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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 1 *** I ***
I
Il mio cuore sta
battendo
Perché tu sei la
ragione
Per cui sto perdendo
il sonno
Ti prego, torna
adesso
L’urlo che uscì dalla bocca dell’amica gli fece venire i brividi,
cosa mai accaduta nel corso della sua longeva vita da elfo. Legolas fece per avvicinarsi
a lei e abbracciarla, ma la guerriera lo respinse ancora una volta, correndo
verso il nano che si stava lentamente accasciando sulla lastra ghiacciata sotto
di lui.
L’Elfa si inginocchiò al suo fianco e gli prese la testa
portandola al suo grembo. Gli tolse qualche ciocca di capelli dal volto sporco
di sangue e sudore, mentre Legolas guardava quella scena con una stretta
mortale nel petto. Lui l’aveva salvata, l’amava da secoli ormai, ma lei avrebbe
sempre scelto quel nano, nonostante l’avesse trattata male e quasi uccisa.
Sapeva che il sentimento che scorreva dentro Eruannie era il medesimo che
popolava il suo stesso cuore.
Quando la vita del nano lasciò il suo corpo, l’Elfa lanciò
un altro urlo di dolore e rabbia. Piangeva e gridava parole antiche, il cui
senso veniva ignorato da tutti i presenti. Il principe di Bosco Atro si
avvicinò alle due figure e cercò di sollevare la guerriera, nel tentativo
disperato di sottrarla a quel dolore. Era più forte di lui, pur sapendo che lei
non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, continuava ad amarla. Eruannie si
sottrasse alla sua presa dandogli uno strattone e ringhiandogli addosso di
lasciarli stare, di rimanere alla larga da loro. Un’altra stilettata nel petto
di Legolas, così pungente come un ferro arroventato dritto nel cuore.
Gli parvero millenni quelli che occorsero ai nani per
separare la guerriera dal corpo ormai privo di vita del loro Re. Eruannie si
sdraiò su un fianco, lasciando che il freddo della lastra ghiacciata si facesse
strada dentro di lei. Le lacrime scorrevano silenziose sul suo volto, mentre
una morsa impietosa la lacerava da dentro come nessuna lama avrebbe mai potuto
fare.
Legolas si avvicinò a lei, consapevole che se le avesse
permesso di rimanere lì si sarebbe lasciata morire lentamente. Si inginocchiò
dietro di lei e si affrettò a prenderla tra le braccia, alzandosi subito dopo
in modo da portarla in un luogo più riparato. Quando l’Elfa si accorse del
contatto caldo con il corpo del principe si voltò di scatto nella sua
direzione, rimanendo bloccata a fissare gli occhi glaciali dell’elfo, così
simili a quelli del suo Thorin, eppure così diversi.
Legolas si perse per un attimo ad ammirare quelli blu della
guerriera, due pozzi pieni di dolore che, nel momento in cui incontrarono i
suoi, si animarono per un attimo di speranza, prima di crollare ancora una
volta nella disperazione. Eruannie distolse lo sguardo e lasciò che l’andatura
del figlio di Thranduil la cullasse, finché non la depositò contro una parete
ghiacciata della montagna.
Si accovacciò davanti a lei e la guardò per qualche istante,
imprimendosi nella mente ogni particolare del suo viso, ogni cicatrice, ogni
graffio che si sarebbe portata dietro da quella guerra. Lo sguardo perso nel
vuoto della guerriera si rianimò nell’istante esatto in cui lui indugiò su una
sua guancia con la mano. Eruannie appoggiò le mani al petto dell’elfo e questo
perse un battito a quel contatto, come ogni volta che l’Elfa si permetteva di
toccarlo.
Lo fulminò con un’occhiata e si alzò di scatto, facendolo
barcollare e per poco questo non cadde.
<< È tutta colpa tua, principino dei miei
stivali!>> gli urlò contro, spuntando fuori tutta la rabbia e il
risentimento che provava nei suoi confronti. Il cuore di Legolas si incrinò,
mentre una sottile crepa si faceva strada in esso. Avvertiva una morsa dentro
di lui, un sentimento di tristezza per il dolore della guerriera misto alla
frustrazione della sua continua negazione per ciò che l’elfo provava.
<< Non dovevi impedirmi di salvarlo, ora pagherai
insieme a me il prezzo di questa tua azione per il resto delle nostre vite
dannate>> l’asprezza con cui pronunciò quelle ultime parole fu il
martello che spaccò in due il cuore di Legolas. La guerriera gli voltò le
spalle e si diresse verso i nani, intenzionata a piangere con loro il Re e i
nipoti morti.
L’elfo rimase a fissare la schiena di Eruannie per qualche
istante, mentre intorno a lui il freddo si faceva sempre più pungente. Un
movimento accanto a lui lo risvegliò da quell’incantesimo in cui la guerriera
lo trascinava ogni volta.
