Arringhe e tacchi a spillo

di Exentia_dream2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caramelle scadute e punizioni alternative... ***
Capitolo 2: *** Figli illegittimi e figli preferiti. ***
Capitolo 3: *** Codissà e segreti svelati ***
Capitolo 4: *** La legge di Murphy nella vita reale. ***
Capitolo 5: *** Scoperte e offerte di lavoro pt.1 ***
Capitolo 6: *** Di favole e apparenze. ***
Capitolo 7: *** Il discorso. ***



Capitolo 1
*** Caramelle scadute e punizioni alternative... ***


Angolo Autrice prima del capitolo : lo so, lo so, ho un'altra storia da finire e me ne esco con questa, ma… 

Capitemi: non si può mica dire al cervello di smettere di partorire storie malate e insane come questa? 

Se non sapete rispondere, ve lo dico io: NO. 

Come avrete capito dal titolo, questa storia un titoto non ce l'ha, perché davvero non me ne veniva in mente uno decente, perciò, si accettano suggerimenti. 

Da brava fan della Dramione, questa volta ho deciso di mettermi alla prova con una coppia che non potrebbe esistere se Draco e Hermione si sposassero, si accoppiassero e nascessero tanti mini Malfoy, perciò… 

Ecco a voi la mia Rose/Scorpius che, spesso e volentieri, sfocerà nel demenziale, ma a voi piace ridere, giusto? 

Detto questo, la mia bambina senza nome è nelle vostre mani: siate tanto clementi e ditemi che è bellissima, vi prego! 

Ah, e non dimenticate di suggerire un nome per lei… 






Capitolo 1: 

Caramelle scadute e punizioni alternative… 



Quando, nel 2017, era arrivata la lettera da Hogwarts intestata a Rose Weasley, mamma era andata in iperventilazione perché, negli anni, aveva avuto il forte sospetto che sua figlia, proprio sua figlia, fosse una magonò, dato che non avevo mai provato a smentire la sua teoria di fallimento personale nel non essere stata una buona madre. 

E no, non so cosa c'entri la magia con l'essere un buon genitore.

Papà, invece, aveva cominciato a raccomandarsi di non fare amicizia con i Purosangue e i Serpeverde - né di innamorarmene e, in particolar modo, di non sposarne uno, pena: morte di nonno Arthur dovuta ad un infarto ed immediata cancellazione del mio nome dall'albero genealogico- e di non accettare caramelle dagli sconosciuti. 

E, ad essere del tutto onesta, mi aveva raccomandato di non accettare niente, assolutamente niente, dalle mani di zio George, la sua prole e tutta la ciurma dei Potter. 

Quello che però mi avrebbe insegnato la vita sarebbe stato di non accettare caramelle dagli sconosciuti, sì, ma di non accettarle soprattutto da Hermione Granger. 



°°° °°° °°°






<<... E poi abbandonare così, senza un briciolo di impegno… >>

Eh, no, mi sono impegnata anche troppo. 

E mentre mamma sproloquiava sulla mia insana idea di abbandonare la facoltà di economia della Magiuniversità, avevo cominciato a provare l'insano istinto omicida nei confronti di quella donna che non faceva altro che spappolarmi in faccia tutti i miei fallimenti. 

<< Ma, non è vero, cioè, ho anche preso un Accettabile, mamma, perciò non vedo tutta questa mancanza di impegno da parte mia. >>

<< Hai ripetuto quell'esame quattro volte, Q.U.A.T.T.R.O. >> e mi ritrovai le sue mani davanti agli occhi con sei dita sollevate, perciò, per perorare la sua causa e renderla più credibile, le abbassai il pollice della mano sinistra e il mignolo di quella destra. 

<< Sì, così è perfetto. >> io sorrisi, mentre evitavo accuratamente di soffermarmi sulle Maledizioni Senza Perdono che sembravano uscire direttamente dai suoi capelli poco curati. << Rende meglio l'idea, adesso: se dici quattro e poi hai sei dita alzate, sai… >> no, probabilmente non aveva gradito quella precisazione. 

Anche se poi, a dirla tutta, la parola quattro era formata da sette lettere, quindi il numero di dita che aveva usato era comunque sbagliato, ma per il mio istinto di sopravvivenza poco Grifondoro e molto Serpeverde -effetti collaterali di avere un cugino con il cravattino verde-argento- decisi di non renderle noto anche questo mio giusto, giustissimo pensiero. 

<< Rose Weasley non ti permetto di puntualizzare. >>

No, decisamente non aveva gradito e, sì, ci avevo visto lungo. 

Quando strinse gli occhi per farmi capire realmente quanto le sue minacce fossero prossime a diventare molto più che minacce, decisi che era ora di sfoderare l'aria da cucciolo bastonato. << Ma, mamma, sono stata la migliore durante l'esame dei M.A.G.O. >>

Non che ciò fosse propriamente vero, ma, in qualsiasi caso, Rose uno Hermione Granger zero.

<< E la peggiore in tante altre cose, anche in Magieconomia. >>

Beh, no, le cose non erano andate esattamente come lei ricordava, cioè… avevo quasi dato fuoco al giardino quando qualche anno prima avevo provato ad allenarmi con alcuni incantesimi, tra cui l'Incendio, che si era trasformato rapidamente in un Ardemonio bello e buono e che avevo rischiato di replicare il diluvio universale quando avevo pronunciato l'Aguamenti e mi ero lasciata leggermente assalire dal panico al pensiero di ciò che sarebbe successo dopo, ma avevo quattordici anni ed era più che comprensibile. 

Comunque, mamma continuava a guardarmi con quegli occhi piccoli e cattivi di cui, sinceramente, stavo cominciando a preoccuparmi. << Sì, beh, ma la voglia di imparare in fretta e prima degli altri… >>

O quella volta in cui il mio Diffindo aveva cominciato a tagliuzzare le tende del salone e il tappeto e il divano e i miei capelli - forse anche quelli di Hugo - e quindi ci eravamo ritrovati il Ministro e parte dei dipendenti dell'ufficio Uso Improprio Della Magia tra quei pezzi di stoffa e chissà che altro in mezzo ai piedi e a cui mamma, mortificata al limite dell'immaginabile, aveva offerto una tazza di tè e un sorriso oscenamente finto scusandosi anche della creazione - impropria secondo me- dell'universo, della Terra e, nello specifico, del genere umano dai capelli rossi e gli occhi azzurri. Ma, anche in quel caso, avevo quattordici anni, quindi… 

<<... E non ammetto nessuna replica da parte tua. >>

<< D'accordo. >>

<< Tieni. >>

<< Cos'è? >>

<< Una caramella. >>

Il mio debole per tutto ciò che contenesse zucchero, cioccolato, olio di palma e tutte quelle cose che fanno cariare i denti ai bambini di cinque anni, era conosciuto in tutto il mondo magico, babbano e oltre i confini dell'universo, perciò strappai la caramella dalle mani di mamma e la mangiai immediatamente.

Solo dopo aver sputacchiato qui e lì qualche pezzo di plastica mi ero resa conto che la caramella non era scartata, ma questo non era importante. 

E poi, avevo diciotto anni e non correvo più il rischio di trovarmi sulla sedia di un dentista, in uno studio che puzzava di disinfettante, a farmi tirare un dente cariato a causa dei troppi zuccheri assunti. E, diciamocela tutta: io odiavo gli ospedali.



°°° °°° °°° 

Avevo cominciato a provare un leggero tremore alla pancia qualche minuto dopo aver ingoiato la caramella, senza masticarla ovviamente, quindi non sapevo se avesse il sapore di limone o di arancia. 

Alla fine, era una comunissima caramella agli agrumi.

Avevo comunque preferito non saltare il pranzo, perché magari quel brontolio era soltanto la fame e non un fulminante attacco di diarrea che avrebbe previsto il mio ricovero immediato al San Mungo. 

Cosa che poi, ovviamente, era successa e che io avevo chiesto succedesse: mi ero rintanata in camera e facevo spola tra il letto e il gabinetto, saltando sulle punte e stringendo le chiappe come una ballerina di danza classica che si rispetti - anche se non ero una ballerina e non ero nemmeno rispettabile, dal momento in cui avevo urlato a gran voce ed avevo chiesto a Hugo di portarmi un rotolo di carta igienica perché "sto cagando acqua". 

Alla fine, avevo scelto di disfare il letto e rotolarmi nelle lenzuola per i sudori che mi facevano sembrare una vecchietta che si affaccia alla menopausa e combatte tra una vampata di calore e l'altra che, ad intermittenza, veniva sostituita da un piccolo, microscopico istante di freddo freddissimo. 

Comunque, alle otto di sera, seduta per l'ennesima volta sulla tazza del cesso, avevo deciso di chiedere aiuto a mamma e di essere trasportata immediatamente in ospedale, in qualsiasi modo, nel minor tempo possibile.

E mamma, per un motivo che ancora non conoscevo, aveva sorriso - anzi, aveva ghignato- e mi aveva aiutata ad alzarmi e a farmi una doccia. << Puzzi come una capra sudata. >>

<< Perché sono una capra sudata. >>

Sì, avevo tutta l'aria di essere davvero una capra sudata e malaticcia che si era staccata dal gregge ed era andata in giro per i pascoli a lasciare ricordini a forma di cacca a tutte le altre capre che erano belline e agghindate e non puzzavano di capra sudata. 

Non si poteva certo dire che dai miei capelli arruffati e annodati sarebbe potuto uscire un bel pullover di cashmere morbido e profumato e, in ogni caso, dalla mia chioma non si poteva estrarre altro che un grosso nodo che si era formato tra capo e collo e che, mentre mamma mi infilava i pantaloni, mi stava facendo da cuscino. 

Perciò, lasciate stare i miei capelli comodi. 

Quando eravamo arrivati a destinazione, comunque, un'infermiera mi aveva fatto accomodare gentilmente su una sedia a rotelle, - e preciso, gentilmente è un eufemismo- mi aveva detto di aspettare lì, senza muovermi e magari senza fare troppo chiasso, ed era tornata poco dopo con una cartellina verde e una bacchetta e mi aveva fatto una sorta di terzo grado su cosa avessi ingerito, quali incantesimi mi fossero stati scagliati contro e quante volte a settimana facessi sesso. 

Sesso? Io?... Ma se sono quasi tornata vergine, tsè. 

Hugo, nel frattempo, aveva cominciato a rovistare nella borsa di mamma, in cerca di qualche zellino da spendere nei distributori automatici accalcati alle pareti bianche e verdi, ed era finito, invece, a trovare qualche documento accartocciato, un lucidalabbra scaduto da qualche anno e una di quelle caramelle che avevo mangiato anche io. 

<< È buona, mamma me ne ha fatto assaggiare una stamattina. >>

Poi, successe tutto velocemente: mamma sembrava essersi ripresa da quello stato di intontimento in cui era piombata, aveva colpito la mano di Hugo con un colpo di karate bene assestato - che forse manco Bruce Lee- e la caramella era volata più in là, sotto le altre poltrone nella sala d'attesa. 

<< No, niente caramelle. >>

<< Ma perché? >> le chiese Hugo che, dopo aver compiuto i sedici anni, era cresciuto di ottomila metri, mentre io ero rimasta all'onorevole altezza di un metro e pochi centimetri. 

A volte, avevo seri dubbi sulla fedeltà di mamma nei confronti di papà perché, a parte i capelli rossi e gli occhi azzurri e la somiglianza sfacciata a Ron, Hugo poteva essere tranquillamente spacciato per il figlio di Hagrid. 

E non volli soffermarmi sulla scena in cui Hermione Granger faceva uno spogliarello sexy per il guardiacaccia di Hogwarts, magari con un perizoma striminzito e un frustino di pelle, abbarbicata ad un albero nella Foresta Proibita. 

No, basta. 

<< Perché no? >> chiesi, giusto per capire per quale arcano e oscuro motivo io avevo potuto mangiarla e Hugo no. 

<< Sono scadute. >> fu la sua risposta lapidaria e dal tono di voce che aveva usato capii che non ammetteva repliche. 

Repliche che, invece, arrivarono dopo qualche minuto passato a guardare l'arma del reato spiaccicata sul pavimento dell'ospedale e dopo che la sedia a rotelle su cui ero seduta stava per investire un bambino. Quindi, dall'alto della mia bassezza provai a mantenere almeno uno sguardo minaccioso. << Mi hai fatto mangiare una caramella scaduta? >>

<< L'ho scoperto dopo. >>

<< E allora perché le tieni ancora in borsa? >>

<< Ho dimenticato di buttarle via. >>

<< E perché non le butti adesso? >>

<< Perché sono impegnata. >>

<< A fare cosa? >>

<< A consolare la mia bambina. >> poi, si alzò di scatto e mi abbracciò, accarezzandomi i capelli e cantando una ninna nanna che, di tanto in tanto veniva interrotta dalle sue promesse stupide e false. << Passerà tutto, amore della mamma, stai tranquilla. Tra poco starai meglio, te lo prometto. >>

E se non l'avessi conosciuta, avrei anche potuto credere alla sua miglior prova di recitazione. 

Ma, - perché c'è sempre un ma- in quel momento, il mio cervello cominciò a macchinare e a rimandarmi come un film le scene di quella mattina in cui mamma, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che darmi dell'imbecille scansafatiche inetta, senza però toccare i miei diritti di essere umano e chiudermi in camera per una settimana intera. 

Perciò, beandomi comunque di quelle coccole gratuite che servivano più a nascondere la sua infamia che a rassicurare sua figlia, una parte di me cominciò a pensare che forse e, sottolineo forse, mamma davvero non sapeva che le caramelle fossero scadute, mentre l'altra parte - quella in realtà più ampia e più incline a pensare che ogni suo gesto fosse un piccolo attacco terroristico- mi fece quasi sputare una piccola ed innocente domanda. << Mamma… questa era la tua punizione? >>

<< Ovviamente, bambina mia. >>

<< Mamma… >>

<< Sì? >>

<< Sappi che se non muoio di diarrea cronica, metterò su un piano per ucciderti. >>

<< Comincia a stilarne le basi, allora, perché non ho mai voluto attentare alla tua vita. >> 

Al mio culo sì, però. 

Finalmente si staccò e tornò a sedersi al fianco di Hugo, mentre io, moribonda e sofferente, andavo a recuperare la sedia a rotelle che poco prima stava per rendermi un'assassina di bambini non sottoposti alla supervisione dei genitori e poi, mi sedetti anche io. 

Non fu affatto necessario il ricovero, ma lo avrei preferito e lo avrei accettato con tanta gioia e, più di tutto, avrei volentieri scambiato un letto di ospedale da occupare per una settimana con quella boccetta di liquido che somigliava più al vomito di Hugo quando era tornato ubriaco che ad un antidoto contro la diarrea. Forse, stavo fissando quella pozione da troppo tempo, in attesa di trovare il coraggio di berla e mandarla giù e, probabilmente, mamma e papà - ma anche Hugo e l'infermiera- stavano davvero perdendo la pazienza e non ne potevano più di guardare la mia espressione schifata. 

Perciò, dopo che la donna vestita con il camice verde mi aveva spiegato che sì, non era proprio un bel vedere e nemmeno un bel sentire - la puzza era davvero tremenda-, ma quello era davvero l'unico modo per combattere gli effetti di quella maledetta caramella scaduta, mamma le sorrise affabile e la liquidò dicendo che avrebbe provveduto lei. 

Mi colse di sorpresa: mi tappò il naso con tutta la mano, perché a suo parere non sarebbero bastate due dita, e mi lasciò quasi morire asfissiata, finché non aprii la bocca per respirare e lei mi versò in gola quel liquido verde. 

Traditrice di una madre…

<< Bene, ora possiamo tornare a casa. >> e sorrise vittoriosa. 

Maledetta eroina di guerra, se solo Voldemort ti avesse amputato quel braccino infame. E anche l'altro magari, che non si sa mai… 

Quando tornammo a casa, sconvolta dal doppio tradimento di mamma, urlai ai quattro venti che non avrei mai più assaggiato una briciola dei pasti che cucinava, né avrei bevuto un bicchiere d'acqua, che avrei provveduto da sola al mio fabbisogno giornaliero di calorie e mi chiusi in camera mia, sbattendo i piedi per terra quando mi scaraventai sul letto e mi allontanai di scatto perché, effettivamente, le lenzuola puzzavano di capra sudata. 



°°° °°° °°° 

Non avevo ancora perdonato mamma per i tiri bassi che mi aveva giocato nei giorni precedenti e, tantomeno, avevo mantenuto la mia promessa di nutrirmi da sola perché, oltre a versare il latte sui cereali, ero davvero incapace anche di mettere una padella sul fuoco senza causare danni permanenti a me, alle persone intorno, alla casa e al vicinato intero. 

E, mossa da una pietà insormontabile nutrita dai benedettissimi sensi di colpa per ciò che aveva fatto, mamma aveva proposto di cucinare per me sotto la mia attentissima direzione, anche se io mica lo sapevo che bisognava aggiungere il sale nell'acqua dove cuoceva la pasta. 

E, a pensarci bene, mamma poteva benissimo spacciare uno dei suoi potenti veleni ridotti in polvere per sale, ma decisi di fidarmi piuttosto che morire di fame sul mio letto. 

E il suo metodo ortodosso per farmi ingerire quella pozione curativa si rivelò davvero efficace, ovviamente, con maniere più delicate e magari senza il timore di spezzarmi il collo ogni volta che mi tappava il naso che, però, assunse soltanto l'ultimo giorno di cura che mi era stata prescritta dal quel medimago più largo che alto. 

Poi, certo, ogni volta seguiva una mia messinscena melodrammatica durante la quale mi chiedevo come sarebbe andata a finire se non avessi chiesto di essere portata in ospedale e come avrebbe fatto tutta la famiglia a sopravvivere senza di me, mentre mi spalmavo sul divano e facevo di tutto per non sentire le richieste di aiuto che mamma mi urlava. 

Io non muovo un dito, nemmeno per buttare una briciola di pane sul pavimento. 

A quelle, come sempre, seguivano i suoi improperi che Hugo metteva a tacere facendo la parte della figlia femmina: dopotutto, mica era lui quello che era stato avvelenato dalla madre? Ed era più in salute di me che giacevo fintamente scioccata di fronte alla tv al plasma che papà ci aveva regalato il Natale scorso. 

<< Cosa c'era in quella caramella? >> le chiesi un giorno, mentre lei trafficava in cucina con  una padella e un cucchiaio di legno. 

<< Non lo so: le ho comprate da George. >>

Così cominciai ad immaginare mamma che camminava vendicativa tra Diagon Alley e Hogsmeade, entrava a salutare lo zio George e cominciava a parlare fitto fitto, nascondendosi da occhi indiscreti, su quale fosse il modo migliore e più doloroso per mettere in punizione una figlia che trasformava in merda tutto ciò che toccava. 

E, ovviamente, immaginavo zio George che le faceva aprire gli occhi su un mondo di prodotti più illegali che realmente testati, descrivendole attentamente tutti i possibili usi e gli effetti collaterali e non, concludendo con un semplice e sempre efficace "faglielo cagare, letteralmente". 

E, letteralmente, era successo. 

Comunque, tra tutti gli insulti che mi ballavano sulla punta della lingua, l'unica cosa che fui capace di dire dopo aver immaginato la pianificazione di un'azione tanto crudele fu: << Bene. >>

Poi andai a diventare un tutt'uno con il divano e, a tratti, con il tappeto, troppo delusa da quell'ammissione di colpa sputata lì come se si stesse discutendo del meteo, con quella piacevole nota di strafottenza e orgoglio e mi chiesi se fosse il caso di fare un salto al Ministero e tirare su una manifestazione per approvare una legge a difesa dei maghi maggiorenni che venivano maltrattati dai genitori, ma poi cominciò il mio programma preferito e decisi che forse era meglio restare dov'ero e non dare a mia madre un altro motivo per far scendere in terra il lato peggiore del suo carattere. 

Che poi, quella caramella scaduta - che forse scaduta non lo era davvero- mi era stata offerta soltanto perché avevo deciso di mandare alle ortiche gli studi e gli esami della Magiuniversità e dell'intera economia. 

Assurdo. 

Il cinque giugno duemilaventicinque, infine , dopo quasi nove anni dalle raccomandazioni che papà mi aveva fatto prima di diventare un'alunna non molto modella di Hogwarts, capí che non dovevo accettare caramelle dagli sconosciuti, né da Hermione Granger. 

Soprattutto  caramelle che Hermione Granger  aveva acquistato ai Tiri Vispi Weasley. 

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Capitolo 2
*** Figli illegittimi e figli preferiti. ***


Capitolo 2:

Figli illegittimi e figli preferiti. 



Da bambina, aspettavo sempre la notte tra la Vigilia e Natale per trascorrerla alla Tana, insieme a tutta la lunga fila di cugini, svegli a chiederci quale sarebbe stato il regalo che avremmo ricevuto quell'anno e sotto quanto carbone lo avremmo trovato. 

Mamma, da buona maga babbana qual era, aveva deciso di unire le tradizioni delle sue due festività preferite, appunto il Natale e l'Epifania, portando in casa grandi scatoloni in cui nascondeva regali, carbone o cioccorane, a seconda. 

La quantità di carbone e di cioccolata, poi, dipendeva da quanto l'avessimo fatta arrabbiare durante tutti i trecentosessantaquattro giorni che avevano preceduto il Natale. 

Quell'idea - che secondo me segnava davvero l'autostima di ognuno di noi, portandola sotto le scarpe soprattutto nel mio caso che ricevevo quantità industriali di zucchero nero- fu poi presa in prestito da tutta la famiglia, zia Fleur compresa, anche se ogni volta, probabilmente si sarebbe lamentata del fatto che i bellissimi abiti delle bellissime bambole che aveva regalato alle sue bellissime figlie avrebbero potuto sporcarsi. 

Quell'anno, comunque, mi ero sentita abbastanza convinta di non aver fatto troppi guai, perciò mi sfregavo le mani assaporando già il sapore delle mie cioccorane e scommettendo con Albus che avrei sicuramente trovato una figurina speciale. 

Trovai, invece, una quantità indicibile di carbone, nessun regalo e nemmeno una carta spiegazzata di una cioccorana e mi sentii terribilmente umiliata ed arrabbiata perché, poco prima, ero saltata su di una sedia in un'imbarazzante discorso di pace e amore, ringraziamenti vari e promesse di continuare ad essere ciò che ero in quel momento. Davanti a tutti. 

Quella fu la prima vera umiliazione della mia vita e mi bruciò pesantemente: ero soltanto una bimbetta di undici anni che aveva quasi fatto annegare un bimbetto antipatico e saccente nel Lago Nero ed ero stata punita con una strillettera che la Preside aveva invitato direttamente a mamma, al Ministero. 

<< Una cosa mai vista, Rose… Inammissibile. Che vergogna! >>

Ma tutta quella storia era successa a settembre, perciò ero fermamente convinta che Hermione l'avesse dimenticata. 

Sbagliato, Rose. Deprimiti insieme a questi millemila quintali di cubetti di zucchero. 

Avevo messo il broncio per tutto il tempo in cui ero rimasta alla Tana e anche dopo essere tornata a casa. 

Avevo mangiato tutto il carbone, senza vergogna e senza dignità, ed avevo giurato solennemente di non rivolgere mai più la parola a mamma, fino a che, poco dopo, non l'avevo incontrata nel corridoio di casa e le avevo chiesto se ci fosse un po' di carbone di riserva. 

