Rapita nello specchio dei tuoi occhi

di MiChiamanoLilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo: Freedom ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo: Sana. ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo: Ricordi. ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo: Antitesi. ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo: Cambiamenti. ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo: Incomprensioni. ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo: Freedom ***


- Guarda Mamma è Rossana quella sul cartellone!

Esclamò una bambina che camminava sul maciapiede tenendo la mano della sua mamma.

- Si è vero è propria lei.

Asserì la madre della bambina, fermandosi pure lei ad ammirare la figura di quella ragazza.

 

 

Nel mentre di questa conversazione un ragazzo, che stava camminando a qualche metro più indietro di distanza, a sentire quel nome si fermò anche lui ad osservare la figura di Rossana mostrata sul manifesto.

La guardava avidamente era seduta su una sedia posta al contrario, la sua figura era disposta a tre/quarti con le braccia appoggiate sullo schienale della sedia e le mani che si andavano ad unire tra loro.

Esaminava con gli occhi ogni centimentro del corpo della ragazza in questione;

i capelli rosso rame, che ormai, da diversi anni, portava leggermente corti e molto arricciati.

gli occhi color nocciola, un tempo carichi di speranza e felicità, che adesso, invece, cercano di ammaliarti con la forza e l'intrapredenza di una persona che cerca di nascondere le proprie ferite...

le labbra, proprio quelle che aveva amato fino allo sfinimento e dalle quali erano uscite le peggiori parole d'odio che qualcuno avesse mai avuto il coraggio di rivolgergli.

 

 

- E' così bella!

Continuò la bambina, la quale seguitava ad ammirare quella ragazza, ormai sulla bocca di tutti, come se si trattasse del giocattolo più bello che i suoi genitori potessero regalarle.

- Sì è proprio vero!

Confermò la madre della bambina la quale ammirava anche lei la, da qualche tempo, famosissima modella esposta sul cartellone pubblicitario.

 

Forse era una pubblicità di abbligliamento, non lo sapeva sinceramente e forse neanche gli interessava, il suo sguardo piano piano stava scendendo verso la restante figura della ragazza;

I fianchi, quante volte li avevi stretti con le mani per attirarla a sè e rendendosi un tutt'uno con quel corpo perfetto.

 

Continuava ad esaminare ogni centimentro del corpo dell'ex bambina prodigio.

 

L'occhio gli caddè su un tatuaggio ben visibile, posto sul fianco sinistro, lettere poste una sotto l'altra che andavano a formare una parola con fin troppi significati che, certamente, si identificavano in uno solo;
 

Freedom.




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Ciao a tutti cari lettori, sono felice di darvi il benvenuto in questa mia nuova storia su un anime che ha praticamento costruito la mia infanzia e che da qualche tempo ho piacevolmente riscoperto. Non so a cosa porterà questa storia, ho scritto di getto il primo capitolo subito dopo aver finito di rivedere l'anime di Rossana, quindi ho le idee ancora un pò confuse ahah, ma che posso farci mi piace scrivere così; buttarsi e vedere cosa ne' uscirà.

Se questo capitolo, o la trama stessa, vi ha incuriosito lasciatemi un commento, sono ben felice di sentire le vostre opionioni e perché no, magari anche cosa vi aspettate da questa storia.

Noi, intanto, ci salutiamo e ci vediamo al prossimo capitolo che spero di scrivere in brevissimo^^

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo: Sana. ***


- Akito quante volte ti ho detto che devi posare le uova quando fai la spesa!

Urlava una voce maschile proveniente della cucina di un appartemento nella periferia di Tokyo.

- Akito!

Continuava la stessa voce, cercando di chiamare l'amico in questione per riuscire ad avere un minimo di riscontro a riguardo.

A passo svelto il ragazzo infuriato nei confronti dell'amico si dirigeva nella camera da letto di quest'ultimo.

- Allora Akito che hai da dire a tua discolpa!!

Il ragazzo arrabbiatissimo con l'amico per la dimenticanza di quest'ultimo, teneva la mano a pugno pronto a voler ricevere a tutti i costi una risposta, ma la sua reazione e determinazione a fargli un sonoro rimprovero andarono scemando quando si accorse che il suo amico era disteso sul letto con le braccia dietro la nuca e lo sguardo assente, intento a fissare un punto indefinito davanti a sé

- Akito..

Affermò con una voce ormai divenuta tremolante, lo guardava ormai con una certa preoccupazione.

- L'ho vista...

Iniziò il ragazzo disteso sul letto che continuava a gurdare il nulla davanti a sè.

 

- Chi..chi hai visto?

Chiese l'amico ancora fermo all'entrata della stanza,vicino alla porta. Che domanda sciocca, lo sapeva benissimo a chi si riferisse.

 

- L'ho vista...su un manifesto pubblicitario..

Rispose Akito, abbassando leggermente lo sguardo. Sapeva perfettamente che il suo amico occhialuto aveva capito a chi alludesse con quell'affermazione.

 

Akito strinse la mani a pugno, stava iniziando a sentire una fitta al cuore troppo forte, non sapeva bene cosa provasse in quel momento: collera, nervosismo, paura, forse un pò tutto.

 

- Akito..

Cercò di richiamarlo dai suoi pensieri l'amico prima che potesse infuriarsi davvero, come accedeva ormai da qualche mese a questa parte..

 

Pessima mossa, ancora una volta, Akito facendo uno scatto veloce si era alzato in piedi ed aveva tirato un pugno serrato nel muro, creando un altro dei tanti buchi lì sopra.

 

- Akito fermati o sapaccherai tutto!

Cercò di trattenerlo per le spalle con tutta la forse che aveva, per evitare che continuasse a dare pugni furtissimi contro il muro.

 

Angosciato e stanco dai rimproveri dell'amico affianco che cercava in tutti i modi di trattenerlo e spostarlo da lì, Akito si accasciò a terra con la schiena rivolta verso il muro, ormai torturato da tutte le emozioni che stava vivendo in quel momento.

 

-Tsuyoshi, io non c'è la faccio più.

Mugugnò Akito con il volto appoggiato sui palmi delle mani.

Non c'erano lacrime in tutto ciò e neanche un espressione abbozzata di tristezza sul suo volto, solo uno sguardo ghiaciale che si contraddiceva ai suoi occhi dorati e, inoltre, tutto il suo viso era contratto in un tono troppo rigido per un ragazzo della sua età.

 

Tsu lo gurdava, non sapeva più che fare, la situazione ormai da qualche anno a questa parte stava degenerando fin troppo; Akito era diventato più schivo e freddo di quello che era già diversi anni fa, Tsu a volte faceva davvero fatica a credere nella loro amicizia che aveva messo radici fin dalla tenere infanzia.

 

Ormai era sempre così, appena Sana appariva su qualche nuovo manifesto, Akito non riusciva più a controllare le sue emozioni e i suoi stati d'animo, iniziavano i giorni di chiusura emotiva con una conseguente sfuriata a tutto ciò che gli capitava sotto tiro: muro, mobili, compagni di Karate.

 

Università e karate per lui erano diventati il suo pane quotidiano, non faceva altro. Affermava spesso che l'amore è un'illusione, come una "distrazione" era così che definiva quel sentimento e anzi aggiungendo pure "porta solo sofferenza".

Non si sarebbe più legato sentimentalmente a nessun altra, era una perdita di tempo.

E delle volte era quasi riuscito a convincere Tsu con i suoi brevissimi discorsi, certamente non era un ragazzo di molte parole, però il suo amico di infanzia di domandava sempre; allora perché se la prende tanto quando vede Sana in qualche cartellone pubblicitario o addirittura quando, accendendo la televisione, la si ritrova in qualche programma televisivo, magari accompagnata da qualche suo collega di lavoro. Perché? Da cosa scaturisce questo comportamento? Dai ricordi? Dalla mancanza costante di lei nella sua vita?

E sopratutto, se quest'ultima domanda portasse ad un affermazione positiva perché mai assume sempre questo comportamento così ostile quando è stato proprio lui ad allontanarsi piano piano da lei. Tsu più cercava una risposta convincente a tutte quelle domande e più si sentiva in un abbisso di confusione e dubbio.

 

A detta di Akito, aveva voluto allontanare Sana, specificando il "sentimentalmente parlando", perché stava diventando una persona pressante, che lo torturava con la sua gelosia e le sue insicurezze, anche se tutto sommato nemmeno lui era da meno, e tra queste ed altre motivazioni aveva concluso che forse non ne' era completamente innamorato. Era convinto che una persona o la si ama del tutto, per com'è e basta, oppure non c'è altro tempo da perdere; non si è la persona adatta per entrambi.

 

Tsu effettivamente era rimasto sbalordito, né Akito né tantomeno Sana, possedevano chissà quali esperienze in fatto di amore o relazioni stabili, però credeva che almeno un concetto basilare, che dovrebbe essere innato in sè stessi, lo conoscessero, ovvero il completarsi, il sapersi aiutare e migliorare a vicenda.

 

Si erano lasciati e mai più rivisti, perché Sana, dopo un certo periodo, aveva deciso di tagliare tutti i ponti tra loro non riuscendo a sopporatare che nella vita di Akito ci potessero essere altre persone a parte lei. Certamente era stata una scelta molto egoista, come d'altronde come la si può biasimare? Tsu lo sapeva bene, quando Akito e Sana si erano lasciati, lei era sempre a casa della sua fidanzata, Aya, perché non riusciva ad accettare la fine della sua relazione con Akito e d'altro canto, non voleva essere un peso per lui o trattenerlo in qualcosa che per Akito non riusciva a ricambiare più. Di conseguenza era stata buoni sei mesi, all'incirca, a casa di Aya cercando almeno in parte di sistemare la sua vita.

 

E Akito? Non crederete davvero sia stato tutto rose e fiori solo perché i dubbi provenivano da lui, vero?

No no, tra i due Akito era quello che all'apparenza poteva sembrare il più sano ma dentro, da quel maledetto giorno che decise di prendere quella decisione, era distrutto. Non l'avrebbe mai ammesso apertamente, era sempre stato un tipetto orgoglioso, ma in cuor suo lo sapeva; avrebbe fatto di tutto pur di tornare indietro e sistemare le cose.

 

Ma d'altra parte era un ragazzino di diciasette anni quando decise di prendere quella decisione e nonostante avesse capito i suoi sentimenti per lei fin da bambino, non né era riuscito a capirne a pieno l'importanza di quei sentimenti.

 

Forse era proprio questo il reale motivo della loro rottura, non capiva l'importanza che quell'amore avesse per lui, andando a pensare che fosse un problema della coppia e non dei singoli problemi che giravano intorno alla coppia.

 

 

- Ti senti meglio?

Chiese Tsu all'amico seduto nel tavolino del loro appartamento, mentre sorseggiavano del thè verde che aveva preparato ad Akito per cercare di calmarlo da quell'assurda situazione. Akito aveva lo sguardo basso e teneva tra le mani la tazza fumante rigirandosela in esse.

- Si..

Rispose Akito all'amico continuando a fissare il liquido caldo all'interno del recipiente.

 

Tsuyoshi lo guardava con dispiacere e, allo stesso tempo, con una sorta di tenerezza, sapeva bene che Akito, per quanto cercasse di fare il duro, non aveva mai dimenticato Sana, nè era certo. Ripensava a quando alcune notti lo sentiva mentre dormiva e ripeteva il nome della ragazza con dolcezza, l'inconscio era l'unico momento della giornata in cui lo sentiva tranquillo.

 

 

 

D'un tratto cambiò espressione, diventò serio, cosa che non passò inosservata ad Akito, il quale alzò lo sguardo pensando che stesse per iniziare a dire qualcosa.

 

- Akito lo so che non vuoi mai parlarne, però penso che dopo quasi due anni sia giunto il momento di discutere davvero della questione...

 

Akito assunse uno sguardo truce e schivo, Tsu non si fece intimorire da questo dettaglio ormai lo conosceva come le sue tasche.

 

- Sono due anni che ti comporti così, che non vai avanti per la tua vita, che anche se affermi il contrario sei rimasto appigliato al passato...non ti chiedo di parlarne con me, ma...

 

Tirò fuori dalla tasca un bigliettino un po' stropicciato e lo appoggiò vicino alla mano del suo amico che gli sedeva davanti.

 

- ...ti prego di non escludere questa opzione.

 

Akito prese il bigliettino tra le mani e lesse

"Dott. Sota Tanaka

Psicologo – Psicoterapeuta"

Con annesso il contatto e le indicazioni del suo studio per prendere un appuntamento.

 

Non riusciva a crederci, il suo amico lo vedeva davvero così messo male da consigliargli, addirittura, di farsi visitare da uno strizzacervelli. Era mai possibile?

 

Contrasse la mascella contrariato da tutto ciò.

- Tsu ma sei pazzo?

Davvero, non sapeva che pensare.

 

Tsu fece un respiro profondo cercando di trovare le parole giuste per iniziare al meglio quella che sarebbe dovuta essere una predica e riuscire a trasformarla in un consiglio o almeno in una sorta di non-ramanzina nei confronti del suo amico.

 

- Akito parliamoci chiaro, sono due anni quasi che reagisci così; vedi Sana su un cartellano, in televisione, dove ti pare e non fai altro che stare male. Non piangi, non ti disperi, non fai sceneggiate di nessun tipo, è vero non sei mai stato questo tipo di persona, ma so per certo che dentro tu soffri, ti stai lentamente distruggendo e questo non è un dolore curabile con una medicazione, con un cerotto, con un qualsivoglia intervento esterno.

Questo tuo stare male, ti sta logorando l'anima da ben due anni, tu lo riversi in tutto ciò che ti capita sotto mano; i muri di casa, i compagni di karate. Io non ti sto dicendo di prendere una decisione ora, in questo preciso momento, solo non escludere questa opportunità.

 

Dopo il suo discorso Tsu abbassò lo sguardo, guardando la tazza con i resti del thè, ormai freddo, dentro la tazza, si aspettava una risposta dal suo amico, qualcosa che

non fosse per forza un "si" o un "no" ma anche un semplice "ci penserò".

 

- Se è per la casa...pagherò i danni.

Rispose Akito, forse non sapendo bene con cosa controbbattere a tutto quel flusso di discorsi che il suo amico gli aveva esposto. Insomma, non gli pareva il caso era solo una semplice infatuazione adolescenziale che sarebbe passata prima o poi, si diceva tra sé e sè, anche se sotto sotto lo sapeva anche lui che così non era.

 

- aaah sei davvero impossibile..

Farfugliò Tsu, lasciandosi scivolare completamente con il corpo sullo schienale della sedia.

Fino a qualche tempo fa si sarebbe arrabbiato, avrebbe urlato che quella poteva davvero essere l'unica via d'uscita per lui, si sarebbe infuriato e forse avrebbe perso la pazienza inutilmente. Parlare di queste cose con Akito era come parlare ad un alieno, anzi, forse, un extraterrestre si sarebbe prodigato di più per riuscire a comprenderlo.

 

- Comunque.

Continuò Tsu assumendo un'espressione più seria e sistemandosi meglio sulla sedia.

 

- Venerdì sera questo stesso dottore terrà un incontro, proprio nell'aula magna della nostra università, è aperto a chiunque abbia voglia di iscriversi anche solo per ascoltare. I posti disponibili saranno una quindicina, se non sbaglio.

Non ti chiedo molto, solo cerca di riuscire a partecipare a quest'evento e vedi se, almeno ad occhio, per quanto può essere difficile, sia una persona che dà una certa sicurezza e poi decidi il da farsi.

 

Akito assunse un espressione non molto convinta riguardo alle parole di Tsu.

 

- Pensi di poterlo fare per il tuo caro amico?

Rimarcò la dose Tsu, guardandolo con occhi speranzosi.

 

Akito sbuffò, "per il tuo caro amico" certo come no.

 

- Va bene, ci penserò.

Concluse il biondino.

 

Tsu abbozzò un sorriso nei confronti dell'amico, pensava che finalmente si sarebbe potuti arrivare a qualcosa forse Akito sarebbe potuto stare meglio ed avrebbe evitato almeno un pò di pensare a Sana.

 

Non fraintendetelo Tsu ha sempre adorato Sana, d'altra parte è una delle sue più grandi amiche, nonostante in quest'ultimi anni non si sia fatta viva, d'altronde è una persona famosa, però il tempo passava e Akito stava sempre peggio e Sana non c'era.

 

Lui era il primo a dire e pensare che Sana e Akito fossero destinati per stare insieme, ma doveva pure valutare la situazione con abbiettività e razionalità di un ragazzo di quasi ventun anni; Akito stava male, si distruggeva e distruggeva tutto quello che aveva intorno, come poteva riuscire a convivere anche solo con l'idea che il suo migliore amico stesse così male?

Di fatti, appena aveva visto l'annuccio di questo convegno sulla bacheca degli della sua università si era subito fiondato per poter ricevere più informazioni possibili riguardo a questo Psicologo. Gli sembrava davvero un'ottima occassione per Akito per riuscire a riprendere, almeno in parte, le sua vita.

 

Si erano ormai fatte le nove e mezza di sera, Akito si era addormentato nel suo letto sfinito da tutta quella serie si situazioni che l'avevano lasciato come dire? Interdetto? Ecco si, esattamente.

Tsu invece stava sistemando gli ultimi piatti nella lavastoviglie prima di sprofondare anche lui in un sonno profondo. Gli studi universitari in ingegneria e il lavoro part-time erano stancanti pure per lui, nonostante cercasse di tenere duro pensando sempre al fatto che tra qualche anno sarebbe finito tutto; avrebbe sposato la sua amata Aya e finalmente sarebbe riuscito a trovare un lavoro degno dei sui risultati, sia scolastici che universitari * .

 

Stava deponendo l'ultima stoviglia negli scomparti della lavastoviglie quando una voce, fin troppo conosciuta, proveniente dalla televisione lo richiamò dai suoi pensieri. Di scatto si girò verso la televisione con ancora i guanti e la stoviglia in mano ed aumentò di poco il volume della televisione, quel tanto per sentire di più e quel poco per non farsi sentire da Akito.

 

- Allora signorina Sana, ora che è diventata una grande star in Giappone quali sono i suoi prossimi progetti?

Domandava la presetatrice con una grande sorriso rivolto a Sana.

- Ti ringranzio Chieko per questa domanda perché ci tenevo molto a fare una rivelazione al pubblico e sopratutto ai miei fan che seguono e mi stimano per ciò che faccio, più o meno da sempre.

Prese una pausa, alzò lo ssguardo e guardò dritto in camera con una certa fermezza.

- Ho deciso di prendermi una pausa dalla scena dei riflettori. Sono Sana, è vero, un attrice, una modella, una star come mi hai cordialmente definita tu, Chieko, però sono anche una ragazza di vent'anni con tutta una vita davanti e che vorrebbe godersi, almeno in questa parte questi anni di spensierata giovinezza, con le preoccupazioni di una studentessa e al di fuori della scena.

La conduttrice la guardava la guardava spiezzata, come se avesse perso il dono della parola, un pò' sicuramente come tutto il pubblico in platea e in ascolto.

- E' una scelta molto ardua Sana, cosa ti ha portata a prendere questa decisione?

Chiese la conduttrice un leggermente proccupata dalla risposta della giovanissima attrice.

Sana abbassò lo sguardo per un secondo non voleva farsi vedere con gli occhi lucidi, sopratutto in quel contesto.

- Quando mi sono immersa completamente nel mio lavoro, girando il Giappone in lungo e in largo e avendo la possibilità, anche, di conoscere e visitare molti altri paesi occidentali, mi sono accorta che aveva lasciato una parte molto importante di me a Tokyo: i miei amici, la mia famiglia, una parte speciale di me stessa. Non potrò mai distaccarmi completamente dal mondo dello spettacolo, è stata sempre una parte di me e sempre lo sarà, voglio solo riprendermi un poco di quell'altra parte di me stessa e cercare di viverla al meglio.

Concluse con sorriso che sembrava molto sincero, rivolto al pubblico in sala e alla stessa conduttrice del programma, suscitando un fortissimo applauso da parte del pubblico in sala.

- Sei una ragazza molto matura Sana, brava, si vede che non prendi le cose con leggerezza ma calibri perfettamente le tue scelte.

Un altro applauso per Sana in sala inondò la stanza.

- Ma mi dicevi prima nel camerino che vuoi anche prenderti del tempo per pensare a nuovi progetti, per un futuro.

Continuò la conduttrice dopo, chiedendo incuriosita.

- Si esatto Chieko, vorrei prendermi del tempo per considerare l'idea di lanciarmi nella scena del canto come cantautrice. E' anche per questo motivo che intendo iscrivermi alla facoltà universitaria di "Arte e Spettacolo" di Tokyo, perché informandomi suoi corsi da dover seguire al suo interno c'è ne sarebbero molti che trattano proprio di quest'argomento.

Rispose Sana con una certa allegria.