<< Non puoi capire quanto sia grande il dolore che si
prova a perdere l’amore di una vita>> si voltò a guardare il padre,
notando che il sovrano di Bosco Atro era intento a osservare anche lui la scena
che si svolgeva a pochi passi da loro. Si chiese da quanto tempo Thranduil li
stesse tenendo d’occhio, ma l’irritazione per le parole del padre prese il
sopravvento.
<< Posso capirlo molto bene, invece>> affermò
con decisione, fulminando il suo Re con lo sguardo. Le labbra del sovrano si
incurvarono in un sorriso triste che divenne man mano sempre più beffardo.
<< No, invece. Quello che pensi di provare per lei non
è amore, è una mera illusione>> Thranduil non sopportava vedere il figlio
struggersi per quella guerriera, non lo aveva mai tollerato prima e le cose non
sarebbero sicuramente cambiate ora. Inoltre sapeva bene che un amore come
quello di Eruannie per Thorin non sarebbe svanito da un giorno all’altro,
perché lui conosceva quel sentimento fin troppo bene.
Si voltò completamente verso il figlio e gli mise una mano
sulla spalla, puntando i suoi occhi in quelli di Legolas e costringendolo a
fare lo stesso.
<< Il tuo animo deve allontanarsi da lei il più
possibile, va’ ad Ovest e cerca il popolo di Menel. Nella guerra che incombe
avremo bisogno di quanto più aiuto possibile>> Legolas aggrottò la fronte
e suo padre gli rivolse per la prima volta dopo numerosi anni un sorriso caldo,
quasi paterno.
Lanciò un’ultima veloce occhiata ad Eruannie, in ginocchio
accanto allo hobbit. Bilbo, così si chiamava il mezz’uomo, la stringeva come
meglio poteva in un abbraccio consolatorio. L’elfo non poté fare a meno di
pensare che ci sarebbe dovuto essere lui al suo posto.
Si allontanò di qualche passo dal padre, prima che questo lo
bloccasse con le parole che attendeva di sentire da secoli.
<< Tua madre ti amava più di chiunque altro, più della
vita>> il principe si voltò verso suo padre e annuì leggermente, mentre
con un gesto del braccio si salutavano. Thranduil osservò il figlio sparire
nella nebbia di Colle Corvo, rimpiangendo di non avergli dimostrato in tutti
quegli anni l’affetto che provava per lui.
Angolo autrice:
Come promesso,
vorrei iniziare una nuova long sulla nostra cara Eruannie, ma vorrei
introdurla con questa piccola raccolta che si colloca cronologicamente
tra la morte di Thorin e il risveglio di Eruannie.
Questa scena era già stata descritta, ma mi ero soffermata sui
sentimenti di Ann, mentre questa volta ho voluto raccontarla secondo il
punto di vista di Legolas.
Il popolo di
Menel di cui parla Thranduil me lo sono inventato di sana pianta,
accennerò qualcosa riguardo a loro nei prossimi capitoli ma
inizio già ora a dirvi che avranno anche loro un ruolo
fondamentale nella Guerra dell'Anello!
Spero di ricevere qualche riscontro da parte vostra, fatemi sapere se
questa mia folle idea ci può stare o se sto facendo una
castronata a introdurre così la long!
Baci,
Giuls
|
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Capitolo 2 *** II ***
II
ATTENZIONE!! QUESTO CAPITOLO TRATTA TEMATICHE DELICATE, IN PARTICOLARE AUTOLESIONISMO!
La mia mente sta
correndo
E tu sei la ragione
Per cui sto ancora
respirando
Ora sono senza
speranza
Thorin l’aveva lasciata. Il suo cuore si era spezzato per
tre volte quel giorno a Colle Corvo, non provava più niente, si sentiva vuota.
Quel pensiero la tormentava da mesi, la notte si svegliava in preda ad incubi
orribili, ma sapeva che era tutta colpa sua.
Era una mattina calda di fine agosto ed Eruannie di Imladris
era immersa nella sua vasca da bagno, mentre l’acqua calda e profumata le
avvolgeva il corpo. La magia della Casa di suo fratello Elrond aveva alleviato
inizialmente le ferite del suo animo, ma la voragine nel suo petto era sempre
in agguato e, quando meno se lo aspettava, tornava a dilaniarla da dentro.
Non riusciva nemmeno più a piangere, doveva aver consumato
tutte le lacrime che possedeva.
“Forse, se non fossi esistita Sauron non avrebbe mai ordinato
ad Azog di attaccare la Montagna…” si ritrovò a pensare, mentre faceva correre
le dita sottili lungo il tatuaggio impresso sul braccio destro.
“…forse, se non fossi mai esistita, ora Thorin e i ragazzi
sarebbero ancora vivi…” il suo sguardo si spostò rapido sullo specchio
appoggiato alla parete della stanza, riflettendo la sua immagine. Quello che vi
vide dentro fu l’ombra della guerriera che era stata un tempo. Si alzò
lentamente, lasciando che l’acqua le scivolasse via. Uscì dalla vasca e si avvicinò
all’oggetto, assottigliando lo sguardo quando notò lo stato in cui si era
ridotta. La pelle era spenta, la luce che emanava un tempo l’aveva abbandonata.