La lezione che avevo imparato quel giorno era che non sarei mai stata in grado di evitare mamma e di non parlare con lei per più di un paio di ore consecutive; o magari potevo farlo anche per giorni interi e per tutta la vita se mi fossi seppellita nei giardini di Hogwarts. 



°°° °°° °°° 

Ero abbastanza brava a tenere il muso e a fingermi dispiaciuta, soprattutto nei momenti in cui era necessario farlo per salvarmi la pelle, come quando avevo ficcato la bacchetta nei pantaloni di Hugo e- per sbaglio, perché non lo avevo mica fatto apposta? - era partito uno Schiantesimo. 

E, mentre quel moccioso piangeva e si dimenava come un ossesso correndo attorno al tavolo della cucina, io avevo provato a piegare il labbro inferiore verso il mento e a sgranare gli occhi, non prima però di averci messo dentro un po' di terriccio per farli diventare rossi e gonfi; mamma mi aveva tirato per un orecchio, chiedendomi con la sua vocetta isterica cosa fosse successo. << Non lo so, io non ho fatto niente… >>

<< È stata Rose. È stata lei. >> Hugo continuava a frignare, passandosi di tanto in tanto la mano sul sedere, nonostante mamma gli avesse spiaccicato su una buona dose di pomata lenitiva e dopo aver fatto diventare la pelle più bianca di quanto non fosse già. 

<< Sì, ma non l'ho fatto apposta. >>   

<< Sì, invece. >>

<< No, invece. >>

<< Sì, invece. >>

E, giustamente, a parere unicamente di mamma e Hugo, ero stata messa in punizione. 

La punizione consisteva nel dover etichettare tutti gli ingredienti delle varie pozioni che mamma aveva sistemato in una sorta di sgabuzzino e, mentre lei consumava il pavimento di quella stanza, dicendo tra sé e sé che presto sarebbero arrivati quelli del Ministero, Hugo passava il suo tempo a tirarmi i capelli e ridere. 

La vera verità venne fuori parecchi anni dopo, ovvero, durante la cena di quella sera. 

Papà era in vena di parlare di tutti i guai che avevo combinato, stilando una lunga lista di azioni che non ricordavo di aver compiuto. 

Li ricorda proprio tutti, constatai un quarto d'ora più tardi, dopo che mamma aveva impiattato l'arrosto e lo stavamo ormai digerendo. 

No, davvero, la cena era finita, basta. 

Ci eravamo spostati sul divano e papà continuava a raccontare di quella volta che io… e fu, finalmente, interrotto dalla risata di Hugo. 

Bene, pensai, finalmente parleremo di quanto è idiota il protagonista di questo film

<< E, Rose? >> Hugo continuava a ridere e parlare. << Ti ricordi di quella volta che mamma ti ha punito perché mi avevi lanciato uno Schiantesimo sul culo? >>

<< Sì. >> grugnii. 

<< Mica lo sapeva che stavi dormendo e che ti ho spaventato con una delle diavolerie di zio George. >> rideva lui, mentre io cominciavo a ridere diabolicamente nel mio cervello. << È stata davvero una faticaccia salire sul letto senza svegliati ed incastrarmi sulla bacchetta senza caderti addosso. >>

Continua, dai. 

E, in quel momento, credetti che mio fratello fosse un Legilimens migliore di me, visto che seguí alla lettera il mio consiglio. << Ah, mamma, non puoi capire… Rose dormiva con la bava alla bocca, ho fatto esplodere quella cosa… E… e Rose si è spaventata a morte… >> 

<< Hugo Weasley! >> tuonò mamma, probabilmente dopo aver ricordato quanti giorni ci avessi messo a sistemare le sue boccette di ingredienti mistici. << Sei… Sei in punizione. Per due giorni. Non guarderai la tv per due giorni. >>

Ma… non è giusto. 

<< Davvero? Io mi sono ammazzata di lavoro per quasi una settimana e la sua punizione è quella di non vedere la tv per due miserissimi giorni? >>

Avevo preferito non menzionare la diarrea galoppante che mi aveva procurato, né le ore che mi aveva costretta a passare nella sala d'attesa di un ospedale puzzolente. 

No, beh, quella era stata una mia richiesta.

Che poi, comunque, Hugo non guardava mai la tv. Ragion per cui mi sentii in diritto di alzarmi dal divano, sbattere i piedi sul pavimento e giurare davvero - cosa che prevedeva che i miei due indici si incrociassero e fossero baciati da me medesima- che non avrei mai più rivolto la parola a mamma. 

<< È stato tanto tempo fa, Rose. >>

Così, dopo quella frase, alla veneranda età di diciotto anni, decisi di chiudermi nella mia stanza ed affogare i miei dispiaceri divorando un barattolo di Nutella che in parte avevo spalmato su un pezzo di pane  precedentemente tagliato a fette - sì, ero dotata di una certa lungimiranza- e, in parte, avevo trangugiato direttamente leccando il cucchiaio. 

E a fanculo l'igiene familiare. 

Poi, certo, menomale che era avanzata una fialetta di pozione che il medimago del San Mungo mi aveva prescritto per calmare la diarrea causata dalla caramella scaduta che mamma mi aveva gentilmente offerto. 

Un piccolo insignificante dettaglio era quello che mi suggeriva che io, effettivamente, non sapevo dove fosse nascosta quella fialetta miracolosa. 

Qualche ora più tardi tornai in cucina e cominciai ad aprire ogni sorta di pensile e cassetto, fintamente interessata al loro contenuto e disinteressandomi subito dopo aver capito che no, lì non c'era quello che cercavo. 

<< Cerchi qualcosa in particolare? >>

Ero davvero decisa a non rivolgere più la parola a quella donna che diceva di avermi partorita dopo dodici ore di travaglio e di essere mia madre. Dubitavo seriamente di lei. 

E comunque ero profondamente offesa dalla sua sfacciataggine nel preferire Hugo a me. 

Insomma, ero la sua prima figlia, no? Avrebbe dovuto preferirmi a tutto e a tutti… 

Ammesso che poi fossi davvero sua figlia e non una povera bambina che era stata abbandonata accanto ai cassonetti dell'immondizia e che lei aveva avuto il buon cuore di portare al riparo. 

E chissà quante volte aveva dovuto farmi il bagnetto per togliermi di dosso la puzza e lo sporco che aveva impestato la sua casa profumata al mio ingresso. 

E, dopo aver fatto un film mentale sulla mia nascita e sulla mia adozione non registrata con tanto di finale malinconico, mi ricordai che mamma o la mia tutrice o Hermione, vabbè, lei mi aveva fatto una domanda e quindi continuai ad ignorarla con il naso per aria. 

Le imprecazioni che mi uscirono da bocca dopo aver sbattuto il mignolo del piede all'angolo di un mobile mi suggerirono che camminare guardando il soffitto non era stata propriamente una buona idea. 

Ma dove diavolo è quella maledetta medicina? 

<< Per quanto tempo hai intenzione di tenere il muso? >>

Continuai a non rispondere e, nel frattempo, avevo cominciato a rovistare nei cassetti della consolle che stava praticamente dietro al divano e non riuscivo a non fare rumore. 

Poi sarei passata a smontare la parete attrezzata e magari avrei anche fatto saltare in aria in pavimento e comunque non avrei trovato nulla. 

Mi soffermai un po' troppo a lungo su una cartellina blu che non aveva nessuna etichetta, perciò cominciai a provare la curiosità di sbirciare e capire cosa contenesse  e l'elastico che la teneva chiusa ovviamente mi era rimbalzato sulla mano, lasciandomi un bel segno rosso. 

Sì, d'accordo, l'avevo tirato fino allo stremo e stavo rischiando di romperlo, ma comunque quell'elastico non aveva nessun diritto di ferirmi; riposi la cartellina nel cassetto e lo chiusi sbattendolo con più impeto del necessario, tanto che sentii Hermione lamentarsi e borbottare qualcosa che aveva a che fare con il fatto che non fossi stata io a lavorare e a farmi il culo in quattro per comprare l'arredamento di quella casa, poi ricominciai la mia ricerca. 

<< Se mi dicessi cosa cerchi… >> 



Dopo circa quarantacinque minuti di scavi e ricerche che manco i migliori archeologi, durante i quali avevo trovato i rimasugli sbriciolati dei biscotti con cui avevo fatto colazione, mi sentivo stanca e delusa. 

Mamma mi posò una mano sulla spalla e mi guardò con la sua aria affabile. << Posso aiutarti? >>

Mi presi giusto qualche minuto per studiare il suo viso: aveva i capelli legati in uno chignon ordinato, gli occhi truccati e un leggero sorriso sulla bocca ma, nonostante la sua espressione amabile, decisi non fidarmi comunque di lei: insomma, avevo di fronte una donna che probabilmente non era la mia vera madre, no? 

Nonna Emily 1 diceva sempre che in una famiglia la madre è sicura, il padre no. 

Diffidavo anche di quel detto babbano, sinceramente: io ero uguale a mio padre e potevo benissimo essere figlia di una sua scappatella extra-coniugale e questo cambiava tutto: ero una figlia illegittima e, dopo aver confessato il suo tradimento e la mia nascita, Ron aveva chiesto a Hermione di adottarmi e lei aveva acconsentito. 

Sì, doveva essere andata così. Decisamente. 

Quello che comunque mi stava evitando un vero e proprio attacco di panico era ammettere che non avevo ancora nessun mal di pancia; mal di pancia che sarebbe sicuramente arrivato nel giro di una mezz'ora ed io, che ero una persona matura e previdente, avevo cominciato a cercare la pozione che mi sarebbe sicuramente servita. 

Avevo soltanto qualche dubbio riguardo la mia maturità, dato che mi ostinavo a non rispondere a mamma. 

Che davvero mi stava mettendo in difficoltà : mi tampinava e ficcava il naso ovunque lo ficcassi io. 

Quando finalmente se ne andò in cucina, provai a rovistare nella sua borsa, trovando ovviamente lo stesso documento accartocciato e lo stesso lucidalabbra scaduto da qualche anno che aveva trovato Hugo. 

Oh, e le sue maledette caramelle scadute che pensai di prendere senza il suo permesso, meditando una futura vendetta. 

E un galeone che mi premurai di nascondere bene nella tasca dei jeans, ma della fialetta verde vomito nessuna traccia. 

<< Rose? >> lanciai la borsa da qualche parte nel salone e nel caso mi avesse chiesto se l'avessi aperta per frugare all'interno avrei detto che no, non mi sarei mai permessa. 

Negare, negare sempre. Anche se mi avesse trovato con le mani nel sacco e, in quel caso, avrei detto che la borsa era caduta e la stavo rimettendo a posto. 

La domanda che comunque seguì al richiamo del mio nome non fu quella che mi aspettavo :<< Hai mangiato la Nutella? >>

<< Assolutamente no. >>

<< Quanta? >>

<< Un barattolo. >>

<< Intero? >>

<< No. >> il che era vero, perché dal barattolo che avevo rubato mancavano almeno un paio di cucchiaiate. 

Sotto lo sguardo accusatore di mamma, comunque, pregai vivamente di non essere mai punita o arrestata per i reati commessi, visto che, alla fine, avevo ceduto ad una semplice domanda come una pappamolle. 

Alla faccia del negare, negare sempre e alla faccia dei miei propositi di non rivolgerle mai più la parola. << Ti prego, dimmi dov'è. >>

<< Cosa? >>

<< Quello che sto cercando da più di due ore. >>

<< E, di grazia, vuoi dirmi da sola cosa o stai cercando o devo leggerti la mente, o magari incaten… >>

<< La fialetta dell'ospedale. >>

No, non volevo sapere a quali torture sarebbe ricorsa per farmi parlare. 

<< Nella stanzetta delle pozioni. >>

Mi sentii per un piccolo, piccolissimo momento una cretina di dimensioni galattiche: era ovvio che la pozione contro la diarrea fosse nella stanzetta delle pozioni, no? 

Perciò, mi avviai in uno dei luoghi più oscuri e più odiati- soltanto da me, suppongo- della casa. 

Quando aprii la porta, comunque e vidi il parato con i fiorellini di campo che mamma aveva scelto per coprire le pareti, decisi che quello non era esattamente il luogo più oscuro della casa; non avevo alcun dubbio riguardo l'odio invece che provavo verso tutto ciò che c'era lì dentro. 



Mentre mamma e papà discutevano dei problemi che stavano avendo al Ministero, io guardavo il piatto vuoto davanti a me e continuavo a chiedermi perché non avessi semplicemente appellato la fialetta di medicina, invece di cercarla in ogni angolo della casa. 

Sì, l'avevo trovata. Dopo quasi un'ora di ricerche nella stanzetta maledetta e dopo che mamma si era impietosita a tal punto da farmi sedere sullo sgabello in cucina e se l'era trovata tra le mani dopo un' Accio. 

Quindi a dirla tutta era stata lei a trovarla...

Insomma, non mi ero mai fatta problemi ad usare la magia fuori da Hogwarts nemmeno quando ero minorenne e potevo essere facilmente rintracciata… 

Probabilmente, avevo subito un danno cerebrale dopo aver scoperto che mamma aveva attentato al mio culo e dopo aver cominciato a chiedermi chi fossero i miei veri genitori: non era mica da tutti cominciare così un'estate che prevedeva una lunga e dura sessione estiva strapiena di esami alla Magiuniversità? 

Toccai il fondo della mia sanità mentale quando, alle mie elucubrazione si aggiunse l'immagine del sorriso e dello sguardo amorevole che Hermione rivolse a mio fratello  o quello che credevo fosse mio fratello - e, sempre secondo le mie macchinazioni, a dirla tutta, Hugo doveva essere il mio fratellastro, visto che io ero sicuramente figlia di Ron. 

Comunque, Hermione cominciò ad apparecchiare anche per lui. << Ti ho conservato il pollo e l'insalata. Vuoi che te lo scaldi? Coscia o petto? Ti piace questo condimento? Acqua o Coca Cola? Aceto balsamico? Ancora un po' di olio? >>

Oh, insomma, qui c'è una persona che non conosce la sua vera madre e sta soffrendo. Andate a giocare a mamma e figlio preferito da un'altra parte. 

Vidi papà arrossire, forse per scusarsi di tutta quella scena o forse perché era geloso che sua moglie rivolgesse tutte le attenzioni ad un altro uomo; che l'altro uomo, poi, fosse suo figlio non era una cosa a cui dar conto. 

Mi alzai senza sentirmi minimamente in colpa per aver lasciato il piatto sporco sulla tavola e uscendo dalla cucina trascinando rumorosamente i piedi sul pavimento: ero davvero arrabbiata. 

Ero stata adottata e nessuno me l'aveva mai detto, non ero figlia di Hermione, Hugo era il suo figlio preferito e il mal di pancia che aspettavo - dopo aver mangiato quasi novecentocinquanta grammi di Nutella e per cui mi ero messa alla ricerca della medicina mettendo a soqquadro la casa per qualche ora, fallendo miseramente -non era ancora arrivato. 

L'allegra famigliola, nel frattempo, continuava a chiacchierare e a ridere, soprattutto perché tra loro non c'era la figlia illegittima che, per la cronaca, si era stesa sul divano con le gambe all'aria e la testa verso il tappeto. 

Sì, avevo seri problemi a sedermi in maniera composta e in tv davvero non c'era niente, quindi non potevo far altro che provare le posizioni più strane per stare comoda. 

Non che stare con lo stomaco sul bracciolo, la testa a penzoloni, una gamba sui cuscini e l'altra piantata a terra fosse una posizione comoda, eh, ma in qualche modo dovevo pur esprimere il mio disappunto e il mio malessere. 

Probabilmente, poi, mi ero appisolata, perché quando mamma si sedette al mio fianco e mi accarezzò i capelli, mi trovai quasi dall'altra parte del divano per lo spavento. 

<< Sei ancora arrabbiata con me? >>

Per sottolineare che sì, ero arrabbiata e anche tanto, alzai il mento e fissai gli occhi sulla tv, trovando estremamente interessante la pubblicità di un set di coltelli che non perdevano mai l'affilatura. 

<< Credo che dovremmo parlare di una questione importante, Rose… >>

Oh, sì, ti prego: raccontami di quanto è stato difficile per te metabolizzare il tradimento di tuo marito ed accettare di adottarmi solo per l'amore che provi verso di lui. 

<< Rose? >>

<< Mh? >> la mia risposta doveva pur farle capire che stavo mantenendo il proposito di non rivolgerle mai più la parole e che quello che era successo nel pomeriggio era dovuto ad un mio attimo di debolezza. 

<< Tu… Beh, sì, insomma… In ospedale, l'infermiera… >>

Sì, immaginavo fosse difficile dire: "Rose, ho avuto paura di portarti in ospedale, perché sai, magari l'infermiera avrebbe potuto dirti che io non sono la tua madre biologica e tu non lo sai ancora e prima che te lo dicano gli altri te lo dico io: sei stata adottata." 

Quello che invece mi chiese mi lasciò per qualche secondo a bocca aperta e sperai vivamente di aver capito male, perciò le chiesi di ripetere nel modo migliore possibile: << Eh? >>

<< Sei ancora vergine, Rose? >>

Immaginai di avere la faccia dello stesso colore dei capelli, orecchie comprese. 

<< Certo che lo sono. >> negare, negare sempre. << E poi non credo che dovrebbe interessarti. >>

<< E perché mai non dovrebbe interessarmi? >>

<< Perché è chiaro che io sia stata adottata. >>

Fu il suo momento di sbattere furiosamente le palpebre e restare a bocca aperta. 

Rose due Hermione Granger zero. 

Poi scoppiò a ridere. 

Ma… Ma come? Io le dicevo che ero venuta a conoscenza della verità e lei mi rideva in faccia. 

<< Lo credi davvero? >>

<< Ovviamente. >>

Continuò a ridere sguaiatamente per almeno cinque minuti. 

Stava cominciando a darmi i nervi ed io ero sul punto di tornare al mio piano di fingermi muta e non parlarle mai più. 

Di fronte alla mia occhiataccia sembrò darsi un contegno, senza togliersi dalla faccia quel sorrisino, però. 

<< E credi davvero che se ti avessi adottata, avrei scelto te? >>

Ma… Ma… D'accordo, c'era bisogno di una rettifica sul tabellone dei punti: Rose uno Hermione Granger cento. 



°°° °°° °°° 

<< Quindi, Rose, hai deciso di proseguire gli studi? >>

<< Ehm, più o meno… Cioè, dopo Hogwarts sì, credo che un anno sabbatico, un po' di pausa, sai, nonna… Ore ed ore sui libri, gli esami e poi, uff, la scuola… No. >>

<< No, cosa? >> nonno Thomas2 abbassò il giornale per guardarmi. 

Mamma ci aveva tirati tutti giù dal letto alle otto del mattino, di domenica, perché nonna Emily ci aveva invitati a pranzo da lei, nella Londra babbana ed ogni volta mamma rischiava di prendere un esaurimento nervoso per l'emozione.

Quindi, adesso, eravamo tutti seduti nel salotto antico, con una torta a due piani piena di crema al caffè e scaglie di cioccolato. 

Avevo l'impressione che tutti tentassero di farmi passare le giornate sul gabinetto e mi sentii molto intelligente quando mi ricordai di aver portato con me la fialetta puzzolente e miracolosa. 

Poi, tornai alla domanda del nonno. << No. >>

<< Sì, no, ma no cosa? >>

<< Ho deciso di non proseguire gli studi. >> e, dopo aver attirato su di me lo sguardo malevolo di tutti i presenti, aggiunsi: << Ma sicuramente cambierò idea nel giro di un paio di mesi. Settimane. Giorni. Okay, domani torno alla Magiuniversità. >>

Nemmeno tra mille anni, ma questo forse è meglio non dirlo, shhh. 

Mamma, nel frattempo, aveva tagliato cinque fette di torta, aveva preso per Hugo quella più grande ed ero l'unica ad avere ancora le mani vuote. 

<< Sì, deve essere davvero buona quella torta. >>

<< Oh, Rose, scusami… Non avevo fatto caso a te. >> 

<< Ma figurati, non ho mica parlato fino a due minuti fa! >> e mi posò il piatto con il dolce sulle mani, così forte che per poco non mi aveva fratturato le falangi delle dita. 

<< Grazie mille. >> 

Nel complesso, era stata una giornata piacevole, non avevo combinato nessun guaio e non ero stata privata di nessun diritto inalienabile nei confronti della mia persona; i nonni discorrevano e sorridevano tranquillamente con mamma, papà aveva cominciato a leggere il giornale che poco prima stava leggendo il nonno e Hugo faceva zapping alla tv. 

No, secondo lo scorrere del tempo, non era ancora finita la sua punizione, ma a mamma sembrava non importare ed io, invece, cercavo di cogliere stralci di conversazione dei programmi televisivi. 

<< Vero, Rose? >>

<< Sì. >> avevo smesso di ascoltarli subito dopo aver mentito sul mio ritorno allo studio, perciò pensai stessero ancora parlando dello stesso argomento visto che, per mamma e per i nonni, era più importante alla cultura che la fame nel mondo. 

<< Domani. >> aggiunse Hermione. 

<< Sì, domani. All'alba. >>

<< Esatto. >>

<< Non vedo l'ora. >>

<< Benissimo. >>

<< Mi sento davvero pronta… >>

<< Sarà un'esperienza fantastica. >>

<< Sì. >>

<< Ho dovuto faticare un po' per farla assumere, ma Luna è stata così gentile a dirmi di sì… >>

No, un momento: di cosa diavolo stavamo parlando? 

<< Dicevi che è una piccola pasticceria. >>

<< Sì, piccola, ma graziosa. Proprio come Luna Lovegood. L'aveva conosciuta al mio matrimonio.

<< Sì, la ricordiamo bene, Hermione. >> aggiunse nonna Emily. << Beh, sono davvero contenta per Rose, allora. Certo avremmo preferito vederla studiare… >>

<< Ma io tornerò a studiare, lo abbiamo appena detto, no? Domani, all'alba. >>

<< Ma no, Rose… >> mamma rise. << Domani all'alba dovrai trovarti a Diagon Alley per il tuo primo giorno di lavoro in pasticceria. >>

Sì, avrei decisamente preferito essere adottata da un'altra mamma, magari non così stronza. 




Angolo Autrice:

Bene, eccoci qui con il secondo capitolo. 

Non abituatevi a questi aggiornamenti così veloci: per il momento sono costretta a non muovermi dal letto, quindi posso scrivere quanto mi pare, ma la settimana prossima riprendo a lavorare, quindi… 

Il titolo è stato scelto: Arringhe e tacchi a spillo e so che adesso sembra non avere niente a che fare con la storia, ma date tempo al tempo e fidatevi di me. 

Avrete sicuramente trovato dei numeretti sui nomi Emily e Thomas. 

Ebbene, vi presento i genitori di Hermione Granger. 

Non mi pare siano mai stati menzionati i loro nomi e ho cercato in lungo e in largo, ma non sono scritti da nessuna parte. 

Se qualcuno di voi lo conosce… 

Ora, però torniamo al capitolo… Allora, vi è piaciuto? 

E preferite capitoli di questa portata o li vorreste più lunghi? 

Aspetto i vostri commenti ❤️

A presto, Exe

Nb: si, da oggi in poi mi firmerò così (Exentia_dream2 è davvero troppo troooppo lungo come nome.) 

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Capitolo 3
*** Codissà e segreti svelati ***


Capitolo 3:

 Codissà e segreti svelati. 

Avevo fatto evanescere il primo oggetto per puro caso, qualche lezione più tardi rispetto agli altri. 

Nel dormitorio, senza la supervisione dei professori. 

Era stato un puro caso, davvero. 

