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di Mordekai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zolfo e Magia. ***
Capitolo 2: *** Cuore d'Ossidiana. ***
Capitolo 3: *** Il Risveglio dell'Omega. Parte 1. ***
Capitolo 4: *** Il Risveglio dell'Omega. Parte 2. ***



Capitolo 1
*** Zolfo e Magia. ***


In una lontana alba, misteriose Divinità comparvero nei regni degli umani per donare inestimabili artefatti vibranti di energia in grado di infondere, nell’anima dei prescelti, un potere illimitato. Otto regni vennero scelti dai manufatti stessi, condividendo con i nobili signori l’uso e il volere dei propri Creatori:

Fernis, l’artefatto del fuoco, si stanziò nei regni del Re Oldor creando in ognuno di esso una torre a forma di brace. Il compito del Re fu quello di usare il potere delle fiamme per sopravvivere ai rigidi inverni e agli invasori che tentavano disperatamente di conquistare il suo territorio ricco di preziose risorse.


Oris, l'artefatto della terra consegnato all'unico druido delle terre selvagge dell'ovest: Atarish.

Aerana, l’artefatto dell’aria, scelse la Regina guerriera Hadwisa. Forgiata dai continui conflitti del suo regno, le sue abilità di eccellente paladina si rivelarono utili per conquistare i nemici sfruttando i poteri dell’artefatto.

Neptulum, l’artefatto dell’acqua si rivelò un alleato indispensabile per il Capitano Thegorin. Generando gigantesche onde e usandole come copertura, la sua flotta si impadronì del commercio marittimo. Le sue gesta vennero narrate dai migliori bardi e menestrelli delle contee.

Glacea, il primo artefatto insolito per l’imperatrice Medusa. Simile ad un cristallo, il suo potere del gelo si amplificava durante l’inverno divenendo immune al caldo. Una leggenda narra che l’Imperatrice, per impedire che il manufatto venisse trafugato, lo inghiottì divenendo un tutt’uno con esso.

Millenis, invece, scelse la maga Carmun che abitava nelle regioni centrali disabitate da secoli. La sua forma di fiore da dodici petali decretava lo scorrere del tempo ma permetteva anche di fermalo, bloccarlo, rimandarlo indietro o accelerarlo. Con un tale potere, poté riportare la vita ove essa venne eradicata nonostante fosse il destino a decidere.

Evlan, l’artefatto della vita, ritenne degna del suo immenso potere la tessitrice di magie Dahut. Gli abitanti del suo villaggio la consideravano malvagia per il suo umore scorbutico e le bastonate che dava a coloro che la disturbavano. Quando una temibile febbre strappò la vita a centinaia di persone, il capo villaggio la supplicò di salvare più vite possibile grazie alla sua magia, abolendo così il divieto di stregonerie. I pargoli la chiamarono ‘’Dahut, la benevola.’’

Illumiastra, il secondo ed ultimo manufatto insolito, scelse come padrone Valazar il Cieco. La luce e i fulmini di cui era costituito quell’artefatto permise all’uomo di poter rischiarare il buio che lo aveva attanagliato per oltre quarant’anni. I suoi occhi coperti dal velo lattiginoso della malattia, si tinsero di un giallo intenso dalla quale guizzavano impercettibili fulmini.

Da allora, ogni dieci anni, questi sette Arcani si riunivano nel luogo dove le Divinità discesero per accogliere nelle loro schiere nuovi adepti e indossare i loro colori. Il rituale era semplice ma rischioso: ogni primogenito veniva colpito da una scarica d’energia da parte degli Arcani e, se la sua anima e il suo corpo resistevano a quell’intenso potere, veniva accettato.
Se l’invitato, per voler del fato, non sopravviveva a nessuna delle prove, veniva marchiato come Impuro e rimandato a casa. Morto. Per millenni le schiere degli Arcani si riempirono di prodigiosi adepti che vennero ricordati nei documenti storici e le loro imprese cantate ancora oggi, fino al periodo di buio dove nessun primogenito fu in grado di sopravvivere e centinaia furono le vite stroncate.
La giovane Akhelia Vilbaar, scettica della veridicità di tali artefatti, decise di inviare ai grandi Arcani la spilla della sua famiglia come simbolo d’iscrizione al rituale sacro.

E qui, la sua storia, ha inizio.
 
Capitolo I.

6207° anno dalla Creazione Arcana. Ventoscuro, terza capitale della Repubblica delle Tre Spade.
Il sole pallido illuminava pigramente Ventoscuro, terza delle sei capitali della Repubblica delle Tre Spade fondate dall’omonimo ordine di cavalieri, donandole un aspetto tra il lugubre e il surreale. Appollaiata come un corvo, una ragazza dai corti capelli neri osservava le stradine colme di mercatini e venditori esotici, agghindati con sgargianti abiti di stoffa colorata che contrastavano le torri e gli edifici di pietra grigia e basalto. Un uomo dalla folta barba, con una pesante armatura nera con lo stemma della Repubblica inciso sul petto si avvicinò incurante del fracasso emesso dal metallo:
‘’Quello sguardo pensieroso è identico a quello di tuo padre, cara Akhelia.’’- esordì il cavaliere, appoggiandosi al parapetto e si unì anch’egli a quell’osservazione. Non ricevendo risposta dalla ragazza, estrasse dal suo cinturone una lettera con un sigillo in cera lacca e glielo porse, attirando subito l’attenzione.

‘’Gli Arcani hanno ricevuto il tuo invito, e nel tardo pomeriggio uno dei loro messaggeri verrà da te per scortarti al Gran Consiglio. Ora che ho la tua attenzione, spiegami cosa ti turba.’’- continuò lui, impedendo che Akhelia prendesse la lettera.

‘’Mio padre non sa che ho inviato lo stemma di famiglia come simbolo d’iscrizione e…’’- si interruppe notando il sorriso del cavaliere ed impallidì. Conosceva bene quel sorriso, lo aveva già visto sei anni prima durante uno dei suoi allenamenti.

‘’Tuo padre, Sylren, fa parte del consiglio minore della Repubblica ed era mio dovere informarlo. Mi dispiace Akhelia, non ho avuto scelta.’’- aggiunse con tono di rammarico il soldato, sistemandosi i capelli.

‘’Da quando sei diventato Gran Maestro dei Magi, sei cambiato Brifard. Sei diventato fastidioso.’’- rispose Akhelia, dandogli un pugno sulla corazza amichevolmente e che il soldato ricambiò scherzosamente. Le voci concitate dei commercianti giunsero fin sopra la torre dove i due continuarono a parlare del loro passato e del futuro. Quando la campana dell’Alta Meridiana echeggiò il mezzodì, Brifard consigliò alla ragazza di andarsene poiché le sue reclute si sarebbero svegliate dal sonno provocato da lei.

‘’Non sono coriacei quanto te.’’- replicò Akhelia, alzandosi in punta di piedi e scagliando su un tetto lontano il suo rampino. Senza emettere alcun suono, si mosse dalla cima e giunse con un leggiadro balzo sulle tegole incrinate di una taverna.

‘’Sono degli apprendisti, ne hanno da imparare. E devo smetterla di parlare da solo.’’- asserì Brifard, notando che la sua vecchia conoscenza era già lontana. La ragazza correva e saltava da un tetto all’altro, muovendosi come un felino sulle varie impalcature ove i carpentieri la osservavano rapiti o altri le ordinavano di andarsene. Dopo aver superato un palazzo nobiliare, Akhelia notò una persona indossare un lungo abito blu notte con ricami argentei nella stradina sottostante; erano i colori del Consiglio Minore e solo una persona indossava dei ricami argentei. Prima che potesse correre verso casa, la stessa figura comparve sul tetto:

‘’Akhelia.’’- disse l’uomo, con calma glaciale da intimorire la giovane.

‘’Padre…’’- rispose lei, abbassando lo sguardo, imbarazzata e pronta a ricevere la ramanzina tipica di suo padre quando qualcosa lo contrariava.

‘’Brifard mi ha informato della tua iscrizione al Rituale Arcano inviando lo stemma di famiglia. Conosco bene il tuo scetticismo sull’argomento della magia e tutto ciò che non è pratico viene risolto da poteri. Perché lo hai fatto?’’- chiese lui, togliendosi il cappuccio così da mostrare il suo anziano volto ma pur sempre bello da vedersi, coronato da una barba bianca e occhi verdi. Quegli occhi smeraldini così intensi tradivano la delusione sul viso sereno dell’attempato uomo.

‘’Perché tutti considerano gli Arcani esseri potenti e questi artefatti provenienti da un lontanissimo passato non esauriscono mai la loro energia. Quindi voglio vedere con i miei occhi se è tutto vero o solo una menzogna millenaria congeniata solo per le folle.’’- rispose tentennando Akhelia, arrossendo per l’imbarazzo. L’uomo iniziò a ridere e scuotere la testa, come se fosse divertito dalla reazione della propria figlia.

‘’Quel rossore. Identico a quello di tua madre. Ad ogni modo, cerca di non dare troppo peso alle loro parole. Gli Arcani sono sì anziani, ma a causa delle loro continue guerre il loro spirito è duro come la roccia. Andiamo, ci aspetta il vassallo che ci condurrà da loro.’’

‘’Come? Verrai anche tu?’’- domandò sorpresa Akhelia, dimenticandosi di aver commesso un misfatto e attendendo una dura ramanzina dalle sfumature di moralismo e sentimento.

‘’Gli Arcani mi conoscono e mi reputano adatto ad assistere al Rituale, quindi dovrò venire anche io. Non temere, eseguirò con altri Membri dei Consigli la cerimonia di apertura e poi resteremo in disparte. Andiamo, forza.’’- replicò lui, incitando sua figlia a sbrigarsi prima che qualcuno la considerasse una ladra stando ferma sul tetto. Durante il tragitto di rientro, Akhelia poteva scorgere sulle mura della città frammenti di storia della sua creazione, delle battaglie e leggende che caratterizzavano Ventoscuro: vi era un bassorilievo che capeggiava sull’entrate della città da ambo i lati che mostrava uno dei fondatori della Repubblica distruggere da solo una creatura delle ombre. Il fondatore era decorato da foglie d’oro e polvere di diamanti così da evidenziare lo splendore del loro salvatore, mentre per la belva vennero adoperati materiali meno costosi come metallo e vernici ricavate da piombo e vegetali. Una carrozza in legno d’acero passò a pochi metri da loro, con il Sigillo degli Arcani inciso sui vetri opachi, scortata da alcuni uomini che brandivano archibugi dalla canna in bronzo e dai loro fianchi pendevano grosse sacche di cuoio nero. Sulle spalline dei soldati, invece, era dipinto un martello da guerra innalzato su tre merli di una barriera:

‘’Uomini provenienti da ForteFerro?!’’- chiese stupita Akhelia nel vedere quegli intrepidi uomini varcare le porte della Repubblica.

‘’Non sono semplici uomini. Sono tutti generali della Terza Barriera di ForteFerro, la più alta e quasi impenetrabile tra le mura. Ognuno di loro si è guadagnato un posto nel Tomo dei Difensori di Ferro. E non posso far altro che ammirarli.’’- rispose qualcuno a pochi passi da loro. Akhelia e suo padre si voltarono per notare un ragazzo dai capelli castani seduto su un barile, con indosso comodi vestiti giallo ocra e verde. Caratteristica peculiare di quel giovane era una fascia di colore bianco che portava sul braccio destro con l’iniziale del suo nome.

‘’Milziade, bentornato. Sei il solito sapientone.’’- disse Akhelia, abbracciandolo affettuosamente e venendo ricambiata dal ragazzo. Dalla sacca poggiata al suo fianco, Milziade estrasse un piccolo oggetto avvolto da un panno e dei lacci porgendolo alla sua amica. La ragazza, incuriosita, rimosse con cura l’involucro rivelando una vertebra dai bordi acuminati e frastagliati, con piccoli fori su ognuno di esso.

‘’Un piccolo regalo. So che apprezzi i fossili di animali particolari e dunque…’’

‘’Questa è la vertebra di una Tartaruga spinata della Melodia. Le sue ossa sono in grado di produrre suoni che attirano le ignare prede per poi trafiggerle con esse. Per tutte le pozioni, è meravigliosa.’’

‘’C’è l’iniziale del tuo nome anche sulla parte piatta.’’- replicò il giovane, sorridendo nuovamente. Akhelia non ebbe tempo di ringraziarlo nuovamente che lo squillo di una tromba attirò l’attenzione dei cittadini. Il cocchiere, nonostante indossasse anch’egli un’armatura, scese dalla carrozza e aprì la porta consentendo ad uno dei messaggeri di scendere. Tra le mani stringeva cinque stemmi, uno dei quali era della famiglia di Akhelia. L’uomo alzò il primo stemma raffigurante una goccia di giada racchiusa tra due pugnali ed esordì:

‘’Enoch Rune, della famiglia dei Pugnali di Giada, cortesemente vieni avanti.’’