- Allora non posso che essere felice per te e augurarti buona fortuna Sana per...

 

Sana sarebbe ritornata a Tokyo?! Tsu non credeva a ciò che aveva appena sentito. Dopo tutto questo tempo?

Certamente non poteva che essere felice che la sua amica tornasse a casa, il gruppo di amici si sarebbe finalmente ricomposto, nella sua "parte di sé" come l'aveva definita lei, da qualche tempo ormai la sua figura divertente e spensierata mancava parecchio nella vita di ognuno del gruppo.

 

Ma Akito come l'avrebbe presa? E sopratutto era giusto avvisarlo?

 

Tsu si risvegliò dai suoi pensieri quando il telefono prese a squillare, allora spense la televisione e si avvicinò per rispondere all'apparecchio appoggiato nel mobile del soggiorno.

 

- Si pronto, casa Sasaki – Hayama.

- Tsu.

Si affrettò a rispondere una voce femminile dall'altro capo del telefono.

- Aya, amore, sei tu.

- Si...volevo chiederti, l'hai vista l'intervista di Sana in televisione?

Chiese lei con un misto di voce tra il proccupato e il raggiante.

- Si, l'ho vista. Mi è passata davanti alla televisione mentre lavavo i piatti.

- Cosa ne pensi? Nel senso lo sai, io sono felicissima che Sana torni da noi, è la mia migliore amica però....cosa facciamo con Akito?

- Aya a dirla tutta non ne' ho la più pallida idea, se non glielo diciamo noi, verrà comunque a saperlo. Sana è ormai una star in tutto Giappone, sicuramente se ne' parlerà per settimane all'università, d'altra parte penso sarebbe inutile preparare Akito in qualcosa di questo genere, si ostinerebbe ad evitarla ad ogni costo e comunque sarebbe dovuto accadere prima o poi...certo, forse nessuno si aspettava così di fretta però sono certo che si riuscirà a gestire la situazione.

- Hai ragione amore, sono certa anch'io che si troverà una soluzione. Alla fine entrambi sono cresciuti, spero che riusciranno a prendere le cose di petto almeno questa volta.

 

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* In Giappone, ma anche in Sud Corea, avere una buona media scolastica consegue a riuscire ad entrare più facilmente in certe università (anche chiamate "Campus") di prestigio. Di conseguenza, avere una buona media universitaria o un generale buoni voti porta a riuscire a trovare meglio un certo tipo di lavoro ben retribuito.

Inoltre riuscire ad entrare nelle università di presitigio in Giappone significa avere una buona opportunità per avere una corriera nettamente positiva, ad esempio nelle università giapponesi di alto livello si organizzano spesso dei "recruiting days", ovvero alcune aziende si presentano nei campus tenendo colloqui e lasciando contatti agli studenti interessati. Questo è anche uno dei motivi per cui l'educazione sopra gli undici anni in Giappone costa tantissimo.

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Buon Salve cari lettori&lettrici, come state? Spero tutto bene.

Non so bene che piega stia prendendo questa storia ahah certo siamo solo al secondo capitolo, anche se devo ammettere che mentre scrivevo mi sentivo come "ispirata" dall'insieme di eventi e idee, era come se le mani andassero da sole sulla tastiera del pc. Comunque spero che il capitolo vi abbia incuriosito, e o vi sia piaciuto, e che la storia vi possa iniziare a interessare, noi intanto di salutiamo e ci rivediamo al prossimo capitolo.

-Lilith

 

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo: Ricordi. ***


Era un noioso venerdì sera, Akito si trovava davanti alla porta dell'aula magna dove il famoso dottore, di cui gli aveva parlato il suo amico Tsuyoshi, avrebbe tenuto il covegno per presentarsi, spiegare nel dettaglio in cosa consiste la sua terapia e soffermarsi a trovare una soluzione per i propri stati d'animo tutt'altro che piacevoli.

 

"Malanimo, delusione e rancori – Possibili ricomposizioni"

 

Questo era il titolo del covegno.

Eh si, Tsu aveva proprio centrato nel segno quando gli aveva proposto di iscriversi a quell'incontro.

Tra l'altro si sentiva anche un pochino a disagio trovandosi in quel posto, cioè era un dipertimento dell'università che non gli corrispondeva; Akito, uno studente di Medicina, che si ritrovava nel dipartimento di Scienze umane, un futuro cardiologo che andava ad un incontro per problemi di cuore, che non possono essere curati esteriormente. 

Effettivamente, solo descritta così la situazione faceva sicuramente ridere.

Preso da tutti questi pensieri si decise ad aprire la maniglia della porta per entrare in quell'aula ma, per volere di chissà quale Kami*, neanche fece in tempo a spingere la maniglia che si ritrovò a terra travolto da una ragazza che non faceva altro che correre con la costante paura di essere in ritardo proprio per quell'incontro.

Entrambi si ritrovarono a terra, avendo sbattuto uno contro l'altro.

- Ahia che dolore, ma cos'era un muro quello contro cui ho sbattuto..

Disse la ragazza, dolorante per i troppi muscoli di Akito contro cui aveva sbattuto con la fronte, pensando fosse un muro.

Akito si alzò per vedere in faccia chi era quella rimbambita che correva nei corridoi dell'università e che, oltretutto, gli era mal capitata addosso. Appena i suoi occhi si appoggiarono sul viso di lei, gli prese un tuffo al cuore: i capelli rosso rame, la pelle chiara con le guance colorate di un rosso pesca...non poteva credere a cosa stava ammirando. Sana era proprio accanto a lui, che si lamentava sdraiata a terra del troppo dolore causato dalla caduto.

Preso dall'attimo di sgomento, Akito prese in mano la situazione: si alzò, tese la mano a Sana per farla rialzare, lei l'afferrò guardò da sotto gli occhiali alla cat eye (ormai era raro che non uscisse di casa senza, non sopportava mai i flesh delle fotocamere dei giornalisti sempre all'agguato) quel "muro" di muscoli che poco prima aveva investito, inconsapevolmente, e quesi si sentì mancare il pavimento da sotto i piedi. Non riusciva a crederci, non voleva crederci; il suo ex fidanzato, il suo ex migliore amico, una delle poce persone a cui aveva voluto davvero bene con tutta se stessa, avendola portata addirittura a rinunciare ad un film che le avrebbe portato nell'immediato notorietà e agiatezza anni e anni prima, era lì davanti a lei e le stava stringendo ancora la mano.

 

Rendendosi conto di quel gesto, e della sua mana molto fredda ancora a contatto con quella di lui, caldissima, la scostò subito sentendo quasi una scarica elettrica dentro di sé.

 

Si girò, dandogli le spalle, come se girandosi dalla parte opposta alla sua potesse riuscire a farlo scomparire almeno dalla sua visuali, perché dai suoi pensieri, purtroppo, era sempre un punto fisso.

 

- Grazie per avermi aiutata, scusa se ti sono finita addosso è che...andavo di fretta.

 

E con tutto il coraggio che stava cercando di possedere in quella situazione, girò i tacchi, letteralmente, e iniziò a camminare entrando dentro l'aula.

 

- Sana..

Disse sottovoce Akito con un tono così basso di voce che sarebbe sfuggito a chiunque, tranne proprio alla persona che non doveva per forza sentire. 

Di fatti Rossana si fermò un attimo quando sentì il suo nome, non sapendo bene cosa fare. Doveva girarsi? Come nei veri film d'amore? Dove i due protagonisti si rivedono dopo anni e ancora innamorati si scambiano un tenero bacio ricco di "Mi manchi! Non ti ho mai dimenticato!"? No, non era proprio quella la situazione.

Sana aveva seguito svariati percorsi psicologici per cercare di creare un proprio di minimo autocontrollo personale, non era di fatti un caso se si trovava anche lei a quell'incontro.

 

Aveva sentito parlare molto bene del dottor Sota Tanaka, era andata lì proprio per riuscirsi a darsi un altra possibilità, e questa volta neanche Akito stesso in persona l'avrebbe smossa da quella decisione, nonostante molte volte era stato solo il "suo fantasma" ad impederle di andare avanti nella sua vita. 

 

I ricordi di quel "doloroso insieme di cose", il problema era proprio questo; i ricordi non facevano solo parte di una sfera di pensieri e riflessioni negative, ma principalmente positive. E quando sei circondato da ricordi positivi forse è anche peggio di essere circondato solo da quelli negativi, ogni volta la tua mente è sempre lì pronta a ricordarti il tuo passato.

 

Vai in gelateria? Guardi il gusto vaniglia, ti ricordi che ad Akito piaceva la vaniglia.

 

Decidi di metterti il vestito con le maniche di pizzo bianco? Ti ricordi che quel vestito te l'ha regalato Akito, dopo una delle vostre estenuanti giornate di shopping al centro di Tokyo.

 

C'è la neve? Ti ricordi dei pupazzi di neve strambi di Akito, ti ricordi che ogni volta ti sei persa nei suoi occhi, ti ricordi che sei rimasta incastrata nella sua trappola inconscia, ti ricordi che, ancora una volta, i sentimenti e l'impulsività hanno preso il sopravvento. E sopratutto ti ricordi i vostri primi baci, quelli dati a stampo, senza lingua, senza neanche toccarsi davvero. 

Eppure ricordare quei semplici bacetti fa più male di ricordare tutto il resto, fa più male di ricordare di quando avevate litigato furiosamente perché Akito era pieno di ragazzine che lo seguivano ovunque quando aveva gli incontri di karate e di quando i fans di Sana erano perfino arrivati a scavalcare il cancello di casa sua, pur di avere un misero sguardo di cosiderazione da parte sua.

Ecco si, i ricordi positivi piano piano si trasformano in ricordi peggiori di quelli negativi e, anzi, forse per quelli negativi ci ridi anche un po' su, come a dire: "Akito tutto sommato è sempre stato un bel ragazzo è normale che avesse uno stormo di ragazzine in preda dagli ormoni che gli andassero dietro. E Sana? Beh, Sana è un'attrice di fama internazionale, mi sembra il minimo avere degli ammiratori così iperattivi e anzi, rispetto alle fans si Naozumi che lo seguono in ogni dove, quell'evento doveva essere stato il minimo no?"

 

Erano proprio strani quei due, avrebbero potuto avere chiunque al loro fianco, e si ostinavano a cercarsi, a stare male a vicenda per le gelosie l'uno dell'altra, a tormentarsi quando stavano con altre persone perché più stavano con altri, più sia l'uno che l'altra cercava negli occhi di quel qualcun altro un paio di occhi color nocciale chiaro e un paio di occhi color oro, entrambi magnetici.

 

Pensare tutte quelle cose portò Sana a non riuscire a trattenere una lacrime, che scese dal suo occhio destro e macchiò il suo volto. Era un come una lacrima di cristallo impercettibile, eppure Akito seduto due posti dietro di lei la notò subito, e non pote' riuscire a non pensare che fosse dovuta al loro incontro furtivo di poco prima.

 

Scacciò quei pensieri, impossibile si diceva tra sè e sè. Sana è una grande artista, ha talento, degli ammiratori che la amano e l'apprezzano, perché dovrebbe piangere per lui? Insomma, ha tutto quello che le serve per essere totalmente felice no? 

 

E poi, continuava, perché dovrebbe importarmi no? L'ho lasciata io, ho preso la decisione finale io, ho scatenato io tutto questo casino, perché continuare a pensarla anche avendocela a pochi metri di distanza? Se ha fatto finta di non riconscermi è chiaro che non vuole avere niente a che fare con me, si è proprio così, e io devo rispettare queste sue scelte anche se non l'ha detto apertamente, certo.

 

Continuando a pensare e ripensare a tutti quei discorsi comunque, Akito non smetteva di fissarla, non si lasciava sfuggire neanche un suo misero movimento, neanche quando decise di accavvalare le gambe, dalla parte opposta di come le aveva appoggiate precedentemente, e il vestito che indossava le si alzò leggermente di qualche millimetro lasciando scoperto una parte delle sue gambe, male chiare e compatte. 

 

Sicuramente lisce e morbide, come se le ricordava e le aveva lasciate Akito.

 

Da quel pensiero ripercosse tutto il suo corpo indossava un vestitino nero leggermente stretto suoi fianchi e sul seno che andava a scivolare perfettamente partendo dal busto e finendo sulle gambe. Tutto racchiuso in un giacchettino di pelle blue elettrico che appoggiava lentamente le cinte di quest'ultimo sulle gambe coperte dalla stoffa del vestito. Portava delle scarpette col tacchetto con delle striature color oro ai lati, non c'era che dire; Sana era cambiata anche nel vestiario, era una donna tutti gli effetti, e questo era un dato di fatto.

 

Non che prima non si curasse in questo, anzi, però era più forzatura portata dalla sua figura di attrice o, in generale, personaggio famoso; non metteva mai i tacchi perché li trovava scomodi e non pratici, stava sempre con Akito con una semplice felpa enorme e di leggings, non che la cosa non gli dispiacesse a lui, sopratutto quando la felpa era sua, ma gli sarebbe piaciuto se ogni tanto lei si fosse fatta bella solo per lui e non solo perché forzata dal pubblico che la seguiva.

 

Anche se poi gli veniva da pensare, se si fa bella poi tutti la guarderanno, l'ammirerebbero con occhi che non sono solo i miei...e qui si andava a cadere nel ridicolo e nel circolo vizioso della cosidetta "gelosia". Quindi si ritronava punto e da capo, tutti felici e contenti. Tanto a lui Sana sarebbe piaciuta anche con un ingombrante Kimono, di quelli fastidiosi e pieni reppi di colori che si mettono alle feste, quindi non c'era niente da fare ne' sarebbe stato sempre cotto di lei.

 

- Bene, arrivati a questo punto io avrei pensato di proporvi un semplice esercizio di coppia per applicare al meglio il concetto che abbiamo appena visto insieme.

 

Esercizio? Coppia? Cosa? Akito fu richiamato violentemente dai suoi pensieri dalla voce di quello che sarebbe dovuto essere lo Psicologo in questione, che tra l'altro non aveva degnato neanche di una sguardo in quella mezz'ora buona che aveva passato, invece, a fissare Rossana.

 

- Allora creiamo un po' le coppie. Cercherò di creare un le coppie in modo del tutto casuale...lei in terza fila potrebbe andare a sedersi con la ragazza in prima fila...ecco si, perfetto...lei invece, signorina dai capelli rossi potrebbe gentilmente sedersi accanto al ragazzo in terza fila, grazie...

 

Casualità un corno però, penserano sia Sana che Akito. Com'era mai possibile che li aveva messi insieme, CASUALMENTE, proprio loro due che erano il centro uno dei problemi dell'altro e viceversa. Era impossibile.

 

Sana si alzò e cercando di non degnare neanche di uno sguardo Akito si andò a sedere di fiancò a lui in terza fila, come le aveva gentilmente chiesto il Dottore.

 

- Kurata*.

Salutò la ragazza Akito non degnandola di uno sgaurdo e continuando a guardare davanti a sè il Dottore che stava ancora dividendo le coppie per l'esercizio da dover fare.

- Hayama.

Concluse lei, girando la testa dalla parte opposta a quella del ragazzo iniziando a fissare chissà cosa.

 

Non ci credeva, erano arrivati a questo punto, chiamarsi per cognome, che scena pietosa, pensava Sana in cuor suo. Certo non si aspettava mica di essere accolta con un abbraccio e una pacca sulla spalla come "migliore ex fidanzata degli ultimi due anni", però, quella situazione non la metteva neanche un po' a suo agio.

 

Allora ripensò a cosa gli aveva consigliato il suo ex terapeuta, quando si trovava in quei momenti in cui si sentiva un tutt'uno con l'ansia:

"Ridici su, non importa per cosa, l'importante è che ti fai un grossa risata. Il tuo cervello rilascerà dopamina, la quale è una sostanza che controlla i sentimenti e sensazioni positive e di piacere, e ti sentirai subito un po' meglio".

 

Ripensò a quando durante la festa di compleanno di Karl, portando la torta al tavolo per sbaglio inciampò, Sana aveva due piedi sinistri ricordiamolo, e la torta andò a finire dritta dritta sui pantaloni di quest'ultimo, il quale invece di arrabbiarsi la assaggio col dito e rispose: "Mhmm devo dire che l'odore di ammorbidente dei miei jeans l'hanno resa più appetitosa" e tutti in quella stanza scoppiarono un una fragorosa risata.

 

In quel momento, ripensandoci, le comparì un grande sorriso sul volto, era stata davvero una bella giornata quella.

 

Cambio di espressione che comunque non sfuggì ad Akito, il quale si domandò:

Ma come, prima piange e ora ride? Certo che è strana forte, anche se...è molto bella quando sorride, più del solito, sembra come se quella luce che aveva sul volto da bambina e che la contrasstingueva dalle altre, non si fosse mai spenta.

 

-Dunque, l’esercizio di rilassamento e scarico della tensione consiste nel soffermarci in un primo momento in noi stessi, dobbiamo chiudere gli occhi e visualizzare ciò che più ci tormenta o comunque i nostri problemi in generale.

 

Bella mossa psicologo dei miei stivali! Come faccio a visualizzare ciò che mi tormenta se quello che mi porta paranoia è proprio seduto di fianco a me! 

 

Si ripeterono Akito e Sana nella loro mente.

 

-Non aprite gli occhi mi raccomando, teneteli chiusi. Iniziate piano piano a pensare a qualcosa che vi dia fastidio o che comunque non vi faccia stare bene: un pensiero, un momento difficile, una persona magari.

 

Non l’avesse mai detto.

Sana iniziò subito a pensare a tutto quello che aveva passato con Akito, dall’inizio: quando disturbava la classe con i suoi compagni, quando aveva aiutato la sua famiglia a ricostruire i rapporti, il loro primo bacio, il metà compleanno, quando si sono dichiarati a vicenda, le risate, i pianti, la distanza, la loro prima volta...tutto nella sua testa aveva un nome; Akito e niente di più.

 

-Prendetevi le mani adesso e cercate di pensare che non siete soli, che in un modo o nell’altro avrete sempre qualcuno che vi sosterrà, che vi vorrà bene, che farà di tutto per rendervi felice. Cercatelo in voi stessi, quella mano che state tenendo è sola una proiezione di voi stessi che non vi abbandonerà mai.

 

Sana, ha solo un nome quella persona e si chiama Sana. È lei che mi ha sempre salvato da tutto: dalla mia famiglia, dal professor Sengoku, da me stesso. 

Se lei non ci fosse stata io non sarei ancora qui oggi, quel giorno, quando gli diedi il coltello* accanto alla scuola dicendole che questo era l’unico modo per aiutarmi, se lei non ci fosse stata, io oggi non sarei qui.

Era questo che pensava Akito nella sua mente, Sana sempre lei.

Anche quando aveva cercato di avere altri rapporti con altre ragazze, ogni volta chiamava ogni ragazza che gli capitava davanti col suo nome; Sana e nulla di più.

Cosa se ne sarebbe fatto di tutte le ragazze che gli giravano attorno, se l’unica donna che avesse mai desiderato l’aveva allontanata lui stesso dalla sua vita? Ed era solo colpa sua e di nessun altro.

 

-Signorina, signorina...lei dai capelli rossi!

Sana si sentì toccare la spalla con il tocco di una mano che non aveva mai sentito prima, aprì gli occhi ed il dottore era proprio davanti a lei, con un espressione abbastanza preoccupata.

Si sentì le guance bagnate, come piene di lacrime.

-Signorina, sono felice sia riuscita a trovare un compagno, pure se casualmente, che con il suo solo contatto delle mani l’abbia indotta a liberarsi completamente. Però, forse, si è lasciata andare un po’ troppo nelle sue stesse emozioni.

Il dottore guardava Sana, cercando di abbozzare un sorriso, era contento che almeno in parte un ragazza nel suo convegno si fosse lasciata andare completamente all’esperimento, significa che ciò portava ad un buon riscontro, ma allo stesso tempo, vedendo la reazione di lei, aveva compreso che c’era qualcosa che non andava. 

E cosa ancora più strana, si era accorto che il ragazzo accanto a lei, nonostante l’esperimento era chiaro che fosse concluso, continuava a tenerle stretta la mano intrecciando le dita tra le sue. Come se quelle mani si conoscessero già da tanto tempo e quello stesso contatto, gli fosse mancato come l’aria.

 

-Si mi scusi tantissimo, non era davvero mia intenzione...

Affermò prontamente Sana, cercando di asciugarsi le lacrime con le dita della mano libera.

-Non deve scusarsi, non bisogna mai vergognarsi o nascondere le proprie emozioni. L’importante è affrontarle con coraggio e dedizione e non lasciarsi intrappolare da esse...

Affermando quelle parole, lo sguardo dello psicologo cadde piano piano, proprio sulle mani dei due ragazzi ancora intrecciate tra loro, i quali prontamente le scostarono evitando di guardarsi, imbarazzati più che mai.