Ero pronta per andare agli allenamenti con la squadra e condividevo il dormitorio con Evanna Jordan, una ragazzina con la pelle di bronzo, i capelli e gli occhi neri. 

Era una delle mie migliori amiche, perciò mi sentivo di raccontarle tutto e di aggiornarla di ogni mio spostamento. 

Quel giorno tenevo la bacchetta in una mano, perché subito dopo l'allenamento- organizzato all'ultimo minuto- avrei avuto una lezione di Difesa contro le arti oscure. 

Le dissi soltanto due parole: << Evan, esco. >>

E, nemmeno a dirlo, vidi il letto su cui Evanna era seduta sparire. 

Sì, probabilmente avevo detto quelle parole molto velocemente, probabilmente avevo mosso la bacchetta, probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto ed io me ne sarei lavata le mani, proponendo ad Evan di dormire nel mio letto ed io mi sarei sistemata sul pavimento improvvisando un sacco a pelo. 

Ma, molto più probabilmente, ero una cretina e, inutile dirlo, fui richiamata in presidenza. 

Dopo quell'episodio, avevo capito che chiamare le cose con il proprio nome, senza abbreviazioni, senza omettere nemmeno una vocale, era l'unica cosa giusta da fare: l'odio doveva restare odio, le canne che si faceva James non potevano essere chiamate sigarette ed Evanna doveva restare Evanna. 

Immutato, completo. Non Ev, non Evan, non Vane. Evanna. 

Ah, e l'affetto non doveva mai essere confuso con l'amore né viceversa. 

Ed io ero estremamente convinta che quello che provassi per Axel McLaggen fosse amore. 



°°° °°° °°° 

Quando tornammo a casa, pensai che fosse giunto il momento di gettare le basi del mio piano OMT, omicidio mamma traditrice. 

Ed ero fortemente convinta che lei stesse preparando un piano di difesa: in fondo, l'avevo avvisata, no? Gliel'avevo promesso che se fossi sopravvissuta gliel'avrei fatta pagare ed era stata lei stessa a suggerirmi di fare qualcosa a riguardo. 

Quello che mamma non sapeva era che al mio movente principale se ne erano appena aggiunti altri due. 

Presi il cellulare dallo zaino e avviai la telefonata. 

<< Rosie. >>

<< Mmh… >>

<< Cosa è successo? >> Axel aveva cominciato a corteggiarmi durante il sesto anno e a metà del settimo era riuscito ad avere un appuntamento. 

La mia prima volta era stata con lui ed anche la seconda e la terza, poi, avevamo finito gli studi a Hogwarts e lui si era trasferito in Indonesia per un lavoro che gli era stato offerto. 

Quindi, le volte in cui avevo fatto sesso erano rimaste tre e l'ultima risaliva a quasi un mese prima, - la notte in cui poi era partito lasciandomi come un'idiota e con la promessa che al suo ritorno avremmo ripreso quello che avevamo messo in pausa-, ma, nonostante questo, Axel si diceva ancora pronto ad ascoltare le mie lagne. << Odio mia madre. >>

<< Cosa ha fatto di tanto grave? >>

<< Mi ha trovato un lavoro. >>

<< Ed è un male? >>

<< In una pasticceria. >>

<< Beh, sembra bello. >>

<< No, non lo è. Io so cosa vuole fare. >>

<< Cioè? >>

<< Vuole farmi ingrassare, finché non esplodo e muoio. O magari muoio a causa del diabete, ma che importa? Morirò comunque. >>

Lo sentii ridere e mi si strinse il cuore: Axel mi mancava davvero tanto. 

Forse perché era stato il mio primo vero ragazzo, forse perché mi dispiaceva non avergli dato una possibilità la prima volta che me l'aveva chiesta o forse perché era un figo da paura… 

Insomma, aveva i capelli castani e morbidi tirati su con il gel e gli occhi di un verde che si mescolava al marrone, come il giardino di nonna Molly. E il suono della sua risata era così delicato. 

<< Perché ridi? >> gli chiesi. 

E, per quanto dolce, in quel momento avevo deciso che non lo sopportavo: gli parlavo della mia morte imminente e lui rideva? 

<< Perché non morirai, Rose. >>

<< Ma come no? >>

<< No, basterà soltanto opporre un po' di resistenza e magari non ascoltare la tua voglia di ingerire tutto ciò che contiene zuccheri. >>

<< Tu non mi capisci. >> e staccai la telefonata. 

Avevo cominciato a guardare il soffitto liscio, senza nessuna crepa ad interrompere quel rosa pastello, quando mi arrivò un messaggio. 

Oh, grazie tante, Axel. Ricordami ancora una volta la mia stupidità. 

Il fatto che avesse concluso con un cuore, comunque, non ebbe l'effetto che forse aveva sperato. 

Guardai i numeri sul display e quando i minuti divennero pari, mi resi conto che se avessi chiuso gli occhi in quel momento, sarei riuscita a dormire per cinque ore di fila prima di cominciare la mia punizione e dare il via alla prima fase del piano ROM di mamma, ovvero Rose obesa muori. 

Un'ora più tardi ero ancora con gli occhi aperti a fissare il soffitto, senza mai cambiare posizione. 

<< Rose, dormi? >> sentivo la voce di Hugo attutita dal legno della porta che aprii con un incantesimo non verbale. 

<< Bello poter usare la magia anche fuori dalla scuola, eh? >> mi chiese. 

<< Sei in vena di fare chiacchiere? >>

<< Perché no? Hai di meglio da fare? >>

<< Sì, dormire. >>

<< Con gli occhi aperti? >>

<< Con gli occhi aperti. >>

<< Mi piace una persona… >>

<< Diglielo. >>

<< Beh, non è facile… Ci parliamo a stento… >>

<< Comincia a parlarle. >>

<< Oh, sì, ma certo, Rose: come ho fatto a non pensarci? Come avrei fatto senza di te? >> sorrisi compiaciuta dalla mia idea. << Ma sei scema o cosa? >>

Lo guardai male. << Credevo che i miei consigli ti fossero piaciuti. >>

<< Per niente! E poi che consigli sono, Rose? Non mi hai chiesto chi è, quanto mi piace, quando l'ho capito… Me ne vado, Rose, ti lascio dormire. Ah, buon lavoro per domani. >>

Perfetto, anche Hugo è arrabbiato con me

La rabbia di Hugo era del tutto diversa dalla mia: era indirizzata unicamente alla persona che l'aveva provocata, senza sfociare nell' immaturità e nei gesti e gli sbuffi plateali. 

L'unica cosa che l'accomunava alla mia era il mutismo. Forse neanche quello in realtà, perché Hugo aveva imparato a stare in silenzio finché non si sentiva abbastanza tranquillo per discutere e potevano passare giorni interi, a volte anche settimane. 

Poi, mi sistemai sotto le lenzuola e chiusi gli occhi e l'alba era arrivata prima di quanto fosse concepibile nella mia mente malata di persona adulta che si era addormentata alle due passate, sperando di svegliarsi pimpante ed attiva soltanto due ore e mezza più tardi. 

Mamma era entrata nella mia camera per svegliarmi con la sua dolcezza e gentilezza che consisteva nel tirarmi le coperte di dosso, prendermi i piedi per piazzarli sul pavimento, sollevarmi per le spalle e darmi un paio di buffetti in faccia. << Buongiorno, Rose. >>

Avrei voluto rispondere che buongiorno un cazzo: non ero mica un Auror che era stato richiamato per un emergenza? Invece, mi ero limitata a guardarla male, per quanto i miei occhi mezzi aperti permettessero. 

Mi ero trascinata in bagno e poi di nuovo in camera: un jeans, una maglietta su cui erano disegnati due gattini nel periodo del corteggiamento e un paio di converse vintage - dove vintage stava a significare che le avevo distrutte negli anni- mi sembravano la scelta appropriata per affrontare il mio primo giorno di lavoro che non volevo affrontare. 

<< Sarà emozionante, vedrai. Ti sentirai così realizzata, così… >> 

Mamma aveva un tono di voce leggermente isterico, più insopportabile delle altre volte e tornai a guardarla male, con la certezza di esserci riuscita perché improvvisamente aveva smesso di parlare. 

Poi, aveva ripreso. << Rose, mi raccomando: ascolta tutto quello che Luna ti dice, non farmi fare brutte figure, non farmi pentire di averti raccomandata ad una delle mie migliori amiche… >> e le raccomandazioni erano proseguite fino a che non eravamo arrivate in giardino ed avevo girato su me stessa per smaterializzarmi, senza mai smettere la mia espressione arrabbiata. 

Quello che mi aveva colpito più tutto, a parte il cielo scuro illuminato da una leggera striscia rosa che si fondeva con il blu sovrastante, era stato guardare Diagon Alley dormire: avevo un ricordo nitido di quelle strade brulicanti di persone, alunni che correvano eccitati a fare acquisti per tornare a Hogwarts, il negozio di zio George fuori dal quale i visitatori si mettevano in fila. 

In quel momento, invece tutto sembrava immobile e surreale. 

L'insegna della pasticceria era semplice: bianca, con un ramo di edera che dal centro si apriva verso gli angoli superiori e il nome del locale scritto con lettere rotonde e dorate. 

Dall'esterno riuscivo a sentire l'odore di croissant e biscotti al burro e sentii l'acquolina in bocca prima ancora di riconoscere gli odori. 

La porta era aperta, perciò avevo pensato di entrare saltellando e gridando buongiorno, poi mi ricordai delle raccomandazioni di mamma, perciò alla fine avevo preferito entrare timidamente. 

Luna era esattamente come la ricordavo e come l'avevo vista nelle foto magiche di mamma che le ritraevano insieme durante gli anno di scuola. 

<< Ehm… ciao Luna. >>

<< Oh, cara, non mi ero accorta fossi qui: non hai nessun gorgosprizzo nella testa, per questo non avevo avvertito la tua presenza. Siediti qui, dai, facciamo colazione. >>

Mi aveva messo davanti un boccale di succo d'arancia, due muffin al cioccolato, una teiera, una decina di biscotti al burro e due croissant. 

<< Forse è un po' troppo… >>

<< Ma no, avrai bisogno di energie. >> e senza farmelo ripetere una volta in più, avevo cominciato a mangiare. 

<< I gemelli? >>

<< Sono in vacanza: avevano da un po' l'idea di fare campeggio sulle Alpi. >>

Il buonumore che avevo cominciato durante la colazione finii irrimediabilmente sotto le scarpe: ero davvero l'unica che era stata costretta a lavorare, mentre gli altri se ne andavano in giro per il mondo per godere delle meritate vacanze. Li odiavo. Tutti. 

E non appena fossero tornati, avrei troncato la mia amicizia con Lorcan e Lysander per il semplice fatto che nessuno dei due aveva pensato di invitarmi: insomma, ero loro amica e volevo bene ad entrambi. E il fatto che i Grifondoro avessero vinto l'ultima Coppa delle Case contro Corvonero non poteva mica essere un motivo valido per non invitarmi sulle Alpi? 

<< Perché Calaluna? >>

<< Oh, beh, perché preferisco la luna quando è in fase calante. Vedi, Rose, durante quella fase lunare le nostre energie hanno una direzione centrifuga , quindi sono dirette verso l'esterno ed io sono una persona che ama dare, che ama far fluire i sentimenti verso le persone e ne metto sempre un po' nei miei dolci, per questo la gente è felice quando esce da qui, dopo aver mangiato anche un solo biscotto. >>

Di quella felicità, però, io non avevo visto nemmeno l'ombra. 

<< Dovresti cambiarti. >> Luna mi aveva messo in braccio un pantalone nero, una camicia bianca e un cravattino ed un cappello multicolore. 

No, no e poi no. Non indosserò mai una cosa del genere. 

Dieci minuti più tardi, comunque, Luna mi stava spiegando come mettere in funzione la macchina del caffè. <<... poi, premi questo pulsante ed è fatta. >>

<< È facile, dai. >>

Peccato che, ad un certo punto della giornata, avevo dimenticato di inserire la cialda  ed avevo servito una brodaglia di acqua e rimasugli di gocce di caffè, avevo premuto il pulsante sbagliato e mi ero quasi ustionata con il getto del vapore e avevo involontariamente staccato la spina del macchinario, inciampando sul legno del retro banco. 

Insomma, per essere soltanto le prime ore del primo giorno erano state davvero uno schifo. 

E, di tanto in tanto, guardando l'orologio, mi convincevo fermamente che le lancette fossero state incantate per muoversi lentamente e far durare un minuto quanto un'ora. 



<< Buonasera, benvenuti al Calaluna. >>

La signora all'altro lato del bancone non mi aveva degnato di uno sguardo, mentre io avevo ancora stampato in faccia un sorriso da ebete, mentre continuavo a rivolgerle delle brutte parole per la sua maleducazione: aveva i capelli neri, maledettamente lisci e perfetti, gli occhi neri, la pelle tirata tanto da sembrare trasparente e le labbra gonfie tanto che credevo potessero esplodere da un momento all'altro. 

E avrei scommesso che non sorrideva perché avesse del rossetto sui denti o magari aveva i denti storti o magari non li aveva proprio. 

Avevo messo le mani incrociate dietro la schiena, in attesa che Miss Felicità guardasse con estrema attenzione i dolci esposti in vetrina e scegliesse cosa comprare. 

<< Due codissà. >>

<< I croissant sono terminati, mi dispiace. >>

<< Infatti, ho chiesto due codissà. >>

<< Infatti, io le ho appena detto che i croissant sono terminati. >>

<< Due codissà. >>

Ma allora sei davvero? 

<< I  c r o i s s a n t s o n o t e r m i n a t i. >> avevo pensato che, forse, parlando lentamente e scandendo ogni parola, la signora avrebbe capito che i croissant erano finiti- l'ultimo lo avevo mangiato qualche ora prima. 

<< Ma per tutt i Fondatori, c'è qualcuno competente qui dentro? Mi faccia parlare con un suo superiore. >>

<< Tutto bene, Rose? >> Luna era uscita dal laboratorio dopo le urla ochesche di quella tipa che ora mi stava di fronte e mi guardava come se fossi un insetto fastidioso. 

<< Due codissà. >> lo aveva ripetuto per almeno dieci volte. 

Vedevo Luna accanto alla vetrina dove erano esposti i dolci ed incartare il tutto in una scatola rettangolare su cui era stampato il nome del locale. 

I codissà, come ho scoperto subito dopo aver ricevuto un'occhiataccia da Luna, erano dei dolci viola e rosa a forma di coda di pesce ripieni di crema ai frutti di bosco e mandorle. 

<< Sì, ma io avevo capito croissant. >>

Oh, insomma, era colpa di Luna: come le era venuto in mente di mettere ad un dolce il nome simile a quello di un altro dolce? 

Le cose devono essere chiamate con il proprio nome, non derivati o simili. 

E poi, come per magia, il tempo aveva cominciato a correre, era arrivata l'ora della chiusura ed ero rimasta con Luna fino a quando non aveva spento l'insegna della pasticceria. 

Poi ci eravamo salutate ed ognuna si era smateriallizata nella propria casa. 

<< Rose? Sei tu? >> 

<< No. >> avevo aperto la porta con le ultime misere energie che mi erano rimaste. 

Alle otto di sera, ero diventata un corpo e un'anima con il tessuto del divano. 

Avevo i piedi gonfi come due zampogne, le gambe stanche, un leggero tic all'occhio destro e un mal di testa peggiore di quello del doposbornia; di tutta la realizzazione, l'emozione e la soddisfazione di cui mi aveva parlato mamma non c'era nemmeno la minima traccia. 

<< Allora… Raccontami tutto: com'è andata? >>

<< Vattene via. Ti odio. >>

<< Lo prendo come un: sono molto fiera di me, grazie mamma per avermi dato questa bellissima e costruttiva opportunità. >>

<< Dovresti prenderlo come un: è la peggiore punizione che tu mi abbia mai dato, perché questa é una punizione, giusto? >>

<< Sei molto perspicace, Rose.>>

<< Sei molto perspicace, Rose. >> avevo scimmiottato in una pessima imitazione della sua voce fastidiosa.

Mamma se ne stava lì, con l'aria soddisfatta e il sorriso vittorioso di chi aveva appena portato a termine un compito difficile. 

<< Hai fame? >>

<< Sì. >> avevo la faccia stampata sul cuscino e parte della stoffa nella bocca. 

<< Bene, allora alzati e vieni a tavola. >>

<< Preferisco morire digiuna. >>

<< Oh, d'accordo. Allora, noi andiamo a cenare. >>

<< Ma… Mamma! >>

<< Sì? >>

<< Non provi nemmeno un minimo di pietà per questa figlia costretta ai lavoro forzati? >>

Sembrava ferma a pensare con gli occhi verso il soffitto e l'indice attaccato al mento. <>

La cena prevedeva degli involtini di pollo ripieni ed un'immensa ciotola di insalata che non avevo effettivamente voglia di mangiare, perciò avevo detto di essere davvero stanca, tanto da non riuscire nemmeno a sollevare la forchetta. Il che era vero, perché avevo trascorso l'intera giornata a sistemare le vetrine d'esposizione, a chiudere scatole di cartone, a posare tazze di caffè sul bancone e ad assaggiare le creazioni di Luna. 

Quindi, a conti fatti, avevo i piedi gonfi come due zampogne, le mani e le braccia senza forze e le mascelle deboli. 

Dopo essere salita in camera, comunque, avevo preso il cellulare. 

Axel: Mi dispiace, Rosie… spero che non morirai prima del mio ritorno. 

Rose: Quando torni? 

Axel: Tra una settimana. 

Rose: Quanto resti? 

Axel: Un paio di giorni: il tempo di avviare una pratica burocratica. Sai com'è… 

Ma certo che so com'è… 

Rose: Ok. 

Axel: Pensi di avere un po' di tempo per me?

Rose: Un paio di minuti forse riesco a trovarli. 

Axel: Ottimo. 

Ottimo? Ottimo? Insomma: Axel mi aveva promesso che al suo ritorno avremmo ripreso quello che avevamo interrotto e l'unica cosa che era stata interrotta era stata una bella e sana sessione di sesso mattutino… Davvero credeva che sarebbero bastati un paio di minuti? 

Ne sarebbero serviti almeno quaranta… 

Un paio di minuti… Ma nemmeno se avesse sofferto di eiaculazione precoce e si fosse presentato nudo e già pronto. 

Rose: Ok. 

E non avevo alcuna intenzione di scrivere nient'altro. 

Avevo bisogno di dare fastidio a qualcuno perciò ero andata in camera di Hugo che stava sul letto a non fare niente. << Allora, chi è? >>

Mi aveva guardato come la sua aria di sufficienza ed io avevo iniziato a pizzicargli le gambe. << Evanna? >>

Aveva fatto una smorfia di puro disgusto. 

Perché, poi? Evan era così carina. 

Evanna, non Evan. Evanna. 

<< Odette Finnigan? >>

<< No. >>

<< Adele McMillan. >>

<< No. >>

<< Diana Thomas, allora. >>

<< Sei impazzita? >>

Mi sembrava di aver dimenticato tutti i nomi delle persone che avevo conosciuto e con cui avevo avuto a che fare a Hogwarts. << Lily? >>

<< Ma che dici, Rosie? Lily è nostra cugina. >>

Avevo cominciato a dondolare i piedi nel vuoto e fare spazio nel cervello, accantonando le immagini del viso di tutte le nostre cugine, poi mi era sembrato di avere un'illuminazione e avevo cominciato a sorridere. A meno che mio fratello non fosse stato omosessuale. << Laura Paciock. >> quando Hugo aveva cominciato ad arrossire e a smettere di borbottare offendendo la mia sanità mentale, avevo capito di aver fatto centro. << Davvero? Laura? >>

<< Sì. >>

<< Oh, wow, beh… >>

<< Beh, un bel niente, Rose. >>

<< Pensi di non piacerle? >>

<< Penso che sarebbe un gran casino, perché Neville è uno dei migliori amici di papà e poi è il professore di Erbologia e… magari potrebbe non so, rendermi la vita difficile a scuola… >>

<< Quindi, ti preoccupi di tutto ma non del fatto di non piacerle… >>

<< Sì, quello è un piccolissimo dettaglio. >>

<< E non credi che prima di preoccuparti di Neville, dovresti capire se le piaci? >>

<< Non li sopporto questi tuoi momenti da psicanalista, Rose. >>

<< Capito, me ne vado. Buonanotte. >>

<< Buonanotte. >>

Il letto era l'unico posto in cui avrei passato ogni minuto della mia vita, perché più restavo ferma e meno possibilità avevo di fare guai; più restavo ferma e meno possibilità avevo di mangiare tonnellate di dolci e cioccolato; più restavo ferma e meno avvertivo la stanchezza e più restavo ferma più sentivo gli occhi pesanti. 

Ai dettagli del piano OMT avrei pensato poi. 



°°° °°° °°° 

<< Ehm… Luna? >>

<< Dimmi, Rose… c'è qualcosa che non va? >>

<< Oh, no, no… beh, volevo chiederti scusa per la mia sbadataggine. >>

<< Tranquilla, Rose: ad Hogwarts perdevo sempre le scarpe. >>

Non sapevo esattamente cosa c'entrassero le sue scarpa con il fatto che avessi farcito una torta con la gelatina al vomito ottenuta dalle gelatine tutti i gusti più uno e che l'avessi quasi venduta spacciandola per marmellata all'arancia, perciò l'avevo guardata come avrei fatto con Maico, il gatto obeso che avevamo avuto per qualche anno, con un viso bellissimo e l'aria antipatica di chi tramava di conquistare il mondo e, ogni volta che gli davamo un calcio e mamma lo accarezzava, si girava a guardarci con quell'espressione di soddisfazione con cui sembrava paragonarci ai sassolini sporchi di cacca della sua lettiera. 

<< Luna, senti, io vorrei chiederti se, per caso, potrei portare un po' di dolci a casa… Sai, abbiamo degli ospiti e mi piacereb… >>

<< Massì, prendi tutto quello che vuoi. >>

<< Grazie mille, Luna, giuro che te li pagherò prima o poi. >> 

L'avevo abbracciata d'istinto e me ero accorta soltanto quando le piume del suo vestito mi erano finite nel naso, perciò mi ero allontanata e le avevo sorriso. 

<< Non devi pagarmi, Rose. Prendilo come un regalo. >>

<< Ma no, Luna, davvero… >>

<< Insisto. >>

<< Beh, allora grazie mille. >>

Menomale, avevo pensato poco dopo guardando quanto quella quantità di dolci non si avvicinasse nemmeno lontanamente ad un po' - avevo leggermente approfittato del fatto che non avrei pagato nulla: per primi avevo preso i codissà, così, giusto per far provare a mamma quel senso di inferiorità che avevo provato io durante il primo giorno di lavoro. 

La immaginavo guardarmi e dire con quel suo tono saccente che no, quella non era la pronuncia corretta per dire croissant. 

Perchè i codissà sono un'altra cosa, stupida madre, e tu non lo sapevi. Ignorante!

Sì, quello sarebbe stato il primo passo della prima fase del piano OMT, anche se un po' mi dispiacevo al pensiero di doverla umiliare di fronte ad i suoi amici. 

Dopo aver scoperto la cotta di Hugo per Laura, avevo pregato mamma affinché invitasse Neville e Hannah, zio Harry e zia Ginny, figli compresi con la scusa che avrei potuto vederli per tutta l'estate e lei aveva accettato quasi immediatamente che consisteva in un lasso di tempo che andava dai trenta ai quarantacinque minuti in cui mi ero ero venduta l'anima e le avevo promesso mari e monti: mi ero addirittura proposta per cucinare. 

