black ink

di bridgetvonblanche
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [1] ***
Capitolo 2: *** [2] ***
Capitolo 3: *** [3] ***
Capitolo 4: *** [4] ***
Capitolo 5: *** [5] ***
Capitolo 6: *** [6] ***
Capitolo 7: *** [7] ***
Capitolo 8: *** [8] ***
Capitolo 9: *** [9] ***
Capitolo 10: *** [10] ***
Capitolo 11: *** [11] ***
Capitolo 12: *** [12] ***
Capitolo 13: *** [13] ***
Capitolo 14: *** [14] ***
Capitolo 15: *** [15] ***
Capitolo 16: *** [16] ***
Capitolo 17: *** [17] ***
Capitolo 18: *** [18] ***
Capitolo 19: *** [19] ***



Capitolo 1
*** [1] ***





BLACK INK.

 
A Valentina, il mio "regalo a distanza"
per il suo compleanno.

[1]
 

Spense quei fari accecanti non appena riuscì a trovare un posto dove poter parcheggiare in tutta comodità la propria auto, ma si ritrovò ad esitare ancora per qualche istante prima di estrarre definitivamente le chiavi dal cruscotto. Dopotutto, quella canzone le piaceva molto.

Cercò subito di correggere i suoi stessi pensieri, scuotendo leggermente il capo per eliminare certi dolci e ormai lontani ricordi che si erano materializzati come per magia davanti al suo volto stanco e provato. Riuscì a trovare un pò di conforto solo stringendosi nel suo cappotto, quella sera dello stesso colore di quel cielo scuro che, fin dalle prime luci dell'alba, non aveva fatto altro che riversare incessanti gocce di pioggia sulle strade di quella grande metropoli. Appoggiò momentaneamente il proprio gomito in prossimità del finestrino, leggermente appannato a causa dei suoi stessi, profondi respiri, lasciando che quella dolce melodia si affievolisse sempre di più per lasciare poi spazio alla calda ed avvolgente voce di uno speaker che, dopo essersi limitato ad accennare le previsioni meteo previste per le giornate successive, aveva preferito lanciare subito un nuovo pezzo, dal ritmo decisamente differente rispetto a quello che lo aveva preceduto.

E come se fosse stata risvegliata all'improvviso da una nuova ed estranea melodia, Kim Jieun si riscosse, trovando finalmente la forza di raccogliere dal sedile vuoto accanto al suo una borsa di pelle nera e poi uscire in tutta fretta dalla macchina, limitandosi a chiuderla alle proprie spalle con un veloce click del telecomando. Non si preoccupò nemmeno di portare con sé un ombrello la giovane Jieun. In fondo sapeva benissimo dove le sue gambe la stavano conducendo e, in cuor suo, sperava che al suo rientro l'ombrello non le sarebbe servito.

Si avviò quindi verso una ripida rampa di scale che iniziò a percorrere in discesa, seguendo un insolito e a dir poco intricato percorso di luci a neon lungo quello stretto corridoio. Il crepitio dei suoi stivaletti con il tacco riecheggiò appena lungo il suo breve tragitto, coperto dal rumore della pioggia scrosciante. Fu così che Kim Jieun si ritrovò davanti all'ingresso di quello studio ancora prima di aver preso l'ennesimo, profondo respiro di quella che, almeno per lei, doveva essere stata proprio una lunghissima giornata di lavoro.

Il Black Ink era sempre esistito. Da che ne avesse memoria era sempre stato lì, in quel sottoscala mal considerato dal mondo intero. In giro molte erano le storie che circolavano su quel posto: si diceva che quella pallida insegna a neon verdastra un tempo indicasse l'entrata di un negozio di dischi prevenienti dall'America e dall'Europa. I più anziani lo chiamavano ancora "la bocca dell'inferno" forse perchè, ai tempi della guerra, quel sottoscala era stato trasformato in un rifugio illegale, poi smantellato a semplice boutique di oggetti vintage per diventare infine uno studio professionale di tatuaggi.

Si prese ancora qualche istante per cercare di sistemare quella frangia leggera che, nonostante l'acquazzone, ancora le copriva parte della fronte prima di appoggiare la sua mano sulla maniglia della porta e far scattare la serratura, beandosi poi dell'immediato tepore che la avvolse non appena quella si chiuse alle sue spalle.

Si guardò intorno per nulla spaesata: il Black Ink era rimasto esattamente come lo aveva lasciato l'ultima volta che vi era stata, qualche anno prima. Dalle luci soffuse che illuminavano la piccola hall al morbido divano in pelle - rigorosamente nero - che serviva per mettere a proprio agio la clientela fino alla piccola mensola sulla quale, Jieun ricordava bene, il giovane proprietario dello studio aveva vietato riporre qualsiasi tipo di rivista che non riguardasse automobili di lusso o che non parlasse di architettura e design contemporaneo.

Persino l'odore di fumo che permeava ogni mattonella ed ogni parete era rimasto lo stesso di sempre, segno indelebile che - nonostante le direttive della legge - il gestore di questo locale e la sua clientela non avevano nulla in contrario all'utilizzo delle sigarette, elettroniche o meno.

— Stiamo chiudendo signorina, non abbiamo posto per nuovi clienti questa ser- Jieun! —

— Yoongi, — chinò leggermente il capo in segno di saluto nella direzione del suo interlocutore, avvicinandosi a passo lento verso il bancone e appoggiando poi entrambi i gomiti su quella superficie liscissima.

Jieun rimase immobile di fronte a lui, osservandolo quasi come incantata dalla lentezza dei suoi gesti sfilare dalla tasca e poi accendersi una sigaretta senza proferire parola, lasciando che il loro prolungato silenzio venisse interrotto solamente dal sottile rumore delle scartoffie delle giornata raccolte dalle smilze mani di Yoongi.

— Multe e bollette da pagare, che vita del cazzo non trovi? —

Se non lo avesse conosciuto così bene, quella che voleva essere solo una domanda retorica avrebbe dato adito a chiunque di aprire una discussione infinita sul mondo del lavoro di quei tempi e sulle ingiustizie della vita. Ma Jieun sapeva perfettamente che Yoongi non voleva né essere compreso né contraddetto e, proprio per questo motivo, si limitò ad abbozzare un timido e comprensivo sorriso che, era certa, ad un uomo come Min Yoongi non sarebbe di certo sfuggito.

— Allora, — fu poi proprio lui a decidere di rompere nuovamente quella tacita pausa tra loro, spostandosi una ciocca di capelli argentati dietro l'orecchio prima di dare un altro lungo e profondo tiro di sigaretta, — Cosa è venuta a fare una ragazza come te, tutta sola e a quest'ora in uno scantinato come il nostro? — si limitò a chiedere, prima di espellere una nuova nuvola grigia sopra la sua testa, per evitare che la coltre di fumo si interponesse tra il suo volto e quello della ragazza di fronte a lui.

— Devo parlare con Jungkook, — si limitò a rispondere Jieun, cercando di mantenere il contatto con lo sguardo sempre così distaccato dal mondo di Yoongi.

Era parecchio tempo che non pronunciava quel nome, non ad alta voce almeno. Perciò si ritrovò a scandire quelle sillabe più lentamente di quanto avesse voluto, cercando comunque di non perdere di vista il vero ed unico motivo della sua inderogabile visita.

— Coraggioso da parte tua, — si limitò a commentare lui, non perdendo l'occasione per fare un altro paio di tiri.

Si era preparata tutto un discorso pieno di belle frasi e di sorrisi sperando di trovare Jimin di turno allo studio quella sera, ma sapeva benissimo che nessuna di quelle parole avrebbe avuto l'effetto sperato con un tipo come Yoongi. Si era quindi ritrovata a dover cambiare strategia nel momento stesso in cui aveva messo piede al Black Ink: dopotutto conosceva fin troppo bene la predilezione per la schiettezza del ragazzo che aveva davanti.

— Beh, in questo caso, —

Fu lui il primo a rimettersi in piedi, voltandole le spalle ed invitandola così a seguirlo lungo il corridoio che, dall'accogliente sala d'attesa, conduceva direttamente ai veri e propri studi provvisti di tutta la strumentazione necessaria per la realizzazione dei tatuaggi in perfetto stile Black Ink. Jieun ne contò tre, ma Yoongi non si fermò davanti a nessuna di quelle porte, aprendone invece una quarta proprio in fondo a quel corridoio.

La ragazza non rimase affatto stupita quando si ritrovò ad osservare quasi divertita il suo accompagnatore entrare per primo all'interno di quel locale senza mostrare alcun tipo di galanteria nei suoi confronti. E non si sorprese nemmeno quando, una volta dopo aver messo piede in quella stanza ed aver permesso a Yoongi di accedere l'unica fonte di luce posta su un'ampia scrivania in legno, Jieun vide che ogni oggetto all'interno di quel piccolo studio era stato riposto sopra ogni ripiano, ogni mensola e ogni superficie disponibile con una accuratezza quasi certosina.

— Io sto andando a casa e lui sta finendo di tatuare la sua ultima cliente della giornata, — asserì senza particolare enfasi, spegnendo ciò che era rimasto della sua sigaretta contro la superficie di quello che doveva essere un costosissimo posacenere di cristallo, — Ma se non hai particolare fretta questo è il suo studio, puoi aspettarlo qui, — disse poi, allargando le braccia e cogliendo così l'occasione per avvicinarsi nuovamente alla porta dalla quale era entrato solo qualche minuto prima.

Si scambiarono un'ultima rapida occhiata, prima che Yoongi recuperasse dalla tasca del suo gubbino di pelle il suo sacrosanto portasigarette in metallo da cui estrasse chissà quale ennesimo cilindro di nicotina, portandoselo alle labbra.

— Vorrei offrirti qualcosa da bere per ingannare il tempo, ma in frigo abbiamo solo della birra piuttosto scadente e il whisky di qualità quello stronzo di Jimin lo tiene sempre sotto chiave perciò, —

— Fate un sacco di soldi qui dentro vedo, —

— Che posso dire, siamo tatuatori talentuosi, —

Stavolta fu lui ad inchinarsi, regalandole un sorriso schietto a conferma della sua tesi ed un breve cenno di saluto prima di accendere la sua fidata sigaretta e chiudere così la porta dell'ufficio alle sue spalle, lasciandola quindi sola a gestire una serie di emozioni contrastanti.

Era cresciuta con l'odore di fumo di quelle stanze leggendo libri e aiutando la signora Jeon con il suo negozio di abiti e oggetti vintage. Aveva perso il conto di quante erano state le volte in cui si era ritrovata a correre a perdifiato lungo quei corridoi per non farsi trovare durante una tante partite a nascondino, quando lei e suo fratello Namjoon spendevano interi pomeriggi a divertirsi insieme ai loro nuovi ed interessanti vicini di casa, che ben presto sarebbero diventati i loro miglior amici.

Poi, come succede nel corso della vita di ogni essere umano, anche i ragazzi della famiglia Kim e quelli della famiglia Jeon erano cresciuti e, crescendo, ognuno di loro aveva maturato i propri gusti e le proprie passioni. Namjoon aveva giurato che sarebbe diventato a tutti i costi un bravo poliziotto come lo era stato loro padre prima di lui; mentre Jungkook - nato e cresciuto in una famiglia di creativi - anche se all'epoca non aveva la benché minima idea di ciò che avrebbe voluto fare o essere da grande -, era certo di voler intraprendere un percorso di studi che lo avrebbe portato ad essere una specie di artista di qualche genere, esattamente come il fratello Junghyun. Sorrise Jieun non potendo fare altrimenti, mentre le sue dita si ritrovarono a scorrere impazienti su ogni foglio o quadro presente all'intero di quel piccolo studio. Sulle pareti prive di qualsiasi tipo di decorazione erano infatti appesi infiniti schizzi di tatuaggi di ogni forma e dimensione: dai disegni più articolati a quelli in stile "minimal" passando attraverso forme più o meno colorate, adatte per essere impresse indelebilmente sulla pelle di chiunque li avesse richiesti. Dalla parte interna dell'avambraccio piuttosto che sui polsi, sulle caviglie, sulla schiena, arrivando persino alle parti più intime e nascoste non c'era una zona del corpo che i ragazzi del Black Ink non sapessero tatuare.

Non riusciva a ricordare esattamente ciò che fosse successo tra il suo coraggioso fratellone e il suo amico Jungkook per farli allontanare così, rendendoli l'uno un mero estraneo per l'altro. O forse, la sua mente lo ricordava ancora così bene che solo il pensiero la costrinse ad accasciarsi su una delle due poltrone della stanza ed allentare la sciarpa che ancora le stringeva il collo come in una morsa soffocante. In quel momento le fu difficile capire quanto tempo fosse trascorso da quando era entrata in quell'ufficio a quando la porta che le sembrò che Yoongi avesse appena chiuso dietro di se si spalancò nuovamente davanti al suo sguardo leggermente spaesato, costringendo i suoi occhi a posarsi sulla figura che vide apparire quasi come per magia in controluce sul quel ciglio.

— Non credevo saresti riuscita ad aspettare tanto, una volta non lo avresti fatto, —

Quel profumo. Era da tempo che non lo sentiva più inebriarle i sensi in quel modo. Si era fatta distrarre da tutti i disegni e oggetti presenti all'interno della stanza, ma la realtà era che quell'essenza non l'aveva mai lasciata. Il suo profumo era sempre stato lì, in ogni angolo di quell'ufficio, a circondare ogni cosa. Persino le pareti sembravano esserne impregnate, quasi sature.

— Molte sono le cose che non rifarei come una volta Jeon, —

Lo vide avvicinarsi alla scrivania e poi appoggiare le proprie cosce contro il bancone. Solo allora Jieun potè effettivamente appurare quanto i suoi ricordi di quel ragazzo dai capelli color della pece e dal sorriso sempre così aperto fossero statti labili, offuscati e incredibilmente differenti da come la sua mente cercava disperatamente di farglieli rievocare.

Jieun non aggiunse altro, ma il suo sguardo in quel momento avrebbe potuto dare voce a più di mille parole. I suoi occhi vigili e attenti passarono in rassegna tutto ciò che la pallida luce della applique sulla scrivania permise di mettere a fuoco: dall'espressione imperturbabile presente sul suo volto fino ai muscoli definiti delle spalle, passando poi in rassegna ogni centimetro di pelle del braccio destro che un pesante inchiostro nero aveva ricoperto con scritte e disegni al momento indecifrabili persino per una persona dotata di una vista particolarmente acuta come la sua.

Rinsavì dai suoi pensieri ancora estremamente confusi solo quando, seguendo ogni suo più piccolo ed impercettibile movimento con la sguardo, Jieun lo osservò incrociare entrambe le braccia al petto. Solo allora i loro sguardi si incrociarono per la prima vola dopo tanto, forse troppo tempo.

— A cosa il Black Ink deve la tua presenza? Mi sembrava di ricordare che Namjoon ti avesse vietato di presentarti ancora qui, — chiese solo allora Jungkook, senza sentirsi troppo in colpa per la frecciatina che prese forma dalle sue labbra.

— Non tirare in mezzo mio fratello, lui e i suoi ordini fanno parte di quelle cose che non rifarei come una volta, —

— E allora per quale stracazzo di motivo sei qui? — riformulò quindi la domanda, questa volta cercando di essere il più diretto e provocatorio possibile.

La parte di Jieun che faceva affidamento al buonsenso le stava urlando già da qualche minuto di raccogliere le sue cose e andarsene senza preoccuparsi di ciò che lui avrebbe potuto pensare di lei. Ma poi c'era l'istinto, quella parte di lei che, anche in quella occasione - quando avrebbe potuto scegliere di tornare a casa e ordinare una bella pizza - quella stessa sera l'aveva invece convinta senza nemmeno troppi sforzi a prendere la macchina e guidare sotto un tremendo acquazzone solo per parlare faccia a faccia con una persona che non vedeva e non sentiva da più di quattro anni ormai. E per una ragione ben precisa a cui nessuno dei due, fortunatamente, aveva ancora fatto riferimento.

Jieun scattò in piedi, questa volta lasciando che il buonsenso avesse la meglio sul il suo innato istinto. Come si era preposta di fare raccolse quindi la propria borsa da terra per poi riavvolgersi la sciarpa intorno al collo. Guidata da quello stesso buonsenso Kim Jieun si avvicinò così al suo impassibile interlocutore, notando solo allora di quando Jen Jungkook fosse cresciuto non solo in spalle larghe e muscoli più accentuati, ma anche in altezza.

— Sono venuta qui solo perchè volevo avvisarti, —

Capì di aver fatto centro quando, scegliendo di non interrompere il contatto visivo con quei profondissimi occhia a mandorla lo vide inarcare un sopracciglio, chiaro segno di curiosità. Per questo motivo non attese nemmeno che lui facesse la sua domanda, scegliendo invece di proseguire nel discorso senza aspettarsi di essere interrotta.

— Hanno trovato il cadavere di un uomo Jungkook, — asserì a quel punto, cercando di essere il più apatica possibile per evitare di incorrere in richieste di spiegazioni alle quali, anche volendo, non avrebbe ancora saputo dare risposta.

— Sto aiutando Seokjin ad eseguire l'autopsia sul corpo, non sappiamo ancora quale sia la causa del decesso, ma ho riconosciuto i tatuaggi, — proseguì poi lentamente, ponderando ogni singola parola, distogliendo lo sguardo da quel volto impassibile e serio solo per tornare ad osservare ancora una volta quelle scritte e quei disegni che ricoprivano interamente il suo braccio destro, convincendosi una volta di più quanto le sue supposizioni fossero esatte.

— Quell'uomo era uno dei tuoi clienti, —

— Ok, quindi? — non riuscì bene a comprendere la sua fosse una domanda o solo l'ennesima presa in giro, ma Jieun avrebbe giurato di aver sentito uno strano pizzicorìo consumarle la punta delle dita. La parte più istintiva del suo essere adesso avrebbe solo voluto prendere a schiaffi quell'espressione totalmente distaccata ma, in cuor suo, sapeva perfettamente che la mano di Jungkook l'avrebbe fermata prima, costringendola alla resa.

— Quindi mi chiedi? Quindi sono venuta qui perchè voglio che mi guardi negli occhi e mi giuri su dio che tu, Jimin e Yoongi non c'entrate nulla con questa storia, — perciò decise che il metodo migliore per rispondere a quel suo finto menefreghismo era utilizzare il buonsenso e la parola.

— Ho smesso di giurare tempo fa, —

Doveva andarsene da quella stanza il prima possibile. La testa aveva cominciato a girare freneticamente e il distacco che aveva percepito in lui fin dal momento in cui aveva messo piede in quell'ufficio era troppo da poter sostenere, anche per una come lei.

— Ok, — si limitò ad asserire, svuotata da ogni buon proposito. Era stufa di dover rispondere ad ogni sua parola di sfida e di profondo risentimento. Per questo motivo si mosse in direzione della porta, dandogli le spalle. Fece scattare la maniglia, lasciando che la luce proveniente dal corridoio le illuminasse parte del suo volto tirato e stanco.

— So che hanno intenzione di dare il caso in mano alla squadra di mio fratello e vorrei evitare che questa storia finisca-, —

Erano le uniche parole che le erano uscite dal cuore e non dalla testa e, proprio per questo, non era riuscita a proseguire, lasciando che fosse invece lui a dare sfogo ai suoi pensieri.

— Come Jieun? Hai forse paura possa finire come l'ultima volta, quando a causa tua e di tuo fratello Junghyun è morto? —

Lo vide lasciare il posto che fino ad allora aveva occupato senza muovere un dito, avvicinandosi a lei ed appoggiando la parte tatuata del suo avambraccio destro contro l'anta in vetro della porta, facendola richiudere.

— Lo sai che non è così, — gli rispose lei a denti stretti, questa volta senza avere le forze per tornare a guardarlo negli occhi che, sentiva, le stavano bruciando la pelle sotto quel pesante cappotto.

— E allora com'è che stanno le cose eh? —

— Oppa io avrei fam-, —

Mai come in quel momento fu grata di vedere comparire dal nulla quella che doveva essere "l'ultima cliente della serata" del Black Ink. I capelli biondissimi di quella ragazza riflettevano la luce soffusa delle lampade sopra le loro teste, mentre una nuova coltre di fumo si fece spazio tra loro, emanata come per incanto dalle labbra dipinte di un rosso acceso della donna il cui nome le era, e sarebbe rimasto, pressoché sconosciuto.

— La tua ragazza ha perfettamente ragione, è ora di cena, — esclamò a quel punto Jieun, approfittando del rapido scambio di gelide occhiate tra i due per farsi spazio e uscire finalmente da quell'ufficio.

— Si è fatto tardi, devo andare, — girò sui suoi tacchi solo per regalare ad entrambi un rapido inchino di cortesia. Non era stata trattata con gentilezza, ma questo non le importava granché. Era dispiaciuta e mortificata per il fatto che, nonostante fosse passato del tempo e nonostante tutta la sua buona volontà, una delle persone più importanti della sua infanzia sembrava covare ancora un odio profondo nei suoi confronti e in quelli di suo fratello Namjoon.

Uscì dal Black Ink esattamente come vi era entrata: esalando un profondo respiro al quale si aggiunse un vago sentore di nausea. Fuori dal negozio, le luci a neon che illuminavano la scalinata ora sembravano brillare ancora di più nell'oscurità e nel loro stesso riflesso all'interno delle pozzanghere che l'acqua piovana aveva lasciato in ricordo di quel temporale che Jieun non sapeva quando avesse avuto fine.

Chiuse la porta dell'auto con un tonfo sordo, appoggiando la propria testa contro il volante e lasciando cosi che alcune ciocche dei suoi lunghi capelli le ricadessero sulle guance leggermente accaldate. Con gli occhi ancora chiusi Jieun estrasse dalla tasca del proprio cappotto le chiavi e, procedendo alla cieca, riuscì ad inserirle nell'apposito spazio senza troppi sforzi. Ma proprio quando decise che forse quella pizza a cui aveva a lungo pensato se l'era proprio meritata, ecco che si dovette ricredere: provando infatti a mettere in moto l'auto sulla quale era appena salita, Jieun avvertì un rumore stridulo che mai aveva sentito prima di allora, ritrovandosi costretta a scendere e capire cosa potesse esserci di tanto strano.

— Cazzo, — fu tutto ciò che si sentì in dovere di pronunciare quando, chinandosi leggermente per controllare lo stato delle ruote, si rese conto che entrambe le gomme anteriori erano state bucate, impedendole di ripartire.

Sarebbe stata proprio una lunga serata.



 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

sono decisamente arrugginita, lo so. per questo vi chiedo già scusa in anticipo (quasi prima di iniziare lol).

ma questo surreale periodo di quarantena mi ha concesso del tempo per recuperare i miei preziosi ma troppo spesso trascurati "quaderni delle idee" da cui, non dopo vari momenti di sconforto, sono riuscita a partorire una scaletta che potesse soddisfare la mia insaziabile e perenne sete di angst. e quindi rieccomi spuntare su questi lidi e pubblicare la mia terza long sui bangtan.

una nuova long dove jungkook, yoongi e jimin sono dei tatuatori mentre seokjin è un rinomato medico legale e namjoon è a capo di una squadra di poliziotti. e, se non lo aveste notato, non ho ancora avuto modo di presentarveli tutti, ma arriverà il momento lo prometto!

abbiamo i tatuaggi, abbiamo le sigarette, abbiamo un caso da risolvere e ritroviamo il mio amato genere angst. perciò sedetevi comodi :)

warning generale: credo di non aver mai scritto niente di così clichè in tutta la mia vita di autrice in erba. spero che, nonostante tutto, continuerete ad avere fiducia in me, prometto di mettercela tutta per cercare di non deludervi ♡

e con questo è tutto (fino al prossimo aggiornamento)

vi abbraccio, a distanza ovviamente :)

bvb

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Capitolo 2
*** [2] ***



 
BLACK INK.

 

[2]

Venne risvegliata dal suo stato di dormiveglia quando, nel suo ennesimo anche se vano tentativo di trovare una posizione comoda per riuscire quantomeno ad appisolarsi sul sedile posteriore della sua stessa auto, Kim Jieun non avvertì il leggero rumore di un paio di nocche picchiettare non troppo insistentemente su uno dei finestrini.

Dopo svariati tentativi - del tutto inutili - di scacciare dalla sua testa quel rumore molesto, la giovane si ritrovò a sbadigliare sonoramente, non curandosi minimamente di poter essere vista o sentita da qualcuno e dimenticandosi persino di portare la mano davanti alla bocca per nascondere il proprio stato di sonnolenza. Tornò quindi a sedere sul lato della macchina e si avvicinò poi al finestrino da cui le parve di aver sentito provenire quel fastidioso picchiettio solo per accorgersi che la persona che la stava importunando nel forse peggior momento dell'intera giornata era lo stesso ragazzo che, solo qualche ora prima, l'aveva riempita di frasi poco educate.

Abbassò quindi giusto il vetro di qualche centimetro, lasciando cosi che la fresca brezza di quella sera la risvegliasse dal suo prolungato torpore, permettendole quindi di prestare maggiore attenzione alle parole che avvertì giungere alle proprie orecchie solo qualche istante dopo.

— Non starai utilizzando i tuoi diritti da detective da quattro soldi come scusa per rimanere appostata qui e spiare i miei movimenti vero? —

— Cosa? No io-, — si portò una mano davanti alla bocca prima che dalle sue labbra potessero uscire delle parole davvero poco convenienti, dettate più che altro dalla stanchezza o dalla non prontezza di riflessi. E Jieun aveva imparato a sue spese che nessuno poteva permettersi il lusso di apparire debole o distratto, non davanti a Jeon Jungkook.

— Se volessi davvero spiarti non mi accosterei certo all'ingresso del tuo negozio, probabilmente prediligerei come luogo il tuo domicilio, non trovi? — si corresse quindi, cercando contemporaneamente di trovare il modo più veloce e meno impacciato per infilarsi alla bell'è meglio il suo cappotto e poi decidere di trascinarsi stancamente fuori dalla propria vettura.

Cercò quindi di dare nuova forma ai propri abiti che, nel corso dii quella notte insonne, si erano irrimediabilmente stropicciati, per poi tornare a seguire i movimenti di Jungkook con sguardo furtivo. Le fu impossibile non accigliarsi di fronte a quel suo modo strafottente di appoggiarsi al cofano della sua macchina, nella stessa identica posizione in cui lo aveva lasciato all'interno del suo ufficio poco prima dell'orario di cena.

— Io qui ci vivo, — le parve di averlo sentito confessare, anche se le sue parole le risultarono confuse in quanto, a suo malgrado, Jieun non potè fare a meno di notare che tra le sue labbra ora anche Jungkook teneva ben salda una sigaretta nuova di zecca che poi accese senza alcuna fretta, lasciando che del fumo grigio riempisse prima i suoi polmoni e poi si diffondesse nell'aria, tornando ad annebbiare la mente di Jieun con quell'inconfondibile odore di tabacco costoso che solo un uomo come Jungkook poteva permettersi di fumare.

— Vivi nel tuo negozio? — chiese, per la prima volta genuinamente curiosa, avvicinadoglisi ma evitando accuratamente di prendere posto accanto a lui sullo scomodo cofano di quella macchina ormai sgangherata, preferendo continuare a mantenere una certa distanza da lui e da quel suo stupido vizio.

— Meglio che in un'auto non trovi? — la risposta del ragazzo si fece attendere giusto il tempo di un tiro o due, ma Jieun non ebbe mai l'occasione di rispondere a tono a quella sua sciocca provocazione perchè subito questa venne seguita da un'altra richiesta di spiegazioni, ai suoi occhi ancora più fuori luogo della precedente, — Perchè non hai chiamato il tuo fratellone? —

— È in servizio stanotte, — si limitò a rispondere lei, portando esasperata le braccia contro il petto. Si sentì una stupida per aver anche solo accettato di intavolare per la seconda volta in un giorno una conversazione con una persona tanto arrabbiata con lei e col mondo intero. Tornò così ad osservare i suoi lucidi stivaletti neri col tacco, il solo accessorio che sembrava non aver risentito in alcun modo della pioggia di quella sera.

— Oh, capisco.. E che mi dici del tuo ragazzo? Non può venirti a recuperare con una delle sue macchine costose? —

La sigaretta era arrivata a metà e Jieun non riusciva già più a capire se stesse pregando che Jungkook finisse di fumare alla svelta o che, più semplicemente, decidesse di alzarsi da quel maledetto cofano per lasciarla così libera di tornare a non-dormire in macchina in santa pace.

— Jungkook non avrai-, —

Venne interrotta nel suo vago tentativo di stroncare quella conversazione a metà tra l'assurdo e il noioso dalle stesse parole del ragazzo che, probabilmente notando la sua espressione indispettita, espulse dell'altro fumo grigio con maggiore enfasi prima di riprendere il discorso.

— Jimin mi ha raccontato un pó di storie su di lui, erano compagni di scuola in fondo, —

— Allora è vero che la famiglia Jeon ha spie in ogni angolo della città, — fu l'unica, amara spiegazione che Jieun si sentì in dovere di dare, una risposta che potesse contenere almeno un buon dieci per cento del sarcasmo che era invece in grado di produrre il ragazzo di fronte a lei.

Lo vide sorridere sommessamente, osservandolo portare la sua mano libera dall'ingombrante presenta di quella sigaretta verso il capo, facendo poi scorrere le proprie dita in quella folta massa di capelli color pece.

— Non mi darai mai ascolto vero? —

Le sembrò il momento migliore per tentare di riallacciare il discorso che aveva lasciato inconcluso all'interno di quel soffocante ufficio, credendo stupidamente che forse l'aria aperta e la fresca brezza di quella sera avrebbe potuto rinfrescargli le idee e calmare le acque tra loro.

— Riguardo a cosa? Al fatto che uno dei miei clienti, nonché uno dei miei uomini più fidati, è stato trovato morto? —

— Aspetta, — si ritrovò ad indietreggiare Jieun, strizzando gli occhi per cercare di ricordare quanto coraggio e forza di volontà le ci erano voluti per arrivare davanti al suo negozio e affrontarlo faccia a faccia dopo cinque anni, — Tu lo sapevi già.. — sospirò poi a fatica, quando capì che in realtà tutto quello che aveva fatto quella sera era stato solo un insieme di decisioni inutili e sbagliate. Avrebbe dovuto saperlo fin dall'inizio, Jungkook non aveva certo bisogno di lei per venire a conoscenza di ciò che di malvagio e criminale accadeva ogni singolo giorno nella sua città.

Jieun avrebbe tanto voluto sapere, avrebbe voluto conoscere almeno una piccola parte dei segreti che si nascondevano sotto quei tatuaggi, ma non ricevette alcuna risposta da lui. La loro conversazione rimase lì, sospesa in un limbo in cui nessuno dei due sembrava volere più mettere piede almeno fino a quando il ragazzo, soddisfatto del suo ultimo tiro di sigaretta, non ne gettò il filtro ai piedi schiacciandolo con la punta dei suoi inseparabili stivali neri, da sempre slacciati. Solo allora Jungkook decise di sollevare il proprio corpo dal cofano, non potendo fare a meno di contenere una seconda, leggera risata quando vide la ragazza di fronte a se indietreggiare d'istinto e stringere con maggiore forza le chiavi della sua auto tra le mani.

— Prendi questo, — disse poi, estraendo dalla tasca interna del suo giubbotto di pelle un biglietto da visita leggermente consumato lungo i bordi, porgendolo nella direzione di Jieun tenendolo saldamente tra l'indice ed il medio della sua mano che, fino a poco prima, avevano tenuto stretto quella sigaretta ormai spenta sotto le sue scarpe.

— È il tuo nuovo numero di telefono? — chiese lei prendendo quel biglietto dalle mani di Jungkook con estrema diffidenza ed in un tono che questa volta, nemmeno lui seppe distinguere se fosse serio o meramente sarcastico.

— È il contatto di un carrozziere, ho notato che hai entrambe le ruote a terra, — si allontanò così da lei, iniziando a scendere quelle scale perennemente illuminate che lo avrebbero portato nuovamente all'ingresso del Black Ink, — Il mio numero è lo stesso di sempre e dovresti ricordartelo, visto che te lo avevo fatto imparare a memoria, — concluse così il suo breve monologo, lasciandola nuovamente senza parole in una strada completamente deserta e con una macchina da rimettere in sesto.

— Ah, per la cronaca, la donna con cui mi hai visto questa sera non è la mia ragazza, —

A quel punto, qualcosa scattò in Jieun. Un sentimento che fino a quel momento era riuscita a trattenere a stento dentro di sé, ora non poteva essere più fermato.

— Ok e cosa dovrei fare con questa informazione? —

E quel sentimento era rabbia. E tanta, tantissima frustrazione.

— Vorrei che tu facessi meno affidamento sulle tue non-doti da non-detective e ti informassi prima di dire certe sciocchezze, —

— Oh, è vero che il vero detective tra noi due sei tu, —

Non si permise di scendere un solo gradino nella sua direzione, non lo avrebbe mai fatto né per orgoglio, né per curiosità o per chissà quale altro sentimento. In fondo, loro non erano più i bambini che nei suoi ricordi ancora giocavano spensierati a nascondino nei corridoi del Black Ink.

— Allora saprai che invece la mia è una storia seria, — esclamò Jieun più forte, in realtà, di quanto avesse voluto, sentendosi in diritto di avere l'ultima parola in quella assurda conversazione. 

Lo sentì girare la chiave nella toppa e poi inserire un codice di accesso al quale seguì un sordo segnale acustico.

— E perchè questo dovrebbe interessarmi? Non mi sognerei mai di frappormi tra te e l'uomo che tuo fratello ti ha dato il permesso di frequentare, —

Proferì quelle parole a testa bassa e senza alcuna empatia, senza nemmeno pensare di voltarsi nella sua direzione, perchè questo avrebbe implicato dover guardare quei suoi grandi occhi chiari spegnersi e poi gonfiarsi di lacrime. In fondo, Jeon Jungkook sapeva fin troppo bene dove questa pericolosa conversazione li avrebbe portati. Perciò preferì non voltarsi, chiudendo la porta alla sue spalle e lasciando che il buio lo circondasse ancora una volta.

 

**

Quando la lancetta più lunga e sottile del suo orologio da polso superò quel dodici impresso sulla cassa, Jieun prese in mano il telefono e chiamò il numero segnalatole dal biglietto che Jungkook le aveva consegnato la notte procedente. In questo modo, ben prima che Yoongi o Jimin potessero fare capolinea al Black Ink, un signore dalla corporatura robusta venne a recuperare la sua auto, dandole un passaggio fino alla carrozzeria dove Jieun potè tranquillamente sostare fino a quando non venne avvisata del fatto che le gomme erano state sistemate e che la sua vettura era nuovamente libera di tornare in pista.

La giovane chiuse e riaprì più volte gli occhi, incredula: grazie al contatto che Jungkook le aveva offerto non avrebbe nemmeno doluto dare assurde spiegazioni a nessuno riguardo al danno inflitto alla sua volante né, tantomeno, avrebbe dovuto fare rapporto a Namjoon.

Si avvicinò quindi alla cassa con un meraviglioso sorriso stampato sul suo volto felice ma affaticato per la sua notte trascorsa in bianco a maledire se stessa nel retro della sua stessa auto.

— Signorina, non si disturbi, il signor Jeon ha già pagato per lei, —

— Come prego? —

Jieun era sicura di aver capito male. In fondo erano già le otto e mezza del mattino e lei non aveva ancora avuto modo di bere il suo primo caffè della giornata. Tornò a guardare indispettita l'espressione rilassata e pacata del signore di fronte a sè prima che le sue sopracciglia tradissero il suo stato di calma mal celata.

— Devo molto alla famiglia Jeon, quindi per me è il minimo poter fare qualcosa per aiutare i suoi amici, —

— Amici, — si ritrovò a sussurrare a fior di labbra la giovane Jieun, abbassando la testa per un solo istante prima di tornare a osservare il volto del suo interlocutore con un'espressione imperscrutabile, — Lei è stato davvero gentile, la ringrazio molto, — esclamò quindi a gran voce, prima di correre a recuperare la macchina e farla tornare a sfrecciare lungo le trafficate vie della città .

Spense la vettura solo una volta dopo averla parcheggiata nell'apposita zona riservata ai dipendenti della centrale di polizia, rimanendo qualche secondo con il capo appoggiato al comodo schienale, sentendo la propria testa pesare sulle sue spalle magre. Estrasse poi dalla sua borsa un piccolo pettine con cui decise di sistemare i propri capelli e poi legarli in una folta coda alta e darsi una ripulita al viso, togliendo il già leggero strato di trucco per avere così la possibilità di ravvivare le proprie guance e le proprie labbra, sentendosi all'improvviso molto più presentabile di quanto non avesse sperato. Poi raccolse dal vano portaoggetti il proprio telefono, su cui digitò qualche carattere alla rinfusa, cercando di coordinare i propri pensieri ai polpastrelli delle proprie dita, velocissimi a imprimere caratteri su quello schermo piatto.

Si fermò però per un istante, tornando ad appoggiare la testa contro lo schienale del sedile su cui era rimasta proprio per meglio concentrarsi a scrivere quel messaggio. E sorprendentemente si rese conto che la parte più difficile non era stata tanto pensare alle parole da imprimere su quell'immaginario foglio bianco, quanto scavare nella propria mente e nei propri ricordi nel tentativo di far riaffiorare il numero a cui inoltrare quel pensiero.

"Ti farò riavere tutti i soldi per l'oneroso disturbo di cui ti sei fatto carico senza che te l'abbia chiesto"

— Tre, quattro, zero, due due zero, otto nove sette, — sussurrò quelle cifre man mano queste venivano inserite nell'apposito spazio riservato al destinatario del messaggio.

Non gli aveva più scritto dal giorno del funerale di Junghyun, quando Jungkook le aveva risposto chiedendole di eliminare il suo contatto dalla sua rubrica e il suo nome dalla sua vita. E così, la spaventata ed insicura Jieun di cinque anni fa aveva semplicemente obbedito, cercando poi di rimettere insieme i frammenti confusi del suo arrendevole ego, completamente in pezzi, con l'aiuto del fratello Namjoon e del ragazzo che aveva conosciuto proprio quando credeva che tutto il suo castello di carte, che fino a quel momento aveva cercato di proteggere con tutte le sue forze, le fosse crollato addosso.

Rilesse quel numero ancora una volta prima di dare l'invio al messaggio e scendere così dalla macchina, dimenticandosi persino di infilare il proprio cappotto visto che, nonostante la serata burrascosa, anche sulla metropoli di Seoul il sole aveva deciso di tornare a splendere. Ma Jieun ebbe solamente il tempo di chiudere la propria auto prima di avvertire distintamente la suoneria dei suoi messaggi emettere un paio di sordi trilli e tornare poi a quietarsi nella comoda tasca della sua giacca.

Salì silenziosamente le scale in direzione del suo ufficio, attivando lo schermo del suo cellulare solo una volta dopo essersi chiusa tra le pareti di quella stanza, la sola in cui riusciva sentirsi completamente a proprio agio. A quel punto, davanti ai suoi occhi, scritto nero su bianco, si materializzò l'unica risposta che, ancora una volta, Jieun non fu in grado di decifrare.

"Un grazie sarebbe stato sufficiente, ma noto che il mio numero te lo ricordi ancora, nonostante tutto"

 

 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

secondo capitolo della storia e prime difficoltà per me: mi sono ripromessa di pubblicare un capitolo a settimana, sempre di martedì se possibile.. ma avete presente la sensazione di sconforto che vi assale quando scrivete una cosa di getto e poi, rileggendola, non vi convince proprio?

ecco, that's me.

per questo motivo l'ho rivisto da cima a fondo. il mio intento era quello di stabilire un dialogo tra i due, ma jungkook proprio non sembra volerne sapere di lei (e di me scrittrice). ci sarà una nuova occasione? beh, a giudicare dal fatto che la nostra jieun ancora si ricorda quel numero a memoria..

decidete voi :)

io vi aspetto al prossimo aggiornamento e intanto mando un big fighting a tutti, come sempre a distanza di sicurezza <3

 

「bvb」

 

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Capitolo 3
*** [3] ***


 
BLACK INK.

 

[3]



Prese posto sulla sua comoda poltrona sprofondandovi poco elegantemente, gettando poi il proprio cellulare alla rinfusa sul tavolo. Davanti alla scrivania lucida ed in perfetto ordine del suo ufficio vi era il suo inseparabile portatile - ancora spento - ed un solo, pesante fascicolo, gelosamente custodito all'interno una cartella color ocra. Jieun ne accarezzò la superficie ruvida per poi portare entrambe le braccia al petto, incrociandole all'altezza del seno. Cominciò così a far girare lentamente la poltrona con l'aiuto delle proprie gambe appoggiando la testa contro il morbido schienale, lasciando che alcuni, dolorosi ricordi prendessero il controllo della sua mente già affaticata dagli eventi della notte precedente.

Tutto aveva iniziato ad andare in pezzi circa cinque anni fa.

Un'altra vita, si ritrovò a pensare, nella quale Jeon Jungkook le aveva chiesto di diventare il suo ragazzo. Avevano deciso di iniziare a frequentarsi dopo l'eccellente conclusione del suo percorso di studi in medicina legale. Lui l'aveva attesa a lungo fuori dalla sala delle proclamazioni, un mazzo di splendidi girasoli tra le mani e la promessa di rimanerle accanto anche una volta che quei fiori fossero appassiti, non solo come compagno di merende e di infinite partite a nascondino, ma come qualcosa di più.

E lei non aveva esitato: si era letteralmente gettata tra quelle braccia - all'epoca non troppo muscolose e soprattutto totalmente prive di tatuaggi - e aveva sancito quella promessa con un delicato bacio a fior di labbra.

Il loro legame era sempre stato un buon mix di emozioni travolgenti e di una chimica che superava di gran lunga quella spiegata nei libri. Ma esattamente come due molecole vicine e attratte l'una dall'altra poste in un ambiente instabile, anche la loro relazione era destinata a scoppiare e prendere una piega che, forse, nessuno dei due avrebbe mai potuto prevedere.

Non erano infatti trascorsi che un paio di mesi dall'inizio della loro storia quando una sera, rientrata a casa dopo uno splendido pomeriggio trascorso tra gli scaffali del negozio dei fratelli Jeon, la giovane Jieun si era ritrovata faccia a faccia contro il volto contrariato di Namjoon per qualcosa che mai avrebbe immaginato lui avesse potuto mettere in discussione.

— Quindi adesso te la fai con Jungkook? —

Avrebbe semplicemente voluto alzarsi da quel tavolo, perchè non sopportava l'idea che suo fratello maggiore potesse davvero pensare di loro in quel modo.

— Nam non hai il diritto di parlare così, Jungkook e Junghyun sono anche amici tuoi, — disse con voce risentita, anche se avrebbe di gran lunga preferito non trovarsi lì di fronte a lui, così impotente e senza aver preparato alcun contraddittorio con cui difendersi.

— Già, finché alla centrale non hanno scoperto che il loro paparino conduceva dei traffici illegali, — l'aveva rimbeccata Namjoon a quel punto, il tono di chi non avrebbe ammesso repliche.

Lo osservò nervosa portarsi quella tazza di tè alle labbra soffiando poi delicatamente sulla superficie piatta prima di riprendere il discorso, cercando in quel modo di ritrovare la calma perduta, — Credimi Jieun, ho provato a cercare anche un solo cavillo per scagionarli, ma da quando loro padre è scomparso sembra che suoi affari siano passati direttamente nelle mani di Junghyun e non tutti hanno accettato con gioia questa decisione, —

— Forse non hai cercato abbastanza Nam.. Ok, Junghyun potrà anche essere poco pulito, ma Jungkook cosa c'entra? — non avrebbe davvero voluto rispondere in maniera così spazientita o mancare di rispetto al lavoro già fin troppo complesso di suo fratello, ma Jieun non sembrava essere disposta a spegnere e buttare al vento la sua relazione, per quanto questa fosse ancora agli albori.

— Proprio non vuoi capire, lui potrebbe anche non c'entrare nulla, ma se qualcuno volesse far loro del male da chi pensi partirebbero? —

Solo dopo essere stata messa all'angolo con quella retorica domanda la giovane Jieun decise di abbassare a sua volta lo sguardo, rivolgendo i propri occhi verso quella tazza di tè ancora fumante che ancora stringeva tra le mani e cercando - per quanto possibile - di evitare di perdersi ad osservare la propria espressione delusa riflessa in quella superficie dalle calde sfumature arancioni.

— Nam, non puoi chiedermi questo, — si ritrovò a mormorare a denti stretti, i polpastrelli delle sue dita avvinghiati come in una morsa attorno a quella tazza di ceramica chiara.

— Eppure è proprio quello che sto facendo, —

Non erano bastate le sue suppliche, né le notti insonni che aveva trascorso a piangere guardando con aria totalmente assorta il soffitto della propria stanza, la faccia sporca di trucco infossata nel cuscino. Per quanto detestasse i suoi stessi pensieri, Jieun non riusciva a togliersi dalla testa quelle parole e non pensare alle preoccupazioni che avrebbe dato alla sua famiglia e a suo fratello se avesse deciso, nonostante tutte quelle severe ma doverose raccomandazioni, di continuare a frequentare il Black Ink e i suoi proprietari. E anche se fosse stata consapevole dei rischi e quindi anche coraggiosamente disposta ad accettarli, non poteva però permettersi di trascurare il fatto che se quegli uomini avessero davvero preso di mira la famiglia di Jungkook, lei poteva solo costituire un punto debole sia per loro che per la polizia guidata da Namjoon.

Comunque avesse provato a guardare la situazione per cercare di trovare una soluzione che non la costringesse a spezzare il proprio legame con il ragazzo che sapeva di amare, Jieun era certa di poter essere quella facile "preda" che avrebbe certamente indebolito e messo in grave rischio l'incolumità di entrambe le parti.

— Quindi mi stai lasciando? — le aveva chiesto lui senza guardarla direttamente negli occhi, appoggiando a terra quello che aveva tutta l'aria di essere un pesante scatolone, per poi pulirsi le mani impolverate con l'ausilio di uno straccio umido.

E Jieun ricordò solamente di come lo aveva sentito sospirare quando, per tutta risposta, lei non aveva fatto altro che scostare a propria volta lo sguardo, tornando a fissare le piastrelle del pavimento che si stava lentamente ma inesorabilmente sgretolando sotto i suoi piedi. All'epoca non aveva trovato il coraggio di sfidare quegli occhi impenetrabili e ripetere un concetto che non aveva mai convinto neppure lei e che l'avrebbe quindi solo messa ancora più in difficoltà di quanto già non si sentisse.   

— Te lo ha chiesto Namjoon? — quindi era forse per quel motivo che Jungkook aveva volutamente cambiato il soggetto della domanda, cercando in questo modo di obbligarla a fornirgli solo due possibili risposte, di due lettere ciascuna.

Jungkook era fatto così: Jieun non era mai riuscita davvero a comprendere cosa si celasse al di sotto di quello sguardo sempre così profondo ed enigmatico. Era come se quella folta massa di capelli neri come la pece nascondesse una parte di lui in grado di conoscere in anticipo ogni sua possibile risposta. E questa consapevolezza era in grado, allo stesso tempo, di mettere a disagio lei e di divertire lui.

— Non faresti forse lo stesso per tuo fratello? — aveva quindi solo avuto la forza di ribattere in quel momento. Ma non c'era enfasi nella sua voce, né alcun tipo di determinazione in quelle parole pronunciate quasi come se fossero state a lungo pensate solo per poter essere recitate davanti a Jungkook come una stupida filastrocca.

— No, se mi chiedesse di rinunciare a te, — era stata la secca ma inequivocabile risposta del ragazzo, — Ma evidentemente non la pensiamo allo stesso modo, — 

Una risposta la sua che era costata a Jieun qualche lacrima in più di quante ne avesse volute spendere, quantomeno davanti a lui.

Era stato così che si erano lasciati. Così che, quasi ancora prima di sbocciare, la sua storia con Jungkook era arrivata al capolinea. Senza aggiungere altre parole che comunque sarebbero risultate superflue a quel punto della loro già asciutta conversazione, il suo ormai ex-ragazzo le aveva fatto strada per accompagnarla - fingendo cortesia - verso l'uscita del negozio. Nessun abbraccio, saluto o parola di conforto era uscita dalle loro bocche, l'una intenta a trattenere i singhiozzi e l'altra completamente serrata per evitare di peggiorare una situazione già di per sé assurda ed inaccettabile. I loro sguardi non si incrociarono che per un secondo, l'attimo in cui Jungkook chiuse definitivamente la porta di quello che all'epoca era ancora un piccolo negozio di libri e accessori vintage alle sue spalle, permettendo in questo modo a Jieun di accasciarvisi singhiozzando, forse un ultimo gesto di favore nei suoi confronti che non di mero disprezzo.

Quando decise di rialzarsi da quel pavimento freddo il sole era quasi tramontato sulla città e la sua ombra sul marciapiede si era fatta più lunga e smilza. Quella sera Jieun ricordò solo di essere rientrata a casa molte ore dopo quel tramonto rossastro con gli occhi gonfi e le guance ancora rovinate dal pianto, i pugni stretti per una rabbia che difficilmente sarebbe riuscita a sbollire.

Aveva solo ringraziato dio di non avere incontrato Namjoon lungo la strada che dall'ingresso dell'appartamento portava alla sua stanza. Ed era tutta sua intenzione continuare ad evitarlo ed ignorarlo fino a quando il rancore non avrebbe lasciato il proprio posto alla più disperata desolazione. Perchè Jieun era consapevole che, in fondo alla propria coscienza, persino un uomo risoluto come Namjoon sapeva che i sentimenti di Jungkook nei suoi confronti erano reali e genuini. Ciò che forse Jieun non avrebbe mai potuto sospettare era che proprio questa consapevolezza avrebbe torturato suo fratello a lungo, perchè era qualcosa molto simile ad un profondo senso di colpa - e di responsabilità - che Namjoon non sarebbe riuscito a scrollarsi di dosso tanto facilmente.

Infatti, neanche una settimana più tardi, in quella stessa stazione di polizia in cui suo fratello era diventato il capo della prima squadra di pattugliamento e in cui anche lei aveva iniziato a lavorare come assistente, Jieun aveva notato il profilo scuro e preoccupato di Namjoon uscire di corsa insieme ad un cospicuo gruppo di agenti. Li aveva visti partire a tutta velocità e con le sirene accese e, per questo motivo, non si era fatta alcuno scrupolo a chiedere ad una collega rimasta all'interno dell'edificio dove fossero diretti con tutta questa urgenza.

— Pare ci sia stato un incendio al Black Ink signorina Kim, —

Inutile dire quanto il sangue le si fosse raggelato nelle vene. Come superfluo aggiungere che, invece di uscire dall'ufficio e rientrare a casa, Kim Jieun si fosse precipitata sul luogo dell'incidente, conoscendo quella strada a memoria. Scendendo dall'auto una volta arrivata sul posto, poche però erano state le cose che la sua mente offuscata era riuscita a mettere a fuoco: alte fiamme divampare da un sottoscala ormai pressoché inagibile, le volanti della polizia e quelle dei vigili del fuoco a recintare il perimetro e un uomo solo in piedi, immobile ed impassibile davanti a quell'orrendo spettacolo.

— Prima Jieun, poi il negozio e adesso anche mio fratello, — le parve di aver sentito gridare Jungkook, quasi irriconoscibile poichè ricoperto dalla testa ai piedi dal fumo e dalla fuliggine, prima di scorgere la sua figura avanzare e scagliarsi proprio contro suo fratello.

— Vi avevo chiesto più sorveglianza e non mi avete ascoltato, — c'era rabbia nelle sue parole, tanta rabbia. Ma più di ogni altra cosa c'era dolore e, forse per la prima volta da quando lo aveva conosciuto alla tenera età di 8 anni, Jieun percepì anche tanta solitudine.

— Adesso ti devi calmare, —

— Non mi chiedere di stare calmo Namjoon, — esclamò a quel punto un incontenibile Jungkook, — Troverò chi mi ha portato via tutto e gliela farò pagare lo giuro e poi-, —

— Jungkook! —

Non ricordava il motivo per cui, all'improvviso, aveva gridato il suo nome. Forse voleva semplicemente impedirgli di pronunciare cose di cui, a mente fredda, forse si sarebbe pentito. Ma, più di ogni altra cosa, Jieun voleva fargli sapere che non era solo. Lo avrebbe aiutato a rimettere in piedi la sua attività, lo avrebbe sostenuto nei momenti di difficoltà, non avevano più importanza gli avvertimenti di Namjoon, nè la paura di ricevere minacce da persone senza volto e senza nome. Jieun voleva fargli sapere che era lì per lui, ed era tornata per restare. Se solo lui l'avesse guardata.

E invece, negli occhi di Jungkook la giovane detective non vide altro che cieca rabbia e profondo rancore. Venne fermata prima ancora che potesse raggiungerlo dalla mano ferma di Hoseok, il più fedele e fidato compagno di squadra di suo fratello. La trattenne per il polso, lasciando poi che lei si aggrappasse alla sua divisa, mentre Jungkook veniva portato via da una delle tanti volanti della polizia arrivate sul posto.

— Lo scagioneranno presto, vedrai, — cercò di ridarle un briciolo di speranza il ragazzo accanto a lei, stringendola ancora più forte a sè per evitarle altro dolore.

Furono queste le ultime parole che Jieun riuscì a percepire chiaramente prima di perdere completamente i sensi alla vista del corpo esanime di Junghyun venire portato via dall'ambulanza in un becero sacco bianco.

***

 

Nonostante tutto il dolore e la frustrazione al Black Ink però Kim Jieun ci era ritornata. Era trascorso qualche mese da da quando il locale era stato messo a ferro e fuoco da un nemico ancora senza nome e senza volto. Aveva cambiato completamene aspetto, trasformandosi in uno studio per giovani tatuatori, gestito interamente da Jungkook e da un paio di soci o "amici di famiglia", come li aveva descritti lui.

— Perchè non mi hai detto nulla del funerale, —

Sapeva che quella non era certo la frase migliore per dare inizio ad una conversazione, ma le era sembrato ancora più stupido tentare di chiedergli come se la stesse passando in quel periodo. Per questo motivo la giovane aveva semplicemente deciso di scavallare quella sciocca domanda, rischiando che Jungkook le intimasse di uscire ancora prima di riuscire a dire tutto ciò per cui, anche quella volta, si era presentata lì senza alcun preavviso.

— Non ti volevo lì, —

Si morse il labbro Kim Jieun perchè, in cuor suo, sapeva di non aver alcun diritto per poter partecipare al funerale di Junghyun o ribattere schiettamente a quella violenta risposta. Eppure, ancora una volta, la sua testardaggine non le aveva impedito di entrare in quel negozio e provare a chiedere scusa per l'unica cosa che non avrebbe dovuto fare. Lasciarlo solo a combattere il suo dolore. Era estremamente triste e allo stesso tempo buffo come, insieme al Black Ink, anche quasi vent'anni di amicizia e risate tra loro si fossero trasformati in fumo e cenere, assurdi silenzi e taciti sguardi.

C'erano tantissime cose che avrebbe voluto fargli sapere in quel momento: nonostante mai avrebbe preteso che tutto potesse tornare come prima, Jieun voleva davvero che Jungkook sapesse che lei non lo avrebbe mai più abbandonato, non avrebbe mai più commesso lo stesso errore di lasciare che qualcuno potesse decidere del suo destino. Eppure niente di tutto questo uscì mai dalla sua bocca, asciutta e basita di fronte alle dure parole del ragazzo di fronte a lei.

— Avevo bisogno di averti con me.. Mi avresti dato forza e io avrei potuto proteggerti, — le aveva confessato allora con un filo di voce, prima di estrarre un pacchetto di sigarette della stessa marca che soleva fumare Junghyun per poi portarsi alla bocca uno di quei sottili cilindri di tabacco e nicotina, — Invece ho finito col perdere tutto, —

— Jungkook, —

Il suo corpo si era mosso in maniera quasi istintiva: sussurrando per l'ennesima volta il suo nome, Jieun era infatti riuscita a levargli quel cilindro di nicotina dalle labbra. Un modo quasi materno il suo per evitare che anche Jungkook potesse ricadere nei vizi e negli stessi sbagli del fratello maggiore. Ma forse era davvero  troppo tardi per provare a ricucire un cuore completamente in pezzi.

