Let It Be (Sequel of The Missing Part)

di Willow99
(/viewuser.php?uid=866837)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 -Ciao Shiver- ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 -Non lo so- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 -Pronto?- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 -Non credo- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 -Hai le orecchie piccole?- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 -La colpa è tua!- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 -Proprio così!- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 -Stai zitto!- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 -La verità- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 -Depressione?- ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 -Troppi- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 -Lo ami ancora?- ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 -Regalino?- ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 -Lo sapevo già- ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 -Che ci fai tu qui?- ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 -Mi devo arrendere?- ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 -Ooh, questo non è vero!- ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 -Ci penserò- ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 -Ne vado fiero- ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 -So gestirli- ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 -Ma stai zitto!- ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 -Vorresti negarlo?- ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 -Non mi interessa- ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 -Con un amico- ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 -Sei sicuro?- ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 -Stai calma!- ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 -Hai paura?- ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 -Rilassati- ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 -Ti sbagli- ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 -Sei gelosa?- ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 -Peggio- ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 -Let It Be- ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 -Lo rifacciamo?- ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 -Sbrigati- ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 -Vattene- ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 -Ti credo- ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 -Puoi dimostrarlo?- ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 -Ora mi sento in colpa- ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 -Cos'è successo?- ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 -Sei solo stronza- ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 -Bè...- ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 -Sei ancora sveglio?- ***
Capitolo 44: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                 Let It Be         



Prologo   



                                                                                                              3 anni dopo




Erano passati tre lunghissimi anni, tre anni orribili per me; per quello che avevo passato. Erano passati tre anni in cui non mi ero dimenticare di Nathan, lo pensavo ancora e mi mancava moltissimo. Erano passati tre anni infernali. 



In quei tre anni avevo provato ogni santo giorno a chiamare Nathan ma aveva cambiato numero telefonico. Avevo provato anche a scrivergli un messaggio su Facebook, mi aveva bloccato su ogni Social Network. 



Avevo perso ogni sua traccia praticamente. 



Ogni giorno mi mancava sempre di più, mi mancava la sua presenza e la sua dolce risata. La voglia di vederlo era tanta, sopratutto che adesso aveva venticinque anni, quasi ventisei per la precisione; mentre io ne avevo appena ventitré. 



In quei tre anni erano cambiate anche molte cose: mia sorella Annabelle si era sposata con Max ed avevano avuto un bellissimo bambino; Anthony. Anche mia sorella Valery era in dolce attesa, non si vedeva ancora il sesso del nascituro; ma lei desiderava una bambina. 



Liam a breve si sarebbe sposato con Danielle ed io era felicissima per loro. Liam e Danielle mi erano rimasti accanto dopo la partenza di Nathan, mi consolavano ma era difficile: ero troppo legato a lui, era la mia parte mancante.



Comunque in quei tre anni ero riuscita a crearmi una vita indipendente. Avevo studiato molto ed ero riuscita a diventare un' Assistente Sociale e questo mi permise di comprarmi una casa, di prendere la patente di giuda, una macchina e anche un cane. 



Era un Pitbull bianco con gli occhioni azzurri. 



Abitavo sempre a Napoli ma non nello stesso posto; avevo cambiato totalmente zona: ora abitavo a Cardito. All'inizio non era stato facile, non mi trovavo per niente bene, mi mancavano i miei genitori: ma poi mi ero abituata.



Adesso potevo capire come si sentisse Nathan. 



«Dybala, vieni bello!» Chiamai il mio cane.



Lo avevo chiamato Dybala come il mio giocatore preferito, ma voi questo già lo sapete, ve lo dissi tempo fa. Avevo fatto anche la mia camera da letto ispirata alla Juventus. Comunque, Dybala arrivò e mi saltò sulle gambe. 



Lo avevo preso che era un piccolo cucciolo, ora si era fatto un pò grandicello e un pò troppo grassotello. Come ho detto, era un pitbull bianco con gli occhioni azzurri; ma era un grandissimo bastardo!



Diventava molto dispettoso quando non gli facevo le coccole giornaliere. 



«Dobbiamo farci il bagnetto.» Dissi a Dybala, quando notai che puzzasse un pò. 



Dybala mi guardò letteralmente storto, non amava per niente farsi il bagnetto. Ogni volta che lo lavavo il giorno dopo trovavo un suo prezioso regalino da qualche parte. L'ultima volta lo trovai nella pantofola nuova della Juventus.



«Andiamo a dormire.» Dissi e quella sera lo feci dormire nel mio letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 -Ciao Shiver- ***


Capitolo 1                                          


                                                                                                            -Ciao Shiver.-



Andai a prendere Liam e Danielle a casa loro con la macchina, quella sera avevo voglia di uscire e loro fortunatamente accettarono di farmi compagnia. E loro effettivamente erano una bella compagnia, e mi facevano sempre ridere quando litigavano per delle sciocchezze. 



Quella sera avevo deciso di un osare un pò, quindi indossai un abitino nero stretto che avevo comprato un paio di settimane prima. Non so neanche io perché lo avessi comprato, forse perché aveva lo sconto del cinquanta per cento ahah.



Avevo messo come scarpe un tacco basso, quelli alti non era proprio cosa, non volevo di certo rompermi una gamba o l'osso del collo. Già con la scarpa da ginnastica prendevo i fossi, figuriamoci se avessi messo i tacchi alti!



«Shiver dobbiamo andare un attimo ad Afragola.» Mi disse Liam.

«Perché?» Chiesi, perplessa.

«Mio cugino Louis mi ha detto se potesse venire, ed io ho risposto di sì.» Mi rispose lui.

«Va bene, un pò di compagnia non guasta mai.» Dissi, e ci dirigemmo ad Afragola.



Liam mi dettò per filo e per segno la zona dove abitava suo cugino Louis. Lo conoscevo già, ci eravamo incontrati tre volte ed era un ragazzo simpatico, era un tipo molto allegro e giocherellone, e parlava molto.



Arrivammo ad Afragola, nella zona dove abitava Louis, scendemmo dalla macchina, salimmo a piedi fino al quarto piano e bussammo alla porta in attesa che ci aprissero. 



«Buonasera!» Esclamammo tutti e tre ed entrammo in casa.


Fummo accolti a braccia aperte da tutti, erano delle brave persone, sopratutto la nonna di Louis: la signora Lauren. Era dolcissima ed aveva anche lei la lingua lunga; parlava molto ed era affettuosa, sempre nel dare una mano al prossimo. 



La consideravo davvero come se fosse mia nonna, e anche lei mi considerava come una nipotina. 



Poi mi voltai per salutare Louis e fu lì che il mio cuore dopo tre lunghi anni ricominciò a battere velocemente nel petto. Mi trovai davanti a me Nathan, non fu difficile nel riconoscerlo, il mio cuore me lo diceva che era lui... me lo sentivo dentro. 



Il mio cuore non si sbagliava mai, ma era troppo debole. 



Nathan era cambiato leggermente, sopratutto in viso. Aveva i tratti del viso più definiti; più da uomo, ed aveva in quel momento la barba. Si era anche allungato, me lo ricordavo più basso, ma okay, non faceva nessuna differenza. 



Era anche più in carne, non grasso attenzione. Solo con due o tre chiletti in più... le orecchie erano rimaste come le ricordavo. 



«Ciao Shiver.» Mi salutò Nathan.



Oh mio Dio! La sua voce era cambiata proprio... l'aveva da uomo adesso.



«...» Non ebbi il coraggio di rispondergli.

«Vi conoscete?» Ci chiese Lauren.

«Sì, ci conosciamo da bambini.» Le rispose Nathan.

«Passavate molto tempo insieme?» Chiese ancora Lauren.

«Sì, eravamo come fratelli.» Rispose Nathan, convinto.

«Come fratelli, certo.» Dissi, contrariata.

«Cosa vorresti dire con questo tesoro?» Mi chiese Lauren.

«Non vuole dire niente, stai zitta Shiver.» Mi ordinò Nathan. 


EH NO!



«No, non starò zitta idiota che non sei altro. La verità e che io e il signorino qua ci stavamo frequentando, ma poi ha deciso che non contassi niente e mi ha abbandonata come un cane!» Dissi, con molta rabbia. 



Tutti restarono in completo silenzio e ci fissarono entrambi, a me guardavano con compassione, compressione e tristezza, come se non avessi meritavo tutto quello. Mentre a Nathan lo guardavano in modo strano. 



C'era chi lo guardava male e chi contrariato, a me sinceramente non importava poi molto. Ormai era una storia chiusa, apparteneva al passato... io appartenevo al passato visto che per lui non valevo niente. 



Dissi che era giunto il momento di andarcene, così Louis si mise la giacca e ci avviammo giù al palazzo. Salimmo in macchina e sospirai pesantemente e Danielle mi toccò la spalla ed io sorrisi debolmente. 



Accesi il motore della macchina e partii via da quel posto... la ferita si era aperta ancor di più.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 -Non lo so- ***


Capitolo 2                                        


                                                               


                                           -Non lo so-



Arrivammo al bar Monello a Santa Maria Capua Vetere, parcheggiai ed entrammo nel bar, ci sedemmo sul divanetto e ordinammo tutti un ginseng. Ci mettemmo a parlare del più e del meno, o per lo meno ci provai, avevo la testa da tutt'altra parte: non riuscivo proprio a concentrarmi.


Era tutto nuovo per me, ero convintissima che lui non sarebbe mai più ritornato, me lo aveva detto! Avevo perso ogni singola speranza di incontrarlo di nuovo, e poi me lo avevo trovato davanti: a faccia a faccia, in quel posto che avevo frequentato di rado!


Era così strano vederlo dopo tanto tempo, dopo tre anni e capire che era cambiato facendosi talmente bugiardo da negarmi davanti a tutti. Come se per davvero per lui non fossi stata altro che una sorella... e questo faceva male nel profondo. 


A questo punto mi chiedevo però quando fosse ritornato in Italia, non penso che fosse rimasto per tutto quel lasso di tempo a Napoli, lo avevo visto prendere quel treno. Mi chiedevo anche il perché mi avesse bloccata su Facebook e anche il perché avesse deciso di cambiare numero telefonico. 


Forse non voleva saperne niente più di me.


«Amò a cosa pensi?» Mi chiese Danielle.

«Secondo te?!» Chiesi di rimando.

«Ah... cosh'hai intenzione di fare al riguardo?» Mi chiese curiosa.

«Non lo so.» Risposi con sincerità.

«Qualunque cosa farai, decidi sempre con il cuore.» Mi consigliò lei.

«Se dessi ascolto al mio cuore, adesso sarei lì ad abbracciarlo.» Dissi, sorridendo. 

«Bè, del resto è il cuore che ci fotte.» Notò.

«Sono d'accordo!» Esclamai. 


                                                                                           Let it be



Accompagnai Louis, Liam e Danielle nelle loro abitazioni per poi ritornare a casa mia e da Dybala. Quando varcai la soglia il mio cagnolino per poco non mi faceva cadere a terra per quanto era contento di vedermi. 


Mi piegai e lo accarezzai dolcemente dietro alle orecchie; il suo punto debole e lui si crugiolò leggermente per quanto si stesse rilassando nel ricevere le sue beate coccole. 


Mi sollevai e lui non fu per niente contento della cosa visto che mi abbaiò in modo aggressivo. Lo ignorai andando in camera mia prendendo il mio pigiama preferito, mi feci una doccia veloce per poi mettermi sotto alle coperte. 


Trovai Dybala vicino al mio letto e lo guardai con il punto di domanda. 


«Che hai combinato?» Domandai.


Lui semplicemente si sollevò e si diresse nella sua cameretta, avete letto bene: anche lui aveva una stanzetta tutta sua. Mi sedetti sul letto ed indossai gli occhiali e fu lì che mi accorsi che uno dei poster che avevo al muro era tutto strappato: spalancai la bocca indignata.


«SEI UN BASTARDO DYBALA!» Urlai, e lui mi abbaiò.



                                                                                           Let it be



Il giorno dopo.



«Ma quanto sei bello!» Esclamò Liam,
accarezzando Dybala.

«Sarà anche bello ma è un figlio di puttana.» Dissi.

«Cos'ha fatto stavolta?» Mi chiese Danielle, ridendo.

«Ha avuto la brillante idea di strappare un poster.» Risposi.

«Sei un cucciolo ribelle tu!» Disse Liam al cane, facendo una vocina strana: infantile.


Io e Danielle ci guardammo negli occhi per poi scoppiare a ridere all'unisono, come se fossimo due gemelline. Quella era stata decisamente una scena epica, Liam ci guardò confuso ma decise di rimanere in silenzio e continuò a giocare con il cane.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 -Pronto?- ***


Capitolo 3                                                 

                                                                                                                     -Pronto?-





Ero nel mio ufficio a sbrigare delle scartoffie arretrate, alla fine dovevo solo leggere attentamente, mettere delle firme qua e la e fare qualche telefonata. Ero diventata un'Assistente Sociale e delle volte io e una delle mie colleghe andavamo nelle case della gente più disagiate economicamente, con il reddito inferiore.



Cercavamo di fare del nostro meglio per aiutare quelle famiglie, ma non tutto è semplice nella vita. Per fortuna, avevano messo in circolo delle carte di reddito utili, certo, la somma non era alta per tutti; per lo meno eravamo di qualche aiuto. Così, le famiglie, potevano fare la spesa, pagare le bollette di luce e gas e di comprare farmaci necessari. 



Andavo anche nelle case famiglie a trovare i bambini; mi facevano una tenerezza incredibile. Erano dei bambini dolcissimi e ben educati, era bello passare delle ore con loro. Volevo aiutarli con tutto il cuore, perché amavo alla follia i bambini; ma non potevo fare molto per loro: e questa cosa mi dispiaceva un sacco. 



In quel momento, mi squillò il cellulare, non quello d'ufficio. 


«Pronto?» Risposi al cellulare.

«...» Silenzio dall'altro lato. 

«Pronto?» Dissi di nuovo.

«...» Nulla ancora.

«WEEE!» Urlai, come una psicopatica.

«...» Niente, solo che questa volta avevo sentito come se qualcuno si avesse messo la mano davanti alla bocca per non ridere. 


Così, decisi di staccare la chiamata. 


E vaffanculo và! Che perdita di tempo!


Dopo aver staccato la chiamata, controllai nella mia rubrica telefonica per vedere se avessi quel numero salvato. Controllai più e più volte, ma no, non lo tenevo salvato da nessuna parte quel numero. 



Avevo tre opzioni davanti a me, la prima che forse era caduta la linea, cosa impossibile dato che avevo sentivo un rumore. La seconda, che avevano accidentalmente sbagliato numero, però potevano anche dirmi: “Scusi, ho sbagliato numero.” Ma niente, non me lo avevano detto. 



E la terza, la più plausibile di tutte, ero stata vittima di uno scherzo telefonico, dato che qualcuno dall'altra parte della linea, gli era quasi scappata una risata. C'era ancora gente che faceva quegli scherzi nella vita?! 



Mah!



Poco dopo, mi arrivò un messaggio di quel numero su WhatsApp, e spinta dalla curiosità decisi di rispondergli. Aveva come immagine di profilo una icona musicale, era un pò strana come cosa al dire il vero. 


Sconosciuto:
Ciao. 

Me:
Ciao. 

Sconosciuto:
Ma tu sei fidanzata?


Ma che cazzo di domanda era quella?!


Me:
No, non sono fidanzata.
Ma tu chi sei?

Sconosciuto:
Ti stavi frequentando con il tuo migliore amico Nathan?
Vi vidi tempo fa insieme.


Oh mio Dio, quel nome... forse lui o lei sapeva qualcosa su Nathan!


Me:
E allora?

Sconosciuto:
E' uno stronzo.


Ma quanta confidenza del cavolo che aveva!


Me: 
Di certo non è un problema tuo.

Sconosciuto:
Hahaha tu lo pensi ancora. 

Me:
E a te che frega?

Sconosciuto:
Dimmi si o no.

Me:
Perché lo vuoi sapere?

Sconosciuto:
Così.

Me:
Okay...

Sconosciuto:
Si o no?

Me:
Sì.
Comunque tu non mi hai risposto.



E da quel messaggio, davvero non mi rispose più.
 

                                          


                                                 Let it be



Tornai a casa giunto in tempo per l'ora di pranzo, stavolta Dybala non venne a salutarmi, ma restò comodamente sdraiato sul divano. Gli versai nella sua ciotola i suoi croccantini preferiti e dell'acqua fresca e misi poi a caricare il mio cellulare.


Dopodiché aprii il frigo per vedere cosa potessi cucinare per pranzo. 


Lo chiusi subito dopo perché onestamente non avevo molta fame, così mangiai dei cracker al pomodoro e formaggio. Non si poteva definire proprio pranzo ma bastava che mettessi qualcosa nello stomaco. 


Non appena finii di mangiare, mi vennero a trovare Louis e sua nonna Lauren. 


«Come stai tesoro?» Mi chiede Lauren.

«Bene grazie, e voi?» Domandai.

«Bene... non posso lamentarmi.» Mi rispose lei.

«Vi faccio il caffè?» Chiesi ad entrambi.

«Sì, cara.» Mi rispose Lauren, sorridendo.


Le sorrisi dolcemente, mi alzai ed iniziai a fare il caffè, Louis si sedette accanto a sua nonna ed iniziarono a parlare sotto voce per non farmi sentire. La cosa mi fece insospettire un pò, ma forse era solo una mia impressione, forse stavano semplicemente parlando dei loro fatti personali. 


«Shiver, tesoro, posso chiederti una cosa?» Mi chiese Lauren.

«Certamente.» Le risposi.

«Mi puoi spiegare sto fatto di Nathan?» Mi chiese dolcemente.

«Magari la prossima volta, ora non mi va.» Le risposi, onestamente.

«Va bene.» Disse, facendomi un sorriso dolce.
«...» Le sorrisi di rimando. 


Quando il caffè fu pronto lo versai nelle tazzine e lo servii ai miei ospiti, loro mi ringraziarono ed iniziarono a sorseggiarlo. Dopo essermi presa un caffè mi accesi una sigaretta offrendola anche a Louis, anche lui fumava. 


Avevo preso il vizio del fumo subito dopo la partenza di Nathan, e da allora, non ero riuscita a smettere di fumare. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 -Non credo- ***


Capitolo 4                                     

                                                                                                             -Non credo.-

Ultimamente, di preciso nell'ultima settimana, stavo ricevendo troppe chiamate dallo stesso numero; mi chiamava in continuazione. E non sto esagerando, davvero mi chiamava spesso e volentieri, in ogni momento della mia giornata. 


Ogni volta che dicevo “pronto?” lui o lei non rispondeva, rimaneva in completo silenzio. Mi chiedevo davvero chi fosse perché era troppo strano che mi chiamasse sempre, come se la cosa gli o le traesse del piacere. 


Ma non aveva una vita sociale?!


Se all'inizio poteva essere in un certo senso divertente, ora stava diventando molto, ma molto fastidioso. Non era normale che una persona chiamasse così per scherzo, come se la vita dipendesse da questo... non era normale lo ribadisco. 


Mi chiamava sempre, anche nei momenti meno opportuni, mi stavo facendo la doccia e mi chiamava, cucinavo e chiamava. Portavo Dybala a fare una passeggiata e mi chiamava, facevo la spesa e mi chiamava. 


Stavo facendo le pulizie in casa e mi chiamava, ero in auto e mi chiamava, ero a letto e mi chiamava. Ero a farmi una passeggiata e mi chiamava, guardavo la televisione e chiamava. Ero a lavoro e mi chiamava anche lì. 


Persino una volta, mentre ero seduta sul gabinetto mi aveva chiamata!


«A cosa pensi?» Mi chiese Danielle, riportandomi alla realtà. 

«Scusami... e che sto ricevendo delle chiamate un pò strane, e quando dico 'pronto', lui o lei non risponde.» Risposi, un pò esasperata.

«Forse sarà Louis che ti sta facendo uno scherzo.» Ipotizzò.

«Non credo.» Dissi con fermezza.


Certo, Louis era il tipico ragazzo che faceva scherzi su scherzi, era pazzerello ma non fino a questo punto!


«Se vuoi lo chiamo io, tanto oggi cambio numero.» Mi propose lei. 


Guardai Danielle negli occhi e mi parve un'idea geniale, così corsi in camera mia a prendere il cellulare notando che avevo tre chiamate perse da quel numero. Si era preso proprio la fissa nel chiamarmi!


Comunque, andai nella rubrica e le dettai per filo e per segno il numero e lei fece partire la chiamata. Ci guardammo nel occhi e ghignammo entrambe complici del fatto. 


«Pronto?» Era la voce di Nathan. 


Quando sentimmo la voce di Nathan dall'altra parte del telefono ci prese letteralmente il panico. Ci guardammo negli occhi e lei staccò la chiamata, estraendo la scheda dal cellulare bruciandola con il mio accendino, evitando così una sua possibile chiamata in futuro. 


«Sono confusa.» Mi disse Danielle. 

«Figurati io!» Esclamai.

«Perché ti chiama e non risponde?» Chiese lei. 

«Ma che ne so.» Risposi esasperata. 

«E' strano Shiver.» Constatò Danielle.

«E a me lo vieni dire?!» 


Era davvero molto strano sto fatto di Nathan che mi chiamava sempre, perché mai l'avrebbe fatto? Perché mi chiamava se non voleva sapere più niente della mia esistenza? Poi mi chiamava e non rispondeva, mi sentivo presa per il culo arrivata a questo punto. 


E non sarebbe la prima volta, al dire il vero. 


Mi stavano venendo mille dubbi sulla cosa, e non sapevo come comportarmi al riguardo... cosa avrei dovuto fare? Mi faceva anche illudere così, e non era giusto per me, mi faceva pensare che non era del tutta persa la speranza tra noi: che avevo una possibilità. 


Che non dovevo arrendermi...


Ma perché proprio adesso? Perché dopo tre lunghi anni? Perché non lo aveva fatto prima? 


Erano troppe le domande che mi stavo ponendo, domande che non riuscivo a darmi una risposta e mi stava anche venendo un mal di testa forte.  


Volevo pure andare avanti senza di lui come stavo facendo da tre anni ormai, ma se lui continuava a fare così, per me diventava difficile... anzi, impossibile!


«Tutto bene Shiver?» Mi chiese Danielle, comprensiva. 

«...» Le sorrisi soltanto. 


Cosa avrei mai potuto risponderle se neanche io riuscivo a capire di che umore fossi?!


                                                                                           Let it be


Quella stessa sera, non ero riuscita proprio a toccare cibo, avevo lo stomaco sotto sopra ed avevo un pò di agitazione in me. Andai in camera mia, aprii la finestra perché faceva un pò caldo, mi sedetti sul letto e mi accesi un'altra sigaretta. 


Dybala nel mentre venne in camera mia, e mi portò il suo giocattolino a forma di cono gelato per farselo lanciare. Lo so che lo faceva per non farmi stare male, lui era così, un bastardo dal cuore d'oro... uno dei motivi che adoravo di lui. 


Feci un tiro di sigaretta, presi il suo giocattolo -pieno di bava, eww- e glielo lanciai fuori camera e lui corse a riprenderlo per poi portarmelo di nuovo. Giocammo per un bel pò, poi il mio cellulare squillò, segno che mi fosse arrivato un nuovo messaggio. 


Era di WhatsApp, e indovinate? Era di Nathan, e notai che aveva messo la sua foto come immagine di profilo... c'era lui inginocchiato a terra, tra le gambe un cane... ma quello che mi colpii di più era il fatto che avesse addosso una divisa giallo-blu... Come quella della Protezione Civile. 


Nathan:
Tu mi conosci.

Me:
Credo di sì.

Nathan:
Boh.

Me:
Dimmelo, non ci girare in torno!

Nathan:
Non lo so chi sono.

Me:
Ha-ha divertente. 


Dal quel mio messaggio, lui non rispose più e così decisi di buona volontà di non scrivergli più... per il momento, volevo delle risposte e solo lui poteva darmele!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 -Hai le orecchie piccole?- ***


Capitolo 5                                        



                                                                                                     -Hai le orecchie piccole?-



Mi svegliai presto il mattino seguente, anche se non dovevo andare a lavorare, era il mio giorno libero. Mi girai nel letto e per poco non mi trovavo il naso di Dybala in bocca, mi spostai leggermente spaventata e lui sbuffò infastidito. 


Non ricordavo minimamente di avergli concesso il permesso di dormire nel mio stesso letto, decisi di sorpassare sopra la cosa e gli accarezzai l'orecchio peloso. Lui di ricambio mi leccò la guancia ed io risi leggermente disgustata. 


«Amore di mammina!» Esclamai, abbracciandolo forte forte. 


Lui abbaiò e cerco di divincolarsi, mi scalciò anche il bastardo ed io gli tirai la coda. Continuammo per un bel pò, poi ci prese in pieno di nuovo il sonno e ci addormentammo vicini. Quando mi svegliai qualche ora dopo, presi il cellulare ed aprii WhatsApp. 


Contattai Nathan naturalmente, era Online.


Me:
Ti sei ricordato? O hai ancora il vuoto di memoria?

Nathan: 
Non mi ricordo.
Ahaha. 

Me:
Ehhhh. 
Hai le orecchie piccole?

 
Visualizzò solo, senza darmi risposta.


Cornuto...


                                                                                           Let it be


Era domenica sera, mi stavo preparando per uscire con Danielle e Liam. Avevamo deciso qualche giorno prima di andare a prendere un aperitivo, e così quella stessa domenica ci mettemmo d'accordo per andare al bar. 


Avevo invitato anche Louis, solo che lui rifiutò perché già aveva un appuntamento con il ragazzo che si stava frequentando da un paio di settimane; Harry. Sì, avete letto bene, Louis era omosessuale e questo non mi dava per niente fastidio. 


Comunque, dopo essermi fatta una doccia, indossai una maglietta bianca e un skinny jeans verde acqua e le scarpe con tacco basso dello stesso colore della maglietta. L'idea dei tacchi non è che mi piacesse poi molto, ma ogni tanto anch'io facevo un tale sforzo. 


Come trucco non fece un granché, solo la base, il conturing, ciglia finte, mascara e un pò di matita verde nell'occhio. Non applicai neanche il rossetto, né il blush e né l'illuminante... dovevo andare al bar, mica ad una festa di ballo!


Mi legai i capelli in una coda di cavallo alta, qualche giorno prima ero andata dal parrucchiere a tagliare le doppie punte e a farmi un bel colore rosso rubino. Ero andata con Danielle, e lei davvero aveva mandato il parrucchiere in crisi perché non sapeva che colore farsi, alla fine aveva optata per un mogano chiaro. 


Quando fui pronta, applicai due spruzzi di profumo e preparai la borsetta ed in quel momento mi squillò il cellulare, avvisandomi che mi fosse arrivato un nuovo messaggio. Era Nathan. 


Nathan:
Buonasera. 

Me:
Buonasera. 

Nathan: 
Sera. 

Me:
Tutto bene?

Nathan:
Sì, a te?

Me:
Bene, non posso lamentarmi. 
Hai riacquistato la memoria?

Nathan:
Ahaha, l'ho sempre avuta. 

Me:
Chi sei?

Nathan:
Lo so che lo sai chi sono io. 

Me:
Dimmelo tu!


Nessuna risposta. 



                                                                                           Let it be


Io, Danielle e Liam arrivammo al bar intorno alle dieci e mezza circa, ci sedemmo al tavolino ed ordinammo tutti e tre un Prosecco a testa... per ora. Ci portarono come giusto che sia anche degli stuzzichini, tipo patatine, pizzette e noccioline.


«Ti sta chiamando più Nathan?» Mi chiese Danielle.

«Non più, mi scrive ogni tanto su Whastapp.» Le risposi, sorseggiando un pò di prosecco. 

«Io mi chiedo chi gli abbia dato il tuo numero.» Disse Liam.

«L'ha sempre avuto Lì, ti ricordo che non ho mai cambiato numero telefonico.» Gli dissi.+

«Ah già, vero ahaha.» Rise.

«Sese, Liam è già mezzo andato.» Disse Danielle, facendomi ridere.

«No no, non è velo.» Disse, sbagliando a parlare.

«Ahaha è diventato anche cinese!» Esclamai, ridendo, e Danielle mi seguì a ruota.

«We, ma mi avete preso di mira stasera?!» Disse Liam, indignato.

«Sì!» Esclamammo all'unisono io e Danielle.


Ordinammo tutti e tre un altro giro di prosecco e ci scattammo anche quattro foto. La prima era una foto semplice, tutti e tre vicini e con i calici alla bocca, seconda sempre semplice con i sorrisi sulle labbra. 


La terza un pò più spiritosa, birichina e stupida, ovvero con la lingua in fuori, la quarta non che ultima era una delle più dolci e tenera, eravamo tutti e tre abbracciati all'altro con dei sorrisi sinceri al volto. 


Dopo le foto ed altre chiacchiere, ordinammo altri due giri, inutile dire che eravamo un pò brilli al momento, ma ci stavamo divertendo e questo era l'importante. Al mondo non c'è cosa più bella dell'amicizia. 


Pubblicai anche lo stato su Whastapp:


Quattro (e più) prosecchi in circolo, e Nathan mi contattò.


Nathan:
Ubriacona!

Me:
Tu non lo fai mai?

Nathan:
Hahaha.


«Con chi scrivi?» Mi chiese Liam, mangiando delle patatine.

«Con Nathan.» Risposi, vaga.

«Perché stai arrossendo?» Mi chiese Danielle.

«Non sto arrossendo.» Negai.

«Lasciala stare Dany, sta parlando con il suo amoruccio.» Disse Liam, mandando dei bacini complici.

«Non è il mio amoruccio!» Esclamai, indignata.

«Bugiardona!» Urlarono insieme.

«Non voglio neanche rispondervi!» Affermai. 


Loro risero ed io posai il cellulare nella borsetta e mi accesi una sigaretta. Continuarono a prendermi in giro per un altro pò e poi decidemmo di andare a casa, si era fatto anche tardi e ci promettemmo che in settimana saremo usciti di nuovo. 


                                                                                           Let it be



Il giorno dopo, mi svegliai con un gran mal di testa e una forte nausea, così chiamai a lavoro e mi presi un giorno di malattia. Sì, è vero, non ero malata, avevo solo i sintomi della sbornia ma non ce la facevo proprio ad andare a lavoro. 



Passai tutta la giornata a stare a letto e a vomitare ciò che avevo nello stomaco. Avevo anche dormito e bevuto molto, ma non era bastato, avevo ancora lo stomaco sotto sopra, non ero neanche riuscita a mangiare!



La sera mi sentii molto meglio, grazie al fantastico aiuto di una aspirina, che sia benedetto colui che l'ha inventata! Diedi da mangiare al mio cane e mi misi di nuovo a letto con il cellulare in mano, Nathan mi aveva scritto circa un'ora prima, ma non ero riuscita a rispondergli.


Nathan:
We.

Me:
We.

Nathan:
Dove stai di bello?

Me: 
A casa, e tu?

Nathan:
Idem.

Me:
Non esci con gli amici?

Nathan:
Nono.

Me:
Okay.

Nathan:
Ma quando ti fidanzi?


Ma si era fissato con questa cosa...


Me:
Non lo so.
Ahaha.
E tu?

Nathan:
Sapessi.
Ahaha

Me:
Ma che hai da ridere?!



Non rispose, ma quanto era antipatico quando non rispondeva!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 -La colpa è tua!- ***


Capitolo 6               


                                                                                                            -La colpa è tua!-



Odiavo a morte il traffico, mi faceva salire un nervoso incredibile e faceva anche un caldo della miseria, un caldo che spaccava le pietre... fortuna che in macchina avevo l'aria condizionata (o come cavolo si chiama). 


Non vedevo l'ora di tornare a casa e farmi una bella lunga doccia fredda perché mi ci voleva proprio. Non prima però di aver dato da mangiare al mio piccolo Dybala... bè, piccolo non proprio visto che stava crescendo parecchio. 



Volevo anche andarmene per una ragione ben precisa: ero ad Afragola a fare una commissione al mio amico Louis. Quasi mi aveva pregata in ginocchio, lui non poteva muoversi perché stava guardando i suoi nipoti e mi aveva chiesto se potessi farlo io al posto suo. 


Comunque, volevo andarmene anche perché non volevo incontrare Nathan, ma il destino ce l'aveva con me, visto che Nathan era un bel pò lontano da me; con lo sguardo fisso sul cellulare, il che fu un bene. 


Ti prego, fà che non mi noti!


Il traffico andava a passo di lumaca ed mi stavo innervosendo ancor di più... odiavo il traffico, sopratutto quando il destino mi giocava degli brutti scherzi. Davvero, non so cosa abbia fatto di male nella vita.


Voltai di sfuggita lo sguardo e notai con dispiacere che Nathan si era accorto di me, e lo trovai intento nel fissarmi con un ghigno in viso. Spalancai gli occhi e mi feci prendere dal panico ed iniziai a suonare il clackson come una ossessa. 


Con la coda dell'occhio, vidi Nathan avvicinarsi alla mia auto, e vi salì dentro come se niente fosse. 


«Nessuno ti ha dato il permesso!» Quasi urlai. 

«Buongiorno anche a te.» Disse lui, sorridendo.

«Scendi!» Dissi, come una pazza.

«Stai calma.» Disse lui, mettendosi la cintura di sicurezza.

«NON DIRMI COSA FARE!» Urlai.


Nathan restò in completo silenzio, ma aveva sempre quel sorrisetto fastidioso e arrogante in viso.  Cosa aveva da sorridere tanto; trovava la situazione divertente?! No perché, per me non lo era affatto, non mi faceva per niente ridere. 


Era lui che era salito nella mia macchina senza alcun permesso, non il contrario, visto che lui non aveva un auto mobile... e forse non lo teneva presente. Comunque, ero così nervosa, ma talmente nervosa che mi accesi un'altra sigaretta. 



«Hai preso il vizio?» Mi chiese Nathan.

«Sì, e la colpa è tua!» Esclamai, accusandolo.

«Come la colpa è mia?!» Chiese, sul punto di ridere.

«Hai capito bene, e smettila di ridere!» Mi innervosii.

«Ahaha.» Rise più forte.


Lo guardai tra l'indignata e stupita allo stesso tempo, ero già nervosa di mio e lui aumentava il mio nervosismo con la sua cazzo di risata. Non sapevo se prenderlo a schiaffi o di cacciarlo letteralmente dalla mia macchina, era così fastidioso. 


Come una zanzara d'estate in piena notte!


Quando lui si accorse finalmente della mia espressione rise ancor più forte, a quel punto non ci vidi più, e gli diedi uno schiaffo dietro la testa. E devo dire che lo schiaffo funzionò alla grande visto che smisi subito di ridere. 


«Ahia!» Esclamò.

«Così t'impari!» Affermai.

«Non sei mia madre.» Mi fece sapere.

«E neanche voglio esserlo.» Gli risposi a tono.


Lui restò per la seconda volta in totale silenzio, ma allo stesso tempo alzò gli occhi al cielo e guardò fuori dal finestrino. Lo guardai per circa cinque secondi e poi distolsi lo sguardo, sbuffai e gettai la sigaretta ormai finita. 


In tanto il traffico iniziò a camminare ed io lo seguii a ruota, guardai l'ora e notai che si erano già fatte le dodici e quindici. Dovevo ancora far mangiare Dybala, ed avevo anche un bel pò di panni da lavare che mi aspettavano pazienti in bagno. 


Nathan nel mentre si era messo sul suo cellulare a rispondere ai messaggi da vari Social, anche quando eravamo degli adolescenti passava alcune giornate incollato sullo schermo del cellulare, mentre a volte c'erano stati anche giorni in cui non lo pensava proprio. 


«Dove ti accompagno?» Gli chiesi. 

«A casa tua.» Mi rispose, ovvio.

«Dai, sii serio.» Gli intimai.

«... sono serio.» Affermò. 


Non trovai nessuna risposta da dargli, così, optai di restare in silenzio per non fare anche una strage. L'idea di portarlo a casa mia, nella mia privacy non mi piaceva molto onestamente, ma non potevo neanche abbandonarlo in mezzo al traffico con un sole che spaccava le pietre. 


Non ero così cattiva, così gli dissi che lo avrei accompagnato a casa sua, ma lui mi rispose subito che si era dimenticato le chiavi e che a casa non c'era nessuno che potesse aprirgli. Gli urlai addosso di quanto fosse stupito e lui si imbronciò. 


Sbuffai, valutando le opzioni... inesistenti. Non potevo far altro che portarlo a casa mia per massimo due o tre ore e di aspettare che il sole calasse un pò per poterlo farlo tornare a casa. Speravo solo di non cedere davanti ai suoi occhi.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 -Proprio così!- ***


Capitolo 7                             

                                                                                              -Proprio così!-


Parcheggiai la mia macchina nel parcheggio condominiale, spensi il motore  e ordinai a Nathan di scendere. Bé, in realtà, gli avevo detto in modo poco carino di alzare il culo e di scendere dal mio gioiellino... ma vabbé.


Chiuse la portiera in modo aggressivo facendo un pò di rumore, lo guardai facendogli un sorriso falsissimo e lui fischiettò innocentemente di ricambio, come se non avesse fatto lui il danno... danno poi, non sapevo se avesse combinato qualcosa di grave!


Guardai la portiera e notai con grandissimo piacere, e con sua grandissima fortuna che non avesse riportato nessun danno. Sospirai sollevata, mi era costata un bel pò quella macchina, dall'altra parte l'avevo comprata nuova.
 

Mi ero anche comprata una moto nei mesi prima, ma non l'avevo usata tanto. Non so, mi piacevano le cose sportive, e quando l'avevo vista alla concessionaria, era stato amore a prima vista. Era di colore nero e verde acceso. 


Comunque, ci dirigemmo entrambi nel condominio dove abitavo attualmente, abitavo al terzo piano e Nathan chiamò l'ascensore perché non aveva voglia di salire le scale. Era rimasto pigro quel fannullone che non era altro.


Quando arrivammo aprii la porta di casa, Nathan come al solito, entrò senza alcun permesso e si trovò letteralmente Dybala addosso mentre faceva le feste. Adorava quando venivano nuove persone in casa. 


«Ciaoooo! Lui chi è?» Mi chiese Nathan, accarezzando il cane.

«Lui è Dybala.» Risposi, togliendomi le scarpe e chiudendo la porta.

«Ti sei fissata con Paulo Dybala.» Constatò.

«Proprio così!» Affermai, soddisfatta.

«Non sei cambiata per niente.» Disse Nathan, alzandosi.

«Potrei dire lo stesso, pigro eri e pigro sei rimasto.» Ribattei.

«Ehi! Devo prenderla come un'offesa?» Chiese.

«E tu che dici?!» Dissi, sollevando il sopracciglio.

«Dico di sì.» Rispose, ovvio.

«E infatti hai ragione!» Esclamai, saccente.


Portai le scarpe nella mia stanza ed indossai un paio di pantofole comode. Fu strano che Dybala non mi avesse seguita; vabbè, aveva Nathan che lo coccolava: quel traditore! Sentii poi dei passi in lontananza.


Era Nathan che era venuto insieme al cane in camera mia... sembravano amici per la pelle quei due. Comunque, Nathan spalancò letteralmente gli occhi e si buttò a peso morto sul mio letto seguito  ruota dal mio cane.


«Scendete dal mio letto!» Esclamai.

«Lo voglio anch'io così!» Esclamò a sua volta.

«Ascoltami.» Ordinai.

«E' così bello e morbido.» Continuò lui.

«Cagami mostricciattolo.» Intimai.

«Cosa vorresti dire... che sono brutto?!» Chiese, confuso.

«Nathan, scendi che mi in disordini il letto.» Cambiai argomento.