Hugo, ovviamente, era all'oscuro di tutto e sapevo che mi avrebbe odiato fino alla fine dei suoi giorni, ma, da buona sorella maggiore, lo facevo affinché lui avesse una vita sentimentale migliore della mia. 

Luna mi aveva dato anche un permesso speciale per darmi tempo di aiutare mamma con la cena - tempo che io avrei usato per mettere i piedi a bagno e farli sgonfiare un po'-, quindi alle sette ero già a casa. 

<< Mamma, ho portato i dolci. >>

<< Oh, Rose, grazie… Stavo proprio pensando di farne uno. Ah, Rose, visto che sei qui, potresti… >>

<< No. Ho già portato i dolci e ho risparmiato a te la fatica di prepararne uno. >>

<< Avevi promesso. >>

<< Ho mentito spudoratamente. >>

Avevo sentito chiaramente lo sguardo minaccioso dietro la schiena fino a quando non ero sparita dalla sua visuale. 

E poi avevo davvero bisogno di una doccia: avevo addosso un tanfo che era un misto tra l'odore delle brioche appena sfornate e quello del sudore dopo aver corso a perdifiato nella Foresta Proibita e, se fosse stato un vero profumo, lo avrei chiamato: Eau Lousy1

Immaginavo la pubblicità della presentazione: io che uscivo dalle fogne con un vestito logoro e sporco e mi rotolavo nel fango dove sguazzavano i maiale e poi giocavo a rincorrere le galline, mi sedevo su una balla di fieno e sfoderavo il mio sguardo più seducente, dicendo "Eau (come se stessi per vomitare, perché sì, dire eau mi faceva sembrare una persona pronta a farlo) Lousy." e in lontananza si sarebbe visto un tramonto sfocato. 

Altro che Chanel n°5 e One Million! 

<< È ora dei dolci: li ha portati Rose dalla pasticceria di Luna. >>

<< Ah, quella donna ha le mani d'oro. >> aveva detto zia Ginny. << Oh, guarda: ci sono anche i codissà! >>

<< Sono la sua specialità. >> aveva aggiunto mamma. 

Sentivo il peso della mascella sui piedi ed avevo cominciato ad odiare entrambe. Insomma, mi aveva rubato il mio momento di gloria, il momento in cui sarei stata la più intelligente di tutti i presenti. 

Quindi, il primo tentativo di attuare il piano OMT era fallito miseramente. 

<< Andiamo fuori. >>

<< Ma ci sono i dolci. >>

<< Non li mangerete. Nessuno di voi lo mangerà. >>

Avevamo cenato tutti insieme, poi avevamo deciso di lasciare gli adulti in casa e noi ci eravamo spostati nel giardino. 

Io ed i miei cugini amavamo definirci il clan Weasley-Potter, in cui il capo era stato eletto democraticamente, la gerarchia non contava niente ed in cui le decisioni importanti spettavano a me e soltanto a me. 

Era un clan di sostegno morale ed aiuto reciproco, nella buona e nella cattiva sorte, nelle buone e nelle cattive intenzioni; soprattutto era un clan attento alle emozioni di ognuno dei componenti e quando il capo decideva che era ora di andare, tutti gli altri decidevano che il capo aveva ragione. 

Che, poi, quest'ultima regola del clan non importasse e non fosse seguita da nessuno era comprensibile dal fatto che mi avevano seguito tutti, senza fiatare. Dopo, ovviamente, aver preso e mangiato il dolce in tutta calma e tranquillità; nel frattempo, però, avevo assegnato i posti a sedere in modo che Hugo fosse vicino a Laura, io vicino ad Al e il resto poteva sedersi un po' dove gli pareva. 

Non è mica compito mio accoppiare chiunque?

Hugo aveva la faccia dello stesso colore dei capelli e sembrava seriamente essere sul punto di saltarmi addosso e farmi male. 

<< Allora, Laura, hai pensato a cosa farai da grande? >>

<< Non lo so, credo mi piacerebbe seguire le orme di papà ed insegnare Erbologia. >>

Erbologia non era mai stata la mia materia preferita e, a dirla tutta, avevo cominciato a capirne qualcosa quando James aveva cominciato a rollarsi le canne e a studiare quella materia per scoprire quali fossero gli effetti delle varie erbe: secondo me aveva in mente un futuro da inventore e spacciatore di sostanze stupefacenti. 

<< Bello. >> Laura sorrideva ed io avevo finito gli argomenti di cortesia. << Ce l'hai il ragazzo? >>

Era diventata quasi più rossa di Hugo. << No. >>

<< E ti piace qualcuno? >>

<<  No. >>

<< Ma non è possibile: deve piacerti qualcuno… >>

<< Forse sì, c'è una persona che mi piace… >>

<< Vogliamo giocare al gioco dei segreti? >> aveva chiesto Hugo quando gli adulti ci avevano raggiunto. 

Ma davvero non hanno nient'altro da fare? 

<< Non ho mai giocato a questo gioco. >> aveva detto Lily. 

<< Oh, è facilissimo, te lo spiego. Ci mettiamo in cerchio, giriamo una bottiglia e la prima persona che viene indicata dal tappo è quella che deve svelare un segreto della seconda persona indicata. >>

<< Segreti. >> zio Harry aveva cominciato a ridere come se uno di noi avesse fatto la battuta del secondo, ma forse era solo un po' ubriaco. 

<< Cominciamo. >> poi, Hugo aveva sistemato la bottiglia al centro del cerchio ed aveva cominciato a farla girare. 

<< Laura deve dire un segreto di… >> la bottiglia girava. << Lily. >>

<< Ha fatto pipí sui vestiti dopo essere entrata nel bagno di Mirtilla Malcontenta ed averla vista nascosta nel gabinetto. >>

<< Ma… Laura! >> Lily aveva urlato, ma continuava a sorridere. << Però, spera che non tocchi a me dire un tuo segreto. >>

<< Albus deve dire un segreto di… James. >>

<< Si fa le canne. >>

<< Ma questo non è un segreto per nessuno. >> era sta zia Ginny a parlare e, quindi avevo due teorie a riguardo: o anche lei era ubriaca o era vero che tutti sapessero di James. 

<< Rose deve dire un segreto di… Laura. >>

<< Non ne conosco. >>

<< Hugo deve dire un segreto di… Al. >>

<< Una volta ha sognato di sposare la McGranitt. >>

<< Lily deve dire un segreto di… Rose. >>

<< È fidanzata con Axel. >>

<< Questo non è proprio un segreto, però… >> aveva detto James. 

<< No, ma non tutti lo sanno, perciò va bene lo stesso. >>

Piccola, malefica Lily. 

<< James deve dire un segreto di… Al. >>

<< È gay. Credo. >> ed Al aveva risposto alzando il bacino e toccandosi tra le gambe. 

<< Rose deve dire un segreto di… Frank. >>

<< Come punizione ha dovuto pulire l'ufficio di Gazza. >>

<< Lily deve dire un segreto di… Hugo. >>

<< Una volta si è fatto pagare due galeoni per scrivere un tema che faceva schifo. >>

<< James deve dire un segreto di… James. No, aspetta giriamo di nuovo la bottiglia. Un segreto di… Rose. >>

<< Durante un allenamento ha preso il Boccino d'oro mentre si guardava le tette. Non chiedetemi come abbia fatto, so soltanto che, in quel momento, sembrava avesse un seno vero e non i pettorali. >>

<< James, maledetto… Dopo facciamo i conti. >> ma la mia minaccia era andata a vuoto. 

<< Frank deve dire un segreto di… Laura. >>

<< Ha una cotta per Hugo. >>

<< Ma è perfetto. >> mi ero alzata in piedi. << Anche Hugo ha una cotta per Laura, non è meraviglioso? >>

E poi, senza che me ne accorgessi, Hugo mi aveva imitata ed era salito su una sedia. << Allora, io dirò a tutti il segreto di Rose. >>

<< No, dai scendi e poi non hai girato la bottiglia… >>

No, davvero. Non poteva raccontare il segreto così, come se fosse robetta da niente, eh. 

<< Nemmeno tu lo hai fatto. >>

<< Ma sapevamo che la bottiglia avrebbe indicato prima me e poi te. >>

<< Allora facciamo finta che la bottiglia abbia indicato prima me e poi te. >> mi guardava da un'altezza smisurata (tenendo presente i cinquanta centimetri delle gambe della sedia e il suo metro e settantacinque, calcolai che fosse almeno a due metri di distanza dal prato) e, mai come in quel momento, avevo paura di mio fratello e della sua maledetta boccaccia larga. 

<< Rose ha baciato Scorpius Malfoy con la lingua. >> 

Troppo larga, eccessivamente larga. 

<< Cosa? >> aveva urlato Ron dopo aver rischiato di strozzarsi con la sua burrobirra. 

<< Sì, ma davvero papà, è stato per gioco… >> sì, era vero, avevo baciato Malfoy, ma una cosetta così, al volo, una sola volta, giusto per non trovarmi impreparata di fronte al mio primo vero bacio d'amore. 

<< È stata la sua fidanzata per tre mesi. >> aveva aggiunto Al. 

Brutto Serpeverde, pezzo di mer… 

<< COSA? >> papà aveva continuato a strozzarsi con la burrobirra che stava bevendo per riprendersi dallo strozzo precedente, mentre io avevo cominciato a strozzarmi con la mia saliva ed avevo gli occhi fuori dalle orbite. 

D'accordo, okay. Avevo baciato Scorpius Malfoy più di una volta ed ero stata la sua fidanzata per tre mesi, ma solo per non trovarmi impreparata di fronte alla prima vera storia d'amore. 

Ecco tutto, niente di più. A parte quella volta in cui avevamo giurato di scappare e sposarci, ma davvero, niente di serio. 

Zio Harry aveva cominciato a prendere a pugni la schiena di papà, zia Ginny gli faceva aria con le mani e mamma restava ferma e sembrava non avesse aspettato altro per tutta la sera; Neville e Hannah, invece, sembravano appena scesi dalle nuvole e Frank aveva cominciato a passarsi la canna con James; Al guardava tutti con aria un po' schifata e Lily era andata a stendersi sull'altalena. 

<< Ora siamo pari. >> mi aveva sussurrato Hugo all'orecchio dopo essere sceso dalla sedia ed avermi posato un braccio sulle spalle. 

<< Io però ti ho rimediato la fidanzata. Tu, invece, mi farai disconoscere come figlia. >>

<< Ognuno ha le proprie gioie nella vita. >>

<< Ti odio vivamente, Hugo. >>

<< Sì, anche tu sei la mia sorella preferita. >>

<< Sono la tua unica sorella, idiota. >>

Dopo l'avevo visto avvicinarsi a Laura, con le mani nelle tasche e la testa leggermente inclinata di lato, lei aveva sorriso e poi si erano incamminati verso il gazebo. 

Mentre il viso di papà passava dal viola al bianco latte, mamma si era avvicinata a guardare suo figlio che si imboscava con Laura. 

<< Siete così cresciuti. >>

<< Un po'. >>

<< E, comunque, Scorpius è un bellissimo ragazzo, Rose. Non stare a sentire a quello che dicono tuo padre e nonno Arthur. >> avevo provato a guardarla male, ricevendo soltanto un buffetto sulla testa e mi sentii infinitamente triste. << Anche Draco non era male, anche era più stronzo che alto. >>

Il che era un tutto dire: avevo visto Draco Malfoy in poche occasioni, tra cui i vari primo settembre alla stazione di King's Cross, e mi era sembrato spropositatamente alto… E dopo che mamma mi aveva rivelato quel piccolo particolare che non avrei voluto conoscere, avevo cominciato a paragonare la stronzaggine di quel biondo platinato  ingrigito al monte più alto dell'Himalaya. Avevo sorriso a quell'immagine e stavo per raccontarla a mamma << Sì, beh… >>

<< E poi, Rose, sarebbe stata una romantica storia d'amore: la figlia dei salvatori del Mondo Magico innamorata del figlio di un nemico. >>

<< Non ero innamorata di lui, mamma, e quella non è stata una storia d'amore. >>

<< Chiama le cose con il loro nome, Rose. O puoi anche non farlo: chiamala amicizia particolare, chiamala simpatia, ma sempre una storia d'amore rimane. >>

James aveva cominciato a venire verso di me: camminava con le gambe larghe e le punte dei piedi che puntavano all'esterno del corpo. 

<< Un tiro, Rose? >> ed era calato un silenzio talmente denso che mi aveva portata a pensare che qualcuno avesse scagliato un Muffliato, mentre mamma aveva cominciato a guardare prima me e poi James con gli occhi che, se avessero potuto, avrebbero portato a conseguenze peggiori di un Crucio e un Sectumsempra fusi tra loro. 

<< E tu vuoi un calcio nelle palle, Jamie? >> e, di conseguenza, avevo provato ad indirizzare lo stesso sguardo omicida a mio cugino che, però, se ne stava con la canna penzoloni tra le labbra e un sorriso ebete stampato in faccia. 

Davvero non faccio paura a nessuno? 

Mi sentivo terribilmente depressa e l'unico modo che conoscevo per combattere quella depressione era affogare i dispiaceri negli zuccheri, perciò ero tornata in cucina ed avevo aperto la scatola dei dolci: dei codissà non era rimasta nemmeno una briciola, perciò mi ero accontenta di quello che avevo trovato. 

Avrei provveduto a colmare le altre lacune prendendo dall'armadio il barattolo di Nutella che avevo di riserva. 

<< È stata una bella serata, no? >>

<< No. Sarebbe stata una bella serata se tu non l'avessi rovinata, Hugo. >>

<< Ma dai, l'ho soltanto movimentata un po'... >>

<< Hai già smesso di sbaciucchiarti con la tua nuova ragazza? >>

<< Sì, sono andata tutti via. >>

<< Rose Granger Weasley. >> quando davvero era arrabbiato, papà pronunciava il mio nome per intero, comprendendo anche il cognome di mamma e, invece, era particolarmente fiero di me diventavo soltanto una Weasley; il discorso opposto valeva per mamma. 

<< Si, papà? >> magari, se gli avessi fatto gli occhi dolci…

<< Sono deluso, schifato, oltraggiato dal fatto che i geni di mia figlia avrebbero potuto mescolarsi ai geni dei Malfoy. >>

<< Vabbè, ma non siamo mai arrivati a fare ses… >>

<< Non dire una parola in più, signorina. >>

<< No, ma davvero papà… >>

<< Non. Una. Parola. >>

<< D'accordo. >>

<< Ah, e, a proposito, non sei più la degna erede della mia Nimbus duemilauno. >>

Oh, no, no, no, no. 

<< Quanto sei melodrammatico, Ronald. >> il tono vagamente scocciato di mamma, mi aveva fatto provare un piccolo barlume di speranza. 

<< Piuttosto le do fuoco. >>

<< Piuttosto inizia a comportarti come un uomo maturo. >>

<< Sono un uomo maturo. >>

<< No, non lo sei per niente. >>

<< Io sono l'uomo di casa ed esigo rispetto. >>

<< Si, certo, ora però fila a letto. E lavati i denti prima. >>

<< Oh, e va bene. >>

Dopo quella scena, avevo pensato che, forse, non era tanto male avere mamma come alleata e mi era passato per la mente il pensiero di abbandonare il piano OMT. 

Poi, il cellulare aveva cominciato a suonare. 

Axel: Buonanotte, Rosie…

Vaffanculo, Axel. 



Angolo Autrice:

Eccoci qui, con il terzo capitolo. 

Allora cosa ne pensate? 

Sta piano piano cominciando a prendere forma e per la prima volta troviamo Scorpius, anche se non fisicamente. 

Su su, fate sentire le vostre urla di giubilo.

E, soprattutto, cosa sarà successo secondo voi? 

Piccola Nota: Lousy in inglese significa disgustoso. 

A presto, Exe. 







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Capitolo 4
*** La legge di Murphy nella vita reale. ***


Capitolo 4:

La legge di Murphy nella vita reale. 



Secondo la legge di Murphy se qualcosa può andar male, lo farà e, nonostante non abbia mai dato peso a questa visione della vita, a Hogwarts mi ero ritrovata più volte a pensare a quanta verità potesse contenere tale pensiero. 

Come quella volta in cui ero in ritardo alla lezione di Aritmanzia e la fetta biscottata su cui avevo spalmato la marmellata alle fragole aveva deciso di incollarsi alla mia camicia bianca; o quella volta in cui avevo fatto esplodere un calderone e per riprendermi dallo shock avevo bevuto tutto d'un fiato quella che doveva essere una pozione calmante ma che, invece, si era rivelata essere la pozione balbettante e che mi aveva fatta singhiozzare per due giorni interi. 

Per quanto io abbia amato essere un'alunna del corpo studentesco di Hogwarts, una piccola microscopica parte di me malediva la magia, le mura, i ritratti dei presidi, i fantasmi, quel maledetto Poltergeist di Pix che svolazzava nei corridoi prendendo in giro chiunque. 

In realtà, gli avevo sempre dato man forte soprattutto quando si trattava di sfottere la figlia perfetta di Cho Chang: Lena era una ragazza particolarmente irritante che faceva bella mostra della sua spilla auto fabbricata da studente migliore dell'anno ed aveva perennemente in naso arricciato come se la peluria che per poco non le copriva la bocca puzzasse di pesce marcio, quindi era diventata per tutti Lena baffo d'oro. 

Ciò che la rendeva ancora più antipatica - ai miei occhi e a quelli di zia Ginny che non aveva ancora perdonato a Cho di aver baciato Harry prima che potesse farlo lei- era la sua cotta stratosferica per Albus. Tale madre, tale figlia. Il frutto non cade mai lontano dall'albero e tutti gli altri luoghi comuni. 

Da brava alunna ligia alle regole e tifosa della sua amatissima casa dei Corvonero, un giorno Lena si era stesa sull'erba del campo da Quidditch durante un allenamento e io mi ero praticamente spiaccicata al suolo per afferrare il boccino, investendola: si era alzata in piedi piangendo come se un troll l'avesse bastonata con la propria clava. << Sei una bulla, Rose. Smettila di farmi male apposta. >>

L'avevo liquidata con un gesto annoiato della mano ed ero tornata sulla scopa. 

Quella sera, Pix si divertiva a stornellare una canzone su quello che era successo nel pomeriggio. << Rose la bulla offende una fanciulla, una punizione avrà e forse smetterà. Rose la bulla offende una fanciulla… >>

<< Sta zitto, stupido folletto. >>

<< Rose la bulla mi ha dato del folletto. >>

<< Taci, maledetto. >>

È stato quello il momento in cui ho cominciato ad odiare quello che per anni era stato il mio personaggio preferito all'interno della scuola. 

Poi, Lena, con l'espressione ancora offesa, mi si era fermata di fronte aveva messo le mani sui fianchi. << Peeves ha ragione: sei una bulla. >>

<< Smettila. Sarei una vera bulla se ti chiamassi Lena la balena o se ti dicessi "Lena fai pena." >>

Quella sera, la legge di Murphy, oltre a quello teorico, aveva trovato il suo fondamento scientifico: il fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che sia impossibile. 

Infatti, era improbabile che la McGranitt alzasse il naso dalle sue pergamene e se ne andasse a zonzo per il castello. 

Improbabile, ma non impossibile e me ne resi conto soltanto quando la sentii tossire nervosamente. << Weasley, nel mio ufficio. Adesso. >>

Maledetto Murphy, maledetto Peeves e maledetta Lena la balena, o Lena fai pena o Lena baffo d'oro. Insomma, maledetta e basta. 



°°° °°° °°° 

Quando papà era arrabbiato se ne stava seduto sul divano a leggere la Gazzetta del Profeta, mentre mamma gli portava la colazione sistemata su un vassoio che poi poggiava sul tavolino basso. Tornava nel giro di dieci minuti per recuperare la tazza vuota e raccogliere le briciole. 

Quella mattina, però, papà era più arrabbiato del solito ed era facilmente intuibile dal fatto che il caffè e il pane imburrato fossero ancora sul vassoio e che mamma non avesse ancora pulito. 

E che il giornale fosse al contrario, ma avevo preferito non dirgli niente e salutarlo con una pacca sulla spalla: era il mio primo giorno libero ed ero molto, molto allegra. 

E, per la prima volta in tutta la mia vita, avevo indossato qualcosa di femminile e soltanto perché Dominique mi aveva praticamente obbligata. << Vestiti da femmina se non hai intenzione di restare a casa a fare le pulizie. >> aveva detto al telefono. E no, non avevo potuto dirle di no: tra una giornata intera di shopping sfrenato e una intera trascorsa a pulire casa con mamma che mi sarebbe venuta dietro a controllare la precisa collocazione di ogni oggetto o granello di polvere rimasto per puro caso su una superficie, preferivo sicuramente la prima.

<< Esci? >> Hugo stava inzuppando un biscotto nel latte, una goccia che gli pendeva sulle labbra. 

<< Sì. >>

<< E dove vai, Rose? >> aveva chiesto mamma con un pezzo di stoffa tra le mani. 

<< Con Domi. >>

<< Oggi è il giorno delle pulizie. >>

Appunto, avrei voluto dirle, invece mi limitai a fingere di averlo dimenticato, che a causa del lavoro avevo perso la cognizione del tempo e che era una così bella giornata che sarebbe stato davvero un peccato non mettere il naso fuori dalla porta. << Esci anche tu. >> le avevo proposto alla fine per non sentirmi troppo in colpa ed avevo ricevuto in cambio una specie di grugnito. 

<< Sei proprio una bugiarda. >> mi aveva detto Hugo nell'orecchio. 

<< E tu sei uno sfascia famiglie: papà è ancora arrabbiato con me. >>

<< Beh, ha ragione. Insomma, Scorpius Malfoy? >>

<< È stato un errore di gioventù. >>

Hugo mi aveva riso in faccia ed ero stata agile a scansare quella pappetta di latte e biscotti che gli era uscita dalla bocca, meditando vendetta per quello che aveva combinato qualche giorno prima durante la famosa cena in cui aveva rivelato a tutti il mio segreto più segreto e, in cambio e del tutto immeritatamente, si era guadagnato più di un bacio da parte di Laura. 

Quando un'ora e venti minuti più tardi Domi si era degnata di bussare alla porta, io ero inginocchiata sul pavimento per pulire i piedi del divano con un pennello. 

<< Ricordo chiaramente che Hermione fosse una strega. >>

<< Ricordo chiaramente di averti sentito dire che saresti venuta alle dieci. >>

<< Un piccolo contrattempo. >> e si era sistemata la cerniera dei jeans. << Ciao zio Ron. >>

<< La mia bella nipotina. >> papà si era alzato dal divano e le aveva stampato due sonori baci sulle guance. 

<< Noi andiamo. >> avevo detto sistemando il vestitino alla bell'e meglio e guardando quanto Dominique risultasse molto più femminile nel suo jeans striminzito e sui suoi tacchi vertiginosi, mentre io avevo al piede le mie inseparabili Converse: somigliavo più ad una bambinetta di due o tre anni. << Ciao, papà… A me nessun bacio? >>

<< Lontana dai miei occhi, piccola traditrice. >>

<< Okay, a dopo. >>

<< Non tornare mai più in questa casa. >> aveva aggiunto con un'espressione arrabbiata sul viso e le orecchie rosse e, dopo aver assistito alla mia diseredazione, Domi mi aveva presa per mano e mi aveva trascinata in giardino. << Quindi… Ehm, lo ha saputo? >> mi chiese. 

