Dark Fairy Tales

di Marian Yagami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

- Non si hanno ancora notizie della bambina scomparsa, che manca dalla casa familiare già da tre giorni, ma la polizia pensa o ad un rapimento o ad una fuga. –

La voce della giornalista riempiva la cucina, quella mattina di inizio estate.

La colazione per due persone era disposta allegramente su piatti colorati, accompagnati da posate di plastica verdine.

- Non è scappata da casa. – disse Lou, secca, sedendosi al suo posto.

Lou era una bambina pratica. Aveva solo otto anni, ma certe volte si esprimeva con tale schiettezza da somigliare ad una donna adulta, soprattutto quando si trattavano cose serie.

Questa era una di quelle.

- Dalia non è scappata. –

- Tesoro, ma che dici? – esclamò la mamma, spegnendo il fornello. Si avvicinò alla bambina e le carezzò i capelli color miele con una mano.

- Te l’ho detto, non sarebbe potuta scappare. – mormorò Lou, addentando una frittella fumante.

- Oh, certo! Per via della vostra promessa, vero? –

Lou sospirò.

Non aveva mai dimenticato la promessa che lei e Dalia avevano stretto quando avevano quattro anni.

 

 

Sedute tra teneri steli d’erba, Lou e Dalia giocavano con le piccole tessere di legno di un domino, e le disponevano in modo da formare dei muri di una casa, dove facevano vivere le loro bambole.

- Lou... –

- Sì? – chiese la bambina, distraendosi dalla sua occupazione.

- Stanno arrivando, sai? –

- Chi sta arrivando, Dalia? –

- Le mie amiche, quelle di cui ti parlavo, tra poco verranno a farci compagnia. –

Lou annuì.

Lei non aveva mai visto queste “amiche” di cui parlava Dalia, ma aveva notato che molto spesso la bambina pareva giocare da sola o parlare apparentemente con nessuno.

- Eccole, eccole! – esclamò Dalia, ad un tratto, scattando in piedi. I suoi capelli rossi e ricci, che la facevano somigliare tanto ad un cespuglio, si agitarono al vento, mentre correva verso qualcosa.

Piccoli globi di luce colorata danzarono attorno alla bimba, solleticandole il viso e muovendo i lembi del suo abitino estivo.

Lou, naturalmente, non vedeva nulla.

- Oh, quanto vorrei che tu potessi vederle, Lou! Sono così brillanti! E sono simpatiche, sai? – disse Dalia.

Lou, sorrise mestamente.

- Aspetta... un modo c’è! – mormorò l’amica. – Vi prego, fatine... cogliete un mazzo di fiori freschi per la mia cara Lou. –

I piccoli globi di luce si mossero velocemente, come se la delicata danza si fosse trasformata in una vorticosa tempesta.

Perfino Lou, che non riusciva a vedere le fate, notò con stupore lo spostamento d’aria, che creava un vento innaturale, e sentì perfino un forte profumo, che si intensificava sempre più.

Poi, tra un turbine di foglie, a mezz’aria apparve un mazzolino di fiori di campo, legati insieme da un delicato nastro bianco.

Lou fissava la scena a bocca aperta, incredula.

- Non l’ho mai detto a nessuno, che potevo vederle. – mormorò Dalia, all’improvviso.

L’amica, che aveva preso i fiori in mano, la fissò, enigmatica.

- Penserebbero che io sia pazza, no? –

Lou annuì, un po’ perplessa.

Dalia fissò i fiori per un attimo, poi alzò lo sguardo verso l’amica.

- Prometti di non dirlo a nessuno? Specialmente ai miei genitori... – disse, all’improvviso.

- Certo, Dalia, lo prometto! – esclamò Lou, correndo verso di lei e le strinse forte le mani.

- E promettiamo anche che ci diremmo sempre tutti i nostri segreti. -

Le due si sedettero per terra nuovamente, e iniziarono a canticchiare la filastrocca che usavano sempre quando c’era un segreto da mantenere.

- Bianco sorriso

  dipinto sul viso,

  apri i tuoi occhi,

  sogna balocchi.

  Sogna magie e

  sogni d’amore,

  tieni il segreto

  nel fondo del cuore. –

 

 

Dopo la colazione, Lou uscì nel giardino di casa sua, e si arrampicò sulla staccionata, scrutando dentro il giardino dei vicini, dove fino a tre giorni prima la sua amica scorrazzava insieme a tutti i suoi animali: due cani, un gatto e una tartaruga.

Ora invece era così desolato e silenzioso... perfino gli animali non osavano uscire dalle loro cucce.

Dalle finestre della casa, si intravedevano le ombre dei genitori di Dalia, che si aggiravano per le stanze pieni di angoscia, in cerca, forse, di una risposta ai loro dubbi, o di una spiegazione alla scomparsa della loro bambina.

Lou sospirò, saltando giù dallo steccato.

“ Non può essere scappata. Se ci fossero stati problemi me ne avrebbe parlato. E comunque non sembravano esserci disaccordi in famiglia o cose simili...”

 

 

Tante piccoli globi di luce fluttuavano attorno a Lou.

La bambina era stupita, ma anche affascinata da quegli oggetti, che ad un’occhiata più accurata, risultavano essere creaturine magiche dotate di ali trasparenti.

Un forte sibilo si dipanò dalle creature, che ora avevano formato un cerchio che ruotava vorticosamente.

- Che cosa? – esclamò Lou.

- Cosa state cercando di dirmi? Non capisco! Parlate più forte! –

Il sibilo aumentò, fino a divenire un suono crivellante.

Lou si tappò le orecchie, non riuscendo più a sopportare quel rumore...