— Jieun ti prego va via, — le aveva intimato a pochi centimetri dal viso, riprendendosi poi quella sigaretta e poi stringersi nelle proprie spalle, da qualche tempo più larghe di quanto Jieun potesse ricordare.

— Jeon! —

Jieun si irrigidì all'istante quando percepì chiaramente la voce di suo fratello rimbombare e riecheggiare imponente all'interno di quel negozio ancora quasi completamente spoglio.

— Nam ti prego non-, — 

Avrebbe davvero voluto essere in grado ed avere la forza per riuscire a fermare l'avanzata di suo fratello verso il volto già contratto di Jungkook, ma Jieun fu costretta a farsi da parte ancora una volta. Cercò, fin quando ne fu in grado, di contenere la furia di Namjoon trattenendolo per un braccio per evitare che potesse commettere qualche imperdonabile sciocchezza, ma non le venne dato nemmeno il tempo per poter esprimere il motivo per cui, ancora una volta, si era ritrovata come una sciocca a bussare alla porta del Black Ink.

— Tu non la meriti una come mia sorella, —

— Ti suggerisco di ponderare le tue parole Kim perchè, detto tra noi, forse sei tu quello che la merita meno, —

Purtroppo per lei, Kim Namjoon era un poliziotto addestrato alla perfezione e dotato di due braccia muscolose e ben allenate. Perció nessuno aveva potuto impedirgli di tirare un gancio sinistro ben assestato contro la guancia del suo impassibile interlocutore che però, a dispetto di ciò che Jieun aveva immaginato e che Namjoon aveva sperato, non ebbe alcun tipo di reazione se non quella di sbuffare, guardando la sua tanto desiderata sigaretta rotolare lentamente lungo le lucide piastrelle del pavimento.

— Tu devi essere impazzito Nam, — 

Si era scagliata contro di lui con tutta la forza che riuscì a trovare nel suo corpo minuto solo una volta dopo essere stata trascinata fuori dal negozio, lasciando Jungkook nuovamente da solo, alle prese con del sangue da ripulire dal proprio naso e da qualche piastrella del pavimento, rimesso completamente a nuovo.

— Ti proibisco di tornare in questo posto, voglio che tu stia fuori da tutta questa storia, sono stato chiaro? — fu l'ultima cosa che udì provenire dalla bocca suo fratello, ma quelle velate minacce non arrivarono che ovattate alle sue orecchie: Kim Jieun si era infatti già incamminata verso un punto non ben definito della città per potergli rispondere a tono.

Dopo quella patetica scenata che le era costata la possibilità di potersi quantomeno chiarire con Jungkook e di rimettere piede al Black Ink, la giovane Jieun aveva riscoperto quasi come per magia il piacere di affogare tutti i suoi problemi e i propri dispiaceri in qualche buona e costosa bottiglia di soju da degustare senza fretta nei vari locali della metropoli. Ora che aveva iniziato a guadagnare qualcosa di più grazie agli straordinari in ufficio non era certo intenzionata a farsi mancare certi lussi e qualche comodità. 

Ed era stato proprio così che quella sera, invece che farsi accompagnare fino alla porta dell'appartamento che ancora condivideva con Namjoon, una ragazza come lei aveva invece gentilmente chiesto al tassista di lasciarla davanti all'ingresso del White Wall, uno dei locali più lussuosi di tutta la zona. Ed era stato proprio al bancone di quel prestigioso bar che Jieun aveva fatto conoscenza con la stessa persona che, proprio in quel preciso istante, fece il suo ingresso all'interno di quel piccolo ufficio, riportandola improvvisamente alla realtà.

Una realtà in cui, cinque anni dopo quell'incubo ancora senza una fine o un colpevole, Kim Jieun era diventata il medico legale più conosciuto della più grande stazione di polizia di Seoul, nonché la fidanzata del figlio del procuratore del distretto, Kim Taehyung.


 

 

a/n 
anneyeong haseyo! 👋🏻

ok si, sono in ritardo di un giorno rispetto ai tempi previsti di pubblicazione, ma queste giornate di lockdown sono altamente imprevedibili xD

in compenso, il mistero che avvolge i nostri protagonisti sembra essere stato svelato.

non sono ancora sicura di come sto rendendo jungkook in questa long, ma vogliate perdonarmi, anche io ogni tanto mi lascio andare alla modalità BADBOIII (lol)

detto questo mi dileguo, ma attendo come sempre un vostro parere a riguardo! 

ah, nell'ultima riga compare il nome di colui che completa il triangolo amoroso, adesso cominciamo a fare sul serio!

alla prossima, kissu!

 

bvb

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Capitolo 4
*** [4] ***


 
BLACK INK.

 

[4]



 Taehyung, ma che ci fai q-, — aveva solo avuto il tempo di chiedere, alzandosi di scatto dalla sedia e lasciare così che la sua domanda venisse bruscamente interrotta proprio dalle labbra del ragazzo che, senza alcun preavviso, si posarono veloci e sicure sulle sue.

— Non posso venire a trovare la mia ragazza in ufficio? — lo sentì mormorare a fior di labbra, prima che la sua bocca riprendesse a studiare più approfonditamente quella di Jieun, che invano stava comunque cercando di mantenere un certo decoro.

— A quest'ora del mattino? Non è molto da "figlio del procuratore", — si permise di stuzzicarlo poi lei, portando la mano sulla chioma folta del ragazzo a pochi centimetri dal suo viso ed iniziando così ad accarezzargli delicatamente i capelli, — Mi stai forse nascondendo qualcosa? —

Kim Taehyung avrebbe tranquillamente potuto essere il ragazzo dei sogni di qualsiasi tipo di donna, e non solo. Alto, fisico asciutto ma non troppo muscoloso, spalle ampie e una folta e voluminosa massa di capelli castani che spesso e volentieri gli coprivano la fronte e parte di quello sguardo così intenso che sarebbe stato in grado di intimorire anche un leone. Ma Kim Taehyung era molto più di un giovane uomo elegante e dal fascino irresistibile: era un ragazzo coraggioso, volenteroso di seguire le orme del padre che lo aveva preceduto a capo di quella stazione di polizia. Era un ragazzo cresciuto con grandi ideali e che sapeva essere, allo stesso tempo, gentile e premuroso ma anche severo e autoritario.

Era un uomo che avrebbe potuto conquistare anche la più restìa delle regine, ma quella sera di cinque anni fa, al White Wall, il suo sguardo profondo e intenso si era posato sul volto pensieroso e leggermente arrossato dalle lacrime e dall'alcool della giovane Jieun e, da quel momento, non l'aveva più lasciata.

— Ti ho portato quella confezione di tè che ti piace tanto, — le disse piano, concedendole finalmente l'occasione di staccarsi da lui solo per osservare curiosa il piccolo ma prezioso contenuto che Taehyung aveva estratto con tanta delicatezza dalla sua ventiquattrore.

— E dirti che abbiamo trovato un altro cadavere, —

All'interno della centrale erano solo due le persone che avevano il coraggio di spalancare la porta dell'ufficio di Jieun e mettervi piede senza cadere nelle sue ire o farla innervosire: Kim Taehyung e.. Kim Seokjin.

Laureatosi con lode nel suo stesso percorso di studi, Kim Seokjin aveva però dalla sua parte una maggiore esperienza, dovuta se non altro alla loro differenza d'età. A differenza di quanto ci si potesse aspettare però, Jieun provava per lui un'ammirazione tale da renderlo paragonabile al sentimento di estasi che si prova solo guardando l'esibizione del proprio idolo a pochi passi dal palcoscenico. Non era un segreto infatti che, fin dal suo primo giorno in centrale, la giovane Jieun - allora una semplice stagista - era rimasta come incantata dal modo di lavorare del suo più esperto collega: per questo motivo ogni caso che veniva affidato al loro distretto costituiva per lei un'occasione per riuscire a fermarsi anche dopo la fine del suo turno, spinta dalla curiosità di osservare la professionalità di Seokjin.

Nonostante tutto, era però innegabile che anche il suo smisurato affetto quasi fraterno nei confronti di Jin avesse dei limiti e lui aveva appena superato uno di essi, catapultandosi senza permesso nel suo piccolo ufficio di prima mattina, forse nella vaga speranza di vederla già all'opera. Dal canto suo peró, Seokjin non si stupì comunque di trovarla insieme a Taehyung: benché la loro relazione non fosse mai stata un'affare di Stato e ad entrambi piacesse mantenere una certa riservatezza, le voci al distretto non avevano certo atteso che uno dei due rendesse pubblica la cosa prima di iniziare a circolare.

Ma se Seokjin era uscito dai laboratori sotterranei, il suo luogo di lavoro prediletto, doveva averlo fatto per un motivo che poteva oscillare solo tra il buono ed il grave. Jieun quindi non si meravigliò dunque quando non ricevette le sue scuse per aver fatto un'irruzione del genere nel suo ufficio senza nemmeno preoccuparsi di bussare prima di aprire la porta ma, al contrario, lo osservò avvicinarsi al tavolo con aria preoccupata e seria.

— Il cadavere è fresco, una pallottola nel cranio e un'incisione a forma di "V" sul polso destro, — iniziò a spiegare Jin, aiutandosi nella descrizione con alcune fotografie del corpo della vittima che sparse sul tavolo alla rinfusa, permettendo in questo modo a Jieun e Taehyung di dare una forma più concreta alle sue parole, — Non un metodo particolarmente innovativo, ma pur sempre funzionale allo scopo, —

— Che sarebbe? — chiese Taehyung, sollevando non senza un certo disgusto dipinto sul volto una delle tante foto scattate al dettaglio della testa perforata da un piccolo proiettile.

— Uccidere senza lasciare traccia, — fu la semplice risposta del medico legale che, fornendo questo tipo di dettagli, aveva già riconquistato tutta la fiducia e l'affetto di Jieun.

— Cosa pensi stia succedendo? — fu proprio lei a rivolgere quindi la propria curiosità al suo fidato collega che, per tutta risposta, si ritrovò a fare spallucce.

— Secondo il mio modesto parere qui abbiamo a che fare con qualcuno che vuole il controllo sul Black Ink per poter poi gestire i propri affari totalmente indisturbato e temo non si fermerà fino a quando non avrà tolto di mezzo il legittimo proprietario e chi lo protegge, — ammise poi l'anatomopatologo, tornando a sua volta ad osservare quelle foto che lui stesso aveva scattato poco prima dell'autopsia.

— Il Black Ink diventerebbe una base sicura per i loro traffici illegali, — aggiunse Jieun in tutta fretta. E, così facendo, inevitabilmente i suoi pensieri tornarono a Jungkook e a come quei soli cinque anni di distanza lo avessero reso tutta un'altra persona. Mai avrebbe creduto possibile che il ragazzo introverso e taciturno di qualche anno prima si sarebbe trasformato in un giovane uomo d'affari, probabilmente invischiato in situazioni a dir poco pericolose per il controllo sulle varie gang della città, seguendo le orme di suo padre prima e del suo defunto fratello poi. E se davvero anche lui avesse avuto a che fare con quei traffici illegali?

— Per agire indisturbati devono liberarsi anche del secondo figlio di Jeon Jiwoon, Jungkook, —

— Che attualmente è il proprietario del Black Ink giusto? —

Completamente assorta nei propri pensieri, Jieun si rese presto conto di essersi persa lo scambio di battute e di possibili ipotesi tra i due, perchè la sola cosa a cui riusciva realmente a pensare in quel momento era che quella sera, quando era andata ad avvisare Jungkook del ritrovamento del primo cadavere, Jieun non era riuscita ad ottenere alcun tipo di informazione da lui e di come fosse già a conoscenza dell'accaduto. Come se davvero Jeon Jungkook fosse riuscito ad eludere ogni suo tentativo di carpire una qualsiasi tipo di informazione. Si riprese da quel suo stato di trans solo quando avvertì la mano calda di Taehyung sfiorarle delicatamente la spalla, richiamandola a sé e ad una realtà in cui, nel distretto presso cui lavorava, erano già stati ritrovati due cadaveri.

— Jieun mi stai ascoltando? —

Trasalì nel sentirsi chiamata in causa, cercando in qualche modo di sfuggire allo sguardo preoccupato del suo ragazzo e approfittando di quel breve istante per tornare ad osservare tutte le macabre immagini ancora sparse alla rinfusa sulla superficie lucida della sua scrivania.

— Cosa posso fare? — si limitò a chiedere poi, scostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di ristabilire un contatto con lo sguardo di Taehyung, che mai l'aveva abbandonata. Era tutta sua intenzione voler essere di maggior aiuto possibile nello svolgimento delle indagini, per quanto la sua mansione fosse limitata al perimetro di un laboratorio sottoterra in cui la sola cosa a regnare fosse l'acre odore di corpi in avanzato stato di decomposizione.

— Voglio che mi presenti questo Jeon Jungkook, lavorerò per lui in incognito e nel frattempo cercherò di scoprire qualcosa di più sugli affari che vengono condotti al Black Ink, —

Ma questo certamente non rientrava nell'infinita serie di possibilità a cui la mente di Jieun aveva potuto pensare in quel breve lasso di tempo. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito, non voleva crederci. Persino Seokjin, che fino a quel momento si era dimostrato perfettamente a suo agio nonostante fosse ben consapevole di aver interrotto uno dei loro pochi momenti di intimità, si irrigidì nell'udire quella richiesta, apparsa fin da subito tanto geniale quanto pericolosa e assurda.

— No Tae, tutto ma non questo, è troppo rischioso, — fu quindi la sola risposta che uscì dalle labbra lucide della ragazza prima ancora che la sua testa potesse elaborare con maggiore calma il contenuto dell'insensata richiesta di Taehyung.

— Per me o per te? —

— Aspetta, cosa sta-, —

Una parte di lei desiderava non sapere a cosa Taehyung stesse facendo riferimento con quella insinuazione, ma purtroppo la parte più obiettiva e razionale del suo inconscio, o almeno di quello che ne rimaneva, era già consapevole di quale fosse la risposta a quella sua sciocca richiesta di spiegazioni.

— Cosa? Che sei stata la "fidanzata" di un giovane gangster? —

— Gangster è un termine che ho sempre sentito solo nei film, — cercò inutilmente di sdrammatizzare la situazione Seokjin, solo per poi avvertire sulla sua stessa pelle il peso dello sguardo agghiacciante di Taehyung. Decise quindi di sbrigarsi a raccogliere velocemente tutto quel prezioso materiale dal tavolo per dileguarsi così senza aggiungere una sola parola, limitandosi a chiudere la porta dell'ufficio di Jieun alle sue spalle, salutando entrambi con un solo cenno del capo.

— Ora sei con me Jieun, non devi più preoccuparti di nulla, —

Kim Taehyung la avvolse così in un abbraccio caldo e affettuoso, lasciando che lei si aggrappasse saldamente al tessuto delicato e soffice di quel suo cappotto nero. Sorrise quando la avvertì poggiare il proprio capo sulla sua spalla, stringendosi ancora di più a lui.

— E' invece proprio questo che mi preoccupa, — cercó blandamente di ribattere lei, prima che quel suo profumo di ambra e patchouli non inebriasse completamente i suoi sensi.

Rimase accoccolata a lui in totale silenzio per qualche minuto, beandosi del calore di quel confortevole abbraccio e dell'impercettibile rumore de suoi respiri almeno fino a quando Taehyung non la lasciò di nuovo sola nel suo studio, regalandole un ultimo buffetto sulla guancia prima di staccarsi da lei e assicurandole che sarebbe tornato a trovarla dopo la sua prima riunione della giornata.

Rimase a fissare inutilmente lo schermo del suo computer per una buona mezz'ora prima di decidere di alzarsi nuovamente  e mettere di nuovo piede fuori dal suo ufficio. Si diresse verso un corridoio per preciso, nella speranza di non trovare nessuno in coda per prendere il caffè ma Jieun  non riuscì che fare qualche passo prima di essere raggiunta da uno dei suoi amici più cari, l'unico che in quel momento avesse realmente voglia di vedere.

— Quindi Taehyung è anche il tipo da "sveltina"? — la provocò scherzosamente con quel suo tipico sorriso a fior di labbra che, Jieun ne era certa, sarebbe tranquillamente riuscito a schiarire anche le giornate più nere.

— Geloso dei nostri rendez-vous Hoseok? — nonostante questo però, anche la giovane Jieun era ormai diventata bravissima a giocare al suo stesso gioco e tenergli testa con un altrettanto loquace sorriso.

— Sai che non potrei mai declinare un tuo invito, ma purtroppo non sono qui per questo, — ammise lui ad un tratto in tono improvvisamente serio, costringendola ad allontanarsi dall'idea di poter raggiungere la caffetteria per prediligere invece il retrogusto amaro del caffè delle macchinette, un toccasana per chiunque facesse le "ore piccole" all'interno della centrale.

— Jieun, Namjoon lo sa già? —

— Cosa? —

Anche se il gioco delle parti era finito da un pezzo, a Jieun piaceva pensare che Hoseok non fosse venuto da lei proprio per quel motivo.

— Di te che prendi la macchina e te ne vai da-, — e invece si dovette ricredere ancora una volta, avvicinandosi a lui sfruttando la macchinetta del caffè come sostegno, dando così le spalle ad ogni persona che in quel momento della mattinata aveva ogni diritto per muoversi a più o meno ampia velocità da un ufficio all'altro.

— Ok no, e ti prego Hobi questa volta è vitale che lui non lo sappia, — si ritrovò a pregarlo con le proprie mani strette in un'unica morsa. Si rese conto solo allora che non compiva quel gesto da un bel pò di tempo la giovane Jieun, impressione che non sfuggì nemmeno al suo altrettanto giovane e sveglio interlocutore.

Era ben consapevole che Namjoon fosse quasi un fratello per lui e non solo un semplice compagno di squadra ma, in fondo, sperava che lui provasse quegli stessi sentimenti di rispetto e fratellanza anche nei suoi confronti.

Jieun si mordicchiò il labbro inferiore con i denti, osservando Hoseok estrarre dalla tasca della sua divisa una chiavetta dall'acceso colore arancione per infilarla così all'interno della macchinetta. Digitò poi un numero a due cifre sullo schermo e la giovane dottoressa non potè fare a meno di sorridere quando lo vide digitare l'opzione "senza zucchero", offrendole poi il risultato della lavorazione della macchina. Non c'era davvero nessuno all'interno della centrale che la conoscesse meglio di Jung Hoseok.

— Solo per questa volta e perchè sai che in fondo voglio più bene a te che a quel nevrotico di Namjoon, — ammise lui a quel punto, prima di estrarre dalla macchinetta il suo caffè rigorosamente macchiato, un nuovo e più ampio sorriso di nuovo stampato sul suo bel viso.

— Sei davvero il migliore, — esclamò Jieun a quel punto, osservandolo soffiare sulla superficie della propria bevanda ancora bollente.

— Lo so ed è per questo che mi devi una serata al karaoke, —

Lo vide allontanarsi così, non riuscendo a trattenere una leggera risata quando lo vide imprecare contro se stesso per non aver avuto modo di aggiungere più zucchero alla sua bevanda.

— Hai la mia parola, — fu tutto ciò che fu in grado di aggiungere una volta dopo averlo visto scomparire lungo i corridoi affollati di agenti in divisa e dipendenti che, tra le mani, portavano pile e pile di pesanti scartoffie.

Sarebbe stata davvero una lunghissima giornata anzi, l'inizio di un'ancora più lunga e complicata indagine.






 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

torno con un nuovo aggiornamento! siamo tornati di nuovo nel presente. un presente in cui la nostra Jieun sembra essere felicemente fidanzata con Tae che - udite udiite - è il figlio del procuratore del distretto. e, come figlio del capo, può prendere le decisioni che più gli sembrano corrette, anche se questo vuol dire presentarsi davanti a Jeon Jungkook e farsi assumere. 

e che dire del nostro raggio di sole preferito? braccio destro di Namjoon e sinistro di Jieun

beh, almeno con le presentazioni abbiamo finito!

attendo come sempre i vostri pareri a riguardo e vi aspetto alla prossima!
see you soon,


 

「bvb

 

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Capitolo 5
*** [5] ***


 
BLACK INK.

 

[5]

 

Aveva trascorso un'intera mattinata e anche gran parte di quell'assolato pomeriggio cercando di ripercorrere ogni frase di una conversazione immaginaria che lei stessa aveva deciso di ricreare nella sua testa. Un discorso il suo, scaturito solo dal folle tentativo di provare a prevedere uno, due, tre possibili scenari di come Jungkook avrebbe potuto reagire nel ritrovarla nuovamente davanti all'ingresso del Black Ink.

La soluzione più semplice sarebbe sicuramente stata quella di rimanere in totale silenzio e non rispondere ad alcuna provocazione, se mai ce ne fosse stata qualcuna. E se lui non le avesse rivolto nemmeno uno sguardo o un cenno di saluto? Se ci fosse stato nuovamente Yoongi ad attenderli all'ingresso? E se Taehyung avesse tentato qualcosa di avventato?

Si sedette sul bordo del propria scrivania, portandosi entrambe le mani contro la fronte corrucciata: troppe erano le variabili in gioco per poterle controllare tutte. Per questo motivo Jieun si convinse che la cosa migliore che potesse fare era comportarsi come se stesse andando sulla scena di un delitto: sarebbe rimasta impassibile e professionale, come del resto era consono alla sua figura. Non ci sarebbero stati tentennamenti da parte sua, nemmeno un battito di ciglia o un respiro di troppo.

O almeno questi erano stati i suoi intenti fino a quando, una volta scesa dall'auto di Taehyung, la giovane Jieun non si era ritrovata a ripercorrere ancora una volta quella stretta scalinata che portava davanti ad una insegna a neon non ancora illuminata, ma dal nome inconfondibile.

Lasciò che Taehyung fosse il primo ad entrare, facendogli cenno di procedere davanti a lei ignorando le consuetudini volute dal manuale di cavalleria, seguendolo solo dopo essersi assicurata di aver lasciato tutti i suoi timori fuori da quella porta. E fortunatamente per lei, l'atmosfera all'interno di quello studio sembrava essere molto diversa da come lo aveva lasciato l'ultima volta. A fare da tappeto musicale all'interno dello studio, oltre al rumore incessante delle macchine per i tatuaggi che si percepiva in lontananza, quell'assolato pomeriggio vi era anche un leggero sottofondo di musica classica per pianoforte, una scelta sicuramente voluta da Yoongi che però, per buona sorte di Jieun, quel giorno non sembrava essere di turno nella piccola hall del negozio.

Si avvicinò così alla scrivania, schiarendosi prima un poco la voce e premendo poi un piccolo pulsante a forma di campanella per cercare di catturare l'attenzione di chiunque fosse disponibile a rispondere alle richieste che lei e Taehyung avrebbero avanzato.

— Stai a vedere che ho dimenticato qualche cliente oggi, Jungkook mi ammazzerà, —

Poco dopo, da uno degli studi dietro quel bancone uscì borbottando un ragazzo dai capelli biondissimi. Un angelo, si ritrovò a pensare col sorriso Jieun, non potendo fare a meno di notare quanto, nonostante il tempo trascorso e la sua professione, sulle parti scoperte del suo corpo non vi fosse neanche una punta di inchiostro nero.

— Jimin! —

— Jieun?! Santo cielo vieni qui! —

Park Jimin era un ragazzo nato e cresciuto nel suo stesso quartiere, uno dei famosi "compagni di merende e nascondino" della compagnia di Jungkook e, quindi, anche della sua. Jimin era un ragazzo estremamente talentuoso che, fin da giovanissimo, aveva consacrato la propria vita all'arte. Mentre Jungkook e Namjoon avrebbero potuto rimanere per ore davanti alla televisione a completare missioni e partite ai videogiochi che più li appassionavano, Jieun preferiva stare in compagnia di Jimin che, spesso e volentieri, la invitava ad ascoltare insieme a lui l'ultima cassetta che era riuscito a comprarsi con la paghetta settimanale sul suo vecchio walkman o, quando possibile, la invitava ad ascoltare qualche affascinante programma alla radio o ballare sulle note di qualche canzone particolarmente accattivante.

Era stato propri Jimin a darle la notizia del funerale di Junghyun, così come era stato sempre lui a raccontarle di come Jungkook aveva deciso di trasformare quello che era rimasto del negozio dei suoi genitori in uno studio per tatuatori. In tono serio lo aveva poi sentito annunciarle al telefono che aveva deciso di unirsi al suo studio per fare un pò di pratica e poi, in futuro, gli sarebbe piaciuto aprirne uno tutto suo, magari in una città all'estero.

— Jungkook non mi aveva detto che avrebbe avuto una visita di questo tipo altrimenti mi sarei vestito meglio, — asserì Jimin dopo aver sciolto l'abbraccio con Jieun, mettendosi poi a controllare distrattamente la lunga lista di appuntamenti del giorno presenti su una grossa agenda presente sulla scrivania della reception.

— In realtà non abbiamo un vero e proprio appuntamento, spero non sia un problema Chim, — domandò lei a quel punto, notando con sollievo un ampio sorriso comparire sulle labbra del suo amico nell'udire quel buffo soprannome che lei stessa gli aveva affibbiato ai tempi della scuola media. Ma nonostante fosse felicissima di averlo rivisto in quell'occasione, Jieun non era ancora riuscita a togliersi dalla testa il fatto che, da quando erano entrati, non aveva ancora sentito Taehyung spiaccicare una parola, se non mimare un veloce gesto di inchino nella direzione di Jimin.

— Affatto, vi accompagnerei io stesso ma ho un cliente che mi sta spettando, — si limitò a rispondere il ragazzo, — Ma credo che tu la strada la conosca discretamente bene, — ammiccò poi nella sua direzione per cercare di allentare quella palpabile tensione che non aveva potuto fare a meno di notare dipingersi sul volto della sua giovane amica, regalandole poi un ultimo, tenero buffetto gomito a gomito ed invitandola così a procedere verso l'ufficio di Jungkook.

Jieun non si stupì tanto del fatto che evidentemente Yoongi dovesse avergli raccontato tutto, da buon coinquilino quale doveva essere, ma non poteva che essere preoccupata dall'attonito e prolungato silenzio del suo ragazzo che, anche una volta dopo aver superato la pallida figura di Jimin, ancora non le aveva rivolto la parola.

Interruppe la sua camminata solo una volta dopo essere arrivata davanti alla porta a vetri dell'ufficio di Jungkook che, a giudicare dalla totale assenza di luce, non doveva essere occupata. Si voltò quindi in direzione di Taehyung, esortandolo a precederla anche questa volta ma, prima che potesse fare anche un solo passo in direzione dell'ingresso dell'ufficio di Jungkook, Jieun venne bloccata proprio dal suo ragazzo.

— Aspettami qui, — le comunicò solo allora, le dita della mano strette attorno al suo polso sottile e quei profondi occhi a mandorla intenti ad osservare l'ovvia e prevedibile reazione della ragazza ancora immobile di fronte a lui.

— No Taehyung ti accompagno, —

— Jieun ti prego, questo è il mio colloquio di lavoro dopotutto, — riuscì a comunicarle, convincendola poi con un veloce bacio a fior di labbra a desistere da ogni suo più ostinato intento.

Fu in quel preciso istante che entrambi notarono una delle porte degli studi predisposte all'esecuzione dei tatuaggi spalancarsi improvvisamente. Solo così venne concessa loro l'occasione per seguire con lo sguardo un giovane cliente, evidentemente soddisfatto del lavoro svolto sul suo avambraccio ora coperto da uno strato di pellicola trasparente, ringraziare con un doveroso inchino il proprio tatuatore. La loro attenzione passò però velocemente dal cliente a Jeon Jungkook che sia Taehyung che Jieun osservarono abbassare a propria volta il capo in tacito segno di saluto per poi dirigersi a passo lento verso di loro, fermandosi proprio di fronte al figlio del procuratore.

Nessuno sarebbe stato in grado di capire cosa gli stesse passando per la testa in quel momento quando, dopo aver aperto la porta del suo ufficio, fu Jungkook stesso ad inchinarsi ed invitare Taehyung a prendere posto solo facendogli un veloce gesto con la mano, concedendogli l'occasione per ammirare i complicati disegni presenti lungo tutto il suo braccio, disteso in direzione della sua scrivania.

Il giovane proprietario del Black Ink non degnò Jieun nemmeno di uno sguardo, anche quando - dopo aver permesso a Taehyung di mettere piede nel suo ufficio - chiuse la porta alle loro spalle, non concedendole nemmeno il tempo di un breve gesto di saluto. E Jieun sentì come se, in qualche modo, Jungkook volesse nuovamente colpevolizzarla per essersi presentata da lui senza preavviso e per aver addirittura portato nel suo negozio un uomo appartenente al corpo della giustizia.

Rimase quindi in piedi ed in silenzio di fronte alla porta, la testa china ad osservare il profilo lucido delle sue scarpe, non potendo fare altro che pregare che i due uomini all'interno mantenessero quella stessa, apparente calma che erano riusciti a dimostrare di possedere fino a quel momento.

— Allora ditemi: a cosa devo la vostra visita? — domandò senza troppi giri di parole il giovane proprietario del Black Ink, prendendo posto sulla sedia della sua comoda scrivania ed invitando Taehyung a fare lo stesso, — Se siete qui per un tatuaggio di coppia sappiate che non offriamo questo tipo di servizio, — aggiunse in seconda istanza, estraendo dalla tasca dei suoi jeans rigorosamente neri, un nuovo pacchetto di sigarette che iniziò ad aprire davanti al suo interlocutore con una calma mendace.

Interruppe i suoi movimenti su quel rettangolo di plastica solo quando avvertì una leggera risata provenire dalla bocca del suo, non proprio gradito, ospite.

— Andiamo Jungkook, potrai anche non sapere chi sono io, ma sono abbastanza sicuro che tu e Jieun vi conosciate bene, non è forse così? — asserì Taehyung dall'altro lato della scrivania, estraendo poi dal suo portafoglio il suo tesserino identificativo e gettandolo sul tavolo solo per permettere al giovane proprietario di prendere le giuste precauzioni nei modi e nei toni da utilizzare.

— Mi piaci Taehyung, passiamo allora subito al "tu" e evitiamo questi inutili convenevoli, — si ritrovò a sorridere Jungkook di fronte a quell'innocua provocazione avanzata dal suo interlocutore, — Cosa è venuto a fare dunque un mezzo-procuratore come te nel mio studio? Non credo ti interessino i tatuaggi, — gli comunicò poi le proprie conclusioni, tornando a scartare il proprio pacchetto di sigarette pregustando il momento in cui finalmente sarebbe riuscito ad accendersene una.

— La tua deduzione non è del tutto corretta, — lo corresse Taehyung a quel punto della loro già schietta conversazione,  — Sono qui perchè voglio lavorare per te, — ammise poco dopo, senza troppi giri di parole.

E Taehyung comprese di aver fatto centro quando, dopo aver estratto la propria sigaretta dal pacchetto, Jungkook la accese e rimase a guardarla consumarsi davanti ai suoi occhi senza dire una parola per istanti che parvero infiniti.

— Quindi tu vorresti lavorare al Black Ink, — rimarcò quel concetto con una nota velata di stupore, se non altro impressionato da quella coraggiosa proposta.

— Sotto copertura ovviamente, — si permise di aggiunge Taehyung, non aspettandosi certo una risposta del tutto priva di sarcasmo.

Lo osservò girarsi quel cilindro di nicotina e tabacco tra l'indice e il medio della sua mano destra, notando solo allora che le punte delle sue dita conservavano ancora alcune tracce di inchiostro fresco, dovuto probabilmente al suo ultimo lavoro.

— E per quale assurdo motivo dovrei volere uno sbirro nel mio studio? — avanzò quindi la propria domanda Jungkook, tirando poi ancora una volta da quella sigaretta, lasciando poi che della cenere finisse sulla superficie del suo prezioso posacenere posto a lato del tavolo.

— Jk, sei tenuto sotto controllo sia dalla polizia che dalla mafia, dovrai scegliere con chi schierarti prima o poi, — gli confessò dunque Taehyung, avvicinando al tavolo la poltrona su cui era stato invitato a sedersi poco prima, — E a meno che tu non voglia fare la triste fine di tuo fratello ti consiglio di pensarci bene prima di rifiutare il mio aiuto, —

— E' stato anche per mancanza di attenzione da parte vostra se mio fratello è morto, quindi non penso tu abbia il diritto di dirmi da che parte stare, —

Questa volta fu Jungkook ad avvicinare la propria poltrona alla superficie del tavolo, per meglio poter osservare cosa si celasse dietro quello sguardo impassibile di Taehyung che, fino a quel momento almeno, aveva saputo tenergli testa senza mostrare alcun tipo di esitazione.

— Con tutto il rispetto, io non sono un agente polizia ma il figlio del procuratore, — disse, cercando in quel modo di rimarcare non senza un pò di orgoglio quel concetto che, per lui, era fondamentale che Jungkook tenesse bene a mente.

Taehyung lo vide spegnere il filtro della sua sigaretta contro l'apposito posacenere, lasciando che solo una leggera scia di fumo aleggiasse tra loro nell'attesa di ricevere una risposta che potesse soddisfarlo in qualche modo. Poi il suo sguardo rimase impassibile ad osservare i movimenti di Jungkook lasciare la comodità della propria poltrona per avvicinarsi alla sua.

— E sentiamo, che mansione dovrei affidarti? Come avrai notato siamo già una bella squadra, — non esitò a fargli notare, ben consapevole del fatto che Taehyung avesse già avuto modo di leggere i fascicoli appartenenti a Yoongi e Jimin, — Sai forse incidere la pelle? —

— No, — fu la sua sola risposta. Non era venuto da lui per mentirgli o promettere cose che non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere, — Ma so disegnare discretamente bene, potrei darti qualche valido consiglio sui tatuaggi, — aggiunse poco dopo, alzandosi a sua volta solo per indicare tutti quei disegni appesi sulle bianche pareti di quell'ufficio altrimenti spoglio, — Vedi, questi mi sembrano un pò troppo old school, — confessò infine, convincendolo così a scostare la sua attenzione verso quella parte del suo polso e dell'avambraccio rimasti scoperti al di sotto della sua giacca, anch'essi ricchi di simboli e disegni.

— Stanare i colpevoli e consegnarli alla giustizia è il mio lavoro, — continuò poi nel suo discorso, dandogli le spalle per poter meglio osservare alcuni dei suoi disegni, fermandosi proprio in prossimità di un ritratto di un profilo di una giovane donna.

— E poi, — esitò un solo, brevissimo istante, prima di concludere la sua argomentazione tornando quindi a fissare il proprio interlocutore, — Voglio proteggere le persone che amo, — disse infine, abbozzando un sorriso sincero.

— Ammirevole, — fu l'unica parola di commento di Jungkook a quel suo nobile discorso, cercando per quanto possibile di non mostrarsi irritato per le parole pronunciate sul finale da Taehyung.

— E so che lo vuoi anche tu, — lo rimbeccò a quel punto il giovane procuratore, notando aprirsi un possibile varco per prendersi gioco delle debolezze del suo avversario, — Siamo sulla stessa barca più di quanto tu non creda amico, —

— Non tirare in ballo Jieun adesso, —

Comprese solo allora di aver perso il loro primo confronto. Quella era una frase che non sarebbe mai dovuta uscire dalle sue labbra, ma ormai il danno era stato fatto e Jungkook sapeva che difficilmente sarebbe stato in grado di riparare all'errore commesso, concedendo a Taehyung la possibilità di prendersi ancora più terreno.

— Hai fatto tutto da solo, — tenne a ribadire scherzosamente, basandosi però su quell'unico sospetto che Jungkook aveva rivelato essere ancora una ferita aperta e sanguinante, — Ma ti avverto: lei non ti riguarda più, — asserì poi senza battere ciglio, avvicinandosi ancora una volta alla scrivania per aprire sotto gli occhi attenti di Jungkook la prima pagina del quotidiano locale.

— Forse non hai ancora avuto modo di leggere il giornale quest'oggi, ma credo ti sia già arrivata la soffiata che due dei tuoi fedeli uomini sono stati ritrovati cadavere in meno di 72 ore, — esclamò poi voltando quelle pagine di giornale in direzione di Jungkook, permettendogli di osservare la foto presente sulla prima pagina della sezione "cronaca".

Ma, al momento, era ben altri i pensieri che affollavano la mente del giovane proprietario del Black Ink.

— Aspetta un attimo, — disse quindi, il tono più basso e calmo di quanto volesse far trasparire, — Sai che Jieun è stata qui? —

— Non faresti forse lo stesso se avessi al tuo fianco una ragazza come lei? — decise di mettere alla prova la pazienza di Jungkook rispondendo alla sua evidente richiesta di spiegazioni con una nuova domanda, — Oh, dimenticavo della vostra triste storia, — aggiunse poi, finalmente divertito dalla reazione che riuscì a scaturire nel suo testardo avversario.

Non ebbe infatti quasi modo di completare la frase perchè Jungkook lo prese per il bavero della camicia obbligandolo poi ad appoggiare le proprie spalle contro il muro freddo della stanza per non ribaltarsi.

— Molto bene Kim Taehyung, vedo che hai fegato da vendere, — sputò poi tutto d'un fiato, costringendolo così a tornare a guardarlo negli occhi, più scuri di quanto Taehyung avesse immaginato, — Ma qui non siamo alla centrale di polizia, — lo provocò poi a sua volta, continuando ad impedirgli qualsiasi tipo di movimento avventato per non costringerlo a tirargli un bel cazzotto in faccia di cui poi entrambi avrebbero dovuto dare spiegazione a Jieun.

— Quindi se non vuoi ritrovarti con una pallottola nel petto ti consiglio vivamente di prestare attenzione ad ogni parola che esce dalla tua bocca, — lo minacciò successivamente, allentando solo a quel punto la sua presa contro la camicia di Taheyung, sicuro che le sue parole fossero arrivate ben chiare al destinatario.

— Sarà fatto, — lo sentì mormorare poi, il tono della sua voce per nulla spaventato. Jungkook lo osservò raccogliere in silenzio il cappotto dalla poltrona ed aprire la porta all'esterno della quale, Jungkook sapeva, Jieun era rimasta tutto il tempo ad attenderlo, — Non vedo l'ora di iniziare, — lo avvertì sussurrare infine, lanciandogli un ultimo sguardo provocatorio prima di tornare a rivolgere il suo sorriso e la sua attenzione verso Jieun. E questa volta fu lei a non degnarlo nemmeno di uno sguardo, preferendo invece rivolgere tutte le sue premure verso Taehyung, controllando scrupolosamente che su sul volto non vi fossero segni di colluttazione.

Solo una volta dopo aver percepito i due lasciare il suo negozio, Jungkook decise di alzarsi nuovamente dalla propria poltrona su cui si era lasciato andare solo per poter cacciare un urlo profondo. Non voleva che la polizia si immischiasse nei suoi affari e nei suoi piani per vendicare il fratello Junghyun ma, più di ogni altra cosa, Jeon Jungkook non voleva lasciare che Jieun entrasse nuovamente nella sua vita.

Non dopo che aveva impiegato cinque anni per provare a togliersela dalla testa.


 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

con un imperdonabile ritardo ecco a voi un nuovo aggiornamento!

primo incontro-scontro tra i due protagonisti principali. forse è un pò prematuro da parte mia chiedervelo, ma sarei veramente super curiosa di sapere da che parte state.. taehyung o jungkook? 

e adesso che si troveranno a lavorare insieme, cosa farà Jieun? e Namjoon?

spero in cuor mio di non dovervi far aspettare troppo per scoprirlo 

alla prossima dunque,

bvb

 

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Capitolo 6
*** [6] ***


 
BLACK INK.

 

[6]
 


Lo osservò sfilare davanti ai suoi occhi lasciando che, pian piano, l'incredulità iniziale concedesse spazio alle risate di entrambi. Kim Taehyung era sempre stato un ragazzo amante degli abiti eleganti e costosi. Il suo non era solo un mero capriccio, ma essere il figlio del procuratore in questo senso gli era tornato parecchio utile, soprattutto da quando ne aveva preso le veci in qualità di vice-capo del distretto. Aveva così potuto iniziare a sfoggiare le sue collezioni di completi e giacche sempre molto sobrie ma assolutamente impeccabili. Uno stile il suo che molti gli invidiavano e che - Jieun ne era perfettamente consapevole - era in grado di far girare la testa ad ogni donna presente alla centrale di polizia di Seoul.

Per questo motivo inizialmente si era stupita parecchio quando lo aveva visto entrare nel suo ufficio indossando un paio di jeans strappati all'altezza di entrambe le ginocchia e una semplicissima t-shirt bianca senza alcun tipo di ricamo o scritta di qualsiasi genere.

— Sapevo di essere già fortunata ad avere un ragazzo tanto bello, — commentò dopo essersi ripresa dallo shock iniziale, avvicinandosi a lui ed iniziando così ad accarezzare lentamente quelle braccia, una delle quali costellata di scie scure di nero inchiostro, lasciando poi che queste, lente ed inesorabili, le cingessero la vita, — Ma non credevo fino a questo punto, — aggiunse un attimo dopo, abbassando volutamente il tono della sua voce nel tentativo di renderla più suadente.

— Tu mi lusinghi, — le rispose Taehyung a quel punto, non potendo fare a meno di trattenere un sorriso compiaciuto per quel complimento, ben lungi dall'essere innocente.

Poi il suo viso si fece più serio e la leggerezza delle battute di poco prima fece spazio alla verità e al motivo per cui Kim Taehyung aveva dovuto riporre nell'armadio i suoi abiti eleganti per indossarne di nuovi, meno distinti e raffinati, ma sicuramente più adatti al suo scopo, — Credi che andrà bene? — chiese quindi, lasciando nelle mani di Jieun il verdetto finale.

Avrebbe iniziato il suo primo turno in incognito al Black Ink proprio quel pomeriggio, perciò era bramoso di sapere da lei se, outfit da perfetto tatuatore a parte, la sua copertura per cercare di stanare il colpevole avrebbe prima o poi portato ad un qualche risultato.

— E come potrebbe un'indagine condotta da Kim Taehyung andare male? — lo rassicurò allora la dolce Jieun, cingendo a sua volta le proprie braccia attorno al collo del ragazzo e lasciando così che i loro respiri cullassero l'uno le preoccupazioni dell'altra.

Era da molto tempo che i due non riuscivano a trovare un qualche momento di intimità: nonostante la loro si potesse considerare ormai una relazione solida di quasi quattro anni, a causa dei loro molteplici impegni e responsabilità sul lavoro, nessuno dei due riusciva più a ricordare quando era stata l'ultima volta che avevano organizzato di uscire per una cena o per una serata al cinema. Probabilmente il loro primo appuntamento era stato anche l'unico.

— Posso? —

Per questo motivo quelle visite a sorpresa di pochi minuti nei rispettivi uffici erano l'unico lusso che si potevano ancora concedere. Nonostante questo, nè Taehyung nè Jieun si scomposero di fronte alla persona che, proprio in quel momento, aveva appena bussato alla porta dell'ufficio di lei, chiedendole indirettamente udienza.

Kim Namjoon rimase immobile, la spalla appoggiata contro lo stipite della porta, fingendo di tenere le proprie mani ed il proprio sguardo occupati sullo schermo nero del telefono.

— Io vado adesso, — sussurrò Taehyung alle orecchie della ragazza subito dopo, sciogliendo il proprio abbraccio con lei e raccogliendo poi dalla sedia della scrivania un insolito e pesante giubbino di jeans, perfettamente coordinato con quei pantaloni che mai Namjoon avrebbe immaginato un tipo come lui potesse avere nel proprio armadio, — Ma mi serve il tuo in bocca al lupo speciale, — aggiunse poi, in ultima istanza.

Non lasciò nemmeno che fosse Jieun ad avvicinarsi alle sue labbra per concedergli ciò che lui aveva chiesto: Taehyung fu più veloce di lei e si prese quel bacio come portafortuna, lasciando poi velocemente il suo ufficio salutando Namjoon con un cenno del capo a cui seguì una semplice pacca sulla spalla.

Solo allora i due fratelli ebbero occasione di guardarsi finalmente negli occhi, un modo come un altro per darsi a vicenda il benvenuto. Poi, senza nemmeno attendere che Jieun lo esortasse ad accomodarsi - perchè sapeva che non lo avrebbe fatto comunque - Namjoon le si avvicinò, controllando che la porta alle sue spalle fosse ben chiusa.

— Ho saputo che hai accompagnato Taehyung al Black Ink, — esordì quindi, non potendo fare a meno di suscitare in Jieun un veloce gesto di stizza.

— E' il mio lavoro, — lo interruppe subito lei, roteando gli occhi al cielo nel chiaro intento di fargli notare fin da subito quanto fosse infastidita dalle sue parole.

— No, non lo è Jieun, — si vide immediatamente costretto ad alzare i noti Namjoon, incrociando le braccia al petto ed iniziando a camminare avanti e indietro su una linea immaginaria, — Il tuo lavoro è quello di stare in laboratorio insieme a Seokjin e aiutarlo con le autopsie, — aggiunse poi, esalando un profondo sospiro.

Jieun era perfettamente consapevole di quanto Namjoon tenesse a lei. Era sempre stato il tipo di fratello maggiore iperprotettivo e autoritario, ma se il suo essere preoccupato per lei da un lato le rendeva onore, dall'altro l'aveva costretta a prendere le distanze, soprattutto dopo ciò che era successo con Jungkook.

— Allora sarai sorpreso di sapere che è stato proprio Kim Taehyung, vice-procuratore in carica in questo maledettissimo distretto, ad ordinarmi di accompagnarlo, — disse a denti stretti ed incrociando a sua volta le braccia contro il petto. Non era sua intenzione provocarlo, ma non poteva più permettergli di entrare di nuovo in questo modo nella sua vita, privata o lavorativa che fosse.

— Ascolta, ho giurato che avrei fatto di tutto per proteggerti, ma tu non mi stai aiutando, — ammise allora Namjoon, il tono fermo di chi non avrebbe permesso un altro passo falso.

— Nam ho 25 anni e ho scelto di fare questo lavoro, non potrai proteggermi per sempre, — esclamò allora un'esasperata Jieun, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e alzando poi il capo verso il soffitto color panna dell'ufficio per evitare che la rabbia e la frustrazione prendessero il controllo e rovinassero poi le sue guance rosee, coperte solo da un leggerissimo strato di fard.

Ma quel sentimento di inconsolabile sconforto lasciò presto spazio ad un ancor maggiore rancore e disappunto. Perchè fu solo quando gli occhi di Jieun si scontrarono nuovamente con quelli di Namjoon che il senso di quella sua frase di poco prima acquisì improvvisamente un nuovo significato, arricchendosi di una connotazione a cui Jieun sperava di non dovere più dare peso.

— Ma tu non vuoi proteggermi da chiunque, vuoi proteggermi da Jungkook, — esalò, lasciandosi finalmente andare sulla sedia girevole posta di fronte alla sua scrivania che lei non aveva mai lasciato, non certo per correre incontro a suo fratello.

— Jieun ascolta, —

— No adesso ascoltami tu: so che ti sembrerà impossibile, ma sono passati cinque anni ormai, — lo interruppe, mostrando nella sua direzione il palmo della mano sinistra, al cui anulare vi era un sottile anello tempestato di luccicanti e costosissime pietre, — Ho un ragazzo Nam, con cui sto benissimo e Jungkook mi detesta perciò se il pensiero che ti tormenta è vedermi di nuovo tra le sue braccia stai tranquillo, non accadrà, —

Scandì quelle parole una ad una, per renderle chiare tanto a Namjoon quanto a sé stessa. Dopotutto, questo era stato uno dei tanti insegnamenti di Jungkook. E anche se non era possibile dimenticare il prezzo di quell'anello stretto attorno al suo dito e della sincera promessa fatta al suo ragazzo, ora più che mai e forse più di chiunque altro Jieun avrebbe voluto cancellare dalla sua mente tutti i bei ricordi di una vita che adesso le pareva tanto lontana quanto estranea.

Rinsavì da questi suoi pensieri, ricacciandoli nei più oscuri meandri della sua mente solo quando vide il solare volto di Hoseok fare capolino sul ciglio della sua porta.

— Se non ti conoscessi direi che sei una donna con troppi appuntamenti, il tuo ufficio è sempre occupato, —

Nonostante gli fosse estremamente grata per aver portato un pò della sua leggerezza all'interno del suo studio dove, almeno fino a quel momento, era stata una non piacevolissima atmosfera di tensione ad aleggiare, Jieun non riuscì a consolarsi nemmeno rimanendo ad osservare quel meraviglioso sorriso avanzare verso la sua scrivania.

— Karaoke stasera? — chiese Hoseok una volta dopo aver appoggiato entrambe le braccia contro la superficie della scrivania, potendo così meglio osservare ogni più piccolo cambiamento di espressione sul volto ancora tirato di Jieun.

In fondo, questo suo modo di fare schietto e deciso faceva parte del suo lavoro. Nessuno meglio di Jung Hoseok era in grado di condurre gli interrogatori contro sospettati di ogni natura e genere. Dietro quell'eterno sorriso che soleva sfoggiare anche nelle situazioni più complesse e disperate c'era un uomo che, in realtà, aveva sofferto molto. Quella sua immancabile e ferrea volontà di aiutare gli altri e di cercare di rendere giustizia alle persone che avevano perso qualcuno di importante gli aveva consentito, negli anni, di affinare le proprie tecniche. Niente era in grado di sfuggire allo sguardo fin troppo attento di Jung Hoseok, soprattutto se a nascondere qualcosa erano i suoi migliori amici.

— So che te l'ho promesso Hobi, — gli rispose Jieun, raccogliendo dalla scrivania un paio di cartelle e poi avvicinandosi a lui sfoggiando il suo sorriso più bello, cercando in quel modo di non costringerlo a farle ulteriori domande a cui, già sospettava, nemmeno Jieun sarebbe stata in grado di rispondere in quel momento, — Ma stasera ho davvero bisogno di stare per conto mio, — aggiunse poi, portando una mano contro la sua guancia e perdendosi per un istante ad accarezzare quel volto prima di chiudere la porta del suo stesso ufficio alle proprie spalle senza degnarsi di rivolgere un solo sguardo in direzione di Namjoon che, insieme a Hoseok, rimase fermo ad osservarla scomparire dietro il vetro della porta.

— Sai Nam, non per mettere il dito nella piaga, ma a volte il tuo modo di fare farebbe incazzare anche me, — si limitò poi ad aggiungere, questa volta rivolgendo il proprio sarcasmo in direzione di Namjoon che, nonostante fosse il suo superiore, non se la sentì di contraddirlo.

— Grazie Hoseok, — fu tutto ciò che invece si permise di rispondere, il tono ironico di chi non vorrebbe fornire ulteriori spiegazioni a quanto era appena accaduto davanti ai suoi occhi.

— Si riprenderà vedrai, è più forte di quanto tu creda, — tenne poi a precisare il giovane poliziotto, avvicinandosi poi al proprio capitano solo per tirargli un buffetto contro il braccio, decisamente più allenato del suo.

— Non me lo perdonerei se fosse altrimenti, — concluse Namjoon, un'espressione sconsolata ma non completamente sconfitta stampata ora sul suo volto sempre così austero.

Hoseok lasciò così cadere quella breve ma diretta conversazione tra loro, tornando ad allargare le proprie labbra in un vistoso sorriso.

— Andiamo noi al karaoke? — propose allora, con sguardo speranzoso ad alimentare le proprie aspettative.

Ma si dovette ricredere quasi immediatamente quando Namjoon, dopo averlo ringraziato con un timido sorriso per quelle semplici parole di conforto, tornò a guardarlo con espressione torva che però, questa volta, non riuscì a mantenere che per più di qualche secondo sul suo viso.

— Ok va bene! Vorrà dire che lo rimanderemo alla prossima settimana! — esclamó a quel punto uno sconfitto Hoseok, sollevando poi le braccia al cielo in segno di resa col solo intento di provocare una sonora e liberatoria risata.

Perchè, in fondo, entrambi speravano davvero di potersi ritrovare presto davanti ad un paio di birre a parlare di argomenti futili e cantare davanti allo schermo di una tv fingendo di essere idol di fama mondiale. Ma prima era priorità assoluta di entrambi mettere la parola "fine" a questo caso, da troppo tempo frutto delle loro peggiori paure ed incubi.







 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

E' stata una settimana piuttosto difficile per me, ma siccome il capitolo era pressochè pronto non me la sono sentita di aspettare ancora (anche perchè qui il tempo passa così in fretta che non mi sono quasi resa conto che sono due settimane che non aggiorno, ops). chi mi conosce forse sa già che il mio modus operandi prevede spesso un'alternanza (più o meno simmetrica) di capitoli di "pausa" a capitoli più intensi. questo forse lo metterei a metà strada, perchè le conversazioni tra Nam e Jieun hanno sempre un non so che di schietto. la veritá peró è che è sempre molto difficile cercare di dare il giusto spazio a tutti i protagonisti, quindi - come sempre - vi chiedo di portare pazienza con me (e con la mia lentezza da tartaruga). in ogni caso comunque, siccome alla fine non sono io a dover giudicare, lascio a voi la palla.

ah, vi ringrazio per tutti i meravigliosi feedback che sto ricevendo, quando ho iniziato a scrivere non l'avrei mai creduto possibile.

alla prossima, vi abbraccio.

bvb

 

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Capitolo 7
*** [7] ***


 
BLACK INK.

 

[7]
 
 

Sollevò quel piccolissimo bicchiere di vetro all'altezza dello sguardo, provando poi ad avvicinarlo a sé per poter scrutare con maggiore attenzione il lento ma instancabile movimento del liquido al suo interno. Sorrise dolcemente Jieun, le guance leggermente rosse, sorprendendosi di come le fossero bastati un paio di bicchieri di quel fluido della stessa trasparenza dell'acqua per allentare i suoi muscoli tesi e calmare così le sue preoccupazioni, allontanando dalla sua mente - seppur momentaneamente - tutti quegli oscuri pensieri che le avevano tenuto compagnia durante l'intera giornata.

Portò poi quel tozzo bicchiere di vetro alle labbra, lasciando che l'acre odore di alcool si perpetrasse tra le sue narici prima di inghiottire tutto d'un fiato quel liquido incolore, senza lasciare adito ad alcun tipo di ripensamento. Solo una volta dopo aver appoggiato il piccolo calice nuovamente vuoto al bancone con un tonfo sordo e acuto, Jieun avvertì il suo stomaco bruciare intensamente, chiedendole probabilmente tregua. Si rese così presto conto che forse arrivare lì senza nemmeno aver cenato non era stata proprio la più brillante delle idee. Nonostante quella pesante fitta allo stomaco però, il suo cervello decise comunque di catalogare quella sensazione come "piacevole", il che le permise di sentirsi meno in colpa quando scelse di rivivere da capo quella esperienza al limite dell'afrodisiaco, tornando quindi a riempire quella piccola coppa con del nuovo liquido trasparente.

— Ti è sempre piaciuto bere bene, ma non credevo bastassero così pochi sorsi per metterti al tappeto, —

Le ci volle ben più di un semplice istante per capire che quella voce fin troppo conosciuta che aveva percepito arrivare alle proprie orecchie non era solo un vibrante eco nella sua testa, ma sembrava provenire piuttosto da un ragazzo in carne ed ossa che - proprio in quel momento - Jieun vide prendere posto accanto a lei davanti a quell'elegante bancone.

— Da quando ti interessa come occupo il mio tempo libero, Jeon? — domandò con sarcasmo lei non degnandolo nemmeno di uno sguardo, preferendo invece dedicare ancora una volta tutte le proprie attenzioni verso il liquido trasparente che osservò incantata tornare a fluttuare all'interno del suo bicchiere nuovamente pieno.

— Perchè sei qui? — avanzò quindi la sua domanda il ragazzo, per nulla intimidito dal quel tono di voce leggermente scocciato, facendo poi cenno al barista di servirgli un bicchiere del suo "solito".

