La Ballata del Serpente

di Lady Elin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parole non dette ***
Capitolo 2: *** Domande senza risposta ***
Capitolo 3: *** Fiamme ***
Capitolo 4: *** Condivisione ***
Capitolo 5: *** Un solo istante ***



Capitolo 1
*** Parole non dette ***


1.
Parole non dette
 
 
 
 
 
 
 
 
 


“Hai avuto un incubo?”
Quando Jafar si sveglia, la stanza è immersa nel silenzio. Oltre il cornicione, la luna si staglia alta in cielo. Manca ancora molto all’alba.
Zulema è stesa di fianco a lui. Gli enormi occhi ambrati che lo fissano, la voce limpida e chiara.
“Va tutto bene. Ci sono io con te”
Sente il suo profumo invadergli le narici. Negli anni ha imparato a riconoscerlo, ma non gliel’ha mai detto. Come molte altre cose.
E’ questo a cui pensa Jafar, mentre porta le labbra alle sue.
Una vita a cercare me stesso. Non era altro che sopravvivenza la mia. Poi sei arrivata tu..
Chiude gli occhi. Inspira, assaporando l’intensità del bacio che arriva subito dopo. La pelle di lei è morbida, e trema al tocco della sua mano. Jafar la sfiora piano, con delicatezza, ha paura di farle male.
Distruggo tutto ciò che tocco. Perché con te dovrebbe essere diverso?”
Zulema trema di nuovo. Il respiro irregolare, le labbra dischiuse. Quando si fa strada dentro di lei, Jafar ha il timore che non lo guardi nemmeno. Chi mai potrebbe?
Una mano si poggia sulla sua guancia. Sotto di lui, gli occhi di Zulema sono due gemme che risplendono nella notte buia. E non si staccano dai suoi.
Nemmeno per un secondo.
 
Quando Jafar si sveglia, la stanza è immersa nel silenzio. Oltre il cornicione, i primi raggi solari irradiano il pavimento. E’ l’alba.
“Hai avuto un incubo?”
Zulema è stesa di fianco a lui. I suoi occhi sono chiusi, la voce impregnata di sonno.
“Va tutto bene. Ci sono io con te”, l’avvolge in un abbraccio, poggiando la testa contro il suo petto.
Jafar la stringe forte.
Una vita a cercare me stesso. Non era altro che sopravvivenza la mia. Poi sei arrivata tu.. Ma non avrò mai il coraggio di dirtelo.

 

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Capitolo 2
*** Domande senza risposta ***


2.
Domande senza risposta
 
 
 
 

 
 
 
 


Nell’esatto momento in cui l’orchestra comincia a suonare, Jafar la vede.
Zulema è cambiata. Adesso non indossa più vestiti logori, e i capelli le sono diventati lisci come la seta.
Ma la luce nei suoi occhi, quella è rimasta la stessa.
La osserva venire nella sua direzione. Sembra tranquilla, ma Jafar sa bene che non è così. Può ingannare gli altri, ma non lui.
Si chiede con quale scusa abbia liquidato la sua ancella. E’ sempre stata brava con le parole.
“Generalmente preferisco le ballate che parlano di gesta eroiche, ma questa, seppur narri della passione morbosa di un uomo per la sua capra, la trovo orecchiabile”
Quando si volta, una parte di lui vorrebbe abbracciarla. Tuttavia, il suo orgoglio ferito glielo impedisce.
“Suppongo sia il difetto di molti esseri umani. Spesso l’involucro affascina più dell’essenza. Comunque io non ballo, ma grazie dell’invito”
L’espressione infastidita sul suo volto gli provoca un brivido di piacere lungo la schiena. Era quello che voleva. Forse.
Jafar non fa in tempo a chiederselo, perché il sultano si intromette nella conversazione. Si rivolge a Zulema, la guarda come fosse un oggetto di sua proprietà. E lui deve lottare contro se stesso per non perdere la calma.
Ancora non riesce a spiegarsi tutto questo. Ma sono passati anni, e non ha senso porsi domande che non avranno mai risposta.
Si limita quindi ad osservarla da lontano, mentre il sultano la conduce sulla pista da ballo. Sa bene di averlo infastidito col suo modo di fare, ma non se ne pente minimamente.
Sussurra qualcosa, lei annuisce. Non c’è più luce nei suoi occhi.
Mi hai davvero abbandonato per questo?
La musica parte. Jafar continua a guardarla. E in cuor suo, spera che lei se ne accorga.

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Capitolo 3
*** Fiamme ***


3.
Fiamme
 
 
 
 
 
 
 
 
 