 

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* I Kami sostanzialemente sono delle divinità o degli spiriti soprannaturali.

Anche se, talvolta, quando questa parola vieni tradotta con "dio" o "divinità", i teologi shintoisti specificano che tale tipo di traduzione può causare un grave fraintendimento del termine. Di fatti è usato più che altro per descrivere la mente, Dio, l'essere supremo, una delle divinità scintoiste, un'effige, un principio e tutto ciò che è adorato.

(Sicuramente molti di voi sapevano già cosa significasse, ma mi sembrava giusto fare un'annotazione perché la prima volta che ho letto la parola "Kami" sinceramente, sono dovuta andare a cercarla online. Quindi ho pensato fosse giusto fare anche solo porre una piccola annotazione/spazio di informazione, anche solamente per non soffermarci esclusivamente sulla traduzione secca di "Dio" o "Divinità", come spesso ci verrebbe da tradurlo leggendo questo termine).

 

*Chiamarsi per cognome in Giappone è sinonimo di avere poca confidenza.

 

*Scena tratta dal manga che è stata poi modificata nell’anime.

 

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E rieccoci qui anche quest’oggi carissimi, è la prima volta che aggiorno così spesso una storia ahaha

Come vi sembra questo capitolo? Dite che i nostri due piccioncini riusciranno mai a capirsi? Ma sopratutto chi sarà mai questo Karl di cui parla Sana? 👀

Ora che, spero, di avervi fatto crescere almeno un po’ di curiosità ci salutiamo e ci vediamo al prossimo capitolo ✨

-Lilith

 

 

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo: Antitesi. ***


 

Passò qualche giorno da quell’incontro, tutt’altro che piacevole. 

Subito dopo il convegno Sana schizzò via, letteralmente dall’aula per evitare di avere un qualsivoglia approccio con Akito.

D’altra parte è del tutto comprensibile, cosa avrebbe dovuto dirgli: 

“Scusami se mi sono messa a piangere, ma sai, sei proprio tu che mi fa piangere*”

 

I giorni seguiti a quell’incontro li passò a sistemare gli scatoloni per trasferirsi nel nuovo appartamento accanto all’università e nel mentre si mise a ripensare frequentemente a lui, a loro.

Loro, quando potevano essere un tutt’uno, lui se n’é lavato le mani.

 

E scacciando via quella nube di pensieri, si rimetteva a sistemare gli scatoloni che sarebbero dovuti andare in macchina per essere scaricati nel nuovo appartamento, di lì a poco.

 

Una nuova vita l’aspettava; una vita più tranquilla, da studentessa universitaria che si preoccupa solo di studiare e degli esami da dover dare. A dire il vero, non era proprio eccitata di rimettersi sui libri, non era mai stata una cima nello studio, ma alla fine era contenta della facoltà che aveva scelto. 

Certo, era stata una scelta un pò azzardata; una promessa del cinema e del teatro al culmine del proprio successo che decide di prendersi una lunga pausa per rimettersi sui libri, sicuramente non era da tutti. Anche se, a dirla tutta, forse non era neanche la stessa facoltà a renderla così felice. Come dire, Sana aveva un progetto: soffermarsi sugli studi, capire, analizzare e aprirsi una nuova carriera; il canto.

 

Era sempre stata una sua grande passione improvvisare canzoni sul momento, ma adesso voleva qualcosa in più. Aveva già composto da vario tempo testi di canzoni, inizialmente era stato più un compito affibbiatole dal suo ex terapeuta:

“Metti per iscritto tutto ciò che provi, ogni emozione, ogni paura. Sono convinto che il peso che senti dentro, almeno in parte, ricadrà nei fogli e ti sentirai sicuramente meglio”.

Ed era vero funzionava, certo, solo per qualche giorno riusciva a tenerla buona dai suoi pensieri, però almeno le restituiva un po’ di pace dal resto.

Leggendo tutto ciò che aveva scritto durante i due anni trascorsi, si rese conto di possedere come una sorta di talento nascosto. Certamente l’ascesa al successo in quel mondo, quasi, totalmente diverso dalla recitazione, sarebbe stata non difficile ma di più.

Anche perché Sana, si era ostinata a non volere avere alcuna agenzia al suo seguito che la seguisse per preparala per il debutto in questo nuovo mondo, era certa che la sua bravura sarebbe bastata in questo. C’è comunque da ribadirlo, lei è sempre stata una persona testarda.

 

-Aya, amica mia, come stai?

Rispose Sana al telefono, più felice che mai di risentire la sua cara amica Aya che per circostanze del tutto ovvie, aveva allontanato.

-Io tutto bene, anche se dovrei proprio tirarti le orecchie. Sono dovuta venire a sapere che stavi tornando a Tokyo da una tua intervista in televisione.

Il suo tono era visibilmente scherzoso, non c’è l’aveva con la sua amica, ma certamente era molto dispiaciuta di non esserne venuta a conoscenza direttamente da Sana.

-Hai ragione Aya, mi dispiace tantissimo dovevo dirtelo ma dopo quell’intervista la situazione è andata di fretta. Non ho avuto il tempo...

Eccola, pensò Aya, si stava già perdendo nei suoi stessi pensieri non capendo neanche il tono scherzoso della conversazione, non cambierà mai.

-Va bene, allora per farti perdonare sta sera verrai con me e gli altri a fare serata, così potremmo rivederci.

Continuò Aya, senza badare a Sana che continuava crogiolarsi in discorsi inutili.

 

Aspetta un attimo, “con gli altri” quindi questo significa...no, no e poi NO.

 

-Scusami Aya, ma non credo sia una buona idea...

Iniziò Sana, terribilmente ansiosa. 

Le sarebbe piaciuto più di ogni altra cosa rivedere i suoi amici, anche se era conscia del fatto che sarebbe venuto comunque lui.

-Sana, so che non sono affari miei, ma non ti sembra sia passato del tempo? Voglio dire non siete più dei ragazzini della scuola superiore, penso che certe situazione inerenti a voi due non debbano più compromettere tutto il resto. E poi...mi manca la mia amica, manchi a tutti Sana...

A quelle parole non se lo fece ripetere due volte, accetto all’istante. Tutt’un tratto non gli importava più nulla, lei c’era e esisteva e lui, beh lui aveva voluto smettere di esistere per lei da ormai diversi anni. Avrebbe dovuto farsene una ragione un po’ prima, ma ogni cosa a suo tempo.

 

Subito dopo aver chiuso la telefonata con la sua amica Aya, però, le tornò in mente quel venerdì sera di tre giorni fa. E tutto il suo ottimismo fu come schiacciato al suolo da quella stessa situazione.

Non poteva certamente presentarsi lì con la consapevolezza di averlo già incontrato, di avergli sfiorato la mano, di essersi messa a piangere lì davanti a tutti in quell’aula dell’università. Chissà cosa avrebbe potuto dire, chissà che battutine di pessimo gusto avrebbe potuto fare a tal riguardo.

 

Iniziò a percorrere la stanza avanti e indietro, cercando una soluzione, un’idea per sviare da quel pasticcio che tra qualche ora l’avrebbe coinvolta.

 

-Signorina Sana c’è il signorino Kamura che l’aspetta giù in salotto.

Era la signora Patricia, la sua domestica, che la stava richiamando dai suoi pensieri o, più semplicemente, dal suo sciocco “perdersi nei suoi pensieri”.

 

Attraversò il corridoio percorrendo le scale e si buttò a capo fitto nelle braccia di Kamura, urlando dalla felicità.

-Kamuraaa! Quanto tempo, mi sei mancato tantissimo!

Esclamò tutta felice di riabbracciare il suo amico d’infanzia che non vedeva da diversi mesi perché costretto a girare un nuovo film, una commedia d’amore più precisamente, in Italia.

-Sana mi farai perdere un timpano se continui ad urlare così!

La rimproverò lui non potendo fare a meno di continuare a sorridere.

-Si, scusami hai ragione 

Iniziò Sana, buttandosi in una fragorosa risata.

-Dai siediti pure, faccio portare del thé coi biscotti dalla signora Patricia così mi racconti del fil...

Le parole le si bloccarono in gola quando, stringendo le mani di Kamura notò furtivamente un anello sul suo anulare della mano destra.

Alzò gli occhi fissandolo con espressione non molto decifrabile, forse era più identificabile come un forte stupore.

Non era mai stata interessata a Kamura questo era certo, ne’ da bambini ne’ tantomeno ora anche se tutto sommato era uno tra i dieci uomini considerati tra i più attraenti di tutto il Giappone.

Ma non riusciva spiegarselo, Kamura non aveva una fidanzata e ne’ tantomeno le aveva parlato di qualche sua fiamma uscita fuori nell’ultimo periodo. Ritrovarlo con un anello al dito era l’ultima cosa che si aspettava.

-Vieni sediamoci, ti racconterò tutto...e anche si di questo.

Con le ultime parole abbassò leggermente lo sguardo andando a concentrarsi sull’anello posto nel dito, arrossendo con un sguardo che traspariva una certa tenerezza.

Una cosa era certa, Kamura era sinceramente innamorato.

 

 

-Kamura davvero, non so cosa dire, mi hai lasciato senza parole...

Iniziò Sana con una certa enfasi, sbalordita dai discorsi che Kamura le aveva esposto di lui, del vero lui, dell’amore improvviso, dell’anello, del matrimonio con una persona, a detta sua, fantastica.

-Non fraintendermi, sai che sono felicissima per te. Ma non mi aspettavo così e ne’ tantomeno pensavo in quel senso.

Continuò Sana, forse imbarazzata, non sapeva bene come comportarsi. Stravedeva per il suo migliore amico, ma tutto il suo discorso l’aveva davvero lasciata interdetta, pensava di conoscere Kamura come le sue tasche e invece, ancora una volta, il destino le aveva giocato un brutto scherzo.

-So che sei arrabbiata perché ti ho nascosto molte cose in questi anni di me, non ho scusanti. Però non l’ho fatto perché non mi fidassi di te o della nostra amicizia, ma solo perché anche per me è stato strano. Ho dovuto prima metabolizzarlo io e ancora tutt’oggi faccio fatica a capire ciò che sono veramente.

Abbassò lo sguardo visibilmente, imbarazzato e dispiaciuto non avrebbe mai voluto tenere nascosto una cosa di questo genere alla sua amica Sana.

Però le circostanze gli avevano impedito di essere totalmente sincero e in primo tra tutti con se’ stesso.

-Non te ne voglio fare una colpa Kamura, capisco che è stato difficile per te, sopratutto il non lasciarti influenzare dalle opinioni degli altri, solo mi sarebbe piaciuto esserci. Aiuatrti ad affrontare certe situazioni e non lasciarti vivere tutto da solo.

-Oh Sana...non devi preoccuparti per me, proprio in quel periodo ho conosciuto una persona che mi ha aiutato a capire me stesso, a capire chi sono davvero e forse...ecco si, forse è stato meglio così.

Finì di parlare Kamura, ritornando a guardare l’anello che aveva al dito iniziando a sorridere senza accorgersene.

Sana lo guardò e non potè non rivolgergli un sorriso totalmente sincero davanti a quella scena. Era innamorato perso e lo faceva stare bene, se lo merita, era una persona troppo buona. Si augurava per lui tutto il bene di questo mondo.

 

Dopo gli argomenti scottanti, iniziarono a parlare del più e del meno; Kamura iniziò a raccontarle del film, delle scene in cui doveva interpretare Romeo, nella famosissima storia di “Romeo e Giulietta”. Le parlava dell’Italia, della splendida città di Verona dove avevano girato le riprese.

Sana dal canto suo, lo informò della sua pausa lavorativa e gli accennò un paio dei suoi progetti per il futuro.

-No, Sana, tu sei pazza...non puoi abbandonare così il tuo lavoro, la recitazione...il mondo dello spettacolo ha bisogno di te.

Kamura non voleva crederci, la sua migliore amica, neanche sua idol ormai da sempre, voleva abbandonare il mondo dello spettacolo.

-Lo so, lo so...ma ho bisogno di un po’ di tempo, devo mettere apposto tante cose nella mia vita e poi...

Iniziò con un certa allegria crescente.

-Lo sai che le sfide mi sono sempre piaciute, posso farcela.

-Se lo dici tu Sana. Comunque ricordati io ci sarò sempre a sostenerti in ogni tua scelta.

Concluse Kamura finendo di sorseggiare il suo thè sorridendo alla sua amica.

 

Dopo quel momento ritornarono a parlare di cose più rilassanti, ritornando a ridere e scherzare come al loro solito.

 

-E quindi sta sera vai a trovare i tuoi amici? 

-Si..

-Beh, perché quella faccia? Dovrebbe essere una cosa bella no, dopo tutti questi mesi dovresti essere eccitatissima

-Mhm

-Sana...è per lui?

-Forse

Kamura si alzò dalla sua poltroncina e si sedette vicino a Sana abbracciandola a se’.

-Non permettere mai a nessuno di intromettersi nella tua felicità. Sopratutto se a farlo è lui, si è già intromesso più del dovuto.

Disse Kamura, accarezzandole la testa.

Subito dopo a Sana venne un’idea.

-Ti va di accompagnarmi sta sera? Credo mi sentirei più a mio agio e poi ci sono le mie amiche stravedono per te.

Lo guardava con occhi supplicanti per avere una risposta, assolutamente, affermativa.

-Per me va bene, solo non vorrei disturbare.

 

Sana prese subito il telefono e mandò un messaggio a Aya chiedendo espressamente se Kamura sarebbe potuto venire con lei quella sera. La risposta affermativa e molto affettuosa di Aya non tardò arrivare.

 

-Bene, l’appuntamento è alle nove al locale al centro. Ci rivediamo sta sera direttamente lì?

Chiese Sana.

-Nono, ti passo a prendere io Sana

Kamura si alzò e si posizionò davanti alla porta di uscita della casa, si girò di scatto, guardò Sana dritta negli occhi.

-Stasera ti costringo ad esagerare, mettiti il vestito più bello e provocante che ti ritrovi. È troppo tempo che non ti diverti per colpa sua, è giunto il momento di fargli vedere cosa ha perso. Ti voglio splendida.

Sana saltò di scatto ad abbracciarlo, a volte pensava di non meritarsi un amico come Kamura.

-Grazie

Sibilò, sfoggiando uno dei suoi più sinceri sorrisi.

 

Si diresse in camera sua, aprì l’armadio e guardò il suo vestiario, o almeno quello che era rimasto visto che tutto il resto era stato trasferito nel nuovo appartamento.

 

Dopo una buona mezz’ora era ancora lì a fissare i suoi vestiti appesi, non riusciva a decidersi.

 

Si sdraio sul letto rassegnata, forse era meglio non andare direttamente, non presentarsi, avrebbe potuto benissimo incontrare i suoi amici in un altra occasione no?

 

Poi però le venne da pensare che non partecipare all’uscita, avrebbe significato dare indirettamente segni di cedimento ad Akito. Significava come a dirgli “Io ancora sono cotta di te”, ed era vero, verissimo. Ma no, avrebbe dovuto torturarla pur di farle ammettere i suoi sentimenti per lui. 

 

In quel momento il suo occhio cadde proprio su un vestito che si intravedeva dentro il suo armadio.

Ma certo, pensò, il vestito indossato agli Oscar.

 

 

 

 

Era ormai sera, Kamura e Sana si stavano incamminando per il locale quando appena davanti all’entrata Sana di bloccò facendo sbattere Kamura sulla sua schiena.

-Che succede? 

Chiese Kamura, massaggiandosi la spalla.

-Forse...forse è meglio che c’è ne’ andiamo...potrei venire un altra volta a salutare i miei amici.

Disse Sana senza voltarsi, forse spaventata da ciò che si sarebbe aspettata una volta entrata in quel locale.

-Sana, ascoltami bene.

Le prese la mani Kamura premuroso, guardandola negli occhi.

-Non devi lasciarti influenzare dalla sua presenza, è lui che ha deciso di percorrere un altra strada. Tu non devi rimproverarti assolutamente niente, hai capito?

Disse quelle parole scandendole bene una ad una e cercando di far trasparire una certa sicurezza nel suo sguardo.

-E poi, se non lo fai oggi prima o poi dovrai farlo comunque no? Quindi tanto vale toglierci il pensiero, non credi?

-Si

Si limitò a dire Sana. Ad un tratto prese coscienza di sé.

-Si, hai ragione. Io non c’entro nulla. ANDIAMO!

E con tutta l’allegria che l’aveva sempre contraddistinta, spinse la maniglia del locale.

Ma entrando andrò a sbattere col carnefice dei suoi pensieri, Akito.

 

-Certo che non si può mai stare tranquilli con te..

Iniziò incalzandola lui.

Sana iniziò a diventare rossa in viso dalla rabbia, poi si ricordò il discorso di Kamura e una di quelle perle di saggezza del suo terapeuta: “L’indifferenza fa miracoli”.

 

-Ora che hai finito di borbottare come tuo solito, che dici ci fai passare Hayama?

Sarcasmo servito con un punta di acidità, condito con il sorriso più finto e teatrale di questo mondo.

 

Akito era piacevolmente sorpreso, non si aspettava di essere accolto come il principe azzurro della situazione ma neanche con tutto quell’astio nei suoi confronti. Forse un pò doveva aspettarselo.

 

Si spostò per farli passare, lei bella e sgargiante più che mai e quell’altro...il damerino.

 

La fissò dirigersi verso i suoi amici con una certa nostalgia, vestita e sistemata di tutto punto, camminava con una certa eleganza come se si trovasse a suo agio su quei tacchi altissimi e quel dannatissimo vestito.

 

Akito basta fare certi pensieri, la vocina nella testa, la stupida coscienza che si intromette sempre.

Guardava quelle curve muoversi e volteggiarsi in quel vestito molto corto e stretto, color bluette, con un piccolo spacco a goccia sul seno, arricchito con tantissimi strass e perle preziose sulle spalline. Strapparglielo di dosso, il pensiero fisso.

La vuoi smettere? Ancora quella voce.

Sarebbe stata ancora tua oggi se...

BASTA. Buttò fuori l’ultimo tiro di sigaretta, come se quei pensieri fossero finiti in quel mozzicone, e rientrò nel locale a passo svelto.

 

Appena entrò gli capito davanti proprio lei, più bella che mai mentre rideva con gusto insieme alle sue amiche e teneva la mano di quel damerino.

 

-Ehi Akito, c’è Sana vieni a salutarla!

Quello scocciatore di Tsu, pensò Akito, mai a farsi i fatti suoi.

A quelle parole comunque, cercò di arrivare verso i suoi amici tra la folla del locale.

-Oh tranquillo Tsu, ci siamo già beccati all’entrata con una sonora capociatta.  E lui da solito brontolone qual’è non si smentisce mai.

Il gruppetto scoppia in una fragorosa risata, ad esclusione di Akito che, forse, offeso e cocciuto com’è si ributta in mezzo alla folla a prendere da bere.

Rossana non gli dà soddisfazione neanche con lo sguardo, di fatti decide di restare a chiacchierare con le sue amiche.

-Allora Sana, come sta andando questo ritorno a Tokyo? 

Chiede Hisae tutta contenta di poter riabbracciare di nuovo la sua cara amica.

-Tutto bene dai, nonostante al momento sono in preda dal trasferimento nel nuovo appartamento, quindi c’è un gran casino.

Dice iniziando a ridacchiare.

-Nuovo appartamento?

Chiedono in coro le ragazze.

-Si, ho deciso di prendere un monolocale proprio vicino all’università.

-Uh, che bello e dove rimane quest’appartamento?

Chiede speranzosa Aya.

Aya e Rosanna iniziano a parlare e piano piano scoprono che sono praticamente vicine di condominio, una sotto l’altra.

-È proprio una bella fortuna, almeno così saprò a chi chiedere quando mi ritroverò spaesata e senza cena.

Inizia a ridacchiare Sana.

-Va bene, ma non te ne’ approfittare.

Conclude Aya con io sorriso sulle labbra.

-Ma dimmi un po’...

Inizia Fuka, in assenza dei ragazzi che nel mentre sono andati a prendere da bere.

-Tu e Kamura?

Domanda con un certo sguardo sornione.

Sana inizia ad imbarazzarsi tutta, sopratutto ripensando a quello che Kamura le aveva raccontato qualche ora prima.

-Ma no, cosa vai a pensare...

Inizia a blaterare lei, iniziando il discorso con una fragorosa risata.

-Siamo solo dei cari amici.

Concluse, guardandosi le mani poggiate sul tavolo.

-Sarà.

Concluse Fuka indispettita o quasi dispiaciuta da quella risposta.

Sana rimase interdetta, lei e Fuka erano sempre state ottime amiche anche dopo che lei si era fatta da parte per lasciarle campo libero con Akito. Però era come se notasse un certo astio nel suo atteggiamento, non riusciva proprio a capire; Fuka era fidanzata con Takaishi, e anche da un bel pò oltretutto. 