 

 

- Basta! – gridò Lou, aprendo gli occhi.

Si ritrovò seduta nel suo letto, con il leggero lenzuolo disteso sulle gambe.

“Era... un sogno?” si disse, strofinandosi gli occhi.

 

 

- Lou, vuoi venire con me a fare la spesa? – chiese la mamma, quella mattina.

La bambina annuì. Fare qualcosa l’avrebbe distratta dai pensieri che la tormentavano, e dai ricordi di quello strano sogno.

 

 

- Mamma! Compriamo il budino? – esclamò Lou, vedendo la bella confezione su uno scaffale del supermercato.

- Ma si, perché no? Quale vuoi, quello al cioccolato? O quello alla fragola? –

- Cioccolatooo! – fece la bimba, sorridendo soddisfatta.

Seguendo gli scaffali dei dolci, Lou cercò ancora qualcosa da poter mettere nel carrello, ma quando si voltò vide che il carrello e sua madre erano spariti.

“ Accidenti! Mi sono allontanata troppo.” pensò, e così si aggirò tra gli scaffali, tentando di scorgere la chioma castana della mamma.

- Piccolina! Ti sei persa? – esclamò una voce all’improvviso.

Lou alzò lo sguardo, e si ritrovò faccia a faccia con una giovane donna.

Era giovane e longilinea, con i capelli lunghi che le ricadevano sulle spalle, e una fascia colorata legata sulla testa.

La bambina notò che quel volto le era familiare, tuttavia c’era qualcosa nel suo sguardo... come una scintilla...

- Non mi sono persa, e non sono piccola. – disse, secca.

- Scusa, non volevo offenderti! – fece la donna, sorridendo.

“ Ecco che cos’è...” penso Lou. “ I suoi occhi... non riflettono il mondo... Normalmente gli occhi della gente sono come specchi. Se ci si concentra a scrutarne i riflessi, si può vedere tutto ciò che ci circonda, perfino noi stessi, ma... i suoi occhi sono diversi... sembrano liquidi, in un certo senso.”

- Pensavo... – disse la donna. – ...che avresti bisogno di un aiuto. Per ritrovare qualcuno, giusto? –

“Dalia!” si disse la bimba.

- Ritrovare qualcuno? –

- Beh, non stai cercando tua madre? –

Lou si ricordò solo in quel momento. – Ah... – mormorò, un po’ delusa.

- Comunque... – proseguì la donna. – Se non ti serve qualcosa, prova a guardare qua dentro. –

Così dicendo, porse alla bambina un sacco. Era di cuoio marrone, e aveva due piccole bretelle, proprio come uno zaino.

- Che cosa... secondo te mia madre sarebbe li dentro? – esclamò Lou, cominciando ad innervosirsi.

- Non ho detto questo... – rise la donna, facendo l’occhiolino.

- A... ad ogni modo, io non accetto regali dagli sconosciuti! – fece la bimba, e corse via.

 

 

- Tesoro! Ma dove eri finita? – esclamò la mamma, preoccupata, caricando le buste della spesa in auto.

- Oh, da nessuna parte... Ti stavo cercando... – disse la bambina, semplicemente.

- Mh... La prossima volta non allontanarti così, ok? –

Lou annuì, sedendosi comodamente sul sedile posteriore.

Per tutto il viaggio di ritorno a casa, la bambina rimuginò sulle parole della donna sconosciuta.

 

 

Quella notte, come sempre, dopo il bacio della buonanotte, Lou si distese nel suo lettino e chiuse gli occhi, lasciandosi pervadere dall’aria fresca che entrava dalla finestra semiaperta.

I grilli frinivano dolcemente, e gli occhi nocciola della piccola si chiudevano poco a poco...

 

 

Si svegliò disturbata da un raggio di sole, che filtrava attraverso le tende verdi, e colpiva Lou in pieno volto.

Ancora mezzo addormentata, si alzò dal letto e si mise alla ricerca delle ciabattine, che erano sotto il letto.

In quel momento si riscosse improvvisamente dall’intorpidimento del sonno, e si rimise in piedi.

“ C’è qualcosa che non va.” si disse. “Non capisco cos’è, ma non è tutto come al solito.”

In effetti, guardando bene, Lou si accorse che l’atmosfera che la circondava era cambiata.

I colori della sua camera, rosa e verde, erano stranamente diventati più acidi, e quasi disturbavano la vista; inoltre, lo sprazzo di cielo che si poteva osservare dalla finestra era di un azzurro molto forte, troppo strano per quell’ora del mattino.

La bambina si vestì in tutta fretta e corse per le scale, fino a raggiungere la cucina.

Anche in quella stanza i colori erano di tonalità più acidula, quasi metallica.

Una donna dai lunghi capelli dorati, intenta a preparare la colazione, stava di spalle, trafficando con pentole e fornelli.

- E tu chi sei? – esclamò Lou, spaventata, arretrando di qualche passo.

La donna si voltò, sorridendo dolcemente.

Lou spalancò gli occhi, incredula.

- Ma... mamma? – mormorò.

- Tesoro, che c’è? Va tutto bene? –

La mamma bionda dispose la pancetta e la frittata nel piatto di plastica verde.

- Quando... quand’è che ti sei tinta i capelli? – chiese Lou, sedendosi a tavola.

- Tinta i capelli? – ripeté la mamma, non riuscendo a capire. – Io non mi sono mai tinta i capelli! –

Lou continuò a fissare la donna.

Quella era sua madre, eppure...

Improvvisamente si alzò dalla sedia, e corse alla porta.

“Se è vero quello che sto pensando...” pensò, girando la maniglia.

- Tesoro, ma dove vai? – fece la mamma, ma Lou non la sentì nemmeno, già corsa fuori in giardino.

