soddisfatta.
Il moro si sforzò di non assumere espressioni che lasciassero trasparire l’imminente senso di nausea che sarebbe giunta se avesse ingoiato quel boccone.
Eowyn annunciò che sarebbe andata in bagno, e dopo che si fu allontanata, in cucina si scatenò il finimondo. Aragorn sputò tutto il cibo nel piatto, bevendo acqua a grandi sorsate per togliersi il sapore; Legolas versò tutta la sua zuppa nel piatto di Gimli; Eomer invece rovesciò la sua in un vaso contenente delle piante che aveva avuto la disgrazia di stare lì vicino, guadagnandosi così un’occhiata di stizza e rimprovero da parte del ragazzo biondo, quell’intruglio avrebbe fatto sicuramente morire le sue piantine.
Faramir che dal canto suo non voleva ferire i sentimenti della ragazza, stava ancora decidendo cosa farsene della zuppa.
Eowyn tornò dal bagno, fu contenta di vedere alcuni piatti già vuoti e si stupì di vederne altri ancora pieni.
“Non abbiamo fame!” Esclamarono in coro Gimli, Aragorn e Faramir.
“Oh capisco, ve la metto in frigo allora, magari dopo vi viene appetito.” 
I ragazzi annuirono, sapevano già dove sarebbe finito il contenuto di quella pentola.
Passarono poi la serata a rilassarsi, raccontandosi le ultime novità e giocando ai videogiochi. 

Aragorn aveva momentaneamente accantonato il pensiero di Arwen, ma quando, a fine serata, si trovò da solo la sua mente tornò alla conversazione avuta con lei quella mattina.
La ragazza aveva detto parole veritiere, la sua vita apparteneva a lei e lei avrebbe dovuto decidere come condurla. 
Lui non avrebbe potuto convincerla a prendere una scelta diversa da quella che aveva già fatto, non gli restava altro da fare che accettarla ed esserne eternamente grato. Doveva assolutamente parlarle, chiarire; le avrebbe telefonato l’indomani mattina e le avrebbe detto che lui l’avrebbe sempre supportata, che lui ci sarebbe sempre stato.
I raggi lunari filtravano dalla finestra e andavano a sbattere contro lo stendardo appartenuto a suo padre, le stelle sopra l’albero brillavano nel buio.

Se ce l'avete fatta ad arrivare in fondo, vi ringrazio di cuore, ora una piccola nota/chiarimento: mi sono accorta di non aver specificato l'età di quasi nessun personaggio, non so se qualcuno se lo stia domandando o sia anche solo minimamente curioso, ma facciamo un po' di chiarezza: Aragorn ha 24 anni, così come Boromir; Gimli, Legolas ed Eomer hanno 23 anni; Arwen ne ha 22; Faramir ne ha 20 ed Eowyn 19.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** The ranch ***


A metà luglio Eomer aveva finito tutti gli esami che si era riproposto di dare per quella sessione estiva. Tuttavia, non appena aveva rimesso piede in casa dopo aver fatto l’ultimo esame, suo zio Theoden non aveva esitato un attimo a ricordargli che da quel momento, visto che le sue giornate sarebbero state libere da impegni universitari e studio, avrebbe dovuto lavorare al suo maneggio. A onor del vero bisogna dire che quello era un compito che il ragazzo svolgeva sempre volentieri, aveva imparato durante l’infanzia ad andare a cavallo e amava prendersi cura di quegli animali.

Lavorare al Rohan Ranch, così si chiamava il maneggio, a volte era stancante, c’erano sempre molti compiti da fare: strigliare i cavalli, nutrirli, programmare i corsi per principianti e avanzati; erano queste le sue principali mansioni. Theoden si occupava soprattutto della parte riguardante l’amministrazione. 

Lo zio aveva ereditato svariati anni addietro il maneggio da suo padre, il quale lo aveva avuto da suo nonno in precedenza, e da quel momento aveva cercato di amministrarlo al meglio. C’era stato solo un periodo particolarmente difficile per la loro famiglia quando, quattro anni prima, l’uomo si era affidato per la contabilità ad un consulente, tale Grima, un uomo dall’aspetto inquietante ed untuoso. Quest’ultimo aveva tessuto una rete di inganni e malizie attorno a Theoden, offuscandogli la mente con parole melliflue: il suo scopo era quello di fargli vendere le sue proprietà ad una nota azienda edilizia, la Saruman Costruzioni. L’infido uomo sarebbe riuscito nel suo intento se non fosse stato per l’aiuto provvidenziale di Gandalf, il quale aveva “conoscenze ai piani alti” che sorpresero Eomer non poco (dato che fino a quel momento lo aveva sempre e solo considerato come il suo anziano allenatore di pallacanestro). 

Dopo aver ripreso in mano i suoi affari, Theoden aveva fatto risorgere e rifiorire il suo maneggio, coinvolgendo maggiormente lui e la sorella nello svolgimento delle quotidiane incombenze.

Nella scuderia il caldo era davvero insopportabile, la fronte di Eomer era ricoperta di sudore. Cercò di sistemarsi i capelli lunghi in un codino, pensando che aveva urgentemente bisogno di una bibita ghiacciata. Il ragazzo uscì all’aperto e si portò una mano agli occhi per schermarli dal sole accecante, quel giorno l’afa era soffocante e non vedeva l’ora di finire i suoi compiti obbligatori per poi  poter andare a fare un escursione a cavallo per le campagne e i boschi vicini.

Si avvicinò a una fontana posizionata vicino alla stalla e mise la testa sotto il getto di acqua gelida trattenendo il respiro. Si risollevò velocemente spargendo goccioline ovunque e bagnandosi la maglietta. Rinfrescato, tornò dentro la scuderia finendo di mettere la paglia nei vari box. Dall’esterno sentì una voce che lo chiamava e dopo qualche attimo suo zio fece la sua comparsa attraverso la porta.

Con un’occhiata veloce l’uomo passò in rassegna tutto l’ambiente, valutando che ogni cosa fosse in ordine, annuì sodisfatto. Poi si rivolse al ragazzo, chiedendo se sapesse dove fosse la sorella e ricevendo risposta negativa.

“Non la vedo da stamattina, e non ci siamo lasciati nel migliore dei modi.” Disse Theoden,  una ruga di preoccupazione che gli solcava la fronte.

“Come mai? Avete litigato?” 

“Ti ricordi quando Eowyn faceva tutti quei lavoretti? Babysitter, ripetizioni, dogsitter e cose simili? Oggi ho finalmente scoperto il perché di tutti quegli sforzi.”

Eomer annuì, certo che lo ricordava! Tutto era cominciato dopo che Aragorn l’aveva rifiutata; aveva supposto che la ragazza avesse avuto bisogno di tenersi occupata per impedirsi di pensare troppo. Ma a quanto pare ora stava per essergli rivelata la vera ragione. Fece cenno allo zio di continuare.

“Stamattina mi ha fermato prima che venissi qui. E mi ha detto che aveva un’idea, un qualcosa che avrebbe voluto fare da diverso tempo. Sembrava incerta e non troppo propensa a rivelarmelo, nonostante fosse stata lei ad aver iniziato la conversazione. Dopo che l’ebbi incoraggiata, me lo disse. Voleva imparare a sparare. Mi assicurò che avrebbe coperto quasi interamente le spese dell’intero corso, ma che voleva la mia approvazione.”

Eomer sgranò gli occhi, e Theoden emise un sospiro.

“Te la imagini? Mia nipote, così esile, così fragile, con in mano un’arma! Perché non può essere come tutte le altre ragazze? Già quando era più giovane ti ha voluto imitare, iscrivendosi a karatè..”

“Kick-boxing- lo corresse il ragazzo- ma se ti ricordi Eowyn era portata.”

“Si certo. Tuttavia stamattina le ho risposto che io non avrei approvato, che il corso non le sarebbe servito nella vita, e che, se avesse voluto fare realmente qualcosa di utile, avrebbe dovuto muoversi a prendere la laurea e di rimanere al suo posto a curare la casa e ad aiutare qui.”

Eomer lanciò uno sguardo di rimprovero allo zio; nemmeno lui avrebbe approvato che la sorella frequentasse un corso di tiro a segno, ma credeva che, con quell’ultima affermazione, Theoden avesse urtato i sentimenti della ragazza. 

Assicurò allo zio che l’avrebbe chiamata per sapere dove fosse finita.

Dopo aver terminato i suoi compiti nella scuderia, Eomer controllò sul calendario dei corsi se gli toccassero delle lezioni pomeridiane o avesse invece il resto della giornata libero. Con infinito sollievo verificò che quel giorno nessun cliente aveva prenotato una lezione.

Andò quindi a prendere il suo cavallo, Firefoot; un magnifico esemplare dal lucido manto marrone. Era molto affezionato all’animale, gli si sarebbe spezzato il cuore se avesse dovuto lasciarlo. Gli mise sella e briglie e finalmente fu pronto. 

Mentre si dirigeva ad un’andatura sostenuta verso la campagna, il cuore di Eomer si alleggeriva. La vista dei prati sconfinati, il vento che gli sferzava il viso, lanciarsi al galoppo sfrenato; quelle erano le sue cose preferite, si sentiva libero come gli capitava poche volte da quando i suoi genitori erano morti. Era accaduto quando lui aveva dieci anni e sua sorella sei, da quel momento, sebbene fosse ancora solamente un bambino, si era sentito responsabile per Eowyn e aveva cercato di proteggerla da ogni cosa, ovviamente fallendo. Da quel momento lui era diventato grande e aveva sempre cercato di fare la cosa giusta. C’erano momenti in cui era stato sul punto di mollare, come, per esempio, qualche anno prima quando aveva tentato di far ragionare suo zio riguardo Grima, e quest’ultimo vendicandosi, l’aveva fatto licenziare. 

Le escursioni a cavallo erano il suo modo di ricaricarsi, di staccare la spina. Anche se, doveva ammettere a sé stesso, in quell’ultimo periodo c’era un nuovo elemento che era entrato nella sua vita e lo faceva sorridere più spesso: Lothiriel.

Quella ragazza era giunta letteralmente in maniera inaspettata e si era infilata nella sua routine  in punta di piedi; un caffè un giorno, una passeggiata un altro. Fino a che, durante l’ultimo mese, ella era diventata un’altra figura fissa della sua quotidianità.

La ragazza si era trasferita con la famiglia da una città lontana, era allegra e solare, ma anche seria all’occorrenza. Ad Eomer piaceva quando rideva; la sua risata era calda e sincera. Era innocente, quel genere di innocenza che si ha quando la vita non ti mette alla prova e, oltre al danno, ti fa anche la beffa.

Con quella ragazza si sentiva sereno, rilassato e la sua compagnia era un piacevole cambiamento rispetto quella degli amici. Una delle volte che si erano visti, ella gli aveva confessato che inizialmente era rimasta un po’ intimidita dal suo gruppo, li guardava con ammirazione. Erano giovani, di bell’aspetto e, la maggior parte di loro, benestanti; sembravano avere letteralmente ogni cosa che si potesse desiderare.

Quella volta Eomer aveva sospirato e distolto lo sguardo dal volto della ragazza.

“Non è tutto oro quello che brilla.” Aveva detto con un pizzico di amarezza, citando un verso di una poesia.

“Nè gli erranti sono perduti.”* Lothìriel completò la strofa con un sorriso. 

Eomer sorrise, sorpreso: non erano in molti a conoscere quella poesia.

Le aveva spiegato quindi, a grandi linee, il passato dei membri della compagnia e le difficoltà che avevano dovuto affrontare.

Le parlò anche della perdita dei propri genitori, del peso che spesso sentiva gravargli addosso; lei ascoltava in silenzio, con gli occhi lucidi e comprensivi, posando, ad un certo punto, la propria mano sulla sua.

La città ora era lontana alle sue spalle e la campagna si stendeva ora illimitata davanti a lui, i campi di grano erano lievemente ondulati dal vento, in lontananza poteva vedere le montagne che si ergevano fiere e scure; nell’aria si udiva solo il cinguettare degli uccellini e il frinire delle cicale, il telefono non prendeva più il segnale. Nessun rombo di motori e nessuna suoneria molesta. Fermò il cavallo e si prese un momento per chiudere gli occhi e ispirare a pieni polmoni, poi li riaprì e sorrise. In quel momento si sentì in pace e felice.

Gettando un occhiata distratta all’orologio da polso vide che si stava avvicinando in fretta l’ora in cui sarebbe dovuto rientrare al maneggio, così tornò sui suoi passi.

 

Sorpassando i cancelli vide una grande macchina parcheggiata appena oltre. Con suo stupore, dall’auto scesero Boromir e Faramir che stavano discutendo su qualcosa.

“Saremmo potuti morire!” Inveì il fratello minore contro l’altro.

“E’ successo? Mi pare di no; anzi, mi pare che sei più che in salute a giudicare da come stai rompendo!” Faramir stava per rispondere per le rime ma, quando notò Eomer avvicinarsi, si zittì.

 I due ragazzi non erano soli infatti, non appena aprirono le portiere posteriori, quattro bambini, che non potevano avere più di sette o otto anni, si catapultarono fuori ridendo e schiamazzando. 

Eomer si fermò e scese da cavallo agilmente, salutò gli amici e poi rivolse la sua attenzione ai bimbi.

“Bene! Chi abbiamo qui?” I piccoli cominciarono a parlare tutti assieme, Boromir riportò l’ordine nella combriccola dando a ciascuno uno piccolo scappellotto sulla testa, suscitando così le proteste di Faramir, il quale trovava i metodi educativi del fratello molto primitivi.

I bambini erano niente meno che Frodo, il suo inseparabile amico Sam, Merry (il quale era il più alto fra loro e andava molto fiero di ciò) e Pipino ( o ‘il piantagrane’, come lo definì Boromir).

“Siamo venuti per imparare a cavalcare!” Dichiarò gioiosamente Merry.

“E vogliamo i cavalli grandi! Loro ce l’hanno promesso.” Aggiunsero Frodo e Pipino.

“Bhe, io mi accontenterei anche di un pony.” Fece Sam, stringendosi umilmente nelle spalle.

Eomer si rivolse ai due fratelli chiedendo, incredulo, come fosse venuto loro in mente di garantire a quei bambini inesperti che sarebbero potuti salire su dei cavalli adulti.

“E’ stato LUI a fare tutto!- Si difese Faramir- e ha anche fatto salire i bambini in quattro sui sedili posteriori. Se ci avesse fermato la polizia, ci avrebbe fatto un mazzo così.”

Il fratello alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia nella sua direzione, scimmiottandolo.

“Atteggiamento molto maturo per uno che ha quasi venticinque anni.” Commentò Faramir  seccato.

Eomer guidò tutti verso le scuderie e, dopo aver portato Firefoot nel suo box, andò a sellare due piccoli pony.

I bambini ovviamente si lamentarono della sua scelta (tranne Sam, il quale aveva raccolto una manciata di fieno e si era avvicinato agli animali per farglielo mangiare); intervenne quindi Boromir che cercò di calmarli. Il ragazzo confidò loro che i cavalli erano troppo stanchi per essere montati a quell’ora, mentre i pony erano più forti e robusti. Mentre raccontava quell’innocente bugia usò un tono saggio e autoritario e i piccoli sembrarono accettare quella spiegazione.