«Sono brutto?» Chiese ancora.

«...» Non risposi.

«Shiver?» Alzai gli occhi al cielo.

«No, non sei brutto.» Risposi alla fine.

«...» Lui sorrise in modo vittorioso.

«Potresti scendere per favore?» Chiesi, esasperata.

«No.» Rispose, semplicemente. 


Sospirai, non lo capivo, perché voleva stare sul mio letto? Lui non ne possedeva uno tutto suo? Insomma, il mio era un normalissimo letto matrimoniale... aspetta, forse ho capito il motivo, dovevo arrivarci subito.


Avevo le lenzuola delle Juventus come le federe  del cuscino, ne avevo altre tre nell'armadio, magari se avesse fatto il bravo, avrei potuto regalarglielo uno. Poi sul letto avevo anche alcuni peluche, sempre della stessa squadra di calcio.


Ma ciò non vuol dire che poteva fare sempre a modo suo.


«Nathan, dai... scendi.» Gli dissi.

«Nooo, ti prego.» Piagnucolò.

«Almeno togliti le scarpe.» Mi arresi alla fine.

«Va bene!» Esclamò contento, togliendosi le scarpe.


                                                                                           Let it be


Nathan si era addormentato da circa un'oretta e mezza con il mio cane vicino a lui... erano una bella coppietta di fidanzatini perfetti ahaha. Ora stavano in luna di miele e presto mi avrebbero regalato dei bei cucciolotti ahahah.


Ma voi vi rendete conto della mia stupidità?!


Comunque, li avevo lasciati da soli in stanza ed ero andata in cucina a cucinare qualcosina a Nathan, nulla di raffinato, perché non ne avevo alcuna voglia e neanche la pazienza per farlo. Così, gli preparai dei semplicissimi toast al prosciutto cotto e formaggio.


Meglio questo che niente!

O si mangiava quella minestra, o si buttava per la finestra!


Più tardi, mi chiamò Danielle che mi chiedeva cosa stessi facendo in quel preciso momento. Le risposi che stessi cucinando, aggiungendo che avevo ospiti a casa: Nathan, o meglio, gli dissi che avevo un Nathan addormentato in camera da letto. 


Lei aveva urlato 'coooosa?!', vi giuro, aveva urlato così forte che per poco non perdevo l'udito. Dovetti spostare il cellulare all'altro orecchio perché l'altro stava iniziando a fischiarmi di brutto. Speravo solo di non perdere l'udito...


Che paranoica che ero.


Comunque, cercai di spiegarle tutto, anche se mi risultò un pò impossibile visto che lei continuava spesso ad interrompermi, facendomi domande su domande. Avevo spesso perso il filo del discorso, e quindi, ripetevo ogni tanto la stessa frase. A volte era frustrante parlare con lei.


«Non ci posso credere!» Esclamò di nuovo Danielle.


Poi sentii la voce di Liam che chiedeva spiegazioni a Danielle, e lei raccontò tutto quello che stava accadendo. Liam obbligò Danielle a passargli il telefono, perché voleva avere una conversazione con me.


«E' vero Shiver?» Mi chiese Liam, affannato.

«Sì.» Risposi semplicemente.

«Oh mio Dio! Te lo sei scopato?!» Mi chiese, quasi urlando.

«Ma che cazzo Liam!» Esclamai, indignata.

«Si o no?» Chiesero entrambi.

«NO!» Urlai.

«Shiver fammi una foto di Nathan, mentre dorme!» Cambiò poi discorso Danielle.

«Perché?» Chiesi, confusa.

«Tu falla e basta.» Rispose.

«Okaaaay.» Dissi, confusa.

«Dopo inviamela su WhastApp.» Mi disse lei.

«Va bene, ci sentiamo dopo, ora vado a finire di preparare i toast.» Le feci sapere.


Dopo aver riagganciato, ripresi a preparare i toast, pensando a quello che aveva detto Liam. Non era da lui fare certe domande, era strano... forse era in astinenza. Comunque, preferii non pensarci oltre e mi concentrai sulla cucina.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 -Stai zitto!- ***


Capitolo 8              


                                                                                                             -Stai zitto!-


Dopo aver inviato a Danielle su WhatsApp la fotografia di Nathan addormentato, perché sì, l'avevo scattata poco prima; sopprimendo le risate: era stato divertente lo ammetto! Ero scappata un paio di volte dalla stanza per non svegliarlo, e alla fine ce l'avevo fatta. 


Era una bella fotografia, al dire il vero... quasi quasi non l'avrei neanche cancellata, me la sarei tenuta come ricordo. La foto ritraeva Nathan che dormiva beato abbracciato al cane, e Dybala aveva la lingua in fuori... una foto epica!


Comunque, mi misi comodamente sdraiata sul divano a guardare ancora un pò la foto... Nathan si era fatto ancora più bello, era una di quelle bellezze rare che non si trovavano sempre, e lui era raro nel suo genere. 


Manco a farlo apposta, venne Nathan mezzo addormentato in salotto.


«Che hai da sorridere?» Mi chiese Nathan, assonnato.

«Niente!» Esclamai, posando il cellulare.

«Non ti credo.» Mi disse Nathan.

«... se hai fame ho fatto i toast, sono sul tavolo.» Cambiai discordo. 


Non se lo fece ripetere due volte che andò di corsa in cucina a mangiarsi i suoi toast. Non so se ve l'ho mai detto, ma Nathan aveva questa sorte di fame insaziabile, mangiava sempre, era come un pozzo senza fondo. Solo che non ingrassava.


Nel mentre si svegliò anche Dybala, mettendosi accoccolato accanto a me sul divano. Gli accarezzai dolcemente dietro l'orecchio, che a lui parvero piacere un mondo; visto che si adagiò meglio sul divano. 


Ero fortuna ad avere lui nella mia vita. 


«Amore di mamma!» Dissi, coccolando Dybala.

«Ma sentitela, 'amore di mamma'.» Disse Nathan, prendendomi in giro.

«Stai zitto!» Gli intimai.

                               

                                                            Let it be


Dopo che Nathan ebbe finito di mangiare, venne a mettersi anche lui sul divano; solo che stavamo un pò strettini... come sardine in scatola. Del resto avevo il mio cane spaparanzato che occupava la maggior parte dello spazio. 


Poi mi ricordai che quello era un divano letto e quindi decisi di aprirlo per stare tutti e tre più comodi. Mi feci aiutare da Nathan, che era proprio un pianta grane assoluta perché per poco non lo rompeva per quanta forza mise ad aprirlo.


Voleva distruggermi casa!


«Sei un impiastro!» Esclamai.

«Non è vero!» Negò, indignato.

«Sì che lo è... mi stai praticamente distruggendo casa.» Gli feci sapere.

«Mi dispiace!» Quasi urlò lui.


Decisi di restare in silenzio per mia scelta, anche perché non volevo continuare quella discussione alquanto inutile. Non ne valeva davvero la pena e onestamente non avevo neanche la voglia di farlo, come ho già detto, era inutile continuare.


Comunque, mi sdraiai sul divano, lo fece anche Nathan seguito da Dybala e quest'ultimo si mise proprio in mezzo a noi come se nulla fosse. Non so se fosse geloso che Nathan stesse vicino a me o il contrario. 


Nel dubbio dirò che fosse geloso che Nathan mi stesse vicino. 


Iniziai a fare zapping tra i vari canali televisivi, non trovando nulla che mi soddisfacesse abbastanza, non stava facendo neanche un cavolo di film interessante... ormai mandavano in onda sempre le vecchie pellicole. 


E che rottura dei maroni però eh!


Così, stufa di continuare a cliccare i pulsanti del telecomando, misi su TopCrime e notai con modesto piacere che stavano mandando in onda le nuove puntate di Law&Orden- Unità Vittime Speciali. Mi piaceva molto, ma devo dire la verità, amavo di più C.S.I New York. 


New York... che stupida coincidenza. 


«Serie televisiva poliziesca.» Disse Nathan.

«Accontentati, non sta facendo un cazzo.» Dissi, leggermente annoiata.

«Non dire parolacce!» Esclamò.

«Perché tu non le dici?!» Chiesi.

«...» Sorrise innocentemente.


Cercai con tutta me stessa di tener gli occhi ben puntati sullo schermo della televisione. Cercai con tutta me stessa di non distrarmi e di non pensare... di non pensarlo! Ma era tutto pressoché inutile, dico davvero.


Maledetto cuore!


Era come se la mia mente non volesse restare concentrata sulla televisione, era come se non volesse far altro che guardare Nathan, stava diventando ingestibile la cosa... non riuscivo a tener a freno i miei sentimenti. 


Era inutile negarlo, per Nathan provavo ancora qualcosa, qualcosa di molto grande, qualcosa di abbastanza forte e intenso. Lo amavo alla follia, era la metà della mia vita, era il mio sorriso, la mia forza. 


Non riuscivo a dimenticarlo, il mio era un amore troppo forte, indistruttibile, qualcosa di troppo grande da poter sconfiggere. Era un amore puro, un amore che voleva essere ricambiato, era anche in un certo senso: un amore doloroso. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 -La verità- ***


Capitolo 9                               

                                                                                           -La verità-


Avevo quasi finito un pacchetto di sigarette, più o meno me ne erano rimaste pressoché poche... all'incirca cinque o sei. Accendevo e spegnevo, spensi e accesi, non appena finiva una ne accendevo un'altra ancora. 


Il salotto si era riempito di fumo, nonostante avessi aperto la finestra poco prima, la gola si era seccata e mi pizzicava un pò. Ma questo non mi importava poi molto, ero troppo agitata, piena d'ansia... neanche la nicotina riusciva a placare il mio stato d'animo. 


«Nathan, mi dici cosa è successo in questi tre anni?» Chiesi, con la voce un pò tremante.

«Cioè?» Chiese di rimando.

«Lo sai a cosa mi riferisco.» Risposi, con un tono più basso.

«Cosa vuoi sapere?» Chiese, distogliendo lo sguardo.

«La verità!» Esclamai ovvia.

«...» Nathan sorrise debolmente e spense la televisione. 


Mi guardò profondamente negli occhi, sospirò... forse non sapeva da dove iniziare e da cosa raccontare per prima. Capitava spesso anche a me la stessa cosa, ma credo che almeno una volta nella vita tutti abbiamo avuto questo piccolo problema. 


Distolse per un paio di secondi lo sguardo ma poi lo ripuntò di nuovo su di me e iniziò a raccontare con molta tranquillità. Come se stesse per raccontarmi una normalissima storia passata e vecchia... o come se stesse per raccontarmi un pezzo della sua vita. 


Mi raccontò di quel famoso giorno della sua partenza e ricordo bene quel giorno, ci avevo sofferto parecchio sopra. Era come se mi sentissi totalmente vuota, e che non vedevo una via d'uscita per quell'amore mai ricambiato. 


Mi disse che era al settimo cielo, di quando fosse contento di abbracciare di nuovo sua madre, di ricevere qualche suo bacio amorevole. Di quanto fosse emozionato del viaggio che stava intraprendendo e di cambiare la sua solita vita monotona. 


Mi raccontò del lungo viaggio da Napoli a Palermo, durato parecchie ore, e che lui avesse passato la maggior parte del tempo a dormire e a guardare fuori dal finestrino, nel immaginarsi nuove avventure, delle cose che avrebbe fatto a New York. 


Mi parlò del traghetto e che aveva avuto una leggera nausea all'inizio e che poi gli era passata da come era venuta. A detta sua fu colpa di quello che aveva mangiato poco prima e che non aveva digerito bene. 


Mi raccontò dello scalo all'aeroporto di Palermo, avendo anche qualche disavventura: si stava per dimenticare le valigie sul treno e di come stava per sbagliare a prendere l'aereo. E la gente lo guardava strano... per le sue disavventure. 


Risi leggermente immaginandomi la scena... non era la prima volta che accadevano certe cose a lui, anche una volta a scuola si era scordato lo zaino sotto al banco e che fosse uscito dall'Istituto come se niente fosse. Che giorni epici ahaha. 


Comunque, riuscì a prendere a tempo l'aereo e mi disse che era arrivato a New York nelle prime ore del mattino... di come sua madre lo stesse aspettando fuori all'aeroporto con le lacrime agli occhi. Mi raccontò del loro lungo abbraccio e del compagno di sua madre che si era messo da parte per lasciar loro del tempo... per quel loro momento. 


«Quindi di Palermo non hai visto nulla?» Chiesi, interrompendolo.

«Solo un pò di SferraCavallo.» Mi rispose, dolcemente.

«SferraCavallo?» Domandai stranita.

«Sì, esatto.» Confermò lui.

«Quindi c'erano i cavalli?» Chiesi, sorridendo.

«Onestamente non ricordo.» Mi rispose lui, sincero.

«Ma che perdita di tempo che sei.» Sbuffai e lui rise.

«Dai, lo sai che non ho una buona memoria su certe cose.» Si giustificò lui.

«Lo so... infatti ti sei dimenticato di me in niente.» Sussurrai.

«Cosa?» Chiese.

«Nulla, continua.» Cambiai discorso.

«Mah... okay.» Scrollò le spalle. 


Dunque, continuò a raccontare il suo racconto in modo semplice e preciso, come se l'avesse ripetuto più e più volte. Chissà a quante persone l'aveva raccontato prima di me, chissà se aveva detto le stesse cose, chissà se stava dicendo la verità. 


Comunque, mi disse che il compagno di sua madre li aveva accompagnati a casa sua e che avesse offerto la stanza più grande a Nathan per lasciargli spazio. Per farlo sentire a casa, a suo agio nella sua nuova abitazione. 


Mi disse che il compagno di sua madre si era messo subito a disposizione, e che aveva aiutato Nathan nel disfare le valigie e aiutarlo a mettere i suoi indumenti nell'armadio e nei cassetti a sua disposizione. 


Sua madre era molto felice di averlo con lei e che gli mancava molto la sua presenza, avrebbe voluto avere anche gli altri figli con lei, ma non era possibile. Erano tutti sposati e avevano figli, una famiglia e delle responsabilità.


Invece Nathan non aveva nessuno a parte lei...


All'iniziò per lui non era stato affatto facile, non si abituato subito nella Grande Mela e aveva difficoltà nel parlare la loro lingua. Gli mancava la sua città natale: Napoli, gli mancava la Chiesa Evangelica, gli mancavano i suoi fratelli, le sua amicizie. Gli mancava la vecchie vita, ma allo stesso tempo era contento della nuova. 


Coerenza portami via...


«Ti ci è voluto un pò per adattarti?» Chiesi, curiosa. 

«Sì, abbastanza.» Rispose, pensieroso.

«Ed io ti mancavo...?» Chiesi, dubbiosa.

«Ovviamente... eri mia amica!» Rispose, dolcemente.

«Solo amica...» Ripetei.

«Dai, Shiver...»  Lasciò la frase in sospeso. 

«Perché sei sparito? Perché non ti sei fatto più sentire?» Chiesi, acida.

«Sono stato in un certo senso obbligato nel farlo.» Mi rispose, comprensivo.

«Obbligato?» Chiesi, confusa.

«Sì.» Rispose semplicemente.

«Cioè?» Mi accesi un'altra sigaretta.

«Ora ti spiego.» Rispose, e riprese a raccontare. 


Mi raccontò di come sua madre lo avesse preso da parte qualche giorno più tardi e gli avesse consigliato di dimenticare per sempre Napoli e di rifarsi una nuova vita. Perché loro sarebbero vissuti a New York per il resto dei loro giorni. 


Gli consigliò di farsi una vita lì, di uscire e di farsi delle nuove amicizie, così la sera sarebbe uscito e non avrebbe passato intere giornate a casa. Gli aveva consigliato di trovarsi un lavoro per un futuro prossimo e trovarsi una fidanzata. 


Gli aveva persino comprato una nuova scheda telefonica, lui mi disse che all'iniziò era contrario a questa cosa, ma non voleva deluderla così aveva bruciato la sua vecchia Sim e messo quella appena acquistata. 


Ed era stata proprio sua madre a decidere quale numero inserire sulla Sim, e il mio non era tra questi. 


Aggiungendo che era stata sempre lei a dirle di bloccarmi su Facebook e su altri Social Network, perché io appartenevo al passato e lui si doveva dimenticare del passato, perché non faceva bene alla sua salute mentale. 


Ma il passato tornerà sempre a tormentare le povere anime. 


E così era stato.


Mi sentii leggermente offesa nel profondo da questa notizia, perché lei a volte mi diceva che mi considerava come una figlia e che voleva sempre il meglio per me. Perché ero una brava ragazza, gentile e premurosa. 


Tutte stronzate!


Nathan si era fatto influenzare da sua madre, e speravo che in quei anni lui lo avesse capito.


Ma preferii non dire nulla al riguardo, non volevo di certo offendere la sua cara “mammina.”

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 -Depressione?- ***


Capitolo 10                          
                                                                                                 -Depressione?-


Nathan non aveva perso il vizio di fare le facce buffe quando parlava, forse neanche se ne accorgeva di questa cosa o forse lo sapeva benissimo ma non se ne importava poi molto. Era così carino e divertente quando capitava, infatti a volte sorridevo come una sciocca e lui mi guardava strano. 


Ma vabbé, continuò a raccontare della sua vita a New York, delle sue esperienze 'lavorative' più che altro. Ancora non mi aveva accennato delle sue uscite serali, dei suoi amici o delle ragazze che aveva conosciuto. 


Comunque, una cosa alla volta, mi disse che non aveva trovato subito un lavoro come barista o impiegato o altro, ma aveva iniziato dalla cose banali. Per aiutare economicamente il compagno di sua madre e essa, anche i minima parte. 


Aveva fatto delle cose banali, come buttare la spazzatura del vicinato, pulire i giardini, strappare l'erba e annaffiare le piante. Alcune volte, capitava che delle signore anziani gli chiedevano di fare delle commissione al posto loro o di pulire i vetri delle loro case perché Nathan era alto. 


Mi disse che aveva anche badato ad alcuni bambini, li accompagnava e li prendeva da scuola, aiutandoli anche con i compiti scolastici. Capitava anche cinque o sei volte al mese che doveva pulire le auto dei vicini e che aveva fatto per poco anche dog-sitter.


Mhm... molto interessante.


«Bè, potresti fare il dog-sitter di Dybala, se vuoi.» Lo informai.

«Perché no, mi piacerebbe molto.» Disse, guardando Dybala.

«Aspetta prima di dirlo.» Dissi.

«Che vorresti dire?» Chiese lui, confuso.

«Dybala è un servo di Satana.» Risposi.


Crudele ma sincero.


«Ma quando maiiiii... lui è così dolceee... vero patatone?!» Chiese Nathan con una vocina buffa al cane, il quale si crugiolò più vicino a lui. 


Che bastardo di cane!


«Ehm...» Feci, scappandomi poi una risatina.

«Shhh... ignora.» Disse Nathan.

«Ahaha, e tu vorresti fare la predica a me?!» Risi.

«Scema che non sei altro.» Sussurrò, ma riuscii a sentirlo.

«Vabbè dai, continua a raccontare.» Mi sistemai meglio sul divano.

«Come si dice?» Mi chiese, ghignando.


Bastardo pure lui!


«Per favore.» Risposi, sbuffando. 


Sorrise soddisfatto e riprese a raccontare: mi disse che c'erano giorno dove si sentiva bene, pieno di energie in grado di spaccare il mondo (seh). Ma allo stesso tempo c'erano giorni in cui si sentiva solo, abbandonato da tutto e da tutti.


Sua madre non era lì pronta a consolarlo, era sempre impegnata con il suo compagno per questioni che neanche lui sapeva con certezza. Aveva provato solo una volta a chiederlo, ma gli avevano risposto 'nulla, tranquillo.'


E di sera era troppo stanca per poter parlare con lui solo per cinque minuti. E allora Nathan restava nella sua stanza, al caldo nel letto a piangere... mentre calava la notte più buia e con la pioggia che non cessava. 


Quale madre metterebbe al primo posto il proprio compagno?! Io non mi sarei mai permesso di farlo!


Mi disse anche che in un certo periodo di tempo era andato in depressione. Non parlava con nessuno, non mangiava, non dormiva e non sorrideva più. Se ne stava sempre in camera sua da solo al buio, delle volte non faceva altro che piangere tutto il tempo, e delle volte non faceva altro che pensare. 


«Depressione?» Chiesi, stupita e triste.

«Sì, è stato orrendo.» Rispose, fissando il vuoto.

«Ti... tagliavi?» Chiesi, debolmente.

«No, ma ho pensato un paio di volte di togliermi la vita.» Rispose, distogliendo lo sguardo.

«Oh...» Feci soltanto, non sapendo cosa dire.

«Tranquilla, è tutto finito: è passato. Ma ammetto che non è stato facile.» Mi disse lui, con un leggero sorriso.

«Posso solo immaginare.» Dissi, toccandogli i capelli.

«Neanche Shiver.» Sospirò, pensieroso.

«Hai ragione.» Confermai, sfiorandogli l'orecchio.

«E dalle con queste orecchie!» Esclamò lui, ridendo. 

«Scusa!» Risi anch'io.

«Non ti è passata questa fissazione?» Chiese lui.

«No... sono carine.» Risposi, strizzandogli l'orecchio.

«Ahia!» Urlò.

«Dai, riprendi il racconto.» Dissi, prendendogli la mano.


Mi strinsi a sua volta la mia mano, e mi guardò in modo dolcissimo negli occhi facendomi sciogliere lentamente. Stavamo condividendo un momento dolce, nostro e semplice sopratutto, ma anche molto bello e romantico. 


Comunque, mi raccontò che sua madre non si era minimamente accorta della sua depressione, non si era accorta che suo figlio stava male, che stava soffrendo. Non si era accorta che suo figlio stava cercando di togliersi la vita... non si era accorta di nulla. 


Ed era stato lui, soltanto ed esclusivamente lui da solo ad uscirne da come ne era entrato. Con la sua forza di volontà, con la sua voglia matta di vivere ancora e di essere più forte di quello che era! Lo aveva combattuta da solo, senza mai arrendersi davanti alle difficoltà che essa portava.


Era una cosa da apprezzare!


Sorrisi fiera di lui e continuò nel suo racconto come se nulla fosse... mi disse che aveva iniziato di nuovo ad uscire, era riuscito a farsi delle amicizie, amicizie che stavano ancora durando e si era anche goduto come doveva New York. 


Ritornò a sorridere, la tristezza era sparita quasi del tutto, avevo ripreso a mangiare aggiungendo anche qualche chiletto più del dovuto. Aveva messo da parte il suo dolore ed era riuscito in un certo senso ad andare avanti. Ma poi spuntarono dei problemi.


«Che tipo di problemi?» Chiesi a Nathan, ansiosa.

«Problemi che nessuno mai si sarebbe aspettato.» Rispose, triste.

«Cioè? Spiegati meglio...» Dissi, confusa.

«Abusi domestici e sessuali.» Rispose, con disgusto.

«Cosa!? Stai scherzando?!» Ero scettica.

«No Shiver, te lo giuro.» Rispose, rammaricato.

«Ma a te?!» Quasi urlai. 

«No, a mia madre.» Rispose, rabbrividendo forse al ricordo.


Il compagno di sua madre aveva un lato oscuro che nessuno conosceva, un lato malvagio che nessuno sapeva. Aveva il cuore di ghiaccio e le mani lunghe, era violento e possessivo... era un di quelle persone che si doveva allontanare per non farsi del male. 


Era stato bravo nel nascondere la sua vera natura, nessuno (come era successo anche a Nathan) si era accorto che in realtà fosse un mostro. Si erano accorti troppo tardi di che tipo di uomo era... uomo poi: uomo di merda semmai.


Ed era anche un complimento quello. 


Nathan non aveva sospettato nulla, a detta sua era perché era troppo impegnato a pensare a se stesso. Un giorno per puro caso aveva visto alcuni lividi sul corpo di sua madre. Alcuni erano vecchi, ed altri no e in alcune zone aveva anche degli ematomi. 


Sua madre non gli raccontava nulla, dicendo che era sbadata e inciampava ogni secondo. Ma le bugie hanno le gambe corte, perché poi un giorno beccò il compagno di sua madre che pestava quest'ultima. 


Non si ancora se il compagno di sua madre era sotto effetto da qualche droga o se era solo ubriaco fradicio. Comunque, Nathan ovviamente difese sua madre, riuscendo in qualche modo a buttare al tappeto il compagno di sua madre. 


I vicini avevano chiamato le forze dell'ordine ed avevano soccorso sia la madre che il figlio. Nathan era riuscito a convincere sua madre a denunciarlo, perché lei all'inizio non voleva, ed era sempre stato Nathan a convincerla a lasciare New York. 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 -Troppi- ***


Capitolo 11                                               

                                                                                 -Troppi.-


«Ma ora  tua madre come sta?» Chiesi, curiosa.
«Sì, fortunatamente.» Rispose sollevato.
«Ci pensa ancora?» Chiesi.
«A volte.» Sospirò.
«Chiede di lui?» Chiesi ancora.
«Più che altro spera che sia morto ahaha.» Rispose, ridendo.
«Coosa?» Ero scioccata.
«Te lo giuro! La prima volta che me l'ha detto ho avuto la tua stessa reazione.» Continuò a ridere.
«... ehm... okay, tutta madre è strana.» Dissi.
«Vero!» Esclamò.
«Vabbè dai, poi cosa è successo?» Chiesi, mangiandomi un unghia.
«...» Sorrise, soltanto.


Prima di riprendere a raccontare, disse che voleva bere un pò, allora gli dissi che poteva aprire il frigo tranquillamente e di prendere quello che voleva. Aggiunsi anche di portarmi una bottiglia d'acqua perché anche avevo una leggera sete. 


Comunque, tornò di nuovo da me, con in mano due bottiglie d'acqua e una confezione di Kinder Pinguino. Lui moriva per il cioccolato e per il dolce in generale, infatti era anche per questo che aveva le carie e pagava un pò dal dentista. 


Si accomodò di nuovo sul divano letto e mangiò la sua merendina, riprendendo a parlare poco dopo. Nathan mi raccontò poco dell'arresto del compagno di sua madre, e fece la stessa cosa per il loro arrivo in Italia. 


Mi disse che con tanti parenti che avevano, l'unici che si erano messi a disposizione per aiutarli erano stati quelli di Afragola. Gli altri si erano inventati scuse su scuse, c'era chi diceva che avevano dei problemi con la casa e chi semplicemente diceva 'no, mi dispiace'. 


Gli domandai poi se Louis fosse un suo parente alla lontana, lui mi rispose che non lo fosse, la nonna di Louis era un'amica stretta di sua zia Lucy. Ma non c'erano legami di sangue tra di loro, solo un'amicizia tra sua zia e la nonna di Louis. 


Louis abitava al quarto piano, mentre Nathan, sua madre e i loro parenti al sesto. Lui condivideva la stanza con i suoi cuginetti piccoli, Vincent e Albert. Vincent aveva cinque anni ed era ribelle, mentre Albert ne aveva otto ed era tranquillo. 


Mi mostrò anche una loro foto.  


«Lui è un pò disgraziato eh?» Chiesi, indicando il bambino più piccolo.
«Un pò?! E' una peste!» Esclamò indignato. 
«Ti fa i dispetti?» Chiesi, ridendo.
«Troppi.» Rispose, scocciato.
«Ma davvero?!» Chiesi, scettica.
«Siiii... mamma mia, c'è l'ha a morte con me!» Disse, ferito nell'orgoglio.
«Sì? Racconta! Fammi ridere.» Ordinai.
«Mi hai preso per un comico?! Guarda che non è divertente.» Mi disse, scioccato.
«Daiiii.» Risi.

Così, con uno sbuffo iniziò a raccontare alcuni episodi: mi che una volta, mentre si faceva il pisolino pomeridiano, il piccolo era andato di soppiatto e gli aveva tirato i peli della barba. Si era svegliato all'improvviso, con un dolore pungendo al mento. 


Poi, una mattina Nathan si stava preparando il latte per colazione e il piccolo Vincent; quando Nathan si fu distratto, gli mise di nascosto il sale nel latte. E il povero Nathan era stato male per tutto il giorno con lo stomaco. 


Volevo conoscere quel bambino! Era il mio nuovo idolo!


Ma non è finita qui! Mi raccontò altri episodi: Nathan era andato in bagno a lavarsi e quella pesta di Vincent, aveva preso una sedia dalla cucina e aveva chiuso il bagno a chiave. Nathan dovette aspettare che arrivassero i suoi zii ad aprirlo e per mettersi qualcosa addosso. 


Oppure quando Nathan stava tranquillamente sdraiato sul divano per i fatti suoi, il piccolo Vincent ebbe una brillante idea. Era andato in cucina a prendere il mestolo in legno e lo aveva picchiato con quello; a detta per il piccolo che Nathan lo stavo provando perché lo ignorava e lui odiava essere ignorato. 


«E tu non ti vendichi?!» Chiesi, ridendo.
«Ma che sei pazza?! Dopo sennò lui si vendica in peggio.» Rispose, rabbrividendo.
«E' anche vendicativo?» Chiesi, curiosa.
«Ovviamente, ne conosce una più del Diavolo.» Rispose, imbronciandosi.
«E' il mio idolo!» Esclamai.
«Eh, ma quello che ci rimette sono io però.» Rispose, lamentandosi.
«Vabbè, chi se ne frega.» Dissi, convinta.
«Ma da che parte stai?!» Chiese, scioccato.
«Da quella di Vincent.» Risposi, onestamente.
«Ah...» Rimase a bocca aperta.


Mi disse poi che Albert era l'opposto di Vincent, ovvero: era un bambino molto tranquillo e silenzioso. Amava leggere i fumetti e vedere Naruto alla Tv; impazziva per il personaggio di Sasuke. Era ordinato e si puliva da solo la sua parte di stanza, era indipendente e autonomo. 


Comunque, Nathan non accennò altro sulla sua esperienza a New York o sul suo trasferimento ad Afragola. Non volevo alcun modo pressarlo ma era anche giusto da parte mia sapere alcune cose; perché non mi aveva detto proprio tutto. C'erano ancora parecchie cose che non sapevo. 


«Dopo quanto tempo sei ritornato in Italia?» Chiesi, guardando altrove.
«Siamo stati a New York per un anno e mezzo.» Rispose, pensieroso.
«E in quest'altro anno e mezzo che fine hai fatto?!» Chiesi, acida.
«Ehm... abito ad Afragola, te l'ho detto.» Rispose, ovvio.
«Perché allora non ti sei fatto sentire quando sei tornato?!» Quasi urlai.
«Non avevo il coraggio.» Ammise.
«Perché sai di aver sbagliato.» Affermai, con sincerità.
«...» Incassò il colpo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 -Lo ami ancora?- ***


Capitolo 12                                                 

                                           -Lo ami ancora?-

Chat WhatsApp tra Danielle e Shiver.

Shiver:
Ehi tesoro!

Dany: 
Amore mio.

Shiver:
Tutto bene?

Dany: 
Sì sì, e tu?

Shiver:
Bene dai... che fai?

Dany: 
Mi preparo per fare la spesa e tu?

Shiver:
Ho fatto il bucato. E Liam dove sta?

Dany: 
In bagno a fare la cacca. 

Shiver:
Ah...

Dany: 
Ahahahah! Senti tesò, ti posso fare una domanda?

Shiver:
Certo, dimmi.

Dany: 
Con Nathan come va?

Shiver:
Benino...

Dany: 
Quindi alla fine avete fatto pace?!

Shiver:
Non lo so...

Dany: 
Come non lo sai?!

Shiver:
E' complicato.

Dany: 
Cosa è “complicato?”.

Shiver:
Da quello che ho potuto capire, sua madre non vuole.

Dany:
Se lui ti vuole veramente se ne frega della madre.

Shiver:
Non so se lui mi vuole.

Dany:
Lo ami ancora?

Shiver:
Sì, tanto.

Dany:
Diglielo!

Shiver:
Non posso cazzo!

Dany:
Perché no?!

Shiver:
E se mi dovesse spezzare di nuovo il cuore?!

Dany:
Ah... non ci avevo minimamente pensato.

Shiver:
Appunto.

Dany:
Posso darti un consiglio?

Shiver:
Certo.

Dany:
RISCHIA!

Shiver:
Ehhhh.

Dany:
Eh! Tu provaci lo stesso.

Shiver:
Non lo so...

Dany:
Shiver, per un secondo abbandona il passato, guarda il presente. Non sai come potrebbe andare a finire, tanto potrebbe darti una bella risposta e potrebbe anche dartene una brutta. Ma per lo meno ci hai provato, ti toglierai il pensiero e potrai andare avanti. Ma se continui così, tesoro mio, sarai sempre triste e con il punto di domanda.

Shiver:
Hai ragione.

Dany:
E...?

Shiver:
Va bene, gli parlerò.

Dany:
Bene, e non ripensarci!

Shiver:
No, tranquilla.

Dany:
Tesò, ci sentiamo più tardi, ora devo scendere.

Shiver:
Va bene, un bacione.

Dany:
Un bacione anche a te.

Chat WhatsApp tra Nathan e Shiver

Qualche ora più tardi.

Nathan:
We.

Shiver:
We.

Nathan:
Come va?

Shiver:
Bene grazie, e a te invece come va?

Nathan:
Bene bene.
Che fai?

Shiver:
Nulla di che, e tu?

Nathan:
Niente.
Ti posso fare una domanda?

Shiver:
Sì.

Nathan:
Ti sei fidanzata?

Shiver:
Che domanda sciocca.

Nathan:
Lo chiedo così.

Shiver:
Okay, ho capito.
Comunque no, non lo sono.

Nathan:
Buon per te.

Shiver:
Perchè?


Visualizzò solo.

Let i be


La sera.

Nathan:
We che faiiiiiiii?

Shiver:
Sto a letto e tu?

Nathan:
Idem.
In questi giorni ci vediamo.

Shiver:
Vederci in che senso?

Nathan:
Vengo a casa tua.
Se do fastidio dillo.

Shiver:
Che presuntuoso, sai già qual è la risposta.

Nathan:
Hahaha.

Shiver:
Visto!?

Nathan:
Cosa?

Shiver:
Che ho ragione.
Che sai la qual è la risposta.

Nathan:
Ogni tanto sì.

Shiver:
Sul fatto che ho ragione o sul fatto che sai la risposta?!

Nathan:
Che so la risposta.

Shiver:
E allora perché lo chiedi?!


Visualizzò soltanto.

Let it be

Il giorno dopo.

Nathan:
Ciao, scema!

Shiver:
Ciao a te, stronzo.

Nathan:
Non sono stronzo.

Shiver:
Sì che lo sei.

Nathan:
Vabbè.
Comunque, nel periodo in cui sono stato via, ti sei conosciuta con qualcun altro?

Shiver:
Assolutamente no.
E tu?

Nathan:
No no.
Perché?

Shiver:
Lo sai.

Nathan:
Vuoi stare da sola?

Shiver:
E tu vuoi stare da solo?

Nathan:
Ti ho fatto io la domanda.

Shiver:
No, non voglio stare da sola.

Nathan:
E con chi?

Shiver:
Daiiiiiiiii.

Nathan:
Dai, dimmi.

Shiver:
Lo sai.

Nathan:
Io vorrei una cosa da te.

Shiver:
Dipende se posso.

Nathan:
Devi essere più dolce hahaha.

Shiver:
Nient'altro?


Nessuna riposta.

Let it be

Era sera e stavo per metterti a letto, nell'indomani mi sarebbe aspettata una lunga giornata di lavoro. Ma prima di addormentarmi, decisi di entrare in WhatsApp per rispondere ai messaggi inviatomi. 
Notai anche che qualcuno aveva aggiornato il loro stato, e così decisi di andare a vedere. Il primo era quello di Liam che aveva pubblicato la foto con Danielle, e l'altro era di Nathan, aveva pubblicato una foto e in testa aveva il cappello della Juventus. Davvero bello. E manco a farlo apposta, mi contattò proprio Nathan.


Nathan:
Sera.

Shiver:
Sera.

Nathan:
Che fai? Stai a letto?

Shiver:
Sì, e tu?

Nathan:
Sto lavorando.

Shiver:
Ah sì? E che lavoro fai?

Nathan:
Sono un membro della Protezione Civile.

Shiver:
Wow!

Nathan:
Sì, mi piace!

Shiver:
Immagino.
Senti ti posso fare una domanda?

Nathan:
Sì sì.

Shiver:
Il cappello della Juventus dove l'hai acquistato?

Nathan:
Allora, io l'ho acquistato su Amazon ma se lo sono anche rubato.

Shiver:
Che serva di lezione.
La prossima volta t'impari.
Ti ricordi il prezzo?

Nathan:
Ti dovrei dire una cosa.
Ma ho vergogna.

Shiver:
Dimmi, tranquillo.

Nathan:
Ti manco?

Shiver:
E tu questo mi dovevi dire!?

Nathan:
No no, però rispondi.

Shiver:
Eh.

Mh.
Secondo te?!

Nathan:
Mi vorresti?

Shiver:
In che senso scusa?

Nathan:
Secondo te?!

Shiver:
Dimmelo tu.

Nathan:
Come fidanzato.

Shiver:
Un giorno te lo dirò.


Non arrivò nessuna risposta, ma quanto era antipatico quando faceva così, cosa gli costava nel rispondere. Notai che poi aveva pubblicato un altro stato e andai a vederlo, e decisi anche di rispondere al suo stato.

Stato di Nathan:
Ti penso sempre *con tre cuori*

Shiver:
Devi sempre vedere se lei pensa a te.

Nathan:
Sicuramente.

Shiver:
Devi avere la certezza.

Nathan:
La prima sei tu.

Shiver:
A pensarti?
E poi chi altro?

E non rispose... e vaffanculo!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 -Regalino?- ***


Capitolo 13                                

                                                                                           -Regalino?-


Oggi era il mio giorno libero, finalmente! Avrei potuto fare un bel pò di cose in casa, per esempio pulire e ordinare la stanza di Dybala o magari addirittura potevo fargli il bagnetto perché iniziava a puzzare un bel pò. 


Ma per prima cosa, decisi appunto di pulire la camera del cane e come al solito la trovai in disordine. La sua cuccia era in pessime condizioni ed aveva i suoi giocattoli e peluche sparsi un pò ovunque. Sarebbe stato un lavoraccio anche perché era geloso delle sue cose. 


Iniziai proprio da quelli e buttai quelli più vecchi e rovinati, che lui naturalmente riprendeva con odio dalla pattumiera. Lo fece ben cinque volte e mi sbuffai del suo comportamento e gli lanciai la mia pantofola appresso e lui si vendicò: facendomi pipì al muro.


Era proprio una bestia di Satana quel cane!


«Tanto dopo ti faccio anche il bagno!» Lo informai, maligna. 


Dybala iniziò ad abbagliarmi contro molto forte, non contento della notizia appena ricevuta. Lo ignorai  e continuai a pulire il suo porcile, tanto; non avevo cambiato idea, doveva assolutamente farsi un bagno: puzzava come un cane!


Bè, era un cane... ma lui puzzava come un cane in stato avanzato di decomposizione!


Presi i suoi peluche quelli si erano salvati e li misi in sacco nero, più tardi li avrei lavati in lavatrice. Resettai la stanza da cima a fondo, trovando di tutto e di più. Era così disordinato, sporcaccione e dispettoso... mi ricordava un pò Nathan, ecco perché andavano molto d'accordo loro due!

                                                        

                                   Let it be


Nathan era venuto a trovarmi nel primo pomeriggio, era venuto in bicicletta perché ancora non aveva preso la patente. Era venuto dopo che avevo finito di asciugare Dybala; sì, alla fine ero riuscita a lavarlo: dopo tanti capricci!