 

 

Era come pensava lei.

Anche i colori di tutto ciò che si trovava all’esterno erano aciduli e metallici, e a volte davvero strampalati.

L’erba del giardino aveva una strana luminescenza viola, pur mantenendo un certo colore verde, e così anche nei giardini delle villette circostanti.

- Cosa sta succedendo? – mormorò Lou, arrovellandosi per capire.

Ma poi qualcosa attirò la sua attenzione.

Sul marciapiede, vicino alla cassetta delle lettere, c’era un sacco.

Un sacco di cuoio marrone con due bretelle.

 

 

 

 

 

 

Ambiguo come inizio, non trovate? In realtà è la prima storia horror che scrivo, e anche la prima con protagonisti dei bambini, quindi, diciamo, il risultato è stato un po’ una sorpresa...

Questa storia, per la verità, nasce da un sogno che ho fatto tempo fa ( a volte i miei sogni sono davvero assurdi!)!

Spero vi sia piaciuto questo primo (di tre) capitolo.

Alla prossima settimana, con il secondo! XDD

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

- Non è possibile... Non... non può essere! – esclamò Lou, correndo verso il sacco.

Sembrava che lo avessero lasciato li sul marciapiede, abbandonato, ed era l’unico oggetto che aveva un colore pressoché normale.

“ Proprio come me, ora che ci penso...” si disse la bimba, osservando le proprie mani e gli abiti.

- Buongiorno! Hai trovato il mio regalo? – disse una voce di donna, all’improvviso.

Lou alzò la testa, guardando la persona che le aveva rivolto la parola.

- Di nuovo tu? – mugugnò la bambina, notando che si trattava della donna del supermercato.

Lei sorrise, chinandosi a raccogliere il sacco.

- Chi sei? – chiese Lou, sospettosa.

- Mi chiamo Lena. – disse, facendo una risatina. – Io sono la Regina delle fate! –

Lou la guardò di sottecchi. – See, e io sono Harry Potter... –

- Ma Harry Potter non era un maschio? Voglio dire... sei libera di non credermi! –

- Infatti è quello che farò. – affermò la bambina.

- Tuttavia... – riprese Lena, - dovresti credermi, invece, perché io ti posso aiutare a salvare Dalia. –

Lou spalancò gli occhi.

- Dalia! – sussurrò, dimenticando tutto quello che stava pensando, per concentrarsi solo su quell’unico, piccolo nome.

- Cosa... cosa stai dicendo! Dalia è sparita da cinque giorni! – gridò, furibonda.

Come poteva prendersi gioco di lei? Credeva fosse una sempliciotta, o forse credeva che fosse così facile farla abbindolare?

- Hai ragione. Dalia è scomparsa. È stata portata qui. –

Lou non riusciva a capire.

- In che senso “è stata portata qui”? Cos’è “qui”? –

- Vedo che hai già capito che questo non è il tuo mondo. Questa è una dimensione parallela, o meglio, è una dimensione che coesiste con quella in cui vivi, solo che pochissime persone sono in grado di vederla. – spiegò Lena. – La tua amica Dalia riesce a vederla, e vede anche i suoi abitanti. –

- ... le fate! – mormorò Lou, che finalmente capiva.

- Ma... perché allora è stata portata qui? E perché ci sono finita pure io? –

Lena girò attorno alla piccola, osservandola.

- Sono io che ti ho portato qui, perché credo che tu possa salvare Dalia. –

 

 

- Io non capisco. Se Dalia si trova qui avresti potuto salvarla tu, no? –

Lena scosse la testa.

- Purtroppo io non posso. Dalia è stata portata qui dal nemico giurato delle fate. Io non ho il potere di affrontarlo, perché questo essere è in grado di sopraffare perfino me che sono la Regina. –

Lou abbassò la testa, fissandosi la punta delle scarpe.

- Ma allora come credi che possa riuscirci io? – mormorò.

Lena porse il sacco alla bimba, che lo guardò stupita.

- Io non posso affrontare la creatura, ma posso fornirti tutto quello di cui hai bisogno per salvare la tua amica. E questo sacco è quello che ti serve. –

- Un sacco? –

- Non fermarti alle apparenze. Non è un sacco qualunque, te ne accorgerai presto. –

Lou accettò il regalo con mano ferma, anche se in verità il suo cuore tremava un po’.

Si chiedeva come avrebbe fatto a salvare Dalia tutta da sola, e soprattutto, si chiedeva perché era stata scelta proprio lei per svolgere questo compito.

- Non fare quella faccia… – disse Lena, dando un buffetto alla bambina.

- Non devi preoccuparti di niente. Voi due siete legate, capisci? C’è un vincolo molto potente, tra te e Dalia, che non permetterà che vi succeda niente di male, stanne certa! –

Lou annuì. Sapeva di cosa stava parlando la Regina, ma non riusciva a dargli un nome.

- Dimmi dove si trova Dalia. Andrò a riprenderla. –

Lena sorrise, fiera di quella piccola bambina dal cuore così grande.

- Dalia è prigioniera nella sua stessa casa. La troverai addormentata, ma non preoccuparti, è un incantesimo di protezione che le ho fatto. Sta bene, non le è accaduto nulla. –

 

 

La porta bianca in stile coloniale era socchiusa, ma dalla piccola fessura semiaperta non si intravedeva niente, se non tanta oscurità.

Lou deglutì, alzando la testa per osservare la casa nel suo complesso.

Era una villetta, molto simile alla sua, sviluppata in tre piani, e tutto attorno si estendeva un giardino verdeggiante.