Tutti poi andarono nel recinto, Boromir ed Eomer aiutarono a salire Frodo e Sam sui pony e gli fecero fare un giro; nel frattempo Faramir controllava Pipino e Merry, affinché non rischiassero la vita mentre si arrampicavano su e giù dalle balle di fieno.

Eomer era stanco a causa delle fatiche della giornata eppure si impegnò affinché i bambini si divertissero. Quando fu il momento di far cambio e far salire Merry e Pipino, quest’ultimo si rifiutò di farsi prendere da lui. 

“Io voglio Faramir.” Dichiarò il piccino, fissandolo il ragazzo in questione con grandi occhi luccicanti.

“Pipino preferisce mio fratello a qualsiasi altra persona, ad esclusione di Merry.” Gli spiegò Boromir.

In quel momento arrivò Theoden, richiamato dalle risate e gli schiamazzi dei quattro bambini.

Quando salutò calorosamente i due amici del nipote, e si informò su come stessero andando i loro studi. Dopodiché si rivolse direttamente ad Eomer asserendo che era giunto il momento di far rientrare i pony e chiudere le stalle. Merry e Pipino furono fatti scendere dal dorso degli animali.

“Io sto tornando a casa per preparare qualcosa da mangiare.-aggiunse l’uomo- spero che Eowyn sia già tornata.”

“C’è Eowyn?” Intervenne il piccolo Merry, gli occhi che luccicavano di speranza e un gran sorriso sul volto. Quando ricevette una risposta negativa parve deprimersi un po’; gli altri bambini, saltellando, iniziarono a cantilenare: “ A Merry piace Eowyn! A Merry piace Eowyn!”

E quello, protestando a gran voce, prese a rincorrerli.

Boromir si avvicinò al fratello, e gli posò un braccio sulla spalla con fare malizioso.

“Bro, hai notato? Hai un rivale in amore.” 

“Boromir, sta’ zitto!” Sibilò Faramir nervosamente, controllando che Eomer non fosse nei paraggi per sentirli.

“Guarda che se non ti spicci a fare la prima mossa qualcuno arriverà e se la prenderà, così.” E schioccò le dita, come per chiarire meglio il concetto.

“Eowyn non è un premio da ‘prendere’. E se non chiudi la bocca, ti do una sprangata in testa.”

Per tutta risposta Boromir scoppiò a ridere.

“O, ancora peggio,-continuò il minore con un ghigno- dirò a tutti che hai pianto durante il finale di Titanic.”

Detto ciò si prese un momento per ammirare la reazione del fratello, il quale aveva improvvisamente smesso di ridere ed aveva assunto una malsana sfumatura grigiastra in volto; Faramir sapeva quanto lui tenesse alla propria immagine da ragazzo duro e impassibile.

“Non oseresti! O sì? Faramir, dove stai andando? Non puoi essere serio.. “

Il ragazzo aveva voltato le spalle al fratello, che continuava a balbettare frasi sconnesse, e si stava allontanando, un sorriso soddisfatto che gli aleggiava sul volto.

 

Eomer salutò i suoi amici con la mano mentre salivano tutti in macchina; si stava facendo buio e Boromir doveva riaccompagnare i bambini dalle rispettive famiglie.

Si diresse verso l’edificio con gli uffici, per recuperare i suoi effetti personali e poter concludere finalmente la giornata di lavoro.

Mentre guidava, rifletteva come avrebbe potuto passare la serata: magari dopo cena avrebbe potuto vedere un film oppure telefonare a Lothiriel, sorrise a quel pensiero.

Tutte le sue speranze di passare una serata tranquilla e confortevole vennero infrante non appena aprì la porta di casa.

Degli urli provenivano dalla cucina, rimase nel corridoio dell’ingresso, immobile, ad ascoltare; a quanto pareva la sorella e lo zio avevano ripreso la conversazione di quella mattina e i toni erano tutt’altro che amichevoli.

“NO! E questa è la fine della discussione!” Stava sbraitando Theoden.

Eomer sentì un rumore di sedie spostate, e la sorella che ribatteva furiosamente.

“Dimmi perché. Dammi una sola buona ragione e io la smetto. Ma la verità è che tu non hai una buona ragione.”

“Tu non puoi imparare a sparare! E’ pericoloso e inutile. Coraggio tesoro, usa quei soldi che hai risparmiato per qualche altra cosa.” Theoden aveva assunto un tono cordiale e ragionevole, un po’ come quello che si usa con un bambino capriccioso.

A quella frase la sorella rispose con un urlo frustrato; il ragazzo, che non si era mosso dal corridoio, poteva quasi immaginarsela: gli occhi fiammeggianti e furiosi, le guance arrossate e il respiro corto.

“Se fosse stato Eomer, non avresti reagito così.” Quella era una cosa vera, lo sapevano tutti e tre.

“Perché sarebbe stato diverso!” Proruppe l’uomo sbattendo una mano sul tavolo.

“Lo dici solo perché lui è un maschio! L’unico compito che mi hai dato è sempre stato quello di badare a questa casa. Non mi è stato dato nemmeno il permesso di scegliere di frequentare la facoltà a cui aspiravo! Voi, uomini grandi e grossi, potete fare ciò che volete, e a me cosa rimane? Aspettare il vostro ritorno tra queste quattro mura. E se un giorno voi non doveste più far ritorno, io potrei anche bruciare insieme alla casa, perché ormai gli uomini non ne hanno più bisogno. Ma io non sono una schiava, io rifiuto quest’idea!”** Le parole della ragazza furono accolte dal silenzio, ci fu poi un singhiozzo ed Eomer vide la sorella uscire a grandi passi dalla cucina mentre si asciugava una lacrima, quando lo vide si fermò un attimo e sembrò sul punto di voler dire qualcosa, ma poi voltò il capo e andò a chiudersi in camera sua.

Era uno spettacolo raro vedere Eowyn che piangeva; e il ragazzo sapeva che, quando ciò capitava, bisognava lasciarla da sola. Entrò quindi in cucina, e vide suo zio appoggiato con la schiena al ripiano dei fornelli che si massaggiava le tempie.

Quando lo vide sollevò il capo e sospirò.

“Hai sentito anche tu?” 

Il ragazzo annuì, non sapeva cosa dire.

“Sai, anni fa pensavo che quando si ribellava, o quando voleva imitarti, fosse solo un capriccio, una fase che sarebbe passata col tempo. Un po’ come la tua, quando volevi fondare una band e strimpellavi quel pianoforte.- rise, ma senza allegria- Non le sono stato accanto…non VI sono stato accanto, non come avrei dovuto.”

“Hai fatto del tuo meglio zio. Lo vedevo che non era facile nemmeno per te.” Gli strinse una spalla per confortarlo.

Cenarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

Una volta che si fu ritirato nella sua camera Eomer si buttò sul letto. La stanza era un caos: la scrivania era cosparsa di fogli, quaderni e libri; la sedia era ricolma di vestiti; la borsa da basket era gettata in un angolo; sul pavimento erano sparse alla rinfusa scarpe, calze, altri fogli e involucri di merendine. Pensò che, se la teoria che affermava che una stanza disordinata era lo specchio di una mente altrettanto sottosopra era veritiera, allora il suo animo doveva essere estremamente in confusione.

Sospirò e prese in mano il telefono: aveva bisogno di parlare con qualcuno.

Normalmente avrebbe chiamato Aragorn; il ragazzo infatti sapeva sempre cosa dire e cosa consigliare, tuttavia pensò che, in quell’occasione, l’amico non fosse la persona più adatta con cui confidarsi.

Col dito scorse la rubrica fino a fermarsi alla L. Sì, alla fine lei sarebbe stata la scelta giusta.

 


Note/precisazioni/ringraziamenti: 
Ciao a tutti, se siete arrivati fin qui, vi ringrazio molto.
Non so se sono soddisfatta al cento per cento di questo capitolo, ma a volte bisogna accontentarsi. Avrei voluto inserire anche Theodred, ma ho pensato che non avrebbe aggiunto niente di utile alla "trama" di questa storia.
Spero che abbiate comunque apprezzato il capitolo!

Alla prossima!

*Nel libro questi versi appartengono a una poesia scritta da Bilbo Beggins su Aragorn. 

**Dialogo ripreso e adattato avvenuto tre Eowyn e Aragorn ne Il ritorno del re.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The club ***


Ciao a tutti!
Ecco qui un nuovo capitolo; spero che fino a questo punto la storia vi stia piacendo e divertendo.
Io mi sono divertita in modo particolare a scrivere questo capitolo e, nel mentre, ho anche realizzato quanto mi manchi andare a ballare con i miei amici.
Ma bando a tutti i sentimentalismi! 
Vi lascio alla lettura; se avete consigli, critiche, appunti e opinioni da dare, essi sono sempre i benvenuti.

Un bacio!


La fine della sessione estiva era finalmente arrivata per tutti; i ragazzi, chi più chi meno, erano soddisfatti dei risultati ottenuti, e quella sera si erano messi d’accordo per festeggiare. Sarebbero andati tutti insieme a ballare; sebbene uscissero spesso, era raro che trovassero un giorno giusto per andare in discoteca in cui ci fossero tutti, era sempre un’impresa complicata trovare una data che andasse bene.

Arwen ed Eowyn erano nella camera di quest’ultima a prepararsi per la serata: era divertente provare i vari abbinamenti di vestiti e farsi i capelli reciprocamente.

Arwen aveva indossato uno splendido abito di raso che le calzava a pennello, e stava valutando se mettere anche i tacchi oppure optare per dei comodi sandali.

Eowyn le lanciò uno sguardo; secondo lei l’amica aveva tutte le carte in regola per fare la modella, ma aveva invece scelto di intraprendere una strada ben più tortuosa e incerta: la musicista.

Le due ragazze non erano state sempre amiche; la bionda infatti, quando era infatuata di Aragorn, considerava l’altra una nemica; spesso si era trovata ad odiarla ed invidiarla contemporaneamente; chiedendosi perché lei non fosse come Arwen. Era stata mortalmente gelosa del fisico della mora, delle gambe lunghe e della pancia piatta. Credeva, nel suo delirio amoroso da diciassettenne, che fosse quella differenza il motivo per cui Aragorn non ricambiava i suoi sentimenti.

Eowyn aveva poi cambiato idea sul conto della ragazza, scoprendo in realtà che razza di persona meravigliosa fosse.

“Dammi un consiglio.”Chiese, mostrando due abiti.

 “Questo?- indicò un vestitino bianco con le maniche svolazzanti- oppure quello?” E accennò ad un altro abito, verde scuro con degli eleganti ricami dorati.

“Quello bianco, assolutamente.” Rispose con sicurezza l’altra.

“Ma tu metti i tacchi? Perché se te li metti, li metto anche io, altrimenti no.”

“Penso di sì, ma ci portiamo dietro i sandali e li lasciamo in macchina. Vuoi che ti trucchi io?” Arwen era davvero brava col make-up e non le dispiaceva mettere questa sua capacità al servizio dell’amica; Eowyn annuì entusiasta.

Dopo aver preso tutto l’occorrente, la mora si avvicinò all’altra che si era accomodata sulla sedia della scrivania.

“Va tutto bene in questo periodo? Sai, mi è sembrato di averti vista un po’ 

giù ultimamente.” Chiese gentilmente, mentre applicava il fondotinta. La bionda sospirò.

“Niente di che; sono un po’ ai ferri corti con mio zio, sai, a causa di quella faccenda per imparare a sparare. E questa volta, so che neanche Eomer è dalla mia parte.”

Arwen annuì comprensiva.

“Sono degli scemi a non lasciartelo fare. Ne avresti tutte le capacità! Ma vedrai, magari un giorno riuscirai a farli ragionare e cambieranno idea.” La mora sembrava convinta mentre parlava ed Eowyn le fu grata per le sue parole.

“Ora chiudi gli occhi, devo mettere l’eye-liner. Comunque, volevo chiederti anche un’altra cosa.- aggiunse la ragazza- Dimmi, cosa ne pensi di Faramir?”

A quella domanda la bionda ebbe l’impulso di sollevare la testa di scatto, ma si trattenne.

“E’ simpatico.” Affermò con semplicità.

“Solo questo?- indagò l’altra sollevando un sopracciglio.-Sai, ho notato che vi siete avvicinati molto negli ultimi tempi.”

Eowyn arrossì e sentì lo stomaco contrarsi lievemente.

“Lui…Noi siamo…E’ che ci parlo bene, credo. Tutto qua.” Stava davvero balbettando? Pensò lei, mentre cercava di dare una risposta sensata all’amica.

Arwen, molto saggiamente, lasciò cadere l’argomento e finì in silenzio di fare gli ultimi ritocchi con blush e illuminante. Poi si allontanò per ammirare il suo operato e, con un esclamazione soddisfatta, allungò uno specchio alla bionda perché si potesse rimirare.

“Beh, stasera sei splendida! E se tutti i ragazzi presenti non finiranno la serata innamorati di te, non so giudicare la bellezza!”*

Eowyn, specchiandosi, riconobbe il talento dell’amica, la ringraziò sorridendo.

Qualcuno bussò alla porta e, senza che le ragazze avessero il tempo di dire niente, la spalancò.

“Eomer! Avremmo potuto essere in mutande. Non hai un po’ di rispetto?” Sbottò la bionda infastidita. Il ragazzo la ignorò totalmente.

“Siete pronte? Ormai è quasi ora di andare.” Chiese invece, le fanciulle annuirono mentre si infilavano le scomode scarpe col tacco.

Prima di uscire i tre controllarono di aver preso tutto: soldi, documenti (tutti ricordavano quella volta in cui Boromir aveva dimenticato la carta di identità a casa e non era potuto entrare nel locale; Aragorn si era sacrificato e gli aveva fatto compagnia per l’intera serata), sandali di ricambio per le ragazze e bottiglia di vino bianco con bicchieri di plastica (per iniziare bene la festa).

In macchina Eomer accese la radio, mettendo della musica tecno a volume alto, Eowyn si lamentò fino a che lui non si decise a cambiare; egli alzò maggiormente l’audio, affermando che la nuova canzone le sarebbe assolutamente piaciuta. Dopo un attimo di silenzio Ai se eu te pego venne sparata fuori dagli altoparlanti.

“NO! Cambia, maledetto!” Urlò la ragazza portandosi le mani alle orecchie.

Nel sedile posteriore, Arwen rideva di gusto.

Una volta arrivati alla discoteca,The Prancing Pony Club**, Eomer parcheggiò e tutti insieme andarono a cercare gli altri. Si imbatterono in loro dopo poco.

Boromir, che aveva preso la macchina, aveva trovato posto poco più in là.

I ragazzi erano tutti molto belli: avevano rinunciato alle loro solite t-shirt (tranne Gimli che indossava una semplice maglietta nera, non diversa da quelle che era solito portare; una volta Legolas lo aveva preso in giro dicendo che il suo guardaroba era composto da venti maglie tutte uguali) e sfoggiavano delle eleganti camicie di diverso colore.

Aragorn si avvicinò ad Arwen e la prese per mano. 

Eowyn, dopo aver salutato tutti, notò che Faramir la stava ancora fissando, ma quando incrociò il suo sguardo, egli abbassò il proprio velocemente, come se fosse stato colto in flagrante a fare qualcosa di illegale.

Prendendo un respiro profondo, la ragazza gli si avvicinò.

“Sei pronto a sfasciarti?” Esordì, ostentando una sicurezza di sé che di certo non stava provando.

“E’ davvero troppo che non bevo; secondo me un paio di drink mi bastano per la serata.”