<< Già. >>

<< Ma come è possibile? Quello che succede a Hogw… >>

Bloccai la sua filippica. << Hugo. >>

<< Hugo? >>

<< Diciamo che l'ho un po' spinto… >>

<< Cioè? Volevi che tuo padre sapesse di te e Scorpius? >>

<< No, non il quel senso. La sua è stata… una vendetta, ecco. >>

<< Per? >>

<< Gli piace Laura Paciock. >>

<< E cosa c'è di male? >>

<< Niente, a parte il fatto che lei non ne fosse a conoscenza. >> e, pensandoci a mente lucida, effettivamente gli avevo fatto davvero un gran favore. << Il tuo contrattempo? >>

<< Teddy. >>

<< Ma è l'ex di tua sorella… >>

<< Oh, ancora con questa storia? Vic non ha tempo per lui con il lavoro al Ministero e poi è lesbica. >>

<< È lesbica? >>

<< Sì. >>

<< Da quanto tempo è lesbica? >>

<< Da sempre. >> e, soltanto in quel momento e dopo quella scoperta, ero riuscita a dare un senso alle occhiate che Victoria lanciava in direzione della fauna femminile durante le mie ultime feste di compleanno. << Adesso sta con una tipa che si chiama Sarah o Sharon, non ricordo precisamente. >>

<< E i tuoi genitori? >>

<< Sono abbastanza tranquilli: Sarah, o Sharon, ha una villa nel Sussex e ci ha invitati lì per le vacanze estive. Partiamo domani. >>

<< Ah, sì? Bene… voglio dire, wow: parti per le vacanze… >> lo avevo detto con un entusiasmo che in una scala da zero a dieci rasentava lo zero. 

<< Non essere troppo felice per me, Rose, ti prego. >>

<< Mi dispiace, Domi… È che sono così giù: ve ne andate tutti, mentre io devo passare l'estate a lavorare. >>

<< Potrai sempre venire, lo sai? Anche solo per un giorno… >>

<< Non lo so… >>

<< Ti va un mega frappé con una montagna di panna? >>

<< Ne avrei davvero bisogno. >> perciò ci eravamo sedute al tavolino alto di una gelateria ed avevamo ordinato due frappé alla fragola che una cameriera ci aveva portato ornati di cannucce di biscotto e cucchiaini di plastica colorata. 

<< Come va con Axel? >>

<< Ha detto che sarebbe tornato questa settimana. >>

<< Ma è bellissimo! >> con lo stesso tono con cui io avevo risposto alla notizia della sua partenza. 

<< Un paio di giorni, per una pratica burocratica. >>

Sulla faccia di Domi si era dipinta la tipica espressione di chi stava per urlare il famoso "io te l'avevo detto" ed era vero, perché a lei Axel non era mai piaciuto: dopo il corteggiamento quasi asfissiante, era cambiato e lei soprattutto lo vedeva sempre troppo preso, troppo impegnato, troppo distratto; lo giustificavo dicendo che anche io ero impegnata tra Quidditch e G.U.F.O., perciò non era un problema non sbaciucchiarsi ogni due per te.

La verità era che anche io avevo notato il suo cambiamento e sì, mi dava enormemente fastidio il fatto che lui non trovasse un attimo per me, se non quando si doveva fare sesso, ma avevo lasciato perdere perché davvero mi annoiava tirare su discussioni in cui Axel fingeva di ascoltare o mi rispondeva con sufficienza. 

Domi aveva fatto un sospiro un po' troppo profondo e rumoroso. << Sai come la penso a riguardo. >>

<< Sì. >>

<< Almeno è bravo a letto? >>

<< Credo di sì. >>

<< Credi? >>

<< Non ho nessun termine di paragone,quindi sì: credo. E poi lo abbiamo fatto solo tre volte… due e mezzo, in realtà. >>

<< Cavolo, Rose, state insieme da più di un anno… >>

<< Lo so. >>

<< Quindi tu e Malfoy non… >>

<< No. No, cioè… Con le mani, ma non era granché. >>

<< Perché? >>

<< Beh, perché non c'entrava mai il bersaglio, ecco. >>

<< Ah, oh… se fossi un uomo ti porterei a puttane, Rose, per farti scoprire e conoscere l'arte finissima del sesso. >>

<< E, invece, per mia fortuna sono una donna, Domi. >>

Una donna che indossava un vestitino a pois, le converse consumate e si era appena sporcata rovesciandosi mezzo litro di frappè sulle gambe. Miseriaccia. 

°°° °°° °°° 

Dopo la lunga sessione di shopping e il terzo grado a cui Dominique mi aveva sottoposta- ad un certo punto avevo chiesto la clemenza della corte- tornare a casa mi era sembrata quasi una strada che conduceva alla salvezza. 

Alle cinque del pomeriggio, però, avevo trovato mamma con i capelli legati, le guance rosse, a battere ripetutamente il piumino addosso a papà. << Basta, Ron, devi alzarti e lasciarmi finire. >>

<< È il mio unico giorno di riposo, Hermione, potresti per piacere lasciarmi in pace? >>

<< Io? Io devo lasciarti in pace? >>

<< Sì. >>

<< Ma davvero? >>

<< Sì, davvero. Davvero, Hermione. Sono stanco di questa storia che si ripete una volta alla settimana: ho voglia di starmene stravaccato sul divano per tutta la giornata perché è un mio sacrosanto diritto riposare nel mio giorno di riposo. >>

<< Che sarebbe anche il mio giorno di riposo, Ronald. >>

<< Allora smettila di rompere il cazzo e riposati, maledetto Godric. >>

Mamma aveva scosso la testa facendo cadere qualche ciocca di capelli sul viso e poi aveva guardato di nuovo papà con lo stesso sguardo che probabilmente aveva rivolto a Voldemort quando lo aveva incontrato per la prima volta. << Ron, sono davvero stanca, non ne posso più di tutto questo: di te che non muovi un dito, di Rose che non riesce a crescere e a diventare responsabile e di Hugo che se ne sta sempre chiuso in camera sua. E se riposare è un tuo diritto, allora, è un mio sacrosanto diritto lasciare tutti voi nel disastro in cui riducete questa casa e andare via. >> prima di smaterializzarsi per andarsene chissà dove ed io non avevo fatto in tempo a dire qualcosa per fermarla. 

Quando avevo aperto del tutto la porta di casa, avevo visto il disastro di cui aveva parlato mamma: i libri sparsi sulla consolle e accanto alla televisione, le varie copie della Gazzetta del Profeta sul pavimento, i documenti del lavoro di papà un po' ovunque, una serie di bicchieri sul tavolino basso e qualche scatola di cibo d'asporto sotto il divano. << Papà? >> lo avevo quasi sussurrato. 

<< E non rompere il cazzo nemmeno tu, amante del nemico. >>

E, senza che me ne rendessi conto gli avevo urlato che era davvero infantile da parte sua odiarmi per una cotta adolescenziale. << E ora alza il culo da questo maledetto divano, papà, e vai a cercare la mamma. >> poi avevo pulito tutto con un colpo di bacchetta. 

Nonostante fossi d'accordo con mamma, comunque non potevo dare totalmente torto a papà: insomma, siamo una famiglia di maghi, perché ostinarsi a fare le pulizie alla maniera babbana? 

Avevo cominciato a salire le scale e davanti alla porta della camera di Hugo avevo sentito il bisogno di aprirla e parlare con lui. << Ehi. >>

<< Dovresti bussare prima di entrare, Rose. >> aveva lanciato il cellulare da qualche parte e si era coperto con il lenzuolo. 

<< Ti dai al fai da te? >>

<< Sta zitta, ti prego: è già abbastanza imbarazzante. >>

<< Sì, beh, cogliere in flagrante tuo fratello che si masturba non è proprio una bella visione. >>

<< Non mi stavo masturbando. Era soltanto… >>

<< Te lo stavi misurando? >>

<< No, stavo facendo una foto da mandare a Laura. >>

<< Perché mai dovresti mandarle una foto del tuo coso? >>

<< Per convincerla a venire a letto con me? E poi a te cosa importa? >>

<< Mamma e papà hanno litigato. >>

<< Lo so: non hanno fatto altro da quando te ne sei andata. >> 

<< Se n'è andata anche lei. >>

<< Grande, Rose: è una davvero bellissima notizia. >>

<< Spero tu stia scherzando. >>

<< Affatto: papà questa notte dovrà andare con zio Harry per un sopralluogo ed io potrò invitare Laura a dormire qui. >>

Subito dopo aver assimilato l'idea di Hugo, il mio telefono si era illuminato. 

Axel: Rosie, sono a Londra. 

Rose: Ottimo. Se vuoi, puoi dormire da me: sono sola a casa stanotte. 

E no, per dormire da me non intendevo esattamente chiudere gli occhi e accoccolarmi tra le sue braccia: nella mia mente stavo già immaginando nuove posizioni da sperimentare. 

Axel: Sì, certo. 

Rose: A dopo. 

Poi ero corsa in camera mia per scegliere l'intimo coordinato che avrebbe fatto capire ad Axel le mie reali intenzioni ed avevo cominciato a maledirmi per non aver ascoltato Domi quando mi aveva consigliato di imitare il suo shopping sexy: le uniche mutande che non avevano unicorni e caramelle disegnati ovunque erano nere e con un fiocchetto multicolore sul retro, i reggiseni invece erano davvero tutti da scartare. 

Mi ero seduta sul letto solo per sbuffare più forte e mi era balenata l'idea di intrufolarmi in camera da letto e rubare qualche completino intimo di mamma. 

Quella è stata la serata di due scoperte importanti: Hermione portava una terza ed io una seconda stentata - avevo anche l'opzione di riempire le coppe con l'ovatta, ma la scena che si era disegnato nel mio cervello mi aveva saggiamente fatto desistere per ovvi motivi: non volevo affatto che Axel sputacchiasse pezzi di ovatta  ovunque- e la seconda era che mamma possedeva solo mutandoni bianchi mille volte più antisesso dei miei slip con un panda sul sedere. 

Alla fine, mi ero quasi convinta di indossare soltanto la vestaglia di modo che Axel non avrebbe potuto fraintendere per niente le mie intenzioni. 

°°° °°° °°°

Quella mattina ero davvero di cattivo umore: Axel era arrivato a casa quasi alle due di notte, come se fosse la cosa più normale del mondo. Lo avevo perdonato praticamente subito: la pelle abbronzata, il colletto della camicia aperto e sgualcito, i capelli in disordine e la bava che mi colava dalla bocca. 

<< Ehi, Rose… Sei pronta? >>

<< Certo che lo sono. >> così lo avevo fatto sedere sul letto e cominciato a slacciare in maniera lenta e sensuale il nodo alla cintura della vestaglia - mi ero allenata per almeno un'ora e mezza- e gli avevo baciato l'angolo della bocca, spalmandomi praticamente addosso a lui che mi aveva riso in faccia e mi aveva abbracciata in un silenzio estremamente fastidioso. << Axel? >> lo avevo chiamato più di una volta. 

Poi, aveva cominciato a russare. 

Per questo, quando era suonata la sveglia, mi ero resa conto di non aver dormito affatto e lo avevo preso a calci fino a quando non era caduto dal letto. 

<< Ma sei impazzita, Rose? >>

<< Da quant'è che non ci vediamo? Da quanto tempo non stiamo insieme? E tu cosa fai: vieni a casa mia e ti metti a dormire? >>

<< Me lo hai chiesto tu. >>

<< E quando ti avrei detto: ehi, Axel, mentre io faccio uno spogliarello per te, potresti per piacere diventare la Bella Addormentata, eh? >>

<< Ma tu hai detto che se volevo potevo dormire da te. >>

<< Sai una cosa? Ah, lascia perdere. >>

<< E tu sai una cosa, Rose? Sei proprio una bambina. Me ne vado. >>

<< Sì, bravo, torna a fare l'indonesiano represso. >>

<< E comunque sì, sei ingrassata! >>

<< Ma… brutto orango… >> insomma, Schiantarlo era davvero il minimo che io potessi fare. 

E comunque, la giornata non era iniziata bene nemmeno al Calaluna: avevo bruciato una dozzina di croissant e Luna mi aveva avvisato che sulla pedana del retrobanco c'era in minuscolo buco che lei aveva coperto con un tappeto a fiori. <<È proprio qui, sotto il trifoglio. >>

<< Lo terrò a mente, grazie. >>

<< Ah, Rose, oggi sarò via per delle commissioni: mi fido di te. >>

Ma non c'è di che, davvero. << Sì, beh… forse non è proprio il caso che io… >>

<< Te la caverai benissimo. >> ed era uscita come se fosse stata una cliente golosa a cui avevo regalato venticinque tonnellate di crema al cioccolato. << Ah, Rose, c'è una torta nel retro. Verranno a ritirarla nel pomeriggio, mettila nella scatola blu extra. >>

<< D'accordo. Buone commissioni. >> l'avevo salutata sventolando la mano. 

Così avevo passato l'intera mattinata a pulire il locale negli angoli più nascosti, a maledire Axel e a ripensare al modo in cui ci eravamo lasciati, a guardare fuori dal locale le altre ragazze che passeggiavano allegre ed a provare la sensazione che peggio di così proprio non poteva andare. 

Avevo accuratamente evitato il trifoglio e mi ero dedicata ai compiti che Luna aveva trascritto su un post-it giallo: l'ultimo era la pulizia del frigorifero nel retrobottega, perciò mi ero armata di bacchetta ed avevo aperto il portellone.

C'erano si e no sei gradi lì dentro ed avevo le orecchie gelate, perciò quando avevo sentito una voce chiedere se ci fosse qualcuno l'avevo eletta a mio personale salvatore: insomma, non avevo voglia di morire assiderata. << Un secondo, arrivo. >>

E rimasi lì, sulla porta che divideva il retro dal bar con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite:Scorpius Malfoy se ne stava con un gomito appoggiato al bancone, il sorriso sulle labbra, gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi, in giacca e cravatta. 

<< Rose? Che ci fai qui? >>

<< Ci lavoro, genio. >>

<< Come stai? >>

<< Posso fare qualcosa per te o… >>

<< Penso che dovresti smetterla sai. È passato così tanto tempo. >>

<< Non ti ho ancora perdonato. >>

<< Nemmeno io. >> ed aveva tolto gli occhiali sistemandoli nel taschino della giacca con i suoi soliti movimenti lenti ed estenuanti. 

Non ci eravamo lasciati nel migliore dei modi, io e lui: gli avevo detto che mi piaceva un altro - un altro che tra l'altro non era consapevole nemmeno della mia esistenza perché era il personaggio di un libro- e lui mi aveva scagliato contro una fattura Furunculus che mi aveva tenuta segregata in Infermeria per una settimana e non ci eravamo più parlati da allora con sommo dispiacere di Al. << Direi che siamo pari. >>

<< Sì, lo penso anche io. Posso avere un caffè doppio? >>

<< Subito. >>

Probabilmente, il formicolio che sentivo al basso ventre dipendeva dal fatto che Axel mi avesse mandato in bianco dopo mesi di astinenza forzata, perciò finsi di guardare altrove mentre Scorpius girava il cucchiaino nella tazza e poi lo leccava come… come… Smettila, Rose: lui non c'entrava mai il bersaglio. 

<< Ah, >> aveva un tono di voce stranamente basso e sensuale, mentre portava la tazza alle labbra e sorrideva con quel ghigno che rendeva il tutto quasi eccitante. << devo ritirare una torta. >>

<< Là… Di torta, la là. Ehm, no, aspet… scatola torta, blu. >> così, per darmi un contegno ero corsa a prendere quella maledetta torta. << Dammi cinque minuti, te la sishemo nella sfatola blu. >>

Il minuscolo buco di cui Luna mi aveva parlato qualche ora prima era in realtà una sorta di voragine in cui il mio piede si era incastrato e adesso stavo parlando slinguazzando la panna stesa sulla pedana. 

<< Rose? Rose… Stai bene? >>

Scorpius doveva aver aperto la porta che permetteva l'ingresso al retrobanco soltanto al personale o - magari aveva semplicemente saltato il legno che ci divideva - e mi aveva tirato su di peso: avevo guardato la torta spiaccicata e la panna che era volata praticamente ovunque, posandosi su ogni superficie. 

<< Oh, no. >> avevo le lacrime agli occhi. 

<< Tranquilla, Rose… non era così importante. Magari prendo un vassoio di dolci. La torta… Non fa nie... >>

<< Non m'importa nulla di questa stupida torta. >>

<< E allora perché piangi? >>

<< Perché ho pulito soltanto un'ora fa. >>

L'espressione sulla faccia di Scorpius era passata dal dispiacere allo sconcerto e poi si era aperta in una risata che fece ridere anche me. << Sei sempre la solita combina guai. Dai, diamo una sistemata qui dentro. >> 

Quaranta minuti più tardi, avevamo entrambi la fronte sudata e la camicia fradicia. << Usare la magia, no? >>

<< Perché mai? I risultati migliori si ottengono con la fatica. >>

<< Sembri mia madre. >>

<< Gran bella donna, devo ammettere. >> e dopo che gli avevo rivolto lo sguardo più minaccioso del mio repertorio, lui aveva aggiunto: << Saggia, molto saggia. >>

<< Bene, qui abbiamo finito. Ti preparo un bel vassoio. Offre la casa. >> gli dissi sistemando ordinatamente i vari dolci. 

<< No, tranquilla. >>

<< No, davvero, insisto: è colpa mia se la torta, oh, insomma zitto. >>

<< Rose… >>

<< È un evento particolare? >>

<< No, non proprio. È soltanto il mio compleanno. Quanto ti devo? >>

<< Oh, no, no. E auguri, ma no. >>

<< Rose. >>

<< Prendilo come un regalo, okay? Devo pur rimediare al danno, no? >>

<< Rimedierai in un altro modo. >> 

Subito dopo, l'orologio incantato mi avvisava che era arrivata l'ora della chiusura, perciò avevo segnato con una x tutti i compiti che avevo portato a termine, avevo estratto lo scontrino con gli incassi della giornata e mi ero smaterializzata a casa. 

La puzza di bruciato che usciva dal forno mi fece capire immediatamente che no, mamma non era tornata a casa e che era stato Hugo o, peggio ancora, papà a provvedere alla cena.

Infatti avevo trovato Ron con la testa nel forno che cercava di allontanare il fumo con un canovaccio a quadroni. << Serve aiuto? >> gli avevo chiesto semplicemente perché lo vedevo realmente in difficoltà e non perché fossi una cuoca provetta: mi rendevo conto che il mio aiuto non sarebbe servito a niente, ma almeno avevo dato accenno a quel senso di responsabilità che mamma credeva mi mancasse. 

<< È tutto sotto controllo. >> mi aveva risposto papà, mentre Hugo mi aveva raggiunto per chiedermi se rischiassimo di prendere fuoco insieme a tutta la casa. 

Probabilmente il rischio c'era, ma mi limitai a scrollare il capo e a negare quella possibilità. 

Alla fine, decisi che sarebbe stato meglio per la mia incolumità e quella di tutta la famiglia andare a cena fuori, perciò entrammo quasi fieri della nostra maturità alla Testa di Porco.

<< Tre burrobirre. >>

<< Papà ma Hugo non può bere. >>

<< Infatti sono per me. >>

<< Tutt'e tre? >>

<< Un'altra, per favore. >> chiese dopo aver bevuto in un solo sorso il primo boccale. << Anche tutt'e quattro, Rose. O cinque, sei. Bleah, sono annacquate. >>

Io e Hugo nel frattempo avevamo deciso di mettere qualcosa sotto i denti, perciò avevamo fatto cenno per ordinare un po' di cibo e, dopo quasi un'ora, eravamo ancora seduti ed ancora occupati a convincere papà ad alzarsi e tornare a casa. << Andiamo, dai. >>

<< Un vuisci inscendiato con iascio. >>

<< No, la prego, basta così. >> alzai la mano in direzione del povero elfo che continuava a fare la spola tra il nostro tavolo e la mensola degli alcolici. 

<< Ho detto un fisci scendaio, sporchio lelfio. >> urlò papà. Mamma sarebbe sicuramente inorridita alla vista di quell'essere trattato a quel modo proprio da suo marito. 

<< È proprio andato, dobbiamo portarlo immediatamente a casa. >> così, Hugo mi prese la mano, io mi legai al braccio di papà e un attimo dopo eravamo nella nostra cucina. 

<< Lasciamolo sul divano. >> avevo suggerito e Hugo aveva semplicemente annuito con l'aria rassegnata che assumeva ogni volta che mamma e papà litigavano. 

<< Io vado a letto, Rose. Buonanotte. >>

Io, invece, avevo deciso di andare in cucina a mettere un po' di ordine e cancellare ogni traccia di quell'incendio mancato; mi ero arrampicata sullo sgabello dell'isola per pulire la cappa dalle macchie di fumo e per non cadere mi ero appoggiata al mobile sottostante su cui mamma teneva un'orrenda biscottiera di cristallo su cui era stato fatto un incantesimo che non permetteva di ripararla se si fosse rotta. Per un motivo a me del tutto sconosciuto, Hermione amava follemente quel brutto, bruttissimo oggetto d'arredo e lo custodiva come fosse il più prezioso dei suoi tesori. 

E nel preciso momento in cui la biscottiera si era fracassata sul pavimento, un sonoro pop mi aveva avvisata del ritorno dell'unica persona che non avrebbe dovuto assistere a quella scena. << Rose, che diamine è successo qui? >>

Maledetto Murphy e le sue teorie. 

Angolo Autrice: 

Prima di tutto, perdonatemi per l'assenza, ma tra un contest e l'altro ho preferito mettere in standby le long. 

Nel caso ne abbiate voglia, troverete le storie partecipanti ai vari contest nella pagina autore. 

Ora, parliamo un po' di questo capitolo: è tornato Axel, è tornato Scorpius ed è tornata anche Hermione… Cosa ne pensate? Vi piace questa Rose? 

A presto, Exe. 

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Capitolo 5
*** Scoperte e offerte di lavoro pt.1 ***


Scoperte e offerte di lavoro. 



Durante il primo viaggio da Londra a Hogwarts e viceversa avevo imparato due lezioni importanti per la mia incolumità e per la mia sopravvivenza. 

La prima era quella di non restare svegli a sognare ad occhi aperti le aspettative che avevo sull'anno che sarebbe iniziato alla scuola di magia e stregoneria, onde evitare di addormentarsi durante lo smistamento e sentire il proprio nome urlato con un megafono magico. Immaginavo che anche mamma e papà lo avessero sentito. 

La seconda era quella non addormentarsi in compagnia della maggior parte dei componenti della famiglia Weasley, pena: trovarsi in faccia il disegno di una mano chiusa, in cui il naso rappresentava il dito medio. 

Non ero molto contenta di quello scherzo visto che l'inchiostro non era venuto via con un fazzoletto impregnato di saliva - un trucco di nonna Molly che aveva miseramente fallito. 

E non esisteva nessuna via di mezzo: non potevo di certo stare con un occhio aperto e uno chiuso - e no, non ero capace di far addormentare mezza me e lasciare l'altra metà a conversare e ridere amabilmente con i presenti. 

Non potevo nemmeno sonnecchiare in realtà, dato che in quel caso l'unica cosa che sarebbe cambiata, forse, sarebbe stato il fatto di non avere la bava alla bocca o di non russare come un trattore. 

In una situazione peggiore della mia, comunque, si era trovata Lily, povera Lily, che sulla faccia, durante il secondo anno, aveva cenato con il disegno di una carota - o forse era un pene- ed aveva dovuto sopportare le risate e le battute a doppio senso di Albus, lurido e sporco Serpeverde, traditore della famiglia. 