L’ultimo gruppo di prigionieri viene fatto salire sulle carovane. In lontananza, le case del villaggio continuano a bruciare.
Jafar riesce a scorgere anche la sua, che a differenza delle altre, continua a restare in piedi. Quasi non volesse accettare la sconfitta. Proprio come lui.
Inizialmente se l’era presa con Zulema.
“Avresti dovuto prevederlo. E’ colpa tua”, erano state le sue parole.
Le aveva pronunciate in un momento di rabbia, mentre i soldati di Shirabath mettevano ad entrambi le catene ai polsi.
Adesso lei non vuole parlargli. Da più di dieci minuti se ne sta rintanata in un angolo del carro. ll volto scuro, l’espressione indecifrabile. Jafar non sa se andare a parlarle.
E’ consapevole di avere esagerato, ma fare ammenda non è mai stata un’opzione selezionabile dal suo punto di vista. Implicherebbe l’essere in torto. E lui detesta sbagliarsi.
Quando siede al suo fianco, Zulema non lo guarda nemmeno. Si tasta il braccio con la mano, lì dove una grossa ferita da taglio ha appena smesso di sanguinare.
Jafar strappa un lembo della sua veste, e gliel’avvolge attorno. Non si aspetta nulla dopo quel gesto, la conosce bene. E mentre i soldati fanno partire le carovane, il suo sguardo non vacilla nemmeno per un secondo. Ha paura, come tutti lì dentro, ma preferirebbe morire piuttosto che ammetterlo.
“Andrà bene?”
La domanda di Zulema è pressoché un sussurro.
“Prevedi il futuro. Dovresti dirlo tu a me”
Jafar sposta lo sguardo oltre l’orizzonte. Alla fine, anche la loro casa ha ceduto alle fiamme.
“Per quel che vale, finchè saremo insieme.. Sì, andrà bene”

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Capitolo 4
*** Condivisione ***


4.
Condivisione
 
 
 
 
 
 
 
 



“Sorpresa!”
“Ma cosa diamine hai combinato?”
Zulema è davanti alla porta di casa. Ha il fiato rotto, il viso sporco di terra, e i vestiti ridotti a brandelli.
“Scusa se ci ho messo tanto, ma il proprietario era davvero un osso duro”, dice, allungando un sacchetto nella sua direzione.
Jafar vi guarda all’interno, confuso.
“Noci? Sul serio, Zulema?”
“Buon compleanno!”
Una parte di lui è furiosa. Gliel’avrà detto almeno un centinaio di volte che non deve mettersi in pericolo per queste sciocchezze. Ma lei, testarda, non perde l’abitudine.
Come devo fare con te?
“Allora? Mangiamo?”, Zulema lo guarda, aspettando una risposta.
“Scusa, ma questo non doveva essere il mio regalo di compleanno?”
Mentre parla, lei si è già portata la prima noce alle labbra. Gli sorride.
“Si, ma siamo poveri. E il cibo va condiviso”
 
“E’ permesso?”
Jafar alza lo sguardo dal libro che sta consultando. Di fronte a lui, c’è un servitore con un vassoio in mano.
“Ordinate sempre la stessa cena in questo giorno dell’anno. E’ curioso, non trovate?”
Al suo silenzio, l’uomo china il capo mestamente, poggiando il vassoio su un tavolo.
“Perdonate, mio Visir”
Quando va via, Jafar si alza. Nel vassoio, come da lui richiesto, ci sono una dozzina di noci.
Ne divide una, lanciando l’altra metà a Iago.
Non è più povero, anzi, ha più soldi di quanti gliene servano. Tuttavia, quelle noci preferisce sempre condividerle.

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Capitolo 5
*** Un solo istante ***


5.
Un solo istante
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E’ andato via a metà banchetto.
In lontananza si ode ancora la musica e il fragoroso chiacchiericcio degli invitati.
Due cose che Jafar ha sempre detestato.
Shirabath non dorme mai, dicevano, e a quanto pare sembra essere vero. Tuttavia non c’è niente che lo trattenga lì, in mezzo a quella bolgia festante di aristocratici sciroccati.
E’ a questo che pensa Jafar, mentre attraversa in silenzio il lungo corridoio deserto.
Si ferma. Qualcosa ha attirato la sua attenzione.
Vicino ad una colonna, col volto illuminato dal pallido chiarore lunare, c’è Zulema.
“Guarda chi si rivede”, mugugna, barcollando vistosamente.
E’ ubriaca. Fradicia.
“Sei stato piuttosto sgarbato prima, alla festa. Devi odiarmi tanto..”
“L’odio è per chi prova dei sentimenti. Affetto, empatia, senso di protezione. Tutte cose che non mi riguardano più, specie nei tuoi confronti”
La risata di lei è un suono sguaiato che echeggia l’aria.
“L’arte dell’inganno ti è sempre stata affine. Funziona con tutti, tranne che con me..”
Muove qualche passo in avanti, un attimo prima di cadere goffamente. Jafar l’afferra appena in tempo. Si ritrovano faccia a faccia.
Gli occhi di Zulema sono uno specchio d’ambra, e anche se annebbiati dai fumi dell’alcool conservano la loro bellezza.
Jafar maledice se stesso per quel pensiero.
Resta immobile, specie quando lei gli getta le braccia al collo e affonda il volto sulla sua spalla. Spiazzandolo totalmente.
“Mi sei mancato”
Parole sospirate nel silenzio. Una risposta che lotta per emergere, contro tutto l’orgoglio che un uomo è capace di provare.
 
“Soffrire, ne vale la pena? Forse no, per stanotte”
 
Gli ospiti hanno smesso di parlare, l’orchestra non suona più. Ma forse, considera Jafar, è solo una sua impressione.
Approfitta di quella calma apparente, del fatto che Zulema è ubriaca e che l’indomani non ricorderà nulla, per concedere al suo animo un po’ di pace.
Un solo istante di fragilità.
La stringe.
“Anche tu mi sei mancata”

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