E se

di Serperossa20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


- Non te ne puoi far carico tu
- Ma sarebbe l'unico modo per cambiare le cose, non credi? - la guardò implorante, alla ricerca disperata di una certezza, di qualsiasi cosa le possa far cambiare idea, trovare un'altra soluzione che in quel momento non trovava.
Sapeva che era l'unico modo, l'unico per cambiare le cose, salvare tutti, cambiare il mondo ma ciò, e faticava ad ammetterlo, la spaventava. Passare la vita con la persona che l'ha torturata, violentata, l'ha resa un'assassina, che le ha cambiato la vita da quella stramaledetta notte. Quella notte di un anno fa quando ha salvato Malcolm da quegli stronzi e lì lui l'ha trovata. Da quella notte è cambiato tutto, da quella notte lei è cambiata irrimediabilmente e sapeva che non poteva più essere come prima. Era tremendamente stanca di fuggire, di cercarlo, di provare tutto quell'odio e quell'ansia di fare sempre la cosa giusta, di accontentare gli altri.
Voleva solo farla finita, fuggire da tutti i problemi e le responsabilità, dimenticare e mai più voltarsi indietro. E tutto ciò lesse Trish nei suoi occhi fattisi liquindi e disperati, in cerca di aiuto. 
- Jess - e le prese dolcemente il viso fra le mani - ti rendi conto che se sceglierai quell'opzione non riuscirai più a guardarti allo specchio, vero? 
- Non mi risulta che lo faccia comunque - rispose sarcastica finendo l'ennesimo bicchiere di Whisky. 
- Jess, vuoi sapere cosa farei io? Per davvero? - disse ricatturando la sua attenzione - Farei tutto il possibile per proteggerti, rinuncerei alla mia vita per la tua. Tu sei padrona della mia vita da quando mi hai salvato da quella donna che mi ha fatto nascere e che non mi ha fatto avere un'infanzia. Se potessi avere veramente il controllo su Killgrave, io ci proverei, proverei a cambiarlo e a rischiare il tutto per tutto perché è vero che lui può avere il controllo su di me ma anch'io ce l'ho su di lui. Questo è quello che farei
- Quindi mi stai dicendo di rinunciare alla mia vita, di rinuciare al mio lavoro, al mio essere, a Te per lui - disse con voce spezzata ma si impose di non piangere, lei non lo faceva. 
- No Jess, questo è quello che farei io. IO, non tu. Adesso ti pongo io una domanda Jess, cosa faresti tu? Sei intelligente, scaltra, imprevedibile come solo tu puoi essere. Io mi sacrificherei senza chiedere nulla in cambio, dimenticando me stessa ma tu, tu non sei così. Sei una stronza approfittatrice che non guarda in faccia nessuno per raggiungere il tuo scopo - disse la bionda facendole scappare un sorriso - Dimmi Jess, cosa faresti TU? - le chiese infine trafiggendola con lo sguardo. 
Non l'aveva mai vista così seria da quando la conosceva e non riusciva a non guardarla e a non chiedersi cosa avesse fatto in un'altra vita per essersi meritata una sorella come Trish. Sì perché a discapito di tutto, dell'incidente della sua famiglia, di quella bastarda della madre di Trish e tutto ciò che è avvenuto, lei è l'unica persona al mondo di cui le importava davvero, e che gli altri andassero a farsi fottere. La guardava e si perdeva a pensare che lei non si meritasse affatto una vita del genere, attorno a lei, con tutti i suoi problemi e a condividere le stesse paure giorno dopo giorno. Trish si meritava una vita migliore e si ripromise che le avrebbe fatto vivere quella vita, senza problemi, ansie, senza nessuna panic room o pistole nelle borse o quei corsi di combattimento e autodifesa. In quell'esatto momento, mentre poggiava delicatamente la fronte contro quella dell'altra, giurò a se stessa che l'avrebbe fatta vivere in un mondo migliore, dove lei non avrebbe mai più sofferto. Alzò il capo guardandola un'ultima volta venendo ricambiata da due occhi fattisi anch'essi liquidi contenenti lacrime mal trattenute. Di solito era Trish quella brava a nascondere i sentimenti fra le due ma in quel momento non ci riusciva. Guardava la sua migliore amica e sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista. Senza preavviso la strinse forte a sé sfogandosi sulla sua spalla e Jess non poté fare altro che stringerla come meglio fosse capace. Doveva contenersi, doveva essere forte almeno lei, perciò assaporó quegli ultimi attimi di calore dall'unica persona a cui voleva veramente bene e si staccò piano da lei. Non finí il suo ultimo bicchiere, ma la guardò un'ultima volta sapendo di avere il suo appoggio anche se entrambe avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di non far accadere quello che presto sarebbe avvenuto. 
Si alzò e si diresse lentamente verso la porta blindata fermandosi sulla soglia prima di varcarla. 
- Trish ecco.....puoi....ci pensi tu a - non riusciva a trovare le parole, le si stava formando un pericoloso groppo in gola che non sarebbe riuscita a contenere ancora a lungo. 
- Sì....tranquilla....faccio tutto io - disse senza voltarsi tirando su col naso. 
Jess la guardò un'ultima volta prima di darle le spalle e andandosene definitivamente, dicendole solo un flebile 'addio' prima di chiudere la porta. 
Ora non si torna più indietro

Dopo essersi fatta una passeggiata per le stridenti e schifose strade di New York, schiarendosi le idee, fatto qualche giro e comprato del cinese si diresse in fretta a casa accorgendosi di che ora si fosse fatta. Che poi, 'casa', un tempo lo era, adesso è solo una casa per le bambole ben costruita; quella non sarà più casa, non ne ha più avuta una dall'incidente. O meglio poteva magari ritenere casa qualunque posto contenesse varie bottiglie di alcol, tanto ormai non ricordava più la differenza. 
Appena arrivata, pagò il taxi e scese coi suoi acquisti notando di sfuggita Killgrave alla finestra, ma solo per un attimo. 
Sorrise, sapeva che lui l'aveva aspettata tutto il giorno e saperlo così in ansia la invitò a rallentare il passo solo per continuare ancora per qualche secondo quell'agonia. Oh se stava godendo da matti in quel momento. 
Ma come tutte le cose belle, anche quel momento finí varcando la soglia e chiudendosi con il piede la porta dietro di sé. Notò mentre poggiava il cibo sul tavolo che Killgrave non l'aveva accolta ma poi molto probabilmente immaginò che si stesse semplicemente preparando essendo stato tutto il giorno ad aspettarla. 
Sorrise ancora senza volerlo. Fighettino del cazzo. 
E sempre con quel piccolo sorriso accolse il suo nemico appena apparve sulla soglia, mentre distribuiva le porzioni. 
- Sei tornata - gli uscì velatamente stupito di trovarsela ancora in casa. 
La mora lo guardò male per un attimo prima di cambiare discorso. 
- Ho preso cinese. Ricordo che ti piaceva quanto l'italiano quindi eccolo qua - e si sedette a tavola apparecchiata per due sedendosi nella sedia di fronte a quella dove si era seduto il suo aguzzino. 
Auguró un veloce buon appetito e iniziò subito a mangiare accorgendosi appunto di avere una gran fame che fino a poco prima non sentiva affatto. 
Alzando gli occhi non sentendo rumore si accorse che il moro non aveva ancora toccato cibo e anzi, guardava con sospetto la sua ciotola di noodle con le bacchette in mano ancora intatte. 
Lei alzò gli occhi al cielo non volendo crederci. Non ci aveva neanche pensato ma come poteva biasimarlo. Sospirando, allungò un braccio e prese un po di noodle dal piatto dell'uomo, mangiandolo davanti a lui per dimostrargli che non fosse avvelenato. 
Questo lo tranquillizzó, cominciando così a mangiare e fece anche un gentile apprezzamento sul sapore, in fondo non erano per niente male. 
- Allora Jess - cominciò pulendosi con un tovagliolo - posso sapere cosa hai fatto oggi? - chiese tranquillo, nessun velo di minaccia nella voce, solo curiosità e forse un pizzico di ansia che ancora non se n'era andata del tutto. 
- Dopo - fu la risposta secca che gli diede e non disse altro per tutta la cena come acconsentì a fare molto pazientemente anche l'altro. 
Quando finirono di mangiare tutto, Jess si alzò sotto lo sguardo attento del moro e prese un sacchetto che aveva poggiato su una sporgenza lì vicino che Killgrave non badó granché. 
Jess lo poggió sul tavolo, sgombro ormai grazie alla cameriera, esattamente davanti lui. 
L'uomo guardò prima il sacchetto poi lei poi ancora il sacchetto, evidentemente confuso ma pronto a reagire a qualsiasi sua mossa. Non poteva immaginare cosa ci fosse lì dentro o cosa le passasse per la testa ma ormai aveva fatto i conti con se stesso sul fatto che la amasse anche per la sua imprevedibilità. 
- Cos'è? 
- Scoprilo 
Continuó ad osservarlo e vedendo che non accennava a muovere un muscolo sospirò. 
- È una garanzia - rivelò ottenendo la sua attenzione, come se non fosse sempre al centro dei suoi pensieri. 
L'uomo si allungò sul tavolo avvicinandosi con circospezione al sacchetto ma senza toccarlo. 
- Vuoi giocare Jess? 
- Non sto giocando, Kevin - disse intravedendo distintamente un guizzo di luce in quegli occhi scuri come la pece. Lei se lo aspettava, ma non lui. Non si aspettava minimamente che prendesse ad usare il suo nome proprio così all'improvviso ma non l'aveva neanche mai vista così seria in vita sua. 
Guardò ancora il sacchetto e lo aprì con cautela. Sbarró gli occhi non credendo a ciò che stava vedendo. 
- Che cosa significa Jessica - disse con tono minaccioso ma anche leggermente curioso e confuso, guardandola dritta negli occhi. 
La mora si sporse incrociando le braccia sul tavolo senza mai distogliere lo sguardo. 
- Voglio provarci - disse stupendolo ancora di più intuendo cosa volesse dire. 
- Quindi tu
- Non farti strane idee Killgrave. Non ho alcuna intenzione di amarti o simili - disse smorzando subito il sorriso che gli stava nascendo in volto - Voglio provarci Kevin ma a modo mio. Vuoi che io stia con te in questa casa? Bene, lo farò ma secondo le mie fottute regole. Hai capito cos'è, no? Quello è tutto il Sofentanil che ero riuscita a raccogliere per metterti K.O e te lo sto dando. Puoi farne quello che vuoi, non mi importa. Non mi serve più
Lui la guardò non sapendo da dove cominciare, ancora più confuso di prima e con mille domande da rivolgerle e la speranza che tendeva vertiginosamente ad aumentare secondo dopo secondo. 
- Come faccio ad essere sicuro che non te ne sei tenuta un po' per usarlo quando meno me lo aspetterò? 
- Ma per favore - sospirò prendendo dalla tasca dei jeans il telefono che aveva nascosto, rivelandoglielo. Lui non fece neanche in tempo ad incazzarsi per averlo raggirato che glielo spaccó in mille pezzi davanti ai suoi occhi. 
Kevin era oltremodo interdetto. 
- Jessica, vorresti spiegarmi che sta succedendo? Dovrei essere oltremodo furioso del fatto che avessi un secondo telefono ma la curiosità sta avendo la meglio al momento. 
- Sto solo cercando di dimostrarti che ti puoi fidare. Io sto decidendo per mia libera scelta di vivere per sempre con te, di guidarti e di starti accanto Kevin. Come vedi, non ho armi contro di te e tu puoi usare il tuo fottuto potere per fermarmi. Farò come cazzo desideri 
Il volto dell'uomo era come se si fosse acceso di luce propria da quanta gioia stesse provando, e nulla fermò la corsa di quel sorriso smagliante che gli era nato in volto sentendo quelle parole. Semplicemente non poteva crederci che lei si fosse arresa così a lui, lo aveva desiderato così tanto che ora stentava a crederci. Ma sapeva anche che lei non era stupida e che non finiva di certo lì il suo discorso. 
- Perché sento puzza di fregatura? 
- Nessuna fregatura, semmai.....un compromesso
- Oh oh allora esiste nel tuo vocabolario questa parola
- Oh ma taci - gli rispose saccata già un minimo pentendosi di quello che stava provando a fare. Si stava giocando il tutto per tutto e non poteva mollare in quel momento, sotto lo sguardo di quegli occhi magnetici che la scrutavano divertiti. 
- Dunque, il compromesso sarebbe....? 
La mora affiló gli occhi soppesando ogni parola prima di parlare
- TU devi provarmi che puoi cambiare. Se vuoi che questa cosa funzioni, se vuoi che lavoriamo insieme, se vuoi che andiamo d'accordo, c'è bisogno di fiducia reciproca. Io ti ho dimostrato ciò con la mia scelta ma tu devi dimostrarmi che quello che sto per fare non è solo un cazzo di salto a vuoto, che posso avere la speranza che tu userai il tuo potere per il bene, che tu non faccia più del male a nessuno. Ho bisogno di una prova che mi dimostri che non sei irrecuperabile - finí il suo discorso non distogliendo lo sguardo dal suo neanche per un secondo. 
Ora era tutta una scommessa, un gioco d'azzardo molto pericoloso. Si era giocata il tutto per tutto con questo gesto e c'era solo una minima possibilità che le cose andassero come voglia lei ma doveva rischiare con un'ultima cosa.  
Nel frattempo Kevin era.....non sapeva neanche lui cosa stesse provando, un mix di emozioni contrastanti che solo lei era in grado di generargli nel petto, nel cuore. Ma di una cosa era certo: in quel momento si sentí impotente. Non capiva cosa la sua Jess volesse. Una prova che lui potesse cambiare. In che senso una prova? Non le bastava tutto quello che aveva fatto per lei? Non le imponeva niente e non la toccava come lei desiderava. Le aveva pure comprato, quasi del tutto legalmente, la sua stessa casa! Se quelle non erano prove, cosa avrebbe dovuto fare? Era un continuo mistero quella donna, come lo mettesse in confusione, farlo infuriare e riuscire a farsi amare ancora di più da lui. Gli mandava il cervello in subbuglio ma sentiva di amarla sempre di più.
La sua voce poi lo distolse dai suoi pensieri ricatapultando la concentrazione solo su di lei.
- Kevin...dammi un motivo per smettere di odiarti - e lì Killgrave formò una O perfetta con la bocca che non si era accorto di aver aperto e solo quando parló si accorse anche di aver trattenuto il fiato
- Che tutti i presenti in questa casa escano da qui e che ritornino immediatamente nelle loro abitazioni! E che ricompaiano solo domani mattina! - ordinò a tutti quelli in ascolto, facendo ovviamente quello che fu loro ordinato.
Jessica non si mosse di un millimetro nel frattempo.
- Vuoi una prova dici - mormorò - eccotela servita mia cara






Hello everyone! Ammetto di essere un pochino agitata perchè è la prima volta che pubblico qualcosa su EFP, di così impegnativo poi. Comunque spero che la storia vi interessi, sarà una long e non vi assicuro che aggiornerò spesso per via degli esami. Comunque accetto qualsivoglia critica, consiglio o richiesta che mi facciate, qualunque sia senza complimenti mi raccomando. Ok con ciò vi saluto, vi auguro di stare bene e un bacione 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