Ora addosso aveva un buon odoro ed aveva il pelo più liscio e lucido... solo che era arrabbiato con me. Mi guardava con collera e odio allo stesso tempo, me l'avrebbe fatta pagare cara lo sapevo già. L'ultima volta mi aveva fatto la cacca sul letto. 


«Qualcuno qui ha fatto il bagnetto.» Disse Nathan, accarezzando il cane.
«Sì, era giunto il momento.» Dissi, e Dybala mi abbagliò.
«Ma sta zitto!» Quasi urlai al cane, e lui mi abbagliò ancora.
«Hahah, è arrabbiato con te!» Disse Nathan, ridendo.
«Già, mi toccherà cercare il suo 'regalino'.» Sbuffai.
«Regalino?» Chiese, confuso.
«Sì, lui è un pò come Vincent...  e come te.» Sussurrai l'ultima parte.
«Ahaha, davvero?» Chiese lui, ridendo ancora.
«Hai qualche dubbio?» Inarcai il sopracciglio.
«No ahahah.» E continuò a ridere.


Scossi la testa e andai a stendere i peluche di Dybala fuori al balcone. Quel pomeriggio era bello caldo, così i peluche si sarebbero asciugati prima del tempo. In quel momento venne anche Dybala, con lo sguardo vigile; seguito da Nathan che si guardava attorno curioso. 


«Qualcosa non va?» Chiesi, stendendo un peluche.
«No no, qui è così tranquillo.» Rispose, venendomi vicino.
«Lo so, l'ho scelto apposta questo appartamento.» Confermai.
«Lo spettavo... quasi quasi mi trasferisco qua, a casa tua.» Disse.
«Basta che mi paghi l'affitto.» Dissi, ridendo. 
«Mi fai lo sconto?» Chiesi, stando al gioco.
«No!» Esclamai.
«...» Spalancò solo la bocca ed io risi di gusto. 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 -Lo sapevo già- ***


Capitolo 14              


                                                                                                             -Lo sapevo già-


Era sabato sera, ed io, Liam e Danielle eravamo andati ad Afragola a trovare Louis e suo ragazzo Harry. Ed eccoci lì, a casa di Louis e di sua nonna... c'erano anche Nathan e sua madre ed io cercai di dare poca confidenza a Nathan; per evitare possibili domande da parte di sua madre. 


Per non tenermi come al solito tutto dentro avevo parlato per ore con Danielle al riguardo di questa cosa. Di solito ne parlavo anche con Liam ma in quel periodo era molto impegnato con il lavoro. Fortuna che Danielle era come Liam, mi sapeva consolare e dare ottimi consigli. 


Sì, erano entrambi i miei fidati amici-psicologi. 


«Dopo dove andate di bello?» Ci chiese la nonna di Louis.

«Mhm... forse a Santa Maria.» Risposi pensierosa.

«Con voi viene anche mio figlio Nathan?» Mi chiese la madre di Nathan.

«Se vuole.» Risposi, scrollando le spalle.

«Mi piacerebbe molto.» Rispose Nathan.

«Nessuno ti ha invitato.» Dissi.

«Quindi ti da fastidio?» Chiese Nathan, stranito.

«No, certo che no.» Risposi ovvia.

«Allora vengo!» Esclamò lui.

«Ma non ti ho invitato!» Esclamai a mia volta.

«Insomma! Posso venire o no?!» Quasi urlò Nathan.

«Certo che puoi venire.» Risposi ridendo.

«Aaaaah! Ci voleva tanto?!» Nathan alzò gli occhi al cielo.

«Mhm...» Fece soltanto la madre di Nathan osservandoci. 


Quindi sarebbe venuto anche Nathan con noi, e questa cosa mi fece molto piacere e battere forte il cuore. Era come se volesse passare molto più tempo con me, stare con la mia presenza; con la ragazza che si stava conoscendo in passato. 


Non avevamo avuto il tempo di parlare al fondo di questa cosa e speravo che sarebbe successo il più presto possibile, per varie ragioni. Avevo aspettavo tre anni per dichiarare il mio amore verso di lui, e altri tre anni per rivederlo di nuovo. 


Sapevo già in partenza che tra me e lui non ci sarebbe mai stato nulla di più, se non un bella amicizia. Il che, onestamente, non mi faceva molto piacere a prescindere, ma meglio di niente: meglio non pretendere nulla dalla vita. 


Forse aveva fatto addirittura pace con la sua ex fidanzata: Eleonor, speravo con tutta me stessa che non fosse così... tutte, ma tranne con lei. Non mi aveva neanche accennato più di tanto se avesse conosciuto qualche ragazza a New York.


Ma anche il fatto che sua madre non volesse con me mi preoccupava un pò. E se fosse stato proprio questo che Nathan non si sbilanciasse più di tanto? Se avesse avuto paura di deludere sua madre, se non volesse farle nessun torto?


Ma che ci sarebbe di male in fondo? L'amore non ha limiti, si vive e basta... E poi, che cosa avevo di male? Certo, non avevo nulla di che da offrirgli, e forse avevo anche molti difetti, ma amavo suo figlio incondizionatamente. 


Però, quel suo “mhm” non lo avevo capito a pieno... non sapevo se era un “mhm” come per dire “sì”, o un “mhm” come si avesse risposta da sola ad una sua domanda mentale sentendo la nostra conversazione.


«Alexandra ma tu lo sapevi?» Chiese Laurienne alla madre di Nathan.

«Di cosa?» Chiese lei, confusa.

«Di Shiver e Nathan.» Rispose Laurienne.

«Lo sapevo già.» Disse, senza nessuna espressione in volto.

«Chi te l'ha detto?» Chiese Nathan a sua madre.

«Nessuno, l'ho capito da sola.» Rispose lei, guardandolo negli occhi.

«Ah... okay.» Disse Nathan, con lo sguardo perso. 

«Se posso domandare, come lo avete capito?» Chiese Liam, educato come sempre.

«Bè, per vari motivi. Inanzi tutto sono cresciuti insieme, e quindi era impossibile che non succedesse qualcosa. Ogni volta che chiedevo a Nathan se si fosse fidanzato, Shiver arrossiva peggio di un pomodoro e Nathan le sorrideva complice. E poi no, secondo te, due ragazzi chiusi per ore in una stanza da letto cosa può venire a significare?!» Rispose, rivolgendosi a Liam.

«Che hanno qualcosa da nascondere.» Rispose Liam, riflettendo sulle sue stesse parole. 

«Eh, e logicamente, se sei una persona intelligente le capisci certe cose.» Continuò Alexandra.

«Ma non passavamo ore chiusi in stanza.» Controbattette Nathan.

«Nooooo, entrava alle quattro del pomeriggio per vedere se alle dieci e mezza di sera uscivate.» Rispose a tono sua madre.

«Cosa stai insinuando? E facevamo sesso?» Chiese, acido Nathan.

«Lo stai dicendo tu.» Rispose, fissandolo.

«Non facevamo sesso... parlavamo e basta.» Disse Nathan, aspro.

«Questo lo dici tu, lo può dire lei, e sì, posso dirlo anch'io. Ma nessuno lo sa con certezza, la verità la sapete solo voi due ed io onestamente; non ci metterei la mano sul fuoco.» Disse lei, alterata.

«Però aspettate un momento, questo non vuol dire che avevo dei rapporti sessuali.» Provò a dire Liam.

«Ma secondo te no, un ragazzo e una ragazza in una stanza per ore cosa possono mai fare? Guardarsi in faccia per tutto il cazzo tempo?» Quasi urlò lei, alzandosi dalla sedia.

«Cerchiamo di restare calmi.» Disse Laurienne, mettendo fine alla discussione.


Non capivo quale fosse il problema di Alexandra, la madre di Nathan... davvero non lo capivo. Cioè, per lei era così importante sapere tutto, nei minimi dettagli di quello che facevamo io e Nathan quando stavamo insieme?


Io stessa posso confermare il fatto che tra me e Nathan non era mai successo nulla, che non avevamo mai avuto un rapporto sessuale. Anche se delle volte lui in certi momenti si era eccitato, ma questo era anche abbastanza normale. 


Comunque stiamo parlando di un ragazzo giovane e in piena crisi ormonale, e ammetto che alcune volte stavamo troppi vicini, fin troppo vicini. E capiva questa cosa, ma lui non si era mai permesso di sfiorarmi con un dito. 


Mi ricordo che una volta, mentre stavamo in camera sua a vedere un film mi ero avvicinata a lui e gli avevo soffiato nell'orecchio. Stavamo sempre vicini, e sentii chiaramente che la sua intimità crescere sul mio ginocchio. 


Mi imbarazzai molto quando accadde, lui rise e disse che non c'era nessun problema e di non preoccuparmi di quello che era successo al suo amichetto. Si era anche spostato ed aveva continuato a riderci su. 


Ma, ritornando a noi, mettiamo che fosse successo, che davvero io e lui lo avevamo fatto qual'era il problema?! Dov'era lo sbaglio e che cosa ci stava di male nel avere un rapporto intimo con la persona che si ama?


Come aveva detto anche lei eravamo giovani e i giovani non le fanno certe cose? Non si concedano completamente alle proprie emozioni, sentimenti e voglie? Era un gesto abbastanza naturale e tutti lo facevamo. 


Lei non lo aveva fatto con la buon'anima del padre di Nathan? Non aveva concepito insieme a lui quattro figli? E, non penso che lo aveva fatto soltanto per diventare mamma, no, lo aveva fatto comunque perché lei lo voleva... no?!


Ritornai alla realtà soltanto quando Danielle mi chiese se eravamo pronti per uscire, quindi mi alzai dalla sedia e chiesi a Louis se volesse venire con noi. Lui rispose che non poteva perché doveva uscire con il suo ragazzo. 


«Ragazzi, che dite andiamo?» Chiese Danielle, rompendo il silenzio. 

«Sì.» Esclamammo io, Liam e Nathan all'unisono.

«Volete venire anche voi?» Chiesi, rivolgendomi a Louis e a Harry.

«No, grazie... ho già prenotato il ristorante per noi due.» Mi rispose Harry.

«E volete un passaggio?» Chiesi ancora.

«Ma no tesò tranquilla, Harry ha la macchina.» Mi rispose Harry. 

«Va bene, divertitevi.» Dissi, scrollando le spalle.

«Anche tu.» Mi disse Harry.

«Oh, lo farò.» Sorrisi. 

«Nathan, ti voglio a casa per le undici e mezza, mezzanotte.» Disse Alexandra a suo figlio.

«... va bene.» Sbuffò Nathan.

«Andiamo.» Dissi, leggermente infastidita.


Così, salutammo tutti e uscimmo dall'appartamento di nonna Lourienne, ero leggermente infastidita dal comportamento di Alexandra. Non mi sarei mica mangiata suo figlio, che cosa aveva tanto da preoccuparsi!?


                                                                                           Let it be


Ci mettemmo seduti al gazebo del bar Monello di Santa Maria Capua Vetere e chiamammo la cameriera per ordinare. Il tavolo era composto per quattro persone, Liam e Danielle si sedettero vicini e facemmo lo stesso io e Nathan. 


Arrivò la cameriera e ordinammo la nostra consumazione, io ordinai un caffè corretto al Bayles, Liam un tè al gelsomino, Danielle un ginseng e Nathan una semplice Coca-Cola. Povero sfigato, lui non prendeva il caffè; lo metteva solo nel latte e Liam per questo lo prese in giro. 


«Hahah sfigato!» Rise Liam di Nathan.

«Liam, tu non sei in grado di giudicare visto che ti sei preso un tè.» Dissi, difendendo Nathan.

«Guarda come si difende il suo amore!» Mi prese in giro Danielle.

«Non è il mio amore!» Esclamai, indignata.

«Non mentire, è peccato!» Mi rimproverò Liam.

«Non sto mentendo.» Mi difesi.

«Lo stai facendo ancora.» Disse Danielle.

«Devo cambiare amici, siete diventati noiosi.» Cambiai discorso.

«Ti vogliamo bene anche noi.» Disse Danielle, ridendo. 

«Ehh...» Dissi soltanto.

«Lo vedi che amici ho?» Dissi, rivolgendomi a Nathan.

«Ha ragione Liam, non si mente.» Mi disse Nathan.

«Ma da che parte stai?!» Chiesi, indignata.


Liam e Danielle scoppiarono letteralmente a ridere, facendomi salire un pò di nervoso. Non era divertente, non solo stavo cercando di difendere Nathan e lui mi puntava le spalle... dando ragione al sapientone di Liam. 


Ma pian piano mi sciolsi anch'io e mi misi a ridere, non aveva senso tenere il muso per una sciocchezza del genere... però mi sarei vendicata, in un modo o nell'altro. O forse avrei lasciato del tutto perdere la questione. 


Intorno alla mezza notte li accompagnai tutti a casa, Danielle e Liam vivevamo ormai insieme da un pò, erano andati a convivere. E avevo aiutata io stessa a Danielle a fare le valigie e a sistemare tutto nella sua nuova abitazione.


Poi accompagnai a Nathan ad Afragola e sua madre lo stava aspettando giù al loro rione, con le braccia incrociate. Nathan mi salutò e scese dalla macchina, andando da sua madre e quest'ultima mi guardò in un modo strano. 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 -Che ci fai tu qui?- ***


Capitolo 15       

                                                                                                            -Che ci fai tu qui?-


Chat WhatsApp tra Nathan e Shiver


Nathan:
We, già dormi?

Me:
Ancora no.

Nathan:
Come mai?

Me:
Non ho ancora sonno.

Nathan:
Credo di sapere la causa.

Me:
Ma davvero?

Nathan:
Sì. 

Me:
Illuminami allora.

Nathan:
Mi pensi troppo.

Me:
Ma sparati va!

Nathan:
Sono giovane per morire!

Me:
Hai quasi 26 anni.

Nathan:
Che vorresti dire? Che sono vecchio?

Me:
Sì hahaha.

Nathan:
Ehiiiiiiii... ho tutta una vita davanti a me.

Me:
Una vita di merda.

Nathan:
Dettagli hahaha.

Me:
Domani che fai?

Nathan:
Niente, perché?

Me:
Puoi venire a casa mia?

Nathan:
Va bene.

Me:
Okay, a domani... buonanotte.


Aspettai una risposta da parte di Nathan, e quando essa arrivò dopo ben quindici minuti staccai la connessione dati e misi il cellulare in carica. Mi chiesi seriamente con chi stesse chattando visto che avevo aspettato per tanto una sua risposta.


Eppure era Online e poco prima subito visualizzava e rispondeva ai miei messaggi, forse stava pubblicando qualche stato, ma no... non c'erano di nuovi. Decisi di non pensarci oltre, sennò mi sarebbero venuti in testa mille e più complessi.


Mi misi a letto, chiusi i miei occhietti nel tentativo di prendere finalmente sonno. Ma indovinate? Non riuscivo a dormire neanche quella notte, avevo troppi pensieri per la testa che non mi davano alcuna tregua.


... Non mi davano pace ...


Neanche nei sogni riuscivo a stare tranquilla. 

                                                                                         Let it be


Mi svegliai abbastanza presto quella mattina e decisi di fare compere al negozio Primigi. Me l'ero sognato in realtà, avevo sognato che stavo acquistando di pigiamini dal colore giallo canarino... naturalmente; nella vita reale non avrei comprato nulla dal quel colore. 


Ovviamente li avrei acquistato per il mio piccolo Antony, il figlio di Annabelle e Max... mio nipote insomma. Anche Valery era incinta di pochi mesi, ma ancora non si capiva il sesso del feto perché esso era girato, ma lei voleva tanto una bambina. 


Comunque, per lei c'era ancora tempo per fare qualche regalo, per ora mi sarei accontentata di farli a Anthony. Mi lavai velocemente, mi vestii, presi le chiavi di casa e dalla macchina e decisi di portare anche Dybala con me.


Poverino, lo tenevo sempre in casa come un cane.


Ma cosa... giochi di parole, ignoratemi. 


Fortuna che la domenica mattina i negozi erano aperti metà giornata trovando anche quello della Primigi che aveva applicato delle belle offerte. Molta della merce era in saldo, fortuna che avevo deciso di farci un giretto sennò mi sarei persa molte offerte. 


Chiesi alla commessa se potesse entrare anche il mio cane, e quando esse mi diede una risposta affermativa io e Dybala entrammo in negozio. E Dybala attirò molta attenzione su di se sui bambini che erano molto contenti di poterlo accarezzarlo un pochino. 


E quello stronzo fu anche molto contento di ricevere attenzioni da più persone, sopratutto se riguardavano i bambini. Era un cane molto affettuoso... tranne che con me, ma non riuscivo ad essere gelosa, dopotutto stava facendo una bella azione. 


«Che ci fai tu qui?» Mi chiese Alexandra quando entrai in negozio.


Non l'avevo vista proprio.


«Oh, sono venuta a prendere qualche regalino per il figlio di Annabelle.» Le risposi.
«Perché, Annabelle ha avuto un bambino?» Mi chiese lei, stupita.
«Sì, Anthony.» Risposi sorridendo.
«E Valery?» Chiese ancora.
«E' incinta di quattro mesi.» Risposi, con educazione.
«E tu?» Chiese, con interesse.
«Io cosa?» Chiesi confusa.
«Hai dei figli?» Chiese, seria.
«No.» Risposi, semplicemente.
«Capito.» Disse vaga.
«Buona giornata!» Esclamai, guardando i vestitini. 

Acquistai per Anthony tre pigiamini e due magliettine carine. Il primo pigiamino era verde pastello con un orsacchiotto marrone al centro, il secondo era celeste con i razzi spaziali bianchi; l'ultimo era più carino. Era completamente bianco con le faccine sopra... adorabile. 


Le magliettine erano semplici, una blu e una rossa, nulla di che ma meglio di niente; ed erano anche gli unici colori disponibili al momento. Cioè, stavano sistemando i nuovi arrivi, onestamente non mi andava neanche di aspettare oltre. 


Così, presi tutta la merce e andai alla cassa per pagare, e lì c'era anche Alexandra che aveva acquistato un pigiamino felpato rosa. Non sapevo per chi fosse, forse uno dei suoi figli era diventato di nuovo genitore. 


«Shiver?» Mi chiamò Alexandra.
«Sì?» Chiesi, voltandomi verso di lei.
«Stai con la macchina?» Mi chiese di rimando.
«Ovviamente.» Risposi soltanto.
«Non è che potresti darmi un passaggio?» Mi chiese ancora.
«Sì, certo.» Risposi, sorridendo. 


Durante tutto il tragitto, Alexandra non aveva spiccicato neanche una parola, ma sentivo in me che mi volesse dire qualcosa. Certe cose le senti, riesci a percepirle, ma comunque non mi aveva detto, forse non aveva il coraggio. 


Vabbè, comunque, quando arrivai a casa mia, dopo aver accompagnato Alexandra ad Afragola Dybala si era letteralmente buttato sul divano. Lo lasciai lì e nel mentre portai in camera i miei acquisti. 


Li misi al sicuro nell'armadio, sarei andata a casa di Annabelle quella stessa sera era da tanto che non le facevo visita. Un pò per troppi gli impegni che avevo e un pò perché a volte non mi andava neanche di alzarmi dal letto. 


Andai in cucina e mi preparai un pò di pasta al pomodoro che dovetti condividere con Dybala, era un mangione insaziabile. Dopo lavai ciò che avevo sporcato e mi misi sul divano ad aspettare l'arrivo di Nathan.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 -Mi devo arrendere?- ***


Capitolo 16                            

                                                                                               -Mi devo arrendere?-


Nathan arrivò a casa mia verso le quattro e mezza del pomeriggio lamentandosi subito del fatto che stufo di pedalare in bicicletta. Era anche tutto sudato e affannato, manco avesse corso chilometri e chilometri


Gli consigliai allora di prendere la patente di giuda, ma lui mi rispose che non aveva assolutamente voglia di farlo. Scossi la testa e decisi di non rispondergli e di non dare il mio punto di vista negativo, la sua pigrizia batteva quella di Dybala. 


Però, che gli chiesi se si volesse dare una rinfrescata, e lui accettò dicendo che puzzava come un cammello nel fango. Gli prestai una maglietta semplice nera di due taglie più grandi di me, che avevo acquistato per un mio capriccio personale. 


Non potei dargli nulla a parte la maglia, non avevo jeans o pantaloni della sua taglia, e tanto meno avevo l'intimo per lui. Però in compenso gli potei prestai un paio di calzini bianche (le avevo acquistato per mio padre, che lui dimenticava sempre si prendersi). 


Quindi, andò a farsi una lavata veloce,mi raccomandai di dirgli di mettere i vestiti sporchi direttamente in lavatrice e nel mentre pensai alle domande da fargli per primo. Non sapevo se dovevo partire leggera o andare direttamente al punto della questione. 


Sicuramente volevo chiedergli se avevo qualche speranza con lui, e se si sentisse ancora con la sua ex ragazza Eleonor. Avevo bisogno di saperlo, non volevo continuare ad illudermi in un niente, volevo anche andare avanti, ma volevo anche una sua risposta. 


Comunque, dopo dieci minuti Nathan ritornò da me, tutto lavato, asciugato e profumato e subito di mise a giocare con Dybala. Aveva delle doti con i bambini e con gli animali lui, subito si faceva voler bene perché aveva il cuore puro. 


«Comunque, mi piace il tuo bagno: è così luminoso e pulito.» Disse Nathan, giocando con Dybala.
«Hahaha me lo dicono tutti.» Confermai, ridendo.
«Quindi, fai venire spesso gente a casa tua?» Mi chiese lui, curioso.
«Solo chi ha importanza per me. Viene la mia famiglia, alcune delle mie colleghe, Liam e Danielle e Louis con sua nonna.» Risposi, onestamente.
«Interessante... e quindi loro apprezzano il tuo bagno.» Disse, leggermente divertito.
«Il bagno, il balcone e il corridoio.» Elencai.
«Bè, la mia opinione vale di più.»
«Mhm... vorrà dire che nel mio testamento dirò di lasciarti in mano tua la mia casa.» Lo presi in giro.
«Ci sto!» Esclamò.
«Bene, domani aggiornerò il mio testamento allora.» Risi.
«Allora Shiver, perché mi hai fatto venire qui?» Chiese, cambiando discorso.
«Credevo che ti facesse piacere la mia compagnia.» Risposi, divertita.
«Ovviamente... ma so che c'è qualcosa sotto.» Disse, sospettoso.
«Hai ragione.» Confermai.
«Dunque, di cosa si tratta?» Mi chiese Nathan.
«Volevo farti qualche domanda.» Risposi, facendomi seria.


Nathan mi fissò per niente stupito o sorpreso di ciò che avevo appena pronunciato, era come se già sapesse qualcosa al riguardo. Come se sapesse che stavo per fargli delle determinate domande, quelle domande che volevo tanto fargli da tempo ormai. 


Si sollevò da terra e si andò a sedere comodamente sul divano, Dybala lo seguì a ruota mettendosi proprio sulle sue gambe lunghe; facendosi coccolare ancora. Non c'erano dubbi, Dybala si era perdutamente innamorato di Nathan.


E non era l'unico.


Li guardai entrambi con amore, perché li amavo e lo avrei per sempre fatto, su questo non c'era alcun dubbio. Li amavo entrambi sì, ma li amavo in modo diverso fra loro, come giusto che sia del resto... ma li amavo comunque. 


Amavo Dybala perché era il mio piccolo cucciolo, era come un figlio per me, e infondo lo era: lo avevo accudito da quando era proprio cucciolo. E sapevo io cosa avevo dovuto passare per le sue visite perché quando era più piccolo aveva avuto dei problemi. 


Nathan era tutt'altra storia invece, lo amavo alla follia, più di me stessa! Volevo che fosse lui mio marito, volevo che fosse lui il padre dei miei figli (qualora che li avessimo avuti). Volevo che fosse lui l'uomo di casa.


Volevo che fosse lui l'unico uomo che avrei amato per tutta la vita, volevo invecchiare con lui, e ripensare ai ricordi insieme. Sfogliare un album di fotografia seduti in veranda in pomeriggio con nostro nipote in braccio.


Mi quanti film mentali mi stavo facendo?


«Non ti perdere nei tuoi pensieri.» Disse Nathan, riportandomi alla realtà.
«Scusami, ti posso offrire una Coca-Cola?» Chiesi.
«E come minimo... a cosa stavi pensando?» Mi chiese Nathan.
«Nulla di che.» Risposi, mentendo.
«Seh... e il niente ti fa sorridere come una sciocca?» Chiese, perplesso.
«Bè...» Non sapevo cosa dirgli.
«AH! STAVI PENSANDO A ME!» Urlò, ridendo poi.
«No, non è vero!» Esclamai.
«Ti sei fatta un pò bugiarda eh?» Chiese, derisorio.
«Parli proprio tu?!» Chiesi di rimando.
«Non solo sei bugiarda, ma anche stronza.» Disse.
«Me l'hai insegnato tu...» Sussurrai.
«... Cosa volevi domandarmi?» Cambiò discorso.
«Hai più sentito Eleonor?» Chiesi, porgendogli una lattina di Coca-Cola.
«Chi è Eleonor?» Chiese, confuso.


Forse sì, ero diventata stronza... ma lui si era proprio rincoglionito!


«La tua ex ragazza.» Risposi, sospirando.
«Ah, vero ahaha... no Shiver, non l'ho più sentita.» Mi rispose, bevendo poi la Coca-Cola.


Ma quanto era stupido quel ragazzo, con gli anni si era fatto più negligente e temevo un pò per lui per questa cosa. Certo, anche quando un adolescente era un tantino sciocco, ma non fino a questo punto... stava sempre sulle nuvole.


Come aveva fatto a dimenticarsi della sua ex ragazza? Poi mi spiegò che da quel giorno in cui l'aveva bloccata davanti a me, non aveva più voluto sentir notizie di lei. Dicendo che apparteneva al passato, e del passato non voleva saperne niente. 


Il mio cuore fu letteralmente contento della stupenda notizia e così sorrisi al settimo cielo. Come avrete sicuramente capito, Eleonor non mi era mai piaciuto, non solo perché si aveva preso il mio Nathan, ma anche perché lui non merita quel genere di persona nella vita.


Poi il mio sorriso si trasformò in una smorfia di dolore... anch'io appartenevo al passato? Perché appunto nel passato c'era stato qualcosa tra me e Nathan, quindi non era d escludere che io fossi solo una parentesi. 


Ma era impossibile la cosa... perché poi lo stesso Nathan mi aveva cercato tramite un numero sconosciuto. Quindi, non ero del passato, o meglio non dovevo essere messa da parte... o forse lo stava facendo solo per pietà?!


No, non lo stava facendo per pietà, perché comunque stava venendo a casa mia, mi scriveva, mi faceva compagnia; passava delle ore con me. Sorrideva in mia presenza, quindi avevo ancora qualche possibilità con lui. 


Ritornai a sorridere di nuovo.


«Che hai da sorridere tanto?» Mi chiese, curioso.
«Dai, che lo sai perfettamente.» Risposi, dandogli un pugno sulla spalla.
«Ahahah, scema.» Disse, scoppiando a ridere.
«Sono scema perché ti corro ancora appresso.» Sussurrai.
«Che cosa?» Chiese, confuso.
«Nathan, mi devo arrendere?» Gli chiesi, più seria che mai.
«Non ho mai detto di arrenderti.» Mi rispose lui, sorridendo.


Sarò sincera, non riuscii a comprendere del tutto la sua risposta, voleva che mi arrendessi o no? Perché la sua risposta non dava appunto una risposta vera e proprio, per me era come se stesse lasciando qualcosa a metà.


Il modo in cui lo aveva detto però, mi fece supporre che non voleva che io gettassi del tutto la spugna, o di mettermi una volta per tutte il cuore in pace e di lasciarlo stare. Cioè, che mi facessi da parte in modo tale che lui si facesse una vita senza di me. 


Di rassegnarmi una volta per tutte... per sempre.


O forse aveva fatto intendere fra le righe che avessi una piccolissima possibilità con lui, bah, davvero non lo sapevo. Solo il tempo, la pazienza e la mia forza di volontà, mi avrebbe dato finalmente le risposta giuste che stavo aspettando.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 -Ooh, questo non è vero!- ***


Capitolo 17                       

                                                                                                    -Ooh, questo non è vero!-



Quello stesso giorno ero andata a trovare mia sorella Annabelle, lei, suo marito e suo figlio abitavano da un pò a Caivano. Max aveva trovato un ottimo impiego lì e non si aveva fatto scappare un'opportunità del genere. 


Nathan era voluto venire per forza con me a trovare mia sorella, voleva vedere da vicino il piccolo Anthony, perché lui lo aveva visto solo tramite foto Facebook che mia sorella pubblicava quando aveva un pò di tempo.


Lo avevo avvisato però che Anthony era a come lo prendevi; poteva essere ribelle ma docile allo stesso tempo. Nathan con vanità disse che lui era espertissimo di bambini ribelli, e che sapeva come gestirli... seh certo. 


Poi lo informai che anche mia sorella minore Valery fosse in dolce attesa, Nathan spalancò sia la bocca che gli occhi letteralmente sorpreso. Del resto mia sorella Valery era un tipo a cui piaceva molto divertirsi ed era normale che prima o poi succedesse una cosa del genere. 


Non potei far a meno di ridere dalla sua espressione buffa... era troppo comico quando faceva quelle smorfie! Quel vizietto non se l'era tolto, e questo mi sorprese un pò, si dice che quando uno cresce cambia... ma lui no!


Con noi venne anche Dybala.


«Valery ora quanti anni ha?» Mi chiese Nathan, fissandomi.
«Venti.» Risposi, mentre guidavo.
«Aspetta un maschietto o una femminuccia?» Continuò a chiedere.
«Non si sa ancora, ma lei vuole una bambina.» Risposi sorridendo. 
«Scusa se lo chiedo, si sa chi è il padre?» Chiese ancora.
«Hahaha sì, è il suo ragazzo: ha messo la testa apposto.» Risposi ridendo.
«Sì è sistemata o sta a casa dei tuoi?» Aprì il finestrino.
«Stanno cercando casa nei pressi di Acerra, per ora abitano entrambi a casa del suo ragazzo.» Accesi una sigaretta.
«Basta che lui sia serio.» Disse lui.
«Sì sì, è un bravo ragazzo, e stai zitto sta bene a soldi.» Dissi, facendomi un tiro di sigaretta.
«Beato a lui.» Disse lui.
«Hai capito eh?» Iniziammo a ridere.


                                                                                           Let it be


Non appena entrambi (io e Nathan e il cane) entrammo in casa di mia sorella Annabelle, quest'ultima non appena vide Nathan lo prese letteralmente a mazzate. Del resto loro due avevano sempre avuto questo tipo di rapporto, e Nathan le buscava sempre.


Annabelle sapeva quello che mi aveva fatto passare Nathan in quei tre lunghi anni e anche molto prima. Ogni tanto mi confidavo con lei quando ancora non conoscevo Danielle o Liam, anche se spesso non c'era a casa per via della sua relazione. 


Ora, quando poteva veniva a casa mia per non farmi sentire sola, ma non pretendevo nulla da lei, e come potevo farlo? Naturalmente ora aveva una famiglia, un figlio da crescere, una casa da pulire e un marito da prestare attenzioni. 


Comunque, nel mentre Nathan cercava di pararsi il più possibile; dicendo frequentemente queste testuali parole: “oh a scema, oh oooh.”. Mia sorella non dava alcun peso alle parole di Nathan e continuò a pestarlo. 


Sia io che Max, mio cognato, li guardammo tra il divertimento e l'esasperazione, come vi ho detto anche prima; prima che succedesse tutto questo casino: tendevamo spesso a prendersi a botte. Tanto quello sfigato di Nathan si faceva fare di tutto. 


«Basta dai, ti voglio bene io.» Esclamò Nathan, esausto.
«Sei uno stronzo, ti puzzano i piedi, lavati-» La interruppe Nathan.
«Oooh, questo non è vero.» Si difese Nathan.
«Sei un frocio!» Quasi urlò mia sorella.
«Portami tua sorella.» Disse Nathan, indignato.
«Non si può, una è incinta e l'altra e rincoglionita.» Rispose a tono Annabelle.
«Oh, toglietemi da mezzo.» Mi intromisi.
«Ma cosa ti ha fatto innamorare di lui io non lo so. E' pure brutto!» Disse mia sorella, alterata.
«Ehi! Non sono brutto.» Sbuffò Nathan.
«Nathan, se ti guardo in viso mi viene lo stimolo di andare al bagno.» Lo informò mia sorella.
«Ma non ti voglio neanche rispondere.» Nathan alzò gli occhi al cielo.
«Ma Anthony?» Chiesi curiosa.
«Zitta, stai zitta! Sta dormendo, lasciaci in tranquillità.» Disse Annabelle, esasperata.
«Azz, fino a poco fa stavi facendo un chiasso della Madonna!» Esclamò Nathan.
«Mo si questo non si sta un attimo zitto gli do una padellata in fronte che lo mando direttamente al pronto soccorso per un trauma cranico.» Disse mia sorella sadica.
«...» Nathan la guardò male.


Mi imbronciai leggermente, ma non per la discussione tra Nathan e mia sorella; no, non per quello: volevo tanto abbracciare il mio piccolo nipotino. Erano un paio di settimane che non lo vedevo e mi sentivo una zia ingrata. 


Poi mi ricordai dei vestitino che avevo comprato apposta e porsi la busta a mia sorella Annabelle. Si era allontanata da Nathan ma ogni tanto lo guardava di traverso, in maniera sadica. Sicuramente in giornata avrebbero litigato di nuovo. 


Comunque, mi chiese cosa contenesse la busta e le risposi che fossero dei vestiti per il piccolo Anthony e lei decise di dare un occhiata. Dybala si era messo comodamente sulla poltrona di Max, manco fosse a casa sua.


Nel mentre, il piccolo Anthony si era svegliato chiamando la mamma, non appena lo vedi corsi da lui e lo presi in braccio dandogli molti bacini e bacetti. Lui urlò un semplice “zia!” e si lasciò coccolare dandomi anche lui qualche bacino sparso.


Era uguale a mia sorella, la stessa espressione, lo stesso nasino, bocca e occhietti... tutti uguali a lei. Era anche un pò più pesantuccio e si era allungato di qualche centimetro ed era sempre più bello ogni giorno. 


Era bello avere un nipotino nella vita, e lui era perfetto così com'era... non avrei cambiato nulla in lui. Vederlo cresciuto mi fece una strana sensazione nel petto... era il mio istinto da madre, anch'io volevo una bambino. 


Ma ahimè! Ero ancora single...


Puttana ladra...


Nathan si mise in mezzo, prendendo senza tante cerimonie il piccolo Anthony tra le sue enormi braccia. Anthony sembrò anche contento visto che gli sorrise in modo tenerissimo da farti venire il diabete. 


Anche Nathan amava alla follia i bambini, quando era più giovane aveva fatto anche parte del Volontariato del Punto Cuore. Diceva che si trovava meglio con i bambini che con gli adulti, perché i bambini hanno il cuore pure e senza malignità. 


Ed aveva anche ragione su questo. 


«Si è fatto grande.» Dissi a mia sorella.
«Sì, anche il tuo cane.» Mi rispose, ed entrambe guardammo Dybala che si stava grattando dietro l'orecchio.
«Ma quanto sei bello!» Esclamò Nathan, baciando Anthony.


Dybala lo abbagliò geloso.


«Non essere geloso, il mio cuore è abbastanza grandi per entrambi.» Lo rimproverò Nathan, andando vicino a lui. 
«Che stronzo di cane.» Dissi, alzando gli occhi al cielo.
«Ragazzi mangiate qua?» Ci chiese Max.
«Sì.» Rispondemmo io e Nathan all'unisono.
«Che mi fai mangiare di buono Annabelle?» Le chiese Nathan.
«I funghi.» Rispose lei, maligna.

Ahaha, Nathan odiava i funghi, non gli piacevano proprio... e neanche a me onestamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 -Ci penserò- ***


Capitolo 18                            

                                                                                               -Ci penserò.-


Alla fine mia sorella decise di cucinare la pasta e patate e non più i funghi, la ragione fu anche perché neanche a me non piacevano i funghi. Mia sorella disse che Nathan aveva avuto una botta di culo per questo, Nathan di tutta risposta le fece la linguaccia. 


Per fare quella smorfia si meritò in pieno viso uno straccio umido e leggermente puzzolente, se lo tolse dal viso e lo lanciò addosso a mia sorella. Sbagliò mira e centro in pieno il mobile e mia sorella gli rise in faccia urlandogli “ha-ha, perdente!”.


Comunque aiutai mia sorella nell'apparecchiare la tavola, mentre poi Nathan, il piccolo Anthony e Max iniziarono a giocare con le macchinine. Un tempo quelle macchinine erano mie, da piccola mi piaceva collezionarle. 


Dybala si era messo vicino a Nathan, si era affezionato molto a lui, un pochino ero gelosa di questa cosa, devo essere onesta. Dybala con me non lo faceva quasi mai, e forse delle volte mi odiava anche... forse dipendeva anche dal faccio che non ero spesso a casa. 


Comunque, raccontai sotto voce tutti gli avvenimenti accaduti in quel periodo a mia sorella. Lei ascoltava ogni singola mia parola senza mai interrompermi, e questo fu anche un bene... odiavo quando venivo interrotta quando parlavo. 


Lei mi disse, proprio come Danielle di fare chiaramente il primo passo. Non è che non volessi farlo, al contrario, ma... volevo in certo senso che lo facesse Nathan. Che sicuramente non avrebbe mai fatto, lo sapevo per certa.


«Pensi veramente che lo farà lui?» Mi chiese Annabelle.
«Onestamente? No.» Risposi, abbattuta.
«Allora fallo tu!» Mi consigliò lei, per la seconda volta.
«E se lui mi rifiutasse?» Chiesi, acida.
«Avrai rischiato in qualcosa che desideri.» Rispose, confusa.
«... Ci penserò.» Risposi, pensierosa. 
«Se vuoi glielo chiedo io.» Mi disse poi.
«No, ma sei pazza?!» Dissi, leggermente infastidita.
«Va beneeee... era solo un idea.» Mi disse, controllando la pasta.
«...» Sospirai.


Quando la cena fu finalmente pronta io e mia sorella Annabelle servimmo i piatti belli fumanti a tavola. Mia sorella non servì a Nathan, dicendo che poteva fare benissimo la fame, così ridendo lo servii io. 


Il piccolo Anthony fece dei bei pasticci incredibili con il suo cibo, aveva quel vizio di ogni bambino: mangiava con le manine; sporcandosi un pò ovunque. Ma vabbè, appunto era ancora un bambino e no capiva bene molte cose.


Nathan non la pensava come me o voleva fare come al suo solito il professore del momento. Prese un cucchiaio e lo mise tra le mani del piccolo Anthony, dicendogli che ormai era grande e che doveva usare le posate non le ditina.


Anthony, disgraziato come no mai, non la pensava minimamente come Nathan. Anthony lo guardò male, urlò fortissimo e prese un pò di pasta con le mani e la gettò dritta-dritta in faccia a Nathan: come per vendicarsi. 


Inutile dire che dopo neanche cinque secondi ci mettemmo a ridere a crepapelle, tranne Nathan che era rimasto al di poco sconvolto per ciò che era appena successo. E per quello ci mettemmo ancor di più a ridere perché di certo lui non si aspettava una cosa del genere. 


Di nascosto avevo preso il mio cellulare e gli avevo scattato una fotografia mentre aveva ancora il viso tutto sporco e l'avevo pubblicata come stato WhatsApp. Sicuramente più tardi Nathan l'avrebbe vista e mi avrebbe chiesto di toglierla. 