Dava l’impressione di essere una casetta tranquilla, ma una strana aura le si propagava tutto attorno, mandando vibrazioni negative.

- Su, forza. Entra in casa. Non c’è niente di cui aver paura. – mormorò la bambina, facendosi coraggio.

Salì i tre gradini che conducevano al porticato, e si avvicinò cautamente alla porta.

Le sue mani tremanti stringevano convulsamente le bretelle del sacco, mentre procedeva lentamente verso l’oscurità.

Improvvisamente una folata di vento si levò da lontano, e spalancò la porta con uno scatto.

Lou cercava di resistere alla potenza della raffica, ma si faceva via via più forte, tanto che riuscì a sollevare la bambina e a farla ruzzolare all’interno della casa.

Un’altra folata di vento, infine, chiuse la porta, e tutto divenne buio.

 

 

Lou non vedeva niente. Era circondata dall’oscurità.

Appena i suoi occhi si furono abituati al buio, riuscì a scorgere il profilo della ringhiera delle scale e di un tavolino poggiato alla parete.

Si ricordò allora che vicino al tavolino c’era una finestra, così si volse in quella direzione e seguì a tastoni il muro, finché con le dita non sfiorò la superficie liscia del legno.

Quando riuscì a spalancare le persiane, l’ambiente si riempì di una tenue luce azzurrina, che dava un’atmosfera lugubre. Ad accrescere questa impressione stava il fatto che la casa era immersa nel silenzio.

Non si udiva alcun rumore, e perfino i passi della piccola sembravano ovattati, come se camminasse su un tappeto d’erba.

Lou strinse ancora di più le bretelle del suo sacco, facendo qualche passetto verso la cucina.

La porta era aperta, e la bambina entrò nella stanza, dove, attorno al tavolo, si trovavano due persone.

Una era una donna, con un’inquietante sfumatura verde tra i suoi ricci rossi. Sorrideva delicatamente, ma i suoi occhi erano vuoti, privi di espressione.

L’altra persone era un uomo, seduto al suo fianco, che leggeva un quotidiano, scorrendo un articolo con gli occhi, ugualmente vuoti e senza espressione.

- Voi siete... i genitori di Dalia? – chiese sottovoce Lou.

Le due persone si voltarono verso di lei nel medesimo istante, facendola rabbrividire.

- Si tesoro! Non ti ricordi più di noi? – disse la madre, con voce melliflua, socchiudendo gli occhi.

In effetti, la bambina conosceva già i genitori della sua amica, ma questi che aveva davanti agli occhi somigliavano piuttosto ad una fotocopia sbiadita degli originali.

- Ehm... Dalia... è in casa? –

Era una domanda sciocca da porre, ma Lou sentiva che in quel mondo strano le cose non erano come sembravano.

- Sì, certo! È nella sua camera, adesso. – disse il padre.

- Ah... grazie... – mormorò la bambina, arretrando di un passo verso la porta.

Il due pseudo genitori la seguirono con lo sguardo finché lei non fu uscita dalla stanza.

 

 

Salì di corsa le scale, a volte facendo due gradini alla volta, fino a che non arrivò al pianerottolo, che proseguiva in un lungo corridoio.

Con passo sicuro si diresse verso l’ultima porta, bianca, su cui spiccava un adesivo colorato che rappresentava un orsetto che dormiva in un lettino rosa.

Lou allungò una mano verso la maniglia dorata e la girò, aprendo la porta.

Si ritrovò davanti la solita camera dell’amica, solo con i colori sfalsati.

Sulla destra, vicino alla porta, si trovava un grande armadio di legno, azzurro, dipinto con motivi floreali da Dalia e la mamma, molto tempo prima. Vicino all’armadio si trovava una grande finestra, che dava sul giardino, mentre nella parete di fronte si trovava una piccola scrivania, anch’essa azzurra, e un lettino coordinato, dalle coperte tutte balze e fru fru.

Proprio su quel letto era distesa Dalia, i capelli rossi sparsi sopra il cuscino, le braccia distese lungo i fianchi.

Lou si fiondò subito da lei.

- Dalia! Presto, svegliati! Dobbiamo scappare! – esclamò, prendendola per un braccio.

Lei tuttavia restava li, addormentata, come se non sentisse ciò che le veniva detto.

Lou allora si ricordò che Lena, la Regina delle fate, le aveva spiegato che il sacco l’avrebbe aiutata in ogni situazione.

Mentre se lo sfilava dalle spalle, però, un rumore proveniente dall’esterno della stanza la fece sobbalzare.

Era una sorta di fruscio, simile a quando il vento muove un lembo di stoffa, tuttavia non si sentiva per niente un suono di passi che procedevano per il pavimento.

Con il cuore in gola, ma non capendo il perché di questa paura improvvisa e immotivata, aprì di corsa un’anta dell’armadio e si nascose dentro, richiudendolo.

Lasciò aperto solo un piccolo spiraglio, per vedere cosa accadeva nella stanza.

In quel momento, infatti, la porta si aprì.

Lou trattenne uno squittio.

 

 

La figura, che incedeva come fosse sopra un nastro trasportatore, aveva il corpo coperto da un pesante mantello nero, e anche la testa era nascosta da un cappuccio, calato fino a far sembrare il volto una scura ombra indistinta.

Il cuoricino di Lou batteva all’impazzata, mentre tentava di trattenersi dal gridare e scappare via.

Non poteva farlo.

La sua amica aveva bisogno di lei.

Nel frattempo la figura si era avvicinata al letto, e si era fermata davanti a Dalia.

Improvvisamente, da sotto il cappuccio, uscì un lamento mostruoso e cavernoso, che si alzava e abbassava di tono, diventando quasi metallico.