- Beh? Tutto qui?
Jess non capiva se la stesse prendendo in giro o se la volesse solo far incazzare. Beh, sull'ultima, ci stava riuscendo. Oltre a quell'ordine non aveva fatto o detto nient'altro. Cos'è? Pensava che mandando la gente a casa fosse un così grande gesto altruistico da valere come prova? 
- Ma come tutto qui? Ti ho dato un enorme vantaggio - disse con un piccolo sorriso. In fondo anche lui si stava buttando in quel momento e poteva finire solo in due modi. Kevin sperò vivamente che fosse la scelta giusta. 
La detective inarcò un sopracciglio perplessa. 
- Ordinare ai tuoi schiavi di andare a casa non è una prova e che cazzo intendi per vantaggio? 
- Oh - disse fingendosi stupito - Non l'hai ancora capito vero? - e tutto sorridente si alzò indicando alla mora di seguirlo in soggiorno. 
Come se niente fosse, si buttó mollemente sul divano, cominciando a prestare ascolto alla tv. Beh, era tutto troppo vecchio per i suoi gusti ma almeno il divano era comodo. 
- Beh? Mi vuoi dire cosa non ho capito? O è solo un tuo giochino mentale e vuoi solo farmi incazzare? - gli disse frapponendosi fra lui e la tv.   
Killgrave alzò lo sguardo percorrendo tutta lua sua meravigliosa figura e sorrise divertito per starla facendo brancolare nel buio. È così semplice.  
- Oh Jessi, mi stai facendo dubitare della tua perspicacia sai? - la prese in giro - Sei una detective giusto? Beh fai quello che ti riesce meglio allora - e batté leggermente sul posto accanto al suo per intimarle di sedersi. 
Lei assottiglió lo sguardo sedendosi, anche se a debita distanza e cominciò a ragionare
- Hai detto che mi hai dimostrato qualcosa dandomi un vantaggio - disse guardandolo. Lui sorrise continuando a guardare una partita di football in tv ma la sua attenzione era tutta rivolta a lei. 
- L'unica cosa che hai fatto è stata ordinare al personale di andare a casa quindi n-
- Sbagliato
- Cosa? 
- Io non l'ho detto - e ricominciò a guardarla. 
- Cos'è hai comandato così tanti cervelli che ora hai problemi di memoria? Hai ordinato a tutti di andare a casa quindi-
- Esatto
Jessica sbuffó sonoramente per essere stata interrotta per la seconda volta, per non parlare del fatto che le sue risposte la stavano infastidendo non poco. 
- Killgrave ti avverto, mi sta facendo incazzare il tuo comportamento, quindi se non vuoi che ti faccia sputare a sangue la risposta n- ma la interruppe per la terza volta di fila. 
- Qual è stato il mio ordine? - sospirò stufo di quel gioco - Avanti, dimmi esattamente cosa ho detto
La ragazza lo guardò non capendo dove volesse andare a parare, ma si concentrò lo stesso per ricordare. Non le sfuggì il fatto che Kevin si fosse fatto più rigido e teso, a quanto pare era una prova bella grossa per lui. 
- Hai detto a tutti i presenti qui dentro di andare a casa e di ritornare domani mattina
- Ed eri così concentrata a capire che non ti sei nemmeno accorta che non ho detto "Tranne te" - rispose ma vedendola ancora più confusa spiegò meglio - Jessica, in quell'ordine eri inclusa anche tu, ma tu non lo hai fatto. Non mi hai ubbidito, sei ancora qui - rivelò, un filo preoccupato. La sua Jessica era imprevedibile, non sapeva proprio prevedere la sua reazione. 
Le vide solo comparire man mano negli occhi la consapevolezza, una consapevolezza che lui aveva già da molto tempo ma che lei non sapeva. 
In cuor suo sperava che capisse che rivelarle di non poter più avere il controllo su di lei era un enorme svantaggio per lui e che ora lei poteva fargli qualsiasi cosa; lui da quel momento sarebbe stato impotente e sarebbe sopravvissuto solo con la buona sorte o le giuste minacce. 
Alla fine, non ottenendo reazione, fece finta di ricominciare a guardare la partita, anche se la sua concentrazione era tutta su di lei, pronto a reagire a qualsiasi mossa. 
- Perché non me lo hai....no che domanda stupida, perché avresti dovuto? - si rispose da sola dando voce ai suoi pensieri. Perché mai avrebbe dovuto dirglielo, togliendole così il vantaggio che aveva su di lei? Bastardo. Lo guardò male reprimendo a stento l'istinto di colpirlo in pieno volto. Se volevano che le cose funzionassero, anche lei doveva cambiare, non solo lui. 
- Wow lode al tuo autocontrollo Jessica, davvero. In altre circostanze mi avresti già colpito più volte, invece... - e abbassò il volume della televisione incrociando il suo sguardo - Quindi resti veramente - mormorò anche se era più un pensiero detto ad alta voce che una vera e propria domanda. Voleva toccarla, anche solo sfiorarla per avere la prova che non stava solo sognando e che lei avesse realmente scelto di stare con lui ma le aveva anche promesso che non l'avrebbe più toccata senza il suo consenso. Per fortuna, era un inguaribile ottimista quando c'era di mezzo la sua Jess ed era fiducioso che prima o poi sarebbe riuscito a smantellare una per una, tutte le difese che lei si era costruita. E già si pregustava il momento quando lei stessa gli avrebbe chiesto di toccarla e farla sua. Ma tempo al tempo, si ripeté fermando la mano che si era leggermente allungata verso la sua direzione. Non sarebbe stato lui a forzare la mano stavolta, si impose. 
Questo Jessica non lo notò, nascosta dai suoi capelli e persa fra i suoi pensieri, pensava solo di star già arrendendosi in partenza. 
- Quindi è per questo che continuavi a ripetermi di fare le mie scelte. Solo perché non potevi.....non puoi controllarmi - diede voce ai suoi pensieri con tono tremendamente amaro, dandosi della stupida per essersi illusa anche solo per un attimo che fosse sincero, che ci credesse davvero. Si alzò dirigendosi verso la vetrinetta ricolma di vari alcolici. Aveva un disperato bisogno di bere. 
Anzi, le venne una dannata voglia di scolarsi tutto l'alcohol presente in casa e andarsene a dormire dimenticandosi per un po' la situazione di merda in cui si trovava. 
Alla fine optó di prendere solo una bottiglia di Whisky, ma mentre lei lo teneva per il collo un'altra mano, più grossa ma curata afferrò il resto della bottiglia. Kevin si era silenziosamente alzato e le si era fatto vicino per fermarla e quello era l'unico modo per farlo senza toccarla. 
- Molla la bottiglia
- Lo pensavo davvero Jessi - affermò Kevin ottenendo la sua attenzione - Lo voglio ancora e non smetterò di volere che tu faccia le tue scelte. È vero che io non posso più controllarti - disse togliendole la bottiglia dalle mani. 
La mise via, ma lo spazio fra loro non aumentò perché entrambi non riuscivano, non volevano allontanarsi, chi per un motivo, chi per un altro.
- Ma non ho mentito quando dicevo che voglio che tu faccia le tue scelte. Dai, guardati attorno - disse allargando le braccia - tu sei entrata in questa casa di tua spontanea volontà, hai deciso di rimanere con me di tua spontanea volontà. Non lo vedi? - chiese donandole un dolce sorriso - Le tue scelte ci hanno portato qui, in questo momento, insieme e io sono così felice. Sono felice perché non ti sto costringendo a volere tutto questo - e fece per alzare una mano per sfiorarle il volto ma riuscì ad interrompere l'impulso appena in tempo rimanendo con la mano a mezz'aria e ancora troppo, tremendamente, vicini - Sono felice perché sei tu a volerlo Jessica - mormorò dolce e caldo, con un tono di voce che avrebbe fatto sciogliere chiunque ma non lei, non il suo cuore. Il suo cuore non batteva più per nessuno, era ricoperto da spessi muri di cemento armato e non avrebbero di certo cominciato a cedere ora, non con lui. E sfortunatamente non poté dare colpa all'alcohol per quello che vide negli occhi troppo vicini dell'uomo, era perfettamente sobria in quel momento quindi non seppe come giustificare i suoi pensieri quando sprofondó nei suoi occhi scuri ed ammaliatori. Erano disgustosamente dolci e una parte di lei era conscia del fatto che molto probabilmente lui stesse provando a manipolarla ma fu sicura di aver scorto qualcosa anche. Qualcosa di infantile, puro quasi. Vide un bambino alla ricerca disperata di amore ed affatto all'interno di un corpo troppo cresciuto e questo, improvvisamente le bastò. Questa era la prova che cercava. Era un azzardo e lo sapeva, era tutta un'enorme scommessa che poteva finire solo bene o molto molto male ma quello che vide le bastò per ravvivare la piccola fiammella di speranza che le era rimasta. 
Dopo questa constatazione si accorse che non gli aveva risposto, non aveva spiccicato parola. Si limitò soltanto ad osservarlo accorgendosi solo in quel momento di quanto fossero vicini, troppo vicini, oltre il limite massimo consentito tanto che poteva sentire il fiato dell'uomo mischiarsi al suo, e immagini che si ostinava di dimenticare le ritornarono alla mente come un monito di quando era sotto il suo controllo. Lo guardò un ultima volta facendosi forza per allontanarsi, era tentata anche di picchiarlo solo per smorzare quell'atmosfera surreale ma non lo fece. Si limitò soltanto a fare un passo indietro e un altro ancora fino a raggirarlo senza dire niente e salire le scale senza più voltarsi. Voleva solo chiudersi in camera e non uscirne più. 
Killgrave era soddisfatto invece, era riuscito ad avere l'ultima parola per una volta e così gongolando si riaggiustó il colletto della camicia prima di ritornare sul divano, la partita ormai quasi finita e non più tra i suoi interessi principali. Continuò a sorridere e fantasticare per un po' finché non decise che era ora di andare a dormire. Come le scorsa sera appuró che Jess aveva di nuovo chiuso a chiave la sua porta così che lui non potesse entrare, non che non volesse certo ma lui non lo avrebbe fatto comunque. Agognava il giorno in cui lei stessa gli avrebbe chiesto di entrare e non voleva rovinare tutto prima del tempo. Così sempre sorridente e un po' divertito se ne tornò in camera sua a dormire sperando di averla a fianco almeno nei suoi sogni. Giusto poco prima di addormentarsi si accorse che Jess non aveva ancora risposto alla sua domanda, ovvero cosa avesse fatto per tutto il giorno ma si addormentò definitivamente prima di pensarci ulteriormente.

La mattina dopo si svegliò presto e molto felice preparandosi con cura pronto per affrontare anche quella giornata. Visto che era quasi giugno optó per il solito completo elegante ma senza la giacca, così che non sudasse, anche se sapeva di resistere molto bene al caldo. Scese le scale già pronto ad impartire ordini così che quando sarebbe scesa la sua amata avesse trovato già pronta una bella colazione ad attenderla ma si stupì invece di non trovare nessuno in casa. Stava già progettando chissà quali atroci punizioni per impartirli poi a tutti loro ma si fermò non appena vide la sua Jessica in piedi in cucina con addosso un sudicio grembiule a quadri rosso e bianco intenta a preparare la colazione. Si fissò a guardarla dalla soglia, lei non se ne accorse nemmeno tanto era concentrata, così lui si diede un piccolo pizzicotto sulla mano per capire se stesse ancora sognando. 
Dolore
Appurato che non stesse sognando cominciò ad analizzare la situazione per agire di conseguenza. Innanzitutto notò con piacere che non provava al momento nessun sentimento negativo, anzi era tutta concentrata a mischiare qualcosa di non bene identificato in una ciotola mentre controllava che non si bruciassero i toast. Poi per solo un attimo gli sembrò di aver intravisto delle occhiaie sul suo bel viso, inoltre notando come andasse la macchinetta del caffè mentre ce ne era ancora metà nella tazza che stava bevendo, avvaloró la sua teoria che avesse dormito poco o niente. Al solo pensiero inarcó un sopracciglio curioso di sapere se fosse stato lui a farla rimanere sveglia tutta la notte. Chissà magari è di buon umore per aver pensato a me, provó ad illudersi. 
Infine notò il suo abbigliamento, soprattutto quando si era girata dandogli le spalle per allungarsi a prendere qualcosa su una credenza. Non era vestita come al solito. Ok che era quasi giugno ma stare solo in canotta e con dei pantaloncini che le fasciavano alla perfezione il suo bel culo sodo erano un delitto per il suo autocontrollo già fortemente provato. 
In un attimo, gli saltarono alla mente ricordi molto appaganti di loro due insieme, nudi, fortemente a contatto ma quella dei suoi ricordi non era la vera Jessica. Quella che manipolava era docile e gentile a letto, la vera Jess invece è una dominatrice difficile da spezzare. Per un attimo si chiese come fosse a letto immaginandosi mille e mille scenari di loro due, nel futuro, insieme e si perse fra quelle immagini peccaminose. 
- Quando hai finito di immaginare porcate vieni qui ad aiutarmi - lo riportò coi piedi per terra Jess. 
A quanto pare sono stato scoperto, pensò sghignazzando. 
- Se sapevi che immaginavo porcate vuol dire che lo facevi anche tu - rispose entrando nella stanza e beccandosi un'occhiataccia dalla detective in grembiule. Per un attimo si chiese se ci fosse il rischio che un giorno lo uccidesse con una frusta da cucina, o magari un mattarello. Sorrise divertito immaginando Jess che lo rincorre con un mestolo in mano pronto a colpirlo. 
- No, è che guardandoti ho sempre l'impressione che immagini porcate
- Beh se sto guardando te, temo sia inevitabile mia cara - disse facendole l'occhiolino. 
- Tze - e si girò per controllare i toast. 
- Allora - disse guardandosi attorno - mi vuoi dire che fine hai fatto fare alla mia servitù? - chiese molto curioso, mettendosi le mani in tasca. 
- Ho pensato molto stanotte - rispose invece la mora ignorando bellamente la sua domanda. 
A Kevin gli tremó un sopracciglio per il nervoso senza accorgersene, ma stette comunque al gioco. 
- A cosa pensavi Jessica? 
- Oltre a come volerti uccidere - disse facendogli scappare uno sbuffo divertito - Ho pensato a come iniziare questa....cosa
A Kevin gli brillarono gli occhi per un attimo
- Ovvero? - chiese impaziente, sempre sorridendo. 
Jessica spense la macchinetta del caffè, il tostapane e i fornelli e cominciò a distribuire tutto sui piatti. 
- Pensavo di partire per gradi - disse prendendo tutti i piatti e portandoli nel tavolo fuori in giardino per mangiare. Kevin la seguì aiutandola a portare le cose, chiedendosi ancora una volta dove diamine fossero i suoi dipendenti. 
Dopo aver apparecchiato e sistemato tutto, si sedettero né troppo vicini né troppo lontani e Jess riprese a parlare mentre si metteva un po' di uova strapazzate nel suo piatto. 
- Da quel che ho visto, hai avuto un'infanzia di merda che non si augurerebbe a nessuno. Neanche a te, per quanto tu sia....tu - rivelò stupendo non poco l'incantatore che si stava tagliando un pezzo di bacon. 
- Perciò dobbiamo partire dall'inizio. E per farlo - disse finendo di masticare una fragola - dovrai imparare a fare a meno dei tuoi poteri - e qui Kevin la guardò come se le fosse sbucata una seconda testa. 
- Jessi, lo sai che è un controsenso quello che hai detto vero? Vuoi che usi il mio potere per il bene ma dici che devo imparare a non usarlo. Non ha senso
- È esattamente quello che ho detto, bravo bambino - lo prese in giro, finendo di mangiare il suo pezzo di dolce. 
- Jessica
- Senti - lo interruppe facendo cozzare la forchetta col piatto - Tu sai usare perfettamente il tuo cazzo di potere, non ci vuole un genio per capire come funziona e io non sono qui per insegnarti ad usarlo - disse riprendendo a mangiare come l'altro. 
Dopo un attimo di silenzio riprese a parlare 
- Stanotte fra le varie cose, pensavo al prima. Al prima di tutto questo, del mio incidente e dei tuoi esperimenti. Prima che avessimo i poteri eravamo pressoché normali e così stavo pensando come sarebbe stata la mia vita senza poteri e irrimediabilmente ho pensato anche alla tua. Pensandoci, a te nessuno ha insegnato nulla
- Grazie per la precisazione - rispose sarcastico. 
- Intendo che tu sei cresciuto usando soltanto i tuoi cazzo di poteri per ottenere tutto quello che volevi e lo fai ancora
- Jessica arriva al punto. Sto iniziando a stancarmi di provare a seguire quello che dici
- Il punto è - precisó guardandolo storto - che tu, senza i tuoi poteri non sei nulla
Tutto si raggeló attorno a loro, gli uccellini neanche più cinguettavano. 
Killgrave era....indeciso sul da farsi. Non smise di fissarla neanche per un secondo ripetendosi nella mente quella frase come un mantra. C'era qualcosa che non gli tornava. Non capiva perché lo avesse colpito tanto una frase così innocua. Jessica gli aveva detto e fatto molto di peggio ma ciò nonostante non si era mai sentito così. Assottiglió lo sguardo scrutandola attentamente, allungandosi addirittura sul bordo del tavolo poggiandoci entrambi i gomiti, il mento poggiato sulle dita intrecciate. Stava analizzando le informazioni. Si ripeté la frase per l'ennesima volta e notò che lei non aveva usato nessun tono particolare, né rabbioso, né derisorio. Non ha usato un tono di scherno o sarcastico, ma un tono neutrale, come una semplice constatazione, un dato di fatto. Rielaboró il fatto che l'aveva pensato per tutta la notte, si guardò brevemente attorno completamente privo di personale, lei che voleva il suo aiuto in casa e infine le sue parole. D'improvviso ebbe come un'illuminazione. Gli si sgranarono gli occhi e aprì leggermente la bocca per lo stupore. Non ci poteva credere. Possibile che....? 
Recuperó tutti i pezzi e questi mano a mano si incastravano tutti alla perfezione formando un'unica parola, una che non pensava di poter scorgere così presto. 
La fissò con tanto d'occhi e questa deve aver intuito che aveva compreso perché alzò gli al cielo sbuffando, nascondendosi dietro la sua terza tazza di caffè. 
- Jessica....tu....
- È solo una prova 
- Il personale assente.... 
- Ho detto a tutti che è il loro giorno libero e di tornare domani, ordini tuoi. Cazzo però, anche senza il tuo potere gli ho fatto fare quello che volevo solo nominando il tuo nome
- Jessica
- Cioè, che cose orribili gli hai fatto fare per 
- Jessica - la interruppe definitivamente - luce della mia vita, questo è il tuo modo contorto per dirmi che ti preoccupi per me? 
A quelle parole, la detective lo guardò in silenzio per un momento che parve infinito, soprattutto per lui. 
- No - rispose infine secca distogliendo lo sguardo e finendo di mangiare. 
Kevin invece non le tolse mai gli occhi di dosso, troppo felice per aver avuto la meglio. Gongolava come un bambino il giorno di Natale, la sua dolce Jessi si stava finalmente aprendo con lui, gli aveva praticamente confessato di tenere a lui, anche se era scritto in caratteri minuscoli fra le righe. E quello dopo solo quattro giorni insieme senza alcun tipo di controllo mentale o fisico che sia. 
Si diede mentalmente del genio e finì di mangiare la sua colazione con un sorriso che non accennava minimamente a diminuire.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