“Ma come, Faramir? Devi celebrare l’ultimo trenta e lode che hai preso. E poi l’alcool fa accadere cose sorprendenti.” Intervenne Boromir, spintonandolo e sfoggiando quella sensibilità da orco che lo aveva sempre caratterizzato.

Nel frattempo Eomer aveva stappato la bottiglia di vino e stava distribuendo nel gruppo i bicchieri. 

“Un brindisi!” Esclamò riempiendoli uno ad uno.

“Alla fine della sessione.” Dichiarò Boromir.

“E all’amicizia!” Aggiunse Legolas con un sorriso.

Tutti fecero scontare lievemente i bicchieri ed esclamando “Salute!”

Prima di bere, Aragorn guardò Arwen con dolcezza.

“All’amore.” Le sussurrò, stringendola poi a sé.

Si avviarono verso l’entrata del locale, ed Eomer prese a dialogare fitto con Gimli e Legolas.

“Se c’è quella barista dell’altra volta siamo a cavallo.” Stava dicendo, e raccontò di questa ragazza che era stata incaricata a fare i drink, ma non ne era assolutamente capace.

“Praticamente nel bicchiere questa qui mette tantissimo alcool e solamente un dito di soda. Non so se lo faccia apposta o meno, ma in ogni caso lei è una benedizione.”

“Quindi se, per esempio, ordinassi un Long Island e un Quattro bianchi, sarei a posto per tutta la serata?” Si inserì Aragorn, accendendosi una sigaretta e offrendo il pacchetto anche agli altri; Boromir, Gimli ed Eomer ne presero una a testa, avrebbero poi offerto le loro durante la serata. 

“Probabilmente tu no, reggi troppo bene l’alcool. Però Eowyn sarebbe stesa.” Tutti risero, e la ragazza protestò a gran voce.

Mentre facevano la fila per entrare, venne rivelato che quella sera si sarebbe tenuta una grande gara alcolica: Gimli contro Legolas.

Tutti esultarono emozionati, il biondo non aveva mai accettato le costanti provocazioni dell’amico, tuttavia delle storie narravano che la sua resistenza fosse senza pari (storie che Gimli non vedeva l’ora di smentire!).

La discoteca era all’aperto, la pista da ballo e la zona dei tavoli era coperta da una tettoia in legno; attorno c’erano delle piante e persino una fontanella con dei divanetti posizionati attorno.

Il gruppo si sedette attorno ad un tavolo ed Eomer si affrettò a dirigersi verso il bar.

Il posto si stava riempendo in fretta ma ancora nessuno era sceso in pista a ballare; molti occhi tuttavia si erano posati sia su Arwen che su Eowyn, nessuna delle due passava certo inosservata. Aragorn aveva messo un braccio attorno alle spalle della fidanzata a scanso di equivoci, Faramir pensava, con una stretta al cuore, che avrebbe tanto voluto fare lo stesso con la bionda, tuttavia non osava.

Mentre aspettavano il ritorno di Eomer, si aprirono delle scommesse.

“Io dico che vince Gimli!” Stava sostenendo Boromir, dando il cinque all’amico, mentre Legolas alzava un sopracciglio con fare sdegnato.

“Non fare lo stupido e fidati di me.-intervenne Aragorn.- Legolas vincerà a mani basse.”

“Ma se non l’ho mai visto toccare una goccia d’alcool da quando siamo coinquilini.” Gimli era sicuro di sé; negli anni, grazie all’aver partecipato a svariate serate alcoliche, aveva acquisito una resistenza davvero ammirevole.

Eomer fece ritorno sorreggendo due grandi caraffe colme, con attenzione le appoggiò sul tavolo.

“Dunque ragazzi, ecco le regole: dovete finire completamente le rispettive caraffe, senza fermarvi.”

“E senza vomitare” Precisò Gimli.

“Esatto. Chi resta in piedi, vince.” Terminò Eomer, posando sul tavolo due bicchieri.

La gara iniziò, e l’intero gruppo cominciò a incitare un po’ l’uno e un po’ l’altro amico.

Eowyn si alzò, annunciando che sarebbe andata al bar, Aragorn e Boromir andarono con lei. Quest’ultimo, una volta giunti al bancone, ordinò un Quattro bianchi a testa, anche per coloro che erano rimasti al tavolo. A fare i drink, per fortuna o per sfortuna, c’era proprio la barista di cui avevano parlato prima.

Tornarono al tavolo con entrambe le mani occupate dai bicchieri, e li distribuirono agli amici; Eowyn ne passò uno a Faramir e, cercando di non perdere l’equilibrio sui tacchi, andò a sedersi di fianco a lui.

La gara intanto stava procedendo a gonfie vele: entrambe le brocche erano quasi a metà e i due concorrenti sembravano ancora abbastanza lucidi (sebbene Gimli avesse cominciato a fare delle battute di dubbio gusto).

Quando ebbe finito il suo drink, Arwen diede un bacio al suo ragazzo, poi si alzò, prese Eowyn per mano e la trascinò sulla pista, che nel frattempo si era riempita, per ballare.

Faramir osservava le due ragazze, erano una visione particolare: sembravano gli opposti all’apparenza, eppure erano entrambe belle e fiere; allegre, mentre si muovevano a ritmo con la musica.

Aragorn notò il suo sguardo e gli posò una mano sulla spalla.

“Lei ti piace, non è vero?”

Il biondo fu colto di sorpresa, ma annuì; sentiva che poteva essere onesto con l’amico.

“E’ bella e coraggiosa; -continuò il moro.- in passato ha affrontato sventure superiori alle sue forze ma le ha superate, ha un animo nobile. La prima volta che la vidi ho percepito la sua infelicità, mi sembrava di vedere un fiore bianco, ergersi fiero e dritto, esile come un giglio, ma sapevo che quel fiore era inflessibile. Forse una gelata aveva trasformato la sua linfa un ghiaccio.”*** Si interruppe, Faramir lo stava fissando, serio.

“Perdonami, sto straparlando, probabilmente questo drink è molto più forte di quanto pensassi.”

Il biondo sentiva che, dopo quel discorso, aveva bisogno di altro alcool.

Si diresse al bar con Eomer, il quale prima di andarsene aveva raccomandato a Boromir e Aragorn di controllare il procedimento della gare e di fare video a volontà.

Tra la folla di giovani ansiosi di ordinare da bere, intravidero Arwen ed Eowyn; le due stavano parlando e ridendo con dei ragazzi sconosciuti, Faramir sentì il sangue ribollire nelle vene ma cercò di rimanere al suo posto, dopotutto lui non era nessuno per la bionda.

Una volta presi i loro bicchieri, Eomer, che quella sera pareva particolarmente in vena di sfide, gli propose di bere il drink tutto d’un fiato.

Il ragazzo si dovette fermare a metà, quell’alcolico era davvero forte; ad un tratto vide l’amico assottigliare gli occhi e cominciare a farsi largo tra la gente con degli spintoni, lo seguì.

Eomer si fermò proprio davanti alla sorella (Arwen non era più con lei), la quale era aggrappata con un braccio alle spalle del ragazzo con cui parlava prima e che ora le stringeva la vita, a quanto pare le aveva anche offerto da bere.

“E questo qui chi è?”Sbraitò il ragazzo.

La sorella rise, aveva gli occhi annebbiati, barcollava leggermente sui tacchi e bevve un altro sorso prima di rispondere.

“Perché gridi? Lui è il mio nuovo amico. E’…” Socchiuse gli occhi mentre cercava di ricordarsi il nome.

“Te lo dico io chi è: NESSUNO. Ora tu vieni via con me.”

Faramir non intervenne, ma dentro di sé era totalmente e incondizionatamente d’accordo con l’amico.

“No, Eomer! Perché devi fare sempre così? Smettila di dirmi cosa fare.”

“Non stiamo facendo niente di male; ci stiamo divertendo!” Aveva esclamato allora il ragazzo, stringendo ancora la mano attorno al fianco della ragazza; Faramir gliel’avrebbe volentieri staccata e poi gettata nella fontana lì vicino.

Eomer non fu così bravo come lui a fingersi calmo, le parole e il tono di sfida di quell’individuo gli avevano fatto saltare i nervi, si mosse verso quest’ultimo. Faramir fu veloce ad intervenire, frapponendosi fra i due; afferrò l’amico saldamente e mentre lo trascinava lontano chiamò la ragazza, sperando che gli desse retta.

“Eowyn! Vieni con noi, dai.” Sorprendentemente, quella si staccò dallo sconosciuto e li seguì fino al loro tavolo.

La situazione ai loro divanetti era disastrosa.

Gimli era collassato sul tavolo, continuava a borbottare qualcosa su una piscina e su donnine pelose; Legolas, che sembrava padrone di sé, era seduto in un angolo del divano, i primi bottoni della camicia verde erano aperti;  era circondato da quattro ragazze che lo guardavano con occhi adoranti, lui sorrideva tranquillo e raccontava loro di aver vinto quella sfida senza sforzo alcuno; Boromir invece, e a questo punto Faramir si portò le mani nei capelli, era salito su uno dei cubi lì vicino e aveva preso a ballare in maniera scoordinata con una ragazza. Aragorn e Arwen erano spariti chissà dove.

Faramir mollò Eomer sul divano; quest’ultimo afferrò un bicchiere a caso e riprese a bere, incurante dell’incidente di poco prima.

Eowyn scosse la testa e si allontanò con andatura incerta. Faramir la seguì.

La raggiunse e vide che lei si era seduta su uno dei divanetti vicino alla fontana, le si accomodò affianco, in silenzio.

“Eomer quando beve diventa iperprotettivo. Io gli voglio un mondo di bene, ma quando fa così lo vorrei strozzare.” Dichiarò la ragazza, imbronciata, sentiva la testa che girava leggermente.

“Si preoccupa per te; in fondo non sapevi se quel tipo fosse un un bravo ragazzo o meno. Ci preoccupiamo tutti per te.” Rispose lui, l’ultima parte della frase l’aveva detta a voce bassa e non era sicuro che l’altra l’avesse sentita.

“E’ che…non so, Faramir. Io vorrei sentirmi libera; Eomer e lo zio non fanno che ripetermi qual è il mio ruolo, fin da quando ero bambina. Ma ora sono proprio stanca. Non ho potuto neanche scegliere che università frequentare.”

Faramir poteva capirla; era dura venir incasellati in uno specifico ruolo, senza avere il permesso di cambiare, né di seguire il proprio istinto.

“Nemmeno mio padre voleva che facessi lettere.” Le confidò ad un tratto.

“Infatti inizialmente avevo scelto di frequentare giurisprudenza , come Boromir, come desiderava mio padre. ‘Un occasione per Faramir per dimostrare il suo valore’; così diceva lui.”

“Io volevo fare medicina. Ma mio zio non era d’accordo. Diceva che era troppo complicata, che mi avrebbe portato via troppo tempo, e che, un giorno, non avrei potuto dedicarmi in maniera appropriata alla famiglia. Come se l’avere un marito e dei figli fosse il desiderio di chiunque. Di certo non è il mio. Mi sento in gabbia, Faramir, e ho paura che, col tempo e con l’età, finirò per accettarla.”

Il ragazzo la guardò negli occhi blu per un interminabile istante, scrutandoli come se volesse leggerle l’anima attraverso di essi. 

Nella mente, inspiegabilmente, gli risuonarono dei versi: ‘Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.’****

No, lei, così fiera e nobile, non sarebbe rimasta dietro le sbarre che le erano state imposte; glielo disse e lei distolse lo sguardo. 

“Dovrei fare come hai fatto tu? Cambiare facoltà, andare contro il volere di Theoden?”

“Con te sarebbe diverso, tuo zio ti ama; magari non subito, ma dopo un certo tempo capirà e approverà la tua scelta. Mio padre invece non prova che disprezzo nei miei confronti.”

A quelle parole amare lei, resa un po’ più audace dall’alcol, gli prese una mano, era calda e grande; non parlò, aspettando che lui continuasse.

“Quando ho scelto di mollare giurisprudenza ed iscrivermi a lettere, lui non la prese bene. Era l’ennesima prova di quanto suo figlio fosse un fallito. Sai, ovviamente è Boromir il suo preferito. Mio padre…lui mi addossa colpe che non ho.” Questi non erano argomenti facili da affrontare per lui, ma l’alcool e la presenza della ragazza avevano rotto la diga che frenava i pensieri, e ora vomitava parole.

“Dopo che mia madre è morta, lui ha fatto di tutto per rendermi la vita un inferno: non potevo andare a trovare gli amici, non potevo invitarli a casa. E da mio padre ricevevo solo continue denigrazioni. Io facevo ogni cosa possibile per compiacerlo, ma niente funzionava. E ad un certo punto ho semplicemente detto basta.”

“Che cosa è successo a tua madre?” Sussurrò la ragazza, avvicinandosi di più, gli occhi lucidi.

“Lei ha sofferto di una grave depressione dopo la mia nascita, prendeva psicofarmaci che le annebbiavano la mente. Un giorno stava guidando e, a quanto pare, non ha notato un segnale di stop. Io ero molto piccolo, quindi non ricordo niente, ma mio padre da quel giorno non è più stato lo stesso, probabilmente vorrebbe che non fossi mai nato. Mi piace pensare che ora mia madre è libera e in pace.”

Eowyn non sapeva cosa dire, si limitò ad appoggiargli la testa sulla spalla e a stringergli con più forza la mano, riconosceva il suo dolore, lo sentiva. Entrambi avevano sofferto, erano sprofondati in un baratro ma, alla fine, erano riusciti a risollevarsi.

Eowyn sentiva una sensazione di calore nel petto, avrebbe voluto restare così per sempre, immobile e appoggiata a lui; tuttavia drizzò la testa e lo guardò. Con gli occhi sfiorò gli occhi, il naso dritto, le guance e le labbra del ragazzo.

Faramir sollevò la mano libera fino al viso di lei, per qualche secondo la tenne sospesa nell’aria a qualche centimetro dalla sua pelle, come se avesse paura del contatto; poi, con dita tremanti, le carezzò lievemente una guancia. 

Loro erano così vicini, e il mondo sembrava così lontano.

La ragazza continuava a guardarlo ipnotizzata, persa negli occhi liquidi di lui.

Si mossero quasi contemporaneamente l’una verso l’altro.

“Ragazzi! Vi abbiamo trovati finalmente!” L’urlo biascicato di Gimli li freddò sul posto, i volti a pochi millimetri di distanza; i due si allontanarono in fretta, Faramir si alzò.

Videro Gimli, Eomer e Legolas venir loro incontro, tutti e tre avevano un andatura abbastanza barcollante.

“Dobbiamo andarcene assolutamente!- Sentenziò il biondo.- E’ tutta la sera che non faccio altro che allontanarmi da delle ragazze, una mi ha persino palpato il sedere.” Il suo tono era un misto di indignazione, insofferenza e stizza, con giusto una punta di virtù offesa e una spruzzata di pudicizia.

“Povero piccolo principino!” Lo prese in giro Gimli. “Capitassero a me delle sventure simili.”

“Non ti capitano perché ti sei ridotto peggio di un goblin mutante!”

Eomer nel frattempo guardava torvo prima Eowyn e poi Faramir, come se avesse capito che tra i due stava succedendo qualcosa, ma, a causa della mente annebbiata dai fumi dell’alcool, non avesse ancora ben chiaro cosa.