Comunque Nathan prese dei fazzoletti pulendosi al meglio il viso, non disse nulla al piccolo Anthony, restò in completo silenzio. Non disse una singola parola, forse non ne aveva da spendere... forse era rimasto senza esse. 


«Bello amore di zia!» Esclamai, baciando Anthony.
«Tu me lo avevi detto che era come Vincent.» Disse alla fine Nathan.
«Chi è Vincent?» Chiese Annabelle.
«E' il mio cuginetto.» Le rispose Nathan.
«E' un bambino dispettoso.» Dissi, ridendo.
«Ma serio!» Mi disse Nathan, concordando con le mie parole.
«Domani vengo a casa tua: voglio vederlo!» Lo informai.
«Non c'è problema.» Disse Nathan, scrollando le spalle. 


                                                                                           Let it be


Dopo aver accompagnato Nathan a casa sua, mi diressi nella mia umile parola e subito mi feci una bella doccia calda. Misi il pigiama e diedi altro cibo a Dybala perché aveva ancora fame, poi mi misi a letto al calduccio. 


Aprii poco dopo WhatsApp e notai che Nathan aveva risposta al mio stato Whatsapp. 


Chat WhatsApp tra Nathan e Shiver


Nathan:
Togli subito quella foto!!!!!!!

Me:
Buonasera eh.

Nathan:
Buonasera, togli la foto, grazie.

Me:
Nooooo.

Nathan:
Ma perché?!

Me:
Sei troppo carino.

Nathan:
Ahahaha.

Me:
Perché ridi?

Nathan:
Sei scema.

Me:
Grazie eh.

Nathan:
Prego... ti posso fare una domanda?

Me:
Dimmi pure.

Nathan:
Mi ami ancora?

Me:
Sì Nathan.

Nathan:
Tesò ne parliamo domani, va a dormire: buonanotte. 

Me:
Notte, sogni d'oro. 


Il mio cuore batté forte nel petto nel leggere quel semplicissimo “tesò”, era da tanto che non i chiamava così; ed era sempre un emozione incredibile. Mi venne da sorridere e da urlare, mi misi solo a saltare sul letto e a cantare canzoni a caso. 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 -Ne vado fiero- ***


Capitolo 19                            

                                                                                               -Ne vado fiero.-


Aspettai che si facessero le nove e mezza del mattino dopo, e quando quest'ora arrivò mi feci una doccia veloce e mi preparai per andare a casa di Nathan. Glielo avevo promesso, e poi dico la verità, volevo vedere le marachelle di Vincent. 


Non avrei portato Dybala con me, non avevo avuto il consegno dopotutto; così lo portai prima a casa di Liam e Danielle; per loro c'erano problemi. Del resto a Liam piacevano molto i cani, aveva fatto anche del volontariato al Canile. 


Arrivai a casa di Nathan alle dieci e venti, mi venne ad aprire Lucy: la zia di Nathan, non appena mi vide mi abbracciò forte facendomi anche molti complimenti. Mi disse che mi ero fatta una bella donna e che stavo bene con i capelli lunghi e rossi. 


Mi offrì un caffè che subito accettai volentieri, mi sedetti sulla sedia e chiesi di Nathan, Lucy mi rispose che stava ancora dormendo. Fracido che non era altro, dormiva sempre, era un pigrone, cosa faceva nella vita? Dormiva. 


In quel momento si sentì un urlo abbastanza indignato, in cucina arrivò Vincent (lo avevo riconosciuto), seguito da una pantofola lanciata. Vincent riuscì a schivarla in tempo, e la pantofola cadde a terra sconfitta, guardai la scena confusa. 


«Non mi hai preso, babbeo!» Esclamò Vincent, facendo una sonora linguaccia. 
«Aspetta un secondo.» Urlò Nathan, minaccioso. 


Pochi attimi dopo arrivò in cucina un Nathan furioso pronto nel fare una strage colossale, come se stesse per fare la terza guerra mondiale. Aveva il cavallo dei pantaloni, bè del pigiama bagnato d'acqua: come se si fosse fatto la pipì addosso. 


Era uno scherzo abbastanza conosciuto sì, lo faceva un pò chiunque nel mondo; era come un eredità per i bambini, adolescenti e ovviamente anche per i più grandi: ma comunque lo stesso mi scappò una leggera risata. 


Nathan iniziò a rincorrere il piccolo Vincent per tutta la cucina, facendo anche più volte il giro del tavolo come una maratona. Vincent rideva di gusto, agile e ribelli, Nathan gli ordinava di fermarsi ma nulla. Poi Nathan (come sempre) inciampò nei suoi stessi passi trovandosi a carpioni a terra. 


«Ti prego rifallo!» Esclamai ridendo.
«Vaffanculo.» Sussurrò rialzandosi.
«Mi fanno male le ginocchia.» Disse Vincent, prendendolo in giro. 
«Tu hai le corna!» Esclamò Nathan.
«Il mio piccolo campione.» Disse Lucy, fiera di suo figlio.
«Campione...» Disse Nathan, guardandola male.
«Sì campione, qual'è il tuo problema?!» Disse Vincent, indignato. 


Nathan non lo calcolò minimamente, prese una tazza dal mobile versandoci dentro il latte mettendola poi nel microonde, per poi sedersi sulla sedia, eravamo faccia a faccia. Mi guardò ed io risi divertita dalla situazione. 


Nel mentre il piccolo Vincent si prese un bicchiere d'acqua, facendo sicuramente qualche dispetto a Nathan perché si guardava attorno. O almeno così credevo boh, comunque decisi di non dire nulla al riguardo per non rovinarmi la scena ahah. 


Comunque Nathan si alzò dalla sedia nel momento in cui il microonde lanciò il tipico suono che era scaduto il tempo. Vi mise nel latte ben sei cucchiaini di zucchero, lo mescolò per bene e si venne a sedere di nuovo. Prese una sorsata di latte, lo sputò di buono e gli scappò qualche conato di vomito.


«E' buono?» Chiese Vincent, innocentemente.
«Ma cosa ti ho fatto di male?» Chiese Nathan, esasperato.
«Esisti.» Rispose Vincent, sorridendo.
«Ma che lingua lunga.» Dissi a Lucy.
«Questo non è niente.» Mi fece sapere lei.
«Ne vado fiero.» Mi disse Vincent.
«Sì?» Chiesi, dolcemente. 
«Sì, lo sai che sei bellissima?» Mi chiese Vincent, facendo gli occhi dolci.
«Aww, sei dolcissimo.» Dissi, dandogli qualche bacino.
«Seh...»  Sbuffò Nathan.
«Stai zitto! Che sono un campione dolcissimo.» Disse Vincent.
«Credici.» Sussurrò Nathan.
«Come ti chiami?» Mi domandò Vincent.
«Shiver.» Risposi.
«Un bel nome per una bella principessa come te.» Disse Vincent, facendomi l'occhiolino.
«Ma senti un pò a sto fetente!» Esclamò Nathan.
«Stai ancora parlando?!» Urlò Vincent. 


Io e Lucy ci guardammo negli occhi, scoppiammo a ridere mentre Nathan e Vincent continuavano a litigare. Presi Vincent in braccio, facendogli molte coccole, lui sorrise vittorioso, facendo la linguaccia al povero Nathan. 

                                            
                                               Let it be


Lucy mi invitò a restare a pranzo, accettai per tre singole ragioni: la prima era perché c'era Nathan, la seconda perché Lucy era di ottima compagnia e la terza era ovvia no? Volevo vedere cosa avrebbe combinato Vincent a Nathan. 


Quel bambino era proprio una peste, anch'io quando ero una bambina facevo molto dispetti, non so quante volte mia madre mi abbia picchiato per questo. Mio padre no, non mi aveva mai dato uno schiaffo, ne a me ne alle mie sorelle. 


Lucy non volle farsi aiutare in cucina, dicendo che ero un ospite e da tale dovevo stare seduta sulla sedia. Non ero affatto d'accordo con lei, e quando provai a esporre il mio parere lei mi disse chiaro e tondo di restare in silenzio.  


Nel mentre Nathan si era andato a fare una doccia, perché Vincent gli aveva detto in modo poco carino che puzzava peggio di una capra. Ovviamente non puzzava come una capra, però era sudato ma questo non era fastidioso. 


Poi poco dopo, arrivarono anche Andrew, il marito di Lucy e il loro primo figlio: Albert. Alexandra non c'era, era andata a casa di qualche sua amica. Sospettavo che avesse fatto così perché non voleva vedermi: ne ero convintissima.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 -So gestirli- ***


Capitolo 20                                   

                                                                                        -So gestirli.-


Vincent aveva letteralmente insistito per sedersi vicino a me, dico davvero; non sto esagerando. Quando voleva qualcosa faceva di tutto per ottenerlo: aveva persino litigato con Nathan per questo. Inutile dire che alla fine Vincent aveva vinto guardando Nathan con l'aria vittoriosa. 


Sicuramente per Nathan sarà stato il pranzo peggiore della sua vita: di sempre oserei dire: e lo si capiva anche dalla sua espressione esasperata. Nathan spesso piagnucolava, imprecava e alzava spesso gli occhi al cielo. 


Vincent lo stava riempiendo di dispetti a non finire, ne faceva uno dietro l'altro come se nulla fosse. Il bello che li faceva con una certa soddisfazione, si sentiva così fiero di ciò che faceva. Povero Nathan che li subiva. 


Uno dei dispetti era un classico dei classici ovvero: quando Nathan stava per bere dal bicchiere un pò di Coco-Cola, Vincent gli aveva messo giunto in tempo una caramella a menta nella bocca di Nathan. Per poco non si strozzava per via di tutta quella schiuma!


«Ce l'ha a morte con te!» Esclamai, tra una risata all'altra.
«Vorrei tanto sapere il perché.» Concordò Nathan, tossendo e pulendosi.
«Non è che gli hai fatto qualcosa?» Chiesi, guardandolo.
«Assolutamente no.» Rispose, convinto. 
«E' strano... vabbè, chissenefrega.» Scrollai le spalle.
«Come “chissenefrega”?!» Chiese Nathan, indignato.


Mi misi a ridere di gusto guardando la sua espressione indignata, per on parlare della faccia buffa che aveva fatto. Era un mix tra una rana, cammello e scimmia allo stesso tempo, vabbè, forse adesso sto esagerando: ma ehi, la fantasia non ha limiti. 


Lucy iniziò a togliere i piatti dal tavolo, le chiesi se le servisse una mano ma lei mi guardò semplicemente storto: era un no. Alzai le mani sconfitta, e mi misi un pò sul cellulare: trovando un messaggio di Danielle su WhatsApp.


Chat WhatsApp tra Danielle e Shiver.


Danielle:
Come sta andando?

Me:
Molto bene.

Danielle:
Ti stai divertendo?

Me:
Moltissimo!

Danielle:
Vincent com'è?

Me:
Una pesteeeee!

Danielle:
Tanto o poco?

Me:
Tantissimo

Danielle:
Ha già fatto qualche scherzo a Nathan.

Me:
Sì hahaha.

Danielle:
Racconta!

Me:
Gli ha fatto il tipico scherzo della Coca-Cola e caramella a menta. 

Danielle:
Volevo esserci!

Me:
Ma dai, povero sfigato.

Danielle:
Hahaha.

Me:
Dany ti contatto dopo, così ti racconto tutto nei minimi particolari.

Danielle:
Va bene a dopo xxx.


                                                                                           Let it be


Dopo mangiato io, Nathan e i bambini andammo in giardino che era ampio, pulito e ordinato. Io e Nathan ci sedemmo sull'altalena da giardino e guardammo i bambini mentre giocavano spensierati a pallone. 


Lucy e Andrew erano rimasti dentro casa, guardando la televisione: ma come aveva detto Lucy prima doveva finire di pulire la cucina e fare una lavatrice e poi si sarebbe messa a vedere la tv. Andrew l'avrebbe aspettata a braccia aperte. 


Comunque, era un bel pomeriggio abbastanza soleggiato e caldo, tranquillo e pacifico. Tirava giusto un filo di venticello, che dava una una piacevole sensazione sulla pelle. Gli uccellini cinguettavano creando una bellissima sinfonia. 


Ci sistemammo meglio sull'altalena da giardino, Nathan con il suo piede (visto che era più alto di me) ci fece dondolare entrambi. Era un bel momento di quiete assoluta, mi stavo rilassando molto onestamente. 


Nathan mise dolcemente il suo braccio attorno alle mie spalle, avvicinandomi al suo petto. Potevo sentire il suo cuore battere velocemente, lo abbracciai e lui mi accarezzò i capelli. Sorrisi e chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dalla tranquillità e dal dondolare ritmico di Nathan. 


«Sto per addormentarmi.» Gli feci sapere.
«Veglierò su di te.» Mi disse Nathan, dolcemente.
«E i bambini?» Chiesi.
«Li guarderò io, tranquilla.» Rispose, accarezzandomi i capelli.
«Sicuro?» Domandai.
«So gestirli.» Rispose, continuando a dondolare.
«Ho qualche dubbio su Vincent.» Controbattetti.
«Shh, ora è tranquillo.» Disse sicuro.


Sorrisi leggermente aprendo gli occhi notando che i bambini stavano ancora giocando a pallone. Chiusi di nuovo gli occhi rilassando i muscoli, Nathan mi strinse a se ed io mi lasciai andare nel mondo dei sogni, dove non c'era mai la tristezza.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 -Ma stai zitto!- ***


Capitolo 21             

                                                                                                              -Ma stai zitto!-


Mi svegliai di soprassalto: spaventata, avevo sentito chiaramente un urlo abbastanza forte, potente e sorpreso. Ero sdraiata sull'altalena da giardino con Nathan che mi teneva stretta tra le sue braccia, avevo la testa sul suo petto.


Alzai lo sguardo, notando che Nathan aveva il viso sporco di una strana sostanza bianca. Confusa, guardai meglio dietro la testa di Nathan, c'era il piccolo Vincent con una bomboletta di panna montata in mano. 


Era proprio un piccolo Diavoletto quel bambino, gli piaceva proprio fare gli scherzetti al quel povero e sfigato di Nathan. Da una parte mi dispiaceva pure, ma dall'altra no hahah... avevo anch'io una parte Diabolica in me. 


«Ma io ti amo!» Esclamai, rivolgendomi a Vincent.
«Pure io.» Urlò, saltellando.
«We, cambia zona, è proprietà privata.» Disse Nathan, sedendosi.
«Ma lavati, che puzzi.» Vincent lo prese in giro.
«Oh, mi sono lavato!» Esclamò Nathan.
«Ma stai zitto.» Gli ordinò Vincent, dando un pugnetto sulla testa di Nathan. 


Nathan spalancò la bocca in modo osceno... oh mio Dio, il sopra dente provocante che aveva... Mi sedetti cercando di non far notare il mio crescente rossore, e mi focalizzai su altro: precisamente su Vincent.


Nathan dopo qualche secondo chiuse la bocca e guardò Vincent in modo cagnesco, provocatorio e serio allo stesso tempo. Vincent, nonostante la sua giovane età ricambiò perfettamente lo sguardo, e il suo fu più duro. 


«Tu non sei meglio di me.» Gli disse Vincent.
«Tu credi?» Chiese Nathan, inarcando il sopracciglio.
«Lo sostengo.» Rispose Vincent, incrociando le braccia.
«Addirittura...» Disse Nathan, prendendolo in giro.
«Esatto!» Esclamò Vincent.
«Wow, sei proprio grande.» Nathan lo guardò.
«Puoi ben dirlo.» Confermò Vincent.
«Sparisci marmocchio.» Ordinò Nathan, spingendolo via.


Vincent puntò i suoi piedini piccoli a terra e guardò Nathan in modo così male che mi spaventai leggermente. Il suo sguardo diceva chiaramente che era guerra aperta e che non aveva nessun possibilità di “sopravvivere”. 


Nathan non aveva via di scampo ormai, sapevo perfettamente chi avrebbe vinto, ci avrei scommesso l'anima. Nathan era spacciato, stava andando contro il suo destino: la sua vita stava per finire... ma che cazzo sto dicendo?!


«Non sai contro a chi ti stai mettendo.» Disse Vincent, minaccioso.
«Non ho paura di te.» Rispose Nathan a tono.
                                  

                                  Let it be


Avevo detto a Nathan di non sfidare Vincent e di chiedergli scusa, lo avevo avvisato più e più volte: ma lui non mi aveva dato ascolto. Non aveva accettato il mio consiglio! Avrebbe dovuto farlo, se mi avesse dato ascolto non sarebbe mai successo nulla. 


Doveva imparare a sentirmi qualche volta, o forse dipendeva dal fatto che non aveva pulito le orecchie. 


Comunque, fatto sta che Vincent era molto vendicativo, aveva dato filo da torcere a Nathan per tutta la serata (ero stata invitata anche a cena). Non gli aveva dato un momento di pace, continuava a dargli fastidio. 


Vincent poco prima aveva messo sulla sedia dove stava seduto Nathan dello slime verde fluo, e quando Nathan si era appunto seduto gli si era appiccicato tutto lo slime sul pantalone: dovette buttarlo per forza. 


Intanto il piccolo Vincent era molto soddisfatto di ciò che aveva combinato, non era per niente pentito. Nel mentre Nathan saggiamente aveva deciso di chiedere scusa a Vincent, solo che non sapevamo se le scuse fossero state accettate. 


Vincent guardò Nathan, per poi ritornare a giocare con Albert come se nulla fosse. 


Forse Nathan aveva qualche piccola possibilità... boh!


«Dopo usciamo?» Mi sussurrò Nathan, ed io accettai. 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 -Vorresti negarlo?- ***


Capitolo 22                             

                                                                                              -Vorresti negarlo?-


Uscimmo dalla casa di Nathan alle nove e mezza, dicendo che saremmo andati in quel posto a piedi. Fu una brillante idea visto che era una bella serata e che a me piaceva molto camminare. E poi, avevo un pò la cena sullo stomaco. 

Però non mi disse dove eravamo diretti, non mi accennò proprio nulla al riguardo. Del resto non volevo neanche saperlo, non mi importava poi molto: dove c'era lui ogni posto era perfetto... proprio come lui ai miei occhi. 


Nathan mi prese dolcemente la mano ed io gliela strinsi come se non volessi farlo scappare via da me. Camminammo mano nella mano senza alcuna fretta, come se volessimo entrambi che il tempo si fermasse.


O che perlomeno rallentasse, giusto il tempo per farci godere quel momento tanto speciale. 


«Che hai da sorridere tanto?» Mi chiese Nathan.
«Non lo so... mi viene naturale.» Risposi, sorridendo.
«Ehhhhh!» Fece, derisorio.
«Cosa?» Domandai, confusa.
«Dai, dillo che sorridi per me.» Disse, vantandosi.
«Proprio per te guarda.» Lo derisi.
«Vorresti negarlo?» Mi chiese, saccente.
«Cretino.» Dissi, acida.
«Ah! Avevo ragione!» Esclamò.


Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Continuammo a camminare in completo silenzio, del resto non avevamo bisogno di parlare: bastavano gli sguardi per comunicare. Con la bocca si costruivano i palazzi, con i fatti si realizzavano le città. 


A volte gli sguardi erano più veritieri di mille parole, gli occhi erano lo specchio dell'anima... o almeno erano quello che dicevano i migliori libri, scrittori e personaggi famosi del mondo intero. Chissà, forse avevano anche ragione. 


Nel mentre arrivammo al parco Comunale di Afragola e non c'era nessuno lì, bè del resto era anche normale. Quale individuo avrebbe portato a quell'ora i bambini al parco? Certo, se la serata era buona perché no!?


Comunque, il parco era pulito, non vi era nessuna carta a terra e neanche le feci degli animali. Il parco era illuminato da vari lampioni messi con precisione in certi punto della zona, ed erano presenti ance delle panchine. 


Io e Nathan ci sedemmo sull'altalena e ci mettemmo a dondolare avanti e indietro come dei bambini. Mi era sempre piaciuta l'altalena, ogni volta che andavo al parco mi mettevo sopra per parecchio tempo. 


Nathan si dondolava come se non ci fosse un domani, andava così veloce e in alto che avevo paura che le catene si spezzassero e che lui si trovasse con il culo al suolo, o peggio ancora: con la testa rotta.


«Nathan rallenta!» Esclamai, preoccupandomi. 
«Lasciami divertire!» Esclamò lui di rimando.
«Ti farai male.» Quasi urlai.
«Ma quando mai.» Mi disse, andando più veloce.
«Ascoltami per una volta.» Lo implorai.
«Shhhh.» Mi zittì/ii (?)


Quando lo odiavo quando faceva così, era così testardo e cocciuto che dava letteralmente fastidio. Non dava mai retta a nessuno, faceva sempre di testa sua e non dava conto alle conseguenze... era un incosciente.


Certo, parlo proprio io che facevo la sua stessa cosa.


Poi accadde, la catena si spezzò e Nathan si trovò a terra: di preciso era caduto in ginocchio; a modo di proposta di matrimonio. 


«Sapevo che sarebbe successo.» Alzai gli occhi al cielo.
«...» Restò in silenzio.
«Ti sei fatto male?» Chiesi, preoccupandomi.
«Sì.» Rispose, scoprendosi la parte dolorante.
«E' grave?» Chiesi, premurosa.


Mi sollevai dall'altalena e mi piegai davanti a lui, aveva tutto il ginocchio ridotto leggermente male. Dalla mia borsetta presi una salvietta imbevuta e gliela misi sul ginocchio che perdeva un pò di sangue. 


Sorrisi teneramente quando notai che aveva fatto il broncio. 


«Ma quanto sei tenero.» Dissi, e lui si imbarazzò. 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23 -Non mi interessa- ***


Capitolo 23                   
 
                                                                                                         -Non mi interessa.-
 
 
Io e Nathan ci sedemmo su una panchina, stavamo sempre al parco; ma lontani dall'altalena. Intanto lui continuava a disinfettarsi la ferita con un'altra salvietta, il sangue si era fermato del tutto ma comunque gli sarebbe rimasta una piccola cicatrice. 
 
 
Era un miracolo che non si fosse rotto l'osso: aveva preso una bella botta. 
 
 
Si lamentava per il dolore, imprecava e ogni tanto lanciava qualche piccolo e timido gemito di dolore. Lo guardai così male che lui abbassò lo sguardo colpevole perché sapeva perfettamente che la colpa fosse sua e soltanto sua. 
 
 
Ora era inutile che si lamentava, la prossima volta imparava a darmi retta. 
 
 
«Non guardarmi così.» Mi disse Nathan.
«Ti guardo come mi pare.» Gli risposi a tono.
«Mi fai sentire a disagio.» Mi fece sapere lui.
«Non mi interessa.» Dissi, non curante.
«Hai ragione, va bene?!» Esclamò, gettando la salvietta.
«Ho sempre ragione, anche quando ho torto.» Lo informai.
 
 
Lui rise e si abbassò il pantalone lungo al ginocchio con molta lentezza, manco stesse li per lì per morire. Decisi saggiamente di non farglielo presente e mi accesi una sigaretta, cercando di non mandare il fumo nella sua direzione. 
 
 
Lui non fumava, non lo aveva mai fatto e quindi gli dava sicuramente fastidio. 
 
 
Quando fumavo mi distraevo, mi mettevo a pensare... come in quel momento. Pensai a come fosse stato bello se io e Nathan ci fossimo messi insieme: come fidanzati. A come fosse stato bello avere un suo bacio passionale. 
 
 
A come fosse stato bello essere amata da lui, a come fosse stato bello se ci fossimo sposati, a come fosse stato bello se lo avessi reso padre. Io, madre dei figli di Nathan... figli che assomigliassero a lui e avessero le sue stesse orecchie.
 
 
Ovviamente, quelli erano solo pensieri, desideri e fantasie, ciò che volevo... non la realtà. Nulla di ciò che più bramavo si sarebbe mai avverato; non potevo e non volevo pretendere nulla da lui. Dove essere destinato a nascere.
 
 
Distrattamente lo guardai, lui era intendo a fissare il vuoto... come se stesse pensando anche lui a qualcosa... a qualcuno. 
 
 
«A cosa pensi?» Gli chiesi.
«A niente.» Rispose.
«Bugiardo.» Lo accusai.
«Ahaha, davvero Shiver, non sto pensando a nulla.» Mi disse Nathan, sorridendo.
«Sicuro?» Chiesi, gettando la sigaretta.
«Sì, tranquilla.» Mi rispose.
«Ci conviene avviarci, domani mi devo svegliare presto: devo lavorare.» Lo informai. 
 
 
Ci sollevammo entrambi dalla panchina e ci avviammo fuori dal parco Comunale per ritornare a casa sua. Si stava facendo tanto, e come avevo detto anche a Nathan, nell'indomani mi sarei dovuta alzare presto perché dovevo lavorare. 
 
Lui come molto tempo prima, mi prese per mano con disinvoltura, come se fosse un gesto naturale: e forse lo era davvero. La sua mano era calda e grande, quel gesto tanto innocuo mi trasmise molto affetto da parte sua. 
 
 
Arrivammo nel suo quartiere, precisamente dove avevo parcheggiato la mia auto. Lo guardai negli occhi e lasciai la sua mano dolcemente. Non volevo farlo, da dovetti per forza... ma quel poco mi era bastato. 
 
 
Lui mi sorrise e unì le sue labbra sulle mie. Spalancai gli occhi, il mio cuore iniziò a battere molto forte, mi stava davvero baciando, ancora non ci potevo credere! Oh mio Dio, oh mio Dio! Il mio sogno si stava avverando. 
 
 
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare, le sue braccia era morbidi e la sua lingua calda. Era un emozione incredibile, perché lo volevo da molto tempo e lo amavo da morire. Misi le mie mani sul suo viso mentre lui attorno ai miei fianchi. 
 
 
Continuammo a baciarci, lui mi stinse forte forte a se, come avesse paura che fossi scappata via. Non lo avrei mai fatto, al contrario: sarei rimasta con lui per sempre se lui me lo avesse permesso. 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24 -Con un amico- ***


Capitolo 24 

                                                                                           -Con un amico.-                              


Chat WhatsApp tra Danielle Shiver.

Danielle:
Allora, com'è andata?

Me:
Tutto bene.

Danielle:
Vincent ha fatto altri dispetti?

Me:
Ahaha sì. Domani ti racconto.

Danielle:
Ci conto eh.

Me:
Non ti preoccupare. Senti, domani vengo a riprendermi Dybala.

Danielle:
Va bene, tranquilla.

Me:
Grazie, sei un'amica.

Danielle:
Lo so.

Me:
Dany...

Danielle:
Sì?

Me:
Nathan mi ha baciato.

Danielle:
COOOOSAAAAA?!

Me:
Mi ha baciata!!

Danielle:
OH MIO DIO!

Me:
Non ci posso ancora credere!!

Danielle:
MADONNA!

Me:
Già, ahaha.

Danielle:
GESU' CRISTO!

Me:
La smetti!?

Danielle:
Scusami.

Me:
Vado a dormire, notte.

Danuille:
Notte.


                                                                                           Let it be


Quella notte non ero proprio riuscita a chiudere gli occhi neanche per un millesimo di secondo. Avevo la testa da tutt'altra parte, ero focalizzata su un unico pensiero: quel bacio. Quel bacio meraviglioso.


Quel bacio ricco di passione, quel bacio pieno d'amore. Quel bacio che tanto avevo desiderato da quando avevo ben 17 anni. Avevo avuto solo lui non mio cuore, non ero mai riuscita ad innamorarmi di nessun altro. 


Sorrisi pensando ancora e ancora alle sue dolci, morbide e tenere labbra; più ci pensavo e più mi veniva voglia di baciarlo per ore e ore. Senza perder tempo, senza prendere il respiro, volevo baciarlo e basta!


Volevo baciarlo sempre, in qualunque modo possibile, in qualunque momento. Davanti alla gente, davanti al mondo intero. Sena nessuna paura, senza nessun dubbio... senza pretese... senza alcuna vergogna.


Comunque, pensando e ripensando al quel bacio, si fecero le sette del mattino seguente e mi alzai dal letto. Preparai velocemente i vestiti, mi feci una doccia e abbondai di correttore per coprire al meglio le occhiaie formatosi per via della mancanza di sonno. 


Finii di truccarmi, preparai la borsa e fu pronta per andar a lavorare.


                                                                                           Let it be


Quando arrivai al mio posto di lavoro non so quanti caffè mi presi: avevo perso totalmente il conto. Alcune delle mie colleghe mi guardavano in modo strano ma io le sorrisi semplicemente. Non dovevo loro nessuna spiegazione. 


Nonostante avessi tutta quella caffeina nel corpo e in circolo, avevo ancora sonno e volevo solo mettermi nel letto a dormire. Il lato positivo era che non ero per niente nervosa o agitata... strano, il caffè aveva quell'effetto collaterale se esageravi. 


«Qualcuno qui ha fatto le ore piccole.» Constatò Willow, una mia collega.
«Non ho chiuso per niente occhio.» Confermai, sorridendo.
«Con chi sei stata?» Mi chiese Willow, curiosa.
«Con un amico ahaha.» Risposi, ridendo.
«... Ho capito tutto.» Disse lei, sorridendo.
«Ahaha... shhh...» Mi guardai in torno.
«Tranquilla, il capo è uscito.» Mi informò lei.
«Non si sa mai.» Le dissi, andando nel mio ufficio.


Mi sedetti sulla sedia e accesi il computer nel caso che dovessi scrivere o stampare qualcosa. Era difficile guardare lo schermo del computer con gli occhi che tendevano spesso nel chiudersi per fatti loro. 


Di sicuro non appena avessi staccato da lavoro, mi sarei subito gettata nel letto a dormire, tanto Dybala era in ottimi mani.


                                                                                           Let it be


Chat WhatsApp tra Danielle e Shiver


Me:
Ciao Danielle, sono appena tornata da lavoro. Non dirmi niente, vengo a prendermi Dybala stasera... ho molto sonno: stanotte non ho chiuso occhio. Per te è un problema?

Danielle:
No no tranquilla, riposati.

Me:
Sicura?

Danielle:
Ma certo, non preoccuparti.

Me:
Mica sta facendo il cattivo?

Danielle:
Stranamente no, è docile come un agnellino.

Me:
Sta con Liam, vero?

Danielle:
Sì, hanno anche dormito insieme.

Me:
No, davvero?

Danielle:
Te lo giuro.

Me:
Ahaha, vado a farmi un pisolino, più tardi mi faccio una doccia e vengo da voi.

Danielle:
Va bene, a dopo.

Me:
A dopo.


                                                                                           Let it be


Mi svegliai alle cinque e mezza del pomeriggio di quella stessa giornata, avevo dormito beatamente  ora ero ben riposata. Mi alzai dal letto e mi feci una tranquilla doccia per poi essere pronta a riprendere Dybala.


Prima però accesi il mio cellulare per vedere se avessi ricevuto un messaggio o una chiamata. Infatti avevo un messaggio da parte di Nathan.


Chat WhatsApp tra Nathan e Shiver.


Nathan:
Stasera vieni?

Me:
Perché ti manco?

Nathan:
No hahaha.

Me:
Allora perché mai dovrei venire da te?

Nathan:
Non so come risponderti, credimi.

Me:
Rispondimi così: Shiver, mi manchi.

Nathan:
Non è vero!

Me:
Risposta errata.

Nathan:
Ma che vuoi?

Me:
Io niente, ti ricordo che mi hai contattata tu?!

Nathan:
Ma davvero?!

Me:
Sì sì.

Nathan:
Questo è vero.

Me:
Comunque vengo più tardi, okay?

Nathan:
Va bene.

Me:
A dopo Nathan, ora devo andare, ci vediamo più tardi.

Nathan: 
Va bene Shiver.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 25 -Sei sicuro?- ***


Capitolo 25             


                                                                                                            -Sei sicuro?-


Dopo esser andata a riprendere Dybala, e dopo aver raccontato a Liam e Danielle più e più volte la questione del tra bacio tra me e Nathan, e dopo aver portato il cane a casa mia; fui finalmente pronta nell'andare a prendere Nathan. 


Ci impiegai più del dovuto per via del traffico. 


Non era poi così tardi infondo... erano soltanto le ventuno e venticinque. Comunque, presi il cellulare (erano ferme le macchine) e inviai un messaggio a Nathan; dicendogli di scendere e che lo avrei aspettato in macchina.


Mi rispose che stava per arrivare, il tempo di fare la pipì... manco stesse aspettando me per farla hahaha. Ma dico io, non poteva farla prima, ma no, doveva aspettare un mio messaggio per poter andare in bagno.


Non dovetti aspettare poi molto perché Nathan si misi letteralmente a correre per raggiungermi, manco avesse il culo in fiamme. O che lo stessero inseguendo con le pistole in mano, pronti nel spararlo. 


Rischiò anche di scivolare al suolo con il sedere a terra per via della strada bagnata dalla leggera pioggerellina avvenuta nel primo pomeriggio di quella giornata. Salì in macchina con l'affanno a mille e si guardò in torno. 


Scossi la testa e misi la macchina in moto, uscii da quel quartiere e mi misi in strada, guardando a destra e a manca. Lui intanto si era letteralmente rannicchiato contro al sedile con la testa china verso il basso. 


Come se si stesse nascondendo da qualcosa, o da qualcuno... lo vedevo strano. Sembrava preoccupato: agitato ecco... lo avevo capito dallo sguardo e dal suo modo di fare così frettoloso e scoordinato. 


«Ehi, qualcosa non va?» Gli chiesi, preoccupata.
«Nono, va tutto bene.» Dissi, velocemente.
«Sei sicuro?» Domandai ancora.
«Sì... dove andiamo?» Cambiò discorso.
«Stavo pensando di andare al'Ipercoop... ci sono le giostre.» Risposi.
«Bello... hai un CD di Nino D'Angelo?» Mi chiese, speranzoso.
«No... lo sai che non ascolto la sua musica.» Risposi, ovvia.
«Bugiarda, alcune canzoni ti piacciano.» Obbiettò.
«...» Alzai gli occhi al cielo. 


Nathan come mia madre, adoravano alla follia Nino D'Angelo, un artista neomelodico ed ascoltavo spesso e volentieri la sua musica. Anch'io a volte ascoltavo qualche sua canzone, non lo nego: ma non era un cantante che seguivo. 


Non ero proprio fan della musica neomelodica, mi piacevano di più le canzoni straniere... da giovane ero una fan pazza degli One Direction. Il mio componente preferito era Harry Styles, mi piaceva il suo stile e la sua voce. 


Comunque si accontentò di ascoltare la radio, e manco a farlo apposta stavano trasmettendo “mente e cuore” di Nino D'Angelo. Nathan iniziò a cantarla con passione ed alzò il volume della radio a sessantatré. 


Quella era una bella canzone, era una di quelle che ascoltavo... ogni tanto. 


Nathan stava facendo proprio un concerto (alla fine si era seduto meglio) in macchina, cantava e si scatenava sul sedile. Eppure era una canzone d'amore lenta: triste... una di quelle canzoni che ti faceva pensare al passato. 


Mentre la cantava gli brillavano gli occhi... ed era stonato se volete saperlo, ma sta azzeccando ogni parola, tempo e nota: non aveva mai studiato musico. Vabbè, in passato aveva fatto parte del coro della Chiesa. 


Comunque, ebbi l'impressione che quella fosse una delle sue canzoni preferite. 


«La stai dedicando a me?» Chiesi, ridendo.
«No, ti dedicherei “per sempre tuo sarò, mai non ti lascerò.”» Rispose, cantando.
«Hahaha, stronzo.» Risposi, ridendo.
«Invece tu quale mi dedichi? Quella che fa “Io che ripeto ti amo, ti amooo.”» Chiese, sempre cantando.
«Vaffanculo.» Risposi, capendo dove voleva andar a parare.
«Hahah, colpita e affondata.» Disse, compiaciuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 26 -Stai calma!- ***


Capitolo 26                            

                                                                                               -Stai calma!-


Eravamo quasi arrivati a destinazione, Ipercoop si trovava nel mezzo di Acerra, quasi Afragola; non dirlo con certezza. Dopo un pò arrivammo, parcheggiai la mia vettura, prima di scendere però ci mettemmo addosso le felpe. 


Scendemmo dalla macchina e infatti tirava un leggero venticello, del resto eravamo in un posto completamente aperto. Era un posto abbastanza grande, vi consiglio di andarci qualche volta, ne vale la pena.


Mi guardai attorno, da dove avevo parcheggiato si vedeva il centro commerciale e l'area dove avevano messo le attrazioni che lanciavano parecchie luci colorate. Già c'era un pò di gente, ma di più nel centro commerciale.


«Ci facciamo prima un giro nel centro commerciale?» Chiese Nathan.
«Non lo so... vuoi andarci?» Chiesi di rimando.
«... mhm ... sì ...» Rispose, scollando le spalle.
«Allora forza... andiamo!» Esclamai, avviandomi.
«Ma no tranquilla, non mi aspettare.» Si lamentò Nathan.
«Uhhhh! Scusami ahaha!» Iniziai a ridere.

                      

                                                                   
  Let it be


Stavo guardando da cinque minuti buoni lo stesso scaffale di libri, stavo rileggendo da molto i titoli e il nome d'autore: non sapendo quale prendere. Del resto, avevo deciso di acquistare solo un libro... ed ora era in seria difficoltà.


Avevo finito da poco tempo di leggere It di Stephen King, il libro era composta da milleduecento pagine e mi era piaciuto molto. Ora volevo imbattermi in una nuova lettura, e alla fine decisi di prendere il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. 


Nathan poco prima mi aveva detto che sarebbe andato al reparto “musica” per vedere se trovava qualcosa di interessante. Volete vedere che avrebbe comprato qualche Cd di Nino D'Angelo? Ormai si era fissato.


Solo che quando andai a cercarlo non lo trovai lì, e non lo trovai neanche al reparto DVD... era sparito nel nulla. Eppure mi aveva detto che sarebbe andato a vedere qualche CD... dove cazzo era andato a finire?!


«Nathan?» Lo chiamai, guardandomi bene attorno. 


Non arrivò nessuna risposta da parte sua, andai leggermente in panico. Possibile che se ne fosse andato? Era possibile che mi avesse lasciata da sola? Per quale motivo poi l'avrebbe fatto? C'era una motivazione per il suo gesto al quanto insolito?


Dov'era andato e sopratutto perché?


Con il libro ancora in mano mi misi a cercare Nathan per tutto il reparto. Guardai di nuovo il reparto libri, quello dei DVD, CD e cose varie. Controllai accuratamente anche nel reparto dove vendevano planetarie, frullatori, pentole ed altro. 


Alla fine lo trovai nel reparto giocatoli, di spalle con il cellulare in mano. 


«Che cosa ci fai qui?» Chiesi, lui si voltò di scatto spaventato.
«Shiver, mi hai fatto prendere un colpo!» Esclamò.
«Che cosa ci fai tu qui?» Chiesi di nuovo.
«... ehm ... cercavo un gioco per Vincent.» Rispose, insicuro.
«Ah sì? E lo cerchi con il cellulare in mano?!» Chiesi, acida.
«Dai Shiver, smettila.» Mi ammonì.
«Non dirmi cosa fare!» Esclamai, arrabbiata.
«Stai calma!» Esclamò, di rimando.


Alzai la mano pronta nel dargli uno bello schiaffo in viso perché se lo meritava proprio, lui afferrò il mio polso in tempo e mi avvicinò a se. Spalancai gli occhi, lui mi baciò sulle labbra e il mio cuore si fermò. 