- Allora Jessica, esponimi il piano per oggi
Avevano finito di fare colazione, sparecchiato e pulito tutto il macello in cucina, o meglio, aveva. Killgrave non si era scomodato ad alzare un solo dito. Ora se ne stavano beatamente in giardino a prendere il sole.
- Perché non ci arrivi da solo? - rispose ghignando.
L'uomo sorride leccandosi un labbro.
- Bene. Notando l'assenza della servitù, suppongo che ci sia un motivo dietro. E chissà perché ho la sensazione che non dipenda dal tuo desiderio di stare da sola con me
- Che arguto - rispose bevendo un sorso di Vodka direttamente dalla bottiglia.
In quel frangente, Kevin si ripromise che prima o poi l'avrebbe fatta smettere di bere a qualsiasi ora della giornata, anche se a detta della mora, sarebbe colpa sua sei lei beveva.
- Quindi ricollegandomi al tuo piano di farmi usare il meno possibile i miei poteri, posso dedurre soltanto che oggi dovrò fare tutto da solo
- Buon lavoro Sherlock, ma su una cosa ti sei sbagliato - rispose incuriosendolo - Cominceremo domani. Oggi abbiamo altro da fare - rivelò alzandosi, seguita poi dall'altro. 
- Abbiamo? 
- Sì, non sei sordo e poi viviamo insieme, il pronome noi verrà usato spesso, sai? - lo prese in giro andando a mettersi qualcosa di più consono, stando attenta a non dimenticare il suo immancabile giubbotto di pelle. 
- Dove stiamo andando Jessica? 
- A risolvere certi affari - disse e salirono in macchina alla volta di New York. 
Entrambi stavano seduti dietro ma a certa distanza, imposta ovviamente da Jess. Con loro, presente solo il conducente rigorosamente ipnotizzato da Killgrave. 
Il perché? Jess non aveva ancora preso la patente, anche se prima o poi si ripromise di prenderla, e Killgrave non c'era manco bisogno di spiegarlo. 
- Allora Jessica, cosa dobbiamo fare? - chiese riprendendo dal nulla il discorso. 
- Due cose. La prima è scagionare Hope di prigione per un crimine che le hai fatto fare - disse ottenendo un sbuffo stanco dall'altro - La seconda è una scocciatura che devo risolvere - finì con tono spazientito. 
L'uomo capí al volo a cosa si riferisse. 
- Quindi il mio compito oggi è rilasciare una criminale in libertà e provocare un divorzio. Non smetterai mai di stupirmi Jessica, davvero - disse parecchio divertito. 
- Ma come.....hai letto i miei messaggi stronzo - e non era una domanda. 
- Mi hai lasciato tutto solo ieri. Dovevo pur far qualcosa - disse omettendo che quella non era l'unica cosa che avesse fatto col suo telefono. Non c'era bisogno di dirle tutto tutto in fondo. 
- Comunque Hope non è una criminale, tu l'hai obbligata - ci tenne a ricordargli. 
- Ma lei lo voleva
- Solo a causa del tuo potere che obbliga la gente a volere quello che vuoi tu! 
- Ma brava allora te lo ricordi
Jess incrociò le braccia al petto e si mise a guardare fuori, persa fra i pensieri
- È impossibile non farlo - sussurrò piano ma lui la sentì lo stesso strappandogli un sorriso. 
Dopo pochi minuti di stasi in cui l'unico rumore udibile era quello della macchina in corsa, Kevin ruppe il silenzio
- Ammettilo ti piaceva
- Fottiti
- Suvvia Jessica non mentirmi
E ricevette un dito medio come risposta. 
- Ti amo anch'io mia cara - rispose di rimando ridendo di gusto. Certo, stava scherzando e tirando un po' la corda per vedere fin dove potesse spingersi ma ciò non voleva dire che non era vero quello che affermava. Anzi, sentiva di amarla ancora di più quando si comportava in quel modo. 
Perso nelle sue elucubrazioni, non si accorse di come si fosse irrigidita la mora al sentire le sue parole uscire così spontanee e sincere dalla sua bocca. Si convinse che fosse solo per tutto il male che le aveva fatto a causa di quella ossessione malata che lui si ostinava a chiamare amore. 
Tutto sommato, in poco tempo arrivarono alla prima destinazione della giornata senza troppi bisticci od ossa rotte, e questo per Killgrave equivaleva ad un grande successo. 
La prima tappa fu la casa di Wendy. 
Sapeva di trovarla in casa perché facendo qualche ricerca aveva scoperto che si era presa un giorno libero. 
Si diressero al portone ma prima di bussare, Jessica guardò Kevin
- Ti ricordi il piano? 
- Cristallino - le rispose sorridendo. 
Bussò velocemente e attesero. 
- Ti avverto - iniziò Jess appena sentì dei passi in lontananza - non so che reazione potrebbe avere
- Oh Jess, cosa le hai fatto? - sorrise canzonatorio, immaginando mille torture e sofferenze.
- L'ho solo spaventata....e forse messa in pericolo di vita - ammise infine. 
Difatti, non appena la porta si aprì mostrando la figura in vestaglia di Wendy, questa riconoscendo Jessica provò subito a richiudere la porta. 
Se non fosse stato per i riflessi pronti di Killgrave ordinandole subito di fermarsi, ancora un centimentro e Jess sarebbe stata costretta a buttare giù la porta a calci. 
Invitaci ad entrare - e per l'appunto una Wendy magicamente più accogliente e cordiale li fece accomodare dentro. 
Entrati nel salotto, Jess esortò l'uomo a continuare per finire in fretta così, passandole i documenti, le ordinò di firmarli. 
Ottenute le firme si diressero verso l'uscita. Primo obbiettivo della giornata completato. 
- Ma cosa....come avete.....oddio cos'ho fatto? No! Vi prego ridatemi quei documenti! - urlò la donna disperata dopo aver realizzato cosa avesse fatto. Si scagliò subito verso Jess che teneva i documenti all'interno del giubbotto ma di nuovo Kevin la fermò in tempo. 
- Andiamocene prima che dia di nuovo di matto - lo incitò Jess aprendo la porta, pronta ad uscire. 
L'uomo invece non si era mosso, continuava a guardare fisso la donna. Gli ricordava tremendamente qualcuno, ma non seppe davvero dire chi. E non seppe neanche perché fu così colpito dalla sua disperazione e determinazione nel riprendere quei fogli. 
- Ti muovi? - lo chiamò Jess all'improvviso, notando la sua assenza. Infatti lei era già in procinto di entrare in macchina e solo dopo qualche minuto, Killgrave si decise a raggiungerla in auto, pronti a partire per la prossima tappa. 
La mora lo guardò scettica
- Che hai combinato lì dentro? - chiese senza però ottenere risposta. 
Kevin era come assorto in chissà quali strani e perversi pensieri senza degnarla di alcuna intenzione. 
- Cos'è, devo far girare la macchina per assicurarmi che non ci sia un cadavere in quella casa? - scherzò cercando di riottenere la sua attenzione, pregando mentalmente che non sia davvero così. 
- Sai - cominciò invece il moro dal nulla, ignorandola allo stesso modo di Jess quella mattina - io non ti lascerei mai andare, neanche se fossi innamorata di un altro - se ne uscì stupendola non poco. 
- E questo mo che cazzo c'entra? E poi grazie, bella scoperta. Hai già reso chiaro il concetto quando mi hai fatto trovare quel ragazzo sgozzato nel mio letto - gli ricordò ricordandosi perfettamente tutto quel sangue, il senso di impotenza e quel piano folle che, ironia della sorte, il moro stesso le aveva impedito di portare a termine. 
- Bene, e sappi che lo farò ancora se chiunque si frapponesse fra di noi - ribadì il concetto. 
- Ti ho già detto che ho scelto te, non c'è più bisogno di uccidere nessuno chiaro? - chiese senza però ottenere risposta. 
Jess lo trovava parecchio strano, lo era da quando era uscito dalla casa di quella donna e non capiva cosa gli aveva fatto cambiare repentinamente umore in soli due minuti. Si appuntò di indagare più tardi in merito, perché erano giunti alla seconda destinazione. 
- Questa non è la prigione - constatò Kevin osservando l'enorme palazzo che si ergeva davanti a loro. 
- Che acume - lo prese in giro raccogliendo la busta coi documenti - È qui che lavora quella bastarda della ex moglie. Vado, consegno e ce ne andiamo - disse, in procinto di scendere. 
Autista, aziona la sicura alle portiere - ordinò subito, sentendo appena dopo lo scatto delle portiere. 
- Che cazzo fai? - gli chiese di scatto, girandosi verso di lui. 
- Hai parlato al singolare Jessi
- Cosa? - chiese visibilmente confusa. 
- Dovevi dire "andiamo, consegniamo e ce ne andiamo". Siamo una squadra in fondo, no? E mi offendi sai, se pensi che ti lasci andare da sola mentre io sono qui ad aspettarti. 
Jess lo guardò interdetta
- Tu rimani qui, fine della storia. Sblocca le portiere adesso
- No se non mi farai venire con te
- Kevin non obbligarmi a sfondare la portiera
- E tu non obbligarmi a fare minacce, lo sai che lo farò - le rispose con un sorriso sadico in volto. 
L'aria all'interno cominciò a farsi irrespirabile da quanto fosse tesa, mentre loro due non smisero di fissarsi l'un l'altra. 
Alla fine Jess capitolò sapendo che se fosse continuata così, sarebbe impazzita dal nervoso prima della fine della giornata. 
- D'accordo vieni. Ma ti avverto, combina un solo guaio e non sarai più in grado di usare l'olfatto per tutta la tua vita - lo minacciò prima che, tutto sorridente e contento, Killgrave fece sbloccare le portiere. 
Scendendo, entrarono velocemente nel palazzo, raggiunsero il piano desiderato, non senza qualche raccomandazione da parte di Jess per Killgrave, e raggiunsero a passo spedito la reception trovando Pam indaffarata al telefono. 
Appena la bionda vide Jess alzò gli occhi al cielo, aspettandosi di essere di nuovo ignorata dalla mora per una delle sue imboscate nell'ufficio del suo capo, ma invece Jess si diresse proprio verso di lei, in compagnia di un uomo per altro, e le mollò davanti la busta contenente i documenti del divorzio. 
Pam la fissò confusa e anche un po' irritata per via dei suoi modi. 
- Dì a Hogarth che pretendo il compenso entro la fine della giornata - le disse solamente. 
Piano piano, la confusione della bionda divenne stupore e poi consapevolezza e un largo sorriso stava nascendo sul suo bel viso curato. Chiuse immediatamente la telefonata, prese la busta, guardò un'ultima volta la ragazza e poi corse verso gli uffici della sua amata, pronta ad indossare il suo anello. 
- Bene, qui abbiamo finito. Andiamocene - ma non fecero in tempo ad entrare in ascensore che vennero subito fermati
- Jessica! 
Cazzo, si maledì mentalmente, fermandosi. 
- Vieni nel mio ufficio, adesso 
La mora sbuffò sonoramente, la speranza che sarebbe stato veloce, svanita di colpo. 
- Non ti azzardare a muoverti e non combinare niente, chiaro? Cuciti la bocca se necessario - dichiarò Jess all'uomo a fianco a lei, guardandolo minacciosa. 
L'uomo per risposta fece il gesto di chiudersi le labbra a chiave, per rassicurarla. 
Anche se ancora scettica, Jess si allontanò seguendo la Hogarth nel suo ufficio. 
Chiusa la porta, Jess la vide sedersi dietro alla sua scrivania e rivolgerle uno sguardo compiaciuto. 
- Ottimo lavoro Jessica
- Sì beh, mo non rendiamolo come se fosse un mio hobby distruggere matrimoni
- Comunque riceverai presto una notifica per il compenso
- Bene, perfetto - rispose già pronta a prendere la porta. 
- Ah Jessica? Mi dici come hai fatto a convincerla? 
Jess ci rifletté su, indecisa se dirle la verità oppure no; alla fine optò per una via di mezzo
- Beh, diciamo che ci abbiamo parlato e fatta ragionare - in fondo non era del tutto sbagliato. 
La donna inarcò un sopracciglio perplessa
Abbiamo
E lì si maledisse mentalmente per essersi fatta sfuggire il suffisso plurale. Ormai erano una cazzo di squadra a tutti gli effetti, non poteva farci niente. 
- Sì beh.... 
- Ti ha aiutata quel damerino inglese che ti sei portata dietro? - Chiese stranamente curiosa. 
- Diciamo di sì - rispose sorridendo. In un'altra occasione era sicura che avrebbe riso tanto a quell'appellativo ma era troppo preoccupata per farlo. 
Iniziò ad altalenare il peso prima su un piede e poi sull'altro, agitata e preoccupata. Stava passando troppo tempo da quando aveva lasciato Killgrave da solo, e non riusciva a stare tranquilla. 
- Sì beh....se abbiamo finito io vado. Ah non chiamarmi più. Non sarò reperibile per un bel po'. Ah e non ti scomodare a mandarmi l'invito per il tuo matrimonio, non ci verrei comunque - e dicendo ciò se ne andò da lì il più in fretta possibile. Doveva assicurarsi che fosse tutto a posto. 
Ma poi si arrestò cambiando repentinamente idea. Si forzò di tornare sui suoi passi e di rientrare nell'ufficio della donna, chiudendo la porta. 
La donna era ancora dietro la scrivania ma intenta a leggere un foglio quando entrò. 
- Hai bisogno di qualcosa Jessica? 
- Sì vedi, ti volevo solo avvertire che oggi Hope uscirà da quel buco di prigione in cui si ritrova - le disse tutto d'un fiato, pronta ad agire contro qualsiasi reazione. 
Hogarth inarcò un sopracciglio perplessa, stringendo appena il foglio nella sua mano. 
- Jessica, sai cos'ho qui? Una richiesta di patteggiamento. Mi è appena arrivata via fax dal giudice che si occupa del caso. Offre vent'anni al posto dell'ergastolo 
La detective si avvicinò furiosa alla scrivania, battendo i palmi sul ripiano. 
- Tu vorresti farle passare vent'anni in quel buco di fogna?! - le urlò contro con la pazienza già fortemente provata. 
- Jessica ragiona, non c'è altra soluzione. È giovane, fra vent'anni potrà ancora godersi il resto della sua vita - tentò pazientemente di farla ragionare. 
- Mi prendi per il culo?! Deve pagare vent'anni per un crimine che è stata costretta a fare! Toglitelo dalla testa! Lei uscirà oggi stesso! - decretò furiosa e decisa più che mai. 
- Non dire idiozie Jessica. Come pensi di farla uscire? Sappi che se userai la tua forza o farai qualcosa di illegale, non ti coprirò stavolta - la minacciò. 
- Ma certo! Ormai il mio compito l'ho fatto, ora posso pure andare a farmi fottere! - rise senza però un briciolo di gioia o ilarità - Ora posso scoparmi la mia ragazza senza sentirmi in colpa! Ora non devo più coprire quella rozza, problematica di Jessica! - le fece il verso alzando sempre di più la voce. 
- Jessica abbassa - ma fu bruscamente interrotta. 
- Sai che c'è? Fottiti. Fottetevi tu, la tua segretaria del cazzo e le vostre vite del cazzo - e si avvicinò sempre più minacciosa al volto della donna - Oggi finirò quello che ho iniziato, farò uscire Hope di prigione e non ci sarà alcun bisogno del tuo intervento, viscido serpente che non sei altro. L'unica cosa che devi fare è stare chiusa qui e stare fuori da tutta la faccenda - stava mettendo così tanto forza nei palmi che iniziarono a vedersi le prime crepe sul tavolo - Dopo oggi, sparirò dalla tua vita, non dovrai più cercarmi; immaginami morta se ti fa sentire meglio non mi importa - e finì assottigliando lo sguardo, riducendo la voce ad un sussurro roco - Non voglio più avere niente a che fare con te, lurida serpe - e detto ciò si allontanò di scatto, imboccò la porta e la sbatté dietro di sé. 
La donna nell'ufficio, dopo che se ne fu andata, sentì tutta la tensione crollare di colpo e ritornò a respirare, non accorgendosi di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo. La lettera che teneva ancora in mano la buttò in malo modo da un lato e sprofondò pesantemente nella poltrona strofinandosi gli occhi. Il suo sguardo non poté non soffermarsi sui due solchi a forma di mani, con le rispettive crepe, che Jessica aveva provocato stando solo poggiata. 
Ottimo, ora devo cambiare la scrivania, pensò esausta.