Cosa voleva da lei?

Una cosa era certa, non avevano mai avuto un rapporto come con Sana lo aveva con Aya o con Hisae però era certa che col tempo le cose si sarebbero aggiustate.

-Ragazze, ecco i cocktail!

La voce di Tsu la richiamò dai suoi pensieri, era tornato con Kamura portando da bere ma di Akito nessuna traccia. Che mi importa? Pensò Sana.

Prese un mojito e se lo scolò tutto d’un sorso, non voleva pensare a niente e nessuno. Era la sua serata, era un splendida serata con i suoi amici e nessuno sarebbe riuscita a rovinargliela sopratutto un certo biondino con gli occhi penetranti e i lineamenti...

Basta! 

Era la vocina nella testa che parlava o forse solo il troppo alcool assunto tutto d’un sorso che iniziava a fare effetto, fatto sta che chiunque fosse aveva fottutamente ragione.

Basta, adesso bisognava solo divertirsi.

-Ragazzi andiamo a ballare!

Esclamò tutta d’un colpo interrompendo i discorsi che gli altri stavano facendo.

-Ottima idea, andiamo!

Risposerò le ragazze in coro.

-Kamura ti unisci? 

Chiese Sana.

-Perché no, arrivo.

Concluse, finendo il suo cocktail.

 

Mentre erano nella folla di persone a ballare Sana si sentì come osservare da qualcosa o meglio da qualcuno. Si girò per capire chi fosse e ritrovò il suo sguardo di ghiaccio a fissarla: Akito.

Si girò di scatto per non farsi vedere che l’aveva beccato e si avvicinò all’orecchio di Kamura.

-Sei diabolica sta sera.

Concluse Kamura ridendo.

 

Pov. Akito

Ero rimasto al bancone, non mi andava di ricevere tutto il suo astio nei miei confronti, anche se, a dirla tutta, me lo merito e anche di più.

 

Al secondo bicchiere di Whisky mi sento più calmo, sono ancora sobrio, non se purtroppo o meno, ma mi sento più tranquillo.

 

Mi metto a guardare un po’ la folla di gente che balla, non mi piacciono i posti affollati, anche se si fanno belle conquiste.

 

Ad un tratto il mio sguardo viene rapito da una chioma rossa che sfoggia con delicatezza in mezzo a quella folla, vista da qui è bellissima. Si distingue perfettamente da tutte le altre persone appiccicate, oppure sono solo io ad accorgermi chiaramente di lei.

Magari se non fosse lei il mio punto fisso potrei concentrami anche su un altra ragazza, però ogni qualvolta mi era capitato di andare in un locale, non volendo, mi mettevo a cercare lei, in mezzo alla folla. O comunque una persona che si avvicinasse come somiglianza a lei, perché se dovessi cercare anche altro che riguarda Rossana, sarebbe tempo perso in partenza.

 

Mi risveglio dai miei pensieri quando mi accorgo che non è da sola in pista, c’è quell’idiota di Kamura. Quanto lo odio, fin da bambino, un ipocrita senza spina dorsale con la faccia d’angelo.

Noto che Sana gli si avvicina all’orecchio, si stanno dicendo qualcosa che io, ovviamente, non riesco a capire da qui e dalla troppa confusione che c’è nel locale.

 

Quello che vedo dopo mi fa quasi esplodere; Sana che inizia a ballare in maniera provocante su quel damerino, strusciando violentemente il suo corpo su di lui. Mi disgusta.

Ma non è quello il reale sentimento che provo, forse è più gelosia mista ad una forte invidia. Si, Kamura c’è l’ha fatta è riuscita a portarmela via e sono stato proprio io a consegnargliela, esattamente due anni fa.

Mi sento un coglione.

 

Prendo la prima cosa che mi capita sul tavolo, bevo tutto d’un sorso ma non riesco a trattenere tutte quelle emozioni che sto provando; il bicchiere mi si rompe in mille pezzi nella mano.

Non mi interessa, sento un altro tipo di dolore, troppo forte, che mi distrae da quello fisico.

-Un gin tonic, grazie.

Sento la sua voce è appena arrivata ad ordinare al bancone, immagino dalla sua frase.

Prende il bicchiere in mano, si gira verso di me e di colpo lo riposa subito sul bancone.

-Akito! Ma cosa hai fatto!!

Sono attimi di secondo, mi prende la mano da dove sta continuando ad uscire sangue, interrottamente per i vetri del bicchiere conficcati.

-Io...io...

Non riesco neanche fare una frase di senso compiuto, il contatto con lei e il suo sguardo preoccupatissimo nei miei confronti mi mandano in tilt.

Sembra come se tutto il resto del locale, dei ragazzi che fanno baldoria e schiamazzano e la musica a palla non esistano più. Ci siamo solo io e lei, con lei che mi guarda con uno sguardo allarmato con un misto di tenerezza.

-Dobbiamo andare al pronto soccorso, se no sarà anche peggio.

Continua lei cercando di stringere un fazzoletto intorno alla mia mano sanguinante.

-No...non c’è ne’ bisogno

Cerco di farfugliare io.

-Oh ma non dire sciocchezze, sempre il solito orgoglioso.

Inizia lei, buttando gli occhi al cielo.

È bellissima anche così.

-Avviso gli altri, tu resta qui. 

Se ne va in mezzo alla folla e io resto lì ad aspettare che lei ritorni, come mi ha ordinato. Mi sento stordito, non so sarà stato il troppo alcool o le troppe emozioni tutte insieme. Non ci capisco più niente, vorrei solo che tornasse da me.

-Andiamo, Tsu mi ha dato le chiavi della macchina così ti accompagno.

È lei.

Mi prende per l’altra mano e ci dirigiamo verso l’uscita del locale o per meglio dire è lei che mi guida.

 

Il viaggio in macchina lo passiamo in silenzio, vorrei dire qualcosa ma non riesco a formulare niente di sensato. 

Penso solo al fatto che lei è di fianco a me a poi centimetri di distanza e io non posso neanche stringerle la mano, sembro un disperato lo ammetto.

 

Arriviamo al pronto soccorso, il dottore mi disinfetta la mano e me la fascia.

 

-Non si preoccupi signorina, il suo fidanzato sta bene. Deve solo tenere la mano fasciata per qualche giorno.

Afferma il medico di fianco a Sana, sorridendo sotto i suoi baffoni grigiastri.

-La ringranzio Dottore anche se non sono la fidanzata ma solo...

Sana sembra pensarci, non ha tutti i torti a farlo. Cosa siamo noi? Come dovremmo catalogarci?

-Un’amica, si.

Non so se quelle parole mi facciano male o meno, non siamo neanche amici al momento e forse non lo siamo mai stati. Da quando ne’ ho memoria ho sempre considerato Sana come tutto, ma forse mai una reale amica. Tsu lo considero un amico, eppure con lui non ho mai avuto lo stesso rapporto che ho avuto con Sana e non parlo solo del periodo in cui siamo stati insieme. Anche prima di quel periodo, quando eravamo “qualcosa” non sarebbe mai stato comunque al pari livello dell’amicizia con Tsu.

Sana è tutto, vorrei poter dire “il mio” ma non me lo merito e non ho neanche il diritto per poterlo affermare.

 

-Mi spieghi come hai fatto a rompere un bicchiere con la mano?

La voce di Sana mi riporta alla realtà, siamo ancora in macchina non siamo ancora partiti per andare poi chissà dove.

Mi guarda interrogativo, vuole una risposta.

Forse perché ti stavi strusciando su quel coglionazzo di Kamura e la cosa mi ha dato alquanto fastidio perché sono ancora fottutamente geloso di te, anche se tutto ciò fa molta pena.

No, riproviamo.

-Mhm...non lo so, non mi sono accorto della troppa forza che stavo esercitando in quel momento.

Rispondo forse troppo freddo, dannazione. Perché sono così?

Sembra confusa.

-Farò finta di crederci. 

Afferma convinta lei, mettendosi la cintura.

-Che vuoi dire?

Le chiedo immediatamente io, facendo il finto tonto.

-C’è bisogno che ti descriva la situazione in generale o ci arrivi solo?

Risponde acida.

-No vai, ti ascolto.

Rispondo sottotono io, quasi divertito.

-Vediamo, la tua ex migliore amica nonché ex ragazza non ti rivolge neanche un minimo cenno durante tutta la serata. E anzi, preferisce perfino ballare con altra gente più che stare con te.

Afferma, toccandosi una gamba, completamente scoperta, oltretutto, visto che quel vestito che ha addosso non copre nulla.

Stringo il pugno nella mano sana, colpo basso lo ammetto.

-E aggiungiamoci anche, magari, essere stati essere ignorati per ben due volte da quando vi siete visti.

Continua, iniziando a fissarmi negli occhi dandomi uno sguardo gelido quasi quanto i miei.

Questa ragazzina mi farà impazzire, giuro.

Continuo a fissarla non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi.

-Se tu la pensi così.

Concludo secco, vuoi la guerra ragazzina? E guerra sia.

Rotea gli occhi, iniziando ad accendere il motore della macchina.

-Cocciuto.

Sento bisbigliare prima di partire ad un certo punto, non posso fare a meno di sorridere. Non è cambiata affatto, nonostante cerchi di fare la dura.

 

Continuo a fissarla fin quando mi chiede dove deve lasciarmi per tornare a casa e ci mettiamo d’accordo che il giorno dopo avrei ripreso la macchina da lei, in maniera tale da poterla fare tornare a casa.

 

Poi rimaniamo di nuovo in silenzio per tutto il percorso e io non smetto di fissarla.

Noto che i capelli le si stanno allungando, dal cartellone pubblicitario dove l’avevo vista l’ultima volta sembravano più corti, ora le arrivano più o meno sotto al collo.

Gli occhi sembrano più penetranti del solito, forse più offuscati. Prima mentre mi aveva buttato quell’occhiataccia, leggevo nei suoi occhi come una certa voglia di sfida ma anche di dolore. Possibile che le ho fatto tutto questo senza rendermene conto? Solo uscendo dalla sua vita?

-Siamo arrivati.

La sua voce ancora una volta mi riporta alla realtà.

Aspetto qualche secondo per cercare le parole giuste.

-Grazie...per tutto.

Cerco di trattenere il più possibile le mie emozioni, non posso crollare, non adesso.

-Hayama, voglio essere chiara con te.

Prende in mano lei la situazione, come ha fatto ogni volta durante quasi tutta la serata. Mi viene quasi da non riconoscerla più quando si comporta così; dov’è finita la ragazzina timida che non riesce neanche a capire le sue stesse emozioni?

-Non voglio astio tra noi due, in un qualcosa che hai creato solo tu. Non si sa se purtroppo o meno, ma abbiamo in comune gli stessi amici e a breve anche la stessa università.

Inizia il discorso fissando il paesaggio davanti a lei, fuori del parabrezza.

Poi si gira e inizia fissarmi dritto negli occhi, con uno sguardo che non le avevo mai visto. Azzardo, ma per la prima volta provo terrore solo nel guardare una persona fisso negli occhi. Cosa che, ovviamente, non mi era mai capitata prima d’ora.

-Non intendo più scappare solo per colpa tua e delle tue paranoie, ho già perso troppo tempo prezioso che non ho dedicato ai miei amici.

Afferma ogni parola, dosandone il contenuto. 

-Non ti chiedo molto, anzi forse nulla sostanzialmente, solo cerchiamo di andare d’accordo quando ci saranno anche gli altri. Mi sembra ragionevole, non pensi?

Continua a fissarmi, ma il suo sguardo cambia pronunciando l’ultima frase, non cerca più di divorarmi l’anima vuole solo un cenno di approvazione che non tarda ad arrivare da parte mia.

Smette di fissarmi, sembra soddisfatta.

-Anche se...

Ricomincia a guardami.

Questa volta non mi scappi Sana Kurata.

-Cosa ci facevi l’altra sera al convegno con lo psicologo?

Il suo sguarda per qualche secondo cambia, non se l’aspettava, sembra imbarazzata, ma subito dopo ritorna come prima. Cerca di recitare con gli occhi, riproponendosi esattamente come prima, non ci riesce. O per meglio dire, ci riesce, ci riuscirebbe con chiunque, non sarebbe una grande attrice altrimenti, ma non ci riesce con me. Non c’è mai riuscita a fingere con me e ora cerca di farlo, come pensando che non me ne’ accorgessi. Come pensando che solo due anni di distanza abbiano potuto cambiare tutto, quando in realtà non hanno cambiato quasi nulla.

-Non penso debba interessarti dove vado e perché.

Inizia lei recitando alla perfezione la parte della dura.

-Ma se ci tieni tanto...

Antitesi ben costruita.

-Mi interessano da un po’ i concetti di psicologia.

Premio Oscar.

-Capisco.

Concludo io.

Apro lo sportello, appena metto un piede fuori mi fermo per qualche secondo.

 

-Ah, Kurata.

Sento il suo corpo che si gira per guardami.

 

Mi giro di colpo, incrocio il suo sguardo e lo intreccio al mio.

 

-La prossima volta che devi usare le tue doti d’attrice, sfruttale su qualche palco. Sono certo che la apprezzeranno molto di più. Ciao.

 

Esco dalla macchina e chiudo lo sportello, andando verso la mia abitazione.

Odio, odio, odio quando finge con me, odio quando pensa di prendermi in giro così.

E io mi odio perché l’ho lasciata andare e se adesso è così, se adesso ha quello sguardo gelido, se adesso cerca di fingere, sopratutto con me, è soltanto colpa mia.

Perché nonostante tutto la amo ancora, non ho mai smesso, sono stato solo troppo coglione per non riuscire a capire prima cosa significasse. Si, cosa significasse amare davvero.

 

Non so se potrò rimediare, se sono ancora in tempo o se cercherà di distruggermi se mi avvicinerò più del dovuto a lei.

Ma io devo restituirle lo stesso sorriso che lei ha donato a me a suo tempo.

Si, non mi importa se vorrà odiarmi io farò di tutto per non lasciarla più sola, mai più.

 

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*Frase tratta, e riproposta in maniera un po’ diversa, da un episodio dell’anime.

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Buonasera carissimi! Come va quest’oggi?

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di impegnarmi tantissimo per riuscire a farlo uscire come desideravo e come lo immaginavo dentro la mia mente (sono un po’ perfezionista a volte, lo ammetto ahah).

Spero vi possa piacere e che la storia vi stia incuriosendo ancora di più. 

Se vi va, fatemi sapere se vi piace anche il cambio di punto di vista della narrazione da “narratore esterno” a “persona presente nella storia che narra”. Anche perché è la prima volta che ne’ usufruisco, quindi non sono molto pratica ahaha

Ci vediamo al prossimo capitolo 🌸

-Lilith

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo: Cambiamenti. ***


Pov. Sana

Il giorno dopo ero davvero distrutta, appena sveglia mi sono messa a pensare alla frase che Akito mi aveva riservato il giorno prima. Mi sentivo uno schifo, avevo cercato di fingere davanti a lui per non essere debole ai suoi occhi, per non farmi mettere i piedi in testa un’altra volta. Ma forse era più un modo per dimostrarlo a me stessa che a lui. E lui? Beh, lui se n’era accorto, come sempre d’altronde.

 

-AAAAAAAAH

Mi alzo lanciando il cuscino sul muro davanti davanti al letto, mi sembra subito che questo movimento non sia stato dettato dalla mio cervello, com’è giusto che sia, ma semplicemente dalla mia impulsività di questo momento.

 

Mi fermo a pensare davanti allo specchio, fissando la mia figura riflessa.

 

Mi prenderei a schiaffi solo per questo, una situazione mi ha sconvolto la vita, cosa accadrà quando dovrò viverne cento di queste situazioni, tutte insieme, senza riuscire a trovare tregua? Non lo so, forse alla fine questa situazione come altre dovrebbero aiutarmi a crescere “da me stessa”. Si proprio cosi, non sono io a crescere ma è me stessa a crescere “da me”, da quella che sono ora e distaccarmi da questa me, diventando piano piano un altra. Non sono io che cresco, ma è un’altra me che cresce dentro di me; ha le basi della me di ora, le stesse incertezze, gli stessi dubbi, ma non sono io ma semplicemente lei e niente più. 

 

Inizio a passare un dito sulla mia figura riflessa alla specchio, come se fosse un’altra persona riflessa non io. 

 

È una cosa un pò contorta, lo so, sarebbe bastato dire “si cresce, sii motiva” ma no, non è così e non lo sarà mai. 

 

Quando pensavo di “cambiare” non ero io a farlo, era una nuova me, più forte e più bastarda di prima.

Quando ieri ho iniziato a guardare in modo glaciale Akito; non ero io, era lei. 

 

Il problema di ciò è venuto dopo, quando sono tornata a casa e mi sono messa a piangere a dirotto, morta dall’ansia. 

Allora li sono subentrata io la “me”, fatta di incertezze, luoghi comuni, di ansie. 

 

Inizio a toccarmi la guancia non riuscendo ad evitare di fissare ancora il mio riflesso allo specchio e ora mi domando: Ma io chi sono? Chi cazzo è “me”? Chi è il mio essere? Chi è “me” e “lei”? 

Io e lei siamo la stessa cosa?

 

Siamo la stessa materia, lo stesso corpo, lo stesso spiraglio, ma siamo anche in una mente troppo piccola per entrambe. Forse l’unica soluzione è riuscire a “collaborare”, non passare da “me” a “lei” come se stessi passando da una stanza con -3 gradi a una con 40 gradi.

 

E allora, io chi sono? Sono un misto? Una che tira fuori “lei” e poi “me”? 

Forse a volte mi piace pure essere prima “lei” e poi “me” e non il contrario. 

Essere una furia, una grandissima stronza prima e prendersi i rimpianti, il più delle volte le ansie e le paranoie, prettamente personali, dopo.

 

Si, mi piace.

Continuo a fissarmi allo specchio e inizio a sorridere, mi dispiace fantasma di Akito non riuscirai togliermi il sorriso.

 

Prendo la sveglia e guardo l’orario sono le 7:30, penso che potrei fare un po’ di esercizio fisico. Si mi sembra proprio una buonissima idea.

Da un bel po’, quasi sempre, mi prendo un momento per me e mi metto a fare esercizi di vario genere. Prediligo principalmente quelli di forza, associati alla pesistica. Almeno posso fermarmi a non pensare perché mi devo concentrare, se no il peso mi cadrebbe e successivamente sono troppo stanca per elaborare pensieri complessi.

Mangio una barretta al cioccolato, che oltretutto sono buonissime, e mi metto i leggings e un top, mi dirigo nello stanza degli attrezzi. Da quando siamo tornati da quel viaggio dell’America con Kamura, Rei si era troppo fissato con la palestra dentro casa e mia madre non ci ha pensato due volte a creare una mini palestra in una delle stanze della casa (anche se praticamente ne’ usufruisco solo io).

 

Pov. Akito

Dopo la solita corsa mattutina, prendo coraggio e decido di andare a riprendermi la macchina da Sana. Decido di andare a piedi, anche perché la casa di lei non è molto lontana dalla mia.

Mi fermo davanti all’enorme cancello che fino a qualche anno fa ero solito frequentare per prendere Sana, oppure anche solo per aspettarla.

Prima di suonare il campanello vedo che all’interno c’è OcchialiDaSole, che solo accorgendosi di me fa un balzo verso dietro spaventato.

Non ho mai capito, se avesse seriamente paura di me o se al momento mi odia solamente per com’è andata a finire con Sana.

Le vedo borbottare qualcosa ed inizia ad avvicinarsi verso di me.

-Hayama, cosa ti serve?

Dalle sue parole sento disgusto nei miei confronti, effettivamente non posso certo aspettarmi qualcosa di diverso.

-Sono venuto a prendere la mia macchina che ho lasciato ieri a Kurata.

Taglio corto, brevemente, restituendogli un’occhiataccia al suo disgusto nei miei confronti.

Lo ammetto, OcchialiDaSole non mi è ma andato a genio e io non sono mai andato simpatico a lui. 

La sua espressione cambia dividendosi tra il preoccupato e l’arrabbiato, forse non sa che ieri io e Sana siamo usciti con gli altri quindi sicuramente pensa che sono uscito da solo con lei. Sorrido beffardamente, effettivamente mi piace farlo imbestialire.

-Va bene...Sana al momento sta facendo palestra...vieni, ti accompagno da lei.

Risponde a tratti, non sa bene come reagire. Sono certo vorrebbe spaccarmi in due e frantumarmi con le sue stesse mani, sia per aver fatto soffrire Sana e sia perché le giro nuovamente attorno. Un po’ lo capisco, non sono mai stato la persona migliore di questo mondo, quindi fa bene a preoccuparsi per Sana quando si tratta di me. Anche se forse la cosa che mi da più fastidio è che lo fa quasi da sempre, come se gli procurassi disagio dall’elementari, proprio quando ho conosciuto Sana. Beh, certo anche lì ero una testa calda, un bulletto che sfogava i suoi problemi personali sugli insegnanti, forse più che altro per noia.