— Potrei chiederti la stessa cosa, — gli rispose schietta lei, prima di trascinare nuovamente alla labbra il suo bicchiere di costosissimo soju, — Una condanna per stalking può arrivare fino a tre anni di reclusione lo sai vero? — aggiunse poco dopo, facendo sparire nuovamente all'interno del suo stomaco tutto il contenuto di quel liquido amaro e portandosi poi una mano alla bocca per pulire le proprie labbra dall'acre sapore di quell'alcolico appiccicoso, con l'unico effetto di scatenare nel suo interlocutore una risata leggera e divertita.

— Ho acquisito il White Wall da due anni, ma tu vieni sempre qui quando vuoi disperatamente dimenticare qualcosa, —

— Già, per esempio tendo a scordarmi del fatto che anche questo locale ti appartenga ormai, — ammise lei a quel punto, tirando un sospiro più forte di quanto avrebbe voluto. Sorrise mesta quando, allontanando quel bicchiere trasparente da sé, si ritrovò a riflettere sul fatto che persino il locale dove aveva incontrato Taehyung per la prima volta ora portasse con sè il nome ed il ricordo di Jeon Jungkook, come se quest'ultimo continuasse a tornare nella vita di Jieun, anche quando era stato lui stesso ad ordinarle di uscire dalla sua.

— Allora, come mai sei qui? —

Solo messa nuovamente di fronte a quella insolita richiesta di spiegazioni, la giovane detective si prese la briga di rivolgere il proprio sguardo verso il ragazzo che proprio in quel momento, accanto a lei, stava sorseggiando con estrema calma il suo bicchiere di amaro. I capelli color cenere leggermente più lunghi di come lei li ricordasse erano coperti da un cappellino del colore del suo intero outfit. Nero come l'inchiostro che gli ricopriva il braccio destro. Nero, proprio come quegli occhi che ora si erano specchiati nei suoi, decisamente più chiari, cogliendola di sorpresa.

— Non credevo di trovarti qui, ma dato che ci sono, — prese parola la giovane, schiarendosi un poco la voce, — Vorrei solo sapere come è andato il primo giorno di Taehyung, non mi ha ancora telefonato, — ammise subito dopo, appoggiando la propria testa, ora fattasi improvvisamente più pesante, contro la superficie liscia del bancone.

— E' per questo che stai bevendo? — avanzò allora Jungkook, e Jieun giurò di aver percepito della sincera preoccupazione nel tono della sua voce.

— No, — tenne subito a precisare lei, sapendo perfettamente che, nove volte su dieci, il motivo che la spingeva ad entrare e passare la serata da sola al bancone del White Wall erano le sue discussioni con il fratello.

— Ok, perchè quindi non torni a casa e non lo chiami tu stessa? —

— Perchè so che non mi racconterebbe niente, — si ritrovò ad ammettere a quel punto, tornando a sollevare la propria testa per cercare di mettere un freno a alle incalzanti e continue domande del ragazzo accanto a lei. All'improvviso si sentì come una colpevole sotto interrogatorio e questa sensazione, aggravata dal fatto che si era ritrovata inaspettatamente in una condizione di debolezza davanti allo sguardo inquisitore di Jungkook, aveva iniziato a farla sentire a disagio.

— Quindi ti aspetti che lo faccia io, —

Non riuscì bene a comprendere se sua fosse stata una domanda o una mera affermazione, ma Jieun era consapevole di essersi già spinta fin troppo oltre per permettersi il lusso di decidere se fare un passo indietro.

— Mi aspetto, — asserì allora, ponendo l'accento su ogni singola parola che uscì subito dopo dalla sua bocca, — Di essere informata da te se dovesse succedere qualcosa, —

Si irrigidì dopo aver pronunciato quella frase, non potendo fare a meno di notare che Jungkook le si era fatto più vicino. A quella distanza così ravvicinata sarebbe stato impossibile non riuscire a sentire con chiarezza l'odore di quel tabacco costoso che era solito fumare e, se solo fosse stata più lucida, non avrebbe avuto difficoltà a percepire anche l'intensità dei suoi respiri.

— Taehyung è stato vago su molti punti del nostro accordo, ma su una cosa non ha permesso di transigere, — affermò in tono estremamente serio, — Che tu venga coinvolta in questa storia, — le confessò poi, abbassando volutamente il tono della propria voce, già di per sé profonda, invitando così Jieun a fare lo stesso. In fondo, nonostante il locale fosse di sua proprietà e nonostante solitamente avesse una clientela fedele e ben conosciuta, Jungkook aveva imparato a fare della prudenza uno dei suoi principali punti di forza.

— Lo sono già, da più di cinque anni almeno, — gli fece notare allora un'esasperata Jieun, cercando per quanto possibile di mantenere un tono di voce calmo e pacato, — Ti prego non farmi anche tu la predica di mio fratello, non sono più una bambina, — esclamò infine, il tono di chi non era più intenzionato ad ammettere repliche.

— Ok allora cosa ci fai ancora in un bar del genere ad ubriacarti di soju invece che affrontare i tuoi fottuti problemi da adulta? —

Non era sua intenzione attaccarla in maniera così diretta ed alzare la voce in quel modo, non solo costringendo tutti i clienti del locale a tacere per guardare nella loro direzione, ma notando il viso di Jieun rattristarsi improvvisamente. Non avrebbe voluto vedere i suoi occhi farsi sempre più lucidi, eppure Jeon Jungkook era riuscito a procurarle solo questo, solamente altro dolore.

Dal canto suo invece erano ben altri i pensieri che stavano occupando la mente già offuscata dall'alcool della ragazza. E tra questi, il più vivido e lucido era la piena presa di coscienza di quanto, in fondo, Jungkook avesse ragione. L'alcool, l'isolamento, un locale affollato dove nessuno avrebbe badato a lei costituivano solamente escamotage perfetti per rifuggire dalla realtà, una gabbia d'oro in cui nascondersi e sentirsi al sicuro, lontano da tutto e da tutti. Quella lacrima che avvertì rigarle la guancia all'improvviso non era quindi dovuta al tono severo o alle dure parole uscite inavvertitamente dalla bocca di Jungkook, ma dalla consapevolezza di quanto si sentisse una vera sciocca e provasse ribrezzo e rabbia solo ed esclusivamente nei confronti di se stessa e del suo riprovevole comportamento.

— Hai ragione, — fu quindi l'unica cosa sensata che si sentì in dovere di dire in quel momento, raccogliendo frettolosamente la propria borsa dal pavimento prima di mimare un veloce gesto di inchino nei confronti di colui che, dopotutto, rimaneva comunque il solo proprietario di quel bel locale.

— Jieun, — provò a richiamarla a sè Jungkook, iniziando ad avvertire una strana sensazione di odio nei confronti di se stesso per non aver riflettuto più a lungo prima di risponderle in quel modo, il suo sguardo all'apparenza così impassibile ancora intento a scrutare ogni suo più piccolo movimento. Rimase immobile ad osservarla indossare il suo cappotto e scostare poi con la mano una ciocca di lunghi capelli castani dietro l'orecchio prima di tornare a sollevare il capo nella sua direzione.

— Non so davvero perchè io ancora mi ostini a rivolgermi a te quando posso benissimo cavarmela da sola, ti chiedo scusa, — furono le ultime parole che udì chiaramente uscire dalla labbra della ragazza che però, a quel punto, si era già fatta largo tra la gente, incamminandosi velocemente verso l'uscita del locale.

Tornò a respirare a pieni polmoni solo una volta fuori dalle mura del White Wall, rimanendo immobile per qualche istante sul ciglio della strada beandosi della leggera brezza scompigliarle un poco i capelli e spazzando via ciò che era rimasto sul suo bel viso al passaggio di quell'unica, pesante lacrima. Prese poi in mano il suo cellulare, digitando velocemente il numero per prenotare un taxi, sperando in cuor suo di poter tornare a casa a dormire il prima possibile.

— Kim Jieun? —

Ma non ebbe nemmeno il tempo di far squillare che un paio di volte il telefono quando la sua attenzione venne catturata da un uomo, che lei non ricordava di aver mai visto in vita sua, chiamarla per nome. Lo vide avvicinarsi lentamente, scoprendo solo un poco la sua giacca per mostrarle il profilo lucidissimo di una pistola.

— Non vorrei doverla usare, quindi sarei felicissimo di accompagnarla io stesso a casa e nel frattempo farci una bella chiacchierata, non è d'accordo con me? — le intimò, afferrandole il polso in cui Jieun teneva ancora strettamente saldo il proprio telefono, avanzando poi ancora di qualche passo.

Ancora stordita dall'alcool, terrorizzata e di nuovo sola, la giovane Jieun si sentì improvvisamente come paralizzata. Sapeva che forse avrebbe dovuto urlare, chiedere aiuto o quantomeno intimare quell'uomo a lasciarla in pace per evitare ben più gravi conseguenze, ma era come se - nonostante il suo corpo stesse in qualche modo cercando di combattere e di difendersi - la sua mente si fosse invece già arresa. Non fece quindi altro che chiudere i propri occhi, lasciando che quello sconosciuto le si facesse sempre più vicino, fino a sentirne il respiro affaticato solleticarle fastidiosamente le guance e consentendogli poi di posare la sua mano ancora libera sul suo capo, accarezzandole la testa come se fosse riuscito nell'impresa di ammansirla.

— Perchè la chiacchierata invece non la fai con me? —

Improvvisamente però, sia il respiro di quell'uomo e che la sua presa sul suo polso sottile si fecero sempre più lievi fino a scomparire del tutto. Riaprendo di scatto i propri occhi, Jieun non potè fare a meno di notare che ora quello sconosciuto, che fino a pochi istanti prima si era sentito tanto potente e spavaldo, era ora riverso a terra e, a cavalcioni su di lui, Jungkook lo aveva già privato della pistola e lo stava letteralmente massacrando di pugni.

— Chi ti manda? — gli domandò in tono sgarbato, prendendogli il viso tra le mani, costringendolo in quel modo a guardarlo negli occhi, ora brucianti di rabbia, le mani ancora pronte a scagliarsi nuovamente sul suo volto già insanguinato.

— Io no-non posso dirtelo, — rispose quella persona ancora senza nome, balbettando quelle parole in tono sommesso e sconfitto.

— Perchè maledetto, perchè? — tornò ad alzare la voce Jungkook, ricominciando a colpire il volto già tumefatto di quell'uomo, facendolo rantolare dal dolore.

— Jungkook ti prego fermati, —

— Perchè lui st-sta ricat-tando la mia fa-miglia, — sputò la propria verità l'uomo, stupito dal timido tentativo di Jieun di far desistere il proprio assalitore dal continuare a sfogare la propria rabbia sul suo volto, prima di lasciare andare il proprio capo contro il freddo asfalto della strada, preparandosi a ricevere l'ennesimo pugno in faccia dal suo avversario, decisamente più allenato e preparato di lui.

— Jungkook! —

Gli afferrò il polso esattamente come quello sconosciuto aveva fatto con lei poco prima: ma non c'era alcuna violenza nel suo gesto, se non la ferrea volontà di impedire a Jungkook di compiere un omicidio in piena notte usando come arma le sue stesse mani. Allentò la sua presa delicata sul polso fermo di lui solo quando lo vide rilassare i muscoli del braccio, per poi rimanere immobile ad osservarlo passare in rassegna le condizioni dell'uomo che aveva riempito di pugni prima di decidere di alzarsi da terra, offrendogli così su un piatto d'argento la possibilità di scappare.

— Vattene prima che cambi idea, — gli intimò allora, rimanendo impassibile ad osservarlo allontanarsi da loro e dal locale senza nemmeno voltarsi indietro, dimenticando persino di raccogliere da terra la pistola che Jungkook gli aveva prontamente sottratto.

Solo quando l'uomo scomparve dalla vista di entrambi lo sguardo di Jungkook tornò a posarsi sulla mano infreddolita della ragazza, ancora stretta attorno al suo polso. Con la mano sinistra, quella libera e priva di tatuaggi le scostò quindi la mano ma, a dispetto di ciò che Jieun aveva immaginato e che lui stesso sapeva di dover fare, Jungkook la avvicinò a sé, cingendole la vita in un abbraccio di cui Jieun difficilmente avrebbe dimenticato il calore.

— Devi starmi lontana, lo capisci adesso vero? — le sussurrò, stringendola ancora di più a sè, non permettendole nemmeno di poter ricambiare quel suo solido e confortante abbraccio.

Rimasero così per un solo istante che parve però infinito agli occhi di entrambi, prima che Jungkook decidesse di staccarsi da lei e prendere in mano il suo telefono, prenotandole un taxi. Nessuno dei due osò più dire una parola fino a quando i fari dell'auto in arrivo non illuminarono i loro volti già abbastanza provati da tutto quello che avevano vissuto nel lasso di tempo di una sola serata.

Jieun si fece posto nell'auto ringraziando con voce sottile il tassista e fornendogli poi le dovute indicazioni sull'indirizzo di destinazione. Ma prima che l'uomo potesse rimettere in moto il proprio veicolo, Jungkook bussò al finestrino dalla parte opposta dell'autista, facendogli cenno di abbassare il vetro. A quel punto estrasse dal suo portafoglio qualche banconota senza nemmeno impegnarsi a contarle, porgendole all'uomo che - nonostante l'espressione incredula - non fece però alcuna domanda.

— E' la seconda volta che paghi per me, —

La voce di Jieun gli arrivò alle orecchie come un tiepido sussurro e Jungkook non potè fare altro che sorridere di fronte alla schiettezza della ragazza che, nonostante tutto ciò a cui aveva dovuto assistere quella notte, sembrava non aver dimenticato il suo debito.

— E ho come la sensazione che non sarà l'ultima, — le rispose lui altrettanto pacatamente, prima di estrarre dal suo giubbotto di pelle nera il suo inseparabile pacchetto di sigarette e, allo stesso tempo, picchiettare con il palmo della mano contro la capote dell'auto, invitando l'autista a partire.

Ebbe solo il tempo di vedere il movimento delle labbra di Jieun mimare un timido "grazie" prima di tornare a focalizzare la sua attenzione sull'asfalto grigio della strada, estrarre il proprio telefono dalla tasca e comporre un numero sconosciuto.

— E' successa una cosa, ti devo parlare, — disse, prima di riattaccare, non consentendo alla persona dall'altro capo del telefono nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni o ribattere.

Jeon Jungkook si sedette quindi sul bordo di quella strada ora più buia, stringendo nella sua mano sinistra il suo inseparabile cilindro di nicotina e, nella mano destra, il documento d'identità dell'uomo che quella sera aveva deliberatamente cercato di lanciargli un avvertimento.
 



 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

ah, jeon jungkook. jeon jungkook che beve amaro dal bancone del suo stesso bar, dice sempre quello che pensa (per poi pentirsene) e infine salva una ragazza che forse, ma forse, non gli sta proprio totalmente indifferente. non so se avrei potuto essere più clichè di così, ma in ogni caso vi avevo avvisati: avevo veramente bisogno, forse, di catapultarmi e cimentarmi nella stesura di una fanfiction del genere, vogliate perdonami se questa volta le vicende qui descritte non stanno soddisfacendo le aspettative delle due long che l'hanno preceduta.

in ogni caso per tutti coloro che si schierano dalla parte del tenebroso jungkook: la cena è servita, lol

per chi invece parteggia per il bel taehyung: non preoccupatevi, the best angst is yet to come ;)

come sempre, ci tengo a ringraziare tutti per tutti i meravigliosi feedback che sto ricevendo. come vi dicevo, quando ho iniziato a scrivere questa long, non l'avrei mai creduto possibile.

alla prossima, vi abbraccio.

「bvb」

 

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Capitolo 8
*** [8] ***


 
BLACK INK.

 

[8]
 
 

Quella sera, nella grande sala del ristorante, Taehyung e Jieun sedevano in silenzio l'uno di fronte all'altra. I loro sguardi si rincorsero per un minuto o poco più, forse nella trepidante attesa che la loro zuppa di sundubu jighe si freddasse o, più semplicemente, per provare ad immaginare come fosse trascorsa la giornata dell'altro, partendo dal presupposto - del tutto arbitrario - che in quelle ore fosse davvero successo qualcosa che valesse la pena raccontare.

— Come è andata oggi? — fu Taehyung a fare il primo passo, uscendosene con una domanda estremamente generica per cercare, con ogni probabilità, di sondare il terreno e l'umore della ragazza che invece sembrava essere completamente assorta sul colore di quella zuppa ancora bollente sulla quale aveva poi iniziato a soffiare con attenzione, aiutandosi con una posata di metallo dorato.

La vide fare spallucce, ma questo non gli impedì di continuare a seguire i lenti movimenti del braccio della giovane condurre quel cucchiaio dorato in una danza circolare lungo il perimetro del piatto. Dal canto suo, Jieun non si era nemmeno presa la briga di interrompere i propri gesti per rispondergli, preferendo di gran lunga concentrarsi per assaporare il gusto pregiato del primo boccone di quella piccante porzione. 

Non aveva fatto parola con nessuno di ciò che era accaduto al White Wall qualche sera prima e parlarne a tavola davanti a Taehyung non rientrava certamente nelle sue opzioni. Non voleva causargli altro disturbo o dispiacere, nè tantomeno voleva farlo preoccupare più di quanto non lo fosse già. Non lo aveva nemmeno accennato ad Hoseok per paura che, nonostante fosse abbastanza sicura che sarebbe riuscita a fargli mantenere il segreto anche davanti a Namjoon, sicuramente avrebbe alimentato la sua apprensione. E Jieun era semplicemente stanca ed esausta di far allarmare chiunque le stesse accanto.

— So che non vedi l'ora di chiedermi come stanno andando le cose al Black Ink, —

Venne risvegliata dal suo torpore esistenziale solo quando udì distrattamente il proprio ragazzo nominare il nome di quel maledetto studio di tatuaggi. Jieun tornò così a sollevare il suo sguardo, accorgendosi di come - fino a quel momento - fosse stata veramente poco partecipativa nei confronti di una conversazione che dopotutto, stava avvenendo di fronte ad un costosissimo piatto di zuppa, in un locale di tutto rispetto.

Si guardò attorno e le venne naturale domandarsi chissà quanti, prima e dopo di loro, avrebbero preso posto in quel dispendioso ristorante, magari proprio a quello stesso tavolo. Quante persone avrebbero incrociato i loro sguardi davanti a quelle tavole più o meno imbandite, ma raffinatamente decorate, per i motivi più disparati. Eppure, nonostante quella fosse la zuppa più buona di tutta la città si Seoul, né Jieun nè Taehyung sembravano esserne particolarmente soddisfatti. E la colpa non era certo riconducibile all'indiscutibile qualità del piatto.

— Perchè dovrebbe interessarmi? In fondo ci lavora e sta rischiando la vita solo il mio ragazzo, — si ritrovò a confessare lei, non senza un pizzico di sarcasmo, cercando di enfatizzare le due ultime parole di quella frase e lasciando poi che quel cucchiaio rimanesse come sospeso in un limbo sulla superficie rossastra del piatto. Allungò quindi il braccio in direzione di un delizioso calice, all'interno del quale un cameriere aveva già provveduto a versare dell'ottimo vino bianco che Jieun non esitò a portare alle labbra, sorseggiandone il contenuto con relativa calma. 

Sapeva di essere un'ipocrita. Stava tenendo il broncio davanti a Taehyung solo per spillargli alcune informazioni utili sul caso quando lei per prima non si era degnata di fare parola del misterioso uomo che aveva incontrato di fronte al White Wall. Forse tutta quell'inquietudine che avvertiva serrarle lo stomaco come in una morsa non era riconducibile alla disavventura in sè. Forse ciò che più di ogni altra cosa tormentava il suo animo irrequieto era l'impossibilità di spiegare al suo ragazzo come fosse finita davanti al bancone di quel bar e di come Jeon Jungkook fosse poi prontamente intervenuto per salvarla da ogni possibile cattiva intenzione di quell'uomo sconosciuto. Forse la paura più grande che attanagliava la giovane Jieun era la presumibile (e sicuramente giustificabile) reazione di Taehyung  nel momento in cui, dalle sue labbra durante il racconto, sarebbe sicuramente uscito il nome del suo ex.

— Quindi lo stai chiedendo solo perchè sei preoccupata per me? — si sentì quasi in dovere di provocarla Taehyung. Voleva conoscere, aveva tutto il diritto di sapere il vero motivo per cui la sua ragazza si preoccupasse tanto ogni volta che lui nominava quel dannato posto. Sperava solo che tutta quella quasi spasmodica apprensione non avesse a che fare con il proprietario del Black Ink.

— No, —

La secca risposta che avvertì con chiarezza provenire dalla bocca di Jieun gli costò uno spiacevole tuffo al cuore, il che lo costrinse ad abbandonare l'idea di mangiare dell'altra zuppa e preferire invece prendere a sua volta tra le mani il calice di vino davanti a sé per poi tracannare tutto d'un fiato il frizzante contenuto.

— Lo faccio anche per sapere come stanno andando le indagini, non so se ti ricordi che abbiamo un caso da risolvere, —

Quasi inaspettatamente, Taehyung si accorse che parole di Jieun che avevano seguito quel perentorio "no" sommate all'effetto placebo dovuto all'alcool che aveva iniziato a circolare silenziosamente nel suo corpo, erano già riuscite a placare la parte più inquieta del suo animo, convincendolo che forse era stato davvero indelicato da parte sua provare a riportare la conversazione su Jungkook proprio durante una cena elegante che nessuno dei due si concedeva da tempo.

— Mi fa piacere sentirtelo dire, ma non saprai da me niente di più del dovuto, — si limitò quindi ad aggiungere poi, provando a ricomporsi, tornando a posare il proprio sguardo sull'espressione ora forse più risentita che arrabbiata della ragazza di fronte a lui.

— Taehyung, — il suo nome uscì da quelle labbra un poco carnose come in un supplichevole sussurro. Non c'era nulla che Jieun potesse fare ora per convincerlo a fidarsi, se non provare a piegare i nobili intenti del figlio del procuratore pregandolo di non escluderla completamente dalla sua vita e dalle indagini che, comunque si volesse provare a guardare la situazione, un pó la riguardavano davvero.

— E' il solo modo che ho per proteggerti Jieun, — la interruppe, impedendole così di spingersi troppo oltre con delle richieste che il giovane procuratore non sapeva per quanto sarebbe riuscito ad evitare, — Quindi ti prego, non chiedere altro, — aggiunse poi in ultima istanza, prima di portare alla bocca l'ultimo cucchiaio di quella zuppa che ora sembrava aver acquisito un retrogusto quasi amaro, che Taehyung detestava.

A quelle sue irremovibili parole seguirono solamente attimi di rinnovato silenzio, ma nessuno dei due giovani sembrava esserne infastidito, forse perchè le loro menti erano intente ad elaborare quelle poche frasi e frecciatine che le loro bocche avevano pronunciato durante il corso della cena, o forse perchè - in realtà - non c'era davvero più nulla da aggiungere, nulla da raccontare, nulla per cui festeggiare. O almeno, questo era ciò che stava accadendo nella testa di Jieun. Tutt'altri infatti sembravano essere invece i pensieri che avevano fatto capolino nella mente e nel cuore del giovane figlio del procuratore.

— Ti ricordi la prima volta che siamo venuti qui? — chiese Taehyung poco dopo, non riuscendo a smettere di osservare il bellissimo viso di lei, ora fiocamente illuminato solo dal timido calore di una candela che il cameriere aveva acceso per loro dopo essersi premurato di portar via - non senza una certa soddisfazione - i pochi avanzi di quei piatti semi-vuoti.

Jieun ora teneva il palmo della mano sinistra sotto il mento, in modo tale che questo ne oscurasse le labbra, mentre il suo volto minuto era invece rivolto verso la grande vetrata della sala, da cui non era difficile perdersi ad osservare le luci di una Seoul completamente illuminata riflettersi addirittura tra piccole increspature del fiume Han. Nonostante la posizione non proprio privilegiata da cui la stava osservando, Taehyung potè giurare di averla vista abbozzare un timido sorriso. Ne ebbe però la piena conferma solo quando, dopo l'ennesimo momento di silenzio, quei suoi grandi occhi chiari non tornarono a focalizzarsi su di lui e sulle parole che si era appena ritrovato a pronunciare.

— Come potrei dimenticarlo, dopotutto da allora indosso ogni giorno un anello che costa più dell'affitto di casa mia, —

Era ancora arrabbiata per la questione del Black Ink, Taehyung avrebbe potuto percepirlo e giurarlo solo dal tono che Jieun aveva scelto di utilizzare per rispondere alla sua domanda forse un pò troppo sciocca e impudente data la tensione che si era creata tra loro. Ma non per questo il giovane Kim era disposto a chiudere quel discorso che aveva appena deciso di rivivere davanti ai propri occhi.

— Se ci penso con attenzione riesco ancora a vedere davanti a me l'espressione che hai fatto quella sera, — tenne a precisare allora, questa volta scegliendo di non scostare il suo sguardo da lei, — Non ti avevo mai visto così rossa in vita mia, — proseguì poco dopo, ritrovandosi a sorridere come un vero sciocco a quel ricordo ormai lontano, socchiudendo momentaneamente gli occhi per cercare di riportare a galla anche i brividi e quella tempesta di emozioni che quella sera lo avevano travolto come un fiume in piena.

— Perchè non mi hai mai visto veramente ubriaca, —

Tornò di nuovo in sé quando avvertì il richiamo della voce delicata di Jieun rispondere a quella sua sciocca constatazione, questa volta in tono decisamente più rilassato e quasi divertito. Non era propriamente vero: in fondo lui l'aveva conosciuta una sera qualunque proprio davanti al bancone di un bar. Le luci erano troppo soffuse, la coltre di fumo troppo spessa e persino i suoi ricordi riguardo a quella notte si erano offuscati con il passare del tempo, ma Taehyung era certo di aver visto la sua Jieun leggermente scomposta davanti ad un bicchiere ben riempito del White Wall, che lei lo ricordasse o meno.

— Nulla che non si possa recuperare facilmente, — disse piano, con un pizzico di orgoglio nel tono della sua voce, alzando poi il proprio calice verso l'alto e non potendo fare a meno di notare che Jieun aveva seguito i suoi movimenti.

In quell'istante, Taehyung si rese conto che sarebbe rimasto volentieri in quella posizione per tutta il resto della serata solo per poter rimanere ad osservare quel volto dolcissimo. Ogni cosa di Kim Jieun lo faceva impazzire, dai movimenti delle sue mani sottili a quella risata leggera ma mai fastidiosa, fino a quell'insolito modo di piegare la testa nel tentativo di chiedere ulteriori spiegazioni riguardo ad ogni cosa che non le fosse chiara, che si trattasse di lavoro o di una sua semplice curiosità.

Poi, all'improvviso, la spensieratezza che la giovane coppia sembrava aver appena ritrovato venne infranta in una frazione di secondo, sufficiente per fare incupire il volto di Taehyung che, fino a quel momento, era rimasto invece ben disteso e sorridente. Questo suo cambiamento repentino non sfuggì tuttavia a Jieun che, ancora seduta di fronte a lui, non poté che irrigidirsi.

— Jieun ti fidi di me? —

Si ricordò di aver già sentito queste parole uscire dalla sua bocca prima di allora. Il Kim Taehyung che, quattro anni prima, si era seduto accanto a lei al bancone del White Wall senza nemmeno chiederle il permesso doveva aver pronunciato delle parole simili, anche se sussurrate in tutt'altre circostanze.

— Tae che succede? — si limitò a chiedere lei, non potendo fare a meno di seguire ogni movimento del giovane che, pur rimanendole di fronte, si era ora alzato dal tavolo per chiedere al cameriere di portar loro i cappotti.

— Siamo pedinati, —

— Cosa? —

Non che nella sua testa non fosse già scattato il campanello di allarme, ma sentirselo dire a pochi centimetri dal volto da un Taehyung con quell'espressione tanto cupa dipinta sul viso avrebbe davvero intimorito chiunque.

— Ti fidi di me? — le ripetè lui con una calma apparente, probabilmente per non farla spaventare più del dovuto.

Lungi dal volerlo vedere ulteriormente preoccupato, Jieun si ritrovò ad annuire ancora prima che lui concludesse la sua domanda, tanto semplice da formulare quanto, a volte, di tanto difficile risposta.

Il cameriere li raggiunse poco dopo porgendo loro i cappotti ed aiutando cortesemente Jieun ad indossare il suo. Nell'infilare le proprie braccia all'interno di quelle maniche calde la ragazza si guardò bene dal voltarsi per riuscire a distinguere quali figure stessero seguendo lei e Taehyung. Da quanto tempo si trovavano fuori da locale? Cosa erano venuti a fare? E se fossero stati alcuni sicari mandati per ucciderli? O, peggio, se fossero stati alcuni sottoposti di Jungkook?

— Dammi la mano e non guardarti intorno, me lo prometti? —

Non ebbe modo di rifletterci a lungo, sia perchè il suo ragazzo si era già avviato di gran fretta verso una qualche uscita secondaria tenendola saldamente per mano, sia perchè le sue doti e la sua mente di giovane detective erano rimaste ancora leggermente annebbiate dal dolcissimo sapore di quella bottiglia di vino che Taehyung aveva preso per entrambi, conoscendo perfettamente i suoi gusti in fatto di bollicine. 

Questo pensiero fu sufficiente per farle tornare il sorriso, anche se solo per una frazione di secondo.

Di Kim Taehyung si potevano dire molte cose: che fosse un figlio di papà, che fosse testardo ed incredibilmente cocciuto, che fosse una gran testa calda e parecchio orgoglioso. Ma, dal loro primo scambio di battute in quel bar dalle luci calde e soffuse, quello stesso Kim Taehyung severo e quasi stronzo di cui tutti parlavano e che tutti conoscevano, con lei aveva sempre mostrato il suo lato migliore. Non le aveva mai fatto mancare nulla, nonostante i suoi impegni si fossero triplicati con il passare del tempo e all'aumentare delle responsabilità in centrale. Certo, non si poteva considerare una "coppia normale" la loro, ma ad entrambi andava bene così, non che dovessero poi rendere conto a qualcuno in particolare. Ma quella sera, mentre Taehyung aveva solo cercato di riportare a galla degli splendidi momenti, lei aveva solo rovinato tutto, nel vano e capriccioso tentativo di sapere da lui come stessero procedendo le indagini.

E ora, stordita e ancora troppo confusa, Jieun si sentiva solo una sciocca per aver letteralmente sprecato una delle poche occasioni per festeggiare insieme qualcosa di veramente bello. Rinsavì da queste sue elucubrazioni solo quando le sue orecchie tornarono a concentrarsi sui rumori esterni e quindi a sentire distrattamente Taehyung parlare con il cameriere sulle modalità di pagamento della cena e fargli cenno di addebitare tutto sul suo conto personale, uscendo poi in fretta dal quel lussuoso ristorante trascinando Jieun con sè.

Lo vide iniziare ad incamminarsi verso il fiume Han allungando il proprio passo falcata dopo falcata, costringendola ad arrancare più e più volte per potergli stare dietro. Se solo avesse chiuso gli occhi, probabilmente non le sarebbe stato difficile riuscire a percepire il rumore cadenzato di almeno un paio di uomini inviati da chissà quale mandante tallonare ogni loro minimo movimento o cambio di direzione, ma il suo respiro si era fatto così affannoso che riuscire a concentrarsi sui propri inseguitori le fu praticamente impossibile.  

— Non torniamo alla macchina? — ansimò Jieun ad un tratto, questa volta solo dopo aver trovato il coraggio di voltarsi per scoprire, a suo discapito, non non riuscire a vedere nulla se non la sua stessa ombra.

— Non è sicuro, per di qua, —

Camminarono a lungo, nonostante dalla finestra di quel grazioso ristorante Jieun potè giurare che il fiume Han le era sembrato molto più vicino rispetto alla loro posizione, quantomeno in linea d'aria. Fortunatamente per loro, una volta raggiunta la riva dell'Han chiunque li stesse inseguendo fu costretto a ritirarsi, sia perchè il fiume era ancora completamente illuminato, sia perchè - data l'ora non troppo tarda - entrambe le sue sponde erano affollate di gente: chi ancora stava facendo un pò di jogging, chi costeggiava la strada in bicicletta, qualche giovane coppia a passeggiare romanticamente mano per la mano e persino alcune famiglie i cui bambini si divertivano a rincorrersi seguendo il corso del fiume.

Jieun e Taehyung sbucarono da un punto non ben definito della lunga pista ciclabile rischiando quasi di essere travolti da un gruppo di ciclisti che non esitarono a riempirli di comprensibilissimi insulti. Non che a loro importasse granchè di quelle imprecazioni, ma venire investiti da un paio di biciclette dopo essere riusciti a sfuggire da un gruppo di uomini probabilmente armati non era decisamente nei loro piani. Jieun si piegò momentaneamente su se stessa, non potendo fare a meno di appoggiare le proprie mani sulle ginocchia, esalando respiri più o meno profondi per cercare di recuperare un pò di fiato. In quella posizione tornò a posare il proprio sguardo su Taehyung che invece non solo non sembrava minimamente affaticato da quella corsa, ma che era già al telefono, dio solo sapeva con chi.

Quando gli fu abbastanza vicina per poter ascoltare, il giovane procuratore aveva però già interrotto la sua chiamata. Le fece comunque cenno di avvicinarsi per poi accompagnarla con galanteria su una delle panchine libere che costeggiavano le placide rive dell'Han.

— Ammetto di aver già digerito la cena, — esordì quindi Jieun, dopo essersi presa tutto il tempo necessario per riprendere fiato, una timida espressione sorridente a far capolinea sul suo viso comunque ancora preoccupato.

Taehyung la raggiunse sulla panchina dopo essersi fermato ad un chiosco poco distante dalla loro posizione per comprarle qualcosa di caldo, offrendole poi quella bevanda calda prima di prendere posto accanto a lei. La vide ringraziarlo con un leggero cenno del capo e forse solo allora Taehyung si rese conto di quanto, sotto quell'intrepida corazza che l'aveva resa una giovane donna estremamente forte, si nascondeva ancora una ragazza spaventata e che, nonostante non avrebbe mai voluto ammetterlo, aveva davvero bisogno di essere protetta.

— Chi erano Tae? — chiese di nuovo lei, prima ancora di iniziare a bere quel the caldo a piccoli sorsi, soffiando di tanto in tanto sulla sua superficie per poterne meglio riconoscere i sapori.

— Adesso devi solo pensare a calmarti e recuperare le energie, — lo avvertì sussurrare, la mascella serrata e i muscoli ancora tesi, mentre il suo sguardo profondissimo era ancora rivolto verso il fiume.

Rimasero in quella posizione per un pò, forse nel tentativo di riuscire a carpire l'uno i pensieri dell'altra, esattamente come all'inizio della loro serata. Poi, quasi all'improvviso, la giovane Jieun - che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo ben fisso sulla sua bevanda fumante - alzò di scatto gli occhi al cielo, soffermandosi ad osservare la volta celeste sopra le loro teste. La città aveva da poco iniziato a spegnersi e quindi, per contro, il cielo aveva iniziato a mostrare l'elegante bagliore della propria volta celeste.

— Se potessi essere un corpo celeste, quale vorresti essere? — domandò quindi Jieun dopo qualche istante, atto probabilmente a formulare quella domanda in modo che non risultasse banale o totalmente fuori luogo.

Voleva solo cercare di scacciare da sé e da Taehyung i brutti pensieri relativi a quella serata. Voleva solo vederlo tornare a sorriderle, anche se solo per un istante. Invece quando Taehyung si voltò verso di lei, i suoi profondi occhi a mandorla cominciarono a bruciarle ogni singolo centimetro di pelle rimasta scoperta. Jieun non ricordò di averlo mai visto così serio in quattro anni di relazione, anche nelle peggiori litigate che avevano avuto in passato.

— Il Sole, — lo sentì confessare, avvicinandosi a lei solo per poter avvolgere le sue grandi mani nelle sue, piccole e ancora infreddolite. Ma, a dispetto di qualche ora prima, questa volta la presa di Taehyung su di lei fu estremamente delicata, — Rinuncerei volentieri a tutta la mia luminosità per rendere più brillante possibile il pianeta a cui rivolgo la mia attenzione, in modo tale che tutti possano vedere la sua bellezza dalla Terra, — le confidò, prima di trascinarla in un abbraccio in grado di trasmettere amore, protezione e cura.

Rimasero in quella posizione a lungo, le mani di lei ad accarezzare piano la schiena di lui e viceversa. Poi, scostandosi momentaneamente da quel solido e rassicurante abbraccio, Jieun non riuscì più a trattenersi.

— Sei veramente l'unico uomo su questa terra che riesce a farmi arrossire in questo modo senza farmi bere, —

Solo allora un nuovo e splendido sorriso tornò a fare la sua gradita comparsa sulle dolci labbra di Taehyung che non impiegarono che una frazione di secondo per catturare quelle di lei, trascinando Jieun in un bacio quasi istintivo che servì però ad entrambi per scacciare tutte le preoccupazioni ed i brutti pensieri relativi a quella sera di metà autunno.

E mentre la bocca del ragazzo iniziò a farsi maggiore spazio in quella di lei, le mani di Jieun si portarono rapide dietro al collo di Taehyung iniziando poi a percorrere lentamente la sua testa, facendo scorrere tra le falangi sottili delle sue dita quella meravigliosa chioma di folti capelli castani.

— Forse dovremmo andarcene da qui, — riuscì a malapena a dire Jieun, il fiato corto e questa volta non certo per un qualche tipo di corsa, — Chiamiamo un taxi e andiamo a dormire, — fu in grado di aggiungere, prima che il suo respiro e le sue labbra non vennero nuovamente catturate da quelle di Taehyung, che tuttavia non sembrava proprio essere del suo stesso avviso.

— Mi vanno bene le prime due cose che hai proposto, ma stanotte non ho alcuna intenzione di dormire Jieun, — le confidò poi, mordicchiandole leggermente l'orecchio prima di scostarsi definitivamente dal suo viso arrossato, ma solo per prenderla nuovamente per mano e trascinarla in un punto dove, tra un bacio rubato e l'altro, avrebbero atteso l'arrivo di un taxi che li avrebbe condotti a casa di lei. 

E li, sotto calde lenzuola, i due giovani avrebbero trascorso la notte senza chiudere occhio, intrecciando una volta ancora le loro menti, i loro corpi e le loro mani, sull'anulare di entrambe le quali rimaneva fissa e splendente la promessa del loro eterno amore.

 



 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

io adoro l'angst, ormai lo sapete. ma adoro anche i triangoli amorosi, le atmosfere noir (ringrazio Cris per questo assist incredibile), le descrizioni e le zuppe calde.

ah, e amo anche le promesse di amore eterno che vacillano.

ops.

posto che ci vorrà ancora un pò per capire chi si nasconde dietro questa organizzazione maledetta, credo che con questo ottavo capitolo io sia riuscita a darvi una panoramica generale del luoghi e dei caratteri dei nostri protagonisti. lo so, taehyung e jungkook sono spinti da motivazioni diverse, a volte diametralmente opposte ma su una cosa concordano: che a Jieun non venga torto un capello.

eeeeeeeh macarena! ok questo angolo autrice potrebbe non esistere perchè non scrivo nulla di eccezionale, ma la cosa più importante a cui tengo è ringraziare come sempre tutti voi per i meravigliosi feedback che sto ricevendo. 

alla prossima, vi abbraccio (ma tipo che vi stritolo fortissimo)

「bvb」

 

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Capitolo 9
*** [9] ***


 
BLACK INK.

 

[9]

 

I sogni di Kim Jieun erano sempre stati molto confusi e frenetici. Le capitava di sognare spesso, non v'era dubbio su questo, un pò più difficile era però provare a ricordare tutto ciò che aveva vissuto in quelle caotiche ore al momento del risveglio.

Quando aprì gli occhi quella mattina, il primo gesto che la giovane detective decise di compiere fu girarsi svogliatamente sul fianco, dando così le spalle al leggero fascio di luce che era ormai arrivato a sfiorarle il volto, scaldandole le gote. Mormorò parole incomprensibili nel fiacco tentativo di stropicciare le proprie gambe indolenzite, allungando poi il braccio sinistro verso la parte opposta del letto. Si sorprese ma non si scompose nell'avvertire che l'altra metà del suo enorme giaciglio a due piazze era già vuota e fredda. Chiunque avesse trascorso la notte lì doveva essersene già andato almeno da un paio d'ore, lasciando le lenzuola da rifare e un piccolo bigliettino di carta colorata sopra il cuscino. Jieun lesse il contenuto di quel post-it con gli occhi assonnati e semichiusi, preferendo piuttosto tornare a soffocare il viso in quel cuscino dove era sicura di riuscire a percepire ancora qualche traccia del passaggio di Taehyung.

Le piaceva quel profumo, e lui lo sapeva. Per questo aveva deciso di utilizzarlo nelle occasioni che riteneva speciali, quando riusciva a trovare un pò di tempo per andare a trovarla a casa dopo il proprio turno di lavoro o quando capitava di uscire insieme, anche se questo, da qualche ora, significava rischiare di essere inseguiti da un gruppo di uomini sconosciuti e probabilmente armati. Al solo ricordo di quelle immagini, Jieun si convinse a serrare nuovamente gli occhi, nella speranza di essersi solo immaginata tutto quello che aveva vissuto la notte precedente, tornando poi ad abbracciare con maggior forza quel morbido cuscino per un tempo assolutamente indeterminato, avvolgendo più e più volte il suo corpo nudo tra le candide lenzuola di quel letto ormai completamente sfatto.

Decise che era arrivata ora di alzarsi solo quando, sollevando con insolita fiacchezza il telefono dal comodino, non lesse la data impressa sullo schermo. Balzò quindi fuori dal letto tirandosi un paio di leggeri schiaffi sulle guance - l'equivalente di una bella doccia fredda - e cercando allo stesso tempo di sistemarsi alla bell'è meglio i capelli e di trovare qualcosa nell'armadio della stanza che potesse soddisfarla. Più che angustiarsi per il numero 14 segnalatole come orario dal suo cellulare, Jieun era più preoccupata del fatto che fosse giovedì. E quello non era un giovedì qualunque, bensì il terzo giovedì del mese.

Per ogni mese lavorativo ciascun dipendente della stazione di polizia di Seoul aveva diritto ad un'intera giornata di ferie a settimana, salvo particolari emergenze o riunioni urgenti. Nessuna eccezione, nemmeno per i più infaticabili come Seokjin, Hoseok ed i fratelli Kim anche se, nel loro caso, solo il terzo giovedì del mese coincideva per entrambi come giorno di pausa.Ventiquattro ore ogni trenta giorni in cui Namjoon e Jieun venivano immaginati dalla maggior parte dei dipendenti trascorrere quell'infinito lasso di tempo chiusi nelle rispettive camere del loro ampio appartamento, ritrovandosi l'uno di fronte all'altra solo durante l'orario dei pasti e, in qualche raro caso, anche la sera, ma solo se valesse la pena mangiare del cibo d'asporto ed una birra guardando un buon film alla tv.

Pochi conoscevano la realtà nascosta dietro quel fatidico giovedì.

Scese le scale in fretta e furia, le mani occupate a cercare di indossare un giubbotto di pelle nera, arrancando verso il corridoio per infilare poi un paio di stivali e iniziare quindi a scavare nella propria borsa, nella vaga speranza di trovare la sola cosa di cui sapeva di bisogno in quel momento.

— Stavi per caso cercando queste? —

Suo fratello Namjoon comparve dal nulla sulla porta della cucina, rigirando tra l'indice e il medio quello che aveva tutta l'aria di essere un mazzo di chiavi. Colta alla provvista, Jieun non potè che sobbalzare spaventata, sollevando poi lo sguardo verso l'alto in modo tale da non far capire al fratello se il suo fosse stato più un gesto di stizza o un veloce respiro di sollievo per aver conservato al sicuro le sue chiavi della macchina.

— Non credevo fossi ancora qui, perchè non mi hai svegliato? — chiese semplicemente, tornando ad infilare alla rinfusa tutto il contenuto della propria borsa che aveva svuotato sul pavimento nella speranza di trovare alla svelta le chiavi dell'auto.

— Taehyung mi ha detto di lasciarti dormire, oggi vengo con te, — le comunicò sbrigativo lui in tutta risposta, avanzando verso Jieun solo per poter scrutare più attentamente quel volto ancora mezzo addormentato.

La più giovane tra i Kim ricambiò quello sguardo senza battere ciglio, nonostante le risultasse praticamente impossibile nascondere un sottile ed invisibile velo di imbarazzo dovuto al ricordo di ciò che lei e Taehyung avevano fatto la scorsa notte. Poi, come un fulmine a ciel sereno, la mente di Jieun riavvolse il nastro dei propri ricordi tornando ancora una volta al momento della cena e, solo allora, tutto le fu più chiaro.

— Mmm, — schiarì la propria voce, — Mi vuoi accompagnare dalla signora Lee perchè ti fa piacere venire con me o è per quello che deve averti raccontato Taehyung stamattina prima di uscire? —

Capì di aver colto nel segno quando osservò Namjoon inserire la chiave nella toppa per poi interrompere i suoi movimenti, inarcando le sopracciglia ed appoggiando la propria mano sulla maniglia di pesante ottone con espressione affranta.

— Prendo la macchina, — lo sentì rispondere vagamente, sorvolando a piedi pari quell'ostico argomento, permettendosi solo di lanciarle uno sguardo che convinse Jieun a tenere questo genere di discorsi per un secondo momento. Ormai lo conosceva troppo bene e per questo era sicura che il loro rientro a casa avrebbe concesso a Namjoon l'occasione perfetta per farle l'ennesima ramanzina. 

***

Lee Hyurim era stata la loro prima (ed unica) vicina di casa. Quando i fratelli Kim decisero che era arrivato il momento di cercare un appartamento che fosse il più vicino possibile alla stazione di polizia, la prima difficoltà che dovettero affrontare nel loro percorso di ricerca fu proprio quella di riuscire a trovare il posto giusto nella zona giusta ad un prezzo non esorbitante. Sembrava impossibile, ma quando una sera Namjoon, tornando dal lavoro in macchina, aveva incrociato la signora Lee carica di buste e si era offerto di accompagnarla a casa ed aiutarla con la spesa, evidentemente il destino aveva strizzato loro l'occhiolino. Non solo l'anziana signora lo aveva ringraziato donandogli una mancia non indifferente, ma quando, facendosi raccontare della sua nuova carriera di poliziotto, era venuta a sapere che Namjoon era alla ricerca di un appartamento che potesse ospitarlo insieme alla sorella più giovane, Lee Hyurim non aveva fatto altro che accompagnarlo alla porta, prendere un mazzo di chiavi colorate e poi suggerirgli di dare un'occhiata all'appartamento accanto al suo, una delle proprietà che la gentile signora Lee ancora possedeva.

Inutile dire che i fratelli Kim vi si trasferirono un paio di settimane più tardi, giusto il tempo di firmare un accordo con Lee Hyurim e darle il primo anticipo di pagamento. Quell'anziana e dolcissima signora non aveva mai fatto mancare loro nulla: che si trattasse di preparare un pasto comodo e veloce ma che fosse anche salutare per entrambi da poter portare facilmente in ufficio, fino alle cose più piccole ma non meno importanti come accogliergli ogni sera col sorriso sul pianerottolo quando, esausti, entrambi facevano ritorno a casa al termine di lunghe e stancanti giornate di lavoro.

In quel terzo giovedì del mese, Namjoon si era offerto di fare da guida e Jieun glielo aveva lasciato fare senza ribattere, preferendo di gran lunga sedersi accanto a lui sul sedile del passeggero per abbassare poi il finestrino e lasciare così che l'aria viziata della città le sfiorasse il volto e scompigliasse i suoi lunghi capelli color miele.

Al primo semaforo lungo il loro percorso, la giovane detective si lasciò persino scappare un sorriso che però non sfuggì allo sguardo sempre vigile del fratello maggiore. E fu proprio quel timido sorriso a scatenare il successivo commento di Namjoon, una frase buttata lì forse per riempire un silenzio interrotto solo dalla musica alla radio.

— E' da un pò che non ti vedo così, —

— Così come? — domandò lei curiosa, distogliendo immediatamente lo sguardo dai profili dei grattacieli grigi della città per focalizzarsi invece su quello del fratello, concentrato invece sull'ampia strada davanti a sè.

— Felice, — fu la sincera risposta alla sua domanda. Una risposta che avrebbe potuto sembrare scontata alle orecchie di chiunque, ma non a quelle di Jieun che, tornando ad osservare il paesaggio della metropoli dal finestrino alla sua destra, venne colta da un momento di profonda nostalgia nei confronti del proprio passato, vissuto costantemente accanto ad un fratello che, nonostante tutto, non le aveva mai fatto mancare amore e affetto.

— Ti ricordi quella volta che ho rotto il vetro del salotto perchè stavamo giocando a pallone? — chiese dal nulla, come se le sue parole si fossero generate da sole sulle sue labbra al passaggio di una grande nuvola morbida e tondeggiante che, senza volerlo, aveva scatenato in lei quel tenero ricordo.

— Come dimenticare, siamo rimasti in castigo per giorni, — le rispose Namjoon, prima di segnalare alla macchina retrostante il suo rapido cambio di corsia.

— E tu eri pronto a prenderti tutta la colpa al posto mio perchè quel weekend ci sarebbe stato il compleanno di Jimin, — proseguì Jieun nel racconto di quel breve episodio che la memoria era riuscita a recuperare nei meandri della sua mente, riuscendo finalmente a sentire una risata sinceramente divertita farsi spazio sul volto del fratello, — Già, ma alla fine nessuno di noi due è riuscito ad andare, — concluse lui, abbozzando un nuovo e più ampio sorriso.

— E Chim non ci ha parlato per una settimana, —

— Un record da parte sua riuscire a tenerci il broncio tanto a lungo, — aggiunse in ultima istanza Namjoon, andando così ad apporre l'ultimo tassello di quel piacevole ricordo che entrambi avevano voluto condividere durante quel gradevole viaggio.

Arrivarono così alla casa di cura 태양 sorridendo come nessuno dei due si ricordava di aver fatto da anni in presenza dell'altro.

Jieun fu la prima a scendere dall'auto, fermandosi poi sulla superficie di ghiaia del viale ombroso per segnalare a Namjoon dove avrebbe potuto parcheggiare in tutta tranquillità evitandogli, tra le altre cose, di fare qualche fiancata ad auto adiacenti o - peggio ancora - travolgere uno dei quei rigogliosi vasi di fiori, disposti lungo l'intero viale di ingresso della casa di riposo.

Ma a Kim Namjoon bastò scendere dall'auto ed accertarsi di aver chiuso la macchina per far si che il suo viso cambiasse completamente espressione. Quell'ampio sorriso che non l'aveva mai abbandonato dall'inizio del pomeriggio scomparve improvvisamente per lasciare spazio a quell'espressione tanto seria e tirata che era solito mostrare in presenza di situazioni e/o persone particolarmente sgradite.

— Nam va tutto bene? Hai dimenticato qualcosa? —

Jieun si accorse subito di quel cambio d'umore repentino, per questo la sua domanda sorse quasi spontanea mentre, iniziando ad incamminarsi con lei lungo il viale alberato, il fratello si limitò a tranquillizzarla annuendo silenziosamente.

Nonostante avesse pregato in tutti i modi di essere dalla parte del torto e di non aver davvero scorto l'auto che i suoi occhi avevano invece notato essere parcheggiata all'ombra di un grande pino sempreverde dall'altra parte del viale, Namjoon dovette ricredersi nel momento in cui notò Jieun interrompere bruscamente la sua camminata allegra e ben cadenzata, bloccandosi proprio nel bel mezzo di quell'elegante boulevard.

Nella direzione diametralmente opposta rispetto ai loro sguardi, i fratelli Kim non poterono fare a meno di riconoscere la scura silhouette di Jungkook parlare a distanza ravvicinata con un'infermiera dal camice bianco. Il sorriso compiaciuto di lui e lo sguardo imbarazzato e confuso di lei furono elementi sufficienti per far sbiancare Jieun e ribollire invece il sangue nelle vene di Namjoon.

— Sapevo che c'era qualcosa che non andava dal momento stesso in cui ho notato la tua macchina, — esclamò furente il giovane Kim, iniziando a camminare a passo di marcia verso il ragazzo che, poco distante, congedò l'infermiera con un rispettabile inchino prima di allargare le braccia in direzione del suo nuovo interlocutore.

— Nam, per favore, — inutili i tentativi di Jieun di inseguirlo e richiamarlo a sè con le proprie suppliche o scuoterlo provando a fare una certa resistenza tirando l'orlo della sua giacca di jeans.

— È sempre un piacere anche per me vederti ovunque io vada capitano Kim, — lo sbeffeggiò Jungkook, in tono volutamente provocatorio che tuttavia non sembrò sortire alcun effetto su Namjoon che, al contrario, rispose con altrettanto sarcasmo, — Non dirmi che vuoi comprarti anche una casa di riposo ora, non mi sembra rientri nel tuo stile —

I due erano ora l'uno faccia a faccia con l'altro e, nonostante il sole stesse battendo ancora alto nel cielo, Jieun non potè esimersi dallo stringersi nelle proprie spalle, avvertendo una netta sensazione di freddo farsi spazio tra le ossa del suo corpo.

Jungkook estrasse una sigaretta dal taschino della sua giacca di pelle, prendendosi tutto il tempo necessario per accenderla a pochi centimetri dal volto impassibile di Namjoon e approfittando di qualche secondo di silenzio in più per fare un paio di tiri profondi.

— Ti sorprenderà sapere che sono qui per fare alcune ricerche, — dichiarò poi con la dovuta calma, buttando fuori altro fumo grigio dai suoi polmoni ormai abituati a questo genere di trattamento.

— Tu, delle indagini? E su chi esattamente? — questa volta la curiosità di Namjoon ebbe il sopravvento persino sul suo sarcasmo, — Stai cercando la nonnina che ha raccolto della frutta dall'orto sbagliato? —

Fu proprio a quella pungente richiesta di chiarimento che gli occhi stanchi e provati di Jungkook si posarono per la prima volta in quell'assolato pomeriggio su Jieun che, ancora in parte nascosta dietro le spalle del fratello, non potè che sollevare a sua volta il proprio sguardo verso di lui, sorpresa da quel suo prolungato silenzio ma, allo stesso tempo, non potendo fare a meno di sentirsi chiamata in causa da quegli occhi neri come la pece.

— Quindi Jieun non te l'ha detto, — si limitò quindi ad asserire atono Jungkook, non staccando che per un istante gli occhi di dosso dalla ragazza che ora, di fronte a lui, in quel momento avrebbe potuto ucciderlo solo attraverso lo sguardo, nonostante tra i loro corpi ci fosse qualche metro di distanza e un leggero strato di nebbia causata proprio dalla sigaretta che quel ragazzo ancora stringeva tra l'indice ed il medio della sua mano destra, quella ricoperta di tatuaggi. Ma l'occhiataccia lanciatagli da Jieun non fu in alcun modo sufficiente per liquidare l'argomento. Fu infatti presto chiaro ad entrambi dove li avrebbe portati il peso di quella provocazione quando il volto già teso di Namjoon, fino a quel momento rivolto completamente verso Jungkook, si spostò a sua volta verso quello più scarno di Jieun, interpellandola poi senza darle una via d'uscita che non comprendesse scatenare la sua ira.

— Cos'altro non mi hai detto? —

— Calmati Namjoon, è stata solo avvicinata da qualcuno fuori dal mio locale qualche sera fa, locale in cui era entrata per dimenticare uno dei vostri soliti litigi, — fu però ancora una volta Jungkook a rispondere al posto suo, cercando in qualche modo di sminuire l'accaduto ben conoscendo la modalità di reazione di Namjoon, accorgendosi però solo in quel momento che forse si era spinto troppo oltre nella vita e nel rapporto privato tra i due fratelli.

— E' la verità Jieun? — le domandò Namjoon, socchiudendo poi i propri occhi per fare appello a tutta la sua calma e alla sua lucidità per non tirare un pugno in piena faccia al suo ex migliore amico e riuscire così a zittirlo.

— Jungkook era lì ed è intervenuto, non è successo niente, —

— E io invece ti ho chiesto, quello che dice è la verità? — la interpellò severo ancora una volta.