Jessica era a dir poco un fascio di nervi. Quella sfuriata non era bastato a sfogare tutta la rabbia e la frustrazione che aveva accumulato per più di due ore in compagnia di Killgrave. A proposito di lui, aumentò il passo pregando che si fosse comportato bene e stranamente, era tutto tranquillo per davvero, nessun spargimento di sangue, nessuna tortura, niente gente che urlava straziata o impaurita, niente. Anzi, guardandosi attorno, lo vide poggiato elegantemente al bancone della reception mentre ascoltava molto interessato cosa gli stesse dicendo Pam. Jessica, sospettosa e con il primo sentore di allarme, gli si avvicinò di soppiatto per ascoltare cosa si stavano dicendo.
- Quindi capisci? Io la amo alla follia ma a volte è così difficile. Mi sembra di parlare con un pezzo di ghiaccio - gli rivelò la biondina sospirando malinconicamente. 
- Oh mia cara, ti capisco sai? Anche a me capita di scontrarmi letteralmente con un iceberg a volte - disse facendo inarcare un sopracciglio a Jessica, ancora in ascolto - E non hai mai pensato di lasciarla? 
Lei lo guardò pensierosa per un attimo
- Neanche una volta - affermò - Io mi sono innamorata della sua determinazione, del suo talento di ribaltare sempre le cause a suo favore, anche le più difficili, e del modo tutto suo di dimostrarmi amore. Può essere fredda e calcolatrice, ma mi guarda e tratta in un modo totalmente diverso dagli altri - rivelò con occhi sognanti, sospirando - E poi a letto non puoi neanche immaginare - rivelò compiaciuta per poi tapparsi immediatamente la bocca con la mano, pentendosi subito - Oh mio Dio, perché ho detto una cosa simile? Mi dispiace, non....non capisco come
- Oh non ti preoccupare - la rassicurò sorridendo - ti ho chiesto io di essere sincera - disse facendole l'occhiolino. 
E con quello, Jessica ritenne di aver ascoltato abbastanza. Affiancò il moro come se niente fosse palesando la sua presenza
- Che stai facendo? 
- Jessica! - constatò sorridendo radioso - Pam mi stava giusto raccontando della sua adorabile storia d'amore con la tua amica Jeryn. Sai che ho trovato diverse somiglianze tra te e l'avvocato che - ma si interruppe quando osservò meglio il suo sguardo - Hai avuto una conversazione difficile? 
- Muovi il culo e andiamocene. Sono stanca di questo posto - gli rispose invece. 
Kevin assottigliò serio lo sguardo. La sua Jessi era molto più che arrabbiata, notò, le tremavano le mani, era a dir poco furiosa. Si infastidì parecchio. Quella era la loro giornata, stava andando tutto bene e poi arriva quella donna e in un quarto d'ora ha rovinato tutto il buon umore. 
Magari se le ordinassi di chiudersi la bocca con una spillatrice, Jessica lo apprezzerebbe, pensò mentre la seguiva, Oppure potrei riparlare con Pam, chissà magari... pensò già pronto ad andare da quella donna e farle eseguire l'ordine. Difatti, si fermò esattamente a metà strada tra l'ascensore e l'ufficio della donna, già pronto a tornare indietro ma si bloccò all'istante, non appena sentì un tiepido calore al polso. Guardò giù e poi sù. Jessica gli aveva afferrato il polso senza neanche guardarlo. Non sapeva come, ma lei aveva intuito cosa avesse intenzione di fare e ciò lo stupì non poco. Inoltre non lo stringeva, non gli voleva far male, anzi si accorse che non era neanche una vera e propria stretta, semplicemente gli aveva preso il polso per tenerlo vicino a sé e non farlo allontanare. Notò anche che il tremore alle mani era cessato non appena avvenne il contatto. A Kevin era come se gli fosse scoppiata una bolla di calore, di consapevolezza nel petto che gli fece dimenticare completamente tutti i suoi cattivi propositi e scelse invece di seguirla docilmente fin fuori dall'edificio. 
Gli lasciò il polso non appena imboccarono l'uscita ma, quando lo fece, sentì freddo ma anche un forte senso di nostalgia. Si rese conto come non mai di desiderare ancora di più quel contatto. Era da quando non era più sotto il suo controllo che Jessi non lo toccava senza finire al tappeto, sanguinante o dolorante e quella semplice presa lo fece ben sperare in qualcosa che ancora non osava pronunciare. 
Sorrideva quando salirono in macchina, partendo alla volta della prigione.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