- Ho scoperto delle cose molto interessanti, sai? – disse poi, con la sua voce raccapricciante, rivolta a Dalia.  – La tua cara amica è venuta a trovarti. Crede che possa salvarti... -

Lou si ritrasse più a fondo nell’armadio.

- Ho scoperto anche... – riprese la creatura, - ... il motivo del tuo misterioso sonno. La cara Lena ne è la causa. Ma questa non è una bella cosa, sai? La mia fame aumenta, e senza di te non posso saziarla... –

Lou non capiva cosa stesse dicendo quella creatura.

Come poteva, Dalia, servire agli scopi di una tale entità?

Era forse il suo cibo?

No, non poteva essere... Se fosse stata il suo nutrimento l’avrebbe già potuto consumare...

No.

Lei serviva a quella creatura, e bisognava capire il perché.

 

 

La creatura incappucciata si chinò su Dalia, e dal mantello fece fuoriuscire una mano.

Era la cosa più mostruosa e impressionante che Lou avesse mai visto.

Era come se le ossa della mano fosse ricoperta da una strana sostanza molto sottile e appicicaticcia, di un colore grigiastro, che faceva intravedere ciò che stava dentro.

Allungò un dito verso il viso della bambina, che, come se se ne fosse accorta, assunse un’espressione contrita.

Lou si sporse più avanti, impaurita da ciò che stava facendo il mostro.

- Lasciala stare! – gridò all’improvviso, sbucando fuori dal suo nascondiglio.

Il suo cuore batteva come quello di un piccolo canarino, ed era terrorizzata, ma non le importava.

Dalia era più importante.

La creatura si voltò lentamente.

Da sotto il cappuccio sembrò muoversi qualcosa, ma forse era solo un’impressione di Lou, dettata dalla paura.

- Finalmente! – disse il mostro. – Stavo aspettando che uscissi da li dentro. –

Lou fece un passo avanti.

- Non provare a toccarla. – mormorò, tremante.

Il mostro emise un verso, molto simile ad una risata.

- Non ne avevo l’intenzione... – rispose. – Vedi, io non posso sfiorare la bambina nemmeno con un dito, a causa dell’incantesimo di Lena, ma volevo farti uscire allo scoperto, e quindi... -

Lou ebbe un’idea improvvisa. “ Se non può toccare lei, forse non può nemmeno toccare me!”

- So cosa stai pensando, ma ti sbagli! – grugnì la creatura, e con uno slancio si protrasse in avanti, stringendo la sua putrida mano attorno al braccio della bambina.

Lou emise un grido acuto, non tanto per la paura o il ribrezzo, ma per il forte dolore che le aveva invaso la mente.

Delle immagini si avvicendavano, creando una visione davanti ai suoi occhi serrati.

 

 

Tanti globi di luce volteggiavano attorno ad una bambina, che giaceva incosciente in un prato.

Ad un’occhiata più accurata, si notava che il suo colorito non era propriamente “vitale”. La sua pelle aveva perso la freschezza e la sfumatura rosea tipica dell’infanzia, e aveva un colore grigio, tendente al verde.

Quella bambina era morta.

Le piccole fatine volavano in cerchio, disperate, finché qualcosa non le spaventò.

Qualcosa si stava avvicinando. Era una creatura ossuta, dalla pelle grigiastra e gelatinosa, completamente nuda, che si dirigeva verso il piccolo cadavere.

Le fatine cercavano di fuggire via, ma non era possibile, poiché erano legate da un filo invisibile alla piccola, anche dopo la morte.

Il mostro avvicinò il proprio volto a quello della bambina.

Era un volto cereo, disgustoso, percorso da tutta una serie di solchi e cicatrici.

Gli occhi erano due fessure, cucite da uno spesso filo nero, mentre il naso era formato da due semplici buchi allungati, posti al centro della faccia.

L’unica cosa che si distingueva nettamente era la bocca. Una voragine nera che faceva emergere tanti denti aguzzi, gialli, in contrasto con le gengive nere.

Con una mano, la creatura toccò la piccola, e in un istante i loro due corpi si fusero in uno solo.

Dopo alcuni secondi, il cadavere ebbe un tremito, e spalancò gli occhi.

Con una strana espressione in viso, si rialzò.

Le fatine iniziarono a volare convulsamente, emettendo versi striduli e isterici, mentre la bambina, con un sorriso sardonico, cercava di attirarle a se.

- Sono io, fatine, non mi riconoscete? – disse, con voce mostruosa e metallica.

Con una manina afferrò una fata, che si dimenava, e se la cacciò in bocca.

 

 

Lou riaprì gli occhi, ansimando e tenendosi il petto, la fronte imperlata di sudore freddo.

La creatura ritrasse la mano, come se si fosse ustionata, arretrando.

- Cosa... cosa mi hai fatto? – ringhiò.

Lou la guardò interrogativa, poi, sbattendo più volte le palpebre, perse i sensi.

 

 

 

 

 

 

Eccomi si nuovo qui! Come promesso, dopo una settimana, ecco per voi il secondo capitolo!!!

È qui che si sviluppa realmente la storia, come avrete notato...

Un mondo parallelo, uguale al nostro, ma con differenze che a Lou non passano certo inosservate! E poi Dalia, addormentata, e la creatura mostruosa...

Come si concluderà la vicenda?

Lo scoprirete nel terzo e ultimo capitolo, che posterò tra una settimana.