Voleva che Jieun fosse sincera, che rispondesse all'unica cosa che - al momento, nella sua testa - avesse reale importanza. Ma gli fu sufficiente vederla abbassare lo sguardo e stringere i pugni lungo i fianchi cercando di nascondere il proprio volto tra i capelli per capire che, dopotutto, allora davvero le parole di Jungkook non erano solo provocazioni per riuscire a farlo incazzare.

— Ti rendi conto di quanto sia grave la situazione? Dopo quello che ti è successo ieri tra l'altro! — sbottò a quel punto, fregandosene del fatto che stava alzando il tono della propria voce proprio in prossimità dell'ampio giardino adiacente dove, per sbaglio, alcune anziane ospiti stavano ancora passeggiando amabilmente.

Dal canto suo, Jungkook non dovette nemmeno spingersi a chiedere cosa fosse accaduto la sera prima, perchè ormai Namjoon era diventato come un fiume in piena, pronto a straripare da un istante all'altro. Per di più, le sue intenzioni iniziali - quelle di rivoltarsi contro Jungkook per sfogare un la sua costante rabbia e frustrazione - erano virate interamente su Jieun la quale, ancora una volta, doveva essere pronta ad incassare almeno un altro paio di duri colpi.

— Credi che Taehyung non mi abbia raccontato che siete stati pedinati? Ma tutti così te li vai a cercare eh? —

— Che cos-? —

— Jungkook, basta, — prima ancora che potesse proseguire nella sua esclamazione di stupore e disappunto, Jieun interruppe la frase del ragazzo dalla chioma corvina afferrandolo per il polso con tutta la forza della disperazione, per poi sollevare nuovamente il proprio sguardo affranto e rivolgere ad entrambi un'espressione esasperata.

— Sono qui, davanti a voi, cammino con le mie gambe e sto bene.. Quindi adesso piantatela, tutti e due, — esclamò, uno sguardo mai così serio, il tono fermo di chi non avrebbe ammesso alcun tipo di replica, non così facilmente e soprattutto non in un luogo pubblico e per di più tanto tranquillo come quello di una casa di riposo.

Solo dopo aver passato in rassegna le espressioni di suo fratello e di Jungkook ed essersi accertata della loro presa di coscienza, Jieun decise di allentare la propria presa sul polso del secondo, che si vide costretto a buttare al vento il mozzicone della sua sigaretta ormai consumata.

— Sono venuto qui perchè qualcuno ha accettato di far ricoverare la madre di quell'uomo che ha aggredito Jieun.. Al momento sta ricevendo delle cure carissime che lui non avrebbe mai avuto la possibilità di pagare, — si inserì nuovamente nella conversazione il più giovane dei tre, dopo aver ritrovato la sua naturale imperturbabilità, — Ma, guarda caso, nessuno è riuscito a darmi il nome di questo invisibile garante, —

— Chi ci dice che sia legato alla serie di omicidi? — avanzò la sua domanda non del tutto fuori luogo Namjoon, tornando anch'egli a focalizzare la propria attenzione su ogni parola che sentì provenire dalle labbra del ragazzo accanto a lui.

— È venuto a prendere Jieun davanti al mio bar, sapendo di trovarla lì e nonostante io lo abbia minacciato non ha confessato nulla, come se volesse coprire in ogni modo il suo mandante, — fu la più logica delle risposte che evidentemente Jungkook era riuscito a formulare solo dopo aver trascorso intere notti a pensare, fumando chissà quanti pacchetti di costosissime Marlboro.

— Perchè non sei venuto a dirmelo? — proseguì il maggiore nel suo interrogatorio, notando, non senza un briciolo di dissenso, un'ampia risata farsi spazio e poi riecheggiare nelle sue orecchie.

— Non verrei a chiederti una mano nemmeno se stessi soffocando e tu fossi l'unica persona rimasta su questa terra, — si limitò a rispondere Jungkook, come se non stesse aspettando altro che sentire Namjoon inciampare bruscamente su un terreno scivoloso che lui stesso aveva costruito attorno a sé fino a quel punto del loro dialogo.

— Ma riguardava mia sorella! —

In un attimo Kim Namjoon gli fu addosso, strattonando il gubbino di pelle nera per poter poi meglio afferrare Jungkook dal collo della sua maglietta del medesimo colore.

— Namjoon, ti scongiuro, — Jieun dovette intervenire ancora una volta per fermare quella che aveva tutta l'aria di essere l'inizio dell'ennesima collutazione tra i due, questa volta con il serio e non escludibile rischio di arrivare fin troppo velocemente alle mani.

Fortunatamente per tutti, le parole supplichevoli della ragazza unite ad alcuni sguardi interrogativi delle anziane clienti della casa di riposo furono sufficienti per calmare l'animo irrequieto del giovane capo della polizia che, dopo essersi scrollato di dosso sia Jungkook che la sorella minore diede loro le spalle per incamminarsi velocemente verso la propria auto.

— Mi stai seriamente lasciando qui Nam!? Siamo appena arrivati! — gli urlò lei con tutta la forza che riuscì a trovare in corpo, non potendo fare a meno che compiere qualche passo nella sua direzione per provare ad impedirgli di compiere l'ennesima sciocchezza della giornata.

— Saluta la signora Lee anche da parte mia e poi prendi un taxi per tornare a casa, io sto andando in centrale, — fu tutto ciò che le comunicò Namjoon senza nemmeno degnarsi di guardarla in faccia, mentre l'espressione rabbiosa di prima aveva già lasciato spazio ad una più ferita e delusa che a Jieun fece ancora più male notare dipingersi sul suo viso.

Sgommò via senza consentire adito ad ulteriori commenti, lasciando dietro di sé solo un'enorme scia di polvere e ghiaia. Per poco non scelse di attivare anche la sirena blu sopra la capotte, per avvisare chiunque di fargli spazio e lasciarlo passare il più velocemente possibile. Doveva parlare con qualcuno di tutto ciò che aveva appena scoperto e sapeva che Hoseok era ancora di turno alla centrale, per questo motivo forse sarebbe riuscito a sfogarsi un pó con lui e gli avrebbe chiesto un parere non da poliziotto, ma da amico.

A Jieun non potè fare altro che rimanere immobile ad osservare la loro auto diventare sempre più piccola, fino a scomparire del tutto dal suo sguardo assente. Poi, come risvegliata da un antico torpore, la giovane si accovacciò momentaneamente su quel terreno instabile inspirando ed espirando a pieni polmoni, per evitare che lacrime di rabbia prendessero il controllo del suo corpo e della sua mente. In quella posizione inusuale non le fu però difficile rimanere in ascolto del rumore dei pesanti scarponi di Jungkook avvicinarlesi senza fretta.

— Questa potevi davvero risparmiartela, — non lasciò nemmeno che lui le si fermasse accanto, né che provasse a dire qualcosa che avesse a che vedere con tutta questa storia, — Non solo ora Namjoon non mi parlerà per un mese, ma credo che oggi tu abbia sbloccato il suo nuovo livello di odio, ti sentirai fiero —

Non lo avrebbe lasciato parlare. Non voleva proprio starlo a sentire, non aveva intenzione di permettere che iniziasse uno di quei suoi discorsi assurdi che l'avrebbero sicuramente portata su un terreno tortuoso, come delle sabbie mobili da cui poi sarebbe stato difficile - se non impossibile - uscire.

— Forse dovresti semplicemente smetterla di raccontare bugie, — ma Jungkook non sembrava essere del suo stesso avviso, — A tuo fratello, a te stessa, a tutti quanti, — tenne quindi a precisare, osservandola alzarsi da terra per poi seguire ogni suo movimento fino a quando i loro volti non furono nuovamente alla stessa altezza, l'uno di fronte all'altra.

— Cosa ne sai tu di me? — lo sfidò allora a viso aperto, come se ormai non avesse più nient'altro da perdere. Lo vide estrarre il suo consueto pacchetto di sigarette ma, dopo quella sua domanda provocatoria, Jungkook lo ripose nella tasca del proprio giubbotto, preferendo di gran lunga tornare sul discorso che lui stesso aveva scelto di intraprendere.

— Ti ricordi che non solo ti conosco da quando avevi sei anni ma che sono anche il mostruoso capo di una gang mafiosa che ha orecchie ovunque qui a Seoul vero? — le chiese retoricamente, avvicinandosi ancora di più al suo viso, — Credi che non sappia che le cose tra te e Taehyung non stanno andando come vi aspettavate? — la sfidò allora, colpendola proprio dove sapeva che, con tutta probabilità, le avrebbe fatto più male.

— Ma cosa stai insinuando io-, —

— Avanti Jieun, quando ti pesa portare quell'anello? —

Il movimento fu talmente rapido che per poco Jungkook non venne colto di sorpresa. A dispetto dell'espressione di Jieun però, il giovane non riuscì a trattenere un sorriso quasi compiaciuto, bloccando ogni movimento del suo braccio tenendolo stretto per quel polso che per poco non avrebbe raggiunto la sua guancia, schiaffeggiandolo come lei stessa non si sarebbe mai aspettata di fare. Sorrise davvero a quel pensiero Jeon Jungkook, perchè sapeva di meritarsi quello schiaffo, ma anche perchè aveva appena ottenuto da lei la conferma di quanto in realtà, nonostante il passare del tempo e degli anni, il loro rapporto non fosse cambiato. Kim Jieun era e sarebbe sempre stata un libro aperto per lui.

— Questo anello è la promessa che un giorno ci sposeremo, — provò a correggere il tiro la giovane detective, cercando in ogni modo di liberarsi dalla solida presa di Jungkook per provare quantomeno ad allontanarsi da lui. Ma questi, invece che allentare la propria morsa sul polso sottile di lei, decise invece di trascinare Jieun più vicino, in modo tale da poterla guardare negli occhi senza intralci di alcun tipo.

— Ah si? E dov'era allora il tuo futuro sposo quando sei venuta da me quella sera sfidando la pioggia battente solo per dirmi una cosa che già sapevo? Dove cazzo era Kim Taehyung quando un tizio qualunque stava per farti chissà quali cose fuor dal mio locale? Dimmi, glielo hai raccontato almeno? —

Si era persino dimenticato di respirare Jungkook, non perchè non si ricordasse come fare, ma perchè non voleva più perdere altro tempo, non quando stare così vicino a Jieun gli provocava una serie di emozioni così maledettamente forti. Era arrabbiato, furioso per ciò che aveva sentito uscire dalla bocca di Namjoon quel pomeriggio, ma era ancora più arrabbiato nel sapere che - probabilmente - Jieun proprio sembrava non voler capire il suo punto di vista.

— Per questo lo hai detto a Namjoon, non è vero? —

— Non sono io il tuo ragazzo Jieun, maledizione! — la lasciò finalmente libera dalla sua morsa e, così facendo, accettò silenziosamente il rischio di vederla indietreggiare di qualche passo, — Ma sembra che sia l'unico a cui ti rivolgi quando hai davvero bisogno di qualcuno, perchè non riesci a capire? —

E invece, al contrario di ciò che aveva sospettato, Jieun questa volta riuscì a sorprenderlo davvero, avvicinandosi a lui fino a quando Jungkook non potè udire chiaramente il suo respiro affannato contro il proprio.

— Quello che so è che non sei nessuno per me Jeon, da più di cinque anni, — la sentì pronunciare in un soffio, al tempo stesso labile e dannatamente graffiante , — E lo hai voluto tu —

In quei pochi istanti, tante erano le cose che Jungkook avrebbe voluto fare.

Avrebbe potuto avvicinarsi a lei ancora di più, fino a quando il già poco spazio che separava i loro corpi sarebbe stato annullato da un abbraccio. Avrebbe potuto baciarla, se davvero lo avesse voluto. Jieun era lì, le sue labbra a pochi centimetri dalla sua bocca e il suo profumo lo stava inebriando completamente, facendogli perdere quel briciolo di ragione che ancora conservava.

Eppure Jeon Jungkook rimase lì, immobile, fino a quando Jieun non fu la prima a distogliere lo sguardo. Non avrebbe perso anche quella sfida, non poteva dimostrarsi così debole davanti a lei, non quando in gioco aveva messo di nuovo tutto sé stesso e l'orgoglio che gli era rimasto. Forse fu proprio questo il motivo che lo costrinse a rimanere immobile anche quando la vide allontanarsi senza mai rallentare il proprio passo, senza mai voltarsi indietro, anche quando tutto ciò che Jeon Jungkook avrebbe voluto fare sarebbe stato rincorrerla e stringerla a sè.

Jieun aveva ragione su tutto: era stato lui ad allontanarla, a chiederle di uscire dalla sua vita. Ma, in fondo, questa era solo l'ennesima bugia che lui aveva scelto di continuare a ripetersi per cercare di rifuggire dai propri sentimenti e da quell'amore che credeva di non potersi più meritare.







 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

siamo ufficialmente in estate e io sono già stufa. il caldo mi distrugge giuro, mi sfianca peggio di una corsa di millemila kilometri. vorrei stare tutto il giorno sotto l'aria condizionata, salvo poi prendere un raffreddore (altra cosa che non sopporto).

ma voi non siete qui per questo giusto. e allora parliamo del fatto che questo capitolo sa stato un vero e proprio parto della mia mente costantemente affamata di angst e cose che fanno strugglare. parliamo di nam che si scaglia contro jungkook che, a sua volta, fa l'ennesimo passo verso (o contro, o falso) la nostra cara jieun. adesso che vi ho messo questo piccolo/grande tarlo nella testa (e anche in quella di jieun, povera), chissà se ce la farà a mantenere fede ai suoi sentimenti verso tae.

(si lo so si sta complicando dibbbrutto, ma fidatevi di me, so quello che sto facendo - più o meno)

tolgo il disturbo e torno a mangiare il mio ghiacciolo alla menta! nel frattempo vi ringrazio, vi saluto e vi abbraccio (ma fortissimo)

「bvb」

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Capitolo 10
*** [10] ***


 
BLACK INK.

 

[10]


 

Il laboratorio per le autopsie della centrale di polizia di Seoul si trovava al livello -1 di un'ascensore i cui pulsanti - vagamente retro illuminati - e le pareti grigie e lucide erano in grado di trasmettere solo uno strano senso di ansia e spaesamento misti ad una malsana forma di claustrofobia. Un luogo cupo, freddo e dall'atmosfera non certo calorosa ed accogliente, la cui unica fonte di chiarore sembrava provenire solo ed esclusivamente da una serie di fastidiosissime luci a neon che, di tanto in tanto, sfarfallavano in maniera convulsa. 
Kim Jieun si sfilò un paio di guanti in lattice bianco, entrambi sporchi di sangue ormai raffermo di un cadavere su cui lei e Seokjin avevano da poco terminato di eseguire la loro accurata analisi. Si accasciò così su una delle poche sedie presenti nella stanza, lasciando poi che la propria testa iniziasse a ciondolare pesantemente da una parte all'altra di quello schienale non particolarmente comodo.

— Non me ne vogliano gli psicologi, ma penso che anche un cieco capirebbe che in questi giorni tu sia un pò giù di morale, —

Seokjin la interpellò da lontano, la voce bassa come se non volesse dare fastidio o causare disturbo, dandole comunque le spalle perchè ancora concentrato a sistemare quel cadavere all'interno della cella frigorifera che portava il suo codice identificativo, composto da una lunga e amara lista di lettere e numeri. La sentì sospirare più forte del previsto e quel rumore molesto emesso dalle sue labbra lo convinsero presto a lasciare da parte il suo dovere di medico per indossare invece le sue vesti migliori in qualità di amico. Seokjin decise quindi di voltarsi nella sua direzione solo per rimanere sbigottito ad osservare la sua più giovane collega accasciare la testa pesante contro la superficie dell'ampia scrivania del laboratorio, dove a vigere vi era il caos più totale, tra pratiche e altre documentazioni sparse alla rinfusa un pò ovunque.

Dopo quell'unico sospiro stanco, un rinnovato silenzio calò nuovamente tra loro, interrotto solamente da un intenso getto d'acqua tiepida di cui Seokjin si servì per lavare le proprie mani e disinfettarle dopo essersi preso cura del suo ultimo, defunto paziente. Un compito forse un pò ingrato il suo, che però - nel corso degli anni - aveva permesso alla centrale di polizia di Seoul di portare a termine una miriade di casi altrimenti irrisolvibili. Si avvicinò quindi a Jieun asciugandosi le mani nel suo stesso camice, iniziando poi a sfiorarle delicatamente la schiena con il palmo per tentare di offrirle un qualsiasi tipo di sostegno.

— Se è per il comportamento di Namjoon sai che posso-, —

— No Seokjin, mio fratello stavolta non c'entra, sono io l'unico problema qui dentro, — non lasciò nemmeno che Jin finisse di pronunciare la propria frase, non tanto per maleducazione, quanto perchè non voleva che lui sprecasse fiato a proporre soluzioni che - con ogni probabilità - avrebbero portato solamente ad altri litigi e battibecchi inutili che Jieun si sarebbe invece risparmiata più che volentieri.

Sollevò quindi il proprio sguardo affaticato, indirizzandolo verso quello dolce e premuroso del ragazzo accanto a lei che, per tutta risposta, si limitò a sorriderle per poi avvolgerla in un amichevole e confortante abbraccio, aggiungendo poi qualche parola di incoraggiamento: dal suo punto di vista alla fine ogni cosa si sarebbe risolta per il meglio, per tutti quanti.

Stretti in quell'incoraggiante scambio di reciproche forze i due medici si ritrovarono quasi a sobbalzare sulle proprie sedie quando udirono le porte del loro laboratorio spalancarsi all'improvviso, cogliendo entrambi completamente alla sprovvista. Davanti agli sguardi ora increduli di Seokjin e Jieun si materializzò infatti un trafelato Hoseok che, insieme ad un altro paio di agenti, si permise di fare il suo ingresso nella zona più fredda ed ostica di tutta la centrale senza alcun preavviso, portando però con sé un lettino di metallo sotto il quale, coperto da un candido lenzuolo bianco, vi era probabilmente nascosto l'ennesimo corpo senza vita.

— Abbiamo un'altra vittima, — si limitò ad esclamare senza fiato il giovane agente, ordinando poi ai suoi compagni di trasportare quel corpo esanime dal lettino mobile donatogli dall'ambulanza che era intervenuta sul luogo del delitto al letto di freddo acciaio posto al centro della stanza su cui, fino a poco tempo fa, i due anatomopatologi avevano operato.

— La V sul polso? — chiese subito Jin, infilandosi in tutta fretta un nuovo paio di guanti in lattice ed avvicinandosi poi a quel lettino, sollevando delicatamente il lenzuolo che copriva ancora il corpo della vittima, rivelandone il volto gonfio e violaceo sotto tremolanti luci a neon.

Si stupì solo quando notò Hoseok rispondere negativamente alla sua domanda con un veloce e ripetuto gesto del capo, indietreggiando poi di alcuni passi per lasciare posto anche a Jieun che, nel frattempo, sembrava essersi come risvegliata da un antico torpore per predisporre tutta la strumentazione necessaria ad eseguire una nuova autopsia e scoprire così le cause del decesso di quell'uomo. Ma, avvicinandosi ed osservando meglio i tratti del volto tumefatto di quel corpo ormai senza vita, mai Jieun avrebbe creduto di vedere e riconoscere i lineamenti di colui che, solo una settimana prima, aveva cercato di rapirla di fronte all'ingresso del White Wall.

— I- io conosco questa persona, — le parole le uscirono dalla bocca ancora prima che lei potesse fare qualcosa per elaborare un pensiero un pò più costruito e approfondito. Frase che non solo le causò un lieve giramento di testa, ma che catturò all'istante l'attenzione di Seokjin e Hoseok che non dovettero nemmeno sprecare fiato per chiedere alla ragazza ogni tipo di dettaglio riguardante la vittima, a cominciare proprio da come lo aveva conosciuto e in quali assurde circostanze: le loro espressioni attonite furono sufficienti per far capire a Jieun che nessuno dei due le avrebbe dato la possibilità di sfuggire o rimangiarsi quella frase.

Sentendosi un pó come un leone in gabbia e con le spalle al muro, la giovane detective chiese quindi loro di prendere posto proprio di fronte a sé, preferendo invece rimanere in piedi per cominciare a camminare avanti e indietro su una linea retta immaginaria che lei stessa aveva tracciato nella sua mente, cercando - tra le altre cose - di far riaffiorare tutti i dettagli e la successione degli eventi che da quella sera al White Wall avevano cominciato a sovrapporsi ed incastrarsi gli uni con gli altri. Camminare le faceva bene e, in questo modo, Jieun era sicura che sarebbe riuscita a ristabilire un certo ordine sia nella sua testa che nella sua vita. Pur riscoprendosi sorpresa del fatto che Namjoon non avesse fatto parola di tutto quello che aveva scoperto esserle accaduto, la giovane utilizzò tutto il tempo che le fu necessario per prendere un respiro lungo e profondo, soffermandosi senza alcuna fretta apparente ad osservare le espressioni dipinte sui volti di due dei suoi compagni più fidati con cui avesse mai avuto il piacere di collaborare. Scrutò con attenzione quasi malsana una piccola ruga farsi largo sulla fronte del suo collega più anziano, finendo poi irrimediabilmente per passare in rassegna anche le mani di Hoseok, sottili e longilinee, stringersi tra loro come in una preghiera a cui nessuno avrebbe dato ascolto.

Perchè, in fondo, aspettare o aspettarsi qualcosa erano sempre stati concetti diametralmente opposti per lei. Mentre l'aspettativa aveva sempre avuto a che fare con il futuro, l'attesa, al contrario, era sempre stata solo una delle tante vittime del tempo presente. E Jieun, pur non sapendo cosa Seokjin e Hoseok si aspettassero da lei, quali informazioni avrebbero carpito dal suo racconto, di una cosa era certa: entrambi stavano aspettando. Aspettavano impotenti che lei parlasse, che lei spiegasse loro quella frase violenta che era sfuggita solo pochi istanti prima dalle sue labbra ora schiuse ma ancora silenziose.

Aspettare del resto, era l'unica cosa che fosse concessa loro di fare in quel momento, almeno fino all'istante in cui Jieun non distolse lo sguardo dai loro volti giustamente perplessi per rivolgerlo invece verso il corpo immobile di quell'uomo. Perchè era stato ucciso? E soprattutto, da chi? La V sul polso non era presente, ma si poteva davvero escludere la possibilità che fosse stato l'uomo che ormai da settimane stavano cercando di catturare? E se fosse stato invece un omicidio pensato e compiuto proprio per depistare le indagini? Magari quell'uomo era stato punito per non essere riuscito a farle del male, a portare a termine la sua missione.. E se invece fosse stato ucciso per ordine di Jungkook? Se fosse anzi stato proprio lui ad eliminarlo?

Jieun si ritrovò a boccheggiare a quel macabro pensiero, incapace di credere che anche un uomo come Jungkook potesse arrivare a tanto. Cercò quindi con tutte le sue forze di scacciare dalla mente l'ipotesi che qualcuno potesse aver visto la loro collutazione all'esterno del White Wall e potesse arrivare alla polizia a denunciare il fatto, dando inizio ad una serie di indagini che sicuramente avrebbero portato ad indicare Jungkook come primo sospettato. Senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato ad accelerare il proprio passo, per non lasciare che tutte quelle elucubrazioni prendessero il controllo della sua mente già sufficientemente annebbiata.

Cominciò così a spiegare ad Hoseok e Seokjin di come, solo una settimana prima, era finita a bere per caso o per sbaglio al White Wall, fino ad arrivare alla sua accesa conversazione con Jungkook e all'incontro con quell'uomo che poi l'aveva minacciata con una pistola, chiedendole di seguirlo. Si sorprese di come fosse riuscita ad estrapolare con tanta lucidità dalla sua mente quelle immagini che da giorni occupavano i suoi pensieri. Il tutto in perfetto ordine cronologico, tutto senza il minimo tentennamento, quasi come se lo stesse raccontando in terza persona, come se non si fosse considerata la protagonista di quegli eventi, ma solamente una mera spettatrice.

Si fermò solo allora perchè non le parve corretto aggiungere altri dettagli che, per di più, sembravano non aver nulla a che vedere con l'uomo ritrovato senza vita dalla pattuglia di Hoseok. Non disse nulla riguardo alla cena con Taehyung, al loro successivo pedinamento, nè tantomeno era pronta a rivivere ciò che era successo con Namjoon e Jungkook solamente un paio di giorni prima. Solo alla fine del suo racconto, tornando a spiare con la coda dell'occhio quel corpo senza vita col braccio ciondolante e sfregiato rivolto verso il pavimento, Jieun si ritrovò improvvisamente in preda ai sussulti. Sussulti e scosse che vennero prontamente soffocate dall'avvolgente abbraccio di Hoseok che, senza pensarci due volte, le aveva permesso di impregnare la sua nuova divisa blu con poche calde lacrime, forse riuscendo a comprendere il suo stato d'animo e la sua frustrazione più di chiunque altro.

— Dobbiamo avvisare Namjoon, — fu poi proprio lui ad impartire i primi ordini, rivolgendosi a Seokjin, senza per questo sciogliere il proprio abbraccio con Jieun.

— A lui ci penso io, —

— Anche Taehyung deve essere informato, — Jieun si permise di aggiungere alla conversazione tra i due, estraendo dalla tasca del suo camice il proprio telefono e scostandosi così dal caloroso abbraccio di Hoseok, chiedendo poi il permesso di uscire da quel laboratorio soffocante per cercare una zona della centrale che le permettesse di aver maggiore linea per poter effettuare quella chiamata ed avvisare quindi Taehyung dell'accaduto.

Provò una, due, dieci volte: lungo il corridoio deserto, all'interno di quella soffocante ascensore e all'uscita della stazione di polizia fino a quando, non ricevendo nemmeno un suo messaggio di risposta come "non posso parlare ora""ti richiamo tra un attimo" come del resto Taehyung era solito fare, Jieun non fu costretta scorrere la sua rubrica del telefono fino a quando il nome di Jeon Jungkook non comparve nella lista dei suoi contatti.

Lungi da lei voler risentire di nuovo quella voce, Jieun comprese però che il risentimento nei confronti di quel ragazzo non poteva intralciare in alcun modo delle indagini così delicate o, peggio, aggravare una situazione già di per sè precaria ed instabile. Per questo motivo, anche se a fatica e dopo averci pensato per diversi minuti, il suo pollice finalmente premette sul tasto di avvio della chiamata. Anche in questo caso però, pur riprovando più e più volte, Jieun non ricevette alcuna risposta dal ragazzo dall'altro capi del telefono.

Alzando gli occhi verso un cielo terso, al contrario del proprio stato d'animo, fu solo in quel preciso istante che la giovane venne peró improvvisamente attraversata da una pessima sensazione che la costrinse, sempre in tutta fretta e con il cellulare all'orecchio, a salire su una delle volanti parcheggiate all'esterno della centrale senza chiedere alcun permesso e mettere in moto a tutta velocità e con le sirene accese nella direzione del Black Ink.

Ed ecco che, una volta ancora, le sue dita scorsero nuovamente sullo schermo luminoso del proprio cellulare, andando alla ricerca dell'unico numero che Jieun non aveva ancora osato provare a contattare. Servirono ben più di un paio di squilli per costringere la persona dall'altro capo del telefono a rispondere alla sua chiamata ma, fortunatamente, il solo sentire quella voce pacata dall'altro capo del telefono fece tirare a Jieun un enorme sospiro di sollievo.

— Jieun cosa c'è? Sai che oggi sono di pattug-, —

— Sto andando al Black Ink Nam, credo sia successo qualcosa, — interruppe le solite, per quanto giustificabili, lamentele del fratello perchè non voleva più sentirsi ripetere che era una bugiarda. Non gli avrebbe più nascosto nulla e, anche se ancora non lo aveva completamente perdonato per quello che le aveva urlato durante quel pomeriggio proprio davanti a Jungkook, Jieun aveva capito di non poter più continuare ad addossare a suo fratello le colpe di ogni suo errore, che fosse il tiro con un pallone contro la finestra di casa o che riguardasse le indagini in corso riguardo questo caso all'apparenza irrisolvibile.

— Per favore rimani dove sei, sto arrivando, — sentirlo implorarla di fermarsi fu davvero qualcosa che mai Jieun si sarebbe aspettata da un tipo sempre così austero e risoluto come Namjoon, non di certo in una situazione tanto delicata. Credeva che lui l'avrebbe semplicemente riempita di insulti quando invece, nel tono della sua voce, Jieun avrebbe potuto giurare di aver sentito solamente apprensione sincera.

— Troppo tardi fratellone, ci vediamo direttamente lì, — fu lei però la prima ad riattaccare il telefono, notando in lontananza un gran baccano davanti al sottoscala che conduceva proprio all'ingresso del Black Ink.

Spense le sirene solo una volta dopo essere scesa dall'auto, iniziando a correre verso quella stramaledetta rampa di scale che l'avrebbe condotta di nuovo in un posto in cui Jieun aveva più volte giurato di non voler più mettere piede. Si fece spazio tra la folla di curiosi che, sentendo evidentemente degli strani rumori, erano accorsi a vedere cosa stesse succedendo in quel singolare studio di tatuaggi.

Arrancò fino a quando, dopo essere arrivata in fondo a quella stretta scalinata, la ragazza non vide che la porta del Black Ink era stata sfondata a calci. Entrò quindi senza troppa fatica e subito il cuore le arrivò in gola quando la prima persona che vide al suo interno fu proprio Jimin steso a terra, inerme.

— Oddio Jimin, Jimin stai bene? — ripetè il suo nome più volte, inginocchiandosi accanto a lui solo per tirargli qualche sonoro schiaffo per cercare di farlo rinsavire prima dell'arrivo dell'ambulanza che, durante il suo tragitto, si era comunque già premurata di allertare.

— Credo di si, forse solo un paio di costole frattur- ahi! — le rispose il ragazzo dagli insoliti capelli biondi tutto ad un tratto, nel vano tentativo di assumere una posizione più consona ma con gli occhi ancora serrati per il dolore lancinante allo sterno, probabilmente compromesso a causa di alcune pesanti percosse.

— E Yoongi? —

— Non era di turno oggi, —

Grazie a dio, si ritrovò immediatamente a pensare Jieun nella propria testa, aiutando nel frattempo Jimin a sollevarsi e mettersi seduto contro il muro nell'attesa dell'arrivo dei soccorsi.

Si rialzò poi da terra, iniziando a camminare lungo quell'unico corridoio del negozio, messo interamente a soqquadro da chissà quale banda di criminali, solo per poter raggiungere la figura di Taehyung che, con la schiena e la testa appoggiate al muro, stava imprecando a voce troppo alta per poter essere ignorata a causa di una pesante ferita da arma da fuoco che aveva imbrattato di sangue la sua t-shirt bianca proprio in prossimità della spalla.

— Mio dio Tae, — si limitò ad esclamare lei, non potendogli saltare al collo proprio per colpa di quella profonda lesione ancora sanguinolenta.

— Jieun, — lo avvertì mormorare a bassa voce, come se solo invocare il suo nome avesse costituito uno sforzo enorme per lui.

— Shhh, stanno arrivando i soccorsi Tae, non preoccuparti, — lo informò immediatamente, inginocchiandoglisi accanto e spostando poi delicatamente una fastidiosa ciocca di capelli che pian piano stava scendendo su quegli occhi stanchi e doloranti, continuando a pregarlo di tenere duro e di zittirsi.

— Cosa ci fai qui? — ebbe il coraggio di domandare lui a quel punto, il tono seriamente allarmato nonostante fosse invece la sua ferita a costituire la principale fonte di preoccupazione della ragazza accanto a lui.

— Me lo sentivo che c'era qualcosa che non andava, ti prego però adesso non ti sforzare, — lo zittì nuovamente Jieun, premurandosi di poggiare delicatamente le sue labbra sulle sue solo per evitare che Taehyung tornasse a chiedere di lei quando tutto ciò che avrebbe dovuto fare era calmarsi e cercare di non perdere i sensi fino all'arrivo dei soccorsi.

— Jieun, Jungkook è-, — le mormorò con le poche forze che gli erano rimaste non appena avvertì le labbra di Jieun bagnarsi con alcune lacrime che inevitabilmente cominciarono a cadere copiose dai suoi occhi lucidi. Ma non dovette nemmeno concludere la frase: Jieun aveva capito al volo quali fossero gli ordini impartitele da colui che, dopotutto, rimaneva comunque un suo superiore.

Lo baciò ancora un paio di volte sulla fronte, giusto per tranquillizzarlo ed assicurarsi allo stesso tempo del suo stato di salute, per poi decidere di rimettersi in piedi e raggiungere a tentoni l'ultima porta in fondo al corridoio dello studio dove Jieun era sicura di riuscire a trovare proprio il giovane proprietario del Black Ink. Seduto sulla propria poltrona di pelle, per un attimo Jungkook le parve completamente inerme: la sua bocca era stata coperta da uno straccio sporco, entrambe le mani legate ai braccioli della sedia, la faccia presentava una serie di importanti lividi e una "V" era stata incisa con un coltellino sul suo polso destro.

— Jungkook, — lo chiamò a sé entrando a tentoni nello studio buio ed avanzando verso di lui facendosi largo tra tutti gli oggetti prima disposti così ordinatamente nella stanza, ora messa praticamente a ferro e fuoco da aguzzini ancora senza volto e senza nome.

— Qui non sei al sicuro Jieun, te ne devi andare, — le intimò lui immediatamente, non appena Jieun sciolse il nodo attorno alla sua bocca.

— Non sei nella posizione per dirmi quello che devo fare, — lo zittì invece lei, accarezzandogli con fare apprensivo il volto per concentrarsi sui lividi presenti sulle sue guance prima di passare a sciogliere i nodi che gli avevano impedito i movimenti delle braccia.

— Adesso fammi vedere quel polso, — ordinò poi, non sperando nemmeno in una risposta da parte sua che, al contrario, non mosse un dito, aspettando pazientemente che fossero le dita di Jieun a muoversi veloci su quella profonda V incisa sul suo polso dolorante.

— Non hai un kit di pronto soccorso? — chiese allora, più preoccupata che non arrabbiata, ma l'attonito silenzio di Jungkook le fornì la risposta che, in cuor suo, Jieun già sospettava, — Dio, dovresti essere arrestato solo perchè questo posto non è a norma, — mormorò confusa, portandosi poi entrambe le mani nei capelli.

Avrebbe voluto dirgli tutto quello che fino ad allora si era tenuta dentro ma, tornando ad osservare le sue condizioni con i propri occhi, Jieun si sentì debole e impotente, come costretta a desistere, mossa a metà tra pietà e sincero dispiacere.

— Perchè sei venuta qui? — fu quindi lui ad avanzare la propria richiesta di spiegazioni, essendo decisamente più cosciente che non Jimin o Taehyung, nonostante tutti i colpi che doveva aver incassato costretto a rimanere seduto e semi-cosciente su quella poltrona.

— Sentivo che c'era qualcosa che non andava, tutto qui, —

— Tutto qui? — commentò lui, riprendendo la sua ultima espressione e ripetendola in modo quasi canzonatorio, — Se non fossi arrivata tu con le sirene accese probabilmente ci avresti trovati molto peggio di così, — asserì in tono severo, limitandosi poi a dare qualche colpo di tosse che gli costò non poche fitte allo stomaco che, a giudicare dalla sue espressione, doveva essere più o meno nelle stesse condizioni del suo viso.

— Nel mio laboratorio abbiamo tanto spazio dopotutto, ma preferirei non ritrovarti su uno di quei lettini, —

Lasciò cadere così la frase, portandosi una mano contro le labbra e scostando momentaneamente il proprio sguardo limpido dal volto di lui che, al contrario, non aveva mai smesso di accarezzare la sua pelle. Non vi era stato alcun errore di pronuncia in quella timida proposizione, ma solo una volta dopo averla esplicitata Jieun si era rese conto di aver utilizzato delle espressioni quantomai "scomode" al singolare. Era davvero preoccupata per Jungkook? Non avrebbe dovuto nemmeno osare vagheggiare tanto, ma solo il pensiero e la costante angoscia di vederlo commettere qualcosa di estremamente stupido o, peggio, dover eseguire un'autopsia su di lui erano immagini sufficienti per farle rigettare tutto quello che era riuscita a mettere nello stomaco durante il corso di quella giornata infinita.

— Ehi, ehi, guardami, — vedendola piegarsi leggermente in avanti stringendosi il basso ventre con entrambe le mani Jungkook fu accanto a lei in un attimo, — Ci vuole più di qualche pugno ben assestato per mettermi in ginocchio non trovi? — le comunicò poi con quel suo solito fare baldanzoso, cercando allo stesso tempo di sorreggerla con il braccio non insanguinato, aiutandola poi a rimettersi in piedi con la dovuta premura.

Si scambiarono un'occhiata complice per la prima volta dopo anni e, nonostante il soqquadro e i dolori lancinanti allo sterno dell'uno e la folle paura dell'altra, i due si ritrovarono a sorridere di quella battuta innocente come se fossero stati i protagonisti colti in fallo davanti ad un bello scherzo. Un momento di distensione che non durò più di una manciata di istanti, il tempo necessario a Jieun per farle riprendere fiato e farsi più vicina al volto sofferente del ragazzo.

— Jungkook io-, — si schiarì la voce, ma decise di mantenere un tono volutamente basso per evitare che le sue parole si perpetrassero tra le pareti ed i muri dello studio, — Hanno trovato il corpo dell'uomo che ha cercato di aggredirmi quella sera fuori da tuo locale, —

Trovò così il coraggio per sollevare il proprio sguardo verso di lui, notando solo allora di quanto lui le si fosse fatto vicino ed il suo profumo fosse tornato ad inebriare prepotentemente i suoi sensi.

— Jieun ti giuro su dio che non-, —

— Lo so, ma ho paura che qualcuno, chiunque ti abbia fatto questo stia cercando di incastrarti, —

Pronunciò quelle parole tutto d'un fiato e, come se il suo corpo fosse stato controllato da una forza superiore a quella più logica e razionale del cervello, le sue mani si permisero di poggiarsi sulle ampie spalle di Jungkook per poi scendere, parola dopo parola, lungo quelle braccia più o meno tatuate, fino a raggiungere la ripugnante ferita a forma di V impressa come un marchio di fabbrica sul polso martoriato del ragazzo. Voltando le spalle alla porta d'ingresso dell'ufficio, Jieun allentò la presa sul polso di Jungkook solo per poter appoggiare la propria fronte sul petto di lui, rimanendo in tacito ascolto dei battiti del suo cuore, all'apparenza così tranquilli e rilassati da riuscire a placare anche i suoi.

In quell'unico momento di debolezza, Jieun non potè però rendersi conto del passaggio di Taehyung alle sue spalle, scortato da due infermieri verso l'uscita del locale su uno scomodo lettino, ed anche ogni intento del giovane figlio del procuratore di richiamare a sè l'attenzione della ragazza venne bloccato dalle inflessibili direttive di Seokjin. Il medico infatti si era catapultato sul luogo dell'incidente poco dopo l'arrivo di Jieun e lì si era immediatamente dato da fare per impartire le giuste direttive per aiutare a sgombrare il prima possibile l'area interessata e lasciare quindi spazio alle indagini. Senza aggiungere parole di troppo o inutili convenevoli, il medico della centrale di Seoul si era avvicinato a Jungkook, per appurare con i propri occhi la gravità del suo stato di salute.

— Portiamo anche questo giovanotto a fare un controllo, — ordinò Jin ad alta voce in direzione di altri due volontari che si fecero quindi a loro volta largo all'interno del piccolo studio per aiutare Jungkook ad accomodarsi su una branda che poi trascinarono fuori da quel locale completamente a soqquadro, lasciando ancora una volta Jieun in quell'ufficio buio e completamente in disordine.

Seokjin li seguì poco dopo, appoggiando la sua grande mano sulla spalla della ragazza e ringraziandola quindi a bassa voce per il suo tempestivo intervento, avendo intuito forse più di chiunque altro l'importanza di quel suo pronto, per quanto azzardato, soccorso. Il giovane medico proseguì così la sua camminata verso l'uscita dell'ufficio del proprietario di quello studio di tatuaggi solo per poter fornire nuove disposizioni al corpo di infermieri che era intervenuto in soccorso dei feriti sul luogo dell'accaduto. Ma proprio mentre stava per raggiungere l'ambulanza, Seokjin fu costretto ad indietreggiare nuovamente di qualche passo, bloccando l'ingresso del locale all'unica persona che, in quel momento, non sarebbe stata di alcun aiuto né a lui né a Jieun.

— Se non fosse arrivata lei avrei avuto tre cadaveri a cui badare in laboratorio oggi senza che nessuno potesse pagarmi gli straordinari, — disse in tono distaccato e particolarmente freddo non avendo alcuna paura di fissare il proprio interlocutore negli occhi, — Quindi Namjoon vedi di non fare scenate e ringrazia dio o in chiunque tu creda per l'intervento tempestivo di tua sorella, — lo intimò poi, prima di convincerlo con il solo movimento del capo ad allontanarsi dall'ingresso del Black Ink e lasciare che Jieun rimanesse da sola tra quelle pareti ormai impregnate di fumo, sangue, sudore e tante - forse fin troppe - lacrime.







 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

ok questo capitolo è un casino, lo so. è solo che mi riesce difficile non provare ad inserire il subbuglio di sentimenti a cui sono in balia i personaggi quando scoprono questa o quell'altra cosa. quindi, per quanto io stia scrivendo in terza persona, non ho potuto fare a meno di provare ad immaginare cosa stia accadendo nella testa di jieun davanti a tutti questi fatti di cui, volente o nolente, è in parte vittima e protagonista.

la scoperta del cadavere di quell'uomo che l'ha aggredita, il fatto che non ci sia la V sul polso e che quindi fa presumere che possa addirittura essere stato jungkook. poi lei che non vorrebbe crederci, ma il suo istinto da detective non può fare a meno di pensarci.. e poi quello strano presentimento, la vista del suo ragazzo steso a terra con una pallottola a perforargli la spalla e un nuovo incontro con jungkook da cui, ancora una volta, sembra che sia jieun ad esserne uscita sconfitta. sconfitta da un sentimento che la porta a ragionare col cuore più che con la testa.

che conseguenze avrà tutto questo? eh, eh, eh, sto preparando (con molta, mooooltissima calma) i prossimi capitoli, quindi abbiate pazienza con me (e con questo dramma lol)

vi bacio, vi abbraccio e vi attendo alla prossima!

「bvb」

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Capitolo 11
*** [11] ***


 
BLACK INK.

 

[11]
 




Un vaso di meravigliosi garofani bianchi era stato disposto sul comodino accanto all'ampia finestra della stanza d'ospedale, consentendo a quei fiori delicati di godere appieno della piacevole luce solare che ancora per poco avrebbe continuato a filtrare attraverso le tende, di tanto in tanto scostate da una brezza leggera.

— Come stai? —

Quella che avrebbe potuto tranquillamente essere la domanda più banale del mondo si originò in modo così spontaneo dalle labbra di Jieun da non riuscire a passare inosservata, soprattutto non alle orecchie di colui che, ormai da un paio di giorni, aveva reso propria quella lussuosa camera d'ospedale. La ragazza che l'aveva pronunciata si avvicinò cosi al bordo del letto su cui Taehyung giaceva supino solo dopo aver irrorato con la dovuta attenzione i petali di quegli incantevoli fiori, prendendo poi posto accanto a lui senza aggiungere altro, aspettando solo di sentirlo rispondere a quella sua innocente domanda. Jieun iniziò così ad accarezzare delicatamente le dita sottili e le nocche ben in vista della mano destra del ragazzo, chiusa a pugno sul lenzuolo del letto mentre, dalla spalla sinistra, una vistosa fasciatura ricopriva il suo intero braccio fino ad arrivare al polso, immobile e fermo proprio all'altezza dell'ombelico.

— Come avrai notato, non sono molto bravo come agente sotto copertura, — si lasciò sfuggire lui senza rancore, cercando al tempo stesso di schiudere le proprie labbra in un timido sorriso per farle sembrare che stesse andando tutto bene, ricredendosi esattamente nell'istante successivo, quando una fitta lancinante gli attraversò la spalla, costringendolo a mutare quel finto sorriso in una patetica smorfia di dolore.

— Non dirlo nemmeno per scherzo Tae, — cercò di metterlo a tacere Jieun, rimboccandogli dolcemente il candido lenzuolo sopra il petto, — Sei l'uomo più coraggioso che conosca e io-, —

— Non è vero, se Jungkook non avesse richiamato l'attenzione dei nostri aggressori quel colpo sarebbe andato a segno, — la interruppe lui ancora una volta, portando la sua unica mano libera su quella di lei, invitandola così ad interrompere ogni sua azione quasi materna per prestargli il dovuto ascolto, — E non sulla mia spalla, — aggiunse poi in tono fermo e distaccato, ottenendo però come unico risultato quello di far raggelare il sangue nelle vene della giovane Jieun. 
Solo l'idea che quel colpo di pistola sarebbe potuto andare a segno pochi millimetri al di sotto della clavicola sinistra di Taehyung fu un pensiero troppo orrendo e spietato da poter sostenere, persino per un medico come lei, abituato a immagini ben più forti.

— Quindi, al momento, l'uomo più coraggioso che conosci non sono certo io, — proseguì nel suo discorso il giovane procuratore. Sdraiato in quel letto stretto e particolarmente scomodo, Taehyung si concesse giusto il tempo di prendere un profondo respiro prima di trovare il coraggio per distogliere lo sguardo dal volto pallido e addolorato della ragazza ancora seduta ed immobile accanto a lui per rivolgerlo piuttosto verso la meravigliosa composizione floreale disposta sul comodino, nel vano tentativo di sentirsi in qualche modo sollevato.

— Ti prego non aggiungere altro, ora devi solo pensare a riposare, — fu quindi lei a tentare di sviare quel discorso che stava diventando sempre più ostico e complicato da gestire, ritrovandosi però ad abbassare a propria volta lo sguardo a quelle sue dure constatazioni per tornare a concentrare ogni energia che le era rimasta nel tentativo di scaldare quella mano fredda, stretta ancora nella sua.

Non le erano mai andati troppo a genio i silenzi. Che fossero di pochi istanti o estremamente lunghi e prolungati, il non riuscire ad avvertire alcun suono nella sua testa rimbombava come la più assordante delle urla. Ed era qualcosa di davvero insostenibile.

— Io ti amo Jieun, — per questo fu grata a Taehyung quando fu in grado di percepire la sua voce tornare a solleticarle le orecchie, con parole non certo di non secondaria importanza, — Ma non posso non accorgermi del modo in cui lo guardi, — lo sentì proseguire nel suo tortuoso ragionamento solo un istante più tardi, ma senza riuscire a guardarla negli occhi.

A quella frase, pronunciata con insolito vigore, Jieun non potè fare altro che sollevare di scatto i propri occhi, presa completamente alla sprovvista per quelle parole che le avevano provocato un acceleramento inconsueto dei battiti e per due motivazioni diametralmente opposte. Se da un lato infatti vi era la certezza di aver sentito Taehyung rimarcare con decisione il suo amore per lei (cosa che, a dirla tutta, non accadeva da forse troppo tempo), dall'altra all'interno del suo petto stava crescendo il più cieco terrore per dove e su chi quella conversazione avrebbe potuto portarli. 

Era vero, il caso e le indagini avevano riaperto una ferita profonda che Jieun credeva di essere stata capace di ricucire nel corso degli anni e che invece - a suo malgrado - si era nuovamente infettata, tornando a bruciare più forte di prima. Inarcò quindi un sopracciglio, chiedendosi per quale assurda ragione ancora Taehyung si stesse incaponendo su un argomento su cui era impossibile fare chiarezza in un letto d'ospedale, invece che pensare solo a rimettersi alla svelta e tornare da lei.

— Un tempo guardavi così anche me, — lo udì ammettere nuovamente dal nulla, come se non ci fosse alcun antidolorifico che potesse mettere un freno e controllare il flusso delle sue riflessioni, — E questo pensiero è così doloroso che non riesco a respirare, — asserì poco prima di portare la mano che la ragazza stava stringendo tra le sue a sfiorare la pesante fasciatura posta lungo il suo braccio sinistro. Jieun poteva non esserne ancora perfettamente consapevole, ma la ferita che si era aperta nel cuore di Taehyung faceva comunque molto più male che non quella che gli aveva squarciato una spalla.

— Non dire sciocchezze, — provò a placare quella scia devastante di pensieri lei, facendosi ancora più vicina alla sponda del letto, — Quando ti ho visto steso a terra io-, —

Si morse il labbro Jieun, con una violenza tale che si stupì di non vederlo sanguinare come, del resto, stava già facendo il suo cuore. Le parole di Taehyung l'avevano colta impreparata ed erano riuscite a ferirla, ma non per la durezza con cui erano state pronunciate, bensì per la cruda realtà che quelle poche frasi avevano portato con sè, facendo riaffiorare in lei una serie di sentimenti contrastanti che lei stessa credeva di essere riuscita finalmente a soffocare.

— Signorina Kim, l'orario delle visite è terminato, —

Una giovane infermiera sporse il proprio capo sulla porta della stanza, avvisando Jieun del fatto che non avrebbe potuto trattenersi ulteriormente per provare a sviscerare con maggiore calma quell'argomento che, in fondo, toccava entrambi nel profondo dei loro animi da tempo ormai irrequieti.

— Mi dia un minuto, la prego, — la avvisò solamente, voltandosi solo per ricevere in cambio un gentile gesto di assenso da parte di quella giovane donna che poi richiuse delicatamente la porta alle sue spalle, lasciando ancora una volta i due ragazzi da soli l'uno di fronte all'altra ad affrontare i loro stessi demoni.

— Kim Taehyung tu non hai idea di come tu abbia cambiato la mia vita, — si schiarì la voce prima di parlare, perchè sapeva che lui le avrebbe creduto solo se fosse stata realmente sincera nelle parole e nei toni, — Incontrarti al White Wall è stata seriamente una delle cose più assurde e meravigliose che mi siano capitate negli ultimi cinque anni, — ammise infine, alzandosi così dalla sedia posta accanto al letto del giovane figlio del procuratore solo per poter avvicinare il proprio viso a quello di Taehyung e donargli un delicato bacio a fior di labbra, tornando ad accarezzare le sue gote, leggermente meno piene di quanto ricordasse.

— Quindi ti prego, non dire mai più una cosa del genere, —

Credeva davvero ad ogni singola sillaba che si era ritrovata a pronunciare. Nessuno l'aveva costretta a dire quelle cose, eppure vedere Taehyung ridotto in quello stato, addolorato non tanto per essere stato colpito quasi in pieno petto da una pallottola, ma per il suo comportamento a tratti davvero distaccato aveva scatenato in lei la ferrea volontà di dimostrargli l'esatto opposto. Certo, ci sarebbero volute molto più di qualche frase sussurrata davanti ad un letto d'ospedale, ma Kim Jieun era più che mai intenzionata a riacquistare la fiducia di colui che, dopotutto, le era sempre stato accanto. Un ragazzo che non le aveva mai fatto mancare nulla, soprattutto dal punto di vista affettivo, lato in cui lei - dopo quella amara ma sincera conversazione - aveva compreso di avere ancora delle gravi mancanze su cui dover lavorare.

Si sollevò lentamente dallo sgabello che fino a quel momento le aveva permesso di rimanere accanto al suo ragazzo, avviandosi poi senza fretta verso la porta di uscita, la testa bassa e la mente ancora intenta e concentrata a rielaborare tutto questo flusso sconclusionato di pensieri. Si bloccò solo una volta dopo essere arrivata sulla soglia, frenata ancora una volta a causa della voce bassa e profonda di Taehyung che riecheggiò violenta tra le pareti di quella lussuosa stanza d'ospedale.

— Jieun? — il ragazzo sul lettino pronunciò il suo nome a fatica, certo che l'effetto dell'antidolorifico stesse ormai per scemare definitivamente. Ma questo suo tono supplichevole su sufficiente per far si che lei tornasse a rivolgere il proprio volto nella sua direzione, seguendo il richiamo di quella voce bassa e leggermente roca. I loro sguardi si incrociarono così per un altro istante, il tempo necessario al ragazzo dai folti capelli castani di prendere un nuovo e più lungo respiro.

— Grazie, — aggiunse solamente, un nuovo e più ampio sorriso a fare da cornice a quella semplice ma preziosissima parola che Jieun scelse di custodire nel proprio cuore anche una volta dopo aver chiuso la porta di quella stanza dietro di sè ed appoggiando poi la schiena, le spalle e la testa contro lo stipite di legno della stessa, socchiudendo momentaneamente gli occhi.

— Stai infrangendo deliberatamente la legge dell'orario delle visite, —

Occhi che fu costretta a riaprire immediatamente quando, a pochi passi da lei, non la ragazza non vide materializzarsi quasi come per magia la figura alta e statuaria di Jung Hoseok che, date le buste che aveva con sè, sembrava fosse pronto a trascorrere l'intera nottata su quel piano.

— Hobi, cosa ci fai qui? — chiese ingenuamente, pur sapendo bene quale sarebbe stata la risposta del ragazzo che, sempre con quel suo solito sorriso ad incorniciare il suo viso perennemente calmo e sereno, aveva iniziato a sbucciarsi allegramente una banana.

— Beh adesso che Taehyung è stato ferito serve che qualcuno tenga d'occhio la sua stanza mentre è in ospedale, — le confidò senza troppi problemi il capitano di una delle squadre di polizia della centrale di Seoul con la bocca piena e semi-impastata, tornando a mordere quel morbido frutto, non aspettandosi certo un qualche tipo di rimprovero da parte di Jieun che, al contrario, decise di lasciare lo stipite di quella pesante porta per farsi più vicina al suo migliore amico.

— Potrei fermarmi io, — avanzò la sua proposta azzardata senza troppi giri di parole, pur sapendo che Hoseok non si sarebbe mai lasciato convincere.

— Direi che in questi giorni tu abbia già fatto abbastanza, adesso vai a casa e riposati, il tuo principino è al sicuro con me, — la rassicurò dolcemente, mostrandole un sorriso ampio e mostrandole poi con fierezza la sua bocca impastata ancora dei resti di quella banana.

— Aspetta, se tu sei qui vuol dire che metteranno qualcuno anche a sorvegliare il Black Ink? —

Quella domanda uscì dalla sua bocca come un fulmine a ciel sereno. In fondo questo poteva tranquillamente rientrare nelle sue innate doti da detective alle prime armi ma pur sempre curiosa ed instancabile. Nemmeno Hoseok questa volta riuscì ad esimersi da una sonora risata che riecheggiò lungo il corridoio, a quell'ora per fortuna quasi completamente vuoto.

— Mi sorprende che tu non me l'abbia chiesto prima, — ammiccò bonariamente nella sua direzione, — Ma credo che in fondo tu sappia già il nome di chi si è offerto immediatamente volontario, —

— Namjoon, —

Non dovette nemmeno attendere che Hobi muovesse il proprio capo per assentire alla sua ipotesi, perchè non ce ne fu bisogno. Jieun avanzò di qualche passo, lasciandosi andare poi su una delle tante sedie vuote presenti lungo il corridoio di quell'area dell'ospedale, aspettando solo che Hoseok prendesse posto accanto a lei, appoggiando le sue buste straboccanti di cibo e schifezze sul pavimento lucido.

— Per quanto tempo pensi che Namjoon e Jungkook continueranno ad odiarsi? —

— Mi stai davvero chiedendo di darti una risposta seria Jieun? —

— Se ti fosse possibile, si, —

Lo osservò appoggiare la testa contro la parete bianca dietro le loro spalle e poi alzare gli occhi verso l'alto, assumendo tutto ad un tratto un'espressione corrucciata. Non aveva fretta di ottenere da lui una risposta, voleva solo che fosse il più sincero e realistico possibile, giusto per non darle false speranze o per alimentare le sue aspettative.

— Secondo me tuo fratello non smetterà di odiare Jungkook fino a quando tu non farai chiarezza con te stessa e con i tuoi reali sentimenti, — lo sentì asserire in tono davvero molto serio, quasi come se davvero non stesse fingendo o dicendo cose estremamente politically correct solo per farle un favore.

Questo però non la esonerò dal rivolgergli lo sguardo più interrogativo che Hoseok le avesse mai visto dipingersi sul volto. Il che lo costrinse, in qualche modo e soprattutto senza dover utilizzare altre parole, a tentare di spiegarsi meglio.