Quindi, di quel primo viaggio a Hogwarts mi era rimasta la consapevolezza che tutto era o bianco o nero, che una qualsiasi cosa o si poteva fare o non si poteva fare, che una persona o mi piaceva tutta o non mi piaceva per niente. 

E a me Scorpius Malfoy non piaceva per niente. Nemmeno un po', nemmeno un po' tanto forse.



°°° °°° °°° 



Nonostante avessi abbandonato da un po' lo studio e l'attuazione del piano OMT, quella mattina mi ero tristemente resa conto che ero stata l'unica a sotterrare l'ascia di guerra perché, sicuramente con la magia, mamma aveva sfornato e lasciato sul tavolo una torta a tre strati farcita di Nutella e mascarpone. 

L'idea che l'avesse preparata per chiedere scusa a papà era decisamente meno forte della constatazione che, a differenza del mio, il suo piano ROM era ad un passo dalla riuscita. 

<< Buongiorno, Rose. >> aveva detto tutta pimpante ed allegra. 

Era probabile - se non del tutto certo- che lei e papà avessero passato la notte a discutere facendo del buono e sano sesso riparatore e questo me l'aveva fatta odiare un pochino di più: insomma, aveva quasi cinquant'anni e una vita sessuale migliore della mia, poteva almeno lasciarmi morire  pelle e ossa? 

Avevo risposto al suo colpo di tosse con un'occhiataccia alla quale, di conseguenza, lei aveva risposto con un'occhiataccia mille volte più cattiva. << Devo ricordarti cosa è successo ieri? >> Oh, no: ha scoperto che papà ha insultato un elfo. << Ero davvero affezionata a quella biscottiera. >>

<< Era brutta, mamma. Ho fatto un piacere a tutta l'umanità e ho reso questo posto molto più bello e raffinato. >>

La scarpe sparse per il salone e i vestiti accatastati sull'appendiabiti erano dei piccolissimi dettagli trascurabili. 

<< Certo, da rivista. >>

<< Esatto. >> 

Mamma aveva continuato a parlare per dieci minuti buoni; io ero ancora convinta di star stesa a letto, perciò mi era venuto naturale chiederle come facesse ad avere tutta quell'energia e quella voglia di dialogare alle cinque del mattino. 

<< Oh. >> aveva risposto ed era arrossita. 

Nessun dubbio: una lunga, lunghissima sessione di sesso riparatore.

Odiosa madre, pervertita e per niente  posseditrice di intimo sexy. 

Per evitare il mio sguardo indagatore, mamma aveva deciso di andare in cucina e tornare con due tazze di caffè, una per me e una per lei.

Per un motivo del tutto sconosciuto, alla vista del cucchiaino, l'immagine di Scorpius mi aveva riempito la mente e lo avevo imitato leccando l'asticella di metallo proprio come aveva fatto lui.

Avevo quasi dimenticato di essere seduta in cucina con una fetta di torta a tre strati di fronte e il caffè sotto il naso: sembrava tutto sparito, quasi come fossi altrove ed avvertivo soltanto la sensazione che mi aveva riempito lo stomaco al Calaluna, prima di diventare parte integrante della pedana del retrobanco e rialzarmi truccata e vestita di panna. 

Il motivo del tutto sconosciuto, alla fine, aveva assunto le sembianze di un tentato suicidio visto che stavo per strozzarmi dopo aver quasi reciso l'ugola e mamma, dopo aver urlato ed aver sfiorato il principio di un pianto isterico, mi aveva praticamente sfondato la schiena nel suo tentativo violento di salvarmi la vita. 

<< Non vorrei vederti morire così, Rose, per favore. >>

Sono troppo magra, vero? Non hai ancora raggiunto il tuo obiettivo, giusto? 

<< Sono troppo giovane per morire, mamma, perciò mi auguro che il tuo piano sia lungo qualche anno. >>

<< Il mio piano? >>

Sapeva fingere di non aver delineato per fila e per segno, nei minimi dettagli, il suo ROM, con quella sua aria da donna buona ed innocente… Ottima interpretazione, complimenti. << Non far finta di non sapere di cosa parlo. >>

<< Non faccio finta. Semplicemente, non lo so. >> e aveva sorriso dolcemente.

Stavo quasi per farmi fregare, poi ero tornata in me e il cucchiaino ormai giaceva accanto alla tazza. 

<< Ora devo proprio andare. >> e mi ero trovata un attimo dopo tra le strade addormentate di Diagon Alley.

Luna era già lì, con il cappello e la cravatta multicolore addosso, l'aria sempre sognante e distratta che nessuno dei due gemelli aveva acquisito e mi chiesi com'era essere Luna Lovegood in una famiglia di uomini sempre troppo seri e ligi al dovere. 

<< Ciao Rose. >> e aveva già sistemato la mia colazione sul tavolo a cui era seduta. << Come stai? >>

<< Oh, no, grazie. Mamma ha preparato una torta a tre piani. >>

<< Beh, mangiare ancora non ti farà male. >>

Il pensiero di volere Luna e non Hermione come madre fu subito sostituito dal pensiero che, probabilmente, anche la mia datrice di lavoro aveva preso parte al piano ROM e non si preoccupava minimamente di nasconderlo: se ne stava lì, seduta, con il sorriso innocente di chi non avrebbe fatto del male ad una mosca.

Fatto stava, che sconvolta o no da quella scoperta,avevo appena finito di ingurgitare un piccolo dolce ricoperto di glassa alle ciliegie.

<< Allora, >> Luna, invece, stava bevendo una tazza di tè. << sono venuti a ritirare la torta? >>

<< Mh, sì. >>

<< Com'è andata? >>

<< A meraviglia. È filato tutto liscio, come l'olio. >>

<< A proposito, ho fatto riparare il foro del retro. >> 

La voragine, non il foro. << Bene. >>

Anche se avrei voluto dirle che avrebbe potuto far riparare quel maledetto buco prima che Scorpius venisse a ritirare la torta per il suo compleanno e se ne andasse poi con in mano un vassoio di dolci.

<< Oggi sarò via per un po'. >>

<< Dov'è che vai? >>

Nel momento in cui Luna posò la tazza sul tavolo, mi resi conto che le sue occhiate minacciose erano peggio di quelle di mamma, perché mi sentivo letteralmente trafitta da quello sguardo e pensai a tutte le persone che se l'erano trovate davanti durante la guerra, inmaginai i loro sorrisi di fronte alla sua aria svagata e il terrore subito dopo di vederla come la stavo vedendo io in quel momento. << Non sono affari tuoi, Rose. >>

Mamma al confronto mi sembrava un angelo della pace.

<< Scusami. I-io vado a prepararmi. >>

<< Bene. >>

<< Bene. >>

E mentre lei riprendeva la sua colazione, io continuavo a stare ferma e a dondolarmi sui talloni. << Luna… mi dispiace davvero. >>

<< È tutto passato. >> e mi rivolse il sorriso più dolce del suo repertorio.

Le cose erano due: o Luna era bipolare o era stata impossessata da un demone che la rendeva a tratti spaventosa. 

°°° °°° 

<< Un caffè doppio. >>

<< Potrei avere un po' di latte. >>

<< Scusi, dov'è il mio cappuccino? >>

<< Avevo chiesto una cioccolata calda, non una tazza di brodo. >>

Insomma, la mattina non era stata per niente tranquilla e, nonostante fossero le quattro del pomeriggio, continuavo a chiedermi come quella grassona avesse avuto il coraggio di ordinare una cioccolata calda in piena estate.

<< Ehm, salve… siete aperti, vero? >>

<< Si, prego. Benvenuto al Calaluna. >>

Il ragazzo che avevo di fronte aveva più o meno la mia età, un bellissimo paio di occhi blu e il sorriso mozzafiato. << Ciao. >>

<< Ciao. >> avevo la mano aperta accanto alla faccia in segno di saluto.

<< Avete prodotti vegani? >>

<< Vegani? >>

<< Sì. >>

<< Io n-non credo. >>

<< Ah, beh, fa niente. Purtroppo sono intollerante a specifici ingredienti e posso mangiare solo cibi che non li contengono. Comunque è stato un piacere conoscerti… >>

<< Rose. >>

<< Bene, Rose. Io sono Dave. >>

<< Dave. >> annuì come facevo a Hogwarts quando dovevo far capire alla Mcgranitt che il concetto che mi stava spiegando fosse chiaro.

<< Ci si vede, allora. >>

<< Certo, sì. >> e per uno strano motivo, nella mia mente, Dave cominciò a slacciarsi la camicia ondeggiando i fianchi come un ballerino pronto ad uno strip tease dedicato solo a me.

Sentivo il bisogno improvviso di sapere cosa significasse essere vegani perché no, non lo sapevo e perché non ero mai stata intollerante a nessun alimento.

Forse solo a mamma, ma probabilmente non era la stessa cosa, perciò mentre Dave era intollerante, io ero diventata Hermionellante o mammalante.

Poi, quando Scorpius era nel locale, non si era preso nemmeno la briga di salutare prima di scoppiare a ridermi in faccia ed io avevo alzato un sopracciglio con la speranza di avere un'espressione scettica. 

<< Allora, cos'è successo di così eclatante da farti venire la bava alla bocca? >> aveva quel sorriso storto che avrei volentieri preso a pugni, come avevo fatto quella volta in cui mi aveva messo lo sgambetto e mi aveva fatto cadere con il sedere per terra sul campo da Quidditch.

Lui aveva passato la giornata in infermeria e i Grifondoro avevano vinto la partita contro i Serpeverde, Albus non mi aveva rivolto la parola per una settimana intera ed aveva urlato nei corridoi che Scorpius non era più il suo migliore amico.

Solo dopo quella confessione eclatante avevo capito che era stato lui il mandante di quel mancato attentanto alla mia vita, perciò avevo provato a chiedere scusa a Scorpius più o meno dandogli un bacio a fior di labbra.

Era il periodo in cui si diceva in giro che fossimo una coppia ed era vero. Malassortita, con più litigate che baci, con pochissima esperienza nel movimento delle mani ed eravamo durati insieme si e no un paio di mesi, ma eravamo comunque una coppia.

Sorrisi un po' prima di mettere su un'aria fintamente imbronciata. << Cosa vuoi? >>

<< Niente che tu non possa darmi. >>

<< E sarebbe? >>

Avevo poggiato i gomiti sul bancone, si era sporto un po' oltre e potevo sentire il suo respiro addosso, perciò avevo fatto un passo indietro e lui aveva sorriso di nuovo. << Un caffè, Rose. Solo questo. >>

<< Uhm, sì, caffè. >> mi ero ritrovata a ridere istericamente. << Che altro, altrimenti. >>

I dieci secondi in cui il caffè riempì la tazza di vetro di Scorpius -vetro, sì, perché la ceramica non gli piaceva- sembravano aver stemperato un po' l'imbarazzo che si era creato precedentemente. 

In realtà, dopo esserci lasciati, l'imbarazzo tra me e lui non era mai andato via completamente e, anzi, sembrava essere diventato più pesante, molto più di come lo era stato ogni volta che avevamo provato a fare sesso e Scorpius non sapeva dove mettere le mani.

Chissà se Dave… poi, scossi la testa e posai la tazza sul bancone.

<< Non sei cambiata per niente, Rose. >>

Se aveva provato a farmi un complimento, non ci era riuscito per niente, ma lo presi come tale e non dissi niente.

Di nuovo, lui stava leccando il cucchiaino e mentre mi chiedevo quando avesse imparato ad usare la lingua così bene, lo spogliarellista nella mia testa aveva preso le sue sembianze. Mi trovai a stringere le cosce.

E, come una benedizione scesa in terra -o come un segno che non dovessi saltare addosso a Scorpius e chiedergli di far finta che io fossi un cucchiaino- Luna entrò saltellando. << Oh, ciao Scorpius. Come va? Come procedono i lavori? >>

<< Alla grande. Per ottobre dovremmo essere pronti. >>

<< Che bella notizia. >>

<< Sì, finalmente. >>

Scoprii soltanto in quel momento che Scorpius aveva frequentato la Magiuniversità e si era laureato in tempi record come magiavvocato e avrebbe avuto lo studio praticamente sopra il Calaluna. 

Lo guardavo un po' come avrei guardato uno degli animali fantastici che aveva studiato mamma durante il periodo in cui aveva lavorato al Ministero nella sezione a loro dedicata e mi resi conto che Scorpius non avrebbe potuto fare altro se non il magiavvocato, perché con le parole era davvero bravo e mi ricordai di quella volta in cui mi aveva evitato una punizione che meritavo davvero soltanto dicendo che avevo un problema di sonnambulismo e presentato le prove alla Preside.

Non lo ero, non lo ero mai stata sonnambula, ma lui era comunque riuscito a convincere quella vecchia bacucca.

Anche se, il mio scetticismo non nasceva sul fatto che si fosse laureato in così poco tempo perché non avevo alcun dubbio sulla sua secchionaggine, ma sul fatto che nonostante avesse passato giorni interi sui libri, avesse comunque imparato a muovere la lingua in quel modo.

<<... sarebbe davvero un peccato. >>

<< Troverai sicuramente qualcuno, tranquillo. E poi, Rose a Settembre finisce qui, magari potrebbe aiutarti, almeno all'inizio e finché non trovi qualcuno con le competenze che cerchi. >>

<< Cosa? >> mi ero persa gran parte del loro discorso, ma il richiamo del mio nome mi aveva fatto aprire le orecchie. 

<< Stavo dicendo a Luna che avrei bisogno di una segretaria. >>

<< Ed io ho proposto te, perché sei in gamba. >>

<< Oh, no. No, non esiste. >>

<< Ma dai, Rose. Il fatto che siate stati fidanzati non significa che non potete tornare ad essere amici, no? >>

In quel momento, dopo quella frase, avevo capito che avrei dovuto lavorare sodo e modo più velocemente al piano OTM e far chiudere una volta e per sempre per forno che mamma si ritrovava al posto della bocca.

<< No, non è questo. E poi, puf, fidanzati è un parolone: era una cosa da bambini, niente di che. >> Scorpius sorrise e mi guardò allo stesso modo di come mi aveva guardato poco prima lo spogliarellista nella mia testa. << Solo, io non capisco nulla di leggi e cose varie. >>

<< Beh, >> rispose lui << non c'è bisogno che tu ne capisca qualcosa, perché dovrai solo gestire i miei appuntamenti. >>

<< E cosa ti fa pensare che io ne sia capace. >>

<< Nulla. Dovrei metterti alla prova prima di assumerti. >>

<< Mi stai dando dell'imbecille, Malfoy? Davvero credi che non sia capace di segnare un appuntamento su un calendario? >>

<< Non ho detto questo, Rose. Ti ho solo fatto un'offerta di lavoro. Pensaci su. >> si era alzato per avvicinarsi al bancone e pagare, ma Luna gli disse che avrebbe offerto la casa, così lui aveva ringraziato ed era uscito.

Tornai a guardare Luna e mi tornarono in mente le parole che aveva detto poco prima sul nostro fidanzamento. << Quindi, lo sai anche tu? >>

<< Credo lo sappia tutta Diagon Alley. Tuo padre ha dato di matto l'altro giorno: ha rincorso Scorpius e lo ha minacciato di morte se avesse provato di nuovo ad avvicinarsi a te. >>

<< E tu vuoi che io lavori con lui? >>

<< Sarebbe fantastico. >>

<< Mi stai mettendo alla gogna. >>

<< No. Io e Hermione vogliamo solo far capire a tuo padre che è inutile avere ancora preguidizi sui Malfoy. >>

Perciò, oltre al piano OMT avrei dovuto studiare anche un piano per far in modo che papà non attentasse alla vita di Scorpius dopo aver saputo della sua offerta di lavoro. 

Al nome del piano avrei pensato poi.

°°° °°° 

Vedere mamma mezza nuda e papà che la teneva per i fianchi era stato uno shock dal quale non mi ero ancora ripresa.

Quando ero tornata a casa dopo l'offerta di lavoro di Scorpius, avevo pensato subito che ci fosse troppo silenzio, perciò ero salita al piano superiore ed ero entrata in camera da letto solo perché la porta era aperta.

Li avevo guardati soltanto un secondo e avevo subito richiuso la porta, con il peso della mascella sui piedi.

Un paio di minuti dopo, papà mi aveva chiamata: << Vieni, Rose. >>

<< Vieni prima tu. >> gli avevo risposto e solo dopo mi ero veramente resa conto di quello che avevo detto.

Avrei preferito essere divorata dalla piovra del Lago Nero piuttosto che vedere quella scena. 

Non che non sapessi che mamma e papà… oh, insomma! 

Avrebbero almeno potuto chiudere la porta e lanciare un Muffliato, no?

Comunque, avevo abbandonato l'idea di chiedere a mamma cosa significasse la parola vegano e mi ero messa al ricerca di uno dei suoi libri babbani convinta di poter trovare lì la risposta alla mia domanda.

Non l'avevo sentita arrivare e, in ogni caso, non mi sarei girata a guardarla. 

<< Cosa cerchi? >> aveva la voce imbarazzata di chi era stata colta in flagrante, cosa che era effettivamente successa.

<< Rose… >> continuava a chiamarmi, come faceva quando da piccola faceva qualcosa che mi faceva mettere il broncio. << Rose, quello che hai visto... >>

<< So cosa ho visto, mamma. Esistono tanti modi per non farsi sentire o vedere: usateli la prossima volta. >>

<< Sì, vostro onore. >>

Dopo quella frase, la richiesta di Scorpius non mi sembrava poi tanto assurda.

<< E, comunque, mi dispiace aver interrotto. >>

<>

<< Ah, perché? Avete continuato? >> avevo le orecchie in fiamme, probabilmente ero più rossa dei miei capelli.

<< Non cambiare argomento, Rose. Cosa cerchi? >>

<< Il significato di una parola. >>

<< Allora dovresti consultare un dizionario. >>

<< Lo so. >> le avevo detto assumendo la sua stessa aria saccente, mentre tenevo in mano un libro di storia medioevale.

Non avevo nessun disegno sconcio in faccia, ma avevo sicuramente l'espressione di una cretina.



Angolo Autrice:

Eccomi qui, sono tornata.

Mi sono iscritta a millemila contest, ma avendo un po' di tempo, ho deciso di pubblicare un capitolo che proprio non voleva saperne di venire giù. 

È molto meno corposo rispetto agli altri, ma mi dispiaceva davvero abbandonare del tutto chi segue questa storia e, perciò, pure se piccolo, ho preferito pubblicare.

A presto. 





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Capitolo 6
*** Di favole e apparenze. ***


Di favole e apparenze. 

Da piccola, mamma mi leggeva una favola nuova ogni sera, aspettava che mi addormentassi per rimboccarmi le coperte e poi andava a letto.

La mia preferita era La bella e la bestia e ho sempre creduto che mi piacesse tanto semplicemente perché mi ricordavano molto Hermione e Ron, con lei che spiccica il naso sui libri e lui che, appunto, è una bestia.

Da grande, poi, ho capito il vero messaggio nascosto dietro quelle pagine e, cioè, che non bisogna soffermarsi all'apparenza, cosa che io, ovviamente non avevo mai fatto. 

Infatti, alla veneranda età di cinque anni avevo seguito una donna molto carina e dolce dentro al negozio di zio George soltanto perché mi aveva promesso le gelatine tutti i gusti più uno.

La fortuna era stata che, quel giorno, fosse proprio zio George ad accogliere i clienti e quindi ero scampata dall'essere vittima di un rapimento bello e buono e mamma era sopravvissuta a un principio di infarto. 

L'incapacità di non saper inquadrare le persone mi aveva accompagnata per tutta la vita, ma l'unica e sottolineo l'unica persona che non avrei mai conosciuto davvero era proprio quella che vedevo ogni mattina riflessa allo specchio.

E non solo perché sembrassi sempre una sorta di gnomo che tornava dal lavoro nelle miniere.

•●•

Papà continuava a non parlare con me- che fosse per via della mia storia adolescenziale con Scorpius o perché era troppo imbarazzato per essere stato beccato mentre faceva sesso, questo non lo sapevo. 

Io, d'altra parte, continuavo a pensare ad Axel che sembrava essere stato risucchiato da un vortice che gli aveva mozzato le mani perché non mi aveva più scritto, all'offerta di lavoro di Scorpius e al sorriso di Dave che ogni mattina veniva al Calaluna a prendere il suo caffè e il suo cornetto vegano, perché sì, avevamo cominciato anche a sfornare prodotti vegani.

Quella mattina, comunque, Diagon Alley sembrava deserta e il mio piano OMT era praticamente andato alle ortiche, perché mamma era diventata il genitore perfetto: da quando le avevo detto del mio probabile nuovo lavoro mi trattava come fossi una regina, mancava davvero poco per trovare un tappeto rosso al mio rientro.

Sarebbe avvenuto molto presto, me lo sentivo.

Ero davvero persa nell'immaginare il momento in cui il tappeto rosso sarebbe stato cosparso di petali di rose da una mamma finalmente fiera della propria figlia quando entrarono Scorpius e Dave, insieme.

E, ovviamente, il ballerino nella mia testa cominciò a muovere il bacino e a leccarsi le labbra.

Così non va proprio bene.

《 Ciao 》avevo detto rischiando di rompermi l'osso del collo per guardarli entrambi.

《 Ciao Rose 》era così carino il sorriso di Dave.

《 Ciao Rosie 》Scorpius invece sembrava vittima di una paresi facciale, le sopracciglia incrinate e la bocca dritta.

Si guardavano quasi come se volessero sbranarsi a vicenda e, prima che ciò potesse accadere, avevo servito a tutti e due quello che non avevano ancora ordinato.

《 Il tuo caffè è così buono, Rose 》aveva detto Dave.《 Sei l'unica in tutta l'Inghilterra che sappia fare un vero caffè. 》

《 Sa fare tantissime altre cose 》si intromise Scorpius.《 Bacia benissimo, roba da toglierti il fiato e ha davvero le mani d'oro, se capisci cosa intendo... 》

E non lo so per quale motivo, ma l'occhiata che mi lanciò subito dopo aver detto quella frase non mi era piaciuta per niente.

《 Tutto bene, Malfoy? 》

《 Oh, benissimo ora che ti vedo, tesoro mio. 》

《 Bene. Perdonalo, Dave… lui è un po'... 》continuai la frase a gesti, puntandomi il dito alla tempia e ruotandolo nell'aria per fargli capire che Scorpius aveva perso qualche rotella.

Forse perché aveva passato troppo tempo sui libri e mai come in quel momento fui contenta di aver abbandonato la Magiuniversità.

Dal canto suo, Scorpius tossì con una forza tale che pensai mi sarei ritrovata un polmone tra le mani.

《 Allora, beh… ci vediamo, Rose. 》

《 Sì, a domani, Dave. 》

Probabilmente lo stavo guardando con aria sognante perché, diciamocelo in tutta onestà: Dave era un figo da paura, tipo quei tipi super sexy da copertina.

Scorpius tossì ancora e solo allora mi ricordai di lui.

《 Cosa c'è? 》

《 Chiudi la bocca, Rose, davvero. 》

Mentre lo guardavo leccare il cucchiaino, sentivo dentro la strana voglia di chiedergli perché quella scenata.《 Che ti è preso prima? 》

《 Ti piace quel tipo, no? 》

《 Sì, credo di sì. 》

《 Ho solo fatto in modo che si desse una mossa a chiederti di uscire. 》

《 Benissimo ora che ti vedo, tesoro mio non è proprio il modo giusto per far capire a una persona che io sono libera, Scorpius. 》

《 Sciocchezze 》aveva detto liquidandomi con un gesto della mano.《 E poi, cosa ne vuoi sapere tu di psicologia maschile. 》

Una mazza, non ci capisco una mazza! avrei voluto dirgli e, invece, gli lanciai solo un'occhiataccia.