X mivi (posso chiamarti così? XD): sono felice che ti sia piaciuta la mia storia! Hai proprio ragione sul conto di Lou, in effetti sembra un po’ troppo adulta per la sua età, perché, come ripeto, è la mia prima storia di bambini, e non sono ancora molto brava ad immedesimarmi in una bimba do otto anni. Però ti ringrazio molto per avermelo detto, perché così non rischierò di fare lo stesso errore! ^^

Per quanto riguarda la scena del prato, sono molto felice che ti sia piaciuta. L’atmosfera soffusa e rarefatta era proprio quella che volevo dare!

Grazie ancora per la tua recensione, e grazie anche a tutti quelli che hanno letto!

Alla prossima settimana! ^_______^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Quando Lou riaprì gli occhi, il sole stava ormai calando.

Si ritrovò sdraiata sul pavimento della camera di Dalia, e la creatura era sparita.

La bambina, invece, dormiva come al solito nel letto.

Lou si alzò di scatto, ricordando improvvisamente ciò che aveva visto.

Mentre cercava di non ripensare a come si era conclusa la vicenda, faceva mente locale su quello che aveva scoperto.

“ Dunque...” rifletté, “ quel coso ha bisogno di una bambina in grado di vedere le fate, a quanto pare, perché lui ha gli occhi cuciti e non le può vedere da solo. Per questo ha rapito Dalia, per ucciderla e impossessarsi del suo corpo. Però non può farlo a causa dell’incantesimo di Lena, e non può nemmeno usare un oggetto, perché altrimenti l’avrebbe già fatto, penso.”

I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si apriva, e da cui entrò il mostro.

Lou balzò all’indietro, disgustata ancora di più da quell’essere, ora che sapeva che cosa facesse.

- Ti sei ripresa, vedo. – grugnì.

Nascondeva qualcosa dietro la schiena, ma la bambina non capiva cosa fosse.

- Sai, Lou, la Regina delle fate non sapeva che portandoti qui avrebbe condannato l’intero suo popolo. Tu sei proprio ciò che mi serviva. –

Così dicendo, mostrò l’oggetto che nascondeva.

Un coltello da cucina.

Lou si ritrasse.

- Lo so! Lo so! Forse per te sarà un po’ traumatico uccidere la tua migliore amica, ma sarà infinitamente più piacevole che pensare a cosa tutto potrei farti io, non credi? –

La bambina era terrorizzata.

“ Pensa, pensa!” si diceva, mentre cercava di prendere tempo. “ Cosa posso fareee? Ci sono!”

Lou fece un passo avanti, e alzò la testa, fissando il buio dentro il cappuccio della creatura.

- Ci ho riflettuto e... va bene. Lo farò. Non voglio morire. Preferisco sacrificare lei. –

Il mostro rise. – Quanto sono effimeri i sentimenti, non trovi? Basta un pizzico di terrore per vendere al nemico perfino tua madre! Però, per me va più che bene! –

La sua mano grigia porse il coltello alla bambina.

- Aspetta. – fece lei. – Prima di farlo, vorrei salutarla come si deve. Vorrei chiederle scusa. –

La creatura fece un cenno con la testa.

- In privato, sono cose da donne. – specificò Lou.

Il mostro parve stupito, ma acconsentì. – D’accordo, ma fai in fretta. –

 

 

Rimasta sola, Lou si tolse velocemente il sacco dalle spalle e lo appoggiò sul letto.

- Ti prego, ti prego... – mormorò, - ... ho bisogno di qualcosa per salvare Dalia! –

Inizialmente non accadde nulla, e questo un po’ deluse la bambina, ma poi, una luce dorata pervase il sacco.

Intimorita, Lou infilò una mano nell’apertura, e le sue dita incontrarono qualcosa di freddo e liscio.

Lo afferrò e lo estrasse.

Era un vasetto di vetro, pieno di una polverina color lavanda.

- Eh? – fece Lou. – E che ci faccio con questa? –

- Hai finito? – esclamò il mostro, fuori dalla porta.

Lou sussultò. – Quasi! – gridò di rimando.

Non sapendo cosa fare, e ancora più nervosa perché la creatura si stava spazientendo, aprì il barattolo con un colpo secco, ma questo le sfuggì dalle mani, rovesciando tutto il contenuto sul corpo di Dalie.

Lou spalancò gli occhi.

- Miseriaccia! – sibilò. – E adesso? –

La polverina, però, aveva sortito il suo effetto, perché Dalia si stava pian piano trasformando.

Il suo corpo diventava sempre più piccolo, e cambiava aspetto.

Nel giro di tre secondi era diventata una bambola di pezza.

La pelle era iuta, i capelli erano fili di lana rossa, e gli occhi erano piccole perline viola.

Lou si stava strappando i capelli. “Di male in peggio! Qui le cose si complicano, altroché!”

In quello stesso momento, il sacco si illuminò nuovamente, e Lou raccolse al volo il suo contenuto.

Questa volta era una chiave.

Una bella chiave in ottone lucidato, la cui impugnatura aveva la forma di un letto di foggia antica.

- Questa è la fine. – disse, rassegnata.

Si avvicinò lentamente alla porta, ma notò che quella chiave non andava bene per quella serratura.

Allora la osservò con più attenzione.

“L’impugnatura ha la forma... di un letto, ma certo!” si disse.

Mise la bambola nel sacco e mise il sacco in spalla, poi iniziò a spostare il letto con entrambe le mani, fino a farlo scorrere davanti alla porta, bloccandola.

- Che stai combinando, piccola mocciosa! – gridò il mostro, che non riusciva ad aprire la porta, sbarrata dal letto.

Nel frattempo, Lou si era seduta sul pavimento, davanti alla parete ormai vuota, perché nell’angolo si trovava una piccola toppa di bronzo, che calzava perfettamente alla chiave.

Senza esitazione, la bambina inserì la chiave e girò.