— Per Namjoon tu sei la persona più importante del mondo e mi sembra quasi banale dirlo ma, in fondo, lui vuole solo il tuo bene e quindi mi pare altrettanto ovvio che vederti con Taehyung lo tranquillizza, cosa che non si può dire quando invece sei con Jungkook, — proseguì dunque il ragazzo da capelli corvini sporgendosi con il busto in avanti solo per poter appoggiare i propri avambracci sulle sue cosce e congiungere entrambe le mani come in un gesto di preghiera.

Dal canto suo Jieun si limitò invece ad accavallare momentaneamente le gambe, posizione che aveva sempre considerato estremamente scomoda, ma che si ritrovava comunque ad assumere ogni volta che doveva sforzarsi di mantenere la mente concentrata per seguire i discorsi contorti e bizzarri del suo miglior amico.

— Ma non è questo il punto, — fece lui ad un tratto, schiarendosi un poco la voce e tornando poi a rivolgere il proprio sguardo verso quello impassibile della ragazza che, accanto a lui, sembrava addirittura aver diminuito il rumore dei suoi respiri per evitare di creare disturbo durante il suo discorso, — Il punto è, tu Kim Jieun, con chi vuoi stare? Sei davvero felice con Taehyung o vorresti non aver mai lasciato Jungkook? —

— Perchè mi stai dicendo tutto questo? —

La domanda sorse spontanea in Jieun. Si originò lì, al centro del suo petto, più che all'interno della sua mente e forse fu proprio questo il motivo per cui le fu impossibile riuscire a trattenersi. Ricambiò lo sguardo di Hoseok con aria seria ma comunque distesa, perchè era abbastanza sicura che qualunque spiegazione lui le avesse fornito, questa sarebbe stata sufficiente per farle tornare il sorriso o - quantomeno - avrebbe comunque scacciato per un pò i suoi pensieri più cupi.

— Perchè sono il tuo miglior amico e se non te le dico io certe cose non lo farà nessun altro, — fu tutto ciò che Hobi dovette rispondere, prima di portare una delle sue mani bollenti a contatto con la gamba nuda della ragazza, scoperta a causa di un paio di jeans scuciti proprio all'altezza del ginocchio, — Jieun, quello che stai costruendo con Taehyung non è uno scherzo.. Lui ti ama davvero e credo che il suo amore debba essere ricambiato, ma per farlo serve che anche tu lo voglia davvero, lo senta davvero, —

— Dimmi la verità, tu vuoi aumentare il mio debito con altre serate al karaoke, non è così? —

Ed eccoli di nuovo lì, Jung Hoseok e Kim Jieun, non nelle vesti di due giovani adulti, un poliziotto e un medico legale alle prese con un pericoloso caso da risolvere, ma come due buoni e vecchi amici pronti a scambiarsi consigli sinceri, anche se il un corridoio d'ospedale. Lui le sorrise delicatamente, come se non volesse spezzare tutto d'un tratto quella piacevole atmosfera che si era creata tra loro. Poi si mise a frugare in una delle due borse che aveva portato con sè dal kombini più vicino all'ospedale che era riuscito a trovare giostrandosi con svariate indicazioni fornitegli da alcune mappe del telefono. Ne estrasse un brick di succo all'arancia che porse a Jieun sempre con quel suo sorriso aperto, aspettando solo che lei lo accettasse.

— Aggiungi pure consumazioni illimitate e siamo pari, — aggiunse poi in ultima istanza facendole un occhiolino furbo, osservandola non senza un pizzico di orgoglio aprire quel contenitore e iniziare a sorseggiare contenta quella fresca bevanda, — Ora però corri a casa, — le suggerì poi, facendole cenno di muoversi con la stessa mano con cui, poco prima, le aveva donato il suo succo.

E continuò ad avere gli occhi puntati su di lei fino a quando Jieun non decise che forse era davvero arrivato il momento di alzarsi e tornare a casa. La osservò quindi alzarsi lentamente da quella sedia scomoda che li aveva visti disquisire fino a pochi istanti prima per poi raccogliere da terra la sua borsa e gettare quel contenitore ormai vuoto nel cestino adiacente. Gli sorrise Kim Jieun, pensando a cosa poter dire per ricambiare quell'affetto totalmente incondizionato. C'erano parecchie cose che avrebbe voluto dirgli, per cui avrebbe dovuto ringraziarlo, che avrebbe tanto voluto fargli sapere.

Eppure, una volta in piedi di fronte a lui, la giovane detective non riuscì a trovare parole migliori di quelle che, in effetti, presero naturalmente forma dalle sue labbra.

— Hobi, cosa farei senza di te? 

Lui le sorrise ancora una volta, guardandola allontanarsi trascinando quelle gambe stanche e pesanti verso la prima ascensore libera del piano, salutandolo con la mano prima di sparire all'interno di quella porta. Poi, quando ormai le parole dolci di Jieun furono solo un ricordo ormai lontano, lo sguardo del giovane poliziotto si fece improvvisamente più cupo e il sorriso di poco prima lasciò definitivamente le sue labbra.

Solo allora Jung Hoseok decise di alzarsi a propria volta, incamminandosi verso la porta della stanza di Taehyung. Gli bastò bussare un paio di volte prima di ricevere indicazioni precise da parte dell'ospite all'interno della camera. Si sistemò solamente il colletto della sua inseparabile divisa blu per poi mettersi a frugare all'interno della tasca del suo giubbotto, estraendone quindi una piccola busta bianca che strinse con forza tra le mani prima di spalancare la porta davanti a sè ed entrare quindi nella stanza dove, sapeva, Taehyung lo stava aspettando già da un pò.

Cosa avrebbe fatto Jieun senza di lui?

Probabilmente, si ritrovò a pensare il giovane poliziotto avvicinandosi al lettino di colui che - dopotutto - rimaneva un suo superiore, avrebbe avuto una persona di merda in meno nella sua vita. Perchè, anche se era tutta sua intenzione metterla al corrente di tante informazioni, fatti e storie intorno al caso su cui da mesi stava lavorando proprio insieme a Taehyung, Hoseok era altresì convinto che - proprio per tenerla al sicuro - avrebbe dovuto conservare e mantenere per sè tutto quello che fino ad ora era riuscito a scoprire. 

Ancora un pò, solo per un altro pò.

Per il bene di tutti.

 


 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

dunque, dunque, dunque.. dove ci eravamo lasciati? 

ah si, alla sparatoria/aggressione al black ink. e questo è il risultato: tae in ospedale che ha molto tempo (evidentemente) per riflettere sulla sua relazione con jieun; lei che invece sembra aver riaperto una ferita molto più profonda di quanto si aspettasse e poi la sua successiva conversazione con hoseok che, nel tentativo di tirarle su il morale, comunque non si esime dall'utilizzare espressioni severe. jieun deve capire con chi vuole stare, per chi tra tae e jungkook prova davvero qualcosa (o per cui non ha mai smesso di avere dei sentimenti).

il finale è un pò così, lo so.. però hobi che mantiene dei segreti è qualcosa di assolutamente thrilling e quindi dovevo trovare il modo di inserirlo in una fanfiction ;) ;) ;)

che conseguenze avrà tutto questo? dai dai che forse tra qualche capitolo vi svelo tutto (lol)

nel frattempo però vi bacio, vi abbraccio e vi attendo alla prossima!

bvb

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Capitolo 12
*** [12] ***


 
BLACK INK.

 

[12]

 
 

"Stasera. Alle otto. Passo a prenderti dopo il lavoro"

Le era bastato un messaggio di due righe. Poche e semplici frasi, senza troppi giri di parole, categoriche in un certo senso e - ovviamente - senza alcuna possibilità di declinare l'invito. Era stato però così che le labbra di Jieun si erano schiuse in uno splendido sorriso, il cellulare ancora tra le mani e gli occhi più luminosi di quel piccolo schermo piatto che era riuscito a scatenare in lei un improvviso senso di euforia. Si alzò dal letto su cui era rimasta sdraiata in posizione supina per ben più di mezz'ora solo per prendersi ancora qualche secondo per rimirare le poche  e concise parole di quel messaggio ed appoggiare poi distrattamente il suo smartphone nell'angolo più remoto del comodino, sgattaiolando a piedi nudi verso il bagno.

Era eccitata, non vi era altra parola per descrivere al meglio il suo stato d'animo che nemmeno il getto d'acqua proveniente dallo spruzzino mezzo arrugginito della doccia era riuscito a sbollire. Ma era anche nervosa, tremendamente nervosa. Avrebbe potuto capirlo chiunque, anche quelle piccole gocce d'acqua che poco dopo avevano iniziato a comparire sullo specchio del bagno per il troppo vapore accumulato all'interno di quella stanza che Jieun aveva praticamente reso l'equivalente di una sauna.

Era trascorso quasi un mese dall'incidente al Black Ink. Quasi trenta giorni in cui la giovane detective aveva deciso di staccare la spina da tutti quegli strani ed inquietanti eventi che l'avevano vista protagonista fino a quel momento per concentrarsi solo ed esclusivamente su sè stessa e sulla sua vita privata. Non era stato un iter particolarmente complesso, Taehyung aveva solo dovuto apporre una firma in fondo al documento di richiesta ufficiale, ma ottenere ben tre settimane di congedo dall'ufficio le aveva permesso di riscoprire il suo amore per il pilates, le passeggiate all'aria aperta di prima mattina e la lettura di un buon libro, spesso accompagnato da una capiente tazza di tè fumante. 

Non aveva più avuto alcun contatto con i ragazzi del Black Ink o con Jungkook in particolare, e non era intenzionata ad averne di nuovi nel breve termine. In quelle settimane di "pausa" Jieun aveva infatti scelto di trascorrere la maggior parte del proprio tempo accanto a Taehyung, aiutandolo prima, durante e dopo il suo veloce percorso di riabilitazione. Era stato proprio lui il mandante del messaggio che era riuscito a provocare in Jieun quella reazione euforica;  sempre lui che, quella sera, sarebbe venuto a prenderla per portarla ad un importante evento della sua famiglia.

Jieun uscì dalla vasca senza fretta, avvolgendo poi il proprio corpo all'interno di un morbido accappatoio. Si avvicinò quindi allo specchio, cercando in qualche modo di eliminare le tracce dell'umidità che si era creata nella stanza e per cui, ne era certa, avrebbe seriamente rischiato il linciaggio da parte di Namjoon. Solo allora si ritrovò ad osservare il proprio volto riflesso in quella superficie rotonda, un'azione che non le capitava di compiere da un bel pò di tempo. Il calore del bagno aveva reso le sue gote più rosee e la sua pelle più lucida mentre i suoi lunghi capelli color miele erano ancora impregnati di acqua che, di tanto in tanto, ricadeva sotto forma di piccole gocce dietro le sue spalle, percorrendole la schiena. Che fosse una ragazza stupenda nessuno avrebbe mai avuto qualcosa da ridire, eppure Kim Jieun non si sentiva tale. Anzi, più secondi trascorreva davanti a quel riflesso, più era portata a chiedersi cosa ci trovasse di tanto speciale in lei un tipo aitante come Taehyung che, ad onor del vero, avrebbe davvero potuto conquistare qualsiasi tipo di modella, attrice o idol di prima categoria solo con uno sguardo. Ad un certo punto quei pensieri divennero così insostenibili che Jieun fu costretta ad uscire dal bagno boccheggiando, portando con sè la fedele trousse per cercare di rendersi maggiormente presentabile.

Forse avrebbe dovuto rifiutare quell'invito. Forse sarebbe stato meglio per lei non presentarsi puntuale come un orologio svizzero alle otto davanti alla porta di casa, lasciando lungo tutta la rampa di scale il profumo del suo balsamo per capelli e quella goccia di profumo che aveva sapientemente adagiato sul suo collo sottile. Forse avrebbe fatto una scelta migliore se avesse deciso di rimanere a casa a bere soju in pigiama davanti ad un drama qualunque invece di indossare un paio di tacchi che, a fine serata, sapeva già che avrebbe odiato con tutta se stessa. Eppure, come se il suo corpo fosse stato guidato da una forza sconosciuta, Kim Jieun attese l'arrivo dell'auto di Taehyung con quell'impazienza e agitazione degna del primo appuntamento, preferendo celare tutto quel velo di preoccupazione in un angolo ben nascosto al centro del suo petto. Sobbalzò leggermente quando avvertì il rumore secco delle ruote di una macchina parcheggiare proprio davanti al cancello di casa sua ed emise un respiro profondo prima di decidere di aprire il portone davanti a sè.

Era pronta a tutto quella sera, quantomai decisa a sopportare i noiosissimi discorsi tipici di quegli uomini d'affari di alta classe o a lasciare che le donne attorno a lei ridacchiassero in maniera sconsiderata dopo il primo bicchiere di vino. Avrebbe persino resistito alla tentazione di andarsene da quell'elegante soirèe molto prima di Cenerentola. Era davvero pronta a qualunque cosa, tranne che vedere Kim Taehyung presentarsi davanti a lei in un elegantissimo completo grigio, regalandole un dolcissimo inchino.

Le sembrò che fosse trascorsa una vita dall'ultima volta che lo aveva visto indossare i suoi abiti firmati e sempre così elegantemente coordinati, ma non le fu concesso nemmeno il tempo di rispondere a quell'inchino per cercare più che altro di nascondere il suo crescente imbarazzo: in un attimo Taehyung le si era fatto più vicino, circondandole la vita con un braccio e sollevandole poi il mento, avvicinandolo poi al suo volto sempre così attraente e, allo stesso tempo, dannatamente misterioso.

— Sei stupenda Jieun, — la precedette il ragazzo, lasciandosi sfuggire quell'unico commento, forse più provocante del solito, non potendo però fare altro che rimanere in adorazione quasi religiosa di Jieun che, al contrario, si limitò invece ad abbassare lo sguardo, colta in fallo solo per aver pensato la stessa identica cosa di lui senza aver però trovato il modo e le parole giuste per potersi esprimere cercando di mantenere un certo autocontrollo.

— Ti prego non guardarmi così, —

— Il mio sguardo ti mette a disagio? — la provocò una volta ancora Taehyung, le labbra piacevolmente distese, avvicinandosi a lei solo per inebriarle la mente con quel profumo per cui Jieun aveva perso la testa fin dalla prima volta che lo aveva avvertito solleticarle la pelle.

— Si, direi di si, — non riuscì proprio a mentirgli, mordendosi le labbra per cercare comunque di mantenere un tono serio e un'espressione quanto più composta possibile anche di fronte a quella voce bassa e suadente che aveva percepito farsi sempre più bassa e roca, arrivando a  sfiorarle le guance leggermente truccate. Pur sapendo bene quanto il suo ragazzo fosse bravo in questo tipo di "giochi", in quel momento persino una ragazza spigliata e loquace come lei era troppo nervosa per sottostare alle sue regole.

— Bene, perchè non ho intenzione di toglierti gli occhi di dosso per tutta la sera, —

Nonostante quindi tutti i suoi vari tentativi di distrarsi, nulla aveva impedito a Taehyung di proseguire nel suo intento provocatorio nei confronti di Jieun. Poi però, come tutti i migliori principi delle fiabe, la sua espressione era mutata da seria e provocante a rilassata e decisamente più distesa: si chinò quindi verso di lei offrendole il proprio braccio per aiutarla a non inciampare drammaticamente lungo la strada che dal portone di casa Kim conduceva ad una brillante limousine nera, al di fuori della quale, pronto ad attenderli e a far loro spazio, vi era un autista dall'espressione quasi divertita.

Jieun cercò di scacciare dalla sua mente il pensiero di quanto si sentisse maledettamente fuori luogo in quel tubino nero che le arrivava fino alle ginocchia e che, tuttavia, malgrado tutti i suoi più svariati tentativi, non le stava perfettamente aderente. Ricordò solo allora di averlo comprato qualche tempo prima in un negozio online in saldo al 40%, ma - nonostante non le calzasse perfettamente - proprio non se l'era sentita di chiedere il rimborso, forse per svogliatezza o più per mera pigrizia. Sapeva perfettamente che i soldi per Taehyung non erano mai stati un problema, ma non riusciva davvero a smettere di pensare che tutto ciò che aveva deciso di indossare quella sera non valesse probabilmente nemmeno come la camicia indossata dall'autista di quella lussuosa limousine. Si morse quindi il labbro, notando che Taehyung non aveva ancora distolto lo sguardo da lei, esattamente come si era preposto di fare. Ma fu solo in quel momento che Jieun si accorse che la mano destra del ragazzo si era spostata rapidamente verso la spalla opposta, cominciando a massaggiare quella parte con delicatezza ed apprensione, cercando per quanto possibile di non darlo a vedere.

— Stai prendendo gli antidolorifici? — quel suo gesto improvviso diede così a Jieun la possibilità di cambiare completamente argomento e di spostare l'attenzione su di lui, permettendole di rivolgere il proprio sguardo nella direzione in cui, sapeva, Taehyung aveva ancora un'importante fasciatura a coprirgli parte della spalla destra, motivo che - tra l'altro - da un mese a quella parte lo aveva costretto ad indossare le proprie giacche e cappotti appoggiandoli sulle spalle, contribuendo solamente ad alimentare il proprio fascino e a suscitare invidia in ogni individuo che rimaneva impassibile ad osservarlo camminare per le strade sempre gremite della capitale coreana.

— Jieun sto bene, davvero, — la rassicurò il giovane baciandola sulla fronte prima di aprire la portiera della limousine al posto dell'autista, a cui invece fece cenno di salire a bordo, — Non dimenticare che questa serata è anche per te, — aggiunse subito dopo, chiudendo la porta dal lato della ragazza solo per riaprirla qualche istante dopo dalla parte opposta e salire a propria volta su quel lussuoso mezzo.

— Tae così non mi aiuti, — fece lei in una smorfia tra il drammatico e il sarcastico, avendo come unico effetto quello di scatenare in lui una risata limpida e rilassata.

— Sei bellissima Jieun, — le confessò dopo essersi ripreso, appoggiandole la sua mano calda sulla coscia per infonderle un pò di conforto, — Vedrai, farai colpo su tutti non ho dubbi, — concluse, prendendole poi il viso tra le mani e facendo avvicinare così le loro labbra, che si congiunsero quasi all'istante in un bacio intenso e profondo.

— Sei veramente un adulatore, — trovò la forza di sussurrare lei, il respiro spezzato dall'inarrestabile scia di baci e di attenzioni che Taehyung le stava regalando.

— Non è forse per questo che ti piaccio? — chiese lui retoricamente, prima di avvicinare ancora una volta le sue labbra a quelle della ragazza, coinvolgendola in un nuovo, bollente bacio, riuscendo così ad irretire i suoi sensi e finalmente allontanare dalla sua mente ogni tipo di tensione riguardo a quella che, in ogni caso, sarebbe stata una lunghissima serata.
 

• • • 
 

Da che avesse memoria, Kim Jieun non aveva mai mangiato delle ostriche. A dirla tutta, non ricordava nemmeno di averle mai viste in vita sua prima di allora. Si soffermò comunque solo per qualche istante quell'elegante tavolo del buffet ad osservare le conchiglie all'interno delle quali vi erano stati adagiati quei pregiati molluschi solo per poi corrugare il proprio volto in una impercettibile smorfia. Si allontanò così da quell'ampio tavolo, preferendo di gran lunga avvicinarsi al bancone del vino, dove cortesemente chiese che le venisse riempito il calice con dell'ottimo bianco frizzante, da sempre il suo preferito.

Aveva perso momentaneamente di vista il suo ragazzo, ma questo non aveva destato in lei alcuna preoccupazione: a dispetto di tutto ciò che si era prefigurata nella propria mente prima di arrivare alla festa organizzata dal padre di Taehyung per celebrare il suo settantesimo compleanno, tutto sommato Jieun si stava persino divertendo ad osservare i comportamenti delle persone che rientravano nella cosiddetta "alta classe" di Seoul. Il suo innato intuito da detective le aveva permesso di prevedere le risate isteriche e sguaiate di alcune donne, mogli o amanti di alcuni dei più illustri uomini d'affari della città, arrivati da ogni zona di Seoul per questa importante celebrazione. Aveva persino previsto che i suoi piedi cominciassero a chiedere pietà, anche se aveva stupidamente creduto di riuscire a sopportare quel dolore ancora per un pò. Invece, proprio per questo motivo, la giovane detective si vide quasi costretta a prendere posto in uno dei tavoli imbanditi e raffinatamente decorati disposti ordinatamente sulla terrazza esterna di quell'elegante sala per ricevimenti. Appoggiò il proprio calice sulla superficie del tavolo e, iniziando a massaggiarsi con una certa nonchalance la caviglia, Jieun non potè fare a meno di notare che, un paio di tavoli più in là rispetto al suo, una giovane coppia stava parlando forse un pò troppo allegramente e ad alta voce su come poter trascorrere il post-serata. Ma non furono le loro risate stridule e acute a catturare la sua attenzione, quando piuttosto un inconfondibile odore di tabacco estremamente ricercato che, per quanto si fosse sforzata, Jieun non avrebbe mai potuto associare a quella coppia di giovani amanti seduti a ridere e fumare all'esterno di quell'ampio balcone.

— E' tutto di suo gradimento? —

Da brava detective, Kim Jieun era davvero riuscita a prevedere parecchie cose relative a quella serata e ad evitare altrettanti momenti imbarazzanti come quello di essere circondata dalle donne della famiglia Kim senza poter fare affidamento sull'aiuto ed il sostegno di Taehyung, impegnato a parlare con chissà chi di chissà cosa

Perciò si voltò di scatto, rapita e risvegliata di soprassalto da quella domanda che giunse come un fulmine a ciel sereno alle sue spalle. In piedi davanti a lei ora vi era proprio l'unica persona con cui mai Jieun avrebbe creduto di riuscire ad avere a che fare ad un evento tanto sontuoso, soprattutto non nel bel mezzo di quegli ostentati festeggiamenti a lui dedicati. Di fronte allo sguardo ancora attonito di Kim Jieun si era invece materializzato quasi come per magia il procuratore capo della centrale di polizia di Seoul, nonché il padre di Taehyung.

— Procuratore Kim, — disse in tono sorpreso e trafelato lei, provando immediatamente ad alzarsi per porgli le dovute riverenze. Venne però bloccata in ogni suo più cortese e sentito intento proprio dalla mano sottile e scarna dell'anziano procuratore che, solo dopo aver dato un ultimo tiro alla sua lunga sigaretta decise di prendere posto proprio accanto a lei, utilizzando poi un posacenere di cristallo per spegnere ciò che era rimasto di quell'insolito cilindro di nicotina per evitare di doverlo gettare a terra e spegnerlo con la punta delle sue scarpe lucidissime, col rischio di rovinarne le suole.

Osservandolo compiere quei gesti senza alcuna fretta, Jieun ebbe così il tempo di rendersi conto che forse uscire senza giacca non era stata proprio la migliore delle idee ma era come se, dall'arrivo del signor Kim, la temperatura esterna fosse veramente scesa di almeno un paio di gradi. Nonostante tutto, Jieun cercò di rimanere calma e non esternare tutto il proprio disagio, almeno fino a quando non vide che anche la coppia che aveva scorto pomiciare poco prima sull'ampia terrazza sembrava averla lasciata da sola per rifugiarsi chissà dove.

— So che mio figlio tiene molto a lei, — sobbalzò impercettibilmente quando si sentì di nuovo chiamata in causa dall'anziano procuratore, — Mi chiedo solo se per lei valga lo stesso, —

— Come scusi? —

Non credeva che sarebbe riuscita a spiaccicare una sola parola davanti al volto austero del padre di Taehyung ma, almeno ai suoi occhi, quella frase sputata come una sentenza le era parsa solo una provocazione bella e buona. Una trappola forse, verso la quale però Jieun - con la sua retorica domanda - sembrava già aver fatto un ampio passo.

— Ho letto la sua cartella signorina Kim, — proseguì così senza alcuna fretta l'uomo, come se per tutta la sera non avesse aspettato che il momento propizio per avvicinarla e tenderle questo tipo agguato, — So che lei conosce e frequenta un uomo di nome Jeon Jungkook, —

Fin dove si era spinto il padre di Taehyung? Che dossier aveva tra le mani? Perchè si era esposto così per scoprire qualcosa su di lei che, in fondo, non era altro che una ragazza qualunque? Jieun alzò gli occhi al cielo, corrugando la fronte e serrando momentaneamente le labbra per evitare che la rabbia che sentiva montare nel suo petto come uno tsunami, unita a qualche bicchiere di vino, non la invitassero a lasciarsi sfuggire qualcosa di estremamente sconveniente, considerato il genere di serata a cui stava partecipando come invitata - di seconda categoria forse - ma pur sempre come invitata.

— E' stato tempo fa, — si limitò quindi a rispondere, cercando di eliminare il pensiero che dietro ogni azione e decisione della sua vita potesse davvero esserci l'eterna ed ampia ombra che portava il nome e le sembianze di Jeon Jungkook. Prese quindi il proprio calice tra mani leggermente tremanti, sorseggiandone il contenuto quasi dorato con estrema calma, per cercare di rilassare i suoi nervi e allo stesso tempo, provare a guadagnare terreno nei confronti di un uomo di cui era certa doveva ancora guadagnarsi la piena fiducia.

— Ma certo, capisco, — lo sentì ammettere in tono perfettamente calmo, — Però vede, non posso permettere che il nome di mio figlio venga macchiato dalla sua precedente relazione, —

— Macchiato? E' stato suo figlio ad approcciarmi in quel locale e, per la cronaca, Jungkook ed io ci siamo frequentati solo per un paio di mesi, ma forse questi particolari non compaiono nelle cartelle in cui ha rovistato, — esclamò la giovane detective, furente ma allo stesso tempo rinvigorita e piena di rinnovato coraggio.

Evidentemente quell'unico bicchiere di vino sembrava averle donato il meraviglioso potere di fregarsene di tutto ciò che stava accadendo intorno a lei e toglierle anche ogni tipo di possibile filtro davanti al padre del suo fidanzato. Se c'era una sola cosa che Jieun aveva ben compreso in quel suo mese di pausa dal lavoro appena trascorso era che non avrebbe più dovuto più rimanere in disparte e nascondersi dalla verità anzi, era tutta sua intenzione continuare a lottare per avere e fare giustizia. E per ottenere ciò, era pronta a tirare fuori gli artigli pur di difendersi da quelle accuse assurde e decisamente fuori luogo, anche e soprattutto considerato il contesto in cui il signor Kim si era permesso di sbattergliele in faccia, come se volesse solo prendersi gioco di ciò che era stata la sua vita prima del suo incontro con Taehyung.

Presto però la giovane detective dovette rendersi conto di aver fatto il passo più lungo della gamba: invece che notarlo rattristarsi o adirarsi, l'anziano procuratore allargò le proprie labbra regalandole un sorriso affabile, facendo così capire a Jieun di avere le sorti di quella partita invisibile nelle proprie mani. Kim Young infatti estrasse proprio dall'interno della sua elegante giacca nera una busta color panna che si permise di aprire solo per poter meglio gettarne il ricco contenuto sul tavolo in maniera a dir poco plateale.

— Che mi dice di queste? — aggiunse in tono di scherno, costringendo Jieun ad osservare tutte le foto che erano state sparse alla rinfusa sulla superficie di quel piccolo tavolo, — Mi pare siano foto piuttosto recenti, non trova? —

Nella decina di scatti che la ragazza riuscì a mettere a fuoco, due erano le figure che spiccavano sempre al centro dell'obbiettivo: lei e Jungkook, insieme. Erano stati ripresi all'ingresso del Black Ink in una fredda serata di pioggia e anche davanti al bancone del White Wall, intenti a sorseggiare del costoso soju. C'erano fotografie che avrebbero potuto tranquillamente incriminare Jungkook per aver commesso l'omicidio di quell'uomo che aveva cercato di aggredire Jieun fuori da quel locale, cosi come vi erano scatti che li avevano ripresi l'uno abbracciato all'altra, così vicini da rendere i loro profili pressoché indistinguibili.

— Mi sta facendo pedinare? — chiese Jieun ad un tratto, prima che una nuova richiesta di spiegazioni, più pungente e decisamente molto più inquietante non si fece largo nella sua mente, costringendola ad alzarsi di scatto dalla sedia per poi sporgersi col busto verso il volto contratto del procuratore Kim ed appoggiare le mani contro il perimetro del tavolo, stringendolo come nel tentativo di provare ad accartocciarlo insieme a tutte quelle fotografie, — Era lei anche quella sera al ristorante, quando ero insieme a suo figlio, non è vero? — la sua era stata una deduzione era così improvvisa e scioccante che prima di proseguire nel suo ragionamento Jieun si era vista costretta a prendere un più profondo respiro, — Sperava forse che dopo la cena mi sarei incontrata con Jungkook di nascosto? —

— La prego di fare attenzione a quello che sta cercando di insinuare signorina Kim, — le comunicò l'uomo che, a differenza sua, si era ancor più adagiato su quella comoda sedia all'esterno del salone del ricevimento, — O qualcuno potrebbe rimetterci, — dichiarò infine, sempre con quel sorriso che, nonostante Jieun provasse ribrezzo anche solo ad ammetterlo, era davvero molto simile a quello limpido e sereno di Taehyung.

— Di che parlate qui fuori? —

E, proprio come se solo richiamarlo alla mente fosse stato sufficiente a placare il suo stato d'animo, la ragazza provò solamente un gran sollievo quando udì proprio il tono allegro di Taehyung arrivare limpido alle sue orecchie, avendo come unico effetto quello di catalizzare l'attenzione di entrambi i presenti su quell'ampia terrazza. Si diresse quindi a passo veloce verso di lui e, all'improvviso, la giovane detective sentì come l'irrefrenabile bisogno di stringere quelle mani così grandi e calde che le avevano sempre regalato carezze e tranquillizzata nei momenti più difficili. Ci ripensò solo un istante più tardi, perchè non voleva cadere vittima delle provocazioni di suo padre, né tantomeno mostrarsi debole o impaurita e bisognosa di protezione, non davanti all'uomo che l'aveva appena minacciata. Per questo motivo decise di rimanere semplicemente accanto a Taehyung, non potendo però fare a meno di seguire con la coda dell'occhio i movimenti del più anziano dei Kim raccogliere tutto il suo materiale dal tavolo.

Il padre di Taehyung si incamminò così a passo lento verso l'ingresso del salone, fermandosi solo per un momento di fronte al proprio figlio, — Stavo solo facendo i complimenti alla signorina Kim per come ha saputo intervenire tempestivamente e salvarti la vita, sei stato fortunato questa volta figlio mio, — cercò quindi di spiegare, in tono più che mai calmo, il motivo che lo aveva spinto ad intrattenere quella breve chiacchierata con la giovane Jieun. Spiegazione alla quale, nonostante lo sguardo inquisitore della ragazza e le parole non certo rassicuranti, Taehyung decise ciecamente di credere, aspettando poi di vedere suo padre entrare prima di rivolgere tutte le proprie attenzioni verso di lei.

— Avevo paura che la festa ti avesse annoiato a tal punto da costringerti a chiamare un taxi e tornare a casa senza di me, — le confessò tutto d'un fiato, un ampio sorriso a fare capolino sul suo volto allegro prima di catturare le labbra morbide di Jieun, sulle quali ancora vi erano tracce di rossetto che Taehyung aveva tutta l'intenzione di rovinare entro la fine di quella serata.

— La prossima volta cercherò di nascondermi meglio allora, — si limitò a rispondergli lei con voce compiaciuta, ritrovandosi però a ricambiare quel bacio con relativo distacco, la mente ancora imprigionata nelle scene e alle parole di poco prima.

— Jieun senti, ci ho pensato a lungo, —

— Tae devo dirti una cosa, —

Le loro voci si sovrapposero all'unisono l'una con l'altra perchè, nell'unico momento di respiro dopo quel bacio, per entrambi era arrivato il momento di confessare all'altro qualcosa che non poteva essere più rimandato. E la cornice intorno a loro, il chiaro di luna, il cielo stellato e la vista sulla città illuminata di Seoul non potevano che fornire l'atmosfera perfetta, almeno per uno dei due.

— No aspetta, prima ascoltami, — la anticipò Taehyung, portando il suo dito indice contro le labbra della ragazza che si vide quindi costretta a cedere per prima, — La mia casa è grande e non è la prima volta che ti fermi durante i weekend, — proseguì poco dopo con il cuore in gola, circondando delicatamente la vita di Jieun con entrambe le braccia e prendendosi poi il tempo necessario per studiare con cura ogni minimo cambio di espressione sul suo volto, — Non ti andrebbe di rimanere? In maniera definitiva intendo, —

Jieun era sempre stata perfettamente consapevole del fatto che Taehyung avesse sempre fatto sul serio con lei, fin dal primo momento i cui i loro sguardi si erano incrociati davanti al bancone del White Wall. Ogni frase, ogni espressione, ogni gesto che lui le aveva donato nel corso dei loro quattro anni di relazione non era mai stato qualcosa di forzato, qualcosa fatto per "dovere": Taehyung era davvero un ragazzo innamorato e avrebbe fatto qualunque cosa per renderla felice e dimostrarglielo, giorno dopo giorno. L'idea e la proposta di una convivenza per lui erano quindi solo l'ennesimo passo avanti verso il loro possibile futuro insieme.

— Tae, — provò a pronunciare qualcosa di vagamente sensato Jieun, pur sentendo la propria bocca completamente asciutta nonostante quella scia di umidi baci, — E' una proposta meravigliosa davvero, — riuscì a ribadire poco dopo, cercando allo stesso tempo di controllare i propri battiti e metabolizzare quella richiesta del tutto inaspettata.

— Ma? — le fece eco il ragazzo, scostandosi all'improvviso da lei solo per poter osservare con maggior chiarezza un'espressione cupa dipingersi sul suo volto spento, illuminato solamente dal pallido chiarore della luna piena, alta nel cielo di Seoul quella notte.

— Dammi solo il tempo per rifletterci un attimo ti prego, — si vide costretta a procedere a tentoni nel proprio ragionamento, il tono basso e quasi sommesso di chi però sa di essere già dalla parte del torto, — Trasferirmi da te vorrebbe dire iniziare a convivere e.., —

— Ok, e quale sarebbe il problema? Stiamo insieme da quattro anni, —

Non aveva nulla da poter rimproverare a Taehyung, nulla a cui aggrapparsi per poterlo attaccare. Sarebbe stato troppo meschino da parte sua, troppo vile. Ma la breve conversazione che aveva intrattenuto con il padre del suo ragazzo era riuscita a spezzare in un baleno quella magia d'amore che Jieun credeva scioccamente di essere riuscita a riscoprire e a riguadagnarsi in un unico mese. Non avrebbe certo permesso a Kim Young di intromettersi nel suo unico rapporto felice, ma sapeva anche che se lui era realmente intenzionato a separarla da Taehyung anche a costo di e a rendere la vita di entrambi un inferno allora, per il momento, l'unica soluzione che le venne in mente per chiudere quel discorso con Taehyung e sperare di non far sfociare quel bel momento in un pessimo litigio era quindi addossarsi tutta la colpa e cercare di prendere tempo, almeno fino a quando non avrebbe scoperto qualcosa di più sui traffici del padre del procuratore Young.

— Credimi, lo vorrei tantissimo, — e, in fondo, Jieun non stava mentendo: aveva davvero solo bisogno di un pò di tempo, per quanto forse Taehyung gliene avesse già offerto fin troppo. Il tempo necessario per chiudere in maniera definitiva questo assurdo e complicato caso e lasciarsi alle spalle tutto ciò che fino ad ora aveva visto e vissuto sulla propria pelle, — Ma voglio prima parlare con la proprietaria del mio appartamento e poi devo trovare il modo per impacchettare tutte le mie cose, non è così semplice, — ammise infine, sentendo il calore dell'abbraccio di Taehyung abbandonare il suo corpo inerme.

— Lo sarebbe, se solo lo volessi davvero, —

Lo guardò negli occhi e, forse per la prima volta in quattro anni, Jieun potè leggervi solo un grande, enorme dispiacere. Non riuscì tuttavia a ricambiare quello sguardo a lungo, perchè il peso delle sue stesse parole le stava già schiacciando il petto in una morsa soffocante, difficile da sopportare.

— Taehyung, — provò a richiamarlo a sè stringendo la manica di quella sua elegante giacca grigia, ma Jieun non ottenne altro che un altro sguardo, questa volta di profondo rammarico. Non era collera la sua, Taehyung non avrebbe mai potuto essere arrabbiato, non con lei. 

Ma era comunque tutta sua intenzione farle capire una volta per tutte che non avrebbe potuto continuare a rincorrerla per sempre: non era continuando a scappare che la loro relazione avrebbe fatto dei passi avanti, nonostante quella fiamma d'amore non avrebbe forse mai smesso di bruciare per lei all'interno del suo petto.

— Per questa sera non ho davvero le forze per continuare ad ascoltarti, — asserì quindi con sincero distacco,— Mio padre mi aveva avvertito che portarti qui non sarebbe stata una buona idea, — proseguì poi, notando solo allora la presa di Jieun sulla manica della sua giacca allentarsi fino scomparire del tutto, permettendogli così di fare qualche passo nella direzione opposta.

— Vai a casa Jieun, ne riparleremo in un altro momento, —

La giovane detective si strinse nelle spalle, accarezzandosi le braccia sottili con entrambi i palmi delle mani per provare ad infondersi un pò di calore e sicurezza. Tutte cose che fino a pochi istanti prima aveva sempre dato per scontate e che ora invece era rimasta immobile ed in tacito silenzio a guardare allontanarsi da lei.

Taehyung era infatti rientrato nell'enorme salone senza aggiungere altro, senza guardarsi indietro nemmeno una volta: probabilmente era tutta sua intenzione proseguire nei festeggiamenti del compleanno di un padre che però, per qualche assurda ragione che aveva ancora a che fare con Jeon Jungkook, sembrava voler fare di tutto per provare a separarli.

Ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno: in fondo, Kim Jieun stava diventando una vera esperta nel rovinarsi la vita con le proprie mai.





 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

che ne dite? dopo due settimane di assenza mi sembrava il caso di tornare e sganciare una delle bombe di angst che avevo riservato solo ed esclusivamente per voi.. spero ne siate tutti felici e contenti! lol

ps: mi odierete forse tantissimo per quello che sto per dire, ma siccome sono una criticona level over 9000 quando si tratta dei capitoli che scrivo e che decido poi di pubblicare beh, sappiate che questo non è venuto proprio come avrei voluto (e sperato). insomma, rileggendolo mi sembra tutto un gran casino, non c'è niente che va bene (forse perchè è esattamente così che deve sembrare lol?) non lo so, io non mi do un gran voto in questo caso, ma come al solito non sta poi a me giudicare XD

a parte tutto, forse (ma dico fooorse) taehyung non è poi così estraneo alle vicende come poteva sembrare solo qualche capitolo fa. che conseguenze avrà tutto questo sulla sua relazione con jieun? e su jieun stessa? spero di non dovervi far aspettare troppo per scoprirlo.

intanto ve lo dico: nelle prossime settimane farò un trasloco e sfortunatamente no, non per andare a convivere con kim taehyung.. in ogni caso vi chiedo già anticipatamente scusa ritarderò (più di quanto già non faccia solitamente ooops) nelle risposte alle vostre recensioni che mi rendono sempre super soft o negli aggiornamenti angst che vi attendono, ma chi lo ha affrontato lo sa, cambiare casa non è mai una cosa semplice xD

nel frattempo però vi bacio e vi purplo tutti, ci si sente alla prossima!

 bvb

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Capitolo 13
*** [13] ***


 
BLACK INK.

 

[13]

 

Appoggiò il palmo della sua mano destra - quella che nel corso degli anni aveva deciso di ricoprire con svariati simboli e lettere - sulla superficie bianca e liscia della parete di fronte a lui, inalando l'odore di intonaco fresco che ancora traspirava da quel muro solido e freddo. Jungkook chiuse momentaneamente gli occhi prima di esalare dalle proprie labbra un respiro lento e profondo. Sollevò poi il capo verso l'alto, lasciando così che davanti al suo volto prendesse forma l'immagine delicata e luminosa del fratello. Nella mente del più giovane, Junghyun appariva ancora sorridente e sereno, il braccio alto verso il cielo per salutare da una lontananza incolmabile il fratellino, le iridi scurissime ancora traboccanti di orgoglio.

Era con questo ricordo ben impresso nella propria mente che, per la riapertura del Black Ink, Jungkook aveva scelto di continuare ad osare. Non che fosse un tipo particolarmente festaiolo, ma era tutta sua intenzione far arrivare un messaggio chiaro a chi, ancora una volta, aveva provato a farlo inginocchiare. Non si sarebbe arreso, era questo ciò che ogni fibra, ogni cellula del suo corpo sembrava voler emanare. Non si sarebbe arreso, non quando in gioco aveva deciso di mettere tutto sè stesso, non proprio ora che - anche se con tanti sacrifici e fatica - sentiva che la verità era finalmente a portata di mano. Anche se a distanza di anni il suo cuore non aveva ancora smesso di sanguinare per la perdita del fratello, Jungkook era pronto a giurare vendetta contro chiunque si sarebbe rivelato essere il colpevole di avergli portato via senza alcun diritto una delle persone più importanti della sua vita.

— Jungkook, — si voltò di scatto sentendosi chiamare, mentre l'immagine del fratello si diradò di nuovo come timida nebbia rischiarata dal sole. Di fronte a lui ora si stagliavano le figure di Yoongi e Jimin che, quasi allo stesso modo di Junghyun, avevano allargato le loro labbra in sorrisi placidi e distesi nella sua direzione. Si avvicinò quindi a loro, dando ad entrambi una vigorosa pacca sulle spalle, un modo come tanti altri per infondere e darsi allo stesso tempo un altro pò di coraggio. Era infatti proprio in loro che il giovane Jeon aveva riposto tutta la sua fiducia fin dal primo istante, certo che non lo avrebbero mai deluso. Era stato così anche in quell'occasione quando, dopo un'incursione che ancora non aveva il nome di un mandante, i tre si erano ritrovati con uno studio a soqquadro da rimettere in piedi, per la seconda volta. Ma con grande stupore da parte di tutti, il primo ed il più anziano tra loro si era dato da fare per organizzare l'intero evento in modo tale che non mancassero cibo, alcool e buona musica, mentre Jimin era stato convinto a posare per uno scatto che lo aveva reso il protagonista assoluto del volantino per la campagna pubblicitaria messa in atto proprio per la riapertura dello studio.

Nonostante il peggio non poteva comunque ancora dirsi passato, quella sera l'atmosfera nel salone sembra essere rilassata e serena. Tutti i locali di cui si componeva il Black Ink, compresi i tre studi e l'ufficio di Jungkook, erano stati sistemati e rimessi quasi del tutto a nuovo. Nuovi i lettini, nuove le attrezzature, nuovi i tavoli. In particolare quello della reception - solitamente pieno zeppo di scartoffie - per quella sera di festeggiamenti era stato trasformato in un delizioso buffet, mentre ogni sedia, poltrona e mobile presenti nella cosiddetta "sala d'attesa" erano stati nascosti chissà dove per poter permettere al maggior numero di persone possibili di accedervi senza causare un eccessivo affollamento che, in caso contrario, avrebbe mandato Yoongi su tutte le furie.

Dal canto suo, Jungkook si ritrovò presto indaffarato ad accogliere vecchi amici, conoscenti e clienti fedeli che quella sera erano tornati a dare un nuovo benvenuto al suo prezioso studio. Nonostante fosse rimasto a lungo impegnato a destreggiarsi con chiunque gli si era avvicinato per chiedergli qualunque genere di informazione e a mostrare i cambiamenti e le migliorie del locale, il giovane proprietario fu però costretto a fermarsi e chiedere a Jimin di proseguire al suo posto quando vide che, dalla parte opposta della sala, davanti alla porta d'ingresso del Black Ink erano appena comparse tre figure che Jungkook aveva imparato a conoscere fin troppo bene e che, ne era certo, non erano arrivate fin lì per chiedergli consigli sul punto meno doloroso in cui scegliere di marchiarsi la pelle.

Buttò quindi nello stomaco l'intero contenuto aranciastro del suo tozzo bicchiere di cristallo senza pensarci troppo a lungo, contraendo solo per un istante le proprie labbra in una smorfia dovuta più che altro all'amaro sapore di quel cocktail, per poi avvicinarsi con la sua solita espressione provocatoria ai suoi - non proprio "nuovi" - arrivati.

— I due pezzi grossi della prima squadra di polizia e il figlio del procuratore del distretto, quale onore, — esordì, inchinandosi per dar loro quello che - nella sua testa - doveva sembrare un caloroso benvenuto, porgendo poi la propria mano a ciascuno dei presenti che, tuttavia, non sembravano essere intenzionati a ricambiare quel gesto.

— Siamo qui per motivi istituzionali, non per altro, — lo canzonò immediatamente Taehyung, entrambe le mani strette a pugno ed immobili all'interno delle tasche dei suoi costosi pantaloni neri.

— Io anche per l'alcool in realtà, questa birra è buonissima, — lo rimbeccò a propria volta Hoseok, cercando di smorzare l'aria di tensione che si era creata nell'esatto istante in cui i tre avevano messo piede nel salone, comunque impossibilitato a ricambiare la stretta di mano di Jungkook proprio perchè impegnato a stringere quel traboccante boccale di birra.

Namjoon si limitò ad alzare gli occhi al cielo di fronte a quella scena quasi tragicomica, non sapendo se essere più sconcertato dalle parole dell'amico o dalla velocità con cui era riuscito ad accaparrarsi il primo drink della serata.

— Oh, ma anche i miei erano saluti di convenienza e nient'altro, — li rassicurò con voce affabile il più giovane proprietario del Black Ink, le parole rivolte a tutti e tre i presenti, ma lo sguardo fisso su quello altrettanto freddo e distaccato di Taehyung, a sua volta immobile e statuario davanti a lui. Seguirono attimi di ossequioso silenzio, forse atti a studiare l'uno le mosse e i più impercettibili gesti dell'altro, fino a quando Hoseok non decise di cambiare drasticamente argomento, scegliendone forse uno ancora peggiore.

— Dov'è Jieun? — chiese quindi innocentemente, tornando poi a sorseggiare contento la sua birra, aspettando solo di ricevere uno sguardo di fuoco da parte di Namjoon che invece, ancora una volta, fu costretto a prendere parola e fornire la sua risposta, per quanto vaga e forse mai così imprecisa.

— E' uscita prima di me, dovrebbe già essere qui, — asserì il capitano della prima squadra della stazione di Seoul, — Provo a chiamarla, scusatemi, — aggiunse subito dopo, estraendo il proprio telefono dalla tasca e defilandosi così verso l'esterno del locale, dove ad accoglierlo vi era solo il rumore intenso della pioggia che, copiosa e fredda, quella sera aveva deciso di fare da sottofondo musicale al meraviglioso cielo della città. Namjoon tuttavia non si scompose più di tanto di fronte a quell'atmosfera umida e piovigginosa, tornando piuttosto a comporre il numero di Jieun ed appoggiare il proprio telefono contro l'orecchio, nella vaga speranza che sua sorella potesse rispondere alla chiamata evitandogli di finire inzuppato d'acqua dalla testa ai piedi. Più a lungo gli squilli si susseguivano tra loro però, più forte diventava lo strano presentimento che si fece presto spazio nella mente di Namjoon. In cuor suo in effetti, il capitano della prima squadra di polizia di Seoul già sospettava il motivo per cui Jieun ancora non si era presentata al Black Ink quella sera.

Da che ricordasse, sua sorella e Taehyung non si erano più sentiti dalla sera del compleanno di suo padre, quando l'aveva vista rientrare a casa da sola a casa e molto prima di quanto lui stesso avesse potuto prevedere. Si era stupito nel vederla varcare la soglia del loro appartamento ad un orario ancora accettabile, ma l'espressione dipinta sul volto della sorella lo aveva presto convinto che dietro quel rientro anticipato ci fosse una ben più amara spiegazione. Spiegazione che Namjoon non ricevette se non prima dell'alba successiva quando, davanti all'ennesimo bicchiere e dopo una notte senza sonno né riposo, Jieun si era finalmente lasciata andare ad un dettagliato racconto della serata, interrotto qua e là da un pianto liberatorio. Si era addormentata solo allora nel loro accogliente salotto, con la testa appoggiata alle cosce del fratello che, portando gli occhi al cielo, si era invece limitato ad distendere la propria schiena contro il morbido cuscino del divano, perdendo il sonno a furia di accarezzare delicatamente i capelli ed il profilo stanco di lei.

E mentre sotto una malinconica pioggia di ricordi il capitano Kim stava cercando invano di mettersi in contatto con la sorella, all'interno del locale la placida atmosfera venutasi a creare poco prima stava per essere completamente distrutta. A Jungkook era infatti bastato notare l'espressione scura e preoccupata che il capitano Kim aveva rivolto a Taehyung per capire che doveva essere successo qualcosa. In un normale contesto infatti, Namjoon non sarebbe mai uscito sotto un'acquazzone per cercare di mettersi in contatto con la sorella se avesse saputo che quest'ultima era in ritardo solo perchè si era trovata indecisa su quale tipo di scarpe indossare per la serata. 

Forse era stato proprio questo il motivo che lo aveva spinto, senza rimuginarci troppo a lungo, ad estrarre il cellulare dalla tasca dei suoi jeans e comporre a propria volta le cifre del numero di Jieun. Tuttavia non ebbe mai il tempo di far partire la chiamata perchè il telefono gli venne prontamente sfilato dalle mani da Taehyung che, per la prima volta quella sera, aveva deciso di rivolgergli direttamente la parola dimenticando ogni tipo di onorifico.

— No, questo non te lo permetto, — esclamò quindi senza pensarci due volte, sorprendendosi solo quando, nell'osservare lo schermo illuminato del telefono di Jungkook, Taehyung non lesse il nome di Jieun, bensì una serie di cifre disposte tuttavia in un ordine ben preciso, — Stavi chiamando lei non è vero? Conosci il suo numero a memoria? — domandò poi senza alcuna vergogna, cancellando in un batter d'occhio ogni tentativo di chiamata.

— E' così che funziona la nostra relazione, — ebbe solamente il tempo di rispondergli Jungkook, prima di notare l'espressione del più grande mutare velocemente verso la più cieca rabbia. Il più giovane non dovette infatti aggiungere altro al suo discorso, perchè sapeva benissimo che quelle parole avrebbero spezzato l'ultimo briciolo di lucidità che ancora riusciva a tenere a freno i nervi del suo avversario: così facendo però, in una manciata di secondi, Jungkook si ritrovò con la schiena contro il muro appena ridipinto di una delle pareti della stanza, mentre il figlio del procuratore lo teneva stretto per il bavero della sua maglietta nera, uno dei suoi capi preferiti.

— Jeon la nostra già non solida collaborazione è saltata, non costringermi a passare alle mani, — lo avvertì sussurrargli a pochi centimetri dalla faccia, come se non volesse farsi sentire da tutti gli altri presenti che erano comunque già rimasti pietrificati vedendolo reagire così all'improvviso ed in quel modo tanto impulsivo, non riuscendo probabilmente a darsi alcuna spiegazione del perchè di quella reazione sconsiderata.

Un'atmosfera gelida, quella all'interno del Black Ink, destinata solamente a peggiorare nel momento stesso in cui, alle parole di Taehyung, dalla bocca del suo più giovane avversario non uscì altro che una sonora e beffarda risata, l'unico rumore che riverberò come un tuono all'interno della sala. Persino la musica sembrava essersi fermata e, con essa, anche ogni genere di conversazione di ciascuno dei presenti, la cui attenzione era ormai interamente rivolta ai due giovani al centro della scena.

— Ti prego Kim, non metterti in ridicolo più di quanto tu non abbia già fatto qui dentro, — lo canzonò quindi Jungkook facendosi improvvisamente serio e tramutando le proprie risa in parole che non avrebbero lasciato adito ad alcun tipo di fraintendimento, — Sarai anche il figlio del procuratore di questa città, ma ho uomini che pagherebbero per farti a pezzi, — disse, questa volta utilizzando lo stesso tono imperioso che Taehyung aveva usato poco prima, — Non costringermi a mettermi in cima alla lista, — aggiunse, minacciandolo deliberatamente e prendendosi poi tutto il tempo per afferrare quella mano che ancora stringeva il colletto della sua maglietta e liberarsene con un gesto repentino.

— Ragazzi andiamo, questa è una festa, cercate di ragionare, — fu Hoseok il primo ad intervenire e mettersi in mezzo tra loro per cercare di smorzare quell'aria di tensione che, anche senza volerlo, era stato lui stesso a generare, chiedendo dove fosse Jieun. Quei due erano rispettivamente capi di una ricchissima gang mafiosa e dell'intero corpo di polizia della capitale della Corea, ma non sarebbero mai arrivati alle mani davanti a così tanta gente. Questo pensiero bastò a rincuorarlo anche perchè, se così non fosse stato, nessuno lì dentro avrebbe saputo come fermarli.

— Vado a cercarla, —

Hoseok si ridestò dai suoi pensieri solo quando avvertì le parole di Taehyung fare eco nella sua testa, ma non riuscì a fare nulla per fermarlo perchè il rumore impaziente dei suoi passi si era già fatto più debole e lontano. Non fece nemmeno in tempo a chiedergli di aspettarlo, o di suggerirgli di attendere almeno il ritorno di Namjoon per sapere se effettivamente Jieun avesse risposto alle sue telefonate, nè tantomeno riuscì ad inseguirlo perchè solo pochi istanti dopo le parole di Taehyung seguirono quelle del suo più giovane avversario.

— Esco anche io, ci vediamo dopo, —

L'intento di entrambi era il medesimo: sia Taehyung che Jungkook sarebbero usciti sotto il diluvio per cercare Jieun. Non aveva importanza quanto tempo ci sarebbe voluto, Hoseok era più che sicuro che entrambi avrebbero messo a ferro e fuoco l'intera città per lei.
Perso in questi suoi complicati ragionamenti, il giovane poliziotto quasi non si rese conto che, nel frattempo, Namjoon aveva fatto il suo rientro nel locale, i capelli umidi a causa della pioggia intensa, così come le sue scarpe e l'orlo dei suoi jeans chiari.

— Jieun non risponde, — lo sentì comunicare quelle poche parole con espressione affranta, controllando ancora una volta lo schermo scuro del proprio telefono prima di sollevare lo sguardo e rendersi presto conto di quanto l'atmosfera fosse decisamente cambiata da quando, poco prima, lui stesso aveva deciso di allontanarsi un attimo, — Che cosa è successo qui? —

Hoseok non gli rispose subito, si limitò piuttosto ad offrirgli il suo boccale di birra, trascinandolo poi verso un angolo più tranquillo del salone dove lo mise al corrente del perchè, al suo rientro, sia Taehyung che Jungkook sembravano essersi dissolti nel nulla.

— Ho incrociato Taehyung sulle scale, ha voluto le chiavi della volante, — confermò la sua versione dei fatti il capitano Kim, — Non ho fatto nemmeno in tempo a chiedergli dove stesse andando, — aggiunse poco dopo, preferendo lasciare il discorso in sospeso, prendendosi del tempo per aggiustarsi un ciuffo di capelli ribelli dietro l'orecchio.

— Lui e Jieun hanno litigato di nuovo? — la domanda sorse spontanea in Hoseok, ma lui stesso non era sicuro di voler ricevere risposte alla sua logica richiesta di maggiori spiegazioni. Che tra Taehyung e Jieun le cose non stessero andando nel migliore dei modi da un pò di tempo era diventato palese agli occhi di chiunque, il problema era effettivamente riuscire a capire se ci fosse anche solo una possibilità per chiarire i loro drammi e ricucire il loro rapporto.

— Credimi, questa volta è qualcosa che noi non possiamo risolvere, — Namjoon si lasciò andare ad un unico ed arido commento, prima di trangugiare il contenuto di buona parte di quel boccale, — Spero solo non le sia successo qualcosa, non potrei mai perdonarmelo, — aggiunse poi, tirando un profondo sospiro che Hoseok scelse di placare con qualche sonora pacca sulla spalla, l'unico conforto - oltre alla birra - che in quel momento avrebbe potuto donargli come amico e come fedele compagno di squadra.