A volte mi domando spesso come sarei diventato negli anni a venire se Sana non ci fosse stata; sicuramente avrei fatto il teppista fino alla scuola superiore e forse dopo sarei diventato un criminale.

 

“Se uno si sente ripetere in continuazione che è un mascalzone alla fine lo diventa per davvero”

 

Vedo Sana dalla porta a vetri sta facendo squat col manubrio, piegandosi con estrema attenzione.

Resto a fissarla per qualche secondo, sento un rigonfiamento sui pantaloni. No, dannazione, non ora. Non riesco a smettere di tenerle gli occhi di dosso, inizio a sentire un dolore a un misto di piacere. La situazione sta degenerando e non solo, devo pensare a qualcosa che funzioni come antisesso: Sana che fa la voce da Tony. 

Mi viene da ridere dentro la mia testa solo a ripensarci.

 

La situazione inizia a calmarsi e io inizio ragionare di nuovo con la testa e non con altro.

OcchialiDaSole nel mentre va da Sana, ad avvertirla sicuramente che sono arrivato io, anche se parlano più del dovuto, penso le sta chiedendo del perché ieri è uscita con me. 

Vedo Sana agitarsi, come a dire “Rei ma sei pazzo?!”.

OcchialiDaSole inizia a calmarsi, deve avergli spiegato la situazione, anche se è una rottura che non posso sentire niente da questa vetrata, mi decido quindi ad entrare.

-Ciao.

Dico secco, alzando la mano in segno di saluto.

-Hayama.

Mi saluta lei.

-Va bene Sana, allora io vado a sbrigare delle commissione.

Conclude OcchialiDaSole.

-Si Rei, a dopo.

Lo saluta lei sorridendo. Quando cazzo è bella quando sorride in quel modo, quando lo fa perché lo sente davvero di volerlo fare.

-Hayama.

Dice lui, rivolgendomi un occhiataccia prima di dileguarsi alle mie spalle.

Sana prende la sua bottiglia d’acqua e inizia a bere, poi torna a guardarmi.

-Vieni con me, così ti do le chiavi e posso ritornare ad allenarmi.

Questa mi è nuova, Sana che si allena e sopratutto di prima mattina, si saranno fatte si e no le otto e un quarto e lei si allena. Lei, che fino a qualche anno fa l’unico sport che avrebbe fatto sarebbe stato spostarsi dal letto al divano durante la mattinata. Chi è questa nuova Sana?

-Pensavo...se vuoi ti aspetto, potremmo andare a fare colazione insieme.

Il me che parla senza pensare e senza programmare niente è comunque sempre più indicativo del me taciturno che non riesce ad esprimere le proprie emozioni.

Lei mi guarda perplessa, come se avessi detto la cazzata dell’anno ed oggettivamente non ha tutti i torti; il tuo ex, viene a casa tua per riprendersi la macchina, dopo una serata disastrosa, e invece di farsi i fattacci suoi ti chiede pure di uscire.

-Così...cerco di sdebitarmi per ieri sera.

Concludo, cercando di porle una frase il più veritiera possibile.

Il suo sguardo cambia, sembra quasi sorpresa ed ha ragione non mi sono quasi mai comportato così, neanche quando stavamo insieme.

“Sdebitarmi” poi, abbiamo sempre condiviso tutto. Ci siamo sempre aiutati a vicenda, sembra tutto così assurdo che mi viene difficile da capire.

-Va bene. Fammi finire qui, mi cambio ed usciamo.

Conclude lei, svegliandomi della mie paranoie mentali.

-Però...

Ecco lo sapevo, c’è sempre un però con lei.

-Andiamo al solito bar, quello dove fanno quei bignè enormi ripieni di crema.

E dicendo quella frase inizia a saltellare, facendo uno sguardo innamorato verso quei dolci italiani che le piacciono tanto.

 

Mi viene da sorridere di sottecchi, non è cambiata affatto. 

Senza che me ne’ accorgo, distratto dai suoi schiamazzi di felicità, mi sta guardando, smetto immediatamente di sorridere.

-Che c’è?

Le chiedo, non sapendo bene cosa dire.

-Nulla, è strano vederti sorridere.

Mi risponde sorridendo.

Non so cosa rispondere, forse è felice che io sorrida, visto che non lo faccio quasi mai, o forse è semplicemente felice che sia stata lei a farmi sorridere, mentre io mi innamoro di lei sempre di più ogni qualvolta che mi concede un sorriso.

-Aspettami in salotto, finisco qua e ti raggiungo.

Conclude lei, dandomi le spalle.

Esco dalla porta a vetri, inizio a incamminarmi quando decido di girarmi e mettermi a fissarla per qualche istante.

Questo mi ricorda tanto quando delle sere dormivamo insieme e io stavo ore a fissarla mentre dormiva tra le mie braccia, con la testa appoggiata al mio petto e i capelli che le cadevano morbidi su di me.

In quei momenti riuscivo ad assaporare il suo profumo di fragola e vaniglia che mi penetrava nella narici con insistenza. Più le stavo attorno e più non riuscivo a staccarmi da lei.

 

Anche adesso, più la fisso per ammirarla e più non riesco a staccare gli occhi.

Ogni parte del suo corpo, ogni muscolo che si contrae nei piegamenti, i capelli che si muovono raccolti in una coda di cavallo...semplicemente lei.

 

E senza accorgermene sento di nuovo lo stesso rigonfiamento nei pantaloni, dannazione.

Devo andare assolutamente in un bagno, non resisto più. Fortunatamente ho passato praticamente tutta l’adolescenza a casa Kurata, quindi so muovermi bene in questa villa.

Entro immediatamente nel bagno di servizio e chiudo la porta, sperando di fare in fretta in maniera tale da riuscire ad essere in salotto prima di Sana.

Mi lascio andare ad ogni ricordo di noi due, ad ogni sorta di immaginazione possibile e immaginabile su di lei. So che arriverà il momento in cui me ne pentirò e mi autodistruggerò, ma adesso non mi interessa ci siamo solo io e lei.

 

Pov. Sana

Avendo appena finito di fare gli esercizi mi sento un bagno di sudore addosso, quindi decido di rinfrescarmi un po’ prima di cambiarmi per uscire con Akito.

Già, proprio lui.

Ancora mi domando perché mi abbia chiesto di uscire cioè si, andiamo a fare colazione sostanzialmente e poi mi ha detto chiaramente per “sdebitarmi”, anche se non mi convince più di tanto. 

Insomma, abbiamo sempre condiviso tutto, ci siamo sempre aiutati e sostenuti a vicenda, anche prima si metterci insieme. Certo la situazione non è più la stessa, mi sembra ovvio questo, però davvero non capisco. Non capisco se è un modo per lasciarmi intendere qualcosa, oppure sono solo io a farmi troppe paranoie e non riesco a guardare le cose con chiarezza e obiettività.

Si, alla fine è così; vuole solo ringraziarmi per ieri sera e forse dopo il discorsetto che gli ho fatto vuole chiarire tra di noi, per riuscire a trovare un’intesa per quando ci ritroveremo con i nostri amici.

Già, che scema e io a farmi tutti i discorsi di chissà cosa. Devo lasciarlo perdere, insomma mi se mi ha lasciato due anni fa mi sembra ovvio che non vuole niente da me, al massimo un’amicizia.

 

Finisco di prendere i vestiti puliti per cambiarmi e mi dirigo verso il bagno di servizio per farmi una doccia veloce. Sto per entrare, quando sento come dei respiri molto profondi provenire dalla porta del bagno di fronte a me. Avvicino meglio l’orecchio e più che sospiri mi sembrano veri e propri...ORGASMI!

Non riesco a spiegarmelo.

Allora decido di prendere coraggio e guardare dalla serratura della porta, quello che i miei occhi vedono credo che mi abbia bloccato il cuore in gola.

Akito si sta, come dire, beh insomma...masturbando nel mio bagno, si.

Ad un certo punto si ferma e sento urlare. -Sanaaa.

Mi metto troppa paura e inizio a correre verso la mia stanza, chiudendomi dentro.

Inizio a respirare affannosamente, non ci sto capendo più nulla.

Mi abbasso per terra, buttando la schiena al muro.

Analizziamo la situazione:

•Akito mi ha lasciata due anni fa.

•Si masturba pensando a me, urlando il mio nome.

•Adesso avrà finito i suoi bisogni e mi starà aspettando in salotto.

MANNAGGIA.

Prendo le cose che mi sono cadute, mentre entravo di corsa in camera e mi dirigo a passo lento verso il bagno. 

Avvicino l’orecchio alla porta, nessuno rumore è un buon segno.

La porta è aperta, si spalanca sola rivelando il nulla, semplicemente il mio semplice bagno.

Appoggio le mani sul lavandino e guardo la mia figura allo specchio.

Sana non stai diventando pazza, non te li sei immaginato, lui c’era, era proprio qui che stava facendo...quello che stava facendo. Devi stare tranquilla, non è successo niente.

E poi di cosa ti preoccupi scusa? Come se non l’avessi mai visto nudo oppure ancora meglio, come se non aveste mai fatto certe cose.

Certo vocina nella mia testa, ma sicuramente non lui da solo, nel mio bagno, e nel mentre, ad urlare il mio nome.

Pff, come se non l’avesse mai fatto da solo pensando a te.

Mentre mi sto per mettere il mascara ripenso a quella frase “pensando a te”, lui mi pensa, potrebbe pensarmi. Magari come io lo faccio quasi sempre con lui, in altri termini ovviamente, ma mi pensa. Chissà se, pensa anche lui a me, in momenti “normali”, non come quello in cui l’ho sorpreso prima. 

Però, se non pensasse a me anche in momenti “normali” allora perché ci sono io come soggetto di quel momento?

Con questa domanda vado verso il water, non ci penso due volte e spruzzo del disinfettante ultra forte. Scusami Akito, nonostante so quanto sei maniaco del pulito, ma prevenire è meglio che curare.

 

Esco dal bagno e mi dirigo in salotto, dove mi aspetta proprio lui.

 

Pov. Akito

Dopo quel momento di debolezza, mi sono sentito come le prime volte da ragazzino. Con l’unica differenza che sono proprio nella casa della stessa ragazza a cui ho pensato per tutto il tempo, che disastro.

Perché deve farmi sempre quest’effetto? Pensavo che a 16/17 anni avesse senso; i primi segni di pubertà, le prime volte insieme, fidarci così tanto l’uno dell’altra da toccarci, baciarci, amarci...già sembra passato anche troppo tempo da quello.

 

Sento i passi di Sana provenire dal corridoio, mi capita davanti più bella che mai. Indossa una gonna di jeans con una cintura che le stringe perfettamente la vita ed un toppino a mezze maniche che le stringe leggermente il seno. 

-Andiamo?

Mi chiede guardandomi da sotto gli occhiali alla cat-eye, di nuovo quei dannatissimi occhiali.

-Sei diventata come OcchialiDaSole?

Chiedo adoperando un briciolo di disprezzo sulle ultime parole.

Ride divertita.

-Dai, andiamo.

Conclude iniziando ad incamminarsi verso l’uscita della casa.

 

Il viaggio lo passiamo in silenzio, ad un certo punto però mi accorgo che mi sta fissando, anche se subito dopo sposta lo sguardo da tutt’altra parte e diventa tutta rossa di imbarazzo.

Mi sfugge terribilmente qualcosa, perché non riesco a capire.

È diventata tutta rossa perché si è accorta che mi stava fissando? Oppure semplicemente perché fissandomi le è tornata in mente qualcosa riguardante noi due? Uff, valla a capire.

 

Al bar ci accoglie una cameriera, che, tra l’altro, non mi toglie gli occhi di dosso, la cosa inizia un po’ ad infastidirmi.

Guardo Sana seduta di fronte a me che guarda il menù, anche se sono certo che sa benissimo cosa ordinare. Però è come se non volesse guardare la scena pietosa di questa qui che ci prova spudoratamente con me, vuole fare l’indifferente.

-Per me un cappuccino e un bignè alla crema.

Taglia corto Sana, guardandola con superiorità. Non le avevo mai visto neanche questo sguardo, quante altre cose mi nasconderà questa nuova Sana?

 

Pov. Sana

Da quando siamo arrivati al bar, questa gallina starnazzante di cameriera non smette di fare la corte ad Akito. Sono certa che se lui le facesse anche un minimo cenno di testa, lei cadrebbe ai suoi piedi. Ecco cosa ho sempre odiato quando stavamo insieme; il fatto che lui avesse la ciurma di ragazzine sempre pronte ad andargli dietro e che in qualche modo le ignorasse, ma non lo respingesse verbalmente. Cioè lo lasciava intendere, ma solo se conosci davvero i gesti di Akito lo capisci, visto che con lui ci vorrebbe un traduttore.

 

-Ehi, qualcosa non va?

La voce di Akito mi risveglia.

Senza accorgermene inizio a fissare il cappuccino davanti a me, senza esaltarmi, come mio solito, per i dolci buonissimi di questo bar.

Mi ricompongo, iniziando a guardarlo.

-Nono, va tutto benissimo.

Rispondo, iniziando a sorseggiare il mio cappuccino.

-Mhm...da quant’è che ti alleni seriamente?

E ti pareva che non ti tirava fuori l’argomento sport, visto che è una di quelle poche cose che lo interessano davvero. 

-Un annetto, tutte le mattine.

Rispondo convinta.

-Quindi hai smesso di poltrire come tuo solito.

Mi stuzzica, come ha sempre fatto fin dall’infanzia.

Vorrei arrabbiarmi ed urlargli contro, ma no, lascio tutto nelle mani di lei.

-Si cambia, Hayama, spero che anche tu abbia fatto dei bei cambiamenti in questi ultimi anni.

Rispondo tranquilla, ma a tono. Senza lasciar proferire alcuna emozione, anzi gli sorrido forse per confonderlo.

Mi guarda confuso, molto confuso, colpito ed affondato.

-Non disponevo di buoni motivi per cambiare, io.

Stronzo, quel tuo sguardo beffardo te lo scaccio subito.

-I motivi si trovano sempre, basta solo analizzare se stessi ogni tanto.

Si ferma un attimo, forse per capire cosa rispondere o come porre la domanda.

-È per questo che l’altra sera ti trovavi in aula magna? Per analizzare te stessa?

Il cappuccino mi va di traverso, odio quando tocca i miei punti deboli. E si, dover lavorare su se stessi per me è stato ed è tutt’ora un punto debole. 

-Ti ripeto esattamente ciò che ti ho detto ieri: non sono affari tuoi.

Concludo secca, forse ho marcato troppo l’ultimo concetto.

-Perché?

-Perché cosa?

-Perché ti ostini a fingere con me?

Mi lascia interdetta, ancora una volta.

-Non fingo, semplicemente penso che non abbiamo molto da dirci, come facevamo una volta e ne’ tantomeno potremmo ritornare come prima. Quindi perché dovrei confidarmi con te? Così avrai altri miei punti deboli per lasciarmi sola un’altra volta?

La me, sta prendendo il sopravvento. Sento gli occhi umidi, non voglio piangere, non ora almeno.

-So che non sono mai stata la persona migliore di questo mondo, ma...non voglio lasciarti sola...di nuovo.

Per un attimo mi lascio quasi cullare da quest’ultima frase, anche perché mi guarda con occhi che sembrano abbastanza sinceri. Poi però ci ripenso, quegli stessi occhi mi hanno detto tante cose in passato, non avendo neanche la facoltà di parlare. 

Sto per crollare, cerco di ricompormi con tutta la forza mentale che cerco di ritrovare dentro di me.

-Grazie, ma avresti dovuto pensarci prima. Adesso penso che sia giusto che ognuno vada per la sua strada.

Mi alzo, predo il portafoglio per pagare la mia parte, non voglio nessun debito con lui.

-Non ci pensare nemmeno.

Non l’ascolto, lascio i soldi sul tavolo e me ne vado.

-Ciao.

Gli dico gelida.

Inizio ad andare a passo svelto, lontano da lui. Fin quando dopo po’ mi sento afferrare per un braccio, mi giro, ed è lui.

-Mollami subito!

Gli urlo, cercando di svincolarmi il più possibile.

Non mi ascolta e continua a stringere la presa, iniziando a trascinarmi di peso in un angolo più appartato.

-Perché devi fare sempre sceneggiate?

Mi domanda retorico, quasi incazzato.

-Lasciami!

Mi sento le guance umide, le lacrime scendono e io non riesco a fermarle.

Lui se ne’ accorge, diminuisce la presa. Fa una cosa che si è già ripetute varie volte in passato; mi stringe a se’.

Mi sento protetta, dopo tanto tempo.

Poi ripenso al resto, non voglio questo, non ora.

Cerco di divincolarmi, lui mi stringe più forte a se’.

-Mi dici cosa vuoi da me?

-Voglio te.

Gli tiro un ceffone, ora ha esagerato.

Mi giro dandogli le spalle.

-Parole, sempre e solo parole. Se così fosse non mi avresti lasciata anni fa, cos’è? Non hai trovato più nessuna che sappia tenerti testa, senza dover perdere la propria dignità?

Gli urlo con tutta l’aggressività che ho dentro.

-Non dire sciocchezze, smettila.

Mimetizza lui, come ha sempre cercato di fare.

-Smettila tu e cerca di mettere ordine le cose nella tua testa, questo tira e molla non mi è mai piaciuto e ora non te lo lascerò fare di nuovo.

Mi rimetto gli occhiali e faccio per andarmene, quando mi ritira per un braccio e mi ributta fra le sue braccia stringendomi. Questa volta è lui che ne’ ha bisogno.

-Non sono la persona migliore di questo mondo, ho fatto i miei errori. Voglio cercare di rimediare, io starò sempre qui ad aspettarti.

 

Dopo due anni mi sento nuovamente al sicuro: quest’abbraccio, questo corpo, queste braccia, che mi stringono, il suo profumo persistente. Quanto mi era mancato tutto questo?

 

È davvero questo che vuoi?

Sentirti cullata da qualcosa che ormai non esiste più? Un po’ come quei leggeri dolori che fanno piacere, ma, dimmi un po’, vuoi seriamente essere cullata dal passato o iniziare a vivere? 

Scegli, vuoi vivere o malapena esistere?

 

Il mio telefono inizia a squillare, mi dispiace interrompere quest’abbraccio così protettivo, ma i miei pensieri mi stavano affondando. 

Lui si scansa, sbuffando, in maniera tale che io possa rispondere. Prendo il telefono, neanche guardo chi è che mi cerca e rispondo.

-Sana!

È Naozumi, cavolo non gli ho neanche inviato un messaggio ieri.

-Nao, ciao..

A sentire quel nome Akito fa uno sguardo schifato, non capisco perché si comporti così.

-Non mi hai detto più nulla di ieri...è andato tutto bene?

Mi chiede lui con un tono abbastanza preoccupato.

-Si, scusami per ieri...è che mi sono dimenticata di richiamarti.

Ho la voce leggermente tremante, spero che non se ne’ accorga, l’ultima cosa che voglio è far preoccupare proprio lui.

-Sana, sei con lui?

Mi domanda secco. Una cosa che mi è da sempre piaciuta di Nao è che è diretto, non gira intorno alle cose, per lui o è nero o è bianco. O lo ami o niente.

-Si...

Rispondo esitante, abbassando lo sguardo.

Attimi di torrido silenzio. L’ho deluso, ancora una volta.

-Non voglio farti la predica, ne’ hai già ricevute tante e non solo da me. Solo cerca di non farti buttare giù, non di nuovo. Ti voglio bene.

Le ultime tre parole me le dice in maniera così dolce che non posso evitare di sorridere, anche se non può vedermi.

Sto per rispondere quando, sento una voce assonnata che lo chiama.

-Ora scusami devo lasciarti, ricordati quello che ti ho detto.

Mi risponde con un tono morbido, più rilassato di quello con cui ha cercato di avvisarmi di stare attenta. La persona con cui sta, fa mi miracoli anche solo richiamandolo a se’.

-Si, grazie di tutto Nao.

Chiudo la telefonata, alzo lo sguardo, Akito non c’è. Non voglio crederci, mi ha lasciata qui da sola, se ne’ andato, che vigliacco.

 

Proprio mentre giro l’angolo però, me lo ritrovo appoggiato al muro, ha uno sguardo indecifrabile. Il freddo dell’Alaska che si va a mischiare col colore caldissimo dei suoi occhi dorati, un ossimoro vivente.

-Hai finito?

Mi chiede scocciato.

-Si.

Rispondo timidamente.

-Bene.

 Conclude, dirigendosi verso la macchina.

 

Pov. Akito

Lo odio. Lo odio. Lo odio. Odio quel cazzo di Kamura.