‘’Sono qui.’’- rispose il ragazzo, comparendo da dietro un capanno, con indosso indumenti sporchi d’olio e polvere verde che brillava al sole. I capelli biondi erano rinchiusi sotto una retina dalla trama sottile, mentre il volto era coperto da fuliggine. Il messaggero sorrise e ignorò l’aspetto poco presentabile del giovane, prendendo così il secondo stemma: uno scudo con una foglia cremisi poggiata al centro.

‘’Idalia Vermicolo, del clan dei Foglia-Scudo Cremisi, vieni avanti.’’- non riuscì a terminare che qualcuno atterrò sulla carrozza, coperto da un mantello sgualcito dalla quale sbucava un grande scudo a goccia. Una ragazza dai corti capelli castani tenuti legati da una fascia fu l’artefice di quell’entrata in scena chiassosa. I soldati puntarono subito i loro archibugi e armi da guerra contro la misteriosa ma il messaggero ordinò loro di deporre le armi:

‘’Idalia Vermicolo, del Clan Foglia-Scudo Cremisi agli ordini.’’

Il portavoce degli Arcani acconsentì a quell’inusuale modo di presentarsi e proseguì con il terzo e quarto stemma: una freccia a quattro punte con piccole rune e una coda di scorpione dipinta di giallo scuro:

‘’Cyrix Sagitta, della casata Freccia Argentea e Lilac Strigo, dei nobili dello Scorpione di Bronzo, venite avanti cortesemente.’’

Cyrix, un giovanotto abbastanza robusto uscì da casa sua con il suo pregiato arco in legno di quercia e abiti comuni che tradivano la sua eredità da nobile. Lilac, invece, si presentò con un copricapo simile alle chele di uno scorpione e con una coda che arrivava all’altezza del collo. Il portavoce degli otto Arcani prese l’ultimo stemma, delle corna di cervo legate tra loro:

‘’Akhelia Vilbaar, figlia del Capo del Consiglio Minore Sylren, vieni avanti.’’- annunciò l’ultima persona tra gli sguardi meravigliati dei presenti. Akhelia deglutì per mascherare l’imbarazzo e si presentò al portavoce degli Arcani con serietà.

‘’Perfetto. Ora che i cinque invitati al Rituale degli Arcani sono presenti, vi annuncio che all’imbrunire partiremo per Gran Ossidiana, ove verrete collocati prima che la cerimonia possa aver luogo. Tardate e verrete dichiarati Impuri. Portate solo il necessario così non appesantirete le carrozze all’esterno delle mura.’’- aggiunse l’uomo, riponendo gli stemmi e invitando tutti a proseguire nelle loro faccende. La carrozza si mosse, diretta al Palazzo delle Tre Spade per dare la lieta novella. Milziade restò interdetto a quella scoperta, tanto da aggrottare la fronte e restare in silenzio. La curiosità prese il sopravvento dei due ragazzi, portandoli ad avvicinarsi alle mura ben sorvegliate da golem di metallo alimentati da magia naturale; a pochi metri sulle loro teste, seduto in una piccola costruzione di pietra, vi era uno degli incantatori della Repubblica esperto nella creazione e manipolazione del metallo.

‘’Identificarsi, prego.’’- esordì uno di loro, avanzando per prima e impedendo agli altri di proseguire.

‘’Akhelia Vilbaar e Milziade Eterni.’’- rispose Akhelia facendo le veci del suo amico. Il Golem li osservò con il suo unico occhio dall’intenso blu notte per qualche secondo prima di abbassare la leva del cancello e consentire loro di uscire. All’esterno vi era ancor più vita: tra danzatori erranti, musicisti e altri cittadini del luogo che brulicavano le gigantesche strade. Qualcuno si fermò a pochi passi da loro, avvolto da un pesante mantello sudicio sorretto da un bastone di pietra; la sua mano non sembrava avere nulla di umano, dita lunghe quanto un fuscello ed ossute, vene viola come prugne e il viso sembrava essere pelle fusa ad una maschera.

‘’Uno degli Eremiti del Manto Nero. Ti consiglio di fare attenzione, sanno essere pericolosi nella loro semplicità.’’- bisbigliò Milziade, osservando quel losco figuro tremante sotto il suo mantello.

‘’Sei un saputello, vedo. Noi Eremiti siamo pericolosi solo con la nostra conoscenza. Dalla presenza di queste carrozze, uno dei voi due è stato scelto per partecipare al Rituale degli Arcani…’’- esordì lo strano figuro, muovendo parte del suo cappuccio per mostrare solo un sorriso terrificante. Annusò l’aria e puntò il suo scheletrico indice contro Akhelia, sorridendo sotto il cappuccio.

‘’Tu ragazzina, vedo che sei stata scelta per unirti ad uno degli Otto Arcani. Ma tu, come tutti gli altri ‘vincitori’, non dovreste fidarvi di loro. Non hanno interesse nelle vostre abilità o sentimenti. Ve ne accorgerete presto.’’- riprese, prima di incamminarsi con lentezza e tremori verso una meta ignara. Akhelia e Milziade si scambiarono una rapida occhiata prima di ridere ed incamminarsi verso le strade trafficate. Alcuni alchimisti davano spettacolo con le loro creazioni riuscendo a tramutare alcune monete d’argento in piccole fiamme danzanti, fabbri che dalla loro fornace estraevano maestose spade dalla lama minacciosa, maghi che creavano girandole di pugnali e per incutere timore le scagliavano a pochi centimetri dal viso delle persone. La giovane, osservando quei splendidi pugnali, si ricordò di acquistarne una per difendersi da possibili nemici durante il tragitto:

‘’Milziade, conosci qualche mastro armaiolo nei paraggi?’’- chiese la giovane, aggrottando la fronte alla ricerca di uno di essi. Il giovane, ridacchiando, punzecchiò la sua spalla e indicò l’insegna proprio sopra le loro teste: Bertoldo Splendilama, Mastro nell’arte delle armi bianche. La ragazza sospirò e abbassò le spalle, sentendosi alquanto sciocca.

‘’Già, egocentrico è dir poco. Bertoldo è strambo, ma è uno dei migliori delle Cinque Capitali delle Tre Spade. E anche il più economico.’’- rispose il ragazzo, prendendo per mano la ragazza e conducendola all’interno della struttura a due piani. Una gigantesca fornace di pietra veniva alimentata da una dozzina di mantici automatizzati da un sistema di leve e contrappesi che creavano un gran trambusto.

‘’Bertoldo? Bertoldo, è qui signore?’’- fu Akhelia a chiamare il mastro, senza risposta. Uno scricchiolio provenne da sopra le loro teste che si tramutò poi un fracasso accompagnato dalla caduta di assi di legno, elastici e metallo: in quel groviglio così confuso comparve il viso barbuto dell’uomo, coperto di fuliggine e scottature.

‘’Oh, clienti! Perdonate la mia poco dignitosa presenza ma stavo lavorando ad una speciale macchina per sorvolare i cieli senza emettere rumori ma non regge il mio peso a quanto sembra. Potreste aiutarmi a togliermi da questa ragnatela di materiali, così posso mettermi al lavoro per le vostre richieste?’’- chiese l’uomo, sputacchiando un pezzo d’elastico rimasto incastrato sotto la lingua. Akhelia e Milziade recuperarono delle cesoie tranciando prima il groviglio sulle gambe e poi sul busto, consentendo all’omaccione di rimuovere il resto.

‘’Un peccato, materiali così longevi ma falliscono nel tentativo di costruire altre opere. Comunque, di cosa avete bisogno?’’

‘’Essendo prossima alla partenza per il Rituale degli Arcani, vorrei un pugnale o qualcosa simile per difendermi dagli aggressori durante il tragitto. E se può riparare il sistema di traino del mio rampino.’’- rispose la ragazza, porgendo l’oggetto sul tavolo. Bertoldo recuperò degli occhiali speciali che si muovevano da soli, aumentando o diminuendo la grandezza dell’immagine in chi li indossava. Il mastro armaiolo scosse la testa, affermando di non poter riparare il rampino dato che tutti i pezzi appartenevano al 3° millennio e i materiali erano ormai irreperibili.

‘’Sono dispiaciuto nel non poterlo riparare, è un bell’oggetto e leggero per il suo periodo d’appartenenza. Ti consiglio di trovare qualcosa però che passi inosservato. E adesso pensiamo alla tua arma bianca.’’- aggiunse lui, osservando l’altezza e la corporatura della ragazza trascrivendo le sue considerazioni rapidamente. Una volta terminato recuperò da sotto il bancone un telo chiuso da lacci di cuoio e lo poggiò sulla superficie piana, aprendolo. Al suo interno vi erano cinque pugnali di diversa grandezza e forma. Il primo era un lungo pezzo di metallo che si assottigliava dando la forma della lama e avvolto da una striscia di cuoio e stoffa; il secondo aveva il manico in bronzo e la lama in pietra, semplice ma alquanto pesante; il terzo sembrava essere stato ricavato dagli aculei di un Ferrospino, un porcospino dagli aculei di metallo in grado di infliggere gravi danni; il quarto e quinto pugnale avevano un manico d’osso con incisioni su di esso e legno pietrificato che fungeva da braccio di guardia. Solo il quinto, però, possedeva una scanalatura sul manico e Akhelia ne restò affascinata.

‘’Ottima scelta! Te ne posso forgiare subito uno, dato che questi sono solo da esposizione. Quello stiletto che vedi ha al suo interno cinque aghi della lunghezza di un mignolo, in grado di recidere arterie e causare la morte se non si interviene immediatamente.’’- esordì l’uomo con un sorriso mentre riponeva i cinque stiletti e recuperava il foglio dove vi erano le istruzioni per costruirlo.

‘’Davvero cinque aghi possono fare questo? Non ci credo nemmeno se lo vedo!’’- contestò Milziade. L’uomo alzò il lembo della sua camicia, mostrando una cicatrice a forma di stella colma di punti violacei.

‘’Tre anni fa venni pugnalato con uno stiletto simile. Basta a farti cambiare idea, moccioso?’’- domandò con tono tra il serio e il burlesco Bertoldo, abbassando la camicia da lavoro.

‘’Quando tempo ci vorrà?’’- domandò Akhelia, osservando i raggi del sole filtrare nella stanza, puntando al mezzodì. Il mastro d’armi si grattò la poca peluria sul mento e sotto il naso, riflettendo su quanto tempo avrebbe impiegato nel costruirla.

‘’Tre.’’- disse impulsivamente dopo poco, azionando una leva che provocò la caduta di materiale incendiario nella fornace, avvampando con una bocca di drago.

‘’Tre giorni? Non posso aspettare così tanto!’’- obiettò la ragazza, cercando supporto in Milziade in qualunque modo. Bertoldo ridacchiò girando gli ingranaggi che aumentarono così la velocità del mantice e rispose:

‘’Tre giri di clessidra, ovvero tre ore. Il metallo di quello stiletto si fonde e solidifica rapidamente, quindi sono costretto ad usare polveri e oli per evitare che ciò avvenga. Ecco perché ci vogliono tre ore per forgiarlo. Il costo è di dieci rusck. Ci vediamo a lavoro terminato ragazzi.’’- e così, prendendo un foglio con una tabella disegnata sopra, la diede ai due giovani e li salutò. Akhelia, però, non era molto felice dell’andazzo specialmente dare l’addio al suo fedele rampino che l’aveva accompagnata in tante avventure.

E pericoli. Proprio quando tutto le sembrò perso si ricordò di una donna in grado tramutare oggi comuni in qualunque cosa il suo richiedente desiderasse: Zahra Yoram.

Il giovane Milziade riconobbe l’espressione dell’amica e scosse la testa rifiutandosi categoricamente di seguirla.

‘’Dobbiamo andare da lei Milziade, non abbiamo altra scelta.’’- contestò lei, trattenendogli la mano e impedendogli di avanzare. Giravano molte voci sul ruolo di quella donna, tra le quali la pratica della magia degli abissi, la negromanzia oppure scambiare le anime di due persone e renderle irriconoscibili. La ragazza, notando la risolutezza dell’amico, andò da sola verso l’unico edificio distaccato da tutti gli altri. Sulle assi di legno di quella casa vi erano centinaia di boccioli argentati che si innalzavano a spirale lungo una piccola balconata. La vegetazione che contraddistingueva tutti gli altri palazzi o case in quel luogo era assente, lasciando solo della terra brulla e sabbiosa sotto gli stivali, accompagnato da un fastidioso odore di zolfo.

Bussò alla porta di ferrò che si aprì immediatamente, mostrando quel che sembrava essere una seducente donna dal viso coperto da una maschera sul fondo della stanza. La penombra la rendeva simile ad uno spettro e il fumo che sbuffava dalle fessure del pavimento non giovavano.

’Entra pure Akhelia, sono già a conoscenza del tuo desiderio.’’

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Capitolo 2
*** Cuore d'Ossidiana. ***


6207° anno dalla Creazione Arcana. Ventoscuro, terza capitale della Repubblica delle Tre Spade.

 
La porta vene richiusa con irruenza da una figura alta quasi quanto la porta, con una spessa armatura di piastre in perla e metallo e un cappuccio che gli copriva il volto. Dal suo fianco pendeva una spada lunga dalla punta ricurva, lunga fino al ginocchio, minacciosa e lucente. Zahra restava ad osservare la sua ospite mentre la foschia si tingeva dall’azzurro al verde al giallo fino al rosso per poi ricominciare nuovamente.