 

***
 

Nonostante la riapertura, il suo ufficio era comunque rimasto chiuso al pubblico. 

Anche se non lo avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, Jungkook era sempre stato molto geloso dei propri spazi personali e quindi solo l'idea che mani più o meno sconosciute potessero mettere piede nel suo ufficio per osservare e toccare i suoi disegni e ogni cosa presente sugli scaffali di quella stanza era sufficiente per indisporlo. Tutto in quella stanza era stato sistemato esattamente come prima dell'irruzione che lo aveva visto costretto a smettere di tatuare per un mese intero a causa di quella profonda cicatrice che si era formata sul suo polso. Entrò quindi senza nemmeno accendere la luce, certo che avrebbe facilmente trovato il suo fedele giubbotto di pelle dove sapeva di aver lasciato il proprio pacchetto di sigarette e le chiavi della sua auto. Lo indossò senza pensarci due volte, ma non fece in tempo ad arrivare alla porta perchè questa gli venne prontamente chiusa in faccia da Yoongi, che si permise poi di bloccarla alle sue spalle. Il più giovane si ritrovò così a sbuffare, avvicinandosi al suo socio più anziano con le braccia sui fianchi e decisamente poco tempo da perdere.

— So quello che stai per dire ma no, non sono comunque quello giusto per lei, — confessò tutto d'un fiato e pressoché dal nulla riuscendo così, e non senza un pizzico di velato orgoglio, a notare un'espressione confusa fare capolino sul quell'espressione perennemente imperscrutabile di Yoongi.

— Non mi avevi mai detto di essere diventato un sensitivo, — si lasciò andare ad un commento ironico il membro più anziano, non spostandosi di un solo millimetro dalla sua posizione iniziale, le spalle alla porta e la mano scarna posta sulla pesante maniglia di ottone. Jungkook avrebbe tranquillamente potuto sollevarlo di peso o uscire della porta del suo ufficio caricandoselo in spalle, ma il giovane proprietario del Black Ink era perfettamente consapevole che quando Min Yoongi compariva davanti a lui in quel modo era perchè aveva effettivamente qualcosa di importate da dire o su cui farlo riflettere.

In ogni caso, dato il suo prologato silenzio, fu Jungkook a tornare sui suoi passi e proseguire in quel discorso che, in realtà, aveva tutta l'aria di essere più che altro un soliloquio.

— Sono sempre stato il cattivo ragazzo della situazione, non mi piace ammetterlo, ma è così, — si lasciò quindi andare il più giovane, portandosi la mano tatuata sulla fronte prima di farla scivolare lungo tutta la testa, nel vano tentativo di dare ordine a quei suoi lunghi capelli color pece, — E' nella mia natura, è tutto ciò che sono, tutto quello che ho e che mi è rimasto.. E lei non merita questo, — dichiarò, indicando la propria figura.

— Tu pensi davvero che lei desideri quella versione di te? Quella che non esiste? —

Yoongi era sempre stato così. Introverso si, ma anche maledettamente diretto. E Jungkook aveva sempre ammirato questa sua dote. Anzi, si era ritrovato più volte ad invidiargliela. Era incredibile come lui, una persona che spesso e volentieri rifuggiva il contatto umano e l'iterazione con altre persone fosse proprio colui che più di chiunque altro riusciva sempre a leggere ogni situazione con una chiarezza e un'empatia tali da superare qualsiasi tipo di aspettativa.

— Io non potrò mai permettermi il lusso di passeggiare mano nella mano con lei, né di portarla fuori a cena o al cinema senza preoccupazioni.. Quello non sono io, non posso essere io, — ma Jeon Jungkook, dalla sua, aveva la testardaggine e l'amara consapevolezza che non sempre tutto va nel modo in cui vorresti. Quella parte del suo carattere che, nonostante nel corso degli anni gli aveva permesso di prendere le redini e gestire senza particolari problemi un' intera organizzazione mafiosa, veniva spesso annebbiata dalla sua comunque giovane età e dalla piena presa di coscienza che, a volte, dopo essere caduti, è molto difficile riuscire a trovare la forza per tornare a rialzarsi e camminare a testa alta.

— Hai mai pensato che forse a Jieun non frega un cazzo delle cene e dei cinema? — e quando Jungkook era così, solo un uomo del calibro di Yoongi aveva macinato un livello di pazienza e di cocciutaggine tale da poterlo affrontare a viso aperto, senza moderarsi nei toni e nei modi, — Ti è mai balenato nella testa il pensiero che forse è del Jungkook che sei diventato, quello che sei rimasto nonostante tutte le avversità e i mille problemi, di cui Jieun è ancora innamorata? —

— Perchè dovrebbe? —

Non c'era motivo di biasimare la domanda che uscì dalla bocca di Jungkook come un fiume in piena. Lui che, in una sola notte, ancora giovanissimo ed inesperto, aveva perso suo fratello e  l'unica persona per cui avesse mai provato del sincero sentimento, anni dopo si ritrovava ancora lì, in quello stesso studio grigio e semi-buio, a fare i conti con i demoni del suo passato e con quel sentimento travolgente nei confronti di Jieun che era ritornato a bussare con prepotenza alla porta del suo cuore che non aveva ancora smesso di sanguinare per il dolore di quella doppia, inaspettata perdita. Erano trascorsi cinque anni da allora, ma il ricordo era ancora così vivido che Jungkook si vide costretto a portare la propria mano al centro del petto, nella vaga speranza di riuscire a placare quella fitta improvvisa.

— Se sapessi di non avere più speranze con lei perchè prendersi la briga di andare a cercarla? Perchè l'amore fa anche questo, no? Ci annebbia cuore e cervello e allo stesso tempo cambia il nostro modo di vedere le cose, —

La mano di Yoongi lasciò così la presa sulla maniglia, per portarla invece sulla spalla del più giovane, stringendogliela con quanta più forza possibile. Fu così che Jungkook tornò a sollevare il proprio capo, notando solo in quel momento che Yoongi si era spostato di lato, dandogli così la possibilità di lasciare la stanza. Ma non si mosse subito, aspettò invece di vedere il capo del suo hyung spostarsi con un cenno lento ma deciso verso la porta. Solo allora le labbra di Jungkook si mossero in un flebile grazie, prima di uscire in tutta fretta dalla porta del suo ufficio e poi catapultarsi fuori anche da quella del Black Ink per risalire a tutta velocità le scale umide e scivolose a causa della pioggia.

Non aveva idea di quanto Yoongi ne sapesse dell'amore. Da che ne avesse memoria, non lo aveva mai visto in compagnia di una ragazza o di un ragazzo. Forse tutta quella saggezza scaturiva dalla sua incessante passione per la musica ed i libri, due "molto più che semplici hobby" che aveva sempre portato avanti insieme alla sua attività di tatuatore. Forse il tipo di amore provato da Yoongi era diverso da quello provato da lui ma, qualunque fosse la risposta giusta a quella domanda, il giovane proprietario dello studio di tatuaggi più famoso dell'intera Corea non potè che essere grato al suo socio più anziano, per avergli trasmesso in pochi minuti di conversazione la giusta dose di adrenalina e coraggio per affrontare questa ennesima sfida a testa alta.

E fu proprio con questo spirito che Jungkook riuscì ad affrontare l'ultimo gradino della scalinata, ritrovandosi poi momentaneamente col fiato corto e i capelli già fradici di pioggia a boccheggiare sotto l'acquazzone che aveva deciso di colpire la città proprio quella sera. Nella mano destra, strette come un anello attorno alle sue dita tatuate, Jungkook stringeva le chiavi dell'auto che sperava avesse benzina a sufficienza per poter affrontare una notte intera di ricerche.

Mai, mai nella sua vita avrebbe creduto che quelle chiavi potessero non servigli affatto, almeno fino a quando - a pochi metri da sè e nonostante la pioggia sempre più fitta - il ragazzo non riuscì ad intravedere il profilo longilineo, immobile e altrettanto fradicio di pioggia di una ragazza che, tra le mani, stringeva con forza un mazzo di fiori delicati.

— Jieun.. —

Quel nome lasciò le sue labbra in un sussurro, impossibile da percepire e ancora più difficile da ripronunciare. Non poteva realmente credere che Jieun fosse proprio lì di fronte a lui in quel momento, ma Jungkook era finalmente pronto per scoprirlo. Si avvicinò quindi a quella figura immobile e ancora nascosta nella penombra sotto la pioggia scrosciante fino a quando i suoi grandi occhi a mandorla non incrociarono quelli di lei, gonfi di lacrime ed esausti, maledettamente rossi.

La vide tirare su col naso e, nel compiere quel gesto, Jungkook finalmente potè incrociare la sua espressione affranta e distrutta. Uno sguardo vuoto quello di Kim Jieun che, ritrovandosi faccia a faccia con la sola persona che avrebbe voluto non la vedesse in quelle condizioni vergognose non potè fare altro che continuare a rimanere immobile nella sua posizione iniziale, come se fosse solamente in attesa di ricevere qualcosa come una provocazione o, peggio, un insulto per non essersi presentata prima. Sapeva che le probabilità di non incontrare Jungkook al Black Ink erano pressoché nulle, Jieun aveva solo sperato fino all'ultimo di poter avere il tempo per trovare qualche discreta scusa per giustificare i suoi vestiti fradici e quel piccolo bouquet di fiori, ancora stretto nella sua mano sinistra.

— Jungkook, — pronunciò il suo nome per prima solo per riuscire a frenare la sua lingua, qualsiasi cosa stesse per dirle o chiederle.

E invece, come se aver sussurrato il suo nome fosse stato una specie di passpartout, Jungkook le si fece ancora più vicino, fino ad arrivare a stringere entrambe le mani sulle braccia di lei e sfiorarle la fronte con la punta delle labbra. Un gesto quasi paterno il suo, che riuscì - tra le altre cose - ad allentare i nervi tesi come corde di violino della giovane detective.

— Jieun hai la febbre altissima, — esclamò lui un istante dopo, provando in ogni modo ad incrociare lo sguardo di Jieun per riuscire a captarne anche la più piccola o minima delle informazioni. Tante erano le domande che dovevano essersi originate nella testa del ragazzo, tante le spiegazioni che sentiva in dovere di chiederle, non potendo in alcun modo trovare da solo una risposta a tutto questo. Ma nessun suono si originò dalla bocca del giovane, non quando - invece che percepire lo sguardo di lei su di sè - non avvertì invece la mano di Jieun portarsi contro il suo petto, proprio lì, nel suo centro. La sentì stringere la sua già slabbrata maglietta con tutta la forza che probabilmente le era rimasta in corpo, lo sguardo ancora rivolto verso terra e una voce tremante.

— Taehyung è qui? Io devo, devo chiedergli scusa e-, — non avrebbe mai voluto pronunciare quelle parole proprio davanti a lui, ma era stufa di dover sempre fare di tutto per nascondere tutte le sue debolezze. Non riuscì comunque mai a finire quella frase, perchè improvvisamente una strana e spiacevole sensazione la avvolse fino a prendere il sopravvento sul suo fisico già abbastanza provato. Come se l'asfalto del marciapiede si fosse aperto sotto i suoi piedi, improvvisamente Jieun sentì le proprie gambe cederle, ritrovandosi presto con le ginocchia e le mani a terra. Una perdita di forze e di equilibrio la sua che la costrinse a mollare la presa persino su quel piccolo mazzo di candidi fiori lilla che si riversarono così sul pavimento, venendo irrimediabilmente rovinati dalla caduta e dalla pioggia che ancora non aveva smesso di cadere incessante sui profili delle case e dei grattacieli della notturna Seoul.

Jieun avrebbe quasi voluto essere come quei fiori: stanca come non si era mai sentita prima di allora, si sarebbe volentieri accasciata sotto la pioggia, lasciando che quelle gocce continuassero a bagnare il suo viso ed il suo corpo, nella vaga speranza che, insieme alle sue lacrime, quel temporale avrebbe portato via anche tutta la sua frustrazione e il suo dolore.

Era arrivata davanti all'inusuale ingresso del Black Ink con la speranza di riuscire a trovarvi ancora Taehyung e chiedergli scusa per come si era comportata alla festa di compleanno di suo padre. Scusarsi si, ma non senza chiedere spiegazioni. Non aveva più ricevuto sue notizie dalla sera del compleanno del padre e il non sentire la sua voce come il non ricevere alcuna chiamata da lui la faceva stare quasi peggio che provare a scrivergli un messaggio sapendo con assoluta certezza che tanto non avrebbe mai ricevuto risposta. Stava male per lui, per come si era comportata e per ciò che era successo, ma allo stesso tempo e per quanto non volesse più apparire così debole, Jieun era stufa di continuare a tenersi tutto dentro. 

Non seppe dire quindi se sentirsi sollevata o più preoccupata quando, una volta ancora, tutti i suoi piani vennero nuovamente ribaltati da Jungkook che, vedendola perdere i sensi e finire accasciata a terra, riuscì a sventare i suoi piani di autodistruzione ed evitarle il peggio, sollevandola di peso per portarla quasi del tutto priva di sensi all'interno delle più calde mura del Black Ink, sotto gli sguardi increduli di tutti i presenti.

Che lui e Taehyung fossero disposti a tutto pur di riuscire a ritrovarla era ormai chiaro a chiunque, persino agli occhi di Namjoon che aveva seguito con attenzione ogni passo e movimento del giovane proprietario del Black Ink, almeno fino a quando il suo profilo non scomparve dietro la porta dell'ufficio in fondo al corridoio del locale. 

Ma se tutto stava nel riuscire a capire chi davvero l'avrebbe trovata per primo o, meglio ancora, da chi Jieun avrebbe davvero voluto farsi trovare, allora Jeon Jungkook aveva appena ottenuto la sua risposta.



 

 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

torno dopo altre due settimane di assenza, proponendovi un capitolo che - sarò sincera - ho scritto, disfatto, cancellato e riscritto almeno una decina di volte (no joke). non posso dire di essere pienamente soddisfatta del risultato (ma per come sono fatta io difficilmente mi troverete pienamente convinta lol), però questo è ciò che doveva succedere: jieun che fa prendere un bello spauracchio a tutti non facendosi trovare durante una serata in cui sarebbe davvero potuto succedere di tutto se davvero vi avesse partecipato.

credo che questo capitolo possa riassumersi così: nella vita a volte, oltre che fortuna e c***o a volte ci vuole anche del sano tempismo. ed è - forse - proprio quello che è successo a jieun e a jungkook, che si sono ritrovati ancora una volta faccia a faccia senza volerlo (o quantomeno, non sperandoci).

e con questa massima incredibile da bridgetvonblanche è tutto! onestamente sono molto indietro con la stesura dei prossimi capitoli e il caldo non aiuta, ma spero vivamente di farmi sentire presto.

ah, una cosa di non secondaria importanza: sto rispondendo lentissima alle vostre recensioni, lo so sono una babbana.. mi spiace davvero molto ma non sono ancora in ferie quindi per me è molto difficile trovare il tempo per potermi fermare e rispondere come si deve, perchè per i bellissimi messaggi che mi lasciate ogni volta non è sufficiente un grazie <3

le comunicazioni di servizio sono ufficialmente terminate io vi bacio e vi purplo tutti, ci si sente alla prossima!

「bvb」

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Capitolo 14
*** [14] ***


 
BLACK INK.

 

[14]

 

Malamente illuminato da una fioca lampada posta sulla scrivania dello studio, il volto di Jieun appariva ancora più pallido e smunto di quanto non lo fosse in realtà. I suoi lunghi capelli ondulati, fradici come il resto del suo abbigliamento, avevano già iniziato ad aderire contro la fronte e le gote del suo viso, quasi nel tentativo di provare a nascondere tutto ciò che ancora si celava dietro quello sguardo perso e ancora visibilmente scosso.

Le ci era voluto ben più di qualche minuto per capire effettivamente dove si trovasse e solo quando riprese coscienza di sè e dei propri sensi, Jieun si ricordò di aver già visto quelle mura spesse e ricche di quadri più o meno variopinti in ben più di un'occasione. Non seppe però rendersi effettivamente conto se tutto questo fosse solo un sogno o mera realtà almeno fino a quando, spostando leggermente il proprio sguardo di lato, la sua già labile attenzione non venne catturata proprio dal profilo scuro di Jungkook, seduto a pochi passi da lei su un'altrettanto comoda poltrona. La sua figura era illuminata solo per metà dal timido e vago chiarore di quell'unica lampada accesa, i gomiti di entrambe le braccia puntati contro i braccioli morbidi della sedia che gli avevano così permesso di tenere le mani giunte all'altezza del mento e di mostrare i solchi delle sue vene profonde farsi spazio lungo gli avambracci. Le sue iridi scurissime erano invece fisse su di lei, il respiro quasi del tutto impercettibile. Non vi era odore di tabacco né sigarette spente all'interno del posacenere di cristallo sulla scrivania, il che permise alla giovane di intuire che Jungkook doveva essere rimasto a lungo senza fumare. Nell'aria solo un leggerissimo aroma di caffè, chiaro sintomo di una notte trascorsa senza riposo o - più semplicemente - alba di un nuovo giorno.

Jieun si massaggiò piano gli occhi, scostando poi momentaneamente lo sguardo da Jungkook solo per provare a sollevarsi dalla poltrona, cercando di aiutarsi con entrambe le braccia. Un gesto azzardo il suo che le costò comunque un non indifferente giramento di testa, costringendola quindi a fare qualche passo in avanti e riuscire così ad appoggiare le mani sulla scrivania di legno lucidissimo e darsi così un pò di sostegno per provare a mantenersi in piedi.

— Me ne devo andare subito, — asserì poi con un filo di voce, i suoi occhi alla ricerca del proprio cappotto grigio che ritrovarono però solo qualche metro più in là, accatastato all'ingresso della porta dell'ufficio come merce da buttare, probabilmente ancora fradicio di pioggia.

Jieun provò ad avanzare in quella direzione, venendo però bloccata nei movimenti dal calore ben noto di una mano tatuata che improvvisamente avvertì circondarle il polso, trattenendola in quella posizione instabile.

— Non devi starmi vicino Jungkook, ti prego io-, — tentò in qualche modo di spiegarsi la giovane detective, cercando allo stesso tempo di liberarsi da quella presa serpentina senza dover per forza sollevare lo sguardo ed affrontare così Jungkook guardandolo negli occhi.

— Jieun ascoltami, —

— No, non voglio ascoltarti, — lo interruppe lei ancora una volta, — Sono un pericolo per te, è per colpa mia se sei in questa situazione, — confessò lei all'improvviso, nella vaga speranza di riuscire così a liberarsi di quella ferrea presa sul suo polso sottile, ottenendo invece come unico risultato quello di rendere il tono di voce del suo unico interlocutore ancora più preoccupato e nervoso.

— Jieun adesso ti devi calmare, — furono infatti le uniche parole che uscirono dalla bocca di Jungkook, prima che questi facesse ancora un passo verso di lei e liberasse così quel polso minuto con un gesto repentino solo per cingerle l'intera vita con ambedue le braccia, permettendole di infossare il proprio capo contro il suo petto e ai suoi lunghi capelli ancora umidi di solleticare e bagnare la sua inseparabile t-shirt nera.

— Jungkook ho paura che-, — la sentì pronunciare quelle parole con la voce nuovamente roca e spezzata di tanto in tanto da profondi ed irregolari singhiozzi, le piccole mani strette ed aggrappate con forza contro il retro della sua maglietta.

— Di cosa? — ebbe il coraggio di chiederle a quel punto, portando poi la mano destra contro il capo di lei, iniziando ad accarezzarle quella chioma folta con una delicatezza di cui lui stesso si sorprese.

— Il padre di Taehyung, lui-, —

Carezze, quelle di Jungkook, che si interruppero solo nel preciso istante in cui le parole uscite dalla bocca di Jieun non vennero elaborate dal suo cervello, risvegliando in lui quella rabbia e quel dolore che, fino a quel momento, era riuscito a tenere per sè.

— Cosa Jieun? Non posso aiutarti se non mi dici cosa ti sta succedendo, —

Se Jieun era ridotta in quello stato a causa di Taehyung, Jungkook era già pronto ad uscire dalla porta del suo studio, raggiungerlo dovunque egli fosse e piantargli personalmente una pallottola in testa. Ma vederla soffrire in quel modo e sapere di non essere lui - per una volta - la causa di tutto quel dolore in qualche modo lo fece sentire quasi sollevato. Decise comunque di sciogliere momentaneamente quel caldo e confortante abbraccio solo per accompagnare Jieun accanto alla poltrona e farla accomodare di nuovo per permetterle di riprendere fiato e di calmare il proprio pianto. Si inginocchiò poi di fronte a lei allungando la sua mano, marchiata indelebilmente da linee di nero inchiostro, solo per passare il polpastrello del suo pollice contro le gote del suo viso ed asciugare così le poche lacrime che si erano originate da quegli occhi ancora gonfi e troppo stanchi persino per piangere.

Un gesto istintivo che però gli permise di sorprendersi quando, invece che respingerlo, il giovane proprietario del Black Ink non osservò Jieun portare a propria volta la mano pallida contro la sua, ancora appoggiata sulla guancia, stringendola leggermente, forse per cercare di assorbirne tutto il calore e trovare così il coraggio per tornare a parlare.

— Ho paura che ci sia il padre di Tae dietro a tutto questo, — cercò di spiegarsi meglio questa volta, ricacciando indietro i singhiozzi con tutta forza che riuscì a trovare dentro di sè, aspettando solo che Jungkook dicesse qualcosa.

Avrebbe accettato qualunque tipo di risposta da parte sua, anche qualche imprecazione di troppo. E invece nulla uscì dalla bocca del ragazzo di fronte a lei che però, invece che interrompere quel timido contatto, le si fece ancora più vicino, costringendola a sollevare lo sguardo per incrociare finalmente quelle iridi scurissime.

Il fatto che Jieun ancora si ostinasse a nominare il suo ragazzo con quel nomignolo assurdo e smielato aveva provocato in Jungkook un vago senso di nausea, ma persino quel soprannome ridicolo non aveva più alcun significato o importanza se paragonato alla portata delle parole che la ragazza aveva appena pronunciato davanti a lui.

— Jieun aspetta, ti rendi conto di cosa stai dicendo vero? — non voleva crederci, non poteva pensare che tutto ciò che aveva appena sentito fosse realmente vero. Jieun era ancora visibilmente scossa certo, e probabilmente tra lei e Taehyung il rapporto si era in qualche modo incrinato, ma perchè osare avanzare accuse tanto gravi e pesanti nei confronti di colui che, dopotutto, rimaneva ancora una persona così importante per lei?

Non dovette però attendere molto per ricevere una risposta esaustiva alle domande che avevano iniziato a vorticargli nella testa e che avevano solamente incrementato il suo pesante voltastomaco. Come se fosse riuscita in qualche modo a leggergli nel pensiero o a captare qualche segnale interrogativo dall'espressione perplessa dipinta sul suo volto tirato, Jieun aveva quindi iniziato a raccontare di quando, proprio dopo il cortese invito del padre di Taehyung, era stata invitata a partecipare ad una festa durante la quale aveva avuto modo di disquisire piacevolmente con Kim Young in persona che, tra le altre cose, aveva cercato di minacciarla e di ricattare Jungkook allo stesso tempo, nella speranza di riuscire ad incutere paura e terrore. E, fino a quel momento, la sua non poi così nobile impresa sembrava aver dato i suoi frutti.

— Se dovesse vedermi ancora parlare con te potresti essere in pericolo e-, —

— Perchè non me ne hai parlato prima? —

Si alzò in piedi di scatto, lasciando Jieun immobile sulla poltrona in pelle ad attendere o provare a prevedere che tipo di reazione avrebbe seguito quelle dure parole. E così la sua mano che, fino a pochi istanti prima era rimasta ad accarezzare dolcemente la guancia di lei, era stata presto chiusa in un pugno e poi sbattuta con forza impetuosa contro la superficie del tavolo di legno della stanza. Persino la lampada e il posacenere di cristallo avevano tremato violentemente a quell'urto improvviso, costringendo Jieun a rimettersi in piedi ed avvicinarsi a Jungkook per provare a placare quella sua ira implacabile, ma forse più che giustificata.

— Io-, io credevo non ti sarebbe interessato davvero, — mormorò lei sottovoce, ritrovandosi per la seconda volta ad abbassare il proprio sguardo nei confronti della presenza piuttosto ingombrante di quello di Jungkook, che non l'aveva mai lasciata se non il tempo di quell'unico istante di cieca rabbia.

— Come diavolo può non interessarmi? — sbraitò quindi il ragazzo, non potendo più contenere quella frustrazione e quel senso di impotenza che si erano improvvisamente impossessati del suo corpo e della sua mente, — Come puoi dire una cosa simile? —

— L'ultima volta che sono venuta a parlarti di qualcosa mi hai ignorato totalmente, —

— Ero arrabbiato cazzo! Ero ancora furioso per la storia di mio fratello e poi scopro che sei addirittura entrata in polizia e sei diventata la promessa sposa del figlio del procuratore capo.. E poi un giorno ti presenti qui, nel mio studio, dopo anni di silenzi, e mi dici che stai indagando a quello stesso caso a cui io e miei uomini stiamo lavorando da anni, — esplicitò a quel punto Jungkook senza più fiato, non sapendo come riuscire a contenere oltre quel micidiale mix di emozioni che, sentiva, lo stavano pian piano soffocando.

— Taehyung sa di che cosa è capace suo padre? —

La vide scuotere silenziosamente la testa a quella domanda, forse davvero inopportuna. Perchè in fondo, nonostante tutto quello che gli aveva raccontato sulla sera della festa, Jieun si era comunque presentata davanti al Black Ink con un piccolo mazzo di fiori e, probabilmente, con le labbra già pronte a scusarsi con Taehyung per la discussione che aveva avuto origine tra loro a seguito dell'incontro con il padre di lui.

— Jungkook tutto questo comunque non cambia le cose, — Jieun interruppe così i suoi pensieri, nella vaga speranza che mettendo a tacere quelle sue cupe teorie, la situazione tra loro non sarebbe degenerata ancora una volta, — Se vuoi davvero risolvere le cose allora devi starmi lontano, dico sul serio, — aggiunse poi, lievemente spazientita.

Credette stupidamente di essere riuscita a persuaderlo delle sue convinzioni, a convincerlo che sarebbe davvero stato meglio lasciar perdere. Ma il cuore di Jieun quasi perse un battito quando, invece che rispondere a quella sua esplicita richiesta di maggiore spazio e più ampie distanze, Jungkook le si avvicinò senza un'ombra di paura ad impensierire quel suo sguardo sempre così limpido e sincero.

— No, — le comunicò perentorio, il tono più serio che mai, — Non voglio più giocare a questo gioco, — aggiunse subito dopo, tornando ad avvolgere e circondare la vita della ragazza di fronte a lui con entrambe le braccia.

— Quattro anni passati cosi, ad odiarci a vicenda, non lo voglio più fare, —

Ora che il respiro di Jungkook si era fatto più profondo e così tangibile, anche la mente di Jieun si era improvvisamente offuscata, rendendole meno chiare tutte quelle certezze che, fino anche solo a pochi istanti prima, le sembravano essere assolutamente fuori discussione.

— Pensi sia stato facile per me? — e, come se le sue labbra fossero state guidate da una forza molto più convincente che quella più razionale del suo cervello, Jieun decise improvvisamente di scoperchiare un vaso di Pandora troppo a lungo rimasto sigillato, — Tu non hai idea di quanto io mi sia sentita una sciocca a lasciarti all'epoca, ma non avevo la minima idea di ciò che stavo facendo! — aggiunse poi, come se il flusso delle sue parole fosse ormai incontrollabile, ma allo stesso tempo non volesse nuovamente apparire debole e sconfitta ai suoi occhi.

— Jieun, ho vissuto ogni giorno della mia vita provando ad odiarti, — questa volta fu Jungkook a prendere la parola, interrompendo così in un istante il monologo della ragazza, — Volevo davvero riuscire ad odiarti per aver pensato a cosa fosse meglio per me quando eri tu il meglio per me, — aggiunse solo un attimo dopo, gli occhi fissi su Jieun che questa volta scelse di non abbassare il proprio capo, mostrandogli così la sua espressione più sorpresa e scossa.

In quel preciso momento, la stretta intorno alla vita della ragazza si fece leggermente più stretta ma non per questo più dolorosa. Il volto di Jungkook, illuminato solo in parte dalla fioca luce della stanza, le si era fatto ancora più vicino, così vicino che Jieun credette davvero di poter avvertire sulle sue gote il respiro caldo del ragazzo che una volta ancora prese la parola, avanzando ancora di più verso di lei e costringendola così a schiacciare il peso del proprio corpo tra quello del giovane tatuatore e il grosso tavolo di legno massiccio dello studio.

— E vuoi sapere la verità? — chiese lui a quel punto, le labbra schiuse ormai a pochi centimetri da quelle più carnose di Jieun, immobile e ferma nella sua posizione, un pò meno nei suoi intenti.

— Perchè me lo stai chiedendo? — rispose lei con l'ultimo barlume di lucidità e coraggio che le erano rimasti, forse per provocarlo o, più semplicemente, per cercare in ogni modo di allontanare da sè la sensazione di piacevole calore che ormai aveva completamente inebriato i suoi sensi.

— Perchè poi non potrai più fare finta di niente, — le comunicò lui riacquistando il suo solito tono, perentorio ma stranamente agitato. Si prese poi ogni istante Jungkook, ogni secondo a sua disposizione per osservare il viso di Jieun con orgoglio, sicuro e per nulla sorpreso del fatto che una ragazza come lei avrebbe avuto il coraggio per fronteggiarlo con ogni sua arma, fino all'ultimo secondo. La loro era una battaglia che durava ormai da troppo tempo e a cui lui non vedeva l'ora di porre fine. 

Tutto questo era sbagliato. La loro relazione era sempre stata troppo difficile, troppo complicata e le circostanze di quel momento decisamente strane e assolutamente inopportune. Eppure, pur sapendo cosa sarebbe successo da lì a poco, Jieun si sentì come una sciocca ragazzina di quindici anni alle prese con gli ormoni della prima cotta: in quel momento, avvolta dal calore delle braccia di Jungkook, Kim Jieun si sentì nuovamente desiderata e amata come non si sentiva da tempo. Per quanto stesse provando con ogni cellula del suo corpo e massaggiandosi quell'anello di diamanti stretto ancora attorno al suo anulare sinistro per far tornare a galla, davanti ai propri occhi, l'immagine limpida di Taehyung, la giovane detective si scoprì presto impotente, sconfitta da quello stesso trasporto e fiume di emozioni che lei stessa aveva più volte cercato di soffocare.

I gesti successivi furono però rapidi ed irreversibili: Jungkook si prese giusto qualche secondo per lasciare andare la propria morsa intorno alla sottile vita di Jieun per poi portare entrambe le proprie mani sulle guance ancora arrossate della ragazza che, totalmente incapace di reagire, non potè fare altro che rimanere immobile ad ascoltare le parole, questa volta dal sapore dolcissimo, che presero forma dalla labbra del giovane proprietario di quel lussuoso studio di tatuaggi.

— Non ho mai smesso di provare qualcosa per te Jieun, —

Solo un secondo più tardi le labbra del ragazzo si posero su quelle di lei, certe di ritrovare quella delicatezza che Jungkook credeva scioccamente di essere stato in grado di dimenticare. Gli sarebbe quasi piaciuto poterla baciare e provare così a sè stesso di essere riuscito finalmente a togliersela dalla testa ma la verità, sempre più difficile da accettare, era che il calore e il sapore di quelle labbra tanto agognate lo avevano appena risvegliato da un torpore troppo a lungo assopito e controllato. E sapere, sentire, che Jieun stava ricambiando quella passione e quell'ardore lo stava lentamente portando all'estasi.

Era tutto troppo perfetto per essere vero e, come nei sogni migliori, anche Jungkook venne risvegliato all'improvviso proprio da quelle stesse mani che solo un attimo prima stavano giocando dolcemente tra i suoi folti capelli corvini. Jieun si staccò infatti da lui all'improvviso, appoggiando entrambi i palmi contro il suo petto e chiedendogli silenziosamente scusa per ciò che era appena successo tra loro.

— Jungkook ti prego, —

Davvero Jieun lo stava supplicando? Implorandolo di fare cosa? A questo punto non c'era nulla che lui non avrebbe fatto per cercare di riconquistarla e Jungkook voleva solo che lei ne fosse pienamente cosciente. Avrebbe sistemato tutto, ogni cosa, chiunque avrebbe ancora tentato di mettersi tra loro. Non l'avrebbe persa una seconda volta, non quando lei gli aveva appena dimostrato di provare ancora del sentimento nei suoi confronti, un sentimento difficilmente confondibile con l'amicizia o la mera attrazione.

— Devo tornare a casa, — la avvertì solamente asserire a denti stretti, guardandola aprirsi un piccolo varco per potersi allontanare il più velocemente possibile dal suo corpo ancora bollente e recuperare così il cappotto da terra prima di dirigersi a passo svelto verso la porta dell'ufficio, — Perdonami, — fu tutto quello che fu in grado di aggiungere poi, portandosi una mano su quelle labbra ancora colpevoli e aiutandosi con l'altra per aprire la pesante porta che, dall'ufficio di Jungkook, dava sul corridoio del Black Ink, ancora fiocamente illuminato. Jieun si incamminò così, senza voltarsi indietro nemmeno una volta, verso l'uscita di quello studio di tatuaggi, ormai completamente deserto se non per la innocua presenza di un tavolo da buffet da sparecchiare e qualche bicchiere semi vuoto appoggiato qua e là su un bancone improvvisato.

Nessuno avrebbe potuto immaginare però che, nei medesimi istanti ma dall'altra parte della città, ben al riparo dalla pioggia all'interno della volante della polizia prestatagli da Namjoon, Kim Taehyung aveva invece appena acceso il proprio cellulare dopo un'intera notte di ricerche senza successo per mandare un unico, veloce messaggio ad un destinatario ben preciso, certo che questi avrebbe sicuramente capito di cosa lui stesse parlando e quali fossero le sue intenzioni.

"Non ce la faccio più ad andare avanti così hyung, devo chiarire con Jieun e adesso so cosa fare. Lei merita di sapere la verità Hoseok, non aspetterò oltre, anche a costo di far saltare queste stramaledette indagini"



 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

sapete che cos'è il blocco dello scrittore? ecco, io ogni santa volta che decido di impegnarmi in una long finisco con l'inciampare in un momento di assoluta stasi. in più, l'aver avuto un agosto 'complicato' e l'essere poi stata in ferie aiuta solo a distendere i nervi, ma sicuramente aumenta di gran lunga il numero delle distrazioni lol
quindi mi rifaccio viva dopo quasi un mese con un aggiornamento che, perlomeno per me, sancisce veramente il "giro di boa" di questa fanfiction.

le cose tra tae e jieun si mettono veramente male ora.. non che il vento soffi a favore di jungkook (che dopo aver baciato jieun la lascia "andare via" ancora una volta senza inseguirla), però ecco.. ho il vago sentore che ora sia tutto nelle mani di jieun decidere con chi stare e cosa fare della sua vita amorosa o meglio, tutto sta in ciò che il mio cervello deciderà di elaborare prossimamente ;);););)

è difficile per me trovare le parole giuste per esprimere costantemente la mia gratitudine nei confronti di chi passa di qua a leggere e recensire la mia storia, ma voglio ringraziare con tutto il cuore Vavi_14, CrisBo, Calowphie e Blue_Wander per la pazienza che avete nei confronti della mia inesorabile lentezza (ad aggiornare e rispondere ai vostri commenti e alle vostre impressioni su queste vicende fittizie XD) 

ok, anche per questo capitolo le comunicazioni di servizio sono ufficialmente terminate: io vi bacio e vi purplo tutti, ci si sente alla prossima!

bvb

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Capitolo 15
*** [15] ***


 
BLACK INK.

 

[15]

 

Nel momento in cui non riuscì ad evitare l'ennesimo starnuto della mattina, Jieun si ritrovò a pensare che forse l'idea di lasciare il Black Ink per aggirarsi tra le vie della città alle prime luci dell'alba dopo un'intera nottata di pioggia e vento non era stata una delle sue idee migliori. Si soffiò il naso esasperata, non riuscendo nemmeno a trattenere una piccola smorfia di dolore causata proprio dallo sfregamento di quell'irritante fazzoletto di carta contro la punta delle sue narici umide e ormai definitivamente arrossate, così come le sue guance e il perimetro delle sue labbra. Quel tremendo raffreddore si era presto impossessato della sua testa e del suo naso, costringendola così a rifugiarsi nel primo bar aperto che era riuscita a trovare lungo la strada dove Jieun aveva ordinato una tisana bollente, certa che sarebbe bastata quella a curare tutti i suoi mali e a calmare la tempesta di pensieri e di sensazioni che, dalla sera precedente, non l'avevano più abbandonata.

C'era un enorme ed incommensurabile senso di colpa a pesare sul suo petto come un macigno. E nelle poche ore che avevano preceduto l'alba, questa sensazione si era presto trasformata in un fardello impossibile da sostenere e ancora più difficile da sopportare. Non solo si sentiva una vera stupida per le condizioni pietose in cui si era presentata al Black Ink la sera precedente ma, ogni volta che si trovava a socchiudere gli occhi per cercare di scacciare dalla propria mente le immagini di ciò che poi era successo all'interno di quelle quattro mura, queste le si ripresentavano davanti agli occhi senza che lei potesse fare nulla per respingerle. E quando aveva provato anche solo a pensare che potesse essersi trattato solo di un'allucinazione veniva colpita da un senso di vuoto e di stordimento come mai prima d'ora. Si sentiva maledettamente in colpa per Taehyung, che aveva cercato di raggiungere per tutta la sera non credendo realmente possibile che fosse davvero andato a controllare la situazione alla riapertura del Black Ink. Per non parlare di Jungkook, che non solo l'aveva accolta per l'ennesima volta in quella che - a conti fatti - era casa sua, ma prima di baciarla aveva deciso di metterla al corrente del fatto che fosse ancora innamorato di lei. E Jieun, che avrebbe solo voluto imputare la sua risposta a quel bacio ad un momento di lucida follia, si era ritrovata in quel piccolo bar  a maledire se stessa perchè non poteva fare a meno al sapore dolce di quelle labbra morbide sulle sue.  E malgrado una parte di lei avrebbe voluto rinnegarle con forza, le sensazioni che aveva provato e che l'avevano completamente travolta erano riuscite a farla sentire bene come lei stessa non ricordava di stare da mesi ormai.

Si portò quindi entrambe le mani sulla fronte prima di chiudere gli occhi per auto-convincersi che sarebbe stato molto meglio lasciarsi tutto quanto era accaduto solo poche ore prima alle spalle, per cercare di non alimentare ulteriormente quella piccola fiamma che Jieun era realmente intenzionata a spegnere prima di scottarsi
In quel momento però, i suoi occhi si posarono proprio sull'anulare della sua mano sinistra, poco prima appoggiata contro le sue labbra: su quel dito rimaneva ancora ferma la promessa di un futuro roseo e brillante insieme a Taehyung, che le aveva regalato quell'anello luccicante e costoso proprio giurandole amore eterno.

Ma era davvero ciò che desiderava? E sarebbe stato ancora ciò che Taehyung avrebbe voluto dopo che lei gli avrebbe confessato ciò che era successo con Jungkook?

Persa in questi pensieri, la tazza di bianca ceramica ancora semi-piena di tisana ormai fredda sul tavolo, a Jieun servì ben più di qualche secondo per capire che era davvero il suo telefono l'oggetto non identificato a vibrare rumorosamente all'interno della giacca del suo inseparabile cappotto grigio. Lo estrasse dalla tasca con fare quasi annoiato, come se avesse realmente preferito rimanere a crogiolarsi nella durezza dei suoi stessi pensieri ancora per un pò. Ma fu costretta a rinsavire e ricredersi quando, sullo schermo del suo telefono illuminato, non comparve il nome di Park Jimin.

— Pronto? —

— Jieun? Oh grazie a dio hai risposto, — le urlò un trafelato Jimin dall'altro capo del telefono, — Sei in ufficio? — chiese poi con fare frettoloso.

— No, oggi sono di riposo, — rispose Jieun massaggiandosi piano la fronte, un pò risentita del fatto che, nonostante fossero passati quasi due minuti dall'inizio della loro conversazione, Jimin non le avesse ancora chiesto nulla di ciò che fosse successo la notte precedente.

— Jieun non è in centrale hyung, —

Questa volta fu lei ad insospettirsi nell'avvertire il giovane socio del Black Ink confabulare qualcosa di ancora incomprensibile alle sue orecchie a Yoongi che, a propria volta, si limitò a rispondere in lontananza con qualche espressione dialettale impossibile da comprendere.

— Jimin va tutto bene? —

— No, cioè si, tutto bene, —

— Sei sicuro? — lo rimbeccò nuovamente la giovane detective abbassando il tono della propria voce ed appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo, per cercare di crearsi uno spazio più "intimo" da cui poter parlare all'interno di quel bar che, a quell'ora del mattino, stava cominciando a farsi più affollato del previsto.

— Allora se Yoongi mi sente sono un uomo morto ma, — lo sentì pronunciare quelle parole con un filo di voce, quasi a denti stretti. Probabilmente anche lui doveva essersi creato un proprio spazio per evitare che i suoi sussurri venissero percepiti dal socio più anziano del gruppo, — Stamattina quando sono arrivato ho sentito che lui e Jungkook stavano parlando animatamente di un certo Kim Young, —

Le era bastato sentire quel nome uscire flebile dalle labbra di Jimin per scatenare una serie di forti brividi che percorsero tutta la sua schiena come scosse improvvise. Fu solo così che Jieun si convinse definitivamente che non poteva più essere un banale raffreddore la causa principale del suo stato di perenne freddo ed indolenzimento.

— Poi Jungkook ha preso il giubbotto ed è uscito, — lo sentì aggiungere poco dopo, la sua voce sempre così limpida e squillante ora ridotta ad un sussurro lieve e sottilissimo, — Credo stia andando in centrale per parlare con Taehyung, —

— Che cosa? —

L'esclamazione di Jieun non solo venne avvertita da ogni cliente del locale, ora intento a fissarla, ma persino Yoongi si era fatto più vicino all'orecchio di Jimin per cercare di dare un senso a quell'insolita esclamazione da parte della ragazza che, ora in piedi al centro del piccolo bar, aveva già iniziato a raccogliere le poche cose che aveva portato con sè dalla sera precedente.

— Jieun, Jieun ascolta, — riuscì a richiamare ancora una volta la sua attenzione il giovane Jimin, già pronto a troncare quella telefonata alla prima imprecazione della ragazza, — Jungkook ha una pistola con sè e-, —

Non servì nemmeno lo sguardo inquisitore di Yoongi per convincere Jimin ad interrompere quella breve telefonata: Kim Jieun aveva volutamente troncato la loro conversazione nella maniera più brusca possibile, sbattendogli praticamente il telefono in faccia.

"Taxi" era stata l'ultima cosa che Jimin era riuscito ad udire con chiarezza dall'altro capo del telefono, prima di avvertire distintamente le lamentele e le imprecazioni di Yoongi perpetrarsi attraverso ogni parete del locale.

 

***
 

Spense il motore dell'auto con fare sbrigativo, concentrandosi ad osservare il proprio volto riflesso nello specchietto retrovisore, non potendo fare a meno di notare quanto il suo intero outfit non rispecchiasse minimamente il clima mite e sereno di quella tiepida mattina di metà autunno, in netto contrasto con la notte precedente. L'armadio della sua camera era sempre stato pressoché monocromatico: una serie infinita di magliette, giacche, felpe e pantaloni di diversa natura e larghezza accomunati però da un unico colore, il nero. Neri persino i suoi inseparabili accessori, dai cappelli agli occhiali, dalle calze e a quei pesanti borsoni da palestra e zaini che Jungkook era solito portare quasi sempre con sè. Non che amasse particolarmente il nero di per sè, ma il giovane proprietario del Black Ink si ritrovò a pensare al fatto che indossare capi di quel colore lo faceva sentire particolarmente a suo agio. Tornò così ad osservare ancora per un attimo il proprio volto riflesso nello specchietto e, quasi in un gesto automatico, il suo sguardo si posò per un brevissimo istante sulla tasca del suo giubbotto, tastandone il freddo contenuto con la mano tatuata. Jungkook prese un profondo respiro prima di convincersi ad uscire dalla sua auto, iniziando poi ad incamminarsi a testa alta verso l'ingresso della centrale di polizia di Seoul con una meta ben precisa nella testa.

Non aveva più messo piede in quella centrale dalla notte della morte di suo fratello Junghyun. Eppure, nonostante da allora di anni ne fossero trascorsi parecchi, Jungkook credette di poter riconoscere ogni porta a cui si era appoggiato ed ogni parete su cui aveva ingiustamente scagliato tutta la sua rabbia ed il suo dolore in quella lunga ed interminabile notte. Concentrato com'era a portare a galla una serie di ricordi indelebili del suo passato, Jungkook non si era quasi reso conto del fatto di essere letteralmente al centro dell'attenzione di ciascun operatore all'interno dell'immensa sede. Le occhiate fastidiose che gli venivano lanciate passo dopo passo erano presto state seguite da commenti e schiamazzi poco piacevoli da parte del personale di turno in quella mattinata assolata. E forse, levarsi quella pesante giacca di pelle nera e mettere in mostra il braccio destro, interamente ricoperto di tatuaggi, non aveva certo aiutato il suo già abbastanza tenebroso aspetto a renderlo più presentabile agli occhi di tutti i presenti. Non che a Jungkook fregasse realmente qualcosa, ma il colore nero di solito - o almeno nel suo studio - gli permetteva di rendersi "invisibile", di confondersi bene tra i clienti vecchi e nuovi del locale. Operazione che invece, in questo caso e in questo particolare contesto, non gli era particolarmente riuscita.

Non ebbe comunque troppo tempo per rimuginarci sopra perchè il suo sesto senso e la sua memoria visiva lo avevano portato proprio davanti ad una porta laccata di bianco che Jungkook spalancò senza nemmeno prendersi la briga di bussare. Al suo interno però, a differenza della notte in cui suo fratello maggiore aveva perso la vita, in quel momento vi si trovava solo un giovane uomo dal bell'aspetto, elegante e professionale, in un completo verde brillante che ben si addiceva al colore del suo incarnato e che non aveva fatto altro che contribuire a mettere in risalto quei lineamenti raffinati del suo viso.

— Mi sembrava che i nostri patti fossero chiari, io non entro nel tuo territorio e tu non ti avvicini al mio, — lo accolse così Kim Taehyung, senza nemmeno provare a sollevare il proprio sguardo dalla scrivania.

— Non mi inviti quindi ad accomodarmi? — chiese in tono falsamente offeso il più giovane dei due, non facendosi alcun problema a prendere posto nell'unica poltrona presente di fronte alla scrivania dove Taehyung era ancora intento a scribacchiare alcune carte.

— Perchè sei qui, Jungkook? — domandò il giovane procuratore solo in seguito, una volta dopo aver appoggiato con insolita delicatezza i propri occhiali sul tavolo ed essersi alzato dalla comoda poltrona su cui, poco prima, si era affrettato a dare il proprio cortese benvenuto al suo più giovane ospite.

— Mi sembrava di averti sentito dire che avevamo lo stesso obiettivo, — si spiegò Jungkook solo allora, cogliendo l'occasione per farsi più vicino alla scrivania  portando entrambe le mani sulla superficie limpida della tavola.

— Lo abbiamo infatti, — si limitò a rispondere l'altro, sorridendo nella direzione di Jungkook con un'espressione fin troppo serena stampata sul volto.

Espressione che permise immediatamente al più giovane di scatenare la sua furiosa rabbia e di scaraventarsi contro il suo avversario costringendolo ad arretrare verso la parete più vicina, tenendolo con una mano per il bavero della camicia ed avvicinando il suo sguardo di fuoco a quello decisamente più pacato di Taehyung che, tuttavia, ancora non aveva perso quel suo sorriso labile e sghembo.

— Senti grandissima testa di cazzo, chi è che mi ha fatto giurare di non coinvolgere Jieun in questa storia? —

— Disse quello che non ha esitato un secondo ad infilarle la lingua in bocca alla prima occasione, — sputò l'altro a pochi centimetri dal volto del più giovane, gli occhi questa volta ricolmi di rabbia che, in effetti, forse anche Taehyung non vedeva l'ora di poter sbollire.

Fu con quelle parole che il giovane procuratore capo della polizia di Seoul riuscì facilmente a liberarsi della presa di Jungkook sul colletto dei quell'elegante camicia, ormai sgualcita.

— Come diavolo fai a-, —

— Devo forse ricordarti che prima di essere un procuratore sono un poliziotto? — confessò Taehyung interrompendo la sciocca domanda del giovane proprietario del Black Ink proprio sul più bello, costringendolo tra l'altro ad indietreggiare momentaneamente di qualche passo per cercare di recuperare un pò di fiato, — Non lo sapevo, ma era da un pò che avevo i miei sospetti e guarda un pò chi mi ha appena offerto la sua confessione spontanea, —

— Sei un maledetto bastardo, —

Il pugno che colpì Taehyung in pieno volto gli provocò meno dolore del previsto. Era un pò come se sentire il sangue caldo colare dal naso avesse in qualche modo risvegliato il suo sesto senso e la sua voglia di lottare che credeva stupidamente di aver perso, soprattutto negli ultimi mesi.

— Nonostante possa sembrarti impossibile Jeon, anche io voglio che mio padre paghi per tutto ciò che ha fatto almeno tanto quanto lo vuoi tu, — tornò poi a confessare Taehyung, portandosi istintivamente il polsino della sua camicia bianca contro la narice colpita, per cercare di frenare momentaneamente l'emorragia.

— Ohh ti ringrazio, in fondo lui è l'uomo che ha solo ucciso mio fratello e dato fuoco al mio studio, — si prese gioco di lui Jungkook, ma c'era tanta rabbia e ancora troppo dolore nelle sue parole e in quella frase sputata con enorme disappunto, — Lei lo sa? —

— Ohh andiamo, non tirare di nuovo in mezzo Jieun, —

— No Kim, tiriamola in mezzo, — sbraitò il più giovane, tornando ad avvicinarsi a Taehyung con intenzioni tutt'altro che pacifiche, — Perchè noi due qui presenti forse sapremo tutta la storia, ma lei sa che tipo di ragazzo frequenta da quattro anni? —

Jungkook lo tirò nuovamente a sè per il colletto ma, ancora una volta, non ricevette alcun tipo di reazione o di risposta da parte di Taehyung se non quel suo solito, fastidioso sorriso sghembo, quasi compiaciuto. E sarebbe stata sua intenzione colpirlo ancora e ancora fino a farlo sanguinare molto più che non qualche goccia di sangue dal naso se qualcuno di conoscenza di entrambi non si fosse palesato in quel momento proprio davanti alla porta.

— Non lo so più forse, ma voglio che adesso tu te ne vada e mi permetta di scoprirlo da sola, —

Jieun era arrivata in centrale trafelata come mai prima d'ora. Aveva lasciato più soldi del dovuto al tassista, certa di non avere il tempo per permettersi di chiedergli il resto e poi si era lanciata in tutta fretta verso l'ingresso della stazione di polizia come nemmeno una persona in ritardo nel suo primo giorno di lavoro avrebbe saputo fare. Non aveva avuto il tempo per salutare nessuno, nemmeno il suo stesso fratello che l'aveva vista semplicemente sfrecciare come una scheggia verso l'ufficio di Taehyung.

Ed era stato così che Jieun era arrivata sulla soglia della porta dello studio del procuratore con il battito accelerato, il cuore in gola pronto a scoppiare da un momento all'altro e gli occhi increduli di fronte ad uno scenario che, comunque, rimaneva meno grave di quello che la sua testa aveva immaginato durante tutto il tragitto.

— Jungkook ti prego, esci da qui e vai a casa, — gli intimò poco dopo essere tornata a respirare regolarmente, osservandolo mollare la presa sul colletto di Taehyung per rivolgere invece a lei le proprie attenzioni. Ma, nonostante l'espressione sorpresa, Jungkook non sembrava ancora essere intenzionato a lasciare quella stanza.

Per questo motivo fu proprio Jieun ad avanzare verso di lui, afferrandogli il polso con forza e trascinandolo così verso l'uscita dell'ufficio di Taehyung, non potendo comunque fare a meno di notare quelle sue nocche tatuate leggermente gonfie e arrossate, accertandosi così che tra i due doveva esserci comunque stata una prima collutazione.

— Sei impazzito per caso? Potevi essere arrestato solo perchè porti delle armi non identificate all'interno di una centrale di polizia, — gli sussurrò poi, non dimenticandosi di celare la propria preoccupazione utilizzando un tono piuttosto arrabbiato, non potendo fare a meno di osservarlo sistemarsi in silenzio la maglia nera sotto quell'impenetrabile giacca di pelle dello stesso colore.

Avrebbe tanto voluto risponderle che ancora una volta gli aveva dato prova di essere preoccupata per lui, ma Jungkook non ne ebbe il tempo perchè Kim Taehyung, dall'altro capo della stanza, era riuscito a precederlo ancora una volta.

— Volevi uccidermi Jeon? Volevi forse farmi fuori? — lo provocò il giovane procuratore ancora una volta, fregandosene delle occhiate furenti che Jieun aveva provato a lanciargli, senza sortire però alcun effetto. L'unica cosa in cui la giovane detective poteva sperare in quel momento era che Jungkook non cadesse, accecato dalla rabbia, nella trappola tesagli proprio da Taehyung.

— Non ci saranno sempre queste quattro maledette mura a proteggerti procuratore Kim, — lo sentì pronunciare, il volto contratto rivolto completamente verso il diretto interessato, — E quando arriverà quel momento, ti consiglio di guardarti bene le spalle perchè-, —

— Jungkook ti prego adesso vattene se non vuoi peggiorare la tua situazione, —

Lo guardò allontanarsi a passo lento e cadenzato, le mani all'interno delle tasche dei suoi jeans neri, strappati all'altezza delle ginocchia. Non le aveva rivolto altro che un veloce sguardo, ma senza trasmetterle alcun tipo di emozione. Il suo le era sembrato uno sguardo perso, stanco, per la prima volta quasi sconfitto. Persino Hoseok, che si era ritrovato a percorrere quel corridoio proprio in quel momento, dovette fermarsi un attimo e sollevare la testa dalle proprie scartoffie per rendersi conto che l'uomo che gli era passato accanto non era altri che Jeon Jungkook in persona. Non lo seguì con lo sguardo, ma la sua testa si mosse quasi spontaneamente nella direzione da cui Jungkook sembrava provenire. E lì, gli occhi sempre visti e attenti di Hoseok incontrarono quelli di Jieun che, come unico cenno, si portò il dito indice sulle labbra, pregandolo così di non riportare a nessuno, ma soprattutto a Namjoon, ciò che si era appena ritrovato a vedere. Il giovane poliziotto si limitò così ad annuire senza dare adito ad ulteriori commenti e, pur sapendo di dover consegnare quelle pesanti cartelle a Taehyung, decise che forse una lunga pausa caffè nell'attesa che l'ufficio del procuratore tornasse di nuovo libero non poteva poi essere una decisione tanto malsana.

All'interno di quell'ufficio però, Jung Hoseok non poteva immaginare cosa stesse succedendo tra la sua migliore amica e il suo capo.

— Da dove vogliamo iniziare? —

Non aspettò nemmeno di essersi assicurata di aver chiuso la porta alla sue spalle prima di rivolgere la parola a quello che, a tutti gli effetti, rimaneva ancora il suo fidanzato che, per tutta risposta, inizialmente si limitò ad alzare entrambe le spalle in un gesto di stizza.

— Non lo so Jieun, forse inizierei da ciò che è successo tra te e mister tatuaggio, — la risposta tagliente di Taehyung non si fece comunque attendere, riuscendo però a sorprendere Jieun meno di quanto avesse sperato.

La ragazza infatti, pur non potendo in alcun modo nascondere la propria espressione sorpresa, si avvicinò a Taehyung senza abbassare il proprio sguardo, non mostrandosi intimorita da quelle parole che indubbiamente l'avevano lasciata spiazzata.