Sto pensando a tutti i modi possibili per toglierlo di mezzo, pensa Akito pensa.

Calcio una lattina pensando che sia la faccia di quel cazzone, mi da fastidio da sempre. 

 

Sto riaccompagnando Sana a casa, non so che fare, mi sento come quando alle medie ero innamorato di lei e non riuscivo a comunicarglielo. E facevo di tutto, di tutto, pure mettermi con Fuka, per cui non ho provato altro che una sincera amicizia, per cercare di evitare i miei sentimenti. Per rovinare un qualcosa che non può essere rovinato, perché è stato creato per essere così e basta.

Noto che siamo arrivati davanti la sua enorme villa, fermo piano piano la macchina.

-Siamo arrivati, quindi...

Dice lei non guardandomi, ma iniziando ad aprire lo sportello.

Ho bisogno di lei; di scatto la prendo per il polso, lei si gira interrogativa. 

Vai Akito, cerca di dire qualcosa, cerca di dirle ciò che senti.

-Io non posso cambiare il passato, voglio solo dirti...che ci sarò sempre per te. 

Sarò sempre tua spalla su cui piangere...anche se dovessi essere io stesso a farti piangere.

A pronunciare quelle ultime parole, il suo sguardo cambia. Non mi sorride con le labbra, ma lo fa con gli occhi, con l’animo, è come se riuscissi a sentirlo. 

Allora è sempre stato questo il problema; quando stava male e non mi cercava era perché stava male per me, solo perché ero io il centro dei suoi pensieri.

Si ricompone, la vedo come se cercasse di trovare tutto il coraggio dentro di lei.

-Sota Tanaka, potrebbe diventare il mio terzo psicologo.

Inizia a parlare, abbassando lo sguardo.

Perché va dallo psicologo? 

-Tutti l’hanno descritta come “Depressione psicotica”...non si sa da cosa sia stata scaturita, ma so solo che è successo subito dopo che mi hai lasciata.

Rimango senza parole, io sono il carnefice di tutto questo, lei che mi ha ricomposto fin dal principio e io...io l’ho distrutta così, senza pietà. Non ci sono parole per descrivere un mostro come me, qualsiasi cosa mi viene in mente non riuscirebbe a descrivere a pieno cosa sono.

Un ipocrita? Un approfittatore? Uno che usa le persone a suo piacimento e quando si è stancato non le vuole più.

-Per questo non voglio averti intorno, per questo fingo con te. Perché se solo ti concedessi di nuovo anche una minima parte di me stessa, io non riuscirei più ad uscirne di nuovo. Lo capisci?

Alza il tono di voce, sta per piangere

Io stringo le mani sul volante. In questo momento mi odio, come non ho mai odiato nessuno. L’unica cosa che amavo e che mi ha sempre fatto stare bene, io l’ho presa e l’ho distrutta; frantumata in mille pezzi.

 

Sento lo sportello della macchina sbattere, Sana se ne sta andando.

Esco immediatamente dalla macchina e l’afferro per il polso. 

Io devo saperlo, devo sapere. Ho sbagliato, ho sbagliato tutto, ma devo sapere se c’è anche una minima possibilità; fosse anche l’ultima, io la prenderei subito e non la lascerei più andare.

-Dimmelo.

Le urlo quasi in faccia.

-Cosa?

Risponde lei, iniziando ad avere gli occhi lucidi. Ho esagerato come sempre, come quando non riesco mai a controllarmi.

Cerco di ricompormi e cercare di comporre la frase più lunga, che fino a questi 21 anni non sia riuscita mai ad uscire dalla mia bocca.

-Dimmi che non provi più nulla per me e io scomparirò dalla tua vita, per sempre. Ma sappi solo, che se così non fosse, io farò di tutto pur di farti ritornare la Sana che amo.

Dico tutto d’un fiato.

Lei ha uno sguardo indecifrabile, un misto dolore e ripudio più totale.

-Sei impossibile. Non solo non hai neanche un briciolo di pietà, ma non ti chiedi neanche se a me va bene o meno ritornare ad essere la me di qualche anno fa.

Le sue parole buttano fuori tutto il disprezzo, tutta la frustrazione, tutto il suo rancore nei miei confronti. Tutto quello che in questi due anni non è riuscita a gettarmi addosso, viene a galla adesso.

-E poi per cosa? Per ritornare a soffrire come un cane perché tu non hai nemmeno il coraggio di rifiutare ragazzine in preda dagli ormoni, mentre stai con me? Oppure, ancora meglio, per ritornare a decifrare i tuoi silenzi impossibili?

Non ti importa neanche sapere se io voglio essere così, pensi solo a cosa vorresti tu.

Sei un egoista.

 

Mi scappa dalla mia presa al polso e scappa in lacrime dentro l’enorme villa.

 

Sento un disprezzo più totale verso me stesso dentro di me, ho bisogno di sfogarmi se no sono certo che potrei fare solo pazzie.

Inizio a dare calci al muro, sempre più forti, sempre più forti; se non si romperà lui, mi romperò un piede io ma non riuscirà comunque a rompere il mio miscuglio di sentimenti negativi verso me stesso.

-Pensi di averne per molto?

Quella voce, mi fa girare di scatto verso il cancello. È la signora Kurata, la madre di Sana, che mi sta guardando con sguardo truce ma non arrabbiato.

Si avvicina di più a me e noto che, nonostante siano passati diversi anni, ancora indossa quegli sfarzosi cappelli.

-Ho assistito a tutta la scena, non posso certo dire di essere contenta di tutto questo. 

Inizia il discorso non distogliendo lo sguardo da me.

-Sai Akito, hai fatto soffrire molto Sana in questi ultimi due anni. 

All’inizio pensavamo fosse una cosa passeggera, che col tempo tutto potesse riuscire a guarire e sistemarsi...ed invece la situazione si è complicata più del dovuto. 

Ma la cosa per cui non riesce a darsi pace e penso che non ci riuscirà mai, è che lei ancora ti ama. Anche se dopo tutto quello che le hai fatto, non lo ammetterà mai. 

 

Prende una pausa e torna a guardami, con uno sguardo che inonda di puro odio nei miei confronti.

 

-Quindi ti chiedo gentilmente di non riprenderti il suo cuore per tornare poi a distruggerlo un’altra volta, non penso che riuscirebbe a reggere il tutto di nuovo.

 

Di gira, fa per andarsene, ma poi si blocca di colpo.

 

-Ah Akito, un’altra cosa. Credo che prima di procedere in qualsiasi direzione tu voglio adottare per riconquistare almeno la fiducia di Sana, un consulto medico dovresti averlo anche tu. Sana è cambiata, e non parlo solo di abitudini quotidiane, come alzarsi la mattina presto o fare esercizio. Lei sta avendo un’evoluzione più profonda, se dici tanto di tenere ancora lei, prima dovresti cercare di apprezzare prima di tutto la persona che sta diventando. Le persone cambiano, cerca di farlo anche tu.

 

Cerca di farlo anche tu.

 

Guido disperatamente, senza una meta ben precisa, mi accorgo che sto andando ben oltre i limiti di velocità. Mi fermo, in mezzo al nulla.

Scendo dalla macchina, cerco l’accendino nei jeans per accendermi una sigaretta e mettermi a ragionare sulla situazione. Ed invece mi ritrovo il bigliettino di Tsu, lo stringo tra le dita.

 

Le persone cambiano, cerca di farlo anche tu.

 

Non ci penso due volte.

Uno squillo, due squilli...

-Pronto, si salve, parlo col Dottor Tanaka?

 

Sana, in qualsiasi sfaccettatura stai cercando di plasmarti, non importa, io ti starò sempre vicino. 

Al costo di cambiare io stesso, se dovesse esserne necessario.

 

————————————————-

Ma ciao carissimi e rieccoci ad un nuovo capitolo un po’ più “ragionato” (se così può essere definito ahahah). 

Molti pensieri che troverete in questo capitolo, sono pensieri miei, scritti a parte in momenti in cui magari mi sento giù e voglio cercare a tutti i costi di darmi una spinta positività. Quindi in questa storia, c’è davvero una grossa parte di me, anche se forse potrebbe sembrare una semplice storiella su un anime della mia infanzia.

Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, fatemi sapere cosa ne’ pensate visto che stiamo entrando proprio nel clou di questa storia ✨

Alla prossima 🌸

-Lilith

 

 

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo: Incomprensioni. ***


-Basta, io non voglio più nascondermi!

Gridò un ragazzo con tutta la voce che aveva in corpo a quello che, da neanche qualche mese, era diventato suo marito.

-David ti prego calmati, lo sai che succederebbe una scandalo vista la cultura relativamente chiusa in Giappone!

Rispose il ragazzo dagli occhi color smeraldo, cercando di rassicurare il suo partner.

-Allora vieni in America con me, sei famosissimo anche lì, troverai subito degli ingaggi di lavoro.

Sibilò il suo compagno abbassando la testa, visto che conosceva già la risposta alla sua richiesta.

-Sai che non posso o almeno non adesso.

Rispose il ragazzo accanto a lui, cercando di stringerlo tra le sue braccia.

-Si, lo so. E so anche che questa risposta negativa ha un nome e si chiama Sana.

Si dimenò dalle braccia di quello che si aspettava essere suo marito, in fondo avevano fatto la “pazzia” di sposarsi a ventitré anni, proprio perché erano perdutamente innamorati uno dell’altra.

 

David aveva fatto di tutto per cercare di rassicurare il suo amato sul fatto, che non ci fosse niente di male a provare certi sentimenti nei confronti degli uomini. 

Ma ogni tanto, si tirava sempre in ballo “l’argomento Sana”; proprio la famosissima Sana Kurata. 

Si domandava spesso se Naozumi provasse ancora qualcosa per lei o se fosse solo troppo protettivo nei suoi confronti, così tanto da limitare pure se’ stesso a concedersi una vita normale. 

 

Lo sapeva, ne’ era cosciente che in Giappone gli omosessuali fossero visti di cattivo occhio. Sapeva benissimo a cosa stava andando incontro, consacrando il suo amore con Naozumi e soprattutto spostandosi in un paese asiatico.

Lui che proveniva da New York, la cosiddetta grande mela, dove i diritti degli LGBT+ erano già anni luce più avanti rispetto al paese dove si trovava al momento, gli sembrava davvero surreale questa situazione.

Aveva lasciato tutto: familiari, amici, conoscenti. Solo per seguire questo ragazzo dai capelli color ghiaccio che gli aveva stregato completamente il cuore, fin dal primo momento.

 

-Non dire sciocchezze, è una carissima amica che sta affrontando un periodo difficile ed ha bisogno di me.

Nao odiava quando il suo fidanzato tirava sempre in ballo Sana, non riusciva a sopportare che si potesse, anche solo, pensare qualcosa di negativo su di lei. 

Col tempo, e sopratutto grazie all’uomo di cui si era follemente innamorato, era riuscito a capire il suo orientamento sessuale e non poteva che essergliene totalmente riconoscente. 

Era certo che senza l’aiuto di David non c’è l’avrebbe mai fatta. Sarebbe rimasto a barcollare sull’idea ben definita che la sua manager e tutto il mondo dello spettacolo gli avevano affibbiato; un ragazzo bellissimo che ha il dovere di annebbiare tutte le menti delle ragazzine, in preda dagli ormoni e che quindi deve essere forzatamente etero.

Dentro se stesso però, sentiva che non era così, nel senso sapeva di aver un certo successo tra le ragazze d’altra parte, era o no definito come uno dei dieci uomini più attraenti del Giappone? 

Però era anche cosciente di non essere attratto dalle donne e che l’unica donna per cui provava un certo sentimento, che col tempo capì essere solo una sincera amicizia, era Sana. Il loro rapporto lo definiva come un “amore platonico”, che non sarebbe mai riuscito a realizzarsi a pieno.

 

-E io non ho bisogno di te? Nao io ti ho sposato perché ti amo, ho lasciato tutto per seguirti e stare con te. 

Ma non posso pensare di restare qui con la consapevolezza di non poterti neanche stringere la mano in pubblico, perché i paparazzi potrebbero essere sempre a spiarci per tirare fuori qualche scoop su di noi.

Mentre diceva quelle parole, le lacrime avevano iniziato ad uscirgli indisponenti, iniziando a bagnare il suo viso. Non sopportava più questa situazione, lo faceva stare male non solo nella vita di coppia ma primariamente con se’ stesso.

Naozumi si propese verso il suo amato con le braccia e iniziò a stringerlo a sé, un abbraccio molto forte, che sprigionava tutto l’amore che provava nei suoi confronti. 

-Tranquillo, cercheremo una soluzione...parlerò con la mia manager e bandirò una conferenza stampa per spiegare la situazione.

Diminuì la stretta dell’abbraccio e iniziò a guardarlo dritto negli occhi, cercando in tutti i modi di infondergli coraggio e tranquillità.

-Sarà difficile, ma lo supereremo insieme. Te lo prometto.

-Si.

Rispose David iniziando leggermente a sorridergli, lasciandosi cullare tra le sue braccia grandi e calde.

 

 

-Mi farebbe molto piacere conoscere la tua amica comunque...

Iniziò David cercando di abbozzare un sorriso. Non sapeva neanche lui il perché di quella richiesta, forse voleva semplicemente sapere che tipo era Sana. O sapere, perché era così importante per Noazumi o se fosse una di quelle piccole star tutto successo e niente cervello, anche se più pensava a quest’ultima ipotesi e più scacciava quell’idea nella sua mente.

Se è così tanto amica del Nao, pensava, deve per forza essere una ragazza speciale.

-Almeno così, potrò conoscere qualcuno di nuovo qui, visto che non conosco nessuno.

Continuò lui, tutto sorridente. Anche questo in parte questo era vero, era arrivato in Giappone neanche un mese prima con l’intento di cercare subito un lavoro e darsi da fare, ma in concreto a parte Nao stesso non conosceva nessuno nella città di Tokyo. Quindi forse, se questa Sana fosse stata così tanto simpatica, come la descriveva spesso il suo fidanzato, sarebbero sicuramente potuti diventare buoni amici.

 

A Nao, in tanto, gli si riempì il cuore di gioia, sarebbe stato felicissimo che il suo amato e la sua migliore amica, si fossero conosciuti e che magari sarebbero potuti diventare anche buoni amici. 

Si si si, non ci pensò due volte.

-Assolutamente! Chiamo Sana, sarà all’università a quest’ora. Potremmo uscire sta sera, andare a cena in qualche locale così potrete conoscervi.

Era entusiasta, finalmente le cose stavano andando nel verso giusto e forse col tempo, e conoscendo anche Sana, era convinto che il suo amato David avrebbe iniziato a non considerarla più come una nemica, ma come una persona eccezionale. Come la considerava lui, dopotutto.

 

Pov. Sana

È passata una settimana da quell’uscita con Akito e l’enorme pandemia di emozioni che mi circondava, non ostentava a diminuire. 

Durante questa settimana ho dovuto fare tantissime cose, che non mi hanno lasciato il tempo neanche di pensare a tutto quello che è successo. E non intendo solo la mezza litigata con Akito, parlo anche di me stessa; rivederlo, uscirci insieme. È capitato tutto così in fretta, che non mi sono nemmeno posta il problema di pensare come mi senti io adesso.

Credo sicuramente di sentirmi più leggera, gli ho urlato in faccia molte cose che, sia durante la nostra relazione sia mentre stavamo insieme mi davano un enorme fastidio.

Allora perché se mi sono liberata da questo peso, mi sento ancora così male? Così affossata da lui? 

Non si parla più del fantasma di Akito, ma proprio di lui in carne ed ossa.

-Sana? Qualcosa non va?

Alzo lo sguardo dalla mia ciotola del pranzo è Aya che mi chiama, risvegliandomi dai miei pensieri.

-Per caso la tua Omurice* non ti piace?

Chiede preoccupata lei, mi viene da sorriderle incosciente. La mia cara Aya, non solo mi prepara il pranzo, visto che se fosse per me mangerei solo schifezze, ma si preoccupa pure che sia di mio gradimento o meno.

Come farei senza di lei?

-Scherzi? È buonissima Aya, davvero, ero solo un po’...soprappensiero.

Rispondo sorridendole sinceramente.

Lei mi ricambia il sorriso, poi torna a guardami seria. Ha lo sguardo come di chi vorrebbe dirmi assolutamente qualcosa, ma anche di chi non è certa che sia la cosa migliore dirlo proprio a me.

-Sai...Akito in quest’ultimi due anni non è stato molto bene...tu sei mia amica e io devo essere totalmente sincera con te. 

Lui ti ama ancora, non ha mai smesso di farlo.

Conclude rimarcando l’ultimo con concetto.

Faccio una smorfia.

-A lui piace il ricordo che gli rimane della vecchia me, in realtà è solo questo.

Abbasso lo sguardo.

-Vecchia, nuova, che differenza fa? 

Sei qui con me, a pranzare su queste scalinate, dove sicuramente ci espellerebbero se ci beccassero sedute qui.

Inizia il discorso ridendo e tutto questo non fa che suscitare una risata a mia volta. Effettivamente non ha tutti i torti, stiamo pranzando sotto i soppalchi delle scalinate poste vicino al campetto da calcio dell’università, perché la mensa era tutta pienissima di gente. Ma se qualcuno ci vedesse sedute qui sotto, col pranzo in mano, sicuramente ci darebbero una bella sospensione ad entrambe. Visto le regole molto rigide, come il non poter mangiare al di fuori della mensa.

-Eppure la vecchia Sana avrebbe fatto esattamente la stessa cosa no? Avrebbe fatto anche le più piccole pazzie, come questa, con la sua migliore amica, allora spiegami, cos’è cambiato?

Quella domanda mi porta a pensare. 

Già cos’è cambiato? Sono cambiata io o solo il mio comportamento nei confronti di Akito? Sto cambiando, per cercare di comportami in un certo modo nei suoi confronti o lo sto facendo per me stessa?

 

La suoneria del telefono mi fece evadere dal dover risponderle a quella domanda, abbastanza scomoda oltretutto.

-Pronto, si Sana, ciao sono Naozumi.

-Ciao Nao, che gioia sentirti. 

Nao, il mio salvatore che mi salva sempre nelle situazioni più antipatiche.

-Volevo chiederti se stasera ti andava di andare a mangiare insieme...

Prede una pausa dal discorso incominciato, poi cambia tono che diventa subito più dolce.

-Voglio fartelo conoscere Sana.

Sapevo perfettamente si riferisse al suo compagno, da poco marito, e non potevo che esserne felice, visto finalmente Nao me lo avrebbe presentato. Sono certa che saremmo diventati ottimi amici.

-Per me va benissimo, lo sai che sono felicissima di conoscerlo.

Chiudo la chiamata.

Aya mi guarda interrogativa.

-Era Nao, niente di speciale mi ha chiesto di vederci sta sera.

-Sono felice di sapere che almeno non perdi tempo.

Mi guarda con un espressione un po’ contrariata, forse felice perché sono riuscita a riprendermi dalla rottura con Akito e, allo stesso tempo, triste perché non si tratta di Akito la persona con cui dovrò uscire sta sera.

-Ma smettila...vuole solo farmi conoscere la sua nuova fiamma.

Rimango sul vago, mi fido molto di Aya non c’è dubbio su questo, ma non sono certa che Nao sia pronto ad esporsi totalmente agli altri.

-Quindi tra te e lui non c’è niente?

Chiede lei dubbiosa.

-Ma no, certo che no è un caro amico.

-Meglio così.

Risponde, facendo un sospiro di sollievo come sollevata.

-Perché scusa?

Non capisco dove vuole arrivare.

-Nulla nulla.

Risponde tranquilla, quando Aya fa così non c’è proprio per niente da stare tranquilli.

-E ora di tornare a lezione.

Continua lei, alzandosi.

Ed effettivamente ha ragione sono quasi le 14 ed a breve ho un nuovo corso che inizia, il quale si intitola “teorie e tecniche del linguaggio cinematografico” sembra un corso interessantissimo da programma, nulla da dire a riguardo, solo un po’ stancante. Cioè sono un’attrice so perfettamente come funziona il cinema dall’interno, ma tutto quello che c’è dietro mi fa girare la testa.

 

Aya, dal canto suo, invece frequenta la facoltà di “Lettere e Filosofia” non l’invidio per niente, troppi concetti che a me sembrano fin troppo astratti da dover memorizzare. Ma lei è convinta della sua scelta e vorrebbe insegnare alla scuola materna, e come darle torto. 

Ha un modo di fare molto simile ad una madre, sono certa che i suoi alunni la adorerebbero, se lei e Tsuyoshi non si daranno da fare prima. 

Io, ad esempio, non mi ci vedrei proprio a fare l’insegnante, cioè stravedo per i bambini ma sono più un tipo di persona che le piace creare casino e far divertire i più piccoli. Non potrei mai insegnargli nulla di sostanzioso o che potrebbe servirgli per il futuro anche volendo. Ripensando poi alla sorellina di Tsuyoshi  e la storia dell’uovo, meglio fare solo casino con i più piccoli, per le cose importanti lascio gentilmente il posto a persone come Aya.