Il profilo di una porta iniziò a disegnarsi sul muro, e pian piano che diventava più nitida, iniziava anche ad aprirsi.

Appena lo spazio fu sufficiente a farla passare, Lou si intrufolò dentro, chiudendosela alle spalle.

 

 

La bambina iniziò a scivolare nel buio, senza la minima percezione di ciò che la circondava, se non la superficie su cui scendeva.

In lontananza si notava però una luce, che si faceva più intensa ogni secondo di più.

Lou continuava a scivolare, finché sentì che sotto di se non aveva più niente e precipitava nel vuoto.

Non fece in tempo a gridare, perché precipitò dritta dentro dell’acqua gelida, che la bagnò da capo a piedi.

Quando riuscì a tirar fuori la testa dall’acqua, si rese conto di dove si trovava.

Era in una grande galleria, che conteneva un fiume sotterraneo, e tra i flutti verdastri sembrava affiorare qualcosa, come tronchi o rocce.

Lou alzò la testa, e capì come era arrivata li.

Sul soffitto, infatti, c’era un buco molto stretto e buio.

“ Sicuramente sono sbucata da quel cunicolo...” si disse. “Ma ora, da che parte vado?”

Si accorse in quel momento che la corrente la stava trasportando, così decise di lasciarsi trascinare, anche perché tutte quelle emozioni vissute in brevissimo tempo l’avevano proprio stancata, e voleva riposare un po’.

 

 

Stava allungando una mano verso un tronco galleggiante, quando si sentì afferrare per il sacco e tirare giù.

Annaspando, si tenne stretta al tronco, che aveva una strana consistenza, e con un piede diede un forte calcio all’indietro, colpendo quel “qualcosa” che le si era aggrappato al sacco.

Quando fu sicura di non essere più trattenuta, iniziò a muovere i piedi e a nuotare più veloce, dandosi una spinta in avanti, poi girò di poco la testa, cercando di guardarsi alle spalle.

Qualcosa si muoveva nell’acqua, ma non si capiva cosa fosse, perché si agitava e mandava schizzi da ogni parte.

Poi, Lou lo notò distintamente, un arto venne fuori dai flutti, grigio e scheletrico.

La creatura l’aveva seguita!

Però, a quanto pareva, non era una gran nuotatrice, quindi Lou parve un po’ tranquillizzata.

“ Dopotutto, l’intero inverno passato in piscina, sarà servito a qualcosa!” si disse la bimba, sbattendo più velocemente i piedi.

La creatura lanciò un grido disumano, quando riuscì a tirar fuori la testa dalle onde da lei stessa create, e si arrampicò anch’essa su un tronco che passava li vicino.

Ogni tanto Lou voltava la testa per tenere d’occhio il mostro, e si accorse con orrore, che questo la stava raggiungendo.

Era molto strano, però, perché non muoveva assolutamente le gambe per darsi la spinta, ma era come se fosse il tronco a trasportarlo.

Poi, Lou capì.

Non erano tronchi!

Erano giganteschi millepiedi acquatici che stavano distesi tranquillamente.

Ecco il perché della strana consistenza, ed ecco perché la creatura di avvicinava di più. Aveva svegliato un millepiedi e stava usando a mo’ di cavallo.

Disgustata, anche Lou cercava di svegliare il suo insetto, dandogli calci e pugni sul dorso, ma senza effetto.

Allora, con tutta la forza che aveva, sferrò un calcio nell’addome dell’animale, che dallo spavento fece un balzo e riatterrò in acqua, facendo schiuma e onde.

Senza esitazione, ma schifata e nauseata, si issò sul millepiedi e lo incitò a nuotare più veloce.

Come se questo avesse capito, mosse le sue zampine avanti e indietro ritmicamente.

Lou trasse un profondo sospiro, poi si tolse il sacco dalle spalle e se lo poggiò sulle ginocchia.

Controllò che dentro ci fosse la bambola Dalia e se lo rimise in spalla, poi incoraggiò ancora un po’ l’insettone.

Improvvisamente si sentì afferrare per la caviglia, e trascinare verso il basso.

Lou gridò, dimenandosi e tirando calci.

Il mostro l’aveva raggiunta, e tentava di ributtarla in acqua, ma la bambina, tenacemente resisteva.

Poi, alzando la testa, vide che su una sponda del fiume c’era un buco, una galleria, che saliva obliquamente, e da essa proveniva un raggio di sole.

“ Se c’è il sole, vuol dire che porta in superficie...” si disse Lou, assestando un altro calcio alla creatura, che lasciò la presa nuovamente.

Diresse il millepiedi verso la galleria, poi, con un balzo, saltò dalla groppa dell’animale e atterrò sulla terra fangosa.

Agilmente si infilò lungo il cunicolo, camminando a gattoni, sporcandosi sempre di più.

Ma non le importava.

Preferiva riempirsi di fango, più che farsi catturare da quel mostro.

Man mano che saliva, la luce si faceva sempre più intensa, e iniziava a riscaldarle il viso.

Un fruscio alle sue spalle la fece sussultare e capì che la creatura non si fermava davanti a niente.

La sentiva arrancare, e immaginava le sue dita affondare sotto la terra per aiutarsi a risalire.

Con un ultimo slancio, Lou percorse i pochi metri che restavano e uscì finalmente all’aria aperta.

Il mostro uscì subito dopo di lei, e tentò di afferrarle un piede, ma si bloccò all’improvviso. Alzò il viso verso il sole, che lo colpiva in pieno viso.

Improvvisamente lanciò un grido, come di dolore, e con le mani si tenne il cappuccio, che si stava sfilacciando da solo. In un attimo la stoffa nera era svanita, e la testa della creatura era scoperta.