“Dove sono gli altri?” Chiese la ragazza, guardandosi intorno.

I ragazzi non ne avevano idea, avevano perso Boromir in mezzo la pista, mentre Aragorn ed Arwen non si facevano vivi da un po’. 

Dopo un estenuante ricerca, scoprirono che Boromir era riuscito ad imbucarsi in una compagnia di sconosciuti e ora stava allegramente facendo baldoria con questi.

Faramir e Legolas lo afferrarono da entrambe le braccia e lo trascinarono via di peso, tra le proteste generali.

Trovato uno, ora dovevano solo individuare gli altri due.

Legolas provò a telefonare ad Aragorn; quello fortunatamente rispose, e si misero d’accordo di trovarsi tutti alle macchine.

Quando Aragorn vide le condizioni pietose in cui versavano i suoi amici, non fu per niente felice.

“Io vi lascio da soli per qualche ora e voi fate fuori l’intera riserva si superalcolici del locale. E voi ragazzi!- si rivolse direttamente ad Eomer e Boromir.- voi dovete anche guidare. Vi sembrate nelle condizioni adatte per mettervi alla guida?”

I due, per tutta risposta, scoppiarono a ridere reggendosi l’uno all’altro.

“Ecco, appunto. Irresponsabili! Forza salite tutti in macchina; guideremo io e Arwen.”

“La mia macchina non si tocca!” Biascicò Boromir stringendosi le chiavi al petto.

“Ma sta zitto! E fa’ come dice.” Intervenne Faramir, sembrava parecchio irritato anche lui, ma nessuno riusciva a spiegarsi il motivo.

Fu stabilito che Boromir e il fratello avrebbero dormito da Aragorn; Arwen invece aveva già in programma di passare la notte da Eowyn.

Salirono tutti nelle macchine, operazione che richiese un certo tempo, dal momento che i ragazzi, sbronzi, volevano assolutamente tornare a ballare e continuavano opporre resistenza e ridacchiare senza ragione.

Durante il viaggio di ritorno Eowyn fu particolarmente silenziosa, guardava fuori dal finestrino con aria assente; l’amica lo notò, ma ebbe abbastanza tatto per rimandare le domande a quando sarebbero state sole.

Una volta a casa, la bionda aprì la porta e, cercando di fare meno rumore possibile, le ragazze portarono un Eomer mezzo addormentato nella sua stanza. Lo fecero sdraiare e gli tolsero le scarpe.

Quando furono in camera di Eowyn si cambiarono e si struccarono.

“C’è qualcosa che ti turba? E’ successo qualcosa quando sono andata via?” Indagò la mora mentre si mettevano a letto.

La bionda scosse il capo, assente. Stava ripercorrendo con la mente, ora lucida, i fatti della serata. Riviveva come in loop la conversazione avuta con Faramir, vedeva il suo viso, sentiva il suo tocco sulla pelle. Si domandava cosa sarebbe successo se non fossero mai stati interrotti; la sua immaginazione correva e le fu impossibile trattenere un piccolo sorriso spontaneo. Tuttavia stavano anche cominciando a sorgere alcuni dubbi: sarebbe successo ciò che stava per succedere se fossero stati sobri? Lui cosa provava? Come doveva comportarsi col ragazzo adesso? Avrebbe dovuto fare finta di niente ed etichettare l’episodio come ‘una cosa accaduta a causa dell’alcool’? Oppure avrebbe dovuto affrontare l’argomento? 

Si rigirò a lungo nel letto prima di addormentasi, l’animo in tumulto e un bacio mai dato sulle labbra.

 

 

 

 

*Cit. dal film Orgoglio e pregiudizio.

** E'il nome inglese de Il Puledro Impennato.

*** Discorso ripreso da Il ritorno del re

**** https://it.wikipedia.org/wiki/Libert%C3%A0_va_cercando,_ch%27%C3%A8_s%C3%AC_cara ;nel caso qualcuno fosse curioso.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** The holiday ***


Buon giorno a tutti e buon weekend!
Eccomi di nuovo ad aggiornare, ci stiamo avvicinando inesorabilmente verso il finale.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. 
Niente, che dire? BUONA LETTURA!!

Un bacio!


Verso metà agosto, il caldo si era accentuato; la città si era spopolata da tutti i suoi abitanti, i quali cercavano un po’ di relax al mare o in montagna. La compagnia non era da meno. Era finalmente giunto anche per gli otto amici il momento di concedersi una meritata vacanza; in quattro e quattr’otto avevano fatto i bagagli, prenotato un appartamento e preso il primo treno; direzione: mare. Più precisamente erano diretti verso la Baia di Belfalas. 

Il pomeriggio del primo giorno lo avevano dedicato a sistemarsi nell’alloggio e a fare la spesa.

L’appartamento che avevano trovato era davvero carino: situato al secondo piano di una vecchia palazzina, era provvisto di balcone, tre camere più un divano-letto, una moderna cucina con tutto il necessario e due bagni.

Ci fu una piccola disputa per chi dovesse dormire sul divano e alla fine si tirò a sorte, mettendo dei bigliettini con tutti i nomi in un sacchetto. Venne pescato il nome di Eowyn, la quale sbuffò con disappunto.

Al supermercato l’intero gruppo creò il caos tra gli scaffali.

Si erano accordati di prendere solo le cose essenziali, in maniera tale da non sprecare i soldi; tuttavia ognuno aveva la sua personale idea di essenzialità.

E fu così che Aragorn, avvicinandosi al carrello con in mano del latte, lo trovò ricolmo di superalcolici, vino, birra, patatine e merendine assortite. Legolas, nel mentre, stava razziando il reparto della frutta e della verdura e riponeva nel carrello ogni genere di ortaggio.

Arwen si avvicinò al suo ragazzo.

“Ma tu credi che ci serviranno cinque bottiglie di rum?” Chiese, divertita e incredula della mancanza di misura degli amici.

Aragorn scosse la testa, sospirando.

“Rimettiamo a posto qualcosa! E Legolas, per l’amor del cielo, basta pomodori, ce ne sono già due sacchetti.”

Il biondo ripose sullo scaffale la confezione di ciliegini con aria mogia.

Mentre uscivano dal negozio, i ragazzi si lamentarono a gran voce per le rinunce che avevano dovuto fare.

“Vi dico che un terzo barattolo di Nutella era essenziale.” Affermò Boromir, supportato dal fratello che annuiva.

“E la birra? La mia dolce, preziosa birra?” Aggiunse Gimli avvilito.

“Ma se abbiamo preso due dozzine di bottiglie!” Ribatté Legolas, che ce l’aveva ancora con tutti perché, secondo lui, non avevano comprato abbastanza frutta fresca.

“Ragazzi!- esclamò Eowyn, sgranando gli occhi in un lampo di improvvisa realizzazione- non abbiamo preso la carta igienica!”

 

 

Il secondo giorno furono tutti concordi di andare alla spiaggia.

La zona che avevano scelto era splendida: una piccola baia protetta da due alti promontori; sopra uno di essi, uomini di altri tempi avevano costruito un castello dalle bianche mura, il quale si ergeva ancora austero, testimone di epoche passate. 

Il mare era limpido e pulito, l’ideale per fare immersioni e vedere le meraviglie del fondale.

Gli occhi di Legolas  si illuminarono non appena vide la distesa di acqua salata; abbandonò subito zaino e vestiti sulla riva e andò a tuffarsi.

Riemergendo con la testa dall’acqua lanciò uno sguardo verso la riva, verso i suoi amici. Pensò che teneva terribilmente a loro, e forse non lo dimostrava abbastanza. Non era mai stato facile per lui affezionarsi e riuscire a fidarsi di qualcuno completamente. La sua riservatezza era anche stata accentuata dall’educazione rigida che suo padre gli aveva impartito, e negli anni aveva eretto un muro attorno a sé; ‘era un ragazzo strano’ dicevano tutti; bello, ma strano.

Il primo che aveva abbattuto le sue barriere era stato Aragorn. Per un po’ erano stati solo loro due; poi, unendosi alla squadra di basket, avevano conosciuto Boromir, Eomer e Gimli.

Da lontano vide Eowyn che spintonava il fratello, Aragorn stava affettuosamente spalmando la crema solare sulle spalle della fidanzata, Gimli e Boromir erano invece intenti a fare pari o dispari per decidere chi sarebbe dovuto stare sotto l’ombrellone, visto che entrambi si scottavano con una facilità incredibile; Faramir era già disteso sul suo telo e, ignorando quello che gli succedeva intorno, si era immerso nella lettura di un romanzo.

Legolas sorrise con affetto nel vedere quelle scene.

Prese un bel respiro e si immerse di nuovo. Nuotò più in profondità che potè, fino a che non sentì più alcun suono e i raggi del sole si affievolirono. Amava il mare e rimpiangeva il fatto di non poterci andare più spesso. La calma che c’era sotto l’acqua non l’aveva mai trovata da nessun’altra parte, era come se tutti i pensieri scomparissero e in lui restasse solo un profondo senso di pace e connessione con la natura.

Rimase sott’acqua fino a che i polmoni non cominciarono a bruciare, allorché nuotò verso la superficie e si lasciò semplicemente galleggiare a pancia in su.

Quando le dita delle mani cominciarono a raggrinzirsi, si decise ad uscire dall’acqua.

Mentre si avvicinava al gruppo, notò che era stato Boromir ad accaparrasi tutta l’ombra dell’ombrellone.

Si sedette sul suo telo, accanto a Gimli che si stava rosolando sotto il sole cocente.

“Hai messo la crema?” Chiese mentre tirava fuori dal suo zaino il flacone della crema solare e iniziava a spalmarsela addosso.

“I veri uomini non si mettono la crema.” Borbottò l’altro.

Il biondo sollevò un sopracciglio e scosse la testa.

“Certo, ovvio. I veri uomini preferiscono prendersi un' ustione di secondo grado e farsi nascere dei melanomi sulla pelle.” Fece ironicamente.

L’amico mugugno qualcosa che era sospettosamente simile a  un ‘gni-gni-gni’,  così ben riuscito che nemmeno Frodo e i suo amichetti avrebbero potuto fare di meglio.

Legolas, guardandosi intorno, notò che Eowyn osservava di sottecchi Faramir.

Era dalla serata in discoteca che i due si comportavano in maniera strana; sembravano evitare le occasioni in cui erano soli, ma insistevano a lanciarsi occhiate furtive quando credevano che l’altro non lo notasse.

Lui era solito farsi i fatti suoi, ma quei due avevano bisogno di darsi una bella svegliata.

“Legolas, vieni a giocare a briscola.” Lo chiamò Aragorn, mentre mescolava un mazzo di carte che poi distribuì a lui, Boromir e Faramir.

Cominciarono a giocare: Legolas e Aragorn contro i due fratelli.

“Bro, non farmi perdere- stava dicendo il maggiore.- Se hai un carico, mettilo.”

All’ultima mano, Legolas fece un cenno impercettibile al suo alleato: aveva tre briscole in mano, la vittoria era palesemente loro.

“Avete barato!” Protestò Boromir, dopo che ebbero contato i punti.

“No. Si chiama bravura questa.” Lo canzonò con un sorriso Aragorn.

“Ragazzi,- intervenne Eowyn- secondo voi chi ci abitava in quel castello lassù?” E indicò la fortezza in cima al promontorio.

“L’avranno usato dei soldati. La sua posizione è strategica: da là in alto si sarebbe potuto vedere presto se fossero giunti dei predoni dal mare.” Rispose Faramir, sfoggiando le sue conoscenze storiche.

“In realtà esiste una bella leggenda su quel castello.” Affermò Legolas distrattamente.

Un coro di ‘qual è’ e ‘raccontacela’ si levò dal gruppo; così il ragazzo iniziò a parlare.

“Si narra che in quel castello avvenne una battaglia epica: un tempo esso era provvisto di mura, bianche e lucenti, intorno alle quali fu schierato uno dei più grandi eserciti mai visti. Le guardie del castello stavano quasi per soccombere, infatti gli assalitori, provvisti di enormi macchine da guerra, erano dotati di una forza e di una malignità inimmaginabili; tuttavia un aiuto insperato giunse da nord: un esercito di prodi cavalieri. Ciò permise ai castellani di rinnovare la speranza. Ma la battaglia era lungi dall’essere vinta. La sconfitta sembrava essere vicina per una seconda volta quando, dal mare, furono avvistate delle navi, le quali recavano il vessillo dell’esercito nemico.” 

Il ragazzo fece una pausa ad effetto, il gruppo restò col fiato sospeso.

“I signori del castello e i cavalieri si disperarono, avevano infatti già subito pesanti perdite.

Tuttavia dalle navi non sbarcarono nemici; ma un uomo solo che, sguainando la sua lunga spada, fece comparire un esercito di non-morti che distrusse quello degli invasori. Egli era l’ultimo erede di un’antica casata, il quale aveva a lungo negato le sue origini; solo a lui rispondevano le armate degli spettri. La rocca fu così salvata. E il prode capitano dell’esercito di fantasmi divenne il re della regione. Fine.”

“Te la sei inventata, vero?” Domandò Gimli.

“Assolutamente no, l’ho letta su un sito magico chiamato Wikipedia.”

“Sapete, io ci vedrei bene in un racconto simile.- Affermò Eomer- Nobili cavalieri e gentil dame che compiono imprese eroiche e salvano il mondo.”

Si persero così ad immaginare chi sarebbero stati in un’altra epoca e che cosa avrebbero fatto.

Ad un certo punto, dopo aver visto l’ora, Aragorn suggerì che era arrivato il momento di tornare al loro appartamento, darsi una ripulita e andare a cena.

“Io faccio la doccia per primo!” Si prenotò Gimli mentre si avviavano verso la casa.

“Assolutamente no! Tu lasci sempre il bagno in condizioni disastrose. Vado io.” Si oppose fermamente Legolas, che dopo tre anni di convivenza con l’amico aveva imparato molte cose sul suo conto.

“Scusate, ma perché non fate i galanti e lasciate andare me ed Eowyn per prime?” Suggerì Arwen, cercando di usare un tono convincente e ragionevole.

“Ma come? Non fate che parlare di femminismo e parità dei sessi e ora volete che vi si ceda il posto per galanteria?” Saltò su Boromir, Eomer al suo fianco annuiva in maniera risoluta.

“Ma il primo turno per bagno è una cosa che va al di là di tutto!” Si intromise Eowyn.

“Ragazzi, basta! Io sono il più grande, andrò io.” Affermò allora Aragorn, suscitando altre proteste da parte degli amici.

Nel mentre che discutevano, erano arrivati nel loro alloggio. Faramir, ignorando tutti loro, che ancora non avevano deciso i turni, molto silenziosamente prese il necessario per la doccia e si chiuse dentro il bagno.

Non appena l’intero gruppo sentì il rumore della serratura della porta che si chiudeva, si zittì.

“Faramir, maledetto!” Al ruggito di Boromir, seguirono altri urli di disappunto da parte dell’intero gruppo. Il ragazzo, già intento a lavarsi, sorrise sotto i baffi.

 

La mattina dopo la casa restò silenziosa ed immersa nel buio fino a tardi; la sera prima i ragazzi erano stati a ballare ed essendo tornati ad un orario indecente, non si svegliarono prima di mezzogiorno.

Eowyn si alzò e, ancora piena di sonno, si diresse in bagno, che trovò fortunatamente vuoto.