Scure occhiaie le contornavano gli occhi blu, ormai privi di qualsiasi
bellezza. I suoi capelli erano sciupati, mentre i segni della sua malnutrizione
iniziavano ad essere evidenti.
Strinse le mani a pungo e, in uno scatto d’ira, colpì il
volto della sua immagine riflessa.
<< È colpa tua…>> sussurrò all’estranea davanti
a lei, mentre un altro pugno si infrangeva sullo specchio, incrinandone la
superficie. Una raffica di colpi seguirono i primi due, finché l’oggetto non
andò in frantumi. Con le nocche ricoperte di schegge e sanguinanti, si abbassò
a raccogliere un pezzo affilato, tagliandosi una mano. Tornò alla vasca e vi si
adagiò al suo interno, lasciando che l’acqua l’avvolgesse ancora.
<< È colpa mia…>> ribadì, premendo su un polso
l’oggetto tagliente finché l’acqua non si colorò di rosso.
<< È colpa mia…>> sussurrò ancora, ripetendo lo
stesso procedimento sull’altro polso. Una sensazione di leggerezza la pervase,
appoggiò le braccia ai bordi della vasca e si lasciò andare al tepore che
iniziava ad invaderle il corpo. La vista le si annebbiò e lentamente comparve
il volto di Thorin davanti a lei. Il nano le sorrideva e lei ricambiò quel
gesto, sentendolo sempre più vicino.
<< Eri la ragione per cui respiravo…>> gli
disse, mentre l’acqua si faceva sempre più rossa e densa e il volto di Thorin
sempre più nitido.
<<…e ora sono senza speranza…>> sussurrò, il
mento che toccava il pelo dell’acqua. Poi le palpebre si fecero pesanti e le si
chiusero gli occhi.
“Sto arrivando, amore mio” pensò, mentre il suo corpo
sprofondava nel liquido ormai rosso.
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Capitolo 3 *** III ***
III
Scalerei ogni
montagna
E attraverserei
nuotando ogni oceano
Solamente per stare
con te
Ed aggiustare ciò che
ho rotto
Legolas cavalcava da mesi verso quella che il padre gli
aveva indicato essere il nascondiglio di alcuni elfi Silvani. Si erano
allontanati dai loro simili per vivere una modesta vita nel Bosco Selvaggio ad
Est, in solitudine e senza interagire con le altre creature del mondo. Alcuni
di loro erano stati sudditi di Oropher, padre di Thranduil, ma avevano scelto
di ritirarsi dopo la sua morte nella Battaglia di Dagorlad. Thranduil non si
era mai interessato di quei disertori, ma ora che Sauron si era rivelato
avevano bisogno di quanto più aiuto possibile. Il Sovrano di Bosco Atro era più
che propenso a lasciarsi quegli antichi dissapori alle spalle, pur di
assicurare al suo popolo la sopravvivenza.
Finalmente, dopo numerose lune, era riuscito ad arrivare al
limitare del Bosco Selvaggio ai piedi delle Montagne Rosse. Strane leggende
venivano narrate su quei luoghi, si diceva che gli Uomini Selvaggi popolavano
la Foresta e che uccidessero chiunque osasse varcarne i confini, per poi
mangiarne le carni.
A Legolas erano sempre sembrate delle assurde convinzioni
degli uomini di Gondor e Rohan, ma il silenzio innaturale di quel posto lo fece
dubitare un poco. Incitò il suo fidato destriero a proseguire, nonostante anche
l’animo dell’animale fosse leggermente turbato.
Mentre il cavallo procedeva nella boscaglia, l’elfo si
guardava intorno nel tentativo di captare il minimo rumore ostile. Le sue
orecchie erano tese e gli occhi saettavano da una parte all’altra della
Foresta. Nonostante avesse i sensi più fini che un elfo potesse desiderare, non
si accorse minimamente delle figure che lo stavano osservando. Il cavallo si
bloccò non appena percepì la presenza di qualcuno sopra di loro.
Legolas si sporse verso l’animale, tranquillizzandolo con
alcune parole, mentre faceva correre la mano ad afferrare una freccia nella
faretra sulla sua schiena. Ma gli elfi di Bosco Selvaggio erano assai più
rapidi e silenziosi del principe, il quale si ritrovò con una lama al collo.
L’elfo si era calato silenzioso da un albero e si era depositato delicatamente
sul dorso dell’animale, che quasi non aveva percepito la sua presenza.
<< I udùn cin?>> una voce vellutata ma
imperativa giunse alle orecchie del principe, mentre con la coda dell’occhio
cercava di cogliere quanto più possibile le fattezze del suo aggressore.