 

Con tutti questi pensieri e fantasticando sul futuro che mi aspetterà, mi dirigo verso la mia aula dove a breve si terrà la lezione.

Con la coda dell’occhio guardo dentro l’aula e noto che ci sono degli alunni mai visti prima, mi accorgo anche delle slide che l’insegnante sta spiegando; sembrerebbe il corpo umano. 

Mi domando subito se per caso ho sbagliato aula e sento come una sorta di ansia crescere in me. 

Sicuramente sarà un corso di biologia che avranno spostato di aula, perché pensi che ci sia un corso proprio di medicina lì dentro? O per meglio dire, perché pensi che ci sia Akito?

Giustissimo.

E se anche ci fosse scusa? Che differenza farebbe?

 

Vedo altri allievi che arrivano un po’ dopo di me e, esattamente come me, aspettano fuori dall’aula cercando di capire pure loro cosa sta succedendo.

-Ehi, scusate, anche voi state aspettando per il corso di cinema?

Chiedo ad un gruppetto di ragazzi che si sono appostati davanti all’aula.

-Si. Il professore aveva avvisato che nel dipartimento di medicina stanno ristrutturando alcune aule, di conseguenza hanno sparpagliato gli alunni nel destro dipartimento. È per questo che gli allievi sono qui, ma saranno sicuramente alla fine della lezione.

Mi risponde una ragazza un po’ più alta di me con un bel sorriso, anche se quelle parole non mi tranquillizzano per nulla.

Faccio per ringraziarla e presentarmi, così almeno posso fare nuove amicizie.

-Aspetta un attimo.

Si intromette un ragazzo, posto di fianco alla ragazza che mi ha risposto alla mia domanda.

-Ma tu sei Sana, vero?

Mi guarda speranzoso e anche molto felice. 

-Si, sono proprio io. Piacere di conoscervi.

Rispondo tranquilla contraccambiando il sorriso.

-Il piacere è tutto nostro, io sono Jotaro e lei è la mia ragazza Chika.

-Molto piacere.

Mi porge la mano lei continuando a  sorridermi. Sembrano molto simpatici, iniziamo subito a parlare e a quanto capisco Jotaro è un appassionato di cinema, vorrebbe a tutti i costi fare il regista dopo l’università. Il sogno di Chika, invece, è di creare i costumi per gli attori di scena appartenenti sia al teatro che al cinema. Insomma, una coppia che si potrebbe completare perfettamente anche nell’aspetto lavorativo, non c’è che dire.

-Quindi questa è la prima volta che frequenti questo corso?

Mi chiede Chika sorridendo.

-Si esattamente.

-Se ti servono degli appunti delle scorse lezioni, chiedi pure a me. Sarò ben felice di aiutarti.

Nonostante le conosca da neanche dieci minuti, mi sembra brava ragazza, molto simile ad Aya su certi aspetti; tranquilla e paziente. Jotaro invece mi sembra quello più energico e estroverso della coppia, azzarderei dire un po’ più simile a me.

-Grazie davvero tanto, ne’ avrò sicuramente bisogno sbadata come sono.

Rispondo ridacchiando.

 

Dopo buoni dieci minuti sentiamo la porta dell’aula aprirsi e vediamo i ragazzi del corso di medicina uscire, e proprio non volendo mi capitano davanti i sui occhi.

Lo vedo accompagnato da un’altra ragazza, che non smette di parlargli di chissà quali nozioni del loro corso, visto che non ci capisco un tubo di ciò di cui parla.

-Guardate c’è Hayama!

-Ma non è il ragazzo prodigio del corso di medicina?

-Sarà ma è comunque molto carino.

Sento tutti questi bisbigli fra la folla di alunni che sono appostati per entrare nell’aula, a quanto pare non è cambiato nulla dalla scuola superiore.

Ad un tratto si accorge di me, sposto immediatamente lo sguardo da un’altra parte, facendo finta di niente ed entro nell’aula. 

Mi siedo vicino a Chika e Jotaro e ricominciamo a parlottare come all’inizio, ma non posso evitare di sentire il suo sguardo addosso che non intende desistere. 

Cerco di non dargli peso, evitando di girarmi dalla sua parte.

 

-Ragazzo, devi entrare o hai dimenticato qualcosa?

Il professore si rivolge ad Akito, che nel mentre è rimasto impalato sulla porta. Smette di fissarmi e inizia a guardare il professore, che intanto attende una risposta a braccia conserte.

Non sembra un professore molto ragionevole, sopratutto con allievi non del suo corso.

-No, me ne’ stavo giusto andando.

Gli risponde con un tono duro.

-Bene, allora quando esci chiudi la porta, grazie.

 

Lo vedo andarsene dallo spioncino della finestrella, posto sopra la porta.

La lezione inizia, ma io ho la testa da tutt’altra parte.

Sarà aver fatto quasi tutto il giorno lezioni a tempo pieno, sarà il caldo primaverile...ma cosa dico, c’è una risposta a tutto ciò e si chiama Akito.

 

Pov. Akito

Promemoria: mai dare troppa confidenza ad un’americana.

Sophia non fa altro che parlarmi di concetti di microbiologia, da quando è finita la lezione. Ma sai che me ne frega adesso di un batterio, dopo una lezione di chimica all’ora di pranzo.

Io sto sprofondando dalla fame e lei continua a parlare.

Se non fosse una delle poche persone che mi sta simpatiche qui dentro, l’avrei già mandata a quel paese.

 

Ad un certo punto mi sento come gli occhi piantati addosso, e non parlo delle solite ragazze che mi squadrano come se non avessero mai visto un essere maschile in vita loro, è come una sensazione che già conosco.

Mi giro verso destra e la vedo, Sana.

Smette immediatamente di guardarmi, facendo finta di niente e mi sorpassa andando a prendere posto dentro l’aula. 

-Vai in mensa, che ti raggiungo dopo.

Mi libero da Sophie, che nel mentre non si è accorta di nulla, e mi metto accanto alla porta di entrata dell’aula iniziando a cercarla tra i suoi compagni di corso.

 

Non la vedevo da una settimana, da quel giorno in cui abbiamo discusso in quel modo. Mi manca, mi è mancata, è inevitabile.

Vedo che inizia subito a chiacchierare con due suoi compagni, si è già integrata perfettamente con gli altri allievi.

D’altra parte c’era d’aspettarselo, io a parte Sophie me no sto sempre per i fatti miei, non mi va di interagire con gli altri, sopratutto durante la lezione.

Lei invece, sembra subito a suo agio tra le altre persone, sorridente e felice come la Sana di qualche anno fa.

 

-Ragazzo, devi entrare o hai dimenticato qualcosa?

Il professore mi rivolge quella frase con un certo astio, effettivamente mi sono imbambolato sulla porta di entrata e sicuramente ha capito che non sono un allievo del suo corso. È facile intuirlo perché guardando gli alunni del corso di Arte e Spettacolo, sono tutti vestiti in maniera molto particolare, come dei veri artisti. Praticamente, riescono a distinguersi e non passare inosservati agli occhi degli altri alunni.

-No, me ne’ stavo giusto andando.

Rispondo con altrettanto astio. Non me ne’ frega nulla del professore sinceramente, stavo con gli occhi e con la testa da tutt’altra parte.

-Bene, allora quando esci chiudi la porta, grazie.

Neanche a sentire l’ultima frase che esco dall’aula chiudendo la porta. Do un ultimo sguardo a Sana dalla finestrella della porta, sta sorridendo ai suoi nuovi amici. Li invidio molto, vorrei essere io la persona a cui concede un sorriso così facilmente.

 

Alla fine decido di andare a mensa, raggiungendo Sophia e Tsu per il pranzo.

Se devo dirla tutta non so cosa fare con Sana sinceramente, sono molto confuso a riguardo.

 

-Akito, vieni siamo qui!

Mi richiama Sophia sventolando la mano, ma dove la prende tutta questa energia mi domando?

-Ciao Akito.

Mi saluta il mio amico.

-Tsu.

Rispondo facendogli un cenno con la testa.

-Allora allora, sta sera ho organizzato una serata a quattro e non accetto un no come risposta!

Inizia il discorso Sophia rivolgendosi a me, tutta elettrizzata per sta sera.

-Scusami ma non sono dell’umore giusto.

Rispondo tagliando corto e iniziando a mangiare il mio sushi con gusto, dopo una lezione del genere devo prendere più energie possibili.

-Daii ti prego, la tipa con cui esco voleva per forza portare la sua amica e io non posso stare da sola con lei, se mi ritrovo in mezzo l’altra!

Mi guarda con occhi supplicanti.

Perché devo avere una mezza amica lesbica, che ogni volta crea queste situazioni? Mettendomici dentro, oltretutto.

-Dovresti esserne entusiasta ti lascio campo libero per un Threesome di tutto rispetto.

Tsu nel mentre si strozza con la zuppa di Miso, devo ricordami di non tirare fuori certi argomenti quando c’è lui vicino a noi.

Sta insieme ad Aya da anni ed è già tanto, se può permettersi di guardare in faccia le altre ragazze.

-Akito! 

Mi rimprovera Tsu, asciugandosi con un fazzoletto.

-Comunque mi interessa solo lei e la sua amica è etero, anche se...un pensierino forse...

Tsu che stava bevendo inizia a strozzarsi pure con l’acqua, questa volta non resisto, mi cala il sorriso sulle labbra.

-Sophia!! Basta parlare di queste cose durante il pranzo!

Dice Tsu, cercando di riprendersi.

-Tsu non è mica colpa se oltre la tua ragazza non conosci altri esseri femminili.

Gli risponde lei tranquilla, iniziando a mangiare il suo panino.

-E poi è bello divertirsi, vero Akito?

Mi chiede lei, ma dove vuole arrivare?

-Ogni tanto va bene, ma meglio non diventare una ninfomane come te.

Diventa tutta rossa, incazzatissima dalla mia battutaccia.

-EHI IO NON SONO UNA NINFOMANE, CHIAROO?!

Quando fa così mi ricorda tanto la mia Sana. Mia...beh, la vecchia Sana era mia dopotutto e di nessun altro.

-Quindi?

Continua lei, attendendo una risposta.

-Quindi che?

Le rispondo tornando a mangiare.

-Mi accompagni o no?

Tieni il broncio con le braccia incrociate vicino al petto.

-Non sono dell’umore, te l’ho detto.

-Ma non devi fare nulla che tu non voglia, vieni e tieni impegnata l’altra, fine. È un piano semplice no?

-Mhmmm...va bene, basta che poi non rompi più.

Concludo ritornando al mio pranzo. Forse uscire con qualcuno mi farà distrarre dai miei pensieri almeno per qualche ore.

 

Pov. Sana

Dopo l’ultima lezione, saluto i miei nuovi due amici e mi dirigo verso casa.

Vedo che si sono fatte le sei e decido di farmi un bel bagno caldo, così per le nove sarò pronta per l’incontro con Nao e il suo compagno.

Mi infilò immediatamente nella vasca e sembra come se tutti i miei problemi potessero intrappolarsi dentro l’acqua e lasciarmi respirare per qualche minuto.

So che non sono problemi reali, nel senso ci saranno sicuramente persone che stanno male più di me per motivi molto più seri. Ma stranamente, nonostante la mia empatia verso gli altri, questo non mi fa sentire meglio.

 

Il mio cuore è così, sull’orlo di un tuffo in cui l’acqua all’interno è fin troppo profonda per lui. È come se, una volta lanciatosi dal trampolino dei desideri non riuscisse più a risalire, come se l’acqua riuscisse ad intrappolarlo e risucchiarlo verso sotto con tutta la sua forza.

E lui cerca in tutti i modi di dimenarsi, di appigliarsi a qualcosa per risalire da quella sensazione di affanno e affogamento. Ma non ci riesce è troppo debole, ma non demorde continua e continua a lottare per cercare di risalire il più possibile.

 

Mi risveglio spaventata da questo pensiero fin troppo macabro, fortunatamente era solo un sogno, o per meglio dire un incubo.

 

Decido di uscire dalla vasca, mi asciugo con l’accappatoio i rimasugli di acqua e lo lascio cadere a terra.

Fisso la mia figura allo specchio, non sembra più il corpo di tanto tempo fa.

Niente più seno piatto, niente più curve striminzite, non sembro così male vista da questa prospettiva. Ma allora perché devo continuare a distruggermi per una persona?

So, che non sto affrontando le cose con obiettività però forse dovrei essere felice, infondo sto cercando di affrontare le varie situazioni con coraggio; non intendo più scappare da tutto, come una volta.

Anche se prima di affezionarmi a qualche altra persona, dovrei imparare l’arte dello “stare bene con se stessi”. 

Come posso prendermi cura di un’altra persona, se ancora non ci riesco del tutto con me stessa?

Basta!

Sana, ricordati, tu tornerai a sorridere come una volta, e non è per forza implicato il fatto che debba essere una persona a farti cambiare umore. 

Stare senza il sorriso non ti si addice.

 

Se ci fosse una pulsante per i miei pensieri e le mie emozioni premerei immediatamente “Off”, solo per qualche ora. Giusto il tempo di rilassarmi e divertirmi e poi ritornare al solito miscuglio. Peccato che non funzioniamo come macchine e questo pensiero ogni tanto mi porta a riflettere; vorrei davvero essere così? Smettere di provare emozioni, sensazioni e poi di punto in bianco decidere di ritornare a provarle? 

Forse no, non è umano, e io voglio essere tutto fuorché una persona calcolatrice e senza sentimenti. Voglio cercare di vivere le mie emozioni con la consapevolezza che ci potrebbe essere un dopo, positivo o negativo esso sia.

 

 

-Sono molto felice di conoscerti David e sono altrettanto entusiasta, che sia proprio tu a comporre la felicità di Naozumi.

Il compagno di Nao è un ragazzo bellissimo e molto simpatico, siamo entrati subito in sintonia da quando ci siamo incontrati fuori dal ristorante.

All’inizio lo vedevo un po’ titubante nei miei confronti, forse quasi geloso del rapporto tra me e Naozumi . 

Ma adesso, dopo una buona pizza all’italiana e una birra doppio malto, sembriamo come due buoni amici che si conoscono da sempre; sicuramente sarà stato anche l’effetto dell’alcool a fare la sua buona parte.

-Sana devo essere sincero con te, c’è stato un momento in cui non ti sopportavo proprio perché, sapevo che occupassi sempre i pensieri Nao. 

Ma ora...ora che ti ho incontrata e che abbiamo avuto il piacere di conoscerci, capisco il perché Nao è così affezionato a te.

Mi stringe le mani in segno di affetto e rispetto, è un ragazzo d’oro.

Sono una coppia fantastica, David già lo considero come il secondo fratello che non ho mai avuto (al primo posto c’è Nao, ovviamente).

 

-Vedo con piacere che state andando d’amore e d’accordo, non è che adesso devo essere io quello a preoccuparmi?

Nao, che nel mentre era andato alla toilette, torna a sedersi al nostro tavolo con un’espressione molto divertita nel trovarci mano nella mano.

-Si, dovresti...potrei stancarmi di te un giorno, che ne’ sai!

Risponde David facendogli la linguaccia e abbozzando un sorriso subito dopo, Nao, allora, lo coglie di sorpresa e gli da un bacio sulle labbra.

-Non credo riusciresti mai a stancarti di questo e di altro.

Gli sussurra Nao all’orecchio con fare sensuale, che io riesco perfettamente a sentire visto che siamo seduti uno di fronte a l’altro.

David diventa tutto rosso dalla vergogna, immaginando sicuramente nella sua mente che cosa intendeva Nao con la parla “altro”.

Io invece, non riuscendo più a trattenermi scoppio a ridere, interrompendo bruscamente quel momento di “pubblica intimità” tra i due piccioncini.

-Cosa ti ridi? 

Mi chiede David con un’espressione buffissima e ancora tutto rosso, come un peperone per l’imbarazzo.

-Niente niente, siete davvero carini insieme.

Rispondo ancora con le lacrime agli occhi per le troppe risate.

-Passiamo a te signorina, allora, visto che non ti decidi a smettere di ridere...

Mi dice David, cercando così facendo di passare la palla al balzo a me per ritornare a un colorito più sobrio.

Cerco di trovare un contegno tra l’euforia del momento e il troppo alcool ingerito.

-Cosa vuoi sapere di me, Daviduccio?

Domando, rimarcando apposta l’ultima parola, visto che è un nomignolo buffissimo che Nao gli ha affibbiato.

Lui sbuffa, poi torna a me.

-Ti interessa qualcuno?

Vedo subito Nao che tira una ginocchiata a David, si preoccupa per me anche in questo momento. Lo inizia a fulminare con lo sguardo per la sua domanda e David fa un’espressione confusa, non riuscendo a capire cosa ha chiesto di sbagliato.

-Tranquillo Nao, David non ha chiesto niente di male tutto sommato.

Cerco di concentrarmi, per creare un discorso che riesca a seguire un filo logico e che ponga insieme tutto quello che sto provando in questo periodo.

-È un po’ complesso da spiegare, provo ancora dei sentimenti molto forti per una persona. Però questa persona mi ha fatto soffrire anni a dietro, nonostante qualche giorno fa ci siamo incontrati e mi ha detto tante cose che forse una volta mi avrebbero toccata profondamente. Ma adesso sono solo molto confusa, forse mi ci vuole solo un po’ più di tempo per dimenticarlo e cercare di andare avanti con la mia vita.

Concludo, abbozzando un sorriso, cercando di tranquillizzare il compagno di Nao per rassicurarlo sul fatto che non ha chiesto assolutamente niente di male. 

Mi sento comunque fiera di me stessa, non mi sono fatta prendere dalle emozioni parlando di lui.

-Quindi ha fatto lo stronzo con te?

Mi domanda David con una certa preoccupazione, misto ad una sorta di disgusto. Forse anche solo pensare a questo tipo di comportamento nei miei confronto, lo fa reagire così.

-No o per meglio dire, non era questo il suo intento. Mi ha lasciato dicendomi chiaramente che non era sicuro dei suoi sentimenti nei miei confronti, ho apprezzato il fatto che almeno sia stato sincero con me. Ma ancora non sono riuscita a superarla, solo questo.

-Allora è solo coglione, cara.

Mi risponde secco David, ora capisco perché lui e Nao si ritrovano così bene insieme. Sono entrambi decisi e diretti nel dire le cose, senza battere ciglio.

-Su questo non posso che essere d’accordo con te, tesoro.

Risponde Nao, facendo un cenno di approvazione al suo fidanzato.

Poi si rivolge a me con dolcezza.

-D’altra parte, lo sai Sana che Akito non mi è mai piaciuto.

-Cioè guarda che ben di Dio si è lasciato sfuggire. Voglio dire, solo un idiota si lascia sfuggire tutto questo. E non mi sto focalizzando solo all’aspetto fisico, che pure l’occhio vuole la sua parte in questo caso, ma anche a te come persona.

Ti conosco da pochissimo eppure ho subito capito che sei intelligente e simpatica, una delle poche star che non si è montata la testa per il proprio successo.

Sarò schietto con te, uno così è meglio perderlo che trovarlo.

 

Pov. Akito

Non siamo neanche da un’ora in questo locale italiano e già mi sono rotto. 

La mia carissima accompagnatrice, sceltami appositamente da Sophie, non fa altro che parlare e cercare di strusciarsi su di me.

Sono a tanto così, da innervosirmi e mandare all’aria tutti qui dentro.

E giusto per concludere in bellezza, sono al tavolo da solo con questa sconosciuta perché la mia brillante amica voleva “più intimità con la mia sua nuova fiamma”. Giuro che questa me la paga.

 

Tranquillo Akito, lo stai facendo per una tua (circa) amica. Goditi la tua pizza, che a breve sarà tutto finito.

 

Ad un tratto però sento una voce familiare, mi giro di scatto dietro il finto separè che ci divide dagli altri tavoli. 

Che tra l’altro, mi devono spiegare perché un separé come arredamento per un ristorante? 

 

Non vorrei sbagliarmi, ma è proprio la voce di Sana.

Butto totalmente l’orecchio sulla tendina di legno che ci separa, per sentire di cosa sta parlando e soprattutto con chi è, visto che sento altre voci accanto alla sua.

-Akito ma cosa stai facendo?

È di nuovo quella ragazza, non si sta mai zitta è impossibile.

-Zitta!

Capisco delle cose a tratti sia per colpa della troppa confusione nel locale, sia per questa qui che continua a parlare ininterrottamente. 

-...provo ancora dei sentimenti molto forti per una persona...

SANA MI AMA ANCORA.

-...lo sai Sana che Akito non mi è mai piaciuto.