‘’Grazie Zâhedân, caro fratello, per aver chiuso la porta. Martha porta una sedia qui vicino per la nostra ospite.’’- esordì dopo un breve momento di silenzio. Dall’ombra di una colonna, un’altra figura alta come Zâhedân ma più snella comparve senza emettere alcun rumore e attirò al tavolo una sedia in pelle, usando delle bende che le cingevano il polso. Con estrema precisione Akhelia venne colpita dietro le ginocchia e cadde sulla sedia bruscamente ma senza subire danno:

‘’Un po’ più di gentilezza Martha. Gli ospiti, soprattutto coloro che hanno un retaggio particolare, vanno rispettati.’’- ammonì la donna, recuperando una caraffa di tè al mirto molto intenso e ne versò un po’ in due bicchieri di legno. Akhelia, visibilmente turbata dall’imponenza di quelle due guardie decise di bere d’un fiato il boccale e per poco non le andò di traverso l’ultima goccia.

‘’Piano con questa roba, ti può far ubriacare dopo soli due bicchieri. Ma passiamo subito al sodo. A te serve un oggetto in particolare che possa farti muovere rapidamente da un tetto all’altro. Un…rampino come lo definite voi giovani.’’

‘’Lei come fa a saperlo?’’- domandò la ragazza, guardandosi di tanto in tanto le spalle e studiando le due figure incappucciate simili a statue. Zahra aprì un cofanetto di legno di quercia con rivestimenti in oro ed estrasse una lunga sciarpa purpurea, o almeno quel che la fioca luce della stanza consentiva di vedere.

‘’Conosco molte cose di Ventoscuro, di Veraspina, Forraluna e altri luoghi che probabilmente vedrai in futuro. E conosco anche le vostre vite. La mia magia, usata come storiella per terrorizzare il sonno dei pargoli, differisce da quella degli Arcani ed evocatori. Tu, però, sei scettica riguardo la natura di ognuno di essi. Dammi il braccio sinistro per favore.’’- rispose con gentilezza e chiese alla ragazza di porle il braccio. Akhelia tentennò brevemente per poi far come chiesto. Zahra intonò delle parole in una lingua sconosciuta e la sciarpa prese vita, avvolgendosi come un serpente sul braccio della giovane. Il contatto con il tessuto gelido e allo stesso tempo morbido la fece sussultare, ma quel che fu sconcertante furono gli sfavillii che si propagarono da esso.

‘’Provala.’’- si limitò a dire la donna, restando impassibile. Akhelia puntò alla spada penzolante di Zâhedân e dal braccio si mosse rapida il tessuto afferrando l’impugnatura e tornando indietro con uno schioppo. Per evitare di essere trafitta, la ragazza si abbassò istintivamente. La maga non si mosse dalla sua sedia e immobilizzò la lama usando il legno della scrivania come scudo: parte di essa assunse la curvatura di un’onda marina che venne trapassata da parte a parte fino alla guardia.

‘’Non preoccuparti, è già successo altre volte in passato. La concentrazione è la chiave. Adesso va’, ho altri impegni da svolgere.’’- e con uno schiocco di dita la porta dell’abitazione si aprì, la sedia si mosse e catapultò all’indietro la ragazza finendo tra la polvere della stradina. Ad attenderla vi erano Milziade e uno dei Guardiani delle mura, impassibili innanzi all’imbarazzante spettacolo assistito. La belva metallica ordinò ai ragazzi di rientrare dato che il Portavoce degli Arcani era prossimo alla partenza per il Cuore d’Ossidiana, e non avrebbe atteso oltre:

‘’Come? Già il tramonto?’’- domandò esterrefatta la giovane, notando il sole tingere d’arancione il cielo sopra di loro, l’assenza o il rientro nelle abitazioni e terre dei vari carri di merce. La Guardia ordinò nuovamente ai giovani di rientrare e si avviò a grandi falcate verso le mura, ove i grandi bassorilievi in argento brillavano alla luce rossastra del tramonto. Rientrati nella Repubblica, Akhelia non si capacitava che fosse già il tramonto:

‘’Sei stata in quella casa per quasi tre ore, mi sembra normale.’’- la interruppe Milziade, seccato dalla decisione dell’amica.

‘’Due minuti, Milziade. Sono stata in quella casa per due minuti e non credevo che Zahra fosse in grado di manipolare la percezione del tempo. E nemmeno che avesse delle gigantesche guardie del corpo, un uomo ed una donna.’’- rispose Akhelia, mimando la loro corporatura cercando di far ridere il proprio amico. Giunti alla piazza centrale, il messaggero degli Arcani attendeva l’arrivo dei giovani partecipanti e si complimentò con Akhelia per aver anticipato tutti. In quel momento giunse anche Bertoldo con lo stiletto da consegnare alla ragazza e con un inchino di riverenza ritornò al suo lavoro. Si udirono diverse porte aprirsi e sbatacchiare, voci commosse che salutavano qualcuno e che ricambiavano tal gesto: i restanti quattro partecipanti arrivarono con le loro armi nobiliari e si inchinarono. Milziade, comprendendo l’ora dell’addio, saluto la sua migliore amica con un abbraccio augurandole buona fortuna.

‘’Perfetto. Giovani apprendisti, cortesemente, seguitemi. Le figure paterne o chi ne fa le veci vi attendono alle carrozze. Akhelia Vilbaar, tu e tuo padre viaggerete nella carrozza principale. Ordine degli Arcani e non si può rifiutare.’’- asserì l’uomo, avanzando per primo e alzando l’indice con autorità. Ad Akhelia non piaceva esser messa in prima linea, né tantomeno essere la preferita di qualcuno pur essendo nata da rispettabili figure. I cittadini salutarono i loro giovani apprenditi arcani seguendoli fino all’esterno delle mura ove vi erano le carrozze di ogni casata, con la figura autoritaria ed un soldato di ForteFerro fermo vicino alla ruota posteriore.

‘’Rispettabili cittadini della Repubblica, i Vostri giovani compatrioti torneranno tra sei mesi per la festività di Biancalbero. Fino ad allora, amici, possibili compagni o compagne e parenti potranno inviare lettere ai falchi messaggeri ogni due settimane. Che la Stella degli Arcani possa vegliare su di voi.’’- e così, il messaggero raggiunse la sua carrozza dove ad attenderlo vi era un ragazzo dai capelli argentati ed occhi zaffiro che osservava gli apprendisti da sotto il suo mantello a girandola con cappuccio di colore ardesia con diversi ricami in oro. I suoi occhi si posarono soprattutto su Akhelia, anch’ella presente, per qualche secondo prima di sentire i cocchieri delle varie carrozze invitare i loro viaggiatori ad entrare.

‘’Hai paura di una carrozza?’’- chiese con freddezza il giovane notando il tentennamento di Akhelia nell’entrare nel cocchio.

‘’Sii cortese Vespero, è nostra ospite e come tale va trattata.’’- lo redarguì gentilmente l’uomo, seduto vicino al cocchiere pronto a spronare gli stalloni. Il giovane con il mantello annuì e con un balzo si mise sul reto della carrozza per supervisionare le altre attentamente. Quando Akhelia si posò sul seggiolino di pelle rossa, suo padre comparve in un batter d’occhio all’interno avvolto da una nube azzurrina. Un richiamo proveniente dall’esterno e tutti i calessi si mossero con un gran strattone, innalzando nuvolette di polvere e facendo scricchiolare il legno delle ruote. Il messaggero degli Arcani e il padre di Akhelia discutevano di questioni politiche, di magia e di aneddoti della loro vita amichevolmente e in allegria condividendo le loro conoscenze. Procedevano in fila indiana aumentando di rado la velocità mentre il paesaggio cambiava spesso forma e colore, passando da radure di sabbia a rigogliose foreste di giganteschi faggi con costruzioni intricate tra loro ed unite da pontili, montacarichi che consentivano uno spostamento rapido da una casa all’altra anche loro di grandezze diverse.

‘’Che posto è questo?’’- domandò Akhelia, notando la moltitudine di nani, centauri e ninfe che salutavano con inchini o con le loro armi i viaggiatori.

‘’Stiamo attraversando la Foresta delle Tre Razze. Qui i nani di ogni fazione, i nobili centauri e le delicate ninfe vivono in armonia con la natura ed ella ricambia la loro gentilezza con cibo e gran salute.’’- rispose suo padre, ricambiando i saluti delle creature dall’interno della carrozza. Superato quel regno ed il suo cuore di smeraldo, giunsero ad una grande distesa di protrusioni rocciose acuminate che sbucavano dal suolo e innalzarsi per metri verso l’alto fino ad incrociarsi. La loro presenza rallentò di molto l’avanzata dei calessi e rese complicato il muoversi senza danneggiare le ruote o la carrozza. Senza alcun preavviso quegli aculei rocciosi andarono ad incastrarsi tra i raggi di tutte le carrozze, impedendo la loro avanzata e allarmando i soldati con gli archibugi.

‘’Perché passate per la terra degli Aculei d’Ebano, giovani viandanti? Questo luogo è pericoloso per inesperti. E anche per coloro che fanno parte degli Arcani.’’- elargì un misterioso essere avvolto da un mantello nero, sorretto da un bastone con diversi rami di vetro che si univano fino a formare una minuscola crisalide. Il volto scarno e gli occhi grandi gli conferivano un aspetto inquietante, quasi ostile. Comparvero altri come lui, appollaiati sopra gli enormi spuntoni di roccia simili ad avvoltoio: Akhelia riconobbe la figura esile e il volto da ratto di uno di loro.

‘’Eremiti del Manto Nero.’’- bisbigliò la ragazza, stringendo l’impugnatura del suo stiletto.

‘’Ve lo chiedo nuovamente: perché passate per la terra degli Aculei d’Ebano?’’- domandò nuovamente lui, sorretto dal bastone che iniziò ad emanare un flebile luccichio dai rami di vetro.

‘’Siamo diretti nel regno degli Arcani e questa è una delle tante strade che conducono rapidamente in quel luogo. Libera i carri e lasciaci andare, vecchio Orso.’’- rispose Vespero dall’alto della carrozza ove Akhelia risiedeva.

‘’Il Principe Vespero. Eccellenza e prestanza, ma pecchi d’educazione, tipico di voi nobili. E sia, ma non sarò così clemente la prossima volta.’’- corrispose Orso liberando le ruote dei carri con uno schiocco delle dita, restando ritto su uno degli aculei. Le carrozze ripresero il loro viaggio con estrema lentezza dovuta al terreno roccioso e agli Eremiti che osservavano cupi la carovana: tra loro, la giovane Akhelia riconobbe quell’eremita dal volto di topo tra tutti gli altri ed impallidì quando quello strano essere sorrise mostrando dei denti giallognoli e appuntiti. Abbandonato quel luogo dove il sole riusciva ad illuminare con i suoi fiochi raggi, il cielo assunse una tonalità che sfumava dal viola al blu scuro generando ombre deformi e trasformando costruzioni naturali in qualcosa di indicibile. Il messaggero degli Arcani colpì tre volte il tettuccio della carrozza e poco dopo si sprigionò una gran luce sopra di loro:

‘’Vespero è il primo adepto di Valazar il Cieco, l’Arcano della Luce e possessore dell’artefatto Illumiastra. Il suo potere consente di creare un finto sole che rischiara il cammino anche nella notte più buia. Io vi consiglio di riposare, sarà un viaggio.’’- asserì l’uomo recuperando delle bende per la notte e le diede ai suoi due ospiti e subito dopo si appisolò. Akhelia invece non riuscì a dormire serenamente, tra gli scossoni della carrozza e il cigolio delle ruote così si concentrò sul paesaggio ancora spoglio a tratti interrotto da alcune antiche costruzioni ancora integre e coperte da edere secche. Si ricordò di avere il dono datogli da Zahra e si concentrò per evitare di svegliare suo padre. Notò appoggiato sul sedile davanti la pergamena con i nomi dei partecipanti e, in un baleno, le fasce di seta viola si mossero verso l’obiettivo afferrando e consegnandolo con cura nelle mani della ragazza.

‘’Che stai facendo Akhelia?’’- chiese sussurrando improvvisamente suo padre, testimone di quel singolare evento. Akhelia si voltò rapida, impaurita dalla domanda ma si rese conto che suo padre stava parlando nel sonno e ronfava come una cornamusa. Il viaggio continuò fino al sorgere di un nuovo giorno e Vespero annunciò a gran voce il luogo:

‘’Siamo arrivati al Cuore d’Ossidiana, giovani arcani. Appena in città, dirigetevi alla mensa per la colazione e sistematevi per il rituale. Allo zenit verrete giudicati Arcani dell’Elemento o Impuri.’’
6207° anno dalla Creazione Arcana. Cuore d’Ossidiana, palazzo degli Arcani. Luogo ignoto.