Che il mio sguardo non fosse minaccioso l'avevo capito quando Luna mi aveva chiesto se per caso avessi un forte mal di pancia e mi stessi trattenendo. 

《 No, sto solo cercando di fulminare Scorpius 》le avevo risposto, giusto per non lasciare spazio a nessun dubbio riguardo un mio improbabile attacco di mal pancia.

《 Non sembra proprio, Rose, davvero. 》

Beh, grazie tante, Luna. 

Il problema con Scorpius, comunque, era che per quanto leccasse bene i cucchiaini da caffè, io continuavo a vederlo come quello che non c'entrava mai il bersaglio e che quel bersaglio stesse in mezzo alle mia gambe rendeva sempre tutto molto imbarazzante.

Anche il modo in cui adesso mi stava guardando e, probabilmente, ero diventata dello stesso colore dei capelli- eredità che avrei preferito non ereditare dai Weasley, perché sarebbe stato molto più carino arrossire appena come faceva mamma.

Quando Luna se n'era andata e io e Scorpius eravamo rimasti da soli al bar, lui continuava a fissarmi.

《 Sembri un pesce lesso 》gli avevo detto ed era vero: se ne stava fermo a guardare, senza battere ciglio, il solito sorriso storto e la faccia da schiaffi che l'aveva sempre contraddistinto a Hogwarts.

C'erano stati giorni, a scuola, in cui avrei davvero voluto spaccargli il naso e, dopo aver saputo che anche mamma l'aveva fatto con suo padre, ero sempre più tentata di dargli un pugno.

Ovviamente, Albus si era sempre impegnato per farmi desistere dal mio intento e si era anche stupito quando aveva creduto di esserci riuscito.

Fino a quando, però, Scorpius non aveva avuto la brillante idea di farmi mangiare una caramella Mollelingua- dopo avermi lanciato la sua maledettissima fattura Furunculs- perché si era sentito troppo ferito dal fatto che lo avessi lasciato per il protagonista di un libro e non per un aitante giovanotto in carne e ossa.

Insomma, avrebbe dovuto essere felice che il rivale fosse di carta e, invece, si era offeso terribilmente. 

E, in più- dopo avermi fatto vergognare a morte e inciampare più di una volta nella mia stessa lingua- si era beccato un bel pugno dritto dritto sul naso e mi aveva urlato contro che le donne della mia famiglia erano tutte matte da legare:《 Ma che problemi avete voi, maledette donne con i geni Granger? Che diavolo ci trovate di soddisfacente a spaccare i nasi dei Malfoy? 》

Ecco come avevo scoperto del pugno sul naso di Malfoy senior.

Probabilmente se l'era meritato, proprio come suo figlio.

Ma, se era vero che la faccia da schiaffi di Scorpius mi aveva sempre dato i nervi, era anche vero che c'era un particolare di lui che mi aveva sempre fatta sciogliere e, cioè, il modo in cui rideva con gli occhi prima ancora che con la bocca.

Lui aveva la capacità di esprimersi anche senza parlare: aveva gli occhi più trasparenti che avessi mai visto e, se era in una delle sue giornate no, lo si poteva tranquillamente capire dai suoi occhi.

Se era felice, pure.

Quando, invece, decideva di chiudersi il mondo fuori, allora non c'era proprio niente da fare: quegli occhi diventavano come un lago ghiacciato in cui poteva lanciarci tutti i sassi del mondo, vedendoli solo rimbalzare un po' sulla superficie.

Ma, come dicevo, quello che più mi piaceva di Scorpius era il fatto che ridesse con gli occhi prima che con le labbra.

Proprio come stava facendo in quel momento.

《 Cos'hai da ridere? 》gli avevo chiesto con le mani sui fianchi e l'espressione offesa.

《 Non sto ridendo, Rose. 》

《 Davvero? Uno, due… 》

La sua risata esplose prima ancora che potessi arrivare al tre.

Molto, molto prevedibile, stupido Scorpius Malfoy.

《 Allora? 》gli chiesi ancora, mentre lui continuava a fissarmi.

《 Ma cos'ha, di piacevole, quel tipo? 》

《 Credevo fossi venuto qui per la colazione e non per un terzo grado. 》

Avevo davvero creduto di averlo lasciato di stucco, di averlo zittito e dentro di me gongolavo per quella piccola vittoria, fino a quando non avevo capito che, invece, mi stava chiaramente ignorando.

《 Hai pensato a quello che ti ho detto? 》

《 No. 》

《 No significa che non ci hai pensato o che non accetti? 》

《 No. 》

In realtà, ci avevo pensato per giorni interi, vagliando i pro e i contro in una tabella in cui, pro e contro, spesso erano la stessa cosa, come, per esempio, la cancellazione dalla faccia della terra della faccia di Scorpius o come, per esempio, il fatto che da segretaria sarei rimasta tutto il giorno a poltrire su una sedia- cosa che mi avrebbe fatta ingrassare, ma che non mi avrebbe fatta tornare a casa con i piedi simili a due zampogne.

《 Mi dirai di sì, Rose. Te lo prometto. 》

Se ne andò lasciando i soldi del caffè sul bancone.



•●•

Il pomeriggio non era stato per niente piacevole: Luna aveva un diavolo per capello e continuava a inveire contro chiunque osasse anche solo girare lo sguardo nella sua direzione e mi stavo convincendo della teoria che in lei scorresse anche un po' di sangue banshee, quando mi tornò in mente la volta in cui l'ho conosciuta e tanto desiderato essere come lei: indossava un vestitino viole con frange multicolore, i capelli legati in una treccia, gli occhi grandi che mi sembravano fatti di cielo invernale e un sorriso troppo dolce per appartenere anche solo minimamente a una banshee, anche se probabilmente la banshee che era in lei in quel periodo era in letargo.

Mi aveva preso per mano e mi aveva detto, forse, la prima bugia di tutta la mia vita.

Con il senno di poi, ho cominciato a credere che Luna non era un asso in Divinazione, ma ero troppo piccola anche solo per concepire un pensiero del genere.

Dicevamo che mi aveva detto una delle prime bugie sul mio conto:《 Che visino vispo, Rose. Darai grandi soddisfazioni a tua madre e lei sarà molto orgogliosa di te. 》

Fino ai quattro, cinque anni più o meno, somigliavo molto a Hermione: passavo ore intere a  sfogliare libri e a meravigliarmi quando i disegni prendevano vita, me ne stavo sempre un po' per i fatti miei e preferivo ponderare per bene ogni frase prima di farla uscire dalla bocca.

O, forse, ero troppo pigra anche solo per parlare e parlavo solo quando veniva interpellata, ma questo è un dettaglio.

Con il tempo, certo, era emerso il mio lato Ronesco e mamma aveva cominciato ad accusarmi di essere troppo Weasley e troppo poco Granger:《 Ma com'è possibile che ovunque ci siano guai ci sei sempre anche tu, Rose. 》

Molti anni dopo, poi, ho scoperto che questa comunque era anche una prerogativa di Hermione e del Trio Miracoli di cui faceva parte insieme a papà e a zio Harry e che, forse, proprio questa capacità di mettersi sempre nei guai era il collante della loro amicizia.

Fatto sta, comunque, che Luna mi era sempre sembrata quella più normale all'interno della cerchia di amici dei miei genitori, perché non aveva mai mostrato nessuno sbalzo di umore, cenno di bipolarismo, voglia di farsi ammazzare da un pazzo psicotico o cose del genere.

Ovvero, mi era sembrata la più normale all'interno della cerchia di amici dei miei genitori fino a quel momento: mi aveva chiamata dal retrobottega a gran voce e l'avevo trovata letteralmente con le mani in pasta mentre provava a sistemare i piani di pan di spagna uno sopra l'altro e, quando questi scivolarono per l'ennesima volta sul tavolo da preparazione, l'avevo vista spezzare la bacchetta, stringersi i capelli e tirarli con una certa ferocia e, poi, finalmente mi aveva guardata.

《 Finisci tu questa maledetta torta. Deve essere pronta tra due ore, non ammetto neanche un secondo di ritardo, piccola combina guai 》poi, di nuovo mi aveva guardata ed era scoppiata a piangere come una bambina viziata di fronte a un regalo indesiderato.《 Oh, scusami, Rose. Non volevo dire quello che ho detto, davvero. Mi dispiace tantissimo. 》

Dovevo avere un'espressione davvero sconvolta, perché, all'improvviso, Luna corse ad abbracciarmi.《 Mi dispiace, mi dispiace tantissimo 》 continuava a dire e a me veniva quasi da piangere, perché davvero non sapevo come comportarmi in queste situazioni. 

Insomma, cosa si fa quando una donna adulta scoppia a piangerti in faccia? Le si dà una pacca sulla spalla? Le si dice che andrà tutto bene?

E volevo davvero che Luna si calmasse, che tornasse a essere quella più normale all'interno della cerchia di amici dei miei genitori, perciò avevo fatto un passo indietro per poterla guardare negli occhi, dirle che in ogni caso la torta sarebbe stata buonissima, che se avesse voluto avrebbe potuto sfogarsi con me e avevo, letteralmente, affondato le mani in un vassoio di dolci al caramello salato che lei aveva preparato in precedenza.

Avevo alzato lo sguardo su di lei con aria colpevole per scusarmi, ma l'avevo vista arrossire al punto che pensai che probabilmente avrebbe cominciato a cacciar fumo dalle orecchie.

《 Tu, mocciosa buona  a nulla, esci immediatamente dalla mia pasticceria. Sei licenziata! 》

Adesso, avevo davvero voglia di piangere, però stavo provai a trattenermi e a fare la mia dignitosa uscita di scena.

Peccato che non avevo visto la porta e che quindi mi ero quasi spaccata la fronte a metà.

Non potevo restare lì dentro un minuto di più, ma non potevo nemmeno tornare a casa e dire a mamma che quella che mi era sempre sembrata la più normale all'interno della sua cerchia di amici si era rivelata in realtà, forse, la più psicolabile e bipolare della situazione.

E di certo non avevo voglia di sorbirmi una ramanzina con i fiocchi in cui sicuramente sarei stata io quella ad aver sbagliato, perché per mamma ero sempre stata io quella brava a rovinare tutto.

Tranne, forse, quell'unica volta in cui avevo finto talmente bene- occhi da cucciolo bastonato e musetto dispiaciuto- che, alla fine, aveva ceduto e mi aveva risparmiato una punizione esemplare.

Era successo che la McGranitt l'aveva convocata a scuola a causa dei voti bassi e della poca propensione che ostentavo palesemente nei confronti di quella materia che lei aveva insegnato per anni.

《 Non capisco, Hermione. Tu eri così ligia allo studio alla sua età, così rispettosa delle regole 》aveva detto, muovendo la testa perché era la prima a non credere alla seconda affermazione, come se poi non sapesse che io sapevo quanto mamma, papà e zio Harry non tenessero proprio conto delle regole della scuola- basti pensare alle volte in cui hanno gironzolato per il castello a orari improbabili o quando zio Harry era andato a Hogsmeade senza il consenso di un tutore, o quando ancora si erano dati a un rave party nella Stamberga Strillante insieme a un cane, un topo e un lupo mannaro.

Insomma, io sapevo tutte quelle cose e sicuramente ne era a conoscenza anche la preside.

《 Oggi, addirittura, il professore di Trasfigurazione ha detto che Rose ha trasformato un suo compagno di classe in un maiale 》aveva aggiunto con la voce che rasentava l'isteria.

Non era andata propriamente così: durante quella che tutti chiamavano come la "Settimana del Ripasso", che per noi studenti era invece la "Settimana in cui trovare una maniera rapida e indolore per morire", Adam Coote aveva preso l'abitudine di imbrattare le mie mappe concettuali e fare gesti poco carini nei confronti di noi ragazze- gesti che consistevano nel toccarsi i gioielli di famiglia e imitare lavoretti di mano che sicuramente faceva ogni sera da solo, perché era brutto come la peste.

Quel giorno, in particolare, però aveva chiuso la mano a pugno, aperto la bocca e gonfiato la guancia con la lingua… e io non ci avevo più visto, perciò, durante l'ora di Trasfigurazione ne avevo approfittato per fargli capire cosa davvero pensassimo tutte noi.

Per giustificarmi con mamma, comunque, avevo anche provveduto a spezzare di proposito la mia bacchetta e a tenerla insieme con un po' di scotch e le avevo detto con lacrime agli occhi che davvero non era colpa mia, che non le avevo raccontato della bacchetta spezzata perché non volevo darle una preoccupazione inutile e che credevo sarei riuscita comunque a usarla nel modo corretto e, mossa da compassione nel ricordo di un Ron appena poco più che bambino che la difendeva da un compagno cattivo e cominciando a vomitare lumache a causa della sua bacchetta rotta, mamma mi aveva semplicemente creduto.

《 Solo, Rose, ti prego di impegnarti almeno nella teoria 》aveva detto accarezzandomi la testa.

《 Te lo prometto, mamma. 》

Che poi avessi impiegato il mio tempo in tutt'altro modo e che avessi palesemente glissato sulla promessa che avevo fatto a Hermione era una cosa di cui non tener conto.

E, comunque, quello era stato un evento isolato, che non era mai più ricapitato, perciò, al momento non avevo alcuna voglia di sentirmi sulle spalle il peso di tutti i guai del Mondo Magico e non.

Appena uscita dal Calaluna, alzai lo sguardo e mi resi conto che, forse, l'unica persona che avrei davvero sopportato in quel momento sarebbe stata Scorpius.

Avevo salito le scale in un silenzio davvero snervante, mentre nella mia testa continuavo a sentire le ultime parole di Luna e, quando  bussai alla sua porta, lui sembrava lì lì per andare via.

《 È successo qualcosa? 》mi aveva chiesto, abbassando il viso per guardarmi.

Probabilmente sembravo una disperata, ma poco importava, perché Scorpius mi aveva davvero vista in tutti i modi: agghindata per una festa, in piena crisi isterica durante le ore di Pozioni, in pigiama- pigiama che era di due taglie più grande, in pile rosa shocking e con su disegnato un orsetto con gli occhi troppo grandi.

《 Luna mi ha licenziata. 》

《 Oh! 》

Oh! non è proprio quello che speravo dicessi, stupido Serpeverde secchione.

《 Beh, entra, no? Che ci fai qui fuori? 》

《 Perché rompo tutto quello che tocco? 》

Glielo avevo chiesto non per avere una risposta e, in realtà, era una domanda rivolta più a me stessa che a lui, ma lui non lo aveva capito e si era inginocchiato di fronte a me, che adesso me ne stavo spaparanzata su una poltrona nel suo quasi ufficio da magiavvocato più giovane di tutta l'Europa Magica.

《 Vedi, Rose… tu sei una bravissima ragazza, davvero, ma hai un problema grande. 》

《 Io ho tanti problemi, Scorpius, non solo uno. 》

《 Sì, ma uno in particolare è il più grande di tutti. 》

《 E quale sarebbe, psicologo dei miei stivali, eh? 》

《 Dai tutto per scontato e ti comporti come se tutto ti fosse dovuto. Non ti fermi mai a pensare che dietro una reazione, magari, c'è la risposta a una tua azione e, soprattutto, non ti fermi mai per andare oltre quello che le persone ti dicono. 》

《 Stai dicendo che quando mi dicono che sono una combinaguai, in realtà, mi stanno dicendo che sono la persona migliore del mondo? 》

《 No. Sto dicendo che, magari, quando ti dicono che sei una combinaguai non lo pensano davvero e, forse, le persone se la prendono con te perché sembra sempre che tu sia intoccabile. 》

《 Io non sono intoccabile. 》

《 Ma è quello che gli altri vedono quando ti guardano: sei intoccabile, inarrivabile, Rose. O almeno è così che sembri. 》

《 Non è vero. 》

《 Sì, invece. E se è vero che tu non ti fermi a pensare, è anche vero che spesso gli altri non si fermano a guardare davvero. 》

《 E tu? 》gli avevo chiesto perché in quel momento Scorpius sembrava l'unico deciso a darmi almeno un po' di ragione.《 Tu ti sei mai fermato a guardare davvero? A guardarmi davvero? 》

Probabilmente, quella era stata la domanda sbagliata al momento sbagliato, perché Scorpius aveva cominciato a tossire per evitare di strozzarsi con la sua stessa saliva e aveva gli occhi fuori dalle orbite.

Mi ero alzata di scatto e avevo cominciato a dargli qualche pacca leggera dietro la schiena- avevo scoperto solo dopo però che in realtà stavo per fracassargli lo sterno- un po' come aveva fatto zio Harry a papà quando Hugo aveva svelato il mio segreto più segreto.

Era tornato serio qualche minuto dopo e adesso eravamo l'una di fronte all'altro, più o meno, visto che io praticamente avevo gli occhi all'altezza del petto e lui, forse, riusciva a vedere le macchinazioni del mio cervello dall'alto del suo metro e troppi centimetri.

《 Rose 》 aveva cominciato dopo avermi messo le mani sul viso per farmi sollevare la testa e poterlo guardare.《 Certo che mi sono fermato a guardarti davvero… 》

《 E cos'hai visto? 》

Stava trattenendo il respiro, me ne ero accorta nel momento in cui avevo di nuovo abbassato lo sguardo e avevo visto il suo petto muoversi come al rallentatore. 

《 Ho visto una piccola combina guai, è vero, ma ho anche visto la persona più sincera che io abbia mai conosciuto, che ha preferito lasciarmi anche se il suo amore era indirizzato a un personaggio inesistente. 》

Ma allora lo hai capito che sei sempre stato un cretino. Bravo, dieci punti a Serpeverde.

《 Ho visto anche una ragazza che sa rialzarsi e farsi rispettare, che non si fa mettere i piedi in testa. 》

In quel momento, Scorpius mi sembrava bellissimo, niente a che fare con il ballerino nella mia testa, con Dave e i suoi occhi azzurri o con Axel e la sua eiaculazione precoce...

Insomma, Scorpius era Scorpius.

E, magari  io e Scorpius saremmo potuti essere una sorta di favola per bambini, magari la mia preferita, dove lui sarebbe sicuramente stato il bello con il naso spiaccicato sui libri e io sarei stata una bestia con qualche pelo in meno e dal carattere discutibile, un po' troppo irascibile e fin troppo volgare per essere una bestia femmina, ma comunque saremmo potuti essere qualcosa di… bello, no?

Magari, tutto quello che c'era stato tra noi, fatture, maledizioni, brutte parole e bersagli mancati, poteva essere sempre messo in secondo piano o magari in terzo piano- al secondo avevo deciso di mettere le reazioni spropositate di papà e nonno Arthur quando lo avrei presentato come mio fidanzato.

Magari, saremmo riusciti ad andare oltre quelle apparenze che comportavano i nostri cognomi, la storia dei nostri genitori.

《 E poi 》aggiunse all'improvviso. 《 ho visto una nanetta che non riesce a formulare una frase di senso compiuto quando è in imbarazzo, che cade in un buco del retrobottega e che caccia bava dalla bocca non appena c'è quel bamboccio impomatato nei paraggi. 》

Scorpius non è per niente il bello con il naso spiaccicato sui libri perché è semplicemente Scorpius.

E Scorpius Malfoy era soltanto un demente travestito da bello, stop. E non aveva niente a che fare con la mia favola preferita, né con tutto quello che mi era sembrato di vedere in lui fino a poco prima.

Insomma, Scorpius Malfoy era un'altra tacchetta da aggiungere alla mia sventurata voglia di vedere del buono in chiunque, di fidarmi di chiunque.

E io… io rimanevo comunque la bestia della sua situazione.



Angolo Autrice:

Mi è mancato tantissimo scrivere questa storia, raccontare della mia Rose così diversa da Hermione.

Mi è mancato raccontare di questa Rose che mi somiglia tantissimo.

E mi è dispiaciuto tantissimo "abbandonare" per un po' questa storia, ma avevo tutto salvato sul vecchio cellulare e tutti i capitoli che avevo già scritto sono andati persi, perciò mi sono un po' demoralizzata.

Però, sono tornata e ho intenzione di portare a termine questa piccola pazzia.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

A presto.







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Capitolo 7
*** Il discorso. ***


Il discorso:

Quello che non avrei mai voluto affrontare erano i discorsi di mamma sul prepararsi ad affrontare i momenti importanti della vita.

E, sottolineo, erano situazioni in cui non volevo trovarmi con mamma.

Papà aveva il suo modo di parlarne e lo apprezzavo molto di più, infatti, la maggior parte dei consigli che seguivo erano i suoi, come quando, prima di partire per la prima volta per il mio primo anno a Hogwarts, mi aveva detto:《 Emh, Rose, questo treno ti porterà a Hogwarts, lo sai, vero? 》avevo annuito e lui aveva continuato:《 Bene. Comportati bene, divertiti e, soprattutto, non fare amicizia con il figlio di Malfoy. 》

Insomma, erano consigli che avevo seguito quasi alla lettera: comportati bene- infatti incassavo le lavate di testa e le punizioni senza opporre resistenza-, divertiti- lo aveva fatto egregiamente e ci tengo a dire che questo è stato uno dei consigli che ho seguito con maggior piacere-, non fare amicizia con il figlio di Malfoy - e, infatti, non avevo fatto amicizia con il figlio di Malfoy, perché siamo passati dallo scagliarci contro fatture e maledizioni a provare a centrare bersagli e liberare basilischi da tenere a bada a suon di carezze e a lanciarci di nuovo contro maledizioni e fatture, senza mai aver fatto davvero amicizia.

Mamma, invece, aveva un modo tutto suo -contorto e imbarazzante- di affrontare i discorsi.

Ma, soprattutto, aveva un modo tutto suo di affrontare il discorso.

E me ne ha dato prova il giorno del mio quindicesimo compleanno.

Aveva preparato in giardino un piccolo angolino da tè, con biscotti e dolcetti- con il senno di poi, mi sono resa conto che il suo piano ROM era già in atto da tempo. 

Comunque, mi aveva fatto sedere e aveva parlato del più e del meno per almeno venti minuti, mentre il mio cranio rischiava di prendere fuoco sotto il sole di agosto.

《 Rose, stai crescendo, stai diventando grande e… ci sono cose che devi sapere. Non che io muoia dalla voglia di fartele sapere, eh… ma… devi saperle. 》

Sì, beh, in fretta madre, sto rischiando la combustione. 

《 Vedi, gli essere umani sono un po' come gli animali: noi donne siamo farfalle delicatissime e gli uomini, ovviamente, sono elefanti. E… 》aveva le guance appena arrossate, mentre io ero diventata un tutt'uno con i capelli e le lentiggini. 

《 … gli elefanti hanno la proboscide, questo lo sai, no? Sai com'è fatta una proboscide? 》

Sì, mamma, so com'è una proboscide e so anche com'è fatto il serpentone di carne di Scorpius, per restare in tema animali. 

《 Sì, mamma. 》

《 Ecco. Con quella proboscide loro cercheranno di… no, aspetta, ricominciamo. Noi donne siamo fiori bellissimi. Tu sei un fiore ancora schiuso, non sei ancora nel periodo della fioritura, anzi, forse sei ancora un piccolo semino… 》quando aveva tossito, avevo sperato vivamente che si strozzasse e smettesse quella lenta agonia 《 Quindi, noi siamo fiori e gli uomini sono elefanti. Sì, così va decisamente meglio. 》

Mamma continuava a parlare e io continuavo ad andare a fuoco, non solo per il caldo ovviamente.