— Ero venuta al Black Ink convinta di doverti delle scuse per come mi sono comportata alla festa di tuo padre, — confessò poi, avvicinandosi alla scrivania dove lui era rimasto in piedi, il polsino della sua costosa camicia bianca macchiato dal suo stesso sangue che non sfuggì tuttavia allo sguardo furtivo della ragazza.

— E siccome non mi hai trovato, hai pensato bene di baciare Jungkook, — rincarò la dose il giovane procuratore, non muovendosi invece di un singolo passo verso di lei, ma piuttosto appoggiandosi alla scrivania ed incrociando poi entrambe le braccia al petto, l'espressione del volto ferma e tirata, in attesa di spiegazioni.

— E' stato un errore, —

Jieun si morse il labbro l'istante successivo, non potendo davvero credere che il suo cervello avesse elaborato una scusa tanto patetica e meschina. Era venuta qui nella speranza di ritrovare Taheyung ancora vivo nonostante la visita a sorpresa di Jungkook, ma sarebbe mai stata abbastanza preparata per affrontare un discorso del genere.

— No, lo sai meglio di me che queste cose non accadono per "errore", — e infatti le crude parole di Taehyung non tardarono ad arrivare, — Se lo hai fatto è perchè volevi farlo, non mentirmi dannazione, —

Fu solo allora che la giovane detective diede il primo segno di cedimento: pur essendo arrivata fino a lì con tutta l'intenzione di fronteggiare l'uomo con cui aveva condiviso quattro anni della propria vita, lo sguardo di Taehyung appariva così freddo e distaccato e le sue parole così dure che la giovane detective si ritrovò presto ad abbassare la testa, sentendola improvvisamente pesante.

— Vuoi la verità Jieun? Bene, cominciamo col dire che sei solo una povera sciocca, anzi una vera stupida perchè cerchi sempre il buono in tutti quando in realtà c'è solo marciume, — questa volta fu Taehyung a prendere parola, iniziando così un discorso a cui Jieun era appena stata chiamata a prestare la massima attenzione.

I loro corpi erano lì, a pochi centimetri l'uno dall'altra, così vicini che la ragazza avrebbe tranquillamente potuto avvertire le vibrazioni della voce di Taehyung ed il suo respiro caldo e pesante pur non osando sfiorare quella pelle dorata nemmeno con la punta delle dita.

— Che cosa vedi, quando mi guardi? — incalzò lui nuovamente, alzandosi dalla scrivania dove fino a quel momento aveva trovato appoggio, ma senza muoversi di un passo verso il corpo di lei, — Vedi un ragazzo elegante e sempre ben educato, cresciuto in una famiglia ricchissima che vuole solo fare del bene, — proseguì poi nel suo discorso, prendendosi delle piccole pause solo per riprendere fiato.

In fondo, Taehyung sapeva che la verità che stava per rivelare a Jieun li avrebbe portati a riavvicinarsi definitivamente o allontanati per sempre. E, in cuor suo, il giovane procuratore non se la sentiva proprio di scommettere, perchè le probabilità pendevano totalmente verso la seconda delle due opzioni.

— Ho sempre visto mio padre come un modello da seguire, ad ogni passo.. Ho compiuto gli studi che lui ha voluto per me, mi sono iscritto alla migliore facoltà di giurisprudenza di Seoul per eguagliarlo, — cominciò così il suo racconto, non distaccando per un solo istante i propri occhi dal corpo inerte di Jieun, ancora in totale e raccolto silenzio a pochi centimetri da lui, — Ed è stato così anche quattro anni fa quando, quella sera al White Wall, io ero lì per suo ordine, — proseguì poi nella sua personale versione dei fatti il giovane procuratore, notando come le mani di Jieun fossero diventate bianche a furia di stringersi come in un pugno contro la manica del suo stesso cappotto.

— Mi aveva chiesto di tenerti d'occhio perchè sapeva che eri tu l'anello debole ancora rimasto di Jungkook, — le parole uscirono dalle sue labbra come in un fiume in piena, come se nemmeno la sua testa ora fosse in grado di controllarle, — Voleva che mi approfittassi di te solo per poter poi utilizzare tutto questo contro di lui e distrugger-, —

— Taehyung tu non stai dicendo sul serio, —

Fu pronunciando quelle parole che Jieun tornò a sollevare il proprio sguardo, non avendo alcun timore di mostrare a Taehyung i suoi occhi gonfi e arrossati, i denti stretti contro la parte inferiore delle proprie labbra solo per costringersi a non pronunciare frasi di cui poi si sarebbe inevitabilmente pentita.

— Quella sera al White Wall però io mi sono veramente innamorato di te, — la confessione di Taehyung stava permettendo a Jieun di rimettere insieme tutti i tasselli di un puzzle che ormai da troppo tempo era rimasto senza soluzione e, allo stesso tempo, stava lentamente ma inesorabilmente distruggendo quel castello di carte che entrambi avevano creato per cercare di dare solidità e spessore alla loro relazione che, vista ora, stava invece cadendo semplicemente a pezzi, — Mi sono innamorato di te Jieun e, per la prima volta in 27 anni di vita, forse mi sono reso conto che non tutto ciò che usciva dalla mente e dalla bocca di mio padre era qualcosa di brillante, — disse tutto d'un fiato, per poi rimanere nuovamente in silenzio ed in attesa di un qualsiasi tipo di reazione da parte di Jieun che, tuttavia, sembrò tardare ad arrivare.

— Così quando finalmente ho conquistato la sua fiducia e sono diventato procuratore della centrale in sua vece mi sono fatto dare una mano da Hoseok per indagare sui traffici illeciti gestiti da mio padre che, abbiamo scoperto, vuole eliminare Jungkook per allargare il suo "giro", — decise comunque di proseguire nel proprio racconto il giovane procuratore, sentendo come se - in realtà - stesse raccontando qualcosa al di fuori di lui, come se non potesse davvero credere di essere parte integrante, o meglio, vero protagonista delle vicende che si era ritrovato a raccontare.

Avrebbe voluto scatenare in lei un qualunque tipo di reazione, stava solo aspettando che Jieun gli saltasse al collo o gli tirasse un bello schiaffo in faccia. Erano ormai mesi che Taehyung non riusciva a prendere sonno la notte al pensiero di dover affrontare questa cruda verità proprio davanti a lei, la sola donna per cui sapeva di provare del sentimento vero, la sola per cui era ancora disposto a lottare con le unghie e con i denti, ma mai si sarebbe aspettato di sentire sulla propria pelle che quel perpetrato silenzio lo stava torturando più che qualsiasi suo schiaffo o parola di odio.

— Non ho ancora abbastanza prove per incriminarlo, ma non mi fermerò fino ad allora, — aggiunse poi, in ultima istanza, questa volta trovando il coraggio per avvicinarsi a lei e stringere le sue mani bollenti contro quelle braccia sottili e tremanti, — Anche se questo indubbiamente porterà anche Jungkook ad espor-, —

Non riuscì a terminare quella frase perchè, con un gesto fulmineo, Jieun si scrollò immediatamente di dosso il calore di entrambe le sue mani, ora più che mai sconosciute, allontanandosi da lui ancora di qualche passo solo per poi tornare a sollevare il proprio sguardo e fronteggiarlo così, nuovamente a viso aperto.

— Tae ti prego, — nonostante la rabbia che sentiva montarle dentro, Jieun aveva pronunciato il suo nome con voce spezzata, preferendo usare quel nomignolo dolce che le faceva ricordare quello che Kim Taehyung era stato per lei in tutti questi anni, — Dimmi che tutto quello che hai detto finora è una colossale bugia, —

La sua voce era flebile, quasi un sussurro, che però alle orecchie del giovane procuratore giunse come un tuono imponente. Nel giro di una sola ora, Kim Taehyung era passato dall'essere furioso con il mondo intero e con Jieun per ciò che aveva scoperto essere accaduto tra lei e Jungkook a non poter provare altro che ribrezzo per se stesso, per tutto quello che in cinque anni di relazione le aveva nascosto. Come poteva prendersela per un bacio quando lui le aveva mentito fin dal primo giorno?

— A differenza di Jungkook, io ho sempre e solo voluto proteggerti, — fece un altro passo verso di lei, o forse verso la sua definitiva sconfitta, ma Taehyung voleva, doveva farle sapere che tutto quello che aveva fatto, ogni parola non detta, ogni gesto non compiuto, ogni cosa tenuta segreta ai suoi occhi era stato fatto solo per amore di lei, per non far saltare quella copertura che lui stesso aveva impiegato quattro anni a tessere contro il suo stesso padre.

— Cosa diavolo c'entra Jungkook adesso? E' di te che stiamo parlando ora, —

— Perchè lui ti ama, maledizione Jieun! — finì la frase iniziata dalla ragazza il giovane procuratore, — Ti ama a tal punto che morirebbe per te, ma sa anche di essere in svantaggio nei confronti di mio padre e di non poterti proteggere così come potrei fare io, — aggiunse poi, allargandosi il collo della cravatta per cercare di tornare a respirare in maniera regolare.

— E da cosa vorresti proteggermi eh, Taehyung? Dagli sporchi affarti di tuoi padre? O forse da te stesso? —

Erano entrambi sul punto di cedere, di crollare e di lasciar perdere tutto ma, con due caratteri così orgogliosi e fieri, Teahyung e Jieun non avevano ancora smesso di studiarsi, di affrontarsi sempre tenendo lo sguardo ben fisso l'uno sull'altra. Almeno fino a quando, a quella domanda, non fu proprio il giovane procuratore ad abbassare le proprie difese, riscoprendosi sconfitto da quell'amore che aveva cercato in tutti di modi di proteggere.

— Non sai quante volte avrei voluto parlartene, ma il rischio era troppo grande e-, — si concluse così il suo futile tentativo di trovare una scusa che potesse in qualche modo giustificare le sue azioni che, per quanto a fin di bene, Taehyung era perfettamente cosciente e consapevole sarebbero state difficilmente perdonabili.

— Quale rischio? Quello di mostrarti al mondo per come sei, uno sporco bugiardo? —

— Jieun-, — sussurrò il suo nome provando a raggiungere la manica del suo cappotto grigio con le dita lunghe e affusolate, ma Taehyung si accorse troppo tardi che Jieun si era già allontanata da lui, raggiungendo a passo svelto la porta di uscita dal quell'ufficio dalle pareti ora più claustrofobiche che mai, soffermandosi solo per un altro istante sulla soglia della porta.

— Devo tornare a casa ora, per oggi direi che abbiamo parlato abbastanza, — lo liquidò così, senza nemmeno voltarsi per guardarlo in faccia. Non c'era tremolio nella sua voce, nè disprezzo o un qualche tipo di compassione. Il tono apatico con cui Jieun aveva pronunciato quelle parole avrebbe però tormentato il giovane procuratore per il resto della giornata.

Kim Taehyung era riuscito a liberarsi di quel pesante fardello che per quattro lunghi anni lo aveva costretto a mentire ogni giorno davanti agli occhi di quella ragazza che non aveva fatto altro che affidarsi a lui, credendo ad ogni sua parola, ad ogni suo gesto, ad ogni sua azione. Forse alla fine lo sciocco era sempre stato solo lui che, fino all'ultimo, aveva sperato con ogni cellula ed ogni fibra del proprio corpo che non fosse questo il prezzo da pagare per aver finalmente detto la verità.






 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

un mese di assenza. quasi. non mi aggrapperò ad alcuna scusa se non dicendovi che tra lavoro e quel maledetto "blocco dello scrittore" che mi perseguita da settimane ormai mi viene difficile scrivere anche solo un paragrafo. ciò che avete letto oggi è frutto di un parto durato diverse notti insonni e mattine di pioggia che hanno fatto saltare alcuni impegni (sia lodato l'autunno ye!)

cavoli miei a parte che peró non posso fare a meno di raccontarvi, questo capitolo nasce con il preciso intento di mettere il dito in questa piaga a forma di triangolo e dare a jieun un bel motivo per svegliarsi fuori.

la dinamica ormai è chiara: a lei spetterà la decisione finale. riuscirà a perdonare il nostro taehyung per tutto quello che le ha nascosto in passato o deciderà di dare una seconda possibilità al sempre nostro jungkook? beh, forse lo saprete nell'ultimo capitolo di questa storia xD
in realtà credo ne manchino 4 o 5, ma siccome anche quest'ultimo si è rivelato essere più lungo del previsto potrei decidere di spezzare i prossimi in due parti (sperando solo di non metterci un'altra eternità per scriverli lol)

ok come al solito il mio angolo autrice si è fatto più lungo del previsto quindi io mollo gli ormeggi e vi abbraccio, sperando che siate ancora tutt* san* e salv* dopo tutto quello che i bts hanno droppato in queste settimane (e ultimi giorni)

vi purplo tutti quanti,

「bvb」

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Capitolo 16
*** [16] ***


 
BLACK INK.

 

[16]
 
 



"Mio padre voleva che mi approfittassi di te solo per poter poi utilizzare tutto questo contro Jungkook e distruggerlo"

— Ta-e-hyung, —

Il sole doveva essere tramontato da poco, ma il suo nome era la sola parola che la bocca di Jieun sembrava essere ancora in grado di pronunciare, sillaba dopo sillaba, quasi con fatica. L'unica parola a rimbombare costantemente nella sua testa da diverse ora, da quando - più precisamente - dalla centrale di polizia le sue gambe l'avevano ricondotta verso la strada di casa, la mente ed il cuore concentrati invece in tutt'altri pensieri.

Il ticchettìo insistente del grande orologio da parete della cucina sembrava scandire come un metronomo i battiti irregolari del suo cuore e presto anche le sue dita cominciarono a tamburellare con una certa insistenza sul tavolo, seguendo il ritmo cadenzato e quasi rasserenante di quelle lancette che avevano iniziato a guidare le sue lucide riflessioni. Jieun chiuse gli occhi solo il tempo necessario per concedersi un profondo respiro: in quel preciso istante infatti, il ricordo di un viso ben noto tornò ad annebbiare nuovamente i suoi ricordi mentre quelle parole, quelle promesse, avevano ricominciato a parlare al suo cuore così forte che le fu impossibile provare a pensare ad altro che non fosse ricollegabile a lui.

Solo qualche settimana prima Kim Taehyung le aveva chiesto di andare a vivere insieme, per iniziare una nuova vita che presto li avrebbe condotti davanti ad un altare a scambiarsi promesse di amore eterno. Guardandosi ora invece, Kim Jieun sedeva avvolta in una tuta decisamente molto più grande di lei davanti al tavolo della propria cucina, i capelli legati in un'alta coda di cavallo ed entrambe le mani avvolte attorno al piede destro - appoggiato sul sedile di una comoda poltrona - nel vano tentativo di provare ad infondersi del calore. Era rimasta in quella posizione per chissà quante ore, a fissare un punto non ben identificato davanti a sè, sperando che forse qualche mensola della cucina le avrebbe dato l'illuminazione definitiva.

Ora che quella la sua unica ancora di salvezza, la sua "relazione stabile", era sull'orlo di un precipizio, era come se Jieun riuscisse a vedere con maggior chiarezza tutti quei piccoli dettagli a cui prima, volente o nolente, aveva cercato di non dare troppo peso: la cena al ristorante prima di essere pedinati, poi la ferrea volontà di Taehyung di fingersi un infiltrato al Black Ink, le furiose litigate ogni volta dopo che veniva a sapere che lei e Jungkook si erano incontrati. Ogni tassello ora sembrava essere al proprio posto, ma la verità era che Jieun non avrebbe potuto sentirsi più confusa di così.

Arrabbiata con se stessa ed incapace anche solo di poter prevedere quali sarebbero stati i suoi stessi, futuri comportamenti nei confronti di Taehyung e Jungkook, la giovane detective quasi non si accorse che il campanello di quell'appartamento che ancora condivideva con il proprio fratello aveva iniziato a trillare insistentemente, convincendola che forse davvero qualcuno la stava cercando, che forse qualcuno aveva davvero ancora bisogno di lei.

Si alzò comunque di malavoglia, abbandonando quella calda posizione nella sola speranza che ad attenderla davanti al portone di casa non ci fosse proprio Namjoon, al quale Jieun non aveva la minima intenzione di raccontare cosa le stesse passando per la testa, sicura che lui avrebbe disapprovato in qualunque caso. Eppure, una volta davanti all'uscio di casa ed inserendo le chiavi nella toppa, forse per la prima volta Jieun si chiese se non fosse un abbraccio o una parola di conforto, magari proprio da parte di suo fratello, quello di cui in realtà aveva veramente bisogno.

Jieun sollevò il proprio sguardo nel momento stesso in cui riconobbe quel costoso paio di scarpe ai piedi della persona ancora immobile davanti alla porta di casa sua, rimanendo incredula ad osservare quella figura nera avanzare nella propria direzione solo per attirarla a sè e stringerla poi in un semplice ma confortante abbraccio che, almeno fino a quel preciso istante, Jieun aveva solo potuto agognare, certa di non poterlo meritare davvero. Il battito accelerato del suo cuore aveva già iniziato a tradire i suoi iniziali intenti ma, stretta tra le braccia di Jeon Jungkook, la giovane detective si sentì per la prima volta libera di mostrarsi finalmente debole.

— Cosa ci fai tu qui? — trovò ancora il coraggio di chiedere, nonostante le sue mani fossero rimaste ben strette attorno al collo della giacca di pelle del ragazzo di fronte a lei che, prima di rispondere a quella domanda, si ritrovò a soffocare una leggerissima risata.

— Sono stato un vero stupido oggi e mi dispiace averti fatto preoccupare in quel modo, — spiegò poi lui, tornando a sollevare il proprio mento, prima appoggiato dolcemente sulla spalla di lei, facendosi improvvisamente serio, — Ma sono anche un maledetto egoista, — aggiunse subito dopo, portando istintivamente la sua mano tatuata sulla nuca della ragazza, cominciando ad accarezzarla con una gentilezza che poche volte aveva dimostrato.

— Sono venuto qui perché ho bisogno di sapere se davvero provi ancora qualcosa per Taehyung, — si scostò momentaneamente da lei solo per poter pronunciare quelle parole guardandola in quei grandi occhi di cui era sempre stato innamorato, — Non ti giudicherò se mi dirai di si, ma io devo saperlo Jieun, ti prego, —

Non aveva più importanza a quale prezzo, né con che mezzo, non aveva nemmeno più alcuna rilevanza attraverso quanti e quali sacrifici: Jungkook sarebbe stato disposto a morire anche adesso, se questo fosse bastato per vederla tornare da luianche solo per quell'effimero istante. Ora, di fronte a lui, Kim Jieun era ancora in tempo per decidere di fuggire, di correre via e cambiare il proprio destino. Avrebbe certamente potuto farlo perché Jeon Jungkook glielo stava chiedendo attraverso quel suo sguardo allettante intento a scrutare ogni parte del suo viso stanco ma non per questo meno desiderabile. Lui la stava invitando a seguirlo con quegli stessi occhi che l'avevano conquistata fin dal primo momento e che ora erano concentrati a calcolare quante lacrime avessero bagnato quelle sue guance così stanche di fare la cosa giusta. Avrebbe potuto semplicemente prendere l'iniziativa e decidere di portare Jieun via con sè, lontano da quel mondo così ingiusto, a cui forse nessuno dei due sentiva di appartenere davvero, ma non lo avrebbe mai fatto senza prima ricevere una risposta sincera da parte della ragazza che però, ancora scossa da quell'insolita richiesta, non aveva ancora trovato la voce per proferire parola.

— Non hai il diritto di farmi questa domanda, — la sentì rispondere ad un tratto, le mani ora appoggiate contro il suo petto, ma solo nel vano tentativo di provare ad allontanare quel corpo caldo da sè.

— Ok allora fammi cambiare domanda, — Jungkook infatti le si fece più vicino, costringendola ad arretrare verso la porta della cucina antistante, — Tu mi ami ancora Jieun? —

Erano state queste le sue uniche parole, la sua unica domanda, pronunciata senza alcun tremore, senza alcuna parvenza di incertezza. Niente balbettii o grida disperate, perché lui era Jeon Jungkook dopotutto, capo di una privilegiata gang che, dopo la perdita del fratello, aveva deciso che non si sarebbe più piegato davanti a nessuno e non lo avrebbe fatto nemmeno davanti a lei, per quanto le sue parole potessero tradire incertezza. Solo la sua mano, quella stessa mano che nei giorni più bui della sua vita si era macchiata di crimini indicibili, stava ancora scivolando indisturbata ed innocua tra i capelli della giovane detective, lungo le sue guance accaldate, fino ad arrivare a sfiorare le sue labbra con una lentezza quasi disarmante.

— No, —

— Ahh jinjja, dillo guardandomi negli occhi, — la esortò, portando la sua mano destra sotto quel mento sottile solo per aiutarla a sollevare il suo sguardo.

Sapere di essere ad un passo dal poterla riconquistare, sapere di poter sentire ancora una volta il battito del suo cuore battere per lui, respirare il suo stesso respiro, inebriarsi di quel profumo dolce ma mai eccessivo, tornare a vedere il suo sorriso, quello più vero, un sorriso tale da riuscire a sciogliere anche il suo cuore era tutto ciò che Jungkook che, fino ad ora, aveva solo potuto immaginare. Per questo non poteva più permettersi un solo errore, non con lei.

— Io ti amo, —

Lui l'avrebbe sempre desiderata, protetta con tutto se stesso, amata fino ad arrivare ad uccidere chiunque avesse osato anche solo sfiorarla mentre, dal canto suo, Jieun avrebbe solo voluto scusarsi. Avrebbe tanto voluto potersi spiegare e fargli capire come le cose avrebbero potuto prendere una piega totalmente diversa, magari in un'altra vita, magari se fossero riusciti a trovare il modo di riavvolgere il nastro del tempo e tornare a quella sera, a quella notte, dove le loro vite erano state fatte a pezzi.

— Jungkook ti prego, tu non-, —

— Ti amo, —

Con il tempo aveva capito che al mondo c'erano persone predisposte ad amare, altre no. Lei e Jungkook vivevano vite diverse, opposte in un certo senso. E ora che Jieun sembrava averlo finalmente compreso appieno lui era tornato a bussare alla porta della sua vita, finendo col rimescolare le carte in tavola.

Non è il ragazzo giusto per te, le aveva sempre detto Namjoon; dagli un'altra possibilità, le aveva consigliato Jimin; conosco ragazzi che farebbero la fila per stare con te, l'aveva sempre rassicurata Hoseok.

Ed era vero. Nella sua vita infatti era entrato un certo Kim Taehyung e, per un brevissimo istante durato quattro anni, Jieun aveva stupidamente creduto che fosse lui il ragazzo del filo rosso del destino di cui parlano sempre quei meravigliosi racconti giapponesi. E invece anche la sua stabile e duratura relazione con Taehyung si era rivelata solo un enorme castello di carte: splendido a vedersi, ma pronto ad essere spazzato via alla prima folata di vento.

— Che cosa vuoi ancora da me? — aveva provato a chiedere quindi, cercando di infondersi un pò di coraggio massaggiandosi piano le spalle. Ma il tono di voce che aveva utilizzato era parso fin troppo esasperato alle orecchie di entrambi per poter essere percepito come atto di mera presunzione.

— Davvero non lo hai ancora capito? —

Per Jungkook, Jieun non era mai stata una ragazza fragile. Era piuttosto una giovane donna in grado di provare profonda empatia in un lavoro dove spesso e volentieri i sentimenti non sono altro che un ostacolo; non era solo una brava anatomopatologa che si limitava a tagliare di qua e cucire di là per poi rimanere in disparte, ma una donna dallo spirito forte, sempre pronta a dare una mano a chiunque ne avesse avuto bisogno; non era una semplice ragazza, ma era stata la sua ragazza.

— Ero già tua Jungkook, — la sentì pronunciare poco dopo, come se finalmente fosse riuscita a comprendere appieno quel tumulto di sentimenti che Jungkook non sarebbe mai riuscito a spiegarle senza provare l'impulso di tornare ad accarezzare quelle morbide labbra con le sue, — Ero tua quando sei venuto a prendermi nel giorno della mia laurea, tua quando abbiamo fatto quel weekend insieme a Busan, —

Jeon Jungkook aveva posato il proprio sguardo su Kim Jieun molto tempo fa, quando entrambi erano ancora due bambini spensierati, divenuti presto vicini di casa allegri e qualche volta anche particolarmente chiassosi. L'aveva notata nell'esatto istante in cui il dolce ma intenso suono del campanello posto all'ingresso del locale dei suoi genitori non aveva preannunciato il suo altrimenti tacito arrivo. L'aveva osservata a lungo, la sua mano piccola protesa verso quella più grande ed ampia del fratello maggiore, ed era stato così che era riuscito ad imprimere nella sua mente ogni più sfuggevole dettaglio. Persino i movimenti delle sue manine intente a scostare l'ennesimo ciuffo ribelle, o ancora quei suoi buffi tentativi di abbozzare un sorriso e qualche semplice parola di sincero ringraziamento nel momento in cui la madre di lui le aveva mostrato una piccola bambola dal viso tondeggiante avevano colpito ed incantato Jungkook al punto tale da riuscire a distrarlo da tutto ciò che non fosse direttamente ricollegabile alla curva delle sue labbra che, quando si allargavano in un meraviglioso sorriso, creavano due piccole fossette proprio ai lati della bocca.

— Sono sempre stata tua, anche quando mi hai allontanata da te dopo la morte di Junghyun e mi hai detto di non volermi più vedere, — trovò la forza per asserire Jieun, riuscendo così a risvegliare Jungkook dalla pioggia di ricordi che lo avevano convinto a rimanere in silenzio forse più del dovuto, — Ero tua cinque anni fa, ma poi tu hai scelto di intraprendere un'altra strada e mi hai allontanato, — concluse, sforzandosi di mordere il proprio labbro inferiore con la punta dei suoi denti, per evitare di aggiungere altri dettagli, per entrambi ancora più dolorosi.

— Non hai idea di cosa io abbia passato dopo che mi hai lasciata, — Jieun dovette fermarsi un attimo per riprendere fiato e stringersi nelle spalle prima di proseguire nel suo discorso, — Mi hai fatto sentire colpevole di un crimine che non ho mai commesso, quando la sola cosa che volevo era amarti, —

— Jieun possiamo ancora rimediare, — si ritrovò a rispondere lui, portando la sua mano destra contro la bocca di lei ed abbassando per un solo istante il proprio sguardo.

Tutto ciò che Jieun aveva raccontato era verità, non c'era modo di nasconderlo. Dopo la morte di Junghyun, Jungkook aveva deciso di ricominciare da capo, rimettendo insieme i pezzi dell'ultima cosa della sua famiglia che gli era rimasta, il Black Ink, e allontanando tutto il resto. Aveva provato a fare la stessa cosa con Jieun, credendo stupidamente che cacciandola in malo modo dalla sua vita il senso di colpa per non essere stato presente per suo fratello sarebbe scomparso insieme a lei. Eppure Jieun era sempre rimasta lì, davanti ai suoi occhi, al centro dei suoi pensieri: Jungkook la rivedeva di notte nei suoi sogni e nei suoi incubi, senza alcuna distinzione. Avrebbe tanto voluto toccarla, stringerla a sè, farle sapere che era pentito per il modo in cui l'aveva trattata. Ma in qualche modo lei riusciva sempre a sfuggirgli e questo pensiero era in grado di farlo svegliare e sobbalzare nel cuore della notte, rendendo ogni suo risveglio estremamente doloroso e il suo già finto odio nei suo confronti sempre più labile.

— Come? —

La domanda diretta di Jieun non fu però l'unica cosa a far rinsavire Jungkook dai propri pensieri. C'era qualcuno, fuori da casa Kim, che aveva appena suonato il campanello. Il giovane ospite rimase così, semplicemente in silenzio, ad osservare la ragazza di fronte a lui alzare gli occhi al cielo, prendendo posto all'interno della piccola cucina di casa Kim nell'attesa di vederla tornare dopo aver liquidato chiunque si fosse trovato all'ingresso.

Avvicinandosi per la seconda volta allo stipite della porta invece, Jieun era assolutamente certa che questa volta non sarebbe potuta sfuggire dalle ire funeste del fratello maggiore, che si sarebbe ritrovato nuovamente faccia a faccia con un ospite davvero poco gradito. Ma, anche in questo caso, fu presto costretta a ricredersi quando, aprendo nuovamente la porta di casa, davanti a lei questa volta si presentò la figura longilinea di Taehyung nel suo elegante completo verde, ora più sgualcito che mai, la cravatta allentata e i capelli leggermente arruffati.

Sembrava una persona decisamente diversa da come lo aveva lasciato quella stessa mattina, ma Jieun un non ebbe il tempo di chiedere nulla sul motivo per cui si era ritrovato a bussare davanti al portone di casa sua a quell'ora perchè un ulteriore dettaglio, all'apparenza invisibile, non la costrinse a cambiare la propria richiesta di spiegazioni.

— Taehyung sei ubriaco, come diavolo hai fatto ad arrivare fino a qui? — si permise di chiedergli senza mezzi termini, osservando non senza una certa ansia i movimenti di quel corpo sfinito e ciondolante cercare di rimanere aggrappato allo stipite della porta.

— So che è finita tra noi Jieun, però devi ascoltarmi, —

Taehyung si portò una mano contro il petto, socchiudendo gli occhi per un istante ed inspirando a pieni polmoni. Per quanto la sua mente ci stesse provando da svariati minuti ormai, il suo cuore sembrava non volerne sapere di rallentare il proprio battito, come se quel maledetto muscolo volesse fare in modo che anche Jieun, a qualche metro di distanza da lui, fosse comunque in grado di percepire quelle continue ed inarrestabili pulsazioni.

— Taehyung cosa stai-, —

— Sono qui per scusarmi, — la interruppe così, portando il proprio indice contro le sue labbra solo per cercare di frenare quella lunga serie di domande che Jieun aveva in serbo per lui ma alle quali Kim Taehyung non era più sicuro di aver la risposta pronta.

— Scusarti? —

La ragazza lo vide annuire con decisione, ma non ebbe il tempo per proseguire nel suo interrogatorio per provare a darsi una spiegazione di quel comportamento così diverso dal solito perchè Taehyung riprese immediatamente la parola.

— Per tutto, Jieun, — asserì dunque il ragazzo, sporgendosi un pò con la testa verso di lei ma cercando comunque di mantenere una certa distanza, per non farla insospettire più del dovuto su quanto, in effetti, avesse bevuto.

— Sospettavo di mio padre da mesi, ma non ho mai avuto il coraggio di parlartene, — aveva proseguito quindi nel suo ragionamento, aggrappandosi in qualche modo allo stipite della porta per cercare di non crollare a terra, — Non avevo prove per incastrarlo, — disse quindi, provando ad auto-convincersi di quanto questi suoi pensieri, col tempo, lo avessero portato completamente fuori strada.

— Taehyung, —

— No aspetta ti prego, lasciami finire, —

Il tono caldo ed allo stesso tempo supplichevole delle parole di Taehyung convinsero immediatamente Jieun ad abbassare lo sguardo verso il pavimento. La giovane Kim cercò di scacciare dalla sua testa l'idea di cosa sarebbe potuto succedere se solo Jungkook avesse fatto la sua comparsa dalla cucina, concentrandosi piuttosto a maledire mentalmente se stessa per aver lasciato entrare così inavvedutamente due persone di cui non sapeva più nemmeno se fidarsi o meno. Ma, come se ancora una volta il giovane proprietario del Black Ink avesse potuto leggere nella sua mente, non passò che qualche istante prima che Jungkook decidesse di muovere i propri passi fuori da quella piccola cucina, comparendo così dietro le spalle di Jieun e proprio davanti agli occhi di Taehyung che, nonostante la colossale sbronza, lo riconobbe immediatamente.

— Jungkook, — il suo nome sfuggì dalle labbra ancora impastate da qualche amaro liquido alcolico del giovane procuratore non in tono severo o arrabbiato, quanto piuttosto sconfitto ma in un certo senso quasi sollevato, — Anche questa volta mi hai preceduto, non è così? — aggiunse subito dopo, mordendosi la parte inferiore del labbro per cercare di non apparire più debole e vulnerabile di quanto non fosse in realtà. Da parte sua, Jeon Jungkook evitò di rispondere a quella provocazione dettata da qualche bicchiere di troppo, concentrandosi piuttosto ad osservare i movimenti ciondolanti del ragazzo di fronte a lui. 

— Jieun dobbiamo farlo sdraiare o finirà col vomitare sul parquet, — le suggerì quindi, vedendola annuire convinta a quelle parole e guardandola piegarsi poi di fronte al giovane procuratore senza avere però la forza necessaria per sostenere il peso del suo corpo.

Per questo motivo Jungkook si ritrovò a sollevare gli occhi al cielo, prima di scegliere di avvicinarsi a propria volta a Taehyung e portare il suo braccio destro attorno al collo, tenendogli il fianco con la mano sinistra. Lo costrinse così a camminare in direzione del salotto, dove Jieun aveva già provveduto a sistemare un paio di cuscini.

— Aiutami a farlo distendere sul divano, — la invitò poi Jungkook, esortandola ad avvicinarglisi solo per reggere la testa pesante di Taehyung mentre lui si sarebbe occupato di sollevare entrambe le sue gambe per farlo accomodare lungo quell'unico divano del salotto di casa Kim.

Tirarono entrambi un profondo sospiro quando si ritrovarono a constatare che Taehyung sembrava aver assunto un'espressione già più estesa e rilassata una volta dopo essere stato comodamente disteso su quel morbido divano.

— Jieun io-, —

Nonostante fosse ancora intenzionato a voler concludere il discorso che quella sera lo aveva portato ancora una volta da lei, Jungkook capì che la presenza di Taehyung ridotto in quello stato era davvero un pensiero troppo ingombrante per la mente già provata della ragazza che quasi non lo sentì nemmeno pronunciare il suo nome, seduta accanto al giovane procuratore nel tentativo di rimboccargli una calda coperta, dando invece le spalle al giovane proprietario del Black Ink.

— Jieun mi spiace, — pronunciò ad un tratto Taehyung, risvegliato e quasi rinvigorito da quel piacevole tepore, — Mi spiace per non aver saputo aspettare di più, — proseguì dunque nel suo discorso post-sbornia che non si era minimamente preparato e che probabilmente avrebbe dimenticato la mattina successiva.

— Mi spiace di non averti detto ti amo tutte le volte che avrei dovuto, —

Jieun sobbalzò leggermente quando avvertì il palmo bollente di Taehyung sfiorarle la mano sinistra, andando ad accarezzare proprio quell'anello di costosi diamanti che la giovane detective ancora portava al dito.

— Ma più di tutto ti chiedo scusa, per essermi arreso, — si interruppe sul più bello, cercando di raccogliere tutto il fiato che gli era rimasto ancora in corpo e poi tornando a stringere le mani di Jieun in un pugno, — Quando so che tu non lo hai mai fatto, —

Mai prima d'ora il procuratore Kim si era ritrovato a pronunciare parole tanto arrendevoli pur essendo consapevole del fatto che, comunque sarebbero andate le cose tra loro, lui non avrebbe mai e poi mai rinunciato davvero al suo amore per lei.

— Tae io-, —

Kim Jieun da quattro anni a questa parte era davvero diventata tutto il suo mondo, la sua casa, il motivo della sua gioia e anche quello del suo dolore. Si era guadagnata il suo rispetto e ogni sua attenzione. Taehyung l'aveva vista cadere e poi rialzarsi di nuovo, più forte di prima. E se in un primo momento aveva scelto di rimanerle accanto quasi più per curiosità, questa si era presto trasformata in un interesse sempre crescente, poi impossibile da nascondere.

— Lo so che provi ancora qualcosa per lui, — confessò poi ad un tratto, notando lo sguardo di Jieun passare da preoccupato a sorpreso in un battito di ciglia, — E so che il sentimento è ricambiato, — aggiunse poco dopo, passando ad accarezzare il suo viso con quella stessa mano che solo qualche istante prima si era poggiata sulla sua.

— Credi che non me ne sia accorto? Di come lo guardi, di come lui ti guarda, — le fece notare poi, ma usando un tono tutt'altro che severo o arrabbiato, quanto piuttosto perfettamente consapevole, nonostante la portata della sbronza, di tutte le parole che stavano uscendo dalle sue labbra ancora umide.

— Per questo ti sto dicendo di pensarci, — disse poi, in ultima istanza, — La nostra casa è pronta, se vorrai trasferirti, —

Si chiedeva cosa sarebbe successo se quella sera ci fosse stata una meravigliosa luna piena ad illuminare la volta celeste con il suo pallido chiarore, se pesanti nuvole grigie non fossero nuovamente tornate a coprire il cielo sopra la città, se la pioggia non avesse iniziato a scrosciare sempre più forte riuscendo persino a sovrastare il rumore delle auto. Taehyung si domandava spesso come sarebbe cambiata la sua vita (o perlomeno la sua giornata) se avesse scelto di seguire gli ordini di suo padre invece che percorrere una strada che lo avrebbe portato a scontrarsi contro la sua stessa famiglia. Non riusciva a fare a meno di chiedersi dove sarebbe ora se avesse deciso di proseguire nel suo piano invece che decidere di allearsi con Hoseok e indagare sui traffici illeciti che suo padre stava compiendo a sua totale insaputa. Non che avesse qualche rimpianto, non aveva certo l'espressione di un uomo divorato e consumato dai rimorsi ma, per quanto odiasse ammetterlo, non poteva, non riusciva a smettere di pensare che conoscere Jieun fosse stata una delle cose più belle che gli fossero capitate in quei poco più di 20 anni di vita tra studi e polizia.

— Tae adesso devi riposare e riprenderti, —

— Sei bellissima, —

— E tu sei ubriaco fradicio, — si era poi limitata ad aggiungere lei, non riuscendo a nascondere un leggero sorriso a quel complimento velato, i suoi grandi occhi ora fissi in quelli un pò più spenti di Taehyung. Non erano severi né arrabbiati e lui avrebbe persino giurato di aver visto preoccupazione in quelle iridi limpide, ma aveva comunque deciso di scacciare subito l'idea che su questa terra ci potesse davvero essere ancora qualcuno seriamente preoccupato per uno come lui che nella vita non aveva fatto altro che rincorrere e arrancare senza un obiettivo ben preciso, senza una meta ben definita.

— Lo so, ma anche domani, quando sarò sobrio, io continuerò ad essere innamorato di te Kim Jieun, —

Erano state queste le parole che, pronunciate trattenendo il respiro, tutto d'un fiato, avevano composto una frase molto simile a quella che Taehyung le aveva dedicato la prima volta che si erano conosciuti, davanti al bancone del White Wall. Ed era stata proprio in quella occasione che lui l'aveva sentita ridere per la prima volta. Una risata leggera, cristallina, non come quelle che tante volte aveva sentito uscire dalla bocca dalle donne e dagli uomini che spesso e volentieri lo ricoprivano poi di lodi fasulle. Kim Taehyung si addormentò così, col  nome di Jieun sulle proprie labbra, infossando la testa nel cuscino per cercare di assorbirne tutto il calore.

D'altro canto, Kim Jieun si alzò stancamente dal divano, appoggiando con una delicatezza estrema la mano di Taehyung sul petto, osservandolo alzarsi ed abbassarsi seguendo le frequenze del suo stesso respiro, fattosi di istante in istante sempre più pesante.

Tornò poi a sedersi su quella stessa sedia della piccola cucina su cui era rimasta seduta fino a quando, qualche ora prima, Jungkook aveva iniziato a suonare insistentemente il campanello della sua porta, innescando così quella serie di sfortunati eventi che l'avevano vista protagonista anche quella notte. Fu proprio allora che, posando il proprio sguardo sul tavolo ancora da sparecchiare della cucina, Jieun notò un piccolo biglietto, ottenuto strappando un pezzo di carta da una pagina di qualche giornale appoggiato alla rinfusa su una delle mensole della stanza.

"Incontriamoci al Black Ink, domani sera"

Jungkook non era mai stato un tipo di molte parole. Se n'era andato così, lasciando di sè solo quell'acre odore di fumo che era riuscito persino ad impregnare quel sottile foglio di carta biancastra sui quali erano rimaste alcune sbavature, dovute forse alla fretta o all'eccessiva quantità di inchiostro nero che era stato utilizzato per imprimere quelle poche, concise parole. Jieun non avrebbe mai potuto stabilirlo con esattezza, perché niente era mai stato certo da quando i suoi occhi avevano incrociato lo sguardo severo e sprezzante di Jeon Jungkook.

Si sentiva quasi una sciocca a ripensarci ora, rileggendo distrattamente quel pezzo di carta nell'ampio salotto di quell'appartamento sempre troppo disordinato, sempre troppo caotico, che però rispecchiava perfettamente la sua vita da cinque anni a questa parte: una vita passata a provare a dimenticare un sentimento che ora, Jieun ne era certa, non le era più possibile soffocare.





 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

altro mese, altro regalo (angst) per voi!

buon pomeriggio a tutti. ebbene si, sono viva e sono tornata a scrivere (anche se con estrema fatica). la buona notizia è che stamattina ho avuto un'illuminazione che spero mi possa permettere di scrivere gli ultimi capitoli rimasti senza far passare un altro anno per il prossimo aggiornamento. quella cattiva è che dovrete reggervi forte, perchè l'angst sta per colpire di nuovo (mi spiace, ma questo rimarrà sempre il punto cardine di ogni mia fanfiction).

per quanto riguarda le vicende sopra descritte che attanagliano il nostro triangolo beh, sappiate che mi vergogno tremendamente di quello che ho scritto, perchè più clichè di così ci mancava solo che namjoon entrasse da quella porta e mettesse in riga tutti e tre. no davvero, chi mi conosce lo sa, non credo di aver mai raggiunto livelli di banalità così elevati: tra le parole di jungkook, i pensieri di jieun e il monologo di taehyung sul finale è già tanto che io non abbia avuto una reazione alla professor piton, della serie "potrei vomitare".

spero con tutta me stessa di non avervi trasmesso le stesse vibes che io stessa ho provato rileggendo il capitolo, perchè dai, in fondo mi auguro sempre che non tutto ciò che partorisce il mio cervello sia da buttare (lo sapete no che sono una maledetta criticona di me stessa). 

quindi nulla, spero solo che chi ha aspettato un mese per leggere l'aggiornamento non rimanga deluso! 

domanda da millemila dollari del monopoly: c'è qualcuno che ancora parteggia fermamente per l'uno o per l'altro team? accetto tutto (tanto il finale ce l'ho già in testa e non credo cambierò maaaai idea) lol

sappiate che vi purplo tutti quanti, abbiate pietà di me!

bvb

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Capitolo 17
*** [17] ***


BLACK INK.


[17]


Portò la mano destra al centro del petto, chiudendola in un pugno stretto contro il morbido tessuto del cappotto. Nonostante fosse arrivata sul posto in perfetto orario, guidando la propria auto e non correndo a perdifiato, Jieun cercò di non dare troppo peso al battito così accelerato del suo cuore impazzito. Si prese ancora qualche secondo di tempo per inalare tutta l’aria che i suoi polmoni fossero stati in grado di contenere per poi estrarre il proprio telefono da una delle due grandi tasche del suo cappotto e ricontrollare l’ora. Fu solo così che, dopo aver preso l’ennesimo, profondo respiro, Jieun decise di sollevare il proprio sguardo che, fino a pochi istanti prima, era rimasto fisso ad osservare la punta di un paio di stivali in pelle.

Guardando quel corridoio buio e in discesa, la giovane detective si era ritrovata a chiedersi quante volte aveva percorso quella rampa di scale, quante volte era scesa e poi risalita in superficie muovendosi su e giù lungo quei gradini che, quella sera, le erano sembrati meno di quanti riuscisse a ricordare. Su quelle scale si erano abbattuti la pioggia, il sole, e poi il vento e l’umidità tipica delle giornate estive. Lungo quella rampa Jieun si era ritrovata a piangere e ridere, si era disperata più e più volte, morsa le labbra e poi scosso il capo tendendo la propria testa tra le mani, risalendo in superficie solo per poter dare massimo sfogo i suoi sentimenti, fossero stati di gioia o di dolore. Di qualunque forma fosse stato il suo umore, il richiamo di quel posto aveva avuto sempre avuto la meglio su di lei.

Anche quella sera non era poi così diversa dalle altre. La porta illuminata con quell’indelebile scritta a neon ‘Black Ink’ metteva in risalto il colorito delle sue gote e quel lucidalabbra rosa che aveva scelto di mettere per l’occasione. Sapeva di non dover per forza bussare per farsi largo in quell’ampio locale dalle luci soffuse, ma Jieun lo fece ugualmente, come se in qualche modo avesse voluto annunciare il proprio arrivo con un gesto di buona educazione e di rispetto verso quel locale che l’aveva sempre ospitata con la sua atmosfera accogliente e quasi familiare.

Non si aspettava certo che Jungkook l’avrebbe accolta andandole incontro con uno splendido mazzo di rose rosse o sollevandola da terra solo per poter accorciare il prima possibile la distanza tra le loro labbra, ma ciò che la giovane detective vide di fronte a sé una volta dopo essersi chiusa la porta del Black Ink alle spalle fu sufficiente per farle scivolare la piccola borsa dalla spalla e ingoiare tutta la saliva che fino ad ora le si era formata tra il palato e la lingua.

Quel pacchetto, quella marca, quelle sigarette. Il fumo che inebriava la stanza e le nuvole grigie che si creavano ad ogni boccata e si dissolvevano dopo pochi istanti ricordavano a Jieun di che colore fossero diventate le sue giornate dopo che Jungkook aveva deciso di percorrere una strada che lei non avrebbe mai potuto intraprendere, un cammino tortuoso che esulava da qualsiasi concezione di giustizia le fosse stata insegnata nel corso dei suoi 26 anni di vita. Giornate grigie e monotone, esattamente come i grattacieli di quell’immensa città, come i volti indifferenti di cittadini all’apparenza insospettabili, come un’acuta e stridula voce che di tanto in tanto ancora rimbombava nella tua testa ordinandole di agire nel modo migliore, nel modo più giusto.

— Jungkook? —

Sarebbe rimasta per ore ad osservarlo fumare perso nei suoi pensieri, la mano destra piena di scritte e tatuaggi ferma e in tensione sotto il profilo ben delineato del suo mento. Tra l’indice e il medio della mano destra il proprietario di quel lussuoso negozio di tatuaggi stringeva un sottile cilindro di nicotina - la causa di tutto quel fumo -, lo sguardo perso ad osservare qualcosa che lei non era ancora riuscita a vedere, o forse mai riuscita a comprendere. Sul tavolo vi era anche una pistola dal profilo scintillante almeno tanto quanto il posacenere di cristallo posto accanto ad essa. Jieun cercò di non scomporsi più del dovuto di fronte a quell’immagine e decise comunque di provare a richiamare la sua attenzione, ricredendosi solo un esatto istante più tardi quando vide il ragazzo trasalire a quel dolce richiamo. Proprio come se, invece di essere felice di vederla lì, nei suoi occhi vi fosse stato dipinto solo terrore.

— Dio Jieun, cosa ci fai qui? — si permise di chiedere lui ex abrupto, senza darsi nemmeno il tempo necessario per riflettere, per ponderare le proprie parole. Si alzò poi di scatto dalla sedia sulla quale era rimasto seduto per chissà quante ore, spegnendo in pochi istanti ciò che era rimasto della sua sigaretta e avvicinandosi alla ragazza senza alcun tipo di tentennamento. Non poteva mostrarsi colto in flagrante Jeon Jungkook, non ora e soprattutto non di fronte a lei.

— Jungkook tu-, —

— No, no, così non va bene, — la interruppe immediatamente, avvicinandosi a quel corpo gracile solo per coprirle la bocca con la mano destra, lasciando che l’odore di nicotina inebriasse i sensi della ragazza,  — Te ne devi andare adesso, subito, — le ordinò poco dopo, sussurrando quelle parole senza però distogliere il proprio sguardo da lei, nella sola speranza che la giovane detective percepisse al volo il suo stato d’animo irrequieto.

— Jungkook va tutto bene?  —

Lo colse al volo Jieun e, senza perdere tempo, la domanda che si formò dalle sue labbra fu sufficiente per convincere il giovane proprietario del Black Ink ad allentare la presa sulle sue labbra. Era preoccupata, glielo si poteva leggere in faccia. Eppure, invece che indietreggiare e voltargli le spalle come spesso si era ritrovata a fare nel corso della sua vita, questa volta la giovane detective fece ancora qualche passo proprio nella sua direzione. Voleva sapere che cosa stesse passando nella mente di quel ragazzo, e voleva farlo guardando Jungkook dritto negli occhi.

— Sì, tutto bene, ma adesso tu devi andare via, non puoi stare qui, — provò di nuovo ad imporsi lui in tono assolutamente fermo e pacato, sperando che in questo modo sarebbe riuscito a scatenare in lei una profonda rabbia che l’avrebbe portata ad allontanarsi da lui in tempo.

— Io non capisco.. Ieri sei stato tu a dirmi di presentarmi qui, —

— Jieun ti prego non-, — Jungkook non riuscì mai a finire quella frase, perchè le parole che seguirono lo colpirono così forte da riuscire a fargli fermare il cuore nel petto.

— Io sono venuta qui solo per dirti che ti amo, — esalò Jieun con voce tremante ponendo volutamente un accento più marcato sulle ultime due parole, ma senza tradire alcun tipo di risentimento nei confronti di colui che, almeno fino a quel momento non aveva fatto altro che provare a cacciarla, — E tu mi stai dicendo di andarmene? —

— Jieun per favore questo non è il momento per-, — scattò Jungkook, ma solo per avvicinarsi a lei ancora una volta, ancora di più e afferrarle le braccia con entrambe le mani. C’erano milioni di cose che avrebbe voluto dirle, che avrebbe dovuto spiegarle, ma nel momento in cui le sue labbra si dischiusero per parlare, il giovane proprietario del Black Ink capì di essere in trappola.

E, anche questa volta, era riuscito a trascinare Jieun nei suoi casini.

— Ahh Jeon, non va bene, — una voce profonda e meschina si fece largo nel salone dove Jungkook e Jieun stavano ancora immobili l’uno di fronte all’altra, — Mi avevi promesso che saremmo stati soli, —

Neanche un istante dopo alcuni uomini col volto coperto strapparono Jieun dalle braccia del giovane proprietario del Black Ink che, invece, venne trascinato senza opporre troppa resistenza contro uno sgabello di quella che una volta era semplicemente la sala d’attesa di un innocuo negozio di tatuaggi.

— Vedi tesoro, io e il signor Jeon siamo qui per stringere un accordo, — esordì a quel punto il signor Kim rivolgendo tutte le sue attenzioni alla giovane detective, — Stiamo parlando di affari, ma tu riesci sempre a metterti in mezzo, —

All’improvviso, dal corridoio buio del locale non comparve altri che una figura scura, ma dai tratti che Jieun seppe riconoscere al volo. Kim Young stava proprio lì, al centro del salone, tra il corpo immobile di Jungkook e quello ancora scalpitante di lei, un sorriso calmo e pacato a fare capolino sul suo volto ben poco rassicurante.

— Volevi forse provare ad uccidermi con questa Jeon? — Kim Young lo provò immediatamente mettendo in bella mostra quell’arma lucidissima, per poi scaricare tutte le pallottole a terra, — Era questo il tuo piano? Trascinarmi qui con la scusa di voler arrivare ad un accordo? — lo rimbeccò ancora e ancora, perdendosi per un istante ad accarezzare il profilo elegante di quella pistola e poi scaraventarla a terra a sua volta, ormai privata di ogni sua funzione.

Jieun provò a dimenarsi una, due, dieci volte, almeno fino a quando le sue gambe non furono troppo stanche di lottare per lei e uno degli scagnozzi di Kim non la colpì allo stomaco, intimandola così a rimanere immobile, le braccia ben salde dietro la schiena.

— Jungkook che cosa-? —

Forse non erano state le maniere brusche dell’uomo dietro di lei a convincerla a smetterla di contorcersi ed affannarsi come un pesce che aveva appena abboccato ad un amo, quanto più le sconcertanti parole del signor Kim che seguirono poco dopo.

— Jungkook se ne andrà all’estero e comincerà una nuova vita, lasciandomi tutto il suo patrimonio da gestire, —

— Jungkook è la verità? — si permise di chiedere Jieun con un nodo alla gola che, sapeva, non sarebbe riuscita a celare a lungo, bypassando il volto sereno e lo sguardo imperscrutabile del padre di Taehyung solamente per cercare di trovare un senso ai non movimenti del capo di Jungkook che, per tutta risposta, ricevette semplicemente un pungo in pieno stomaco da parte di uno degli uomini del signor Kim.

— Ma non l’hai ancora capito? A lui non è mai importato nulla di te, —

— Stai zitto maledetto, Jieun non gli cred-, — provò a parlare il giovane, ottenendo come unico risultato una coltellata lungo la coscia, che lo costrinse a mordersi le labbra per non gridare dal dolore e dare così nuova soddisfazione al padre di Taehyung che, ne era certo, non avrebbe desiderato altro che sentirlo implorare pietà.

Aveva cercato di metterla in guardia. Le aveva intimato che sarebbe stato meglio andarsene, che non aveva nulla da dirle, non quella sera. Eppure Jieun non si era mossa di un millimetro, testarda com’era. Avrebbe dovuto immaginare che una come lei non gli avrebbe voltato le spalle senza aver ricevuto una sola spiegazione a riguardo, senza avergli chiesto il perché di un’azione tanto sconsiderata. Quindi cosa gli era rimasto da fare per riuscire a salvare la sola persona che lo aveva tenuto in vita per tutto questo tempo?

— Allora Jeon, c’è un aereo che ti aspetta, cosa hai scelto di fare? Per te ho deciso che sarò clemente e conterò fino a dieci, — esclamò il signor Kim estraendo una pistola dalla fibbia dei pantaloni, caricandola solo per puntarla contro la testa del ragazzo.

— Oppure preferisci che lei ti guardi morire? —

D’istinto la ragazza chiuse gli occhi, lasciando che alcune lacrime che si erano formate all’interno, ma che fino a quel momento era riuscita coraggiosamente a trattenere, non iniziarono ad inumidirle le guance.

Perchè non aveva trovato mai il modo e l’occasione per chiarire prima con lui?

— Uno, —

— Non lasciare che qualcuno ti dica che non sei forte Jieun, —

Jungkook non aveva paura di morire, solo di farlo prima di essere riuscito a dire tutto quello che avrebbe voluto a Jieun. Non era riuscito a convincerla a rimanergli accanto quando più avrebbe voluto, non l’aveva fermata quando era venuto a sapere che stava studiando per entrare nel corpo di polizia e nemmeno quando aveva scoperto che aveva iniziato a frequentare Taehyung. Allora non ne aveva avuto il coraggio, ma ora cosa avrebbe potuto dirle per convincerla che sarebbe andato tutto bene?

— Due, tre, —

— Sei la donna più forte che io conosca, —

Solo allora Jungkook sollevò lo sguardo e, finalmente, la vide. La vide come non l’aveva mai vista prima. Jieun se ne stava immobile, in ginocchio davanti a lui e a all’uomo che non avrebbe esitato un secondo di più prima di sparargli. Kim Jieun lo stava guardando come se Jungkook fosse davvero l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in una simile occasione, le labbra serrate come in una morsa e gli occhi sbarrati dai quali non si erano formate altro che un paio di lacrime che, Jungkook sapeva, senza che lei lo volesse davvero, avevano cominciato a bagnarle le gote. Probabilmente si stava maledicendo per essergli sembrata così debole, ma Jungkook avrebbe tanto voluto poterle dire il contrario.

— Jungkook ti prego, —

Sentirla implorare in quel modo era qualcosa di troppo crudele da sopportare, troppo violento da sostenere. Credeva di essere pronto a tutto Jeon Jungkook: era disposto anche a andarsene da quel posto che, fino ad ora, non gli aveva causato altro che una sofferenza indicibile. Eppure, quando i suoi occhi color pece incontrarono quelli chiari e così pieni di lacrime di lei, Jungkook capì. Capì che Jieun aveva compreso con estrema lucidità ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. E sapere che quelle lacrime erano per lui, per un istante, gli sollevarono l’animo.