- Non mi piace affatto la tua idea, e non ha neanche senso
- Ma non fare la femminuccia
È da più di un quarto d'ora che Jessica e Killgrave stavano discutendo. 
Durante il tragitto, la detective gli aveva spiegato il suo piano e con uno stratagemma ben congegnato e i tempi giusti, erano riusciti a convincere, o meglio Killgrave aveva obbligato il giudice a rilasciare Hope firmando il consenso di rilascio. Ora si trovavano fuori dalla prigione ad aspettare che Hope uscisse, perciò Jessica voleva approfittarne per attuare l'ultima parte del piano. Fino a quel momento il moro si era trovato più o meno d'accordo con tutto, certo trovava tutto un dispendio inutile di energie ma se quello rendeva la sua Jessica contenta, l'avrebbe fatto volentieri.
Piuttosto, aveva da ridire sull'ultima parte del piano, di cui era venuto a conoscenza solo in quel momento e che non gli andava per niente a genio. 
- Perché mai dovrei accettare una cosa del genere? Che poi trovo ironico che tu me lo stia davvero chiedendo quando non ti sei mai scomodata a farlo - disse incrociando le braccia al petto, lievemente risentito. 
L'ultima parte del suo brillante piano era, per l'appunto, usarlo letteralmente come sacco da box. 
Non ci teneva, non voleva provare dolore e non ci trovava il senso. Perché accidenti doveva accettare? Solo perché questa volta glielo aveva chiesto? Ok che farebbe di tutto per lei, ma accettare volontariamente di essere picchiato solo per alleviare un suo cruccio non lo trovava sensato, per niente. 
- Non mi sono mai scomodata perché in quelle occasioni te lo meritavi
- Vuoi dire che me lo merito anche questa volta? - chiese risentito e un po deluso. Era convinto di essersi comportato bene, non aveva combinato guai come le aveva promesso e poi si erano toccati. Cioè lei gli aveva preso il polso per fermarlo ma da una parte era anche convinto che lei avesse bisogno di quel contatto, di lui in quel momento. In definitiva, la giornata non poteva essere delle migliori ma ora questo. Tutta una mera illusione, il suo essere accomodante, il non urlargli contro e minacciarlo ogni tre per due, la sua gentilezza quasi, tutto per arrivare al mero obbiettivo di picchiarlo, sfogarsi ed usarlo per l'ennesima volta. E poi fece un sorrisetto amaro perché questa volta glielo aveva chiesto, sembrava che lo volesse solo prendere in giro. Si aspettava veramente che lui accettasse così tranquillamente solo perché glielo chiedeva? Preferiva di gran lunga un pugno a tradimento, almeno così non l'avrebbe delusa. 
- Cristo santo Kevin ascoltami! - alzò la voce per riottenere la sua attenzione, tirandolo fuori da quel turbine di pensieri in cui era rimasto incastrato - Mi hai stupito oggi - rivelò ottenendo la sua completa attenzione - Pensavo che per te ogni scusa fosse buona per comandare a bacchetta la gente - disse tornando a guardarlo - Mi hai fatto ricredere sulle mie stesse convinzioni e ne sono sollevata - rivelò infine stupendolo non poco. 
- Ma allora perché.. 
- Non lo faccio per me, certo vorrei sfogarmi ma non su di te per una volta. Ma devo per Hope - sospirò - Le ho promesso che l'avrei vendicata, le ho promesso che ti avrei catturato e sbattuto in prigione, e neanche in una qualunque a dire il vero
- Ma che premurosa
- Chiudi il becco - sbottò guardando l'ora sul suo orologio - Non posso rispettare completamente ciò che le ho promesso senza mandarti in prigione e non basterebbero neanche delle semplici scuse
- Come fai a dirlo? N-
- Io so esattamente cosa sta provando - lo interruppe con tono mortalmente serio, zittendolo all'istante - Lei non accetterà mai delle banali scuse, non lo farei neanch'io. L'hai rapita manipolata, l'hai obbligata a fare chissà quali cose schifose. L'hai stuprata Killgrave e non ti azzardare neanche a dire il contrario, è quello che hai fatto, per quanto tu possa non crederci, e ora devi pagarne le conseguenze - lei lo guardò dritto negli occhi scandendo ogni parola il più chiaramente possibile - Tu l'hai obbligata ad uccidere i suoi genitori e come minimo lei pretenderà che tu soffra almeno quanto lei, o quasi - il moro alzò gli occhi al cielo sbuffando - I sensi di colpa non ti logorano solo perché non sei stato amato e hai avuto dei genitori di merda. Lei amava i suoi genitori in un modo che tu non potrai mai capire e come minimo ha tutto il diritto di vederti soffrire 
L'incantatore ascoltò tutto il discorso senza fiatare, soppesando ogni parola e soffermandosi su altre cercando il senso di tutto quel fiume di parole troppo dirette, troppo vere. 
- Ne hai fatto una questione personale vedo
- Devo, in fondo è colpa mia se lei ora è lì dentro
- Ma è merito tuo se ora sta per uscire
- Sto solo adempiendo ad una promessa. La mia colpa la sto ancora espiando - rivelò - Ho scelto di stare con te perciò se non lo vuoi fare per Hope, per darle un po di giustizia, allora fallo per me.....per favore - gli chiese parandosi davanti a lui. 
Il movimento fece sfiorare le loro mani e Kevin non seppe se fu involontario o meno, ma non seppe resistere allo sguardo che gli stava donando. Lo stava supplicando con gli occhi, con quei caldi occhi smeraldini che gli fecero mancare il fiato per un attimo. Erano incatenati, né si avvicinavano né si allontanavano l'uno dall'altra. In completa stasi, niente aveva più importanza attorno a loro, almeno per lui. Una vocina nella sua testa gli stava urlando di fare attenzione, che era ancora troppo presto per fidarsi, di non nutrire false speranze e lo avvisava che molto probabilmente lo stava bellamente manipolando ma quella stessa vocina venne completamente ignorata e buttata da qualche parte, ben lontano dalla ragione che in quel momento era quieta e silenziosa. Era completamente nelle sue mani, in quel momento le avrebbe permesso di modellarlo a suo completo piacimento e lui non avrebbe obbiettato neanche per un istante. Poteva fargli quello che voleva e lui non avrebbe fatto resistenza. Si disse che quello era amore, un'amore folle e malato ma pur sempre amore e in quel momento non gli importava. 
Alla fine, sempre senza mai distogliere lo sguardo dal suo le rispose sorridendo appena. 
- Hai vinto mia cara. Ma! - la interruppe appena le vide la gioia sul volto. 
Il sorriso di soddisfazione che le si stava creando in volto le si affievolì appena sentì quel 'ma'. Era ovvio che pretendesse qualcosa in cambio ma una parte di lei sperava che non accadesse, che lo avesse convinto abbastanza da fargli fare una buona azione senza compromessi ma era fin troppo presto ancora
- Ma...cosa?
Il moro la mantenne volutamente sulle spine per qualche istante, tanto per procurarsi una piccola rivincita, prima di rispondere
- Ma pretendo che tu mi faccia da dolce infermiera quando saremmo tornati a casa - disse ed entrambi rabbrividirono appena al sentire la parola 'casa', prendendo solo in quel momento coscienza del fatto che quella era veramente la loro casa. 
Alla fine Jessica sbuffò divertita, e parecchio sollevata; poteva andarle peggio in fondo 
- D'accordo stronzetto viziato che non sei altro, non penso che morirò per qualche cerotto e un po di ghiaccio - disse guardando di nuovo l'ora. 
Hope sarebbe uscita a momenti perciò dovevano sbrigarsi. 
- Tranquillo, per stavolta mi conterrò - gli disse vedendolo tendersi, pronto ad essere colpito. 
- Che onore - provò a sdrammatizzare. Odiava il dolore ma ormai era in ballo, non poteva più tirarsi indietro. 
- Conta fino a tre - gli disse mettendosi in posizione. 
L'incantatore fece un sospiro profondo prima di cominciare a contare
- Uno - e chiuse gli occhi. 
- Due - e gli tremò leggermente la voce ma non riuscì neanche a pronunciare 'tre' che venne colpito in pieno viso come se fosse stato colpito da un mattone. Sentì lo zigomo sinistro esplodere e pulsare furiosamente; sapeva che il livido gli sarebbe rimasto per giorni. L'unica cosa che pensò appena finì a terra agonizzante fu che almeno una parte della sua faccia sarebbe stato del suo colore preferito, e questo lo fece sorridere appena. 
Proprio mentre sputava tutto il sangue che gli si era raggruppato in bocca, la porta della prigione si aprì catapultando all'istante l'attenzione di Jessica sulla ragazza che era comparsa sulla soglia. 
La mora si accorse subito di quanto la bionda fosse dimagrita, con occhi solcati da profonde occhiaie scure e si muoveva lentamente, come se ogni movimento le provocasse enorme sforzo. 
Ma appena la bionda si accorse della sua presenza, si portò una mano ossuta alla bocca, trattenendo un singhiozzo. 
Le corse subito incontro, abbracciandola forte, piangendo sulla sua spalla, sollevata che avesse mantenuto la promessa. 
Praticamente, nell'arco di neanche un giorno era stata ufficialmente battezzata come spalla su cui piangere, essendo la seconda volta che le capitava in poche ore. Inevitabilmente i suoi pensieri tornarono a Trish chiedendosi come stesse. 
- Shh è tutto a posto - provò a consolarla. Non era mai stata brava in queste cose, era Trish l'esperta, non lei. 
- Grazie - singhiozzò enormemente sollevata - Grazie per non avermi lasciata
- Non l'avrei mai permesso - le dichiarò facendola sorridere felice. 
Si guardarono felici e sorridenti, ed enormemente sollevate ma poi il momento venne brutalmente spezzato
- Per fortuna che ti sei contenuta Jessica - si palesò Killgrave alzandosi a fatica in piedi sputando ancora sangue. 
Ne aveva il mento e la barba ricoperti, la guancia aveva già preso un nuovo colore e l'occhio sinistro anche, gonfiandosi appena. Si portò una mano alla parte sinistra del volto, boccheggiando appena per il dolore. Si accorse anche di avere un profondo taglio alla zigomo e per un attimo si guardò attorno pensando veramente di essere stato colpito con un mattone. 
In concreto, era un disastro, per non parlare del suo bel completo. Non osò neanche guardare in che stato fosse per non deprimersi ulteriormente. 
Ma mentre lui pensava solo al suo dolore, Jessica si ricordò della sua presenza e anche del fatto che Hope non ne sapesse nulla. Difatti, questa riconobbe immediatamente la voce, anche se leggermente alterata per la botta, e si girò di scatto impallidendo all'istante. 
- Hope - la chiamò la detective prendendole un braccio. 
Questa subito provò a scostarsi e dimenarsi non riuscendo manco a parlare dallo shock. 
- Hope calmati, guardami. Guardami! - alzò la voce afferrandola saldamente per le spalle per girarla e incatenare i loro sguardi - Non sei in pericolo 
- Come puoi dire questo? Lui è qui, lui prenderà di nuovo il controllo, su di me, e su di te....io non....non lo rivoglio dentro la mia testa! - urlò piangendo dimenandosi tanto che Jessica la strinse forte a sé, lasciandola solo quando si fu calmata abbastanza da poterle riparlare. 
- Hope guardalo - ma la ragazza agitò la testa, negando violentemente, gli occhi saldamente chiusi. 
- Hope fidati di me. Ti prego guardalo - e a queste parole non riuscì a dirle ancora di no. 
Perciò, riluttante, si girò lentamente e solo alla fine si decise ad aprire gli occhi, osservandolo per la prima volta. 
Aveva mezzo volto tumefatto, i vestiti sgualciti e sporchi di sangue e anche se provava a mantenere la sua aria spavalda, si vedeva lontano un miglio che stava soffrendo, e anche tanto. 
Non riusciva a crederci, l'oggetto dei suoi incubi continui, lì davanti a lei ridotto a quello stato. Come era possibile? Le venne il pensiero che forse era stata Jessica a fargli ciò, così portò lo sguardo prima sulle nocche della sua mano leggermente arrossate e poi si di lei. Lei assentí con la testa rispondendo alla sua muta domanda. 
- Come.... 
- Non importa, Killgrave non ti farà più del male - e poi guardò fisso lui - Non lo farà più a nessuno, ti do la mia parola - ma lui la guardò torvo in risposta. 
Magari un pochino se lo era meritato, ma solo un pizzico sia chiaro. Non aveva alcuna intenzione di essere picchiato di nuovo. 
Hope stentava ancora a crederci; guardava lui, poi lei e viceversa metabolizzando il tutto arrivando ad un certo punto a formare un'idea. Un'idea che avrebbe tanto voluto mettere in pratica
- Quindi potrei... - mormorò la bionda con una strana luce negli occhi.
In qualche modo, la detective captò i suoi pensieri stroncandoli all'istante. 
Guardò l'uomo prima di risponderle
- Uhm per quanto sarebbe bello vederlo preso a pugni da qualcun altro che non sia io per una volta, non vorrei calcare troppo la mano. Sai, mi è costato molto convincerlo con le buone a collaborare, siamo solo all'inizio e non vorrei rovinare tutto - disse vedendo la delusione nello sguardo della ragazza. 
- Se questo lo chiami convincere con le buone... 
- Chiudi il becco - sbottò, minacciandolo con lo sguardo per poi ritornare a guardare la bionda, ancora stretta fra le sue braccia - Ti può bastare, Hope? Non finirà in prigione è vero e non pagherà legalmente per i suoi crimini ma ti assicuro e ti prometto che gli farò passare le pene dell'inferno - affermò determinata, anche se omise la parte 'quando se lo meriterà' ma lo fece solo per tranquillizzarla. Infatti questa sua determinazione, le bastò per convincersi e a seppellire almeno un po del suo dolore e dei suoi sensi di colpa costanti. Guardò un'ultima volta l'uomo che le aveva rovinato la vita, che nel frattempo calciava via qualche sasso, per niente interessato alla situazione o a lei direttamente, facendola sorridere amaramente. Non era mai stata niente per lui e questo lo sapeva ma in quel momento ne ebbe la completa certezza. Almeno poteva convivere con l'ultima immagine di quell'uomo ora stravolto e malandato e provare ad andare avanti anche se non sapeva neanche da che parte cominciare. Tutti la credevano un'assassina, suo fratello la pensava morta e molto probabilmente la starà anche odiando, aveva lasciato la scuola e non aveva più amici o una casa. 
In quel momento realizzò che forse sarebbe stato meglio rimanere in prigione a vita, perciò tutta la sua gioia venne di netto sostituita da una profonda tristezza e malinconia, e le lacrime ripresero a scorrere libere e calde, ma non più di gioia
- Ma cosa....farò....adesso? - singhiozzò angosciata - Non ho un posto dove stare....tutti mi odiano 
- Non è vero.....ascolta - poi alzò lo sguardo sull'uomo - Passami il telefono
L'incantatore le rivolse uno sguardo sospettoso inarcando un sopracciglio, anche se a causa del gonfiore sembrava più una smorfia che altro. 
- Cristo, non voglio fare niente di che, non fare lo stronzo diffidente per una volta - sospirò esausta. 
Alla fine, anche se riluttante, l'uomo si avvicinò dandole il suo telefono e controllando le sue mosse. La sua vicinanza tese come una corda di violino la bionda ma non ci fece neanche caso. Alla fine Jessica aveva solamente salvato il numero di Trish sul telefono della ragazza, con indirizzo annesso, e le aveva detto di rivolgersi a lei per qualsiasi cosa. 
- Grazie Jessica - disse sinceramente prendendo la borsa da terra, pronta ad andarsene. 
- Sai - la fermò all'ultimo la mora - c'è un....gruppo di sostegno per....sai per persone come me e te. Non sei sola Hope, sappilo - disse facendola commuovere. 
Alla fine le disse di chiedere di Malcolm a Trish, se ne volesse sapere di più e la salutò definitivamente. 
La osservò andarsene finché Hope non oltrepassò la strada, sparendo dalla sua vista. 
Si mise a contemplare l'orizzonte ripensando alle sue scelte, sperando in cuor suo che almeno lei potesse ricominciare e vivere una vita normale. Se lo augurò caldamente. 
- Abbiamo finito? - le chiese Kevin affiancandola. Si mise le mani nelle tasche con fare indifferente volendo solo tornare a casa. 
La ragazza sospirò forte, dandosi forza e prese a camminare in direzione della macchina con Killgrave al seguito. 
Alla fine, salirono in macchina, diretti a casa; l'ora di pranzo quasi del tutto passata ma non importava. Jessica era un po triste ma comunque sollevata che quel capitolo fosse finalmente finito. Ora poteva concentrarsi solo su un unico obbiettivo, quello che in quel momento era seduto al suo fianco mentre si stava pulendo il viso con un fazzoletto umido preso chissà dove. 
- Un gruppo di sostegno, eh? - se ne uscì d'improvviso sghignazzando. 
La ragazza lo ignorò bellamente, non volendo dargli alcun tipo di informazione. 
- Ne sono lusingato sai? 
- Oh ma falla finita coglione - sbottò anche se però un piccolo sorriso divertito era riuscito a farglielo spuntare, inevitabilmente.

 

 

Ma ciao! E anche con Hope è finita. O ritornerà, chi lo sa (io no ahahaha). Comunque volevo solo avvertirvi che per un paio di settimane o forse tre non aggiornerò perché devo sostenere un esame. Vi prego datemi buona fortuna!!!!! Appena finito questo periodo di ansia e stress giuro che aggiorno, per la gioia mia e vostra soprattutto!!!! Un bacione e buone vacanze!!!! 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