《 Dicevo, con quella proboscide, loro cercheranno di entrare nella nostra corolla… e non è assolutamente una brutta cosa, anzi, è anche bello quando la proboscide entra nella corolla, cioè… 》

《 Va bene, mamma. Il concetto è chiaro. 》

《 Davvero? 》

《 Chiarissimo. Cristallino. 》

《 Beh, rimanda a quanto più tardi è possibile la fioritura, allora. 》

Quel giorno- dopo aver riportato grossi traumi infantili e adolescenziali, di cui tutt'ora si notano i postumi-, ho promesso che io non avrei mai fatto il discorso. A nessuno.

•●•

Non avevo ancora detto a nessuno che Luna mi aveva licenziata, perciò ogni mattina mi svegliavo alle cinque, mi vestito e mi smaterializzavo a Diagon Alley.

Passavo ore a guardare il Calaluna da lontano, come fosse un fidanzato che mi aveva lasciato all'apice del nostro amore, sull'altare, in balia a un pianto disperato.

Insomma, quello era stato il posto in cui avevo iniziato a sgobbare, il primo lavoro che è un po' come il primo amore, no?

Quando la strada cominciava a popolarsi di gente che avrebbe potuto compromettere il mio ruolo di finta lavoratrice, prendevo le scale per fare compagnia a Scorpius.

Che la mia compagnia, poi, non fosse desiderata era un piccolo particolare di cui non volevo tener conto, perché, andiamo, era chiaro che il suo rifiuto e il suo fastidio palese fosse solo un modo per farmi capire quanto in realtà lui adorasse il fatto che io spostassi ogni documento, ogni cartellina o ogni altra cosa importante.

Da quando due giorni prima avevo pensato che Scorpius potesse essere il mio bello e io la sua bestia, comunque, non era più capitato che ci avvicinassimo più del consentito né che lui mi dicesse qualcosa di carino, anzi.

《 Ma brutta testa rossa  metti giù quel documento 》stava urlando in quel momento.

Lo avevo guardato solo per poi far finta di indossare un paio di occhiali da vista inesistenti e iniziare a leggere, ma poi mica ci capivo qualcosa.

Insomma, cos'è un'amnistia? avrei voluto chiedergli, ma, invece, continuavo a fingere interesse per quei paroloni difficilissimi.

Fino a quando, ovviamente, Scorpius non mi aveva strappato letteralmente il foglio dalle mani.

Me ne stavo rendendo conto soltanto in quel momento, forse, ma la sua pelle aveva un odore particolarissimo che mi ricordava i biscotti che nonna Molly preparava a Natale.

E aveva una camicia stirata alla perfezione, così tesa sul petto e, soprattutto, aveva un culo capace di parlare: mi sembrava quasi di sentirlo supplicare di essere toccato.

Stavo per allungare la mano quando, purtroppo, il proprietario di quel bel popò mi spinse più lontana. 

《 Ecco, guarda cosa che guaio hai combinato, stupida Grifondoro! 》

《 Tecnicamente, lo hai combinato tu, il guaio. 》e poi non siamo più a scuola, cretino di un Serpeverde.《 Reparo. 》

Dovevo farlo: in qualche modo, dovevo dimostrare di essere la degna figlia di mia madre e non solo di mio padre.

Scorpius avrebbe voluto fulminarmi e, se fosse stato possibile lanciare Avada Kedavra con gli occhi, sicuramente a quell'ora sarei stata stesa a terra senza vita e troppe persone sarebbero state a piangere la mia morte.

Forse, proprio per non avere sulla coscienza la mia dipartita, alla fine, disse soltanto una parola:《 Assolta. 》

Beh, grazie! È una cosa buona, sì? 

Quando Scorpius andò a sedersi dall'altra parte della scrivania, io misi i piedi sulla poltrona che aveva affianco.

Probabilmente stava studiando un modo per cacciarmi via e, visto che Scorpius aveva gli occhi più trasparenti del mondo, capii immediatamente che i piedi sulla poltrona non gli piacevano.

Li stavo abbassando lentamente, quando li bloccai a mezz'aria.

《 Cos'hai detto? 》

《 Ti ho chiesto se davvero ti piace quel tipo del bar. 》

《 Mh, sì. È carino. 》

Carino è un eufemismo, perché Dave è un gran pezzo di Manzo allevato in Irlanda, mica un agnellino inglese? Forse, anche lui ha un culo parlante.

《 Se ti piace davvero e se hai intenzione di conquistarlo, beh… potrei aiutarti. 》

《 E in che modo? Continuando a chiamarmi tesoro mio in pubblico e lanciandomi bestemmie in privato? 》

《 No. Ho un piano. 》

•●•

Albus ci guardava come se fossimo impazziti: camminava avanti e indietro per lo studio, tornava a guardarci, scuoteva la testa e riprendeva la sua passeggiata antistress.

《 No, davvero, non possiamo farlo. 》

Ovviamente, Albus doveva partecipare obbligatoriamente a ogni piano, missione o rapina in cui ci fossi pure io, anche se il resto del clan Weasley- Potter era in vacanza con le natiche abbronzate.

《 Rose 》si era inginocchiato per guardarmi.

Forse dovrei mettere un cuscino davanti a miei piedi, tutta queste gente che si inginocchia per me mi fa quasi tenerezza.

《 Rose 》aveva ripetuto.《 ti rendi conto che non è giusto? Non sarebbe reale e non credi di meritare un amore sincero? 》aveva guardato nella direzione di Scorpius che, intanto, guardava fuori dalla finestra.

Ovviamente, Albus non si era fermato e aveva continuato la sua predica all'infinito, tirando in ballo la lealtà, Voldemort e sua madre, nonno Arthur e la sua paperella di gomma di cui ancora non aveva capito l'uso e l'utilità.

Sì, mi stava facendo una predica con i fiocchi,  ma d'altronde, cosa potevamo aspettarci da uno che si chiama Albus Severus Potter

Quasi nulla di quello che ci saremmo potuti aspettare da James che- andiamo, si chiama James Sirius!

Insomma, mio cugino, nonchè mio migliore amico, era una di quelle persone che io definivo scomposte, nel senso che aveva un nome per ogni sua personalità: quando si sentiva buono e misericordioso, di solito, emergeva il suo lato Albus; quando, invece, doveva inveire contro i Grifondoro e tutta la cricca, veniva fuori il suo lato Severus… il lato Potter, beh, si evidenziava tutte le volte in cui saltellava allegramente andando incontro alla morte.

Noi, però, avevamo deciso di comune accordo di chiamarlo Al per pura comodità: mica potevamo consumare l'aria nei polmoni solo per dire il suo nome di battesimo?

Doveva aver capito che avevo smesso di ascoltarlo da un pezzo, perché adesso se ne stava a guardarmi storto con le braccia incrociate sul petto. 

《 Sì, me ne rendo conto, Al, ma è soltanto un modo per accelerare le cose… 》

E, nel nostro discorso tra cugini, Scorpius si intromise senza preavviso:《 Pranza tutti i giorni ai Tre manici di scopa, tra una mezz'ora dovrebbe essere lì, si siede al secondo tavolo a sinistra, subito dopo l'entrata. Ci faremo trovare già lì, in modo che tu possa richiamare la sua attenzione e, dopo un po', farai finta di voler fumare una sigaretta. 》

《 Io non fumo, Malfoy. 》

《 Allora, inventa un'altra scusa, che ne so? Voler guardare gli uccelli che volano, pisciare fuori dal pub, insomma, qualsiasi cosa. E, mentre voi siete fuori, noi faremo il lavoro sporco. 》

《 Io non alcuna intenzione di partecipare a questo piano 》aveva detto Albus.

《 Oh, sì che lo farai. 》

Scorpius aveva gli occhi talmente stretti che mi chiesi se davvero riuscisse a vedere, ma poi, cosa m'importava?

L'importante era che il nostro piano riuscisse alla perfezione e io avrei potuto vivere la mia bellissima storia d'amore con Dave, no?

Dieci minuti dopo, insieme ad Al e il suo muso lungo e contrariato, eravamo seduti al secondo tavolo a sinistra dei Tre manici di Scopa.

《 Come fai a sapere tutte queste cose? 》avevo chiesto a Scorpius che, ovviamente non mi aveva degnato di uno sguardo.

《 Davvero, perché stai facendo tutto questo per me? 》

Albus finalmente aveva rialzato gli occhi, li aveva fissato sul suo migliore amico come se si aspettasse una dichiarazione d'amore plateale e del tutto fuori luogo e, forse, me l'aspettavo anche io dopo tutto quello che mi aveva detto due giorni prima- non avevo del tutto abbandonato l'idea di essere la sua bestia.

《 In realtà 》aveva cominciato a dire Scorpius con la sua voce che mi faceva il solletico per quanto era morbida.《 lo sto facendo per me: forse, questo è l'unico modo per lavorare in pace e non essere rotto il cazzo. 》

A tratti, sembrava che i ruoli tra me e lui si invertissero: io diventavo la bella e lui la bestia, anche se io non avrei mai spiaccicato il naso sui libri e non sarei andata in giro a cantare la canzone del buongiorno.

《 Se ti dà così tanto fastid- 》

Mi ero interrotta perché in quel preciso istante, Dave stava facendo il suo ingresso trionfale.

E perché Scorpius mi aveva dato una gomitata ben assestata nelle costole.

《 Rose, ciao 》Dave aveva cominciato ad avvicinarsi e io a sorridere.

Non per il suo saluto, sia chiaro, ma perché Al aveva rischiato prima di spezzarsi il collo per girarsi a guardarlo e poi di perdere le palle degli occhi mentre mi chiedeva se fosse proprio lui la nostra vittima.

《 Che ci fa qui? 》

《 Oh, un pranzo in famiglia. Loro sono i miei cugini, Albus e Scorpius. 》

Dave si massaggiò la fronte, era palesemente in difficoltà e, infatti, quando tornò a parlare, il suo tono di voce risultò un tantino incerto:《Quindi, anche lui, eh? E io che credevo fosse il tuo ragazzo. 》

Sputare mezzo boccale di burrobirra sui pantaloni di Scorpius non era stata un'idea brillante, ma sicuramente migliore rispetto a quella di sputare mezzo boccale di burrobirra in faccia a Dave.

《 Ti va di sederti con noi? 》chiese Al, forse, solo per distogliere la mia attenzione dalle cosce del suo migliore amico.

《 Ma certo! Insomma, adesso che non rischio di essere Schiantato da un probabile fidanzato geloso… Voi cugini non siete gelosi, vero? 》

Albus si stampò sulla bocca il suo sorriso più falso, Scorpius emise una specie di grugnito.

Oh, insomma, gli faceva così tanto schifo essere mio cugino? Eppure, eravamo così carini tutti e tre, sembravamo quasi le Superchicche.

《 Vuoi una burrobirra? 》

《 Preferirei un idromele, come quello di Scarabeo. 》

《 Scorpius 》lo corresse lui.

《 Oh, beh, è uguale. 》

Mi stavo davvero  trattenendo, ma non potevo ridergli in faccia: gli avevo già sputato sui pantaloni. E poi ero contenta che le sue occhiate omicide non fossero rivolte a me per una volta.

Chissà cosa avrebbe detto al Wizengamot se davvero avesse ucciso Dave. Me lo immaginavo mentre urlava gran voce la sua innocenza e presentava le prove per non finire in galera.

È stata legittima difesa, vostro onore. Sì, sarebbe stato proprio da lui dire una cosa del genere.

《 Dave? Ti andrebbe di accompagnarmi fuori? 》

《 Certo. 》

Perciò, ci alzammo e uscimmo nell'afa africana che in quel momento creava una cappa soffocante su Diagon Alley.

Non aveva mai fatto così caldo a Londra e in tutta l'Inghilterra.

《 Fumi? 》mi chiese Dave.

《 No. 》

In quel momento, forse, avevo le guance rossissime per l'imbarazzo e mi ritrovai a pensare che avrei preferito restare dentro con Scorpius piuttosto che stare fuori a sciogliermi per il caldo e a non sapere cosa dire.

《 Tu fumi? 》

《 Si. 》

《 Non ti ho vista al bar questa mattina. 》

《 In realtà, non ci lavoro più. 》

《 Bene. 》

《 Bene. 》

Questa sì che è una chiacchierata profonda fatta per conoscerci meglio e buttare giù idee per il nostro matrimonio. E, per la cronaca, il tuo sedere è meno chiacchierone di quello di Malfoy.

Nel frattempo, Al si stava sbracciando per chiamarci.

Quello sarebbe dovuto essere il segno pacato e che doveva passare del tutto inosservato per farmi capire che la prima fase del nostro piano era stata attuato.

Il piano consisteva nel far beve Dave il suo idromele corretto dal barista con un filtro d'amore che Scorpius si era premurato di portare da casa.

Peccato che, nei dieci minuti in cui io e Dave eravamo stati fuori, Scorpius aveva bevuto quattro burrobirre e sei bicchieri di idromele.

E, ovviamente, aveva tracannato anche l'idromele corretto di Dave non appena Madama Rosmerta lo aveva poggiato sul tavolo.

Pensai che la fortuna quel giorno doveva essere dalla nostra parte, perché non appena Scorpius ingoiò l'ultima goccia dell'arma del delitto, arrivò il Patronus di zio Harry a richiamare Al, perché:《 Tua madre è in piena crisi isterica preciclo, muovi il culo e vieni a salvarmi! 》

Non c'è nemmeno bisogno che avevo colto la palla al balzo per dire a Dave che dovevo assolutamente andare a calmare zia Ginny e mi ero dileguata insieme ai miei due accompagnatori, lasciando lui come un allocco.

Mi chiedevo se l'avessi rivisto o se Dave avesse deciso di scappare in Turkmenistan per far perdere le sue tracce, cambiare identità e non farsi cercare mai più. 

Immaginavo che questa fosse l'unica cosa da fare dopo un'esperienza del genere.

Quello che era successo dopo che Al aveva lasciato me e Scorpius da soli nel suo studio, poi, avrei preferito dimenticarlo e cancellarlo dalla mia mente con un Oblivion, uno di quelli belli potenti.

•●•

La porta di casa, quella sera, somigliava tantissimo alla porta del Paradiso e, quando la varcai, mamma mi sorrise e mi chiese com'era andata la giornata al lavoro.

《 Molto bene, sono un po' stanca 》le avevo detto perché, comunque, lei non sapeva nulla del fatto che Luna mi avesse licenziata dandomi della combina guai buona a nulla.

Sono sconvolta, me lo si legge in faccia.

《 A proposito… hai visite. 》

Il suo tono di voce mi fece subito pensare a una visita interessante, chessò, un bel ragazzo muscoloso con un perizoma di pelle di serpente.

Invece, ero rimasta profondamente delusa quando avevo visto Lily seduta sul mio letto.

Mi ero appuntata mentalmente di non dare mai peso al tono di voce e alle espressioni facciali di mamma, perché poteva tranquillamente spacciare una caramella inventata per farmi venire un attacco di diarrea per una caramella agli agrumi.

Mi tornò in mente la serata trascorsa al San Mungo e mi sembrò quasi di sentire la pancia fare versi strani.

Alla fine, tornai a guardare mia cugina.

《 È davvero importante, Rose, non sarei venuta, altrimenti. 》

Lily Luna Potter aveva i capelli rossi- come tutti i Weasley-, gli occhi castani e il sorriso innocente, un'intelligenza fuori dal comune e un senso dell'umorismo un po' triste; era stata una bimbetta capricciosa e antipatica, viziata all'inverosimile, ma con il tempo aveva tirato fuori un aspetto di se stessa che era diventata la sua arma di seduzione, perché Lily era quella che, a differenza di tutti i Weasley, sapeva essere sensibile: riusciva a comprendere le persone solo guardandole, aveva sempre una parola di conforto per tutti e sapeva dare consigli che nove volte su dieci si rivelavano giusti.

《 Sei sola? 》

《 Mi ha accompagnata Al. 》

《 Dov'è, quel maledetto? 》

Probabilmente, Albus aveva sentito il mio richiamo agli ultrasuoni, perché un attimo dopo, era fermo davanti alla porta e portava il peso da un piede all'altro.

Ho sempre creduto che in una vita precedente, io e Al eravamo stati due balene, perché non era possibile che me lo trovassi di fianco ogni volta che facevo il suo nome.

Tranne quando la sua presenza era di vitale importanza, perché, nemmeno a dirlo, in quei casi, diventava sordo e paralitico.

《 Tu 》gli puntai il dito al centro del petto e mi sollevai sulle punte giusto per risultare vagamente minacciosa.《 Come hai osato lasciarmi da sola con lui? 》

《 È andata davvero così male? 》

《 È andata male? Ha bevuto un filtro d'amore, razza di idiota! Non faceva altro che abbracciarmi, dirmi che mi amava e che mi avrebbe sposata! 》

《 E tu cos'hai fatto? 》

Non sapevo se raccontargli del modo in cui avevo reagito alla dichiarazione d'amore di Scorpius, perché la predica che mi aveva fatto quella mattina mi risuonava ancora nelle orecchie, ma sapevo che se non l'avessi fatto io stessa, il suo migliore amico avrebbe ingigantito tutto e io sarei passata dalla parte del torto. Come sempre, tra l'altro.

《 L'ho schiantato, è ovvio. E poi l'ho lasciato da solo a morire. 》

Non era andata proprio così, nel senso che avevo preso la bacchetta prima ancora che il filtro d'amore mostrasse i sintomi su Scorpius e, per essere del tutto sicura di essere in vantaggio, gli avevo dato un paio di calci stile kung fu negli stinchi, ma non potevo di certo dirlo a mio cugino.

《 Ma sei impazzita, Rose? E se fosse morto davvero? 》

《 Mi sono premurata di fargli sbattere la testa sul divano accanto alla scrivania. 》

《 Ti rendi conto di quanto è grave la situazione? 》

《 Fammi capire, Al: ti stai schierando dalla sua parte? 》

《 Ma certo che mi schiero dalla sua parte: Scorpius è un ragazzo fragile, indifeso, che non farebbe del male a una mosca. 》

《 Indifeso? Quello sembrava un cazzo di ninja, Al! 》

Credevo che, finalmente, avrei ricevuto delle scuse e, invece, mio cugino si era limitato a una scrollata di spalle e si era seduto accanto a sua sorella.

《 Bene. Perché siamo qui, Lily? 》

《 Perché dovrei parlare con Rose di una cosa privata e molto intima, Al. 》

《 Oh, sì. Rose è la migliore quando si tratta di dover affrontare il discorso. 》

No, no e no. Io non ho intenzione di fare il discorso a nessuno! 

《 Davvero sei ancora vergine? 》

《 Non è di me che stiamo parlando, ma di lei. 》

《 Oh, beh... oh! Davvero sei ancora vergine, Lily? 》

《 Preferirei non parlarne in sua presenza. 》

《 Sparisci traditore. 》

Al camminava al rallentatore quasi come stesse camminando sulla luna e, più lui camminava a quel modo, più le mie orecchie diventavano rosse e pronte a lanciare fumo.

A volte mi chiedevo se lo facesse apposta per farmi innervosire o se fosse soltanto scemo e basta. Sceglievo quasi sempre la seconda opzione, perché era vero che si chiamava Albus Severus, ma era anche vero che era il fratello di James e i fratelli di James non potevano essere del tutto stabili mentalmente.

《 Ah, Rose 》parlava nello stesso modo in cui camminava.《 Hai mai pensato che a Scorpius il filtro d'amore potesse non fare effetto? 》

Era stata Lily a risolvere la situazione, alzandosi e dandogli un calcio nel sedere- lei che, per quanto sensibile, aveva ereditato da James la voglia di far male fisicamente chiunque disturbasse la sua persona e il suo spazio vitale.

Ovviamente, il suo piede era spesso indirizzato a suo fratello e, a volte, a Louis o a Lucy, perché loro davvero meritavano calci dovunque con quell'aria da snob perfettini e la puzza sotto il naso.

《 Davvero sei ancora vergine? 》chiesi per la terza volta: mi sembrava strano e impossibile che lo fosse davvero, per questo la fissavo con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca atteggiata in una smorfia strana, degna di una persona che si è appena slogata la mascella.

《 Sì. 》

Cioè, Lily, la dolce e sensibile Lily, quella che prendeva le persone a calci in culo e un attimo dopo le consolava, non aveva ancora fatto sesso?

Non potevo crederci: anche io ero riuscita ad andare a letto con qualcuno, com'era possibile che non ci fosse riuscita lei?

《 Ma, come? 》

Quando era imbarazzata, Lily abbassava lo sguardo e si arrotolava una ciocca di capelli tra le dita e, ovviamente, diventava rossa come un pomodoro.

E io ero ancora sconvolta per tutte le scoperte che avevo fatto in troppo poco tempo: Victorie lesbica che veniva invitata dalla sua fidanzata Sarah, o Sharon, in una mega villa nel Sussex, Lily vergine e l'insinuazione di Al secondo la quale Scorpius non aveva bisogno di un filtro d'amore per innamorarsi di me- anche se credevo fortemente che l'ultima, tra tutte le scoperte che avevo fatto, fosse quella meno reale.

《 È che non so come si fa… 》aveva detto Lily, muovendo i suoi minuscoli piedini nel vuoto.

Oh, no. No, no, no, no, no.

《 È facile. 》

《 Davvero? 》

《 Sì. 》

《 E come funziona? 》

《 Beh, basta aprire le gambe e aspettare che lui metta il caz- 》

《 Rose! 》

《 Lily! 》

《 Rose! 》

No, quella che mi aveva chiamato non era per niente la voce di Lily.

Forse, io ero un pomodoro più maturo rispetto a Lily… ero quasi pronta per diventare sugo ed era quello che sarei diventata di lì a breve visto lo sguardo bellico e per niente pacifista che mi stava indirizzando Hermione.

E pensai che dove aveva fallito Scorpius, avrebbe sicuramente vinto lei e, infatti, mi immaginavo già in una bella tomba circondata da corone di fiore e persone che piangevano per me, tranne una, ovvero, colei che mi aveva uccisa.

《 Non è come sembra, mamma! 》

《 Ah, no? E com'è, allora? 》

Se fossi stata una persona per bene, sarei rimasta accanto a mia cugina, ma il ricordo di quello che era successo durante il pomeriggio del mio quindicesimo compleanno aveva fatto emergere la parte codarda e meschina di me.

La parte razionale del mio cervello mi diceva di restare, l'altra- che poi era quella a cui davo più ascolto- mi suggeriva di darmela a gambe levate e magari lasciare dietro di me qualche nuvoletta di fumo come quelle nei cartoni animati.

Alla fine, avevo deciso di scegliere la via del mezzo che non era mai sbagliata: avevo preso mamma per un braccio e l'avevo trascinata nella mia camera, avevo detto a lei e a Lily che loro sì che si sarebbero capite e me n'ero andata sventolando la mano in aria come la regina Elisabetta. 

Questo faceva di me una cattiva persona, lo sapevo bene, ma almeno stavo dimostrando tutta la mia coerenza: anni fa avevo fatto una promessa a me stessa ed ero intenzionata a mantenerla per tutta la vita, perché io non avrei mai fatto il discorso. A nessuno.

Angolo Autrice:

Eccomi qui, con un altro capitolo. 

Spero che nessuna di voi si sia trovata nella stessa situazione di Rose… insomma, il discorso di Hermione non è certo dei migliori.

E, ovviamente, spero che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto.

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