Il bacio durò poco e quando si staccò mi sorrise ed io mi imbarazzai.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 27 -Hai paura?- ***


Capitolo 27                   

                                                                                                        -Hai paura?-


In quel momento mi dimenticai proprio la “discussione” avvenuta poco prima tra me e Nathan e restai in assoluto silenzio per quello che era successo. Non sapevo neanche cosa dire e non riuscivo neanche a parlare. 


Nathan continuò a sorridermi, mi prese per mano e mi accompagnò alla cassa, pagò lui il libro che avevo scelto. Non riuscii neanche a ringraziarlo per il suo gesto, avevo le parole bloccate in gola: riuscivo a stento a respirare. 


Uscimmo da quel negozio e ci facemmo un giro per il centro commerciale che era molto grande. Nathan mi teneva per mano ed io ancora non riuscivo a parlare, avevo il cuore che batteva a mille nel petto e avevo il viso in fiamme. 


Avevo le solite farfalline nello stomaco e stavo sudando... a freddo. 


«G-graz-ie per il l-lib-bro.» Balbettai.
«Hahaha, stai balbettando!» Rise.
«Zitto.» Intimai.
«Quanto sei carina.» Rise ancora.
«Vaffanculo.» Sussurrai.
«Hahaha ti ho sentito.» Mi fece sapere.
«.....» Silenzio da parte mia. 


Alzai gli occhi al cielo, sbuffai sonoramente e preferii di buon grado di restare in silenzio di mia volontà e di non dargli retta. Certe cose era meglio far finta di non averle sentite affatto, Nathan era bravo a tacca brighe. 


Continuammo a farci un giretto nel centro, poi decidemmo di uscire ed andammo nel parcheggio a posare in auto ciò che avevamo acquistato. Lui aveva preso un puzzle per bambini, di Dumbo e una tuta Givova. 


Comunque, come attrazioni c'erano: l'auto scontro, un classico perché c'era sempre era molto amato dalla gente. C'era poi il Calci in culo per adolescenti/adulti, il Morgan, il Music Bob, il Jumper, il CRAZY VILLAGE. C'era anche il SOYOUZ, il Dominator e la mia attrazione preferita: il TAGADA'. 


«Da dove iniziamo?» Mi chiese Nathan.
«Dal Dominator.» Risposi.
«E se lo evitassimo?» Chiese lui.
«Hai paura?» Chiesi, iniziando a ridere.
«No... non ho paura...» Rispose, negando.
«Sì invece! HAI PAURA! HAI PAURA!» Iniziai a ridere.
«Zitta... zitta... fai il cesso... zitta... shhh...» Disse, mettendomi la mano sulla bocca. 


Iniziai a ridere contro la sua mano e a divincolarmi, mentre Nathan mi teneva fermai con un braccio e con l'altra mano continuava a tenerla sulla mia bocca. Iniziai a divincolarmi con più vigore ma lui mi teneva saldamente a se. 


Nathan si guardò intorno per vedere se qualcuno si stava godendo quel teatrino. Se fossi stata al loro posto avrei fatto anche un video. 


Quando mi fui totalmente calmata, Nathan mi tolse la mano dalla mia bocca e mi guardò anche male. Come se la colpa fosse mia per le sue paure, a questo punto ero più coraggiosa io di lui. Fifone che non era altro.


Gli lanciai uno sguardo di sfida e lui distolse il suo di sguardo, facendo anche il broncio. 


Ci dirigemmo alla cassa del Dominator e facemmo due gettoni: uno per me e uno per Nathan: che pagò lui comunque. Fui anche costretta a togliermi gli occhiali, perché c'era il rischio che si rompessero sulla attrazione. 


Ci mettemmo in fila ed aspettammo il nostro turno, io ero impaziente di salire mentre Nathan no. 


«Sarà divertente, vedrai.» Lo derisi.
«Mhm.» Fece lui, dubbioso.
«Fifone.» Sussurrai.
«San Gennaro, aiutami tu.» Pregò lui.
«Non pensare ai Santi adesso, pensa a divertirti.» Lo ammonii
«San Gennaro, non farmi morire.» Continuò a pregare.
«...» Lo guardai e basta.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 28 -Rilassati- ***


Capitolo 28                     

                                                                                                      -Rilassati-


Era quasi arrivato il nostro turno, mancava poco e saremmo saliti sul Dominator, doveva solo finire il giro e poi sarebbe toccato a noi. Era così emozionata, non vedevo l'ora di salirci sopra e di urlare come una psicopatica. 


La giostra si fermò, scesero le persone da essa e salimmo noi, ci misero le sicurezze automatiche e aspettammo che partisse. Io e Nathan eravamo seduti vicini, lui respirava pesantemente e aveva l'espressione preoccupata.


«Gesù mio, ti prego, stammi vicino.» Pregò Nathan.


Ancora... ti prego basta!


«Stai tranquillo.» Gli dissi.
«Tu pensa a te, ed io penso a me.» Disse Nathan.
«Nathan, male che vada, prima o poi sempre devi morire.» Lo informai.
«Ma vaffanculo và!» Esclamò, grattandosi i genitali.


Mi scappò una leggera risata derisoria nei suoi confronti, era così carino quando era spaventato e terrorizzato. Aveva quel non so che di attraente quanto appunto era spaventato... non lo so... mi attraeva e basta. 


La giostra partì lentamente, tutti urlammo e ci mantenemmo saldamente alle sicurezze. Sentivo Nathan che respirava pesantemente e che lanciava degli urli poco degni di lui... urli poco mascolini e per niente coraggiosi. 


Il Dominator si alzò in aria e andò all'indietro un paio di volte, era divertente, vedevo sfocato e l'aria era gelida in viso. All'improvviso il Dominator si capovolse, mandandoci tutti a testa in giù: che strana sensazione allo stomaco. 


Nathan mandò un urlo potente e lanciò anche una bestemmia abbastanza pensante.
 

«FATEMI SCENDERE!» Urlò Nathan.
«Rilassati.» Dissi, mentre il Dominator ritornava dritto.
«NO, VOGLIO SCENDERE CAZZO!» Urlò ancora.
«Nathan, ril-» Mi interruppe.
«NO SHIVER, VAFFANCULO TU, LA GIOSTRA E LA TUA CAZZO DI SFIDA!» Urlò con rabbia. 


Quello che aveva urlato non mi aveva toccato neanche un pò nel profondo, non mi ero offesa ne arrabbiata. Perché erano parole che lui non pensava realmente, erano dettate dalla paura che aveva in quel momento.


Era anche divertente vederlo così spaventato, sì lo so, ero abbastanza spietata. 


Il Dominator continuò il suo giro, ci mandò ripetutamente a testa in giù con una velocità abbastanza alta. Poi ci mandò da un lato all'altro, poi di nuovo a testa in giù. Nathan nel mentre urlava, imprecava, bestemmiava (alla faccia del credente, perché lui sosteneva di credere molto) e mi malediceva. 


Il Dominator si fermò poi del tutto e scendemmo, con le gambe tremolanti.


«Mai più... croce nera!» Disse Nathan.
«Non fare il tragico.» Lo rimproverai.
«Tu non capisci, ho visto la Morte davanti agli occhi.» Mi fece sapere.
«E l'hai salutata?» Chiesi, prendendolo in giro.
«Ma ci sei o ci fai?» Chiese di rimando e anche un pò indignato.
«E com'era? Di bell'aspetto?» Continuai a prenderlo in giro.
«Non ti voglio neanche rispondere... anzi, non ti rivolgerò neanche più la parola.» Mi disse, orgoglioso.
«Certo certo.» Dissi, non convinta. 


Non rispose naturalmente, ma sapevo perfettamente che sarebbe durato poco e niente. Nathan era fatto così, parlava sempre, non si stava mai zitto: tranne in alcuni casi eccezionali. Tipo quando era triste. 


Nathan aveva un carattere tutto suo, era particolare nel suo genere, ma era anche stronzo; questo andava detto. Ma lo amavo lo stesso, con pregi i difetti. 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 29 -Ti sbagli- ***


Capitolo 29                               

                                                                                            -Ti sbagli-


Stava arrivando più gente in quel momento, grandi, adolescenti e bambini: un pò tutti insomma. C'erano le file davanti alle attrazioni, file immensi e dovevi urlare per farti sentire, avevano messo anche la musica.


Ora io e Nathan (che ancora non si decideva a parlare, bravo lo stronzo parassita) ci stavamo facendo un giro per decidere che attrazione provare. Io ero un pò indecisa, volevo andare sul Jumper e sul Tagadà.


«We, ci facciamo un giro sul Tagadà?» Chiese Nathan.


Che babbeo.


«Ah! Hai parlato!» Esclamai, puntandogli il dito contro.


Lui si portò la mano sulla fronte di scatto, facendosi anche piuttosto male... povero idiota. Si era totalmente dimenticato della sua sfida e questo fu abbastanza divertente. Quando poteva essere stupido quel ragazzo?


Uno si aspetta che a ventisei anni sia più intelligente... fatta eccezione per lui. 


Comunque alla fine accettai contenta la sua proposta, facemmo i gettoni per l'attrazione e ci mettemmo in fila ad aspettare il nostro turno, dovemmo aspettare un pò per poter salire sulla giostra.


C'erano molti adolescenti che aspettavano proprio come noi... erano impazienti di salire sulla “macchina di adrenalina e di divertimento”, shhh... internet diceva così. 


Finalmente toccò a noi: l'attrazione si fermò ed aprì le sue “cancellate”, gli altri scesero e salimmo noi. Anche questa volta io e Nathan ci sedemmo vicini e ci aggrappammo alle sbarre di dietro per mantenerci. 


Le nostre dita si sfiorarono leggermente e mi scappò un leggero sorriso. 


«Che hai da sorridere?» Mi chiese Nathan.
«Nulla... stavo pensando.» Risposi, con un pò di esitazione.
«Stavi pensando al nostro bacio?» Chiese, sogghignando. 
«Potresti evitare di fare lo stronzo ogni tanto?!» Sbottai.
«Colpita nel segno.» Si vantò.
«Ti sbagli.» Protestai.


Quando Nathan stava per parlare, per controbattere le mie parole il Tagadà si azionò iniziando il suo giro calcolato. Gridammo euforici e ci aggrappammo meglio alle sbarre per non rischiare di farci seriamente male. 


Il Tagadà fece dei movimenti oscillatori, mandandoci a destra e a manca; compiendo anche dei giri circolari sempre oscillanti. Avete presente la cisterna della lavatrice in funzione? Più o meno era simile diciamo. 


Scesero in pista (al centro del Tagadà precisamente) tre acrobati della situazione, (non erano proprio acrobati professionisti, erano i soliti ragazzini che si credevano i migliori del mondo) ed iniziarono d esibirsi in salti acrobatici.


Uno fece un salto mortale, il secondo fece una serie di ruote senza mani e il terzo prese a fare una verticale. Poi altri salti, altre acrobazie, alle cose rischiose... c'era l musica alta e luci sparate e colorate da capogiro.


«Ma come cazzo fanno quei mongoloidi?» Urlò Nathan, scioccato.
«Vai pure tu.» Urlai a mia volta.
«A chi?! Ma tu sei pazza!» Esclamò lui.
«... di te ...» Sussurrai.
«Lo so.» Mi disse lui.
«Ma come hai fatto a sentirmi?» Chiesi, impressionata.
«Infatti non ti ho sentita, ho provato ad indovinare.» Iniziò a ridere.
«Bè... senti anche questo: VAFFANCULO!» Urlai, indignata.
«...» Silenzio da parte sua. 


Nathan poi si misi a ridere, gettando di scatto la testa all'indietro: andando a sbattere successivamente con la testa contro le sbarre di ferro. Ma come faceva ad essere così negligente quel ragazzo?


Fui io questa volta a ridere.


Ben gli sta!


Gli sarebbe spuntato un bel bernoccolo... ahaha, stava avendo solo disavventure quella sera. Tutto sommato ci stavamo divertendo dai.


Almeno io.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 30 -Sei gelosa?- ***


Capitolo 30           

                                                                                                                -Sei gelosa?-


Scendemmo dal Tagadà una volta che si fu fermato del tutto, io e Nathan ci andammo a sedere momentaneamente sulla pedana dall'autoscontro. La pedana sotto ai nostri sederi tremava leggermente. 


A Nathan girava leggermente la testa, per via del giro sul Tagadà. Ne approfittai per fumarmi una sigaretta... era passato un pò di tempo dall'ultima e la voglia si era fatta tanta. Potevo anche provare a togliermi il vizio, ma sarebbe stata dura.


Nathan nel mentre prese il suo cellulare, aprì WhatsApp e se lo portò subito all'orecchio ascoltando molto probabilmente un messaggio vocale. Io non li facevo quasi mai, non mi piaceva molto la mia voce registrata.


Non fui in grado di leggere il mittente: uno perché mi ero messa un pò distante da lui e due come ho detto, si era portato subito il cellulare all'orecchio; quindi per me fu letteralmente impossibile poter capire chi fosse.


«Chi era?» Chiesi, una volta che posò il cellulare.
«Mia madre.» Mi rispose.
«Ah, okay.» Dissi, facendo un tiro di sigaretta.
«Sei gelosa?» Mi chiese lui, sorridendo.
«Chi io? No no, assolutamente.» Risposi, guardando altrove.
«Ehhhh.» Disse lui, soltanto.


Gli diedi uno scapellotto dietro la testa, lui mi guardò male e per ripicca mi diede un pizzico sulla gamba. Gli sorrisi a mo di sadica e gli tirai i capelli verso il basso, lui urlò e si divincolò dalla mia presa, senza successo.


Mollai la presa soltanto quando lui mi chiese scusa ripetutamente, era bello avere ogni tanto il coltello dalla parte del manico. Di solito vinceva sempre lui quando facevamo quelle scenette, ma ehi, a quanto pare ero diventata più forte. 


Mi feci gli ultimi tiri di sigaretta, la gettai via lontano da noi ormai finita e mi misi seduta più vicina a Nathan. Poco prima mi ero allontanata leggermente perché non ricordavo se gli desse fastidio o meno la puzza del fumo. 


Quando mi sedetti accanto a lui posò immediatamente: di fretta e furia il cellulare (poco prima l'aveva preso di nuovo in mano)... qualcosa non andava.


«Tu mi nascondi qualcosa.» Dissi, convinta delle mie parole.
«Ma no, non è vero.» Negò.
«Ah sì? Allora perché hai posato il cellulare?» Chiesi, cocciuta.
«Scema, è mia madre.» Mi disse.
«Certo certo.» Dissi, sbuffando.
«Dai Shiver, lo sappiamo entrambi com'è fatta mia madre.» Mi guardò negli occhi.
«...» Annuii.


Del resto come dargli torto... conoscevo bene sua madre ed ero al corrente del suo carattere e del suo modo di fare. Nonostante avesse i figli grandi e vaccinati tendeva sempre a preoccuparsi più del necessario.


Non dico che non doveva preoccuparsi, ci mancherebbe... ogni madre si preoccupava dei propri figli: ma doveva dargli un pò di più di libertà. Lo teneva troppo sotto la campana di vetro, così non gli dava la possibilità di vivere.


Si preoccupava molto di più per Nathan, perché era il suo ultimo figlio e quindi era il più giovane... non era sposato e non aveva figli. Mi ricordo che quando Nathan era più piccolo lei lo chiamava una continuazione.


Lo chiamava sempre, in ogni momento, ovunque andasse: ora usciva e lei subito faceva partire la chiamata. Era un pò assillante, ma da una parte la capivo... aveva dovuto occuparsi dei figli da sola quando il marito era deceduto.


«Però cavolo! Hai quasi 26 anni, dovrebbe darti un pò di libertà.» Gli dissi.
«Ehh... e quando vedi questo momento.» Si lamentò.
«Ma facendo così è come se ti stesse vietando di vivere.» Mi opposi.
«E credi che non lo sappia?!» Sospirò.
«Ribellati!» Esclamai.
«Non dopo quello che è successo...» Lasciò la frase in sospeso.
«...» Restai in silenzio. 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 31 -Peggio- ***


Capitolo 31                                                                                             

                              -Peggio-


Dopo esserci fatto il giro sul calci in culo, sul Jumper e sull'auto scontro, io e Nathan decidemmo di tornare a casa perché si era fatta una certa ora. E poi dovevo ancora accompagnare Nathan a casa, ma poi successe una cosa.


Nathan ricevette una chiamata da parte di sua madre che lo informava di una cosa importante. Nathan sarebbe stato solo a casa quella sera, perché Alexandra, Lucy, Andrew e i bambini erano andati a dormire dalla nonna di Nathan perché stava poco bene. 


Fin qui nessun problema ovviamente, perché quante volte io avevo dormito da sola a casa; e non avevo avuto nessun problema. Solo che quell'impiastro di Nathan si era scordato le chiavi di casa e quindi non poteva in alcun modo entrare in essa. 


Gli avevo urlato contro, dicendogli che era uno stupido, un coglione e che non serviva a niente. Che era smemorato, che aveva sempre la testa fra le nuvole e che dormiva con la bocca aperta. Si era anche offeso!


Manco avesse ragione lui... mah!


«La smetti di urlarmi contro?» Chiese Nathan.
«Io ti darei un cazzotto nello stomaco!» Esclamai.
«La colpa non è mia!» Si difese.
«E di chi allora?!» Chiesi.
«Tua.» Rispose lui, ovvio.
«MIA?!» Urlai più forte.


Ma che grandissimo stronzo che era quel ragazzo ritardato! Non solo era stupido, imbranato e chi più ne più ne metta: ma era anche un bugiardo e un paraculo colossale! Ma si rendeva conto di quello che diceva o no?

Non so se davvero fosse convinto al cento per cento delle sue parole; ma comunque mi rimase un forte dubbio... la sua espressione batteva tutto. Mi stava davvero guardando come se la colpa fosse realmente mia. 


Di preciso per sapere, dov'era la mia colpa? Non mi sembrava di avergli detto: “Ehi Nathan, scendi senza chiavi di casa”. Glielo avevo detto? No! Era un problema mio? No! Era colpa mia? No, ovviamente. Era colpa sua? Assolutamente e soltanto sua!


«Nathan, ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?» Gli chiesi.
«Certamente.» Rispose.
«Ma sei cosciente... ma sai cosa stai dicendo?» Provai a chiedergli di nuovo.
«Sì, non sono stupido.» Rispose, con orgoglio.
«Bè, notizia flash: LO SEI!» Lo informai.


Nathan rimase in silenzio e quella fu l'unica buona idea che aveva avuto in quella serata. Non so cosa gli avrei fatto se avesse solo provato a rispondermi; forse gli avrei fatto saltare qualche dente a suon di pugni. 


O peggio ancora (ma molto improbabile) gli avrei spaccato le ossa.


Comunque arrivammo a casa mia e pian piano la mia rabbia si era placata: forse perché ero leggermente stanca. O forse perché sapevo perfettamente che non valeva la pena appartare con Nathan... era una perdita di tempo.


Scendemmo dalla macchina ed entrammo nel condominio, prendemmo l'ascensore e poi arrivammo a destinazione. Nell'ascensore Nathan non aveva proprio parlato, si era guardato semplicemente nello specchio.


Aprii la porta di casa e Dybala non venne. 


Accesi la luce e lui stava sul divano imbronciato, ma non appena vide Nathan abbagliò e gli saltò addosso. Provai anche ad accarezzarlo ma lui mi abbaiò... stronzo; così andai in cucina, sarebbe venuto lui da me!


Invece venne Nathan poco dopo, e per poco non urlavo, aveva pestato la cacca del cane e mi stava sporcando da per tutto.


«Togliti immediatamente le scarpe!» Dissi, tra i denti.
«Scusa! Non avevo visto la cagata!» Disse, togliendosi le scarpe.
«NATHAN!» Esclamai.
«Cosa? Anche tu le dici.» Mi disse.
«Ma non in quel modo!» Alzai gli occhi al cielo.
«Peggio.» Rispose lui, a tono.
«...» Gli lanciai una mia scarpa appresso e lo beccai.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo 32 -Let It Be- ***


Capitolo 32          

                                                                                                                 -Let It Be-



Nathan andò a farsi una doccia veloce, non avevo un pigiama da dagli così gli prestai una tuta grigia: che avevo acquistato per sbaglio. Cioè, avevo preso la taglia sbagliata, la tuta era per entrambi sessi: era universale.


Comunque nel mentre mi ero messa a pulire il pavimento, non volevo la puzza di cacca di cane sparsa per tutta casa. Poco prima avevo pulito anche le scarpe di Nathan con dello sgrassatore per i vetri... non avevo trovato altro!


Dopo che Nathan si fu lavato gli indicai la stanza degli ospiti; per fortuna era pulita e il letto era fatto. Dopo di che fu il mio turno nel farmi una doccia ed indossai poi un pigiama color porpora, quel pigiama me lo aveva regalato mia sorella Valery. 


Andai in camera mia, spensi la luce e mi misi sotto alle coperte, quella sera faceva un pò freddo. 


«Shiver?» Nathan entrò in camera mia.
«Che c'è?» Chiesi, sollevandomi.
«Non ho sonno... ti va di fare due chiacchiere?» Mi chiese.
«... certo, vieni.» Risposi, facendogli il segno di sedersi sul letto.


Così lui chiuse di nuovo la porta, venne dall'altra parte del letto e si mise anche lui sotto alle coperte. Eravamo vicini e mi fece una strana sensazione allo stomaco, certo non era prima volta che stavamo nello stesso letto; ma al tempo eravamo dei ragazzini e le cose erano molto diverse. 


«Ti ricordi quando provai a truccarti?» Mi chiese, all'improvviso.
«Non farmici pensare.» Risposi, sorridendo.
«Tutto sommato non eri male.» Constatò lui.
«Che cosa?! Sembravo PennyWise di It.» Diedi il punto di vista.
«Che vorresti dire?» Chiese, curioso.
«Che non sei adatto nel fare il Make-Up Artist.» Risposi, ridendo.


Fece uno strano suono con la bocca, come si stesse risucchiando tutta l'aria nei polmoni, non so come spiegarvi meglio. Si girò di scatto ed iniziò a darmi dei piccoli schiaffetti giocosi sulla guancia ed io ricambiai con una raffica di pizzichi su tutto il corpo: prima sul petto, poi sulla pancetta e sulle gambe. 


«Vuoi la guerra?! E che guerra sia!» Disse, con voce dura.
«Non ho paura di te!» Esclamai.
«Ah no?» Chiese.
«No!» Risposi, con l'aria di sfida.


Lui mi saltò addosso ed iniziò a farmi il solletico sull'addome, iniziai a ridere e a divincolarmi per sfuggire dalla sua presa. Devo dire la verità, Nathan pesava un pochino, ma era anche normale del resto. 


Nathan si portava di staffa più grande della mia, ma non era così male infondo mi stavo riscaldando con il suo peso. La pancia poi era morbida morbida, mi venne voglia di dargli un bel morso sopra, ma un morso forte. 


Si fermò poi ed io continuai a ridere per un altro pò respirando anche in modo abbastanza pesante. Smisi di ridere e mi asciugai gli occhi con il tessuto soffice del pigiama, mentre Nathan rimase ancora su di me. 


Lo guardai attentamente anche se era quasi impossibile visto che eravamo al buio.


«Perché mi guardi così?» Domandai.
«Ma ti da fastidio tutto?!» Disse, in modo teatrale.
«Non ho detto che mi da fastidio.» Lo informai.
«Quindi non ti da fastidio?» Chiese.
«No, assolutamente.» Risposi.
«E allora stai zitta.» Controbattette lui.
«Lo sai che sei una rottura di coglioni?!» Dissi, un pò volgare.


Mi prese la testa fra le mani e iniziò a scuotermela come un matto psicopatico, ricominciai a ridere lui dopo un pò si fermò; si avvicinò e mise le sue labbra sulle mie. Amavo quando mi baciava così all'improvviso... era un emozione unica.


Si sdraiò sul mio corpo ed io misi le mie mani sul suo volto coperto da una leggera barbetta. Si sistemò meglio sul mio corpo e sentii molto bene qualcosa di “sodo” sulla mia gamba. Mi paralizzai leggermente colta alla sprovvista. 


Insomma, non avevo mai “dormito” in quel modo con un uomo in vita mia, mai nessuno mi aveva vista nuda. Lui non si tolse, ma al contrario: si mise meglio tra le mie gambe e si strusciò con leggerezza e lentezza. 


Si staccò dalle mie labbra e mi guardò profondamente negli occhi, gli sorrisi dolcemente e mi riattaccai alle sue labbra incantevoli. Prima o poi sarebbe comunque successo: non credevo e non mi aspettavo di certo con lui onestamente!


Oh mio Dio, la mia prima con Nathan!


Con dolcezza mi toccò i seni da sotto la maglia del pigiama, successivamente me la tolse e fece lo stesso con la sua. Di sera non indossavo mai il reggiseno perché mi dava fastidio e questo gli semplificò un passaggio abbastanza critico per un ragazzo. 


Mi toccò i seni scoperti e si strusciò per un pò sulla mia intimità, lasciandosi scappare qualche gemito di piacere. Era un pò strano sentire qualcosa di gonfio lì... era tutto nuovo per me e non sapevo minimamente come comportarmi. 


Si sollevò e mi abbassò i pantaloni e la culotta insieme, lasciandoli da qualche parte sotto alle coperte. Con un pò di esitazione feci lo stesso con lui e quando arrivai ad abbassargli i boxer lungo le sue gambe...


Respira Shiver!


... Mi imbarazzai leggermente quando sfiorai leggermente i peli pubici e un pò della sua intimità eretta... era il primo ragazzo che vedevo nudo e che sopratutto toccavo nudo!


Afferrò la coperta, se la mise sulle spalle e si riabbassò su di me divaricandomi dolcemente le gambe. Prese in mano la sua erezione e la portò davanti alla mia entrata vaginale, ero così nervosa, emozionata e tremavo leggermente. 


Mi baciò sulle labbra e mi penetrò, serrai gli occhi e d'istinto mi spostai leggermente all'indietro presa da un dolore improvviso e tremai ancora di più; ma lui mi tenne ferma senza smetterla di baciarmi con passione.


Mi fece male, malissimo... come una lacerazione improvvisa alla faccia di chi diceva che la prima volta non facesse male. A quelle persone voglio dire solo una cosa: vaffanculo, fa male quindi ragazze preparatevi. 


Comunque, Nathan mi aveva fatto donna, lui il mio migliore amico, la persona che amavo alla follia. Era doloroso ma magnifico allo stesso tempo perché lo stavo facendo con lui, con la persona di cui mi fidavo ciecamente.


Questo per me era molto importante. Significava molto. 


Nathan nel mentre continuava a baciarmi e a spingersi dolcemente in me, ma faceva male comunque anche se stava andando piano. Danielle una volta mi disse che a lei non fece per nulla male, beata lei. 


Nathan si staccò dalle mie labbra, mi guardò negli occhi e mi accarezzò la guancia. Poi si lasciò scappare una serie di gemiti, estrasse la sua intimità dalla mia e si diede da solo dei “colpetti” sulla sua erezione. 


Sentii un liquido caldo e gelloso colarmi sull'addome e lui poggiò la sua testa sul mio petto mentre prendeva fiato. Non restò per molto tempo perché mi diede un ultimo bacio e si misi dall'altra parte del letto e si addormentò poco dopo.


Prima di addormentarmi anch'io decisi di scrivere a Danielle e di raccontarle tutto quello che era successo. Ma sbagliai ad aprire applicazione, perché apposta di aprire WhatsApp aprii l'applicazione di Facebook.


Vidi che Liam aveva condiviso sul mio Diario un post, lo lessi attentamente e mi commossi un pò. Era davvero bello e aveva molti significati: il testo era questo: 


“Let It Be. Lascia che sia. Lascia che le cose accadono.Non riempirti di paranoie, problemi. O peggio ancora: paura. Canta. Balla. Dedica canzoni. Sogna. Sogna tanto. E fai di tutto per realizzare il tuo obbiettivo. Ribellati. Non farti sottomettere. Non preoccuparti del futuro. Non aver timore di metterti in gioco, di osare, dimostrati per quello che sei.


Lasciati andare, lasciati trasportare dalla vita e dalle emozioni. Non ci sarà una seconda possibilità di rivivere determinati momenti. Esci. Vai a ballare e torna alle sei del mattino a casa. O non tornarci proprio. Ma non restare chiuso in casa. Non fare l'orgoglioso. Non serve a niente. O meglio, serve solo ad allontanare le persone. Tutti hanno vissuto brutte esperienze. Ognuno ha avuto le sue delusioni.


Non credere di essere l'unico. Ma non per questo devi chiuderti in te stesso. Scrivi quei messaggi che non hai il coraggio di inviare. Non rimanere nel dubbio di come sarebbe potuta andare. Non pentirti. E non giudicarti. Sei quello che sei. Non perdere tempo con l'invidia. Non c'è alcun motivo di avere un piano B, perché distrae dal piano A. Rilassati. Sdraiati sul prato e guarda il cielo. 


Vai al mare. Ascolta il rumore delle onde. Non badare a ciò che dice la gente. Sì solare, pure incazzata. Non avere paura di ridere ad alta voce. Leggi le istruzioni, anche se farai di testa tua. Non è mai troppo tardi per cambiare. Guarda le cose da punti di vista diversi. Non essere cocciuto. Sì curioso. 


Viaggia. Non prenderti troppo seriamente. Nemmeno troppo sottogamba. Le persone vanno e vengono. Come le stagioni.


Prometti solo se sei sicuro di mantenere. Sorprenditi per piccole cose. Stupisci con i piccoli gesti. Guarda molti film. Credi in molte cose. Sopratutto in te stesso. Ridi. Sì felice. Sperpera allegria. Perché sorriso porta sorriso. Sì umile. Ama tanto, ama tutto. Ama sempre. Lascia che le cose accadano. Lascia che sia come deve essere. Lascia che sia. Let It Be.”


*Piccola precisione, questo testo non l'ho scritto io, ma è stato un punto di riferimento per questa storia che per me vale molto*. 

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo 33 -Lo rifacciamo?- ***


Capitolo 33          

                                                                                                                -Lo rifacciamo?-


Mi svegliai presto il mattino successivo, alla fine non avevo più scritto a Danielle perché non appena avevo finito di leggere il post di Liam mi ero addormentata. Lo avevo letto due volte e mi piaceva sempre di più. 


Comunque, decisi di scriverle in quel momento visto che non avevo niente di meglio da fare, e poi volevo metterla al correte di quello che era successo tra me e Nathan; come aveva fatto lei in passato quando era successo con Liam.


Chat WhatsApp tra Shiver e Danielle.


Me:
Tesò, ti devo dire una cosa importante!

Danielle:
Cosa? Dimmi!

Me:
Io e Nathan l'abbiamo fatto!

Danielle:
FATTO COSA?

Me:
E secondo te?!

Danielle:
AVETE SCOPATO!

Me:
DANIELLE!!

Danielle:
SI O NO?

Me:
Non abbiamo scopato, abbiamo fatto l'amore.

Danielle:
Oh Gesù Bambino!

Me:
DANIELLE!

Danielle:
E com'è stato?

Me:
Doloroso ma magnifico.

Danielle:
Ti è venuto dentro?

Me:
DANIELLE!!

Danielle:
E RISPONDI!

Me:
No, è arrivato fuori.

Danielle:
No, perché?!

Me:
E che ne so, poi è presto per quello.

Danielle:
Ma tua vuoi diventare mamma!

Me:
Vero, ma ripeto: è presto per quello.

Danielle:
Vabbè... ma quindi ora state insieme?

Me:
Non lo so... non so cosa ne pensa lui al riguardo. Dopo proverò a parlargli di questa cosa perché voglio saperlo anch'io. CREDIMI!

Danielle:
Lo so.

Me:
Solo che... non so da dove iniziare.

Danielle:
Tranquilla, verrà da se.

Me:
Sicura?

Danielle:
Sì, inizia prima con una cosa a caso, e vedrai che pian piano il discorso si aprirà da solo.

Me:
Speriamo.

Danielle:
BUONA FORTUNA.

Me:
Grazie.


Chiusi WhatsApp posando anche il cellulare sul comodino lì vicino al letto e mi girai dalla parte di Nathan. Lui stava ancora dormendo e stava anche russando in maniera pesante: come un trattore con il motore fuso.


Per poco non mi veniva da ridere, quante volte lo avevo preso in giro per il suo russare e quanti video gli avevo fatto al riguardo... vabbè anch'io russavo e quindi era meglio che mi stavo zitta su questa cosa. 


Mi ritrovai in attimo in mille e più pensieri, passavo da uno altro senza un filo logico tra essi, senza un filo conduttore. Io, Shiver fidanzata con Nathan... CON NATHAN! Colui che avevo sempre desiderato. 


L'unico che mi aveva fatto battere realmente il cuore, colui che mi aveva vista crescere, colui che avevo visto crescere. Colui che c'era stato quando pian piano mi stavo avventurando nel mondo e mi costruivo una vita.


Io, fidanzata con Nathan... già mi immaginavo di camminare mano nella mano con lui, a baciarci in Villa Comunale senza nasconderci. A vivere il nostro amore senza paura e di viverlo appieno senza “se” e senza “ma”.


A goderci ogni attimo insieme senza mai separarci, lo avrei visto invecchiare e lui avrebbe fatto lo stesso con me.


E se non fosse stato così? Pensai colta dal panico e dall'ansia. E se era tutta un illusione? Se non ci sarebbe mai stato nulla? E se avessimo preso ognuno la propria strada... e se avessi sofferto ancora come in quei tre anni?


Ma no... non era così... giusto? Lui mi amava... vero? Non mi aveva usato solo perché gli andava... corretto?


«A cosa pensi?» Mi spaventai.
«Nathan, mi hai fatto prendere un colpo!» Esclamai.
«... cosa stavi peeensandoooh.» Chiese, sbadigliando.
«Nulla di importante...» Mentii.
«Perché mi menti?» Chiese lui.
«Non ti sto mentendo.» Replicai.
«Lo stai facendo ancora.» Controbattette lui.
«Tu non lo fai mai?!» Esclamai.
«... ma ti posso dire una cosa?» Chiese.
«Dimmi.» Risposi.
«.....» Mollò una scoreggia pesante.
«FAI SCHIFO!» Urlai.
«Aaaah, senti che buon odore.» Disse lui, in modo teatrale.
«Puzza!» Esclamai.
«Ma quando mai! Vieni qua!» Disse, prendendomi con la testa.


Riuscii solo ad urlare “Nathan no” che poi mi ritrovai con la testa sotto alla coperta e subito sentii una puzza tremenda. Cercai di togliermi da la sotto ma Nathan forte e continuò a spingere la mia testa in basso sempre ridendo.


Dovevo iscrivermi assolutamente e al più presto in palestra, così l'avrei preso meglio a mazzate!


In quel momento ne mollò un'altra, più pensante, più rumorosa e più puzzolente, mi sa che se la stava facendo sotto. Urlai, respirando a fatica: tossendo anche pesantemente e lui continuò lo stesso a ridere. 


Ma poi di punto in bianco mi bloccai, smisi di divincolarmi, smisi di urlare, smisi di fare tutto. Perché? Perché avevo in bella vista il sesso di Nathan quasi davanti agli occhi... era leggermente eretto, non del tutto.


«Sei morta ahah!» Chiese Nathan, ridendo.
«No... ma un altro pò mi ritrovo il tuo pisello in faccia.» Risposi, imbarazzata.
«E ti piace?» Chiese Nathan, con naturalezza.
«Nathan!» Esclamai.
«Vuoi farmi un pompino hahaha.» Rise. 
«DIO SANTO!» Urlai, imbarazzata.


Riuscii ad uscire dalle coperte e mi girai dall'altra parte del letto dando le spalle a Nathan che rideva come un matto. Ero imbarazzata per quello che aveva detto, ma sapevo anche che stesse scherzando e che era una cosa naturale.


Certo, non avevo mai praticato del “sesso orale” e neanche volevo farlo onestamente... non lo trovavo molto igienico. 


Non per qualcosa, solo che insomma... che schifo: dovrei prendere in bocca un pene... che dal pene usciva l'urina e il liquido seminale?! Che schifo. Non sto dicendo che sia sbagliando farlo per carità: ognuno era libero di fare ciò che voleva.


Solo che a parer mio non l'avrei mai fatto, e non me lo sarei neanche fatto fare.


Nathan smise di ridere e si misi vicino a me abbracciandomi forte a se. Sorrisi ricambiando il suo abbraccio per quello che potevo e lui mi baciò sulla spalla nuda. Quel baciò mi creò un strano brivido per tutto il corpo.


Lui voltò con la sua mano il mio viso verso la sua direzione e mi baciò sulle labbra con passione a tal punto che si... insomma... capitemi! Non so perché provassi ancora dell'imbarazzo, forse se ne sarebbe andato via con il tempo.


«Lo rifacciamo?» Mi chiese, quando si fu staccato dalle mie labbra.
«No.» Risposi, semplicemente.
«Stronza... prima mi fai arrapare e poi mi dici di no?!» Disse, sfacciato.
«La colpa non è mia!» Risi.
«No?» Chiese.
«No!» Risposi, ridendo.
«Quanto sei bella!» Disse, baciandomi il naso.
«Dai, smettila.» Dissi, imbarazzata.
«Uuuh, ti sei fatta rossa rossa. Vieni qua, zitta, zitta, zitta.» Disse, mettendosi tra le mie gambe.
«Che vuoi fare, cretino?» Chiesi, ridendo.
«Ora vedrai.» Rispose, baciandomi. 


Risi e poi ricambiai il bacio che lui approfondì mettendomi la lingua in bocca. Solo dopo decise con il mio consenso ovviamente di penetrarmi con la sua intimità. E questa volta non mi fece per niente male, era anche piuttosto piacevole.


Vabbè era normale, la seconda volta non era come la prima... no?!


Quindi lui questa volta non fu dolce, nel senso che non andò piano ma tenne un ritmo/movimento regolare, deciso e costante. La verità, non mi dispiaceva neanche, anzi ad un certo punto gli chiesi di aumentare e questo lo portò a venire quasi subito.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Capitolo 34 -Sbrigati- ***


Capitolo 34           


                                                                                                                -Sbrigati-


Mi svegliai in torno alle quattro e mezzo del pomeriggio di quella stessa giornata, Nathan mi abbracciava da dietro e stava ancora dormendo come se niente fosse. Una volta che lui aveva preso sonno era difficile che si svegliasse.


Avevamo passato gran parte della giornata a letto: a parlare del più e delle meno, di cose serie e di stupidaggini. A baciarci, ad abbracciarsi, a giocare a Wrestling, a fare l'amore e a dormire come due fracidi in letargo. 


Mi alzai dal letto lentamente cercando di non svegliare Nathan e riuscii nel mio intento; riuscii a non farlo svegliare. Ero ancora tutta nuda come Nathan del resto ed avevo tutta la mia intimità dolorante... era normale no?!


Presi l'intimo a casaccio e feci lo stesso con una maglietta e un pantalone; non avevo guardato cosa avessi preso ma poco importava. Andai di corsa in bagno e legai i capelli con un mollettone trovato sulla specchiera.


Aprii l'acqua mettendomi in doccia e quando lavai la parte bassa del mio corpo l'acqua diventò di un leggero color rosa pallido. No, non erano le mestruazioni: era il residuo dell'imene spezzato, bruciava un pochino ma non dovevo preoccuparmi: mi dovevo ancora abituare.


Finii di lavarmi, mi asciugai e mi vesti... alla fine avevo preso a random una maglietta rossa e un legging bianco; i calzini non centravano nulla: erano di color verde fosforescente. L'intimo anche perché era arancione chiaro.


Mi guardai allo specchio e di decisi di applicare soltanto un pò di mascara nero sulle ciglia, mi pettinai i capelli e li legai meglio con il mollettone della nonna. Non era della nonna certo, però mi ricordava molto lei... lasciatemi perdere. 