- Allora, dimmi dove ti fa male così la finiamo in fretta
Ormai era da dieci minuti che erano tornati a casa, e Killgrave continuava a descrivere dolori anche non inerenti al colpo in faccia. Se continuava così, molto probabilmente Jessica glieli avrebbe procurati davvero altri dolori. 
- Te lo giuro Jessi, mi fa molto male la spalla - si lamentò come fa di solito un bambino quando si sbuccia un ginocchio, ma senza lacrime. 
Per un attimo si chiese se si fosse mai fatto male, oltre alle botte che già più volte gli aveva procurato lei stessa. 
- Si vede che sei caduto male quando ti ho colpito - disse avvicinandosi al suo volto per guardare meglio il danno. 
- Mi brucia anche la mano
- Stessa cosa - mormorò tastando piano la guancia viola. Si era contenuta bene, oltre la guancia gonfia e l'occhio nero non sembrava ci fosse altro. 
- Mi fa male anche lo stomaco
- Quello perché non abbiamo mangiato nulla da stamattina. Apri la bocca, voglio capire da dove arriva tutto questo sangue - disse piegandogli un poco la testa per vedere meglio - Che strano, ero convinta ti averti fatto anche un bel taglio sullo zigomo invece... - mormorò ma si stupì quando scorse una ferita sul palato sinistro che si stava rimarginando da sola ad una velocità impressionante. 
Si allontanò tanto bastava per guardarlo stupita. 
- Oh giusto non lo sai - constatò con sarcasmo - Beh, miei meravigliosi genitori tra tutte le biopsie, gli interventi e le sostanze che mi iniettavano nel cervello, hanno provocato una sorta di evoluzione del mio sistema immunitario, comunemente chiamato 'fattore rigenerante'. Nome carino non trovi? - disse sorridendo, anche se era ben lontano dall'esserlo - In breve, dei tagli anche molto profondi mi si rimarginano in pochissimo tempo e se parliamo di fratture delle ossa, parliamo di ore o qualche giorno, dipende quanto è grave - spiegò rispondendo alla sua muta domanda. 
Jessica non seppe che dire a quella rivelazione così scelse di non dire niente. Sapeva che ogni commento sul suo passato sarebbe stato superfluo perciò decise semplicemente di alzarsi e dirigersi in cucina per prendere un panno bagnato. 
Poi, con delicatezza gli si accostò prendendogli il volto per farlo stare fermo mentre gli ripuliva la faccia dal sangue già mezzo incrostato. Dovette spingere un po di più quando arrivò alla barba perché si era tutto seccato in quel punto e questo gli provocò un ansito di dolore. 
- Dovresti raderti la barba - affermò dopo l'ennesima protesta. 
- Si certo, poi mi faccio i capelli rossi e vado in giro con degli insulsi occhiali da sole anni novant-AHIO
- Bastava solo dire no - disse finendo di pulirgli il volto, con giusto un filo di forza in più sul finale - Alzati, devi sciacquarti la bocca e abbiamo finito - disse alzandosi e dirigendosi in cucina. 
Kevin, anche se imbronciato per lo scherzetto di poco prima, fece come gli venne ordinato mentre Jessica cercava qualcosa nel frigo. 
- Sai - incominciò il moro mentre si asciugava piano con un fazzoletto - non è proprio così che mi immag- ma venne bruscamente interrotto da un colpo gelido sulla parte di faccia lesa. Vide nero per un attimo ma il contatto non gli fece male, anzi, il senso di calore che aveva come se avesse mezza faccia incendiata era pressappoco sparita e, involontariamente, sospirò appagato. 
Ma spalancò immediatamente gli occhi, o meglio dire l'occhio destro, quando si accorse cosa gli stesse coprendo metà faccia
- Una bistecca?! 
- Non ti lamentare, non ho trovato sacche per il ghiaccio quindi accontentati. E non ti azzardare a toglierlo da lì - lo avvertì appena lo vide iniziare il suddetto gesto, disgustato - Lo so che per il tuo animo da fighettino viziato è un affronto ma se vuoi che il gonfiore passi in fretta, devi resistere. O vuoi passare i prossimi giorni con la faccia ridotta ad una palla da bowling? - lo fece ragionare. 
Questo sbuffò, facendo una buffa smorfia alla sola idea, perciò si convinse di ascoltarla. 
- Tutto sommato stai fin troppo bene. Ti metterò solo una pomata la sera e la mattina così che passi in fretta - affermò legandogli la bistecca congelata sul volto così che il moro non debba tenerla con una mano per tutto il tempo. 
- Grazie per il tuo prezioso aiuto mia dolce infermiera
- Alza il culo e aiutami a preparare qualcosa da mangiare - lo ignorò intenta ad aprire e chiudere vari cassetti. 
- Ma sono quasi le tre del pomeriggio - si lamentò. 
- D'accordo. Allora io vado di là a scolarmi un po di vino, tu fai quello che ti pare - ed uscì con Killgrave alle calcagna. 
- Jessica! Non ti puoi nutrire solo di alcolici! 
- Questo è tutto da vedere - affermò provando ad aprire le ante della vetrinetta ma il moro le si parò davanti determinato, guardandola dall'alto al basso. 
Un vano tentativo di incutere timore, fallendo miseramente, per di più con una bistecca in faccia sai che timore. 
- Levati
- Perché ti ostini a bere così tanto? 
- Lo sai il perché - affermò indurendo lo sguardo. 
- Oh certo, per colpa mia. E adesso che abitiamo insieme, pensi che la cosa migliorerà? Come minimo prima o poi finirai in coma etilico! 
- Non sono cazzi tuoi di cosa metto nello stomaco! E poi tranquillo anche se volessi non riuscirei ad arrivare fino a quel punto
- Esatto! Se fossi normale saresti già morta per tutto l'acool che butti giù! - provò a spiegarle. 
- Già che fortuna avere questi poteri vero? - disse sarcastica dandogli uno spintone abbastanza forte da buttarlo a terra poco lontano. Che cosa ironica, i suoi poteri sono stati la causa di tutto il male che ha provato e sono la causa che le impedisce di dimenticare. 
- Jessica perché non capisci!? - le chiese frustrato alzandosi subito per toglierle l'acool dalle mani. 
- Ah io!? Sono io quella che non capisce!? Stammi a sentire viscido verme - disse avvicinandosi minacciosa, le bottiglie ormai in frantumi per terra - Non puoi pretendere che dopo soli quattro fottuti giorni, io smetta di odiarti, di provare tutto questo rancore per te e smettere di bere! Il bere è l'unica cosa che mi illude almeno per un po che tutto quello che ho passato, che quello che TU mi hai fatto passare, sia stato solo un dannatissimo incubo. Annego nell'alcool perché quando non lo faccio ti ho costantemente nella mia testa, i ricordi non mi lasciano neanche.per.un.dannatissimo.secondo! - gli urlò praticamente a mezzo centimetro dalla faccia. 
Killgrave non si smosse di una virgola, serio e altezzoso come non lo era mai stato, la bistecca caduta chissà dove, ormai inutilizzabile. 
- Allora perché hai scelto me Jessica? 
La detective lo guardò fisso, furiosa e con la vista offuscata. Stava provando tante di quelle emozioni negative in quel momento che le venne una voglia folle di buttare giù tanti di quei muri da non sentirsi più le mani. 
Il mal di testa che aveva da quella mattina poi, con la discussione si era solo accentuata ulteriormente mandandole a fuoco le tempie e si sentiva terribilmente stanca ed esausta. Forse quella discussione avrebbe dovuta rimandarla ad un altro giorno, magari più calma e riposata ma non riuscì proprio a fermarsi. 
- Io non ho scelto te ok!? - sputò fuori alla fine, camminando frenetica per la stanza - Io non sono qui perché voglio stare con te. Sono qui per Trish, per Malcolm, per Hope e per tutte le persone che hai fatto soffrire per causa mia! Sono qui perché speravo che.... - si stoppó massaggiandosi le tempie, il mal di testa le impediva di ragionare bene. 
- Cosa Jessi? Speravi che cambiandomi, i sensi di colpa sarebbero spariti? Pensavi che loro mi perdonassero, che loro TI perdonassero Jessica? Beh, ti dirò una cosa che ti scioccherà: il passato non si può cambiare e neanche dimenticare, per quanto ci si provi - rivelò con un sorriso amaro, riuscendo a fermare la sua corsa - Sai, in tutto ciò che hai detto ho notato una cosa - constatò avvicinandosi - per tutto il tempo hai parlato solo degli altri, quindi di quanto tu sia altruista, dell'enorme sacrificio che hai fatto - elencò ad ogni passo - e di quanto ti pesa stare qui. Ma non hai mai parlato di te stessa, di cosa tu voglia realmente - le si parò alle spalle, come un serpente pronto ad attaccare. 
- Di che stai parlando? - mormorò senza muoversi. Sentiva l'uomo dietro di sé, tutta la sua alta presenza e si impose di non muoversi, come a nascondersi da un T-Rex. 
- Adesso ti dico come la vedo io. Tu non sei qui perché sei un'inguaribile altruista. Sei qui per l'esatto contrario - e si abbassò all'altezza del suo orecchio - Sei tremendamente egoista mia cara - affermò in un sussurro. 
Si aspettava che qui Jessica si girasse di scatto per colpirlo così che smettesse di parlare ma rimase immobile, dandogli così un tacito consenso a continuare. 
- Sai perché? Perché tu sei venuta qui non per me, non per la tua amata sorella o per chissà chi altro, sei qui solo per te stessa. Qui nessuno può controllarti, nessuno può dirti cosa fare e non fare, nessuno deve darti regole. Sei qui perché in fondo in fondo - disse ponendosi davanti a lei - tutto quell'odio che provi, quel rancore, non è per me - e le fece alzare lo sguardo per guardarla dritta negli occhi - ma è per te stessa. Tu ti odi perché tutte le cose orribili che si presuppone io ti abbia fatto, non sai con certezza se sono stato io ad importele o se sei stata tu a volerle. Hai paura di scoprire chi è la vera Jess ma dall'altra parte non puoi fare a meno di chiedertelo. Oh Jessi, non lo vedi? Tu hai bisogno di me quanto io ho bisogno di te. Te l'ho detto anche quella volta alla centrale, te lo ricordi? - le chiese dolcemente prendendole il viso tra le mani - Noi siamo inevitabili - sussurrò ad un centimetro dal suo viso. 
La mora gli afferrò di scatto i polsi ma non per allontanarlo, più che altro aveva bisogno di un appoggio, un ancora a cui aggrapparsi perché era devastata, persa. Ogni singola parola la fece precipitare sempre più a fondo in un baratro oscuro di desolazione e consapevolezza, le si aprirono porte che non aveva mai osato aprire e ora erano tutte spalancate nella sua mente. Il suo sguardo, come lo osservava diceva tutto. I suoi occhi smeraldini ora erano offuscati, si era persa in un labirinto di dubbi e verità celate; le sembrava che tutto fosse ricoperto di nebbia e si sentiva la testa leggera e pesante allo stesso tempo. 
Killgrave era riuscito a demolirla, ad approffittare di un suo momento di fragilità e volgerlo subito a suo favore. Vero, non può più controllarla ma può ancora manipolarla. Questo però era un eco lontano nella sua testa, appena udibile tanto che non ci fece neanche caso, anzi chiuse gli occhi, si beò del tepore di quel contatto mentre poggiava la fronte contro quella dell'uomo. Entrambi sospirarono all'unisono. Entrambi sapevano che era così sbagliato che si chiesero perché non potesse essere giusto. 
Soprattutto Jessica, si chiese perché non potesse aprirsi. Da cosa si nascondeva? Da chi si proteggeva? Non se lo ricordava più. Aveva sempre più domande e sempre meno risposte, e non seppe se per il mal di testa ora più esteso, come se avesse mille aghi che le perforavano il cranio, o fosse la vicinanza di Kevin. Stava sempre più sprofondando senza riuscire più a risalire. 
- Birch Street...- e iniziò improvvisamente a rallentare la sua discesa. 
- Higgins Drive...- e vide uno spiraglio di luce in mezzo a tutta quella oscurità. 
- Cobalt Lane...- e ritornò a mettere a fuoco ciò che la circondava. 
Riuscì finalmente a distinguere la voce di Killgrave in mezzo a tutta quella nebbia, lui che la stava tirando fuori dalla sua stessa trappola, lo trovò così ironico e perverso che non seppe né cosa fare né cosa provare. Era un così subbuglio di emozioni contrastanti in quel momento che poteva compilare un'intera enciclopedia in merito e non sarebbe bastato. 
- È ora che tu ti vada a riposare - le sussurrò dolcemente anche se la voce le arrivò come ovattata alle orecchie. 
Ma comunque, si mosse non appena non sentì più quel caldo tepore alle guance e come un automa salì le scale chiudendosi la porta della propria camera a chiave, prima di coricarsi e addormentarsi profondamente non appena toccò il cuscino.

Appena sentì lo scatto della serratura, Killgrave sospirò pesantemente, rilasciando tutta la tensione. 
Era stato un azzardo e lo sapeva, come sapeva anche che approfittare di un suo momento di debolezza sarebbe risultato molto pericoloso, magari non nell'immediato ma molto probabilmente sì al suo risveglio. 
Doveva iniziare a trovare un modo per salvarsi nel caso la detective avesse reagito in modo violento appena si fosse svegliata, come anche doveva trovare un modo per pulire il disastro per terra. L'odore di vino fermentato stava intasando tutta la stanza perciò come prima cosa spalancò la finestra e poi, munendosi di scopa e paletta che trovò in cucina, cominciò a raccogliere i cocci stando bene attento a non tagliarsi. 
Voleva comunque rispettare il piano di Jessica, cioè usare il meno possibile i poteri, e poi magari se avesse visto che si era rimboccato le maniche da solo, sarebbe stata più indulgente al risveglio. 
Ma allo stesso tempo non riuscì a non pensare a quello che aveva fatto. L'aveva toccata, glielo aveva permesso. Non riusciva a crederci. Gli prudevano le mani al solo ricordo e, il solo pensiero che molto probabilmente in quel momento Jessica gli avrebbe permesso di farle qualsiasi cosa lo mandava in estasi come non mai. In quel momento poteva veramente farle qualsiasi cosa, aveva anche pensato per un attimo di baciarla, di sentire di nuovo il suo sapore sulle labbra e dio solo sapeva quanto lo avrebbe voluto. Era ben conscio del fatto che in quel momento l'avrebbe potuta benissimo spezzare e ricomporla e farla sua anche senza i suoi poteri, ma sapeva che era troppo presto e allo stesso tempo non voleva replicare gli stessi errori del passato. Voleva approcciarsi in modo differente, riuscire ad ottenere la sua fiducia era il primo passo e avrebbe usato ogni briciolo del suo autocontrollo per ottenerla. Era un tipo paziente in fondo, e con Jessica più che mai. Inoltre era estremamente felice di sapere che possedeva ancora qualche ascendente su di lei e doveva sfruttarlo al meglio.
Ma mentre era impegnato a pulire e a rimuginare, sentì all'improvviso un pizzico sul collo. Un pizzico tremendamente familiare, difatti quando si tastò la parte colpita, vi trovò un piccolo dardo, un dardo narcotizzante per l'esattezza, uguale a quello che gli avevano dato Jessica e i suoi amici quando avevano tentato di rapirlo. 
Non di nuovo, pensò prima di iniziare a vedere tutto offuscato. Mollò la presa dalla scopa facendola cadere a terra, ma il rumore gli arrivò ovattato. La testa gli si annebbiò e cominciò a perdere stabilità alle gambe che ben presto si piegarono facendolo cadere in avanti, su ancora qualche pezzo di vetro vacante. 
Vide tutto nero e prima di sprofondare definitivamente nel mondo dei sogni riuscì a pensare solo ad una cosa, o meglio ad una persona
Jessica... 




 

DAN DAN DAAAAAN
I'M BACK RAGAAAAAA
Chi sarà mai stato a fare questo al nostro Killy? Per me ci potete arrivare, in fondo non si era ancora fatto vedere. Sinceramente non avrei voluto ma per andare avanti ho dovuto inserire anche questa cosa. Giuro che non durerà molto, aspettate solo che Jessica si svegli, poi vedrete
🤣🤣 
Comunque venti punti a chiunque ha capito l'allusione a Good Omens (sorry ma vi giuro non era premeditato) 🤣
Comunque, piccola curiosità: nel fumetto Killgrave, oltre il poter manipolare la volontà altrui, possiede veramente questo 'fattore rigenerante' che gli permette quindi di rigenerarsi anche se viene fatto a brandelli. Che poi penso che anche se non viene detto esplicitamente nella serie tv, per me ce l'ha anche lì, se no non si spiega come diavolo fa ad uscirne illeso, senza lividi o cicatrici ogni volta che si incontrano. Ok il sangue, ma oltre quello nulla, nada, nothing! E Jess mica ci va piano. 
Ok basta, vi lascio in pace🤣🤣 Bye bye😘

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Le sembrava di volare. 
Vedeva il cielo ergersi sopra di lei lontano miglia e miglia e lei era convinta di riuscire a toccarlo se solo si fosse allungata ancora un po. Sempre più in alto.
Ma poi ricadeva giù, in seguito una pressione sulla schiena e di nuovo era in cielo, sempre più sù.
Rideva, era felice, sentiva la risata di suo padre mentre la spingeva su quell'altalena tremolante accontentando il suo capriccio di voler toccare il cielo.

Era su un prato, a giocare con una palla quando i genitori tornarono a casa con un fagottino in braccio.
Lei si alzò subito correndo verso di loro. I genitori si abbracciarono inteneriti mentre lei teneva in braccio il suo fratellino, quel tenero fagottino che profumava di borotalco e innocenza. Era così piccolo, così indifeso con quegli occhioni così dolci che la guardavano come se avessero visto la cosa più curiosa dell'intero universo.
Si chiese per un momento se i neonati potessero formulare un pensiero e si chiese cosa stesse pensando di lei. Mentre stringeva quel fagottino, si ripromise di proteggerlo sempre, anche se aveva solo cinque anni.

Era il giorno di San Valentino e lei e il piccolo Philip avevano organizzato una piccola sorpresa ai genitori. 
Il piccolo di appena 8 anni si era occupato di apparecchiare tutto per bene mentre lei sperimentava in cucina. Già allora sapeva che la cucina non sarebbe mai stata il suo pezzo forte ma non importava. Anche se era tutto bruciacchiato e non completamente commestibile, per i genitori era come se avessero ricevuto il regalo più bello di sempre. La mamma addirittura si commosse mentre il padre ridendo aiutava la sua piccola Jessica a pulirsi.

Poi ci fu quel giorno, quell'indimenticabile, sfortunato giorno. 
Aveva comprato un gioco nuovo, era già a metà anche se aveva promesso a Philip che ci avrebbe potuto giocare pure lui. Erano in macchina, diretti a Disneyland ma il gioco se lo volle portare lo stesso. 
Perché lo aveva fatto? 
Continuava a giocare ignorando le proteste di suo fratello, ormai ben lontano da quel fagottino che teneva in braccio anni addietro. 
Perché non l'aveva accontentato? 
Lui ne ebbe abbastanza e lo afferrò tirandolo da una parte mentre Jessi lo tirava dall'altra. Discussero, urlarono, la madre gli ordinava di smetterla ma non ne vollero sapere e allora intervenne il padre che distolse lo sguardo dalla strada solo per un momento, solo per dirgli di smetterla. 
Perché è dovuto accadere? 
Uno schianto, si sentì sbalzata in avanti, un'esplosione, rumori assordanti, vide tutto e niente, tutto confuso, varie luci in mezzo al nero. Non riusciva a respirare, il petto pesante, i polmoni pieni di fumo, la gola le bruciava. Non aveva fiato per emettere suono, era bloccata, non riusciva a muovere un muscolo, non sentiva niente, nessun dolore. 
Tutto le si muoveva attorno, aveva caldo e freddo allo stesso tempo, provò a guardarsi attorno ma non seppe riconoscere la sagoma che le stava a fianco, forse suo fratello. 
Si risvegliò col rumore dei macchinari, era tutto bianco, calmo, silenzioso. Troppa pace, troppo silenzio, quasi assordante. 
"Va tutto bene" le disse un uomo in camice bianco. 
Provò a muoversi ma era troppo debole, notando dopo l'ago infilato nel suo braccio; rabbrividì per un'istante. 
Ma all'improvviso la figura cambiò, lei cambiò. 
Le sensazioni che provava, l'ambiente, gli odori. Si sentiva più intontita di prima, non poteva muovere la bocca, era bloccata, chiusa saldamente. Si sentì stringere in tutto il corpo, tante persone attorno a lei sfocate come se guardasse attraverso un vecchio televisore che andava a scatti. 
"Fai meno lo sbruffone, eh bastardo?" 
L'ultima cosa che vide fu una chioma bionda prima di vedere tutto nero. Qualcosa la stava risucchiando, portando indietro. Qualcuno la chiamava, tante voci, tanti rumori, porte che sbattevano, sirene a tutto volume.