 
Il Cuore d’Ossidiana, antico palazzo dei rituali degli Arcani, eretto tra due immense montagne gemelle denominate Phàrros e Pherros. Secondo le leggende queste montagne sono titani dormienti, per il volere delle divinità, e solo quando discenderanno nuovamente sulla terra potranno risvegliarsi. Un tempo il Cuore d’Ossidiana possedeva un nome diverso da come tutti lo conoscono: Altocorallo. L’intera struttura venne costruita fondendo materiali comuni a coralli di diversa specie, grandezza, forma e colore donandogli così l’aspetto di luogo di nobili altolocati. Con la discesa delle Divinità, però, il palazzo si tinse di colori più scuri che variavano dal grigio argento al nero pece fino al porpora per i simboli sul frontone. Akhelia alla vista di tale palazzo restò affascinata dai vari bassorilievi che adornavano le colonne all’entrata, ignorando completamente il resto del mondo.

‘’Hai ripensamenti o ti sbrighi ad entrare?’’- domandò Vespero da sotto il suo cappuccio, inchiodando i suoi occhi freddi sulla giovane.

‘’Sei sempre così burbero, vero? Solo perché sei un principe non puoi reputarti migliore di noi.’’- replicò istintivamente Akhelia rendendosi conto poco dopo della risposta. Suo padre, vicino ai due, si portò la mano alla fronte e bisbigliò una imprecazione che nessuno riuscì a sentirlo.

‘’E tu sei fin troppo sognatrice, giovane apprendista. Destati da tale letargo e sii lesta ad entrare altrimenti ti lascio fuori qui come un can…’’

‘’Vespero, basta così figliolo!’’- una voce profonda interruppe quell’alterco infantile tra il principe e la ragazza. Un attempato uomo con una benda purpurea sugli occhi avanzò lento verso di loro, facendo inchinare Vespero al suo cospetto:

‘’Maestro Valazar, che il sole possa sempre essere il suo astro guida!’’- rispose il ragazzo, salutando il suo maestro. L’uomo si strinse la benda che aveva sugli occhi, sbuffò leggermente ed invito gli altri a seguirlo. Nella piazza centrale del palazzo, Akhelia e suo padre rimasero esterrefatti dalla presenza di molti esponenti della Prima, Seconda e Quarta Repubblica delle Tre Spade, di Vacuocorno, di Pietracurva e persino i clan della Luna Invernale che nonostante le temperature indossavano sempre i loro cappucci neri sopra uno sgargiante mantello a girandola bianco con lo stemma del clan di appartenenza. D’un tratto il padre di Akhelia riconobbe tra i membri di Pietracurva un suo vecchio amico d’infanzia:

‘’Farran?!’’- esclamò sbigottito nel constatare che non era più il grassoccio compagno di avventure di anni addietro, bensì un formidabile soldato dalla muscolatura marcata ed evidenziata dalle vene che gli attraversavano gli avambracci.

‘’Sylren Vilbaar? Tu qui? Per la Vergine Rokka sei rimasto il solito mingherlino dalla folta barba!’’- replicò con lo stesso entusiasmo stringendogli la mano. Il padre di Akhelia fece una smorfia di dolore a quella stretta vigorosa percependo le ossa incrinarsi e rimpiangendo i giorni in qui Farran era grassottello. Uno squillare di tromba riportò l’attenzione dei presenti e un secondo messaggero reale annunciò a gran voce che il Rituale Arcano sarebbe cominciato allo scoccare del quinto rintocco della campana, pertanto tutti dovevano già stabilirsi all’interno del palazzo. Giunti all’interno Akhelia poté ammirare il sobrio sfarzo con la quale Altocorallo era stato agghindato per l’occasione: dalle colonne pendevano, ad entrambi i lati, gli otto stendardi degli Arcani con i loro nomi ricamati ad un pollice di distanza dal simbolo. Le volte che reggevano il peso di quel grande edificio erano tempestate di perline esagonali che irradiavano luce variopinta e rendevano le fiamme delle candele bluastre e rossicce.

Dall’alto di una delle colonne un servo si mosse librandosi in volo per annodare delle bandierine di seta per poi atterrare con leggerezza. Degli arcani esperti usarono le fiamme delle candele per creare altre decorazioni più intricate aiutati dai loro colleghi che cristallizzarono i fuochi. Akhelia si ritrovò immediatamente spaesata tra la massa di soldati, Arcani e membri rispettabili di casate di territori lontani finché il suo sguardo non si posò nuovamente sul Principe Vespero intento a dialogare con due apprendisti, Enoch e Cyrix precisamente in abiti della loro famiglia: verde per Enoch e grigio con cuciture bianche per Cyrix.

‘’Perché ti ostini ad osservare mio fratello?’’- domandò qualcuno comparendo al suo fianco. Voltandosi vide il viso familiare e serio del principe, con indosso il suo mantello con cappuccio e fu in quell’istante che la giovane fu esterrefatta. I due ragazzi erano gocce d’acqua, stessi lineamenti ma gli occhi eterocromi distinguevano i fratelli.

‘’Pensavo fossi tu, invero.’’- rispose Akhelia, imbarazzata sia dall’errore infantile sia dalla presenza del vero Vespero. Il principe sospirò, infastidito e replicò con la stessa dose di cinismo:

‘’Mi sento offeso, Vilbaar. Lui è Oberon, il mio secondo fratello. Fa parte degli Arcani Medi, principe del quinto Impero dei Cristalli ed è qui anche lui per assistere al rituale.’’- e nell’istante in cui Vespero pronunciò quelle parole, Oberon si avvicinò con un sorriso allegro ma che celava anche lui il cinismo per il fratello.

‘’Vedo che fai conquiste. Oberon Drago, membro degli Arcani Medi e principe del quinto Impero dei Cristalli, prossimo a diventare Monarca dei Crepuscoli sabbiosi.’’- asserì il giovane, sorridendo quasi a voler schernire suo fratello. Akhelia, avvertendo tensione fra i due, si scusò e andò altrove alla ricerca di un luogo dove potersi sedere prima che il rituale avesse inizio ma la maggior parte delle sedie e poltrone erano già occupate da altri nobili e aspiranti Arcani provenienti da territori mai sentiti prima, tutti in abiti sgargianti o chi con indumenti costituiti da ossa e cuoio. Alcuni di quei facoltosi presenti erano intenti già a divorare alcune prelibatezze ed Akhelia, notando uno dei piatti abbandonati con quel che sembrava essere un succulento cosciotto con sugo e miele, usò la sciarpa legata al polso per afferrare il piatto ma con la stessa rapidità con la quale la sciarpa si avventò sull’oggetto tale fu la velocità con la quale fu bloccata da una mano guantata dalla forma femminile. La ragazza si sentì in imbarazzo e spaventata dalla fenomenale rapidità della presa, e il sorriso di quella donna in armatura non giovava:

‘’Tu dovresti essere Akhelia, la primogenita di Sylren Vilbaar. Curioso l’oggetto legato al tuo polso e dalla sua manifattura, eppure non così veloce come credevi. Non preoccuparti, non verrai ammonita, adoro le persone che dimostrano creatività nel prendere oggetti dalla lunga distanza. Le rendono speciali quasi quanto noi Arcani. Io sono Hadwisa, regina guerriera ed Arcana del Vento, onorata della tua presenza.’’- esordì la donna dalla lunga treccia mora che le ricadeva sulla spalla, dimostrando la fierezza e l’eleganza, attendendo una stretta di mano da parte della ragazza.

‘’Il piacere è mio…’’- rispose Akhelia balbettando e stringendole la mano. In quel momento sopraggiunsero anche altre due figure con indosso le divise degli Arcani, una vestita d’argento e l’altra verde con ricami bianchi sul petto, entrambi scortati da un paggio e due soldati in livrea scura che annunciarono la presenza dell’imperatrice ed Arcana del Ghiaccio Medusa e del druido delle terre selvagge dell’ovest nonché Arcano della Terra Atarish. La regina guerriera si congedò con un cenno del capo per seguire i due colleghi e un altro paggio chiese ai presenti di prepararsi all’assistere al rituale. Dalle entrate opposte sopraggiunsero gli ultimi quattro Arcani, ognuno con i propri colori dell’artefatto. Quel che catturò l’attenzione di Akhelia fu l’ultimo degli Arcani a varcare la porta: indossava un mantello brillante che vibrava di una intensa energia magica e le sembrò di vedere degli sfarfallii su di esso muoversi costantemente. Quando gli otto Arcani presero posto sui loro troni posti a semi cerchio dietro di loro comparvero anche gli Alti Capitani facilmente riconoscibili dalla divisa militare con i colori d’appartenenza, un cordone dorato che partiva dalla spalla sinistra per congiungersi alla destra e sempre sulle spalle ricadeva una cappa di seta. Il Primo degli Arcani, colui che possedeva l’artefatto Fenris, alzò la mano per far tacere il brusio prima di alzarsi e parlare:

‘’Benvenuti al Cuore d’Ossidiana, futuri discepoli dell’Arcano. Molti delle casate qui presenti sono già rinomate per le loro imprese, ma tra noi quest’oggi abbiamo una persona speciale che mai mi sarei aspettato di vedere a palazzo. La figlia del Capo del Consiglio Minore Sylren Vilbaar, il che è un grande onore.’’- si interruppe l’uomo chinando leggermente il capo in segno di riverenza mentre dalle sue mani si sprigionarono piccole scintille. I presenti applaudirono sia per il piccolo spettacolo che per la presenza dell’ospite, ma Akhelia si sentì in imbarazzo e strinse maggiormente la sciarpa legata al braccio alla ricerca di un conforto maggiore finché non giunse suo padre e la rincuorò con un sorriso.

‘’Sylren Vilbaar, gentilmente, si unisca ai suoi colleghi qui presenti per dare inizio alla cerimonia. Voi aspiranti, invece, verrete chiamati per ordine di casate.’’- si unì poi il Terzo degli Arcani, la regina guerriera Hadwisa colei che possedeva l’artefatto Aerana che volse un sorriso ad Akhelia, ricordandosi di lei poco prima. Il Consiglio, successivamente, diede il via alla cerimonia intonando prima una melodia bassa che si tramutò in un canto quasi impronunciabile e gli Otto Arcani unirono le mani in preghiera. Terminato il canto d’apertura venne chiamato il primo degli apprendisti, un giovane dal fisico gracile e dal viso colmo di lentiggini proveniente dalla Seconda Repubblica delle Tre Spade.

‘’Fulmen!’’- esordì l’Arcano dell’artefatto Illumiastra Valazar, scagliando dalle sue mani un gigantesco fulmine dorato che colpì il petto del ragazzo avvolgendo in spire elettriche. Durarono pochi secondi e le spire scomparvero, lasciando l’apprendista fumante e con parte dei vestiti strappati: l’artefatto del fulmine e della luce lo aveva appena rifiutato come suo discepolo.

‘’Vitae!’’- fu la volta dell’Arcana Dahut, la tessitrice di magie che possedeva l’artefatto Evlan e dalle sue mani si sprigionarono due fasci verde smeraldo che si mossero come rami in fiore andando a posarsi sul corpo del giovane ma scomparvero non appena toccarono il suo cuore. L’ennesimo fallimento.

‘’Tempŭs!’’- annunciò l’arcana e maga Carmun, custode di Millenis l’artefatto del tempo. Dal palmo della mano sinistra si aprì uno squarcio di tre colori: rosso, bianco e blu. Il fascio rosso si mosse estremamente rapido, il bianco rimase immobile mentre il blue si muoveva lentamente. Ed anche l’artefatto del tempo lo rifiutò, facendolo piombare al suolo. La fatica e gli effetti di tali oggetti iniziavano a mettere a dura prova il suo corpo.

’Glăcĭēs!’’- e un turbine di cristalli di ghiaccio si scagliarono dalle mani di Medusa, Arcana dell’artefatto Glacea ed Imperatrice, sul corpo del gracile apprendista che venne trafitto al petto. Anche questa volta, il ragazzo si ritrovò schiena sul pavimento. Rantolava e la sua pelle aveva assunto un colore livido ma non volle arrendersi. Gli Arcani si scambiarono sguardi preoccupati per il futuro discepolo ma la cerimonia doveva continuare.

‘’Unda!’’- fu la volta di Thegorin, possessore dell’Artefatto Neptulum e capitano delle armate navali. Mosse con una danza ipnotica le sue mani evocando un violento getto d’acqua che rinchiuse dentro una sfera la testa dell’apprendista. L’ossigeno iniziò a scarseggiare e cercò di togliersi quella gabbia d’acqua. Con immenso piacere, sia degli Otto che dell’apprendista, l’artefatto lo scelse come suo neofita.

‘’Raramente un discepolo dell’Arcano può possedere due o tre elementi in più, ma per le Antiche Scritture la cerimonia deve continuare. Aura!’’- decretò Hadwisa, prima di generare una forte brezza e scagliarla sul ragazzo che prontamente usò il potere acquisito creando uno scudo d’acqua abbastanza resistente contro l’impetuoso vento.

‘’Terra!’’- disse l’Arcano Atarish, il druido delle terre selvagge possessore di Oris. Sia sopra che sotto il ragazzo comparvero cinque grossi massi acuminati che andarono ad immobilizzarlo. Una piccola esplosione magica e la terra si mescolò all’acqua. Tutti applaudirono a quello spettacolo senza precedenti, un neofita in grado di controllare Acqua e Terra con estrema facilità.