Legolas alzò le mani in alto in segno di resa, indicando con
lo sguardo la lama dello sconosciuto, come a suggerirgli di abbassarla. Questi,
quasi potesse leggere i suoi pensieri, fece ancora più pressione procurandogli
un piccolo taglietto alla base del collo.
<< Legolas Thranduillion>> sputò fuori l’elfo,
irritato dal trattamento che gli veniva riservato.
<< Ah, il figlio di Thranduil…e per quale stupido
motivo ti sei inoltrato nel Bosco Selvaggio, se posso chiedere?>> l’elfo
alle sue spalle allentò la presa e saltò giù dalla cavalcatura di Legolas,
mantenendo la rozza lama della lancia puntata contro al principe.
<< Non credo che parlerò di tali questioni con un
semplice guardiano, portatemi dal vostro re>> rispose fermamente, facendo
correre gli occhi sul suo interlocutore e analizzandolo rapidamente. Aveva la
pelle di un verde brillante, mentre una scia nera gli contornava gli occhi come
una benda, facendone risaltare il colore ambrato. I suoi lunghi capelli,
anch’essi verdi, erano acconciati in numerose treccine.
I vestiti, se così potevano definirsi, erano delle foglie
intrecciate tra loro e sostenute da alcune liane. Legolas arrossì leggermente
notando di aver scambiato il suo interlocutore per un maschio, ma rendendosi
presto conto che si trattava di una femmina. I seni erano ricoperti da una
serie di foglie che si intrecciavano fino a scomparire dietro a una spalla, ma
le loro forme erano ben visibili. Il principe distolse subito lo sguardo,
concentrandosi sui piedi nudi dell’elfo femmina. Questa scoppiò in una risata
cristallina e, dopo un cenno del capo, il cavallo di Legolas venne circondato
da altri cinque della sua razza.
<< Noi non abbiamo un re, principino>> l’elfo
spalancò gli occhi, come potevano vivere senza un sovrano che li guidasse? La
risposta a quella domanda silenziosa non tardò ad arrivare.
<< Ognuno di noi vive nel rispetto della Foresta,
prendiamo da essa solo ciò che ci serve e in cambio la difendiamo dagli
invasori>> spiegò l’elfo femmina, mentre gli altri risposero con un
semplice verso gutturale di affermazione.
<< Ti porteremo dinnanzi alla Madre di tutti noi, lei
deciderà il tuo destino>> e, con un cenno del capo, qualcuno si affrettò
a bendare l’elfo, impedendogli di vedere dove lo stessero portando. Rapidi e leggiadri,
lo spogliarono delle armi, lasciandolo solo con il suo disappunto. Sentiva
sotto di sé i passi incerti del cavallo e avvertì il suo malumore, che scemò
man mano che percorrevano quel tragitto.
Udiva gli ordini impartiti dall’Elfa, la quale sembrava
guidare quella colonna di elfi. Le ombre della foresta lasciarono presto posto
a una grande luce che penetrò oltre il cappuccio che gli avevano calato sul
volto.
Quando il cavallo arrestò il suo movimento, alcuni guardiani
lo aiutarono a smontare e gli rimossero l’impedimento visivo. I suoi occhi si
presero qualche secondo per riabituarsi alla luce, prima di rimanere colmi di
sorpresa per ciò che si ritrovò davanti. Enormi cascate sgorgavano dalla roccia
delle Montagne Rosse, creando una sorgente naturale dove alcune piccole
creature verdi saltavano e ridevano contente. Tutto intorno a quel paradiso vi
era una distesa di erba, caratterizzata da alcune modeste capanne sparse qua e
là.
<< Benvenuto a Menel, Legolas Thranduillion>>
l’elfo femmina sorrise notando l’espressione sbalordita del loro ospite. Lo
condussero alla capanna più grande del villaggio, mentre i bambini e gli
abitanti gli rivolgevano occhiate insicure. Qualcuno gli sorrise, altri
digrignarono i denti alla sua vista, ma la cosa che lo lasciò a bocca aperta la
ritrovò una volta entrato nella tenda. Essa era stata costruita partendo dalla
parete della montagna, da cui scendeva la stoffa che ne componeva la struttura.
Al centro della roccia vi era un albero capovolto che
affondava le sue radici nella pietra della montagna. Una luce abbagliante lo
avvolgeva, attirando a sé l’attenzione di tutti i presenti. Legolas rimase senza
fiato alla sua vista, ammirandone la bellezza.
<< Questa è la Madre di tutti noi, quella che dona la
vita a chiunque>> gli spiegò l’elfo femmina, incoraggiandolo con uno
sguardo ad avvicinarsi.
<< Essa è il cuore pulsante di tutta la Terra di
Mezzo>> Legolas la osservò ammirato. Mai aveva visto tanta bellezza. Gli
elfi alle loro spalle uscirono, lasciandoli soli.