Si svegliò lentamente, cercando di mettere a fuoco la sua stanza.  
Si accigliò strofinandosi gli occhi. 
Per quanto aveva dormito? 
Guardò l'orologio sul comodino, faceva quasi le otto di sera. 
Si alzò lentamente con la testa stranamente più leggera, si sentiva come se avesse fatto la dormita più lunga e rigenerante di sempre e questo la stranì parecchio. Lei non era mai riposata, era perennemente accompagnata da un bisogno costante di dormire mai appagato totalmente, e allora perché stavolta era diverso? 
Si diresse verso la porta provando a ricordare. 
Perché era andata a dormire? 
E mentre faceva scattare la serratura si chiese perché Killgrave non la era ancora venuta a chiamare per la cena, accorgendosi anche di avere una fame da lupi. 
Già si immaginava la faccia di quell'uomo, tra l'interdetto e il seriamente preoccupato che le riservava ogni volta che la vedeva ingozzarsi come un animale. 
Ghignò divertita scendendo le scale ma si accigliò subito quando non lo trovò in soggiorno a guardare la tv. 
E ancora di più quando lo chiamò a gran voce e non ottenne alcuna risposta. Si diresse in sala da pranzo ma si bloccò quasi subito. 
La finestra parallela alla tavola, era spalancata facendo entrare una leggera brezza anche se non abbastanza fredda da congelare la stanza a cui però non vi badò molto. La sua concentrazione era focalizzata più in basso, sulla catasta di vetri rotti sul pavimento. Per non parlare dell'enorme e ormai irreparabile chiazza viola sul liscio parquet. 
Si accovacciò circospetta analizzando la situazione. Annusando meglio, captò un lieve odore di vino, ormai impregnato nel legno, intuendo quindi che fossero cadute delle bottiglie di vino e che qualcuno stesse ripulendo fermandosi poi a metà lavoro, osservando la scopa e la paletta poggiate in malo modo a terra. 
Che fosse stato Killgrave? In fondo quel giorno c'erano solo loro due a casa, aveva mandato via tutti gli altri. 
Di scatto si mise a guardare fisso davanti a se accigliandosi. 
Perché lo aveva fatto? 
Provò a ricordare come era cominciata quella giornata. Si ricordò che stavano facendo colazione come al solito quella mattina, che avevano parlato e che poi erano usciti. 
Dove erano andati? 
Guardò di nuovo in basso chiedendosi perché se Killgrave stava mettendo in ordine, si era fermato. Lui era ossessionato dall'ordine e dal pulito, non avrebbe mai lasciato il pavimento in quello stato. 
Inoltre, quando mosse un piede sentì distintamente lo scricchiolio di vetri rotti sotto lo stivale e mentre lo alzò ringraziò il fatto che avesse dormito vestita senza essersi tolta le scarpe. 
Ma quando vide i pezzi di vetro cadere li trovò strani: alcuni erano macchiati. Cioè sì, un po tutti i pezzi lo erano per via del vino ma quelli avevano proprio delle macchie scarlatte, non viola. Inoltre notò delle macchie più scure sul pavimento e annusando meglio, non sentì per niente odore di vino. 
In quel momento il suo cervello fece tutto da sé. Quello era palesemente sangue e se lo collegava con Killgrave le venne subito alla mente il volto di lui insanguinato e tumefatto. All'improvviso comparvero tutti i ricordi di quel giorno come un fiume in piena che sfonda una diga. Si ricordó del discorso di quella mattina, dei giri che avevano fatto, di tutte le emozioni negative che aveva provato, lei che aveva picchiato e poi curato Kevin e la litigata. Si sentí il volto pizzicare ricordandosi paurosamente il fatto che lui l'aveva toccata e lei non aveva fatto niente per scansarlo, un pugno, un osso rotto, neanche una spinta o una stretta alla gola. Le venne subito l'istinto di lavarsi la faccia perché non riusciva a smettere di sentire le sue mani su di sé ma anche di prenderlo e strozzarlo con le sue stesse mani uccidendolo per averla toccata ed aver infranto la promessa che le aveva fatto il primo giorno della loro convivenza. Non ci aveva mai contato molto fin dall'inizio che la rispettasse davvero e adesso ne ha la conferma certa. 
Si diresse al lavabo della cucina furibonda al solo pensiero di quello che le avrebbe potuto fare. Ma cosa aveva in testa in quel momento? 
Non poteva essere stata la stanchezza, non era la prima volta che passava una notte insonne, anzi aveva fatto anche di peggio. Si sciacquò la faccia più volte specchiandosi poi nel metallo lucido della cappa. Si osservò bene, non notava niente di strano ma in qualche modo sapeva di essere diversa. I suoi occhi, notò, non nascondevano più preoccupazione e apprensione ma mostravano solo una furia cieca verso quel bastardo e lì le si sbloccò qualcosa nel cervello. 
Non aveva più preoccupazioni, conti in sospeso, qualcosa da temere o temere per qualcuno. Non dipendeva più dalla Hogarth, aveva salvato Hope in qualche modo, aveva detto addio a Trish e aveva la certezza che Malcolm non sarebbe più ricaduto nella droga. E Luke non voleva avere più niente a che fare con lei, anche se fu un pensiero veloce su cui non volle soffermarsi più del dovuto. 
È stato questo quindi? Il fatto di non avere più preoccupazioni e obbiettivi al di fuori di Killgrave l'aveva destabilizzata a tal punto da diventare fragile e persa tutto d'un colpo? In effetti aveva senso se messo assieme al fatto che non avesse dormito affatto. 
Ritornò in sala da pranzo, con un senso di disagio e vergogna nel petto perché sapeva che in quel momento lui poteva farle qualsiasi cosa e lei avrebbe acconsentito a tutto, ne era certa ed era inutile negarlo. Era arrabbiata, non seppe se più con lui o con se stessa ma non tanto da offuscarle il raziocinio. Era palese che fosse accaduto qualcosa dopo che se n'era andata a dormire. 
Osservò la stanza ricostruendo l'ordine dei fatti, notando distrattamente in un angolo la bistecca che teneva l'uomo sul volto quel pomeriggio. 
Capì che Killgrave si fosse messo a pulire di sua iniziativa, chissà perché poi scomodarsi visto che poteva ordinarlo benissimo ad un passante. 
Poi dall'angolazione della scopa e della paletta, intuì che era rivolto verso il soggiorno e che era caduto in avanti immaginando poi la sua faccia ulteriormente sfigurata dai restanti pezzi di vetro che non aveva ancora raccolto da terra, visto che solo alcuni più avanti erano macchiati di sangue. 
Poi notò solo in quel momento una piccolissima scia di minuscoli frammenti che portavano alla porta quindi immaginò che fosse stato trascinato via da uno o più persone. Girò lo sguardo cercando di capire come fosse stato colpito. Scartò subito l'idea che fosse stato colpito direttamente da dietro, il pavimento era vecchio e scricchiolante, era impossibile che il moro non si fosse accorto di qualcuno alle sue spalle. Quindi è stato colpito da lontano, un colpo esterno, e si focalizzò sulla finestra spalancata. Kevin l'avrà aperta per far andare via l'odore di vino e ne avranno approfittato. L'avranno narcotizzato probabilmente, se no ci sarebbe una pozza di sangue insieme ai vetri. 
Quindi ricapitolando, doveva cercare qualcuno molto paziente, che era stato fuori ad aspettare il momento giusto per chissà quanto tempo e in cerca di vendetta, visto che non si era limitato solo ad ucciderlo. 
La sua mente ci mise un secondo a fare due più due e al risultato sbuffò sonoramente, di nuovo stanca e di malumore. 
Si passò una mano fra i capelli cercando di calmare il suo nervosismo. 
- Ora devo pure salvare un idiota da un altro idiota - sospirò pesantemente incrociando le braccia. 
E in quell'esatto momento le tornò alla mente qualcosa, sicuramente qualcosa che aveva sognato ma fu troppo rapido, meno di un secondo e già non lo ricordava più. 
Si infastidì ma non quanto sentire il rumore di un bussare lieve alla porta che andò ad aprire con tutta l'intenzione di mandare via chiunque le si fosse presentato davanti, fosse Tony Stark in persona. 
Ma quando aprì, ammise che non si aspettava una sua visita e il suo fastidio aumentò soltanto. 
- Signora De Luca? Che vuole? 
- Perdonami bambina mia, ma Killgrave mi ha chiesto di darti questo nel caso le cose fossero finite male - disse cordiale porgendole una busta di carta. 
- Male? In che senso? - ma ciò che ottenne fu solo un largo sorriso prima di vederla andare via come se nulla fosse. 
Jessi inarcò un sopracciglio in sua direzione per poi osservare con circospezione la busta che teneva in mano. 
Rientrò in casa poggiando piano la busta sul tavolo e allungò il collo per analizzarne il contenuto. 
Alla fine ne tirò fuori soltanto un telefono che aprì andando subito a controllare la posta trovando la notifica di un messaggio in segreteria. 
Si mise seduta e azionò l'audio, pronta ad ascoltare. 
"-lete finire di lamentarvi?! Non andrete in bagno finché Jessica non sarà tornata quindi finitela di piagnucolare come cani! Oh, vedete!? Per colpa vostra non ho potuto neanche fare un semplice saluto come inizio del mio messaggio! Dopo penserò come punirvi quindi chiudete quelle bocche! Allora... 
Ciao mia dolce Jessi. Sai? Mi stavo un po annoiando visto che non ci sei quindi voglio giocare un po d'anticipo così, per ammazzare il tempo"
Jessica roteò gli occhi sbuffando. 
"Sai, non so se hai la tendenza a sottovalutarmi o sono solo io che te lo faccio credere ma non sono di certo un ingenuo. Sono ben consapevole che ancora non capisci bene quel meraviglioso sentimento che ci lega e che quindi rispondi con aggressività nei miei confronti. Come sono ben consapevole che potresti benissimo tramare ancora alle mie spalle perciò ho pensato di fare un favore ad entrambi. Anche se, se stai ascoltando questo messaggio il favore lo farai tu a me temo" e qui Jessi arquò un sopracciglio non capendo quello che stava dicendo. 
"Ho dato un ordine a quella pettegola mentre non ci sei, che sarebbe finito in modi diversi a seconda di cosa mi fosse successo. 
Uhm, per farti un esempio, se ti fosse venuta di nuovo la brillante idea di rapirmi, le avevo ordinato di cercare quel tuo amico poliziotto e consegnargli questo cellulare con al suo interno una piccola bomba che la cara signora De Luca avrebbe azionato facendo saltare in aria lei, il tuo amico e chiunque fosse stato nelle vicinanze. Ma visto che mi stai ascoltando tutto ciò non è mai avvenuto. Ah, che peccato ci saremmo tolti dei pesi a vicenda. Tu la tua megera impicciona e io il tuo amico ficcanaso" e qui la mora sgranò leggermente gli occhi. 
"Pensavi davvero che non mi fossi accorto della sua presenza quel giorno? Non posso perdonarlo, in fondo ha provato a far saltare in aria la casa a cui ho dedicato tempo e fatica solo per te. Va beh ci penserò più avanti, adesso non voglio dilungarmi troppo, perché se stai ascoltando questo messaggio vuol dire che sono stato rapito e non da te. Non sai quanto mi renda felice questa cosa, o meglio forse non dovrei esserlo in effetti ma puoi biasimarmi? Al solo pensiero che tu per una volta mi vieni a salvare è esaltante! E sono sicuro che lo farai se no sai? La servitù ne soffrirà molto e a te non piace far soffrire gli innocenti non è vero?" e qui non riuscì a trattenere un ringhio rabbioso. 
"Bene, allora ti dico soltanto di fare in fretta Jessica, il tempo scorre e chi meglio della mia fantastica investigatrice privata può salvarmi? Ah e, per favore, non farmi attendere troppo ok? Bye" 
In un istante frantumò il telefono con un pugno netto, fumante di rabbia. 
Alla fine, il metodo per farle fare quello che voleva lo trovava sempre e lei non poté non maledirlo per questo. 
Si chiese per un attimo se ne valesse davvero la pena. Poteva lasciarlo lì ad essere torturato per un po, anche se l'idea stranamente non la soddisfò come pensava. 
Ma poi le venne in mente quello che aveva fatto Kevin quel giorno, o meglio, quello che NON aveva fatto. Non aveva combinato niente di male, non aveva fatto il bastardo come al solito e....non se ne era approfittato quando avrebbe potuto. 
Ancora il pensiero di quello che era successo poche ore prima la inondava di vergogna ma non poteva ignorare come invece lui si era comportato. 
Sì, aveva approfittato della sua momentanea debolezza mentale per scavarle dentro. Sì l'aveva demolita con verità che non sapeva di aver schiacciato sotto strati e strati di false convinzioni. 
Sì, l'aveva toccata, infrangendo la sua promessa. 
Ma poi si era fermato. 
Non aveva finito il lavoro. Poteva fare qualsiasi cosa ma invece l'aveva fatta tornare in sé e l'aveva mandata a dormire. 
Era più confusa che mai e voleva delle risposte e sapeva che non le avrebbe ottenute se non si fosse decisa a darsi una mossa. 
Inoltre, guardò il pavimento emettendo un altro sospiro
- Col cazzo che pulisco

Oooookeeeeey sorratemi. 
Questo è solo un capitolo di mezzo, tranquilli, la parte movimentata arriverà presto e cercherò di non farvi attendere troppo. 
Bye bye👋👋👋

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Doveva ideare un piano, e subito. 
Aveva uno stacco di pressapoco cinque ore, a giudicare dal sangue secco e in un lasso di tempo del genere Killgrave poteva già essere all'altro mondo, per quanto ne sapeva. 
Per prima cosa, andò in salotto e staccò la chiavetta dal portatile e se la mise in tasca. Per qualche ragione non si fidava a lasciare incustodita l'unica traccia del passato dell'uomo. 
Poi si diresse verso la porta sul retro per cercare delle tracce o qualsiasi cosa possa aiutarla a trovarlo. Sul retro perché quando lo hanno rapito era giorno e con i vicini impiccioni era troppo rischioso prelevare un corpo dalla porta principale, difatti appena entrò in giardino vide Enc, l'agente della sicurezza morto per un colpo in testa. Sospirò e iniziò a guardare in giro, decidendo che al corpo ci avrebbe pensato più tardi. 
Trovò tre serie di impronte, un paio erano più profonde quindi stava portando Killgrave da solo. 
Il bastardo aveva compagnia, pensò scocciata perché equivaleva a lavoro in più da svolgere. 
Oltrepassó la staccionata in legno e seguí la tracce finché non toccò l'asfalto perdendole. 
Imprecó ma pensó anche se avesse avuto fortuna, si sarebbero diretti in città o in una zona con almeno una telecamera di videosorveglianza. 
Imprecó una seconda volta, perché voleva dire che doveva fare un salto nel suo vecchio studio, sempre che Trish non l'abbia già svuotato. 
Doveva recuperare il suo computer e per quella mezz'ora che passó in taxi, sperò che l'agenda sempre piena della sorella non fosse stata vuota proprio quel giorno. 
Ma, quando arrivò e prese l'ascensore, non fece in tempo a fare un passo fuori che aveva già capito che la sorella si era già messa in moto non vedendo più il vetro sulla sua (ex)porta con il suo nome e la sua agenzia scritte sopra. 
Si avvicinò comunque, pronta già a scardinare la porta per vedere se fosse rimasto qualcosa, quando una porta alle sue spalle si aprí. 
- Jess? 
Questa chiuse un attimo gli occhi prima di girarsi e osservare il suo ex apprendista Malcolm guardarla stupito con un sacchetto della spazzatura in mano. 
- Jessica!? Lo sapevo! Lo sapevo che saresti tornata! Quando stamattina Trish mi ha detto che-
- Ti sbagli - lo interruppe secca - Sono solo venuta a riprendere delle cose ma ho visto che Trish ha già ripulito
- Ah sì.... Sì stamattina presto è venuta con un po di uomini e hanno portato via tutto - disse un filo dispiaciuto 
- Quindi davvero tu.... 
- Sì, con l'agenzia ho chiuso. Sono di fretta che ho da fare. Stammi bene e non ti drogare - disse alzando la voce mentre se ne andava in tutta fretta.