Mentre si lavava i denti si guardò allo specchio, il suo volto riportava i segni della serata precedente con occhiaie e residui di trucco sbavato.

Quando ebbe finito, aprì la porta del bagno e quasi si scontrò con Faramir.

“Ehi, scusa.” Esclamò, sussultando. 

I due si fissarono per un solo attimo imbarazzati, poi lei chinò il capo oltrepassandolo, e si diresse svelta verso la cucina.

Il ritmo del suo cuore un po’ accelerato. 

Il mattino dopo la serata in discoteca, avvenuta settimane prima, aveva pensato di chiamarlo, per parlare. Tuttavia si era detta che quello non era il momento giusto, poiché doveva assolutamente andare al maneggio, poi doveva pranzare, fare da babysitter a Frodo e Sam e fare anche la spesa.

Così rimandò e rimandò ancora; ‘come se ti fosse impossibile parlare mentre scegli che tipo di biscotti comprare’ aveva osservato acida una vocina dentro la mente della ragazza.

Accumulando una scusa sopra all’altra, il giorno passò, e poi ne passò un altro e un altro ancora.

Nel frattempo il ragazzo l’aveva cercata un paio di volte, ma lei aveva ignorato le chiamate, fissando, con un nodo allo stomaco, lo schermo illuminato del telefono come se quello potesse esplodere da un momento all’altro.

Si era comportata da vigliacca, evitando il confronto diretto, lo sapeva e si biasimava per questo. Ma il timore di scoprire quello che lui aveva da dire era più forte di ogni altra cosa.

Non voleva sapere, non era pronta; meglio lasciare le cose come stavano, in un limbo di detto e non detto.

Aprì il frigo e prese un succo di frutta. Pensò che forse avrebbe dovuto chiedere aiuto ad Arwen sulla sua situazione, l’amica probabilmente le avrebbe dato un buon consiglio.

 

Aragorn e Arwen stavano preparando il pranzo per tutti, Eowyn nel mentre apparecchiava la tavola. Gimli si stava premurando di distribuire agli amici birre belle fresche, il ragazzo era fermamente convinto che in vacanza non si dovesse essere mai troppo sobri.

Eomer, Boromir e Faramir erano stravaccati e guardavano pigramente una partita di calcio in tv, commentando talvolta le azioni dei giocatori. Legolas era sul terrazzo e parlava al telefono con suo padre.

“E’ pronto!” Dichiarò Aragorn ad alta voce, la sua ragazza si avvicinò al tavolo con un gran pentolone ricolmo di pasta al sugo e cominciò a riempire i piatti.

Tutti si precipitarono a tavola senza farselo ripetere due volte.

“Vi siete lavati le mani?” Chiese Arwen, riponendo pentola e pattine.

“Ma chi sei, Biancaneve?”*
“Boromir, sono semplici norme di igiene, capito? I-ge-ne.” Rispose lei, scandendo bene le parole, come per far capire un concetto estremamente semplice ad un alunno un po’ ottuso.

“Ma Legolas dov’è?” Fece Eomer, guardandosi intorno; il biondo che subito mancava all’appello, apparve proprio in quel momento, infilandosi una maglietta arancione.

Gimli lo fissò, scrutandolo attentamente. 

“Che c’è? Ho la faccia sporca?” Chiese il ragazzo messo lievemente in soggezione.

“Perché indossi quella maglia?” 

“Cos’ha che non va?”

“Beh, è arancione! E tu non sei arancione, tu sei verde.”

Legolas lo fissava con gli occhi spalancati, temendo seriamente per la salute mentale dell’amico.

“Ma sei ubriaco?”

Tuttavia anche Aragorn si era messo a fissarlo, socchiudendo gli occhi.

“Amico, effettivamente lui non ha tutti i torti. Tu sei proprio verde; è il primo colore che mi viene in mente se penso a te.”

“Quindi, secondo questa logica, tu saresti…oro?”

“Sì, esattamente così. -Gimli annuì entusiasta -Anche se a me viene in mente il rosso per Aragorn.”

Gli altri stavano seguendo la conversazione mentre mangiavano, divertiti da questo nuovo gioco.

“Ragazzi, qual è il mio colore?” Domandò Boromir.

“Nero.” Risposero Arwen e Legolas.

“No, lui è color rame” Affermò Faramir.

“Per me è blu.” Si intromise Aragorn.

“Ma cosa dici? Faramir è blu.” Ribatté convinto Eomer.

“Ma secondo voi Arwen che colore è? Perché io non saprei..” Domandò Eowyn, fissando l’amica.
“Io direi bianc…no, lilla.” Rispose il fratello, mentre prendeva un sorso di birra.

“No, lei è palesemente argento.” Esclamò Aragorn, voltandosi verso la ragazza e carezzandole una guancia.

Il gioco continuò così per un po’, con ognuno che assegnava i colori all’altro e contraddicendosi a vicenda, tra risate ed esclamazioni.

 

Le ragazze passarono poi un altro pomeriggio in riva al mare, sperando di abbronzarsi in maniera decente, mentre i ragazzi vollero andare a fare un’escursione per le colline vicino alla spiaggia.

 

Quella stessa sera gli otto amici, ancora una volta tutti in tiro, si dirigevano allegri e spensierati verso uno dei locali che erano stati consigliati loro da un abitante del posto; a quanto pareva quella era la discoteca più rinomata della città.

La struttura era composta da tre piani, dove in ognuno risuonava un genere di musica diverso, e una terrazza in cima; era un ambiente abbastanza elegante.

Qualche ora e svariati drink più tardi erano tutti nuovamente un po’ brilli e si muovevano nella folla a ritmo della musica, nella semioscurità del locale.

Ad un certo punto Boromir avvertì gli altri che sarebbe uscito un minuto a fumare ed Eowyn, accaldata e stanca, lo seguì per prendere una boccata d’aria.

Fecero promettere agli amici che li avrebbero aspettati prima di prendere ancora da bere e si diressero verso l’uscita del locale. 

All’esterno, davanti all’ingresso, si era assembrata una piccola folla di fumatori; così i due si allontanarono di qualche metro, camminando fino all’angolo dell’edificio, dove c’era l’ingresso di un vicolo buio.

Il ragazzo offrì all’amica una sigaretta ma lei rifiutò.

“Quindi, che mi racconti? Com’è andata la gita oggi?” Si informò la ragazza.
“E’ stato bello, a me piace molto fare passeggiate. Tuttavia avrei fatto a meno di fermarmi ogni quattro passi per colpa di Legolas e Gimli. Quei due hanno fatto a gara a chi sapesse più cose sulla natura; il primo battezzava ogni pianta che incontravamo, e il secondo non faceva che bloccarsi per raccogliere sassi e dirci il nome dei minerali che li componevano. Giuro che non ho mai sentito tanti nomi così strani in tutta la mia vita. ”

Eowyn rise, quei ragazzi erano incredibili, si volevano un gran bene ma sembravano costantemente in competizione.

“E Faramir?” Chiese, sperando di aver mantenuto un tono leggero e casuale.

“Cosa vuoi sapere?”

“Come sta…Se si sta divertendo.” 

“Lui ora è felice, solo…solo che potrebbe esserlo di più.”

La bionda si scostò i capelli dal viso e gli rivolse un’occhiata interrogativa; a quel punto il ragazzo si decise a parlare con franchezza.

“Ascolta, mio fratello non è sempre sicuro e calmo come vuole far credere. Ma io ho imparato a notare i suoi stati d’animo. Da quando siamo stati a ballare qualche settimana fa, lo vedo diverso. Inizialmente sembrava contento e ottimista ma poi, pian piano, ha smesso di esserlo. L’ho spinto a confidarsi con me, cioè in realtà, più che altro l’ho obbligato ma ehi, era per il suo bene! Comunque alla fine mi ha raccontato quello che era successo, ha anche aggiunto che aveva l’impressione che lo stessi evitando.”

Eowyn sospirò, lo sguardo perso nel vuoto, si morse un labbro nervosamente.

“Io…volevo chiamarlo; sapevo che la cosa più giusta da fare era parlare ma…non lo so…Ho paura che se io affrontassi il discorso, lui mi rifiuterebbe. E se quello che è successo non volesse dire niente e mi fossi fatta un film mentale e…”

“Amica mia, ti capisco, sul serio. Comprendo la tua confusione e la tua insicurezza. Non fare quella faccia, non sono un idiota insensibile come tutti credono.”

Fece un tiro di sigaretta e riprese il discorso.

“Tuttavia, se posso darti un parere, ti assicuro che sono preoccupazioni del tutto vane. Ho notato gli sguardi che ti lancia. Mio fratello ora ha paura di essere stato lui ad aver frainteso le tue azioni. Fagli capire che, in realtà, non è così. Sai, Faramir è la persona a cui voglio più bene a questo mondo, e non sopporterei che qualcuno potesse ferirlo, ma sento di star facendo la cosa giusta spronandovi a parlare. Insomma la vita è una sola, e dobbiamo decidere cosa fare col tempo che ci viene concesso.**”

La ragazza stava per rispondere quando sentirono dei rumori provenire dal vicolo alle loro spalle, e improvvisamente delle mani la afferrarono per le spalle.

 

Nel frattempo, all’interno della discoteca i ragazzi avevano continuato a divertirsi, mentre aspettavano gli amici per fare un terzo giro di drink.

“Ma dove sono finiti mio fratello ed Eowyn?” Chiese all’improvviso Faramir.

“Erano usciti un attimo. Però è stato almeno mezz’ora fa. Ora provo a chiamarli.” Rispose Aragorn; provò a telefonare ad entrambi gli amici, ma nessuno dei due rispose, sul suo viso si fece strada un’espressione preoccupata.

“Dovremmo andare a cercarli?” Suggerì Arwen, anche lei era in apprensione.

“Secondo me sì, ho come un brutto presentimento.” Intervenne Legolas.

I ragazzi nel corso degli anni avevano imparato a fidarsi delle sensazioni del biondo, che si erano rivelate più volte premonitrici.

Eomer guardò l’amico, inquieto.

“Spero con tutto il cuore che stavolta ti stia sbagliando.”

Il gruppo si divise: Aragorn, Legolas e Gimli perlustrarono i primi due piani del locale, mentre Arwen, Eomer e Faramir si occupavano del terzo e della terrazza.

Eomer camminava svelto, spingendo le persone per farsi spazio tra la calca, il suo sguardo perlustrava ogni angolo, ogni anfratto, cercando, fra la marea di gente, una testa bionda. Chiamava la sorella urlando il suo nome, anche se era inutile, a causa della musica alta. Il suo cuore martellava nel petto, e aveva il respiro corto, se le fosse accaduto qualcosa… Si sforzò di mantenere la calma.

Dieci minuti dopo si riunirono al piano terra.

“Niente?” Domandò Aragorn con ansia crescente. Gli altri cossero la testa; continuavano a guardarsi attorno, sperando di vederli ricompare tra la folla, sorridenti, che si giustificavano dichiarando di averci messo tanto a tornare poiché avevano ordinato da bere.

“Ancora non rispondono al telefono.” Esclamò Faramir, che aveva provato a richiamarli, con una punta di panico nella voce.

Aragorn imprecò.

“Usciamo! Andiamo a controllare fuori!”

Uscirono in fretta dal locale e si guardarono attorno freneticamente, li chiamarono a gran voce, ma niente da fare.

“Ragazzi!” Arwen urlò ad un certo punto per richiamare l’attenzione degli amici. La ragazza si trovava di fronte all’entrata del vicolo adiacente alla discoteca, era deserto e immerso nell’oscurità, ma ella aveva notato il profilo di due corpi per terra. Gli altri la raggiunsero velocemente, e si fermarono accanto a lei, col fiato sospeso.

“Secondo voi sono…” 

Aragorn non le lasciò finire la frase e si precipitò verso le due sagome, seguito a ruota dagli altri.

“NO!” L’urlo di Eomer spezzò l’aria.

 

 

 

 

 

* Avete presente quella scena in cui Biancaneve spedisce i nani a lavarsi? Lo spunto viene da lì.

**Frase da La compagnia dell’anello.

 

Una breve nota per spiegare la scena dei colori, affinché non mi si prenda per pazza.

L’assegnare ad una persona un colore era una specie di gioco che facevamo io e la mia compagna di banco in quinta superiore (a onor del vero, devo dire che noi assegnavamo anche il colore alle varie materie), in seguito allo studio di questa poesia di Rimbaud:

 

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,

Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:

A, nero corsetto villoso di mosche splendenti

Che ronzano intorno a crudeli fetori,

 

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende,

Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra

Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

 

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,

Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe

Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

 

O, suprema Tromba piena di strani stridori,

Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:

- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

 

Rimbaud accosta i suoni (vocalici) ad alcuni colori facendo intervenire sensazioni di origine diversa (sinestesia). Ogni colore richiama alcune situazioni o oggetti, indicando i rapporti profondi che legano tutte le cose.

Una scena simile a quella narrata in questo capitolo, non so perché, mi venne in mente (anche se inizialmente era leggermente diversa) mentre pensavo a che titolo dare a questa fanficion, ed è da qui che essa prende il nome. Ora che l’ho effettivamente scritta mi fa uno strano effetto, spero che la cosa non risulti troppo stupida e/o senza senso.
Tuttavia ci tenevo a chiarire poichè le persone mi guardano sempre stralunate quando spiego questo giochino mentale.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The hospital ***


Ciao a tutti!
Ecco quello che è il penultimo capitolo della storia!
Ho il grosso timore di non aver mantenuto i personaggi abbastanza in character. Ma lascio il giudizio a voi cari lettori.

Buona lettura!

Un bacio!



Quando Faramir fu capace di riconoscere l’identità delle due persone a terra, si immobilizzò.

Non riusciva a parlare e a muoversi; questo non stava accadendo sul serio, non lì e non in quel momento.

Vide la scena intorno a lui svolgersi come a rallentatore: Aragorn si inginocchiò accanto a Boromir e Legolas invece prese il polso di Eowyn cercando il battito.

Arwen era vicino a lui e gli posò una mano sulla spalla; non appena sentì il contatto, si riscosse e si precipitò anche lui al fianco del fratello.

La faccia e i vestiti di Boromir erano sporchi di sangue e nonostante gli urli dei ragazzi continuava a non riprendere i sensi.

Aragorn conosceva le norme di primo soccorso e quindi vietò a tutti di spostare i due ragazzi. Gimli stava già chiamando un’ambulanza.

Eomer era vicino alla sorella, la chiamava, le accarezzava il volto stando ben attento a non muoverla. La ragazza, che non sembrava avere ferite evidenti, improvvisamente si mosse e aprì gli occhi. Voltò il capo spaesata, poi alla fioca luce dei lampioni lontani riconobbe il volto del fratello, si tirò a sedere velocemente e lo abbracciò stretto, cominciando a singhiozzare. Lui la strinse fra le braccia cullandola dolcemente.

“Che cosa è successo?” Le chiese, accarezzandole con amore il capo, la voce era intrisa di un immenso sollievo.

“Noi stavamo parlando… poi sono arrivati due tipi che volevano i soldi e i telefoni. Ci hanno minacciato con un coltello. Non abbiamo opposto resistenza e glieli abbiamo dati. Ma quando pensavamo che stessero per andarsene… uno di loro mi ha bloccato contro il muro e ha cominciato a… lui voleva… Boromir intanto era bloccato dall’altro ragazzo ma gli si è rivoltato contro e ha provato a difendermi…Io subito ho cercato di aiutarlo ma ad un certo punto sono stata sbattuta per terra e non so… devo aver preso un colpo alla testa.” Si portò così una mano al capo, dove effettivamente si stava già formando un livido violaceo sulla tempia. Mentre parlava Eowyn cercava di fare respiri profondi nel tentativo di calmarsi, tuttavia le sue mani tremavano ancora, Eomer le strinse fra le sue.