<< Lei ti giudicherà, ponendoti alcune domande.
Qualunque sarà la sua decisione, il mio popolo la seguirà>> l’elfo
avrebbe voluto guardare la sua interlocutrice, ma i suoi occhi erano solo per
la Madre.
<< Vedo che vieni con una richiesta, Legolas
Thranduillion>> una voce proruppe dall’albero, mentre la luce che lo
avvolgeva traballò per qualche istante. L’elfo annuì e fece un passo nella sua
direzione.
<< Mio padre mi manda a chiedere aiuto per la guerra
che verrà>> spiegò il principe, avvertendo subito dopo l’irrefrenabile
impulso di inginocchiarsi.
<< Il tuo cuore è puro come la tua richiesta, principe
di Bosco Atro>> asserì l’albero, illuminandosi un poco di più.
<< Ma vedo che esso è tormentato da un grande
malanimo>> la mente dell’elfo corse velocemente alla figura della
guerriera che amava. I suoi sentimenti si riaccesero come il fuoco di una
fornace.
<< Posso chiedere di chi si tratta?>> l’albero
era riuscito non solo a leggere la sua mente, ma anche a controllarla e a
metterla a nudo, esponendo tutto ciò che Legolas provava.
<< Lei è Eruannie di Imladris>> la voce sussultò
di sorpresa a quella rivelazione, come se conoscesse l’Elfa.
<< La Guerriera, dunque>> l’elfo annuì, capendo
che i poteri della Madre andavano ben oltre la sua comprensione.
<< Questo vostro amore vi porterà alla vittoria…o alla
sconfitta>> proclamò l’albero, mentre la luce si affievoliva lentamente.
<< Non corriamo questo pericolo, il mio amore non è
corrisposto>> Legolas scosse leggermente il capo, mentre una stilettata
nel suo petto lo fece bruciare di dolore. La Madre esplose in una fragorosa
risata, che l’elfo non comprese, si stava burlando di lui?
<< Come credi, principe. Puoi dire a tuo padre che il
popolo di Menel verrà in soccorso della Terra di Mezzo qualora questa dovesse
trovarsi in difficoltà>> l’albero brillò ancora, prima che l’elfo femmina
accanto a Legolas lo invitasse a uscire dalla tenda.
<< La Madre ha espresso il suo pensiero, ora torna nel
tuo regno>> Legolas, ancora leggermente intontito dalla conversazione con
l’albero, dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di annuire.
<< Posso almeno sapere come vi chiamate?>>
chiese con garbo all’elfo femmina che lo aveva portato in quel villaggio
incantato. Lei, per tutta risposta, rise deliziata.
<< Il mio nome è Calen, figlia della Madre>>
Legolas inarcò leggermente il capo, pensando che l’appellativo “figlia della
madre” non era granché esplicativo.
Alcuni guardiani li raggiunsero portando con loro il cavallo
dell’elfo, che sprizzava gioia da tutti i pori.
<< Ora va’, i nostri cammini si incroceranno di
nuovo>> Calen si sporse verso l’elfo e depositò un fugace bacio sulle sue
labbra, facendolo arrossire vistosamente per il gesto inaspettato.
<< Non illuderti, dalle nostre parti lo usiamo per
dirci addio>> spiegò sapientemente l’elfo femmina, alzando gli occhi al
cielo. Legolas, ancora leggermente scosso dal bacio di poco prima, si affrettò
a montare a cavallo.
<< Vi ringrazio e vi dico addio nel mio di
modo>> si portò una mano al cuore e con un gesto verso gli altri elfi si
congedò, prima di ripartire al galoppo verso Bosco Atro.
I udùn cin? = chi diavolo sei?
Angolo autrice:
Buonasera a tutti, volevo semplicemente scusarmi con l’errore
fatto nel primo capitolo. Legolas si dirige a Est, non ad Ovest…perdonatemi ma
il sito non mi faceva modificare il capitolo, non so per quale arcano mistero.
Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto e attendo di sentire un
qualche ritorno da parte vostra!
Baci,
Giuls
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Capitolo 4 *** IV ***
IV
Oh, perché ho bisogno
che tu veda
Che tu sei la ragione
Le mie mani stanno
tremando
E tu sei la ragione
Il mio cuore continua
a sanguinare
E ho bisogno di te
adesso
Elrond osservava la figura della sorella che attraversava la
stanza con grandi falcate. Gli aveva spiegato il suo piano e lui aveva provato
a dissuaderla dall’attuarlo, senza grandi risultati.
<< Non sappiamo se ti sveglierai, prima di
tutto>> la informò, incrociando le braccia al petto e lanciandole uno dei
suoi classici sguardi corrucciati.
<< Non sarebbe una grande perdita>> ribatté lei,
alzando gli occhi al cielo quando il fratello emise un verso di dissenso.
<< Scherzavo>> si affrettò ad aggiungere, mentre
con una rapida occhiata controllava le cicatrici sui suoi polsi.