‘’Inferno!’’- furono le parole del possessore di Fenris, il Re Oldor che colpì senza troppi riguardi il ragazzo con una sfera incandescente sbalzandolo lontano; per fortuna, l’intervento di un altro discepolo già al servizio degli Arcani arrestò il fatidico volo che poteva risultare fatale per il giovane e tutti furono sollevati nel constatare che fosse vivo.

Akhelia, però, non fu convinta di quel rituale e restò ad osservare con occhio indagatore il tutto, alla ricerca di una menzogna da parte degli Arcani e così si mise in disparte ad assistere. Fu il turno di una donna di mezz’età dai capelli biondi legati in una treccia, tratti somatici duri e corporatura muscolosa che fece bisbigliare i presenti. Il Rituale iniziò nuovamente dall’Arcano Valazar che colpì con fasci elettrice il corpo della donna che restò impassibile alla scarica, sapendo di esser stata rifiutata. Così anche l’Arcana Dahut e Carmun colpirono la donna riscontrando il medesimo effetto, lasciandola con diverse escoriazioni sul viso. Piombò su di lei una pioggia di cristalli gelidi evocati da Medusa e la donna alzò la mano per proteggersi gli occhi e con sorpresa quei frammenti si arrestarono a mezz’aria: il ghiaccio divenne il suo nuovo elemento. Thegorin, Hadwisa e Atarish in rapida successione scagliarono i loro poteri sulla donna, non ricevendo risposta positiva finché Re Oldor colpì al petto la donna con una sfera infuocata ma l’elemento iniziò ad avvolgerle il braccio sinistro che creò scintille e sbuffi di fumo:

‘’Impressionante! Due elementi contrastanti che adesso avrai modo di studiare e rendere tuoi, nobile condottiera Magnolia di NeroAculeo, Prima Repubblica delle Tre Spade.’’- asserì Re Oldor, invitando i prossimi apprendisti ad avanzare. Passarono delle ore, dove molti dei futuri neofiti vennero accettati da uno o due artefatti, uno solo fu in grado di sopportarne tre, con la conseguenza che tutti i capillari e la pelle risultarono folgorati ed ustionati con alcune parti solidificate. Ma, tra i vari fortunati, molti subirono il triste epilogo: Impuri. Tra i centocinquanta invitati, trenta furono gli sciagurati che perirono sotto l’eccessiva energia. Sul loro petto venne posato un panno viola per poi essere portati fuori il palazzo. Quando giunse il turno degli invitati della Terza Repubblica, Akhelia provò uno strano senso d’angoscia per aver visto morire delle persone innanzi a lei e ignorò completamente i suoi compatrioti essere accettati dagli artefatti. Enoch Rune, della famiglia Pugnali di Giada, divenne discepolo di Hadwisa e di Re Oldor; Idalia Vermicolo del Caln Foglia-Scudo venne accolta dall’Arcano Atarish nella sua cerchia; Cyrix Sagitta della Casata Freccia Argentea fu accettato dall’Arcano Valazar e il giovanotto esultò così da poter rendere devastanti i suoi attacchi; Lila Strigo dei Nobili dello Scorpione di Bronzo fu l’unica neo discepola di Thegorin e dell’Imperatrice Medusa:

‘’Uno scorpione di cristallo che attacca con sferzate di vento. Affascinante.’’- asserì Atarish, facendo scuotere il bastone druidico.
‘’Avrà tutto il tempo di studiare e apprendere le tecniche adatte per controllare i suoi poteri. Per l’egocentrismo ci vorrà qualcosa di diverso.’’- replicò Valazar, portando le mani al mento sapendo di aver toccato una nota dolente nel carattere di Lila che ignorò quel commento e sorrise lo stesso, venendo accolta dai nuovi membri. Akhelia continuava ad assistere a come quella cerimonia trasformasse comuni persone in un qualcosa di incredibile, di inimmaginabile persino per i più scettici come lei. Il suo cuore palpitava come tamburi da guerra finché:

‘’Akhelia Vilbaar. Prego, avvicinati.’’- fu la voce calma e allo stesso tempo gelida del Re Oldor a richiamarla ed avanzare verso il centro della sala. Percepì l’intensità degli sguardi dei presenti, degli Arcani e per evitare una crisi di panico cercò lo sguardo del padre che annuì impercettibilmente e le sorrise. La ragazza serrò la bocca traendo coraggio da quel sorriso e, con il petto gonfio di orgoglio, attese la prima ondata di energia che avvenne in un batter d’occhio. Sulla sua pelle avvertiva quell’intensa scarica elettrica proveniente da Valazar serpeggiare in tutte le direzioni fino a giungere nel suo cuore. L’Artefatto della Luce e dei Fulmini però rifiutò l’apprendista, lasciando il posto alla seconda ondata che si materializzò come giganteschi petali di rosa ma anche loro scomparvero non appena si posarono su Akhelia. La ragazza strinse i denti, già giunta al limite della sopportazione ed ebbe un gemito soffocato quando la maga Carmun la colpì con tre semplici fasci di luce colorata che svanirono successivamente. Si inginocchiò cercando di non rendersi ridicola, eppur quelle essenze così primordiali la stavano indebolendo. In rapida successione dei cristalli di ghiaccio, sfere d’acqua blu scura e sferzate di vento la colpirono con violenza, riuscendo a strapparle parte degli abiti all’altezza delle braccia e delle caviglie. Gli Arcani si scambiarono delle rapide occhiate, nuovamente preoccupati e con il desiderio che l’ultima apprendista non si rivelasse una nuova vittima e condivisero lo stesso sguardo d’apprensione a Sylren anch’egli preoccupato ed agitato.

‘’Posso farcela…’’- grugnì a denti stretti Akhelia, rialzandosi e cercando di mostrare la stessa fierezza di prima nonostante le ferite.
‘’Terra!’’- furono le parole del druido Atarish che evocò dei blocchi rocciosi acuminati che imprigionarono la ragazza fino al costato ma si sbriciolarono in un breve istante. Sette degli Otto Artefatti si erano rifiutati di decretarla come erede. Un brusio sommesso da parte dei presenti con una sola parola concreta e facilmente udibile: ‘’Impura.’’

Re Oldor, l’ultimo Arcano restante, sospirò e con tutte le sue energie fece piovere sulla ragazza una luminosa ed incandescente colonna di fuoco che vorticò fino al pavimento alzando una minuscola barriera di fiamme rosse scure. Akhelia tentò di non urlare, ma quelle fiamme erano dolorose e insopportabili. Sentì il suo cuore battere per pochi istanti, i polmoni supplicare per ossigeno e i muscoli cedettero. La colonna di fuoco scomparve ed Akhelia cadde in ginocchio prima di accasciarsi al suolo. Gli Arcani, così come il padre di Akhelia si coprirono il viso rammaricati per quell’evento.
 
-Ω-

La giovane Vilbaar spalancò gli occhi, trovando nuovamente sul pavimento di piastrelle smaltate ma intorno a lei non vi era la presenza di persone o di Arcani fatta eccezione di un semplice trono di ferro con braccioli che mutavano aspetto di continuo e su di esso una figura spettrale con una mano poggiata sulla guancia. Sembrava essersi appisolata eppur quel ghigno inquietante dipinto sul viso privo d’occhi testimoniava l’opposto.

‘’Dove mi trovo?’’- chiese la ragazza facendo echeggiare la sua voce nell’antro oscuro. La figura spettrale si destò dal trono e si rese conto di avere ospiti, o meglio, ospite.

‘’Non mi aspettavo visite, soprattutto durante un Rituale così pomposo e pacchiano. Hai chiesto dove ti trovi? Beh, nel Vuoto.’’- replicò con un sibilo gelido la creatura che più avanzava, più risultava enorme; la grandezza era quella di due uomini sulle spalle di un terzo.

‘’E cos’è il Vuoto? Tu chi sei e perché sono qui?’’- domandò ancora la giovane, preoccupata per le sorti del rituale. Per suo padre!

‘’Una domanda alla volta, Akhelia Vilbaar. Il Vuoto, come lo chiamo io, è semplicemente una sfera dove tutto inizia e dove tutto finisce. Io non ho bisogno di occhi per vedere o di orecchie per udire quando qualcosa ha raggiunto il suo corso. Nessuno è immortale, fatta ad eccezione per il Tempo che non muta mai il suo aspetto. In questo momento tu sei morta, sei Impura perché-‘’

‘’Ho chiesto chi sei! So cosa significa essere Impuri e l’ho visto con i miei occhi. Dimmi il tuo nome mostro!’’- urlò Akhelia interrompendo l’essere che ghignava ancora.

‘’Sono il Nono Artefatto, dimenticato da chiunque e rilegato qui. Il Vuote è il mio regno da ben seimilacinquecento anni, trenta settimane e venticinque giorni. Io sono Omega e tu sarai la mia erede!’’- e le dita ossute della misteriosa presenza toccarono il cuore di Akhelia facendola scomparire. La realtà si intrecciava con gli elementi, ogni cosa si distorceva ed esplodeva in una caotica tempesta di suoni e colori vibranti che l’accecarono e le sue urla si persero nel vuoto. Il suo corpo si allungava, si rimpiccioliva o si espandeva in modo disumano fino ad esplodere anch’ella in una pioggia di stelle scure.
Akhelia si trovò ad un centimetro di distanza da uno specchio d’acqua e lì vide sé stessa per un breve lasso di tempo prima che lo specchio d’acqua la inghiottisse nel suo freddo ed umido abbraccio.
-Ω-





















































 
// Sì, ho deciso di pubblicare di nuovo questo capitolo perché mi ero reso conto dell'assenza di alcuni dettagli. Buona lettura!
 

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Capitolo 3
*** Il Risveglio dell'Omega. Parte 1. ***


-Ω-
6207° anno dalla Creazione Arcana. Palazzo degli Arcani, Cuore d’Ossidiana. Luogo ignoto.
 
Il Consiglio circondò il povero Sylren, devastato dall’improvvisa morte della sua unica figlia e anche gli Arcani cercarono di donare il loro cordoglio assicurandosi che avrebbe ricevuto una degna sepoltura.

‘’Qualcosa…qualcosa si è risvegliato!’’- esclamò improvvisamente Valazar osservandosi la mano avvolgersi in una spirale di piccole saette. Anche gli altri Arcani notarono quello strano fenomeno finché qualcuno li richiamò allarmato: sul corpo di Akhelia si formarono densi nubi scure che turbinarono minacciose prima che un bagliore impedisse a chiunque di vedere cosa stesse accadendo. Saette nere come la notte accompagnate da scintille viola si librarono nella sala, investendo i presenti e scaraventandoli sull’arredamento rovesciando stoviglie e cibarie varie. Gli stendardi si incendiarono in breve, le colonne persero parte del loro smalto prezioso, le decorazioni vennero distrutte e quell’energia si rivelò terrificante. Gli Arcani tentarono di contrastare quel violento potere, ma fallirono tutti:

‘’Cos’è quest’immensa aura che percepiamo, Carmun?’’- domandò Thegorin sconvolto dall’incontrollata forza proveniente dal corpo di Akhelia. Prima che l’Arcana potesse rispondere, così come tutto ebbe inizio cessò e la ragazza cadde stremata al suolo di nuovo. Viva e con del fumo che si innalzava da entrambe le mani. I Generali degli Arcani, anche loro ripresisi dal clamore, estrassero le loro armi incantate e circondarono la giovane. Uno di loro osservò terrorizzato i marchi presenti sui palmi delle mani e disse:

‘’Omega.’’

Lo stesso terrore e sensazione di apprensione si dipinse sul volto degli Arcani, nel mentre la confusione degli altri apprendisti divenne palpabile.

‘’Portatela al piano inferiore della Torre Centrale, a Brandigelo. Lì vedremo cosa fare. Messer Sylren, dovrà seguirci!’’- esclamò Re Oldor freddando con lo sguardo il padre di Akhelia, impallidito per quell’esplosione d’energia. I generali degli Otto Arcani recuperarono una pedana alimentata magicamente e, restando ai lati di essa, la trasportarono in quel luogo proibito a chiunque se non agli Anziani. Quest’ultimi erano allo stesso livello degli Arcani attuali, ma disponevano di una conoscenza molto vasta e profonda che andava oltre la comprensione umana ed erano molto irascibili quando qualcuno li interrompeva nelle meditazioni e non appena gli Arcani con il loro seguito si presentò al cospetto di tali uomini, gli sguardi truci dei presenti raggelò il sangue in Sylren, e non solo perché in quella gigantesca grotta vi erano pareti di ghiaccio e al centro di un lago gelido una spada conficcata in essa.

‘’Nobili Arcani, voi non siete autorizzati ad essere qui se non per ordine nostro! Perché trasportate quella pedana con una degli Impuri sopra? E perché le sue mani stanno brucian…’’- l’anziano si interruppe sia dal lisciarsi la lunga barba grigia che dal bacchettare i Nobili quando i suoi occhi restarono fissi sui due simboli presenti sui palmi di Akhelia.