 “Ma… Boromir! Dov’è? Come sta?” La ragazza lo cercò con lo sguardo e quando lo vide a terra privo di sensi si coprì la bocca con le mani sussurrando un ‘no’ disperato.

Faramir era ancora inginocchiato sul freddo e duro asfalto a fianco del fratello, aveva a malapena ascoltato il racconto della ragazza; era stato un sollievo quando lei aveva ripreso i sensi, ma ora tutte le sue attenzioni erano su Boromir. Prese la mano del fratello fra le sue, non sapeva cosa fare; la paura che potesse accadere il peggio lo paralizzava, impedendogli di pensare lucidamente.

Si ritrovò a pregare, non sapeva neanche lui cosa o chi; tutto quello che riusciva a pensare era ‘ti prego, fa’ che non muoia’.

Aragorn era al suo fianco, cercava di tranquillizzarlo, dicendogli che l’ambulanza sarebbe arrivata tra qualche minuto.

 

Quando l’ambulanza arrivò, i paramedici fecero a Boromir tutti i controlli necessari, poi lo  stesero con attenzione su una barella e lo caricarono sull’ambulanza; Faramir ed Aragorn andarono con lui; si accordarono con gli altri  stabilendo che li avrebbero raggiunti in ospedale. 

Arwen compose il numero di una compagnia di taxi, richiedendone uno abbastanza grande da trasportarli tutti e cinque. Appena la vettura arrivò, montarono velocemente.

Ad un certo punto il telefono di Legolas squillò. Il ragazzo rispose e mise in vivavoce: era Aragorn.

“Noi siamo appena arrivati.- Disse il ragazzo- Non sappiamo ancora dove lo stiano portando. Ragazzi, Boromir…” La comunicazione si interruppe improvvisamente, seguì un ripetitivo bip bip; il taxi stava attraversando proprio in quel momento una galleria.

Gli amici si guardarono con gli occhi sgranati e i nervi a fior di pelle, non dissero una parola,

Legolas si affrettò a ricomporre il numero di Aragorn, quando oltrepassarono la galleria, le dita tremanti e il cuore in gola.

“Ragazzi, ma che è successo? Perché avete chiuso la chiamata? Eowyn si è sentita male?” La voce di Aragorn era carica di preoccupazione, così Eomer lo rassicurò sulla salute della ragazza, spiegando che era semplicemente caduta la linea.

“Comunque, noi siamo al primo piano. Stanno visitando Boromir in questo momento.”

Detto ciò chiuse la chiamata.

Nel taxi scese il silenzio; Eomer continuava a tener abbracciata la sorella.

Una volta giunti a destinazione, Arwen pagò in fretta il tassista e tutti insieme si precipitarono dentro l’ospedale.

 

Arrivati al primo piano si trovarono davanti ad un lungo corridoio con solo una grande finestra alla fine, da entrambi i lati c’erano delle porte che conducevano a stanze ed ambulatori; l’ambiente era asettico e odorava di disinfettante.

In fondo si trovavano Aragorn, che continuava a fare avanti e indietro nervosamente, e Faramir, il quale era invece seduto, immobile, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il capo chino.

Il gruppo si avvicinò svelto ai due.

“Non ci hanno ancora detto niente.” Li aggiornò Aragorn a bassa voce.

Guardò Eowyn, e il suo sguardo si soffermò sul livido scuro sulla sua tempia, un lampo di rabbia si fece strada nei suoi occhi.

“Sto bene, davvero.” Lo rassicurò lei, cercando di sorridere debolmente.

Arwen le carezzò lievemente la schiena.

Legolas, nel frattempo, si era seduto accanto a Faramir; non parlò ma si limitò a stringergli una spalla. 

Anche gli altri si sedettero, ora non potevano fare altro che aspettare.

I minuti passavano lenti, l’attesa era snervante. Gimli ed Eomer andarono a prendere delle bottiglie d’acqua alle macchinette e le distribuirono agli amici.

“Amore, vieni a sederti.” Disse Arwen dolcemente, rivolgendosi al suo fidanzato e prendendogli una mano.

“No, preferisco camminare, mi calma.” Rispose quello riiequieto, le strinse lievemente le dita prima di lasciarle e riprendere a muoversi.

Ad un certo punto un medico con addosso un camice bianco uscì dalla stanza in cui avevano portato Boromir  e si diresse verso di loro.

“Qualcuno di voi è un parente?” Chiese scrutandoli tutti.

Faramir drizzò la testa e si alzò velocemente.

“E’ mio fratello.” Dichiarò, e il medico annuì; il ragazzo trattenne il respiro in attesa di sentire ciò che il medico aveva da riferire, aveva il cuore che batteva a mille e cominciò a sudare freddo.

“Allora, sono felice di informarla che suo fratello sta bene.- A queste parole seguirono dei profondi sospiri di sollievo- Non ha subito lesioni gravi nonostante i colpi ricevuti. Si è ripreso pochi attimi dopo che lo abbiamo cominciato a visitare. Ha diversi ematomi ed abrasioni e il setto nasale deviato. Non abbiamo rilevato un trauma cranico, tuttavia vorrei tenerlo sotto osservazione per il resto della notte. Direi che fra un momento potrete tutti vedere il vostro amico. Ha chiesto notizie di una certa Eowyn…Ah è lei, signorina! Ma che brutto livido che ha in fronte; posso darle un’occhiata?” Non appena la ragazza annuì, il medico le si inginocchiò accanto e, con gentilezza e pazienza, le ispezionò il volto; decretò che si trattava effettivamente solo di un ematoma, che sarebbe sparito entro poco tempo.

Dopo aver ricevuto il via libera, i ragazzi si precipitarono nella stanzetta dell’amico. 

Lo trovarono seduto su un letto, il busto appoggiato a dei cuscini. Aveva dei cerotti sul naso e su un sopracciglio e un polso fasciato.

Non appena li vide il suo volto si aprì in un sorriso felice.

Eowyn gli corse incontro e lo abbracciò lievemente.

“Grazie.” Sussurrò con la voce tremante e carica di commozione e gratitudine. 

Gli amici si affollarono acanto al suo letto, domandandogli come stesse.

“Boromir, ci hai fatto prendere un infarto!” Abbaiò Gimli, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“Sono così felice che tu stia bene!”  Asserì Arwen, anche lei sorridente e con le lacrime agli occhi.

“Io mi chiedo perché devo sempre portarti in ospedale. Sta diventando una brutta abitudine.” Intervenne Aragorn.

Faramir, intanto, era rimasto un po’ in disparte; osservava serio il fratello, scrutandolo come per assicurarsi che stesse davvero bene. Quando aveva ascoltato le parole del medico aveva provato uno smisurato conforto, ma una vena di paura era rimasta nella sua anima, e solamente ora si stava dissipando, lasciando il posto alla gioia.

Si avvicinò quindi anche lui al fratello.

“Faramir…”

“Sta' zitto!- Esclamò fingendosi arrabbiato- spero solo che gli altri siano messi peggio!” Aggiunse poi sorridendo, cercando di non far tremare la voce.

“Avresti dovuto vederli! Non si reggevano in piedi!” Boromir rise, ma poi fece una smorfia di dolore e si portò la mano al viso.

“Comunque hanno detto che mi lasceranno andare domani, è inutile che restiate qui. Andate a casa e cercate di farvi qualche ora di sonno.”

I ragazzi cominciarono a protestare. Allorché Faramir intervenne.

“Ragazzi, io resto. Se succede qualcosa, ma non succederà, vi avvertirò.” Affermò, con un tono che non lasciava spazio a repliche.

Boromir avrebbe voluto che il fratello si facesse una sana dormita, sembrava davvero provato, ma sapeva che sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea.

Quando tutti furono usciti, il ragazzo crollò a sedere sulla sedia accanto al letto, guardò il fratello, senza dire una parola.

“Sto bene!” Lo rassicurò allora l’altro, allungandosi e stringendogli un braccio.

“Boromir, se ti avessi perso… E’ stato come vedere il mio peggior incubo realizzarsi: guardare te, steso sull’asfalto e coperto di sangue.”

“Guarda che non ho intenzione di andarmene così in fretta. Voglio essere il tuo tormento per ancora un sacco di anni!” Scherzò Boromir, cercando di rincuorare il fratello; e dire che era lui quello steso su un letto d’ospedale.

“Io l’ho sognato.- Dichiarò Faramir.- Qualche giorno fa sognai questa scena: io ero vicino ad un fiume e guardavo il lento fluire dell’acqua. All’improvviso vidi una barca senza conducente che galleggiava placida, emanando una fioca luce. Mi avvicinai per osservare meglio. All’interno di essa c’eri tu, o meglio il tuo corpo, immobile e pallido. Eri vestito riccamente, come i re del passato e tenevi in mano una spada spezzata. I tuoi occhi erano chiusi e la vita ti aveva abbandonato*. La barca poi si allontanò da me, dirigendosi verso una cascata.” Fece una pausa e trasse un respiro tremante, una grande stanchezza gli era piombata improvvisamente addosso.

I due si guardarono, il legame che li univa era profondo, si erano supportati a vicenda da quando la loro madre era morta; per Faramir l’altro era un punto di riferimento, un scoglio a cui aggrapparsi durante la tempesta. Viceversa, Boromir non poteva fare a meno del fratello;  il quale, fin da quando era nato, aveva posto fine alla sua solitudine, che ancora in certi momenti rischiava di schiacciarlo, ma che lui cercava di nascondere.

“Sono contento che Eowyn stia bene. Ha preso una bella botta quando l’hanno spinta per terra. Quella ragazza sa davvero combattere.”

“Quando l’ho vista a terra…Avrei voluto esserci, per entrambi.”

“Effettivamente una mano ci avrebbe fatto comodo. Quei tipi erano…cattivi; quello che volevano fare ad Eowyn…” Serrò le labbra, arrabbiandosi al solo ricordo.

Faramir aveva sempre creduto che non esistessero né erbe cattive né uomini cattivi, solo cattivi coltivatori**; ma, forse, si sarebbe dovuto ricredere.

“Stavamo parlando ti te, quando ci hanno assaliti.” Continuò Boromir con tono casuale.

Il cuore di Faramir aumentò un poco le pulsazioni; voleva chiedere di più, sapere di più, ma desistette, vedeva che il fratello era estremamente spossato e si stava sforzando di tenere gli occhi aperti.

“Cerca di dormire un po’ adesso, ti sveglio io quando arriveranno gli altri.” Disse invece il ragazzo; il quale, nonostante la stanchezza, era determinato a non addormentarsi.

Boromir si sistemò meglio sui cuscini e dopo pochi istanti cadde fra le braccia di Morfeo.

 

Gli altri nel frattempo erano tornati al loro appartamento. Erano stanchi ma contenti che la situazione fosse andata per il verso giusto.

Andarono tutti a letto, ma non prima di aver concordato di alzarsi presto l’indomani e tronare all’ospedale.

Eomer tuttavia si rivoltava nel letto, inquieto e tormentato. Si alzò e si diresse nel soggiorno, dove dormiva la sorella. La trovò seduta in un angolo del divano letto, le ginocchia raccolte al petto e circondate con le braccia. Quando lei lo vide, sorrise lievemente.

Lui le andò a sedersi affianco; stettero in silenzio per qualche istante, entrambi desiderosi di parlare, ma nessuno dei due sembrava sapere come cominciare il discorso.

“Avrei dovuto essere lì con te stasera.” Affermò ad un certo punto il ragazzo, lo sguardo perso nel vuoto.

“Vederti a terra, priva di sensi…non sapevo cosa fare, come comportarmi, avrei dovuto proteggerti. Averi dovuto esserci. Avrei dovuto essere lì.”

“Eomer…”

“Se fossi uscito anche io con voi, questo non sarebbe accaduto.”

“Non lo puoi sapere! Quello che è successo non è stata colpa tua. Dico davvero!- Esclamò la ragazza prendendogli una mano.- Lo so come sei fatto e so che è tutta la sera che ti stai incolpando perché non eri al mio fianco a proteggermi da quei tizi.”

“E’ il mio compito. Da quando mamma e papà sono morti…Io non posso perdere anche te.” Eomer parlava accorato, cercando di non far tremare la voce.

“E non mi perderai. Ma non è compito tuo proteggermi, o dello zio. Le cose brutte accadono a tutti, me inclusa; le cattive persone esistono. Non è giusto che ti colpevolizzi.”

“Non ne posso fare a meno. Vorrei rompere la faccia a quei tipi. Vorrei…” Si interruppe, incapace di continuare.

“E’ passato, non pensarci. Quest’episodio mi ha fatto realizzare quanto in fretta le cose possano cambiare. Non voglio più aspettare per ciò che realmente conta per me, voglio andare a prendermelo.”

“Io voglio solo che tu sia felice. Ti voglio bene.”

“Anche io.”

Parlarono ancora per diverso tempo, in cui lei gli confidò non solo la sua volontà di cambiare università ma anche il suo timore di andare incontro alla disapprovazione sua e dello zio. Eomer ascoltava attento e silenzioso.

Lui la abbracciò e si addormentarono così: come quando erano bambini e fuori dalla finestre infuriava un temporale;  Eowyn soleva correre da lui perché tuoni e fulmini la spaventavano, Eomer allora  dolcemente la cullava e la rassicurava fino a quando non riprendeva sonno.

 

Il giorno dopo Aragorn, che aveva messo la sveglia, si alzò di buon ora e svegliò tutti gli amici. Dopo aver fatto una frugale colazione, si vestirono, presero degli abiti di ricambio per Boromir (dal momento che i suoi erano sporchi di sangue) e presero un autobus che li portasse fino all’ospedale. Erano tutti abbastanza stanchi a causa delle poche ore di sonno che avevano dormito, ma questo non impediva loro di essere felici del fatto che stavano per andare a recuperare i due fratelli.

Appena prima di varcare le porte dell’ospedale, Eomer entrò in un bar e comprò due grossi croissant alla nutella da portare ai due amici.

Il gruppo proseguì ciarliero fino alla stanza in cui riposava Boromir.

Quando giunsero alla porta si bloccarono, da dentro provenivano le voci dei due ragazzi.

“Boromir, non ti alzare ancora! Aspetta prima il controllo del medico.” La voce di Faramir appariva stanca ma ferma.

“Dai, bro! Voglio solo andarmi a comprare una colazione decente, quella che mi hanno dato fa schifo.” Ribatté il maggiore.

Aragorn aprì allora la porta con un sorriso.

“Per la colazione possiamo darti una mano noi.”

A quelle parole Eomer mostrò orgoglioso il sacchetto di carta contenente i due croissant.

 “Finalmente del cibo decente! -Esclamò Boromir tutto contento- I medici pensano davvero che io possa mangiare quelle insulse gallette di riso. Bah!”

Gli amici furono molto contenti di constatare che il ragazzo aveva l’aria di uno straordinariamente in forma, per una persona che era appena finita in una rissa: una notte di sonno e le cure ospedaliere gli avevano di certo giovato.