<< Gal dice che è l’unico modo per guarire le ferite
del mio animo>> proseguì osservando le espressioni che mutavano sul volto
del fratello. Non era d’accordo e lo sapevano entrambi, ma avrebbe ceduto se
avesse saputo che la Dama di Lothlórien era dalla sua parte.
<< Nemmeno lei può sapere con sicurezza se ti
risveglierai o meno e quel coso…>> con un gesto del capo indicò l’uovo di
drago che la sorella aveva adagiato su alcuni cuscini al centro della stanza.
<<…se dovesse schiudersi mentre tu dormi ancora, come
puoi essere sicura che non ci divorerà tutti?>> chiese con una punta di
nervosismo nella voce. Non aveva nessuna intenzione di mettere a rischio la
vita del suo popolo per la testardaggine della sorella.
<< Non lo farà, si schiuderà quando io ne avrò bisogno
e non prima>> spiegò la guerriera, avvicinandosi con fare protettivo
all’uovo. Elrond distolse lo sguardo per evitare di ribattere con cattiveria.
<< Lo spero per voi!>> si alzò dalla poltrona su
cui era seduto e raggiunse la sorella, posandole una mano sulla spalla.
<< Ann, è arrivata anche oggi una lettera da Bosco
Atro…>> iniziò speranzoso. Eruannie si voltò irata verso il fratello, sul
volto un’espressione infastidita. Elrond si ritrovò a pensare che se fosse
stata lei il drago in quel momento lo avrebbe incenerito.
<< Non ricominciare!>> ringhiò furiosa, prima di
dirigersi verso l’esterno della stanza e sbattere le porte dietro di sé.
Suo fratello voleva che si riappacificasse con Legolas a
tutti i costi, ma lui sembrava non capire i sentimenti che la dilaniavano
dall’interno. Lei soffriva ogni giorno per la morte di Thorin e aveva giurato
al principe di Bosco Atro che avrebbe pagato insieme a lei per le sue azioni.
Ormai aveva deciso, si sarebbe addormentata nel Sonno Eterno
e nessuno l’avrebbe potuta fermare, Legolas poteva andarsene all’inferno.
Sulle scale che portavano al giardino della famiglia reale
incontrò il giovane Elessar. Il figlio di Gilraen era un ragazzino assai
curioso e avventuroso, dai grandi occhi azzurri che sprizzavano allegria ogni
volta che vi ci si imbatteva. Aveva spesso chiesto ad Eruannie di narrargli i
racconti delle sue avventure e delle guerre a cui aveva partecipato. L’Elfa si
era resa disponibile ad addestrarlo all’uso della spada e in quei mesi di
permanenza a Imladris era divenuta la sua maestra personale.
<< Dove vai così di corsa, mia signora?>> chiese
il tredicenne, ormai alto quasi quanto lei. L’Elfa gli rivolse un rapido
sorriso e proseguì oltre.
<< A cercare un po’ di solitudine, Aragorn! Ci vediamo
a cena>> si congedò rapidamente dal ragazzino, sentendo la voragine farsi
sempre più strada dentro di lei.
Correva rapida sull’erba verde, mentre le lacrime premevano
per uscire. Il dolore nel petto aumentava sempre di più, prima o poi sarebbe
scoppiata e non doveva farsi vedere da nessuno in quello stato.
Arrivò accanto a una fontana e il ricordo della Compagnia
che si faceva il bagno al suo interno le attraversò la mente. L’immagine di
Fili e Kili che ridevano e si spintonavano con gli altri le fece emettere un
lamento, ma gli occhi di Thorin che li guardava divertito la fecero piegare in
due, mentre si aggrappava al bordo della struttura per rallentare la caduta.
Trattenne più che poté l’urlo che lasciò la sua gola, facendo venire i brividi
a chiunque l’avesse udito in quel momento. Le lacrime lasciarono scie
incandescenti sulla pelle del suo volto, mentre la voragine nel petto si
espandeva sempre di più, portandosi via ogni ricordo bello a cui cercava di
appigliarsi. La vista le si appannò e i polmoni iniziarono a bruciarle per la
mancanza di ossigeno. Riusciva solo a piangere e a trattenere il respiro per
non urlare di dolore. Sentì qualcuno afferrarla per le spalle e trascinarla
contro il proprio petto, in un abbraccio fraterno. Elessar la strinse, aveva tredici
anni ma comprendeva più di tutti il senso della perdita. La guerriera si
aggrappò alle sue braccia, come se in quel modo potesse far leva sul dolore e
scacciarlo.
<< Respira con me>> le sussurrò il ragazzo a un
orecchio, facendola aderire di più al petto in modo che potesse regolare gli
atti respiratori ai suoi. L’Elfa chiuse gli occhi e si concentrò su quei
movimenti che avvertiva contro la schiena, mentre piano piano la tranquillità iniziò
ad invaderla e l’ossigeno ricominciava a entrare nei polmoni.