‘’Isaiah, che accade?’’- domandò un secondo anziano che stava comunicando spiritualmente con le onde d’energia presenti nel luogo notando il suo improvviso silenzio, come gli altri presenti. L’uomo con gli occhi spalancati si volse ai suoi compagni:

‘’Furbeddam Mord!’’- bisbigliò con forza tremando dal terrore e tutti gli altri anziani raggiunsero come uno stormo di volatili la ragazza. Uno di loro, dal naso adunco e
occhiali piccoli, chiese se fosse una adepta già presente o meno. Quando rivelarono che tale ragazza aveva partecipato al Rituale e tutti gli otto artefatti la rifiutarono, pochi minuti dopo gli Arcani persero brevemente il controllo dei loro poteri e dal corpo della ragazza esplose un vortice d’oscurità, saette viola e fumo che riuscì a neutralizzare i poteri in un singolo colpo.

‘’Non può essere! Sono più di seimila anni che tale elemento non esiste più, ci siamo sbarazzati di lui non appena…’’- ma l’uomo dal naso adunco si interruppe notando che la ragazza si stava riprendendo dal suo sonno. Un altro Anziano, probabilmente il capo di tutti gli altri, giunse dal corridoio alle loro spalle indossando gli stessi abiti ma con uno scapolare rosso che copriva parte del petto e della schiena, con le braccia conserte dietro di essa. Osservò prima gli Anziani, poi gli Arcani, la ragazza ed infine Sylren con estrema lentezza.

‘’Lasciateci soli, per favore.’’- pronunciò l’uomo in una profonda voce, indicando Sylren e la ragazza distesa sulla pedana.

‘’Padre Barnaul non possiamo, la ragazza ha il Marchio Proibito sulle sue mani!’’- esclamò indispettito uno di loro, forse il più giovane nonostante le rughe e la pelle cascante delle guance confermava l’opposto.

‘’I miei occhi vedono perfettamente, caro Franz e la mia mente conosce il Marchio Proibito. Non devi insegnarmi queste cose se le conosco già. Non mi ripeterò una seconda volta…’’- rispose duramente Padre Barnaul indicando con il suo dito ossuto l’uscita. Quando tutti lasciarono il luogo, Padre Barnaul sospirò indispettito e si avvicinò al corpo della giovane ancora in uno stato di dormiveglia.

‘’Perché Akhelia è qui, figliolo? Pensavo che fosse scettica sull’importanza degli artefatti e ora siete entrambi qui!’’

‘’Non darmi la colpa, padre. Mia figlia, e tua nipote, è sì scettica ma preferisce guardare con i suoi occhi ciò che non può comprendere appieno e vorresti accusarmi di averla trascinata qui?’’- domandò evidentemente adirato il Capo del Consiglio Minore. Barnaul Vilbaar, padre di Sylren Vilbaar e Padre Superiore degli Anziani era una figura misteriosa e poco loquace. Quando parlava, la sua voce era piatta e pungente come aghi di pino e nei suoi occhi erano visibili fiamme di un tragico passato. Tutti evitavano di farlo adirare, persino gli Arcani stessi.

‘’Anche tu eri scettico trent’anni fa, finché sei degli otto artefatti ti hanno scelto come loro erede. Un qualcosa di unico, certo, ma il Marchio Proibito è pericoloso. Conosci la storia di come questi manufatti sono giunti a noi mortali?’’- chiese Barnaul, avvicinandosi ad una libreria per recuperare un tomo dalla copertina di pelle e gliela lanciò contro.

‘’Otto divinità che donarono all’umanità degli artefatti, di cui due unici per la loro forma e potere.’’- replicò brevemente Sylren, afferrando il tomo e aprendo le pagine che narravano tale leggenda. L’anziano sospirò e mosse la testa negando quanto detto da suo figlio.

‘’Gli Artefatti erano nove, non otto. L’unione di tutti ed otto i poteri in una sola essenza capace di amplificare l’energia o distruggerla definitivamente. Ed essendo l’ultimo era considerato quasi inutile dai suoi fratelli, un minuscolo frammento d’ossidiana acuminata. Tale divinità con il proprio dono stavano per svanire quando un uomo accolse dentro di sé quel potere, tanto da far sorridere la divinità. Un fatale errore.’’

Sylren notò che due pagine erano incollate tra loro da della cera e con cautela riuscì a staccarle, per rendersi conto che tutte e due i fogli erano dipinti di nero, eccetto la figura al centro che sembrava cambiare colore alle luci delle candele. Perplesso osservò suo padre maneggiare qualcosa stando vicino la credenza:

‘’Fatale errore? Di che stai parlando?’’

‘’Ti sei mai chiesto perché indossassi sempre dei guanti bianchi?’’- domandò di rimandò Barnaul prima di mostrarli e toglierseli lentamente.

‘’Perché uno Sciacallo d’Essenza tentò di assassinarti e tu usasti entrambe le mani come scudo.’’- rispose nuovamente Sylren, sospirando ulteriormente infastidito da quelle domande che sembravano non avere logica. Quando Barnaul si tolse i guanti e mostrò ciò che aveva sui palmi, il tomo cadde dalle mani del figlio emettendo un fragoroso suono che echeggiò in tutta la grotta.

‘’Quell’uomo ero io. Io fui il primo ad avere accolto l’Omega. Un potere oscuro, sconosciuto e pericoloso! Decisi di rilegarlo nel Vuoto, il regno dove nulla può fuggire e restarvi intrappolato per l’eternità. Questo avvenne nell’epoca 293 d’Urhald-an, Re dei Popoli, e da allora è tutta una menzogna. Ma adesso anche tua figlia è destinata a doversi nascondere, come ho fatto io in questi ultimi secoli.’’

‘’Mi stai dicendo che hai seimila duecentosette anni e che la tua ‘maledizione’ ti ha reso immortale?’’- domandò sbigottito Sylren per quella scoperta.

‘’L’Immortalità è un concetto ben diverso dal riuscire a rallentare il destino, solo che ne ho avuto abbastanza di essere testimone della nascita e caduta di così tanti imperi dall’essere dimenticati persino dai libri di storia. Gli unici che sono rimasti integri in tutto questo tempo sono gli Eremiti del Manto Nero.’’- aggiunse con malinconia prima di notare che sua nipote stava per svegliarsi. Abilmente, mosse le dita e paralizzò nel tempo la ragazza:

‘’Proteggi Akhelia a qualunque costo, Sylren. Sacrifica te stesso se serve, Demetra sarebbe orgogliosa di entrambi. Se solo fosse qui…’’
Sylren si congedò senza fiatare lasciando suo padre alla malinconia, portando con sé quella pedana fluttuante verso il piano terra della Torre, ove attendevano sia gli Arcani che i sottoposti insieme ad un Guaritore Bianco, il grado più alto della medicina della Repubblica delle Tre Spade. Quest’ultimo prese l’incarico così da lasciare i nove ospiti da soli.
 
-Ω-

Akhelia si risvegliò nuovamente immersa nel Vuoto, sullo stesso pavimento di mattonelle smaltate con incisioni antiche e a pochi passi da lei sedeva elegantemente il Nono Elemento. Il ghigno era scomparso, dando vita ad un volto umano se si potesse definire così, e la divinità sistemava diverse pedine fatte di cristallo su una scacchiera rotonda in legno di faggio. In un batter d’occhio, la ragazza si ritrovò seduta di fronte l’entità poggiata sulle sue mani che la osservava dai suoi occhi vacui per poi far voltare la scacchiera. Le pedine, otto di cristallo dai diversi colori e quattro di legno scuro, rappresentavano le divinità Arcane mentre gli altri quattro elementi comuni che si trovavano in natura.

‘’Sai giocare a Arc’deràs?’’- chiese il Nono Elemento, muovendo la prima pedina che formava una corona di foglie e rami e prese vita vibrando e generando piccoli rami.

‘’Il Gioco degli Arcani? Sì, quando avevo sette anni vinsi cinque sfide contro un mio amico d’infanzia facendolo piangere per l’umiliazione.’’- rispose Akhelia, spostando una pedina a forma di turbine d’acqua che bloccò quella avversaria nella sua gabbia. L’elemento Omega annuì muovendo verticalmente la pedina di ghiaccio che paralizzò a sua volta quella della ragazza, consentendogli di muovere di tre caselle quella del vento. Akhelia rispose con la stessa pedina ma posizionando quella del fuoco poco dietro riuscendo a muoversi di altre cinque caselle.

‘’Gioco? Per te è tutto un gioco? La vita, il tempo, il tuo destino…’’- replicò l’entità, spostando a sua volta la pedina dell’acqua e impedendo a quella del fuoco di muoversi oltre. La ragazza digrignò i denti e spostò la pedina della terra verso la fine della scacchiera ma Omega rispose con quella che rappresentava una saetta lucente. Anche le altre quattro pedine vennero mosse per alimentare o indebolire quelle Arcane in un crescendo di emozioni diverse così come le loro abilità.

‘’Ah, ti ho in pugno adesso!’’- asserì la ragazza, spostando la pedina del tempo al centro della scacchiera ma nulla accadde. Ogni pedina rimase lì, immobile subendo l’una gli effetti dell’altra come un magnete positivo che incontra la sua controparte.

‘’Ma che significa…? Le pedine…Loro…’’- balbettò incredula innanzi a quello strano ed inquietante colpo di scena.

‘’Loro dovevano tornare nella posizione originale, è esatto? Osserva la mia pedina del tempo.’’- sorrise l’entità, indicando che la sua unica pedina fosse rimasta immobile nella posizione originale. Un sorriso di soddisfazione si dipinse sul viso di Omega.

‘’Tutto ha un inizio, tutto ha una fine. Tu, impulsivamente, hai usato la pedina del tempo per sistemare gli errori ma ti ho già detto che il Tempo non muta il suo aspetto. Il suo corso è sempre lo stesso e andrebbe sfruttato così come è nato eppure voi commettete follie che vi impediscono di vivere. Ecco perché io non ho bisogno di usarla, ho una virtù che pochi possiedono. E questa è la mia prima vittoria dopo cinquecentomila duecento settanta tre pareggi contro me stesso.’’- e con quella frase, l’elemento afferrò la sua pedina e la fece cadere proprio sopra quella di Akhelia.
 
-Ω-
 




 






Angolo dell'autore: Questo capitolo è diviso in due parti in quanto la seconda parte è ancora in fase di stesura, ma pian piano verrà aggiornata. Ho altre storie per mano da dover revisionare, quindi ci metterò un po'. Abbiate pazienza e perdonatemi. Buona lettura!

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Capitolo 4
*** Il Risveglio dell'Omega. Parte 2. ***


 
¤

La ragazza si risvegliò con un gemito e per poco la pedana non cadde a causa dell’improvviso scossone. Akhelia osservò il suo corpo fasciato da bende intrise di magia e che lei poteva percepirla; filamenti luminosi che si muovevano lente nelle sue vene, nei suoi organi e tutto intorno riusciva a vedere l’aura emanata dalle pareti.

‘’Il Vuoto…’’- esordì lei, osservandosi poi le mani, le uniche che non furono bendate permettendo così alla giovane di osservare i marchi sui palmi. Suo padre dormiva a pochi passi da lei che, immediatamente, si alzò dalla pedana e si diresse nel salone principale ancora testimone di una violenta esplosione d’energia. Mentre saliva le scale a spirale, cercò la fascia che portava al braccio e il suo stiletto trovandoli entrambi. Un vociferare soffuso colse la sua attenzione, riconoscendo le voci degli Arcani e dei generali:

‘’…più di sei millenni quell’elemento è stato rilegato nei meandri senza tempo del cosmo, e adesso è qui! Risorto attraverso la figlia di uno dei membri del Consiglio! Si preannunciano tempi bui!’’- asseriva allarmato il druido Atarish. Ne nacque un diverbio alquanto concitato ed Akhelia stava per inserirsi se non fosse stato per l’improvvisa scarica d’energia sprigionata dalle sue mani che la fecero gemere di dolore e costringerla a nascondersi nuovamente dietro le colonne; marchi brillarono di ogni sfumatura di colore esistente e gli Arcani poterono percepirla, così intervenne il druido Atarish generando una piccola barriera di pietra ove la ragazza si nascondeva. Akhelia cercò di distruggerla con il suo potere riuscendo solo a scalfirla e a creare piccole crepe su di essa.

‘’Akhelia Vilbaar, stavi origliando una conversazione privata di noi Arcani?’’- domandò Re Oldor, avvicinatosi alla gabbia rocciosa e staccano un pezzo di roccia usando il suo potere innato.

‘’Volevo solo trovare un mio alloggio. Questo elemento è così pericoloso come dite?’’- fu la domanda della ragazza, sfiorandosi i marchi sui palmi che brillavano flebilmente. La barriera rocciosa si sgretolò rivelando tutti gli altri Arcani con il loro potere visibile e incontrollato:

‘’Il disturbo del campo magico arcano è ben evidente! L’Omega rappresenta la fine delle cose così come le conosciamo, persino dei poteri che sono in nostro possesso. Dovresti essere esiliata…ma non è consentito una volta terminato il Rituale.’’- replicò l’Arcana del Ghiaccio Medusa, con tono freddo come il suo potere.
Akhelia si sentì amareggiata per aver risvegliato l’entità esiliata nei meandri oscuri del cosmo, per essere diventata una sua portatrice e di aver sancito una potenziale minaccia per tutta la Repubblica e i suoi alleati. Non appena gli otto elementi si placarono, tutti emisero un sospiro di sollievo massaggiandosi poi le mani per riattivare il flusso sanguigno.