Faramir invece aveva due profonde occhiaie scure sotto agli occhi ed era estremamente pallido; Eowyn, guardandolo, si chiese se quella notta avesse dormito almeno un’ora, ma ne dubitava.

“Beh, visto che siete arrivati, tenetegli compagnia voi. Io vado un attimo in bagno. E tu- Disse Faramir guardando il fratello- non mangiarti anche il mio cornetto, grazie.” Dopodiché uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.

Mentre gli altri continuavano a ridere e a scherzare tutti insieme, Eowyn rimase pensosa e in silenzio per qualche minuto, poi, improvvisamente, come se le fosse giunta alla mente un’inaspettata epifania, uscì anche lei. Fuori dalla porta si guardò intorno, ispezionando lo spazio circostante, alla ricerca di Faramir; lo individuò davanti alla finestra in fondo al corridoio.

 Lo raggiunse con passo silenzioso ma deciso.

Il paesaggio al di fuori della finestra era bello; essa dava su un parco vicino all’ospedale, più in lontananza c’erano le case e gli edifici della cittadina e infine, all’orizzonte, si vedeva il mare, decorato da pennellate bianche di schiuma e sfiorato dalla luce del sole.

Eowyn affiancò il ragazzo, il suo cuore batteva forte, e parlò senza rivolgergli uno sguardo.

“Come ti senti?”

“Stanco, mortalmente stanco. Ma felice.”

“E’ stata una notte davvero movimentata.”

“Hai usato un eufemismo. Quando ho visto Boromir privo di sensi mi sono sentito morire. E quando ho visto te…Sono così contento che tu ne sia uscita quasi illesa.”

“Illesa nel corpo, forse; ma nello spirito sono ferita. Mi sono sentita  così debole…Odio chiedere aiuto, odio suscitare compassione.” Dopo aver detto quelle parole, lei gli lanciò una sola breve occhiata furtiva, come per controllare la sua reazione, per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso il mare.

“Sai, tutti usano quella parola con accezione negativa. -Disse il ragazzo, con un mezzo sorriso sul volto.- In realtà nasconde un bellissimo significato. Quando una persona prova compassione vuol dire che percepisce la sofferenza dell’altro e prova il desiderio di alleviarlo. E’ empatia; ieri erano tutti preoccupati per te. Io ero preoccupato per te."

Lei restò in silenzio, immobile, lo sguardo fisso era sui vetri della finestra senza vederli davvero.

“Perché non abbiamo più parlato, dopo la serata in discoteca?- Chiese improvvisamente Faramir.- Ho provato a chiamarti; ma, dopo che non mi hai risposto, ho pensato che volessi evitarmi e che quello che era successo fosse stata solo a causa dell’alcool.”

Era giunto infine il momento di affrontare quella conversazione.

“Ho avuto paura.- Ammise la ragazza- Sono stata una stupida codarda, in genere io non mi comporto così con le persone ma…” Esitò prima di continuare. Faramir si voltò verso di lei e restò in silenzio, in paziente attesa.

“Qualche anno fa, io desideravo l’amore di un altro; avevo perso letteralmente la testa per Aragorn. Quando lui mi ha rifiutata, non offrendomi altro che comprensione e pietà, il mio cuore si è spezzato. Col tempo ho realizzato che non ero innamorata di lui, ma dell’idea che mi ero fatta di lui, di quello che io penso che lui rappresenti. Aragorn era grande, indipendente, mi sembrava estremamente libero. Tutt'ora, adesso, ricerco una sola cosa: la libertà.”

Faramir la guardò, osservò i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle, la pelle candida ma lievemente arrossata dal sole dei giorni precedenti, gli occhi chiari che un tempo gli erano parsi così freddi come l’inverno. Mentre lei parlava, pensò che quella fanciulla fosse la creatura più bella che avesse mai visto. 

Si avvicinò un poco alla ragazza.

“So cosa cerchi, lo capisco. Ma non deridere la pietà, dono di un cuore gentile. Tuttavia io non ti offro la mia pietà. Dio, se potessi vederti come ti vedo io; sei nobile e valorosa e bella.” 

I due ragazzi ora non erano più fianco a fianco, ma si fronteggiavano, ad un’effimera distanza l’una dall’altro, gli sguardi incatenati. In quelle occhiate c’era tenerezza, gioia, affetto e, forse, qualcosa in più. 

Eowyn sollevò una mano e scostò un poco dagli occhi del ragazzo una ciocca di capelli; tuttavia invece di lasciar ricadere il braccio, ella lo porto sulla guancia di lui, accarezzandogli dolcemente lo zigomo col pollice.

“Sono così felice di averti incontrato, Faramir.” Sussurrò quindi la ragazza.

Ed erano vicini, più vicini di quanto lo fossero mai stati nelle ultime settimane.

Rimasero immobili per qualche istante; un anziano paziente che passava di lì, lanciò loro un’occhiata veloce sorridendo, mentre ricordava quando, in gioventù, anche lui e sentiva il morso pungente dell’amore.***

I due ragazzi ignoravano ogni cosa li circondava.

Faramir si chinò su di lei e leggermente posò le sue labbra su quelle della ragazza;  per un attimo non fu che quello: un piccolo contatto carico di passione.

Lei rispose poi al bacio con entusiasmo, chiuse gli occhi e  avvolse le braccia intorno al collo del ragazzo, e lui la strinse ancora più vicino a sé.

Non ci furono fuochi d’artificio o sconvolgimenti astrali in seguito a quell’evento, ma entrambi si sentivano come se avessero passato tutte quelle settimane con la testa sotto l’acqua, in procinto di affogare, e quel bacio fosse una profonda boccata di aria fresca.

Si erano sentiti scombussolati, sconquassati, smarriti; ma ora, entrambi avvertivano di aver finalmente trovato il loro posto nel mondo.

Le loro figure unite erano illuminate dai raggi del sole che filtravano dalla finestra e brillavano nell’asettico corridoio dell’ospedale.

Quando si separarono avevano entrambi il respiro un po’ corto, emozionati.

Faramir poggiò la fronte contro quella della ragazza, chiudendo gli occhi per qualche secondo.

“Non pensavo sarebbe mai successo.” Disse poi con voce carica di sentimento; la stringeva ancora per la vita e non avrebbe mai voluto lasciarla.

Lei sorrideva, felice.

Lo bacio ancora, e ancora; il gelo invernale della sua anima si stava sciogliendo, e al suo posto faceva capolino una scintillante primavera.

“Dovremmo tornare dagli altri.” Suggerì in un sussurro tremante Faramir; l’altra annuì piano.

Si incamminarono vicini, sorridendo, le spalle che si sfioravano e le loro dita che si stringevano lievemente.

Quando aprirono la porta della stanza di Boromir, sei paia di occhi li fissarono. 

“Finalmente, ci stavamo chiedendo che fine aveste fatto!” Esclamò Gimli, rompendo il silenzio che si era creato.

Arwen stava fissando l’amica e le sorrise ammiccante; la ragazza percepiva che qualcosa nel rapporto fra Faramir ed Eowyn era appena cambiato.

I due si giustificano dicendo che avevano imboccato un corridoio sbagliato ed erano così finiti in un altro reparto; non erano pronti per dire la verità, non ancora. Ci sarebbe stato tempo per chiarire quel nuovo rapporto appena nato e di comunicarlo alla compagnia, tuttavia quello non era di certo il giorno giusto.

Quando finalmente uscirono tutti dall’ospedale era ormai ora di pranzo. Decisero di comune accordo di andare a mangiare al ristorante e  festeggiare così la lieta conclusione della vicenda.

Al tavolo Faramir ed Eowyn sedevano vicini e di tanto in tanto le loro mani si sfioravano, e loro sorridevano a quel contatto.

Dopotutto, quella vacanza non era stata un fiasco totale.

 

 

 

 

*Scena presente ne Le due torri.

** Cit. da I miserabili di  Victor Hugo

*** Mi pare che questa sia una frase pronunciata da Albus Silente nel sesto film di Harry Potter.

 

 

Note finali:

1) io non so niente di ospedali, ambulanze, medici e primo soccorso. Tutto ciò che ho scritto deriva da “conoscenze” avute tramite scene di film e serie tv, quindi se ho commesso qualche errore fatemeli presente.

2) in questo capitolo ci sono scene e argomenti che avrei voluto trattare in maniere più approfondita, ma questa non è una storia da prendere troppo seriamente e inoltre il capitolo sarebbe stato infinito. Mi scuserete se certe cose vi appariranno trattate con un po’ di leggerezza.

3) dopo un’aggressione/furto si deve fare denuncia alle autorità; ho sacrificato il realismo per non allungare troppo il capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The coffee shop ***


Ecco il famigerato (?) ultimo capitolo, potrei quasi commuovermi. In realtà è solo un piccolo epilogo che chiuderà il cerchio della storia. Spero di  non aver lasciato questioni in sospeso.

Detto ciò…buona lettura!

 

Un bacio!

 

Settembre era arrivato e gli amici avevano ripreso la loro solita routine di studio, partite di basket, uscite alla sera e caffè al bar.

Eowyn e Faramir, dopo essere tornati dalla vacanza, avevano cominciato ad uscire ufficialmente insieme. 

Quando lo avevano rivelato all’intero gruppo, tutti ne erano stati felicissimi.

Arwen e Boromir avevano esultato e avevano dichiarato a gran voce che erano stati loro gli artefici di quell’unione, grazie ai preziosi consigli che avevano elargiti all’uno e all’altra.

Legolas aveva invece affermato, con molta grazia, che lui aveva sempre saputo che i due sarebbero finiti insieme, fin dal momento in cui la ragazza, avendo perso l’equilibrio, si era aggrappata a Faramir.

“Cioè, fatemi capire: solo io non sapevo niente di questa storia?” Domandò Gimli indignato.

“Questo perché tu guardi, ma non osservi*.” Aveva risposto Aragorn, sorridendo allegro.

Solo Eomer era rimasto in silenzio, nemmeno lui era a conoscenza dell’attrazione reciproca della sorella e dell’amico; aveva certamente notato la vicinanza e l’affinità che c’era tra i due ma, preso da altre questioni, non vi aveva dato troppa importanza.

Quindi, a quell’annuncio, la prima emozione provata dal ragazzo fu la sorpresa, alla quale seguirono irritazione (chi si credeva di essere quell’individuo per meritare l’amore della sua sorellina?), indignazione (perché Eowyn non si era confidata con lui?) ed infine, dopo un lungo ragionamento, felicità per i due ragazzi.

Tuttavia, pur essendo molto contento per la sorella e l’amico, questo non impedì ad Eomer di fare a Faramir, un giorno che erano soli al bar La contea, un discorsetto molto serio, condito con minacce neanche troppo velate.

“Amico mio.” aveva esordito, sporgendosi sopra al tavolo in cui erano seduti e guardando l’altro fisso negli occhi con aria seria e minacciosa. 

Faramir scostò un po’ indietro la sedia, molto a disagio e abbastanza intimorito; era convinto che se l’amico avesse avuto un coltello da caccia a portata di mano avrebbe cominciato ad affilarlo con aria intimidatoria e falsamente noncurante.

“E quindi tu esci con mia sorella; la mia dolce, pura, innocente, virtuosa, adorata sorellina. 

Il mio bocciolo di rosa. L’orgoglio e il vanto della nostra famiglia, Eowyn.” E qui, forse a corto di aggettivi, fece una pausa. Nel frattempo Faramir continuava a guardarlo, inquietato, non era più tanto certo che l’amico fosse sano di mente, ma per il quieto vivere, stette zitto e attese.

“Sai, spero con tutto il mio cuore che la renderai felice, molto felice. Anche perché, se ti azzardi a farla soffrire, ti rompo le ossa una per una. Se dovessi mai scoprire che ha versato una singola lacrima per causa tua, ti faccio calpestare dal mio cavallo. Intesi?”

Il tono usato da Eomer era calmo, ma l’altro, guardando i suoi occhi, capì che l’amico non stava scherzando per niente, e che ciò che stava promettendo lo avrebbe realmente fatto.

Faramir annuì lentamente.

A quel punto il viso di Eomer si distese in un sorriso sinceramente felice e tornò a stravaccarsi sulla sedia.

“Sono così contento per voi! Perdonami per il discorso, ma dovevo chiarire questo punto. Ora posso darvi la mia benedizione.”

Davanti a quella solenne concessione, Faramir non ebbe il cuore di dire all’amico che si frequentavano seriamente solo da poche settimane, che forse la benedizione era un po’ prematura e che diciottesimo secolo era passato da un pezzo; tuttavia fu molto felice di ricevere l’approvazione del fratello della sua ragazza ( lo riempiva di gioia poterla chiamare così), e sorrise.

Eowyn, nel frattempo, aveva raccolto tutto il suo coraggio e, supportata da Eomer, aveva finalmente parlato con suo zio della sua vocazione per la medicina.

Theoden inizialmente aveva scosso la testa, non volendo sentire ragioni.

Però stavolta la ragazza non rinunciò tanto facilmente a convincere lo zio; dopo giorni di conversazioni a cuore aperto, suppliche, litigate e chiarimenti, alla fine l’uomo si convinse.

La nipote avrebbe frequentato la facoltà di medicina, se quello era realmente il suo sogno; a patto che lei abbandonasse ‘quell’assurda idea di imparare a sparare’; Eowyn accettò, in fondo quello era un compromesso che poteva sostenere.

Lei l’aveva quindi abbracciato, un sorriso sul volto; e lui aveva ricambiato la stretta, pensando, con un groppo in gola, quanto quella fanciulla fosse simile alla madre defunta.

 

 

Qualche giorno dopo l’inizio delle lezioni universitarie, Aragorn e Arwen aprirono la porta del bar La contea, avrebbero dovuto incontrare gli amici di lì a breve.

Al bancone c’era Bilbo che stava parlando e ridendo con Thorin, il quale teneva in braccio un bambino che non poteva avere più di due o tre anni e che giocava allegramente con le chiavi dell’uomo. In un tavolino lì vicino sedeva anche Frodo che disegnava tranquillo in compagnia di un bambino biondo.

I due ragazzi, dopo aver salutato, si andarono a sedere ad un tavolo assicurandosi di avere abbastanza sedie per quando sarebbero arrivati tutti.

Nel locale, Arwen notò con sorpresa, c’era un nuovo pezzo d’arredamento: un pianoforte color mogano faceva bella mostra di sé in un angolo.

La fanciulla raccontò quindi  al suo ragazzo come erano andate le prove per il concerto che avrebbe tenuto quella sera. 

La ragazza era molto emozionata, infatti era la sua prima esibizione da solista e, secondo alcune indiscrezioni, tra il pubblico ci sarebbe stata anche Galadriel, una delle più famose musiciste classiche contemporanee.

“…e fortunatamente l’Allegro l’abbiamo sistemato, anche se dopo tantissime prove; sai che imbarazzo altrimenti? L’orchestra che va avanti e io che non parto. Poi stasera devi assolutamente conoscere il flautista, è un ragazzo molto in gamba…”**

Mentre la ragazza parlava, Aragorn la guardava sorridendo, era così contento per lei. Certo, quello era solo un concerto cittadino, ma era sicuro che presto ne sarebbero seguiti altri di maggior importanza.

“Senti…per stasera, io ti ho preso una cosa. Per augurarti buona fortuna.”

Lei si interruppe e lo guardò con gli occhi spalancati e sorpresi.