<< Grazie>> sussurrò dopo alcuni minuti di
silenzio. Il ragazzo sorrise tra i suoi capelli e l’aiutò a rialzarsi.
<< Dovrei essere io ad aiutare te, non il
contrario>> constatò la guerriera. In quanto sua maestra, Elessar non
avrebbe dovuto vederla in quello stato. Si ricordò dell’ultimo allievo che
aveva avuto e di come era andata a finire e sperò con tutta se stessa che quel
ragazzino non seguisse le sue orme.
<< Devo dirti addio, giovane Aragorn>> disse
voltandosi verso il giovane, mentre si affrettava ad asciugare le lacrime che
ancora le bagnavano il viso. Sul volto del ragazzo si fece strada una semplice
domande: perché?
<< Non sono di aiuto a nessuno in queste condizioni,
ho bisogno di una lunga vacanza>> si affrettò a spiegare lei,
rivolgendogli un caldo sorriso. Il ragazzo annuì e le si avvicinò, prendendole
le mani tra le sue.
<< Ma quando tornerete ricominceremo l’allenamento,
vero?>> la domanda fece ridere la guerriera di gusto. Elessar non teneva
a lei in quel senso, le voleva bene come a una sorella e niente di più.
Ringraziò i Valar almeno per quello e invitò il giovane a raggiungerla per il
loro ultimo allenamento, prima di addormentarsi nel Sonno Eterno.
Angolo autrice:
Eccoci arrivati al penultimo capitolo di questa Raccolta! Spero
vi sia piaciuto, soprattutto perché introduce il rapporto tra Eruannie ed
Aragorn, che avrete modo di apprezzare nella prossima long.
Prima di salutarvi vorrei ringraziare:
-
- Elfa_89 per le belle parole, grazie di cuore
<3
- - ladyw per aver messo questa storia tra le
preferite <3
E un grazie a tutti voi lettori silenziosi <3
Baci,
Giuls
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Capitolo 5 *** V ***
V
Non voglio più
litigare
Non voglio più
nascondermi
Non voglio più
piangere
Torna, ho bisogno che
mi abbracci
Tu sei la ragione,
vieni più vicino ora
Solo un po' più
vicino ora
Vieni più vicino ora
Ho bisogno che mi
stringi stanotte
Dicono che quando perdi l’amore della tua vita si rompa
qualcosa dentro di te. È come se il tuo cuore sia fatto di porcellana e in quel
momento un martello da dieci tonnellate ci batta contro. Legolas non sapeva se
il suo cuore fosse fatto effettivamente di porcellana, ma sapeva che quella
sensazione di puro dolore che provava ogni volta che pensava alla guerriera era
un tormento infinito.
Quelle poche volte che si concedeva il lusso di assopirsi,
rivedeva il volto dell’Elfa che lo fulminava con i suoi occhi blu, mentre tutto
l’odio che provava per lui le sprizzava fuori con un impeto tale da
ghiacciarlo.
Erano anni che non la vedeva, che non aveva più sue notizie.
Più volte aveva provato a mandarle alcune lettere, ma non aveva mai ricevuto
risposta. Poi suo padre gli aveva assegnato una nuova missione, trovare un
certo “Grampasso” figlio di Arathorn e andare a caccia della creatura chiamata
Gollum. Trovare Aragorn, un uomo di circa settant’anni ma che ne dimostrava al
massimo trenta, non era stato facile. Ci aveva messo due anni e mezzo a scovare
i Dunedain e, una volta scoperto il vero nome dell’erede di Isildur, ci aveva
impiegato un altro anno affinché egli si fidasse dell’elfo.
Gandalf e Thranduil confidavano nella riuscita della loro
missione, ma la creatura sembrava astuta e gli sfuggiva ogni volta.
Un giorno d’estate, accanto ad un piccolo stagno nel
Minhiriath, avevano individuato Gollum intento a procacciarsi la cena. Con
abilità e maestria erano riusciti finalmente a catturarlo, non senza un tentativo
di colluttazione da parte della creatura, che si era poi lamentata per tutto il
viaggio verso Bosco Atro.
<< Tuo padre sarò orgoglioso di te>> Aragorn
rivolse all’elfo un sorriso fraterno, mentre teneva il cavallo al passo.
Avevano intrappolato la creatura dentro a una piccola gabbia e l’avevano posta
su un carretto trainato da un pony abbastanza forte.
<< Si vede che non lo conosci>> Legolas sorrise
di rimando all’amico, spronando con la voce il proprio destriero per andare in
avanscoperta nelle Terre Selvagge. Erano anni che non vedeva suo padre e il
pensiero di ritrovarsi ancora quegli occhi grigi impenetrabili addosso lo aveva
messo a disagio. Era contento di tornare a casa, ma chi ci sarebbe stato ad
aspettarlo? Il Thranduil irritante e taciturno, che non faceva mai trasparire
le proprie emozioni, o il Thranduil dolce e premuroso che faceva capolino ogni
tanto da quell’essere che chiamava padre?