Dovevo ancora accompagnare Nathan a casa e si stava facendo anche piuttosto tardi, quindi era giunto il momento di svegliarlo. Andai in camera da letto, stava ancora dormendo, lo svegliai dolcemente. 


Lui come al solito brontolò ma si alzò lo stesso dal letto, prese i suoi vestiti e decise prima di lavarsi perché a detta sua puzzava di sudore. Un pò aveva ragione eh... ma non era così fastidioso come aveva detto lui.


«Sbrigati però eh.» Gli dissi.
«Potevi anche svegliarmi prima.» Mi puntò il dito contro.
«Guarda che anch'io mi sono svegliata da poco.» Mi giustificai.
«Perciò non darmi fretta.» Disse, presuntuoso.
«Dopo possono pensar male.» Provai a farlo ragionare.
«... di sicuro mia madre.» Riflettette
«Appunto, quindi alza il culo e va a lavarti.» Ordinai.
«Okay okay.» Alzò le mani.
«E cerca di non morire in bagno.» Dissi, mentre lo guardavo dirigersi in esso.
«Va beneeee.» Sbuffò, e chiuse la porta.


Nel mentre andai fuori al balcone a prendere un paio di scarpe da ginnastica, avevo l'abitudine di lavare le scarpe che indossavo una volta a settimana. Anche se era pulite continuavo a lavarle e questo le portava a rovinarsi subito. 


Non mi puzzavano neanche i piedi onestamente (tranne a volte quando portavo le scarpe per molto tempo), però avevo questa strana abitudine e ossessione che mi portava a pensare che i piedi fossero sempre sporchi. Una volta mia madre mi disse che compravo più scarpe io che l'intero mondo. 


Per non parlare poi del fatto che usato principalmente lo stesso modello da sempre sin da piccola: le Converse. Non sempre di marca attenzione, compravo anche quelle che vendevano i Cinesi, non mi importava molto della marca ovviamente... erano solo scarpe.


Le trovavo confortevoli, comode e leggere ai piedi, facili da indossare e da portare... come se camminassi sempre scalza, senza avere nulla ai piedi. Le avevo di molti colori, rosse, nere, blu, bianche, gialle, verde e altri che ora non ricordo. 


Comunque dopo essermi messa le scarpe mi misi sul divano vicino a Dybala, mentre Nathan era ancora in bagno. Passarono cinque minuti e Nathan stava ancora in bagno, passarono dieci minuti e lui neanche usciva.


Passarono quindici, venti, venticinque minuti e lui ancora non usciva dal bagno... o si era sentito male o si era addormentato in doccia. Mi alzai dal divano e andai vicino alla porta del bagno, non sentii nessun rumore.


«Nathan, ma ti vuoi muovere?» Urlai, bussando alla porta. 
«Shiver aspetta, sto cagando.» Urlò a sua volta.
«Nathan!» Esclamai.
«Tu non la fai?» Chiese lui. 
«Certo, ma-» Mi interruppe. 
«Shiver, se parli non riesco a farla.» Disse, sospirando. 
«Okay, scusa... spicciati però.» Urlai, andando di nuovo sul divano.

                       

                                       Let it be


Nathan portava sfiga comunque, non solo eravamo in ritardo ma beccammo anche il traffico e sua madre lo stava chiamando da un bel pò. Faceva una chiamata dietro l'altra, o aveva i minuti illimitati o stava sempre al Tabacchi a fare ricariche su ricariche.


Poco prima c'eravamo messi d'accordo con Liam e Danielle per escogitare un piano: per non far sapere alla mamma di Nathan che quest'ultimo avesse passato la notte da me. Per non avere problemi dunque. 


Più che altro era una piccola ed innocente bugia: Nathan avrebbe detto a sua madre che aveva passato tutta la notte a casa di Liam. Che erano usciti insieme, che aveva bevuto qualche birra di troppo e che non era riuscito a tornare a casa.


Solo che Nathan non beveva... avrebbe detto che si era fatto passare lo sfizio di farlo per una serata. 


Era abbastanza infantile lo so, ma che dovevamo fare?! Vi ho raccontato qualcosa al riguardo de comportamento di Alexandra... era molto protettiva verso Nathan. 


«La smetti di scaccolarti il naso?» Dissi a Nathan.
«Stai zitta, che non riesco a togliermi sta polpetta.» Disse, con il dito nel naso. 
«Ma non ci posso credere!» Dissi, esasperata.
«Te lo giuro, non si stacca.» Ribadì lui.
«No, non hai capito... il mio “non ci posso credere” è dovuto dal fatto che sei talmente sfigato, ma tanto sfigato che non riesci neanche a scaccolarti.» Spiegai.
«Ma non ti voglio neanche rispond- ci sono! Eccola, eccola... aaah!» Esclamò, estraendo il dito dal naso.
«E ora come ti pulisci?» Chiesi.
«Oh... ehm... Così!» Rispose, pulendosi su di me.
«NATHAN MA CHE SCHIFO!» Urlai.


Come una matta parcheggiai l'auto in un punto qualsiasi e presi a menare Nathan; che al quale se la rideva. Allora, presa dalla “rabbia improvvisa” presi a menarlo con più forza, ancora più forte con più rabbia. 


Dalla sua bocca ora volavano Madonne, imprecazioni, insulti vari nei miei confronti... che non badai minimamente.


Solo quando lo vedi rannicchiato come un riccio contro il sediolino che decisi di fermarmi. Ritornai al mio posto come se nulla fosse accaduto, riaccesi l'auto continuando il tragitto che stavo intraprendendo poco prima.


In quel preciso istante squillò per la milionesima volta il cellulare di Nathan che ruppe il silenzio. 


«Mamma, sto venendo!» Disse Nathan.


Non avevo dubbi che fosse sua madre a chiamarlo, ormai lo avrete capito anche voi che era molto “oppressiva” nei confronti di Nathan. Neanche mia madre mi chiamava così spesso da quando mi ero trasferita. 


Anzi, c'erano giorni in cui non mi chiamava neanche, io ero che andavo a trovarla o le inviavo un messaggio per sapere se stesse bene o se le servisse qualcosa. Ma non ero ossessionata nel chiamarmi come faceva Alexandra.


Comunque, la chiamata durò poco e niente e Nathan si lamentò subito di sua madre, iniziando anche a sparlare di lei. Aveva avuto delle “opinioni” poco buone nei confronti di sua madre, da parte sua non me lo sarei mai aspettata.


Disse che era meglio se sua madre si metteva i tacchi e una gonna per lavorare, praticamente in parole povere aveva detto che sua madre era una prostituta. Ecco.


«Ricordati di dire che hai dormito da Liam.» Gli rammentai.  
«Sì.» Disse semplicemente. 
«E tienimi aggiornata se Vincent fa qualche dispetto.» Continuai.
«Vaffanculo Shiver.» E iniziò a ridere. 
«Per lo meno ti ho fatto ridere.» Gli feci notare. 
«Ma serio!» Esclamò, ridendo ancora. 
“E' così bello quando ride!” Pensai.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Capitolo 35 -Vattene- ***


Capitolo 35                


                                                                                                           -Vattene-


Svoltai a destra arrivando finalmente a destinazione, ovvero a casa di Nathan e come al solito avevamo fatto molto tardi. Non era una novità, ormai avevamo fatto l'abbonamento con i ritardi... ma questo succedeva soltanto quando c'era anche Nathan. 


Mi ero dovuta fermare un paio di volte da quando eravamo partirti da casa mia. Mi ero fermata per picchiare Nathan, per il traffico o perché lui doveva fare “urgentemente” pipì. Dico davvero, mi ero fermata tre volte per quello!


Comunque come stavo dicendo, eravamo arrivati a casa di Nathan con molto ritardo, eravamo partiti alle cinque e giù di lì del pomeriggio da casa mia per arrivare a casa sua alle sette di sera. Caspita, Nathan mancava da casa quasi da un giorno!


Un pò fu anche colpa nostra perché c'eravamo svegliati abbastanza tardi, un pò perché Nathan aveva perso tempo al bagno a fare i suoi bisogni. Un pò perché come al solito avevamo beccato il traffico e anche perché Nathan doveva sempre fare pipì.


Entrai nell'area “parcheggio” del condominio, io e Nathan notammo Alexandra che aspettava sull'entrata del condominio. Mi sembrava un soldato che faceva da guarda a qualcosa di tanto importante.


Aveva le braccia conserte al petto, lo sguardo cupo e gli occhi pieni di rabbia, aveva addosso il pigiama e le occhiaie sotto agli occhi. Aveva anche i capelli spettinati, legati alla cavolo da un mollettone ed indossava ai piedi le pantofole.


Spensi il motore della macchina, io e Nathan ci guardammo negli occhi pronti per “eseguire” il nostro attuale piano. Mi stava salendo un pò d'ansia, ma allo stesso tempo ero euforica, non chiedetemi il motivo... non lo sapevo neanche io.


Sospirammo all'unisono, scendemmo dalla macchina e ci avvicinammo ad Alexandra e salimmo sul “marciapiede” del condominio. Speravo che il piano avrebbe funzionato e che lei ci avrebbe creduto... lo speravo veramente.


«Buonase-» provai a dire.
«Tu ascoltami bene!» Mi interruppe Alexandra.
«No-» Fui interrotta di nuovo.
«Sta lontana da mio figlio!» Urlò lei.
«IO LO AMO!» Urlai più forte.
«Non me ne frega un cazzo.» Disse lei, tra i denti.
«Lo amo... non posso farci nulla.» Affermai.
«Vattene Shiver.» Mi ordinò lei.
«No!» Esclamai.
«Vattene!» Ripetette.
«Non me ne vado.» Mi impuntai.
«Chi ti credi di essere?» Chiese Alexandra.
«Chi siete voi per dirmi cosa fare.» Risposi, alterata.
«Te lo ripeto per l'ultima volta: VATTENE!» Mi voltò le spalle.
«HO DETTO DI NO!» Urlai.


Successe all'improvviso, non ero pronta e non sapevo che sarebbe potuto succedere. Fatto sta che Alexandra si voltò velocemente e mi spinse violentemente con le mani. Non avrei mai creduto che l'avrebbe fatto per davvero, ma lo fece.


Caddi all'indietro con la schiena a terra senza battere con la testa al suolo fortunatamente. Nathan urlò dicendo alla madre che era una stupida e che stava come sempre fraintendendo tutto, e che era matta e che quei “gesti” erano sbagliati.


Riuscii qualche secondo dopo a sollevarmi di poco, guardai Alexandra come se non la conoscessi. Nathan provò ad avvicinarsi a me per aiutarmi ma fu bloccato da due omoni belli grandi... chi erano quelle persone?


Nathan fu portato via mentre si divincolava e si ribellava senza successo... possibile che stessero vincendo in quel momento i cattivi? Era impossibile! Pregai Dio che non gli facessero alcun male, perché sennò avrei fatto una strage incredibile.


Mi alzai all'mpiedi con le gambe tremolanti, avevo un dolore lancinante alla schiena e al bacino: tipo pulsazioni continue e colpetti nelle ossa. Mi mancava il respiro e non riuscivo a stare dritta e tendevo nel piegarmi in avanti.


Mi scapparono alcune lacrime dagli occhi, strinsi i pugni e mi avviai il più velocemente possibile alla macchina. Salii dentro e guardai Alexandra: la guardai negli occhi che erano tristi, abbattuti come se stesse per piangere... perché?


                                                                                           Let it be


Chat WhatsApp tra Shiver e Danielle.


Danielle:
Com'è andata?

Me:
Malissimo.

Danielle:
Come mai?

Me:
Il piano non ha funzionato.

Danielle:
Come non ha funzionato?

Me:
Esattamente.

Danielle:
Spiegati meglio!

Me:
Non ci ha dato modo di parlare, ha fatto un casino incredibile e se le presa con me! Come se la colpa fosse mia ma non è affatto così e tu lo sai. Io amo follemente Nathan e farei qualsiasi cosa per lui. E in cambio vengo trattata da schifo... non è giusto: NON SI FA!


Danielle visualizzò il messaggio, non rispose ma mi chiamò telefonicamente, risposi alla chiamata e mi chiese di raccontarle tutto, così mi avrebbe dato un parere e un buon consiglio. Del resto lei era abbastanza brava in questo.


Sospirai ed iniziai a parlare, le raccontai che io e Nathan avevamo studiato per bene il piano e che lo avevamo ripetuto mille volte in macchina. Ma, una volta arrivati a casa sua non avevamo avuto modo di fare nulla, perché Alexandra non aveva voluto sentir ragione. 


Le raccontai di come Alexandra mi avesse ordinata di andarmene e di lasciar stare suo figlio. Le dissi che avevo puntato i piedi a terra e che avevo urlato che amavo follemente Nathan e che non volevo fargli del male.


Io volevo il meglio per lui, proprio come lei: ma questo lei non lo capiva... lo ignorava. Ignorava le mie parole, ignorava il mio amore, ignorava la mia esistenza. Ignorava la realtà dei fatti, ignorava tutto e tutti. 


Le raccontai alla fine anche quando Alexandra mi aveva spinto violentemente a terra. Danielle rimase senza parole e come darle torto neanche io mi capacitavo del suo gesto. Però quello che non capivo era il suo sguardo abbattuto. 


Come se non volesse realmente farlo e che fosse stata in un certo senso costretta. 


«Perché, che sguardo aveva?» Mi domandò Danielle.
«Abbattuto... come se non volesse realmente farlo.» Rispose.
«E allora perché l'ha fatto?!» Chiese confusa.
«Non lo so.» Sospirai.
«Forse sa qualcosa di Nathan e non vuole farti soffrire.» Suppose Danielle.
«Nah... Nathan me lo avrebbe detto.» Dissi.
«Tesò ti dico la verità, vedo Nathan strano.» Si confidò lei.
«Strano? In che modo?» Domandai.
«Come se avesse qualcosa da nascondere.» Rispose.
«Tu credi?» Chiesi.
«Sì...» Rispose.
«Cosa potrebbe essere?» Le domandai.
«... non lo so... ma apri gli occhi.» Mi consigliò.
«Credi che mi stia prendendo in giro?» Le domandai sul punto dal piangere.
«Vorrei tanto saperlo.» Mi rispose. 


Arrivai a pensare realmente che Nathan mi stesse prendendo in giro e che stesse giocando con i miei sentimenti. Arrivai a pensare realmente che Nathan mi stesse solo usando per i suoi loschi scopi: per soddisfare le sue voglie.


Arrivai a pensare realmente che Nathan mi facesse compagnia solo perché si stava annoiando e che non avesse niente di meglio da fare. Del resto mi aveva abbandonata in passato e questo non gli vietava di farlo per la seconda volta.


Allora perché mi baciava, faceva l'amore con me e mi dava delle attenzioni? Quali erano i suoi veri scopi, a che punto voleva arrivare, cosa voleva fare, qual'era il suo limite? Quando si sarebbe fermato? Quando si sarebbe stufato?


Voleva continuare a prendermi in giro? Però se fosse così allora perché aveva provato a difendermi? Per far scena o mi stavo semplicemente facendo dei filmini mentali e che lui non stava facendo davvero nulla di male.


Era sua madre che non voleva che si fidanzasse con me, anzi, non voleva che si fidanzasse a prescindere dalla persona. Lo voleva tutto per se, e allora perché aveva deciso di mettere su famiglia se non aveva intenzione di farli vivere?


Non aveva neanche accettato che Nathan si era fidanzato all'epoca con Eleonor. Bè, Eleonor era una gran mignotta comunque, non era neanche degna di essere paragonata a me, eravamo completamente diverse di carattere e di personalità.


Comunque, ritornai alla realtà ricordandomi che ero ancora al telefono con Danielle, le diedi la buonanotte e riattaccai la chiamata. 


Posai il cellulare, mi misi meglio sotto alle coperte e mi ritrovai a vagare con lo sguardo nel buio. Volevo solo essere felice, ma non me ne stavano dando l'occasione per farlo... mi stavano complicando la vita.


Dovevo lottare!

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Capitolo 36 -Ti credo- ***


Capitolo 36         

                                                                                                                  -Ti credo-
.

Mi alzai il giorno dopo dal letto e avertii un fortissimo dolore lancinante alla schiena dovuto sicuramente alla caduta che avevo avuto. Avuto... semmai subìto da Alexandra... non avevo deciso io di cadere. 


Mi tolsi di dosso la maglietta e mi avvicinai allo specchio, avevo un grande livido lungo e largo per la schiena: era orizzontale e sembrava quasi una cicatrice chirurgica fatta malissimo. Dubitavo che sarebbe guarito in tre o quattro giorni.


Potevo benissimamente andare in questura e denunciare Alexandra per questo, per il danno che mi aveva fatto la sera prima. Certo, non avrebbe pagato molto, ma per lo meno avrebbe avuto l'ordine restrittivo. 


Ma non lo avrei fatto, non l'avrei denunciata; avrei fatto finta di nulla per non sollevare un polverone. Poi onestamente non volevo far soffrire Nathan; perché se avessi denunciato sua madre lui avrebbe sofferto per la perdita. 


Mi misi la maglietta con lentezza, mi presi un antidolorifico e mi applicai da solo un pò di Voltaren... provai delle fitte incredibili. Non riuscivo neanche a tener la schiena dritta perché provavo troppo dolore, così restai leggermente incurvata. 


Come se avessi avuto il colpo della strega. 


Fatto ciò andai in salone, mi sedetti sul divano accendendo la televisione e Dybala venne ad coccolarsi vicino a me. Lo accarezzai con una mano, mentre con l'altra afferrai il cellulare per poter contattare Nathan... per vedere se lui stesse bene.


Chat WhatsApp tra Shiver e Nathan.


Me:
We, come stai?

Nathan:
Shiver! Mi dispiace molto per quello che è successo!!

Me:
Tranquillo, tu non centri nulla... no?!

Nathan:
Esatto, non centro nulla. Sono una vittima proprio come te.

Me:
Nathan, sicuro che non mi stai nascondendo nulla?

Nathan:
No Shiver, te lo giuro! Non so cosa le sia preso.

Me:
Ti credo.

Nathan:
Davvero?

Me:
Sì, non dovrei?

Nathan:
Sì Sì. Mi devi credere Shiver, non sto facendo nulla di male.

Me:
Ti credo Nathan, di te mi fido ciecamente.

Nathan:
Non ti farei mai del male.

Me:
Lo so Nathan.

Nathan:
Mi dispiace!

Me:
Tu non centri nulla, tranquillo.

Nathan:
Non so perché lei stia facendo così.

Me:
Vorrei tanto saperlo.

Nathan:
Eppure quando eri piccola ti amava di bene, ora sembra che ti odi.

Me:
L'ho notato.

Nathan:
Non so più come comportarmi con lei, non è mai contenta di me.

Me:
E' molto protettiva nei tuoi confronti.

Nathan:
Eh lo so.

Me:
Oggi ci vediamo?

Nathan:
Ti manco?

Me:
Vaffanculo.

Nathan:
Hahaha.

Me:
Allora?

Nathan:
Sì.

Me:
A dopo allora chiavica.

                                                                                           Let it be


Nathan arrivò a casa mia intorno alle cinque e venti del pomeriggio, era venuto come sempre con la sua fidata bicicletta. Manco si decideva a prendere la patente, quando avrebbe piovuto come avrebbe fatto a pedalare?!


Era vestito in modo abbastanza semplice, aveva addosso una tuta della Givova (se non mi sbaglio quella che aveva acquistata all'Ipercoop) nera e azzurra. Gli stava un pò larga, ma si notava a malapena.


Era venuto proprio quando il pavimento si era asciugato (Dybala aveva fatto la cacca a terra... di nuovo). Stava prendendo questo brutto vizio di farla per casa, credo che lo facesse per attirare l'attenzione su di se. 


Comunque, notai con grandissimo piacere che Nathan non aveva nulla di rotto. Non aveva nessun graffio o livido, stava bene fisicamente.... ma emotivamente? Non lo sapevo... ma si notava che era scosso ed era anche pallido in volto. 


«Ma chi erano quei uomini?» Chiesi.
«I cugini di mia mamma.» Rispose, sedendosi sul divano.
«Ti hanno fatto qualcosa?» Domandai, preoccupata.
«No, non mi hanno fatto niente... e a te?» Chiese di rimando.
«No, te lo giuro.» Risposi.
«Mia mamma ti ha detto qualcosa?» Domandò.
«Quello che hai sentito anche tu.» Risposi, sedendomi vicino a lui.
«Niente più?» Chiese ancora.
«No, nulla.» Scrollai le spalle.
«Sicura?» Domandò con insistenza.
«Sì... perché cosa mi doveva dire?!» Fu a me chiedere ora.
«E a me lo chiedi!?» Esclamò divertito.
«Comunque no, non ha detto nulla.» Risposi di nuovo.
«E' strano però... ha sempre qualcosa da dire.» Disse.
«E a te ha detto qualcosa?» Chiesi. 


Lui mi guardò profondamente negli occhi, sospirò e alla fine annuì con la testa in segno affermativo: sua madre gli aveva detto qualcosa al riguardo della vicenda. Scommettete che aveva detto delle cose orribili nei miei confronti?


Sospirai anch'io e gli chiesi di dirmi cosa le avesse detto sua madre nei miei confronti. Lui all'inizio lui non aveva assolutamente parlarne, non voleva per niente dirmelo: ma io mi impuntai e lui alla fine cedette e mi raccontò tutto. 


Mi disse che sua madre gli aveva detto o meglio ordinato/proibito di non vedersi con me, perché io non ero adatta per lui e che lo avrei soffrire che lo stavo soltanto prendendo in giro per i miei scopi maligni. 


Disse che ieri sera sua madre era molto nervosa, e che le aveva alzato la voce, adesso era rimasta senza e che avesse anche il mal di gola. Tanto peggio per lei visto che con la sua bocca diceva solo stronzate. 


Eppure come aveva detto anche Nathan, tempo a dietro Alexandra mi voleva molto bene e mi trattava come se fossi sua figlia. Mi dava sempre degli ottimi consigli e spesso nel pomeriggio ci prendevamo un caffè insieme.


Mi portava spesso con lei in giro, le facevo compagnia dal medico di base, o l'aiutavo a fare la spesa e delle volte l'aiutavo persino nelle faccende domestiche. Ogni tanto andavamo anche dal parrucchiere insieme o ci vedevamo una serie Tv.


Ma poi non sapendo affatto il motivo lei era cambiata in quei tre anni, mi aveva preso in odio e mi trattava da schifo. Diceva delle cose brutte sul mio conto, mi guardava storto: mi offendeva con quello che stava facendo. 


Mi proibiva di veder suo figlio, mi proibiva di amarlo liberamente, mi proibiva di dimostrarle che davvero lo amavo. 


«Ma lei ora sa che sei qui?» Domandai a Nathan,
«No, non lo sa.» Rispose.
«Non le hai detto dove andavi?» Chiesi ancora.
«Le ho detto che avrei fatto un giro per Napoli.» Rispose.
«Forse i suoi cugini ti stanno facendo la spia.» Dissi.
«Nah, non credo.» Scartò la mia ipotesi.
«E tu che ne sai?!» Lo guardai confusa.
«Non avevo nessuno dietro.» Mi informò.
«Forse non hai guardato bene.» Dissi.
«Hai paura?» Chiese, ridendo.
«Sì, che ti possono fare qualcosa di male.» Ammisi.
«Tranquilla, non dovi preoccuparti per me.» Mi consolò lui.
«Mi preoccupo invece.» Controbattei.
«E perché?» Domandò sfacciato.
«Vaffanculo!» Esclamai.


Lui rise di gusto, si vedeva che lui non era per niente preoccupato per la situazione che si era creata, per quello che stava succedendo. Mi chiedevo come facesse a stare così tranquillo, come faceva a non pensarci. 


Solo io avevo paura? Paura non per me, ma per lui, avevo paura che sua madre o i cugini di essa potessero fargli qualcosa di brutto. Chissà se anche lui era preoccupato almeno un pochino per me... non potevo saperlo... era impossibile.


Gli diedi un leggero shiaffetto giocoso sulla testa, lui smise di ridere e si fece molto più serio. Mi guardò poi divertito, sorrise malizioso e si avvicinò a me, mise le mani attorno ai miei fianchi e mi mise su di lui. Lo guardai stranito, lui semplicemente mi baciò sulla bocca ed io ricambiai.


Mentre lui mi baciava, prese a togliermi i pantaloni e l'intimo, mentre io gli sbottonai i jeans e glieli abbassai con tutto i boxer fino alle caviglie. Guidò la sua intimità eretta nella mia vagina ed ansimò leggermente quando fu dentro del tutto. 


Presi a cavalcarlo con moderazione mentre lui mi guidava con i fianchi. Si staccò dalle mie labbra e gemette dal piacere, perché era molto piacevole quella sensazione di pienezza totale. Quella sensazione di libertà.


Presi poi a muovermi con più tenace, lui apprezzò e ogni tanto si lasciava scappare qualche gemito vigoroso e audace. Poco dopo mi sollevò togliendosi dal mio corpo sentendo il suo seme caldo che colava in basso alla mia schiena e sul mio sedere nudo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Capitolo 37 -Puoi dimostrarlo?- ***


Capitolo 37                

                                                                                                          

          -Puoi dimostrarlo?-


Chat WhatsApp tra Alexandra e Shiver


Sconosciuto:
Ciao Shiver.


Me:
Scusa, ma chi sei?


Sconosciuto:
Lo sai perfettamente.


Me:
Se lo avessi saputo non te lo avrei chiesto.


Sconosciuto:
Ma fai sul serio?


Me:
Sì, non ho il tuo numero salvato in rubrica e non mi appare la tua foto profilo.


Sconosciuto:
Bè, ho preso un numero nuovo ed è strano che non ti appare la foto.


Me:
Avrai il profilo privato.


Sconosciuto:
E' probabile.


Me:
Dunque chi sei?


Sconosciuto: 
Sono Alexandra.


Me:
La mamma di Nathan?


Alexandra:
Esattamente.


Me:
E cosa volete ancora da me? Non vi basta ciò che mi avete fatto?


Alexandra:
Voglio solo parlare civilmente.


Me:
Ah ma davvero? E di cosa volete parlare?


Alexandra:
Secondo te?


Me: 
Ditemelo voi, non sto nella vostra testa, quindi non so a cosa state pensando.


Alexandra:
Abbassa la cresta che sto solo cercando di parlare.


Me:
E allora parlate, forza!


Alexandra:
Sai che ce? Non voglio dirti più nulla.


Me:
No no, ora parlate.


Alexandra:
Arrangiati!


Me:
Okay okay, vi chiedo scusa per la mia prepotenza, ora mi potete dire quello che mi volevate dire poco prima?


Alexandra:
Penso che dovresti andare a scuola, non si è capito nulla di ciò che hai scritto.


Me:
Lasciate correre il mio italiano... cosa volevate dirmi?


Alexandra:
Volevo parlare di Nathan.


Me:
Che cosa centra ora Nathan?


Alexandra:
Se non l'avessi notato, Nathan centra sempre!


Me:
Bè, non posso darvi torto.


Alexandra:
Ecco appunto.


Me:
E...?


Alexandra:
Volevo farti delle domande.


Me:
Domande?


Alexandra:
Sì.


Me:
Ah okay, va bene.


Alexandra:
Però mi devi promettere due cose.


Me:
Sarebbe?


Alexandra:
La prima è che devi essere sincera con me.


Me:
Va bene, lo sarò.


Alexandra:
La seconda invece vorrei che tenessi la bocca chiusa. Che non dicessi nulla a nessuno che ti ho scritto.


Me:
Perché?


Alexandra:
Non voglio discussioni e neanche tu suppongo.


Me:
Vero anche questo.


Alexandra:
Quindi?


Me:
D'accordo, terrò la bocca chiusa.


Alexandra:
Non mi deludere Shiver.


Me:
Non lo farò.


Alexandra:
Bene, posso partire con le domande?


Me:
Certo.


Alexandra:
Quando è iniziato tutto?


Me:
3/4 anni fa.


Alexandra:
Perché è finita?


Me:
Perché vi ha seguita a New York.


Alexandra:
Chi ha deciso di tenerlo nascosto?


Me:
Nathan.


Alexandra:
Come mai?


Me:
Voleva esserne sicuro.


Alexandra:
Sicuro di cosa?


Me:
Che potesse funzionare tra noi.


Alexandra:
Chi si è dichiarato per primo?


Me:
Io, lui non l'ha mai fatto. 


Alexandra:
Mai?


Me:
No, mai.


Alexandra:
Cosa facevate insieme?


Me:
Cose banali.


Alexandra:
Sarebbe?


Me:
Parlavamo, uscivamo, guardavamo un film insieme... cose così.


Alexandra:
Solo questo?


Me:
Sì.


Alexandra:
Non avevate rapporti sessuali?


Me:
Ma siete fissata con questa cosa!


Alexandra:
Rispondi Shiver.


Me:
Al tempo no. 


Alexandra:
Perché ora sì?


Me:
.....


Alexandra:
Shiver.


Me:
Sì cazzo! Ora sì.


Alexandra:
Mannaggia a te Shiver!


Me:
Perché dite questo?!


Alexandra:
Ti sei legata di più a lui adesso?


Me:
Non ho bisogno di fare sesso per legarmi di più ad una persona.


Alexandra:
Eri vergine quando è successo?


Me:
Sì.


Alexandra:
Perché proprio con lui?


Me:
Perché lo amo.


Alexandra:
E lui ama te?


Me:
Non lo so.


Alexandra:
Non ha dormito da Liam, vero?


Me:
No, ha passato la notte da me.


Alexandra:
A fare?


Me:
Alexandra.


Alexandra:
Rispondi, tanto siamo donne.


Me:
Quella cosa là.


Alexandra:
Cosa?!


Me:
Abbiamo fatto l'amore.


Alexandra:
Ci voleva tanto?


Me:
Mi avete messa a disagio.


Alexandra:
Quando è venuto da me a New York, avete avuto contatti?


Me:
No.


Alexandra:
Sicura?


Me:
Sì, mi aveva bloccato su ogni Social Network, Facebook, Instagram, WhatsApp ecct ecct.


Alexandra:
Hai mai provato a cercarlo?


Me:
Ovviamente.


Alexandra:
Ci sei mai riuscita?


Me:
No.


Alexandra:
Sai che siamo stati a New York per un anno e mezzo?


Me:
Sì, Nathan me l'ha raccontato.


Alexandra:
Immagino che in parte ti avrà mentito.


Me:
Perché pensate questo?!


Alexandra: 
Dai Shiver, lo sappiamo entrambe che Nathan è un pò bugiardo!


Me:
Anche questo è vero.


Alexandra: 
Quando Nathan si fidanzò con Eleonor tu già lo amavi?


Me:
Sì.


Alexandra: 
Cosa provasti?


Me:
Cosa avrei dovuto mai provare? Provai rabbia, collera, tristezza... stavo male ma mi bastava un suo sorriso per essere felice.


Alexandra: 
Hai mai accettato la loro relazione?


Me:
MAI!


Alexandra: 
Neanche io.


Me:
Ahahah lo so.


Alexandra: 
Quando hai incontrato di nuovo Nathan, cosa hai provato?


Me:
Stupore, felicità, un pò di rancore e avevo il cuore a mille.


Alexandra: 
Ha cercato lui a te o tu a lui?


Me:
Lui a me.


Alexandra: 
In che modo?


Me:
Tramite WhastApp.


Alexandra: 
Cosa ti chiese per prima cosa?


Me:
Se mi fossi fidanzata.


Alexandra: 
Perché?


Me:
Non lo so.


Alexandra: 
Ti ha subito detto che era lui?


Me:
No.


Alexandra: 
Gli hai mai chiesto il motivo di quella domanda?


Me:
Ovviamente.


Alexandra: 
E lui cosa ti ha risposto?


Me:
Non mi ha mai risposto in realtà, ci ha sempre girato intorno: non ho mai avuto una vera e propria risposta.


Alexandra: 
Sai il motivo?


Me:
No.


Alexandra: 
In questi anni che siamo stati via, cosa hai fatto?


Me:
Bè, un pò di cosa in realtà. Ho sofferto molto per la partenza di Nathan, ci ho messo sei mesi per riprendermi un pò. Ho preso in mano la mia vita, ho studiato, sono diventata un Assistente Sociale. Quindi mi sono trovata un lavoro, ho preso una casa in affitto, la patente, la macchina e una motocicletta. Ho preso un cane: Dybala un Pittbull bianco con gli occhi azzurri, ma voi l'avete già visto una volta.


Alexandra: 
Abiti ancora a Napoli?


Me:
Ora abito a Cardito, sempre provincia di Napoli.


Alexandra: 
Da quanto tempo vivi da sola?


Me:
3 anni all'incirca.


Alexandra: 
Cosa speri nel futuro?


Me:
Bè, vorrei sposarmi e mettere su famiglia.


Alexandra: 
Con Nathan deduco.


Me:
Bè... mi piacerebbe molto, non lo nego.


Alexandra: 
E se non fosse così?


Me:
Cioè?


Alexandra: 
Se lui non volesse quello che desideri tu?


Me:
Me ne farei una ragione.


Alexandra: 
Davvero?


Me:
Sì, certo.


Alexandra:
Non lotteresti?


Me:
No, non avrebbe senso lottare, non posso mica obbligarlo a fare qualcosa che non vuole. Non sarebbe giusto da parte mia fare una cosa del genere. Io lo amo follemente, e farei di tutto per lui, qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Preferisco versare qualche lacrima in più per vederlo felice, ha sofferto già abbastanza nella vita: non voglio vederlo soffrire ancora. Basta che sia felice lui... anche senza di me.


Alexandra:
Mhm... belle parole... ma appunto sono solo parole.


Me:
Vi sbagliate, non sono solo parole.


Alexandra:
Ah no?!


Me:
NO!


Alexandra:
Puoi dimostrarlo?


Me:
Col tempo sì.


Alexandra:
Sai come potresti dimostrarlo?


Me:
No, illuminatemi.


Alexandra:
Ancora a fare la prepotente...


Me:
Chiedo scusa.


Alexandra:
Come ti ho detto: sai come potresti dimostrarlo?!


Me:
No, come?


Alexandra:
E' molto semplice.


Me:
Sarebbe?


Alexandra:
LASCIANDOLO IN PACE!


Me:
No, mai.


Alexandra:
Dovresti invece.


Me:
E perché mai?


Alexandra:
Vuoi saperlo?


Me:
Sì.


Alexandra:
Perché non ti ama, non l'ha mai fatto e mai lo farà. 


Me:
E questo chi ve l'ha detto?


Alexandra:
Nessuno, l'ho capito da sola.


Me:
Forse vi sbagliate.


Alexandra:
Non mi sbaglio mai.


Me:
Forse questa volta sì.


Alexandra:
Ti stai sbagliando tu.


Me:
Ma cosa vi ho fatto di male?! Perché mi odiate?!


Alexandra:
Non ti odio Shiver.


Me:
A me sembra proprio di sì.


Alexandra:
Lo vedi? Ti stai sbagliando di nuovo.


Me:
Come faccio a non pensarlo?! Mi state trattando da schifo... come se non valessi nulla... come se fossi io lo sbaglio. Sono solo umana e amo vostro figlio. NON POSSO FARCI NIENTE!


Alexandra:
Dimenticalo Shiver.


Me:
Perché?


Alexandra:
E' meglio così.


Me:
Meglio per chi?!


Alexandra:
Per te.


Me:
Ahahaha divertente.


Alexandra:
Non prenderla a ridere Shiver... è una cosa seria.


Me:
Mettetevi il cuore in pace.


Alexandra:
Che vorresti dire con questo?


Me:
Quello che ho voluto intendere.


Alexandra:
Che devo morire...?


Me:
No, non mi riferisco a questo.


Alexandra:
E a cosa allora?


Me:
Che non farò quello che mi state ordinando.


Alexandra:
Non te lo sto ordinando.


Me:
Obbligando?


Alexandra:
Neanche.


Me:
Costringendo?


Alexandra:
Nemmeno.


Me:
Proponendo?


Alexandra:
Neppure.


Me:
E cosa allora?


Alexandra:
Consigliando è la parola giusta.


Me:
Consigliando...


Alexandra:
Esattamente.


Me:
Il vostro è un consiglio... ?


Alexandra:
Brava.


Me:
Sapete cosa vi dico?!


Alexandra:
Cosa?


Me:
Non mi interessa del vostro consiglio... farò di testa mia.


Alexandra:
Ti farai solo del male così.


Me:
Chi voi?


Alexandra:
Non io.


Me:
E chi allora?


Alexandra:
Nathan.


Me:
Nathan?!


Alexandra:
Sì, mi rincresce dirlo ma è così.


Me:
Non vi credo.


Alexandra:
Problemi tuoi, dopo non venir a piangere da me.


Me:
Non lo farò.


Alexandra:
Staremo a vedere.


Me:
Ovviamente.


Alexandra:
Apri gli occhi.


Me:
Li ho spalancati.


Alexandra:
Sta attenta.


Me:
Certamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Capitolo 38 -Ora mi sento in colpa- ***


Capitolo 38                              


                                                                                            -Ora mi sento in colpa-
 

Chat WhatsApp tra Shiver e Danielle


Me:
Dany, ti devo parlare.


Danielle:
Ciao Shiver, sono Liam.


Me:
Ciao Liam, Danielle non c'è?


Danielle:
Certo che c'è.


Me:
Allora perché stai scrivendo tu?


Danielle:
Me lo ha chiesto lei di farlo.


Me:
Aaah, capito.


Danielle:
Cosa mi dovevi dire?


Me:
Indovina chi mi ha scritto?


Danielle:
Nathan?


Me:
No.


Danielle:
Eleonor?


Me:
No.


Danielle:
Chi allora!!


Me:
Alexandra.


Danielle:
La mamma di Nathan?


Me:
Esatto.


Danielle:
Davvero?


Me:
Sì, te lo giuro.


Danielle:
E che voleva?!


Me:
Voleva sapere delle cose... mi ha fatto un sacco di domande.


Danielle:
Domande?


Me:
Sì, me ne ha fatte così tante mi sono sentita come una Star in un Intervista.


Danielle:
Ahahah, cosa ti ha chiesto?


Me:
Mi ha chiesto di tutto in realtà, ha voluto sapere quando fosse iniziata questa “cosa” tra me e Nathan. Se avessi avuto contatti con lui quando era partito, se avessi mai accettato la sua vecchia relazione con Eleonor e tanto altro ancora.


Danielle:
Perché lo ha voluto sapere?


Me:
Booooh.


Danielle:
Ti ha detto altro?


Me:
Sì, mi ha detto di lasciar stare suo figlio perché lui non mi ha mai amato e mai lo farà.


Danielle:
Davvero crudele da parte sua.


Me:
Vero.


Danielle:
E tu che farai al riguardo?


Me:
Come ho detto anche a lei: farò di testa mia.


Danielle:
Posso darti un mio parere?


Me:
Certo.


Danielle:
Secondo me, dovresti darle ascolto.


Me:
Cosa... perché?


Danielle:
Chi meglio di lei può saperlo.


Me:
Ma lei non ha mai voluto che avessi una relazione con Nathan... quindi non posso crederle... per me sta cercando di mandarmi in confusione per farmici allontanare da lui.


Danielle:
Devi decidere tu... l'unico consiglio che posso darti è quello di tenere gli occhi aperti.


Me:
Va bene... ci sentiamo.


Danielle:
Ciao Shiver e sta attenta.


Me: 
Okay.


Danielle quella volta si stava sbagliando di grosso al riguardo di Alexandra, non mi potevo fidarmi di lei: non potevo darle ascolto. Non potevo darle ascolto dopo tutto quello era successo, non riuscivo proprio a fidarmi di lei.