Lui le allungò quindi una scatolina di velluto blu, che lei aprì trattenendo il fiato.

Un sorriso le illuminò il volto quando vide il contenuto.

“E’ meravigliosa! Non dovevi!” Esclamò emozionata e felice. 

Estrasse quindi dalla scatola una collanina d’argento, molto semplice ma elegante.

Dalla catena pendeva un piccolo ciondolino a forma di stella su cui erano state incise le parole ‘amata immortale’***

“Volevo farlo. Questa è un’occasione così importante e io sono immensamente, terribilmente fiero di te.”

“Dai, aiutami a metterla.” Disse lei, voltandosi e scostandosi i capelli corvini su una spalla, cosicché il ragazzo potesse essere più agevolato a chiudere il gancino.

Dopo che lui ebbe fatto, lei si rigirò e gli posò un dolce bacio sulle labbra.

“Ti amo.”

“Ti amo anche io.” Lui le accarezzò il volto, prendendosi un momento per ammirarla prima di baciarla ancora ed approfondire il contatto.

“Ragazzi, ma che fate? Ci sono dei bambini in giro.” La voce di Eomer arrivò alle loro orecchie, scherzosa e allegra. Il proprietario fece la sua comparsa al loro fianco con un sorriso; era arrivato accompagnato da Boromir e Legolas. Tuti e tre si sedettero al tavolo.

Aragorn ed Arwen si separarono, sorridendo.

“Dov’è Gimli?” Chiese Aragorn.

“Si è fermato a parlare un momento con l’allenatore della Erebor, a quanto pare è un amico del padre e lo conosce anche lui.” Rispose Legolas, apparendo lievemente contrariato; per qualche ragione ignota al gruppo, Thorin non gli era mai andato a genio.

“Beh, Eomer, invece di disturbare me e il mio adorabile ragazzo, perché non condividi col gruppo le tue avventure amorose?” Arwen lo fissò con aria di chi la sa lunga.

Il ragazzo in questione avvampò e cominciò a balbettare.

“Quand’è che ci presenti la tua ragazza? Non è da giugno che vi frequentate?” Aggiunse serafico Legolas.

Da quando Eomer aveva cominciato a frequentare Lothiriel seriamente, le aveva parlato spesso dei suoi amici, tuttavia non l’aveva ancora introdotta all’interno del gruppo.

“Noi…non stiamo ancora insieme…e non posso presentarvela. Voi la spaventereste e la fareste scappare.” Abbaiò il ragazzo, ancora rosso e annaspante.

“Ma certo che puoi.- Si intromise Aragorn.- In fondo lei ha già conosciuto Boromir, no? Vuol dire che il peggio è passato. E se è ancora qui, è un buonissimo segno.”

Boromir a quelle parole finse di essere offeso e sdegnato e tutti risero.

Finalmente Gimli li raggiunse al tavolo, dopo essersi congedato da Thorin. 

Legolas gli lanciò uno sguardo.

“Finito di fraternizzare col nemico?”

“Un giorno mi dirai che cos’hai contro quell’uomo! E’una bravissima persona, e comunque mi ha solo chiesto di riferire un messaggio a mio padre.”

“Diciamo che è una cosa di famiglia.” Rispose il biondo misteriosamente.

“Beh, non voglio intromettermi, ma chiunque conquisti Bilbo non può essere una persona cattiva.” Disse Boromir; ormai la storia fra i Thorin e il barista era diventata di interesse comune.

Legolas scrollò le spalle e sollevò altezzosamente il mento.

“Ma dove sono Eowyn e Faramir? Perché da quando stanno insieme sono sempre in ritardo?” Domandò allora Gimli, che era impaziente di ordinare qualcosa per merenda.

 

Eowyn e Faramir erano pienamente consapevoli di essere in ritardo per l’appuntamento con gli amici, tuttavia non accennavano ad accelerare il passo; e, mentre si dirigevano verso la loro meta, chiacchieravano tenendosi per mano, isolati dal resto del mondo.

Da quando avevano fatto ritorno dalla vacanza, si erano visti quasi tutti i giorni.

Si beavano della reciproca compagnia e, tra un appuntamento e l’altro, fra un bacio e qualcosa in più, la loro neonata relazione pareva andare a gonfie vele.

Ad un certo punto Faramir si fermò un momento.

“Dai, siamo già in ritardo.” Esclamò lei, tirandolo lievemente per una mano.

“Lo so, è che…Fra qualche giorno inizi ufficialmente medicina, e io volevo darti questo.”

E, dette queste parole, districò le dita della ragazza dalle sue ed aprì lo zaino.

Ne tirò fuori una piccolo quaderno che consegnò ad Eowyn.

Il dono era in realtà un’agenda: la copertina era verde smeraldo, i bordi erano decorati con ricami e disegni bronzei, al centro era rappresentata la figura stilizzata di un bel cavallo bianco, che pareva correre libero e fiero, con la criniera al vento.****

“Oddio! Grazie, è meravigliosa! E mi serviva proprio.” La ragazza gli scoccò un veloce bacio sulle labbra e sorrise.

Poi sfogliò le pagine dell’agenda per vederne l’interno.

In una delle prime pagine trovò, scritti nella grafia ordinata a precisa di Faramir, dei versi.

 

 

Su le immagini dorate

Su le armi dei guerrieri

Su la corona dei re

Scrivo il tuo nome

 

Su ogni carne consentita

Su la fronte dei miei amici

Su ogni mano che si tende

Scrivo il tuo nome

 

E in virtù d'una Parola

Ricomincio la mia vita

Sono nato per conoscerti

Per chiamarti

 

Libertà.*****

 

Lei lesse le parole con le lacrime agli occhi; levò poi lo sguardo sul ragazzo.

“Ma io cosa ho fatto per meritarti?” Chiese prima di abbracciarlo stretto.

Lui la strinse a sé e le poggiò un amorevole bacio sulla fronte.

“Non l’ho scritta io quella poesia.- Chiarì a scanso di equivoci.- Però mi sembrava appropriata. C’era anche l’agenda con il cavallo marrone, ma ho preferito quello bianco perché…beh, tu sei bianca.” Aggiunse poi il ragazzo, alludendo al gioco dei colori che avevano fatto in vacanza; Eowyn rise divertita e compiaciuta.

Dopo qualche istante si lasciarono e ripresero la loro camminata verso il bar di Bilbo; la ragazza si stringeva l’agenda al petto con una mano e con l’altra afferrò le dita di Faramir.

 

Quando finalmente i due giunsero a destinazione, tutti li accolsero con gioia.

“Finalmente! Eowyn di’ la verità: stavi attentando alla virtù del mio fratellino?” Domandò Boromir prendendoli in giro.

“Calma! - Intervenne allora Eomer- Loro non faranno niente prima del matrimonio.”

A questa affermazione seguì un coro di ‘seee’ e ‘come no’ da parte dell’intero gruppo.

Eowyn e Faramir si guardarono lievemente imbarazzati: dovevano ancora abituarsi a quel tipo di scherzi e battute.

Bilbo si avvicinò al tavolo per prendere le ordinazioni. 

Era il turno di Boromir di ordinare quando, all’improvviso, Thorin si avvicinò a Bilbo, aveva ancora il bambino in braccio, nell’altra mano reggeva il telefono che vibrava insistentemente e in volto aveva un’espressione un po’ seccata. Allungò il piccolo all’uomo che lo prese di riflesso, con faccia sorpresa.

“Mi tieni Kili? Devo per forza rispondere a questa telefonata.”

“Thorin, io starei lavorando.” Cercò di protestare Bilbo, mentre Kili sorrideva felice iniziando a tirare i ricci dell’uomo.

“Certo, sono convinto che quello che stai facendo sia importantissimo.- E a quelle parole Thorin scoccò un’occhiata al gruppo di amici- Ma io e Balin stiamo trattando l’affare del secolo. Ah, e da’ un’ occhiata anche a Fili nel frattempo.” Aggiunse e si diresse verso la porta velocemente. 

Bilbo sospirò, riportando l’attenzione sui ragazzi.

“Giuro che non si comporta sempre così. Vero che lo zio si sa comportare molto meglio?” Disse rivolgendosi direttamente al bambino che teneva in braccio, quello mosse la testolina annuendo.

“Quanti anni hai, tesoro?” Domandò Arwen con un sorriso, rivolgendosi al piccolo.

Quest’ultimo, incoraggiato da Bilbo, sollevò tre ditina e poi sorrise.

“Fra un po’ sei pronto per giocare a pallacanestro allora!” Esclamò Gimli; Legolas sollevò gli occhi al cielo.

“Ragazzi, visto che ho le mani occupate, mi scrivete voi quello che volete ordinare e poi, appena Thorin torna, vi porto tutto? ” Chiese Bilbo cortesemente allungando un blocchetto con dei fogli e una penna ad Aragorn.

Quest’ultimo annotò, sforzandosi di rendere leggibile la sua grafia, gli ordini di tutti e poi passò il taccuino a Bilbo, il quale lo ringraziò e si diresse al tavolo dove si trovavano Frodo e Fili.

“Ragazzi, sabato andiamo al cinema? E’appena uscito il seguito di quel film pazzesco che abbiamo visto l’anno scorso.” Chiese Boromir.

“Ma quale? Quello dove c’era quel gruppo di amici che partiva in un’impresa per distruggere il male?” Chiese Legolas, il ragazzo aveva un’ottima memoria.

“E quale sarebbe la trama di questo seguito?” Domandò incuriosito Eomer.

“Beh, praticamente ora che Elijah ha abbandonato il gruppo, deve finire il cammino da solo. E poi ci sono Viggo, Orlando e John che devono salvare gli altri membri della compagnia. E poi, bho…C’e una tipa, che si chiama Miranda, che non ho ben capito cosa c’entri…” Spiegò brevemente e molto confusamente Boromir; e gli amici, per quanto stessero prestando attenzione, non compresero comunque molto della trama.

“Io direi di andare a vederlo.- Asserì Faramir-Non ho capito un accidenti dal tuo riassunto, bro, ma secondo me è carino.”

Dopo un po’ Bilbo fece ritorno con un grande vassoio con tutte le loro ordinazioni.

Gimli lanciò uno sguardo di disgusto e disapprovazione alla brioche vegana di Legolas, mentre addentava il suo sandwich al tacchino.

“Bilbo, ma potrei suonare il pianoforte?” Chiese Arwen speranzosa.

L’uomo annuì entusiasta, in fondo aveva messo lo strumento nel suo locale apposta per questo.

“Ma sai pure suonare il pianoforte? Da quando?” Chiese Eomer sbalordito.

“Al conservatorio il pianoforte è uno strumento obbligatorio per tutti i non-pianisti. Anche se lo studio è imposto solo per un paio d’anni e non si impara mai molto.” Rispose la ragazza, mentre sollevava il coperchio che copriva la tastiera.

Si sedette sullo sgabello e fece aleggiare un momento le dita sopra i tasti, mentre decideva cosa suonare; il bar era praticamente deserto, quell’esibizione era esclusivamente per i suoi amici.

Tutti le si raccolsero intorno.

Delicatamente poggiò le dita sui tasti bianchi: una dolce melodia si diffuse nell’aria.

Era una musica che sapeva di casa, di fratellanza e di amicizia, di viaggi e di avventure.

Dopo una breve introduzione musicale, Arwen cominciò a cantare (nessuno si stupì che avesse una meravigliosa voce cristallina):

 

When the cold of winter comes

Starless night will cover day

In the veiling of the sun

We will walk in bitter rain

 

Eowyn aveva riconosciuto la canzone, l’aveva ascoltata decine di volte quando era salita sulla macchina dell’amica e quella accendeva la radio con la sua playlist preferita.

Strinse la mano di Faramir  e poi si unì al canto.

 

But in dreams 

I can hear your name

 

Anche Aragorn cominciò a dire piano le parole della canzone, sorridendo, un’espressione serena sul volto e gli occhi scintillanti.

 

And in dreams 

We will meet again

 

Seguì un breve intermezzo musicale.

“Ti sfido a cantare.” Sussurrò Legolas impercettibilmente all’orecchio di Gimli.

“Non conosco le parole.” Rispose burbero quest’ultimo, tuttavia sembrava commosso dalla melodia. 

Il biondo sorrise, cercò il testo su Google e passò il telefono all’amico, in modo che anch’egli potesse seguire; quindi cantò anche lui.

 

When the seas and mountains fall

And we come to end of days

 

Durante le ultime strofe si unirono perfino Boromir, Faramir ed Eomer, i quali, nonostante non brillassero per doti canore, ci tenevano a dare il loro contributo.

 

In the dark I hear a call

Calling me there

I will go there

And back again******

 

 

La fine della canzone fu un momento magico, si guardarono tutti, sorridendo.

Si sentirono potenti, giovani, spericolati, saggi, felici ma anche malinconici. Si accorsero improvvisamente di essere grati per ciò che la vita aveva loro donato: degli amici meravigliosi; persone con cui ridere e piangere, arrabbiarsi e fare pace, trovare conforto e scatenarsi.

I loro cuori, in quel momento, traboccavano di reciproco affetto.

L’incanto fu spezzato da un applauso entusiasta che proveniva da Bilbo, Frodo, Fili e sorprendentemente anche da Thorin; i quattro avevano assistito alla piccola esibizione improvvisata, sorridendo teneramente.

I ragazzi si inchinarono ridendo, Arwen si esibì in un’aggraziata riverenza; dopodiché tornarono a sedersi al loro tavolo per finire di fare merenda.

“Ragazzi, stasera che ne dite di una pizza a casa nostra dopo il concerto?” Propose Eomer quando uscirono dal bar.

Gli amici annuirono entusiasti e, parlando e facendo progetti, si diressero tutti verso la biblioteca.

                    THE END

 

 

*Cit. dal telefilm Sherlock

**Il concerto a cui Arwen si riferisce è il K299 per flauto, arpa e orchestra di Mozart.

***Cit. da una delle lettere che Beethoven scrisse ad una misteriosa donna nel 1812, se avete tempo e voglia vi consiglio di leggerle, sono davvero splendide.

****E’ l’emblema di Rohan.

***** E’ una poesia di Paul Eluard (se qualcuno fosse interessato: https://www.poesiedautore.it/paul-eluard/liberta-eluard)

****** La canzone è The road goes ever on…Pt 2. Fa parte della colonna sonora de La compagnia dell’anello. 

 

 

Note: 

Se qualcuno mi avesse detto solo un paio di mesi fa che avrei scritto una fanficion, probabilmente gli sarei scoppiata a ridere in faccia.

Tuttavia, immagino che la quarantena abbia cambiato molte cose.

Scrivere questa storia mi ha divertito immensamente e, devo ammetterlo, mi ha aiutato a mantenere una certa sanità mentale durante il periodo del lockdown.

Spero che anche chi l’ha letta si sia divertito.

Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono fermati a dare una sbirciata; e chi ha impiegato qualche momento della sua vita per farmi sapere la propria opinione (sia con recensione, sia con messaggio privato).

Non so se scriverò ancora dopo questa fanficion, ma stavo pensando che, se lo dovessi fare, sarebbe carino fare una specie di “spin-off” sui personaggi a cui ho dedicato meno spazio, o magari su Thorin e Bilbo…chissà.

Certo è che, se scrivessi così tanto per le mie ricerche universitarie, probabilmente mi sarei già laureata con lode.

Vi ringrazio ancora e vi saluto.

Dream.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3904592