“Eruannie saprebbe cosa fare con quei continui cambi di
personalità” si ritrovò a pensare alla guerriera e una morsa d’acciaio al cuore
gli fece portare una mano al petto. Non passava giorno senza che l’Elfa non
popolasse la sua mente in qualche modo. Gli bastava vedere un fiore, sentire un
profumo, osservare il cielo e subito ella tornava a tormentarlo, con quei suoi
profondi occhi blu che lo avevano stregato fin dal loro primo incontro. E, come
ogni volta in cui pensava a lei, in lui si fece strada un senso di sconforto
realizzando che lei lo odiava ancora. Erano passati settant’anni dal loro
ultimo incontro, ma sapeva che non lo avrebbe mai perdonato. Aragorn, il quale
era stato anch’egli un allievo di
Eruannie, aveva donato il proprio cuore ad Arwen, figlia di Elrond e nipote
della guerriera. L’uomo desiderava molto sostare qualche giorno ad Imladris per
salutare la propria amata e Legolas non poté fare a meno di tormentarsi con il
pensiero dell’Elfa. Il suo amico aveva confermato quella voce che girava in
tutta la Terra di Mezzo: Eruannie si era abbandonata al Sonno Eterno nella
speranza di guarire le proprie ferite per la morte di Thorin.
Ed eccola lì, la tipica sensazione di estrema gelosia che
provava ogni volta che pensava all’eterno amore che la guerriera aveva giurato
al nano. Nonostante lui fosse morto quel sentimento non era cessato. Legolas si
odiava per quello, sapeva che era sbagliato amare in quel modo una persona che
non lo corrispondeva, ma aveva così tanto bisogno di stringerla tra le sue
braccia e perdersi in quei pozzi blu che erano i suoi occhi.
Quando furono finalmente nell’Ultima Casa Accogliente,
Aragorn sparì dalla sua vista insieme ad Arwen. Legolas aveva già avuto l’onore
di conoscere la figlia di Re Elrond molti anni prima ed era rimasto subito
affascinato dalla somiglianza con la zia, anche se la guerriera aveva
quell’inconfondibile durezza per il peso degli anni e delle numerose battaglie
combattute.
Re Elrond accompagnò il principe di Bosco Atro alla cripta
dove tenevano conservato il corpo di Eruannie poiché l’elfo aveva insistito per
renderle omaggio. Portò con sé un piccolo mazzo di margherite, i fiori
preferiti della guerriera, e li depositò sul suo grembo, accanto a quella
strana pietra verde.
Il sovrano di Imladris lo lasciò solo, non premurandosi di
trovare una scusa buona per andarsene. Legolas, che aveva abbassato la teca di
cristallo che manteneva il corpo della guerriera, si prese qualche istante per
ammirare tutti i suoi tratti. Il viso pallido e fine, con qualche piccola
cicatrice color perla a dimostrazione delle guerre a cui aveva partecipato. I
capelli corvini leggermente ondulati erano sparsi sotto la sua nuca e le
arrivavano alla vita. La sua attenzione fu attirata da un microscopico
movimento da parte della pietra che la guerriera teneva tra le mani. Fu solo un
attimo, ma il principe giurò di averla vista muoversi. Notò che all’anulare
portava un prezioso anello di oro bianco con incastonata una pietra che
conosceva bene. Era una delle gemme di Lasgaren, uno dei gioielli di sua madre,
probabilmente donatale da suo padre in persona. Si chiese cosa aveva fatto di
tanto importante perché Thranduil le concedesse tale dono.
Si soffermò qualche istante a fissare le labbra rosee
dell’Elfa e, senza indugiare oltre, vi depositò un bacio. Lo aveva sognato da
così tanto che ne rimase deluso, pensava di avvertire una sensazione profonda e
appagante come se lo era sempre immaginato, ma non fu così.
“Certo che non è appagante, lei non ti ricambia” pensò
irritato, mentre si affrettava a rimettere la teca al suo posto. Un lungo
viaggio verso Bosco Atro lo attendeva, avrebbe dovuto portare la creatura a
Thranduil e poi proseguire il suo viaggio per le Terre Selvagge insieme ad
Aragorn. Ma in cuor suo sapeva che un giorno l’avrebbe rivista ancora e l’avrebbe
amata, l’avrebbe convinta a lasciarsi amare.
Perché lei era la sua Ragione.
Angolo autrice:
Buonsalve! Scusate se sono stata assente negli ultimi
giorni, ma la sessione estiva richiedeva la mia attenzione ^-^’
Ma eccoci giunti all’ultimo capitolo di questa Raccolta,
spero vi sia piaciuta e che abbia introdotto abbastanza il seguito di “Sound of
Silence”!
Fatemi sapere!
Un bacio,
Giuls
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