Alexandra era diventata spregevole e voleva tutto sotto controllo a suo piacimento, ma con me non ci sarebbe mai riuscita... non le avrei data vinta. Doveva farsene una ragione, doveva arrendersi e accettare questa cosa tra me e Nathan.


                                                                                           Let it be


Chat WhatsApp tra Nathan e Shiver


Me: 
We.


Nathan:
We.


Me:
Tutto bene?


Nathan:
Sì, a te?


Me:
Bene... che fai?


Nathan:
Scusa, ora non non chattare... sono un attimo impegnato... sto risolvendo una questione urgente.


Me:
Questione urgente?


Nathan:
Sì.


Me:
Del tipo?


Nathan:
Poi te lo dirò, ora non posso.


Me:
Ma cosa riguarda?


Nathan:
Riguarda me.


Me:
E' grave?


Nathan:
No, tranquilla.


Me:
Sicuro?


Nathan:
Sì, a dopo.


Me:
Okay... a dopo.


Nathan visualizzò il mio messaggio senza darmi una risposta, andò offline lo feci anch'io lasciando la connessione dati accesa in attesa di un suo prossimo messaggio. Speravo che mi avrebbe scritto poi, e che non se ne dimenticasse.


Posai il cellulare sul tavolo andando poi fuori al balcone andandomi a sedere sull'altalena da giardino che avevo comprato qualche giorno prima. Mi dondolai leggermente con delicatezza, guardando davanti a me: c'era un bel tramonto.


Tutti erano strani, a partire dalla mamma di Nathan che mi aveva anche scritta facendomi molte domande. Domande sulla mia vita personale, su Nathan su cosa avessi fatto con Nathan. Faceva delle domande inadeguate. 


Cosa le importava poi, la vita era del figlio e decideva lui cosa fare o meno. Non aveva alcun senso che lo facesse lei al posto suo, non aveva senso che mi impedisse di vedere Nathan... non stavamo facendo nulla di male a nessuno.


Poi c'era Danielle e Liam che mi consigliarono di dar ascolto alle parole di Alexandra e di fidarmi di lei. No, loro non sapevano certe cose, non sapevano di cosa era capace Alexandra: avrebbe fatto di tutto pur di vedermi lontana da Nathan. 


Era questo quello che lei voleva... voleva tenere il figlio sotto una campana di vetro... ma io l'avrei distrutta quella campana, l'avrei distrutta con tutte le mie forze. L'avrei distrutta e avrei gettato i cocci di vetri sulla sua sconfitta.


Poi alla fine c'era Nathan, e anche lui si stava comportando in modo molto strano, era quasi del tutto distante. Già era successo in passato questa cosa della distanza tra me e lui, io ero un adolescente senza amici... avevo solo lui.


Poi qual'era la “questione urgente” di cui mi aveva accennato poco prima di staccare da WhatsApp? Forse aveva a che fare con i cugini di sua mamma, o forse stava semplicemente svolgendo qualche lavoretto per la Protezione Civile.


Era un Volontario della Protezione Civile.


Trattenni saldamente il respiro quando mi colpii in pieno una fitta abbastanza forte allo stomaco. Stava accadendo di nuovo la questione dell'ansia, dell'angoscia e dalla agonia. Come in passato, stava accadendo di nuovo. 


Solitamente mi veniva quel tipo di mal stomaco quando ero nervosa, arrabbiata, ansiosa o quando stava per accadere qualcosa di tragico. Mi alzai andando in camera da letto, mi sdraiai sul letto cercando di prendere sonno nella speranza che il mal di stomaco sparisse. 


                                                                                           Let it be


Chat WhatsApp tra Shiver e Nathan


Nathan:
Wewe.


Me:
Ciao Nathan, scusa se ti rispondo solo ora: mi ero addormentata.


Nathan:
Chi dorme non piglia pesci.


Me:
Questo lo dico io a te.


Nathan:
Ahaha.


Me:
Tutto bene?


Nathan:
Sì, a te?


Me:
Insomma.


Nathan:
Come mai?


Me:
Mi fa male lo stomaco.


Nathan:
Aaah capito.


Me:
Che fai?


Nathan:
Sto seduto sul divano e tu?


Me:
Nulla, te l'ho detto: mi sono appena svegliata.


Nathan:
Ah già, vero.


Me:
Certo che hai la memoria corta.


Nathan:
Eee ahaha.


Me:
Oggi che hai fatto di tanto “urgente”?


Nathan:
Sapevo che me l'avresti chiesto.


Me:
E...?


Nathan:
E... cosa?


Me:
Ma sei stupido o cosa?


Nathan:
Ahaha.


Me:
Allora?


Nathan:
Allora cosa?


Me:
Dai Nathan, rispondiiii.


Nathan:
Perché lo vuoi sapere?


Me:
Curiosità.


Nathan:
Mhm...


Me:
Dai, lo sai che di me ti puoi fidare ciecamente.


Nathan:
Lo so.


Me:
Quindi?


Nathan:
Quindi che cosa?


Me:
Mi stai prendendo in giro?


Nathan:
Hahah.


Me:
Dai, cosa ti costa nel rispondermi?


Nathan:
Nulla.


Me:
Quindi deduco che puoi rispondermi tranquillamente.


Nathan:
Certo.


Me:
...?


Nathan:
Sono stato impegnato con la Protezione Civile.


Me:
Aaah... ci voleva tanto?


Nathan:
Mi piace la suspance.


Me:
Idiota che non sei altro.


Nathan:
Non dire così, che mi offendo.


Me:
Uhh, povero piccino.


Nathan:
Che fai adesso? Mi prendi in giro?


Me:
Bè, lo conosci il vecchio detto? La ruota gira per tutti.


Nathan:
Eee.


Me:
Sei strano.


Nathan:
Come sono strano?


Me:
Ti sento un pò distante.


Nathan:
No no, ti sbagli. Sono solo un pò stanco di mia madre, delle sue malelingue. Un pò anche perché il lavoro, gli incarichi della Protezione Civile si sono fatti un pò pesanti. Siamo a corto di personale e ci tocca fare dei turni lunghissimi.


Me:
Sta ben sicuro e scusami per quello che sto per dire. A me di tua madre non me ne fotte proprio, può dire e fare quello che vuole lei: ma io non le credo. Sto dalla tua parte e ho molta fiducia in te.


Nathan:
Aaaah, qualcuno che mi crede.


Me:
So che non mi faresti mai del male.


Nathan:
Mai Shiver, credimi.


Me:
Ti credo.


Nathan:
Mi fa piacere saperlo.


Me:
Poi rifletti Nathan, se non avessi avuto fiducia in te non ti avrei dato la mia verginità.


Nathan:
ERI VERGINE?!


Me:
Sì...


Nathan:
Oh.


Me:
Non te ne eri accorto?


Nathan:
No.


Me:
Ah.


Nathan:
Ora mi sento in colpa.


Me:
No, non sentirti in colpa... l'ho voluto anch'io.


Nathan:
Sicura?


Me:
Certamente.


Nathan:
Va bene, dai cambiando discorso.


Me:
Okay.


Nathan:
Di cosa parliamo?


Me:
Non lo so... hai qualche idea.


Nathan:
No, ho solo sonno ahaha.


Me:
Và a dormire.


Nathan:
Grazie, buonanotte e scusami.


Me:
Tranquillo, buonanotte.


Nathan:
Domani ci vediamo?


Me:
Certo, a domani.


Posai il cellulare, mi sistemai meglio sotto alle coperte, provando a dormire un'altra volta. Avevo ancora quel maledettissimo e fottuto mal di stomaco che non mi stava dando per niente tregua, si era impossessato di me.


Non ero neanche riuscita a mangiare nulla, avevo bevuto solo un pò d'acqua con delle fette di limone al suo interno. In alcuni momenti il dolore si faceva più forte, ma così forte che non riuscivo nemmeno a respirare regolarmente. 


Avevo preso anche un Gaviscon e un paio di compresse di Maalox, ma non erano servite a niente, quei farmaci non mi avevano fatto nessun effetto. Come vi ho detto, mi veniva quel tipo di dolore quando ero troppo sotto stress emotivo. 


Era tutta colpa della madre di Nathan, era solo sua la colpa: di quella grandissima impicciona che non era altro. Che sputava solo veleno sulle persone che la circondavano, stava sempre in mezzo su tutto... ma non aveva una vita sociale?


Perché non si trovava un hobbie piuttosto che rompere le scatole alla povera gente che cercava soltanto di vivere serenamente. Qualcuno doveva fermarla, qualcuno che avesse molta forza di volontà e coraggio. 


Quel qualcuno ero io, avrei fatto di tutto per fermarla. 


Una volta per tutte e per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Capitolo 39 -Cos'è successo?- ***


Capitolo 39                   

                                                                                                       -Cos'è successo?-


Era la giornata seguente, stavo aspettando l'arrivo di Nathan da un pò di tempo ormai, si erano fatte quasi le sette e venti di sera. Non aveva mai fatto così tardi, non fino a quel punto per lo meno... ero un tantino strano. 


Di solito veniva verso le quattro o cinque del pomeriggio, avevo anche provato a chiamarlo un paio di volte ma aveva attivato la segreteria telefonica. Non aveva neanche la connessione dati accesa, da WhatsApp non entrava dalle due e trentacinque.


Mi stavo seriamente preoccupando per lui, il dolore allo stomaco non era passato, ma bensì era aumentato ancor di più e mi stava salendo l'ansia a mille. E se gli fosse successo qualcosa? Me lo stavo ponendo da molte ore questo.


Alle sette e trentacinque suonò il campanello di casa, subito aprii la porta di casa, era Nathan. Era anche molto arrabbiato, lo feci entrare e lui immediatamente a lamentarsi e a confidarsi con me con un tono nervoso. 


«Cosa è successo?» Chiesi.
«Sai che ha fatto mia madre per impedirmi di venire qua?» Chiese di rimando.
«No, cosa?» Ero leggermente preoccupata.
«Mi ha macchiato la camicia con il rossetto!» Esclamò, mostrandomi la camicia sporca.
«Oh mio Dio... ma è pazza?» Ero scioccata.
«Sì! Non ce la faccio più con lei!» Alzò gli occhi al cielo.
«Perché non vieni a vivere qua?» Proposi.
«Dici sul serio Shiver?» Mi guardò.
«Sì Nathan...» Mi avvicinai a lui.
«Ci penserò.» Sospirò.
«Casa mia è aperta per te.» Lo informai.
«Grazie... mamma mia ho una fame.» E gli brontolò lo stomaco.
«Oggi non hai mangiato?» Gli domandai.
«No... avevo lo stomaco chiuso.» Mi rispose.
«Aspetta, ti cucino qualcosa.» Gli dissi. 


Non appena finii di pronunciare quelle parole mi recai subito in cucina ad armeggiare con mobili e pentole. Feci anche un casino incredibile perché mi stavo muovendo troppo velocemente come Flash.


Non gli feci un granché, devo essere onesta: gli cucinai delle semplici cotolette di pollo e delle patatine fritte. Ero andata sul sicuro perché sapevo che gli piacevano e poi erano veloci da preparare, non ci avevo messo proprio niente.


Lui intanto si era seduto su una sedia in cucina, lamentandosi per la macchia di rossetto viola sul colletto della camicia. Disse che sembrava che fosse andato a prostitute prima di venire a casa mia, rabrividemmo entrambi al pensiero.


Gliela feci togliere, gli prestai una maglietta della Marvel che tenevo da collezione. Presi la camicetta e la portai in bagno per poterla lavare... solo dopo mi resi conto di una cosa che mi fece riflettere molto. 


Alexandra non aveva mai messo sulle labbra il rossetto viola, usava sempre quello marrone chiaro; tipo nude. Aveva anche diversi tipi di nude, rosati, pescati ma non aveva quel colore tra i rossetti... ne ero certa. 


Non metteva neanche quello rosso o rosa... solo quello marrone o un gloss totalmente trasparente. Di corsa mi recai di nuovo in cucina da Nathan, glielo feci presente con la voce tremante, dopo aver messo ovviamente prima in moto la lavatrice. 


«Secondo te no, per farci litigare usava quello marrone? E' normale che abbia usato un altro colore più da “ragazzina”.» Ragionò.
«Oh... è vero... ahaha scusa.» Iniziai a ridere della mia stupidità.
«Scema ahaha, stavi quasi cadendo nella fossa di mia madre.» Rise.
«Hai capito eh.» Alzai gli occhi al cielo.
«Sei carina sai, quando ti fai prendere dal panico.» Mi fece sapere.
«Zitto!» Esclamai, mettendogli il piatto davanti.
«Ahahah ti stai imbarazzando... grazie.» Disse, iniziando a mangiare.
«Mangia piuttosto di parlare.» Lo rimproverai.
«Tu non mangi?» Mi chiese.
«No, mi fa male lo stomaco.» Risposi.
«Ancora?» Chiese, stupito.
«Già, non si toglie in nessuna maniera.» Lo informai.
«Chissà da cosa è causato.» Scrollò le spalle.
«Boooh.» Mi alzai dalla sedia.


Presi il pacchetto delle sigarette sul tavolo, ne estrassi una riposandolo poi sul tavolo, aprii la porta del balcone uscendo fuori. Rimasi la porta del balcone aperta e mi accesi quella sigaretta con un accendino.


Ultimamente stavo fumando un pò troppo, ero arrivata da un pacchetto giornaliero a due e a volte tre. Più fumavo e più ne avevo la voglia e la necessità di farlo, avevo anche comprato quelle lunghe (100s) ma nulla... era sempre quello.


Quindi andai fuori al balcone a fumare, rimanendo Nathan da solo in cucina... bè solo non era: aveva la compagnia di Dybala. Dybala del resto si era molto affezionato a Nathan, cercava sempre le sue attenzione e le sue coccole.


Visto che stavo sul balcone a fumare, iniziai a prendere i panni asciutti e c'erano anche i vari peluche di Dybala e la sua fidatissima copertina pelosetta. Al tempo quella copertina era mia, solo che lui un giorno aveva deciso di rubarla da sopra al mio letto. 


Piegai i vestiti sull'altalena da giardino, spensi la sigaretta ormai finita e ritornai dentro casa con i panni piegati in mano. Sembravo in quel momento una servetta in una grande villa padronata da grandi ricconi. 


Nathan stava ancora mangiando intanto, anche il cane era intento a mangiare dalla sua ciotola, l'unica fessa che non stava mangiando ero io a quel punto. Ancora con i panni i mano mi diressi in camera da letto e li sistemai nell'armadio e nei cassetti. 


Ritornai in cucina, Nathan aveva finito di mangiare, aveva messo il piatto sporco nel lavandino e si era seduto poi allo stesso posto di prima. Poteva al meno lavarlo il piatto, ma no! Era sempre stato così pigro. 


Lavai il piatto, le posate e la padella in fretta, avevo la testa fra le nuvole, non mi ero accorta che Nathan si fosse alzato e si era andato a sedere sul divano a vedere la televisione. Il tempo di finire che lo raggiunsi.


«Oh oh, ti sei fatta l'abbonamento a Netflix!» Disse Nathan.
«Sì, ho anche preso la fissazione per una serie in particolare.» E mi sedetti vicino a lui.
«Quale?» Domandò, curioso.
«Stranger Things.» Risposi.
«E com'è?» Chiese lui.
«Bellissima a parer mio, è piena di colpi di scena.» Risposi, semplicemente.
«Mhm... vediamola allora.» Scrollò le spalle.
«Metti la prima stagione.» Gli consiglia.
«Ovviamente, sennò non ci capisco niente.» Disse, saccente.
«Ehi! Così mi fai sentire stupida.» Esclamai, indignata.
«Ma tu lo sei.» Disse con ovvietà.
«Guarda che sei tu lo stupido.» Gli puntai il dito contro.
«No, sono maturo.» Si oppose.
«Di età forse.» Controbattei.
«Ancora... non sono vecchio.» Alzò gli occhi al cielo.


Era vero il fatto che non era vecchio, aveva l'età giusta per sistemarsi, sposarsi e avere dei figli... di mettere su famiglia... solo se lo voleva eh. Se si sentiva ancora giovane per farlo non lo sapevo per certa.


Io invece lo volevo tanto, volevo sposarmi e di diventare mamma, di avere un figlio tutto mio, volevo crescerlo e passare del tempo con lui. Era il mio sogno nel cassetto, era un desiderio che tanto bramavo... per cui morivo dalla voglia di realizzare. 


Da quando avevo sedici anni che avevo quel grandissimo desiderio, una volta a scuola la mia compagna di classe era rimasta incinta aveva un bellissimo pancione. Io la guardavo con molta invidia e con molta stima.


Non era facile diventare mamma a quella giovane età, ma lei era stata forte per la sua bambina. Nathan mi portò alla realtà, mettendomi il braccio attorno alle mie spalle spingendomi più vicina a lui... oh mio Dio. 


Sorrisi e lo abbracciai per quello che potevo, era caldo morbido e rilassante. Riuscivo a sentire il suo battito cardiaco in quella posizione; con quel suono all'orecchio riuscii a tranquillizzarmi. Volevo stare per sempre tra le sue braccia... era meglio di casa mia. 

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Capitolo 40 -Sei solo stronza- ***


Capitolo 40          


                                                                                                                 -Sei solo stronza-
 

Nathan era rimasto a dormire da me quella notte, perché non aveva nessuna intenzione di litigare ancora con sua madre. Così, gli avevo proposto di dormire da me e lui aveva subito accettato dicendo che ero una manna dal cielo. 


Non avevamo subito dormito, avevamo fatto prima tre volte l'amore e poi ci eravamo coricati vicini vicini come una coppia di sposini. Ci eravamo baciati un pochino, abbracciati per un bel pò... mi ero sentita molto bene in quel momento. 


Lui ora stava dormendo accanto a me beatamente, russava pesantemente ed aveva la bocca aperta; mi scappò come sempre una risatina ma riuscii a trattenermi. Stava dormendo in boxer e a petto nudo ma comunque stava sotto alle coperte. 


Io non avevo ancora sonno, avevo troppi pensieri che mi giravano per la testa ed avevo ancora quel fastidioso dolore allo stomaco. In quel preciso momento mi arrivò un messaggio di WhatsApp: era Alexandra... ora che voleva?


Chat WhatsApp tra Shiver e Alexandra.


Alexandra:
Ciao Shiver.


Me:
Salve.


Alexandra:
Come stai?


Me:
Ascoltatemi, so che non mi avete scritta per sapere il mio stato d'animo, quindi non ci girate intorno che è tardi e ho sonno.


Alexandra:
Nathan sta lì?


Me:
No, oggi non l'ho proprio visto.


Alexandra:
Seh certo.


Me:
Che mi crediate o no non è un problema mio.


Alexandra:
Shiver, rimarrà tra te e me. Per favore, dimmi la verità... è pur sempre mio figlio.


Me:
Nathan sta qui e sta bene.


Alexandra:
Grazie per avermi detto la verità.


Me:
Però acqua in bocca.


Alexandra:
Sì, tranquilla.


Me:
Bene, buonanotte.


Alexandra:
Aspetta!


Me:
Che cosa volete ancora? So perfettamente che mi odiate.


Alexandra:
Non ti odio Shiver.


Me:
Ah no? Non mi sembra che sia così.


Alexandra:
Ti sbagli Shiver, non ti odio... io sto cercando di metterti in guardia... anche se in parte vado contro a mio figlio. 


Me:
Cosa volete dire con questo?


Alexandra:
Purtroppo non posso dirti nulla... devi capirlo da sola.


Me:
Cosa dovrei capire?


Alexandra:
Apri gli occhi.


Alexandra andò offline, spensi definitivamente il cellulare, guardai il soffitto non sapendo cosa fare. Era una situazione un pò difficile, complicata e non sapevo come cavolo uscirne... mi chiedevo il perché di tutta quella situazione.  


Una parte di me voleva dirlo a Nathan ma l'altra no, perché dopo avrei creato solo più casini di quelle che già c'erano. Devo anche essere sincera, non le credevo neanche un pò perché stava facendo di tutto per farmi odiare Nathan.

              


                                                                             Let it be



Mi svegliai il giorno dopo, guardando subito se dall'altra parte del letto ci fosse ancora Nathan e se stesse ancora dormendo. Mi era preso il panico quando avevo aperto gli occhi, mi era salita l'ansia e avevo una brutta sensazione... per fortuna mi sbagliai.


Lui stava dormendo in boxer mentre io avevo avuto il buon senso di indossare di nuovo il pigiama dopo aver fatto l'amore. E fu anche un bene al dire il vero, quella mattina faceva un pò freschetto e questo mi portò a tremare leggermente.


Mi alzai dal letto correndo subito in bagno perché avevo la vescica piena e per poco non mi scoppiava. Feci i bisognini, tirai lo sciacquone, mi lavai accuratamente le manine e andai in cucina a prepararmi il mio amato caffè giornaliero.


Sorseggiai il mio caffè con gusto, e dopo averlo bevuto tutto con calma mi accesi una sigaretta... dopo il caffè ci voleva sempre una sigaretta, almeno per noi fumatori. Dovevo anche comprarle, nel pacchetto me ne ero rimaste pochissime. 


Sigarette a parte, mi impegnai nel preparare la colazione a Nathan, fortuna che le merendine in casa mia non mancavano mai. Era la prima cosa che acquistavo per prima, perché ero solita a darle ai bambini del mio condominio quando li vedevo. 


Me ne mangiai una al latte e in quel momento venne Nathan in cucina, ancora tutto assonnato con solo i boxer addosso. Si stiracchiò e ne mollò una molto pesante e rumorosa... ma non aveva vergogna di fare quelle cose davanti a me?


«Nathan!» Esclamai, indignata.
«Ahaha... ma come, mangi solo tu?» Si fece serio.
«Stronzo, ti ho preparato la colazione.» Mi difesi.
«Ahhh, ora si ragiona!» Disse, sedendosi sulla sedia.
«Vuoi anche essere servito?» Chiesi, prendendolo in giro.
«Quasi quasi.» Mi guardò.
«Bello alza il culo.» Dissi, sedendomi.
«Daiiii!» Piagnucolò.
«Non fare il bambino.» Lo rimproverai.
«Vaffanculo, sei cattiva.» Si alzò e si prese la colazione.
«Sono autoritaria.» Mi vantai.
«Sei solo stronza.» Sussurrò.
«Ti ho sentito.» Lo informai.
«E senti anche questa!» Mollò un'altra scoreggia.
«Ma Nathan!» Quasi urlai.


Nel mentre che Nathan faceva la sua colazione, andai in camera mia a prepararmi i panni puliti per farmi una bella doccia rilassante. Adoravo molto farmi le docce rilassanti... forse dovevo anche fare il bagno a Dybala.


Mi portai anche il cellulare con me per ascoltare un pò di musica, accesi la connessione dati e subito mi arrivarono notifiche di Facebook e alcuni messaggi di WhatsApp... erano di Alexandra, ultimamente aveva preso l'abitudine di scrivermi.


Chat WhatsApp tra Shiver e Alexandra.


Alexandra:
Buongiorno.


Me:
Buongiorno.


Alexandra:
Nathan sta ancora da te?


Me:
Sì.


Alexandra:
Che sta facendo?


Me:
Sta mangiando.


Alexandra:
Ma mangia sempre quella chiavica!


Me:
Ahahaha.


Alexandra:
Te lo giuro Shiver, mangia sempre e anche tanto, vabbé già lo sai: siete cresciuti insieme.


Me:
Sì, lo so.


Alexandra:
Sai se dopo viene?


Me:
Veramente no.


Alexandra:
Sto provando anche a chiamarlo... ma non risponde.


Me:
Avrà il cellulare spento.


Alexandra:
No, è Online.

Me:
Starà parlando con i suoi colleghi.


Alexandra:
Quali colleghi?


Me:
Quelli della Protezione Civile.


Alexandra:
Perché, ha ripreso a lavorare con loro?


Me:
Sì...

Alexandra:
Davvero?


Me:
Sì, perché non lo sapevate?


Alexandra:
No, quella spazzatura di figlio non mi dice mai nulla.


Me:
E' vostro figlio e lo offendete in questo modo?


Alexandra:
Sappi che glielo dico anche da vicino.


Me:
Ah...


Alexandra:
E' amore materno.


Me:
E voi questo lo chiamate “amore materno”? 


Alexandra:
Quando diventerai mamma capirai.


Me:
Di certo non offenderò mio figlio come fate voi.


Alexandra:
Non lo difendere tanto!


Me:
Sarebbe?


Alexandra: 
Non ti fidare di lui, scappa finché sei in tempo. 


Me:
Perché?


Alexandra:
Non è più quello di una volta.


Me:
State dicendo solo bugie.


Alexandra: 
No Shiver, non è così.


Me:
Certo...


Alexandra:
Un giorno mi darai ragione.


Me:
Passate una buona giornata.


«We, che stai facendo?» Chiese Nathan, entrando in bagno.
«Per l'amore del cielo!» Esclamai, spensi il cellulare e lo nascosi.
«Allora?» Domandò, facendo poi la pipì.
«Mi stavo per lavare.» Risposi, ovvia.
«Ci facciamo la doccia insieme?» Chiese, tirando lo scarico. 
«No, ho vergogna.» Risposi.
«Ti ho già vista nuda.» Disse lui.
«E allora?» Chiesi.
«Quindi è inutile che te la tiri tanto. Spogliati ed entra in doccia.» Ordinò.
«Sennò?» Chiesi, divertita.
«Non mi provocare stronza.» Rispose, togliendosi i boxer.
«Che paura...» Dissi, guardando distrattamente in basso (a lui si intende).
«We non guardare, ho vergogna!» Disse lui, coprendosi con le mani.
«Mi prendi in giro adesso?» Lo guardai male.
«Questo non è niente.» Rispose.


Lui si avvicinò a me sorridendo, mi guardò in modo malizioso e provocatorio e mi baciò all'improvviso sulle labbra. Mi prese in braccio poggiandomi sopra alla lavatrice, mi tolse il pantalone del pigiama e le mutandine. 


Mi penetrò con il suo sesso eretto, lo abbracciai e facemmo così l'amore, dopo averlo fatto ci facemmo la doccia insieme. Lui lavò me ed io lavai lui... proprio come una coppia di fidanzatini... lo eravamo? Per me era così ma non sapevo lui come la pensasse. 

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Capitolo 41 -Bè...- ***


Capitolo 41                    

                                                                                                       -Bè...-


Nathan si era addormentato da una ventina di minuti ormai, erano le quattro del pomeriggio e Nathan ancora non se ne era andato da casa mia. Si era messo sul letto e si era appunto addormentato come se nulla fosse.


Non che volessi cacciarlo fuori casa, ma lui non mi aveva assicurato che sarebbe rimasto a vivere da me. Una parte di me lo sperava con tutto il cuore onestamente, lo volevo così tanto... volevo così tanto avere una relazione con lui. 


Chat WhatsApp tra Alexandra e Shiver


Alexandra:
We, ma Nathan sta ancora da te?


Me:
Sì.


Alexandra:
Cosa sta facendo?


Me:
Sta dormendo.


Alexandra:
Li mortacci sua: mangia, beve e dorme.


Me:
Si rende anche utile per il prossimo.


Alexandra:
Shiver, te lo dico come se fossi tua mamma: non ti fidare troppo di Nathan.


Me:
Dite sempre le stesse cose.


Alexandra:
Forse perché sono vere.


Me:
O state cercando di distruggere il rapporto tra me e Nathan.


Alexandra:
Scema... non avete nessun rapporto.


Me:
Sì che lo abbiamo!


Alexandra:
Seh.


Me:
E' così!


Alexandra:
E che rapporto avete?


Me:
Bè...


Alexandra:
Allora?


Me:
Dannazione, non lo so. Ma c'è del tenero tra noi.


Alexandra:
Nathan ti sta prendendo solo per il culo.


Me:
No, non è vero!


Alexandra:
Credi in un qualcosa che non esiste.


Me:
Ma esisterà!


Alexandra:
Neanche.


Me:
Ma perché non volete che mi fidanzi con vostro figlio?!


Alexandra:
Non è che non voglio... solo che lui non prova quello che provi tu. Ti sta solo illudendo.


Me:
Certo certo.


Alexandra:
Un giorno verrai tu da me piangendo dicendomi che avevo ragione su tutto.


Me:
Se ne siete convinta.


Alexandra:
Non è una convinzione, è un dato di fatto.


Me:
Vi state sbagliando su tutto.


Alexandra:
Eh seh seh, ancora non ti decidi a darmi ascolto.


Me:
No!


Alexandra:
Fa come vuoi, più di questo non posso dirti nulla.


Me:
Meglio così.


Alexandra:
Abbi cura di te.


Me:
Anche voi.


Spensi il cellulare mettendolo sul comodino, guardai Nathan: stava ancora dormendo beatamente... beato a lui riusciva a dormire. A parte lui ovunque si trovasse riusciva sempre sonno in un lampo, non aveva nessun tipo di problemi al riguardo. 


Erano molti giorni che io non riuscivo a dormire, e se ci riuscivo mi svegliavo con l'affanno e l'ansia addosso: come se dovesse accadere qualcosa. Qualcosa di molto brutto, di irreparabile, di tragico... qualcosa che avrebbe portato alla fine.


Mi svegliavo con il cuore che batteva forte nel petto, con il respiro corto e quasi inesistente, con lo sguardo terrorizzato, con gli occhi spalancati, con i tremori e con un bagno di sudore allucinante: come se mi trovassi in una piscina. 


Quando accadeva appunto tremavo molto forte e non riuscivo per niente a reggermi all'impiedi. Mi sedevo al centro del letto cercando di respirare nel mentre cercavo di contare da uno a cento, poi da cento a zero per tranquillizzarmi. 


E quando mi tranquillizzavo, non del tutto ovviamente ma un pochino mi alzavo dal letto, uscivo dalla mia stanza e camminavo per tutta casa. Entravo e uscivo dalle stanze sempre lo sguardo terrorizzato.


In genere andavo fuori al balcone per sentire il vento freddo in faccia e mi sedevo sull'altalena da giardino. Delle volte Dybala mi seguiva e mi faceva compagnia nonostante avesse sonno: però delle volte si era addormentato per terra con il pesciolino all'aria.


«A cosa stai pensando?» Chiese Nathan, svegliandosi.
«Ma ben svegliato!» Cambiai discorso.
«Grazie, ma non cambiare discorso adesso.» Mi rimproverò.
«Stavo pensando di comprare qualcosa a Dybala.» Mentii.
«Del tipo?» Domandò, curioso.
«Qualche nuovo gioco, una cuccia più grande...» Spiegai.
«Perché?» Chiese, confuso.
«Perché si sta facendo grande ed ha bisogno di cose nuove.» Risposi.
«Bè, hai anche ragione.» Disse lui.
«Ci vado tra un pò, vuoi farmi compagnia?» Gli chiesi.
«Sì!» Esclamò.
«Bene, vestiti che andiamo.» Ordinai.
«Okay, viene anche Dybala?» Chiese.
«Ovvio.» Risposi.
«Bè, sennò dopo lui si offende.» E ridemmo insieme. 

                                                                                       Let it be


Arrivammo al negozio degli animali con l'auto, perché era leggermente distante da casa mia, nel carrello avevo subito messo i croccantini e delle scatolette al prosciutto cotto. Erano le preferite di Dybala... quelle al manzo le snobbava proprio. 


Gli avevo anche preso due nuove copertine carine (che avrebbe rovinato nel giro di qualche mese), una era marrone chiaro con le ossa bianche e l'altra gialla con le zampine arancioni. Costavano anche poco, bè lì era tutto economico. 


Gli avevo comprato qualche nuovo giocattolino con la “trobettina”, quelle facevano un rumore assordante. Dybala già ne possedeva alcuni, solo che tendeva spesso a mangiarseli e a rovinarli... non so quante pantofole appresso gli avevo lanciato per questo motivo. 


Comunque, avevo preso quattro giocattolini, uno era a forma di maialino, il secondo a forma di coscia di pollo, il terzo era forma di dentiera e l'ultimo era a forma di stella cadente. L'ultimo se l'era scelto Dybala: se l'era messo in bocca e non l'aveva voluto posare. 


Gli avevo anche comprato (o meglio, l'aveva scelta Nathan) una nuova cuccia più grande, spazioso e morbida. Dybala come saprete era un Pittbull e stava crescendo a dismisura: qualche mese prima era un cucciolo piccolo, ed ora si stava facendo una bestia larga.


La cuccia era di colore azzurro intenso con i pois di media grandezza di colore bianco con un punto nero al centro. Dybala l'aveva anche testata, si era messo all'interno della cuccia e si era anche addormentato!


E per svegliarlo poi, mamma mia io e Nathan avevamo fatto un casino... la gente che ci guardava divertita e scioccata... che vergogna! Quel cane un giorno all'altro mi avrebbe portato all'esasperazione totale. 


Per giunta come se non bastasse, Dybala si era anche arrabbiato con noi, ci aveva abbaiato addosso  fin quando non lo avevo minacciato a morte. Il personale mi aveva guardato male, ma io avevo fatto finta di nulla. 


Pagai tutta la mercanzia, Nathan portò le buste ed io il cane al guinzaglio (più che altro era il cane che portava me. Potevo tirare quando volevo, ma il mio cane aveva molta più forza di me: questo lo devo dire. 


Salimmo in macchina, Nathan non aveva detto di accompagnarlo e quindi ovviamente non lo feci. Arrivammo a casa, Nathan subito corse di fretta e furia in bagno perché si stava facendo la popò addosso. 


Chat WhatsApp tra Shiver e Alexandra.


Alexandra:
Buonasera!


Me:
Buonasera.


Alexandra:
Nathan sta ancora da te?


Me:
Sì.


Alexandra:
Ancora?


Me:
Esatto.


Alexandra:
Cosa sta facendo?


Me:
La cacca.


Alexandra:
Davvero fai?


Me:
Sì ahaha.


Alexandra:
Sai quando ha intenzione di venire?


Me:
No.


Alexandra:
Ma io non ho capito, si è trasferito da te?!


Me:
Glielo proposto al dire il vero.


Alexandra:
Tu sei pazza!


Me:
No, non lo sono. 


Alexandra:
E lui?


Me:
Lui cosa?


Alexandra:
Cosa ti ha risposto?


Me:
Che ci penserà.


Alexandra:
Pensi che verrà a vivere da te?


Me:
Lo spero.


Alexandra:
Non verrà, te lo dico io.


Me:
Dite quello che volete voi.


Alexandra:
Non ti illudere e non farti illudere.


Me:
Non mi sto facendo illudere.


Alexandra:
Nooooo!


Me:
Lasciatemi vivere in pace.


Alexandra:
Te lo dico di nuovo, sta attenta a Nathan.


Me:
Okay.


Alexandra:
Fammi sapere se viene.


Me:
Okay.


Alexandra:
Ciao, Shiver.


«Sei pallida.» Disse Nathan.
«Dannazione! Un giorno all'altro mi farai morire d'infarto!» Dissi, guardandolo male.
«Non essere tragica.» Si lamentò.
«Gne gne gne... dormi qua stasera?» Gli chiesi.
«Per te è un problema?» Chiese di rimando.
«No, assolutamente.» Risposi.
«Allora resto qui!» Esclamò.
«Ti trasferisci qui?» Chiesi esaltata.
«Dormo qua stasera...» specificò.
«Ah...» Dissi soltanto.
«Ci penserò.» Mi informò.
«Davvero?» Domandai, contenta.
«Te lo prometto.» Mi guardò.
«Va bene.» Sorrisi.
«Allora, che si mangia stasera?» Chiese, ed io alzai gli occhi al cielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** Capitolo 42 -Sei ancora sveglio?- ***


Capitolo 42           
 
                                                                                                                -Sei ancora sveglio?-
 
 
Chat WhatsApp tra Shiver e Alexandra
 
 
Me:
Buonasera!
 
 
Alexandra:
Sera Shiver.
 
 
Me:
Volevo informarvi che Nathan resta a dormire da me questa notte.
 
 
Alexandra:
Lo sospettavo.
 
 
Me:
Tranquilla, è in ottime mani.
 
 
Alexandra:
Lo so Shiver, mi fido totalmente di te... ma non mi fido di mio figlio.
 
 
Me:
Ma perché dite questo? E' una brava persona!
 
 
Alexandra:
Non è più il Nathan di una volta... è cambiato.
 
 
Me:
Questo l'ho notato anch'io.
 
 
Alexandra:
Vabbé, buonanotte.
 
 
Me:
Notte.
 
 
Alexandra: 
Tienimi aggiornata.
 
 
Me:
D'accordo.
 
 
Alexxandra:
Bene.
 
 
Poi ancora una volta il cellulare, mi sdraiai meglio sotto alle coperte e abbracciai Nathan, che stava già dormendo. Dopo cenato mi aveva aiutato a pulire da cima a fondo la cameretta di Dybala, che era molto sporca, piena di sporcizia e di cibo nascosto. Quel cane aveva preso di nuovo il vizio di prendere il cibo dalla spazzatura. 
 
 
Nel mentre che pulivamo la sua cameretta, quest'ultimo ci guardava con l'aria vigile, come se fosse un poliziotto in prima linea. Non era stata per niente una bella impresa, perché Dybala continuava ad abbaiarci contro ogni volta che toccavamo le sue cose. Era diventato troppo possessivo su questa cosa. 
 
 
Nonostante gli avessi comprato dei nuovi giocattoli non voleva saperne proprio niente di sbarazzarsi di quelli vecchi, a volte si comportava proprio come ad un bambino che faceva capricci per tutto. Però alla fine ero riuscita a buttarne qualcuno, ma soltanto quando Dybala era distratto nel guardare attentamente Nathan. 
 
 
Ma il peggio era arrivato quando avevo cambiato la cuccia, si era messo letteralmente a piangere dalla disperazione! Mi si era spezzato il cuore nel vederlo soffrire così tanto che avevo deciso di mettere la nuova cuccia nella sua cameretta e quella vecchia fuori al balcone, vicino all'altalena da giardino.
 
 
Era un compromesso che potevo accettare in fin dei conti, così non si sarebbe più messo neanche sull'altalena da giardino, o almeno lo speravo. Dopo aver pulito da cima a fondo la cameretta di Dybala, io e Nathan eravamo andati in salotto a vedere un film insieme... come ai vecchi tempi. 
 
 
Avevamo guardato Esp, Fenomeni Paranormali 2 (Grave Encounters 2) del 2012, un genere Horror come Paranormal Activity. Alex Wright, studente di cinema e fan del primo “Esp, Fenomeni Paranormali”, decide di scoprire la verità su alcuni fatti mostrati nel film. Si reca così, insieme ad alcuni amici, nell'ospedale Psichiatrico abbandonato dove “Esp” era ambientato. 
 
 
I ragazzi si troveranno però di fronte a situazioni spaventose che, forse, potranno superare solo grazie ad un'accurata conoscenza della pellicola... Esp2 segna il seguito di un Horror di grande successo della Hartfiel Production. Eventi inspiegabili, oggetti che prendono vita e perfide entità terrorizzano i protagonisti di questo terrificante sequel. 
 
 
Al dire la verità, avevo cercato la trama del film su Internet perché il film in se non lo avevo visto. Ero stata impegnata per tutto il tempo a guardare, abbracciare e baciare Nathan. Non aveva senso che guardassi il film quando i miei occhi cercavano sempre i suoi, che cercavano amore e le orecchie paffute di Nathan. 
 
 
Let It Be
 
 
Mi svegliai dopo un lungo, angosciante, terrificante sonno agitato... non ricordo il sogno che avevo fatto, però so che mi aveva spaventata e mandata in allerta. Una parte di me però sapeva che riguardava me, Nathan e sua madre, me lo sentivo dentro: ma non riuscivo a ricordarlo. 
 