È la voce di Naozumi, allora staranno cenando insieme. Sicuramente lui si sta dichiarando a lei o chissà cosa, e lei gli ha risposto che ci tiene ancora a me.

Ben ti sta, coglione.

-...uno così è meglio perderlo che trovarlo.

No aspetta e adesso di chi è quest’altra voce, non capisco. Sana è insieme a Kamura e un’altra persona di sesso maschile, la cosa non mi piace proprio per niente. Già un Kamura basta ed avanza, non me ne serve sicuramente un altro.

-...io vado un attimo alla toilette allora.

Annuncia Sana ai due.

Di colpo mi alzo pure io, devo capire cosa sta succedendo e, sopratutto, voglio sapere se quello che ha detto corrisponde alla verità o meno.

-Dove stai andando?

Ancora questa qui, dannazione.

Sono a tanto così da pagare la cena ad entrambi e andarmene, senza dirle nulla, solo per levarmela di torno.

Non le rispondo e mi dirigo verso la toilette, a passo spedito.

 

Noto che la porta del bagno delle donne è aperta.

Kurata e la sua paura di rimanere chiusa dentro, pff non cambierà mai questa ragazza.

Mi infilo dentro e chiudo a chiave la porta, cercando di non far rumore.

Vedo le sue scarpe da sotto la porta del bagno, mi fermo ad aspettarla di fianco al lavandino.

 

Appena esce, la sua espressione tranquilla si tramuta subito in qualcosa di indecifrabile. 

-Tu...

Inizia, non sapendo bene come reagire.

-Già, visto che mi sfuggi sempre...dobbiamo chiarire.

-MA SEI PAZZO! MI HAI SEGUITO FINO AL LOCALE, SEI UN MANIACO!

Si mette ad urlare, cercando di chiamare aiuto.

Le tappo immediatamente la bocca con la mano.

-Non ti ho seguito. Ero qui a mangiare e ti ho sentito che parlavi al tavolo insieme a Kamura e un altro...

Il suo sguardo cambia, capendo che forse ha capito che ho sentito anche “quella parte”.

-Voglio delle spiegazioni o...

-Non c’è niente da spiegare.

Mi risponde lei precipitandosi e non lasciandomi finire le frase, odio quando non mi fanno concludere qualcosa. Già è difficile esprimere un concetto a parole per me, figuriamoci se mi interrompono.

-Perfetto, non usciremo di qui allora.

Mi siedo sul pavimento, incrociando le braccia dietro la nuca.

-Hayama, ma ti ha dato di volta il cervello!? Fammi uscire immediatamente di qui!

Mi urla lei cercando di attirare la mia attenzione per farmi cambiare idea. Eh no cara mia, puoi urlare quanto ti pare, se tu non mi dai delle risposte staremo qui in eterno.

-Non finché tu non mi darei una spiegazione.

-Te l’ho già detto, non c’è niente da spiegare.

-Ah no, allora cos’era quel “provo ancora dei sentimenti..”?

-Chi ti dice che era una frase rivolta a te?

Cavolo, effettivamente non ci avevo pensato. Ma d’altra parte, sono certo che Sana non si è affezionata a nessuno dopo la rottura con me.

-E chi mi assicura che non fosse riferita proprio me, invece?

Rispondo sicuro di me.

-Stupido.

Mi insulta lei, finalmente si ragiona allora.

-Scema.

Le rispondo a mia volta, iniziando ad abbozzare un sorriso.

-Ipocrita.

Questa era pensante.

-Cervello di gallina.

Lo so che le era mancato quest’appellativo.

-CERVELLO DI GALLINA A CHI?MICROENCEFALO NON ANCORA EVOLUTO!

Questa è proprio la mia Sana.

 

Ad un tratto si calma e mi guarda fisso negli occhi.

-È vero, va bene? È tutto vero. 

Sei contento? Bravo Hayama, la tua ex ragazza prova ancora dei sentimenti per te. Ora possiamo andare?

Dice lei tutto d’un fiato.

-Non ancora.

Mi alzo dal pavimento, dal quale ancora ero seduto e mi avvicino a lei, la prendo per i fianco e cerco di unire le nostre labbra in un bacio.

Le si discosta, visibilmente contrariata.

-Solo perché ti ho detto che provo ancora dei sentimenti per te non vuol dire che voglia ritornare insieme a te. E ne’ tantomeno che puoi baciarmi come se niente fosse, non siamo più dei bambini.

Si gira dandomi le spalle. 

Non è possibile, non può farmi questo.

-Apri la porta adesso.

Mi dice dura lei.

-Ma..

Cerco dissentire io.

-Ma cosa? Ti ho detto quello che volevi sentirti dire, penso possa bastare.

Di scatto l’abbraccio da dietro, no no e no. Non voglio crederci, le mi ama ma non mi vuole. E non intendo solo come un qualcosa che ci lega in termini di relazione, non mi vuole proprio nella sua vita. 

 

Pov. Sana

Rimango impietrita con lui che mi stringe i fianchi e cerca sempre più di stringermi verso di sé.

Non so che fare, non so che pensare, non so come comportami.

La sua testa e nell’incavo del mio collo e sento delle goccioline bagnate su di esso, Akito sta piangendo. Lo sta facendo per me, per quello che gli ho detto ma che non penso fin in fondo. Vorrei con tutta me stessa che noi tornissimo ad essere qualcosa, un qualsiasi cosa. Ma non sono pronta, ho fatto tutti questi cambiamenti per cosa? Per sentirmi come mi sentivo anni fa? 

Forse ho concentrato la mia mente solo sulle cose che mi facevano innervosire, per cercare di distoglierlo più velocemente dai miei pensieri, e non sulle cose belle che abbiamo vissuto insieme. Alla fine, nonostante cercassi di odiarlo non ha funzionato perché è comunque rimasto  sempre nei miei pensieri.

 

Non posso andare avanti così. Il mio cervello dice una cosa, il mio cuore un’altra e io cosa vorrei?

 

Mi giro di scatto, prendo il suo volto con le mani e appoggio i palmi sulle sue guance, iniziando a disegnare con le dita, il contorno di quel viso che tanto mi era mancato.

Lo avvicino di più a me e alzandomi sulle punte gli dò un bacio. Le nostre lingue di uniscono, i pensieri evaporano, le incertezze lasciano spazio alle certezze; io lo desidero, come non potrò mai desiderare nessun altro.

Ci stacchiamo dopo un po’ per riuscire a prendere fiato, anche se subito dopo mi ritrovo di nuovo le sue labbra sulle mie. 

Lui mi prende di peso per i fianchi e mi adagia sul davanzale del bagno, si fa spazio tra le mie gambe e inizia ad accarezzarmi ogni centimetro del mio corpo da sopra il vestito, senza smettere di tenere le sue labbra sulle mie.

 

Sentiamo bussare.

-Sana ti senti bene? È da un bel po’ che sei lì dentro.

È la voce di Naozumi, sicuramente preoccupatissimo visto che li ho lasciati al tavolo più di un quarto d’ora fa.

-Dannato Kurata.

Impreca Akito a bassa voce.

Gli lascio un bacio sulle labbra, sorridendogli subito dopo e porgendo la mano per farmi ridare la chiave del bagno.

-Si Nao, tutto bene. Scusatemi tu e David se ci ho messo tanto, arrivo subito al tavolo.

-Va bene, fai in fretta però che è arrivato il dolce.

Appena sentiamo i passi di Nao che si sta scostando dalla porta della toilette, Akito mi guarda fisso negli occhi come innervosito da qualcosa.

-Chi diavolo è ora David?

Mi domanda arrabbiatissimo.

-Il compagno di Naozumi.

-Ah...quindi...

-Eh già.

Abbozza un sorrisetto compiaciuto.

-Ehi, non c’è niente da ridere, deficiente!

Non si discute sulla sessualità altrui, sopratutto se si tratta della felicità di Nao.

-Ma cosa hai capito...lascia stare, baka.

Mi da un colpetto con le dita sulla fronte.

 

Subito dopo si riaccomoda tra le mie gambe e ricomincia a baciarmi con trasporto.

Vorrei davvero stare qui per sempre con lui, si proprio dentro questo bagno che fino a dieci minuti fa sembrava diventato la mia prigione. Ma Nao e David si preoccuperebbero e non mi sembra affatto giusto.

-Devo andare.

Dico, dandogli un ultimo bacio sulle labbra e notando la delusione nei suoi occhi.

 

Prendo le chiavi e apro la porta, dirigendomi verso il mio tavolo.

Vedo Akito uscire poco dopo dallo stesso bagno.

Le seguo con la cosa dell’occhio e vedo che si sta dirigendo alla cassa, sicuramente aveva già finito la cena, penso.

Subito dopo però vedo una ragazza che lo raggiunge e che si ferma a dargli un bacio, in quel momento sento che il mio cuore si è rotto, un’altra volta, in mille pezzi.

E la colpa è solo la mia.

-Sana.

David mi passa una mano davanti la faccia, sicuramente sono rimasta imbambolata a guardare quella scenetta pietosa.

Nao segue il mio sguardo e si accorge pure lui di quello che sta succedendo, fa una smorfia disgustata.

-Sana, cosa è successo?

Chiede preoccupato ma con un tono di voce ferma e decisa.

-Io...io...

Non riesco a parlare, le parole mi muoiono in gola, iniziano solo a sgorgarmi delle lacrime che si insediano ponderanti sul viso.

Ho sbagliato tutto, un’altra volta. Mi sono lasciata andare alle mie emozioni e questo è il risultato, non imparerò mai la lezione. Sopratutto con lui.

 

-Ma come hai potuto fare una cosa del genere?!

Nao mi urla, sconcertato, dopo avergli raccontato tutto quello che è successo nel bagno del locale con Akito.

Mi tremano le mani, le quali tentano di tenere la tazza di thè che David mi ha preparato per tranquillizzarmi.

Dopo quella scena al locale, ero rimasta così paralizzati che mi hanno dovuto portare nel loro appartamento, per cercare di risvegliarmi da quell’incubo.

-Sana, rispondimi!

Naozumi è arrabbiatissimo con me, vuole una risposta. Ma l’unica cosa che riesco a fare è piangere, con le lacrime che iniziano a bagnare le mie stesse mani tremanti. 

David se ne’ accorge e cerca di tenermi le mani, in maniera tale che la tazza non mi cada. Quel gesto, per qualche secondo, mi rincuora terribilmente, ma poi mi rendo conto che ho una seconda famiglia propri qui accanto a me e io mi torturo ancora per una singola persona. Pensando a questo, la situazione sul mio viso peggiora terribilmente.

-Basta Nao, così la spaventi. È già sconvolta di suo. 

David lo rimprovera ma con dolcezza, di fatti un attimo dopo la mascella tesa di Nao si distende completamente .

-Hai ragione...come sempre.

-Scusami Sana, sono solo preoccupato per te e incazzato a morte con lui. 

Lui che ha sempre cercato di proteggermi e di starmi acconto nonostante io glielo impedissi, si scusa con me. 

Mi sento uno schifo.

-Nao, secondo te io sono una stupida?

Gli domando con lo sguardo perso nel vuoto.

-Ma che stai dicendo?

Mi domanda lui confuso dalla mia domanda.

-Solo gli stupidi cadono due volte nello stesso errore...io...io...forse mi piace soffrire.

Inizio ho parlare, cercando di trattenere le lacrime per finire questo soliloquio, rivolto più a me stessa che ai miei due amici in quella stanza.

-Ho mamma, Rei, te, da poco anche David, degli amici splendidi, tanti fans e ammiratori. Eppure gli vado ancora dietro, più gli dico di starmi lontano più me lo ritrovo intorno a me. 

E più si avvicina a me, più non riesco a controllare le mie emozioni.

Scoppio a piangere di nuovo, David mi stringe forte a sé in un abbraccio silenzioso ma caloroso. 

Nella stanza si sente solo il mio pianto, forse Nao non sa cosa rispondere è rimasto allibito da quel nulla che ho cercato di esporgli su come mi sento. 

E come mi sento? Mi sento una persona a cui hanno preso anima, mente e cuore e li abbiano scambiati per pezzi vecchi, gettandoli chissà dove. Mi sento un’egoista e un’ingrata per tutto ciò che ho intorno e che non riesco ad apprezzare a pieno. Perché invece di soffermarmi su quello che ho, devo avventurarmi in un qualcosa che non potrò mai avere.

 

Con il volto ancora stra colmo di lacrime, mi addormento tra le braccia di David con il cuore a pezzi e l’animo spezzato.

 

Pov. David

-Ho messo una coperta addosso a Sana, così non prende freddo durante la notte.

Dico mentre raggiungo il mio compagno nella nostra stanza da letto.

È seduto sul letto con le mani unite e lo sguardo a fissare un punto indefinito davanti a sé.

-Naozumi?

Lo richiamo, cercando di risvegliarlo dai suoi pensieri.

-L’ha distrutta un’altra volta, sotto i miei occhi oltretutto. E io non potuto fare nulla per impedirlo.

Stringe i pugni, iniziando a tremare dalla frustrazione.

-Guardami.

Gli dico avvicinandomi a lui, prendendo il suo volto tra le mani costringendolo a guardami dritto negli occhi.

-Ascoltami bene, non è colpa tua. 

Lui è entrato mentre lei era in bagno e lei, ancora innamorata, non ha saputo trattenere i suoi sentimenti.

Spiego cercando di semplificare la situazione.

-Io avrei dovuto evitare che accadesse...

Bisbiglia lui abbassando lo sguardo.

-E come? È successo tutto troppo in fretta, non se ne’ resa conto neanche Sana.

-Non lo so, ok? Non lo so, avrei dovuto e basta.

È arrabbiato con sé stesso è evidente. Noi seduti al tavolo a pochi metri di distanza che non ci siamo accorti di nulla, anch’io la trovo una situazione surreale.

-Ascolta, ora che sappiamo come si comporta lui, io ti prometto che sarò il primo a vegliare su Sana se dovesse succederle qualsiasi cosa.

Gli comunico questa mia decisione col sorriso sulle labbra e accarezzandogli i capelli. Non conosco da molto Sana, ma dopo questa serata posso dire di essermi affezionato terribilmente a lei. Vederla piangere, sopratutto per una persona che si comporta in questo modo così ambiguo, mi distrugge il cuore. Anche perché dall’ultimo frase che ha detto prima di addormentarsi nelle mie braccia, ho capito chiaramente che lei si sente come colpevole dei suoi sentimenti. Ha una famiglia, ha amici fantastici ma va dietro ad una persona che è tutto l’opposto. 

Lo so che all’amore non si comanda, io stesso ho sposato Nao dopo pochissimo tempo che ci conoscevamo, ma a tutto c’è un limite. E se un’amore così ti porta così tanta sofferenza, non so se sia ancora definibile amore,

 

Pensando a tutte queste cose mi ritrovo le labbra del mio compagno sulle mie, che mi riportano compulsivamente alla realtà.

-Grazie, ti amo.

Mi dice subito dopo.

Poi si gira dall’altra parte iniziando a sbottonarsi la camicia. 

-Domani mattina, andrò a parlargli.

Inizia il discorso, riferito sicuramente all’Akito che ha tormentato Sana.

-Nao, non fare casini. Sai che Sana, non te lo perdonerebbe.

Lo ammonisco immediatamente io. Sana e questa persona che la fa soffrire, devono chiarire tra loro, il massimo che possiamo fare e chiuderli in una stanza e obbligarli a chiarire la situazione. Non mi sembra affatto giusto immischiarci direttamente in questa vicenda, nonostante Nao tenga tantissimo a Sana.

-Voglio solo parlargli, niente di più.

Conclude secco lui. Il suo tono non mi piace per nulla, domani gli farò un discorsetto se proprio vorrà andare a parlare con questo Akito. Così almeno sono certo che non fare cavolate, nelle quali potrebbe mettersi in pericolo, in primo luogo, lui.

 

Pov. Akito

Sono felice, sono l’uomo più felice di questa terra. Sana mi ama, mi ha baciato e io la amo.

Ci potrebbe essere cosa migliore di questa? No! Assolutamente no!

 

Dopo la mia solita corsa mattutina torno verso casa per farmi una doccia e nel mentre prendo delle rose dal fioraio per Sana, così dopo passando per casa sua gliele porto.

Non sono mai stato il tipo da robe romantiche e cuoricini, ma oggi sono troppo felice e tutto questo possiede un nome e si chiama Sana.

 

Mentre attraverso il vialetto di casa vedo un macchina, capisco subito che non appartiene a qualche vicino perché è un automobile troppo costosa; una Porsche modello Cayenne, nera lucida, mai vista prima da queste parti.

Appena la supero, il conducente abbassa il finestrino.

-Hayama Akito.

Mi richiama una voce fin troppo conosciuta.

È Kamura, forse adesso che ho scoperto che è fidanzato non mi da neanche tanto fastidio come prima. Anche se, è comunque una persona a cui Sana tiene molto e forse anche più di me in questo periodo.

-Kamura.

Rispondo gelido.

-Avresti cinque minuti, devo parlarti.

Non è un buon segno.

 

-Di cosa vuoi parlarmi?

Domando ironico, senza batter ciglio.

-Di Sana.

E ti pareva, di cos’altro poteva parlarmi oltretutto. Di un’inaspettata dichiarazione d’amore nei miei confronti?**

-Hayama, te lo dirò senza mezzi termini, devi lasciarla stare.

Inizia lui serio, guardandomi dritto negli occhi.

-Non mi faccio dire da te cosa devo fare.

Sto damerino vuole dare ordini a me? Sopratutto adesso che io e Sana abbiamo chiarito, se lo può scordare. Può essere anche il suo migliore amico e quello che gli pare, ma io la amo e questo sentimento non cambierà mai.

-Coglione e pure presuntuoso. 

È a casa mia in lacrime per ieri sera, solo per colpa tua!

In lacrime? Ieri sera? Non capisco, ieri siamo stati bene insieme. È stata addirittura lei a baciarmi, mi sorrideva come non aveva mai fatto prima.

-E sai perché Hayama? Lo sai?

Mi domanda lui, incalzandomi ancora di più ad analizzare cosa ho sbagliato con lei ieri.

-Perché ti ha visto mentre ti baciavi con quella sgualdrina, dopo aver fatto il casco morto con lei.

Non posso crederci, ha visto sicuramente quando quella ragazza di ieri sera mi ha baciato ma non si è accorta che poi io l’ho mandata via, respingendola. Dicendole di starmi alla larga e che non mi importava nulla di lei, visto che ero già impegnato.

-Non è come sembra...

Cerco di spiegare io.

-Non è come sembra? Sai che ti dico a me non me ne’ frega niente, non mi può fregar di meno se te lo scopi tutte o solo una a notte...per me, se tu scomparissi mi faresti solo un grande favore. Ma io se sono qui, per parlare ad uno sterco umano come te, è solo per Sana. Quindi se giochi con le altre per me va benissimo, ma se provi a farlo ancora con lei...io non risponderò più delle mie azioni. Stalle lontano, questo è l’ultimo avvertimento.

Si gira di spalle aprendo lo sportello della sua auto e prima di abbassare il finestrino mi guarda.

-Spero di non dovermi ripetere un’altra volta.

 

Si rimette nella macchina da cui è uscito è sfreccia lontana da me sull’asfalto.

Mentre io rimango a fissare il vuoto non sapendo più cosa fare o cosa pensare.

Perché è così difficile amare Sana? Perché è così difficile il nostro amore? Perché c’è sempre qualcosa che tenta di spezzare il nostro filo rosso, che ci lega quasi da sempre?

 

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*piatto tipico giapponese, sostanzialmente è un omelette di riso. Magari per l’uscita del prossimo capitolo la preparo e vi dirò come sarà ahahah

**mentre scrivevo questo passaggio della storia mi è sorto da pensare, mhm ma una bella oneshot su un’inaspettato  amore tra Akito e Naozumi? Che ne’ dite potrebbe essere una buona idea?ahahha

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Ma ciao cari lettori&lettrici, come state?

Io in questi giorni sono stata molto presa dallo studio, visto che sono in piena sessione estiva all’università. Però oggi pomeriggio mi son detta “No, se stai ancora un altro po’ suoi libri impazzirai del tutto” e allora mi sono messa a scrivere il nuova capitolo della storia. Almeno così facendo, mi sono distratta un pochino dai soliti pensieri inerenti allo studio ahahah

Che dire, vi sta piacendo la storia? Come trovate questi piccoli colpi di scena?ahah

Se devo essere sincera mentre scrivevo la parte in cui Sana vedeva Akito baciato da un’altra, mi sono presa malissimo ahahah Forse sarà da pazzi, “””stare male””” per una stessa cosa che hai scritto tu stesso o forse sarò solo troppo sensibile ahaha

Ma vabbè dai meglio così, almeno in parte.

Dopo questa lunghissima descrizione sui miei stati d’animo che forse non leggerete ahahah vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo 🌸

 

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