‘’Cosa dovrei fare dunque?’’- chiese la giovane, aspettando che qualcuno le desse una risposta concreta senza dover eseguire un nuovo rituale o atto di purezza. Gli Arcani si scambiarono uno sguardo d’intesa e Re Oldor allora rispose:

‘’La mattina studierai come tutti gli altri adepti alla comprensione, l’uso e la pratica dei vari elementi degli Artefatti. Dopo il pasto serale, ti allenerai in presenza di uno di noi e sarà l’Imperatrice Medusa come prima maestra. Nulla in contrario?’’

Tutti replicarono con sonoro ‘no’ e Akhelia si congedò così come fecero gli Arcani, eccetto Hadwisa che preferì fermare la ragazza e parlare da donna a donna. Non appena la sala si svuotò, colmandosi di un assordante silenzio e quasi innaturale, la Regina Guerriera poté parlare pacatamente:

‘’Perché hai tenuto segreto il tuo potere Akhelia Vilbaar? Energie come l’Omega, se in mani poco esperte o addirittura malintenzionate, possono capovolgere l’equilibrio di ogni repubblica o regione scatenando cataclismi e sciagure perenni.’’

‘’Io ho partecipato al Rituale perché ero scettica sulla veridicità, sul fatto che un manufatto della grandezza di libro potesse donare abilità che vanno oltre la comprensione umana. Non ho mai desiderato questo!’’- rispose duramente la ragazza, corrugando la fronte e socchiudendo gli occhi.

‘’Eppure il tuo scetticismo si è tramutato in convinzione e paura quando hai ben compreso quale sia il destino degli Impuri. Potevi fuggire dal Cuore d’Ossidiana, essere considerata una vigliacca a discapito della carica intrapresa da tuo padre e tornare a Ventoscuro, vivere la vita di tutti giorni e forse diventare una cacciatrice silenziosa. Però sei rimasta. Sai perché?’’

‘’Io…non lo so.’’- si limitò a dire Akhelia, stringendosi nelle spalle per impedire che il senso d’amarezza aumentasse. La donna le poggiò una mano guantata sul braccio e aggiunse:

‘’Sei rimasta perché volevi mettere fine a qualsiasi tuo dubbio, a costo di perdere la vita. Sei curiosa come ognuno di noi, ma la tua determinazione supera di gran lunga tutti gli altri. Sembri me quando avevo la tua età, ma ora non è né il momento né il luogo opportuno per rinvangare il passato. Goditi questa giornata, sei libera di passeggiare per i corridoi e per il giardino esterno.’’

Quel cambio repentino d’umore della Regina sorprese Akhelia, lasciandola lì ammutolita ma si sa che i venti cambiano a seconda delle ore. Proprio come Hadwisa che si congedò successivamente dirigendosi nel suo alloggio. Da sola, immersa nuovamente nel silenzio, la neo-arcana contemplò quelle cicatrici luminose sulle sue mani chiedendosi se fossero un bene o un male possederli. Mosse la destra verso il basso in direzione di un braciere e quest’ultimo sembro ravvivarsi:

‘’Proviamo.’’- disse tra sé e sé la giovane, concentrandosi sulle fiamme del braciere. Chiuse le dita a formare delle tenaglie e le fiamme persero d’intensità divenendo una tenue luce e quando aprì di scatto le mani, le fiamme s’innalzarono in una accecante colonna di fuoco che vorticarono. Akhelia le attirò a sé e con una piroetta riuscì a creare un disco che continuava a muoversi sia in circolo che a spirale. D’un tratto quel fuoco venne trafitto da un fulmine e la luce diminuì:

‘’Non si possono usare poteri se non in presenza di un Arcano o di un loro sottoposto!’’- esordì Vespero, stringendo una lancia di fulmini, dissolvendo quell’unico momento di spensieratezza della ragazza. La stessa lancia colpì il braciere che si accese nuovamente, come gli occhi folgoranti del ragazzo adirato che chiuse a chiave ogni entrata della stanza per poi incantarle con un gesto della mano:

‘’Incantesimo di Blocco, uno dei primi incantesimi che gli Arcani insegnano ai neofiti nonché il più semplice. Permette di bloccare qualsiasi tipo di entrata nel raggio di cento metri se lo si desidera. Fulgur!’’- esclamò poco dopo il principe, scagliando una saetta rossa contro Akhelia che la evitò per un soffio. Il giovane continuò ad evocarne altre senza dare un secondo di tregua alla studentessa, riuscendo a bruciare parte dei suoi abiti e delle fasciature che portava sulle braccia:

‘’Che il diavolo ti porti, Vespero!’’- ringhiò Akhelia, scattando verso una rastrelliera dove era poggiato un pugnale ornamentale e, grazie all’ausilio della sciarpa senziente che portava legata al braccio, la giovane apprendista afferrò quell’arma e la scagliò con una rapidità tale da confondere e ferire alla spalla il principe. Vespero accusò la ferita ma contrattaccò nuovamente con una tempesta di fulmini che impattarono sul marmo e sulle pareti senza procurare danni:

‘’Un rampino senziente, e suppongo sia opera di Zahra. Quella fattucchiera è ancora viva, ma sarà…’’- e si interruppe non appena Akhelia si ritrovò ad un passo da lui. Le cicatrici sulle mani si illuminarono di un cupo rosso e una folata di vento sbalzò il principe contro una colonna. L’impatto non avvenne in quanto una seconda folata di vento impedì al principe di subire gravi ferite:

’I duelli sono proibiti se non vi è un Arcano con voi o un suo sottoposto a visionarvi!’’- esclamò un uomo con indosso una tunica e non era altri che il padre di Akhelia, che osservava entrambi i due ragazzi con delusione e disapprovazione e non badò alla gentilezza nel far cascare sul proprio fondoschiena il principe. Il giovane, adirato per quel comportamento irrispettoso nei suoi confronti, reagì aspramente e tentò di evocare una seconda saetta per colpire il padre di Akhelia, ma lui:

‘’Aperituus Striiate!’’- e la saetta nelle mani di Vespero scomparve in un batter d’occhio. Cercò di evocarne altre ma, si ritrovò presto a muovere le braccia a mezz’aria inutilmente. Il principe comprese che l’uomo fosse di un altro livello magico e decise di congedarsi con un leggere grugnito. Sylren si voltò, freddando con il proprio sguardo sua figlia ancora irritata per poi scuotere il capo in segno di disapprovazione:

‘’Stavo vincendo, padre!’’- esclamò Akhelia, frustrata ma il suo corpo tradiva un certo senso di terrore dovuto alla presenza della figura paterna.

‘’La tua vita vale di più di un semplice capriccio tra due ragazzini! Specialmente a corte degli Arcani. Non tollererò oltre tale comportamento, Akhelia, intesi? Non mostrerai il tuo potere se non in presenza degli Arcani o di un loro sostituto. Non voglio che tu faccia altre idiozie per colpa di questa maledizione che è in te!’’- replicò il genitore, questa volta con tanta energia da riuscire a spegnere il braciere alle spalle della ragazza. Akhelia si sentì tradita da suo padre e quel sentimento si manifestò in diverse ondate di energia arcana che danneggiarono la sala ove si trovavano, rovesciando bracieri, i candelabri vennero tagliati di netto da una lama invisibile, le colonne si spaccarono e creparono ai capitelli e diversi fulmini si fecero strada dalle finestre. Akhelia rimase in silenzio, stringendo i pugni e andò via, lasciandosi alle spalle il caos elementale che aveva generato. L’ultimo sguardo che donò al padre, uno sguardo vacuo e malinconico, ebbe lo stesso effetto di una pugnalata inferta vigliaccamente; faceva male, bruciava, la tua anima veniva consumata come il carbone. L’orgoglio di Sylren vacillò per non sentirsi anch’egli amareggiato da ciò che aveva commesso…e detto.

Akhelia si ritrovò a percorrere la sala principale dove avvenne il rituale, constatando i danni causati dalla scoperta del suo Arcanismo che non era ben accettato da alcuni membri, tra cui i sottoposti degli Arcani Anziani. Le pareti e le colonne erano ancora solcate da sfregi d’inchiostro che sfrigolavano come se delle fiamme impercettibili stessero divorando la pietra. Le mattonelle, spaccate dall’esplosione, avevano subito gli effetti temporali: un paio erano sospese nel vuoto immobili, altre si riformavano e spaccavano di continuo mentre altre ancore si muovevano così lentamente da rendere una lumaca veloce. Incuriosita dalla sua involontaria creazione andò a sfiorarla con le dita e in quell’istante si sentì leggera come una piuma e per poco non rigurgitò la colazione causata da improvvise vertigini. Si ritrovò a volteggiare in aria, letteralmente e dalla sua posizione notò cinque uomini in livrea grigia e oro che la osservavano fluttuare; il quinto, probabilmente il capo, era colui che aveva creato il campo gravitazionale tramite l’uso di un guanto metallico colmo di piccoli triangoli illuminati da tre batterie azzurre.

‘’Divertente.’’- biascicò le parole Akhelia, rimandando giù il conato di vomito liberandosi dalla prigione invisibile, contrattaccando con una folata di vento che si infranse sul loro scudo.

‘’Gli Arcani non mentivano dunque. Sei davvero il Nono Elemento. L’Omega.’’- esordì il capo del gruppetto togliendosi la sciarpa che fungeva da cappuccio mostrando un viso dai tratti orientali che tradivano la mezz’età dell’uomo. A quel gesto anche il suo seguito si rivelò alla luce dei lampioni, mostrando due donne, un ragazzo d’età compresa trai diciotto e i ventidue anni ed un androide con parti umane; quest’ultimo attirò l’attenzione di Akhelia che rimase a studiarlo con invadenza ma l’ibrido ridacchiò:

‘’Ho qualcosa sul naso, bambina?’’- domandò lui con un suono ferroso di ingranaggi e pistoni idraulici che contrastavano le sue parti umane.

‘’Perdonami, non ho mai visto…persone come te.’’- rispose imbarazzata Akhelia saettando lo sguardo da un membro all’altro del gruppetto, e solo due rimasero a volto coperto.

‘’Persone si fa per dire. Noi Chromium siamo un misto di parti robotiche, cellule umane e DNA sintetico. Non siamo visti di buon occhio in alcuni territori ma siamo pur sempre parte degli Arcani minori e…’’- l’androide sintetico venne fermato dal suo capo che lo invitò a non dire altro.

‘’Noi siamo i Gravitomanti, arcani minori che sfruttano l’energia elettrica per generare campi elettromagnetici abbastanza forti da alterare la gravità. Io sono Shun Wuyin, mentre il giovane chromium qui presente è Torsten. O meglio si chiamava così prima di cambiare il suo nome in Ixab. Le due donne invece sono Wictiue di Klenstraad e Meredith Namib.’’- e il restante gruppo ricambiò il saluto.

‘’Io sono Akhelia, neofita degli Arcani e non è stato piacevole.’’- rispose la ragazza, picchiettandosi le braccia alla ricerca di altro da dire per non risultare imbarazzante innanzi al gruppo di Gravitomanti. In suo soccorso giunse un sottoposto dell’Arcano del Fulmine, facilmente riconoscibile dallo stemma cucito sul petto e dai cordoncini di seta sulle spalline:

‘’Ben arrivati Gravitomanti. Valazar vi attende nel suo alloggio.’’- disse il capitano dal volto coperto per poi volgere l’attenzione ad Akhelia: ‘’Tu, ragazzina…Re Oldor vuole parlarti! Vai da lui non appena sei pronta.’’- e con uno scatto proseguì verso l’uscita del palazzo, cosa che fecero anche i Gravitomanti per incontrare l’Arcano del Fulmine.

‘’E dove lo trovo il suo alloggio?’’- chiese Akhelia, arrestando il passo lesto del capitano; la ragazza poté udire le sue imprecazioni del capitano, condito da piccole scariche di fulmini nelle sue mani. Il capitano le ordinò di avvicinarsi e di non fare altre domande. La ragazza notò, una volta vicina, le forme femminili del capitano e di qualche ciuffo di capelli scuri che fuoriuscivano dal cappuccio. Uscirono dal palazzo, percorrendo un corridoio di colonne che inizialmente Akhelia non aveva visto per poi giungere ad una porta che stonava con la conformazione dell’edificio. Il Capitano bussò due volte con irruenza alla porta che si aprì immediatamente:

‘’Sadira? Che ci fai…Ah, l’Arcano del Fuoco.’’- asserì un altro capitano dal volto coperto che conosceva la donna. Eppur le loro divise erano di colori diversi: una di rosso cremisi, l’altra alizarina ma entrambi servivano Re Oldor grazie all’emblema del fuoco cucito sulla pettorina.