Almeno sarebbe morto sapendo di non aver amato la persona sbagliata.

— Quattro, cinque, —

— Kim Young è me che vuoi giusto? Anche se accettassi la tua offerta penso che mi fredderesti in un istante, —

Com’è, morire?

— Sei, sette, —

Jungkook ci aveva pensato spesso. In fondo, aveva visto tante persone a lui care esalare il loro ultimo respiro davanti ai suoi occhi. Colleghi, amici, soci, i suoi genitori, persino suo fratello. Proprio riportando a galla l’immagine del fratello maggiore, Jungkook ricordò quando Junghyun gli aveva confessato che, secondo lui, andarsene sarebbe stato quasi più veloce che addormentarsi. A lui era sempre sembrato strano, visto che, nella sua testa, morire era sinonimo di sofferenza. Si ritrovò però a sorridere al ricordo di quella conversazione assurda anche se, dopotutto, Jungkook aveva sofferto già così tanto nel corso dei suoi 25 anni di vita che quell’ultimo dolore prima della fine non avrebbe retto alcun confronto rispetto a alla rabbia ed i tormenti di cui si era già fatto carico.

— Quindi no pezzo di merda, non rinuncerò né a Jieun né a ciò che mi rimane della mia famiglia, — esclamò quindi in ultima istanza, sollevando il proprio capo.

Ma benché le sue parole fossero dirette al signor Kim, il suo sguardo così pieno, così acceso, così innamorato non era rivolto ad altri che a Jieun.

— Jungkook ti prego non puoi lasciarmi così, — aveva provato a farlo rinsavire lei, gli occhi adesso lucidi e ricolmi di lacrime e la voce rotta da un susseguirsi continuo di singhiozzi.

— Otto, —

Gli sarebbe piaciuto esalare il suo ultimo respiro tra le sue braccia, lasciandosi cullare da quel suo inconfondibile e dolcissimo profumo, ma il giovane proprietario di quel negozio di tatuaggi era perfettamente cosciente che il padre di Taehyung non glielo avrebbe mai permesso. Quindi decise solo di rivolgere a Jieun un ultimo sguardo di addio: nei suoi occhi ora non c’erano più timore, nè paura. Jungkook avrebbe dovuto essere forte fino all’ultimo secondo, per sé stesso e per lei.

— Nove, —

Il silenzio calò assordante solo quando tutti i presenti riuscirono ad avvertire distintamente il rumore grilletto della pistola di Kim Young sollevarsi per caricare la pallottola che presto avrebbe causato la morte del giovane Jeon.

L’ultima cosa che Jungkook vide prima di chiudere definitivamente i suoi occhi fu il disperato tentativo di Jieun di raggiungerlo.

Erano a pochi metri l’uno dall’altra, eppure non si erano mai sentiti tanto distanti.

— Diec-, —

Se era davvero giunta la sua ora, Jungkook non avrebbe potuto desiderare altro che andarsene con il ricordo di Jieun ad annebbiare il suo cuore e la sua mente. Tornando indietro per l’ultima volta con i ricordi, il giovane si morse violentemente il labbro: se solo avesse avuto il potere di riavvolgere il tempo non avrebbe mai permesso a Jieun di allontanarsi in quel modo da lui. Avrebbe combattuto per lei, con lei.

— Jungkook! —

Avvenne tutto in una manciata di secondi: lo sparo seguito dall’urlo straziante di Jieun, in ginocchio con il proprio capo chino a pregare. Pregare con tutte le forze che le erano rimaste in corpo che Jungkook non fosse morto, pregare che quello sparo fosse andato a vuoto.

— Ma-le-det-to, —

Non li riaprì nemmeno dopo aver percepito il padre di Taehyung mormorare quell’unica, flebile parola contro un nemico che a Jieun era ancora invisibile.

— Ringrazia solo il cielo che ho mirato alla spalla perchè credimi, ti avrei volentieri cancellato dalla faccia della terra, — una voce estremamente familiare si perpetrò solo allora lungo le pareti della stanza, riecheggiando insieme ad una serie di passi ben decisi e fermi.

— Non ti azzardare mai più a sfiorare mia sorella con un dito, —

Kim Namjoon era apparso come un miracolo al centro della sala, seguito da Hoseok e un gruppo di colleghi che, a suo comando, non persero un secondo di tempo per ammanettare tutti i complici del signor Kim prima di scortarli verso l’uscita di sicurezza del locale, la stessa dalla quale, con tutta probabilità, erano riusciti a fare irruzione.

— Taehyung, ce l’abbiamo fatta, sono salvi entrambi, — comunicò il capitano Namjoon al piccolo ricevitore posto all’interno del suo orecchio sinistro, avvertendo chiaramente il ragazzo dall’altro capo dell’auricolare tirare un sospiro di sollievo.

— Portatelo via, —

— Voglio parlare con mio figlio, adesso, — Kim Young passò accanto a Namjoon promettendo vendetta solo con lo sguardo.

— Allora ti piacerà sapere che è stato proprio tuo figlio che a darci l’ordine di venirti ad arrestare, — fu tutto ciò che il poliziotto dovette spiegare, avvicinandosi al padre di Taehyung solo per battergli una mano contro il petto e fargli scoprire così che all’interno del cappotto suo figlio aveva nascosto un impercettibile GPS.

— E grazie alle telecamere del locale adesso riusciremo ad incastrarti senza troppe difficoltà, —

— Siete dei maledetti, — inveì il signor Kim, ma lo sguardo di collera pura che si dipinse nei suoi occhi non venne nemmeno percepito dal capitano della squadra di polizia che, dopo aver fatto un cenno ad Hoseok di scortare l’intero gruppo fuori dal locale, si era preoccupato solamente di rimettere via la propria pistola per poter allargare le proprie braccia ed accogliere così la sorella in un caldo abbraccio.

— Namjoon, —

— Shhh va tutto bene adesso, sono qui, —

Non si mise a piangere solo perchè la rabbia per ciò che era appena accaduto e la paura concreta e tangibile di poter davvero perdere Jieun gli stavano ancora facendo ribollire il sangue nelle vene.

— Nam io-, —

— No Jieun, non dire nulla, — la zittì dolcemente il fratello, baciandola ripetutamente sulla nuca per poter appurare che tutto questo non fosse solo un sogno.

— Oggi è tutto finito, —

Era stata una giornata lunga e faticosa per tutti e, anche se erano tante le cose che avrebbe dovuto sistemare prima di mettere la parola fine a tutta questa storia, Namjoon scelse di sciogliere quel caloroso abbraccio solo per guardare Jieun in quegli occhi ancora gonfi e lucidi e poi lasciarle andare le mani.

— Avremo modo di discutere di tutto più tardi, adesso credo di non essere io ad avere bisogno delle tue attenzioni, — asserì in tono pacato, tornando a mostrare la parte più seria ed istituzionale di sè. Riuscì però a tradire le sue stesse parole quando, sapendo perfettamente di avere gli occhi di Jieun ancora puntati adosso, Namjoon le fece un leggero cenno col capo, convincendola a voltarsi solo per persuaderla a scostare l’attenzione dalla sua figura in favore di quella di Jungkook, disteso contro una delle pareti della stanza, la gamba ferita ben in vista in attesa dei soccorsi, ma ancora vivo.

A dispetto di ciò che Namjoon immaginava però, prima di vederla correre verso il giovane proprietario del Black Ink, Jieun si voltò ancora una volta verso di lui, sussurrando nient’altro che un semplice “grazie”.

 

***

 

Era certa che sarebbe andato tutto bene. Lo aveva capito nel momento stesso in cui si era inginocchiata davanti a lui per rendersi conto della gravità della sua ferita sulla coscia. Sapeva che sarebbe andato tutto bene perché lui era Jeon Jungkook e non c’era mai stato nulla che potesse in qualche modo indebolirlo o fermarlo nei suoi intenti. Eppure Jieun non riusciva a capire perchè non era ancora riuscita a calmare i propri singhiozzi e le proprie lacrime.

Si era subito messa all’opera per fermare quella leggera emorragia in attesa dell’arrivo dell’ambulanza. La pressione della sua mano contro la ferita ancora aperta sulla gamba di Jungkook si era fatta sempre più forte, in perfetta sincronia con i suoi spasmi e i suoi singhiozzi. Poi lo avvertì sorridere e solo a quel punto Jieun perse la capacità di ragionare con lucidità. Vi era infatti qualcosa di tremendamente scorretto in quel suo meraviglioso sorriso: troppo a lungo macchie di sangue avevano imbrattato quel volto così bello, i capelli corvini incollati alla fronte sudata e gli occhi a mandorla ancora chiusi per cercare di non imprecare tra una risata e l’altra.

Passarono altri interminabili secondi di silenzio prima che Jungkook si schiarisse leggermente la voce e posasse la sua mano sulla nuca di lei che dovette a sua volta raccogliere tutte le forze che le erano rimaste in corpo per rimanere concentrata su quella ferita senza pensare ad altro. L’aria di quella stanza era diventata quasi soffocante, eppure le sue guance sembravano non volerne sapere di rimanere asciutte.

— Non piangere Jieun, — lo sentì mormorare, — Non piangere, —

Ma, a quelle parole, Jieun pianse ancora di più. Non riusciva proprio a guardare Jungkook negli occhi, perchè sapeva che se lo avesse fatto non poteva assicurare nemmeno a se stessa cosa sarebbe potuto accadere.

— Jungkook ti prego, stai zitto, —

Era come se fosse stata costretta ad assistere ad una scena crudele di cui era stata la causa. E anche ora che tutto questa situazione orribile era giunta ad una fine, Jieun non riusciva proprio a trovare un solo motivo per rallegrarsi se non il fatto che Jungkook fosse ancora vivo.

Il giovane proprietario del Black Ink intanto aveva smesso di sanguinare, ma aveva bisogno di essere trasportato subito in ospedale per poter effettuare tutti i controlli del caso. Nonostante tutto, nonostante fosse ricoperto di lividi, Jungkook non sembrava minimamente preoccupato, un’espressione già più serena e rilassata aveva fatto capolino sul suo volto. Quando finalmente decise di riaprire gli occhi, Jieun - che era presa ad accarezzargli la fronte - in quel momento non poté fare a meno di pensare che quello doveva essere il modo più dolce per affogare: due splendide iridi nere che avrebbero potuto riflettere anche la pallida luminosità delle stelle più lontane della galassia.

— Perchè lo hai fatto? —

Dopo aver ricoperto la ferita con un panno, la ragazza si mise in ginocchio e si fermò ad osservarlo rialzarsi in piedi. Non le sfuggì la smorfia di dolore che si dipinse su suo volto quando lo vide dover chiedere una mano ad un paio di poliziotti per sollevarsi dal freddo pavimento del salone per poter aspettare i soccorsi seduto su una più comoda poltrona, così come non le sfuggì il sorriso compiaciuto che si formò poi sulla sua bocca una volta dopo essere riuscito nel suo intento di farla preoccupare. Era rivolto a lei come tanti altri, come in tante altre occasioni.

— Perchè fai così? —

Nel corso degli anni aveva imparato a conoscerne di diversi, di sorrisi: da quello più spavaldo a quello aperto e sereno a quello così divertito da far spuntare due piccole fossette ai lati della bocca. Erano tutti belli i sorrisi di Jungkook, anche quando sembravano inappropriati. Questo in particolare sembrava le stesse dicendo, ‘avanti Jieun, non c’è motivo per piangere, sono qui’.

— Perchè sei cosi, maledizione?! — fu allora che la giovane si ritrovò a stringere i denti per sentire le proprie braccia tremare sopra quei vestiti che avrebbe tolto e buttato via per sempre non appena arrivata a casa.

— Perchè ci sono persone che amo e che non posso permettermi di perdere, qualunque sia il prezzo da pagare, —

I loro sguardi si scontrarono ancora una volta e per un attimo, per un solo, altro istante, la giovane detective sperò davvero di non sentire più niente per lui. Sarebbe stato tutto più semplice se avesse provato solo un gran senso di sollievo e nient’altro. E invece Jieun si scoprì arrabbiata, furiosa, spaventata e allo stesso tempo così sollevata che lui fosse ancora vivo che, di nuovo, sentì i suoi occhi diventare sempre più gonfi.

— Jungkook per favore, — lo intimò picchiettando senza forze la sua mano stretta a pugno contro il petto di lui, abbassando lo sguardo per evitare che Jungkook la vedesse piangere senza un apparente motivo.

— Ti sei davvero preoccupata per me Jieun? — le chiese a quel punto il giovane, portando la sua mano tatuata sotto il suo mento solo per poter osservare quegli occhi così belli nei quali non avrebbe fatto fatica a specchiarsi, — Allora è proprio vero che mi ami, —

E, d’altro canto, quegli occhi scurissimi le restituirono solo affetto, una stretta alla gola che niente e nessuno avrebbe potuto sostituire, perchè Jeon Jungkook aveva rubato il suo cuore fin dal primo istante. Nonostante questo, la mano di Jieun le partì quasi d’impulso e lei non potè fare nulla per fermarla. Si posò sul viso di Jungkook ancora sudato senza però procurargli alcun dolore, mentre il suo palmo, ora appoggiato sulla guancia di lui, non veniva irradiato da un nuovo tipo di calore.

— Io sono sempre preoccupata per te, idiota, — gli urlò contro, la mano aperta ancora tesa, pronta a colpire ancora e ancora. E invece Jieun lasciò scivolare lentamente il palmo prima lungo la sua guancia e poi contro il petto del giovane, dove arrestò finalmente la sua corsa.

Si rimise in posizione eretta poco dopo e, senza aggiungere una sola parola, Jieun decise di dargli finalmente le spalle, aumentando i propri passi in direzione dell’uscita e poi, ancora una volta, lungo quella rampa di scale.

Non poteva davvero credere di avergli detto di amarlo e avergli tirato uno schiaffo dopo tutto quello che avevano appena vissuto, ma questo forse faceva parte del pacchetto “Jeon Jungkook”.

— Questo non lo avevi previsto vero?  —

Quando Namjoon si avvicinò al giovane proprietario del Black Ink dopo aver assistito all’intera scena non potè fare a meno di provocarlo con il suo solito tono pacato. Questa volta però non c’era astio nelle sue parole, in quella sua unica domanda, solo una sincera curiosità di sapere fin dove lui si fosse spinto, fin dove sarebbe arrivato, per Jieun.

— Con lei non sono mai riuscito a prevedere nulla, — fu la sola risposta che uscì onesta dalle labbra del giovane Jungkook, — E mi pare di non essere il solo, — concluse la frase poco dopo, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso di soddisfazione.

— Per una volta, hai perfettamente ragione, — dichiarò allora il maggiore, ricambiando, per la prima volta dopo tanto tempo, quel sorriso finalmente disteso e sereno. Poi tra loro calò nuovamente il silenzio fino all’arrivo dei soccorsi che portarono Jungkook fuori da quel locale per farlo salire su un’ambulanza.


 

「a/n 」

anneyeong haseyo! 👋🏻

è passato un anno più o meno esatto dall'ultimo capitolo che ho pubblicato di questa fic. un anno dove sono successe miliardi di cose tra cui un blocco dello scrittore a dir poco allucinante. 

ma adesso sono tornata e vi posso già pre-annunciare che mancano due capitoli alla fine (che per grazia divina ho già scritto e devo solo rileggere le ultime volte per le solite scremature finali lol).

questi ultimi tre capitoli sono stati un vero e proprio parto, ci ho lavorato ininterrottamente per giorni interi ma devo onestamente ringraziare l'improvvisa illuminazione divina grazie alla cover di Jungkook "Falling" che, tra l'altro, mi ha fatto da colonna sonora per tutta la stesura di questa parte finale della storia e, non da meno, le anteprime del season greeting 2021 (si salvi chi può).

detto questo spero ancora di rivedervi (o meglio risentirvi) da queste parti. come al solito il mio angolo autrice si è fatto più lungo del previsto ma DOVEVO visto che mancavo da questto sito da più di un anno lol
quindi io mollo gli ormeggi e vi abbraccio, sperando che siate ancora tutt* san* e salv* dopo tutto quello che i bts hanno droppato in queste settimane (e ultimi giorni)

cissivede al prossimo, penultimo, mirabolante aggiornamento <3

「bvb」


 

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Capitolo 18
*** [18] ***


BLACK INK.

 
[18]

 

 

Erano trascorse tre settimane dall'assalto delle forze di polizia di Seoul al Black Ink, che avevano portato all'arresto di Kim Young e della maggior parte dei suoi seguaci. Ventuno giorni di inferno per Kim Namjoon e Kim Taehyung, che insieme - come capo della polizia e procuratore in carica - avevano dovuto partecipare e testimoniare al processo per mettere una volta per tutte la parola fine a quella brutta storia e far archiviare il caso con una pena di trent'anni di carcere per il padre del giovane procuratore, finalmente in manette. Cinquecento quattro ore da quell'incidente che aveva costretto Jungkook ad un lettino d'ospedale e a qualche noiosa ma necessaria seduta di riabilitazione per rimettere completamente in sesto la propria gamba, mentre la sua mente ed il suo cuore erano rimasti al momento in cui una ragazza di nome Kim Jieun aveva finalmente confessato di amarlo. Trentamila duecento quaranta minuti che comunque non erano bastati invece a Jieun per cancellare dalla sua mente il ricordo di quelle immagini che, puntualmente, ogni notte, tornavano a torturarla, facendole perdere il sonno e togliendole le forze. Le uniche motivazioni che ogni mattina ancora la convincevano ad alzarsi dal letto erano riuscire ad assistere al processo contro Kim Young e poi, dal tribunale, farsi una passeggiata a piedi fino all'ospedale più vicino solo per accertarsi delle condizioni di Jungkook. Anche se, di tutte le volte che era andata a trovarlo, solamente in un paio di occasioni i due erano riusciti a scambiarsi qualche battuta, grazie soprattutto al tempestivo intervento di Jimin e Yoongi che non mancavano (come lei) a nessuna visita. La maggior parte delle volte che Jieun arrivava davanti alla sua stanza qualcosa si aggrovigliava nel centro del suo petto, costringendola ad accontentarsi di vedere Jungkook sorridere all'infermiera di turno o guardando anime davanti allo schermo di un televisore. E le poche volte che Jieun aveva trovato il coraggio di entrare in quella stanza aveva dovuto lottare con ogni suo muscolo per non sembrare né invadente né troppo distaccata. Non voleva parlare di quello che era successo e di ciò che aveva detto in presenza degli altri e, soprattutto, non quando Jungkook era ancora sotto osservazione in ospedale. Continuava a ripetersi che ci sarebbe sicuramente stato il modo e l'occasione giusta anche se, nel frattempo, erano trascorsi ventuno giorni e quella stretta al petto cominciava davvero a pesare come un macigno.

Continuava a ripeterselo Jieun, ascoltando per ore ed ore podcast motivazionali nella vaga speranza e convinzione che, in quelle parole, avrebbe trovato il coraggio per sostenere gli sguardi (di qualunque natura essi fossero) di Taehyung e Jungkook: con entrambi ormai sapeva di avere un conto in sospeso da troppo tempo e che ormai non era più possibile procastinare, per il bene di tutti. Ma per quanto si fosse convinta di aver già fatto la sua scelta, la parte razionale della testa di Jieun si risvegliava di tanto in tanto per farle capire che doveva ancora parlare ai diretti interessati.

Persa in queste filosofiche elucubrazioni della sua mente, la giovane detective venne risvegliata dal suo stato catatonico solamente quando, sdraiata da ben più di qualche ora sul suo letto ancora sfatto, non avvertì qualcuno suonare alla porta di quell'appartamento che condivideva insieme al fratello Namjoon.

— Nam puoi aprire tu per favore? Manca un minuto alla fine di questo podcast, — gridò lei dalla camera al piano superiore, sapendo perfettamente che, per sua pigrizia, Namjoon avrebbe dovuto alzarsi al posto suo e andare ad aprire.

— Jieun, è per te, —

Solo alla telegrafica e atona risposta del fratello, la giovane si sentì vagamente in colpa per averlo fatto alzare dal divano del salotto costringendolo ad appoggiare chissà quale nuovo libro solo per accontentare le sue sciocche motivazioni. Ma il senso colpa provato per Namjoon non avrebbe in alcun modo potuto sostenere quello provato da Jieun una volta scese le scale che dalla sua camera portavano all'ingresso della casa.

Kim Taehyung se ne stava al centro del corridoio in un elegantissimo completo grigio, un colore che metteva in risalto non solo la sua pelle, ma anche quei grandi occhi a mandorla e quei capelli corvini, tenuti ordinatamente in una perfetta piega. Tra le mani, il giovane procuratore stringeva uno splendido mazzo di fiori bianchi.

— Ciao Jieun ecco io-, io ero nei paraggi, — esordì il giovane procuratore, cercando di camuffare in qualche modo l'imbarazzo dovuto al motivo della sua inaspettata visita.

— Lo vuoi un caffè? —

Riprese il proprio coraggio tra le mani solo quando Namjoon, dalla cucina, non gli offrì l'assist perfetto per tornare a schiarirsi la voce e far si che Jieun tornasse a guardarlo in quegli stessi occhi che troppo a lungo le avevano nascosto bugie e menzogne, piccole o grandi che fossero.

— Un the sarebbe perfetto, ti ringrazio, —

— Questi sono per te, — asserì quindi, in tono molto più delicato, porgendo quello splendido mazzo nella direzione di Jieun che, questa volta, sollevò lo sguardo verso di lui solo per poterlo chinare nuovamente poco dopo in gesto di ringraziamento.

Una scossa percorse tutto il corpo di Taehyung nel momento in cui le mani di lei sfiorarono le sue e un timido, — Accomodati ti prego, — non uscì dalle sue labbra così soffici che ancora il giovane desiderava poter assaporare.

In quei brevi istanti che seguirono la loro camminata verso il salotto, Taehyung sperò con tutto sé stesso che Namjoon facesse qualche danno in cucina durante la preparazione del thè per potersi prendere ancora del tempo prima di iniziare un discorso che non sapeva dove lo avrebbe portato realmente. E invece questa volta il giovane procuratore dovette arrendersi al fatto che il tempismo non fosse proprio dalla sua parte: Namjoon si affacciò sulla soglia del salotto il tempo necessario affinché Jieun potesse riempire un vaso con dell'acqua fresca per poi immergere quel bel mazzo di candidi fiori che, sapeva, Taehyung aveva comprato solo pochi minuti prima di arrivare davanti al suo portone di casa per paura che, durante il tragitto, potessero in qualche modo appassire.

— Sono bellissimi, — fu il miglior ringraziamento che Jieun potesse fargli, facendo seguire a quelle parole uno dei sorrisi più aperti e sinceri che Taehyung le avesse mai visto dipingersi sul volto.

— Non avrei mai potuto presentarmi a mani vuote, —

Una volta dopo aver servito loro il caffè, Namjoon decise di lasciare la stanza con solo un vago sospetto di quello che Taehyung avrebbe detto di lì a poco. Si avvicinò quindi a lui solamente per poggiare una mano sulla spalla del più giovane che ricambiò quel gesto d'intesa con un semplice sorriso. Quella fu la scossa definitiva che permise al giovane procuratore di appoggiare la tazza di quel thè nero ancora bollente sul piccolo tavolo di vetro del salotto di casa Kim per schiarirsi la voce e tornare così a prendere parola.

— Lascio la centrale di polizia di Seoul, —

Per poco Jieun non fece rovesciare l'interno contenuto della tazza su sé stessa o, peggio ancora, sull'antica poltrona in pelle sulla quale aveva preso posto per poter stare di fronte a Taehyung. Sul suo volto sorpreso vi erano impresse mille domande sul perchè e sul come lui fosse arrivato ad una conclusione del genere, tutte domande a cui il giovane era già pronto a rispondere precedendo qualsiasi richiesta di spiegazioni da parte della ragazza, ancora incredula di fronte a lui.

— Dopo la storia di mio padre ho deciso di dimettermi.. Ho intenzione di aprire una galleria d'arte, —

— Una galleria d'arte? — la domanda sinceramente incredula di Jieun non fece altro che suscitare in Taehyung una leggera risata, che però egli stesso fu costretto a contenere portandosi una mano davanti alla bocca. E, come se anche questa volta fosse riuscito a leggerle nella mente, il giovane cercò di trovare una spiegazione che rasentasse il razionale per giustificare una mossa apparentemente cosi azzardata.

— A causa dei nostri impegni di lavoro non sono mai riuscito a portarti ad una mostra.. Però, anche se non si direbbe, il mondo dell'arte mi affascina e mi intriga, quindi ho deciso di investire così il mio tempo e il mio denaro nel prossimo futuro, —

— Wow, riesci sempre a sorprendermi Kim Taehyung, — era sempre stato così, per Kim Jieun. Forse era stato il suo carisma, o forse il suo modo di fare, o ancora la sua eleganza nelle parole e nei gesti, che Kim Taehyung l'aveva fatta innamorare. E, con ogni probabilità, se non fosse successo tutto quello che in questi mesi entrambi avevano dovuto sopportare e superare, probabilmente ora sarebbero stati alle prese con gli ultimi preparativi del loro matrimonio invece che parlare di gallerie d'arte davanti ad una tazza di thè bollente come due perfetti sconosciuti.

— Forse sarai ancora più sorpresa di sapere che la mia galleria verrà aperta al posto del Black Ink, —

Non era sua intenzione far sparire quel bellissimo sorriso dalle labbra di Jieun, eppure Taehyung ci era riuscito perfettamente nominando solo quelle due parole. Due parole che erano state sufficienti per far dimenticare a Jieun persino come respirare. Forse, tra tutti quelli che ci erano passati nel corso degli anni, alla fine era stata lei ad aver instaurato un legame quasi viscerale con quel posto che, evidentemente da poco, aveva cambiato ancora una volta il suo proprietario.

Jieun avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa. Anzi, lo stava per fare davvero, anche se in realtà probabilmente dalle sue labbra non sarebbe uscito altro che un profondo respiro. Ma, anche in questo caso, venne fermata da ogni suo intento proprio da Taehyung che prese parola ancora una volta, interrompendo ogni suo tentativo di cercare di trovare una spiegazione logica alla conversazione.

— No ferma Jieun, ti prego, so cosa hai pensato non appena dalla mia bocca sono uscite le parole Black Ink, — la informò il giovane ancora seduto di fronte a lei, gli occhi questa volta ridotti ad un paio di minuscole fessure, — Dio, ho provato questo discorso per giorni, ma adesso che ti vedo qui davanti a me faccio davvero fatica a ricordare anche solo come mi chiamo, — fu tutto quello che, al momento, riuscì ad aggiungere, costringendosi poi ad alzarsi in piedi ed iniziare a camminare nervosamente da un lato all'altro della stanza per secondi che parvero interminabili.

— Taehyung, —

Avrebbe macinato volentieri altri due o tre chilometri prima di trovare il coraggio per affrontare di nuovo lo sguardo dolce e perso della ragazza ancora immobile sulla poltrona, ma gli era bastato sentir pronunciare da Jieun il suo nome per fargli rendere conto che il tempo ormai non era più dalla sua parte e che questa era davvero la sola ed ultima occasione che gli era rimasta per dire tutto quello che la sua mente aveva partorito nel corso di tutti quei giorni in cui le era stato distante.

— Ascoltami Jieun, esiste una differenza enorme tra il grande amore, e quello vero, — iniziò quindi il suo discorso, cercando per quanto possibile di essere convincente non solo per lei, ma soprattutto per se stesso, — Io ti amo, ti amo con tutto me stesso, ma ho capito che quella con Jungkook è la tua occasione per essere felice e adesso pensi di non meritartela perchè con me non l'hai mai avuta veramente, — non era sicuro di essere riuscito a dire quelle parole con la sincerità che avrebbe voluto trasmettere a Jieun ma, mai come in questa occasione, Taehyung si era reso conto di quanto fosse umano e difficile provare questo genere di sentimenti tanto forti quanto contrastanti.

In casi come questi, nonostante tutta la buona volontà, Kim Taehyung avrebbe voluto eliminare la poca distanza che ancora lo separava da Jieun per stringerla in un caldo abbraccio. Ne aveva bisogno, come una macchina che necessita della benzina per funzionare. Eppure, per qualche strana ragione, sentiva di non meritarselo.

— Tu devi vivere la tua favola, ogni giorno della tua vita, — proseguì quindi, il fiato improvvisamente corto come se avesse appena finito di correre una maratona e la voce quasi rotta, — E chiaramente io non sono il tuo lieto fine, lo capisci vero? —

Non era una domanda la sua. Taehyung voleva solo che quelle parole entrassero nella testa di Jieun e nella sua per rimanerci. Non voleva procurarle altro dolore ed era perfettamente cosciente dei sentimenti della sua (ormai quasi ex) ragazza nei confronti di Jungkook. Eppure, era come se Taehyung avesse preparato quel discorso più per se stesso che non per lei.

— Taehyung, —

— No ascoltami, — si prese una piccola pausa solo per riflettere ancora per un istante sulle prossime parole da rivolgerle, — Non è vero che non ami Jungkook, solo che sei "bloccata" in questo passato che ci tiene ancora legati, perchè la nostra storia non è finita perchè finora forse non lo abbiamo voluto, —

Fece finta di non aver sentito la voce flebile di Jieun richiamarlo all'attenzione perchè Taehyung era perfettamente consapevole che se avesse sollevato lo sguardo e l'avesse guardata negli occhi, probabilmente non sarebbe riuscito a concludere nulla di ciò che si era prefissato bussando alla sua porta quel pomeriggio.

— E allora perchè sento che questo è un addio? —

— Perchè è così Jieun, —

Taehyung aveva sempre odiato iniziare un nuovo capitolo nei libri. Per lui era come leggere una nuova storia dall'inizio. Il capitolo nuovo lo spaventava perchè l'idea di non sapere cosa fosse successo ai protagonisti di una storia, il non sapere se li avrebbe ritrovati una, due, dieci pagine più avanti lo tormentava a tal punto dal costringerlo a lasciare dei romanzi a metà per "paura" di rimanere deluso o ferito da ciò che avrebbe potuto leggere e vivere proseguendo nella lettura. Mai avrebbe pensato che chiudere la sua storia con Jieun gli avrebbe provocato un dolore cento volte più forte di quello legato a qualsiasi romanzo lui avesse mai letto.

— Ti sto dicendo addio perchè voglio che tu sia felice, lo sia veramente, — da questo momento, Taehyung non avrebbe mai più potuto tornare sui suoi passi e forse aver raggiunto questa consapevolezza gli diede le ultime forze per chiudere il proprio discorso a modo suo, — Ma lo sto facendo anche per me, perchè se non lo faccio ora non credo avrei più le forze per lasciarti andare via, —

Se Jieun lo avesse baciato in quel momento.. Anzi no, gli sarebbe bastata una sua carezza, un suo "aspetta" per far crollare tutta quella corazza che Taehyung si era costruito con fatica con le sue stesse mani, per farlo cedere come un castello di carte, per farlo desistere da mettere quel punto che gli avrebbe permesso di voltare pagina ed iniziare davvero un capitolo nuovo della sua vita. Gli sarebbe bastato solo questo, così poco, e per un solo, maledetto secondo Taehyung chiuse gli occhi pregando per quel miracolo. Poi, riaprendoli, fu solo semplicemente grato a Jieun per essere rimasta fedele a sé stessa anche quando lui avrebbe volentieri voluto cedere.

C'era ancora una cosa però con cui non aveva fatto i conti. Un oggetto piccolissimo ma dal valore affettivo inestimabile era ancora ancorato all'anulare della mano sinistra di Jieun che, per non farsi vedere visibilmente commossa dalla parole di Taehyung, inavvertitamente aveva portato proprio quella mano sul viso, rendendosi a sua volta conto della presenza, adesso ingombrante, di quel piccolo ma scintillante oggetto.

— Oh, io dovrei- devo restituirti questo, — Jieun fece per togliersi l'anello dall'anulare, ma venne fermata dalla mano di Taehyung che, delicatamente, si posò sulle sue - decisamente più piccole -, nel tentativo di farla desistere dal compiere quel gesto.

— Non potrei mai rivolerlo, quell'anello l'ho regalato a te quindi è e sarà sempre tuo, — le confessò in tono fermo e quantomai deciso, senza però dimenticare di allargare le sue labbra in un dolcissimo sorriso, — Ma puoi sempre rivenderlo, so che all'epoca ti eri informata per conoscerne il valore, — aggiunse poco dopo, avvicinandosi al suo orecchio ed abbassando volutamente il tono di voce, per cercare di farla sentire in colpa o forse, per bearsi ancora una volta del dolce profumo della sua pelle e dei suoi capelli prima di allontanarsi definitivamente da lei, lasciandole andare le mani.

— Non è vero! — fu tutto ciò che Jieun potè permettersi di replicare, cercando di nascondere il senso di colpa che si era impossessato delle sue guance, facendole diventare più paonazze di quanto volesse far credere.

Per questo, e per tutta quella serie di motivi che li avevano portati fino a quel punto, in quel pomeriggio d'inizio primavera Jieun si liberò della presa di Taehyung su entrambe le sue mani solo per avere l'opportunità di potergli cingere la vita con entrambe le braccia e, finalmente, stringerlo in quell'ultimo, caldo abbraccio che Taehyung tanto aveva desiderato.

— Aspetta Tae, presto ci sarà il karaoke per-, — non ebbe il coraggio di pronunciare il nome di Jungkook davanti a lui, non dopo tutto quello che si erano appena detti. Sapeva che Taehyung aveva capito cosa volesse dire ma, come se fosse finito un incantesimo, Jieun venne drasticamente riportata alla realtà, una realtà nella quale Hoseok e gli altri stavano organizzando una serata a cui Taehyung avrebbe avuto tutto il diritto di dover presenziare.

— Ho già parlato ad Hoseok della mia decisione, non c'è motivo per cui io debba essere presente e poi.., — prese un profondo respiro prima di aggiungere delle parole che lo avrebbero tormentato ancora per un pó, — Vederti insieme a Jungkook mi costerebbe più che essere venuto fin qui oggi per dirti tutto quello che mai avrei pensato di poterti dire, non odiarmi per questo, — disse in ultima istanza, soffocando un singhiozzo nel vago tentativo di schiarirsi la voce, tentativo che si rivelò essere un totale fallimento perchè, in cuor suo, Kim Taehyung avrebbe voluto che quell'abbraccio durasse per sempre.

— Come potrei odiarti, —

Quelle parole furono sufficienti per convincerlo a sciogliere l'abbraccio, ma solo per permettergli di portare una mano sulla nuca di Jieun e fermarsi un istante ancora per poterla accarezzare con una dolcezza a dir poco disarmante. Sciolto anche quell'ultimo incantesimo, l'ormai ex procuratore si diresse verso la porta, che aprì per la prima volta senza alcun rimpianto, nonostante si fosse reso conto solo a contatto con la fresca brezza primaverile di quanto umide fossero le sue gote.

— Taehyung? Grazie, di tutto, —

Non si voltò per ringraziarla a sua volta né si permise di farlo, perchè sentire la voce di Jieun tremare, rotta dai singhiozzi, sarebbe stato un colpo troppo basso per poterlo sostenere. Il solo pensiero che lei stesse piangendo e lo stesse facendo per lui sarebbe stato sufficiente per eliminare il ricordo del suo volto sorridente che invece era tutto ciò che lui avrebbe voluto portare con sè per sempre. Si chiuse quindi la porta alle spalle Kim Taehyung, facendo poi il suo primo passo verso quel nuovo capitolo della sua vita da cui troppe volte era fuggito e che invece adesso era pronto ad affrontare a testa alta.

 

 

 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

ci siamo: queste sono le battute semi-finali, il prossimo capitolo infatti sarà l'epilogo di questa luuunghissima long (lol)

ho pensato che taehyung e jieun dovessero avere il loro momento per chiarirsi e fare pace con i loro sentimenti: forse non farà loro giustizia, ma sono contenta di essere a mio modo riuscita a far si che la loro storia finisse "in pace" (per chi mi conosce, sa che spesso e volentieri i miei protagonisti non fanno una bellissima fine ahahah)

detto questo evaporo, ma noi ci rivedremo la prossima settimana per il GRAN FINALE! <3

borahae

bvb

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Capitolo 19
*** [19] ***


BLACK INK.

 

[19]

Epilogue



Se solo qualche settimana fa le avessero detto che Taehyung sarebbe uscito definitivamente dalla sua vita, Jieun non ci avrebbe creduto. Se qualche settimana fa l’avessero provocata dicendo che Jungkook sarebbe tornato ai suoi affari, magari all’estero, dimenticandosi di lei, Jieun non avrebbe dato troppo peso a quelle malelingue. Se qualche settimana fa non avesse concluso la sua serie podcast preferita, Kim Jieun non si sarebbe ritrovata senza nulla da fare, ritrovandosi ad osservare la sua stessa figura di fronte allo specchio riuscendo solo a disprezzarsi per come, in tutta questa situazione, avesse reagito nel peggiore dei modi, cercando stupidamente di sparire dalla vita di tutti.

— Te la senti? — le chiese Namjoon, visibilmente preoccupato dall’espressione confusa e corrucciata della sorella, prima di ricevere come unica risposta un suo cenno di assenso col capo che lo convinse a mettere in moto l’auto senza più aggiungere altro fino all’arrivo alla meta di quella sera.

Jieun non era minimamente pronta ad affrontare una serata al noraebang più famoso di Hondgae con suo fratello e gli altri, ma sapeva perfettamente che Hoseok le avrebbe tolto il saluto se solo avesse provato a chiamarlo per dirgli che per "cause di forza maggiore" non sarebbe potuta essere presente, visto quanto aveva insistito nei mesi precedenti per organizzare una serata di questo tipo. Rabbrividì solo al pensiero, cercando di scacciare da sé l'immagine di un Hoseok arrabbiato, perchè onestamente non aveva mai conosciuto quella parte di lui né voleva provare il brivido di fare un’esperienza del genere proprio in quell’occasione.

Una cosa doveva ammetterla: il modo con cui lui si era impegnato per organizzare quella specie di festa a sorpresa per celebrare le dimissioni di Jungkook dall’ospedale era stato davvero lodevole. La sala che aveva scelto era ampia e spaziosa, le luci soffuse per creare la giusta atmosfera e sui due tavoli circondati da morbidi divani il giovane poliziotto aveva già fatto predisporre alcune bottiglie di soju e qualche stuzzicheria. Jieun si appuntò mentalmente di doverlo ringraziare, perchè già più che consapevole che quella sera l'alcool sarebbe stato il miglior amico di gran parte dei presenti, lei compresa.

Non dovette infatti attendere molto a lungo prima che qualche bicchiere di soju iniziasse a fare un certo effetto sul suo stomaco vuoto. E come se il nervosismo, l’ansia e l’alcool non fossero già ai massimi livelli, il fatto che - nonostante le numerose chiamate di Yoongi e Jimin - Jungkook non si fosse nemmeno degnato di presentarsi alla festa era stato un motivo più che sufficiente per convincere Jieun ad alzarsi di scatto dal divano della sala su cui era rimasta seduta per chissà quanto tempo e dirigersi a passo lento verso l’uscita. La notte era già calata da un pezzo e, nell’inspiegabile vuoto creato dal silenzio che si era creato una volta messo il piede sul balcone poco distante da quella sala rumorosa ma ricca di sorrisi distesi e piacevoli risate, Jieun si rese conto di non aver fatto una scelta molto saggia quando, prima di uscire di casa insieme a Namjoon quella sera, aveva deciso di non portarsi alcuna giacca per coprirsi.

Non aveva freddo, ma la sensazione di avere le spalle scoperte, all’inizio piacevole, stava iniziando a darle più fastidio di quanto non avesse voluto. Rimettere piede nella sala però era decisamente fuori discussione visto che Namjoon e Hoseok avevano deciso di unirsi a Seokjin nel loro concerto a tre voci. Decise quindi di rannicchiarsi semplicemente verso il pavimento nella speranza di poter godere di quella leggera brezza primaverile per ancora qualche minuto. E sarebbe rimasta immobile ad osservare i tetti più o meno illuminati della sua adorata metropoli ancora per un pò se non fosse che, all’improvviso, una piacevole sensazione di calore avvolse completamente il suo corpo.

Avrebbe potuto riconoscere il profumo di cui era impregnata quella giacca senza nemmeno prendersi la briga di aprire gli occhi, ma ogni cosa sembrava contrastare con la certezza di non aver visto Jungkook quella sera. E allora perchè quell’odore continuava ad inebriarle i sensi? Sollevò di malavoglia lo sguardo solo per incrociare quello rilassato e divertito di Jimin, in piedi accanto a lei, le mani incrociate sul petto e la schiena appoggiata alla parete esterna del locale.

— Ti chiederai perchè quella giacca ha il profumo di Jungkook, —

Jieun avrebbe potuto dirgli di sì, ma non era sua intenzione coinvolgere Jimin nei suoi castelli di paranoie e sbalzi d’umore. O avrebbe potuto dirgli di no e convincerlo a rientrare in modo da troncare quella - al limite dell’assurdo - conversazione sul nascere. Alla fine, semplicemente, Jieun si limitò a non dire nulla. Rimase in silenzio, abbassando di nuovo lo sguardo, fingendo disinteresse.

— Questa giacca è sua, l’ho presa in prestito perchè non avevo nulla da mettere sopra la camicia, — le confessò a quel punto il giovane, senza nascondere nulla del suo innocente furto, sfiorandole poi la testa con una leggera carezza.

— Jimin, lui-, —

Le parole le uscirono dalla bocca senza creare nessuna frase di senso compiuto. Cosa voleva sapere davvero? Si portò subito la mano davanti alla bocca Jieun, sperando che lui non avesse sentito i suoi farfugliamenti.

— Mmmm, da quello che so credo che abbia ancora delle questioni da risolvere prima di decidere cosa fare effettivamente della sua vita, se lasciare la città, dedicarsi ad altro eccetera eccetera, se è questo che volevi sapere, — la voce del ragazzo giunse di nuovo alle sue orecchie, trafiggendole il cuore. Jimin stava guardando proprio nella sua direzione e i suoi occhi, quello sguardo così comprensivo e sereno, per un attimo fecero svanire ogni ombra di dubbio e incertezza nel cuore della giovane detective.

Solo a quel punto Jieun si rimise in piedi, avvicinandosi con una certa enfasi al volto del giovane tatuatore, ancora immobile di fronte a lei.

— Jimin, tu sai dove potrebbe essere adesso? —

— Non credo ci sia bisogno che te lo dica Jieun, —

Non le ci volle molto per restituire quella calda giacca di pelle al suo non-legittimo proprietario e poi estrarre il proprio telefono dalla tasca e decidere di comporre il numero di un ditta di taxi e dare ad uno di loro quell’indirizzo, l’indirizzo del Black Ink. Accadde tutto così in fretta che non le venne concesso nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava effettivamente facendo, di dove il suo corpo e il suo cuore la stessero effettivamente trascinando. Complici una lunga scia di semafori verdi e strade semi deserte, la Kim Jieun si ritrovò molto prima di quanto avesse previsto di fronte a quelle scale che decise di scendere una volta ancora, nonostante più e più volte si fosse ripromessa del contrario, per entrare nel locale scavalcando le scie di nastro di plastica che, per settimane, avevano delimitato un’area riservata esclusivamente alla scientifica.

Il Black Ink era particolarmente silenzioso quella sera. Ogni cosa presente nel salone d’ingresso era già stata portata via, compreso il bancone che molto tempo aveva ricoperto il ruolo di reception. Non vi erano più il porta riviste, né sedie e quel divanetto disposti lungo il perimetro della “sala d’attesa”. Solo una fioca luce aveva permesso a Jieun di muoversi abbastanza agilmente all’interno di quello spazio ormai irriconoscibile, e quella luce proveniva proprio dall’ultima stanza sulla sinistra di quel locale, lo studio di Jungkook.

Vi ci arrivò camminando sulle punte pur non sapendo se lo avrebbe colto più o meno di sorpresa. La porta era socchiusa, ma il fascio di luce che proveniva dalla stanza fu sufficiente a Jieun per riuscire a notare il profilo scuro di Jungkook appoggiato comodamente contro il tavolo dello studio, le braccia incrociate contro il petto e il volto sollevato verso la parete più lunga della stanza, sulla quale vi erano ancora appesi decine di quadri che rappresentavano alcuni dei suoi tatuaggi più belli.

— La chiusura del caso non fa bene alle tue doti da spia, credo di averti sentito sbattere la portiera del taxi, — proferì all’improvviso, rivolto chiaramente verso di lei ancora nascosta dietro la porta, ma senza per questo distogliere lo sguardo dalla parete.

Jieun si morse il labbro, rendendosi presto conto che era diventato ormai inutile se non quasi ridicolo continuare a nascondersi dietro il vetro di quella porta.

— Ti stai perdendo una bella festa sai? — confessò a quel punto, mettendo finalmente piede nella stanza, non riuscendo a smettere di sorprendersi davanti alla banale constatazione che ogni singolo oggetto o soprammobile di quei pochi metri quadrati rispecchiasse perfettamente il carattere e il buon gusto di Jungkook.

— Ah si? E perchè se la festa è tanto bella sei venuta fino qui? — le fece notare, scrollando le spalle e sollevando il suo corpo dalla superficie del tavolo.

Per un secondo, Jungkook si perse ad osservarla: i capelli scuri lasciati ricadere delicatamente sulle spalle, ben visibili dallo scollo di quella maglietta che probabilmente Jieun aveva scelto di indossare per la serata al karaoke a cui lui aveva scelto deliberatamente di non partecipare. Aveva l’aria che dovrebbe avere, quella di una splendida donna ventiseienne, se solo non fosse per quell’aria stanca, dovuta agli ancora recenti avvenimenti che difficilmente sarebbe riuscita a cancellare dalla sua mente.

— Me ne sono andata perchè ho paura Jungkook, —

— Paura di cosa? — una smorfia a metà tra il divertito e il sorpreso attraversò d’un tratto il suo volto, ancora scuro.

Le guance di Jieun erano arrossate a causa del soju, ma il particolare che convinse Jungkook a togliersi quell’aria da offeso erano state le sue mani, che lei aveva portato dietro la schiena, come se stesse cercando di nascondergli qualcosa. Sembrava così indifesa in quella posizione che il giovane tatuatore non potè fare altro che distogliere momentaneamente il suo sguardo, non più sicuro di quanto potesse riuscire a trattenersi con Jieun a pochi metri da lui.

— Ho paura che tu decida di andartene all’improvviso e senza avvisare, senza avvisarmi, — la sentì distintamente ammettere a quel punto, senza nemmeno preoccuparsi di abbassare lo sguardo e rivelare a lui quei suoi grandi occhi chiari.

— Beh, eccomi qui, è tutto? — inspirò, insoddisfatto della sua stessa risposta. Avrebbe voluto provocarla solo un altro pò ma, tra i due, Jungkook era consapevole di non essere lui il più forte, il più determinato a vincere quella partita di taciti sguardi.

— Ho saputo che tu e Taehyung avete stretto un accordo per il Black Ink, — le parole di Jieun riecheggiarono lungo tutto il perimetro della stanza, arrivando alle orecchie di Jungkook come un sussurro.

— Già, — fece eco lui, — Presto questo locale sarà interamente suo, come lo sei stata anche tu, —

— Taehyung ed io ci siamo lasciati, — la avvertì sussurrare stancamente, quasi come se Jieun stesse cercando di trovare dentro di se le forze per non accasciarsi improvvisamente a terra, stanca di continuare una conversazione che non sapeva dove l’avrebbe portata.

— E questo dovrebbe convincermi a restare? —

Sapeva che Jungkook era risentito per il suo comportamento scostante delle ultime settimane ma in quel momento, di fronte lui, Jieun capì che ogni piccolo compromesso sarebbe stata una delusione in più per entrambi i loro cuori e per questo non aveva più intenzione di arretrare di un solo passo. Ci sarebbe stato tempo e modo di spiegargli il perchè aveva scelto di comportarsi come una stupida, cercando in tutti i modi di evitarlo, ma questa era davvero l’unica e forse l’ultima occasione per chiarire i suoi sentimenti una volta per tutte. E Jieun era quantomai determinata a non farsela sfuggire, qualunque fosse stato il prezzo da pagare.

— Io.. Io ho sempre avuto paura di non riuscire a vivere senza di te, e stasera ne ho avuto la conferma, — confessò allora tutto d’un fiato, tentennando solamente quando lo vide avvicinarsi liberando quelle sue mani grandi che, fino a quel momento, erano rimaste incrociate contro il petto.

— Credo dovrai essere più persuasiva di così, — le rispose lui, la distanza tra i loro corpi così infinitesimale quanto ancora così maledettamente incolmabile.

Chiuse gli occhi Kim Jieun, mentre il profumo di Jungkook aveva cominciato ad invaderla fino ad inebriarle ogni senso.

— Non voglio più farlo Jungkook, non voglio più stare lontana da te, perchè so di amarti, —

Tutto quello di cui Jieun era certa è che lo voleva, aveva bisogno di sentire di nuovo quella pelle calda scaldarle di nuovo cuore e corpo. Lui restò lì fermo a pensare, come se stesse cercando di scrutarle l’anima per trovare da solo tutte quelle parole che Jieun non era riuscita a pronunciare non per mancanza di coraggio, quanto perchè il fiato le si era mozzato in gola. Erano stati tanti i pensieri che avevano affollato la mente di Jungkook in quei giorni, più di quanti probabilmente ce ne fossero stati in tutta la sua vita. E se da un lato c’erano le ingiustizie subite e il male compiuto, gran parte delle sue preoccupazioni, dubbi, desideri ed incertezze continuavano a riguardare Jieun e Jieun soltanto.

In un secondo, il pensiero di poterla allontanare ancora una volta da se, di perderla di nuovo, lo convinse ad annullare la già poca distanza che li separava. Le sue labbra furono su quelle di Jieun in un attimo, prendendosi quel bacio che fin troppe notti aveva sognato e che, adesso era finalmente certo, lei avrebbe ricambiato con la stessa intensità.

— Hai idea di quanto io abbia sperato in questo momento? — ammise allora, tra un respiro e l’altro, non permettendole però di riprendere abbastanza fiato per potergli rispondere, — Dio, quei ventuno giorni in ospedale senza poterti toccare, senza poterti stringere, senza poterti parlare come si deve, credevo seriamente sarei impazzito, — continuò, lasciandosi guidare nei movimenti dai sospiri di Jieun.

— E’ il tuo modo enigmatico per dirmi che non sei più arrabbiato? —

— Permettimi di essere più esplicito allora, —

Lui era Jeon Jungkook, audace, coraggioso, il più delle volte impenetrabile, persino per lei. D’altro canto però, Jieun sapeva che lui non fosse stato certo dei sentimenti di entrambi non si sarebbe mai azzardato a stringerla così, se non fosse stato certo di poterla cullare tra le sue braccia per molto, molto tempo, non avrebbe mai premuto in quel modo le mani contro il suo corpo. Jieun sentì di potersi abituare molto più che in fretta a quel tocco, perciò rimase immobile contro la sua pelle ad immaginare che forse, adesso, sarebbe potuto essere davvero così per sempre.

— Rimani con me stanotte, — le propose allora, lasciandole una scia di umidi baci tra le orecchie e il collo, — E anche domani, e il giorno dopo ancora, —

Jieun ovviamente non riuscì a dirgli di no. Le sue braccia si mossero automaticamente verso le spalle di Jungkook per cingergli il collo, mentre lui aveva già ricominciato a baciarla trascinandola con sé sulla poltrona della stanza. Le loro mani non avevano mai smesso di cercarsi, i loro corpi di intrecciarsi. Jieun sentiva le mani calde di lui ovunque ed ogni volta non era mai uguale a quella precedente, sempre più impazienti, sempre più desiderose.

— Ti amo, —

C’era una tale sicurezza nelle parole di Jungkook, nelle sue iridi scure. Le sue mani lasciarono per un istante i fianchi di Jieun per portarsi delicatamente sul suo volto, accarezzandone le guance con i pollici, e poggiando poi la fronte contro la sua.

— Ti amo Jieun, — la vide arrossire a quella dichiarazione e a quel punto si lasciò andare ad un sorriso, perché tutto ciò che aveva sempre desiderato adesso era lì, davanti ai suoi occhi. Jieun era tra le sue braccia e per la prima volta tutto questo era dannatamente reale.

— Ti amo Jungkook, — quasi involontaria fu anche la confessione di lei, pronunciata più dal cuore che dalla sua bocca asciutta.

E in quel momento, stretto nell’abbraccio di Jieun, un irrefrenabile ed impaziente bisogno di renderla sua colse Jungkook come un fulmine a ciel sereno. La avvertì aggrapparsi con forza alla sua schiena ed esalare un gemito quando, nella frenesia di baci e carezze, Jungkook aveva volontariamente iniziato a far scontrare i loro bacini, liberandoli come meglio aveva potuto da qualsiasi tipo di barriera che ancora li teneva separati. Le accarezzò con premura la fronte per poi far scivolare la sua mano lungo quei suoi capelli, inumiditi dalla concitazione e frenesia di quel momento per poi scendere ancora lungo la schiena e poi verso il suo basso ventre. In un attimo i suoi movimenti si fecero regolari e costanti, sempre più forti, più intensi, come i baci sulla sua bocca e sul suo collo sottile, fermandosi giusto il tempo per guardare la sua Jieun negli occhi, per capire se anche lei stesse provando le sue stesse sensazioni, il suo stesso piacere.

Gli bastò un solo sguardo, uno sguardo per fargli immaginare cosa sarebbe successo di lì a poco. Solo allora Jungkook si convinse di non essere troppo smanioso, che ce ne sarebbero state di altre volte con lei, molto più romantiche e dolci. In quel preciso istante, un dolcissimo sorriso si dipinse sul suo volto. Sorrise Jungkook, prima di raggiungere l’estasi.

Si accasciò su di lei cercando il modo più delicato possibile per non schiacciarla col suo peso, per non soffocarla nel suo abbraccio. Gli si mozzò il respiro quando Jieun lo strinse volontariamente a sé prima di baciarlo ancora e ancora. Si baciarono fino a non avere più fiato, con la promessa che da quel momento si sarebbero amati alla luce del sole, senza aver più timore e paura di comportarsi da sciocchi o da egoisti. Ora che lei si era accoccolata tra le sue braccia il suo desiderio più grande si era realizzato.

Proprio tra le spesse mura di quel posto sotterraneo dove tutto aveva avuto inizio e dove ora Jungkook e Jieun potevano finalmente avere il loro lieto fine.

 





 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

dopo lunghi, lunghissimi mesi (anzi, stiamo parlando di un anno e mezzo lol) termina qui anche black ink.

il "blocco dello scrittore" non perdona e, anche se grazie all'ultima cover di jk sono riuscita a scrivere di getto gli ultimi tre capitoli della storia sappiate che, da parte mia, non ritengo che black ink sia la mia fanfiction meglio riuscita (nonostante, a rigor di (mia) logica, quella più recente dovrebbe essere anche la migliore(?), non lo so scusate).

la ritengo "incompiuta" anche se materialmente "compiuta" perchè gli ultimi tre capitoli sono stati un pò un compromesso rispetto a ciò che avevo in mente di scrivere (ma che, per quanto ci provassi, non mi è mai riuscito). spero che abbiate pietà di me.

cosi come spero abbiate pietà di me nel leggere la scena d'amore tra jungkook e jieun, dire che sono un'impedita nello scrivere scene un pò più "spicy" del solito è un eufemismo

come chi mi segue da tempo saprà non sono molto brava a non far morire nessuno nelle mie storie (complice il mio amore smisurato per l'angst) quindi devo ammettere che, nonostante non ne sia convinta, devo forse dare merito a me stessa per non aver lasciato indietro nessuno, non questa volta almeno.

tornerò, come faccio da anni, più forte, più convinta e con molta voglia di ANGST sappiateloh.

intanto ringrazio chi è passato di qui, chi ha letto, commentato e soprattutto ringrazio i BTS per avermi permesso di scrivere ancora una volta su di loro in un universo totalmente diverso da quella che è la realtà dei fatti (mi viene da dire, "per fortuna").

detto questo evaporo, sperando di poter tornare as soon as possible!

borahae <3

bvb

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