Non avrebbe voluto e dovuto essere lì, ma sfortunatamente non poteva fare altro per recuperare il suo computer che bussare alla porta di sua sorella. 
Questa infatti, quando si accorse chi fosse, aprí immediatamente la porta stupita di trovarsi Jessica di fronte. 
- Jessi?! Ma... Che cosa... 
- Non ho tempo per le domande - disse sbrigativa - dov'è il mio portatile? 
La bionda si riprese subito dallo shock è aprí di più la porta per farla entrare mentre le andava a recuperare il suo computer. 
- Sai, ho messo tutta la tua roba in un magazzino, così che tu possa riprenderteli in qualsiasi momento, ma questo ho pensato che prima o poi saresti venuta a riprendertelo perciò l'ho tenuto io - disse porgendoglielo - È successo qualcosa? 
Jess prese immediatamente l'oggetto, si diresse verso il divano e cominciò subito a cercare e crackare le telecamere di videosorveglianza per trovare qualcosa. 
- Dov'è il tuo gorilla? - le chiese invece ignorando la sua domanda. 
- Parli di Will? Non lo so. Non lo vedo da un paio di giorni. Perché? Che sta succedendo Jess? - le chiese sempre più confusa vedendola cercare in continuazione qualcosa ma senza trovarlo. 
- Succede che il tuo cazzone è uno stronzo che non pensa ad altro che vendicarsi - le rispose cinicamente. 
- Cos'ha combinato? - le chiese sedendosi accanto a lei. 
- Oggi abbiamo discusso così sono-
- Hai discusso con Will? - chiese confusa, interrompendola. 
- Non con lui, con Killgrave. Dicevo, abbiamo discusso di brutto così mi sono chiusa in camera a dormire e cosa scopro quando mi sveglio? - chiese retoricamente - Che Kevin era sparito, c'era del sangue per terra e il tizio della sicurezza era morto - riassunse in definitiva. 
Aumentò il passo, aspettandosi tante domande a cui dover rispondere, anche se continuavano a non arrivare. 
Magari sta decidendo con quale domanda iniziare, optó mentalmente. 
- Kevin? - invece sentí, e si fermò a guardarla. 
- Cosa? 
- È il suo nome? 
- Sì - e riprese a digitare. 
- Lo stai già chiamando per nome? - chiese con un tono che fece solo più innervosire Jessica. 
- Cristo Trish, non ha importanza ora! Devo trovarli prima che loro ammazzino Killgrave o che lui ammazzi loro - sì perché non escludeva affatto quest'ultima possibilità. 
- Loro? 
- Sì, quell'idiota si è portato due scagnozzi dietro. Se solo sapessi chi sono.... - pensó ad alta voce. 
- Forse posso aiutarti - rivelò ottenendo la sua più completa attenzione - Due giorni fa stava parlando con due suoi ex compagni d'armi. Magari sono loro
- Ok aspetta - e digitando velocemente, trovò vecchie immagini di ex commilitoni e compagnie dove Trish riuscì a riconoscere i due uomini dandole un enorme aiuto. 
Fece un controllo incrociato dei due nomi, controlló i movimenti bancari e i loro beni, capendo così perché Simpson avesse scelto proprio quei due. Uno era proprietario di un furgone Nissan nv300, perfetto per questo tipo di incarichi, mentre l'altro possedeva un capannone vicino al porto, in un posto abbastanza isolato. Tracciando i movimenti e facendo due più due, molto probabilmente si trovavano lì. Si appuntó l'indirizzo e si alzò, già pronta ad andare ma Trish le afferrò il polso per fermarla. 
- Jessi, perché fai tutto questo? - le chiese visibilmente preoccupata. 
In fondo, vedere proprio Jessica salvare Killgrave non era una cosa che si vedeva tutti i giorni. 
- Che diavolo stai dicendo? 
- Non far finta di non capire. Perché ti stai impegnando così tanto per salvarlo? - disse mentre Jessi la guardava con tanto d'occhi. 
- Ma cosa.... Senti, non ho tempo da perdere con queste cose. Devo andare - e si staccò bruscamente dalla sua presa. 
- Sei sotto il suo controllo, non è vero? - chiese sicura ma con gli occhi lucidi. 
La mora la ignoró sospirando e si diresse verso la porta, volendo farla finita il prima possibile con quella situazione. 
- Jess! Ti sta manipolando e di nuovo non te ne rendi conto! Come fai a non capirlo? - continuò mentre Jess aveva afferrato la maniglia della porta - Scommetto che ti ha già obbligata a fare chissà quali cose disgustose. Sei già finita nel suo letto, vero? - e quello Jessica spezzò come burro la maniglia ormai inutilizzabile e si girò di scatto, andando a passo di carica verso la bionda, una furia cieca la inondava come un fiume in piena. 
- Non ti permettere! Non ti azzardare neanche Trish! - le disse a soli pochi centimetri di distanza - Killgrave può essere un bastardo, uno stronzo manipolatore, un figlio di puttana di prima categoria, quello che vuoi ma non ti azzardare mai a sottovalutare me - affermò con tono sempre più basso e rabbioso, gli occhi ormai tinti di un grigio tempesta - Non sono ritornata ad essere la sua puttana e non lo diventerò mai, anzi sono io che ho più controllo su di lui adesso che lui in tutti quegli orribili e umilianti otto mesi in cui mi ha tenuta prigioniera! 
- Vuoi farmi credere che in pochi giorni Killgrave è diventato un cagnolino docile e mansueto che dispendia solo coccole e affetto a tuo comando? Valle a raccontare a qualcun altro queste cose, con me non attaccano - rispose a tono, scettica più che mai. 
- Ma ti senti quando parli? Ho la super forza, non doni divini; non posso cambiare quel damerino da un giorno all'altro, ma sta migliorando. Stamattina abbiamo liberato Hope di prigione e oggi... - ma si interruppe ripensando alla sfuriata che gli aveva fatto, alla sua perdita di controllo e al fatto che davvero Killgrave avrebbe potuto farle qualsiasi cosa senza che lei si sarebbe opposta in qualche modo. Accantonó in fretta quei pensieri perché rivelarli, equivaleva dare ragione a Trish e in quel momento non se lo poteva permettere. 
- Oggi? - chiese la ragazza in attesa che lei continuasse ma questa scosse la testa e si girò per andarsene. 
- Non ho tempo, devo andare. Non so neanche perché mi debba giustificare con te per le mie decisioni - prese il suo portatile e lo infilò in una borsa che si era portata dietro e se ne andò definitivamente, con in sottofondo le proteste della sorella che le diceva di non andare. 
Era stanca, si sentiva ancora più esausta di quanto non lo fosse già. Aveva litigato con Killgrave poche ore prima, ora aveva litigato con l'unica persona a cui volesse più bene al mondo, aveva dormito da schifo, il mal di testa le era tornato e da quando si era svegliata, aveva una brutta sensazione che non accennava minimamente ad andarsene. 
Se, quando avesse trovato l'uomo fosse stato ancora vivo, non era sicura di riuscire a contenersi da quanta frustrazione aveva in corpo. 
Forse Killgrave sarebbe stata una delle malcapitate vittime di quest'ultima ma al momento non gliene fregava proprio niente.

***********

Killgrave era ormai sveglio da un paio d'ore senza sapere dove diavolo fosse finito. Da quel che poteva vedere era in una stanza simile a quelle degli ospedali con la differenza che era completamente immobilizzato e imbavagliato. Non poteva né muoversi, né parlare quindi dedusse che era in un posto dove conoscevano o erano venuti a conoscenza dei suoi poteri. 
Gli faceva male ogni singola cellula del suo corpo e intuì che lo stato della sua faccia era solo che peggiorato. 
Fece mente locale su quello che gli era successo da quando svenne a casa sua e si risvegliò la prima volta legato in malo modo e imbavagliato all'interno di un capanno, probabilmente. 
Sì ricordó dolorosamente di tutto quello che gli avevano fatto quei tre gorilla sotto steroidi, compreso il ragazzo di Patsy. Lui soprattutto non ci era andato poi molto leggero: percosse, pugni, calci, ossa fratturate e lividi in tutto il corpo. A quanto pare non era l'unico con la passione del viola. 
Peccato che la sua abilità rigenerativa gli si era ritorta contro quando dopo un'ora, che a lui sembrò un eternità, non cominciarono ad usufruire di una vasta gamma di lame affilate, notando che le ferite si rimarginavano dopo poco tempo. Furono due ore lunghe e dolorose per lui e appaganti per loro, che non facevano altro che tagliuzzarlo quanto bastava per rimarginarsi in fretta e ricominciare tutto da capo. Ricordó tutte le volte che svenne per il dolore e tutte le volte lo risvegliavano con ancora più percosse e fitte lancinanti finché stufi, a uno dei tre non venne la brillante idea di portarlo alla "base" e di lasciare il resto a loro. 
Ora, non sapeva in cosa consisteva la "base" o chi erano "loro" e neanche gli importava sinceramente. Si pentiva solo di non aver ucciso quel troglodita quando avrebbe dovuto, invece di dar retta alla sua Jessi. 
A proposito, in tutto ciò si chiese come stesse e se si fosse svegliata. 
Era esausta povera piccola, pensò ricordando il loro litigio. Si chiese anche se adesso lo stesse cercando, probabilmente sì ma non era sicuro con quale scopo, se lo voleva semplicemente salvare o trovare per riempirlo di botte o chissà che altro. 
Sempre stata manesca, pensò divertito ricordando tutte le volte che lo aveva picchiato, ma soprattutto il loro primo incontro, mentre salvava quel ragazzo da quei teppistelli. 
Ricordò come ne rimase affascinato appena la vide in azione, la sua forza e la sua bellezza unica. Ammise a se stesso che gli ci volle un po per capire che si fosse innamorato di lei, esattamente quando lei lo aveva lasciato a morire, trovandolo tremendamente ironico. 
- La vedo allegro signor.... Killgrave, giusto? - chiese un uomo appena entrò nella stanza. 
L'incantatore si giró immediatamente nella sua direzione, per quanto gli era concesso muoversi, notando che si trattava di un uomo sulla sessantina o giù di lì, scialbo, senza capelli, con un normalissimo camice bianco e un orribile cravatta a quadri. 
Se Killgrave avesse potuto muovere anche solo un nervo facciale, avrebbe fatto una smorfia di disgusto. 
Avrebbe voluto fargli giusto qualche domanda del tipo cosa volevano fargli o se mai l'avrebbero lasciato andare, sì perché aveva la vaga sensazione che quello non era un normale dottore venuto per fargli un semplice controllo di routine. 
Ma ci pensò l'uomo in piedi a dargli delle risposte. 
- Non ti affannare a parlare, non potresti in ogni caso. Mi presento, sono il dottor Miklos Kozlov e mi è stato riferito da dei miei ex pazienti delle tue doti particolari - e qui Kevin roteó gli occhi già immaginando cosa volesse da lui. 
- Oh non faccia così signor Killgrave - lo rimproverò mentre due infermiere entrarono con un carrello con sopra un mini televisore - Se sarà collaborativo nessuno si farà male - e detto ciò accese lo schermo mostrando quattro finestre che riprendevano quattro visuali diverse dello stesso luogo. 
Dalle immagini sembravano le telecamere di videosorveglianza di un molo o qualcosa del genere però essendo buio non si vedeva granché. 
Non stava capendo cosa stesse guardando. 
- Sa? I miei uomini sono bravi a far sembrare qualsiasi cosa un incidente. Lo riconosce questo luogo? - ma vedendolo confuso continuò - È il capanno dove è stato torturato qualche ora fa. E ora - continuó cambiando la visuale delle telecamere - Riconosce questo palazzo? 
E lì, Kevin si stupì non poco di vedere inquadrata il palazzo dove fino a tre giorni fa la sua Jessica abitava e lavorava. E gli saltò un battito quando vide sempre lei scendere da un taxi ed entrare nell'edificio in tutta fretta. 
Un piccolo dubbio gli si stava insediando nel cervello ma sperava davvero di sbagliarsi. 
- Bene, vedo che sta iniziando a comprendere. Queste sono le riprese di un'ora fa circa, quell'essere si sta proprio impegnando nel cercarla - disse sprezzante verso la sua Jessica. 
Quel tono difatti non piacque per niente a Killgrave non facendo altro che infastidirlo di più e già immaginava come l'avrebbe punito non appena si fosse liberato. 
Almeno lo rincuorava un minimo il fatto che Jessi lo stesse cercando. 
- Non ci vorrà molto prima che capisca dove potrebbe essere, peccato che la aspetterà una brutta sorpresa - e detto ciò cambiò di nuovo visuale alle telecamere mostrando l'immagine di un C4, un comune ordigno esplosivo al plastico con timer comandato a distanza attaccato ad un tubo del gas. Beh non era difficile immaginare dov'era situato quel tubo. 
- Abbiamo disseminato il capanno dove era imprigionato con più ordigni di questo genere e non appena quella donna ci entrerà per cercarla, salterà in aria insieme alle sue speranze di rivederla viva. Ma - esclamò vedendo il terrore negli occhi del suo paziente - se sarà collaborativo, potremo risparmiarla, la libereremo e potrete rincontrarvi - disse allungandogli un block notes e una penna. 
Killgrave, a stento riuscì a prenderli in mano e faticosamente cominciò a scrivere.

Cosa volete?, scrisse.

- Molto bene. Sapevo che non era uno stupido. Voglio solo sapere come ha ottenuto le sue doti straordinarie. Sappiamo per certo che lei non è come quella donna perché non è segnato in nessuno dei nostri registri e siamo molto curiosi di sapere come li ha ottenuti
Non sono come Jessi? Registri?
Killgrave era sempre più confuso, non stava capendo cosa centrasse Jessi in questa storia, dove fosse e cosa volevano fargli. Per giunta l'avrebbero ammazzata se non gli avesse dato le informazioni che volevano.

Cosa volete farne delle informazioni che le darò?

- Non sono informazioni che sono tenuto a darle, signor Killgrave. Sappia solo che darà un sostanziale aiuto alla protezione di questo paese. 
Sì, come no. Creeranno se va bene un intero esercito in grado di poter controllare le altre nazioni ed essere praticamente immortali, pensò sarcasticamente. 
Si sentiva sulle spine, il tempo stava per scadere, Jessica era tremendamente brava a trovare le piste ed era solo questione di minuti poi sarebbe stata sua la scelta se farla saltare in aria e proteggere così tutti gli umani o salvarla e rendere schiavo l'intero mondo. Poteva essere un po drastica come cosa, ma sostanzialmente è questo quello che sarebbe sicuramente successo, a rigor di logica. 
Che poi, se avesse scelto di salvarla come voleva ovviamente fare, lei non gliel'avrebbe mai perdonato, conoscendola. E inoltre non era neanche sicuro che quell'uomo avrebbe mantenuto la parola. Poteva benissimo uccidere sia lui che Jessi non appena avesse ottenuto le informazioni che voleva, per quanto ne sapesse. Però d'altra parte, se avesse scelto di non salvarla, non avrebbe mai perdonato se stesso e probabilmente se non lo uccidevano loro, si sarebbe ucciso da solo non appena lo avessero liberato. A conti fatti, entrambi avevano ben poche chance di uscirne vivi quel giorno. 
- Signor Killgrave? - lo richiamò dai suoi pensieri Kozlov, facendolo ritornare in sé e riprese a scrivere.

Dove sono? Voi chi siete?

L'uomo sospirò stanco di quelle domande - Questo è l'IGH, Industrial Garments & Handling. Lo so, il nome può confondere ma sfortunatamente non l'ho scelto io. Adesso si trova nell'ala di mia competenza, adibita alla ricerca di trattamenti e farmaci sperimentali per il potenziamento militare. Ora - e guardò il monitor dove riprendeva di nuovo il capanno - visto che ha perso abbastanza tempo con domande inutili, la devo costringere a prendere una decisione alla svelta, il tempo ormai sta per scadere - infatti da una telecamera si intravide una figura muoversi furtivamente attorno al capanno e tutte le sue speranze che non fosse lei andarono in fumo quando la riconobbe da una lucina al neon a cui passò a fianco. 
Ti prego Jessica, non entrare! Va via da lì ti prego!, cercò di avvisarla mentalmente anche se sapeva che non poteva sentirlo. 
- Allora, signor Killgrave, ha preso una decisione? 


 

Helloooooooo, scusate SCUSATE davvero🙏 Solo adesso mi è ritornata un po di ispirazione però sappiate che non ho mai avuto intenzione di mollare questa storia anzi! Anche se non so quanto ci metterò, questa storia la finirò, ve lo garantisco! Temo però che dovrete avere un po di pazienza😅

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