Lou fissava il terribile spettacolo ad occhi sgranati.

La luce del sole iniziò a corrodere la pelle del mostro, prima quella delle mani, poi anche la testa, liquefacendole quasi, diventando una sorta di melma grigia.

L’urlo si protrasse tutto intorno, finché il mostro, come risucchiato da un gigantesco gorgo, venne inghiottito dalla terra, che si richiuse su se stessa.

 

 

Lou era ancora sconvolta, seduta sull’erba, mentre i suoi occhi scrutavano tutto attorno.

Si trovava nel giardino della sua casa.

Ora che si soffermava a osservare meglio, notava che i colori di tutto ciò che la circondava erano tornati normali. Niente tinte fluorescenti o acide, nessun oggetto dal colore irreale e astratto.

Era davvero tornata!

 

- Bravissima! Ce l’hai fatta! – esclamò  Lena, apparsa dietro le sue spalle proprio in quel momento.

La bambina si voltò, rimettendosi in piedi.

- È... è morta? Intendo la creatura... –

Lena fissò il punto del prato dove fino ad un attimo prima c’era il buco.

- No, purtroppo. Non è così semplice sbarazzarsi di quell’essere. Però credo che non si farà vedere per un po’, sai? –

Lou rimase un po’ delusa, ma fu anche felice che per il momento non si sarebbe più dovuta preoccupare.

- È ora che tutto torni come prima, non trovi? – fece Lena, ammiccando.

Allargò le braccia e un’onda di energia si dipartì da esse, investendo ogni cosa per chilometri e chilometri.

 

 

Lou si guardò attorno.

Lena era sparita, e così anche il sacco con la bambola che tenera sulle spalle.

Colta da una nuova felicità, si fiondò in fretta dentro casa, ed entrò in cucina.

Alla vista della madre, assorta nelle faccende domestiche, sentì sorgere una lacrimuccia di commozione.

Soltanto a pensare che se qualcosa fosse andato storto non avrebbe più potuto rivederla...

E invece lei era sempre li, con le sue mani gentili che impastavano pastafrolla, il suo viso dolce e sorridente, i suoi capelli castani che a Lou ricordavano tanto la Nutella.

La bambina le corse incontro e le si gettò tra le braccia, nascondendo il volto tra le pieghe dei suoi abiti.

- Tesoro, ma che hai? Così ti sporchi di farina! –

Lou alzò la testa, sempre avvinghiata, sorridendo felice.

- Ma tu stai piangendo? E come sei ridotta? Sembra che ti sia rotolata nella terra... –

La bambina si asciugò le lacrime, scuotendo la testa.

- Non ho niente, non preoccuparti! Volevo solo abbracciarti, tutto qui! –

- Certo che a volte non ti capisco proprio! – rise la mamma, ricambiando l’abbraccio.

Lou chiuse gli occhi, assaporando quel momento di coccole, poi si sciolse dolcemente dalla stretta.

- Mamma, mi sono ricordata di dirti una cosa! Dalia è tornata! – esclamò esultante.

- Tornata? Perché, dove era andata? – sorrise la donna, interrogativa.

Lou la guardò, accigliata. – Come, “dove è andata”? È sparita per quattro giorni! –

La mamma la guardò pensierosa. – Tesoro, ma stai ancora dormendo? –

“ Che cosa? Ma cosa è successo? A meno che...” si disse la bambina.

- Mamma, devo andare da Dalia, torno subito. –

- Fai in fretta, sto preparando la torta di fragole. Se vuoi, invita pure la tua amica per mangiarne una fetta! –

Lou annuì, correndo fuori dalla porta, ma bloccandosi un attimo gridò: - Mamma, non tingerti mai i capelli, capito? -

 

 

Attraversò il giardino e si lanciò contro lo steccato, e quasi le mancò il fiato.

Dall’altra parte, nel giardino della sua casa, si trovava Dalia, che sorrideva radiosa.

- Mi hai salvata! Ti ringrazio! – disse.

Lou sorrise di rimando, tanto felice che sentiva il cuore scoppiare.

- Come avrei potuto non farlo? – rispose, scoppiando a ridere.

- Te ne sei accorta? – chiese Dalia, avvicinandosi anch’essa alla staccionata.

- Si! Sembra che per mia mamma non sia accaduto niente. Non ricorda nemmeno che tu sia sparita! –

Dalia annuì. – Anche i miei. Sono sicura che è stato l’incantesimo di Lena. Sai, pur essendo diventata una bambola, vedevo e capivo tutto quello che mi accadeva intorno. -

Lou la guardò, sorridente, capendo che in quel momento non serviano le parole, bastava che ci fossero loro due, a guardarsi negli occhi e a ridere allegre.

- C’è una cosa che non capisco, però. – fece Lou, all’improvviso. – Come è possibile che io sia riuscita a vedere? Insomma, io non... –

Dalia rise, con voce argentina. – Forse c’è un po’ di magia anche dentro di te!

 

 

 

 

 

 

Dopo una settimana, sono tornata, con l’ultimo, imperdibile, terzo capitolo!

Qui si conclude la storia, si traggono i sospiri di sollievo, e si riflette...

La creatura non è morta, il male non è morto... perché in fondo, se questo sparisse, non ci sarebbe più equilibrio...

Ma ora è il momento dei ringraziamenti: ringrazio tutti coloro che hanno letto, tutti quelli a cui è piaciuta questa storia, tutti quelli che l’hanno trovata per caso e hanno continuato a leggere.

E soprattutto, un grande grazie a Manu, che mi segue sempre e che mi aiuta ogni volta! XDD

Arrivederci ad altre prossime storie! Un bacione dalla vostra Marian!

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