 
Mi sedetti sul letto con il cuore che batteva forte nel petto e con il respiro corto. Non di nuovo ti prego... non adesso... ti prego... abbandonami ansia... lasciami in pace... respira Shiver, andrà tutto bene... respira Shiver, ora passa tutto... respira Shiver... respira... RESPIRA!  
 
 
THUM-THUM-THUM-THUM!
 
 
Iniziai a tremare violentemente, mi alzai dal letto lentamente per non svegliare Nathan che dormiva ed uscii dalla stanza da letto: lasciandolo da solo. Non riuscivo proprio a starmene in camera, ero come se mi sentissi nello stretto di un qualcosa di più grande e forte di me: mi sentivo osservata anche dai muri. 
 
 
Tremavo, mi girai un pò la testa e questo mi portava a barcollare a destra e a manca come una stupida giostrina in funzione. Avevo ancora l'affanno e il cuore a mille, non riuscivo a tranquillizzarmi ne a focalizzarmi su altro. Arrivai in cucina, aprii la porta del balcone con lentezza: non avevo molte energie. 
 
 
Uscii in balcone, era notte fonda, il vento mi arrivò dritto in faccia, forte e deciso; piacevole come non mai in vita mia. Arrivai al davanzale poggiandosi sopra le mie mani tremolanti. Iniziai a respirare meglio e a sentirmi pian piano bene, riuscendo quasi a tranquillizzarmi del tutto. 
 
 
L'ansia in quei giorni si era innamorata follemente di me, non mi lasciava un secondo in pace e passava ogni momento nella mia compagnia. Era peggio di Alexandra... no, fermi tutti, mi rimangio quello che avevo detto: Alexandra era ben peggiore: almeno l'ansia sapevo “gestirla”, lei no!
 
 
«Ohi, tutto bene?» Chiese Nahan, si era svegliato.
«Sì, tranquillo.» Mentii.
«Perché sei venuta qui fuori?» Domandò.
«Non ho sonno.» Mentii ancora.
«Troppi pensieri?» Chiesi, mangiandosi un'unghia.
«Nah, non ti ricordi... ho sempre sofferto di insonnia.» Gli rammentai.
«Le cose cambiano... le persone cambiano.» Disse, saggiamente. 
«Vero, ottime e sagge parole.» Mi complimentai.
«Se vuoi parlarne, ti ascolto.» Mi informò.
«Sto bene, tranquillo.» Mentii, non potevo far altrimenti.
«Sicura Shiver?» Sorrisi alla sua domanda.
«Certamente!» Esclamai.
«Va bene, torno a dormire.» Mi disse.
«Buonanotte.» Gli augurai.
«Notte.» Sbadigliò.
 
 
Chiusi momentaneamente gli occhi, percependo l'ebrezza del vento freddo in viso, nei capelli e sul mio corpo che aveva smesso di tremare poco prima. Mi sentivo così bene quando sentivo la sensazione del vento che sfiorava delicatamente la mia pelle e la mia anima. 
 
 
Non avevo più l'ansia addosso, ma quel fastidioso dolore allo stomaco era tornato di nuovo, più forte e più tenace di prima. Si era placato per un paio d'ore, ma eccolo di nuovo lì; a tormentarmi... come l'ansia notturna: anche se erano due cose ben diverse e differenti dall'altra. 
 
 
Mi dispiaceva anche il fatto che stessi mentendo spudoratamente a Nathan, però non potevo fare altrimenti. Non potevo confidarmi con lui di certe cose, non potevo dirgli: “ehi, guarda: tua madre mi scrive dicendomi che vuoi farmi del male”. Dove lo trovavo il coraggio di fare ciò?
 
 
E poi io avevo fatto una promessa ad Alexandra, ed io le promesse le mantenevo sempre... qualsiasi cosa accadesse.
 
 
Non potevo neanche dirgli il fatto dell'ansia che mi stava affliggendo, uno perché non volevo farlo preoccupare e due non conoscevo neanche io la causa. Del resto non sapevo se fosse dovuta alla mancanza di sonno, o perché mi stavo facendo mille pensieri o perché mi sentivo poco bene emotivamente. 
 
 
Sarò anche onesta, non volevo neanche dirglielo in prima persona per non mettergli in testa altri pensieri negativi, aveva già i suoi problemi da risolvere: non volevo dargliene altri. Non volevo essere un problema per nessuno, sopratutto per lui, non volevo che pensasse che in realtà io fossi debole. 
 
 
Dovevo essere solo più paziente ed aspettare un pò di tempo e tutto si sarebbe risolto al meglio del meglio, tutto si sarebbe aggiustato e saremmo stati tutti contenti e pacifici. O almeno era quello che speravo di più quei lunghi giorni, volevo solo essere tranquilla, serena e non avere sempre problemi da affrontare. 
 
 
Non dovevo per adesso pensare minimamente al futuro, ma dovevo godermi il presente e vivere giorno per giorno con il sorriso sulle labbra e con la testa alza. Non dovevo lasciarmi trasportare dai pensieri negativi e maligni, ma bensì dovevo affontarli e vincerli come solo io sapevo fare. 
 
 
«Shiver?» Mi chiamò di nuovo Nathan.
«Sei ancora sveglio?» Domandai, voltandomi a guardarlo.
«Mi sono svegliato adesso.» Mi rispose.
«Non riesci a dormire?» Chiesi e lo guardai attentamente.
«Shiver mi prendi in giro? Sono le sette del mattino!» Mi informò Nathan.
 
 
Distolsi lo sguardo da Nathan, mi girai e guardai davanti a me con la sensazione di confusione totale e perso allo stesso tempo. Nathan aveva ragione: il cielo scuro della notte era passato facendo venire un nuovo e splendente giorno luminoso. Possibile che non me ne fossi accorta? 
 
 
Eppure ero stata lì per tutto il cavolo di tempo a fissare il cielo... anche se avevo la testa da tutt'altra parte. 
 
 
Ma cosa mi stava accadendo? Stavo davvero diventando pazza?!
 
 
«Shiver, sicura di star bene?» Mi chiese Nathan.
«Ahaha, sì tranquillo.» Mentii.
«Mi sto seriamente preoccupando per te.» Mi disse lui.
«Oh no, non devi farlo.» Gli dissi, entrando in casa.
«Tu stai male!» Esclamò.
«E' solo un pò di insonnia... credo che sia tutta colpa del caffè.» Lo informai.
«Va dal medico.» Mi consigliò.
«E' un fatto psicologico.» Dissi.
«Fai delle sedute dallo psicologo.» Mi guardò.
«Nathan, sto bene.» Dissi, esasperata.
«D'accordo, mi fido.» Si arrese.
«Vado a dormire, fa come se fossi a casa tua.» Dissi.
«Vengo anch'io, ho ancora sonno.» Mi informò.
«Va bene.» Gli sorrisi.
«Andiamo, sù.» Disse, chiudendo la porta del balcone. 
 
 
Così, mi prese per mano e ci dirigemmo entrambi nella camera da letto, avevo ora una stanchezza incredibile addosso. Arrivammo in camera, ci mettemmo sotto alle coperte, lui mi abbracciò da dietro e mi sentii molto protetta. Era vero, in passato avevo sofferto di insonnia ma non fino a quel punto. 
 
 
Non credevo neanche che stessi cadendo in depressione. 
 
 
Forse avevo semplicemente perso la cognizione del tempo, fatto sta che era molto strano a prescindere da tutto. Comunque, chiusi gli occhi, stringendo in una presa delicata la mano di Nathan. Stava per succedere qualcosa, me lo sentivo dentro di me... stava per succedere qualcosa di brutto. 
 
 
Ma cosa?!

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** Epilogo ***


Epilogo                       
                                                                     
                          
Mi svegliai con molta “tranquillità”, aprii e chiusi gli occhi ripetutamente per riuscire a svegliarmi del tutto: ci voleva un bel caffè bollente. Okay, forse negli ultimi tempi ne stavo bevendo un pò troppo, ma il caffè era quello che era!


Voltai lo sguardo dietro di me, non c'era non letto, in quel momento sentii lo scarico del bagno: che sollievo, stava ancora da me! Mi sedetti sul bordo del letto sbadigliando, mi grattai la testa e misi ai piedi le pantofole. 


Mi alzai dal letto, mi avvicinai all'armadio aprendolo, guardando al suo interno prendendo degli indumenti a caso: una maglietta biancha e un legging turchese. Amavo alla follia i legging, sopratutto quelli che sembravano una seconda pelle.


Presi l'intimo, calzini e scarpe dai vari cassetti, poggiandoli per una secondo momento sul comodino. Rifeci il letto, aprii la finestra per far passare l'aria, presi tutta la roba portandola in bagno e poi mi diressi in cucina. 


«We.» Salutai Nathan.
«We pure a te!» Ricambiò il saluto.
«Che ore sono?» Domandai, prendendo una cialda per il caffè.
«Le quattro e trentacinque.» Mi rispose.
«Ora vado a lavarmi, ti accompagno dopo.» Dissi, mettendo lo zucchero nel caffè.
«Okay, glielo detto a mia madre: ha promesso di non farti nulla.» Mi informò.
«D'accordo... comunque credo ci metterò tempo per lavarmi.» Dissi, sorseggiando il caffè.
«Tranquilla, fa con comodo.» Mi disse lui.
«Tu sei hai fame apri... o vedi la TV.» Scrollai le spalle.
«Credo che farò entrambi.» Mi informò, divertito.
«Non avevo dubbi.» Dissi.
«Hahaha, ormai mi conosci.» Rise.
«Eh già, vabbé a dopo.» Dissi, avviandomi al bagno.
«Attenta alla saponetta!» Urlò.
«Vaffanculo!» Urlai di risposta.


Entrai nel bagno chiudendo la porta di essa, mi spogliai mettendo i vestiti sporchi nella lavatrice mettendola anche in moto. Ieri avevo steso la sua camicetta di Nathan, la macchia di rossetto era sparita del tutto. 


Aprii il rubinetto dell'acqua calda e fredda, entrai dentro chiudendo la tendina in plastica sottile per non bagnare il pavimento. Presi il bagnoschiuma, lo shampoo, una maschera per capelli e una maschera per il viso per dopo. 


Entrai in contatto con l'acqua caldo, il mio corpo sotto a quel calore tenue si rilassò piacevolmente, sospirai dal sollievo. Ci voleva proprio un bel bagno caldo rilassante, era piacevole sopratutto quando l'acqua calda scivolava sulla schiena. 


Presi ad insaponarmi tutte le zone del mio corpicino, per poi passare ai capelli facendo un bel pò di schiuma. Mi risciacquai tutta, dalla testa ai piedi mettendo poi la maschera per capelli e nel mentre usai il rasoio.


Dopo essermi depilata le gambe e le ascelle mi sciacquai ancora una volta i capelli per togliere la maschera in crema, li strizzai per bene chiusi i rubinetti dell'acqua, mettendo l'asciugamano e l'accappatoio. 


Uscii dalla doccia avvicinandomi allo specchio delle specchiera, mi lavai i denti e presi un tubetto di crema per il viso. Era una di quelle creme che si risciacquava con l'acqua, l'applicai era di colore nero e la tenni in posa per quindici minuti. 


Mi lavai il viso asciugandolo poi e presi il phon e la spazzola pregando ogni Santa in Paradiso. Asciugavo e spazzolavo, perché tendevo a fare molti nodi, di solito pettinavo i capelli selvaggiamente e mia sorella Annabelle rabbrividiva sempre a quella scena. 


Dopo averli asciugati li legai con un mollettone, forse dopo avrei usato anche la piastra... ma che dovevo andare ad una festa?! No, però avevo la voglia di sentirmi bella hahaha. Mi tolsi l'accappatoio e mi vestii. 


Alla fine avevo deciso di farmi quella benedettissima piastra, liscia ovviamente impiegandoci poco e niente. Dopo la piastra lasciai i capelli sciolti, avevo le doppie punte ma per non era un problema. Il problema era che avevo la ricrescita del capello naturale.


Mi guardai allo specchio... ci voleva un pò di make-up, e che make-up sia! Feci la base, eye-liner sottile, matita e mascara nero, facendo una seconda passata di mascara; amavo avere le ciglia belle folte... peccato che le mie fossero un pò sfigate. 


«Shiver?» Nathan bussò alla porta.
«Dimmi!» Risposi.
«Posso entrare a fare la pipì? E' urgente!» Disse.
«Certo, entra pure!» Esclamai. 
«Grazie!» Ed entrò in bagno.
«Se vuoi esco.» Gli dissi.
«No, tranquilla.» Mi tranquillizzò.
«Non hai vergogna?» Domandai, guardandomi allo specchio.
«Ma quale vergogna hahah.» Disse ridendo, facendo poi la pipì.
«Certo che voi maschi non avete il senso del pudore.» Notai.
«La parola pudore non esiste nel nostro vocabolario.» Confermò.
«Me ne sono accorta.» Scrollai le spalle.
«Vabbé, torno di là.» Dissi, tirando lo scarico e venendosi a lavare le mani.
«Va bene, tanto ho quasi finito.» Gli dissi.
«Tranquilla, non ho fretta.» E uscì dal bagno.


Nathan chiuse la porta del bagno, mi guardai allo specchio, indecisa se indossare o meno un paio di orecchini. Era da tanto che non indossavo uno, e molto probabilmente avrei fatto fatica ora ad indossarne uno. 


Ma sì dai! Così ne indossai un paio molto carino e semplice, erano piccoli e a pallino color oro. Indossai poi le scarpette, uscii dal bagno andando in camera mia a prendere una felpa leggera nera, nel caso che avessi freddo. 


Avvolsi la felpa attorno alla vita facendo un leggero nodo sul davanti, chiusi la finestra perché ormai l'aria era passata. Tutto sommato non si stava neanche male, non faceva così freddo ma neanche così caldo. 


Uscii dal dalla stanza lasciando la porta di essa aperta, andai in cucina preparando la borsa. Chiavi di casa, della macchina, portafoglio, cellulare, fazzoletti ed altro. Presi gli occhiali da vista sul bancone, le pulii e le indossai.


Mi preparai un altro caffè, sembravo CarmiMua (un Youtubers che tratta di Make-Up) che bevevo tutti quei caffè all'infinito. Quasi quasi avrei comprato anch'io la tazza grande che era solito usare nei suoi video.


Notai che sul tavolo c'era un pò di spazzatura varia, buste di patatine, lattine vuote di Coca-Cola, cartacce delle merendine, fazzoletti e briciole. Mi gustai il caffè pulendo poi il tavolo buttando quel casino nella pattumiera e mi accesi poi una sigaretta.


Andai in salotto, Nathan stava giocando spensieratamente con Dybala, Nathan lanciava una pallina e Dybala correva a riprenderla. Come far contento al mio cane? Coccole, cibo, giocattoli... e molte, ma molte attenzioni. 


Guardai l'ora erano le sei in punto, Nathan mi guardò, si sollevò da terra e prese la sua roba, compresa la camicia. Ritornò in salotto dopo due minuti, presi la borsa ed uscimmo di casa, chiudendola bene a chiave. 


Nathan chiamò l'ascensore, entrammo dentro e cliccai il tasto zero, Nathan si guardò nello specchio dell'ascensore, aggiustandosi i capelli. Lo presi in giro per questo, dicendogli che era un vanitoso, lui ovviamente negò. 


Arrivammo a piano terra, uscimmo dall'ascensore, ci dirigemmo fuori dal condominio avviandoci al parcheggio di esso. Salimmo in macchina, inserii le chiavi nel quadrante: dovevo anche mettere la benzina; sennò saremo rimasti a piedi.


«Cos'è questo suono?» Domandò Nathan.
«Devo mettere la benzina.» Risposi.
«Stai a secco?» Chiese, divertito.
«Ancora no, sto a riserva.» Dissi, iniziando a guidare.
«Riusciamo ad arrivare in tempo alla pompa di benzina?» Domandò Nathan, preoccupato.
«Sì, hahaha.» Risi.
«Non è che restiamo a piedi?» Chiese ancora.
«No, tranquillo!» Esclamai.
«Non è che-» Lo interruppi.
«Nathan, la pompa di benzina è dietro l'angolo.» Alzai gli occhi al cielo.
«Lo so...» Disse.
«E allora perché ti fai prendere dal panico?» Cambiai marcia.
«... mi piace quando sei arrabbiata.» Disse, in modo provocatorio.
«Zitto va!» Imposi.
«Te lo giuro!» Esclamò.


Lo guardai per una frazione di secondo, forse due al massimo per poi riportare lo sguardo fisso sulla strada non volevo mica causare un incidente. Quando guidavo infatti, non prestavo neanche attenzione al cellulare. 


Mi ricordo che quando era più piccolo, bè, quando era un adolescente aveva avuto un incidente stradale, aveva sbattuto la bocca sul marciapiede causandogli la caduta immediata dei due incisivi nell'arcata superiore. 


Sua madre aveva speso un bel pò per ricostruirglieli di nuovo. Comunque, arrivammo alla pompa di benzina in tempo, ma preferii non dire nulla a Nathan per non dargli nessuna motivazione. A lui piacevano le soddisfazioni. 


Misi venti euro di benzina, mi comprai anche le sigarette e un Kinder Cereali a Nathan che divorò subito. Ma dove metteva tutto quel cibo? Non si saziava mai? Mah, mi chiedevo come facesse a mangiare così tanto. 


Nathan aveva acceso lo stereo collegandolo al suo cellulare, stranamente non mise le canzoni di Nino D'Angelo e questo mi sorprese molto onestamente, ma misi una dell Hit dell'estate Mala (feat. Anuel Aa).  


Non era brutta come canzone, era anche abbastanza orecchiabile ma non era nelle mie corde. Era una di quelle canzoni che ascoltavo cinque o sei volte e poi stop, dritta dritta nel dimenticatoio... poi imprecavo se dimenticavo il titolo...


Arrivammo ad Afragola, poi nel palazzo dove abitava Nathan e la sua famiglia, parcheggiai l'auto e scendemmo. Come disse una volta Nathan dove abitava lui la gente faceva casino fino alle due e passa di notte. 


Comunque, non appena chiusi la portiera del auto, mi colpii in pieno una fitta dolorosa allo stomaco, serrai saldamente i denti e non riuscii a respirare. Mi passò dopo dieci secondi, Nathan intanto era lì che mi guardava confuso e preoccupato. 


«Tutto bene Shiver?» Mi chiese Nathan.
«Ora sì.» Risposi.
«Cosa è successo?» Domandò preoccupato.
«Fitta allo stomaco.» Risposi.
«Ora ti è passato?» Chiese ancora.
«Sì, tranquillo.» Risposi, controllando se avessi chiuso bene la macchina.
«Se vuoi puoi anche tornartene a casa.» Mi disse.
«Ma che sei pazzo? Voglio vedere Vincent!» Lo informai.
«Ah...» Restò a bocca aperta.
«Scusa, è la verità!» Ammisi.
«Sono scioccato.» Disse.
«Dai che lo sapevi.» Affermai, convinta.
«No!» Esclamai.
«Ah...» Questa volta rimasi io a bocca aperta.
«Ehh.» E poi rise. 


Lo guardai con amore, aveva una risata dolce e tenera... no, non era proprio così, però mi piaceva lo stesso. Era un tantino rumorosa “stonata” e potente, ma non avevo mai badato a certe cose, non ero quel tipo di persona che pensava solo all'estetica. 


Apprezzavo molto di più la bontà sincera del cuore, la gentilezza dei gesti, l'umiltà onesta e la mentalità aperta a tutto. Amavo i sorrisi sinceri, quelli che trasmettevano serenità al solo sguardo, quei sorrisi che ti scioglievano i cuori. 


Nathan non era stupido, ma non eccelleva neanche nell'intelligenza, però alcune volte sapeva ragionare. Certo, si faceva prendere dal panico, e alcune volte voleva solo mollare, ma in qualche modo riusciva sempre a sollevarsi. 


E poi era gentilissimo con il prossimo ed era molto dolce con i bambini, ma questo voi lo sapete già, ve lo avrò detto un miliardo e mezzo di volte. Ma era la verità, non mi sarei mai stancata di dirlo a chiunque incontrassi. 


Comunque, controllai di nuovo l'auto, poi ci dirigemmo al condominio, quando salii sul marciapiede mi venne in mente il ricordo di quando Alexandra mi aveva spinta. Distrattamente mi portai per un secondo la mano alla schiena.


Iniziammo a salire le scale, lui dopo neanche due rampe si fermò riprendendo fiato. Eppure dovevo essere stanca io visto che avevo i polmoni danneggiati per via del fumo, ma no! Lui aveva i polmoni sani ed era un fracido!


Arrivammo al suo pianerottolo, lui aveva l'affanno e la lingua in fuori mentre io no. Come al solito si era dimenticato le chiavi e dovette suonare il campanello di casa. Io lo avevo detto che non eccelleva nell'intelligenza.


Venne ad aprirci Lucy, non appena mi vide scansò in malo modo Nathan: sbattendolo letteralmente al muro e mi strinse forte nelle sua braccia. Ricambiai l'abbraccio e Nathan si lamentò dicendo che per poco non si faceva seriamente male. Ma lo ignorammo.


«Come stai?» Mi chiese Lucy.
«Bene, e tu?» Feci la stessa domanda.
«Bene...» Mi guardò attentamente.
«Qualcosa non va?» Domandai.
«Bè...» Nathan la interruppe.
«Ma vi sembra normale parlare sul pianerottolo?» Chiese Nathan.
«A te ti devo tirare le orecchie!» Lo rimproverò Lucy.
«Perché?» Spalancò gli occhi.
«Hai fatto spaventare tua madre.» Disse Lucy, ovvia.
«Eeeeh.» Nathan alzò gli occhi al cielo.
«E' così Nathan.» Lucy lo guardò.
«Entriamo dentro va.» Disse Nathan.
«E impara a portarti le chiavi!» Esclamò Lucy.
«Ma serio...» Mi ritrovai a dire.
«26 anni e non capisce nulla.» Mi disse Lucy. 


Mi scappò una leggera risatina, entrammo in casa e fu Nathan a chiudere la porta dicendo anche qualcosa sotto voce. Aveva quel brutto vizio di mormorare sempre qualcosa sotto voce, non era il tipo di dire le cose in faccia. 


Non riuscii a capire le parole esatte, ma credevo che si trattasse di sua madre che era una rottura di coglioni o che lui si era rotto i coglioni boh. Vabbè, arrivammo in cucina e BOOM! C'era anche Alexandra che fumava una sigaretta. 


«Buonasera!» La salutai.
«Ciao Shiver.» Ricambiò il saluto.
«Ciao mammina.» La salutò Nathan.
«Tu sei un uomo di merda!» Esclamò Alexandra, senza guardarlo.
«Grazie...» Nathan sbuffò e si sedette.
«We basta, ha sbagliato okay sono la prima che lo dice, ma cerchiamo di tenere la calma che ci sono i bambini.» Si intromise Lucy.
«Vincent non c'è?» Chiesi, cambiando discorso.
«Sta di la a vedere i cartoni animati.» Mi risposi Lucy, mentre mi sedevo.
«Spero che non diventi come Nathan.» Disse Alexandra.
«Uffààà!» Esclamò Nathan.
«Nathan, zitto e subisci.» Gli consigliò Lucy.
«Fino ad un certo punto però.» Nathan provò ad obbiettare.
«No, stai sbagliando.» Controbattette Lucy.
«Non sto sbagliando!» Esclamò Nathan.
«Se lo nega pure!» Quasi urlò Alexandra.


Puntai lo sguardo su Alexandra, mi vennero i brividi su tutto il corpo, e la pelle d'oca nel guardarla. Aveva le occhiaie, gli occhi gonfi, il viso pallido e l'espressione di una che voleva parlare. Sembrava me la scorsa notte.


Aveva i tremori nella mani, come se fosse agitata per qualcosa e batteva sempre le palpebre degli occhi, aveva anche l'aria di una che volesse piangere e sfogarsi un pò... possibile che entrambe stessimo avendo gli stessi problemi?


Mi guardò anche lei, i suoi occhi si riempirono di lacrime ma non pianse, chiuse gli occhi e guardò altrove ignorandomi. Spalancai di poco la bocca, scioccata di quello che avevo appena visto... non mi sembrava affatto vero. 


Si accese un'altra sigaretta tossendo leggermente, credo che stesse fumando un pò troppo; bè, lei aveva sempre fumato tanto. Si soffiò il naso con un fazzolettino, ma continuò a non guardare a nessuno, aveva lo sguardo perso nel vuoto.


Nathan si alzò dalla sedia, le andò vicino abbracciandola e iniziò a parlarne nell'orecchio a bassa voce sussurrandole qualcosa. Volevo sapere cosa le stesse dicendo... forse le stava chiedendo semplicemente scusa per quello che aveva fatto.


Alexandra spalancò gli occhi, scosse violentemente la stessa a mo di “no” e lo guardò profondamente male: come se volesse ammazzarlo in quel momento. Nathan le fece il segno di stare zitta e Alexandra gli voltò le spalle sospirò e fece un tiro di sigaretta. 


Lucy servì il caffè in tavola, la ringraziai e presi un bicchierino dal vassoio sorseggiando quel liquido marrone. Nathan intanto ritornò al suo posto come nulla fosse, si sedette accanto a me non prendendosi il caffè... lui non lo prendeva. 


Mi chiedevo con molta curiosità cosa le avesse detto, perché ovviamente non si era scusato per la sua “assenza” da casa. Perché non aveva poi senso il segno di starsene zitta, e per cosa poi? Cosa si nascondeva dietro al suo gesto al quanto strano?


«Allora Shiver, cosa mi racconti di nuovo?» Mi chiese Lucy.
«Le solite cose.» Risposi, accendendomi una sigaretta.
«Hai preso il vizio del fumo?» Mi chiese Alexandra.
«Sì...» Dissi, porgendole una sigaretta.
«Ti ringrazio.» Disse, prendendo la sigaretta.
«Non avete dormito?» Le domandai.
«No, ultimamente non riesco a dormire.» Mi rispose.
«Vi capisco, neanche io.» Le sorrisi.
«Neanche tu?» Mi domandò stupida.
«No, troppi pensieri.» Scrollai le spalle.
«I pensieri uccidono il cervello.» Mi disse lei.
«Hahaha ma quando mai hahaha.» Disse Nathan, mettendosi a ridere. 
«Ma cosa vuoi saperne tu?! Che non sai un cazzo della vita!» Alexandra lo guardò male.
«Uffà, sei ancora arrabbiata con me?!» Nathan alzò gli occhi al cielo.
«Sì!» Esclamò Alexandra.


Nathan sbuffò restandosene comunque in silenzio, qualcosa non andava, c'era qualcosa che mi sfuggiva. O veramente Nathan mi stava nascondendo qualcosa oppure Alexandra era una brava attrice.


Onestamente stavo dalla parte di Nathan, non aveva alcun motivo per mentirmi perché di me si fidava molto e lo stesso facevo anch'io. Perché poi avrebbe dovuto farlo? Non aveva nessun motivo appunto. 


«Litigate sempre!» Esclamò Lucy.
«Perché lui sbaglia ogni volta!» Disse Alexandra.
«Perché pensate questo?» Le domandai.
«Mi dispiace Shiver...» Mi disse, guardando altrove.
«... Per cosa?» Le domandai confusa.
«Per quello che ti ho fatto l'altra volta.» Rispose.
«Oh... non è successo niente, mettiamoci una pietra sopra.» Mi morsi le labbra.
«Ora possiamo cambiare discorso?» Domandò Nathan.
«Okay, sono d'accordo. Di cosa parliamo?» Chiese Lucy.
«Mhm... cosa si mangia stasera?» Chiese Nathan.
«Ma pensi sempre a mangiare?!» Quasi urlò Lucy.
«Solo questo sa fare.» Disse Alexandra.
«No, so anche bere e dormire.» La informò Nathan.
«E ti sembra meglio?» Chiedemmo all'unisono noi donne.
«... ssss...no.» Rispose Nathan.


Noi presenti avemmo diverse “opinioni” e “espressioni”, alla risposta vaga di Nathan. Lucy si misi a ridere di gusto, io lo guardai molto confuso e scioccato allo stesso tempo, e Alexandra alzò gli occhi al cielo sospirando. 


Nathan invece sembrava anche abbastanza soddisfatto e fiero della sua suddetta risposta, non si era reso neanche conto che in qualche modo si era offeso lui da solo. Cioè, si era dato del pigro con la sua stessa bocca.


Comunque Lucy alla fine rispose che avrebbe cucinato la pasta e piselli con dei cubetti di pancetta per cena. Guardai l'ora sull'orologio appeso alla parete: erano quasi le otto (mancavano giusto cinque minuti) e dunque a breve avremmo mangiato. 


Lucy iniziò ad armeggiare con pentole e compagnia bella, come al solito non volle farsi aiutare ne da me ne da Alexandra. Ma dato che eravamo delle donne testarde preparammo la tavola, anche se Lucy disse che non ce nera bisogno. 


Nathan restò con il culo incollato sulla sedia come nulla fosse, beccandosi anche un bel pò di rimproveri da parte nostra. Lui se ne uscì con questa frase: “E' il vostro compito, voi siete donne e dovete essere schiave degli uomini.” Lo disse con così tanta sincerità!


Gli lanciai in pieno viso uno straccio umido ordinandogli di far silenzio perché stava sparando solo cavolate con la bocca. Lucy e Alexandra mi applaudirono, le guardai imbarazzata... nessuno mi aveva mai applaudito.


In quel momento dalla porta d'ingresso entrò Andrew (era lo zio di Nathan, era sposato con Lucy ed era il fratello maggiore di Alexandra), che annunciava il suo arrivo dopo una lunga e stancante giornata lavorativa. 


Era un muratore, infatti era tutto sporco di polvere bianca (non cocaina eh), macchie varie di pittura ed altro. Entrò in cucina e non appena vide Nathan gli tirò uno schiaffo dietro alla testa dicendogli che era un cafone incosciente.


«Ma ce l'avete con me oggi!» Esclamò Nathan.
«Io alla tua età lavoravo, ero sposato ed avevo già un figlio: non facevo il mantenuto e i guai come te.» Lo informò Andrew.
«Non ti ci mettere anche tu.» Nathan si lamentò.
«Ti prenderei a pugni nello stomaco.» Disse Andrew.
«Giovane, guarda che sta la fila per questo.» Disse Alexandra, seria.
«Praticamente oggi vado all'ospedale per contusioni multiple.» Disse Nathan, e noi ridemmo.
«Papà, mi hai portato la cioccolata?» Chiese Vincent, venendo anche lui in cucina.
«Shiver!» Esclamò, e mi saltò addosso.
«Ciao patato.» Dissi, abbracciandolo.
«Ah, stai anche tu...» Si rivolse a Nathan.
«Non sei contento di vedermi?» Gli domandò Nathan.
«No.» Rispose Vincent, semplicemente.
«Bè, neanche io sono felice di vederti.» Disse Nathan.
«Non mi interessa.» Lo informò Vincent.
«Chissà se andranno mai d'accordo.» Disse Andrew.
«Ma penso proprio di no.» Rispose Alexandra.
«E che vuoi, la vita va avanti.» Disse Nathan.


Vincent scese dalle mie braccia dolcemente e si andò a sedere vicino a Nathan e prese a guardarlo con impertinenza come solo un bambino sa fare. Però caspita, era così piccolo ma già così intelligente.


Nel mentre Andrew frugò nelle sue tasche trovando quello che stava cercando e lo porte a Vincent. Era una barretta di cioccolato al latte, Vincent la prese e se la nascose per bene sotto alla sua maglietta... forse non voleva condividerla con suo fratello Albert.


Continuò comunque a guardare Nathan, Nathan a quel punto ricambiò lo sguardo incrociando anche le braccia. Certo che aveva proprio la testa dura quel ragazzo, forse non si ricordava che Vincent era “pericoloso”.


Vincent lo guardò confuso ma fece come Nathan: incrociò anche lui le braccia al suo piccolo petto. E si guardarono dunque. Non si rivolsero neanche la parola, si guardarono semplicemente: occhi contro occhi. 


Nathan fu il primo a distogliere lo sguardo sbuffando anche abbastanza pesantemente come se si sentisse sconfitto. Vincent sorrise vittorioso e soddisfatto, come se avesse ottenuto quello che tanto voleva.


Andrew poi si avvicinò a Nathan sussurrandogli qualcosa all'orecchio... ma era la giornata dei sussurri?! Comunque gli fece una domanda perché Nathan rispose ad alta voce: disse un “no!” Andrew lo guardò stranito e se ne uscì con un semplice “Mah!” E poi mi guardò.


«Shiver, lo sai che ti sei fatta proprio bella?!» Affermò Andrew.
«Grazie.» Sorrisi.
«Sì eh?» Domandò distrattamente Alexandra.
«Sì... e le tue sorelle che fine hanno fatto?» Chiese ancora Andrew.
«Annabelle si è sposata e ha avuto un bambino, Valery a breve andrà a convivere e sta per diventare anche lei mamma.» Risposi.
«Si è scoperto poi il sesso?» Domandò Nathan, curioso.
«E' una femminuccia.» Risposi, sorridendo.
«Ora tocca solo a te ahaha.» Disse Andrew, ridendo.
«Bè, arriverà quando giungerà il momento.» Dissi, convinta.
«Trovati un ragazzo... un ragazzo migliore.» Disse Alexandra, guardando Nathan in malo modo.
«Vero Shiver, sei una ragazza d'ora, ti meriti il meglio.» Concordò Lucy.
«Sì! Sei più bella della fidanzata Nathan.» Disse Vincent ed io spalancai gli occhi.
«STAI ZITTO!» Urlò Nathan, alzandosi.
«E' la verità!» Esclamò Vincent.
«TIENI LA BOCCA CHIUSA!» Urlò più forte Nathan.


Non... non capivo... Nathan non aveva nessuna fidanzata... non aveva nessuna relazione... non... non era vero... era impossibile... era una sporca bugia... avevo... avevo sentito male... avevo frainteso le parole... 


Non ci credevo... possibile che davvero avessi sentito male? C'era quella minuscola possibilità che me l'ero del tutto immaginato? Mi misi in ginocchio davanti a Vincent, lo guardai, gli presi le manine e gli sorrisi tristemente.


«Ascoltami tesoro, ti proteggo io da lui qual'ora volesse farti del male: ma ti prego, rispondi con sincerità.» Dissi a Vincent, tremando.
«D'accordo.» Disse lui.
«Nathan è fidanzato?» Gli domandai.
«Sì.» Rispose Vincent, ovvio.
«Sai con chi?» Chiesi, con il cuore distrutto.
«Con Eleonor.» Mi rispose.
«Eleonor...» Sussurrai, alzandomi.
«Ma perché? Non lo sapevi?» Mi chiese Andrew.
«No, l'ha solo presa in giro.» Rispose Alexandra, al posto mio.
«Voi mi avete avvisata.» Dissi ad Alexandra.
«In tutti i modi.» Sospirò lei.
«Avevate ragione... vi chiedo scusa.» Lei dissi, tremando con la voce.
«Non devi Shiver.» Le scappò una lacrima.
«Che stupida che sono.» E mi misi a ridere dalla collera.
«Shiver-» Disse Nathan, ma lo interruppi.
«TI ODIO!» Esclamai con rabbia.
«.....» Restò in silenzio.


Presi la borsa, salutai tutti con indifferenza assoluta, me ne andai da quella casa giurando a me stessa di non metterci mai più piedi. O almeno fin quando non avrei dimenticato tutto una volta per tutte e per sempre.


Non presi al momento la macchina, avevo bisogno di camminare un pò a piedi... per riflettere... iniziò anche a piovere e fu anche un bene perché iniziai a piangere... come tre anni prima alla stazione. 


Piansi perché ero stata una stupida nello sperare in un qualcosa che mai avuto inizio e non sarebbe mai esistito. Piansi per averci creduto realmente. Piansi perché ci speravo nel profondo che qualcosa cambiasse. 


Piansi perché non ero stata attenta, non avevo prestato attenzione. Piansi perché non ero riuscita a tenere il mio cuore al sicuro. Piansi perché mi ero fatta prendere in giro per la seconda volta nella mia vita dalla stessa persona.


Alexandra aveva avuto sempre ragione, ed ero stata una sciocca nel non crederle, Nathan era diventatato una persona malvagia e senza cuore. Era cambiato sì, ma non credevo che fosse cambiato in peggio. 


Alexandra mi aveva avvisata fino all'ultimo, in tutti i modi di allontanarmi da Nathan. Cazzo, avrei dovuto darle ascolto! Alexandra stava cercando di proteggermi, di mettermi in guardia, non voleva farmi del male come mi aveva fatto credere Nathan.


Che stupida!


Ma non lo sapevo! Non mi immaginavo che Nathan mi stesse prendendo di nuovo in giro e che mi stava usando per i suoi loschi scopi. Non lo avrei mai immaginato, io ero convinta che mi volesse bene. 


Non sapevo che si fosse fidanzato... con Eleonor. E che bell'acquisto che aveva fatto... Non sapevo che avessero riallacciato i rapporti, Nathan mi aveva detto che non la sentiva da tre anni! Da quando l'aveva bloccata davanti ai miei occhi sul pullman dopo esser tornati dal mare. 


Come aveva potuto farmi questo? Dove aveva trovato tutto quel coraggio malsano? Non provava vergogna per se stesso? Quando al mattino si svegliava, non si sentiva uno schifo per quello che stava combinando?!


Mi sentivo così male dentro, avevo il cuore bruciato da tutto quel dolore: mi aveva solo usato. Mi aveva baciata, abbracciata, mi aveva stato accanto, aveva fatto l'amore con me: e allo stesso tempo aveva giurato amore ad un'altra. 


Lo odiavo così tanto. Lo odiavo perché mi aveva preso in giro. Lo odiavo perché aveva calpestato i miei sentimenti. Lo odiavo per avermi riempita di bugie. Lo odiavo perché mi aveva distrutto il cuore. Lo odiavo meritava di essere odiato. 


Mi stava facendo sentire inutile, come se non valessi nulla, come se non esistessi, come se fossi solo di passaggio. Mi sentivo come una parentesi, lo ammetto, mi sentivo anche fossi stata una prostituta, mi aveva usata come essa. 


Ero stata la sua bambolina! Che schifo!


Ero stata anche un'amante... che vergogna per me stessa... non volevo esserlo... non volevo lo scarto di nessuno! Non volevo essere sempre una cavolo di seconda scelta, non volevo essere un opzione a seconda del momento. 


Era così brutto sentirsi così, sentirsi illusi dalla persona amata. Piansi ancora più forte e mi fermai sotto ad un lampione della luce. Pioveva ancora ed era molto buio, ero bagnata fradicia ma non mi importava.


Stavo male!


Di nuovo.


Mi ritoccava fare tutto daccapo.


«Shiver...» Mi voltai.
«Vattene Nathan.» Dissi, piangendo.
«Ti prego.» Mi implorò
«Ti prego cosa? Ma non ti basta quello che mi hai fatta passare in questi tre anni?!» Quasi urlai.
«Mi dispiace!» Esclamò.
«Vaffanculo, non ti credo!» Dissi, onesta.
«Shiver, per favore; parliamone!» Mi implorò ancora.
«Parlare di cosa? Non c'è più niente da dire!» Lo guardai con odio.
«...» Restò in silenzio e abbassò lo sguardo.
«Nathan.» Lo chiamai.
«Sì?» Alzò lo sguardo.
«Mi ami?» Domandai, mentre la pioggia ci bagnava entrambi.


Fine.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3891586