‘’Elmond, non impari mai a tenere quella bocca chiusa? Nessuno doveva sapere il mio nome, tantomeno questa…tantomeno la nostra apprendista arcana.’’- rispose correggendosi poco dopo con un tono quasi ironico nei confronti di Akhelia. Il secondo capitano scosse il capo e si mosse attraverso il corridoio che condusse all’alloggio del Re Oldor intento a dialogare con altre persone vestite di strani indumenti simile a tessuto etereo. Quest’ultimi si alzarono di scatto come se avessero percepito il pericolo imminente ma celato finché uno di loro non adocchiò la giovane Akhelia:

’Tu, ragazzina, sei maledetta da un qualcosa di superiore persino agli Arcani stessi. Re Oldor, è una trappola questa?’’- domandò uno di loro materializzando dal nulla una lama formata da scaglie di vetro, metallo e un terzo elemento che risultava sconosciuto a tutti i presenti.

‘’Lei ha sancito un patto anni fa e, se questa è realmente una trappola, la Congrega lo saprà!’’- esclamò il secondo individuo con pacatezza, seppur le sue parole tradissero una gelida ferocia.

‘’La Congrega degli Aetermanti non ha nulla da temere. Lei è Akhelia, colei che possiede il Nono Elemento Arcano…a malincuore.’’- rispose il Re con la stessa calma, alzando le mani in segno di difesa per poi invitare la giovane ad avvicinarsi e mostrare i suoi palmi; i segni sulla pelle mostrarono piccoli bagliori prima di illuminarsi ed emanare alcune scintille miste a saette che sfiorarono la maschera di uno degli individui. Akhelia venne afferrata per il collo ed alzata come se non pesasse nulla nonostante la corporatura robusta e si ritrovò la lama dell’Aetermante puntata alla gola, luccicante e minacciosa.

‘’Non è una trappola un corno…’’- stava per imprecare prima che la lama venisse distrutta da un semplice tocco della giovane. Il Re Oldor batté le mani, creando tre gabbie di fuoco che imprigionarono i tre ed esclamò a gran voce:

‘’Basta così! Non sono ammessi alterchi al mio cospetto, né tra Maestri Arcani e studenti, né ora né mai. Akhelia, loro sono Ifeyhen e Kijreg, Maestri Aetermanti che ti aiuteranno a controllare l’energia custodita in te prima di poter apprendere i segreti di noi Otto Arcani.’’
I due Aetermanti si scambiarono una fugace occhiata prima di voltarsi perplessi nei confronti del Re. Colui che indossava la maschera mostrò il suo volto rugoso ma che rimandava molto a quello del Chromium e corrispose:

‘’E questo quando è stato deciso?’’

‘’Ora, caro Ifeyhen. Hai qualcosa in contrario?’’- domandò il Re, incrociando le braccia dietro la schiena in attesa di qualche protesta da parte dei due Aetermanti. Ifeyhen rispose, seppur nolente, che la decisione era giusta e non vi erano obiezioni ricevendo uno sguardo truce da Kijreg:

‘’Re Oldor, il nostro Signore verrà informato della sua scelta così insensata. Le aspetterà un sonoro richiamo verbale da parte sua.’’

‘’Non temo alcuna accusa, Kij. Che il vostro capo sappia della mia scelta e, conoscendolo, sarà dalla mia parte.’’- replicò Oldor con un sorriso beffardo. L’Aetermante della spada svanì nel nulla, lasciando il suo compagno da solo con l’apprendista arcana, desolata per quel che stava accadendo e per evitare ulteriori discussioni chiese cosa dovesse fare.

‘’A lezione. Seguimi.’’- esordì l’Aetermante avviandosi all’uscita, dando una spallata al soldato per avere più spazio; la ragazzina salutò i presenti con un piccolo gesto della mano e seguì lesta l’uomo arcigno. Il maestro e la neofita non ripercorsero lo stesso cammino intrapreso da quest’ultima bensì si avviarono all’uscita dell’edificio, giungendo in uno spiazzo deserto dove sorgevano solo alcune rovine. Ifeyhen mosse le dita in direzione di una colonna riportandola allo stato originario, scolpendola fino a renderla una statua animata:

‘’Dato che devo insegnarti le basi degli elementi, partiamo dal più semplice. La roccia, che fin dagli antichi albori dell’umanità è stata risorsa indispensabile per costruire edifici, armi e difese. Considerando il tuo elemento arcano, prova a riportare quella statua a come era prima. E fallo subito.’’- disse l’arcano schioccando le dita e attivando la statua che avanzò a grandi falcate contro Akhelia.

‘’Ma mi prende in giro?!’’- esclamò sorpresa la giovane, evitando per un soffio l’enorme piede che stava per schiacciarla. In difficoltà, si limitò a generare un vortice di sabbia per accecare il colosso e cercò immediatamente riparo dietro altre colonne ormai consumate dal tempo; fu lì che, poggiando le mani sulla colonna, avvertì lo spirito della terra e l’elemento arcano confluire nel colosso.

‘’Credo…di saper cosa fare.’’
 L’Aetermante si portò una mano al volto, già esasperato per quella lezione così scialba da fargli pentire di essere diventato uno degli arcani minori. Controllando il colosso, lo costrinse a voltarsi verso le altre rovine dove Akhelia si nascose e la creatura balzò a pochi metri dalla giovane.

‘’Gli Arcani non si nascondono! Fronteggiano i problemi come condottieri! Esci allo scoperto, immediatamente.’’- e non appena terminò quella frase si innalzò, con un boato, una nube di polvere scura dalla quale venne sbalzato fuori il golem di pietra trafitto da diversi spuntoni. L’Aetermante osservò la sua creazione immobile e che ritornava al suo stato originario di semplice colonna per poi sbriciolarsi. Akhelia, coperta di polvere, raggiunse il maestro visibilmente contrariato dalla morte del suo golem:

‘’Lei non ha dato vita ad un golem di pietra. Ha solo plasmato una creatura ancora vivente grazie al flusso vitale che scorre in ogni elemento. Mi è bastato solo manipolarlo e renderlo innocuo.’’- disse con un sorriso soddisfatto per la riuscita del suo ‘esame’ ma l’Aetermante la colpì in testa con una bacchetta di legno generata con i suoi poteri:

‘’Sei stata impudente ed imprudente! Credi che, solo perché possiedi il Nono Elemento, puoi fare spettacoli del genere? Gli elementi vanno controllati, plasmati secondo un preciso ordine. La materia, fisica ed etere, devono coesistere secondo un proprio equilibro!’’- si interruppe facendo sparire la bacchetta di legno. Puntò la mano verso la colonna e fece apparire nuovamente il titano di pietra che rimase immobile.

‘’Di nuovo. Schiena dritta, gambe leggermente piegate e spalle rilassate.’’- asserì ferreo l’Aetermante attendendo una risposta dalla giovane. Akhelia portò le mani in avanti, eseguendo gli ordini imposti e si concentrò per controllare l’essenza del golem. Chiudendo gli occhi vide il flusso vitale della terra scorrere nella pietra vivente e la prima cosa che controllò furono i suoi arti muovendolo avanti e indietro, facendolo roteare, inginocchiare e saltare.

‘’Fallo attaccare.’’- disse l’Aetermante, mettendosi in disparte.

‘’E come dovrei…’’- cercò di replicare Akhelia ma l’uomo l’azzittì generando un sasso acuminato contro la sua fronte e le ordinò di continuare. La ragazza alzò le braccia, imitata dal golem e poi abbassò le braccia al suolo, ove il titano innalzò cumuli di polvere e detriti.

‘’Hai ancora strada da fare, ragazzina. I tuoi movimenti sono lenti, forzati. Mi auguro progressi in futuro, ma per il momento non sei adatta. Ora vai.’’- ordinò l’Aetermante riuscendo a controllare il Titano con una sola mano, sovrastando Akhelia e il suo potere. La giovane sbuffò e andò, non priva di aver evitato una colonna di pietra evocata dall’uomo e che ella sfruttò per contrattaccare staccandone solo un disco ed osservarlo sbriciolarsi nelle mani del maestro. Ripercorrendo la strada a ritroso si rese conto di trovarsi innanzi un mausoleo lucente, circondato da edera verdeggiante che ricopriva la sua base e la sua sommità a formare una corona che contrastava la terra sabbiosa confinante. Restò ad osservarlo per chissà quanti minuti prima che una voce la riportasse alla realtà: una giovane da uno strano copricapo con chele la invitò ad avvicinarsi.

‘’Che fai in giro? Non dovresti essere nel tuo alloggio mezzosangue?’’- le chiese la ragazza, con leggera altezzosità incrociando le braccia.

‘’Potrei farti la stessa domanda, chela altezzosa.’’- rispose Akhelia con uno sbuffo. La ragazza dal copricapo con chele si mosse minacciosa intenta ad attaccare, ma Akhelia riuscì a percepire l’arrivo di una lama di vento nella sua direzione che evitò piegandosi in avanti, contrattaccò con una saetta d’elettricità sbalzando lontano la sua avversaria e il copricapo. Akhelia creò una gabbia di pietra che imprigionò l’avversaria e le intimò di desistere:

‘’Ho avuto una pessima giornata, non peggiorare le cose!’’- e strinse lentamente la mano causando il rimpicciolimento della gabbia.

‘’Va bene, va bene! Scusami…mezzosangue.’’- rispose la giovane, causando in Akhelia uno scatto d’ira che si tramutò in una raffica di fruste di vento che la sballottolarono verso una colonna dorata. Una barriera d’acqua impedì alla giovane di urtare violentemente la testa, salvandosi da morte certa. L’Arcano Thegorin ne fu l’artefice e dal suo sguardo, non prometteva nulla di buono.

‘’Non sono autorizzati scontri arcani all’esterno della struttura, studentesse. Di qualsiasi natura, non verranno accettati. Per ora riceverete un monito, ma alla prossima sarete punite severamente. Parlo soprattutto con te, Akhelia Vilbaar.’’- asserì l’uomo, richiamando l’acqua nel suo palmo facendola poi svanire. La ragazza stava per rispondere, ma il muro d’acqua dell’Arcano si manifestò più irruento circondando le due studentesse e restringendosi.

‘’Non mi ripeterò una seconda volta.’’- e indicò l’entrata del palazzo, ordinando loro di rientrare. Akhelia digrignò i denti, inferocita dall’intromissione e dall’atteggiamento minaccioso che l’Arcano serbava nei suoi confronti: colpì con violenza il terreno innalzando diverse colonne pentagonali che si fermarono a pochi metri dall’uomo e dalla giovane ferita. Una volta rientrata nell’edificio, tutti e nove gli elementi si propagarono dal suo corpo simili a continue frustate facendola inginocchiare:

‘’Ti sono stati donati tutti e nove gli Elementi Arcani, Akhelia. Eppure ti ostini a controllare ciò che sei divenuta realmente.’’- asserì la voce del Nono Elemento nella sua mente prima di assumere forma, slanciata e mingherlina, innaturalmente alta e dal volto in continuo mutamento come il tempo. La creatura le afferrò il viso, deformandole le guance e restando ad osservare i suoi occhi con intensità:

‘’Cosa ti impedisce di…Ah! Ecco cosa. Il giudizio di tuo padre, l’erede dei sei Elementi Arcani. E a sua volta, preoccupato dalle azioni del proprio padre, colui che mi ha segregato nel nulla.’’

‘’Di che diavolo stai parlando?’’- chiese Akhelia, liberandosi da quella morse usando il potere del fuoco sul braccio rinsecchito dell’essere etereo, fallendo in quanto l’Omega riuscì ad annullarlo con facilità. Akhelia però, conscia di avere ancora dalla parte sua la fascia magica donata da Zahra, la usò per frustare il viso dell’essere che lasciò andare la presa e si stupì:

‘’Astuta! Allora quando vuoi sai fare qualcosa!’’- rispose lui, non prima di averla scagliata contro una colonna di bronzo e svanire nell’eterea dimensione. La statua prese a dondolare pericolosamente prima di inclinarsi e piombare sulla ragazzina. Una barriera di esagoni elettrici avvilupparono la statua riportandola sulla propria base:

‘’Cosa diavolo era quell’essere?’’- chiese una voce robotica riconducibile al buon Ixab, il Chromium e membro degli Arcani minori. Akehlia si alzò con uno sbuffo e replicò, lievemente innervosita, di star bene e di non doversi preoccupare.

‘’Ho rilevato un picco innaturale di magia arcana mentre uscivo dallo studio di Valazar e sono subito accorso. Potresti spiegare cos’era quell’entità?’’- domandò ancora una volta Ixab, questa volta mostrando attraverso il suo occhio cibernetico i livelli d’energia arcana che si innalzavano e abbassavano rapidamente.

‘’L’Omega nella sua vera forma. Non farne parola con nessuno, ti prego!’’- esclamò Akhelia, massaggiandosi il collo e sistemandosi gli abiti sgualciti. Una delle manopole poste sulla testa del Chromium eseguì un mezzo giro prima di tornare a suo posto, con uno sbuffo di fumo.

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